Verona InForma 1_2012

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Verona InForma n. 1 - anno 1 - luglio/agosto 2012

m a g a z i n e

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m e d i c i n a ,

consigli e informazioni per vivere meglio

p s i c o l o g i a ,

Intervista Flavio Tosi

Il danno che non ti aspettavi: ridotta la fertilitĂ maschile Medicinali online

il pericolo viaggia in rete

speciale Consigli utili per un’estate al top

s a l u t e

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Sommario EDITORIALE

Salute e benessere? parliamone insieme!

Speciale

consigli utili per un’estate al top

8

speciale estate

Consigli utili per un’estate al top L’ABC delle malattie allergiche

sanità verona

Integrazione è la parola d’ordine

10

Al sole senza rimetterci la pelle

abeo Un’Associazione, mille iniziative

14

federfarma verona

La farmacia al passo coi tempi pur restando un “luogo sociale”

Idee chiare sulle lenti scure Come conciliare l’attività fisica e il caldo? Usando il buon senso!

18 Cibo giusto più moto uguale salute

ordine farmacisti verona

Medicinali online: il pericolo viaggia in rete

24 25 29 32 35 39

urologia

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Il danno che non ti aspetti: ridotta la fertilità maschile

43 luglio, agosto 2012 : 3


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4 : luglio, agosto 2012

Tradizione naturale, metodo e sapienza.


Sommario gravidanza e sport

malattie rare

Anemia di Blackfan-Diamond: conoscerla, studiarla, curarla

Dolce attesa? Ginnastica dolce

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neuropsichiatria infantile

Bambini nella tempesta della separazione coniugale

disturbi alimentari

Fida, nuova realtà veronese per i disturbi alimentari

50

64

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psicomotricità

L’alfabeto del corpo

70

chirurgia vascolare

Occhio alle gambe!

73

psicologia

L’adolescenza e i disagi del cambiamento

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danza

Con MOD Dance Academy ballare... fa bene!

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pediatria

“Io ho la mia mamma e un ospedale amico”

veneto escape

Meno file, più files!

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progetto arca

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L’assistenza all’anziano “fragile” all’interno di un’unica strategia

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Verona Informa rispetta l’ambiente! La rivista, infatti, è stampata su carta ecologica 100% riciclata, prodotta senza uso di cloro e certificata. Un piccolo contributo per tutelare il nostro pianeta. luglio, agosto 2012 : 5



Numeri utili Emergenza

113 Soccorso pubblico di emergenza 112 Carabinieri 115 Vigili del fuoco 118 Emergenza sanitaria 045 500333 Polizia stradale 045 8078411 Polizia municipale 045 8033700 Ambulanze - Croce Bianca 045 8001111 Ambulanze - Croce Verde 045 582222 Ambulanze - Verona Emergenza 045 8075627 Guardia Medica - Verona centro 045 580222 Guardia Medica - Verona Sud 045 8921500 Guardia Medica - Verona Est 045 7080412 Guardia Medica - Cerro Veronese 0442 85255 Guardia Medica - Cologna Veneta 045 907360 Guardia Medica - Grezzana 045 6138416 Guardia Medica - San Bonifacio 045 7465235 Guardia Medica - San Giovanni Ilarione 045 6500025 Guardia Medica - Tregnago 045 8071111 Ospedale Civico Maggiore - Borgo Trento 045 8071111 Ospedale Policlinico - Borgo Roma 045 8011148 Farmacie di Turno

pubblica utilitĂ

117 Guardia di Finanza 1515 Servizio antincendi boschivo del corpo forestale dello Stato 045 8090411 Questura di Verona 045 8090711 Polizia Stradale di Verona 045 8078411 Polizia Municipale 045 8077111 Comune di Verona 800016600 Drogatel 19696 Telefono Azzurro 803803 Soccorso stradale 064477 Automobile Club d’Italia 803116 Soccorso stradale

luglio, agosto 2012 : 7


Verona InForma consigli e informazioni per vivere meglio

n. 1 - anno 1 - luglio/agosto 2012

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Testata giornalistica in attesa di registrazione presso il Tribunale di Verona Proprietario ed editore: Associazione Culturale Verona Informa Sede legale: vicolo cieco S. Pietro Incarnario - Verona

Verona InForma n. 1 - anno 1 - luglio/agosto 2012

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consigli e informazioni per vivere meglio

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Intervista Flavio Tosi

Il danno che non ti aspettavi: ridotta la fertilità maschile Medicinali online

il pericolo viaggia in rete

speciale Consigli utili per un’estate al top

Direttore responsabile: Alberto Cristani Coordinatore scientifco: Luca Ravazzin Redazione: Luca Ravazzin, Giuliano Occhipinti, Patrizia Zanetti. Grafica: Silvia Sorio Stampa: cv Relazioni esterne e marketing: Giuliano Occhipinti Contatti: - Redazione: +39 345 5665706, veronainforma@gmail.com - Pubblicità: +39 347 4773311 Hanno collaborato per questo numero: Ufficio stampa Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, Ufficio stampa Azienda Ulss 20 di Verona, Associazione Abeo Verona, Dott. Marco Bacchini, Dott. Alberto Simonazzi, Dott. Giorgio Pasetto, Dott. Massimo Occhipinti, Dott.ssa Cristina Albertini, Dott. Mauro Cinquetti, Dott.ssa Elisabetta Musacchi, Dott.ssa Serena Bombana, Dott. Michele Manzini. Foto: Archivio Verona Informa, Ufficio stampa Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, Ufficio stampa Azienda Ulss 20 di Verona, Associazione Abeo Verona, Centro Bernstein Verona, Federfarma Verona, Ordine dei Farmacisti Verona.

8 : luglio, agosto 2012

editoriale

a cura del direttore

Salute e benessere? Parliamone insieme! Ci siamo. Finalmente dopo una trepidante attesa eccoci a presentare Verona Informa, un progetto editoriale dedicato alla salute e al benessere dei cittadini veronesi. “Mens sana in corpore sano”, dicevano i latini. Una locuzione sempre di grande attualità, specialmente se per salute si intende non solo quella fisica ma anche quella mentale. E proprio con questo spirito la Redazione di Verona Informa inizia questa nuova, entusiasmante ed impegnativa avventura, che avrà come obiettivo principale quello di dare ampio risalto e visibilità a tutto ciò che “può aiutarci a stare bene”. Una rivista che parlerà un linguaggio semplice e divulgativo, consultabile da chiunque voglia ricercare spunti o informazioni utili per il proprio benessere. Tutto questo senza però trascurare i contenuti che, grazie alla collaborazione di medici, professionisti e di aziende pubbliche e private, saranno di assoluto valore. Una sinergia in continua evoluzione, grazie alla quale Verona Informa diventerà un magazine sempre più autorevole e qualificato. Noi siamo convinti di aver lavorato bene, con passione e tenacia. Certo è che l’ultima parola, il giudizio che ci farà capire se abbiamo imboccato la strada giusta oppure no, verrà espresso dai lettori, coloro per i quali ci siamo messi in gioco e verso i quali abbiamo l’obbligo di essere sempre attenti e competenti, pronti a soddisfare le loro curiosità e richieste. Su questo primo numero di Verona InForma abbiamo riservato ampio spazio all’estate con uno speciale che propone alcune semplici e interessanti indicazioni su come affrontare e combattere il caldo sotto il solleone. Ma non solo. Per ora, sperando di essere partiti con il “piede giusto”, non ci resta che augurarvi una buona lettura e una… buona salute a tutti! Alberto Cristani



sanità verona

Integrazione è la parola d’ordine Il Sindaco Flavio Tosi illustra ai lettori di Verona InForma la situazione veronese tra realtà esistenti, nuove iniziative e progetti. La strategia è quella di perfezionare una “rete” assistenziale, formata dai vari Poli sanitari e dal volontariato

Innanzitutto, qual è il ruolo del Sindaco per quanto riguarda la sanità veronese? Il Sindaco è l’autorità sanitaria cittadina e quindi si deve preoccupare dell’organizzazione e della risposta del sistema socio-sanitario veronese, rapportandosi -anche attraverso i suoi servizi sociali- con l’azienda ospedaliera di Verona e con l’Ulss 20, per avere la certezza che gli obiettivi vengano raggiunti. L’Amministrazione comunale collabora costantemente con le realtà 10 : luglio, agosto 2012

socio-sanitarie del territorio, attraverso la conferenza dei Sindaci, proprio per programmare e decidere insieme come erogare i servizi a favore della comunità. Verona è una città sana? Verona, città all’interno del sistema socio-sanitario Veneto, ha la “fortuna” di potersi confrontare con uno dei migliori sistemi a livello nazionale ed europeo; dico “fortuna” perché,


in realtà, dipende dall’impegno e dalla professionalità dei tantissimi, tra personale sanitario ed amministrativo, che hanno scelto di curare la salute dei cittadini e con la collaborazione indispensabile delle moltissime associazioni di volontariato. Si può dire che la città di Verona ha un sistema socio-sanitario tra i migliori a livello europeo. Negli ultimi anni molto è stato fatto, per quanto riguarda le strutture e l’innovazione tecnologica in materia di sanità locale: ci vuole ricordare qualche tappa tra le più importanti? Per quanto riguarda le realizzazioni, abbiamo da poco inaugurato il “Polo Chirurgico Confortini”, con la più grande piastra chirurgico-tecnologica d’Europa. L’Ulss assieme al Comune e all’Azienda Sanitaria, ha messo a punto una rete per fornire assistenza ai cittadini in maniera integrata, con particolare attenzione alla popolazione anziana, oltre all’introduzione del CUP (Centro unico di

prenotazione) che, anche se può essere sicuramente migliorato e reso sempre più efficace in termini di risposta ai cittadini, garantisce oggi, all’interno del territorio comunale, un’offerta adeguata alle esigenze socio-sanitarie della popolazione. Ovviamente ci sono delle criticità, ma queste vengono affrontate, man mano che si presentano, da parte dell’Amministrazione Comunale, con l’Ulss e l’Azienda ospedaliera integrata (Azienda ospedaliera e Università). Progetti futuri… Per quanto riguarda l’Azienda ospedaliera, sta per essere definitivamente approvato il progetto per la realizzazione a Borgo Trento dell’ospedale “Per la donna e per il bambino”, che andrà ad integrarsi con il Polo Confortini. Prevista, inoltre, una ristrutturazione complessiva anche del Policlinico di Borgo Roma, che dovrebbe aumentare -in termini qualitativi e quantitativi- i servizi sanitari e socio-sanitaria territoriali in ambito veronese.

luglio, agosto 2012 : 11


Binomio Azienda Ospedaliera-Università… Le prospettive sono quelle di una integrazione sempre più forte, in modo che non ci sia più la storica distinzione tra Policlinico di Borgo Roma, Ospedale dell’Università, e Ospedale di Borgo Trento, ospedale della città, ma una struttura di azienda integrata. Si tratta di realizzare un sistema a rete, in cui il personale dell’università e dell’azienda ospedaliera, i dirigenti e il personale medico lavorino insieme con pari dignità e pari impegni in entrambe le strutture; questo sarà sicuramente un vantaggio per il paziente-utente veronese e non solo, visto che nelle nostre strutture afferiscono cittadini da tutta Italia. Verona è anche una città molto attenta alla solidarietà… Sì. Il Veneto è la prima Regione in Italia per quanto riguarda le associazioni di volontariato, e Verona è la prima città del Veneto: questo dimostra la

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generosità insita nel dna delle nostre genti, quanto mai indispensabile in ambito socio-sanitario, soprattutto in un momento di crisi economica come l’attuale, in cui l’attività di volontariato diventa sempre più preziosa, offrendo un contributo decisivo e aggregante, per tenere unito un sistema sociale che altrimenti rischia di sfaldarsi. Sindaco Tosi, se avesse la “bacchetta magica”… Visto che la bacchetta magica non è in nostro possesso, posso dire che abbiamo presentato un programma amministrativo, per il mandato 2012-2017, grazie al quale i veronesi ci hanno riconfermato alla guida della città. All’interno del programma ci sono tutta una serie di interventi che puntano a migliorare ulteriormente la qualità della vita dei cittadini veronesi che, rispetto alla media italiana, è già fortunatamente piuttosto elevata. Alberto Cristani


LE NOSTRE SEDI Verona Lungadige Attiraglio, 34 tel. 045 8300454 / 045 8350660 fax: 045 8351518 info@centrobernstein.it

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abeo

Un’Associazione, mille iniziative Fondata nel 1988, dal 1993 Abeo ha avviato un percorso a favore dei piccoli emopatici oncologici. Il presidente Piero Battistoni: “Tra breve l’ospedale della donna e del bambino”.

è

sicuramente una delle realtà più attive, nell’ambito della solidarietà, presenti sul territorio di Verona e provincia. Un “logo”, una sigla, un nome che sono ormai entrati nel cuore di tante famiglie veronesi, a volte purtroppo per necessità, ma anche per “semplice” senso civico.

Il presidente Pietro Battistoni insieme ai clown di corsia

14 : luglio, agosto 2012

Stiamo parlando dell’ABEO, Associazione Bambino Emopatico Oncologico, organizzazione non lucrativa iscritta nel registro regionale degli organismi di volontariato, nata nel 1988 per iniziativa di alcuni genitori. Da gennaio 1993, ABEO ha iniziato un percorso specifico in favore dei bambini emopatici onco-


logici, cioè affetti da tumori solidi e leucemie. “ABEO è l’unica Associazione di riferimento del Reparto di Oncoematologia Pediatrica del Policlinico G.B. Rossi di Verona – spiega il presidente Pietro “Piero” Battistoni – e si pone come obiettivo quello di promuovere e sostenere tutte le iniziative a beneficio del bambino e delle famiglie costrette ad affrontare questo percorso difficile. Difficoltà che sono facilmente intuibili e che sono legate principalmente alla prevenzione, al trattamento ottimale, alla riabilitazione e alla socializzazione, intesa come reinserimento in una vita normale”. “ABEO – prosegue Battistoni - per fare in modo di assicurare le cure migliori per piccoli pazienti, interviene attivamente andando a supportare l’azione del Servizio Sanitario. Come? Beh, innanzitutto acquistando strumenti elettromedicali fondamentali per gli interventi sopracitati, ma anche finanziando Borse di Studio di diagnostica, ricerca, infermieristica, medico specialistica, statistica. Inoltre garantiamo quotidianamente un sostegno psicologico, educativo ed economico alle famiglie, con alloggio gratuito in mini appartamenti per i residenti lontani dalle strutture ospedaliere e il trasferimento dei pazienti. Offriamo anche attività ludiche, di psicomotricità e di musicoterapia”. “Il traguardo più importante per il Reparto di Oncoematologia Pediatrica è stato il Progetto Trapianti con il quale si è dato inizio all’attività di trapianti di cellule staminali emopoietiche, una modalità terapeutica fondamentale in molte malattie o in determinate fasi di una leucemia”. “Questa attività è stata finanziata da ABEO in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. I risultati ottenuti ad oggi sono il frutto dell’impegno dei genitori, dei volontari e della fiducia di molte persone benefattrici. Tante le iniziative sviluppate in questi anni e inoltre altre sono in cantiere grazie anche alla generosità e alla solidarietà dei veronesi, sempre molto attenti e disponibili quando si tratta di fare del bene”.

Su questo Battistoni non ha dubbi: “Verona è una città semplicemente…buona! La generosità dei veronesi non si può assolutamente mettere in discussione. L´ultima in ordine di tempo -per quanto riguarda ABEO- la realizzazione del nuovo Ospedale per la donna e il bambino”. “Abbiamo chiesto una sede all’interno di Borgo Trento, per realizzare un’unica struttura di tutto il settore pediatrico e ci è stata concessa in comodato d’uso Villa Fantelli: una struttura su tre piani, ciascuno di 250 metri quadri, che l’Abeo ristrutturerà a sue spese e presso la quale verranno accolte, a lavori ultimati, tutte le attività dell’Associazione. Inoltre, pazienti e familiari potranno alloggiare in sei appartamenti durante il periodo di terapie e di recupero”. “è fondamentale che i genitori e i figli che sopportano il peso di queste malattie, stiano il più luglio, agosto 2012 : 15


possibile insieme. Capita purtroppo di vedere famiglie sfasciarsi, a causa delle malattie oncologiche in particolare, per la difficoltà di stare accanto ai propri bambini, ricoverati magari in città diverse da quella di residenza. Da qui l´importanza degli appartamenti, a cui ne aggiungeremo altri”. “Un ringraziamento va ovviamente a chi ci sostiene e sosterrà economicamente per raggiungere questo grande obiettivo. Un grazie va anche a chi ci ha permesso di dare vita a questo grande sogno: il sindaco di Verona Flavio Tosi, l´assessore regionale alla Sanità, Luca Coletto, il direttore generale dell´Azienda ospedaliera universitaria integrata, Sandro Caffi e il direttore di Oncoematologia pediatrica dell´azienda ospedaliera, Simone Cesaro “La nascita dell´Ospedale della donna e del bambino – evidenzia Battistoni – avrà tempi di realizzazioni relativamente brevi, al massimo entro 48 mesi. Tutto dipenderà ovviamente da ABEO, ma anche dalla risposta che avremo dalle istituzioni, dalle aziende e dai privati cittadini”. Conclude il presidente di ABEO Verona: “La nostra attività sul territorio prevede la realizzazione di altri progetti ed eventi, che avranno però un unico obiettivo: quello di raccogliere sempre più fondi da investire per aiutare i nostri pazienti. Non voglio citare ciò che abbiamo fatto negli scorsi anni per due semplici mo-

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tivi: ciò che è stato fatto è ormai passato e noi dobbiamo guardare avanti; secondo…rischierei di dimenticare qualcosa, perché siamo stati davvero molto attivi. E cio grazie specialmente a tutti i volontari che hanno aderito alla nostra mission e che ci sostengono in tutti i modi. Il futuro? Punteremo sicuramente e in modo ancor più importante sul mondo dello sport, veicolo eccezionale e di grande risonanza mediatica. Sono state molte infatti le realtà veronesi, di eccellenza e non ad aver “indossato” il logo ABEO: testimonial d’eccezione, tra cui il golfista veronese Matteo Manassero, Cus Rugby, Sport Managament, Arbetti Emanuele-rally, Lilli Gelmini-Triathlon e tanti altri. Non solo sport, però: concerti, aste benefiche, spettacoli teatrali, feste in piazza, cene, aperitivi, serate a tema… ABEO ha bisogno di tutti. Perché chiunque, con i propri mezzi e le proprie possibilità, può essere indispensabile per il futuro di chi ha bisogno”. Alberto Cristani info: www.abeo-vr.it


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Banca della Valpolicella promuove e sostiene iniziative volte a trasformare e migliorare la realtà sociale e culturale della comunità. Collabora con scuole ed associazioni sportive per fare assieme un percorso di crescita e di formazione generale.

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Arbizzano di Negrar Via Valpolicella 76 • Marano di Valpolicella Piazza dello Sport 5 • Negrar Via Mazzini 49 Pescantina Via della Filanda 17 • San Pietro in Cariano Via Avanzi 6/a • Sant’Ambrogio di Valp. Via Matteotti 14/c Sant’Anna D’Alfaedo Piazza dalla G.A. Dalla Bona 10 • Valgatara Via dell’Artigianato 5 - Loc. Rugolin Verona – Borgo Trento Piazzale Cadorna 4 • Verona – San Massimo Via Brigata Regina 1


federfarma verona

La farmacia al passo coi tempi pur restando un “luogo sociale” Federfarma, da sempre punto di riferimento per famiglie, anziani e bambini veronesi

F

ederfarma Verona è l’associazione di rappresentanza di categoria, che raggruppa 220 farmacie (private e alcune pubbliche) sul territorio provinciale. Federfarma Verona aderisce a sua volta a Federfarma Veneto – Unione Regionale con sede a Mestre e alla Federazione nazionale che ha sede a Roma. Compiti statutari di Federfarma Verona sono la tutela degli interessi tecnici, professionali ed economici dei titolari di farmacia; la promozione, il coordinamento e la gestione - in collaborazione con Enti e istituzioni - di iniziative e progetti per lo sviluppo dei ruoli della farmacia; la rappresentanza nei confronti delle Istituzioni; la collaborazione con Federfarma Nazionale, Unione regionale e associazioni provinciali venete e lo sviluppo di relazioni con le diverse rappresentanze di categorie professionali sanitarie. Federfarma Verona sostiene che la rete delle farmacie sul territorio, appartenenti a un sistema organizzato quale è quello ora esistente in Italia, costituisce parte integrante e integrata del Ssn; la

farmacia è quindi un attore fondamentale e insostituibile nell’assistenza alla cittadinanza e in particolare alle fasce più deboli, quali anziani e bambini. La farmacia può e deve costantemente - proprio in virtù delle sempre più pressanti richieste e le sempre più esigue risorse disponibili - dare il proprio contributo sul territorio. Mediamente una farmacia nella nostra Regione assiste ora 3.700 pazienti, che andranno a ridursi per effetto delle nuove aperture previste dal decreto Salva Italia (circa 50 nel territorio provinciale) con strutture organizzate ed efficienti, dotate di una logistica tale da fornire in tempo reale professionalità, competenza, farmaci e servizi, ma anche - grazie alla tecnologia sempre più presente - interazioni in tempo reale con ogni struttura sanitaria territoriale. Verranno offerte così anche opportunità di sviluppo, come la telemedicina e altro. La farmacia infatti esplica a 360° gradi i suoi ruoli fondamentali che oltre a quello istituzionale della dispensazione del farmaco, sono: Il Consiglio Direttivo Federfarma 2011-2014 Dr. Marco Bacchini - presidente Dr. Fabio Sembenini - segretario Dr.ssa Annamaria Caobelli - responsabile rurale Dr.Ssa Elena Vecchioni - vicepresidente e delegato Asl 20 Dr.ssa Nadia Segala - tesoriere e delegato Asl 22 Dr. Alberto Antolini - consigliere Dr. Alberto Bighignoli - consigliere Dr. Filippo Lora - consigliere Dr.ssa Cladia Sabini - delegato Asl 21 Dr.ssa Mariella sartori - consigliere Dr.ssa Annamaria Valentini - consigliere

Dott. Marco Bacchini

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- la farmaco economia - la farmaco vigilanza - il monitoraggio del territorio - la prevenzione. Si comprende, quindi, come la farmacia abbia avuto in passato -e avrà sempre più in futuro- un ruolo sociale. Da sempre molto attenta alle esigenze dei cittadini, specialmente in questi ultimi anni Federfarma Verona ha potenziato tale ruolo sociale, promuovendo tutta una serie di iniziative che hanno riscosso notevoli consensi. Tra queste, ricordiamo:

Iniziative per il sociale - Servizio farmaco pronto, consegna domiciliare farmaci - turni farmacie: bacheche informative esterne farmacia, turni su cellulare, palmare, iPhone, sms farmacie aperte - monitor informativi dei turni svolti dalle farmacie presso i Pronto Soccorso degli Ospedali di Verona e provincia, Fiera di Verona e prossima installazione aeroporto Catullo - Cerca farmaco

Iniziative sociali Campagne salute - più salute ai tuoi occhi - screening colon retto - allattamento seno - corretti stili di vita - giornata mondiale cuore - settimana prevenzione fibrillazione atriale e ictus cerebrale - giornata mondiale ipertensione - giornata mondiale diabete - campagna di sensibilizzazione vaccinazione antinfluenzale - campagna di sensibilizzazione vaccino papilloma virus (in occasione festa della donna) - campagna di sensibilizzazione uso corretto farmaci / uso farmaci generici - campagna di sensibilizzazione celiachia - campagna di sensibilizzazione rabbia silvestre - campagna di sensibilizzazione farmaci alla guida - campagna di sensibilizzazione per la difesa dalle truffe - campagna di sensibilizzazione per vincere il caldo

Le collaborazioni - Associazione Ado - Telefono rosa - Banco farmaceutico: raccolta farmaci per donarli ai bisognosi - Lions club: raccolta occhiali usati in farmacia - Telefono azzurro - Abeo - Associazione fibrosi cistica - Associazione Alzheimer - Social card in farmacia - Le fiabe di Natale: cd con fiabe per sensibilizzare i più piccoli a una corretta assunzione dei farmaci (che non sono caramelle) - aiuto alluvionati Veneto - raccolta fondi ambulanza all together for children - Consulta dei Caaf provinciali per corretta informazione su possibilità detrazioni fiscali per acquisti effettuati in farmacia.

Educazione sanitaria - Young & Healthy: educazione sanitaria nelle scuole - Educazione sanitaria università della terza età - Trasmissioni televisive e radiofoniche spot radiofonici informativi per l’utenza per un uso corretto del farmaco - Realizzazione progetto editoriale Pillole – la rivista della tua farmacia (trimestrale distribuito in 24.000 famiglie di Verona e provincia)

Inoltre, Federfarma Verona dispone di un sito internet www.farmacieverona.it, al quale ciascun utente può fare riferimento, per acquisire importanti informazioni sulle normative che regolano il servizio farmaceutico, sulle campagne in corso di svolgimento e per qualsiasi altro approfondimento di carattere sanitario.

Dott. Marco Bacchini Presidente Federfarma Verona info@federfarma.it info: www.farmacieverona.it luglio, agosto 2012 : 19


ORDINE FARMACISTI VERONA

Medicinali online:

il pericolo viaggia in rete

Truffe, prezzi gonfiati e qualità scadente in questo traffico illecito. Ne parla il dottor Paolo Pomari, presidente dell’Ordine dei Farmacisti della Provincia.

V

endere farmaci online è una pratica illegale ma purtroppo molto diffusa. La vendita di farmaci su internet e l’acquisto di prodotti non sicuri e privi di test di qualità non è un fenomeno isolato. Al contrario, per aggirare i controlli, per ottenere farmaci sperimentali o anche solo per risparmiare, il mercato online dei medicinali è in costante crescita negli anni. Cosa succede agli acquirenti e in che tipo di medicinali rischia di incappare? Ma soprattutto a quali rischi va incontro? Per rispondere a queste domande abbiamo intervistato il Dottor Paolo Pomari Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Verona. Innanzitutto Dott. Pomari comprare farmaci online è pericoloso? Facciamo subito chiarezza in merito: l’acquisto dei farmaci online è assolutamente vietata per legge. Il motivo? Semplice: si stima che il 50% dei farmaci venduti su internet sia contraffatto. 20 : luglio, agosto 2012

Se poi a questo dato associamo che l’85% delle farmacie on-line non chiede la prescrizione e l’8% si accontenta di quella via fax è abbastanza evidente che questo divieto va senza’altro a tutelare il paziente.

Dott. Paolo Pomari


Perché ancora tante persone si ostinano comunque ad acquistare online? Gli acquisti via internet sono preferiti a quelli in farmacia a causa della maggiore privacy, comodità e possibilità di evadere l’obbligo della prescrizione medica. Alcuni medicinali – Viagra e Cialis tanto per fare due esempi – creano ancora imbarazzo al momento dell’acquisto in farmacia. Con internet questo “inconveniente” è ovviato. Un’altra problematica è legata anche all’acquisto di farmaci funzionali al miglioramento delle prestazioni fisiche e mentali come anabolizzanti, anfetamine, sostanze stupefacenti e psicotrope. Qui non si tratta più di “vergogna” ma di una vera e propria assunzione di principi attivi che, senza una adeguata prescrizione medica, possono portare a gravi patologie.

Un altro aspetto importante è la contraffazione del farmaco che viene proposto in rete… Da fonte del Parlamento Europeo risulta che la contraffazione dei farmaci interessa il 10% del mercato mondiale. L’1% della contraffazione riguarda i Paesi industrializzati mentre per quanto riguarda i Paesi in via di sviluppo si va dal 10% al 30%. Questi dati escludono il traffico internet. I dati forniti dal Ministero della Sanità evidenziano che l’attività di prevenzione svolta negli ultimi sei anni l’attività dei Nuclei antisofisticazioni e sanità dei carabinieri ha portato a oltre 300 arresti e al sequestro di oltre 3 milioni e mezzo di farmaci. Circa un terzo degli arresti e dei sequestri è avvenuto nel 2011, segno questo che il fenomeno ha avuto una crescita esponenziale. Delle 337 persone arrestate dal 2005 a oggi ben 84 lo sono state nel 2011 mentre, semluglio, agosto 2012 : 21


pre durante lo scorso anno, sono stati sequestrati 1 milione e 300 mila fiale delle 3 milioni e mezzo totali. Infine la maggior parte dei farmaci contraffatti arrivano dal sud-est asiatico. Quando un farmaco si può definire contraffatto? Un farmaco si definisce contraffatto quando, deliberatamente e fraudolentemente, reca false indicazioni riguardo alle sue origini o identità. I farmaci contraffatti possono includere: prodotti perfetti ma collocati illecitamente sul mercato, prodotti con un principio attivo differente da quanto dichiarato in etichetta, prodotti privi di principio attivo, prodotti con concentrazioni inadeguate oppure con falso imballaggio. Esistono inoltre altre due tipologie di farmaci cosiddetti falsi: quelli perfetti, realizzati con tutti i requisiti necessari da stabilimenti legittimati a fabbricarli ma collocati sul mercato da un soggetto diverso dall’importatore, dal rivenditore o dal distributore esclusivo, e quelli imperfetti, che contengono le giuste componenti ma non nelle quantità esatte e le cui formulazioni farmaceutiche non rispettano i requisiti richiesti in relazione, ad esempio, alla scadenza e alla biosensibilità. Ci sono poi i falsi in apparenza che sono prodotti che esteriormente appaiono simili a quelli autentici ma che contengono principi non attivi o contengono altre sostanze che, tuttavia, non sono nocive e i falsi criminali e prodotti che esteriormente appaiono simili a quelli autentici ma che non possiedono gli stessi principi attivi e contengono addirittura sostanze nocive. Esistono infine atre tipologie di contraffazione con manipolazione di prodotti autentici come l’inserimento di medicinali autentici in confezioni contraffatte, attestanti contenuti più elevati di principio attivo, l’ inserimento di medicinali autentici, scaduti di validità rispetto alle indica22 : luglio, agosto 2012

zioni fornite nelle confezioni originali o la commercializzazione di farmaci autentici, sottratti dai depositi di aziende produttrici e di grossisti o rapinati nel corso dei loro trasferimenti e conservati in condizioni inidonee. A discapito ovviamente della salute del cittadino… Certamente. I rischi per chi assume i medicinali pocanzi menzionati sono diversi a seconda della pericolosità che può essere legata al principio attivo. In caso di sotto-dosaggio del principio attivo si avrà l’inefficacia terapeutica del farmaco e in caso di antibiotico anche diffusione di ceppi microbici resistenti. In caso di scarsa qualità del principio attivo ci sarà una impurezza di sintesi e prodotti di degradazione potenzialmente tossici. In caso di principio attivo diverso da quello dichiarato si andrà incontro ad una inefficacia della terapia e alla tossicità dovuta a intolleranze e interazioni. Ulteriori pericoli vengono dagli eccipienti con tossicità e influenza sulla biodisponibilità del farmaco (velocità e capacità di assorbimento), dall’inadeguato confezionamento con interazione fisica o chimica dell’imballaggio col medicinale con rischio di tossicità, perdita e contaminazione microbica o chimica del contenuto e dalla errata conservazione che porta ad una diminuzione del principio attivo e inefficacia terapeutica oltre ad una degradazione del principio attivo e degli eccipienti con possibile tossicità. Tutto questi rischi ovviamente non si riscontrano nelle farmacie, dove il farmaco viene registrato e viene tracciato in tutti i suoi spostamenti, oltre ad essere conservato in condizioni ottimali. Chi comprare online lo fa anche per un discorso di risparmio... Può essere, ma a fronte molto probabilmente di un prodotto contraffatto. Prima di cedere alle lu-


chiunque detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire duecentomila. Infine con l’articolo 445 chiunque, esercitando anche abusivamente, il commercio di sostanze medicinali, le somministra in specie, qualità o quantità non corrispondente alle ordinazioni mediche, o diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire duecentomila a due milioni. (ndr: le pene pecuniarie sono ancora espresse in lire perché il Codice Penale non è ancora stato aggiornato…).

singhe della farmacia online poniamoci una semplice domanda: vale la pena rischiare quando c’è in ballo la propria salute? Nonostante tutto i siti che vendono medicine sembrano moltiplicarsi. Ma è così facile iniziare questo tipo di commercio? Non entro nel merito di come e perché nascono – e nel breve giro di pochi giorni muoiono – questi siti. Voglio solo evidenziare quali sono i rischi di chi si cimenta in questo tipo di commercio. In base all’articolo 440 del Codice Penale chiunque corrompe o adultera acque o sostanze destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, rendendole pericolose alla salute pubblica, è punito con la reclusione da tre a dieci anni. La stessa pena si applica a chi contraffà, in modo pericoloso alla salute pubblica, sostanze alimentari destinate al commercio. La pena è aumentata se sono adulterate o contraffatte sostanze medicinali. In base all’articolo 443

In conclusione Dottor Pomari, qualche consiglio per i lettori di Verona InForma? Acquistare medicinali non è uno scherzo. Avere la possibilità di confrontarsi e di farsi consigliare dal farmacista è senza dubbio un grande vantaggio per il consumatore: competenza, professionalità e attenzione sono valori che non si trovano online. Inoltre la farmacia e garanzia di qualità per quanto riguarda il prodotto: conservazione e tracciabilità del singolo farmaco sono garantite da un registro che viene aggiornato e controllato giornalmente. Credo che questo sia sufficiente per far passare il messaggio questo semplice messaggio: internet è un grande veicolo comunicativo ma non può essere un canale da utilizzare per la nostra salute. A tal proposito l’Ordine dei Farmacisti ha tenuto e terrà nelle scuole di Verona alcune giornate di sensibilizzare al rischio legato all’utilizzo di internet per l’acquisto di medicinali. Siamo convinti che la lotta a questo fenomeno e soprattutto la prevenzione deve partire proprio dai più giovani. Alberto Cristani info: www.fofi.it/ordinevr luglio, agosto 2012 : 23


Speciale

consigli utili per un’estate al top


L’abc delle malattie allergiche Si parla di esse come dell’epidemia del terzo millennio e i dati scientifici confemano questi timori. Disturbi più comuni, diagnosi, terapie e consigli pratici. Delle malattie allergiche si parla come dell’epidemia del terzo millennio e i dati scientifici confermano questi timori, se si pensa che oggi un veronese su dieci soffre di questa patologia, ma entro dieci anni il numero potrebbe raddoppiare. E allora è importante conoscere l’abc delle malattie allergiche, magari trovando la risposta alle cinque domande più comuni che riguardano questo argomento che abbiamo posto al dottor Gianenrico Senna responsabile del reparto di allergologia di Borgo Trento. Che cos’è l’allergia? E’ una risposta del nostro sistema immunitario anomala, legata alla formazione di particolari anticorpi (Immunoglobuline E), che legandosi a proteine provenienti dall’ambiente esterno (pollini, acari della polvere, muffe, ma anche alimenti, veleno di api e vespe) determinano la liberazione nel naso, nei bronchi o a livello della cute di una serie di sostanze, fra le quali la più nota è l’istamina, in grado di scatenare i ben noti sintomi delle allergie (starnutazioni, naso che cola, broncospasmo, prurito con formazione di pomfi). Quindi l’allergia non è una malattia da deficit immunitario, ma piuttosto se vogliamo è un eccesso di risposta immune, la cui comparsa è condizionata sia da fattori genetici (molte volte gli allergici hanno una mamma o un papà allergico, o anche entrambi), che ambientali e sociali (inquinamento atmosferico, stile di vita occidentale etc). E non è vero che le allergie colpiscono solo l’età pediatrica, perché i dati più recenti ci

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dicono che l’aumento è condiviso con gli adulti e anche con gli anziani. Quali sono le malattie allergiche più comuni? La rinite e l’asma sono sicuramente le malattie allergiche più frequenti. Un dato importante è che possono coesistere nello stesso individuo, dal momento che il 30-40% di chi soffre di rinite allergica può avere anche episodi di broncospasmo. Meno frequenti sono le allergie alimentari, talora presenti nei soggetti allergici al polline. Le manifestazioni dell’allergia alimentare variano da un fastidioso prurito, talora con un gonfiore al cavo orale dopo l’ingestione di frutta e verdura fresca, alla comparsa di orticaria a tutto il corpo. La manifestazione più grave è invece lo shock anafilattico, che può avere come causa non solo gli alimenti (frutta secca ad esempio), ma anche farmaci (penicilline e anti-infiammatori) e il veleno inoculato da api o vespe. Questa patologia è caratterizzata non solo da orticaria diffusa a tutto il corpo, ma anche da una compromissione respiratoria e da un grave interessamento vascolare, che in casi fortunatamente rari possono portare ad un esito fatale. Come si diagnosticano le malattie allergiche? La diagnosi ha come punto di partenza un’attenta raccolta della storia clinica da parte del medico curante o dello specialista. Il passo successivo è rappresentato dal test cutaneo (prick test), che è in grado di individuare quali sono le sostanze responsabile della reazione allergica. In alcuni casi, in

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cui il prick test non chiarisce completamente il problema, si può ricorrere alla ricerca delle IgE specifiche per i vari allergeni nel siero. Questa metodica, recentemente, ha conosciuto importanti progressi e con la diagnostica molecolare si riesce oggi ad individuare -nell’ambito di un allergene- le singole proteine responsabili della reazione allergica e a delineare una mappatura molto precisa delle sensibilizzazioni. Tuttavia, molte volte è bene non fermarsi alla sola ricerca della causa con il test cutaneo, ma completare l’indagine, in presenza di sospetto clinico, con la valutazione della funzionalità respiratoria, mediante l’esecuzione di una spirometria, proprio in ragione della frequente associazione di asma e rinite nello stesso soggetto. Come si curano le malattie allergiche? Oggi il bagaglio terapeutico per le malattie allergiche è costituito da farmaci molto efficaci e privi

di importanti effetti collaterali. Per la rinite allergica gli antistaminici più recenti sono il farmaco di prima scelta. La ricerca scientifica ha permesso oggi la disponibilità di molecole rapidamente efficaci, che si assumono una sola volta al giorno e che sono quasi completamente prive di quell’effetto collaterale di sonnolenza che era la connotazione negativa di questa classe di farmaci. Se il quadro clinico è prevalentemente caratterizzato dal naso chiuso è necessario aggiungere i cortisonici nasali. Questi farmaci, proprio perchè rapidamente metabolizzati, sono efficaci e privi degli effetti collaterali così temuti dei cortisonici che si assumono invece per via orale. Questi ultimi, invece, vanno usati solo in caso di insuccesso delle precedenti terapie e solo per brevi periodi. Per l’asma sono disponibili broncodilatatori molto rapidi e a lunga durata d’azione, che tuttavia devono essere sempre

Dott. Gianenrico Senna (al centro) con lo staff del reparto di Allergologia

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associati ai cortisonici inalatori, se assunti con regolarità, per garantire un efficace controllo del broncospasmo. I vaccini per le allergie sono infine la terapia in grado di modificare la storia dell’allergico, riducendone la sensibilità nei confronti degli allergeni. Sono disponibili sia per via sottocutanea che per via sublinguale. Il loro principale effetto collaterale … è il costo, dal momento che non sono rimborsati dal SSN. Vanno comunque riservati prevalentemente agli allergici che non sono ben controllati da terapia farmacologica. Si possono prevenire le allergie? Purtroppo non esiste oggi una terapia in grado di prevenire la comparsa delle malattie allergiche, anche se sono utili alcune misure volte a

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ridurre la loro intensità. Per gli allergici agli acari, è consigliabile avere una stanza da letto frequentemente arieggiata, priva di tendaggi, animali in peluche, moquette e dotata di particolari coprimaterassi e copricuscini. Per gli allergici al polline, è preferibile evitare lunghe scampagnate nel periodo critico e rimanere (possibilmente) in casa all’avvicinarsi di temporali, che frantumando il polline con la formazione di campi elettromagnetici, ne aumentano la concentrazione nell’atmosfera. Infine un’alimentazione corretta, con un significativo consumo di pesce e frutta fresca, fornisce all’allergico importanti molecole anti-ossidanti che limitano l’infiammazione allergica. Pat. Zan.

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Al sole senza rimetterci la pelle I suoi raggi hanno effetti sia positivi che negativi. Abbronzatura graduale e protetta. Non esporsi nelle ore di massima irradiazione (11.00-14.00). Evitare ustioni ai bambini. Estate tempo di vacanze, sole, mare o montagna. Ma siamo sicuri di sapere davvero tutto su rischi e benefici del sole? Il professor Giampiero Girolomoni, direttore della Clinica Dermatologica dell’Università di Verona, ci ha fornito utili indicazioni e preziosi consigli. Professore, sole si o sole no? Dal sole riceviamo una varietà di raggi che agiscono in modo diverso sulla nostra pelle. La

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luce visibile non ha effetti rilevanti sulla cute, mentre i raggi infrarossi veicolano calore e incidono sui meccanismi di termoregolazione. I principali responsabili degli effetti che il sole produce sulla pelle sono i raggi ultravioletti (UV). Questi si dividono in tre tipi, UVA, UVB e UVC, e hanno una diversa capacità di penetrare la cute: i primi raggiungono il derma profondo, i secondi penetrano l’epidermide e la parte superficiale del derma, mentre gli ultimi

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raggiungono la superficie terrestre in quantità trascurabile, essendo trattenuti dall’ozono presente nell’atmosfera. Estate per molti vuol dire abbronzarsi... L’abbronzatura è un meccanismo di difesa che la pelle mette in atto per proteggersi dal sole e quindi è sinonimo di un’eccessiva esposizione ai raggi UV. Essa comincia a comparire a distanza di alcune ore dall’esposizione e raggiunge il massimo dopo alcune settimane. È causata dall’aumentata sintesi di melanina da parte dei melanociti e dal suo trasferimento dai melanociti ai cheratinociti, che disperdono il pigmento nell’epidermide. La pelle si difende dai raggi UV anche ispessendosi, motivo per cui dopo essersi esposti al sole in maniera eccessiva si produce una abbondante desquamazione. Se non si è stati prudenti e ci si è scottati, come si può rimediare? Dipende dal grado e dall’estensione della scottatura, che appare a distanza di ore dall’esposizione con manifestazioni che vanno dal rossore più o meno intenso fino alla formazione di bolle piene di siero. Dal punto di vista terapeutico le opzioni sono diverse: in presenza di un eritema di estensione limitata è possibile applicare pomate a base di cortisone per brevi periodi, in presenza di lesioni bollose o erosive è bene trattare la zona interessata con soluzioni antisettiche per evitare infezioni; in presenza di un’ustione estesa, accompagnata da sintomi generali come febbre, malessere, cefalea, disidratazione, è invece opportuno rivolgersi a un medico. È importante ricordare che alcune sostanze applicate sulla cute aumentano la sensibilità della pelle alle radiazioni solari, facilitando lo sviluppo di reazioni locali. Tipico è il caso di alcuni estratti di piante, come agrumi, fico, carote e sedano, che vengono a volte applicate incautamente sulla cute per favorire l’abbronzatura e che possono determinare la comparsa di ustioni anche

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Prof. Giampiero Girolomoni

gravi. Frequenti in estate sono pure le foto dermatiti da creme antinfiammatorie. In definitiva, tornando alla domanda iniziale, il sole fa bene o fa male? Il sole ha effetti sia positivi che negativi. La luce solare influisce positivamente sull’umore e sulla sensazione di benessere. Il sole stimola la sintesi di vitamina D, essenziale per la crescita e la solidità delle ossa e per prevenire l’osteoporosi. In ogni caso, va preso con cautela, in base alle caratteristiche della propria pelle. È importante evitare le ore di massima irradiazione, tra le 11 e le 14, ed esporsi al sole in modo graduale, dando la possibilità alla pelle di difendersi attraverso l’abbronzatura. Soprattutto nei bambini è fondamentale evitare le ustioni solari, che costituiscono il principale fattore di rischio per il melanoma. Il melanoma insorge a distanza di decenni dalle ustioni solari. E’ curioso che le persone che si preoccupano di più dell’esposizione eccessiva al sole sono gli adulti o anziani, che non hanno una aspettati-

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va di vita sufficiente per sviluppare il melanoma. Quindi la prevenzione primaria va fatti nei bambini e adolescenti. E’ opportuno che sia divulgato un modello colturale di abbronzatura lieve. Ma le creme, sono utili? Le creme solari non servono per stare più a lungo al sole, ma per starci in modo più corretto. La capacità delle creme di proteggere la cute si esprime con un numero, definito fattore di protezione: in ogni caso, è bene usare un filtro medio – alto, superiore a 20/30. Le creme vanno applicate prima dell’esposizione solare e, poiché la loro attività si esaurisce, si consiglia di rinnovare l’applicazione almeno ogni due ore. È stato, inoltre, dimostrato che il consumatore tende a impiegare una quantità di crema minore di quella richiesta per una protezione ottimale, mentre per i bambini anche le magliette colorate possono costituire un ottimo filtro solare. Va comunque ricordato che non tutti gli individui sono capaci di produrre melanina allo stesso modo. Ci sono, infatti, condizioni di partenza diverse, classificate nei vari fototipi: da una parte esistono gli individui di carnagione chiara, che si scottano quasi sempre e si abbronzano poco, dall’altra ci sono i soggetti di pelle scura o nera, che possiedono un’elevata quantità basale di melanina, che si abbronzano sempre e si scottano con difficoltà. La maggior parte degli individui si colloca tra questi due estremi. La differenza tra i fototipi non è data dal numero dei melanociti , ma dalla quantità di melanina prodotta e dal suo grado di dispersione nelle cellule epidermiche. Certo, bisogna tenere presenti anche il luogo in cui si prende il sole e le condizioni atmosferiche. Le regole generali di protezione e prevenzione valgono comunque per tutti. E per tutti vale sempre la regola del buon senso. Quale altro effetto produce il sole sulla pelle? L’esposizione cronica al sole determina il cosiddetto fotoinvecchiamento, che si sovrappone a

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quello cronologico causato dall’età. La pelle si assottiglia sia nell’epidermide che nel derma, perché il sole fa in modo che i meccanismi di degradazione prevalgano su quelli di riproduzione. A parità di età, dunque, la pelle esposta al sole invecchia molto prima. Il suo invecchiamento è favorito anche dal fumo. Inoltre, al di là degli effetti dannosi, i raggi UV possono causare vere e proprie malattie. Esistono malattie della pelle indotte dal sole che hanno un’elevata incidenza nei periodi dell’anno in cui l’insolazione è maggiore e colpiscono le zone del corpo fotoesposte. La più comune di queste patologie è la dermatite polimorfa solare, che colpisce soprattutto le donne e si manifesta con papule e placche pruriginose. Questa malattia compare generalmente nella tarda primavera e nella maggior parte dei casi tende a regredire con la progressiva esposizione al sole. In alcuni casi, tuttavia, le lesioni tendono a peggiorare e costringono il paziente a evitare l’esposizione. Un’altra patologia indotta dai raggi del sole è l’orticaria solare, che si manifesta con pomfi della durata di poche ore. Esistono anche reazioni fototossiche o fotoallergiche all’assunzione di farmaci, come diuretici, antibiotici, antitumorali e antinfiammatori, che si sviluppano quando il soggetto si espone a radiazioni solari. Ci sono, infine, alcune malattie che vengono aggravate o scatenate dal sole come, ad esempio, il lupus eritematoso, la rosacea, l’herpes simplex e le porfirie. E “il sole che fa bene”, solo un’illusione? Esistono anche malattie che possono trarre benefici dall’esposizione ai raggi solari. Per esempio, la psoriasi, la vitiligine, la dermatite seborroica e la dermatite atopica spesso migliorano durante l’estate. Tuttavia, queste stesse patologie possono anche essere aggravate da un’esposizione intensa e violenta. Pat. Zan.

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Idee chiare sulle lenti scure L’uso è facoltativo, talvolta obbligatorio tipo, colore, capacità di assorbimento. Le quattro categorie degli occhiali da sole, per i miopi sono consigliabili le tinte marrone. Una forte luminosità ambientale provoca la costrizione dell’iride, che mediante la riduzione dell’apertura del forame pupillare (miosi) riduce la quantità di raggi luminosi che arrivano all’interno dell’occhio, difendendolo. In alcune occasioni, però, gli occhiali da sole sono indispensabili, come ad esempio nei ghiacciai nelle giornate di irradiazione: in questi casi anche le specifiche militari prevedono l’uso obbligatorio. L’azione delle porzioni non visibili dello spettro luminoso, in particolare dei raggi ultravioletti (UVA, UVB), è più insidiosa perché, non essendo rilevabili alla luce ambientale, hanno la capacità di trasportare energia in quantità sufficienti a determinare danni al cristallino, con la formazione di cataratta e alterazioni retiniche, in particolare le maculopatie. Quindi l’occhiale da sole va scelto in base al luogo in cui ci si trova, al tempo che si trascorre all’aperto, al tipo di attività che si pratica. Nella scelta dell’occhiale è quindi necessario tenere conto di tre fattori: la capacità di assorbimento dei raggi, il tipo e il colore delle lenti. L’assorbimento o filtro è il rapporto tra la quantità di luce ambientale che colpisce la superficie della lente e quella che attraversa la lente stessa, giungendo all’occhio, Le lenti degli occhiali da sole devono fare in modo che passino gli infrarossi, che permettono una visione nitida degli oggetti, mentre gli ultravioletti, dannosi per gli occhi, devono essere bloccati. Questo blocco prende il nome di assorbimento UV. Esistono quattro tipi di lenti per occhiali da sole. Le lenti alla melanina proteggono sia dalla danno-

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sa luce blu che dagli ultravioletti e consentono una visione nitida, perché fanno passare gli infrarossi. Inoltre proteggono il contorno occhi. Le lenti polarizzate sono in grado di far passare la luce in modo selettivo e sono indicati in ambienti ad elevata illuminazione e riverbero. Le lenti CPF si ottengono con un trattamento eseguibile su qualsiasi tipo di lente (fotocromatiche, monolocali,multifocali). Infine le lenti fotocromatiche: in pochi istanti cambiano l’intensità del colore a seconda della luce esterna. Contrariamente a quanto si crede, non vanno bene per la guida: la lente aumenta infatti l’intensità del colore solo a contatto con i raggi ultravioletti, che sono invece schermati dai vetri dei finestrini delle automobili. Il risultato è che le lenti non si scuriscono e non evitano quindi il fenomeno dell’abbagliamento. Per quanto riguarda il colore delle lenti, non ci sono problemi per coloro che vedono bene mentre per i miopi è da privilegiare il colore marrone, per gli ipermetropi il colore verde. Assolutamente inadatti per un occhiale da sole i colori blu, giallo, rosso o fucsia e le lenti con tinte sfumate. Le caratteristiche degli occhiali da sole sono stabilite dalla direttiva comunitaria 89/686/CEE, recepita in Italia con decreto legislativo n. 475 del 1992 e regolamentata dalla norma europea EN 1836. Occorre quindi saper leggere le informazioni riportate sulle etichette degli occhiali al momento dell’acquisto, spesso espresse con codici e non sempre di facile interpretazione. Marcatura CE: assicura che le lenti rispondano alle

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caratteristiche indicate dalla normativa europea, cioè siano in grado di filtrare sia i raggi UVA che UVB, non producano nessuna distorsione delle immagini e siano caratterizzati da una certa resistenza meccanica. Categoria del filtro solare: alle lenti viene assegnato un numero da 0 a 4, che indica la loro capacità di filtrare la luce. Il numero 0 indica una lente molto chiara, che lascia passare quasi tutta la luce; il numero 1 indica lenti che trattengono dal 40 all’80% dei raggi solari (occhiali cosmetici); la maggior parte degli occhiali da sole con un buon potere di assorbimento rientra nelle categorie 2 e 3; la categoria 4 ha un potere filtrante pressoché totale ed è utile solo nei ghiacciai. Assorbimento UV: indica la percentuale di schermatura nei confronti dei raggi UVA e UVB (la scritta UV 400 - 100 corrispende ad una schermatura oltre il 99, 5%). Dott. Alberto Simonazzi

di Degani Francesco

Piazza Vittorio Emanuele, 13 37024 - Negrar (VR) - Tel. 045 7501223


Come conciliare l’attività fisica e il caldo? Usando il buon senso! Un po’ di sport fa sempre bene, al corpo e alla mente. Ma in estate tutto può essere più difficile. Ecco alcune regole basilari, consigli e raccomandazioni da parte del medico. Quando l’aria è arroventata e si desidera comunque praticare uno sport è necessario aumentare la propria attenzione, poiché allenarsi in queste condizioni può essere rischioso. Il Dottor Roberto Filippini, Direttore Responsabile del Centro Sportivo “Don Calabria” di Verona, ci spiega come comportarci, per non incappare in spiacevoli “incidenti di percorso”. Dottor Filippini, quali sono -in generale- le regole da seguire per una corretta attività fisica? Prima di entrare nel merito dell’argomento, mi preme aprire una piccola ma importante parentesi: l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il Ministero della Salute e la Regione Veneto prescrivono e consigliano l’attività motoria a fini preventivi e terapeutici per patologie diffuse, come per esempio ipertensione, diabete, obesità e cardiopatia. Fare sport fa bene, in tutti i sensi,

Dott. Roberto Filippini

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ma per farlo bisogna avere buon senso e capire fino a dove possiamo arrivare. E proprio a questo proposito è bene fare una distinzione tra il soggetto che pratica attività fisica con regolarità e chi, invece, inizia a fare movimento solo perchè è arrivata la bella stagione o per smaltire qualche chilo di troppo. Nel primo caso credo sia superfluo soffermarci: un atleta conosce i suoi limiti ed è in grado di affrontare al meglio una seduta di allenamento. Per quanto riguarda i soggetti “occasionali”, ci sono alcuni parametri da tenere in considerazione. Innanzitutto sarebbe utile una visita sportiva, che non deve essere obbligatoriamente per attività agonistica. Infatti, può risultare sufficiente una visita con il medico di base, che conosce bene il quadro clinico del paziente, e un semplice elettrocardiogramma anche a riposo, per capire se la persona ha delle patologie che possono creare problemi sotto sforzo. Fatti questi controlli, si deve trovare un metodo di allenamento. A tal proposito, sarà importante avere a disposizione tabelle o programmi di allenamento, stilati da chi ha competenza in materia. Bisogna iniziare con calma, senza esagerare, e aumentare i carichi gradatamente. Non serve fare i supereroi. In estate, però, bisogna fare i conti con la temperatura elevata… Il metodo più efficace a disposizione dell’organismo umano, per disperdere il calore che esso stesso genera, è la sudorazione: essa sottrae

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calore all’interno del corpo e lo porta sulla superficie cutanea, dove l’evaporazione sottrae calore alla pelle, raffreddandola. Tale perdita di acqua, tuttavia, dovuta alla sudorazione, se non correttamente reintegrata porta alla disidratazione. E’ sufficiente una perdita di acqua pari al 2% del peso corporeo per ridurre le capacità di prestazione del soggetto. Per perdite superiori al 5%, si hanno anche delle modificazioni fisiologiche, come aumento della frequenza cardiaca, astenia, apatia, crampi muscolari, fino ad episodi lipotimici. Le disidratazione è inoltre strettamente legata al colpo di calore, evento durante il quale la temperatura interna può raggiungere e superare i 40-42°C: uno stress notevole per il fisico, che può portare - nei casi più gravi - a irreversibili conseguenze.

mito che più si suda e più si dimagrisce: la perdita di acqua e sali minerali porta ad una perdita di peso momentanea, che viene ristabilita non appena si reintegrano i liquidi. Perciò, evitare di sudare troppo, perché oltre a non portare gli effetti sperati è molto dannoso. E’ utile bere anche durante l’esercizio, in piccole quantità: questo permette di mantenere l’organismo in condizioni ottimali. L’acqua di per sé è sufficiente per ri-

Cosa fare, quindi, per evitare questi rischi? Innanzitutto evitare le ore più calde per svolgere le sedute di allenamento, utilizzando un abbigliamento appropriato, evitando di indossare materiale che blocca la traspirazione. Sfatiamo il falso

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equilibrare la normale sudorazione, mentre per perdite più elevate sono consigliabili bevande elettrolitiche, per apportare elementi come sodio, potassio, magnesio e calcio. Importante è anche una corretta alimentazione, pre e post allenamento. Il tutto affinchè l’esercizio diventi un momento di benessere e di rilassamento, anche mentale e non uno stress. Come reagiscono i muscoli e le articolazioni ad uno sforzo fisico durante l’estate? Con il caldo il muscolo è sicuramente più fluido e più tonico. Questo però non significa che possiamo abusarne. Un buon riscaldamento, un po’ di stretching e qualche esercizio di allungamento aiutano a prevenire infortuni e preparano in generale il nostro corpo allo sforzo. Gli infortuni

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sono sempre dietro l’angolo e questa è un’altra regola da non dimenticare mai. Quali sport sono sconsigliati in estate? Direi nessuno. Ognuno può praticare lo sport che preferisce, purché segua gli accorgimenti sopra descritti. Dottor Filippini, un ultimo suggerimento? Un consiglio, che forse li raggruppa un po’ tutti, e che non si deve mai dimenticare è il seguente: usare il buon senso. Se ci approcciamo allo sport, non solo in estate, partendo da questo presupposto, ridurremo i rischi e ne trarremo molto giovamento, oltre a divertirci di più. A. C.

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Cibo giusto più moto uguale salute Presentiamo il metodo “Mediet” del prof. Ottavio Bosello e del dott. Giorgio Pasetto. Si conferma l’importanza della dieta mediterranea abbinata all’attività fisica. Pensato per tutti coloro che vogliono intervenire sul proprio stile di vita per migliorare la condizione di benessere, il libro “Costruisci la tua salute”, curato dal professor Ottavio Bosello e dal dottor Giorgio Pasetto, presenta l’innovativo metodo Mediet, basato sull’abbinamento di una sana dieta mediterranea a una costante attività fisica. Approfondiamo i contenuti del volume con uno dei due autori, Giorgio Pasetto, dottore in Scienze Motorie. Dottor Pasetto, il titolo del libro ci dà immediatamente il senso che, almeno in parte, ognuno di noi sia artefice del proprio benessere… Questo è indubbiamente il concetto fondamentale, attorno a cui ruota tutto il nostro lavoro. Persino l’Organizzazione Mondiale della Sanità mette in evidenza questo principio nella sua più recente definizione di salute, definendo “La capacità di adattamento e di autogestione di fronte alle sfide sociali, fisiche ed emotive”. Si pone, così, l’individuo sempre più al centro del processo per il raggiungimento e il mantenimento di uno stato di benessere. Il nostro tentativo, attraverso la messa a punto del metodo Mediet e la stesura di questo libro, è proprio quello di indicare una strada possibile per vivere bene e in salute, che passa attraverso l’alimentazione e l’attività fisica. Sulla base di quali valutazioni avete deciso di lavorare a questo nuovo metodo e al volume? Il nostro obiettivo era di riuscire a fare chiarezza in un ambito di cui si parla moltissimo, ma spesso in maniera scorretta, partendo dalle evidenze scientifiche

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che avevamo a disposizione. Come rispondere alla domanda: “Cosa possiamo fare affinché le persone si ammalino di meno e, conseguentemente, cali la spesa sanitaria”? I “farmaci” che abbiamo a disposizione sono, a nostro avviso, due: l’alimentazione e l’attività fisica. Da qui, è partito il nostro lavoro - al fianco di un team di nutrizionisti, fisioterapisti e tecnici - che ci ha portato alla realizzazione del metodo e di questo volume, con il quale vorremmo contribuire a creare una nuova cultura di salute, che ruota intorno ai due elementi a cui abbiamo già accennato sopra. Il primo punto quindi è l’alimentazione… Sì, meglio ancora la dieta mediterranea, che è stata dichiarata nel 2010 dall’Unesco “patrimonio culturale immateriale dell’umanità”. È un’alimentazione che si basa innanzitutto su verdura e frutta, quindi carboidrati possibilmente a basso indice glicemico, ma anche proteine, contenendo però l’uso della carne rossa. Per quanto riguarda invece i grassi, è necessario limitare il consumo di quelli saturi e idrogenati concentrandosi invece su quelli monoinsaturi come l’olio extravergine di oliva, e polinsaturi, come gli omega3. …sempre affiancata da un costante movimento. Dobbiamo imparare a svolgere una buona attività fisica: l’ideale sarebbe dedicarci a un lavoro di tipo aerobico (camminare, correre, andare in bicicletta…) e ad un allenamento per la forza muscolare con l’utilizzo dei pesi, dedicando un’ora al giorno sei volte la settimana, ma anche tre volte la settimana, raggiungendo però sempre un totale di sei ore.

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Ma possono rivelarsi utili anche piccoli cambiamenti delle nostre abitudini, come per esempio usare le scale invece dell’ascensore, recarci al lavoro a piedi, anche andare a ballare la sera con il nostro partner, invece che restare seduti davanti alla televisione. Suggeriamo di associare anche degli esercizi con dei pesi in quanto hanno l’effetto di tonificare, migliorare la massa magra, aumentare il deposito di calcio nelle ossa. Per visualizzare con maggiore immediatezza quanto fin qui suggerito, nel libro presentiamo un grafico che abbiamo definito “piramide dell’attività motoria”. Nel volume viene affrontata anche la questione della prevenzione... Attualmente lo scenario sanitario vede la maggior prevalenza di patologie di tipo cronico-degenerative

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che, per definizione, non possono essere curate; di queste, però, circa il 50% potrebbe essere prevenuto! È un tema di cui si parla moltissimo, al quale anche i media dedicano ampio spazio, ma che non riesce poi a radicarsi, per tanti motivi, tra cui anche il fatto che la prevenzione è un compito generalmente delegato al medico di famiglia, il quale raramente invece ha tempo per seguire questo aspetto della sua professione. È a nostro avviso necessario, quindi, dare spazio ad altre figure professionali, come per esempio il dottore in scienze motorie. In questo panorama, il medico di base prescriverà, per esempio, l’attività motoria come fa solitamente con la fisioterapia, mentre spetterà poi al dottore in scienze motorie somministrare la terapia al paziente fornendo anche i suggerimenti opportuni per quanto riguarda una corretta alimentazione.

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Gli altri soggetti fondamentali nella formazione di una cultura della prevenzione sono: la scuola, le farmacie, il Servizio sanitario nazionale. Se riusciremo ad aggregare tutte queste forze, sarà finalmente possibile centrare questo importantissimo obiettivo. Chiuderei il nostro incontro, dottor Pasetto chiedendole un ultimo commento… Nonostante i progressi medico-scientifici e la consapevolezza che sembra permeare la nostra società, grazie anche alla fruibilità delle informazioni, la popolazione ingrassa e si ammala sempre in maggior misura: ciò vuol dire che qualche cosa non funziona. Qualcuno dirà che con il nostro metodo Mediet abbiamo scoperto l’acqua calda… la verità, però, è che le tradizioni sono dure a morire, i cambiamenti culturali difficili, ma le evidenze scientifiche sono incontrovertibili: stare bene significa curare il rapporto psico-fisico, con un’alimentazione equilibrata e una regolare attività fisica. Mi piace pensare che il nostro metodo possa rivelarsi un contributo utile, per tutte le persone che vogliono intraprendere questo percorso… M. S.

Costruisci la tua salute. Con il sottotitolo “Il metodo Mediet - Premesse scientifiche, razionali, ipotesi operative, suggerimenti pratici” (120 pagine, 14,90 euro, pdf scaricabile gratuitamente al sito www.mediet.it) è un testo di divulgazione, in cui gli autori riportano i risultati delle loro osservazioni e riflessioni in termini meno specialistici e più sintetici, tracciando un percorso che vuole offrire una metodologia facile per vivere bene e in salute. Il testo è strutturato in cinque capitoli: I radicali liberi e lo stress ossidativo; L’infiammazione cronica; La prevenzione (e/o la cura); L’alimentazione; L’attività fisica. Gli Autori Ottavio Bosello - specialista in Medicina Interna, Medicina del Lavoro, Endocrinologia e Scienza della Nutrizione, fondatore della Società Italiana per l’Obesità e la Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare. Presidente di entrambe, nonché della Società Italiana di Geriatria e Gerontologia, ha studiato vari aspetti dell’invecchiamento e della nutrizione con focus sulla fisiopatologia e clinica dell’obesità. Autore di centinaia di pubblicazioni sulle principali riviste scientifiche internazionali, di molte monografie e di alcuni trattati, è Associate Editor delle riviste “Eating and weight disorders”, “Obesity and metabolism”, “Obesity reviews”. Giorgio Pasetto dopo il diploma ISEF consegue la laurea magistralis in Scienze Motorie e il titolo di Bachelor of Science in Osteophaty. Specializzato in Chinesiologia e Chinesiologia Riabilitativa, nonché in Shoulder and Knee Rehabilitation and Sports Medicine Rehabilitation Course, a partire dal 1997 è stato consulente per numerose squadre di calcio, rugby, pallavolo e basket. Dall’1 gennaio 2010 è osteopata e biomeccanico funzionale della Nazionale Italiana Professionisti di Golf. Dal 2002 al 2004 è stato docente a contratto presso la Facoltà di Scienze Motorie dell’Università di Verona. È presidente dal 1996 del Gruppo Bernstein, nonché socio fondatore, responsabile scientifico e attualmente segretario nazionale della D.M.S.A., Doctors in Movement Science Association.

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urologia

Il danno che non ti aspetti: ridotta la fertilità maschile Gli effetti nocivi del degrado ambientale sulla salute sono ben noti. Ma non tutti. Dimostrato lo stretto legame tra vari elementi e spermatozooi

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li effetti nocivi dell’inquinamento ambientale sulla salute sono ben noti. Meno noto è l’effetto che l’inquinamento ha sulla fertilità maschile. L’ipotesi che la capacità fecondante dello sperma umano stesse diminuendo, fu avanzata per la prima volta negli USA circa 40 anni fa. Nei primi anni 90, in Danimarca, ebbe inizio un’analisi comparata delle segnalazioni provenienti dalle varie nazioni e si dimostrò che il numero

degli spermatozoi per unità di volume si era ridotta negli ultimi 50 anni di circa il 50%. Secondo uno studio finlandese, tra i nati nel 1977 e quelli del 1987 c’è una minore produzione di spermatozoi pari al 30%. Nel 2009 i ricercatori del laboratorio di andrologia dell’Istituto Valenciano di Infertilidade di Alicante, dopo aver esaminato il liquido seminale di 12.000 uomini, hanno pubblicato una classifica, stilata sulla capacità di fecondare dei maschi europei.

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La riduzione della capacità di fecondare è comune a tutti e i maschi italiani si collocano al fondo della classifica. Questi dati sono stati confermati sia dalla European Academy of Andrology che dalla Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità. è stato ribadito che basse concentrazioni di spermatozoi dilatano i tempi necessari per ottenere una gravidanza, che diviene notevolmente difficile -se non impossibile- quando la concentrazione si riduce ulteriormente La classifica del laboratorio spagnolo, che si basa sulla concentrazione degli spermatozoi e sulla loro motilità, ha dimostrato che l’esposizione a fattori tossici ambientali e professionali ha una notevole influenza e che la tendenza al peggioramento dei parametri è in aumento. Questi dati suggerirebbero scenari catastrofici, che sono probabilmente eccessivi e sicuramente prematuri nelle conclusioni. I numeri, però, obbligano a chiedersi a cosa sia attribuibile questo fenomeno. In Italia, la tendenza alla ipofertilità è in lento ma costante aumento, con un peggioramento che si calcola, secondo quanto pubblicato dall’Università la Sapienza di Roma, in circa il 5% ogni decennio. Questo peggioramento è legato all’aumento dei fattori tossici nell’ambiente e allo stile di vita, soprattutto tra gli adolescenti. 44 : luglio, agosto 2012

L’uso di droghe, sigarette ed alcool svolge una azione nociva diretta sugli spermatozoi, così come il sempre più diffuso uso di anabolizzanti in certe palestre, spesso mascherati da innocui integratori di aminoacidi e proteine. Colpevoli sono anche lo smog urbano e le sostanze tossiche e simil-ormonali in esso contenute. L’origine ambientale è stata documentata da uno studio della Harvard School of Public Healt di Boston, che ha analizzato quanto pubblicato sui pesticidi. Tra gli studi presi in esame, 20 dimostrano l’associazione tra esposizione a Ddt, organoclorine, erbicidi, fungicidi ed insetticidi e la peggiore qualità del liquido seminale in termini di concentrazione, motilità e morfologia degli spermatozoi; tre ricerche evidenziano l’associazione tra esposizione ai pesticidi e danni al Dna degli spermatozoi. Infine, quattro studi hanno scoperto alterazioni cromosomiche negli spermatozoi, conseguenti ai pesticidi organofosforici, insetticidi piretroidi e carbamati. Si dimostra, altresì, che l’esposizione ad un’ampia gamma di pesticidi, sia occasionale che di lunga durata, esercita un effetto distruttivo nei confronti di

Dott. Massimo Occhipinti


molti degli ormoni indispensabili per la formazione degli spermatozoi. La situazione in Italia è stata analizzata dalla Società Italiana di Andrologia che documenta come 30 anni fa uno spermatozoo su due fosse mobile normalmente, mentre ora lo è appena il 30%. Questi dati, è bene ricordarlo, derivano dagli esami seminali di 10.000 uomini sani e giovani (età media di circa 30 anni). Ci sono differenze tra le regioni, ma quello che è certo è il primato di Napoli e della Campania, nettamente al di sotto della media nazionale. I cumuli di immondizie, spesso bruciati per strada, le discariche abusive, i pesticidi, lo smog sono sicuramente responsabili. Ciò conferma la nota correlazione tra la fertilità e gli inquinanti ambientali. Negli uomini che vivono nei grandi centri urbani, in aree inquinate da rifiuti industriali, o in zone agricole inquinate dalle sostanze usate in agricoltura, gli spermatozoi anomali sono il 15% in più rispetto a quelli degli abitanti di piccole città. Non solo: anche gli spermatozoi ipomobili sono il 20% in più. Il piombo, l’ossido di carbonio, le polveri sottili si accumulano anche nei testicoli, con conseguenti effetti sul liquido seminale. Lo provano gli studi condotti su chi è molto esposto, come i vigili urbani e gli addetti ai caselli autostradali. La correlazione tra l’esposizione alla diossina e la riduzione del numero degli spermatozoi è stata dimostrata per la prima volta al mondo, studiando 135 abitanti di Seveso, che sono stati esposti alla nube di diossina nel luglio 1976. Analizzando il loro apparato riproduttivo e confrontando i dati con i livelli di diossina assorbita, si è constatato che alcuni tra loro che all’epoca avevano meno di dieci anni oggi registrano un calo del 40% del numero e della motilità degli spermatozoi, rispetto ai coetanei non esposti alla diossina. Ciò avviene perché la diossina, e gli inquinanti che agiscono con lo stesso meccanismo -ad esempio i policlorobifenili (composti

chimici usati come additivi in colle, vernici, sigillanti, lubrificanti ecc.- interferiscono con gli equilibri ormonali, soprattutto nei bambini. I dati raccolti indicano che anche dosi di diossina nettamente inferiori a quelle di Seveso possono compromettere la fertilità, talvolta in modo permanente. Quanto detto finora può far temere seriamente per il futuro, ma, se pensiamo che, limitandoci alla diossina, i suoi livelli ambientali negli anni Settanta-Ottanta erano tre-quattro volte superiori a quelli attuali e che questi risultati, sicuramente ancora da migliorare, sono dovuti alla nuova sensibilità verso certi problemi e alle misure adottate, si può sperare in un futuro meno pessimistico. Dott. Massimo Occhipinti Divisione di Urologia

Casa di cura privata polispecialistica Dott. Perderzoli Presidio ospedaliero accreditato al SSN Asl 22 Peschiera del Garda

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malattie rare

Anemia di Blackfan-Diamond: conoscerla, studiarla, curarla Ha sede a Verona il Gruppo di sostegno DBA Italia. Con Maria Elisabetta Villa, fondatrice e presidente, andiamo a conoscere attività e obiettivi futuri

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Verona è nato, su iniziativa della presidente Maria Elisabetta Villa, il Gruppo di Sostegno DBA Italia, associazione Onlus che svolge attività di sensibilizzione nei confronti dell’opinione pubblica, in merito ad una malattia ematologica rara, denominata Anemia di Blackfan-Diamond (DBA). E anche “Verona InForma”, con questa intervista a Maria Elisabetta Villa, vuole essere un veicolo per far conoscere in modo più approfondito i sintomi, le cause e soprattutto le cure e le prospettive di vita per chi è affetto da questa patologia. Innanzitutto presidente Villa ci spieghi quali sono gli obiettivi del Gruppo da lei fondato… Il principale obiettivo del Gruppo è quello di fornire sostegno ai malati di DBA e ai loro parenti. Per fare questo, riteniamo che sia molto importante riunire nell’associazione tutti i malati italiani di DBA. L’anemia di BlackfanDiamond è una “malattia rara”, ancora poco conosciuta. Quando per la prima volta affronta il mondo delle “malattie rare”, ci si sente persi, non si sa dove rivolgersi per avere informazio-

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ni, anche puramente di carattere pratico. Pensiamo che far sapere l’esistenza di un’associazione di persone con cui condividere la nostra malattia, le nostre ansie, le nostre paure, ma anche le nostre gioie e vittorie, possa essere molto importante. Per il futuro ci proponiamo di incrementare l’interesse pubblico su queste malattie del sangue rare, promuovendo iniziative di raccolta fondi che ci consentano, attraverso la collaborazione con centri medici specializzati ed altre associazioni Onlus internazionali, di raggiungere nuovi traguardi nel campo della ricerca medica, affinché un domani si possa guarire dalla DBA. Detto questo, entriamo nello specifico e analizziamo la DBA, l’anemia di BlackfanDiamond… La DBA è un’anemia cronica, classificata come malattia genetica rara, che colpisce i bambini per lo più durante il primo anno di vita. E’ una rara insufficienza midollare, pur essendo la piu frequente aplasia congenita pura della serie rossa, caratterizzata da grave anemia pre-


Ricercatori DBA durante il II° Meeting DBA Europeo 2011

sente sin dai primi mesi di vita, malformazioni congenite e aumentato rischio di insorgenza di neoplasie. Le malformazioni congenite interessano circa il 40% dei pazienti, coinvolgendo diversi distretti corporei come il pollice trifalangeo, la palatoschisi, malformazioni urogenitali e/o cardiovascolari. Inoltre è frequente il difetto staturale. Per completezza di informazione, la malattia prende il nome dai dottori americani Diamond e Blackfan, che nel 1938 approfondirono gli studi dei primi due casi, analizzati nel 1936 da Mr. Joseph.

Quanto è diffusa in Italia? In Italia l’incidenza della DBA e di circa 6,5 casi l’anno per milione di nati. Nella maggior parte dei casi la malattia è sporadica, solo nel 10-20% dei casi si trasmette come carattere autosomico dominante. Colpisce ugualmente maschi e femmine e non sembrano esserci zone geografiche maggiormente colpite. Ad oggi, nel nostro paese si contano 189 soggetti colpiti da DBA. Quali sono le cause scatenanti? Ancora oggi non è stata individuata la causa principale di tale disturbo, nella formazione luglio, agosto 2012 : 47


dei globuli rossi nel midollo osseo, e due risultano le terapie attualmente attuabili: l’assunzione costante di cortisonici o trasfusioni di sangue a cadenza mensile. Come si manifesta? ll sintomo principale è l’anemia, presente già alla nascita nel circa il 25% dei casi o comunque nel primo anno di vita. In cui si manifesta in più del 90% dei casi. Le altre linee sono generalmente normali, talvolta può associarsi un lieve calo dei globuli bianchi e/o delle piastrine. L’analisi del midollo osseo, inoltre, mostra usualmente un numero normale di cellule, ma i precursori eritroidi sono tipicamente assenti o fortemente ridotti in numero per impossibilità dei precursori a differenziare, vista l’aumentata tendenza alla morte cellulare. Gli altri valori sono però nella norma. Gli accertamenti tramite analisi del sangue sono fondamentali per determinare le carenze, anche se è difficile capire subito se si tratta di DBA. Si tratta comunque di una malattia molto subdola, che può dare periodi di tregua, per poi ripresentarsi con abituali sintomatologie, a volte anche più gravi. Quali sono le terapie per chi è affetto da questa particolare anemia? Nel 50% dei casi l’anemia può essere corretta con trasfusioni, all’incirca una volta al mese, garantendo di mantenere i livelli di emoglobina (proteina colorata di rosso, contenuta nei globuli rossi e deputata al trasporto dell’ossigeno dall’ambiente esterno ai tessuti dell’organismo, ndr) tali da permettere un buon accrescimento ed una buona qualità di vita. Successivamente si passa ad una terapia ferrochelante di mantenimento. Una particolarità: il ferro nel sangue di un malato di DBA è molto più “forte” rispetto a quello dei talas48 : luglio, agosto 2012

semici (la talassemia è una malattia ereditaria che comporta anemia, cioè una diminuzione della presenza di emoglobina utile al trasporto dell’ossigeno nel sangue ndr) e quindi più difficile da smaltire dall’organismo. Quindi, ai pazienti affetti da DBA i medicinali devono essere somministrati in dosi maggiori, a volte doppie. La somministrazione avviene per via orale. Attualmente, il medicinale che garantisce il miglior effetto è l’Exjade. Ogni anno i malati devono sottoporsi ad un controllo specifico, per monitorare la percentuale di ferro nel sangue, onde evitare pericolosi accumuli che potrebbero creare ulteriori criticità. La diagnostica si effettua esclusivamente con specifiche apparecchiature, presenti solo ad Orbassano, in provincia di Torino. L’apparecchio – in pratica una grande calamita – è di proprietà dell’Università di Torino. Tornando alle cure, per i pazienti che presentano sintomi più limitati, la malattia viene tenuta sotto controllo mediante terapia cortisonica che porta, come controindicazione, al consumo delle ossa tipo osteoporosi. Ciò implica, a sua volta, l’assunzione di vitamina D e calcio. Come si muove la ricerca e quali obiettivi ha finora raggiunto? Attualmente in Italia sono presenti tre centri di ricerca: il primo, più rivolto alla diagnostica e alla terapia, si trova presso l’Università di Torino ed è diretto dal prof. Ugo Ramenghi, del Dipartimento di Scienze Pediatriche e dell’ Adolescenza. Il centro di Torino lavora in stretta sinergia con le altre due realtà il laboratorio di Patologia Genetica, diretto dalla Prof.ssa Irma Dianzani, presso il Dipartimento di Scienze Mediche di Novara, dove in pratica viene “studiata” la malattia, e la Scuola di specializzazione in Genetica Medica dell’Università di Roma Tor Vergata.


In questi anni, purtroppo, i fondi di ricerca pubblica sono diminuiti e quindi la ricerca punta molto sui bandi privati. Per questo motivo, nel marzo del 2009, il Gruppo di Sostegno DBA Italia, insieme ad altri fondatori, ha costituito l’Istituto Piemontese per la ricerca sulla DBA, che riveste un ruolo strategico per la ricerca scientifica su questa malattia. L’obiettivo primario dell’Istituto è quello di estendere l’utilità del Registro (creato in Italia e al quale accedono tutti i ricercatori europei con continui aggiornamenti ndr) con l’offerta di un servizio di diagnosi molecolare, nonchè promuovere e sostenere la ricerca scientifica e lo studio dell’anemia di Blackfan-Diamond. Uno studio e una ricerca generale, ma anche particolare, legata ai vari effetti collaterali dei farmaci utilizzati o di altri disturbi connessi.

L’attività di sensibilizzazione avviene anche tramite eventi ed iniziative… Certamente. Lo scorso 30 aprile abbiamo messo in scena uno spettacolo di beneficenza di arte, teatro, musica, danza e pittura presso il Teatro Camploy, in collaborazione con Energie sociali e Cooperativa Sociale Onlus. Inoltre, il 26 e 27 maggio scorso si è tenuta al centro “Monsignor Carraro” una convention, durante la quale pazienti, famiglie e professori si sono confrontati e hanno discusso sulle tematiche relative alla DBA. Hanno collaborato all’organizzazione della due giorni Essere Clown Onlus e il Gruppo Cinofilo Veronese. Ma tanto si deve ancora fare. Per questo abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. Attualmente si conosce molto poco della malattia. Solamente due geni sono stati individuati. Il cammino da fare è molto lungo, in quanto la rarità della malattia e la variabilità delle caratteristiche cliniche della DBA rendono particolarmente arduo lo studio di tale patologia. Chi volesse aiutarci può trovare tutte le informazioni sul nostro sito www. diamondblackfanitalia.org E’ possibile aiutarci anche con la dichiarazione dei redditi. Infatti, è sufficiente apporre la propria firma nell’apposita riga presente nella sezione di destinazione del 5 per mille del modello di denuncia dei redditi, relativa al sostegno del volontariato e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, indicando il codice fiscale del gruppo di sostegno malati anemia Diamond-Blackfan italia Onlus – 93185210239. Alberto Cristani info: www.diamondblackfanitalia.org luglio, agosto 2012 : 49


neuropsichiatria infantile

Bambini nella tempesta della separazione coniugale è bene conoscere e prevenire il vero dramma provato dai soggetti più deboli della famiglia Emma: “… Non mi aspettavo che i miei genitori si separassero… però mi sono sentita sollevata perché finiva il casino…ma mi dispiace per mio fratello, cresci diversamente con due genitori separati, dubiti anche nelle altre relazioni con le persone che incontrerai nella vita… Credo che se i tuoi stanno insieme, cresci più sicuro, hai una personalità più solida, puoi allacciare legami più duraturi…” Chiara: “…non piango perché loro litigano, sono preoccupata… non perché si separano, ma per come litigano, per quello che potrebbe succedere… magari il papà fa del male alla mamma…”. Ho scelto di parlare con le parole di Emma e Chiara (nomi di fantasia), per parlare di ciò che provano i bambini, i ragazzi coinvolti nella separazione dei loro genitori. “Il matrimonio -scrive Malinowski- rappresenta uno dei più difficili problemi personali della vita…”. Certe volte l’amore muore, e lo spazio tra ciò che uno deve avere e l’altro può dare non coincide più. Le premesse o le promesse non vengono rispettate, le aspettative insoddisfatte sfociano in torti, insulti. Ci si fa deliberatamente del male e non si tollera più niente. Ogni pretesto viene usato contro l’altro. La fine del matrimonio rappresenta sempre un lutto, la perdita di un 50 : luglio, agosto 2012

progetto di vita, la delusione di non far più parte di una coppia e molto altro ancora. Nell’ultimo decennio si è assistito ad un progressivo aumento delle disgregazioni familiari, delle separazioni e dei divorzi di coppie con figli. Fare famiglia richiede elevati investimenti, creare una famiglia è fonte di stress e di vulnerabilità; oggi non si può più considerare un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Si sa che i genitori, scegliendo di formare un nucleo familiare, si assumono il dovere di garantire le cure necessarie alla crescita della prole, ma ciò che forse passa in secondo piano è che essi esercitano anche un’enorme influenza sullo sviluppo emozionale ed affettivo dei figli. Appare evidente che, allo stesso modo così come da adulti ci preoccupiamo di assicurare l’indispensabile e di rispondere ai bisogni dei nostri figli, dobbiamo prendere sul serio le emozioni dei nostri bambini e dei nostri ragazzi. Le emozioni dei figli coinvolti in una separazione coniugale sono tante e sono in parte l’effetto di un dolore, intimo ed immenso. Talvolta i figli sembrano non avere manifestazioni che si discostino dalla normalità. L’assenza di manifestazioni può far credere che il bambino/ragazzo non si preoccupi di ciò che succede tra i


genitori, che la cosa non lo riguardi. Invece i figli sono preoccupati di non capire cosa succede, perché i genitori discutano, chi abbia cominciato. Per gli adulti e i bambini, per tutto il nucleo familiare, la separazione corrisponde ad uno stato di sofferenza profonda, di rottura di un equilibrio, che cambia un assetto e crea disorientamento. Prima di consolare o parlare con i figli, è fondamentale ascoltarli, lasciare che si esprimano. Ma è necessario ascoltarli in tutti i sensi e “con” tutti i sensi, non solo con le orecchie. I bambini vanno prima di tutto guardati, perché spesso il loro sguardo esprime quello che le parole non dicono. Così il loro modo di spostarsi, di muoversi, fa capire cosa davvero provino e pensino. Quanto dolore può sostenere un bambino senza po-

terlo esprimere in famiglia, senza poterlo dire nemmeno a se stesso? Immaginate che il bambino arriva al punto in qui egli non sa più dove sia finita la sua famiglia, la sua casa; anche se ora ne le ha tutte e due, per lui è come se non ne avesse nessuna. La casa è divisa, diviso è l’amore, divisa è la sicurezza e la famiglia, diviso è lui. E’ normale che un bambino soffra per la divisione dei genitori, ed è vitale che sia aiutato a sopportarla meglio che può. E’ importante che la sua tristezza trovi un modo per raccontarsi. La famiglia media cerca di solito di prevenire e risolvere i disturbi e i disagi dei propri figli senza ricorrere all’aiuto del professionista. Infatti, il compito del teluglio, agosto 2012 : 51


rapeuta non è quello di sostituire la famiglia funzionante; tuttavia egli può affiancarla, quando la stessa famiglia non può funzionare bene. E’ possibile così trovare un aiuto quando sta per abbattersi sulla casa, sul nucleo familiare, una tempesta che travolgerà tutto e tutti. E nulla, poi, sarà più come prima. Il ruolo dello specialista è allorta quello di dare sostegno alla genitorialità, con il compito di recuperare le funzioni che sono state messe in ombra dal conflitto. Uno degli obiettivi è cercare nuovi canali di comunicazione e soprattutto ricondurre i genitori ad un pensiero comune sui figli. Nessuno di noi genitori vorrebbe fare deliberatamente qualcosa per mutilare moralmente, spiritualmente ed emotivamente i propri figli, ma talvolta nel conflitto è quello che capita. Spesso, la contesa per l’affidamento dei figli avviene con un accanimento tale, che i coniugi impegnati nella lotta per garantirsi il titolo di buon genitore finiscono per osteggiarsi, non accorgendosi delle conseguenze del loro comportamento sui figli. La conflittualità degli adulti può essere così distruttiva da far sentire il bambino responsabile, con la propria presenza/assenza, della felicità del genitore. La relazione

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alterata, soprattutto a livello emotivo può dare spazio a incomprensione, atteggiamenti di difesa, competizione e manipolazione. Nei figli c’è confusione e conflitto di lealtà, cioè essi temono che ciò che provano per un genitore possa ferire l’altro. Pensano: “Se io mi diverto con papà, renderò triste la mamma”, come se dovessero scegliere; e loro, che naturalmente vogliono bene ad entrambi i genitori, stanno davvero male. Molti bambini sono precocemente coinvolti nei problemi di coppia dei loro genitori e ciò dà origine ad ansie, turbamenti e altri problemi. Secondo Packard (1983), per molti bambini crescere significa chiedersi se i propri genitori si separeranno o, se già si sono separati, se dovranno vivere per sempre con un solo genitore. Il momento difficile della crisi coniugale vuole spesso dire che i bambini hanno a che fare con genitori distratti, incentrati sul proprio ruolo nella vita. Per i bambini vuol dire essere spesso soli e talvolta adattarsi a convivere con un “estraneo”. Quello che risulta essere un periodo difficile e stressante per un adulto, lo è anche e soprattutto per un bambino o per un ragazzo. Oltre una certa soglia, questo accumulo


di stress può creare problemi. I figli allora mettono in atto comportamenti regressivi, perdono di autonomia (esempio tornano nel lettone); al contrario, si dimostrano ipermaturi e superautonomi (“non ti preoccupare, d’ora in poi sarò io l’uomo di casa”). Talvolta si allineano in maniera esclusiva ad uno dei due genitori, sviluppando una reazione di repulsione e rispingimento dell’altro. A volte si finisce con l’attribuire al figlio un ruolo che non dovrebbe avere, di partner, di genitore; “…è così sensibile, pensi che è lui che consola me… lei è una bambina forte, non ha mai pianto…”. I bambini percepiscono il disagio che c’è in famiglia, ma non sempre hanno gli strumenti per comprenderne le cause reali e tendono ad attribuirsene la colpa. La situazione conflittuale, che precede e succede alla separazione, rappresenta un fattore pregiudizievole per la salute psicofisica e relazionale dei figli che, in genere, tendono ad assumere un comportamento strategico-difensivo mostrando, a tratti, una buona capacità di adattamento ed evitando di manifestare la propria sofferenza. In genere, però, questo coperchio messo a coprire la “pentola”, quasi a tapparsi la bocca, fa si che la sofferenza dei bambini si traduca in altri sintomi: fobie, disturbo del sonno, dell’alimentazione o del comportamento; comportamento che cambia, ma di solito fuori casa, spesso a scuola, bambini distratti, che sottraggono il materiale degli altri, che diventano impertinenti e che attuano atteggiamenti di scherno e derisione. Oppure bambini silenziosi, con “la testa altrove”, che piangono per nulla. E’ noto che i bambini hanno bisogno di stabilità, di riferimenti chiari e facili, hanno bisogno di essere attorniati da persone che gli comunicano calore, la sensazione di essere al centro dei loro pensieri, di contare. Un bambino si sente più forte se può esibire una famiglia forte, unita, “regolare” e che risponda alla sua ricerca di identità, al bisogno di appartenere. Invece, nella separazione, i problemi e i conflitti si ripercuotono sui minori, che si sentono merce di scambio, si sentono messi al centro di ripicche e contese, si sen-

tono di non appartenere più a nessuno e che niente gli appartenga davvero più. Il senso di perdita genera angoscia. Se al figlio la perdita sembra permanente e definitiva, l’angoscia può arrivare a lasciare il posto alla depressione e alla disperazione. I figli si sentono soli e tristi, colpevoli (“forse l’ho costretto io ad andarsene”), impotenti (“cosa posso fare io, che sono solo un bambino, per farli tornare insieme?”), indesiderabili; pensano di non meritare niente (“non pensano più a me, non conto niente e non mi vogliono più”). Inizia a crescere progressivamente in loro la paura di perdere un genitore, il senso di impotenza, la gelosia e il conflitto di lealtà, la fantasia di riunificazione. Tutti i figli di separati sperano nel loro intimo che i genitori tornino insieme, lo sperano anche quando hanno quarant’anni, anche quando razionalmente sanno che non sarà possibile, anche quando ammettono che “è meglio di no”. Non è mia intenzione spiegare ai genitori come debbano comportarsi; possiamo ingolfarci di informazioni su come allevare i figli e cercare di essere buoni genitori, ma niente e nessuno ci risparmierà di commettere inevitabili errori. Questa è la distanza tra “sapere” e “fare”. Si può sbagliare perché vi sono eventi nella vita che possono assorbirci totalmente e proprio quando i figli hanno bisogno di noi non possiamo esserci, per aiutarli. Solitamente, come Neuropsichiatra infantile, mi capita di intervenire quando il problema è ormai evidente, ma credo fermamente che nelle situazioni di conflitto familiare il lavoro è un buon lavoro quando ha il compito di prevenzione, di supporto alla famiglia. Il ruolo del Neuropsichiatra infantile, in genere, è quello di occuparsi dello sviluppo affettivo dei bambini/ ragazzi e di ciò che dal punto di vista ambientale interferisce con la loro maturazione. Il nostro compito è quello di insistere sul diritto dei minori di essere felici e sul dovere di ogni genitore di aiutarli ad esserlo. Prevenire l’infelicità è possibile, formulando un progetto educativo in cui i genitori condividano uno spazio mentale luglio, agosto 2012 : 53


in cui collocano i propri figli, anche con stili diversi, ma coerenti. So bene che è difficile legittimare e dare un’immagine buona dell’altro genitore che è stato fonte del proprio dolore, che ferisce; ma ci si può riuscire, se si riconosce che anche l’altro ha in qualche misura subìto e provato una parte dello stesso dolore. Si può riuscire a trovare un campo neutro, soprattutto se si tiene ben presente che il bambino deve restare il soggetto di cui prendersi cura, sempre e prima di tutto. La coppia decide di mettersi insieme e decide poi di separarsi, il bambino non decide niente; né di avere quei due genitori, né di essere diviso a metà. Non ha scelto lui, non lo vuole, non né ha colpa. Non è possibile restituirgli ciò che c’era prima, ma è possibile riconsegnare ai figli la loro famiglia, trasformata. Se i genitori restano un buon padre e una buona madre offrono tutto ciò che al figlio serve. Se continueranno ad occuparsi di lui condividendo le informazioni, permettendo che continuino a frequentare le famiglie di origine (nonni e zii dell’ex-coniuge), pensando che questo sia un loro diritto, senza rancori, essendo presenti

agli impegni che lo riguardano, basterà perché lui torni ad essere sereno. Capisco bene che ciò possa essere faticoso, ma è uno sforzo che va fatto. Il nostro compito è di trovare una voce che vada oltre le urla, cercando di ritornare sui fatti e dandone una lettura diversa, evitando però di riaprire le ferite. E’ essenziale presentare ai ragazzi le cose con un linguaggio adatto a loro, spiegando ciò che sta succedendo, proteggendoli dai danni dovuti ai silenzi pesanti, perché “non si sa cosa dire, perché non c’è bisogno di spiegare… perché l’hanno capito da soli…”. Spiegare che c’è un problema nella coppia coniugale toglie i figli dalla confusione e dal continuo impegno mentale, per capire cosa succede tra mamma e papà. Non è necessario spiegare “tutto”, anzi si deve mettere un filtro e lasciare che sappiano solo ciò che serve. Ai figli non servono i dettagli: chi ha deciso la separazione, che sia assegnata una colpa, che sia trovato un motivo. I figli non possono diventare i confidenti o consiglieri. Vanno protetti dagli atteggiamenti che spontaneamente e inconsapevolmente vengono utilizzati per riavvicinarsi al partner, per ristabilire i contatti e mantenere un legame e, quando questo non è possibile, che diventino mezzo di comunicazione alternativo ad email e sms, per sfogare la collera e dare spazio al risentimento. Meglio intervenire prima, permettendo agli ex coniugi di trovarsi in uno spazio comune “per il bene dei figli”, ma anche per il loro, in un rapporto cambiato nell’assetto e nei sentimenti, nel quale non esista più la “coppia coniugale” ma emerga integra la “coppia genitoriale”. Lo spazio neutro permette agli ex coniugi di anteporre il loro essere genitori a tutto il resto, permette ai figli di ritornare ad essere la priorità, di recuperare il loro inestimabile valore, di individui impegnati a crescere. Dott.ssa Cristina Albertini Neuropsichiatria infantile albertini.cristina@alice.it


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psicologia

L’adolescenza

e i disagi del cambiamento Si tratta di una metamorfosi, del passaggio dall’infanzia all’età adulta. Segnali da “capire”

U

na fase della vita che inizia come risposta ai cambiamenti indotti dalla pubertà, e si conclude verso i 20 anni, con il raggiungimento di una nuova identità. Questo periodo è caratterizzato da sentimenti di incompiutezza e contraddizioni: convivono, infatti, in modo goffo e sgraziato, il bambino e il giovane adulto, il desiderio e la paura del cambiamento, il senso di perdita, per ciò che si lascia e il senso d’incertezza, per ciò che si “troverà”. Si rompe, dunque, un equilibrio e si apre una crisi, caratterizzata anche da profondi mutamenti fisici, dall’emergere di un nuovo funzionamento mentale, oltre che da radicali cambiamenti nelle relazioni sociali, sia interne che esterne alla famiglia. L’adolescente, dunque, è colui che deve integrare i cambiamenti del suo corpo e modificare i legami familiari, sino ad accettare il “lutto” della separazione dal mondo infantile, per poi ritrovare una nuova fiducia in se stesso. Una vera metamorfosi, una rinascita che avviene contemporaneamente a una “morte”: con l’adolescenza muore infatti il bambino e nasce un uomo. Inizia così una stagione della vita turbolenta, che ciascuno vive tra indugi e precocità, secondo un ritmo individuale che va rispettato.

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È un’età unica, in cui coesistono sentimenti conflittuali, emozioni intense e contraddittorie, rinnovate istanze pulsionali, bisogni di rassicurazione e insieme di libertà, ciò che genera molteplici espressioni e situazioni di vita. È il periodo degli sbalzi di umore, delle infatuazioni, delle amicizie esclusive, del senso di inadeguatezza. È il periodo in cui si chiudono le porte della camera, i muri si riempiono di poster e i cassetti di diari segreti. Ma è anche il periodo in cui si esce dalla camera, in cui il gruppo dei pari diventa una nuova famiglia, sciami di motorini invadono le strade della la città; muretti, panchine, piazze diventano i luoghi dove ritrovarsi. È il periodo in cui ci si spaventa della propria immagine riflessa, in cui lo sguardo ipercritico si posa a volte su di sé, a volte sugli altri. È il periodo della vulnerabilità: basta poco per “perdere” i confini, per sentirsi invasi, perseguitati, e tutto ciò è causa di ferite. È anche un periodo “eroico”, fatto di sfide, pericoli corsi per nulla, trasgressioni e opposizioni violente; ma è anche il tempo dei sogni ad occhi aperti, della fuga dalla realtà. È il periodo dell’amore, in cui si scoprono le attrazioni, legami da conquistare accettando competizione e rischio del rifiuto. Ed è anche, infine, il periodo in cui irrompe il pensiero


della morte, come angoscia della fine, e talvolta come limite insopportabile da sfidare pericolosamente. Tutti questi aspetti non spiazzano solo i ragazzi, ma anche chi gli sta intorno, in particolare gli increduli ed inquieti genitori. L’adolescenza, quindi, come evento critico globale, un’impresa evolutiva congiunta di figli e genitori. Di fronte all’adolescenza è necessaria, infatti, un’abilità genitoriale totalmente diversa da quella esercitata nel periodo infantile. Ciò significa che deve esserci, per così dire, un’adolescenza anche degli adulti, un cambiamento del loro modo di porsi, di interpretare i bisogni, di dare risposte. C’è bisogno, insomma, di figure genitoriali di riferimento capaci di tollerare la frustrazione, l’attacco, la squalifica e un certo grado di separazione: per l’adolescente si

tratta di costruire la propria autonomia; per i genitori si tratta, invece, di accettare la diversità e l’alterità del figlio. È importante, a questo punto, sottolineare come questo complesso periodo di crisi abbia in sé un doppio potenziale: maturativo e patogeno. Il primo ha come sbocco un tipo di funzionamento psichico nuovo, il secondo può portare invece a forme di adattamento disfunzionali e problematiche. L’instabilità, la conflittualità e contraddittorietà di questa particolare stagione della vita fa sì che sia molto difficile parlare di adolescenza normale o patologica. Non è infatti facile riconoscere quali aspetti sono fisiologici e quali degni di attenzione clinica, in un periodo in cui la personalità dell’adolescente si sta evolvendo in modo disomogeneo e imprevedibile.

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Ciò che possiamo dire, in sostanza, è che in adolescenza difficilmente si rileva un’organizzazione patologica definita: si tratta di situazioni in cui “i giochi non sono ancora fatti”, in cui si trovano più spesso patologie “in fieri”, con aspetti qualitativi e quantitativi che si differenziano da un’evoluzione “normale”, ma che non sono ancora strutturati in patologie simili a quelle dell’età adulta. La sfida, dunque, è riuscire a cogliere quelle “comunicazioni particolari” che gli adolescenti, in situazioni di sofferenza psicologica, usano come segnali di disagio e silenti richieste di aiuto. Un disagio che può esprimersi mediante: disturbi del comportamento e della socializzazione, difficoltà scolastiche, disturbi psicosomatici, comportamenti a rischio (abuso di sostanze, atteggiamenti autolesivi, ecc.), disturbi alimentari, ecc. In tutti questi casi, un intervento psicologico può essere di grande importanza per arginare derive patologiche e trovare risposte più adeguate ad una sofferenza spesso misconosciuta dallo stesso adolescente. Si dice che in adolescenza “tutti i nodi vengono al pettine”; questo è vero, ed è una fortuna: infatti il giovane è costretto a confrontarsi nuovamente con gli aspetti irrisolti della propria personalità. Ecco che allora l’adolescen-

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za può essere una seconda, grande occasione per riorganizzare e rimettere in moto le linee evolutive interrotte, ponendo in essere risposte più mature ed efficaci a pregresse situazioni di disagio. Ed è proprio quando ci si accorge che questi movimenti maturativi spontanei si interrompono, che può essere opportuno offrire un sostegno psicologico esterno, un intervento finalizzato a favorire nell’adolescente l’assunzione di una posizione attiva nei confronti di ciò che sta accadendo dentro di sé e nel rapporto con la realtà esterna, così da riattivare quei processi di separazione-individuazione, indispensabili al raggiungimento di una chiara soggettività identitaria. Dott. Luca Ravazzin Psicologo - Psicoterapeuta lravazzin@libero.it


danza

Con MOD Dance Academy ballare… fa bene! Se eseguita (e insegnata) in modo corretto, la danza può portare enorme giovamento a corpo e spirito

L

a danza, in quanto arte, indica l’espressione estetica della propria interiorità attraverso la musica. La danza potenzia la muscolatura, la rende più flessibile e ne allenta la tensione, e nascendo dalla posturologia se svolta correttamente è una terapia antalgica. Anche la colonna vertebrale ne trae giovamento, poiché gli esercizi praticati con costanza rendono la schiena più sciolta e meno incline ai dolori. Attraverso il movimento i pensieri prendono vita e, se per poco tempo ci lasciamo alle spalle l’autocritica, l’autogiudizio e ritroviamo il movimento incondizionato, ci accorgiamo che ballare tra le trame della musica diventa una liberazione. Danzare è come respirare e, se fin da piccoli abbiamo avuto la passione di muoverci non appena si sentiva la musica, è bene ricordarsi che la danza non la si vede solo sui grandi palchi, fatta da ballerine che sembrano disegnate con programmi sofisticati di grafica, ma che è dentro di noi e se l‘abbiamo abbandonata, per necessità lavorative o di studio, la possiamo ritrovare nelle scuole di danza. Una scuola di danza seria deve avere corsi professionali con esami di ammissione e rilasciare al superamento dell’esame finale un diploma di abilitazone all’insegnamento e corsi amatoriali. Troppe volte i vostri figli sono nella mani di “maestri” non qualificati che pensano che il potente e profondo l’ileopsoas, il principale protagonista nel determinare la posizione del bacino e del tratto lombare e, di conseguenza, dell’intera postura, sia il misterioso e malvagio protagonista del nuovo fumetto! Materie pratiche e teoriche sono quindi necessarie per svolgere la professione di ballerini, mentre sano divertimento e passione sono fondamentali per i corsi

amatoriali. La scuola di danza MOD Dance Academy di Valentina Pomari sita in Via Cà dell’Aglio, 3 a San Martino Buon Albergo Verona (+39 340 346 26547) è una scuola che vanta tre sale disposte su due piani per un tot di 850 metri quadrati tutte attrezzate da pavimenti ammortizzanti e professionali. MOD si avvale di una squadra di insegnanti formata da ballerini e maestri riconosciuti non solo in Italia ma in tutto il mondo quali Kledi Kadiu, Myrna Kamara (New York city ballet), Stephane Fournial (commissario tecnico di Amici di Maria De Filippi), Barbara la B. Fujiko della House of Ninja. Completano la squadra nomi di rilievo delll’ hip hop come Mattia Quintavalle (Sly) ,Riccardo Varlese, Adolfo Arena e Valeria Girelli e, per le più piccole, le maestre diplomate Beatrice Piccoli, Beatrice Bonadiman e Donatella Crippa e tecnica modern con Greta Bragantini. La direzione artistica della MOD Dance Academy è di Valentina Pomari, affermata coreografa, che cura personalmente la formazione degli allievi che entrano a far parte di questa grande scuola. Alla “MOD” potete trovare corsi di gioco danza (3-5 anni), propedeutica alla danza, danza classica, danza contemporanea, tecnica modern, laboratorio coreografico, hip hop, video dance, house, vogue, posturlogia, yoga, canto, pilates, sbarra a terra, ginnastica per la terza età, corso di difesa personale. Valentina Pomari Direttrice MOD Dance Academy

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pediatria

“Io ho la mia mamma e un ospedale per amico” Riconosciuto il livello eccelso dell’Ospedale “Girolamo Fracastoro” di San Bonifacio, Dipartimento Materno Infantile

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l Dipartimento Materno Infantile dell’Ospedale “Girolamo Fracastoro” di San Bonifacio è una realtà che negli ultimi anni ha vissuto una significativa espansione delle proprie attività, sia in ambito pediatrico -a partire dal miglioramento delle cure in patologia neonatale- sia sul versante ostetrico-ginecologico, con un’implementazione dell’offerta a livello di specifiche proposte assistenziali. Tra le peculiarità del nostro Dipartimento, spicca il livello di eccellenza delle cure perinatali, recentemente riconfermate di particolare qualità dal Comitato nazionale dell’Unicef, che ha pertanto rinnovato il riconoscimento di “Baby Friendly Hospital”, ovvero di “Ospedale Amico del Bambino”.

Dott. Mauro Cinquetti

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Questa importante certificazione da parte dell’Unicef, ottenuta nella nostra ULSS per la prima volta 10 anni fa, è stata la conseguenza dell’accettazione di una serie di trasformazioni del punto nascita di allora, divenuto oggi il più grande “Ospedale Amico del Bambino” del Veneto. Solo attraverso una serie di cambiamenti di organizzazione, di conoscenze e soprattutto di emozioni si è potuto costruire e consolidare negli anni il “nuovo mondo della maternità”, inteso come il primo passo verso la sana costruzione di individui che saranno gli uomini e le donne di domani, così come gli anziani di dopodomani. L’obiettivo di tale cambiamento è il supporto alla coppia mamma-bambino, principalmente attraverso la promozione dell’allattamento al seno, che rappresenta il più forte momento di relazione per il neonato con la madre. Quando si pensa al latte materno, infatti, ci si concentra spesso sull’aspetto nutrizionale, sottolineando giustamente le proprietà uniche ed inimitabili di tale alimento che varia continuamente nella sua composizione, seguendo le necessità del lattante sia dal punto di vista prettamente di nutrizione, sia dal punto di


vista immunitario, ovvero di protezione del bambino. Tuttavia, è proprio la qualità di relazione che si instaura tra mamma e neonato l’aspetto più rilevante del supporto all’allattamento al seno, che viene promosso attraverso una serie di buone pratiche a partire da quella del “pelle a pelle”, cioè dal posizionare (sotto attento, ma nello stesso tempo “invisibile”, controllo sanitario) il neonato sul petto della mamma immediatamente dopo la nascita e per un periodo di almeno un’ora. Ciò avviene anche nella maggior parte dei parti cesarei, sottolineando in tal modo la stretta collaborazione del personale in Ospedale, che si estende ben oltre l’ambito del Dipartimento Materno Infantile. Non è stato facile all’inizio, né è facile oggi, riuscire a restituire le azioni ai veri protagonisti, spostando in tal modo la centralità delle attenzioni dalla struttura alla persona. Essere “Ospedale Amico del Bambino” vuole dire pertanto anche un modo particolare di lavorare da parte di tutti gli operatori (medici, infermieri, ostetriche, puericultrici, personale ausiliario…); vuol dire sentirsi parte di un progetto comune, avere la disponibilità di formarsi ed aggiornarsi insieme, riuscire a darsi reciprocamente consulenza, a condividere le proprie esperienze professionali e soprattutto emotive. Una puericultrice, nel testimoniare il cambiamento nel proprio lavoro che, con passione, da decenni precedentemente aveva portato avanti, così si è espressa: “Sapevamo esattamente quello che dovevamo fare: accudire i bambini, ovvero “sostituirci”; eravamo delle “mamme in prestito” per qualche giorno. Ora tutto è cambiato, ci occupiamo della coppia mamma/bambino e per noi non è stato e non è semplice “fare un passo indietro”, aver meno i bambini tra le nostre braccia, diventan-

do coloro che sostengono gli adulti …” È con l’impegno di tutti che queste buone pratiche hanno potuto consolidarsi, sì da consentire una modalità di lavoro oggi da noi ormai “scontata”, a supporto e promozione anziché nella sostituzione. Nel 2011, dopo cinque anni di progressivo, significativo incremento di nuovi nati, il Dipartimento Materno Infantile dell’Ospedale “Girolamo Fracastoro” di San Bonifacio è risultato il primo Centro Nascite di Verona e provincia, con 1840 neonati e con la più bassa percentuale di parti con taglio cesareo, inferiore al 17%, contro una media nel Veneto di circa il 30%. Il tentativo di aver cercato di mettere ognuno di questi bambini nelle condizioni di approcciare la vita nel modo più sano e bello possibile, ci rende orgogliosi del nostro lavoro, seppur con la coscienza che, ciascuno per il proprio ruolo, ogni giorno siamo chiamati a rinnovare l’impegno e la passione per i quali siamo stati riconosciuti “Amici dei Bambini”. Infine, ogni nostro sforzo rischierebbe di esser vano se non vi fosse l’attenzione ai collegamenti organizzativi e alla condivisione dei messaggi culturali con i vari soggetti della comunità, che vive al di fuori dell’Ospedale. Perciò i pediatri del territorio, i medici di luglio, agosto 2012 : 61


famiglia, gli operatori dei distretti e dei consultori, i farmacisti, i gruppi di sostegno alle mamme e alle famiglie nel loro complesso hanno imparato, grazie al percorso intrapreso, ad integrarsi in una serie di attività, in primis volte al quotidiano, ma finalizzate nel “lungo periodo” a costituire le maglie di una rete sui cui fare crescere una Baby Friendly “vision”. L’iniziale concretizzarsi di questo obiettivo ha, in conclusione, ricevuto una formale

certificazione con il riconoscimento, da parte dell’Unicef, del superamento della prima fase del percorso relativo alla “Comunità Amica dei Bambini” per tutta la nostra ULSS 20 di Verona. Dott. Mauro Cinquetti Direttore dip. materno infantile ulss20 di Verona Direttore u.O. Di pediatria e patologia neonatale Ospedale “g. Fracastoro” san bonifacio (vr) “Ospedale amico del bambino” Oms - Unicef mcinquetti@ulss20.verona.it

I percorsi dell’Ulss 20 per la salute di mamme e bambini La promozione dell’allattamento materno esclusivo alla dimissione dall’ospedale e fino al 6° mese di vita ed il mantenimento del latte materno, come latte di prima scelta dopo l’introduzione dell’alimentazione complementare, in modo prolungato secondo i criteri OMS, sono gli obiettivi principali di una serie di azioni che un Punto nascita certificato dall’Unicef come “Ospedale Amico del Bambino” deve perseguire. Da oltre 10 anni l’Ospedale “Fracastoro” dell’ULSS 20 di Verona è riconosciuto dall’Unicef come “Ospedale Amico del Bambino - Baby Friendly Hospital (BFH)” e nei primi mesi del 2012, presso il medesimo ospedale, è avvenuta la rivalutazione ufficiale da parte di uno staff del Comitato Italiano per l’Unicef, che ha confermato l’ottimo livello di raggiungimento degli obiettivi indicati per l’iniziativa BFH. Da parte del Dipartimento Materno Infantile dell’ULSS 20 è stato pertanto organizzato un evento congressuale – che ha avuto luogo a maggio presso il Palazzo della Gran Guardia – con l’intento di presentare questo decennio di attività, proponendo contemporaneamente sia i percorsi che precedono e seguono l’evento nascita, sia lo stato attuale dei progetti Unicef su ospedali e comunità in Italia. Va ricordato, a tal proposito, che la collaborazione tra gli operatori della struttura ospedaliera, il territorio, i gruppi di sostegno e la comunità locale, per creare reti di sostegno a cui

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indirizzare le madri alla dimissione dall’ospedale, ha permesso all’ULSS 20, prima e ad oggi unica Azienda sociosanitaria in Italia, di ricevere dall’Unicef la certificazione contemporanea di Ospedale “Amico del Bambino” e della prima tappa di Comunità amica del Bambino. Il Congresso, dal titolo “Ospedale e territorio amici del bambino – I percorsi dell’ULSS 20 per la salute di mamme e bambini”, ha visto la partecipazione di relatori di varie provenienze e con diverse competenze. Durante i lavori è avvnuta la presentazione di quelle attività territoriali che garantiscono alle madri ed alle famiglie un sostegno ed un supporto adeguati, oltre a tutte le specifiche azioni che si svolgono in ambito ospedaliero, mirate a promuovere la relazione mamma-bambino. Al termine della mattinata di relazioni, si è svolta la cerimonia di consegna della pergamena di Ospedale “Amico del Bambino”, da parte del Presidente del Comitato Italiano per l’Unicef, Giacomo Guerrera, al Direttore generale dell’Azienda ULSS 20 di Verona, dr.ssa Maria Giuseppina Bonavina, alla presenza del Sindaco di Verona, Flavio Tosi e dell’Assessore alla Sanità del Veneto, Luca Coletto. “Proprio nei giorni in cui abbiamo lanciato la campagna contro la mortalità infantile mondiale - ha dichiarato Guerrera - l’attività svolta dall’Azienda ULSS 20 di Verona rappresenta un esempio concreto dell’impegno dell’Unicef per i bambini che nascono in Italia”.


Il vino è il condensato di un territorio, di una cultura, di uno stile di vita. Ernest Hemingway

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gravidanza e sport

Dolce attesa? Ginnastica dolce Un’adeguata e regolare attività fisica durante la gravidanza sono utili alla mamma e al nascituro

S

empre più donne praticano attività fisica durante la gravidanza, con l’obiettivo comune di raggiungere uno stato di benessere psicofisico generale. Effettivamente, una regolare e adeguata attività fisica praticata in gravidanza non presenta complicazioni, ma al contrario produce grandi benefici per la mamma e il bambino. E’ importante in tale momento prendersi cura del proprio corpo che sta cambiando ed è utile prepararsi fisicamente al momento del parto,

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attraverso esercizi di ginnastica dolce, di rilassamento, di consapevolezza del corpo e del bambino. Tutti questi esercizi sono utili a controllare l’aumento del peso, a mantenere una corretta postura e a controllare il mal di schiena, contribuendo in modo efficace a ottenere una muscolatura forte ed elastica, in particolare quella del pavimento pelvico, che troppo spesso dopo la gravidanza e il parto perde tono ed elasticità. Praticare con regolarità una leggera e moderata at-


tività fisica non solo ha un effetto positivo a livello psicofisico generale, ma favorisce anche l’adattamento fisico della donna alla gravidanza e migliora l’andamento della gravidanza stessa. In particolare migliora l’efficienza degli apparati cardiocircolatorio e respiratorio e perciò risulta aumentata la capacità di trasporto dell’ossigeno e delle sostanze nutritive indispensabili per lo sviluppo del feto. I benefici che se ne traggono sono essenzialmente la diminuzione dei problemi di circolazione, di gonfiore, di dolore e l’affaticamento degli arti inferiori, minor comparsa di crampi. Grazie all’esercizio fisico, migliora la funzionalità intestinale e -cosa importante- si possono prevenire e gestire situazioni di dolore alla schiena, come la lombalgia, che limita i movimenti e condiziona la vita di molte gestanti, soprattutto verso la fine della gravidanza, quando si ha l’accentuamento della lordosi lombare, causa dello spostamento del baricentro del corpo in avanti. Prevenire il mal di schiena lo si fa soprattutto controllando e mantenendo una corretta postura e migliorando elasticità e tono muscolare; attraverso esercizi di ginnastica dolce, si riesce ad ottenere una muscolatura tonica e forte, senza affaticarsi. Una muscolatura forte aiuta anche a ridurre il rischio di traumi, dovuto al rilassamento dei tessuti e all’instabilità articolare, che caratterizzano questo periodo. Non meno importante è contenere l’aumento di peso e fare movimento in questo caso aiuta; il movimento abbinato ad una equilibrata e sana alimentazione, fa inoltre diminuire il rischio di diabete gestazionale. Per una donna in buono stato di salute e con un decorso di gravidanza normale, sono consigliati almeno 40 minuti di attività fisica al giorno a medio/bassa intensità e di tipo aerobico, come ad esempio acquawellness, ginnastica posturale globale, yoga ed eventualmente qualche seduta osteopatica.

In acqua, dove si riduce la forza di gravità, il carico meccanico a livello delle articolazioni diminuisce e si possono così eseguire esercizi che a terra risulterebbero faticosi, anche fino al termine della gravidanza, quando l’incremento del peso e l’aumento del lavoro del cuore rappresentano un limite allo svolgimento di attività fisiche. Ciò non toglie che sia importante associare al lavoro in acqua anche la preparazione fisica in palestra, con esercizi di tonificazione, di stretching e di rilassamento mirati alle esigenze della gestante e adattati ai cambiamenti che gradualmente si verificano. Un’importante attività specifica per la donna in gravidanza, da svolgersi in palestra, è quella per i muscoli perineali, che utilizza esercizi che aiutano a migliorare la consapevolezza di questa parte anatomica, esercizi per rinforzarli, rivitalizzarli e renderli elastici in vista del parto e per migliorare il recupero delle normali funzioni nel post-parto, evitando così tipici disturbi, come l’incontinenza o il prolasso degli organi genitali.

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Nel post-parto, mirati al rinforzo dei muscoli pelvici e degli addominali, risulta inoltre utile inserire con gradualità gli innovativi addominali ipo-pressivi. L’effetto positivo dell’attività fisica praticata durante la gravidanza è stato confermato da più studi scientifici; è comunque importante che, qualsiasi tipo di attività motoria, vada sempre affrontata dopo il “benestare” del ginecologo. Elisabetta Musacchi Dottore in scienze motorie Massofisioterapista Giorgio Pasetto Dottore in scienze motorie Dottore in osteopata

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notizie brevi

Antibiotici? Usali solo quando necessario L’Agenzia Italiana del Farmaco, con il patrocinio del Ministero della Salute, ha rilanciato per l’anno 2012, la campagna di comunicazione ad hoc sul tema del corretto uso degli antibiotici, dal titolo “Antibiotici? Usali solo quando necessario” che si concentrerà sui canali web e sui social network, per informare i cittadini sull’importanza di: - ricorrere agli antibiotici solo quando necessario e dietro prescrizione del medico che ne accerti l’effettiva utilità - non interrompere mai la terapia prima dei tempi indicati dal medico o, comunque, solo dietro suo consiglio - non assumere antibiotici per curare infezioni virali. L’Italia è infatti ai primi posti fra i Paesi Europei per consumo eccessivo e inappropriato di antibiotici. Ciò comporta conseguentemente lo sviluppo dell’antibioticoresistenza, problema di particolare rilievo per la tutela della salute dei cittadini, poiché espone al rischio di non poter disporre più, in un futuro ormai prossimo, di alcuna possibilità di cura per le infezioni. Anche patologie oggi ritenute minori, come ad esempio il “giradito”, potrebbero quindi divenire temibili. Per questo, in linea con quanto attuato da altre istituzioni internazionali quali l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’ECDC (il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie), l’AIFA ha voluto avviare una nuova iniziativa di sensibilizzazione sull’uso razionale degli antibiotici. Le precedenti edizioni della Campagna hanno generato una sensibile riduzione dei consumi di questi farmaci con una conseguente contrazione della spesa farmaceutica, motivo in più per proseguire nel percorso comunicativo già intrapreso. A supporto di questa iniziativa di comunicazione è attivo il numero verde AIFA 800 57 16 61, che risponde a richieste in merito al corretto uso degli antimicrobici e di tutti i farmaci in generale. Infine, per avere ulteriori informazioni in merito a spese e consumi, alle reazioni avverse agli antibiotici registrate nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza AIFA, per approfondire il tema dell’antibiotico-resistenza e conoscere le nuove sperimentazioni cliniche in corso, si rimanda alle schede tecniche allegate.


disturbi alimentari

FidaVerona, nuova realtà contro i disturbi alimentari Anoressia, bulimia e obesità sono patologie complesse che possono portare all’isolamento. Fida Verona si propone come valido supporto per i pazienti

È

stata finalmente inaugurata la sede veronese di FIDA, Federazione Italiana Disturbi Alimentari. FIDA riunisce associazioni costituite da psicoterapeuti e altri esperti con lunga esperienza nell’ambito della prevenzione e della cura dei DCA e utilizza competenze di psicologi, medici, nutrizionisti e psichiatri integrate in un approccio di tipo psicoanalitico. La presentazione nazionale della Federazione Italiana Disturbi Alimentari è avvenuta invece a Roma alla presenza dei presidenti delle sedi locali, di studiosi e di politici già impegnati sul tema dei disturbi del comportamento alimentari (DCA), quali gli ex ministri delle politiche giovanili Giovanna Melandri e Giorgia Meloni. “Anoressia, bulimia e obesità relazionale commenta Claudia Bartocci - sono patologie psichiche complesse che incidono negativamente sul corpo e sulla vita. Per coloro che soffrono di questi disturbi, l’isolamento e il silenzio sembrano le uniche risposte rimaste a disposizione per esprimere il disagio. La volontà e il buon senso non bastano per uscirne. Il conflitto tra corpo e mente può esprimersi in forme articolate e, spesso, estreme; quando si cronicizza, segna in modo irreversibile il corpo e la vita delle persone”.

La responsabile del centro veronese per i disturbi alimentari sostiene che i disturbi del comportamento alimentare siano malattie trattabili che frequentemente coesistono con altri disagi quali depressione, abuso di sostanze e disturbi d’ansia. “I disturbi alimentari – evidenzia Claudia Bartolucci - riguardano fasce d’età sempre più ampie, dall’infanzia fino alla maturità. L’esordio della sintomatologia è tipicamente adolescenziale (14-18 anni), ma sempre più di frequente si registrano forme infantili precoci (8-9 anni) o tardive (dopo i 25 anni fino ai 40 anni ed oltre)”. La Dott.ssa Bartocci ricorda poi i dati del Ministero della Salute sulla diffusione del fenomeno in Italia: “I disturbi del comportamento alimentare colpiscono tra le 150 e le 200 mila persone e sono la prima causa di morte nelle giovani tra i 12 e i 25 anni. Inoltre, un recente studio fornisce uno spaccato della diffusione dei disturbi alimentari nel Nord-Est Italiano. Lo studio, condotto su un campione di 934 ragazze di età compresa tra i 18 e i 25 anni residenti in due aree contigue della provincia di Padova stimava per l’Anoressia Nervosa una prevalenza puntuale dello 0.3% ed una prevalenza nell’arco di vita del 2.0%. La prevalenza luglio, agosto 2012 : 67


puntuale della Bulimia era dell’ 1.8% mentre quella nell’arco di vita del 4.6%. Le forme di Anoressia sottosoglia registravano una prevalenza puntuale dello 0.7% e una prevalenza life-time del 2.6% mentre le forme atipiche di Bulimia raggiungevano una prevalenza puntuale del 2.4% e una prevalenza nell’arco di vita del 3.1%. La prevalenza di tutti i disturbi del comportamento alimentare nel campione era infine pari al 5.3%”. Alla domanda riguardante le cause che concorrono a generare un disturbo del comportamento alimentare, la Dottoressa risponde: “Le cause sono di tipo multifattoriale, vale a dire complesse interazioni tra fattori biologici, psicologici, individuali e familiari (assetti psichici della famiglia, presenza di eventi traumatici come abuso fisico e sessuale, ecc.), culturali (miti della bellezza/magrezza, cultura della competizione e del successo). Fattori o eventi specifici, come separazioni, perdite, eventi di vita stressanti e abitudini alimentari scorrette, possono far precipitare la situazione e sbilanciarla in senso psicopatologico. Le persone con i disturbi alimentari hanno spesso personalità fragili, vulnerabili, facilmente influenzabili da giudizi e situazioni esterne, caratterizzate da difetti della strutturazione dell’identità. Si riscontra infatti una mancanza di differenziazione tra sé e l’altro, tra sé e l’ambiente causate da interazioni nelle relazioni primarie carenti di esperienze di contenimento e sperimenta68 : luglio, agosto 2012

zione del senso del limite. I disturbi del comportamento alimentare sono di diversi tipi, ma hanno in comune la difficoltà della persona a realizzare una piena esistenza psichica. Attraverso la ricerca dell’ideale di magrezza, della perfezione e del controllo della realtà viene coltivato un illusorio sostegno mentale dell’identità. Il sintomo permette a chi soffre di questi disturbi di percepire la propria identità come più integra e stabile e permette di definire sé stesso in base alla patologia di cui è affetto “sono anoressica”, “sono bulimica”. Questi disturbi sono definiti anche “disturbi della dipendenza” a causa dell’incapacità di utilizzare


la dipendenza dalle figure di riferimento come mezzo per entrare in contatto con sé stessi e con le proprie emozioni. Spesso dunque lo sviluppo alimentare è preceduto da un disagio delle relazioni”. Abbiamo chiesto quali “nuovi” fenomeni si prospettino all’interno di questo campo: “La bigoressia o dismorfofobia muscolare è un disturbo di recente osservazione, presente in prevalenza nella popolazione maschile e in particolare tra i frequentatori di palestre e appassionati di body building. Il termine viene dall’inglese Big, ovvero “grande, grosso”, e indica la preoccupazione d’avere un fisico poco prestante o troppo magro in persone visibilmente muscolose”. All’interno di queste patologie sono coinvolte fasce d’età sempre più ampie, allarma ad esempio l’obesità infantile; a questo proposito la dottoressa parla del disturbo alimentare nell’infanzia: “L’esperienza alimentare è la prima forma di contatto del neonato con il mondo esterno e una delle sue prime forme di dipendenza dall’adulto che si prende cura di lui, divenendo uno dei principali organizzatori psichici e relazionali per lo sviluppo del soggetto nell’infanzia. L’individuazione del disagio ad uno stadio precoce è spesso associata ad una risoluzione sintomatica più rapida; la trasformazione riguarda le difficoltà nelle relazioni familiari che, qualora ignorate, alimentano l’insorgere e lo strutturarsi del sintomo in epoche seguenti”. È ora attivo il sito www.fidadisturbialimentari.it, dove si possono trovare tutte le informazioni sui disordini del comportamento alimentare e sulle attività promosse dalla Federazione.

notizie brevi

Il cuore degli italiani è sempre più forte Tra il 1960 e il 2010 gli italiani hanno guadagnato circa 14 anni di speranza media di vita. Migliore prevenzione e cura delle malattie cardiovascolari sono alla base di questo fenomeno epocale. La conferma arriva anche da un altro dato: dagli anni ‘80 ad oggi si sono registrate ogni anno circa 42 mila morti in meno per malattie cardiovascolari. Siamo quindi riusciti a ritardare l’età di insorgenza di molte malattie di cuore e ciò che prima avveniva più spesso a 55-60 anni, per esempio un infarto, ora avviene a 70 anni e generalmente in forma meno grave rispetto al passato. Questi i dati forniti oggi dagli esperti riuniti al 1° Congresso Nazionale della Società Italiana di Cardiologia Geriatrica (SICGe) tenutosi a Verona. Di questo passo, avvertono gli esperti, potremo gradualmente raggiungere il limite biologico oggi ipotizzato di 120 anni, potendo scommettere su circa 40 anni di vita aggiuntiva oltre gli 80: probabilmente saranno sufficienti 10 o 20 anni per raggiungere questo obiettivo Lavorare su questo arco temporale significa incrociare i problemi delle malattie di cuore con quelli dell’età che avanza, impegnandoci in nuovi modelli di assistenza e nello sviluppo della medicina della complessità e di nuove competenze specialistiche. “In cinquant’anni – ha spiegato il presidente SICGe, Niccolò Marchionni – l’attesa di vita è cresciuta di 14 anni. I motivi sono presto detti: una maggiore prevenzione delle malattie cardiovascolari (solo questa incide per il 52% nella riduzione della mortalità), con maggior cura di ipertensione e ipercolesterolemia, successo delle campagne anti-fumo, e migliori cure e procedure della cardiochirurgia che hanno consentito di programmare interventi fino a qualche anno impensabili anche nei 70enni, oggi eseguiti con successo anche nei 90enni. Non possiamo dimenticare – ha aggiunto Marchionni – che quelle cardiovascolari sono epidemiologicamente le patologie più rilevanti, quelle per cui si ricorre maggiormente all’ospedale e si muore di più, con un forte impegno economico per il sistema sanitario. Ecco perché abbiamo deciso di occuparci di questa popolazione sempre più numerosa con una società scientifica ad hoc”.

Serena Bombana info: verona@fidadisturbialimentari.it luglio, agosto 2012 : 69


psicomotricità

L’alfabeto del corpo La psicomotricità è una disciplina che considera l’individuo nella sua globalità psicocorporea e nella sua complessità

I

l termine psicomotricità sottende l’integrazione armonica di “psiche” e “motricità”, quindi degli aspetti motori, funzionali, affettivi, relazionali, cognitivi, sociali. La nozione di psicomotricità è stata introdotta all’inizio del secolo scorso per sottolineare la stretta relazione esistente tra le acquisizioni motorie e lo sviluppo della psiche. Questo concetto-base, integratosi via via con le nuove conoscenze, è estremamente complesso e molto ampio tanto da poter dire che “ogni movimento è psicomotorio a partire dal momento in cui si supera l’atto riflesso, perché sotto ogni movimento c’è un desiderio, un sentimento, un’emozione, una volontà”. Prima di definirsi come campo di ricerca teorico e applicativo, la psicomotricità si riconosce, quindi, per il suo essere un’esperienza naturale del bambino e dell’uomo (per il bambino si parla di sviluppo psicomotorio, per l’adulto di stile psicomotorio). Il fondatore della psicomotricità, J. De Ajuriaguerra la definisce come la progressiva conoscenza di sè e del mondo attraverso il movimento, affermando che “la psicomotricità è un certo modo di essere al mondo”. Attraverso il movimento cosciente, pensato e vissuto prima, durante e dopo l’azione, movimento usato funzionalmente per sè e per gli altri, tanto sul piano fisico che su quello psicologico-comunicativo si dovrebbe raggiungere l’autonomia psicomotoria (che banalmente possiamo far corrispondere ad un “star bene nella propria pelle”).

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Nella pratica La psicomotricità, sia nei suoi aspetti teorici che nella sua prassi operativa, sottolinea l’importanza dell’esperienza corporea come base dello sviluppo dell’identità individuale, familiare, sociale, istituzionale, come espressione della vita emozionale, della strutturazione dei processi cognitivi, come organizzatore della motricità funzionale, comunicativa e relazionale, come regolatrice primaria di ogni comportamento. La Psicomotricità focalizza la propria attenzione sul corpo e sull’azione, intesa come movimento carico di significati. Questo primato del movimento e della spontaneità è il supporto dell’espressione e della creatività. In particolare, il corpo non viene visto solo come l’espressione oggettiva di funzioni da manipolare o attivare ma anche, e soprattutto, come luogo di comunicazione privilegiato attraverso il quale la persona esprime emozioni, desideri e sofferenze. La Psicomotricità si fa carico, dunque, non solo della funzione motoria ma anche del suo investimento affettivo, emozionale e relazionale dato dalla funzione tonica. Agisce specificatamente a livello del corpo tonico-emozionale (sede dei bisogni primari, delle emozioni e dei vissuti affettivi) e del corpo comunicativo, pur tenendo conto degli altri aspetti del corpo, del corpo strumentale/funzionale, del corpo cognitivo e del corpo immaginario.


lo psicomotricista e a chi si rivolge Lo Psicomotricista è l’operatore che svolge, in via autonoma o in collaborazione con altre figure professionali, interventi di educazione, prevenzione e terapia psicomotoria, nel rispetto della globalità psicocorporea dell’individuo, utilizzando metodologie a mediazione corporea. In particolare: - favorisce lo sviluppo psicofisico della persona in età evolutiva e il mantenimento dell’equilibrio psicofisico della persona adulta e anziana; - aiuta a superare i momenti di crisi evolutive nelle diverse età, operando per prevenire l’instaurarsi di una situazione patologica; - interviene specificamente in situazioni di patologia conclamata, mobilizzando le risorse psicofisiche della persona e del suo contesto. La psicomotricità si rivolge, quindi, a tutte le età. È in funzione dell’età e delle situazioni che si offre

l’intervento: a queste corrispondono osservazioni e proposte diverse. Come lavora Lo Psicomotricista si propone, in un setting preciso e utilizzando metodi e tecniche specifiche a mediazione corporea, di armonizzare, favorire o mantenere l’identità psicomotoria del soggetto attraverso l’azione all’interno di un contesto relazionale. Egli considera il movimento/l’azione non solo in termini funzionali come sintomo, ma come mezzo di espressione, di comunicazione e relazione. Attiva e favorisce nell’altro la progressiva conoscenza di sé, a cominciare dal sé corporeo e dall’ambiente, attraverso la motricità e le capacità simboliche della persona. Questi obiettivi si realizzano non in un percorso di insegnamento - apprendimento di abilità, quanto in contesti comunicativi, ove la

Avere un corpo vuol dire Essere guardati, guardarsi, essere visibile. MERLEU PONTY, 1969

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rete di scambi rende possibile il riconoscimento dell’altro e la valorizzazione delle sue risorse. Lo psicomotricista deve essere in grado di adattare se stesso e la metodologia al soggetto o al gruppo con cui opera riconoscendo le modalità di approccio e di risposta ottimali, non tanto relativamente ai sintomi, quanto ai bisogni fondamentali che affiorano durante il processo di relazione. La specificità dello Psicomotricista sta nella competenza a comprendere e ad utilizzare nel proprio lavoro il linguaggio corporeo non verbale, in particolare tonico-emozionale. Utilizzando la conoscenza di questi rapporti e la capacità peculiare di lettura del linguaggio corporeo, in particolare nella comunicazione non verbale (movimento, tono, postura, etc.), lo psicomotricista interviene con metodologie psicomotorie con l’obiettivo di favorire, in primo luogo il processo di integrazione fra i diversi piani espressivi e conoscitivi. L’agire professionale dello psicomotricista si attua sempre all’interno di una significativa relazione operatore-utente. tecniche e strumenti utilizzati Lo psicomotricista utilizza tecniche a mediazione corporea: attività di gioco sensomotorio, percettivo, simbolico, attività di espressione corporea e giochi di animazione, giochi musicali e ritmici, sperimentazione di modalità pittoriche e plastiche conosciute e originali, grafomotricità, rilassamento. Si avvale di strumenti professionali specifici: questionari per il primo contatto (situazione, disponibilità, aspettative, conoscenze, indicazioni per l’elaborazione del progetto di intervento), osservazione psicomotoria individuale e di gruppo, profilo individuale e di gruppo, schede di verifica giornaliere e/o periodiche, schede di bilancio conclusivo, test psicomotori specifici, supervisione. La dimensione priviegiata: il gioco Lo psicomotricista, nell’applicare la psicomotricità, utilizza come dimensione fondamentale, in qualsiasi età, situazione e contesto, quella del gio72 : luglio, agosto 2012

co o dell’attività ludica. Definire cosa è un gioco è difficile: è un concetto astratto ma profondamente umano, presente in tutte le culture del mondo. Il gioco, attività gratuita, produttrice di piacere immediato è assimilato all’idea d’infanzia. Parlare del gioco, di chi gioca, di come si gioca, di perché si gioca è parlare della vita stessa del bambino e, quindi, dell’uomo: il gioco è apprendimento, mezzo d’espressione, creazione, imitazione, iniziazione, modalità relazionale. Il gioco riflette lo sviluppo ma, al tempo stesso, contribuisce alla formazione delle funzioni motorie, affettive, cognitive e sociali del bambino: è la prima cosa che impariamo a fare ed è al tempo stesso un potente mezzo per imparare. Rientrando in una finalità educativa e di sviluppo/supporto alla crescita e all’emancipazione del soggetto, il gioco o l’attività ludica sono sempre indirizzati verso obiettivi definiti, volti a rendere sempre più oggettiva l’opportunità di fare e dimensionare progetti motori nella maniera più funzionale ed economica possibile. Emanuela Caliari psicomotricista, formatore AIFP emanuela.caliari@fipm.com Marco Trettene psicomotricista

marcotrettene@alice.it info: www.fipm.com Bibliografia AA.VV., Il corpo in gioco, Ed. ReS, Verona, 2002 Ambrosini C., De Panfilis C., Wille A.M., La Psicomotricità, Xenia Edizioni, Milano, 1999 Boscaini F., Psicomotricità: prevenzione e terapia, in RES, n.3, 1994 Boscaini F., Gobbi G., Malesani P. (a cura di), Il corpo tonico-emozionale, Edizioni ReS, Verona, 2001 Coste J., La Psicomotricità, La Nuova Italia, 1981 Gamelli I., Pedagogia del corpo, Meltemi, Roma, 2001 Giacon E., Guerra R., Apprendere movimentando, Ma.gi, Roma, 1997 Goleman D, Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano, 1997 Lapierre A., Aucouturier B., La simbologia del movimento, Amando, Roma, 1980 Le Boulch J., L’educazione del corpo nella scuola del domani, Ma.gi, Roma, 2000 (1998) Winnicott D.W., Gioco e realtà, Armando, Roma, 1974 (1971).


chirurgia vascolare

Occhio alle gambe! Dai capillari fragili all’insufficienza venosa: ne soffrono otto donne su dieci, anche giovanissime. Pesantezza e gonfiore si possono controllare seguendo alcune semplici regole

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utte le vorrebbero snelle, lunghe e leggere, eppure le gambe, tra le parti del corpo femminile sono tra i punti più a rischio. Complici lo stress della routine quotidiana, la sedentarietá, un’alimentazione sbagliata, oscillazioni ormonali, stitichezza, vestiti troppo stretti e fattori genetici. Le donne spesso arrivano a sera con gambe e caviglie gonfie. Dai capillari fragili all’insufficienza venosa vera e propria soffrono otto donne su 10 e sempre più spesso sono anche giovani e giovanissime. Per alleggerire le gambe appesantite dalle cattive abitudini della vita moderna ma soprattutto per alleviare problemi circolatori come vene varicose e insufficienza venosa servono innanzitutto buone norme comportamentali.

Ecco un vademecum per essere belle e sane dal polpaccio...in su. RIPOSO E MOTO Non restare a lungo fermi in piedi, al contrario giova camminare. Da seduti - quando è possibile - tenere le gambe sollevate su un piano più alto di quello della seduta. Dormire con le gambe lievemente sollevate e prendersi attimi di riposo durante la giornata. GINNASTICA E BAGNO Distesi sul dorso fare movimenti lenti di flessione ed estensione delle gambe, in piedi fare sollevamenti ritmici e qualche passo sulle punte. Prima di andare a letto è consigliato un bagno terapeutico 15 minuti in acqua a 36, 37°. Se non è possiluglio, agosto 2012 : 73


bile un bagno, immergere i piedi in una tinozza di acqua alla stessa temperatura con un pugno di sale grosso. CLIMA E VILLEGGIATURA Evitare le alte temperature ed i climi umidi. La montagna è più indicata, ma se si va al mare sono consigliati bagni frequenti e passeggiate a riva con l’acqua fino al ginocchio. Esporre poco le gambe al sole ed evitare sabbiature. In casa mantenere la temperatura intorno ai 19 – 20 gradi evitando il riscaldamento a pannelli radianti a pavimento. VESTITI Evitare indumenti troppo caldi, stretti o elastici. Occhio a scarpe strette, troppo alte o trop74 : luglio, agosto 2012

po basse. In casa no alle ciabatte senza tacco: meglio gli zoccoli di tipo anatomico. SPORT Si sconsigliano quelli che comportano scatti e movimenti bruschi. Sì a nuoto e marcia veloce. IGIENE Mantenere pulita la pelle delle gambe usando sapone neutro e curare l’igiene del piede, fare attenzione a ogni lesione cutanea. Solo se consigliate dal medico specialista le calze a compressione graduata. ALIMENTAZIONE La dieta più adatta è ipocalorica, ricca di fibre e di alimenti facili da digerire. Bene quindi i cibi


non raffinati, frutta e verdura e vitamine A, C ed E che rafforzano il tessuto connettivo. Limitare i cibi troppo pepati e grassi, moderare alcolici e caffè, evitare stitichezza e obesità, niente fumo e via libera a tanta acqua (sceglierla ipotonica e alcalinizzante) e all’impiego di tisane specifiche. Sul fronte dell’abbigliamento un no secco arriva per gli stivali che già da qualche anno spopolano sulle passerelle delle città capitali della moda mondiale. Possono trasformarsi in nemici della salute femminile e in particolare delle gambe che rischiano capillari in evidenza e vene varicose. Da indossare quindi con moderazione, specie se con il tacco alto. In generale gli stivali scaldano piede, caviglia e polpaccio causando vasodilatazione a rischio di insufficienza venosa, alterando la postura e la deambulazione corretta. Sconsigliate anche le gettonatissime ballerine, il tacco ideale è quello alto 3, 4 cm. Bocciati anche gli abiti troppo stretti e soprat-

tutto quelli strizzati in vita poichè comprimono i grossi vasi addominali che ricevono il sangue dalle vene delle gambe, causando un “effetto gravidanza” che rallenta il flusso veno-linfatico e lo congestiona nei distretti periferici. Prevenzione e terapie dunque non devono essere interrotte specialmente in questa stagione. Pesantezza e gambe gonfie si possono controllare con un’adeguata terapia farmacologica di estrazione vegetale (piccole capsule o bustine da sciogliere in acqua), previo inquadramento attraverso una visita specialistica integrata da un esame non invasivo chiamato EcocolorDoppler che permette di analizzare sia il sistema venoso profondo che quello superficiale per stabilire e pianificare un idoneo programma terapeutico. Dott. Michele Manzini Chirurgia Vascolare dr.michele.manzini@gmail.com

specialista in

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veneto escape

Meno file, più files! Referti on line per i cittadini veronesi con il progetto Veneto ESCAPE, una tappa importante per l’informatizzazione della Sanità regionale

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al 2011 tutti i cittadini della provincia di Verona potranno estrarre il proprio referto da internet con un semplice clic da qualunque computer connesso alla rete, senza doversi recare agli sportelli delle quattro aziende sanitarie ed ospedaliere veronesi. Il servizio, pro-

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mosso dalla Regione Veneto e dal Ministero per la Pubblica Amministrazione e Innovazione, si chiama Veneto ESCAPE ed è già realtà in alcune strutture sanitarie della Regione e in alcune sedi della provincia veronese. Le azioni per scaricare il referto on line sono


semplici, studiate per agevolare chi non ha dimestichezza e padronanza nell’uso delle tecnologie. Ogni cittadino riceverà unitamente alla prenotazione della prestazione un codice per accedere al servizio. Collegandosi al portale dell’azienda sanitaria di riferimento, il cittadino potrà, digitando le proprie credenziali, accedere al referto e scaricarlo. Veneto ESCAPE, coordinato da Arsenàl.IT, Centro Veneto Ricerca e Innovazione per la Sanità Digitale, è partito nel 2009 e ha l’obiettivo di estendere in tutte le aziende venete e standardizzare laddove già presente, la gestione digitale dell’intero ciclo di firma, certificazione, archiviazione, distribuzione, estrazione e conservazione dei referti informatici, lasciando inalterata la loro validità legale. Un passo importante questo per l’informatizzazione della Sanità della Provincia di Verona, ma anche di tutta la Regione. Per il cittadino scaricare

il referto da uno sportello aperto 24 ore su 24, sette giorni alla settimana significa un risparmio di tempo e denaro. Contemporaneamente il servizio, grazie al suo impatto organizzativo, permette di ottenere risparmi per la Regione di 7.790.000 euro in quattro anni (Studio CERM). Lu. Rav.

Progetto realizzato in collaborazione con:

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progetto arca

L’assistenza all’anziano “fragile” all’interno di un’unica strategia Funziona già da un anno il modello innovativo dell’Ulss 20 studiato per la terza età

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a popolazione della maggior parte dei paesi sta rapidamente invecchiando, fenomeno che si riflette sull’equilibrio socio-economico della società e che rappresenta una sfida politica e sociale completamente nuova. Il costo dell’assistenza socio-sanitaria per gli anziani è già da tempo oggetto di riflessioni importanti e, secondo gli economisti, esso crescerà in futuro oltre ogni possibile previsione. Il tradizionale modo di fornire l’assistenza, per lo più tarato sulla gestione

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dell’acuzie, si sta confrontando con un crescente numero di persone che vivono oltre gli 80 e anche i 90 anni, e sono affette da una o, più spesso, molte patologie croniche. Grazie al progresso nella scienza medica e nella tecnologia, le malattie croniche sempre meno sono causa di morte prematura ma, nel contempo, sempre maggiori sono le probabilità che esse possano produrre disabilità, costituendo in questo modo una cospicua coorte di persone anziane e molto anziane, malate croniche e disabili. In questo panorama, tenendo conto che il trend demografico di progressivo aumento della popolazione anziana si riscontra anche nel territorio veronese e partendo dalla necessità di riprogettare l’assistenza attraverso l’integrazione dei servizi, l’Azienda ULSS 20 di Verona ha dato il via ad una profonda rivisitazione delle modalità di erogazione dell’assistenza socio-sanitaria per l’utenza anziana, allo scopo di garantire la continuità delle cure, l’elevata qualità delle stesse e la sostenibilità del sistema a fronte di risorse sempre più esigue. Tale modello assistenziale ha preso il nome di ARCA (Assistenza, Ricerca e Cura per l’Anziano dell’Est veronese). Ad un anno dal suo avvio, si è ora cercato di valutare lo stato dell’arte, dal momento che una moderna azienda sanitaria, assumendosi la responsabilità ed il mandato dell’assistenza, deve poi essere pronta a renderne conto non solo per giustificare il suo operato ma anche per permettere a tutti di partecipare attivamente a quelle politiche per la salute che devono essere


sviluppate congiuntamente e sinergicamente. Alcune caratteristiche di fondo Il Progetto ARCA si ispira ad alcune caratteristiche specifiche. La prima è il coordinamento del lavoro compiuto in diversi ambiti, sotto una precisa guida strategica e tecnica. Tutto è stato compiuto all’interno di una logica unitaria, che si è esplicata in diversi filoni coerenti fra loro. Ciò non ha comportato alcun aumento di strutture burocratiche, con i relativi costi e lentezze; all’ospedale di San Bonifacio e nel Distretto 4 ogni attore di interventi è conscio di agire in una rete che ne valorizza il contributo. Una seconda caratteristica è di aver affrontato i problemi delle persone anziane tenendo presente la multidimensionalità del loro bisogno e quindi l’esigenza che, da qualsiasi punto di osservazione specifica si inizi ad operare, non si dimentichi che la persona esprime la sua fragilità a causa di un insieme fortemente intricato di condizioni somatiche, psicologiche e socio-relazionali. L’intervento che serve davvero è quello che rinuncia alla sola prospettiva della quale è portatore il singolo operatore (o sistema organizzato) per inserirsi nella logica del lavoro collaborativo, senza forzature e senza prevaricazioni. Per chi non dimentica le discussioni senza fine del passato se nel prendersi cura dei vecchi fossero più importanti gli aspetti clinici, quelli assistenziali o quelli relazionali, sarà motivo di soddisfazione verificare che nel Progetto ARCA - sia per quanto riguarda il linguaggio sia la pratica concreta di tutti i giorni - queste barriere, che impedivano il raggiungimento dei migliori risultati, sono inesistenti. Anche la dialettica tra ospedale e territorio, che ha recentemente occupato le pagine della pubblicistica, è stata superata all’interno di ARCA, così come altre “parole chiave”, che troppo spesso rischiano di diventare “parole vuote”, quali “continuità terapeutica”, “porte uniche di accesso”. Un’ulteriore caratteristica di ARCA è l’impegno a misurare i risultati ottenuti,

in modo da uscire dall’autoreferenzialità che ha caratterizzato in passato i settori più deboli, sia in ambito sanitario che assistenziale. Oggi affermare che “quello che non si misura non esiste” è la premessa alla costruzione di un bilancio costobeneficio, sempre più necessario in un contesto di restrizioni economiche; ma, soprattutto, la misura dei risultati è un segno di rispetto civile ed umano verso la persona che riceve un intervento, perchè ha diritto a conoscere quali sono i risultati degli atti compiuti a suo favore. Concretamente, le attività svolte in questo primo anno Gli ambiti di attività svolte dal Progetto ARCA sono molteplici. Per riassumerli molto brevemente si può seguire una sequenza logica che prevede prima di tutto attenzione agli accessi del cittadino al sistema delle cure e le relative modalità di valutazione del bisogno attraverso: • l’attivazione di un punto unico di accesso (PUA) all’interno del Distretto 4 che si pone come obiettivo il garantire l’ accessibilità, la tempestività e correttezza delle informazioni, come pure di individuare i percorsi più efficaci ed appro-

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Ospedale di comunità di Tregnago

priati per rispondere ai bisogni del cittadino; • la creazione di una stretta collaborazione tra UOC di Geriatria e Distretto 4 sotto forma di Unità di Valutazione Multidimensionale dell’Anziano Fragile (UVMD), con lo scopo di fornire una rapida e precisa valutazione delle caratteristiche cliniche, cognitive, funzionali e sociali di soggetti anziani fragili ricoverati presso l’ UOC di Geriatria e, in base ad essa, strutturare in tempi rapidi adeguati percorsi assistenziali; • il coinvolgimento del Pronto Soccorso, punto di contatto tra ospedale e territorio. Successivamente gli atti verso l’anziano compiuti all’interno dell’ospedale, con particolare attenzione agli aspetti che coinvolgono più aree, sono stati: • la riorganizzazione dell’UOC di Geriatria secondo un criterio che tenga conto dell’ intensità di cure; • l’attenzione al trattamento del dolore; 80 : luglio, agosto 2012

• l’individuazione di un percorso di ortogeriatria per i pazienti affetti da frattura di femore con lo scopo di una presa in carico precoce da parte di tutte le figure professionali coinvolte (medico dell’emergenza, infermiere, anestesista, geriatra, ortopedico, fisiatra); • attenzione ad alcune patologie quali il diabete; • il servizio per le demenze. Quindi gli interventi che collegano l’Ospedale con la realtà multiforme delle case di riposo e i servizi territoriali di supporto al cittadino anziano ammalato, in particolare: • l’attivazione di una particolare collaborazione tra UOC di Geriatria ed alcune case di riposo del distretto 4; • la stesura di un protocollo per migliorare la continuità di cure tra strutture residenziali ed ospedali attraverso la creazione di una procedura che garantisca il corretto trasporto del materiale sanitario dalla casa di riposo all’Ospedale;


• l’attività del Nucleo di Cure Palliative; • l’attività dell’Ospedale di Comunità; • il creare un’anagrafe della fragilità; • la collaborazione con le farmacie; • il coinvolgimento del volontariato. Infine, sono stati predisposti programmi di formazione del personale, aspetto fondamentale per costruire servizi adeguati ad un bisogno che cambia in continuazione. Tra le attività ospedaliere che rivestono un intervento particolarmente delicato e complesso vi è l’ortogeriatria, cioè un sistema per la messa in rete di interventi integrati attuati sulla persona anziana dopo una frattura. Si tratta di un modello sempre più diffuso a livello internazionale, che ha prodotto risultati importanti rispetto alla sopravvivenza della persona infortunata e alla ripresa funzionale. Si basa su una forte integrazione tra l’attività chirurgica e medico-geriatrica, per accompagnare il paziente attraverso le varie fasi della cura, dal periodo preintervento - da ridurre al massimo - fino alla fase riabilitativa. La fragilità clinica di questi pazienti impone un’intensità di osservazione continua, per evitare la comparsa di eventi clinici avversi che incidono pesantemente sull’outcome finale. La presenza nell’Ospedale Fracastoro di San Bonifacio di un’attività di traumatologia ortopedica molto attiva e di un reparto di geriatria con sensibilità per interventi intensivi è la migliore garanzia perchè il modello dell’ortogeriatria possa adeguatamente svilupparsi; vi sono peraltro ancora alcuni importanti aspetti organizzativi che devono essere chiariti per raggiungere modalità di lavoro che massimizzino - insieme ai risultati - anche la soddisfazione dei medici, degli infermieri e dei fisioterapisti. Nell’ambito del Progetto ARCA sono attive le realtà molto significative sul piano clinico dell’Ospedale di comunità di Tregnago e dell’hospice di Cologna Veneta; su questa linea è prevista l’apertura all’interno del reparto di lungodegenza di una sezione specificamente dedicata alla cura delle persone anzia-

ne dimesse dagli altri reparti dell’ospedale. Nella prossima sperimentazione verrà definita la tipologia di paziente che maggiormente si giova da questo intervento, chiarendo in particolare i confini da una parte con la riabilitazione e dall’altra con gli interventi che sono programmabili nel territorio attraverso le attività domiciliari. E’ però importante affermare che non si tratta di un’area secondaria nello scenario delle cure; infatti, se l’anziano non è fragile, non necessita di cure post-acute e potrebbe ritornare al suo domicilio. Per questo è necessario trovare un equilibrio tra attenzioni cliniche qualificate e gestione dell’accompagnamento verso la casa. L’insieme delle attività di continuità assistenziale si gioverebbe dell’introduzione di figure professionali con l’obiettivo di migliorare la presa in carico, come l’infermiere coordinatore di percorso, una figura professionale innovativa, già sperimentata in altri settori, che rappresenta allo stesso tempo una garanzia per l’anziano nei suoi rapporti con i servizi. Alcune possibili conclusioni Il Progetto ARCA si pone in questo momento storico tra i pochi che nel nostro Paese sono mirati alla costruzione di un modello fortemente integrato e governato; nel primo anno - dopo la pubblicazione sulle più importanti riviste scientifiche nazionali – il Progetto ha ricevuto molte attenzioni e richieste di chiarimenti e di strumenti operativi. Ciò induce ad un impegno sempre maggiore per fornire dati che possano costituire riferimenti utili a coloro che nel nostro Paese si incamminano verso la costruzione di sistemi di protezione efficaci per l’anziano fragile. Il punto forte del Progetto ARCA è il supporto di informazioni e conoscenze che offre agli operatori perchè la loro naturale generosità e impegno possano essere sostenuti da dati indiscutibili, aumentando così in modo rilevante le potenzialità del lavoro di cura. Il Progetto ARCA rappresenta anche un modello di azione civile; infatti ha dimostrato che è possibile il superaluglio, agosto 2012 : 81


mento di realtà spesso contraddittorie che impediscono la costruzione di una medicina in grado di adattarsi ai bisogni. Nel distretto 4 dell’Ulss 20 e nell’Ospedale di San Bonifacio il progetto è diventato un patrimonio condiviso di chi lavora per gli anziani; peraltro il modello di azioni coordinate rivolte all’anziano ha rappresentato una modalità operativa con ricadute positive sull’intero sistema sanitario dell’area. Tutti gli operatori che a vari livelli e in vari ambiti sono stati impegnati nella re-

alizzazione del Progetto ARCA hanno risposto con intelligenza, generosità e impegno culturale e pratico, contribuendo nella specificità del proprio lavoro ad ottimizzare le indicazioni ricevute. Questa è la testimonianza migliore che l’idea di migliorare l’assistenza alle persone anziane non è patrimonio solo di alcuni programmatori o specialisti, ma in generale di tutti gli attori dell’assistenza. Giu. Oc.

notizie brevi

Anziani: 5 regole per sopportare (al meglio) il caldo Quando fa molto caldo sono gli anziani i primi a soffrire in termini di salute. Infarti, ictus e altri problemi aumentano proprio durante il periodo estivo. Dunque per mantenere in forma il cuore anche d’estate con il grande caldo è fondamentale, per chi non è più un ragazzino, seguire alcune semplici regole. Ecco una lista dei comportamenti corretti presentata al primo congresso nazionale della Società italiana di Cardiologia Geriatrica (SICGe), tenutosi al centro Marani dell’Ospedale di Borgo Trento. 1) La destinazione. Chi può permettersi di partire, dovrebbe scegliere la destinazione con attenzione. “La montagna oltre i 1500 metri, ad esempio – spiega il presidente SICGe, Niccolò Marchionni – non è consigliabile ai cardiopatici ma anche a chi soffre di malattie del respiro come asma e bpco. Dunque meglio consultarsi con il medico per scegliere la meta, al quale è bene anche chiedere di prescrivere i farmaci necessari a coprire tutto il periodo in cui si sarà lontani da casa e ricordarsi che la vacanza non significa abbandonare o sottovalutare le cure. Interrompere o modificare le terapie per il cuore è sempre molto pericoloso. E quando si arriva in una località di villeggiatura è opportuno informarsi per sapere subito dove e a chi ci si può rivolgere in caso di bisogno, magari chiedendo in farmacia”. 2) Acqua e cibo. “A causa del caldo intenso – spiega Marchionni – la quantità di acqua nell’organismo di una persona anziana scende fino al 40-45%, rispetto al 5560% di un adulto. E avere una riserva idrica scarsa significa rispondere peggio a un’ondata di caldo ed essere più soggetti a disidratazione. Durante l’estate, quindi, è

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fondamentale bere spesso molta acqua. Anche dal punto di vista alimentare è molto utile mangiare molte piccole porzioni di frutta e verdura fresche al giorno, utili per reintegrare i sali minerali. Evitare le bevande gassate, troppo fredde, alcolici e superalcolici”. 3) Attività motoria. “Le passeggiate sono un grande classico dell’estate, consentono di mettere in pratica i consigli magari sottovalutati durante l’inverno e ritemprano lo spirito. Tuttavia sono da evitare assolutamente nelle ore più calde, per evitare colpi di calore e rischi di disidratazione. Inoltre è bene iniziare a muoversi in modo graduale, soprattutto se si è stati sedentari fino al giorno prima. Il consiglio è camminare due-tre ore a settimana cercando di mantenere un passo veloce non solo per migliorare la tonicità dei muscoli ma anche per ridurre il sovrappeso”. 4) Pressione e diabete. “La pressione in estate tende a scendere. Dunque è opportuno rivedere le terapie, ad esempio quelle contro la pressione alta. Ricordatelo al vostro medico: per evitare cali eccessivi e pericolosi svenimenti può essere necessario adeguare, al ribasso, le cure abituali. Lo stesso vale per i diabetici: muovendosi di più, può ridursi la necessità di medicinali ipoglicemizzanti: se non si rivede la terapia si può andare incontro a pericolose ipoglicemie, anche se più leggere che nell’adulto”. 5) La solitudine. Non lasciate da solo un anziano. “Per scacciare la depressione e l’aumento dei rischio di confusione mentale che questa porta con sé, è sempre bene cercare di uscire e partecipare ad attività socializzanti organizzate vicino a casa, o trovare comunque motivi per uscire”.


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