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Verona InForma N. 13 - ANNO 3 - LUGLIO/AGOSTO 2014

CONSIGLI E INFORMAZIONI PER VIVERE MEGLIO

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M A G A Z I N E

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M E D I C I N A ,

P S I C O L O G I A ,

S A L U T E

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B E N E S S E R E

TUITA A R IA G P O C

ULSS 20 Orme oltre le mura AOUI VERONA Centro trapianti renali SPECIALE ADOLESCENZA INFORMA


TUA A L A C A L P

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Là fuori è sempre una lotta. Ascolta chi risponde con la buona comunicazione.

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Sommario EDITORIALE

UNIVERSITÀ

Verona InForma: new look, old stile Alberto Cristani

8

AOUI VEORNA

Centro Trapianto Renali AOUI Verona eccellenza a livello europeo Dott. Luigino Boschiero

10

Polo Legnago: consegnati i diplomi di laurea in infermieristica 20

ONLUS

Con il progetto Tagesmutter la tata apre le porte di casa sua

22

Alessia Bottone

GRAVIDANZA

Acido Folico, non solo la vitamina della gravidanza

24

ULSS 20

L’anello verde del benessere passa anche da Verona Susanna Morgante, Carlotta Chiari

12

ULSS 20

Orme oltre le mura

14

ONCOLOGIA

Nuovo Ufficio per l’Unità Operativa Oncologia Medica del Mater Salutis

BREVI

Dal 1° settembre addio ricetta rossa

27

16

BREVI

ATER

Chirurgia del piede: nuovo assetto organizzativo al Mater Salutis

Ater Verona il meglio di noi per voi!

28

Dott. Marco Cassini

18

ARTE IN OSPEDALE

La leggerezza del colore al Confortini Marifulvia Matteazzi Alberti

30

ASSOCIAZIONI

Casa Oz, quando la solidarietà diventa musica Alessia Bottone

32 2014 luglio, agosto- 3



Sommario LETTURA

Un libro per…non smettere di giocare! Alessia Bottone

34

BREVI

Bambini ULSS 21 disegnano l’ospedale

36 OCCHI

Il glaucoma

Numero 3 - agosto/settembre 2014

49

ADO INF - ALIMENTAZIONE

Perchè le donne faticano di più a dimagrire rispetto agli uomini? Dott. Luigi Bergamo

50

ADO INF -SCUOLA

38

TERZA ETÀ

Studenti del Montanari: protagonisti attivi Prof. Paolo Guarise

52

ADO INF -ARTETERAPIA

Gli anziani ieri, oggi, domani Dott.ssa Elena Bravi

SPECIALE ADOLESCENZA INFORMA

40

Arteterapia con gli adolescenti Giuliana Magalini

54

ADO INF -BREVI

Sinergia ONLUS racconta la storia di Maria

57

ADO INF -LINGUAGGIO CORPO A partire dal corpo Giampaolo Mazzara

ADO INF -BREVI

ARTE IN OSPEDALE

Corso di formazione sui disturbi del comportamento alimentare

Roberto Bertani al Polo Confortini Marifulvia Matteazzi Alberti

43

CORPO E MENTE

ADO INF -PET THERAPY Michele Marconi

64

45

BREVI

Il progetto “Bambini al Centro”: una rete per diventare grandi

62

Cavalli ed emozioni

Tai Chi Chuan pratica di lunga vita Gianmario Fiorin

58

BREVI

48

Nero Veronese, 15 casi di cronaca nera tra Ottocento e Novecento

66

Stampata su carta ecologica ecologica 100% riciclata con 100% riciclata con inchiostri inchiostri a base a base vegetale vegetale prodotta senza uso di prodotta senza uso di cloro cloro

2014 luglio, agosto- 5


NUMERI UTILI EMERGENZA

113 112 115 118 045 500333 045 8078411 045 8075511 045 6138111 045 8075111 045 8121111 045 8121111 045 8121212 848242200 840000877 045 7614565 045 8041996 045 6712111 045 6207111 045 6648411 045 6589311 045 6338111 045 6338666 045 6338181 045 6712666 0442 622000 0442 622111 045 6999311 045 6068111 0442 537711 0442 30500 848 868686 0442 606973 0442 622692

Soccorso pubblico di emergenza Carabinieri Vigili del fuoco Emergenza sanitaria Polizia stradale Polizia municipale Centralino ULSS 20 Centralino Presidio Ospedaliero “G. Fracastoro” San Bonifacio Centralino Presidio di Marzana Ospedale di Borgo Trento Ospedale di Borgo Roma Ufficio Prenotazioni CUP (Centro unico prenotazioni) CUP ULSS 20 Disdette visite ed esami (no di radiologia) Guardia medica - Servizio di Continuità Assistenziale (ascoltare segreteria) Farmacie di Turno Ospedale di Bussolengo Centro Sanitario Polifuzionale di Caprino Veronese Ospedale di Isola della Scala Ospedale di Malcesine Ospedale di Villafranca Servizio di Continuità Assistenziale Centro Unificato Prenotazioni Ufficio Relazioni con il Pubblico Guardia medica - Sevizio di Continuità assistenziale Centralino Ospedale Mater Salutis di Legnago Centralino Ospedale San Biagio di Bovolone Centralino Ospedale Riabilitativo Don L. Chiarenzi di Zevio Centralino Centro Sanitario Polifunzionale di Nogara Punto Sanità distrettuale di Cerea CUP ULSS 21 (da telefono fisso) CUP ULSS 21 (da telefono cellulare) Ufficio Relazioni con il Pubblico ULSS 21

PUBBLICA UTILITÀ 117 1515 045 8090411 045 8090711 045 8078411 045 8077111 800016600 19696 803803 064477 803116

Guardia di Finanza Servizio antincendi boschivo del corpo forestale dello Stato Questura di Verona Polizia Stradale di Verona Polizia Municipale Comune di Verona Drogatel Telefono Azzurro Soccorso stradale Automobile Club d’Italia Soccorso stradale


BCC

Valpolicella Benaco BANCA

Radici diverse... valori comuni Sant’Anna d’Alfaedo

Caprino Veronese Costermano Garda

Marano di Valpolicella

Albarè

Bardolino

Valgatara Sant’Ambrogio di Valpolicella

Negrar

S. Pietro in Cariano Arbizzano Pescantina

Colà Sandrà Verona


Verona InForma CONSIGLI E INFORMAZIONI PER VIVERE MEGLIO

N. 13 - ANNO 3 - LUGLIO/AGOSTO 2014

EDITORIALE

A CURA DEL DIRETTORE

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M A G A Z I N E

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B E N E S S E R E

Testata giornalistica registrata al Tribunale di Verona n° 4035/2012 Proprietario ed editore: Verona Informa s.a.s. di Giuliano Occhipinti & C. Sede legale e Redazione: Via Giardino Giusti, 4 - 37129 Verona

Verona InForma N. 13- ANNO 3 - LUGLIO/AGOSTO 2014

CONSIGLI E INFORMAZIONI PER VIVERE MEGLIO

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B E N E S S E R E

A ATUIT IA GR COP

ULSS 20 Orme oltre le mura TRAPIANTI Centro trapianti renali AOUI Verona SPECIALE ADOLESCENZA INFORMA

Foto di copertina: Ala dell’Arena

Direttore responsabile: Alberto Cristani Coordinatore scientifco: Luca Ravazzin Redazione: Alberto Cristani, Luca Ravazzin, Prisca Ravazzin, Alessia Bottone Grafica: Silvia Sorio Stampa: Mediaprint Relazioni esterne e marketing: Giuliano Occhipinti Contatti: - Redazione: +39 345 5665706 - Mail: veronainforma@gmail.com - Web: www.verona-in-forma.com - Pubblicità: +39 347 4773311

Hanno collaborato per questo numero: Claudio Capitini, Michele Triglione, Ufficio Stampa AOUI Verona, Dott.ssa Susanna Morgante, Marina Soave, Marifulvia Matteazzi Alberti, Prisca Ravazzin, Gianmario Fiorin, Redazione Adolescenza InForma, Alessia Bottone, Dott. Luigino Boschiero, Dott. Marco Cassini, Dott.ssa Elena Bravi, Dott. Luigi Bergamo, Prof. Paolo Guarise, Giampaolo Mazzara, Michele Marconi

Foto: Archivio Verona Informa s.a.s., Ufficio stampa AOUI Verona, Ufficio stampa Azienda Ulss 20, Ufficio stampa Azienda Ulss 21, Ufficio stampa Azienda Ulss 22, Redazione Adolescenza InForma

8 - luglio, agosto 2014

Verona InForma: new look, old stile! Verona InForma “fa tredici”. Sono infatti già trascorsi tre anni dall’uscita del primo numero, figlio di un’intuizione ma soprattutto della nostra volontà di mettere a disposizione dei veronesi una rivista che trattasse il benessere a tutto tondo. Verona InForma è un “freepress” (gratuito...) ma contenuti, articoli e argomenti trattati non hanno nulla da invidiare alle riviste che si trovano in edicola (a pagamento...). Verona InForma piace. Scusateci l’immodestia, ma il dato è incontrovertibile. Il riscontro da parte dei nostri lettori è in costante aumento e le sinergie con istituzioni, partner e sponsor, rapporti - per noi indispensabili - sono sempre più solide e costruttive. Per questi e altri motivi abbiamo quindi deciso di eseguire un restyling che ha come obiettivo il miglioramento della veste grafica del magazine (anche l’occhio vuole - giustamente - la sua parte!) ma non solo. Con il numero 14 di settembre/ottobre Verona InForma offrirà nuove rubriche, sempre ovviamente legate allo “stare bene”. Nessun stravolgimento, sia chiaro: la qualità dei contenuti e la capillarità della distribuzione non subirà alcun ridimensionamento. Cercheremo invece di essere ancor più presenti sul territorio, più puntuali con la distribuzione, più attivi con convegni e momenti di confronto. Grazie anche alla nuova collaborazione da poco instaurata con Soluzioni Omnia Media e WOW Srl, Verona InForma inizierà a parlare anche di turismo, alimentazione, agricoltura, sport, eventi e tanto altro. Siamo comunque sempre pronti a valutare suggerimenti e proposte dei nostri lettori che, come ho già avuto modo di sottolineare in altri editoriali, sono il nostro “carburante”, coloro che ci danno forza e motivo di proseguire nel nostro progetto. Parallelamante a Verona InForma crescie e si sviluppa il progetto Adolescenza InForma, rivista attualmente solo online, che tratta argomenti e tematiche legate al mondo dei giovani. Anche in questo caso la competenza di chi affronta questi temi è fondamentale. Quando si parla infatti di adolescenza è molto importante ricordarsi che essa è una tematica di carattere prettamente psicologico e quindi darle limiti fissi è un’impresa molto ardua. Bisogna considerare, per esempio, che lo sviluppo psicologico-emozionale non procede sempre di pari passo con lo sviluppo fisico; i limiti di età sono diversi tra persone di sesso diverso; certi tratti psicologici considerati tipici dell’adolescenza permangono oltre la prima giovinezza per certi individui. Insomma, penso avrete capito che alle nostre redazioni non piacciono le cose “facili”. Noi siamo qui perchè vogliamo fare giornalismo d’informazione, proponendo contenuti veri, interessanti e culturalmente validi. Almeno ci proviamo. La “fast&easy communication” lasciamo che siano altri a farla. Continuate a seguirci: non ve ne pentirete. Ma soprattutto resterete sempre...InForma!



AOUI VERONA

Centro Trapianto Renali AOUI Verona, eccellenza a livello europeo L’obiettivo principale del Centro è quello di guarire attraverso il trapianto chi è affetto da uremia cronica in dialisi, consentendo un suo pieno re-inserimento nel contesto sociale, lavorativo e familiare

I

l Centro Trapianti Renali dell’ AOUI di Verona è un’unità di cura semi-intensiva, dedicata all’attività di trapianto di rene singolo e doppio, sia da donatore cadavere che da vivente, compresi i trapianti definiti “difficili” sul piano immunologico, i riceventi pediatrici ed i trapianti da donatore vivente e quelli AB0 incompatibili. È situato al secondo piano scala rosa del nuovo Polo Chirurgico di Verona, dedicato alla memoria del Prof. P. Confortini che qui operò ed eseguì il secondo trapianto di rene in Italia. La struttura è di recentissima realizzazione, di elevato confort alberghiero e tecnologicamente all’avanguardia. Ogni paziente dispone di una propria stanza singola con bagno/doccia letto e poltrona reclinabile, attrezzata inoltre con televisore piatto e connessione internet veloce mediante rete wi-fi. Il centro rappresenta, per longevità di attività, numero di trapianti complessivi e risultati, una delle più importanti realtà operative di trapianto del panorama nazionale ed europeo. Al 31/12/2013 il numero di trapianti eseguiti ha superato i 1800 interventi, con oltre 200 trapianti 10 - luglio, agosto 2014

da donatore vivente ed una media annua recente di 90-100 trapianti. La percentuale di soddisfacimento della lista (ossia il rapporto tra il numero di trapianti per il numero di pazienti in lista) è la più alta tra i vari centri in Italia, secondo i dati del Centro Nazionale Trapianti (CNT) relativi al 2013 (23,6% verso un media nazionale del 15,4%). Questo significa un tempo di attesa in lista molto più breve (1,3 anni), rispetto la media italiana di 3 anni. Sempre da dati del CNT, i risultati, ossia la percentuale di successo del trapianto a 5 anni, si colloca ai vertici della graduatoria nazionale (87,6% a Verona verso 81,9% di media nazionale). Vi si applicano le più moderne e innovative tecniche chirurgiche di prelievo/trapianto, di protocolli farmacologici anti-rigetto e di monitoraggio immunologico. Il quotidiano flusso di dati provenienti dai servizi referenti (Laboratorio, Microbiologia, Radiologia, ect), le terapie farmacologiche, i parametri vitali, i ricoveri post-trapianto ed i controlli ambulatoriali sono gestiti e monitorati con apposito software,


in piattaforma Oracle web-server, con una cartella clinica completamente informatizzata. A tutt’oggi il programma di trapianto renale ha superato il ragguardevole traguardo di oltre quarantacinque anni di ininterrotta attività, essendo questa iniziata nel lontano 1968. Dal punto di vista della qualità tutto il processo clinico-assistenziale è soggetto a verifica periodica interna ed esterna ed è certificato secondo la norma UNI EN ISO 9001:2008. Ogni anno sono circa 3.000 le visite ambulatoriali che vengono svolte tramite l’AMID mentre la percentuale di ricoveri extra-regione supera il 40%. Nel mondo, diverse migliaia di persone sono state sottoposte a questo tipo di trapianto. I risultati conseguiti indicano come esso sia l’unica terapia efficace e risolutiva dell’insufficienza renale cronica. L’obiettivo principale del Centro è pertanto quello di guarire attraverso il trapianto chi è affetto da uremia cronica in dialisi, consentendo un suo pieno re-inserimento nel contesto sociale, lavorativo e familiare. Il follow-up post-trapianto, ossia i periodici controlli medici che sono necessari a garantire una lunga durata del trapianto ed un benessere del paziente, sono svolti in stretta connessione tra il Centro e le Nefrologie di provenienza dei pazienti. Sebbene il paziente venga riaffidato al proprio ospedale di origine, ogni paziente sarà seguito periodicamente anche dal nostro Centro, in particolar modo nel primo anno, mediante l’AMID, ossia: Ambulatorio Integrato Diagnostico. In questo modo il paziente non sarà mai abbondonato nel suo percorso di trapianto, anche dopo molti anni, e potrà contare sempre su Centro trapianti oltre che sulla Nefrologia di appartenenza in caso di problemi clinici. L’equipe infermieristica è costituita da 13 Infermieri Professionali e 4 Operatori Socio-Sanitari, di elevata esperienza e professionalità nella gestione assistenziale post-trapianto. È nella nostra filosofia e nella nostra “mission” partecipare e

promuovere l’attività di promozione della cultura della donazione e del trapianto, in stretta collaborazione con l’associazione dei pazienti trapiantati di rene (ARTI), mediante incontri convegni, eventi sociali durante tutto l’anno.I risultati dell’attività del Centro sono documentati presso il Ministero della Salute e sono quindi consultabili su www.trapianti.ministerosalute.it Dott. Luigino Boschiero RESPONSABILE CENTRO TRAPIANTI RENALI

LO STAFF DEL CENTRO TRAPIANTI RENALI AOUI VERONA Direttore UOC Chirurgia Generale 1^ d.O.: Dott. Umberto Tedeschi (nella foto) Responsabile del Centro Trapianti Renali: Dott. Luigino Boschiero Coordinatore: Cristina Bertolin L’equipe medica: Dott. Luigino Boschiero (Dirigente medico, responsabile) Dott. Francesco Nacchia (Dirigente medico) Dott.ssa Francesca Fior (Dirigente medico) L’equipe infermieristica, coordinata dalla AFP Cristina Bertolin, è costituita da 22 Infermieri Professionali coadiuvati da 5 Operatori Socio-Sanitari. Al 31/12/2013: - oltre 1800 trapianti eseguiti - oltre 200 trapianti da donatore vivente - media annua recente di 90-100 trapianti

2014 luglio, agosto- 11


ULSS 20

L’anello verde del benessere passa anche da Verona Il Green Tour “Verde in Movimento”, progetto della Regione Veneto, coinvolgerà anche Verona e altri comuni della provincia scaligera

A

ccogliamo con piacere la notizia che anche Verona sarà coinvolta nel progetto “Green Tour, Verde in Movimento”, cui ha aderito il programma veneto MuoverSI’ di cui è capofila la ULSS 20, Dipartimento di Prevenzione e Servizio

12 - luglio, agosto 2014

Promozione Salute. “Green Tour”, che sarà presentato all’Expo 2015 di Milano, è un unico grande “anello verde” di 600 km. Si tratta di un network composto da percorsi ciclabili, pedonali e da percorrere a cavallo e


da vie d’acqua navigabili. L’itinerario si sviluppa tra luoghi e tracciati di valore, esistenti o da recuperare, come la ex ferrovia militare Treviso-Ostiglia. La ciclopista presenta attualmente ampi tratti già praticabili per circa 40 km, principalmente nelle province di Treviso e Padova, ma il tracciato nella sua interezza è lungo 113 km e coinvolge il Veneto, l’Emilia Romagna e la Lombardia. Una rete che unisce oltre 200 Comuni oltre ai Parchi Regionali del Sile, del Delta del Po, dei Colli Euganei, del Mincio e della Laguna di Chioggia e Venezia. Nella parte veronese la ciclopista è ancora da realizzare e i comuni principalmente coinvolti sono Cologna Veneta, Pressana, Casaleone, Cerea e Legnago. Il progetto si limita a una semplice ciclopista; l’obiettivo è la creazione di un percorso del benessere che coinvolga tutti i comuni nell’arco di 16 km dal tracciato ciclabile (quindi non solo quelli direttamente attraversati) e che sia rivolto a pro-

muovere salute, sana alimentazione, cultura territoriale e turismo grazie anche a linee di intervento su B&B, hotel e palestre. Domenica 8 giugno 2014 il Green Tour è stato avviato ufficialmente dalla Regione Veneto con la Festa “Move T-O Day”. Numerose attività di “movimento” sono state organizzate nei territori della province di Mantova, Padova, Treviso e Verona. Ora le attività del progetto proseguiranno sui territori interessati, in collaborazione con gli Amici della Bicicletta, ascoltando i suggerimenti della popolazione per l’attuazione del progetto.

Susanna Morgante Caroltta Chiari SERVIZIO PROMOZIONE ED EDUCAZIONE ALLA SALUTE, DIPARTIMENTO DI PREVENZIONE ULSS 20 2014 luglio, agosto- 13


ULSS 20

Orme oltre le mura Questo il nome del progetto sperimentale occupazionale di lavoro con gli animali per i detenuti della Casa Circondariale di Montorio

T

ra l’Ulss 20 di Verona, la Casa Circondariale di Montorio, il Corpo Forestale dello Stato e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie è stato stipulato un accordo di collaborazione per attivare un progetto sperimentale occupazionale di lavoro con gli animali per i detenuti denominato “Orme oltre le mura”. Gli interventi Assistiti con gli Animali negli Istituti penitenziari sono da tempo oggetto di valutazioni e riflessioni applicative da parte di molte realtà nazionali ed internazionali. Gli obiettivi perseguiti sono finalizzati a ridurre il numero di episodi di violenza, gli episodi di suicidio, i sintomi somatici e psichici dell’ansia e della depressione, la somministrazione di farmaci ansiolitici, il senso di isolamento e solitudine e miglioramento dei legami sociali, con conseguente effetto di umanizzare l’ambiente carcerario. Sulla base di queste premesse e di questi obiettivi si intende promuovere un progetto per l’introduzione in modo continuo

14 - luglio, agosto 2014

e diversamente articolato degli IAA presso l’Istituto Penitenziario di Montorio di Verona. Si intende promuovere un miglioramento della resilienzae delle conseguenti condizioni psichiche, emotive e fisiche dei detenuti, in particolar modo nei confronti della frustrazione derivante dalla condizione di detenzione. Attingendo alle proprie capacità e cogliendo le opportunità offerte, l’individuo impara a far fronte alla situazione di disagio propria della pena detentiva riorganizzando la propria esistenza in funzione di un obbiettivo di crescita personale. Questo percorso passa attraverso il riconoscimento e gestione delle emozioni e, considerato il contesto di vita e di questo specifico progetto di gruppo, il miglioramento delle abilità sociali (social skills). L’aspettativa più a lungo termine è quella che questa esperienza costituisca anche un contributo utile al percorso di reinserimento sociale e lavorativo/occupazionale del detenuto. I presupposti del progetto infatti prevedono la sinergia con gli enti interessati al progetto, e quindi l’interazione con figure professionali estranee alla realtà del carcere e l’apertura del servizio alla cittadinanza Il progetto è promosso dalla Direzione dell’Istituto Penitenziario di Montorio di Verona insieme ai responsabili dei trattamenti educativi e psicologici della struttura e la direzione sanitaria. Prevede l’introduzione di animali all’interno del Carcere per la realizzazione di: - un programma rieducativo sperimentale occu-


pazionale rivolto a detenuti individuati dal personale educativo e sanitario del carcere - un progetto di ricerca rivolto a giovani detenuti. Enti partner del progetto sono: - AULSS20 di Verona - Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) e Centro di Referenza nazionale per IAA per la parte di approfondimento scientifico. Con la collaborazione del: - Corpo Forestale dello Stato - Università di Genova Inoltre ci si potrà avvalere delle competenze dell’Associazione WeAnimal (associazione nazionale per la promozione degli Interventi Assistiti con gli animali e la corretta relazione uomo-animale) per la realizzazione operativa del progetto. Il programma educativo occupazionale sperimentale coinvolgerà 20/30 uomini o donne selezionati tra i detenuti con lunga pena o a detenuti con possibile applicazione di regime di semilibertà o ex art. 21 e prevede il coinvolgimento di cani e di animali appartenenti a specie protette CITES sequestrati dal Corpo forestale dello Stato. Il programma prevede due fasi, una di Formazione e una di lavoro. Ogni detenuto selezionato avrà la possibilità di affrontarle entrambe. L’esclusione dalla fase di lavoro sarà a discrezione del gruppo di selezione interno al carcere, sentiti i referenti per la Formazione. Per la realizzazione del progetto sarà necessario prevedere la costruzione all’interno del carcere di

tre strutture ospitanti animali che saranno gestite direttamente dai detenuti in collaborazione con personale esterno individuato dagli enti proponenti il progetto. Le strutture saranno una pensione per cani, un rifugio per cani provenienti dal rifugio sanitario e un rifugio per animali CITES sequestrati dal Corpo Forestale dello Stato. Contemporaneamente alla realizzazione delle strutture si attiveranno corsi di formazione finalizzati a far acquisire agli utenti nozioni sulle caratteristiche fisiologiche, comportamentali, ecc. degli animali che sono e/o saranno a disposizione. Inoltre si attiverà un percorso formativo volto a conferire competenze teoriche e pratiche sulle attività all’interno di un canile, includenti conoscenze relative al cane, alla sua gestione ed educazione. I detenuti così formati, oltre che all’interno del carcere, potranno operare come attività volontaria presso il canile sanitario (detenuti con regime di semi-libertà). Il percorso formativo avrà durata di 10+6 incontri (4 mesi di circa di formazione) Potranno essere attivati 2 corsi all’anno. Contemporaneamente alla fase operativa di costruzione delle strutture sarà definito un progetto di ricerca promosso dall’AULSS20 e il Centro di Referenza nazionale per gli IAA che coinvolgerà una parte dei detenuti selezionati. Nel gruppo di ricerca saranno inseriti 10/15 giovani detenuti, uomini o donne di età compresa tra i 18 e 25 anni. Tali obiettivi mirano ad evidenziare i cambiamenti psicologici e comportamentali del detenuto e poter verificare la reale efficacia del trattamento. La verifica dell’efficacia del programma di IIA sarà realizzata attraverso opportuni strumenti di misura psichico - comportamentale applicati in momenti diversi. I test saranno applicati ai detenuti all’inizio del programma formativo, alla prima verifica dopo 10 incontri, alla fine della formazione, all’inizio della fase di lavoro e a seguire ogni 3 mesi. Il progetto avrà durata 24 mesi, da giugno 2014 a giugno 2016. 2014 luglio, agosto- 15


ONCOLOGIA

Nuovo Ufficio per l’Unità Operativa Oncologia Medica del Mater Salutis Il CTO si occupa delle sperimentazioni cliniche del Mater Salutis, la maggior parte in ambito oncologico che prevedono l’utilizzo di nuovi farmaci antitumorali per pazienti oncologici che abbiano prestato l’adeguato consenso

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naugurato all’Ospedale Mater Salutis di Legnago l’Ufficio Sperimentazioni Cliniche (Clinical Trial Office CTO) dell’Unità Operativa di Oncologia Medica, diretta dal Dott. Andrea Bonetti. La sede dell’Ufficio, che sostituisce quello in funzione da diversi anni all’interno del reparto di Oncologia, è ubicata al piano terra del blocco sud e consta di una sala riunioni, due uffici ed un archivio. Il CTO si occupa della gestione delle sperimentazioni cliniche del Mater Salutis, la maggior parte delle quali in ambito oncologico che prevedono l’utilizzo di nuovi farmaci antitumorali per pazienti oncologici che abbiano prestato l’adeguato consenso. “In pratica - spiega Andrea Bonetti, direttore dal 2012 anche del Dipartimento di Medicina - alle cure standard offerte a tutti i pazienti oncologicivengono somministrati, previo consenso informato dei pazienti stessi, nuovi farmaci antitumorali, già testati sull’uomo, prima della registrazione all’Agenzia del Farmaco (AIFA). La sperimentazione clinica serve per migliorare i trattamenti e/o 16 - luglio, agosto 2014

ridurre gli effetti tossici dei farmaci”. L’Ufficio, che fa riferimento al Nucleo di Ricerca Clinica, è stato potenziato e collaborano alla sua gestione Giulia Cremon, Roberta Pasotto, Giacomo Moratello, Michele Tognetto che istruiscono per ogni progetto le pratiche da inviare al Comitato Etico. Dal 2001 ad oggi, in coincidenza con l’arrivo del dottor Bonetti alla guida del reparto di Onologia, l’attività è stata contrassegnata da una cinquantina di studi clinici, l’80% oncologici, con il coinvolgimento di 450 pazienti. “Da qui - sottoliena il Direttore Generale Massimo


Piccoli - la decisone di investire e creare spazi adeguati per un settore che permette di mantenere il nostro ospedale al passo con i tempi. Basti pensare che l’Ulss 21 ha presentato nel 2012 al Comitato Etico locale ben 28 studi relativi anche ad altre branche mediche, collocandosi al secondo posto dopo l’Azienda Ospedaliera integrata universitaria di Verona, con una delle migliori organizzazioni a livello regionale”. “L’Unità Operativa di Oncologia Medica del ‘Mater Salutis’ - prosegue Piccoli - compie un ulteriore passo avanti in quel percorso medico-assistenziale che le è valso l’accreditamento all’eccellenza e prestigiosi riconoscimenti, confermandosi come uno dei reparti fiore all’occhiello dove ogni anno vengono presi in carico circa 700 nuovi casi di pazienti affetti da tumore, di cui le neoplasie più diffuse sono quelle della mammella (150), seguite da colon-retto (150) e polmone, provenienti per il 30% da fuori Ulss”.

Alcuni di questi studi, per esempio, hanno dimostrato l’utilità del principio attivo ‘trastuzumab’ (un anticorpo monoclonale diretto verso un recettore di superficie espresso da alcune cellule tumorali di carcinoma mammario) dando un contribuito alla validazione di specifiche terapie. I trattamenti all’interno degli studi clinici seguono regole precise, secondo linee guida prestabilite: 1) Approvazione dello studio da parte del Comitato Etico di riferimento della provincia di Verona e Rovigo di cui fanno parte l’Azienda Ospedaliera integrata universitaria di Verona, le Aziende Ulss 20 di Verona, 21 di Legnago, 22 di Bussolengo e 18 di Rovigo; 2) Consenso informato scritto del paziente; 3) Regole della buona pratica clinica come esami di stadiazione della malattia eseguiti in tempi rapidi e ben definiti; 4) Monitoraggio e controllo di tutte le procedure da parte di osservatori esterni.

2014 luglio, agosto- 17


BREVI - ULSS 21

Chirurgia del piede: nuovo assetto organizzativo al Mater Salutis

Nell’ottica di un miglioramento dell’offerta alla popolazione dell’ULSS 21 relativamente alla Chirurgia del Piede, è stato recentemente migliorato l’assetto organizzativo sia per quanto concerne l’attività ambulatoriale che quella chirurgica. Presso l’U.O.C. di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale Mater Salutis di Legnago vengono trattate le patologie che coinvolgono il piede sia del giovane che dell’adulto. I pazienti con problematiche al piede possono essere visitati presso l’ambulatorio dedicato il giovedì a Legnago ed il venerdì presso l’Ospedale San Biagio di Bovolone dalla Dott.ssa Lidia De Cristofaro e dai Dott. Angelo Ciaraldi ed Alfonso Ussia. Gli interventi chirurgici vengono eseguiti dall’equipe del piede (composta dagli stessi medici che svolgono gli ambulatori dedicati) e normalmente in regime di Day Surgery con tecniche frequentemente mininvasive. Gli interventi in regime di ricovero sono riservati esclusivamente ai pazienti pediatrici (es. chirurgia del piede piatto), al di sopra dei 75 anni di età od in presenza di patologie sistemiche con controindicazioni di tipo anestesiologico. Ancora quando la complessità dell’intervento controindichi una chirurgia in Day Surgery (esempio patologie reumatiche dell’avampiede con necessità di riallineamento metatarsale). Fra le patologie di più frequente riscontro con richiesta di trattamento ricordiamo l’alluce valgo che colpi-

18 - luglio, agosto 2014

sce più frequentemente il sesso femminile causato da fattori costituzionali, spesso associato a deformità come le dita a martello (colpiti soprattutto il 2° ed il 3°). Le Metatarsalgie spesso associate a deformità complesse dell’avampiede o del piede in toto come il piede cavo. L’alluce rigido o artrosi primitiva della metatarsofalangea che nei casi più gravi prevede la sostituzione protesica o l’artrodesi. Altre patologie di più frequente riscontro sono rappresentate dalla fascite plantare (nota come tallonite), dal neuroma di Morton (causa di metatarsalgia ribelle), dalla malattia di Haglund responsabile di dolori in sede retro calcaneare tali da rendere difficile l’uso delle calzature, dalla sindrome del tunnel tarsale causa di compressione del nervo tibiale posteriore. Infine Il piede piatto del bambino e dell’adulto con problematiche chirurgiche completamente differenti. Devo ancora ricordare che gli stessi medici che si occupano del trattamento delle patologie del piede sopraelencate sono anche dedicati al trattamento del piede postraumatico talora con difficoltà tecniche di gran lunga superiori a quelle della cosiddetta chirurgia di elezione. Dott. Marco Cassini DIRETTORE UOC DI ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA OSPEDALE MATER SALUTIS LEGNAGO


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UNIVERSITÀ

Polo Legnago: consegnati i diplomi di laurea in infermieristica 46 gli studenti laureati: 29 dal Veneto, 11 dalla Sicilia, 5 dalla Puglia e uno dalla Calabria

C

onsegnati lo scorso 27 giugno i diplomi di laurea del Corso triennale in Infermieristica dell’Università di Verona, Polo di Legnago, Anno Accademico 2012-2013, a 46 studenti, 31 femmine e 15 maschi, dei quali 29 provenienti dal Veneto, 11 dalla Sicilia, 5 dalla Puglia e uno dalla Calabria. Il Polo di Legnago del Corso di laurea in Infermieristica dell’Università di Verona si riconferma tra i primi in Italia sia per ricerca che per formazione. Un risultato prestigioso che conoscono bene anche i 46 neolaureati dell’anno accademico 2012’13 che, in un clima carico di emozione, hanno ricevuto il sospirato diploma, «punto di partenza per un nuovo percorso di vita e non di semplice arrivo», come hanno sottolineato tutte le autorità presenti. All’appuntamento erano presenti Albino Poli, presidente del Corso di laurea in Infermieristica dell’Università di Verona, Gianni Tessari, direttore sanitario dell’Ulss 21, Paolo Marconcini, presidente della Conferenza dei sindaci e primo cittadino di Cerea e la professoressa Laura Cuzzolin, referente del Corso di laurea per la sede legnaghese. Oltre ad alcuni familiari dei neolaureati, tutor e docenti. “La vostra è una laurea molto importante – ha esordito il Direttore Sanitario Gianni Tessari, -

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perché siete professionisti che prestano la propria opera lavorativa a favore della persona. E’ un lavoro che dà soddisfazioni sia sul piano professionale che umano. La consegna dei diplomi vuole essere un riconoscimento all’impegno profuso dagli studenti, dai docenti, dagli operatori sanitari e dalla famiglia “. Questo Corso di Laurea, attivo a Legnago dall’anno 2000, è in continua evoluzione nell’offerta formativa ed ha incrementato i posti a bando dai 50 iniziali nel 2000 ai 100 a partire dal 2011, aumentando anche il numero complessivo di studenti nel triennio; attualmente sono 284. “Ringrazio il Direttore Generale dell’Azienda Ulss 21 di Legnago - ha spiegato Albino Poli, Presidente del Corso di Laurea in Infermieristica dell’Università di Verona – per questa cerimonia di consegna dei diplomi di laurea ed anche per aver investito sulla formazione di questi giovani. Questi ragazzi possono essere fieri di essersi laureati nell’Università di Verona. Una recente ricerca ha infatti assegnato, a questo Corso di laurea, il primo posto nel panorama delle università italiane. Da Berlino e da Londra abbiamo ricevuto richieste di nostri laureati. Tuttavia – ha concluso il Presidente Poli – questa laurea rappresenta la prima tappa di un percorso. D’ora in poi alla vostra formazione di base dovrete aggiungere l’autoapprendimento, il


continuo studio, perché l’evoluzione scientifica nel campo sanitario è sempre in evoluzione e bisogna sempre essere al passo con i tempi”. Nel corso della cerimonia di consegna dei diplomi di laurea sono intervenuti con una loro testimonianza: Sofia Franceschi, neolaureata e Andrea Bonetti, docente del Corso di Laurea in Infermieristica del Polo di Legnago e Direttore del Reparto di Oncologia Medica dell’Azienda ULSS 21. “Mi congratulo con i nuovi laureati lavorativo – ha commentato a latere Massimo Piccoli, Direttore Generale dell’Ulss 21 - per l’impegno posto nel raggiungere questo brillante risultato che apre le porte dell’esercizio professionale ad una attività che riserva gratificazioni professionali e umane. Anche se tra ansie e preoccupazioni per l’attuale crisi del mondo. La preoccupazione dei neolaureati è comprensibile, ma in base ai dati disponibili possiamo affermare che dei 432 laureati in Infermieristica presso il Polo di Legnago ben l’83% risulta occupato, di cui il 28% è stato assunto nell’Azienda Ulss 21 di Legnago e il 72% presso altri Enti. Una garanzia importante in un momento come questo. Per incentivare i giovani

ad intraprendere questo cammino professionale conclude il Direttore Generale – Il Corso di Laurea ha aderito al progetto alternanza scuola/lavoro con il Liceo Cotta e l’Istituto Tecnico Ricci di Legnago, finalizzato ad avvicinare i ragazzi delle scuole superiori alla realtà universitaria presente nel nostro territorio, attraverso la partecipazione di numerosi studenti alle lezioni frontali e ad uno stage osservativo in alcune Unità Operative della nostra Azienda”. Le preiscrizioni al prossimo Anno Accademico 2014/15 si effettueranno da metà luglio a metà agosto. Il test di ammissione è previsto per il 3 settembre 2014 . Per informazioni rivolgersi alla Segreteria del Corso di Laurea in Infermieristica (Patrizia Nalini e Nicola Paganotto), dal lunedì al venerdì dalle 8,30 alle 12. Sede Ospedale ‘Mater Salutis ‘ - terzo piano blocco nord. Telefono 0442.622245 - 0442.622829, fax 0442. 622139 laurea.infermieri@aulsslegnago.it Oppure consultare il sito www.univr.it

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ONLUS

Con il progetto Tagesmutter la tata apre le porte di casa sua La Tata Onlus” propone “Tagesmutter - mamma di giorno”, un servizio di accoglienza famigliare personalizzato con una particolarità in più: i bambini si sentono - a tutti gli effetti - a casa

L’

Italia non è un Paese per giovani e forse nemmeno per i bambini. Secondo il settimo rapporto su “I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia”, pubblicato il 17 giugno 2014 dal Gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, soltanto il 13,5% di bambini di età compresa tra gli 0 e i 3 anni ha avuto accesso ai servizi per l’infanzia e gli asili nido. Ma non è tutto qui. Le politiche di conciliazione famiglia-lavoro rappresentano un ostacolo non indifferente soprattutto per quei genitori che lavorano su turni, che non possono permettersi un part-time o una baby-sitter o che entrano in servizio quando ancora la città sta dormendo. Conscia di tutto ciò la cooperativa sociale “La Tata Onlus” ha deciso di avviare un progetto per la re-

alizzazione del Servizio “Tagesmutter - mamma di giorno” che offre accoglienza famigliare personalizzato con una particolarità in più: i bambini si sentono a casa! Ne parliamo con Jessica Tacconi, laureanda in Scienze della formazione che da due anni ha deciso di trasformare la sua casa per accogliere i bambini di Verona e dintorni. Jessica, quando hai deciso di avviare questa interesante e innovativa attività? Ho frequentato il corso per diventare tagesmutter nel 2012. In quel periodo lavoravo come educatrice presso un centro medico psicologico a Desenzano del Garda con partita iva e iniziavo a desiderare di crearmi una famiglia tutta mia, essere presente durante la crescita dei miei futuri figli e, da libera professionista non avrei mai potuto avere questa opportunità. Ho iniziato a cercare informazioni su internet e ho provato a capire quale lavoro mi avrebbe permesso di stare in casa per accudire i miei figli e nello stesso tempo continuare a svolgere la mia amata professione. Mi sono imbattuta sul sito della cooperativa “La Tata”. Ho chiamato per avere informazioni e qualche giorno dopo sono andata a fare le selezioni per il corso di 250 ore che sarebbe partito a breve. Cosa vuol dire essere una tagesmutter? La tagesmutter è una figura professionalmente for-

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domande, alla loro curiosità attraverso un progetto individualizzato. I bambini osservano, studiano, sperimentano, provano e riprovano, si impegnano, si trasformano, usano la fantasia, si meravigliano, ridono per cose apparentemente piccole e sono i miei grandi maestri di vita. Nella nostra stanza dei giochi c’è appesa una frase che dice: “impara da loro”. Come si svolge il tuo lavoro? Si svolge nella serenità di un ambiente pensato e predisposto per loro. Giochiamo, cuciniamo, curiamo l’orto, facciamo il bucato, raccontiamo fiabe, facciamo passeggiate, svolgiamo attività più strutturate come i travasi, il cestino dei tesori.

mata che fornisce educazione e cura ai bambini in casa propria. Si ispira a un modello di assistenza infantile nato nel Nord Europa, attivo in molte regioni italiane. Per me prima di tutto vuol dire offrire uno spazio e un tempo adeguato alle esigenze del bambino, dedicandomi ai loro bisogni, alle loro

Quali sono i vantaggi per i genitori? Sicuramente la personalizzazione del servizio, l’inserimento, l’accoglienza e l’affidamento dei bambini ad un’operatrice professionalmente qualificata all’interno di un gruppo ristretto, l’iscrizione della tagesmutter ad un albo professionale, l’appartenenza ad una rete nazionale, la costante verifica del mantenimento degli standard qualitativi e della sicurezza del servizio e dell’ambiente e infine la flessibilità dell’orario sulla base delle necessità dei genitori che possono usufruire di un monte ore poco elevato, minimo sei a settimana, per fare in modo che il bambino possa restare nella famiglia di origine il maggior tempo possibile. Ci tengo a specificare che il nostro servizio è offerto ai bambini fra gli 0 e i 13 anni. Dove possiamo trovarti a che orari? La mia abitazione si trova in Borgo Roma, visitando il sito www.tagesmutterlatata.com è possibile visionare le zone dove è attivo il servizio, oppure potete contattarci telefonicamente per le prime informazioni 389.5410332, la nostra coordinatrice Laura Donà sarà lieta di rispondere alle vostre domande. Progetti in cantiere? Vorrei riuscire ad aprire la mia casa anche a bambini con “bisogni speciali”, considerato che ogni giorno scopro quante opportunità educative può offrire l’ambiente casa.

Alessia Bottone 2014 luglio, agosto- 23


GRAVIDANZA

Acido Folico, non solo la vitamina della gravidanza Le soluzioni e gli interventi individuati sono stati capaci di fornire dei pilastri per un nuovo assetto promozionale della struttura

L’

acido folico è una vitamina del gruppo B molto importante per l’organismo, in particolare durante il periodo della gravidanza. Nel periodo dell’attesa infatti, il fabbisogno di questa vitamina aumenta notevolmente per tutelare la salute del bimbo e per questo motivo è consigliata una sua assimilazione costante e in misura sufficiente per il benessere di mamma e bebè.

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Durante la gravidanza, l’acido folico contribuisce allo sviluppo del condotto neurale, che comincia la sua formazione subito dopo il concepimento e diventa in seguito la colonna vertebrale del bambino. Inoltre, recenti studi hanno dimostrato che l’assunzione di questa vitamina diminuisce la possibilità di attacchi cardiaci, cancro e diabete ed è stata riscontrata la sua utilità nella prevenzione di alcune malformazioni del sistema nervoso dei nascituri. Per capire l’importanza di questa vitamina va precisato che l’organismo umano si serve normalmente della B9 per: - costruire cellule: in gravidanza le cellule dell’organismo materno sono sottoposte a un superlavoro perché contribuiscono allo sviluppo del feto; - prevenire una particolare forma di anemia detta “megaloblastica”, caratterizzata da globuli rossi più grandi del normale e contenenti poca emoglobina, la sostanza che trasporta ossigeno a organi e tessuti. Se all’inizio della gravidanza le riserve di acido folico sono scarse a causa di una dieta inadeguata, rischiano, nel corso dei nove mesi di esaurirsi del tutto; per questi motivi è importantissimo, fin dai tempi della gestazione, programmare con il proprio medico un giusto programma alimentare e


assimilare, se è il caso, appropriati integratori. Quantità e alimenti che lo contengono L’organismo umano non è in grado di produrre l’acido folico, come d’altronde accade per la maggior parte delle vitamine. È quindi importante assumerlo attraverso gli alimenti che lo contengono. Consumare quotidianamente una buona quantità di frutta e verdura è senza dubbio una buona abitudine, ma per aiutare l’embrione a svilupparsi regolarmente ed essere sicuri di fornirgli 0,4-0,8

mg al giorno di acido folico è necessario un apporto aggiuntivo, che può essere introdotto in due modi: - assumere ogni giorno un prodotto farmaceutico che lo contenga, previo il consenso e l’indicazione del medico; - consumare alimenti addizionati con acido folico, specifici per le mamme in gravidanza. Per quanto riguarda il fabbisogno giornaliero bisogna tenere presente che al di fuori della gravidanza, la quantità ideale è pari a 0,2 mg; per una mamma in attesa invece la quantità giornaliera necessaria è di 0,4-0,8 mg. La cosiddetta dieta mediterranea garantisce, di norma, un sufficiente apporto di acido folico all’organismo. Non basta però scegliere gli alimenti giusti; bisogna tenere presente che questa vitamina è poco stabile se sottoposta a elevate fonti di calore (il suo valore viene in parte distrutto con la cottura) e alla luce (i cibi che lo contengono vanno conservati in modo che non siano esposti 2014 luglio, agosto- 25


direttamente ai raggi solari). I principali alimenti in cui l’acido folico è contenuto in buone quantità sono: asparagi, insalata, cereali integrali, agrumi, broccoli, spinaci, lievito, banane, fagioli, legumi, pane, melone. Perchè serve al bambino Numerosi studi hanno evidenziato che le future mamme, che durante i nove mesi assumono dosi corrette di acido folico, hanno meno probabilità di avere un bambino con malformazioni del sistema nervoso centrale, come per esempio: - spina bifida (mancata chiusura della spina dorsale, con alterazioni del midollo spinale) - anencefalia (incompleto sviluppo del cervello) - encefalocele (erniazione di tessuto cerebrale e meningeo) È importantissimo quindi, fornire all’embrione un adeguato apporto di acido folico durante le 4-8 settimane di vita, periodo in cui avviene la formazione dei principali organi. Dal momento che nella maggior parte dei casi, trascorso il primo mese di gestazione non si sa ancora di aspettare un bambino, è consigliabile che le donne che desiderano una gravidanza assumano acido folico alcuni mesi prima del concepimento.

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ACIDO FOLICO IN GRAVIDANZA... PRIMA È MEGLIO! Non solo le future mamme sono interessate all’assunzione dell’acido folico. Infatti questa prassi: - è raccomandata a tutte le donne in età fertile, sia che programmino una gravidanza, che non ne escludano la possibilità, oppure che non usino metodi contraccettivi di sicura efficacia; - è ricca di benefici: chiedi informazioni al tuo medico già prima del concepimento; - fa parte di una serie di attenzioni che è importante seguire prima del concepimento sia per la tua salute che per quella del tuo bambino. L’acido folico è la vitamina B9. Normalmente assumiamo il fabbisogno quotidiano di vitamina B9, con una dieta ricca di frutta e verdura fresca, ma in gravidanza questo non è sufficiente in quanto il fabbisogno aumenta. Da tempo l’acido folico è stato riconosciuto come essenziale per la riduzione del rischio di avere un bambino affetto da Anencefalia e Spina bifida (i cosiddetti Difetti del tubo neurale o Dtn). Aiuta anche a ridurre il rischio di altre malformazioni congenite, in particolare alcune cardiopatie, malformazioni delle labbra e del palato (Labiopalatoschisi), difetti del tratto urinario e di riduzione degli arti. Per ottenere questo effetto protettivo è indispensabile aumentare l’assunzione giornaliera di acido folico di 0,4 mg al giorno, quantità che è difficile raggiungere con la sola alimentazione, per quanto ricca di alimenti che lo contengono. È solo attraverso l’integrazione con un supplemento vitaminico a base di acido folico che si raggiunge la quantità ottimale in vista della gravidanza. L’assunzione di 0,4 mg consigliata a tutte le donne nel periodo periconcezionale, deve iniziare prima del concepimento e proseguire per tutto il primo trimestre di gravidanza. In alcuni casi particolari è consigliato un dosaggio maggiore, pari a 4/5 mg al giorno.


BREVI - REGIONE VENETO

Dal 1° settembre addio ricetta rossa

Dal 1 settembre i cittadini che richiederanno una prescrizione farmaceutica al proprio medico di medicina generale riceveranno un promemoria stampato su carta bianca con il quale potranno recarsi in farmacia e ritirare il farmaco prescritto. Scompare così la ricetta rossa farmaceutica che, grazie al percorso di dematerializzazione delle prescrizioni realizzato in seno al progetto Fascicolo Sanitario Elettronico regionale, non ha più ragione di esistere. Si completa in questo modo la seconda fase di digitalizzazione del processo di produzione ed erogazione delle ricette realizzato grazie ad un collegamento telematico tra medici, azienda sociosanitaria di riferimento, farmacie, Regione e Ministero dell’Economia. Un sistema che, in linea con le norme regionali e nazionali in materia, offre soprattutto un’occasione per migliorare il servizio direttamente al cittadino. Arsenàl.it, consorzio per la sanità digitale di tutte le Ulss e aziende ospedaliere del Veneto, che coordina l’iniziativa nell’ambito del progetto Fascicolo Sanitario Elettronico regionale, ha calcolato che grazie alla ricetta dematerializzata il sistema sanitario regionale risparmierà ogni anno 3.244.901 euro. Tutto ciò è possibile grazie alla messa in rete dei medici di medicina generale (3.332) e dei pediatri di libera scelta (580): oggi il 98% dei medici

risulta collegato in rete ed inviante la ricetta dematerializzata. A fronte del grande impegno dei medici e delle farmacie per aggiornare i propri sistemi informativi, la novità che andrà a regìme il primo settembre non implica cambiamenti particolari per il cittadino che, al posto della ricetta rossa farmaceutica, riceve un promemoria bianco contenente due codici: il numero di ricetta elettronica ed il codice fiscale dell’assistito. Con questo può recarsi alla farmacia preferita e ricevere il farmaco prescritto dal proprio medico. La dematerializzazione sarà successivamente estesa alle prescrizioni specialistiche erogate dai medici delle aziende. Il processo di digitalizzazione sarà chiuso completamente dal 2015 quando la ricetta rossa scomparirà del tutto e al cittadino basterà recarsi in farmacia con la propria tessera sanitaria per ricevere il farmaco prescritto. Tutto questo garantisce agli assistiti del sistema sanitario veneto maggiore sicurezza, tempi più rapidi nell’erogazione dei servizi e contenimento della spesa sanitaria. In Veneto vengono prodotte circa 60 milioni di prescrizioni, delle quali 40 milioni di farmaceutiche e 20 milioni di specialistiche. I risparmi derivanti dalla dematerializzazione della ricetta rossa sono stati calcolati in 3.244.901 euro ogni anno (tenendo conto del costo-opportunità del personale delle aziende, del costo delle ricette e del costo dei servizi di gestione della ricetta cartacea) per il sistema sanitario regionale veneto. La Regione Veneto sta attuando la dematerializzazione della ricetta come prima tappa del progetto Fascicolo Sanitario Elettronico regionale, iniziativa coordinata da Arsenàl.IT, che, attraverso una complessiva riorganizzazione dei sistemi informativi sanitari di ogni azienda, sta rivoluzionando i servizi di cura al cittadino al fine di garantire una assistenza sociosanitaria più puntuale, efficiente e sostenibile.

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ATER

Ater Verona il meglio di noi per voi! Nasce una sorta di manuale di istruzioni su come “usare” i servizi ATER, all’interno del quale si analizzano tematiche dell’attività dell’Azienda

L’

Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale della Provincia di Verona, si è dotata di due nuovi strumenti per comunicare ed interagire con i cittadini ed i propri utenti. Si tratta della nuova Carta dei Servizi e di una bachecha informativa multimediale utilizzabile dall’esterno dell’azienda e funzionante 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. La Carta dei Servizi è il mezzo attraverso il quale l’Azienda, che eroga un servizio pubblico, individua gli standard qualitativi e quantitativi della propria prestazione. L’intento è quello di monitorare e migliorare le

Niko Cordioli, Presidente ATER Verona

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modalità di fornitura e somministrazione dei servizi che contraddistinguono l’operato degli Uffici e del personale. “La nuova Carta dei Servizi - spiega il Presidente Niko Cordioli - è stata pensata per essere una guida semplice ma al tempo stesso completa e dettagliata, ordinata, organizzata, intuitiva, snella e soprattutto caratterizzata da un linguaggio meno formale e burocratico.” Nasce così una sorta di manuale di istruzioni su come si possono “usare” i servizi dell’ATER di Verona ed all’interno del quale si susseguono le tematiche caratterizzanti l’attività dell’Azienda. Si apre con una breve spiegazione della Carta dei Servizi e l’A.T.E.R. che si racconta e con le informazioni primarie relative all’accesso ed al contatto da parte degli utenti. Si prosegue con le informazioni dedicate a coloro che vogliono diventare assegnatari ATER, al contratto ed al canone di locazione ed all’annullamento e decadenza dell’assegnazione. Tre pagine sono dedicate ad una serie di “Come fare…” per fornire risposte alle domande più frequenti degli utenti. Ampio spazio è riservato ai temi dell’autogestione, del condominio e della manutenzione della casa. Le ultime pagine sono destinate alle modalità di reclamo, al reperimento di moduli e regolamenti utili e necessari per l’espletamento di tutte le pratiche ed ai tempi


dei servizi erogati dall’ATER di Verona, riassunti in una semplice tabella che li raggruppa in ordine per argomento. “La realizzazione della nuova Carta dei Servizi prosegue Cordioi - non rappresenta per l’Azienda un punto di arrivo, bensì il punto di partenza per proseguire con l’impegno profuso al fine di migliorare sempre più il livello di comunicazione con gli utenti, accorciando le distanze tra le loro esigenze ed il nostro operato.” La bacheca informativa multimediale, installata presso la sede dell’ATER di Verona, è stata pensata al fine di migliorare la comunicazione e l’accessibilità dell’Azienda grazie a questo moderno sistema touch esposto sul marciapiede di maggior transito e visibilità. “Questa “vetrina” - spiega il Presidente Cordioli - è stata pensata in modo più dinamico rispetto alle tradizionali bacheche informative che si limitano a fornire indicazioni all’utente, ma lo vincolano all’interazione con gli uffici per l’espletamento di alcune formalità o per l’accesso a documenti utili.” L’utilizzatore può consultare direttamente dal sistema la modulistica o i regolamenti di cui necessita, inviandoseli ad un indirizzo e-mail di sua scelta per la compilazione o consultazione in al-

tre occasioni; compilare ed inviare direttamente agli uffici competenti il modulo di reclamo ed il questionario di soddisfazione per gli utenti; inviare direttamente un messaggio e-mail contenente i propri riferimenti ed un breve testo all’indirizzo generale dell’Azienda, all’Ufficio Protocollo, all’Ufficio Manutenzione ed all’Ufficio U.R.P.; effettuare una ricerca per l’acquisto o la locazione di un immobile attraverso una consultazione di tutte le schede presenti o inserendo parametri di ricerca quali comune, tipologia e prezzo massimo ed una volta visionate le schede complete degli immobili di interesse, inviare direttamente all’Ufficio Vendite il messaggio contenente un testo predefinito con i riferimenti dell’immobile ed i propri dati per essere ricontattato per ulteriori informazioni. I contenuti della pagine di informazione ed i regolamenti sono presenti all’interno della “vetrina” anche in lingua inglese e francese per permettere la massima comprensione a tutti gli utenti. “Il concetto di “sempre aperto” a prescindere dagli orari dell’Azienda o di ricevimento del pubblico – conclude Cordioli - ci permette di avvicinarci sempre maggiormente alle esigenze degli utenti, che devono poter conciliare al meglio i tempi di lavoro e di cura della famiglia.”

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ARTE IN OSPEDALE

La leggerezza del colore al Confortini sembrano respirare, profumare di un mondo buono visto con gli occhi del cuore. Con leggeri tocchi di meraviglia e intimi sussurri, riesce a controllare anche il più piccolo segno, quella palpitante pennellata che fa vibrare macchie, gocce, sprazzi di colore che si muovono, si espandono, si dispongono in forme, in visioni, quasi emanazioni dello spirito, di un’anima che scoprendosi regala con coraggio la parte più sofferta, più bella e più nascosta di sé. C’è un senso di purezza che le anima, un lievito spirituale che alita e si diffonde come una linfa che scorre e pulsa sottopelle rendendo vivi e partecipi i suoi ritratti. Con fare positivo Liliana Bergamini trasmette una sensazione sempre serena del reale che appare e dispare, in un qualcosa di finito e non finito, nei dialoghi tra il colore e il raggio che gioca a scomporre le tinte a illuminare i toni, ad accendere le composizioni offrendo alle espressioni continui rimandi, rinnovate presenze, dolcissimi fremiti.

La ricchezza dell’Arte sta nella sua diversità, nella molteplicità di proposte, nella varietà di soluzioni: lo dimostra l’Artista Liliana Bergamini, autrice di preziose e delicate pitture che rappresentano l’intimità del mondo interiore, che ha fatto seguito - per la rassegna L’Arte in Ospedale al Polo Confortini - al grido cromatico di Roberto Bertani. L’Artista, come ha felicemente evidenziato la sua Personale “La leggerezza del colore”, si dedica da sempre ad un lavorio attento, preciso, minuzioso di lenta e profonda introspezione con la difficile tecnica dell’acquerello che esige padronanza e sicurezza e non ammette sbagli e ripensamenti, nessun ritocco successivo. Liliana Bergamini crea pitture delicate percorse dal leggero sentimento del colore che irrora le figure, i fiori, i paesaggi: è un flusso lirico, poetico, intessuto di finissimi accordi cromatici che

30 - luglio, agosto 2014

Marifulvia Matteazzi Alberti



ASSOCIAZIONI

Casa Oz, quando la solidarietà diventa musica Il progetto “Evacontroeva” feat Nicole Stella per CasaOz consiste in un video musicale tramite il quale raccolgiere fondi per i bambini che si sottopongono a lunghi periodi di terapia al Regina Margherita

M

ariangela Galotto, 32 anni compiuti da poco, educatrice di professione. Tanti obiettivi, un solo sogno: aiutare l’Associazione Casa Oz Onlus di Torino, una casa diurna per bambini malati e per le loro famiglie. Un anno fa l’occasione: è bastata una trasmissione radiofonica, un incontro casuale con Eva Novello, compositrice musicale e con una testimonial d’eccezione come Luciana Litizzetto per creare un mix esplosivo.

32 - luglio, agosto 2014

Gli ingredienti? La musica, i sogni, l’entusiasmo, un video musicale e una raccolta fondi organizzata da Verona destinata ad arrivare a Torino. Ne parliamo con Mariangela, responsabile del progetto “Evacontroeva” feat Nicole Stella per Casaoz.

Quando hai scoperto Casa Oz e perché hai deciso di voler aiutare questa associazione? L’ho scoperta per caso nel 2013 mentre ascoltavo la trasmissione radiofonica“La Bomba” trasmessa da Radio Deejay condotta da Luciana Littizzetto madrina e testimonial di CasaOz. In studio, quel giorno, c’era Enrica Baricco, Presidente dell’associazione.Sono rimasta subito colpita dalle loro parole, dal loro entusiasmo e così ho avviato un primo progetto di raccolta fondi. Ho sentito il bisogno di dare il proprio contributo. Poi, durante la presentazione del primo evento ho conosciuto Eva Novello, fortemente interessata ad aiutarmi e così è nata l’idea ovvero scrivere una canzone che rispecchiasse il più possibile i valori di CasaOZ.


In cosa consiste il progetto e la raccolta fondi? Il progetto “Evacontroeva” feat Nicole Stella per CasaOz consiste in un video musicale prodotto dalla Wolfilm di Padova, la cui musica e parole sono state scritte da Eva Novello e la voce è della bravissima Nicole Stella, giovane talento che ha partecipato a “Io canto”. La canzone narra dell’incontro di Nicole, in un sogno ad occhi aperti, con il suo angelo custode. Il messaggio di speranza e fiducia nel prossimo del brano è un chiaro riferimento alla salvezza che CasaOz rappresenta per molti bambini malati e per le loro famiglie. Il video è presente sulla piattaforma Rete del dono a questo indirizzo: www.retedeldono.it/evacontroeva ed è attraverso questo canale che si può donare e ricevere in omaggio la canzone in formato mp3. Attraverso la raccolta fondi vogliamo aiutare questa realtà di Torino che rappresenta una vera e propria casa per i bambini che si sottopongono a lunghi periodi di terapia al Regina Margherita. Chi sono gli altri protagonisti della raccolta fondi? A questo progetto hanno preso parte oltre a Eva Novello e Nicole Stella alcuni volti noti della realtà veronese, città in cui abbiamo girato una parte del video ottenendo il patrocinio. Nel video, girato al

Camploy di Verona, troviamo gli attori veronesi Giulia Cailotto e Roberto Vandelli. Ha partecipato anche Jacopo Sarno, giovane musicista e attore e Andrea Canaglia campione di pattinaggio artistico. Per il backstage invece abbiamo ingaggiato Camilla Semino Favro, attrice di fiction e di cinema.

Una testimonial speciale: Luciana Littizzetto… qualche aneddoto? Ho conosciuto Luciana l’anno scorso durante uno degli eventi che organizza in favore di CasaOz . Mi sono avvicinata a questa realtà grazie a lei. Appena le ho parlato della raccolta fondi ha subito accettato di presentarlo durante la trasmissione senza pensarci un attimo aiutandoci ad estendere la nostra campagna sul territorio nazionale. Progetti in cantiere? Si, tanti, a cominciare da un grande evento di musica e solidarietà che si terrà a settembre a Torino di cui però non posso ancora svelare nulla se non che a brillare ci sarà la nostra Stella. E’ solo l’inizio di un proficuo lavoro a sostegno di CasaOz.

Alessia Bottone 2014 luglio, agosto- 33


LETTURA

Un libro per…non smettere di giocare! Intervista esclusiva di Verona InForma a Fabrizio Quattrini psicologo, psicoterapeuta, sessuologo e autore del libro “Non smettere di giocare. 50+1 idee per scoprire insieme tutte le sfumature del piacere”

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rima c’erano le “50 sfumature di grigio”, di “nero” e infine “di rosso”. “In realtà sono sono molte di più” ci spiega Fabrizio Quattrini, psicologo, psicoterapeuta e sessuologo che con il libro “Non smettere di giocare. 50+1 idee per scoprire insieme tutte le sfumature del piacere” ha messo nero su bianco i suoi consigli per contrastare la routine di coppia e vivere serenamente le proprie emozioni. Fabirizio, nell’immaginario collettivo la figura del sessuologo non sembra essere molto chiara. Quando ci si rivolge ad una figura come la tua? E perché tanti pregiudizi? Sicuramente la figura del sessuologo è ad oggi ancora molto “confusa” perché non solo come professione non ha ottenuto un riconoscimento ufficiale dal Ministero dell’Università e della Ricerca, ma viene associata troppo superficialmente a quella del medico. Esistono due figure distinte: la prima è quella del medico sessuologo che orienta il suo operato solamente sulle problematiche sessuali di carattere organico e quella dello psicosessuologo che interviene ogni volta in cui il paziente si trova in una condizione psico-emotiva e relazionale difficile da affrontare con conseguente disa34 - luglio, agosto 2014

gio sessuale-corporeo-genitale di tipo funzionale. I pregiudizi riguardano essenzialmente la difficoltà nelle persone di svincolarsi dai grandi tabù


della sessualità. È preferibile rimanere fedeli alle false credenze dettate dal sistema socio-culturale di riferimento, piuttosto che vivere in armonia e serenità l’esperienza erotico-sessuale. Come’è nata l’idea di scrivere” Non smettere di giocare? La possibilità di proporre al grande pubblico un manuale di educazione sessuale semplice e chiaro. Sessualità che deve essere appresa e verificata con armonia, gioco e una forte complicità. Sessualità che può essere riconquistata permettendo una educazione sessuale e affettiva di tipo adulto. Ad oggi sono molte le persone che “ignorando” le vere emozioni e i reali bisogni si incastrano in sciocche preoccupazioni. 50+1 idee divertenti per non far sfumare il destino. Raccontane una... Tra i 51 giochi erotici ideati quello più accattivante rimane il 51, anche perché il più personalizzato, “The erotic box” dove i partner possono provare a sperimentare le proprie fantasie erotiche permettendo di sorprendere il partner, ma soprattutto riscoprire il piacere di volere stare insieme, condividendo emozioni, sensazioni e piacere eroticosessuale. In pratica entrambi i partner dovranno scrivere le proprie fantasie erotiche corredate di scenario e particolari, metterle in un contenitore e poi a vicenda e senza che il partner se ne accorga, sperimentare e sorprendere! Naturalmente questo gioco erotico è l’ultimo di una serie di idee che vanno da quelle più soft a quelle più trasgressive. Sex therapy: uno spaccato di vita vera e problemi quotidiani, un modo come un altro per parlare di sesso. Che tipo di riscontro hai avuto? Sex therapy è stato uno spaccato importante di TV educativa. Anche se criticato perché spesso parlare di sessualità significa rischiare di ferire il senso del pudore, Sex Therapy ha voluto rompere qualche tabù, permettendo attraverso le immagini rispettose e delicate, ma soprattutto i contenuti chiari e scientifici di sdoganare falsi miti e sciocche credenze.

Progetti in cantiere? Alcuni progetti editoriali (divulgativi e scientifici) e un grande progetto/battaglia per una causa a mio avviso tanto delicata quanto fondamentale: l’istituzione nel nostro paese della figura dell’Assistente Sessuale per le persone con disabilità. Da circa due anni mi sto dedicando a questo progetto con l’amico Max Ulivieri e tutto il gruppo del Comitato promotore Love Giver. Di recente siamo riusciti a portare in Senato (24 aprile 2014) un ddl (1442), che è appoggiato da molti senatori bipartisan sembra riscuotere importanti consensi. 7- Dove possono trovarti i lettori? Sul mio blog del “Fatto Quotidiano” e in TV non solo sulle repliche di Sex Therapy, ma a breve anche in due docufilm dove come esperto sessuologo tratterò di Disforia di Genere e Disabilità e Sessualità.

Alessia Bottone 2014 luglio, agosto- 35


BREVI - ULSS 21

I bambini dell’ ULSS 21 disegnano il loro ospedale

“Con soddisfazione - commenta Massimo Piccoli, Direttore Generale dell’Azienda Ulss 21 di Legnago - posso dire che la partecipazione al 1° Concorso di Disegno per i bambini delle scuole dell’infanzia e primarie del territorio dell’Ulss 21, sul tema “L’ospedale che vorremmo...” è stata notevole sia per la quantità di elaborati ricevuti che per la qualità e creatività degli stessi. Infatti, i disegni pervenuti sono stati 95, provenienti da 50 classi delle scuole primarie e 45 dalle scuole dell’infanzia, coinvolgendo più di 2.000 bambini di varie fasce d’età (16 scuole primarie e 24 dell’infanzia). Ritengo pertanto che l’obiettivo di rendere partecipi i più piccini su questa importante realtà del loro territorio come l’Ospedale, sia stato raggiunto”. I 95 elaborati sono stati sottoposti alla valutazione di una Commissione composta da: Massimo Piccoli, Direttore Generale dell’Aulss 21, Raffaele Grottola, Direttore dei Servizi Sociali e Funzione Territoriale, Mons. Bruno Fasani, Paolo Marconcini, Presidente della Conferenza dei Sindaci e Sindaco di Cerea, Laura Terrin, insegnante, in rappresentanza del Prof. Silvio Gandini, Dirigente Scolastico del Liceo ‘Cotta’ di Legnago e Marzia Caltran, titolare della nota impresa di Comunicazione ‘Pubblidea’ di Legnago’.

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Alla presenza dei bambini partecipanti al Concorso, dei loro insegnanti sono stati premiati i primi classificati dei disegni, per fasce d’età e classi, con un “buono acquisto” per materiale di cancelleria del valore di Euro 500,00 e a ciascuna classe partecipante è stato consegnato un attestato di partecipazione con un “buono acquisto” per materiale di cancelleria. Questi i primi classificati: Scuole dell’Infanzia N° 35 Scuola Infanzia “L’Aquilone” – Bovolone Sezione B – Titolo: “ La Parola ai bambini” N° 53 Scuola d’Infanzia “Collodi” - Casette di Legnago – Titolo: Facciamo tutto col cuore” N° 61 Scuola d’Infanzia “Villaggio Trieste” – Cerea – Titolo: “Una stanza speciale” Scuole Primarie: N° 64 Scuola Primaria Bonavicina “C. Alberto Pasti” – Bonavicina – Titolo: “Girotondo di petali” N° 8 Scuola Primaria di Bonavigo “A. Aleardi” – Titolo: “ Viaggio della Salute” N° 15 IC “B. Barbarani” (Scuola Primaria “G. Zanella”) – Titolo “Il distributore della salute” N° 3 Scuola Primaria “G. Pascoli” di Roverchiara – Titolo: L’Pspedale che vorrei...”. N° 40 Scuola Primaria “San Giovanni Bosco” di Sustinenza – Titolo: “Noi sogniamo questo...” “I disegni del concorso - conclude il Direttore Generale - diventeranno di esclusiva proprietà dell’Azienda Ulss 21 di Legnago ed andranno a rendere più colorita e viva la struttura ospedaliera. Inoltre, mediante questa iniziativa rivolta ai bambini, che secondo i nostri programmi vuole essere la prima di una serie rivolta ai bambini delle classi delle scuole dell’infanzia e delle scuole primarie afferenti al territorio dell’Azienda Ulss 21, intendiamo, nell’ambito dei Servizi alla Persona, in particolare, nell’età evolutiva e nel supporto alle famiglie, rafforzare i rapporti di collaborazione già in atto con il territorio, in questo caso, le Direzioni scolastiche”.



OCCHI

Il glaucoma Conosciamo le cure e le terapie per la cura di questa patologia oculare

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a terapia per la cura del glaucoma può essere medica o chirurgica, come l’intervento al laser o la scleroplastica, ideata dal noto chirurgo russo Fyodorov. La prima è la più diffusa, mentre la seconda è tendenzialmente adottata solo per i casi più gravi ma la trabeculoplastica selettiva (SLT-Selective Laser Trabeculoplasty) dà i migliori risultati nei pazienti non ancora sottoposti a trattamento farmacologico[senza fonte] Di solito la terapia farmacologica è incentrata sulla somministrazione di appositi colliri mentre l’intervento consiste in una trabeculectomia (letteralmente: “taglio del trabecolato”, che è il canale di fuoriuscita dell’umor acqueo). L’utilità della parachirurgica è limitata a pochi casi mentre l’SLT è indicata in tutti i casi di glaucoma ad angolo aperto. Le aree del campo visivo perse a causa dei danni provocati al nervo ottico non possono essere recuperate con nessuna delle tre terapie. La terapia ha funzione esclusivamente conservativa o preventiva nei confronti di un ulteriore danno della visione ed evitare la cecità. Tutte e tre le terapie hanno lo stesso scopo di facilitare il deflusso dell’umor acqueo dove si è creata un’ostruzione, rimuovendola se c’è, oppu-

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re nei punti in cui è più conveniente far defluire la produzione in eccesso di umor acqueo. La terapia medica attuale è basata essenzialmente sull’uso di colliri che hanno la funzione di ridurre la produzione di umor acqueo o aumentarne l’eliminazione; il capostipite è stato la pilocarpina, estratto da una pianta tropicale e noto fin dal 1870. Per circa un secolo è rimasto l’unico presidio ma oggi è poco usato a causa di alcuni fastidiosi effetti collaterali. Attualmente sono usati maggiormente i betabloccanti, gli inibitori dell’anidrasi carbonica (fra cui l’acetazolamide e la diclofenamide), gli alfa stimolanti e le prostaglandine con il capostipite latanoprost, in commercio dal 1997. In alcuni casi si è assistito alla riduzione della pressione oculare con la marijuana e la cocaina, droghe ancora illegali per questo problema. L’effetto farmacologico principale della cocaina a livello locale è quello di un blando anestetico e vasocostrittore, a livello del sistema nervoso centrale (SNC) è quello di bloccare il recupero (reuptake) di dopamina nel terminale presinaptico una volta che questa è stata rilasciata dal terminale del neurone nella fessura sinaptica; la rimozione della dopamina dal terminale sinaptico avviene ad opera delle


proteine di trasporto che favoriscono l’assorbimento del neurotrasmettitore dall’esterno all’interno del neurone. La marijuana agisce sulla funzionalità delle proteine di trasporto, impedendo il riassorbimento di dopamina all’interno del neurone trasformandosi in thc. L’ormone della crescita e l’oncomodulina sono due farmaci in fase di sperimentazione umana che promettono un parziale recupero della visione. Studi del Glaucoma Research Foundation dal 1999 al 2001 hanno scoperto che quando il nervo ottico viene danneggiato, l’infiammazione seguente stimola le difese immunitarie di uomini e ratti a far muovere i macrofagi dentro l’occhio e rilasciare oncomodulina sopra il nervo della retina, fino a far ricrescere gli assoni.[senza fonte]Rita Levi-Montalcini, ricevuto il premio Nobel nel 1986 per la scoperta del Nerve growth factor, verificò più volte che le cellule trattate in vitro con Ngf ricrescono[1][2]. Coordinando un gruppo di ricercatori verificò nel 2000 la possibilità di rigenerare la cornea, nel 2008 che nei ratti un 25% della cornea trattata con Ngf non necrotizzava per un glaucoma indotto, e nel 2009 le cellule del nervo ottico umano potevano essere rigenerate. Il successo era limitato a due casi di un campione di tre pazienti alle massime dosi di collirio, in fase di glaucoma terminale, praticamente ciechi: uno si è stabilizzato, altri due da un campo completamente

nero hanno iniziato ad avere ampie zone di vista, verificando che l’Ngf aumenta i filamenti dei nervi (dendriti)[3]. La High Frequency Deep Sclerotomy è una tecnica nota dai primi anni 2000 nella cura del glaucoma ad angolo aperto e del glaucoma giovanile[4]. La HFDS (nome scientifico ITT) è una tecnica chirurgica ab interno non invasiva che permette di abbassare la pressione del sangue all’interno dell’occhio per bloccare la malattia e fino a ridurre o eliminare i farmaci utilizzati per il glaucoma. La sclerotomia profonda si esegue se la pressione oculare non è superiore ai 25-30 millimetri di mercurio. Negli altri casi, più gravi ma per fortuna più rari, è indicato solo l’intervento perforante. Esiste anche un altro tipo di intervento chirurgico: la Cliclodiastasi con filo di Supramid ideato da Strampelli che, a differenza dell’ intervento perforante, non causa interruzioni del continuum della sclera evitando così la formazione della così detta “bozza cistica” ed il rischio di possibili infezioni endooculari. Tuttavia le indicazioni all’intervento per glaucoma, e la scelta dello stesso, sono considerazioni difficili e che devono tenere conto di molte variabili e sono comunque di pertinenza del Chirurgo Oculista.te a contatto. fonte: ttp://it.wikipedia.org/

di Degani Francesco

Piazza Vittorio Emanuele, 13 37024 - Negrar (VR) - Tel. 045 7501223 2014 luglio, agosto- 39


TERZA ETÀ

Gli anziani ieri, oggi, domani Un proverbio africano recita “Ogni anziano che muore è una biblioteca che brucia”. Oggi, invece, in un’epoca contrassegnata da una diffusa ansia di rimanere giovani, la parola “vecchiaia” è diventata quasi un tabù

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razie alle nuove conoscenze medicoscientifiche, che hanno fortemente ridotto la mortalità per malattia e alle migliorate condizioni socio-economiche, igieniche e alimentari, la durata di vita media di un italiano sfiora oggi i 79 anni. Negli ultimi 50 anni gli “over 65” sono aumentati del 150%, nel 2010 erano già

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6 milioni, nel 2015 saranno 12.5 milioni, tanti quanti i giovani tra i 15-34 anni e già oggi l’Italia è la nazione con il più alto numero di anziani al mondo. Ma chi è l’”anziano”? La parola “anziano” deriva dal latino “ante anus”, che significa “nato prima”, “più vecchio”, ma storicamente anche “colui che


ha più dignità e autorità”, che trasmette la cultura e la saggezza di un popolo; un proverbio africano recita infatti “ogni anziano che muore è una biblioteca che brucia”. Oggi, invece, in un’epoca contrassegnata da una diffusa ansia di rimanere giovani, una parola come “vecchiaia” è diventata quasi un tabù; oltretutto, grazie alla diffusione dell’alfabetizzazione e allo sviluppo dei mass media, anche il suo ruolo di trasmettitore di conoscenza, miti e saperi è andato via via scemando. E’ proprio con il passaggio all’era post-industriale che il ruolo sociale dell’anziano e la sua immagine all’interno della società e della famiglia si sono modificati in modo sostanziale. L’inizio della vecchiaia viene oggi sancito, in modo assolutamente repentino, dal pensionamento e dalla perdita dello status sociale connesso al ruolo di lavoratore. Uscire dall’ambiente lavorativo può significare, per molti, essere “fuori dal mondo”: diminuiscono le possibilità di contatto umano e di relazione e vengono meno gli incontri con i colleghi e con gli amici che lavorano ancora e questo passaggio induce spesso vissuti di inutilità, di vuoto (che talora si trasformano in vera e propria depressione), cui non sempre fanno da contrappeso nuovi obiettivi e interessi. Nella nostra cultura estremamente consumistica, infatti, la produttività, la velocità, l’efficienza e l’attività lavorativa, assieme al consumo immediato, sono elementi fondamentali nella definizione dell’identità e del ruolo sociale e chi non riesce ad adeguarsi a questi “valori” tende all’esclusione sociale. Per questo, a parte pochi anziani privilegiati, per reddito, cultura e salute, che occupano un ruolo preminente nella scala sociale, a volte persino eccessivo (rischio di gerontocrazie), la maggior parte di loro vive in condizioni di sostanziale invisibilità e a volte di vera emarginazione. Anche per questo sarebbe veramente importante sviluppare e implementare una reale politica di solidarietà tra generazioni; nella nostra cultura, invece, la scarsità di risorse economiche e di lavoro più frequentemente scatena forti ”rivalità” tra generazioni, contrapposizioni dei “giovani” contro i “vecchi”, che di certo non contribuisce all’alleanza interge-

nerazionale. La condizione dell’anziano è oggi spesso associato uno stereotipo negativo, che viene denominato “ageismo” (pregiudizio legato all’età). Questa forma di pregiudizio fa sì che le persone anziane vengano considerate generalmente inutili, inadeguate, spesso malate o depresse, rigide, ostinate, senza più passioni, né emozioni, resistenti ai cambiamenti e quindi socialmente incompetenti; la vita del vecchio “non è più vita, ma sopravvivenza”; se un anziano ha una semplice difficoltà di memoria viene etichettato “rimbambito” o “demente”, se ad avere la stessa dimenticanza è un giovane, probabilmente sarà semplicemente considerato “sbadato”, se, invece, è un adulto saremo portati a pensare che è “stressato dal lavoro”. L’insieme di questi atteggiamenti svalutanti andrebbe attentamente considerato per le ripercussioni sociali e personali che questo può avere, sia sugli stessi anziani, che tendono inevitabilmente ad identificarsi nello stereotipo, sia nei giovani, che in questo modo non si “preparano” mai al fatto che, prima o poi (e se saranno abbastanza “fortunati”), diventeranno anziani essi stessi, dato che la vecchiaia è una delle tappe evolutive inevitabili della nostra esistenza, a meno di una morte precoce, e, in quanto tale, dovrebbe avere lo stesso valore e la stessa attenzione di quelle che la precedono (infanzia, adolescenza e maturità). Inoltre, se è vero che con l’età si riduce il margine di sicurezza biologica, è altrettanto vero che aumentano le esperienze, la consapevolezza del loro valore e significato, che si possono sviluppare nuove modalità adattive e potenzialità creative, che si è meglio preparati ad affrontare e sostenere i problemi dell’esistenza, più capaci di pensare e ponderare le decisioni e controllare il comportamento. Per dirla con Sedmak “Se è vero che il giovane corre più veloce, è altrettanto vero che l’anziano conosce le scorciatoie”, infatti, ad esempio, la memoria perde di immediatezza, ma acquista in esperienza, gli organi di senso riducono la loro acutezza, ma la percezione complessiva non ne risente; peggiora l’apprendimento quantitativo, ma migliora quello qualitativo. 2014 luglio, agosto- 41


L’anziano sviluppa quindi un nuovo modo di conoscere, non basato su rapidità e precisione, ma sulla riflessione e la scelta. Con l’avanzare dell’età, peraltro, si è più allenati a gestire le emozioni e a dare un giusto peso a ciò che accade. E gli studi neuropsicologici ci confermano che l’efficienza cerebrale resta pressochè intatta tra i 60 e i 70 anni e spesso anche oltre, in relazione alla storia personale e l’autobiografia del soggetto. Molti studi ci dimostrano che il processo di invecchiamento non è uniforme, né omogeneo; esso dipende infatti da una moltitudine di variabili, tra cui il patrimonio genetico, il clima affettivo e relazionale, le esperienze vissute, le perdite, le sofferenze, i progetti personali, le malattie e i traumi subìti, l’ambiente familiare e sociale, ma anche gli interessi, le curiosità, la creatività, cioè il desiderio di vivere. Ciononostante, sembra che esista una difficoltà, verosimilmente inconscia, mostrata dalla maggior parte degli esseri umani, a riconoscersi nella categoria degli anziani, come se ognuno di noi, in fondo, pensasse che gli anziani sono sempre “gli altri”, che a noi questo non succederà e lo viviamo come un destino separato, invece che in continuità col nostro e questa difficoltà probabilmente impedisce alla maggior parte di noi di identificarci profondamente con l’anziano. Già Schopenauer descriveva mirabilmente questo meccanismo: “Per quanto vecchi si diventi, dentro di sé ci si sente in tutto e per tutto gli stessi di un tempo, di quando si era giovani, anzi, bambini. Ciò che rimane immutato e sempre identico e non invecchia con il passare degli anni è, appunto, il nucleo della nostra essenza, che non sta nel tempo e proprio per questo è indistruttibile”. In effetti, noi riusciamo a considerare con maggiore lucidità la morte, rispetto alla vecchiaia. La morte rientra, infatti, nelle nostre possibilità immediate, ci minaccia a qualunque età, ci capita di sfiorarla, spesso ne abbiamo paura, mentre non si diventa vecchi in un istante e questo cambiamento, lento ma inesorabile, rimane molto difficile da comprendere sul piano emotivo. Per questo, come sosteneva Leonardo da Vinci “Ci si prepara da giovani a diventare vecchi”; finchè siamo bambini, l’idea della vecchiaia è pesantemente influenzata dall’ambiente esterno: all’inizio sono i genitori, gli amici, la scuola a fornirci i pun42 - luglio, agosto 2014

ti di riferimento per la costruzione di un’immagine dell’anziano, successivamente siamo sempre più noi stessi a determinare questa programmazione, con le nostre scelte, le nostre idee, i progetti, lo stile di vita. Uno stile di vita caratterizzato da forte competizione, ad esempio, rischia di essere perdente nella vecchiaia; una buona preparazione può invece avvenire attraverso un certo allenamento alla solitudine e al cambiamento; alla capacità di porsi degli obiettivi a breve termine, al saper vivere il presente, all’avere un certo ottimismo, alla capacità di mantenere la “motivazione”, la “volontà di vivere”, di continuare a fare progetti e porsi delle mete raggiungibili, di rimanere in contatto con la famiglia, di mantenere attive e allenare le capacità mentali, di coltivare amicizie e relazioni sociali (Una recente inchiesta del CENSIS rivela che il 54% degli ultrasessantacinquenni dichiara di essere innamorato). La storia, recente e passata, ci mostra numerosi esempi di longevità creativa: Alessandro Manzoni, ad esempio, scrisse il suo “Saggio sulla Rivoluzione Italiana del 1859” quando aveva 88 anni; Michelangelo scolpiva la “Pietà Rondanini” a 89 anni; Giuseppe Verdi scrisse il “Falstaff” a 80 anni e “Pezzi Sacri” a 85 anni; il regista Mario Monicelli realizzò il film “Le rose del deserto” a 91 anni, e Rita Levi Montalcini vinse il premio Nobel per la Medicina a 77 anni! Possiamo quindi davvero concludere che “non è mai troppo tardi”! Dott.ssa Elena Bravi PSICOLOGO, PSICOTERAPEUTA SERVIZIO PSICOLOGIA CLINICA, BT, AOUI VERONA elena.bravi@ospedaleuniverona.it


ARTE IN OSPEDALE

Roberto Bertani al Polo Confortini determinazione: è una profonda necessità che sgorga dai suoi sensi nella volontà di possedere tutta la magnifica ricchezza di cromie, di vibrazioni che vive la campagna piena di tonalità e la città di Verona carica di storia, di tradizione che ha come protagonisti i cittadini e l’ambiente, le architetture e i paesaggi che mescolano abilmente usanze e leggende locali con fatti e quotidiane esperienze: si spinge con maestria all’interno delle folle che animano le feste cittadine diventando uno di loro seduto sui gradoni dell’Arena o dentro la sfilata carnevalesca del papà del Gnocco.

Marifulvia Matteazzi Alberti L’Arte in Ospedale ha visto nel mese di maggio nella sala mostre del Polo Confortini la Personale “Il mio percorso tra Forma e Colore” di Roberto Bertani. Un racconto delle emozioni vissute in una Natura rigogliosa, ricchissima di tinte in movimento, piene di luce, d’aria, di un succedersi originale di piani, di una prospettiva strana, arbitraria, spinta da un’ansia che con magica sorpresa sfrangia anche la linea dell’orizzonte. Di grande e forte talento e di spirito vivace e libero, Roberto Bertani dipinge da cinquant’anni: è un artista di straordinaria vitalità che traccia linee per creare volumi con gesti ampi, slanci gonfi di vento e tratti minuti che illustrano tutta l’articolazione ritratta insieme al sentimento che comunica, per condividere universalmente. Dall’iniziale studio con i grandi maestri, alla costante sperimentazione condotta in modo serrato per anni, all’espressione matura, l’impianto scenico delle ampie composizioni, il senso della profondità e dell’originale scrittura documentano l’espansione di una poetica che moltiplica la propria espressiva qualità in un tripudio tonale intriso di liricità. Si percepisce che ogni volta che l’Artista poggia il pennello sulla tela insegue una visione o meglio un sentimento che cerca di esternare con forza e 2014 luglio, agosto- 43


CORPO E MENTE

Tai Chi Chuan pratica di lunga vita Una postura scorretta è la combinazione di stati emotivi negativi e di mancanza di consapevolezza di sé. Anche in questi casi il Tai Chi ci è d’aiuto

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ltima puntata del nostro viaggio nell’affascinante mondo del Tai Chi Chuan, una delle cosiddette “Arti Interne” che rappresentano un immenso patrimonio di tecniche, metodi e sistemi per coltivare, raffinare, potenziare e riprodurre le risorse energetiche del corpo umano. E soprattutto per ritrovare equilibrio ed armonia psico-fisica. Tai Chi Chuan “Pratica di lunga vita” Uno dei più importanti benefici del Tai Chi è il miglioramento della propria postura . Una postura scorretta è la combinazione di stati emotivi negativi e di mancanza di consapevolezza di sé. Tutti

Gianmario Fiorin, Direttore Tecnico

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noi abbiamo presente l’immagine di una persona depressa: curvo, come se stesse portando il peso del mondo sulle spalle , ma altrettanto abbiamo presente l’immagine del guerriero fiero e coraggioso. Ma per questo potrebbe essere interessante per noi provare questa piccola esperienza: “Sediamoci comodamente in una sedia e proviamo ad assumere lo stato emotivo di una persona avvilita, depressa, lasciamo che il nostro corpo segua questo stato emozionale, concentriamoci per un momento sulla postura che in questo momento di emotività abbiamo assunto, ripetiamo la stessa esperienza assumendo pero uno stato emotivo di una persona coraggiosa e fiera, concentriamoci ancora una volta sulla postura assunta. Ora alziamoci in piede e facciamo alcune respirazioni profonde. Risediamoci ed assumiamo una delle posture che avevamo assunto durante la sperimentazione questa volta invertendo lo stato emotivo”, ci accorgeremo che sarà impossibile percepire uno stato emotivo di una persona depressa con l’assunzione di una postura del corpo ritto e fiero. Questo ci dimostra l’importanza del legame tra la postura e lo stato emozionale. Una delle ragioni per cui la meditazione in movimento è molto importante e perché genera in noi uno stato di consapevolezza di sé, che ci aiuta a comprendere ela-


borare e riorganizzare la nostra postura Allo stesso modo lo è la capacità di essere in grado di provare tutta la varietà delle emozioni umane siano esse negative o positive. Anche le emozioni quindi hanno il loro valore e poterle vivere o rendersene consapevoli ci aiuta ad vivere miglio e a migliorare il nostro stato disalute. Daniel Goleman nel suo libro Lavorare con intelligenza emotiva 1998 dice “….. L’intelligenza emotiva determina la nostra potenzialità di apprendere le capacità pratiche basate sui cinque elementi: consapevolezza e padronanza di sé, motivazione, empatia e abilità nelle relazioni interpersonali” saper migliorare questo aspetto da a noi la possibilità di implementare le nostre prestazione. Inoltre uno stato emozionale negativo di carattere cronico è uno dei fattori principali che concorrono a causare tensioni e stress e che conducono poi a stati di vera e propria malattia, kla psicosomatica insegna, Nel nostro lessico quotidiano poi usiamo molto termini che associano allo stato emozionale collegandola a tensioni presenti in alcuni organi come ad esempio ”mi fai venire un fegato così” in situazioni d’iraoppure “mi scoppia il cuore” quando abbiamo paura.

Un altro aspetto positivo della meditazione in movimento e quindi del Tai Chi è l’effetto benefico sulle malattie. Grazie al lavoro di ricercatori come il dott. Bernie Sigel e il dott. Hebbert Benson, la medicina occidentale ha cominciato a riconoscere che alcune malattie anche croniche possono trovare beneficio dall’attuazione di detta pratica. Gli effetti benefici per la salute sono inoltre confermati da una vasta serie di testimonianze. Tra l’altro, alcuni di quelli che si sono avvicinati al Tai Chi Chuan per avere aiuto nella cura di gravi infermità ne sono diventati grandi Maestri, incluso Cheng Man Ch’ing che riuscì a curare con questa disciplina una grave affezione polmonare. Negli ultimi anni su questo argomento è intervenuta la scienza medica ufficiale, cinese ed occidentale, con una serie di studi che hanno riguardato molti aspetti della salute umana. Generalmente, queste sperimentazioni hanno mostrato che al Tai Chi Chuan può svolgere un ruolo significativo come aiuto alla prevenzione ed alla cura di numerose infermità che riguardano il sistema respiratorio, il sistema cardiovascolare, ed il sistema osseo, in particolare per l’artrite e l’osteoporosi. 2014 luglio, agosto- 45


Nel tempo si sono aggiunte indicazioni sulla efficacia del Tai Chi Chuan come aiuto al potenziamento del sistema immunitario ed al contenimento della pressione sanguigna, che non sembrano tuttavia conclusive, e per cui sono raccomandate sperimentazioni ulteriori. Sono anche in corso iniziative che riguardano il possibile ruolo del Tai Chi Chuan come coadiuvante nelle cure del cancro e del morbo di Parkinson. Il Tai Chi interpretato alla luce delle ultime scoperte della scienza occidentale, addirittura agisce sulla struttura celebrale. L’armonizzazione che la pratica del Tai Chi apporta a livello celebrale è documentato dalla psiconeuroendocrinoimmunologia. “Secondo la PNEI, mente e corpo comunicano e regolano l’equilibrio del nostro organi-

smo e del nostro benessere attraverso un dialogo ormonale a base di neuropeptidi, citochina e altre sostanze attive influenzando potentemente l’attività del sistema immunitario”. (Fonte: articolo di Liliana Atz su www.scienzaeconoscenza.it) Concludo questa breve valutazione sul Tai Chi Chuan con una riflessione di Lao Tzu dal libro “Tao Te Ching”, che ben interpreta l’essenza di quest’arte. ”Al mondo niente è più cedevole dell’acqua. La Via dell’acqua è infinitamente ampia è incalcolabilmente profonda. Si estende indefinitamente e fluisce senza limiti. Abbraccia tutta la Vita senza preferenze. Non cerca ricompense, arricchisce il mondo intero senza mai esaurirsi. La sua Natura sottile non può essere afferrata, colpiscila e non la danneggerai, forala e non la ferirai, tagliala e non la squarcerai, bruciala e non farà fumo. Cedevole e fluida non può essere distrutta, riesce a penetrare anche nel metallo e nella pietra. E’ così forte da sommergere il mondo intero. Si concede a tutti gli esseri, senza ordine di preferenza. Essa è definita suprema virtù. Il motivo per cui l’acqua impersona questa suprema virtù, è perchè essa è cedevole e morbida. Quindi, io dico che le cose più morbide dominano le cose più dure. Il non-essere non ha lacune, perciò la Via è davvero grande.”

Gianmario Fiorin 46 - luglio, agosto 2014



BREVI - AOUI

Il progetto “Bambini al Centro”: una rete per diventare grandi

Una città attenta al benessere dei propri abitanti non può fare a meno di considerare che il livello di salute di una persona adulta è in larga parte determinato dalla sua storia prenatale e perinatale. I bambini, fin dal momento del loro concepimento, rappresentano pertanto il principale obiettivo da considerare per garantire un elevato livello di benessere ai cittadini adulti di domani. Malattie che rappresentano vere e proprie epidemie per le popolazioni occidentali, come ad esempio la cosiddetta sindrome metabolica, possono risentire significativamente di interventi educazionali e comportamentali rivolti alle donne in gravidanza, ai bambini fin dai primi mesi di vita e alle famiglie con figli, più in generale. Interventi precoci a sostegno della genitorialità, a protezione da fattori di rischio socio-ambientali e a rinforzo di fattori protettivi, influiscono in maniera importante sullo sviluppo neurobiologico e psicologico dei piccoli. Tutto ciò si applica, a maggior ragione, alla popolazione in condizione di disagio, data la dimostrazione che le disuguaglianze nello sviluppo del bambino iniziano ancora prima della nascita e del primo anno di vita. Investire in salute oggi, non significa soltanto agire specificamente contro una o più specifiche patologie ma, piuttosto, intervenire con diverse iniziative, tra di loro integrate e coordinate, finalizzate al benessere globale del bambino, delle famiglie e dei futuri cittadini adulti. Proprio per rispondere a queste necessità, nella nostra città sono nati diversi progetti focalizzati sugli obiettivi sopra elencati. In

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particolare Verona sta lavorando a due progetti rivolti a mamme e bambini quali il Giarol Grande e l’Ospedale del Bambino e della Donna. L’iniziativa “Bambini al Centro: una rete per diventare grandi” si è ispirata alle opportunità che si possono presentare attraverso questi progetti, in modo che essi assumano un valore aggiunto rispetto alle loro “vocazioni originali” di luoghi di spazio aperto e verde urbano da un lato e di luogo di cura dall’altro. Il progetto “Bambini al Centro: una rete per diventare grandi” rappresenta di fatto un contenitore flessibile e articolato nel quale far convergere e sincronizzare una serie di interventi in corso o in avanzato stato di progettazione in Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, ULSS 20, Università, Comune di Verona ed altri Comuni della Conferenza dei Sindaci, soggetti pubblici e privati del territorio. Tra questi ricordiamo: 1) approccio di carattere urbanistico (pubblico e anche privato) 2) sicurezza dei luoghi di vita 3) progetto “Genitori più” 4) counseling preconcezionale e prenatale con i progetti “Pensiamoci Prima e “Prima della gravidanza” 5) progetto “Acido folico” 6) progetto “Il dono del libro ai nuovi nati” nell’ambito del progetto “Nati per Leggere” 7) supporto alle primipare 8) allattamento materno 9) sviluppo psicologico e motorio 10) counseling specifico su come comportarsi in caso di urgenze/emergenze mediche e in alcuni dei più frequenti problemi di salute 11) vaccinazioni per amore, non per forza 12) movimento e alimentazione 13) “ricetta verde”: prescrizione su ricettario ad hoc di occasioni di salute Il target del progetto si riferirà in una prima fase alle famiglie che si preparano ad accogliere un bambino (epoca preconcezionale, 1 anno prima del parto.)


N. 3 - ANNO 1 - LUGLIO/AGOSTO 2014

www. ad o le sce n zainf orm a .i t

Adolescenza InForma

S P E CI A LE ONL I NE DI VER ONA I NF OR M A D ED I C ATO AI GIOVAN I, ALLE FAMIGLIE E A C H I SI O C CU PA D I A D O LS C EN ZA

ARTETERAPIA Così vicino, così lontano DISTURBI ALIMENTARI

Corso formazione FIDA

A partire dal corpo


ADO INF - ALIMENTAZIONE

Perchè le donne faticano di più a dimagrire rispetto agli uomini? Dopo un fine settimana di esagerazione alimentare agli uomini basta poco per tornare in forma mentre le donne devono faticare il doppio per liberarsi dei chili presi. Con questo articolo cerchiamo di capire perchè...

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o scopo dell’articolo è aiutare le lettrici a sviluppare una visione realistica del proprio corpo, attraverso una presa di visione, che tenga in considerazione i molteplici aspetti che intervengono e influenzano le variazioni del peso corporeo: gli aspetti psicologici, una alimentazione consona al metabolismo, una attività fisica e rilassante, inoltre, alcuni consigli finalizzati ad aiutarci a perdere peso, senza privazioni e rinunce. Quando si tratta di mettersi a dieta per dimagrire, la natura non conosce giustizia: dopo un fine settimana di esagerazione alimentare con gli amici, agli uomini basta mettersi in riga per poco tempo per smaltire il paio di chilo di troppo accumulati:

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una nuotata in piscina, una corsetta, niente alcolici dal lunedì al venerdì ed ecco che l’ago della bilancia ricomincia a scendere. Le donne, invece, devono faticare il doppio per liberarsi dei chili presi. Tuttavia, ciò che di primo acchito può sembrare una grande ingiustizia è progettato nel dettaglio da madre Natura e da milioni di anni. Come ben sapete, il nostro organismo nella sua evoluzione si è dovuto adattare a varie situazioni. Quando i nostri antenati abitavano ancora nelle caverne, l’uomo era solo un cacciatore e viveva nella precarietà. La possibilità di accumulare grasso poteva essere determinante per la sopravvivenza, li aiutava a superare inverni gelidi e periodi di carestie. Chi resisteva poteva riprodursi e trasmettere i propri geni. Questa “legge della natura” ha conservato a lungo la propria validità, oggi però le cose sono cambiate. Tuttavia, al contrario del cervello, il metabolismo dell’uomo non sa che “ragioniamo in circa 70 anni di pace”, che possiamo aprire un frigorifero e mangiare quello che vogliamo. Il metabolismo dell’uomo è rimasto essenzialmente lo stesso dall’età della pietra. La facilità con cui ingrassiamo, le zone in cui si accumulano i chili indesiderati e la ragio-


ne di tutto questo, dipendono in modo decisivo dal genere sessuale. Ognuno di noi, nel proprio corpo, possiede una mappa di distribuzione del grasso (contenuto nel tessuto adiposo e nel fegato), in generale negli uomini il grasso si accumula nella parte alta (pancia e torace). La muscolatura maschile, però, riesce a bruciare i depositi adiposi piuttosto rapidamente non appena l’uomo pratica un qualunque tipo di attività fisica. L’attività muscolare determina il rapido scioglimento dei “rotolini“ adiposi addominali. La maggior parte delle donne, invece, accumula il grasso in eccesso, perlomeno in età giovanile, a livello dei glutei e delle cosce, da dove (purtroppo) è più difficile farlo scomparire. Anche questo è sapientemente progettato da madre Natura: noi siamo dei “funzionari di specie”, cioè il nostro compito è crescere, riprodurci e morire (per la specie ha senso che noi moriamo per lasciare posto agli altri). Ma per quanto riguarda il compito riproduttivo, vi è una grande diversità tra l’uomo e la donna: per l’uomo potremmo dire che “basta un po’ di piacere”, mentre per la donna il compito è assai più complesso e cioè deve mettere a disposizione il proprio corpo per far crescere il feto. La donna, quindi, può aver bisogno di riserve per allattare un neonato o per mantenere la temperatura corporea durante un inverno freddo. L’organismo femminile è programmato sulla massima parsimonia soprattutto rispetto alle riserve di grasso. L’informazione genetica per questa funzione rimane impressa per tutta la vita nel controllo ormonale delle cellule adipose di ogni donna, indipendentemente dal fatto che la gravidanza si presenti o meno. Il grasso di deposito tende a resistere ostinatamente al digiuno o allo sport anche a prescindere dalla gravidanza e dall’allattamento. Una piccola consolazione, il grasso in questi punti del corpo non è nocivo e con esercizi di potenziamento mirati e un paio di “trucchetti“ alimentari (che vedremo più avanti) può essere tenuto perlomeno sotto controllo. Ma allora chi o che cosa nell’organismo umano impartisce i segnali per l’accumulo e l’eliminazione del grasso? Non si tratta della ragione,

né della coscienza o del libero arbitrio. Gli impulsi sono generati da sostanze quasi invisibili di durata limitata: gli ormoni. Non appena vengono rilasciati nell’organismo, gli ormoni si dirigono verso i rispettivi obiettivi (particolari cellule del corpo) ai quali impartiscono ordini precisi: metabolismo, sviluppo e non da ultimo l’umore. Il corpo umano produce circa 200 ormoni diversi, dall’insulina, nel pancreas, che regola la glicemia (il livello di glucosio nel sangue) e ingrassa le cellule adipose, all’ormone dello stress, il cortisolo, nelle ghiandole surrenali, che ci aiuta a trovare soluzioni adeguate anche sotto pressione, e tanti altri…. Se non esistessero gli ormoni tutte le funzioni organiche si arresterebbero. Gli ormoni, in collaborazione con il sistema nervoso, regolano ogni processo metabolico: lo sviluppo del feto nell’utero, la trasformazione di un adolescente in adulto, l’ingrassamento e perfino la sfera sentimentale. La funzione principale degli ormoni è quella di messaggeri. Giunti a destinazione, attraverso la circolazione sanguigna e agganciati a una cellula adeguata, gli ormoni impartiscono i propri ordini, o meglio impartiscono i propri messaggi. Sono, ad esempio, gli ormoni a muovere i fili anche quando una donna, generalmente di buon umore, viene colpita improvvisamene dalla depressione. Gli ormoni attraverso l’interazione con il cervello influenzano il comportamento, il pensiero e le sensazioni, quindi, il nostro modo di abitare il presente... (continua) Dott. Luigi Bergamo 2014 luglio, agosto- 51


ADO INF - SCUOLA

Gli studenti del Montanari: protagonisti attivi Le nuove tecnologie in adolescenza: paura o fiducia?

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ll’interno di una classe quinta del Liceo delle Scienze Umane Carlo Montanari di Verona, in corso d’anno abbiamo cercato di analizzare un po’ più a fondo uno dei fenomeni che precipuamente stanno coinvolgendo la collettività nel sua interezza, vale a dire l’Uso e/o l’abuso delle nuove tecnologie. Dopo aver visionato ed esserci, di conseguenza, documentati su alcune fonti quali “Le nuove macchine sociali – Giovani e scuola tra internet, cellulari e mode” a cura del sociologo Silvio Scanagatta e della psicologa Barbara Segato, edizioni FrancoAngeli, “Vivere con il telefonino: inchieste sociali multimediali su consumi e culture” a cura dell’esperto in co-

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municazioni Bruno Sanguanini, edizioni Qui-Edit, “I giovani in Veneto” report di approfondimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sui giovani di 11, 13 e 15 anni a cura di Daniela Baldassari, Stefano Campostrini, Massimo Mirandola, Massimo Santinello, Cierre edizioni, abbiamo voluto osservare dall’interno di un focus privilegiato quale quello di un istituto secondario cittadino, utilizzando un questionario strutturato a mo’ di intervista, se i risultati, le tabelle statistiche e le proiezioni per il futuro asseverate dalle fonti di cui sopra corrispondessero o meno e se si discostassero poco o tanto dalla realtà quotidiana relativamente alle conclusioni emerse dalle letture. Ebbene, tralasciando i vari ostacoli incontrati ed anche quelle piccole delusioni con le quali gli studenti e le studentesse hanno dovuto, loro malgrado, scontrarsi, possiamo affermare che quasi tutti i parametri presi in esame, con relativa dotazione di dati allegata, seppur ancora incompleti, tendono a rientrare nella “gaussiana” ipotizzata. Ecco, di seguito, alcuni “flash riflessivi” prodotti ed estratti dalle relazioni dei lavori di gruppo conclusivi, come una sorta di fotografia della situazione in tempo reale: riflessioni, significative ed intriganti, con le quali sarebbe opportuno, in un prossimo futuro, confrontarsi in vista di un ulteriore step progettuale: “Escludendo social network fondamentalmente inutili se non per spiare e/o farsi spiare in maniera da sfiorare quasi la patologia, la rete è il mezzo diffusore per eccellenza” “Il rischio oggi dilagante nell’utilizzo di tutti questi


dispositivi è il conformismo, in quanto noi adolescenti acquisiamo tratti della personalità comuni perdendo di vista quell’originalità che, invece, dovrebbe caratterizzarci in un’età per certi versi memorabile della vita” “Il vero problema sono gli adulti … sono loro restii ad accettare le nuove tecnologie restando impantanati nelle sabbie mobili della loro ormai trascorsa gioventù non rendendosi conto di perdere così un contatto con i propri figli nel momento più problematico della loro esistenza” “I ragazzi hanno paura a guardarsi veramente in faccia, che è come dire guardarsi dentro, perché con questi strumenti è diventato facile e comodo nascondersi” “Per mezzo delle nuove tecnologie si ha la possibilità di essere ciò che si vuol essere, di mostrare i lati o presunti tali migliori di sé senza correre il rischio di incappare in brutte figure o in cocenti delusioni” “Noi giovani siamo i veri attori della cosiddetta rivoluzione informatica e, quindi, i protagonisti delle nostre speranze e dei nostri sogni” “Gli adulti spesso e volentieri si lamentano con i giovani adolescenti per l’uso eccessivo delle tecnologie non rendendosi conto che è stata proprio la loro generazione a condurci a ciò” “Quello che sta purtroppo accadendo è un vero e proprio mutamento culturale dove la bellezza e il mistero legati alle relazioni si stanno trasformando in semplici click o in convulsivi movimenti del pollice, con buona pace dei chirurghi della mano!” “Se la tecnologia dovesse progredire esponenzialmente, come sembra, dove andremo a cogliere e a raccogliere tutti gli aspetti tipici dell’umanità che hanno contraddistinto l’evoluzione umana?” “In un mondo dove l’individualità viene sempre più osannata ed esaltata, dove la società tende ad ignorare se non ad emarginare le relazioni fisiche, sentirsi unici ed irripetibili è di fondamentale importanza” “Le nuove tecnologie hanno avviato e sviluppato un processo tale da poter ormai definirsi come una sorta di catalessi della mente o un impigrimento comunicativo” “Fondamentale e quasi di vitale importanza è saper utilizzare la tecnologia in modo critico e responsabile” “La doppia faccia della tecnologia: pericolo di perdi-

ta di veri contatti umani o preziosa ed infinita fonte di conoscenza?” “Le nuove tecnologie come le piattaforme sociali o i dispositivi multimediali creano una forte attrazione negli adolescenti che non padroneggiando ancora convincenti forme di autocontrollo e di autoregolazione comportamentale finiscono per creare futuri soggetti a rischio di molteplici tipologie di dipendenza” “Sono venuto a conoscenza di più adolescenti con problematiche legate al sonno per il continuo svegliarsi a controllare se c’erano messaggi in segreteria del cellulare posto sul comodino …” “Però è una gran bella soddisfazione sentirsi sempre e comunque parte di una rete di persone quasi del tutto sconosciute che può, se vuole, interagire con te!” Dopo questa carrellata di opinioni spontanee sul tema, da educatore, ma anche su suggerimento di un collega, ho individuato e proposto come lettura “estiva” ad altre classi inferiori l’agile volumetto “Non è un mondo per vecchi- Perché i ragazzi rivoluzionano il sapere” dell’epistemologo francese Michel Serres con l’intenzione di “ri-cominciare” il viaggio, mai interrotto, attorno al mondo delle nuove tecnologie. Tale “manifesto del cambiamento che ci riguarda tutti”, come recita la fascetta del testo edito da Bollati Boringhieri, mi auguro serva da sorta di ice-breaker per le scolaresche dei prossimi anni scolastici al fine di scandagliare più in profondità questo vero e proprio “mare magnum” della gnoseologia contemporanea … ma questa è già un’altra storia!

Prof. Paolo Guarise 2014 luglio, agosto- 53


ADO INF - ARTETERAPIA

Così vicino, così lontano: arteterapia con gli adolescenti Per un arteterapeuta insegnare al paziente l’uso di materiali e tecniche che gli sono sconosciute, diviene possibilità di comunicare ciò che sta dentro con un mezzo insolito

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rendo a prestito “così vicino - così lontano” dal titolo di un film di Wim Wenders per affrontare un tema molto importante per l’adolescente: la distanza tra sé e l’oggetto. E qui, in particolare, nell’osservazione dell’uso dei materiali, degli stili e della capacità di simbolizzazione che

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vengono espressi all’interno di un gruppo di arteterapia. Jeammet (2002) descrive il funzionamento psichico fisiologico specifico dell’adolescenza come caratterizzato dalla difficoltà nel trovare la giusta distanza nelle relazioni oggettuali: “Per essere sé, bisogna nutrirsi degli altri e al tempo stesso, differenziarsi dagli altri”. Nell’adolescenza, infatti, il superamento della dipendenza dagli oggetti esterni costituisce una delle parti più complicate e dolorose del lavoro di elaborazione psichica. Quanto più le basi narcisistiche sono fragili tanto più sarà grande la fame di oggetti: “se l’altro è importante è una minaccia al mio equilibrio narcisistico e mette a rischio la mia identità”. Il compito del conduttore del gruppo è quello di gestire la distanza e rendere tollerabile all’adolescente ciò di cui ha bisogno con un lavoro sui confini e sulla differenziazione dentro/fuori. E’ peculiarità delle arti quella di costruire ponti che uniscono realtà interiore ed esteriore e l’immagine rappresenta questo ponte, incarnando pensieri ed emozioni. In arteterapia, spesso ci si trova a confronto con una riluttanza a produrre un’immagine, poiché la richiesta di mettere stati d’animo sul foglio può essere percepita come troppo rischiosa. Abbiamo d’altra parte i grandi vantaggi di un’espressione non-verbale: la metafora parla alla psiche e nel suo linguaggio stimola risonanze interne, evoca stati emotivi, suggerisce luoghi da esplorare; crea movimento, suggerisce un’ulteriore esperienza, che la descrive e


la svolge, in cui la distanza ed il legame tra vissuto e rappresentazione permettono la visione, l’apprendimento e la conoscenza. Cito Maria Belfiore, che era docente al corso di A.T.I. (Art Therapy Italiana) per suggerire un comportamento da tenere rispetto all’immagine: “L’immagine è un universo sconosciuto da esplorare con la curiosità dello straniero, la discrezione dell’ospite”. Nel pensare al tema dello spazio emergono delle domande: lontano/vicino a che cosa? Al proprio corpo, in primo luogo, alle emozioni, all’affettività, all’immagine prodotta da parte dell’autore, al gruppo dei pari, all’adulto. Per analizzare il tema del “vicino-lontano” dal punto di vista dell’arteterapia è necessario considerare: - con quali mezzi si rappresenta? cioè l’uso dei materiali, che indica la qualità sensoria e la vicinanza al corpo - come si rappresenta? ovvero l’aspetto formale del prodotto artistico, stile ed organizzazione spaziale - che cosa si rappresenta? ovvero la qualità simbolica. Come si mette in relazione l’adolescente con la propria opera.

I materiali: con quali mezzi si rappresenta? Il laboratorio di arteterapia, secondo l’impostazione di Art Therapy Italiana, mette a disposizione nel setting tutti i materiali convenzionali (matite, gessi, acquarelli, tempere, colori a dita, materiali plastici come das, pongo, creta) e materiali non convenzionali (cartoni, spaghi, compensato, legni, lana, stoffe, ecc…). Ciascun materiale si adatta all’esigenza espressiva del momento: c’è un modo in cui ciascuna persona ha di avvicinarsi al mezzo artistico, di sceglierlo o di impossessarsene o in cui, viceversa, di farsi consigliare, ispirare e condurre dal terapeuta nella scelta del mezzo più opportuno. L’arteterapeuta facilita il riconoscimento di quel mezzo che permetterà all’adolescente di parlare simbolicamente della sua esperienza. Cosa esprime ciascun materiale e qual è il suo linguaggio? Se i materiali controllabili garantiscono sicurezza e dominio sul lavoro ed hanno la funzione di contenere l’ansia, è attraverso i materiali morbidi e la loro mescolanza che si può raggiungere una nuova negoziazione trasformativa. La pittura, in quanto materiale fluido, è più ansiogena ma offre più pos-

sibilità trasformative rispetto al pennarello. D’altra parte una tecnica morbida può ad esempio “spogliare troppo”. La scelta del materiale ci parla della capacità di godere o non delle sensazioni tattili: ho visto nella mia esperienza con gli adolescenti che la capacità ed il piacere di sporcarsi le mani o toccare la creta sono processi che avvengono nel tempo e con l’abbassamento dei livelli di ansia. Plasmare la creta stimola il corpo e rilassa i movimenti; è uno strumento potente: può anche agire in modo contrario. L’utilizzo dei colori a dita, ad esempio, mette in contatto con aspetti pulsionali, facilitando quindi anche l’espressione dell’aggressività. In ogni caso, attraverso l’uso dei materiali, e la possibilità di essere caotici e confusi, si apre anche l’occasione per creare un nuovo e diverso ordine; processo grazie al quale avviene una regressione che permette una integrazione ad un nuovo livello di funzionamento. La paura è quella dell’indifferenziato e comporta la capacità di poter sopportare abbastanza a lungo l’incertezza di ciò che verrà alla luce; comporta anche il timore di regredire ad uno stato indifferenziato, paura di abbandonarsi completamente all’emozione. “Per un arteterapeuta insegnare al paziente l’uso di materiali e tecniche che gli sono sconosciute, diviene possibilità di comunicare ciò che sta dentro con un mezzo insolito, a volte sconosciuto, che appartiene si al mondo esterno, ma è anche mezzo malleabile, che si situa tra il sé e l’oggetto di potenziale creazione (Milner, 1950) Spesso, se all’inizio i ragazzi preferiscono tenersi lontani da materiali e stili che possono metterli troppo in relazione con il corpo, le emozioni e l’affettività, pian piano lo svelamento, a se stessi e nell’immagine, avviene in un processo graduale, per alcuni molto lento, all’interno di un piccolo spazio. E’ solo nel tempo, almeno tre-quattro incontri, attraverso la relazione con il conduttore e con il gruppo, che i ragazzi possono acquistare fiducia e utilizzare lo spazio del laboratorio per esprimere, più che per controllare i contenuti emotivi. Inizialmente si presenta un autocontenimento nell’espressione: strutture rigide, molto pensate, e rigoroso controllo nella costruzione dell’immagine, cautela nell’uso di materiali morbidi. Poche le presentazioni con l’utilizzo della tempera, pochissime con l’uso di materiale plastico. 2014 luglio, agosto- 55


Le prime immagini dei ragazzi, dal primo incontro sulla consegna “un’immagine che ti presenti” o “un’immagine che ti piace” avvengono nello stile lineare in forma tradizionale dove le forme sono più purificate dal coinvolgimento emotivo, se non in alcuni casi, in lavori “ossessivi” con l’uso del righello. L’introduzione di materiali e tecniche più prossime alle emozioni e al corpo (tempera, colori a dita, action painting, scarabocchio…) o comunque “più libere” avviene nel tempo, spesso su mio invito. Ho proposto l’uso dell’action painting, del dripping (*) dello scarabocchio nelle situazioni di blocco, di eccessivo controllo dell’espressione - nei casi in cui ritenevo che il ragazzo/a potesse “tollerare” un materiale o una tecnica più vicina al corpo. Particolarmente apprezzata poi nel tempo la tecnica dell’action painting che - attraverso l’agire - permette l’emersione di elementi “non pensati” e allo stesso tempo, con l’invito poi ad osservare e mettersi in comunicazione con l’immagine creata, stimola la riflessione ed il pensiero. C’è da considerare però che il materiale artistico può essere usato in modi diversi. Ho osservato un diffuso utilizzo “grafico” (controllato) della tempera; o ancora: tempera per

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la costruzione di forme geometriche - per controllare i contenuti - o per scritte di auto definizione. Abbastanza utilizzato l’uso del collage, di immagini-manifesto identificatorie, la copia di immagini. Alcuni tentativi di rappresentazione di visi. Le dimensioni dei fogli scelti sono generalmente di piccola-media grandezza. Pochi i lavori tridimensionali. Nei prossimi numeri riprenderemo il nostro discorso su come si rappresenta l’adolescente.

Giuliana Magalini ARTETERAPEUTA, PITTRICE,

VERONA

www.giulianamagalini.it (*) Commenta Roberto Pasini in “Forme del ‘900: occhio, corpo, libertà” sul tema Corpo e Pittura, Edizioni Pendragon, Bologna, 2005, pag. 85: “… Con Pollock in particolare, e con l’Informale in generale, la corporeità non si sublima più nell’opera, ma ne è il movente: dipingere non è più rappresentare, ma agire…”


ADO INF - BREVI

Sinergia ONLUS racconta la storia di Maria

Ti raccontiamo una breve storia, realmente accaduta in questi anni a Lima. Abbiamo conosciuto Maria in strada, dove lavorava vendendo caramelle sugli autobus. Siamo diventati amici e ha condiviso con noi la sua storia, che poi si è intrecciata indissolubilmente al nostro progetto. La sua famiglia era molto povera e numerosa, tanto che il cibo non era sempre assicurato e tra fratelli dovevano condividere lo stesso materasso. Suo padre, quando era depresso perché non trovava lavoro, abusava degli alcolici per dimenticare e qualche volta picchiava lei, le sorelle o la mamma. Per aiutare la sua famiglia, Maria ha cominciato a vendere caramelle sugli autobus e in strada, così alla fine della giornata portava a casa qualche soldo. All’inizio lavorava solo dopo la scuola, ma poi ha visto che riusciva ad aiutare la sua famiglia con quello che guadagnava e allora ha deciso di non andare più a scuola e vendere solo caramelle in strada. In strada si è fatta tanti amici, con cui si trovava bene perché anche loro avevano gli stessi suoi problemi, così quando il papà beveva ed era violento, preferiva dormire con loro per strada, sui marciapiedi o sotto i ponti, invece di tornare a casa. C’era freddo ed era scomodo dormire sui cartoni, ma almeno non c’era pericolo che il padre la picchiasse e le urlasse contro. Con il passare del tempo ha cominciato a dormire sempre più spesso in strada, finché non è più tornata a casa: stava sempre con gli altri ragazzi che come lei lavoravano e dormivano in strada, si sentiva bene perché era libera di fare quello che voleva, all’ora che voleva, poteva guadagnare qualche soldo e spenderlo come voleva…insomma non c’erano adulti che la trattassero male e le dicessero cosa fare. Purtroppo però con il passare del tempo ha scoperto che la gente non li guardava tanto bene, perché erano sporchi e vagabondi; spesso di notte la polizia li veniva a cercare per picchiarli e mandarli via dai luoghi in cui dormivano; inoltre i ragazzi più grandi usavano anche qualche droga e così an-

che lei ha cominciato ad usarla quando stava male o era triste. Un giorno, sotto l’effetto della droga, non ha guardato prima di attraversare una strada trafficatissima, è stata investita da una macchina e si è rotta una gamba. Poteva andarle peggio! Un suo amico qualche tempo prima per lo stesso motivo era rimasto paralizzato. Martin, il nostro educatore di strada che cerca di aiutare ragazzi come Maria, l’ha portata in ospedale e l’ha aiutata tutto il tempo che è stata ricoverata. Sono diventati amici e Martin le ha raccontato che avevamo una casa dove avrebbe potuto venire a vivere, con la possibilità di studiare, imparare un lavoro e soprattutto di stare lontana dai pericoli della strada. Lei ha voluto conoscere la nostra casa e Martin l’ha accompagnata. Maria ha poi deciso di venire a vivere con noi, nella nostra casa, dove si è sentita accolta come in una famiglia. Non è stato facile per lei dimenticare gli amici che aveva in strada, la droga che a volte l’aiutava a sentirsi falsamente più forte, la libertà di cui godeva quando non c’erano regole e adulti, ma poco a poco con il nostro aiuto ci è riuscita. Oggi Maria ha 20 anni, ha vissuto nella nostra casa per 5, ha potuto finire le scuole elementari e anche le medie; ha poi trovato lavoro in una fabbrica nelle vicinanze. Ha preso in affitto una stanza, dove vive da qualche mese con la sorella maggiore, che a sua volta aveva vissuto nella nostra casa per un periodo più breve. Con il nostro aiuto ha ripreso i contatti con la sua mamma e i fratelli più piccoli che vede regolarmente. Oggi Maria è una ragazza più serena, più preparata per affrontare una vita da sola, lontana dalla strada e dalla droga. Noi le staremo sempre vicino, perché ogni ragazzo che come lei viene a vivere nella nostra casa è come un figlio a cui vogliamo bene e che cerchiamo di aiutare in tutti i modi possibili. Sinergia ONLUS

www.sinergiaitalia.org 2014 luglio, agosto- 57


ADO INF - LINGUAGGIO CORPO

A partire dal corpo Il disagio che via-via si fa malattia, prende forma, i sintomi si definiscono, coprono tutta la persona, la persona si confonde con il sintomo

L’

espressione del disagio Propongo di collocare la riflessione in una visione evolutiva e globale dell’individuo, al fine di favorire il superamento di un approccio orientato esclusivamente all’emergenza (fatti di cronaca, coinvolgimento personale, delinquenza) o al sintomo. Troppo spesso, infatti, ci troviamo a confrontarci con un’attenzione esclusivamente sintomatologica: ciò facilita l’innescarsi di una dinamica perversa per cui la cura centrata sul sintomo viene

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ad essere assimilata, dall’adolescente, come il modo - talvolta l’unico - per sentirsi curato e amato: con il conseguente inevitabile rinforzo ed organizzazione del sintomo. La mia esperienza professionale mi ha fatto incontrare con molti adolescenti e, nella fase attuale, mi porta a lavorare con ragazze e ragazzi che vivono un disagio profondo che viene urlato o che sparisce nel buio di una stanza. La vita stessa viene urlata o viene spenta. Il disagio


che via-via si fa malattia, prende forma, i sintomi si definiscono, coprono tutta la persona, la persona si confonde con il sintomo. Famiglia, scuola, lavoro, coetanei, la strada, la piazza sono i contesti dove si manifesta il disagio. Spazi della rappresentazione dello star male, oltre che dell’incontro, della trasgressione, della protesta, del confronto, della scoperta. Noi portiamo l’attenzione sulla vita intera, sul Sé. E assumiamo l’adolescenza non come la fase dei problemi, ma, seguendo l’assunto teorico di J. L. Moreno, anche come processo di liberazione, sulla via dell’assunzione di ruoli connessi con l’autonomia psicologica. Ognuno è costantemente in cambiamento, ma l’adolescente è in subbuglio. Sta organizzando gli elementi che lo faranno diventare un uomo e una donna, un adulto. Organizzare progressivamente le diverse componenti, interne ed esterne della personalità significa dare forma a quello che con Jung chiamiamo processo di individuazione. Un processo dinamico per sua natura basato sull’azione. L’azione viene riconosciuta come spazio dove avviene la riorganizzazione e, così pure, come recupero della modalità primaria di conoscenza e di crescita che caratterizza l’essere umano. Essa, al tempo stesso, non va confusa con il sintomo, con l’acting out o con un’agire poco adattivo e sintomatico. Un’azione pregnante di significato che, come è stata alla base della vita e della crescita di ognuno, va valorizzata in ogni forma, anche quando è “azione malata”. L’approccio teorico e metodologico cui faccio riferimento prevede che l’azione possa anche costituire strategia terapeutica. Nell’affrontare le situazioni di disagio, riscontriamo come venga frenata la spinta vitale, si tenda al ritiro, oppure si drammatizzi l’esistere, si urli, attraverso azioni esasperate e disperate, apparentemente prive di senso, certamente allarmanti, spesso angoscianti. L’adolescente di cui ci occupiamo è come se fosse impegnato in un gioco tra esserci e non esserci; egli vive un disagio esistenziale e lo manifesta attraverso varie modalità, alcune delle quali coinvolgono in maniera travolgente il corpo.

L’adolescente e il suo corpo Quelli che ci vengono affidati per i sintomi e il disagio che esprimono vanno riconosciuti come ado-

lescenti “veri”, caratterizzati dalle specificità proprie del periodo che vivono: in primis, la vita di gruppo e la centralità del corpo in cambiamento. L’adolescente non può più contare su un adeguato equilibrio corporeo, vive in pieno la precarietà derivata dalle modificazioni che egli subisce. Il suo corpo manifesta contrasti e contraddizioni: può essere esibito anche in modo provocatorio, oppure mortificato o, per lo meno, poco valorizzato. Possono essere molte e significative le variazioni riscontrabili anche nel periodo di durata del trattamento: ne notiamo moltissime ma esse non sembrano trovare spazio nelle annotazioni delle cartelle cliniche! Affrontare le tematiche inerenti alla corporeità dell’adolescente ci impone un’attenzione del tutto particolare: egli infatti si trova a dover rinunciare alla sua identità e al suo corpo di bambino. Un corpo che assume un’importanza enorme. Da una parte, la maturazione sessuale lo colloca nel mondo degli adulti: si è avviato un processo di graduale 2014 luglio, agosto- 59


in¬tegrazione e si rende necessaria la costruzione di un nuovo equilibrio che riguardi i bisogni, i desideri, le pulsioni, l’intero sistema relazionale, le istanze psi¬chiche, gli oggetti interni e gli oggetti esterni. Il riequilibrarsi del rapporto fra questi ultimi contenuti del Sé, oggetti interni ed esterni, è tutto giocato sul rapporto tra il “dentro” e il “fuori” dell’adolescente. Il limite è costituito dalla pelle che può diventare il territorio erotizzato dell’incontro, oppure una pelle da “aprire” per tentare, disperatamente, di mettere in connessione ciò che è rappresentazione interna e ciò che altro da sé, ambiente e o persona che sia. Da un’altra parte, le trasformazioni subite dal corpo sono il segnale di come l’adolescente sia coinvolto in un processo di cambiamento irreversibile, che lo costringe a rinunciare a una visione onnipotente di sé e ad affrontare l’angoscia di morte che deriva da tale rinuncia e dalla crescente consapevolezza dei limiti propri del vivere umano. Il corpo dell’adolescente parla. Come avviene nelle prime fasi di vita, non è facile tenere distinti mente e corpo, soggetto e oggetto, investimento narcisistico e investimento oggettuale. Ogni attività, ogni manifestazione, ogni vissuto corporeo è così carico di significati da costituire un vero lessico; il corpo dell’adolescente ci parla del suo processo evolutivo, delle difficoltà, degli ostacoli, delle scoperte, dei legami tra le sue azioni e le difese intrapsi¬chiche. La conoscenza dell’altro e del mondo passa per la conoscenza (e la riappropriazione) del corpo. Di Benedetto (1997) ci ricorda: “I fenomeni corporei nell’ampio spettro che va dalla sensazione al sintomo e/o all’azione sono spesso assai più densi di significato di quel che non possa apparire, ed il terapeuta analitico è confrontato con la difficoltà di co¬gliere il versante simbolizzante anche di eventi corporei ed agiti prevalentemente evacuativi”. Come afferma Hillman (1975), ”in ogni atto concreto ci sono significati che vanno oltre la letteralità dell’azione; non è l’astrazione che determina il significato. L’assenza di simboli e di metafore non dipende dall’uso del corpo, ma dal non tenere conto che la carne concreta è una splendida cittadella di metafore”. Per l’adolescente, il sentimento di avere una struttura e la percezione dei suoi limiti sono istanze non ben definite, oscillanti. È obbligato a dare un profilo

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a ciò che non ce l’ha, a trovare uno spazio a ciò che è sfuggente, per rendere possibile il processo che porta alla configurazione di una forma e di un ritmo, anzitutto corporei. L’agire è l’espressione di questo bisogno di definizione e di identità, e solo gradualmente, come dice Ladame (91), “potrà essere sostituito, attraverso una funzione di nominazione e di specchio fornita dall’ambiente, dalla riflessione e dalla messa a fuoco interna”. La conclusione dell’adolescenza vedrà come “prodotto finito” un soggetto che ha scoperto la possibilità di vedersi, raccontarsi, rappresentarsi. Di percepirsi collocato nella tridimensionalità spaziotemporale e di essere consapevole dei processi di cui è protagonista.

Quale corpo? Per cogliere in modo adeguato le possibilità di intervento, non possiamo evitare di tracciare una visione, per quanto sintetica, delle diverse istanze corporee che entrano in gioco nelle dinamiche di cui ci stiamo occupando. La corporeità definisce la qualità della relazione fin dal momento del primo incontro. Per il suo aspetto, i suoi significati e i messaggi che esprime arriva a coincidere con l’identità stessa della persona. Come ci suggerisce Kohut, “la relazione fra sé e gli altri costituisce l’essenza della vita psicologica della persona dalla nascita, durante tutto il corso della vita”. Poiché il corpo dei pazienti che incontriamo può essere assunto come compendio e metafora di quanto essi vivono, sarà fondamentale non prendersi cura del corpo solo quando esprime sintomi o necessità, né considerarlo solo come oggetto da interpretare, ossia, come esclusiva proiezione in superficie di aspetti profondi. Riconoscendo il fatto che non esiste un corpo stabile e definito una volta per sempre e che, in particolare, nella fase adolescenziale va inquadrato all’interno della dinamica dello sviluppo, mi pare importante conoscere i significati e le esperienze del corpo che mi limito a elencare, consapevole che ciascuno di essi poterebbe essere oggetto di una trattazione articolata: le sue modalità espressive; la comunicazione interpersonale; la molteplicità dei linguaggi; le terapie a mediazione corporea; le strategie pedagogiche e riabilitative; la cultura, gli stili e i modelli.


“Il mio corpo sono io di fronte al mondo” ci ricorda Merleau-Ponty, invitandoci a considerare il corpo nella sua globalità e nelle sue varie accezioni di corpo che illustrerò in modo succinto.

Il corpo organico. È il corpo oggetto, l’insieme di organi e di apparati che per¬mettono la vita fisiologica dell’individuo. Un’entità fisica inter¬prete di un divenire incessante che oltre a modificarne l’aspetto lo vede passare da una dimensione in cui è “agito” dall’azione di altri (neonato), a quella in cui il corpo assume ruoli di agente e di trasformatore. Intorno ad esso si sviluppa l’identità. Il corpo vissuto. È il corpo divenuto soggetto, espressione del Sé nella sua globalità, dei pensieri, dei desideri, delle intenzioni che una persona produce nella relazione con l’ambiente fisico ed umano di cui è parte. Immagine del corpo. Con tale termine possiamo definire sia l’immagine figurativa del corpo che la sua rappresentazione modificata dall’agire. Essa si realizza grazie all’incontro del corpo organico e del corpo vissuto: di tale incontro è luogo e risultato. L’immagine del corpo è la rappresentazione dinamica delle relazioni, dei legami, del riconoscimento del “mio corpo” in relazione con me stesso, con gli altri, con la realtà sia circostante che trascendente. Il corpo totalità. Possiamo parlare di totalità come caratteristica peculiare del corpo sia in senso fisico che psicologico. Il corpo funziona e si esprime come totalità: inizialmente diffusa e disseminata al punto che l’individuo si può confondere con l’altro. Ma, in un crescendo evolutivo, si passa per fasi successive dalla frantumazione vissuta alla scoperta della totalità e alla consapevolezza che le diverse parti rispondono a tale dimensione. Il Sé corporeo. Consideriamo l’uomo nella sua unità mente-corpo e riconosciamo l’indissolubile legame fra corpo, affettività e attività mentale, come nucleo centrale dello sviluppo e della strutturazione della personalità dell’individuo. Il corpo percepito come l’abitacolo delle proprie sensazioni ed emozioni, situato nello spazio, esperito e vissuto nell’azione, conosciuto e simbolizzato nella relazione con l’altro da sé. Interventi terapeutici e riabilitativi a mediazione corporea fanno sì che il corpo divenga il luogo dove far nascere o rina¬scere sensazioni arcaiche dimenticate o non conosciute, dove vivere

emozioni impresse nella memoria cinestesica, dove dar voce ai propri desideri e fantasie e scoprire tracce della propria storia personale, in una relazione attiva con l’altro. Ogni azione, ogni movimento si origina nel corpo, inizial¬mente come pulsione e successivamente come desiderio e come intenzione ed è attraverso il linguaggio corporeo (le posture, i gesti, il tono, lo sguardo, la mimica) che l’essere umano percepisce, vive e si rapporta con la realtà, sia in termini oggettivi che emotivi e relazionali. Winnicott definisce il Sé come l’esperienza o la autorappresentazione della propria persona: termini come “localizzazione del Sé nel proprio corpo” ed “integrazione del Sé” si riferiscono all’esperienza del soggetto, in rapporto alla propria vita vissuta ed alla propria interiorità. Il Sé è la persona intera con tutto il suo corpo, la sua strutturazione psichica e la rappresentazione di sé, cioè le rappresentazioni consce e inconsce del Sé corporeo e mentale nel sistema dell’Io (Hartman). Il sé corporeo può essere definito come la matrice psicosomatica da cui prende vita ed intenzione l’azione umana durante tutto il processo di crescita: dalla dipendenza all’autonomia. Il feto svolge un’intensa attività motoria manipolativa sulla parete dell’utero. Le azioni di contatto-distacco sono le prime esperienze che prefigurano l’acquisizione della funzione di contenimento corporeo. È l’esperienza prima dei confini del corpo: il Sé-pelle arcaico (Winnicott). Confini corporei che verranno consolidati dalla manipolazione materna sostenitrice e dal dialogo tonico arricchito da intense sensazioni emotive. Il Sé corporeo si origina, quindi, nel contatto fisico con la madre: l’esperienza della pelle consente questa prima conquista e, successivamente, permette la distinzione fra il “dentro” ed il “fuori” da sé. La pelle diviene lo spazio della relazione. Da queste riflessioni si può partire per approfondire il significato degli attacchi al corpo che l’adolescente mette in atto con frequenza e intensità di grande rilievo.

Giampaolo Mazzara PSICOTERAPEUTA. DIRETTORE DELLO STEP (STUDIO DI TERAPIA CREATIVA E PSICODRAMMA). VERONA. 2014 luglio, agosto- 61


ADO INF - BREVI

Corso di formazione sui disturbi del comportamento alimentare

L’associazione di Psicoterapia Il Corpo Specchio, sede veronese della Federazione Italiana Disturbi Alimentari, propone un Corso di formazione rivolto a medici, che si terrà nei mesi di ottobre e novembre, per diffondere un approccio ai disturbi del comportamento alimentare multidisciplinare e integrato. Obiettivo del corso è offrire ai partecipanti elementi che possano utilizzare concretamente nella loro pratica clinica. Il progetto formativo si concentrerà sugli aspetti esperienziali di un approccio necessariamente complesso, nella convinzione che l’unione delle competenze e delle culture consenta una presa in carico più ampia sia della persona che manifesta il disturbo che di coloro che le sono vicini. A tal fine verranno utilizzati i Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) come esempi di situazioni cliniche nelle quali l’approccio medico non può prescindere da quello psicologico. Il necessario inquadramento teorico costituirà lo sfondo di un percorso eminentemente clinico. Gli specialisti coinvolti cercheranno di presentare una modalità di lavoro che, superando le diagnosi meramente descrittive (DSM V), consenta di collocare e comprendere la patologia nella storia della persona, della famiglia e del più ampio contesto transgenerazionale e culturale, favorendo l’individuazione precoce dei fattori di rischio. Ai partecipanti sarà fornita l’opportunità di sperimentare direttamente questa modalità di lavoro sia presentando casi per loro problematici che intervenendo rispetto al lavoro dei colleghi. In particolare, argomenti del Corso saranno: - la prevenzione dei disturbi alimentari nelle relazioni precoci, nell’infanzia e nell’adolescenza - l’importanza della diagnosi precoce per evitare la cronicizzazione del disturbo - il significato del sintomo e una sua lettura transgenerazionale - il rapporto con la famiglia Il Corso, rivolto a medici di base, pediatri, nutrizionisti, psichiatri, neuropsichiatri infantili, si

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svolgerà in tre giornate pensate anche come moduli autonomi: - 18 ottobre: ”I disturbi del comportamento alimentare nella pratica clinica” (inquadramento diagnostico, aspetti nutrizionali, i primi colloqui con il medico/psicoterapeuta, i primi colloqui con i genitori, approccio al paziente, progetto di cura) - 15 novembre: “I disturbi del comportamento alimentare nell’infanzia e la pratica clinica” (il disturbo della relazione primaria, il lavoro del pediatra, ascolto e relazione) - 29 novembre: “Il lavoro con i familiari e il lavoro in equipe nella pratica clinica dei DCA” (prospettiva transgenerazionale, il lavoro con le famiglie) In ciascun modulo è previsto un inquadramento teorico con esemplificazioni cliniche, un gruppo Balint per sperimentare in prima persona il rapporto medico-paziente e la discussione di materiale clinico. La partecipazione al Corso è gratuita, l’iscrizione obbligatoria. Il numero massimo di partecipanti è 25.

Per maggiori informazioni: FIDA Verona – Il Corpo Specchio Via Giardino Giusti, 4 – 37129 Verona tel. 045 8013574

verona@fidadisturbialimentari.it www.fidadisturbialimentari.it/corpospecchio


Via Giardino Giusti 4, Verona - tel.045 8013574 - verona@fidadisturbialimentari.it

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ADO INF - PET THERAPY

Cavalli ed emozioni Viaggio all’interno di un’attività di mediazione equestre

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ario, Luca, Francesco e molti altri, sono ragazzi che vanno a scuola, ascoltano musica, organizzano feste e litigano con i loro genitori, amano, praticano varie discipline sportive, sono adolescenti come tutti gli altri, ma accomunati da una passione intensa, il cavallo, per il quale si ritagliano uno spazio settimanale fra i molteplici impegni per, come lo definiscono loro, “ossigenarsi”. Corte Molon, dove svolgo l’attività è a due passi dal centro, e lo stile che caratterizza i nostri incontri non risponde a statuti formali o cosa peggiore competitivi, ma vede un modo di fare equitazione che

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parte da un ascoltarsi e ascoltare il cavallo, per rivedere il nostro modo di relazionarsi con il mondo. Il cavallo è un essere senziente, capace di smuovere quelle staticità che talvolta opacizzano il quotidiano, una noia motivazionale che deprime i vari impulsi sulla realtà concreta. L’emotività che nasce da un’esperienza mediata da questo animale permette di entrare nel mondo delle nostre emozioni e ci invita a conoscere meglio noi stessi, opera per incentivare una capacità costruttiva di rimetterci in discussione, migliorando i nostri rapporti interpersonali. L’emozione è un fenomeno interno che genera sentimenti dinamici esterni. Piaget sostiene che l’emotività costituisce probabilmente la fonte energetica da cui dipende il funzionamento dell’intelligenza, le emozioni quindi rivelano la loro capacità di interpretare e valutare la realtà. In troppi campi della vita sociale si considerano le persone per la loro capacità di emulare modelli collocando l’individuo in uno schema gerarchico; le persone diventano personaggi e si antepone la prestazione alla relazione, alterando l’immagine che abbiamo di noi stessi e lasciandoci un senso di disagio. L’esperienza con il cavallo, e non sul cavallo, prende le distanze da ogni criterio di valutazione, e si concentra nello sperimentare l’armonia con il proprio modo di essere, anche nell’accettazione dei propri limiti. Il riconoscimento e la cura del proprio contatto emotivo, amplificato dalla percettibilità sensoriale, diventa significante per l’elevato contenuto affettivo; le differenze individuali lasciano il posto alle risorse personali e ne scaturisce una adesione partecipata al proprio processo di crescita personale. Nell’immaginario collettivo il cavallo precede, a livello simbolico, un “saper essere” rispetto ad un “saper fare”, la


tecnica è in funzione per acquisire un nuovo modo di sintonizzarsi con la realtà circostante colmando il divario che in certe situazioni si crea fra le mutue aspettative. Il cavallo, preda per natura, ci aiuta ad acquisire un nuovo modo relazionale in quanto è necessario far tabula rasa del nostro paraverbale. Se il nostro agire è spento, per compiacimento personale verranno innescate aree che attivano energie inedite; se il nostro “stare” risulta essere troppo “irruento”, per antagonismo e forza muscolare il cavallo ha la meglio, inducendo anche in questo caso a rivedere il nostro comportamento. Il nostro fare sarà coniugato con il nostro essere, cercando di entrare in contatto con il suo linguaggio attraverso una grammatica dei comportamenti empatica e rispettosa dell’altro. Inoltre un ampio spazio di lavoro interattivo è mutuato dal rispecchiamento che riflette la nostra mascolinità o femminilità nell’andare a cavallo. Il modo in cui ci si rapporta con l’animale denota le nostre peculiarità, favorendo una consapevolezza nuova. E’ facilmente osservabile che la figura maschile, per citare un esempio, si avvicina all’equide con le mani aperte e il dorso rivolto verso l’alto, per analogia con i predatori, la figura femminile invece con il palmo aperto. La riflessione che nasce spontanea è nell’ambito di come ci confrontiamo con gli altri! Come sottolineato, la tecnica equestre è il punto di giuntura fra le emozioni che nascono e le sensazioni che entrano, come dimostrano le neuroscienze. La voce, il dialogo tonico e l’intenzionalità dei gesti, trovano applicazione ed espressione nelle tre fasi del: Teaching: - Conoscenza dell’ambiente (Scuderia, box, paddock) - Selle, bardatura, elementi di etologia Grooming: - Finimenti - Governo alla mano/lunghina Riding: - Gestione del cavallo in sella - Aiuti naturali (mani, gambe, voce, assetto) Il movimento del cavallo all’andatura del passo, riproduce fedelmente il cammino analitico in tutte le sue proiezioni spaziali con frequenze simili a quelle delle deambulazione umana. Se volessimo scomporre le forze che agiscono sul baricentro del ca-

vallo, e di riflesso sulla persona in sella, potremmo valutare: 1) Un movimento laterale sul piano frontale 2) Un movimento latero-posteriore sul piano sagittale 3) Un movimento con componenti rotazionali sul piano orizzontale Queste dinamiche favoriscono l’attivazione di alcuni canali di stimolazione: - Fisico: forza, coordinazione, capacità cinestetica, propriocezione nella ricerca dell’equilibrio - Cognitivo: sviluppo dello schema corporeo, ripetuti esercizi di lateralità, riproduzioni nello spazio e nel tempo, M.B.T. - Psichico: soddisfazione, disciplina, autocontrollo, autocoscienza In chiusura l’esperienza ci permette di affermare che la stimolazione, la crescita emozionale e l’autostima, promuovono efficacemente la qualità della vita attraverso uno star bene generalizzato.

Michele Marconi COMPETENZE E.N.G.E.A.: QUADRO TECNICO EQUITURIST - E.R.D. IN FORMAZIONE C/O UNIVERSITÀ DI VERONA 2014 luglio, agosto- 65


BREVI - LETTURA

Nero Veronese, 15 casi di cronaca nera tra Ottocento e Novecento

L’omicidio irrisolto di Isolina Canuti, l’inspiegabile suicidio di Siro Zuliani, primo Duca della Pignata, e il delitto del maso di Quinzano; ma anche la tragica sorte che toccò la famiglia Salgari, la vicenda di Rita Rosani e l’episodio del vino eucaristico avvelenato nel Duomo di Villafranca. Sono solo alcuni dei misteriosi casi di cronaca nera accaduti nella provincia di Verona a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Accanto a questi, tristemente famosi, ce ne sono altri da tempo dimenticati: come la storia di Caterina Cavalleri, che nel novembre del 1829 precipitò dalla Chiusa di Ceraino in circostanze ambigue, alla quale il poeta Aleardo Aleardi dedicò un carme; o la vicenda di Domenico Vilio, rinvenuto cadavere una mattina d’agosto di fine Ottocento su un sentiero a Roverè e il cui assassinio rimane tuttora senza un colpevole. Su tali fatti indagano Nicola Ruffo e Chiara Begnini all’interno del volume Nero Veronese. Quindici casi di cronaca nera tra Ottocento e Novecento, pubblicato dalla casa editrice Delmiglio nella collana Urbs Picta dedicata a Verona e alla veronesità. Si tratta di una raccolta di saggi dalle tinte noir che nasce dalla volontà di riportare alla luce molte tragedie dimenticate del nostro territorio per trovarvi – o almeno tentare – un senso; e, parallelamente, ripercorrere e in alcuni casi restituire alla memoria collettiva le vicende di donne e uomini

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che furono protagonisti della Storia locale. Frutto di mesi di indagini sul campo e di un paziente lavoro di documentazione e confronto delle informazioni svolto presso l’Archivio di Stato, l’Anagrafe, i casellari parrocchiali e gli archivi di numerose istituzioni cittadine, Nero veronese – grazie anche alle preziose testimonianze e narrazioni popolari raccolte sui luoghi delle inchieste, e alla consulenza fornita da eminenti esperti – offre al lettore scoperte e contenuti inediti che gettano nuova luce sui fatti misteriosi celati tra le pieghe della cronaca locale e fanno emergere un volto sconosciuto della nostra città. Arricchito da un apparato fotografico storico, Nero veronese si pone dunque come un volume divulgativo ma al contempo imprescindibile per gli studiosi e gli appassionati del territorio.

Anno di pubblicazione: 2014 Collana: Urbs picta Pagine: 224 Formato: cm 14,4 x 20,8 Genere: saggio storico Prefazione: Guariente Guarienti Delmiglio Editore Prezzo: euro 14 Gli autori Nicola Ruffo, formatore pedagogista, specializzato in neurolinguistica, si occupa di progetti educativi sia in ambito scolastico, rivolti ad alunni con difficoltà di apprendimento, sia in ambito aziendale con corsi sulla comunicazione. È co-autore della ricerca sui livelli di apprendimento Legami con Gregory Bateson (Verona, Libreria Editrice Universitaria, 2006). Da alcuni anni collabora con diverse case editrice in qualità di editor e correttore di bozze. Pubblica racconti e recensioni per vari autori. Chiara Begnini, nel 2010 si laurea in Lettere classiche all’Università degli Studi di Padova. Trascorre un anno a Londra dove scopre la sua vocazione per l’insegnamento della lingua italiana agli stranieri, per le dinamiche e le realtà multiculturali ed interculturali. Dopo aver conseguito la certificazione Ditals II, attualmente si dedica all’insegnamento dell’italiano L2 in alcune realtà scolastiche e formative di Verona. Da sempre appassionata di scrittura, lavora come ghostwriter e pubblica saggi e articoli per riviste e blog. Ha preso parte alla rivista di studi salgariani Ilcorsaronero.


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