Verona InForma12_2014

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Verona InForma n. 12 - anno 3 - MAGGIO/GIUGNO 2014

consigli e informazioni per vivere meglio

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Intervista Volontariato AOUI dipendenze Le benzodiazepine

ADOLESCENZA INFORMA

Tatoos, la macchia cieca


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Sommario EDITORIALE

brevi

Primavrea: alcuni consigli per affrontarla al meglio Alberto Cristani

L’estate di Reverse Lab

8

intervista

oncologia

Bookcrossing a Borgo Trento

Comitato per le attivitĂ di Volontariato AOUI Verona Maria Cristina Caccia

24

26

Annamaria Molino

10

innovazione

Progetto comunicazione al Pronto Soccorso Borgo Trento Alberto Cristani

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brevi aoui

Arte in Ospedale: Maria Teresa Cazzadori Marifulvia Matteazzi Alberti

brevi aoui

ADOLESCENZA INFORMA

Arte in Ospedale: Leo Ferrioli Marifulvia Matteazzi Alberti

Abstract articoli n. 2/2014

14

ulss 20

Redazione

33

ADOLESCENZA INFORMA - Psicologia

Una marcia per rimanere in forma! Diego Soave, Laura Valenari

32

16

Tatoos, la macchia cieca Claudia Bartocci

36

brevi regione veneto/ulss 20

Certificati esenzione online

18

onlus

NADIA Onlus Patrizia Zanetti

21

2014 maggio, giugno - 3



Sommario ADOLESCENZA INFORMA - CONVEGNO

brevi

Conflitto relazionale ed effeto sui figli Redazione

ADMOR da Papa Francesco

40 fondazione

brevi ulss 22

Enjoy sport 2014

56

Fondazione Rosa Gallo

58

46

corpo e mente

Ritrovare l’equilibrio con i bagni di gong Gianna Tessaro

44

corpo e mente

C’era una volta il Tai Chi Chuan Gianmario Fiorin

46 ONLUS

Il signore degli asinelli Enrica Girelli

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dipendenze

Le benzodiazepine

psicologia

Dott. Fabio Lugoboni

Il corpo, registratore di esperienza Dott. Luigi Bergamo

50

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ulss 21

Scaricare i referti online? Facile ed economico

occhi

Il glaucoma

brevi ulss 21

I bambini disegnano l’ospedale che vorrebbero

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brevi ulss 20

Gong, l’app per i cittadini

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Stampata su carta ecologica ecologica 100% riciclata con 100% riciclata con inchiostri inchiostri a base a base vegetale vegetale prodotta senza uso di prodotta senza uso di cloro cloro

2014 maggio, giugno - 5


Numeri utili Emergenza

113 Soccorso pubblico di emergenza 112 Carabinieri 115 Vigili del fuoco 118 Emergenza sanitaria 045 500333 Polizia stradale 045 8078411 Polizia municipale 045 8075511 Centralino ULSS 20 045 6138111 Centralino Presidio Ospedaliero “G. Fracastoro” San Bonifacio 045 8075111 Centralino Presidio di Marzana 045 8121111 Ospedale di Borgo Trento 045 8121111 Ospedale di Borgo Roma 045 8121212 Ufficio Prenotazioni CUP (Centro unico prenotazioni) 848242200 CUP ULSS 20 840000877 Disdette visite ed esami (no di radiologia) 045 7614565 Guardia medica - Servizio di Continuità Assistenziale (ascoltare segreteria) 045 8041996 Farmacie di Turno 045 6712111 Ospedale di Bussolengo 045 6207111 Centro Sanitario Polifuzionale di Caprino Veronese 045 6648411 Ospedale di Isola della Scala 045 6589311 Ospedale di Malcesine 045 6338111 Ospedale di Villafranca 045 6338666 Servizio di Continuità Assistenziale 045 6338181 Centro Unificato Prenotazioni 045 6712666 Ufficio Relazioni con il Pubblico 0442 622000 Guardia medica - Sevizio di Continuità assistenziale 0442 622111 Centralino Ospedale Mater Salutis di Legnago 045 6999311 Centralino Ospedale San Biagio di Bovolone 045 6068111 Centralino Ospedale Riabilitativo Don L. Chiarenzi di Zevio 0442 537711 Centralino Centro Sanitario Polifunzionale di Nogara 0442 30500 Punto Sanità distrettuale di Cerea 848 868686 CUP ULSS 21 (da telefono fisso) 0442 606973 CUP ULSS 21 (da telefono cellulare) 0442 622692 Ufficio Relazioni con il Pubblico ULSS 21

pubblica utilità 117 Guardia di Finanza 1515 Servizio antincendi boschivo del corpo forestale dello Stato 045 8090411 Questura di Verona 045 8090711 Polizia Stradale di Verona 045 8078411 Polizia Municipale 045 8077111 Comune di Verona 800016600 Drogatel 19696 Telefono Azzurro 803803 Soccorso stradale 064477 Automobile Club d’Italia 803116 Soccorso stradale


BCC

Valpolicella Benaco BANCA

Radici diverse... valori comuni Sant’Anna d’Alfaedo

Caprino Veronese Costermano Garda

Marano di Valpolicella

Albarè

Bardolino

Valgatara Sant’Ambrogio di Valpolicella

Negrar

S. Pietro in Cariano Arbizzano Pescantina

Colà Sandrà Verona


Verona InForma consigli e informazioni per vivere meglio

n. 12 - anno 3 - Maggio/giugno 2014

editoriale

a cura del direttore

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Testata giornalistica registrata al Tribunale di Verona n° 4035/2012 Proprietario ed editore: Verona Informa s.a.s. di Giuliano Occhipinti & C. Sede legale e Redazione: Via Giardino Giusti, 4 - 37129 Verona

Verona InForma N. 12 - ANNO 3 - MAGGIO/GIUGNO 2014

CONSIGLI E INFORMAZIONI PER VIVERE MEGLIO

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M A G A Z I N E

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M E D I C I N A ,

P S I C O L O G I A ,

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B E N E S S E R E

A ATUIT IA GR COP

INTERVISTA Volontariato AOUI DIPENDENZE Le benzodiazepine

ADOLESCENZA INFORMA

Tatoos, la macchia cieca Foto di copertina: Basilica di San Zeno

Direttore responsabile: Alberto Cristani Coordinatore scientifco: Luca Ravazzin Redazione: Alberto Cristani, Luca Ravazzin, Prisca Ravazzin, Patrizia Zanetti, Maria Cristina Caccia Grafica: Silvia Sorio Stampa: Mediaprint Relazioni esterne e marketing: Giuliano Occhipinti Contatti: - Redazione: +39 345 5665706 - Mail: veronainforma@gmail.com - Web: www.verona-in-forma.com - Pubblicità: +39 347 4773311 Hanno collaborato per questo numero: Claudio Capitini, Michele Triglione, Ufficio Stampa AOUI Verona, Dott.ssa Susanna Morgante, Marina Soave, Marifulvia Matteazzi Alberti, Dott. Fabio Lugoboni, Maria Cristina Caccia, Diego Soave, Laura Valenari, Patrizia Zanetti, Nicoletta Vian, Annamaria Molino, Prisca Ravazzin, Claudia Bartocci, Gianna Tessaro, Gianmario Fiorin, Dott. Luigi Bergamo, Prof. GianGaetano Delaini, Prof. Alfredo Guglielmi, Enrica Girelli, ADMOR Verona, Redazione Adolescenza InForma Foto: Archivio Verona Informa s.a.s., Ufficio stampa AOUI Verona, Ufficio stampa Azienda Ulss 20, Ufficio stampa Azienda Ulss 21, Ufficio stampa Azienda Ulss 22, ADMOR Verona, Associzione Girasole, Redazione Adolescenza InForma, NADIA Onlus,

Primavera: alcuni consigli per affrontarla al meglio L’arrivo della stagione primaverile può avere molte conseguenze sulla salute, soprattutto quella dei meteoropatici che, più degli altri, subiscono negativamente i cambiamenti di stagione e le variazioni di temperatura. In particolar modo il passaggio dall’inverno alla primavera comporta l’insorgenza di una serie di disturbi e patologie, molti studi hanno affermato che sarebbero addirittura sei italiani su dieci ad essere vittime di tale condizione. Maggiormente colpite risultano le donne che si sentono, rispetto ad altri periodi, sotto stress. I medici sostengono che queste manifestazioni sono conseguenze di una serie di comportamenti errati seguiti durante l’inverno (come gli eccessi a tavola e la vita sedentaria) oltre che una carenza di vitamine e la scarsità della luce solare. Per recuperare le energie gli esperti consigliano, per prima cosa, di seguire una dieta “primaverile”, ricca cioè di tutti gli elementi nutritivi che servono a ritrovare la carica. In più è importante effettuare un check-up, attraverso le analisi del sangue è utile controllare i livelli di glicemia e gli acidi urici che possono risultare elevati a causa di un’alimentazione troppo ricca di carboidrati e proteine. In più, per chi ha deciso di voler ritrovare la forma fisica, in attesa della prova costume, e quindi di praticare un’attività fisica è bene iniziare con un allenamento graduale al fine di evitare crampi, distorsioni o strappi muscolaria. La primavera è anche la stagione più capricciosa in assoluto per quanto riguarda il tempo e in particolare le temperature; sono infatti molto frequenti gli sbalzi termici, particolarmente notevoli, sia da un giorno all’altro che nell’arco della stessa giornata. Anche un brusco rialzo termico, che potrebbe apparire di per sé innocuo per la salute, visto che le temperature di 19-22 °C dovrebbero essere quelle preferite dal nostro organismo, in realtà può avere ripercussioni negative sulla nostra salute, perchè il nostro sistema di termoregolazione è tarato per far fronte a sbalzi di temperatura, umidità e pressione atmosferica abbastanza contenuti, per cui sbalzi superiori a 6-8 °C, che portino le colonnine di mercurio al di sopra di 15 °C, vengono interpretati dalla nostra centrale di termoregolazione, posta nell’ipotalamo, come situazioni di caldo. Ecco perché in questi casi sono in molti ad accusare spossatezza, confusione, mal di testa, nausea, cattiva digestione ed altri malesseri fisici, oltre che raffreddori da sudorazione. Che fare quindi? Un semplice rimedio consiste semplicemente nell’adeguare prontamente, giorno dopo giorno, il nostro abbigliamento alle mutate condizioni ambientali e, al mattino, uscire con diversi strati addosso, in pratica vige la regola del caro, buon, vecchio “vestirsi a cipolla”.



intervista

Comitato per le attività di Volontariato AOUI: un aiuto coordinato e concreto per chi soffre Intervista al Dott. Felice Schena, coordinatore del Comitato Aziendale per il Volontariato dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona

D

ue termini come “Sinergia” e “dialogo” sono alcuni dei molteplici aspetti valoriali della collaborazione tra il mondo del volontariato riunito all’interno di associazioni

10 - maggio, giugno 2014

Onlus territoriali e l’AOUI, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. Verona InForma ha incontrato il dott. Felice Schena, Coordinatore del Comitato Aziendale


Da sinistra: Patrizia Palella, Felice Schena, Rosaria Zanon, Sabrina Bonato, Giovanna Pirana, Gianluigi Tarondi

per il Volontariato, con il quale approfondiamo alcuni aspetti di questo mondo, fatto di buona volontà e di amore per chi soffre. Quando è nato e di che cosa si occupa il Comitato per le attività di Volontariato AOUI? Il Comitato per le attività di Volontariato è stato formalmente istituito come organo collegiale nel 2008 e si occupa delle relazioni tra l’AOUI e le Associazioni Onlus convenzionate con essa. Chi ne fa parte? Si compone di un rappresentante per ognuno dei servizi direttamente coinvolti con il mondo del volontariato e i membri attualmente sono, oltre al sottoscritto quale Coordinatore, il dott. Gianluigi Tarondi, dirigente medico della DMO (Direzione Medica Ospedaliera), la dott.ssa Rosaria Zanon, del Servizio Professioni Sanitarie, la dott.ssa Gio-

vanna Pirana, Responsabile dell’U.R.P. (Ufficio Relazioni con il Pubblico), la dott.ssa Patrizia Palella, dell’Ufficio Supporto alla Ricerca e Biostatistica, la quale, come referente storica dell’Azienda per il mondo del volontariato, è rimasta nel Comitato, e Sabrina Bonato per la segreteria. Cosa intende, esattamente, per “Associazioni convenzionate”? Ai sensi della Legge quadro sul Volontariato del 1991, art.7, si stipula un atto formale o “Convenzione” che disciplina il rapporto tra l’Associazione e l’Azienda Ospedaliera. Esiste uno schema tipo di convenzione approvato dal Direttore Generale sulla base del quale vengono stipulate convenzioni adeguate alle singole associazioni interessate per il tipo di servizio che esse propongono. Attualmente le Associazioni di volontariato convenzionate sono 22, di cui 350 volontari ope2014 maggio, giugno - 11


rano attivamente all’interno dell’Azienda Ospedaliera”. L’attività del volontario è disciplinata da un Regolamento, che è stato revisionato e approvato con ultima delibera del 2011, il quale ne stabilisce diritti e doveri rispetto a quanto previsto dall’Azienda Ospedaliera. In quali situazioni viene maggiormente richiesta la presenza del volontario? Il volontario operativo nei reparti dell’Azienda Ospedaliera entra in contatto con pazienti che manifestano l’esigenza di essere seguiti anche da persone non appartenenti alla cerchia famigliare. La presenza del volontario non è mai imposta. Il paziente e i famigliari devono prima dare il loro consenso, dopodiché il/la Caposala del reparto interpella il presidente dell’Associazione convenzionata per richiedere il supporto. Il volontario non si sostituisce mai al personale sanitario, come è scritto chiaramente all’art. 1 della Convenzione e svolge la sua attività in forma del tutto spontanea, gratuita e libera, per scopi prettamente altruistici. La sua prestazione si indirizza a tutte le attività quotidiane di cui non può farsi carico il personale sanitario. Il suo compito essenziale è quello di instaurare una rapporto umano con il paziente, dando un sostegno morale.

12 - maggio, giugno 2014

Esistono corsi per operare come volontario all’interno dell’AOUI? Le singole Associazioni convenzionate organizzano percorsi informativi e formativi per i propri volontari. Inoltre l’Azienda pretende che tutti i volontari, i quali non abbiano già un’esperienza di natura sanitaria, quindi che non siano appartenenti al Servizio Sanitario Nazionale o convenzionati con esso, seguano un corso annuale organizzato dall’Azienda stessa, su materie tecniche e relazionali, con validità triennale. L’AOUI eroga anche corsi di aggiornamento per i volontari cosiddetti “veterani”. L’età minima per diventare volontario è 18 anni, mentre sull’età massima non poniamo limiti. Per legge il volontario che opera all’interno dell’Azienda è tutelato da una copertura assicurativa per responsabilità civile nei confronti di terzi e per infortunio e malattia e, per legge, l’onere è a carico dell’ente con cui si stipula la Convenzione, nella fattispecie, l’AOUI. Info: download modulistica Convenzioni: www.ospedaleuniverona.it/ecm/home/servizi/altriservizi/modulistica e-mail: felice.schena@ospedaleuniverona.it Maria Cristina Caccia


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BREVI - aoui

L’Arte in Ospedale e le “magie” di Leo Ferrioli

Oltre 1500 persone, un record per l’Arte in Ospedale, hanno visitato la Personale “Cinquanta” di Leo Ferrioli al Polo Chirurgico Confortini. L’artista veronese, noto in città per la sua attività di antiquario, ha voluto festeggiare con questa mostra i suo cinquant’anni di lavoro artistico: fin da ragazzo ha intrapreso un lungo percorso affascinante di esteta, di antiquario, di pittore e scultore, disegnatore di abiti e creatore di gioielli, designer di mobili e di tessuti d’arredo. Artista “a tutto tondo” non si accontenta solo del dipingere, ma che aggiunge “Bellezza a Bellezza” inserendo preziose cornici d’altri tempi all’interno delle tele, assieme a brandelli di vecchie locandine teatrali, cartoline sbiadite strappate all’oblio del tempo. Ferroli sa coniugare istinto e intelletto, padroneggia pennello e colori con meticolosa precisione, attento anche al più piccolo dettaglio. è acuto osservatore del paesaggio veneto, saturo di colore e di luce, e la sua originalità sta nel creare con abilità equilibri spaziali, dove convivono più scorci suggestivi, armoniosamente rielaborati, di una stessa città o di più luoghi assieme. Sembra quasi di sognare ad occhi aperti quando il suo sguardo vola su ardite prospettive surreali, scivola sull’acqua di un rio tranquillo incastonato tra strette calli, o si insinua tra il fitto fogliame che spunta dietro a un’alta mura, o si adagia nostalgico nelle materne anse dell’Adige. Con pennellate sicure delinea nuvole leggere e con mano felice ritrae la sua amatissima Verona in una profondità spaziale creata con fughe prospettiche e un poetico senso di leggerezza che ha tutta la luminosità del surreale, riuscendo a far convivere nella stessa tela lo spalancarsi delle vie più care vicino al lussureggiare di antichi palazzi, ritraendo altresì uno storico clochard o il personaggio tanto amato, la vecchia fioraia, presenza di una Verona d’altri tempi... Marifulvia Matteazzi Alberti

14 - maggio, giugno 2014



ULSS 20

Una marcia per rimanere in forma! Dall’inizio degli anni ‘70 ad oggi la realtà delle marce non competitive si è evoluta coinvolgendo sempre più persone

L’

attività motoria, soprattutto se praticata insieme ad altre persone, migliora la qualità della vita aiutando a prevenire diverse patologie quali il diabete, le malattie coronariche e alcuni tipi di tumore, aumentando la sensazione di benessere psico-fisico. Partendo da queste premesse il programma regionale MuoverSì di promozione dell’attività motoria, guidato dal Servizio Promozione Educazione alla Salute dell’Ulss 20 di Verona, promuove iniziative di popolazione per favorire i corretti stili di vita ossia, per quanto riguarda il movimento, praticare un’attività fisica la maggior parte dei giorni della settimana per circa mezz’ora al giorno. Un’ottima occasione di movimento offerta dal no-

16 - maggio, giugno 2014

stro territorio è quella delle marce non competitive: ogni anno migliaia di veronesi partecipano almeno ad una delle numerosissime corse o marce organizzate nella nostra provincia, soprattutto dall’Unione Marciatori Veronesi e dalla Federazione Italiana Amatori SPort per tutti. Dall’inizio degli anni ‘70 ad oggi (alcune manifestazioni hanno superato la 40° edizione) la realtà delle non competitive si è evoluta coinvolgendo sempre più persone grazie anche alla sua diffusione sul territorio con gruppi di marciatori presenti in moltissimi comuni. Come è possibile constatare dai siti delle suddette organizzazioni (www.umvmarciare.it oppure www.fiaspverona.org) viene offerto alla popolazio-


ne un calendario strutturato con una o più marce alla settimana; in ognuna delle manifestazioni, che si tengono tutto l’anno principalmente di domenica, c’è la possibilità di cimentarsi su percorsi di lunghezza variabile con punti di ristoro organizzati. La partenza è libera e non si è inquadrati in classifiche o cronometraggi di alcun tipo; la filosofia è quella di vivere lo sport all’aria aperta dando a ciascuno la libertà di scegliere il proprio ritmo e adeguare l’intensità dello sforzo alle proprie capacità. Partecipare a queste marce oltre ad aiutare a mantenere uno stile di vita attivo offre anche l’occasione per conoscere angoli e percorsi del nostro territorio meritevoli di essere valorizzati e apprezzati.

Diego Soave Laura Valenari Servizio Promozione ed Educazione alla Salute, Dipartimento di Prevenzione ULSS 20

CONVEGNO Physico e Psychico Cammino e sana alimentazione anche per gli utenti dei centri di salute mentale. Queste le tematiche del convegno che si terrà il 12 giugno alla Gran Guardia, a Verona, dal titolo “Physico e Psychico - Promuovere gli stili di vita sani nei dipartimenti di salute mentale”. Nel corso del convegno verranno presentati i dati del progetto Physico (cammino e sana alimentazione nei pazienti psichiatrici) che ha coinvolto gli utenti dei 4 servizi psichiatrici veronesi. La sessione del pomeriggio è aperta a tutta la cittadinanza e alle associazioni di pazienti e familiari. Susanna Morgante Servizio Promozione ed Educazione Salute Dipartimento di Prevenzione ULSS 20 2014 maggio, giugno - 17


BREVI - REGIONE VENETO/ULSS 20

Certificati esenzione online sui siti della Regione Veneto e dell’Ulss 20

Regione Veneto e Azienda Ulss 20 mettono in rete i certificati di esenzione. La Regione Veneto ha reso disponibili sul portale sanità i certificati di esenzione per condizione economica (7R2,7R4 e 7R5), e di riduzione parziale della quota fissa sulla ricetta rossa (7RQ) per il periodo 1 giugno 2014 - 31 maggio 2015, e invita a controllare il proprio certificato, ricordando che i nuovi certificati sono scaricabili comodamente da casa. è sufficiente accedere al seguente link del portale della Regione Veneto https://salute.regione.veneto.it/web/guest/servizi/ esenzioni e compilare i campi richiesti.

18 - maggio, giugno 2014

Basta scrivere il numero della tessera sanitaria cartacea e il codice fiscale negli appositi spazi. L’assistito può scaricare e stampare il proprio certificato anche più volte e in qualsiasi momento. I medesimi certificati sono in alternativa scaricabili anche dal portale dell’Ulss 20. Pertanto si invitano tutti i cittadini aventi diritto a collegarsi al sito internet aziendale www.ulss20.verona.it alla voce “Esenzioni da Reddito” per scaricare i certificati seguendo le indicazioni riportate che prevedono l’inserimento del numero di tessera sanitaria cartacea e il codice fiscale dell’assistito.


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NADIA Onlus: uno sguardo al benessere psico-fisico dei bambini Nella sede di San Martino Buon Albergo incontriamo Luciano Vanti presidente di NADIA Onlus

N

ADIA Onlus è un’associazione di volontariato che lavora per valorizzare la famiglia, con priorità alla tutela dei diritti dei bambini, all’assistenza ai soggetti svantaggiati nella necessità e disagio psico-fisico; all’educazione e prevenzione dalle ricadute, per un reinserimento sociale definitivo. I bambini sono al centro dell’interesse di NADIA, quindi… L’associazione riconosce la priorità e i diritti della figura del bambino. Ci adoperiamo affinché ogni minore cresca in una famiglia, cercando di prevenire e contrastare l’abbandono minorile; puntiamo ad alleviare il disagio psico-fisico infantile, sia in ambito nazionale che internazionale, con campagne di sensibilizzazione. Formiamo e sosteniamo le famiglie adottive e affidatarie, fornendo un supporto legale e psico-sociale e realizziamo interventi a sostegno dell’infanzia secondo i principi stabiliti dalle Convenzioni di New York del 1989 e de L’Aja del 1993. Ci racconta come siete nati? Nel 1992 un gruppo di genitori adottivi decisero 22 - maggio, giugno 2014


degli Angeli”. Tutto questo mentre coordiniamo il programma “il girotondo della solidarietà”, per il sostegno a distanza in vari paesi del mondo. Con i progetti Italia, NADIA si rivolge ai bambini e alle famiglie in difficoltà, anche sui temi dell’affido familiare e con il sostegno sociale e psicologico.

di condividere, oltre all’amicizia, anche il desiderio di aiutare altre famiglie vicine all’esperienza di accoglienza. Nel 1996 con atto pubblico notarile nacque l’associazione di volontariato che ci conferiva valore giuridico. Il nome NADIA ricorda una cara amica scomparsa prematuramente. Quali sono i progetti che NADIA Onlus segue a livello internazionale e nazionale? In Etiopia interveniamo a favore dei bambini, della comunità di Durame e per portare l’acqua potabile a Langute. In Georgia, a Tiblisi, contribuiamo alla ristrutturazione parziale di un centro termale per la cura di bambini cerebrolesi. In Madagascar il progetto “Relais Communitaire” punta alla valorizzazione della comunità a tutela dei minori, mentre in Thailandia sosteniamo “la Casa

Come si può sostenere la vostra associazione? Sia con il lavoro, diventando volontari, sia con il sostegno di un bambino o di un progetto; o infine con la libera donazione, che è il modo più semplice per aiutarci. Si può devolvere liberamente qualsiasi cifra: un valido strumento è anche il 5xmille alla sottoscrizione del modulo per la dichiarazione dei redditi. Allora… batti un 5, per NADIA onlus! Info: NADIA ONLUS - Via Fenil Novo, 8 San Martino Buon Albergo (VR) Telefono: 045.995388 - Fax: 045.8796968 info@nadiaonlus.it - www.nadiaonlus.it Facebook: N.A.D.I.A. Onlus Patrizia Zanetti

Momento conviviale dei volontari NADIA Onlus maggio, giugno 2014 - 23


BREVI

Yellow summer IN L’estate di Reverse Lab al Canarin

Si preannuncia una bella estate calda all’Associazione culturale Reverse Lab, che inaugura il suo calendario il 1 maggio prossimo presso lo spazio il Canarin, in Via Giolfino 2b 4, a Verona. Appena fuori Porta Vescovo, il laboratorio di contaminazioni ha trovato da qualche anno sede assieme a diverse imprese e associazioni, per creare uno spazio di lavoro creativo comune e condiviso che favorisce un proficuo scambio di idee progettuali. A partire da maggio, dopo un fuori programma del 12 aprile con la proiezione cinematografica all’aperto del film “La legenda di Kaspar Hauser”, serata in collaborazione con EXP per la rassegna di arti sceniche Are we human, il calendario è corposo e prevede quattro serate mensili fino a fine settembre, in un susseguirsi di spettacoli all’aperto nei vari spazi espositivi dell’area culturale Canarin con musica, proiezioni e installazioni artistiche di artisti noti ed emergenti ma anche momenti di confronto culturale. Ci sarà la possibilità di bere birre artigianali dei giovani produttori veronesi Mastro Matto, ospiteremo prodotti locali della Condotta di Verona di Slow food e si potranno assaggiare i prodotti del forno del Carcere di Montorio, in un progetto di educazione all’arte di fare il pane che coinvolge direttamente i detenuti. Reverse Lab è un’associazione culturale che promuove un pensiero alternativo su un senso ampio di sostenibilità (ambientale, economica e sociale) ponendo al centro l’uomo e la qualità della vita, le relazioni interpersonali ed il rispetto dell’ambiente. Particolare attenzione è dedicata a divulgare e a promuove il tema dell’eco-sostenibilità attraverso

24 - maggio, giugno 2014

eventi culturali e laboratori che stimolano uno sguardo critico, pratico ed intelligente, per valorizzare i materiali naturali ed il loro riutilizzo e dare vita a manufatti unici con un alto valore artigianale ed artistico. L’Associazione collabora già da alcuni anni con ArtVerona ed altri eventi fieristici a carattere artistico e artigianale anche a Milano e a Vicenza. La sede dell’associazione culturale è anche quella di Reverse Impresa sociale, nata con la finalità di promuovere la cultura del riutilizzo e dello sviluppo sostenibile, valorizzare gli scarti della produzione industriale ed incrementare il benessere sociale. Per i partecipanti delle serate estive sarà quindi possibile vedere esposti alcuni lavori di queste realtà, parlare direttamente con i suoi fondatori e confrontarsi con la “filosofia” base della loro impresa. “Ogni singolo manufatto - scrive uno dei soci - è frutto di una fitta e densa rete di relazioni. Il valore del bene in sé è dato precisamente dal livello di collaborazione necessario per la sua realizzazione, è ciò che nobilita lo scarto e lo trasforma da pietra in diamante. È la rete che renderà possibile questa trasformazione, in tutte le sue fasi: dal reperimento dei materiali, alla progettazione concertata e discussa, alla costruzione in collaborazione”. È questa nuova forma di collaborazione, costruzione e comunicazione che rende possibile una nuova cultura, fondata sulla condivisione sociale delle idee e dei principi di rispetto ambientale e che i visitatori delle serate estive troveranno nei vari eventi. Tra le installazioni in programma artisti che lavorano materiali naturali come la creta, la luce, le tessere del mosaico (oltre che alle forme d’arte tradizionali), via via verso installazioni sperimentali che coinvolgono direttamente il pubblico, immergendolo letteralmente nell’evento artistico-musicale. Per partecipare è sufficiente effettuare il tesseramento annuale all’Associazione al costo di € 5,00 (valido per tutte le serate e gli eventi annuali) da effettuarsi collegandosi al sito blog.reverselab.it nella sezione Tesseramento e ritirando la tessera in sede. Il programma della prima parte del festival Yellow Summer IN è disponibile sul sito: blog.reverselab.it Nicoletta Vian



oncologia

Oncologia di Borgo Trento: il bookcrossing per una nuova attenzione verso i pazienti Tutti i libri donati sono stati etichettati, non per segnalarne l’appartenenza bensì per far sapere ai futuri lettori la storia di quel libro

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ella sede ospedaliera di Borgo Trento, nell’Oncologia diretta dalla prof.ssa Molino, il desiderio di migliorare la qualità della vita del paziente e del tempo trascorso in ospedale, si era già notato con l’istituzione delle “Postazioni Multimediali”. Il progetto era nato dalla consapevolezza che il tempo che i pazienti passano presso la nostra Oncologia, per eseguire le terapie, è un tempo lungo, difficile, pesante, sono ore durante le quali il paziente deve rimanere sulla poltrona o sul letto, con delle flebo che gli limitano i movimenti, ore che non passano mai e che lasciano troppo tempo al paziente per pensare, e spesso i pensieri sono pensieri poco piacevoli. Consapevoli di questa situazione, abbiamo cercato delle soluzioni che potessero rendere questa esperienza meno stressante e abbiamo quindi accettato con entusiasmo la proposta di offrire dei servizi di intrattenimento personalizzati, dotando ogni poltrona e ogni letto di una postazione multimediale, cioè un monitor collegato ad un computer centrale, che consente ad ogni paziente di scegliere programmi televisivi, radiofonici, giochi 26 - maggio, giugno 2014

ma soprattutto, e questa è la grossa novità, permette di collegarsi ad internet e navigare a piacere. Da questa volontà di miglioramento costante e dall’attenzione che qui si dedica ai pazienti, si è


giunti ad abbracciare un’altra iniziativa che mira a far sentire a proprio agio pazienti e parenti che devono trascorrere qui del tempo. Il Bookcrossing cui ci stiamo riferendo, in italiano “Libri in libertà”, è un’iniziativa di distribuzione gratuita di libri. Il vero Bookcrossing americano si basa sull’importanza del dono e dello scambio. Chiunque può prendere un libro, così come chiunque può donarne di nuovi. Questa pratica dei “Libri Liberi” nasce in America, nelle sale d’aspetto di un ospedale di Boston. I libri messi a disposizione dalla struttura medica sparivano regolarmente e…perché allora non istituzionalizzare il furto? E così fu: libri liberi da leggere e far circolare, da donare, leggere, portare e riportare. Il nostro Bookcrossing nasce ufficialmente Giovedì 13 Dicembre, nella sala d’aspetto del 4° piano in Borgo Trento (Padiglione Geriatrico, Lato Mameli). È un’iniziativa gratuita, senza obblighi e senza vincoli di alcun tipo. Chiunque può scegliere un libro, portarselo a casa e prendersi il tempo necessario per leggerlo. L’unico impegno richiesto è quello di riportarlo. Chiunque può mettere in condivisione i libri. È molto importante far presente che per il Bookcrossing riportare un libro non vuol dire separarsene, vuol dire renderlo libero: libero di circolare, di trovare una nuova casa, di regalare una nuova emozione. L’Oncologia Medica di Borgo Trento ha voluto es-

sere al passo con i tempi offrendo una nuova opportunità in più a tutti, pazienti e non, che qui devono trascorrere un tempo difficile. Questa iniziativa si ispira al desiderio di condividere le emozioni che un libro può donare, lasciare libero un libro vuol dire lasciare libere le emozioni e i mondi che vivono tra quelle pagine e donarle a chi passerà dopo di noi. Donare un libro è il modo che una persona ha per offrire a tanti l’occasione di arricchirsi delle stesse o di altre emozioni. La prof.ssa Molino e l’èquipe dell’Oncologia dO hanno quindi con entusiasmo proposto un nuovo servizio di intrattenimento che sta riscuotendo un enorme successo. Nell’arco di questi quattro mesi siamo giunti a più di quattrocento donazioni. Tutti i libri donati sono stati etichettati, non per segnalarne l’appartenenza, ma per far sapere ai futuri lettori la storia di quel libro, dove è stato condiviso e dove ha iniziato il suo incredibile viaggio. Molti di questi libri sono già “in viaggio” e già rendono vivo un tempo che altrimenti sarebbe sospeso. Per questo progetto ringraziamo la FNAC per le prime donazioni, l’associazione ONLUS L’Acero di Daphne, tutti coloro che hanno donato, tutti coloro che desiderano condividere il piacere della lettura e semplicemente tutti coloro che ci hanno aiutato. Aspettiamo chiunque desideri condividere un libro e siamo a disposizione per chiunque desideri informazioni su questo servizio. “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito...perché la lettura è un’immortalità all’indietro”. Umberto Eco - Perché i libri allungano la vita, La bustina di Minerva, in “L’Espresso”, 2 giugno 1991

Annamaria Molino Direttore UOC Oncologia dO OCM AOUI Verona 2014 maggio, giugno - 27


innovazione

Progetto di comunicazione al Pronto Soccorso di Borgo Trento Le soluzioni e gli interventi individuati sono stati capaci di fornire dei pilastri per un nuovo assetto promozionale della struttura

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l Pronto Soccorso (PS) della sede ospedaliera di Borgo Trento rappresenta all’interno dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona una realtà performante, dove opera uno staff competente, dotato di un equipment d’avanguardia. Sino ad ora questa realtà si era fatta conoscere agli utenti principalmente attraverso i corretti canali istituzionali, quali il portale dell’ AOUI, ma non era dotata di strumenti e soluzioni di comunicazione propri, in grado di raggiungere obiettivi ormai fondamentali, quali i seguenti:

- Promuovere la conoscenza del PS, diminuendo incomprensioni e reclami: il PS è una struttura con cui l’utente entra a contatto in momenti di particolare delicatezza. In questi frangenti, la mancanza di consapevolezza (dalla conoscenza di informazioni d’accesso, alla familiarità con le procedure basilari impiegate dallo staff) può produrre fraintendimenti, percezioni negative del servizio fino alla fattispecie dei reclami (la gran parte dei reclami che giungono all’Ufficio Relazioni con il Pubblico della AOUI sono legati al PS). - Favorire l’accesso ai servizi, assicurando messaggi e sensazioni positive: informare con gli strumenti più adatti consente di promuovere una migliore fluidità d’accesso ai servizi, ottimizzando l’interazione con l’utenza nelle fasi d’arrivo e d’evasione delle singole necessità. - Raccontare l’anima del PS, le persone, la competenza: dietro a una struttura così complessa ci sono persone, competenze, risorse, processi che si fondano su valori umani e qualità professionali che rischiano di passare inosservati

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e che talvolta non sono correttamente percepiti dall’utente nella sua valutazione del servizio: diventa così importante raccontarli, nel giusto modo, renderli trasparenti, farli arrivare attraverso interventi di comunicazione in grado di avvicinare l’utente alla struttura. Per dare solo alcuni esempi di alcune criticità che il PS aveva bisogno di dipanare e comunicare con l’efficacia sopra menzionata, potremmo parlare anzitutto della logica di accesso con l’attribuzione dei codici d’intervento, in poche parole del concetto di triage. Questo meccanismo viene spesso equivocato, diventando ingiustamente causa di disappunto: ciò accade anzitutto perché gli utenti non sono sufficientemente informati sul ruolo della struttura, sulla filosofia che c’è dietro i criteri d’accesso, sui dettagli che spiegano e giustificano le logiche di codificazione impiegate. Di nuovo, quindi, si nota come la comunicazione sia la chiave fondamentale perché il servizio, nella sua essenza cruciale, venga compreso, e conseguente-

mente gradito. Le soluzioni e gli interventi individuati sono stati capaci di fornire dei pilastri per un nuovo assetto promozionale della struttura. Sono state adottate soluzioni fisiche come poster a parete, con soluzioni selfstanding1, ampie vetrofanie e soluzioni che uniscono valore informativo ad impatto grafico. Queste soluzioni infatti supportano l’informazione, ma al tempo stesso, realizzate con innesti fotografici e grafici, sanno trasferire messaggi e sensazioni di grande importanza. Grazie alla creazione di una comunicazione coordinata e integrata, i poster hanno ripreso le linee grafiche e d’immagine si sono allineate con la soluzione cartacea della card. Le card contengono stratagemmi informativi e di coinvolgimento di corredo (cruciverba a tema, linotipie, quiz a risposta multipla su tematiche sanitarie), non invasivi, tali da non banalizzare mai i significati che il PS vuole comunicare, ma forti 2014 maggio, giugno - 29


e simbolici. Questi elementi di corredo rendono un po’ meno stressante l’attesa da parte di un parente e possono far scaturire momenti di scambio all’interno della sala d’aspetto rendendo più condiviso un momento già di per sé difficile. Questa soluzione, oltre a raggiungere in modo più efficace gli obiettivi informativi e promozionali della

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brochure, comunica senza bisogno di spiegazioni che la struttura del PS di Verona è all’avanguardia, perché lo denota fin da subito anche il modo con cui sceglie di comunicare. Per completare l’efficacia di questa soluzione, le card sono corredate anche di strumenti di raccolta feedback, di elementi che rimandino ad altri materiali, quali i QR code per gli utenti dotati di smartphone o tablet. Inoltre le soluzioni dei cruciverba, dei quiz e delle linotipie vengono pubblicate periodicamente in una apposita sezione su www.ospedaleuniverona.it, il portale ufficiale dell’AOUI Verona. Dare alle soluzione una linea creativa e d’immagine unitaria. Per tutte le soluzioni sopra presentate è stato necessario effettuare uno studio d’immagine e individuare linee creative e di stile coerenti, integrate e coordinate a cura dell’Ufficio Relazioni con il Pubblico, responsabile Dr.ssa Giovanna Pirana e della sua equipe, e dell’UOC Pronto Soccorso dO diretta dal f.f. Dr. Giorgio Ricci assieme al coordinatore Dr. Enrico Vallaperta. are positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. Alberto Cristani



BREVI - aoui

L’arte materica di Cazzadori al Polo Confortini

L’arte materica è stata protagonista della rassegna Arte in Ospedale al Polo Chirurgico Confortini nel mese di marzo, con la mostra “Evoluzione” dell’artista veronese Maria Teresa Cazzadori che nelle sue opere usa materiali poveri, di scarto, di risulta e li trasforma, li fa rivivere animandoli, combinandoli insieme, spesso bruciandoli per trarne l’essenza che solo il fuoco riesce a dare con la forza del calore. Quella di Cazzadori è una ricerca fatta con tenacia, con l’ostinatezza dell’archeologo che ha intrapreso un viaggio tra le cose della memoria. Il ferro, il legno e i chiodi, lo spago e la rete, la tela e la carta, il colore si misurano l’un l’altro, adattandosi in un processo

permanente di trasformazione, di evoluzione: accostati o sovrapposti come nugoli di pensieri, di strati che vivono uno sull’altro, abbandonati in un pacato decantare dal lento lavorio che si nutre di tutti i nostri ieri. Sono forme astratte, remote ma anche attualissime. Le materie si ritrovano nei pannelli come purificate in uno spazio giocato tra luce e terra: restano pagine di libri, di lettere scritte con cura infinita, di vecchi pentagrammi come trasparenti pellicole, vive e vibranti, immerse nell’intimità di un silenzio carico di attese: è una pitto -scultura che diventa specchio dell’animo e che si fa carne viva per rivelare al mondo l’eterno conflitto tra creazione e distruzione tra bene e male, tra vita e morte, recuperando passate emozioni, segni antichi. C’è un grande recupero di sacralità in ogni segno di Cazzadori come impronta dell’uomo, della sua Storia sofferta nel succedersi degli anni. E’ un cammino a ritroso, navigando nei giorni della nostra memoria, intessuta di ragioni e rimpianti, di speranze e illusioni che la ragione scosta mentre il cuore conserva. Marifulvia Matteazzi Alberti

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N. 2 - ANNO 1 - MAGGIO/GIUGNO 2014

www. ad o le sce n zain f orm a .i t

Adolescenza InForma

S P E C I A LE O NLINE DI VER ONA I NF OR MA DEDI CAT O AI GIOVAN I, ALLE FAMIGLIE E A C H I SI OC C U PA D I ADO LS C EN ZA

INTERVISTA Polizia Postale

Riflessi di adolescenza sullo specchio del Web

Tecnologie di classe


Abstract articoli Adolescenza InForma Numero 2/2014

Riflessi di Adolescenza sullo specchio del Web La Dott.ssa Irene Ruggiero, psicoanalista SPI, in un suo articolo pubblicato sul sito ufficiale della Società Italiana di Psicoanalisi, affronta il tema dei social network e della rete in adolescenza. “Penso che la Rete sia uno strumento formidabile per reperire e scambiarsi informazioni, e che, in quanto tale, promuova potenzialmente una maggiore democrazia. Tuttavia, la Rete comporta anche dei rischi, soprattutto per gli adolescenti più fragili.” Questo è il punto di partenza dell’autrice, che permette di addentrarci nella questione dei pericoli o dei potenziali segnali di allarme, ricordando però che la Rete non è in sé negativa. Dott.ssa L. Chiesa Psicoterapeuta

I rischi delle nuove tecnologie sul grande schermo. Disconnect di Henry Alex Rubin, USA 2012 Tre storie si sfiorano e s’intersecano, nella periferia di New York, a illustrare i pericoli che si possono incontrare nelle chat, nei siti di incontri, nei social network. Kyle, che si esibisce in un sito porno, viene intervistato da una giornalista che strumentalizza proprio quel ragazzo che intende salvare. Due coniugi, sconvolti dalla perdita del neonato, cercano conforto nella rete venendo depredati dell’identità e dei risparmi. Due ragazzi ingannano l’introverso Ben Boyd su Facebook inducendolo a posare nudo in foto che scateneranno contro di lui la feroce persecuzione di tutti i compagni di scuola. Prof.ssa Maria Grazia Roccato

«Reale e virtuale» nelle parole di Gesù Le parabole di Gesù sono affascinanti perché mettono in scena elementi e situazioni conosciuti, che appartengono al mondo di chi ascolta. Si tratta della dimensione reale. Il modo con cui questi 34 - maggio, giugno 2014

elementi sono connessi, l’intreccio narrativo, è fittizio, è inventato, coinvolge l’uditore in un mondo che non conosce ancora, ma che lo attira. Si tratta della dimensione virtuale. Chi ascoltava le parabole non poteva rimanere indifferente. La parabola infatti pone delle domande nascoste, delle «prove», che inizialmente non si vedono, ma alla conclusione si scoprono essere le prove della vita. Don Martino Signoretto biblista

La tecnologia in classe, non solo Social Network L’informatizzazione dei sistemi scolastici con il conseguente ingresso nella “rete” del mondo scuola, richiede una riflessione circa la bontà e l’efficacia dell’interazione tra queste due realtà profondamente differenti tra loro. Dalla mia personale esperienza professionale svolta a scuola, con ragazzi di età compresa tra i quattordici e i vent’anni, comprendo che si richiede sempre più il confronto quotidiano con l’uso che essi fanno di internet, oltre che di come le nuove tecnologie hanno modificato il modo di fare (e a volte di essere…) scuola. Dott.ssa Francesca Girelli Psicologa, Psicoterapeuta

Intervista alla Polizia Postale di Verona Internet è prezioso, ma serve consapevolezza, dei pericoli e dei modi per difendersi. La Polizia Postale di Verona risponde ad alcune domande sulle nuove tecnologie e indica le regole da seguire per un utilizzo più sicuro della rete: Come è organizzata la prevenzione a Verona? Quali informazioni fornite sugli strumenti della rete (Internet, Social Network, WhatsApp, Instagram, E-mail, Youtube, Blue-tooth, Acquisti online)? Quali sono i pericoli? Quanto sono interessati e consapevoli i genitori? La richiesta di prevenzione a scuola quanto è sentita? Dott.ssa L. Chiesa Psicoterapeuta


Il Centro Ragazzi dietro, davanti, attraverso uno schermo ‘Era ora che funzionasse!’. Dopo ore a cercare il problema e provare a smontare il computer del Centro Ragazzi perché fosse pronto, come sempre, ad accogliere il loro arrivo, la ragazza, scompigliata e con occhi impazienti, aveva notato che la prolunga della corrente era staccata. Quindi, passato il primo imbarazzo, il computer si avviò. Il sistema caricato apparve nella sua consueta pagina azzurrina iniziale e il browser fu subito attivato e incaricato di cercare il social network più diffuso. Connessi!! Ascolto e guardo con loro le conversazioni sui monitor. Ma con chi si connettono? Cosa trovano? Cosa cercano? Cristiano Zanetti Educatore

L’Ipad al “San Zeno”: una risposta all’apprendimento che cambia L’iPad apre nuove opportunità creative che stimolano l’interesse di studenti e insegnanti. Raccontiamo una sperimentazione innovativa - ancora in corso - all’Istituto Salesiano “San Zeno” che vede l’utilizzo per la didattica di iPad e delle nuove tecnologie, seguendo pienamente la traccia del pensiero di Don Bosco, il quale diceva: “Amare ciò che amano i giovani affinché i giovani amino ciò che ama l’educatore”. I primi risultati sono lusinghieri. Abbiamo alle spalle due anni di continuo monitoraggio e l’entusiasmo è reciproco di insegnanti e allievi. Tiziano Zanotti Coordinatore del Settore Grafico del CFP “San Zeno” di Verona

Gli studenti del Montanari: protagonisti attivi All’interno di una classe quinta del Liceo delle Scienze Umane Carlo Montanari di Verona, in corso d’anno abbiamo cercato di analizzare un po’ più a fondo uno dei fenomeni che precipuamente stanno coinvolgendo la collettività nel sua interezza, vale a dire l’Uso e/o l’abuso delle nuove

tecnologie. Abbiamo voluto osservare, utilizzando un questionario strutturato a mo’ di intervista, se i risultati riportati dalle fonti su cui ci siamo documentati corrispondessero alla realtà quotidiana. Nell’articolo vengono riportati alcuni “flash riflessivi” prodotti ed estratti dalle relazioni dei lavori di gruppo conclusivi. Prof. Paolo Guarise

Stay tuned, stay social! Adolescenti e nuove tecnologie Credo che nessuna persona si permetterebbe mai di fare nella vita reale ciò che fa sui social. Attraverso i social, infatti, le nostre vite appaiono per forza di cose molto più di quello che sono: foto perfette che collezionano momenti indimenticabili, fotoritocchi che fanno apparire bella qualsiasi cosa, e via dicendo. Ma l’aspetto più intrigante è quello del mezzo nella sua accezione più letterale. Il poter mettere in vetrina le cose più sconce senza dover passare da un confronto diretto con le altre persone consente di aggirare le inibizioni che derivano dalla relazione diretta, spingendosi oltre ogni ragionevole limite. Carlo Tregnaghi Animatore

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adolescenza informa - psicologia

Tatoos, la macchia cieca Oggi, come nelle società primitive, il corpo è la superficie su cui iscriviamo le nostre appartenenze sociali, familiari e tribali

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omani le porto la mappa dottoressa.” Salutando il mio giovane paziente mi chiedo incuriosita in quale avventurosa spedizione abbia intenzione di coinvolgermi. Le mappe conducono sempre a un qualche tesoro. I nostri “tesori” sono conservati laggiù… nell’inconscio. .. un “capitale” spesso difficile da rinvenire e da utilizzare. Ogni bambino è potenzialmente geniale. L’adattamento alla civiltà lascia intatte forse un terzo delle immense potenzialità di cui è dotato. “La tensione fondamentale tra la civiltà e l’individuo; l’attrito principale nasce dalla ricerca della persona della libertà istintiva mentre la civiltà tende a richiedere l’esatto contrario ovvero una limitazione della libertà istintuale degli individui che la compongono. Molti istinti primitivi e per nulla sopiti degli esseri umani quali: l’istinto assassino, il desiderio di appagamento sessuale ecc. sono chiaramente dannosi per il funzionamento di una comunità umana. Perciò la società crea leggi che inibiscono tali desideri.” (S. Freud, Il disagio della civiltà) “Poco dopo anche un uomo cieco appare alla locanda e intima a Jim di condurlo da Bones; egli è giunto con l’incarico di consegnare al vecchio marinaio la “macchia nera”, un presagio di con36 - maggio, giugno 2014

danna a morte. Billy a questo punto viene colto da un malore che presto si rivela essere un infarto. Mentre Jim si prende cura di lui gli racconta la sua storia confessandogli d’esser stato uno dei marinai del famigerato pirata conosciuto col nome di Capitano Flint. Ora, aggiunge, i suoi vecchi compagni di scorribande stanno tornando per impossessarsi del suo segreto, che conduce al te-


soro.” (Treasure Island, 1883, Robert Louis Stevenson). Abbiamo tutti una storia da raccontare. Spesso una storia da dimenticare. Stralci, pezzi di storia da cancellare, modificare, riscrivere. Forse ri-disegnare. La storia che non possiamo occultare è quella che inevitabilmente il nostro corpo ci impone di narrare. Il corpo racconta la storia di numerose generazioni. Quello che un bambino assorbe, prima di aver acquisito il linguaggio, sono intenzioni e comunicazioni implicite. Attraverso il contatto fisico, le espressioni facciali, i gesti, il tono della voce. Possediamo due sistemi di memoria. La memoria dichiarativa e la memoria implicita. La memoria implicita, relativa ai primi due o tre anni di vita, è pre-verbale ed inconscia. Inconscia per effetto della lenta maturazione delle strutture cerebrali. Ai suoi contenuti non possiamo accedere facilmente. C’è davvero bisogno di una mappa. La mappa che T mi porta è quella dei suoi tatuaggi. Quelli già fatti e quelli ancora da fare. L’anatomia in queste situazioni rivela tutta la sua limitatezza. La mappa psichico-libidica del corpo non è organizzata solo secondo le leggi della biologia ma specialmente asseconda i significati e le fantasie che ognuno di noi associa al suo corpo e al corpo dell’altro. Quella che noi incontriamo è sempre un’anatomia immaginaria ma ci sono momenti nodali della nostra vita, come ad esempio la pubertà, il parto, la menopausa, in cui dobbiamo modificare la nostra immagine corporea per assecondare i cambiamenti reali del corpo. Qualche volta succede quando il corpo si ammala. In altri casi sono invece le fantasie inconsce ad avere la meglio ed il corpo costretto ad aderirvi. La pelle è l’organo più grande che abbiamo e rappresenta molte cose. La pelle è lo schermo su cui proiettiamo le nostre paure e fantasie. La pelle definisce il nostro confine, ci consente di percepirci come un’interiorità in relazione a ciò che è esterno a noi. Un confine che può essere percepito come luogo in cui incontrare l’altro o, al contrario, come scudo che dall’altro protegge. La pelle può allora diventare “il diario di bordo” dove messaggi permanenti vengono registrati, mostrati e comunicati al mondo. (A. Lemma, Under the Skin). Storica-

mente ed attraverso culture diverse i rituali legati alle trasformazioni corporee, compresi percing e tatuaggi, hanno avuto molteplici significati su cui, considerata la brevità della trattazione, non è possibile soffermarsi. Da più di 5000 anni gli uomini decorano in vario modo il corpo e la pratica del tatoo, originatasi nelle isole del Pacifico, si è diffusa dapprima tra i marinai. Gambe di legno, uncini, pappagalli stonati e barili di ruhm sono stati a lungo la scenografia immaginaria in cui si collocavano i tatoos. Dai marinai il tatuaggio si è diffuso alle classi operaie. Poi ai punk rock. Ora è un grazioso accessorio della classe media. Dai vascelli pirati alle passerelle di moda, il tatoo ha mantenuto il suo originario significato. Oggi, come nelle società primitive, il corpo è la superficie su cui iscriviamo le nostre appartenenze sociali, familiari e tribali. E così da sempre, oggi come 5000 anni fa, la modificazione della superficie corporea, tradizionale parte di ogni rito di iniziazione, guarigione, salvezza spirituale, demarca il passaggio da un vecchio a un nuovo Sè. Radicale cambiamento di identità, che sempre impone dolorose prove e versamento di sangue. Le motivazioni coscienti sono in genere sostenute da fantasie incoscie. Dall’illusione che il “vecchio Sè” sarà sostituito da un Sè nuovo. Un rituale di rinascita, di ri-creazione (onnipotente) di Se stessi. Fondamentale sembra sperimentare dolore. Un dolore fisico percepito come segno di passaggio trascendente. Considerata l’attuale diffusione, quasi endemica, di queste pratiche, dobbiamo pensare che, in quanto “fashion” una coppia di piercing o un paio di tatoos siano da considerare “normali” e tracciare come patologiche le situazioni in cui il corpo è totalmente invaso dai tatoos. (A. Lemma, ibidem) Normale è quello che, statisticamente, fanno il maggior numero di soggetti appartenenti a un determinato contesto. Ciò non esonera dal chiedersi il particolare significato individuale che spinge ad aderire a una certa pratica sociale. Una pratica antica, primitiva. Perchè un rito di passaggio? Perché il dolore fisico? Si può ipotizzare che quando quello che viviamo brucia troppo, sia fisiologico tornare a 2014 maggio, giugno - 37


modalità primitive di funzionamento. Qualunque trauma bypassa le strutture cerebrali più evolute. Parole e pensieri vengono rimpiazzati da azioni. La memoria esplicita svanisce per lasciare spazio a quella procedurale. L’esito di ogni trauma è una più o meno ampia amnesia. I ricordi assumono carattere sensoriale. Sono odori, bagliori, scoppi di luce, rumori intraducibili, schizzi, macchie. Per reintegrare queste impressioni frammentate, per non crollare emotivamente, quando pensieri e parole non sono più rinvenibili, passiamo all’azione. Le azioni che sostituiscono il pensiero (acting out) possono essere di molti tipi. Si può agire sul corpo, a volte contro il corpo, lì dove concretamente si localizza il sentimento dell’insufficienza. Sono casi in cui le emozioni negative - come l’inadeguatezza, la colpa, la rabbia, l’odio - emergono da “sotto la pelle” a “sopra la pelle”. Il corpo diventa allora una tela che esprime le fantasie più inconsce. (A. Lemma, Under the skin) Succede forse quando scendere in profondità per rinvenire il tesoro diventa troppo difficile. L’equilibrio si spezza. Quello che stava giù sale, si rappresenta sopra la superficie corporea, affida la propria traduzione e la propria anima allo sguardo dell’Altro. La macchia cieca è la zona in cui il nervo ottico esce dal-

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la retina e da cui partono le fibre che collegano l’occhio al cervello. Una piccola zona in cui non sono presenti fotorecettori e dove quindi non è possibile alcuna visione. Impulsi omicidi, sessuali, fantasie spaventose, ricordi traumatici che non possiamo, vogliamo vedere. Che non possiamo, vogliamo agire. Si fermano lì, a metà strada. In questa area “transizionale” che è la nostra pelle. Né dentro, né fuori. Né nostri, né altrui. Messaggi in codice che devono essere trattati come sogni. Interpretati perché dispieghino il loro significato profondo. Viaggiamo forse tutti alla ricerca di un oggetto trasformazionale (Bollas). Un traduttore capace di farci reintroiettare i segreti che conducono al tesoro. E forse è quando lo sguardo dell’Altro continua a rimanere opaco che la macchia cieca diventa nera. Un presagio di morte psichica. Il corpo si riempie allora di messaggi che amplificano, con la loro estensione, un vuoto interiore “evidentemente” incolmabile. Claudia Bartocci psicoterapeuta, psicoanalista responsabile Fida Verona


Via Giardino Giusti 4, Verona - tel.045 8013574 - verona@fidadisturbialimentari.it


adolescenza informa - convegno

Conflitto nelle relazioni interpersonali: gli effetti sui nostri figli Il conflitto non riguarda solo la coppia coinvolta, ma anche i figli che, senza averlo scelto, si trovano a vivere un momento molto delicato

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l 24 aprile, presso il Centro Civico “N. Tommasoli” di Verona, la Dott.ssa Cristina Albertini ha dedicato il 24º e ultimo incontro organizzato da Prospettiva Famiglia (www.prospettivafamiglia.it) al delicato tema della conflittualità nelle relazioni familiari. Questa serie di incontri è stata realizzata nell’ambito della “Scuola per Genitori ed Educatori” dell’associazione, la cui referente responsabile è la Prof.ssa Daniela Galletta, all’interno di un percorso di formazione e di scambio ricco e articolato volto alla promozione della solidità etica del nucleo familiare. L’anno di attività dell’associazione si è chiuso in 9 maggio con una festa che ha coinvolto professionisti, genitori e volontari.

La Dott.ssa Albertini, che lavora come Neuropsichiatra Infantile a Verona privilegiando un approccio sistemico e un lavoro di rete attraverso la collaborazione con logopedisti, psicologi, psicomotricisti, ha introdotto il suo intervento spiegando come, generalmente, le famiglie arrivino al suo studio quando esiste un problema già evidente che si manifesta attraverso il sintomo di un figlio. Spesso sono coppie separate da tempo che non hanno mai parlato con i bambini della loro separazione. Questa mancanza di comunicazione rende ancora più problematico un conflitto che può assumere le connotazioni di un “combattimento” nel quale gli adulti usano spesso tutte le armi che hanno a loro disposizione. La separazione è, in effetti, un vero e proprio lutto che porta le persone coinvolte ad arrivare in consulenza cariche di un dolore vissuto come pericoloso, spaventate per quello che sta accadendo dentro

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e fuori di loro. Come il lutto evolve: dall’incredulità iniziale attraverso il rifiuto, il dolore, la rabbia, la paura, il senso di colpa, fino all’auspicata accettazione e alla pace. La Dott.ssa Albertini ha descritto il mutato contesto socio-culturale in cui si colloca il conflitto spiegando che negli ultimi 10 anni si è assistito ad un aumento delle separazioni e dei contrasti. La crisi della famiglia va legata ad una più ampia crisi sociale. Le generazioni precedenti hanno vissuto la guerra, l’austerità riuscendo a sopravvivere come coppie. Alcune, forse, solo “di facciata”, ma altre adeguandosi reciprocamente. “Siamo nati in un’epoca in cui le cose rotte si aggiustavano e non si buttavano via...” Oggi sono cambiati i ruoli e la famiglia richiede maggior investimento e più consapevolezza, siamo meno tolleranti, sentiamo di avere più possibilità e più diritti. Anche per questi motivi diviene più facile di un tempo arrivare ad un aperto conflitto che andrebbe affrontato precocemente, cercando un nuovo modo di comunicare anche con l’aiuto di un occhio esterno e neutrale. Un altro aspetto di grande importanza è considerare che il conflitto non riguarda solo la coppia coinvolta, ma anche i figli che, senza averlo scelto, si trovano a vivere un momento molto delicato in una fase della loro vita già ricca di cambiamenti. Talvolta gli adulti appaiono distratti rispetto al sentire dei loro figli o si comportano in modo troppo protettivo. E’ invece importante tenere in grande considerazione le emozioni dei bambini e dei ragazzi senza negarle. Quello che essi devono attraversare durante la separazione dei


loro genitori può essere ben rappresentato dall’immagine della tempesta: i suoni del temporale affascinano e spaventano allo stesso tempo. I figli infatti appaiono spesso impauriti, pur rimanendo molto attivi. Talvolta ascoltano o spiano i genitori e sono allertati anche quando sembrano presi da altre cose. Ma non sempre i genitori se ne accorgono, distratti dal fatto di essere coinvolti essi stessi in prima linea. Tuttavia, se la separazione non viene gestita in modo adeguato, i figli possono arrivare a sentirsi responsabili o a vivere un momento di grande confusione. Temono di non contare più, di non avere nessun ruolo, abitano una casa divisa, con spazi separati per ciascun genitore e si sentono loro stessi divisi: “Perché papà dorme sul divano?”. Cominciano a chiedersi dove sia finita la loro famiglia e quale sia il loro posto. Queste tensioni portano ad un notevole consumo di energia e alla sensazione di essere sbilanciati. Nel passare da un genitore all’altro vivono ripetuti distacchi e possono temere che stare bene con uno dei due possa far soffrire l’altro. I figli, invece, hanno bisogno di stabilità, di calore, di sentire di “contare” e di essere al centro dei pensieri degli adulti. Una famiglia unita comunica appartenenza, in caso contrario si può diffondere un senso di perdita, di angoscia e di depressione. I bambini iniziano a chiedersi perché sta succedendo questo e possono sentirsi impotenti. Talvolta funzionano da parafulmine o da collante: “Se si occupano di me non litigheranno”. La fantasia di riunificare i genitori può infatti durare a lungo, anche quando i figli si rendono conto che non sarebbe comunque una vera soluzione. Provare dolore dopo una separazione è normale. In un conflitto familiare soffrono tutti, ma è molto importante che i bambini e gli adolescenti siano aiutati a sopportare il loro dolore. La scarsa comunicazione tra i genitori e la loro chiusura invece li allontana spesso dai

figli che faticano a riconoscerli fino a quando tornano a vivere. Nel frattempo però i ragazzi possono sentirsi chiamati a tranquillizzare e a consolare i genitori accettando una sostanziale sostituzione dei ruoli. Non è il dolore che fa male ai figli, ma questi altri aspetti del conflitto. I sintomi dei figli che si trovano a dover affrontare questa tempesta, che non sanno più cosa aspettarsi, che hanno perso le abitudini consuete, possono essere diversi: fobie; disturbi del sonno o dell’alimentazione quando sono piccoli; poi la distrazione; i disturbi del comportamento, soprattutto fuori casa e nel contesto della scuola, che può diventare un parafulmine; la sottrazione di materiale agli altri compagni per un costante bisogno di riempimento; il sarcasmo; il silenzio; la facilità al pianto. A casa possono assumere invece atteggiamenti regressivi, come cercare nuovamente uno spazio nel lettone, diventare complici, ruolo questo che i genitori non dovrebbero permettere loro di assumere, o cercare prove per darsi delle difficili risposte. Ai ragazzi non è necessario spiegare ogni dettaglio, è tuttavia importante comunicare che sta accadendo qualcosa di importante che, pur cambiando i sentimenti della coppia genitoriale, non cambia e non cambierà quelli verso i figli. E’ importante non stancarsi ma di guardare. Il bambino infatti parla anche con il linguaggio corporeo o tende a negare. Bisogna trovare il tempo di farsi raccontare le cose, cercare di capire il mondo che lo circonda. Il Neuropsichiatra o l’Educatore interviene quando la famiglia è già travolta dalla tempesta e può aiutare i genitori a recuperare le loro funzioni messe in ombra dal conflitto, cercare nuovi canali di comunicazione, ritrovare uno spazio neutrale in cui pensare i loro figli. Il dolore è necessario, l’infelicità, invece, si può prevenire. I genitori devono cercare di rimanere coerenti, pur mantenendo la loro individualità, e fare da specchio positivo dell’altro coniuge che sta attraversando un dolore simile. L’obiettivo è riconsegnare ai figli una famiglia con un assetto diverso. Per fare questo è importante rimanere sempre in ascolto, disponibili, evitando che diventi lui il contatto e il traduttore. In un momento in cui per i genitori può essere difficile anche solo riuscire a guardarsi, è necessario cercare una nuova comunicazione, abbandonando un mondo che è difficile per tutti. In questi casi può essere molto importante chiedere aiuto in uno spazio neutro anteponendo il genitore al coniuge.

Redazione 2014 maggio, giugno - 41


BREVI - ulss 22

Enjoy Sport 2014: con Ulss 22 lo sport...diverte!

Si è tenuta a San Pietro in Cariano la 7^ edizione del progetto Enjoy Sport “insieme per uno sport divertente, educante e sano “, evento quest’anno dedicato alla memoria del Dr. Ilario Ceschi, il dirigente del servizio Dipendenze dell’Ulss 22 che ha sempre creduto nel valore educativo dello sport. La manifestazione ha visto la partecipazione degli studenti di quattro scuole: l’I.C.S. “Carlotta Aschieri” di San Pietro In Cariano, l’I.C.S. “Emilio Salgari” di Negrar, l’I.C.S. “Bartolomeo Lorenzi” di Fumane e di Sant’Anna D’Alfaedo, per un totale di 250 studenti. Lo scopo, quello di di seminare nel territorio una cultura sportiva, antidoto nei confronti della contaminazione del doping e delle logiche del “vincere ad ogni costo

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e sempre”. Gli studenti, suddivisi in team, si sono sfidati in quattro discipline quali pallavolo, calcetto, tamburello e atletica. Durante la intera mattinata era presente l’Unità mobile dell’Unità di Prevenzione del Ser.D di Bussolengo. La manifestazione chiudeva un percorso educativo iniziato con il lavoro svolto in classe dai docenti delle diverse discipline scolastiche, seguito da un incontro degli studenti con gli educatori del territorio, e messo in evidenza dalla realizzazione di lavori da parte dei ragazzi (poesie, racconti, disegni e slogan) sul tema dello sport pulito. La giornata si completava con l’incontro serale cui hanno partecipano i ragazzi con le loro famiglie.


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corpo e mente

Ritrovare equilibrio con i bagni di gong L’essere umano risulta in salute quando tutte le sue parti vibrano in armonia sullo stesso tono. Quando sono, cioè, in assonanza

“A

ll’inizio fu il verbo e il verbo dimorava presso Dio”. Così secondo l’Antico Testamento inizia la storia dell’universo e dell’umanità. Una genesi che ha profondamente influenzato le culture e le religioni dell’Occidente ma che, anche in Oriente, trova una matrice non molto dissimile nel suono OM, la vibrazione dalla quale, secondo l’induismo, tutto prese origine. OM è il suono sacro per buona parte dell’Oriente, sillaba che racchiude ogni vibrazione; e dato che nell’universo tutto è energia in vibrazione il cui ritmo peculiare si chiama risonanza, se ne deduce che tutto è suono. A confermare scientificamente

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la tradizione orientale che considera l’OM il suono dell’Universo, vi è la registrazione della frequenza sonora effettuata dalla NASA nello spazio la cui risultante è appunto una vibrazione simile all’OM. Da questa premessa si deduce che se tutto è vibrazione e se ogni vibrazione produce suono a diverse frequenze, anche se non udibili dall’orecchio umano, anche noi siamo vibrazioni influenzate costantemente da altre vibrazioni. Inoltre, essendo il corpo umano composto per il 75% d’acqua, esso è in grado di trasmettere suoni. Non solo; dagli studi di Masaru Emoto sui cristalli d’acqua è dimostrato scientificamente che le parole e i suoni modificano i cristalli; le parole e i pensieri positivi nonché i suoni armonici li rendono belli ed armonici,pensieri e parole negative li trasformano invece in disarmoci e destrutturati. Consapevoli forse del principio che tutto è vibrazione, sin dall’antichità e in culture diverse si è sviluppato l’utilizzo del canto armonico e di strumenti quali gong, monocorda armonico, didjeridoo, campane tibetane ed altro, in grado di creare suoni armonici per riequilibrare corpo, mente e spirito. L’essere umano risulta infatti in salute quando tutte le sue parti vibrano in armonia sullo stesso tono, quando sono in assonanza.


Al contrario quando qualche organo, sistema o apparato è “fuori fase” significa che non vibra all’unisono con le altre parti, è cioè in dissonanza. Tra le tecniche olistiche impiegate per riportare equilibrio laddove c’è disequilibrio vi è il suono, sia quello prodotto dalla voce umana (canto armonico o overtones) sia quello generato da strumenti in grado di produrre suoni armonici. Per quanto concerne l’impiego della voce, dall’esperienza di diverse scuole risulta che, alcuni suoni, vanno a riarmonizzare determinate aree del

corpo. Le vocali più gravi come “U” e “O” influenzano i chakra più bassi, primo secondo e terzo, ciò le parti inferiori del corpo, mentre le vocali “A” “E” “I” agiscono sui restanti centri energetici. L’emissione e l’ascolto di questi suoni va a massaggiare e a riequilibrare il corpo fisico, mentale ed emozionale. Lo stesso effetto è creato dalle vibrazioni dei gong, delle campane tibetane, del didjeridoo, del monocorda armonico, del tamburo sciamanico, vibrazioni che vanno a massaggiare e modificare le cellule, le connessioni e l’energia del corpo fisico, mentale ed emozionale di chi li ascolta. Tutti questi strumenti, il cui potere di guarigione era conosciuto sin dall’antichità, sono stati rivalutati negli ultimi anni e reimpiegati a scopi terapeutici: essi sono utilizzati sia per massaggi sonori individuali che collettivi, i cosiddetti “Bagni di gong” creati dal gongmaster Don Coreaux nei quali il pubblico si immerge nel suono prodotto non solo dal gong ma anche dagli strumenti che accompagnano l’ascoltatore in un vero e proprio viaggio alla scoperta di sé. Gianna Tessaro 2014 maggio, giugno - 45


corpo e mente

C’era una volta il Tai Chi Chuan Queste pratiche ci permettono di strutturare la costruzione corporea e del sé, permettendo dunque l’evoluzione e la trasformazione della persona

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rosegue il nostro viaggio nell’affascinante modno del Tai Chi Chuan, una delle cosiddette “Arti Interne” che rappresentano un immenso patrimonio di tecniche, metodi e sistemi per coltivare, raffinare, potenziare e riprodurre le risorse energetiche del corpo umano. E soprattutto per ritrovare equilibrio ed armonia psico-fisica.

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Storia del Tai Chi Chuan Le tecniche di combattimento a mani nude si suddividono in due grandi scuole quella exoterica (waijia) di ispirazione buddista, e quella esoterica (neijia), appartenente alla corrente taoista. A quest’ultima si ritiene appartenga il Tai Chi Chuan. Queste due scuole sono collegate a due


grandi centri religiosi famosi in Cina Il tempio Shaolin, e il monte Wudang. La Storia delle arti Marziali ha origine con la figura di Bodhidarma, che dall’India arrivo in Cina e insegnò un tipo di Buddismo precursore di quello divenuto famoso con il nome di Zen in Giappone e Chan in Cina. Si racconta che passasse la maggior parte del giorno in meditazione e per mantenere in esercizio i suoi monaci codificò un esercizio chiamato Shaolin Quan, dal nome del monastero Shaolin. La Storia tuttavia riconosce l’idea del Tai chi Chaun ad un monaco taoista, Zhang Sanfeng (vissuto nel 1200 circa) che elaborò l’originario esercizio Shaolin accentuandone l’importanza della respirazione e del lavoro interno (nei gong) rispetto il lavoro esterno (waigong) prerogativa delle arti marziali esterne.. La leggenda narra che durante una meditazione fu ispirato vedendo un combattimento tra un serpente ed una gru. A lui vengono attribuite le tredici posizioni fondamentali. Inizialmente gelosamente custodito in seno a poche famiglie solo verso il 1900 il Tai Chi Chuan inizia ad aprirsi alle masse. Gli stili più famosi che si rifanno a tali famiglie sono lo stile Chen, Yang, Wu, Hao Sung e Fu. Il simbolo Il simbolo rappresentativo e popolare del Tai Chi è un cerchio con due parti di colore opposto e complementari, che identificano il vortice ricor-

rente dello Yin e Yang; un punto scuro in seno alla parte chiara e un punto chiaro in seno alla parte scura indicano che nello Yang è presente un seme dello Yin e viceversa. La particolarità principale nel simbolo grafico delle parti Yin e Yang è quella di avere i perimetri uguali al perimetro del cerchio esterno. Il cerchio fornisce il concetto dominante di unità perfetta senza inizio ne fine chiusa su sé stessa. Il suo interno presenta l’idea che lo Yin e lo Yang siano principi inseparabili intimamente legati che si formano reciprocamente ; la loro forma a spirale suggerisce appieno l’immagine di movimento incessante dal centro verso l’esterno; principio fondamentale del Tai Chi Chuan: “Da un movimento ne nasce un altro continuamente bilanciato dal continuo susseguirsi delle fasi Yin e Yang”. Perché praticare il Tai Chi All’inizio si è attratti dal Tai Chi per la bellezza e la grazia dei suoi movimenti. A differenza delle altre arti marziali il Tai Chi non ha bisogno di grandi sforzi muscolari , ciò lo rende praticabile anche in età avanzata senza pericolo, a differenza di alcune forme dure di arti marziali ove l’esercizio non corretto può procurare alcuni danni alle giunture, in particolar modo quando questi esercizi vengono attuati da persone non più in perfetta forma. La pratica del Tai Chi è composta essenzialmente da due parti: la prima consiste nell’apprendimento della forma, una concatenazione di movimenti eseguiti in modo lento ed armonico, essa varia a seconda dello stile praticato, dall’esperienza dell’allievo e dal maestro. Quando l’allievo è in grado di riprodurre la forma in modo corretto , egli può cominciare a lavorare sulla respirazione, “coltivare lo spirito”, questo è il passo più importante nella pratica, saper mettere in relazione, movimento, respirazione e pensiero “mente”è l’atto fondamentale di una pratica interna. Successivamente quindi si può passare alla seconda parte della pratica , gli esercizi a due e quindi prepararsi alle tecniche del combattimento con la spinta delle mani “Tui Shou”, e l’applicazione di altre forme con l’utilizzo della Spada, Sciabola, Bastone, Ventaglio. Se os2014 maggio, giugno - 47


serviamo i vari documentari o video presenti sui nuovi media Facebook, YouTube ecc ci rendiamo conto del significato di un gesto eseguito in modo lento ed armonico, spesso però restiamo incantati anche dal paesaggio in cui si ambientano queste forme , verdi parchi, spiagge dorate, radure e montagne che suggeriscono sentimenti di pace e serenità. Per questo non dobbiamo dimenticarci che nel pensiero cinese, l’uom è considerato un microcosmo, fedele riflesso del macrocosmo “universo”, esso raggiunge l’armonia quando questi due mondi funzionano in sintonia con le grandi leggi universali, la perfetta armonia tra uomo e natura è la sintesi tra l’unione di questi due mondi. In sunto potremmo definire la pratica del Tai Chi , come una disciplina orientale completa ed affascinante . ma al fine di comprendere meglio questo principio occorre operare una importante distinzione, in occidente prevale il concetto di utilità della pratica fisica per il raggiungimento dell’equilibrio psico-fisico. Correttamente con il principio “mens sana in corpore sano”, noi siamo portati a pensare che un corpo sano sia funzionale all’equilibrio mentale. Il “fratello corpo” come lo chiamava affettuosamente San Francesco è stato considerato fino a poco tempo fa, inferiore allo spirito Nel pensiero cinese,. invece basato princi48 - maggio, giugno 2014

palmente sulla concretezza, sostiene che il corpo è il nostro capitale più prezioso e che esso ha bisogno di tutta la nostra comprensione. Esso quindi capovolge, in un certo senso questa affermazione e ci propone la possibilità di raggiungere la salute , lo stato di benessere psicofisico , attraverso la guida del corpo e la liberalizzazione della mente. Ognuno di noi può trovare in se stesso la capacità di risvegliare la propria energia vitale e quindi aumentare il proprio ben_essere, inteso quindi non solo come status ma anche come modo di stare con se stesso e con gli altri. Lau Tz: “…… Il cielo è eterno, la terra è perenne. La ragione per cui essi sono eterni e perenni e che non vivono per se stessi, perciò possono vivere per sempre. Per questo i saggi si fanno ultimi e in tal modo sono i primi. Danno poca importanza a se stessi e cosi pedurano…”. Coloro che permettono ai loro occhi e alle loro orecchie di vedere e di ascoltare qualunque cosa capiti, affaticano la loro mente e smarriscono la loro chiarezza. Per questo per coloro che coltivano il loro corpo e la loro mente è possibile raggiungere un ottimo stato di benessere psicofisico. Gianmario Fiorin


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psicologia

Il corpo, registratore di esperienze Un modo di stare nella relazione mentre parliamo può essere un sintomo di malattia, un modello di respirazione, un sorriso, uno sguardo...

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er introdurre l’articolo faccio una piccola premessa: come medico, durante il mio lavoro è consuetudine trattare il corpo del mio paziente come se fosse un libro da leggere e da interpretare, perché di fatto il corpo è un registratore di esperienza (se potessimo “sbobinarlo” narrerebbe tutta la nostra storia). Inoltre il corpo è portatore di memorie che la mente sembrerebbe aver dimenticato, questo se intendiamo la mente essenzialmente come quella parte del corpo che si chiama neocorteccia. La tendenza alla lettura del corpo risale alle origini della psicoanalisi quando Freud (padre della psicoanalisi) si trovò a confrontarsi da un lato con i limiti della sua tecnica (la tecnica delle libere associazioni, una tecnica che era esclusivamente verbale), dall’altro con i frequenti insuccessi terapeutici. Per Freud l’insuccesso terapeutico era inspiegabile perché era assurdo, dal suo punto di vista, che una persona messa al corrente, attraverso una corretta interpretazione, di quelli che erano i suoi problemi originali, continuasse a perseverare in un comportamento che gli era sfavorevole e che gli portava dolore. Freud, per spiegare questa problematica, introdusse il concetto di resistenza. In quegli anni un suo giovane allievo, Wilhelm Reich, si mostrò così brillante che Freud gli affidò 50 - maggio, giugno 2014

la direzione del seminario di tecnica psicoanalitica di Vienna con il preciso scopo di indagare il fenomeno delle resistenze. Durante il suo lavoro Reich infranse ben due dogmi riguardanti la tecnica psicoanalitica: il “dogma del non intervento” e il “dogma del paziente sdraiato”. Il paziente sdraiato era un corpo “immobile” che produceva solo parole, associava, raccontava sogni, ma essenzialmente era accessibile al suo analista soltanto attraverso il linguaggio verbale, inoltre all’analista era richiesto di stare silenziosamente al traino dell’autorealizzazione del suo paziente senza intervenire. Reich cominciò a praticare un sistema terapeutico (vis à vis) che permetteva di entrare in contatto l’Uno con l’Altro creando una relazione “autentica” fra paziente e psicoterapeuta.


Questo gli permise di vedere che i suoi pazienti, quando entravano in una impasse, ad esempio si stavano avvicinando all’espressione di un sentimento che non intendevano vivere, esprimevano attraverso il linguaggio corporeo, ad esempio trattenendo il respiro, aspetti di una certa rilevanza. Il respiro è la nostra principale sorgente di energia quindi è la principale sorgente di vita. Se non vogliamo vitalizzare un sentimento, ma dobbiamo inibirlo, cioè trattenere ciò che lo vitalizzerebbe, dobbiamo trattenere il respiro. In altri casi, durante la terapia, accadevano fenomeni diversi, tutto sommato abbastanza banali. Ad esempio il paziente smetteva di mantenere un contatto visivo con il suo analista e cominciava a vagare nella stanza, oppure chiudeva i denti bloccando la mandibola. Durante il lavoro Reich cominciò a intervenire attraverso la parola invitando, ad esempio, il paziente a permettersi di respirare più volte in modo libero e il risultato che ottenne fu clamoroso. L’efficacia del lavoro corporeo fu soprattutto quella di cominciare a vedere il corpo come un contenitori di significati. Se consideriamo il corpo come un registratore di esperienza, dobbiamo tener presente che il corpo è in grado di registrare tanti tipo di esperienze, ma quello che ci interessa maggiormente è l’esperienza inconscia che il corpo registra e che può liberare sotto forma di linguaggio. Come il corpo può tornare a parlare? Approfondendo il tema delle resistenze, Reich ha evidenziato come il luogo dell’inibizione non è un punto astratto all’interno della mente, ma punti precisi all’interno del corpo. Se, ad esempio, dobbiamo inibire un gesto che ci viene spontaneo, dobbiamo utilizzare dei muscoli specifici, che siano antagonisti rispetto ai muscoli che utilizzeremmo per fare quel gesto. Se questo blocco permane per un tempo sufficientemente lungo si iscriverà in modo stabile nel corpo. Cesseremo di percepirlo come un qualcosa che richiede sforzo e che è altro da noi e cominceremo

invece a percepirlo come un aspetto della nostra personalità. Passerà da essere egodistonico, a egosintonico (io sono fatto così), da una fase di dominio formale a un livello di domino reale e permanente. Quando un tipo di situazione ambientale si riproduce in modo sempre identico, per un tempo sufficientemente lungo, impariamo la “lezione” e la registriamo nel corpo. Queste memorie sono inscritte come relazioni cristallizzate tra il soggetto e il suo ambiente. Quindi potremmo dire che il linguaggio corporeo è “espressivo corporeo”: un modo di stare nella relazione mentre parliamo può essere un sintomo di malattia, un modello di respirazione, un sorriso, uno sguardo.... Abbiamo dentro di noi gli strumenti per capire tutto questo. Il bambino, fin da piccolo, è in grado non soltanto di distinguere la mamma da un altro soggetto, ma di cogliere che quella è la mamma anche per un suo certo modo di relazionarsi. Quindi noi siamo in grado di decifrare il linguaggio espressivo corporeo fin dalla nascita. Un aspetto importante da tener presente è che tutte le memorie che non erano direttamente accettabili nel nostro ambiente sociale, quindi, nella nostra casa, nella nostra scuola, nel nostro lavoro, vengono rimosse dalla consapevolezza. Come possiamo accedere a queste memorie? La psicoanalisi ha i suoi strumenti nelle libere associazioni di parole e nell’analisi dei sogni, mentre la psicologia somato-relazionale usa altri mezzi come la lettura del linguaggio espressivo corporeo e l’interrogazione diretta del corpo. Vorrei concludere con una frase di un famoso psicoanalista, il dott. Jacques Lacan: “Il mio corpo parla senza che io lo sappia, quindi dico molto di più di quello che so”.

Dott. Luigi Bergamo Medico Chirurgo, Psichiatra, Psicoterapeuta, esperto in disturbi del comportamento alimentare, dietologia referente

Fida Verona

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BREVI - ulss 21

I bambini disegnano l’ospedale che vorrebbero

L’Azienda ULSS 21 di Legnago opera su un territorio di 810 Kmq, che comprende 25 Comuni della Provincia di Verona per un totale di 155.842 cittadini residenti e l’Ospedale Mater Salutis di Legnago rappresenta per i cittadini della pianura veronese, e non solo, il punto di riferimento per la salute. Per rendere partecipi i più piccini su questa importante realtà del loro territorio abbiamo voluto coinvolgere i bambini delle scuole dell’infanzia e delle scuole primarie, e attraverso di essi i genitori, proponendo loro un concorso di disegno sul tema “L’Ospedale che vorremmo”. “È una tematica - spiega Massimo Piccoli, Direttore Generale dell’ULSS 21 - che va intesa in senso ampio e senza limiti alla fantasia e può riguardare anche il proprio modo di percepire l’ospedale e le sue cure nonché le proprie sensazioni sugli ambienti ospedalieri. Considerato i tempi stretti per la consegna dei disegni confidiamo nella preziosa e fattiva collaborazione con tutti gli insegnanti coinvolti nel progetto”. Con questa iniziativa, oggetto di un bando di concorso pubblicato sul sito dell’Azienda sociosanitaria www.aulsslegnago.it, i bambini delle classi delle scuole dell’infanzia e delle scuole primarie afferenti al territorio dell’Azienda Ulss 21 sono chiamati a realizzare con matite, pastelli a cera, tempere e acquarelli i loro disegni su cartoncino cm. 70x100. Ogni classe potrà presentare un solo disegno. I lavori sonostati consegnati presso la sede direzionale dell’Ulss 21 di Legnago entro lo scorso 23 Maggio 2014. Le opere saranno valutate da una Commissione e verranno premiati i disegni per fasce d’età con

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un buono acquisto per materiale di cancelleria del valore di Euro 500,00. A ciascuna classe partecipante sarà dato un attestato di partecipazione con un buono acquisto per materiale di cancelleria. “Questa iniziativa - conclude il Direttore Generale - va ad aggiungersi alla collaborazione già in atto con il territorio, in questo caso, le Direzioni scolastiche, mediante attività rivolte ai bambini nell’ambito dei Servizi alla Persona, in particolare, nell’età evolutiva e nel supporto alle famiglie”. La proclamazione dei vincitori e la relativa premiazione avverrà il 6 giugno 2014, ultimo giorno di scuola, alle ore 16,00 presso la Sala P. Riello della sede direzionale dell’Ulss 21. I disegni del concorso diventeranno di esclusiva proprietà dell’Azienda Ulss 21 di Legnago ed andranno a rendere più colorita e viva la struttura ospedaliera.


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esi noti i risultati dei questionari compilati dagli utenti dell’ULSS 21 di Legnago rispetto al servizio di scarico online dei referti. L’indagine è stata promossa da Arsenal.IT, il Consorzio volontario delle 23 Aziende per la sanità digitale incaricato dalla Regione Veneto nel ruolo di coordinatore del progetto Veneto ESCAPE per lo scarico online dei referti di laboratorio e del

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progetto Fascicolo Sanitario Elettronico regionale. “I risultati dell’indagine - spiega Massimo Piccoli, Direttore Generale dell’Azienda Ulss 21 di Legnago - ci dicono che il flusso di utilizzo e accesso al sevizio referti on line da parte degli utenti dell’Ulss 21 di Legnago sono in linea con la media regionale. Tuttavia è necessario aumentare il numero di coloro che utilizzano questo servizio, il quale oltre


a consentire di scaricare il referto da uno sportello aperto 24 ore su 24, sette giorni alla settimana, permette un risparmio di tempo e di notevole denaro. Ogni anno vengono prodotti circa 160.000 referti. Pertanto invito i cittadini-utenti ad avvalersi costantemente di questo servizio, in modo da snellire e semplificare l’apparato, evitare di fare la coda allo sportello e risparmiare tempo. Ringrazio sin d’ora tutti gli utenti per la sensibilità e collaborazione”. La maggior parte degli utenti dell’Ulss 21, il 43,1%, è venuto a conoscenza della possibilità di scaricare il referto online dal personale di accettazione e di laboratorio. È stato dunque confermato il trend regionale secondo il quale le vie di comunicazione più efficaci sono state quelle che hanno intercettato l’utente all’interno percorso di cura abituale. Scaricare il referto dal sito www.aulsslegnago.it è molto semplice. Ogni cittadino riceve unitamente alla prenotazione della prestazione un codice per accedere al servizio. Collegandosi al portale dell’Azienda ULSS 21, sulla home page, in alto a sinistra trova il link ritiro referti online, mediante il quale il cittadino può, digitando le proprie

credenziali (codice fiscale e codice di accesso ricevuto allo sportello), accedere al referto e scaricarlo. Utilizzando questo servizio il cittadino ha: - a disposizione uno sportello per il ritiro dei referti aperto H24 e funzionante 365 giorni l’anno; - un significativo risparmio di tempo e denaro, non essendo più costretto a recarsi allo sportello e di conseguenza un miglioramento dei tempi nei processi di cura; - un’importante ricaduta per il sostegno alla salvaguardia ambientale in quanto la diffusione di questa pratica aiuta a ridurre l’utilizzo della carta nonché la necessità di spostamenti fisici con i conseguenti risparmi ed emissioni di anidride carbonica nell’aria. Attualmente il Servizio è attivo per esami di laboratorio analisi cliniche e microbiologiche; prossimamente riguarderà anche la radiologia. Maggiori informazioni sul servizio sono contenuti sul sito internet www.aulsslegnago.it, nel link “ritiro referti online”. Michele Triglione 2014 maggio, giugno - 55


BREVI

ADMOR Verona in visita da Papa Francesco

Pubblichiamo la lettera inviataci dai volotari Admor Verona nella quale viene raccontata l’esperienza vissuta dai volontari veronesi durante la visita a Sua Santità Papa Francesco in prossimità delle festività pasquali appena trascorse. “Nell’ormai lungo cammino di volontariato solidale che Admor percorre con semplicità ma tanta tenacia, mancava un tassello importantissimo: far conoscere al Papa la nostra Associazione e quanto sia importante la nostra presenza, non solo per il territorio veronese ma anche nel tentativo di soddisfare il più possibile le innumerevoli richieste di donatori compatibili che arrivano da ogni parte del mondo. Così, un gruppo di volontari, è partito alla volta di Roma dopo aver ricevuto dal Vaticano, lettera di conferma per incontrare il Santo Padre. I nostri “baldi giovani” (50/70 anni), non potevano nemmeno immaginare la folgorante emozione che sarebbe nata da questo incontro. Papa Francesco inizia il

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suo giro a piedi lungo il lato destro del sagrato; la Sua presenza riempie da subito i cuori di una strana sensazione che profuma di accoglienza, umiltà, fraternità, dolcezza...santità. Si avvicina al nostro presidente che porge nelle Sue mani la Colomba Pasquale Admor spiegandone il significato più profondo e il bene che ne scaturisce. Il Papa ascolta con molto interesse e annuisce; poi un grande tonfo al cuore, strozza le parole in gola per la commozione: un bacio liberatorio alle Mani di Sua Santità che si congeda da Admor per proseguire nel Suo peregrinare fra i fedeli presenti in Piazza San Pietro. Un momento davvero indimenticabile per i volontari che certamente resterà per sempre scolpito nella memoria, fortificati da una Benedizione davvero speciale che li accompagnerà sempre più motivati nelle attività future. Un ringraziamento particolare alla nostra volontaria Maria Luisa Pavoni”.


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fondazione

Fondazione Rosa Gallo informazione, studio e ricerca contro la FAP La Fondazione ha sede presso l’U.O. di Chirurgia Generale A, diretta dal Prof. Alfredo Guglielmi, sita al III piano del Policlinico di Borgo Roma

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a Fondazione Rosa Gallo è un’istituzione presieduta dal Prof. GianGaetano Delaini nata nel 2005 per continuare il lungo e coraggioso cammino intrapreso da Rosa Gallo, una giovane studentessa di medicina di Salerno; il percorso di Rosa è purtroppo terminato prematuramente a 21 anni, in seguito ad un complicato intervento di trapianto multiorgano (intestino, fegato e pancreas) per una malattia chiamata “poliposi adenomatosa familiare” (FAP). La Fondazione Rosa Gallo ha sede presso l’U.O. di Chirurgia Generale A, diretta dal Prof. Alfredo Guglielmi, sita al III piano del Policlinico “GB Rossi” di Verona. Come si può capire dal nome, la poliposi familiare è una malattia ereditaria causata dall’alterazione di un gene (denominato APC), normalmente deputato ad

Prof. GianGaetano Delaini

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inibire la formazione di polipi adenomatosi. A causa di questa anomalia genetica, durante la pubertà, ma a volte anche durante l’infanzia, si sviluppano moltissimi polipi (anche oltre mille) lungo il tratto terminale dell’intestino: il colon. Se non vengono trattati, questi polipi vanno inevitabilmente incontro ad una degenerazione neoplastica, trasformandosi cioè in cancro; in un paziente affetto da poliposi, questo succede mediamente prima dei 40 anni di età. Si tratta di una malattia diffusa in tutto il mondo, che colpisce in modo uguale i due sessi, ed affligge circa 1 persona ogni 15000. Se diagnosticata in tempo, i pazienti devono essere sottoposti ad un intervento chirurgico di asportazione di tutto il colon. Purtroppo, però, anche in questo caso, la possibilità di sviluppare altri tumori lungo il tratto gastrointestinale resta molto più alta della popolazione generale, rendendo necessari controlli strumentali per tutta la vita. Esistono, inoltre, come nel caso di Rosa, altre manifestazioni pericolose per questi pazienti: i tumori desmoidi. Nel 12-20% dei pazienti nel corso della malattia, si sviluppano delle masse tumorali nella parete addominale o all’interno dell’addome stesso. Questi tumori desmoidi possono raggiungere oltre 20 cm di diametro e comprimere od inglobare delle anse intestinali (provocando occlusione intestinale), gli ureteri (alterando la funzione renale) od i grossi vasi che irrorano l’intestino, provocando una lenta ma inevitabile sofferenza ischemica. Purtroppo, nel caso di Rosa,


questi eventi coesistevano, e resero necessario, dopo una serie di mutilazioni chirurgiche, un trapianto multiorgano. Dopo oltre 1 anno in attesa di un donatore compatibile, Rosa finalmente ricevette intestino, fegato e pancreas nella Clinica Universitaria di Innsbruck. Dopo un primo periodo che lasciava ben sperare, si sviluppò un rigetto che portò Rosa al decesso. Oggi la diagnosi può essere fatta con uno studio genetico ottenuto da un semplice prelievo di sangue, ma molto deve essere ancora fatto per questi malati che non hanno a disposizione un vero punto di appoggio e di riferimento per il trattamento di questa malattia, con inutili peregrinazioni fra vari centri di cura. Attualmente, presso la nostra Unità Operativa, in collaborazione con l’Anatomia Patologica (Prof. Aldo Scarpa) e l’Istituto di Genetica (Prof. Pier Franco Pignatti) è possibile studiare i pazienti e le varie famiglie formulando una diagnosi definitiva della poliposi familiare e delle sue varianti. La nostra missione: - Informazione e diagnosi precoce: le neoplasie del colon-retto sono in costante e progressivo aumento. Un corretto stile di vita e un’alimentazione equilibrata con una normalizzazione della funzione intestinale diminuiscono l’incidenza delle neoplasie di questo tratto intestinale e delle patologie dell’area ano-perineale, legate prevalentemente alla stipsi ed alla sedentarietà. È ampiamente dimostrato che vi è una trasmissione genetica delle forme neoplastiche colo-rettali che diviene assolutamente evidente nella “poliposi adenomatosa familiare” (PAF) con una ben identificata mutazione del gene APC. Tutti i pazienti che presentano un cancro del colon-retto prima dei 40 anni di età dovrebbe-

ro essere sottoposti al test per valutare la presenza di anomalie del gene APC, con estensione dell’indagine, in caso di positività, anche agli altri membri della famiglia. Vi sono una serie di altre mutazioni genetiche responsabili di malattie “non” trasmissibili geneticamente (poliposi adenomatosa familiare attenuata, sindrome di Lynch, sindrome di Gardner, …). L’informazione ed una corretta metodica per lo studio e l’identificazione delle neoplasie intestinali sono momenti fondamentali per una adeguata strategia terapeutica. - Sostegno ai pazienti ed ai parenti: i malati di PAF devono essere seguiti per tutta la vita, sin dall’età pediatrica. È comprensibile la difficoltà di costringere un bambino a sottoporsi ad indagini strumentali, spesso fastidiose, che debbono essere ciclicamente ripetute. La collaborazione dei parenti è assolutamente necessaria ed il medico deve farsi carico di lunghi colloqui esplicativi e di una assoluta disponibilità a rispondere ai tanti quesiti e chiarimenti richiesti. - Informazione per i medici: molto spesso i medici di famiglia non conoscono questa malattia, le possibili devastanti conseguenze, la varietà delle forme e la difficoltà di approcciare questa patologia. È dunque importante diffondere materiale informativo che induca il medico curante, nel sospetto di PAF o di neoplasie colo-rettali multiple, ad inviare il paziente ed eventualmente i suoi parenti a Centri di cura referenziati. L’informazione dei medici che operano sul territorio o in ospedali periferici è un punto importante nella nostra missione. - Ricerca: la ricerca è assolutamente necessaria per migliorare la nostra conoscenza sulle cause genetiche e per proporre terapie efficaci per i tumori desmoidi che spesso insorgono in questi pazienti. - La terapia chirurgica: l’intervento chirurgico è, attualmente, l’unica risposta efficace alla PAF. Tempi e modi vengono decisi di volta in volta, a seconda delle peculiarità del paziente. Certamente la proctocolectomia restaurativa (demolizione del colon-retto e confezione di una neo-ampolla rettale con l’intestino tenue) dona ai pazienti la sicurezza di debellare la malattia con una qualità di vita assolutamente buona. Prof. GianGaetano Delaini Responsabile USO “Chirurgia Coloproctologica” Centro Regionale di riferimento “Stomie ed incontinenza” Prof. Alfredo Guglielmi Direttore UOC Chirurgia Generale A 2014 maggio, giugno - 59


onlus

Il signore degli asinelli Da qualche anno punto di forza del “Girasole” sono gli asini con lo scopo di valorizzare il rapporto uomo-animale come risorsa relazionale preziosa

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asseggiando per Villafranca di mattina potrebbe capitarvi di incontrare alcune persone che conducono dei simpatici asinelli. Se vi questo vi incuriosisce, unitevi a loro: vi accompagneranno al Centro diurno “Il Girasole”, dove educatori e volontari dell’Associazione “Opero Silente” ONLUS si prendono cura quotidianamente di persone in età adulta affette da gravi disabilità. “Opero Silente”, sotto la guida del presidente Attilio Guidorizzi è presente da dieci anni nei centri di Villafranca e Garda, e offre attività di sostegno di vario tipo ai disabili e alle loro famiglie, affiancando e arricchendo i servizi erogati dalle istituzioni pubbliche: attività ludico-educative e terapeutiche, servizi di trasporto, piccole uscite di svago. Gli utenti, la cui età va dai 20 ai 50 anni, sono persone affette da handicap gravi, cerebropatie o disturbi relazionali. Inoltre, in risposta ai bisogni emergenti nelle realtà locali in cui opera, l’Associazione ha recentemente ha ampliato il proprio raggio d’azione verso situazioni di disagio sociale, ad esempio anziani soli, ragazze madri, o persone con problemi giudiziari marginali. Presso il Centro “Il Girasole” di Villafranca, gli educatori e i volontari svolgono numerose iniziative mirate al mantenimento e al recupero delle capacità funzionali e relazionali delle persone svantaggiate. Tra queste spicca l’orticultura, di cui è riconosciuta la forte valenza terapeutica in ambito psichiatrico e psicologico, poiché costruisce nella persona fiducia nelle proprie abilità, miglio60- maggio, giugno 2014

rando l’autostima e l’autonomia. Da qualche anno però, il punto di forza del “Girasole” sono proprio loro, gli asini: Tobia, Rose, Viola, donati al Centro da alcuni benefattori. Con lo scopo di valorizzare il rapporto uomo-animale come risorsa relazionale preziosa, sono state svi-


luppate attività ludico-terapeutiche con gli equini. L’asino infatti è un animale di grande sensibilità e capacità empatica, e queste caratteristiche lo rendono un eccellente soggetto di mediazione, in particolare nella sfera delicata delle emozioni. L’asino stimola la comunicazione ed il contatto, mettendosi in relazione con il disabile in modo spontaneo e delicato. Gli educatori e i volontari che seguono queste attività hanno potuto seguire un corso specifico, con l’ausilio di etologi, psicologi e medici psichiatri. I riscontri delle attività svolte fino ad ora sono incredibilmente positivi, al punto che le persone che seguono da vicino questo progetto hanno scelto di fondare un’associazione di promozione sociale ad hoc, gli “Amici di Tobia”, con lo scopo di: - promuovere le attività assistite con gli equini,

che consistono in interventi di tipo educativo-ricreativo e di supporto psico-relazionale finalizzati al miglioramento della qualità della vita di varie categorie di utenti: non solo soggetti portatori di handicap, ma anche bambini, pazienti ospedalizzati, anziani con patologie, detenuti, soggetti psichiatrici; - favorire la diffusione di una cultura di rispetto e considerazione dell’animale come soggetto (e non oggetto) della relazione con l’uomo; - organizzare corsi ed incontri inerenti la terapia con gli equini per formare ed aggiornare nuovi educatori e volontari; Ad oggi, gli “Amici di Tobia” hanno avviato dei progetti rivolti alle scuole primarie, in collaborazione con gli enti locali interessati, e attività specifiche rivolte ai malati di Alzheimer, con ottimi 2014 maggio, giugno - 61


Gli “Amici di Tobia” si rendono disponibili a partecipare ad eventi organizzati da enti pubblici e privati e dalle scuole di tutti i livelli. Sempre allo scopo di promuovere l’Associazione, oltre che fornire un servizio utile alle famiglie, per l’estate 2014 è previsto l’avvio di un centro estivo, rivolto ai bambini delle scuole primarie, incentrato sulle attività all’aria aperta con gli equini e sull’orticoltura e seguito da educatori specializzati. Info: Il Girasole - Via Malpighi, 2/B Villafranca di Verona (VR) www.associazioneoperosilente.it associazioneoperosilente@alice.it amiciditobia@libero.it Enrica Girelli

risultati. Le difficoltà da affrontare tuttavia non sono poche. Innanzitutto, la gestione degli animali è onerosa in termini di tempo e denaro: gli asini non solo vanno nutriti, ma anche curati e puliti con attenzione, poiché entrano in contatto ogni giorno con numerosi pazienti. “Il Girasole” poi, non possiede una struttura adeguata per accoglierli, pertanto sono ospitati in una vicina fattoria e condotti a piedi al centro. Inoltre, le persone disposte a donare un po’ del loro tempo a queste attività sono poche, rispetto alle potenzialità che questo progetto potrebbe esprimere. è fondamentale, pertanto, la promozione e la diffusione sul territorio delle attività dell’Associazione e dei risultati che si è possibile ottenere grazie alle attività di terapia con gli equini. 62- maggio, giugno 2014



DIPENDENZE

La dipendenza da BZD La tendenza ad aumentare progressivamente le dosi di somministrazione del farmaco nasce dal meccanismo della tolleranza, unitamente alla scarsa tossicità tipica delle benzodiazepine, fenomeno poco studiato e documentato

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e benzodiazepine (BZD) sono un numeroso gruppo di farmaci ampiamente usati in tutti i campi della medicina. Introdotte più di 50 anni fa sono state ampiamente prescritte soprattutto per trattare i disturbi ansiosi e l’insonnia. Ritenute tra i farmaci più sicuri, possono dare in realtà dipendenza ed innescare fenomeni d’abuso. Ciò però non ne ha limitato la diffusione; le BZD restano infatti saldamente in testa alle vendite per numero di pezzi in tutta Europa. Possiamo identificare almeno tre situazioni diverse con le BZD. Nella più comune vengono usate a dosi moderate ed in modo intermittente, a periodi, evitando in questo modo, di solito, la dipendenza. Vi è poi la frequente situazione di quanti assumo-

Dott. Fabio Lugoboni

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no costantemente, spesso per curare l’insonnia, una BZD restando però sempre nell’ intervallo delle dosi consigliate, delineando spesso una farmacodipendenza. Infine il caso di quanti, per motivi diversi, innescano un meccanismo in cui la persona dipendente assume il farmaco con una frequenza sempre maggiore, dimostrandosi incapace di smettere. La tendenza di questi farmacodipendenti è quella di assumere dosi sempre più importanti, con il passare del tempo, sintomo di un’incapacità di controllarsi e di tenerne sotto controllo l’utilizzo: in altre parole una vera e propria addiction. La tendenza ad aumentare progressivamente le dosi di somministrazione del farmaco, fino a raggiungere quantitativi esagerati, nasce dal meccanismo della tolleranza, unitamente alla scarsa tossicità tipica delle BZD, fenomeno poco studiato e documentato. I dosaggi osservabili in alcuni pazienti sono francamente impressionanti: abbiamo descritto in letteratura un uso cronico quotidiano di BZD fino a 100 volte la dose massima raccomandata. Una persona dipendente da alte dosi di BZD comincia a perdere lentamente il controllo della sua vita, che finisce per essere gestita in base al farmaco: lavoro, famiglia e vita sociale ne risentono pesantemente. Reperire il farmaco in ogni modo è un bisogno primario, di conseguenza si comincia a chiederne la prescrizione a medici differenti, a fal-


La sindrome d’astinenza dalle BZD è caratterizzata da una serie di segni tipici, che cominciano a manifestarsi entro qualche ora o qualche giorno dalla sospensione del farmaco. La sudorazione aumenta, così come il battito cardiaco e il tremore delle mani, e si osserva anche la comparsa di insonnia, nausea o vomito, allucinazioni visive, tattili e uditive. Il sintomo più temibile sono le crisi convulsive, molto pericolose. Le persone più colpite e i fattori di rischio

sificare le ricette, a rubarle sul posto di lavoro, se si esercita in ambito medico o ospedaliero. Coloro che soffrono di questa dipendenza non ne parlano con gli altri, né con gli amici né con i familiari, per vergogna o perché non riescono ad ammettere di avere un problema, nemmeno a loro stessi.

I dipendenti da psicofarmaci sono le persone più disparate, ma si può affermare che l’uso di BZD aumenti progressivamente con l’età, soprattutto fra le donne. Infatti, si stima che circa una donna su quattro dopo i 65 anni faccia uso di ansiolitici. C’è anche una grossa fetta di dipendenti da BZD composta da gente normale, che conduce una vita attiva. Le potenzialità d’abuso delle varie BZD differiscono molto tra loro. La BZD più pericolosa nel generare dipendenza e tolleranza è, in base alla nostra decennale esperienza, il lormetazepam (Minias), soprattutto nel-

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la formulazione liquida (gocce). Purtroppo le BZD sono facilmente reperibili in farmacia, grazie spesso a medici poco attenti e a farmacisti compiacenti, fenomeno tipicamente italiano. Le BZD sono farmaci caratterizzati dalla mancanza di tossicità anche ad alte dosi, privi di seri effetti collaterali legati al loro utilizzo improprio. Questa circostanza ingenera l’erronea convinzione nelle persone che la somministrazione di dosi maggiori e per un periodo di tempo prolungato, anche se sconsigliata, non possa risultare dannosa. Il trattamento della dipendenza da alte dosi di BZD o detossificazione

La detossificazione si realizza, solitamente, attraverso uno scalo lento e progressivo della BZD, un lavoro paziente che ha probabilità di successo se le dosi di partenza non sono molto alte e se lo scalo è costante ed il paziente, seguito. Un trattamento innovativo, che ha dato ottimi ri66- maggio, giugno 2014

sultati, si basa sulla sospensione totale del farmaco durante un ricovero, con un antagonista (flumazenil) a basso dosaggio. Il farmaco permette di detossificare da BDZ interrompendo bruscamente l’assunzione del farmaco d’abuso, con score astinenziali molto bassi; il trattamento dura circa una settimana. In associazione alla cura di detossificazione si consiglia sempre anche il supporto di uno psicoterapeuta, utile supporto durante il percorso per uscire dalla dipendenza. Per ulteriori informazioni si consiglia di consultare il sito www.medicinadipendenze.it oppure i video su YouTube (Medicina delle Dipendenze).

Dott. Fabio Lugoboni Responsabile UO di Medicina delle Dipendenze Policlinico “GB Rossi” di Verona



OCCHI

Il glaucoma Questa malattia può provocare lesioni irreversibili e in alcuni casi la cecità

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glaucomi sono un gruppo molto diversificato di malattie oculari, accomunate dalla presenza di un danno cronico e progressivo del nervo ottico, con alterazioni caratteristiche dell’aspetto della sua “testa” (che si può osservare con esame del fondo oculare) e dello strato delle fibre nervose retiniche. Il glaucoma è una malattia grave poiché può provocare lesioni irreversibili: se non diagnosticato in tempo può causare seri danni alla vista e, in alcuni casi, ipovisione e cecità. Negli stadi più avanzati si ha una visione cosiddetta ‘tubulare’ poiché si è persa la visione periferica mentre si vede ancora al centro del campo visivo. La più frequente forma di glaucoma (detto primario ad angolo aperto) è per lo più asintomatica, ad andamento lento ma inesorabile e viene spesso riscontrata in occasione di una visita oculistica. È consigliabile, quindi, misurarsi periodicamente la pressione oculare (tono). I meccanismi attraverso i quali si sviluppa un glaucoma sono ancora in parte sconosciuti; ma sono stati individuati numerosi fattori di rischio, che si associano alla malattia, tra cui si segnalano, in particolare, pressione ocu-

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lare elevata, età, etnia, familiarità, miopia, spessore corneale centrale e fattori vascolari. I fattori di rischio sono: - pressione oculare elevata: è il primo tra i fattori di rischio che sono stati individuati. Non esiste un valore di pressione normale in assoluto: il livello pressorio a cui si possono manifestare i danni è variabile a seconda dei singoli individui. Tuttavia, generalmente non è considerato patologico un valore compreso tra 10 e 21 mmHg; quest’ultimo viene considerato il limite della normalità statistica. Prendendo in considerazione popolazioni di soggetti suddivise per valori di pressione oculare, la frequenza del glaucoma aumenta progressivamente nei gruppi di individui con pressioni oculari maggiori. Chi ha una pressione oculare sempre al di sotto di 18 mmHg ha un basso rischio di sviluppare un glaucoma. Esistono però glaucomi a pressioni medio-basse più difficili da controllare. La pressione oculare rimane ancora uno dei fattori di rischio più importanti, e quello che si può correggere più efficacemente con le terapie. - ètà: la frequenza della malattia nella popolazione


aumenta sensibilmente dopo i 40 anni di età e non si avvertono differenze tra un sesso e l’altro. È fortemente consigliato effettuare una visita oculistica dopo i 40 anni. Prima per i soggetti con familiarità o altri fattori di rischio. Si pensa che il 50% dei malati di glaucoma non sia al corrente di avere la malattia. Questo nonostante esistano casi di glaucoma infantile come quello di Ray Charles, non curato “in quanto un bambino nero non meritava cure”, come egli stesso narrò, avvenuto all’età di 8 anni. - familiarità: chi ha un parente di primo grado affetto dalla malattia, corre un rischio da 4 a 10 volte maggiore di manifestarla. Sono stati già individuati alcuni geni sicuramente legati alla comparsa del glaucoma. - fattori sistemici: pazienti affetti da malattie croniche sistemiche come il diabete o ipertensione sistemica hanno più possibilità di sviluppare il glaucoma. La pressione oculare elevata non giustifica sempre la diagnosi del glaucoma. Esistono infatti molti casi di ipertensione oculare innocua. Lo stato della papilla ottica (testa del nervo ottico) e lo studio del campo visivo potrebbero evidenziare o meno danni al nervo ottico e sciogliere ogni eventuale dubbio.Di conseguenza la mera misurazione della

pressione intraoculare eseguita da personale non medico è completamente insufficiente a definire una diagnosi certa di tale patologia. Esistono inoltre esami specifici (GDX-OCT e RTA-TALIA) che aiutano a diagnosticare la malattia nelle fasi iniziali, quando la malattia è sicuramente più controllabile e gestibile. L’esame OCT del nervo ottico fornisce informazioni prevalentemente sulla morfologia della papilla ottica, mentre l’esame GDX mostra la funzionalita’ delle fibre nervose. Gli esami elettrofunzionali, come i potenziali evocati visivi (PEV) e l’elettroretinogramma (ERG), misurano la risposta di un nervo ottico a uno stimolo sensoriale a differenti frequenze d’onda. Entrambi prevedono una variazione di contrasto e luminanza costante[non chiaro], ottenuta attraverso uno stimolo pattern a scacchi o a griglia sinusoidale, verticale od orizzontale. Un altro esame importante è la gonoscopia, ovvero lo studio del cosiddetto angolo iridocorneale, quella struttura responsabile del defluosso dell’umore acqueo dall’occhio. La gonioscopia viene eseguita dal medico oculista dopo instillazione di collirio anestetico e mediante lenti apposite a contatto. (continua sul prossimo numero..) fonte: ttp://it.wikipedia.org/

di Degani Francesco

Piazza Vittorio Emanuele, 13 37024 - Negrar (VR) - Tel. 045 7501223 2014 maggio, giugno - 69


BREVI

Ulss 20: Gong l’app gratuita per essere più vicini ai cittadini

L’Azienda Ulss 20 mette a disposizione dei cittadini un’innovativa app gratuita grazie alla quale è possibile ricevere in tempo reale sul proprio cellulare o ipad aggiornamenti sui servizi erogati, su eventi e iniziative in corso. Gong, questo il nome della app gestita dalla società Boxxapps nell’ambito del progetto di comunicazione Smart CITY, è compatibile con i diversi modelli di smartphone e tablet (disponibile nelle versioni per Android e IOS e per i dispositivi WindowsPhone e Blackberry). La sua installazione è completamente gratuita, così come il successivo utilizzo. Per usufruire di Gong è sufficiente scaricare sul proprio smartphone o ipad l’applicazione dal sito Play Store e installarla inserendo il proprio indirizzo email e il Comune di residenza. In alternativa è possibile “puntare” direttamente il cellulare o l’ipad sul QR inserito nei materiali informativi distribuiti tramite totem nei principali punti di accesso dell’Ulss 20. L’installazione è semplice, rapida e guidata: basta inserire pochi dati personali, che saranno utilizzati esclusivamente per meglio targetizzare ogni comunicazione, evitando ad esempio di mandare a tutti una notizia di interesse solo per i residenti in uno specifico Comune (in caso di avvio di uno screening in una certa area, ad esempio, tramite Gong sarà possibile inviare un avviso solo agli utenti coinvolti). Le informazioni che possono essere veicolate tramite Gong sono molteplici: l’avvio di nuovi servizi e iniziative per la salute pubblica, le variazioni di orario dei servizi, il richiamo a iniziative

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di prevenzione in corso o di imminente attivazione. Si tratta di un sistema molto semplice che offre grandi potenzialità, data la diffusione che hanno raggiunto ormai gli smartphone e i tablet per cui, in questo modo, l’Azienda Ulss 20 è in grado di mettersi in comunicazione diretta con un numero davvero elevato di utenti. Importante è poi un’altra peculiarità del sistema, la possibilità per l’Azienda Ulss 20 di effettuare sondaggi di opinione (ad esempio per analisi di customer satisfaction di alcuni servizi erogati), inviando un quesito a scelta multipla direttamente agli utenti, che possono rispondere. Gong si inserisce come ulteriore strumento nella rete multimediale già in essere nell’ambito dell’Ulss 20 la quale comunica con la propria utenza anche tramite un rotocalco televisivo e plasma distribuiti nelle varie sedi con lo scopo di dare al cittadino una corretta e tempestiva informazione per costruire insieme un appropriato percorso di cura.




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