ARCHIVIO 2013 25 gennaio
Qualcosina sul Forum di Davos quest'anno è stato il 43esimo,.Un appuntamento annuale, che si tiene dal 1971
Quest'anno è stato il 43esimo, Forum economico mondiale (Wef) di Davos. L'elite economica e politica, i capi degli organismi internazionali e intellettuali si riuniscono in questa piccola stazione sciistica nel cuore delle Alpi svizzere, per analizzare come va il mondo (o come farlo andare). Un appuntamento annuale, che si tiene dal 1971. Ma incontrarsi in questo "club dei ricchi" che non si sa se ha ancora una sua funzione, dove le persone si incontrano, si stringono la mano, scambiano idee, coordinano le loro agende, e pianificano gli incontri, ha un costo perchè bisogna pagare per partecipare e i posti sono molto cari. A mettere assieme il tutto è Klaus Schwab un tedesco di 74 anni, il grande patron del forum di Davos, che dovrebbe pavere lo scopo di dibattere i problemi più urgenti del pianeta, comprese le questioni della salute e del clima. Alla vigilia dell'edizione del 2010, il fondatore disse:.. " Io ho creato il forum quarant'anni fa affinché i potenti incontrassero la società civile,.... .. ma nel corso degli anni le loro politiche hanno avvicinato piuttosto i potenti agli azionisti". Se perfino il suo presidente non ci crede più.... Il forum dunque si è trasformato ed è diventato show business senza alcun effetto pratico per la soluzione dei problemi di ordine macro-economico che affliggono il nostro pianeta, tanto che afferma il giornale svizzero L'Hebdo. . essi [ i problemi] non appaiono nemmeno su tutte le brochures del Wef, World economic Forum Parlando di show business a Davos si sono incrociati Bill Gates, il patron della Coca Cola Muhtar Kent, sono sfilate anche altre personalità come Bono, Brad Pitt o Sharon Stone, personaggi che hanno contribuito a inviare un messaggio più glamour e rilassante a quelli che immaginavano riunioni noiose da morire. Ma al di là di questo, il Forum serve oggi ancora a qualche cosa? Forse a fare affari per i partecipanti e non a risolvere i problemi del mondo come era nelle intenzioni originali. C'è chi ha fatto i calcoli. Andrew Ross Sorkin del New York Times ha ricostruito nel suo blog quanto costa partecipare a Davos:
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.. 71 mila dollari solo per il biglietto d'ingresso, e almeno 156 mila per un accesso a quelle che si chiamano «discussioni private». Con il coniuge si arriva a 301 mila dollari per quattro giorni di discussioni. Se poi siete un amministratore delegato- scrive Federico Fubini sul Corriere della sera- , come minimo volete avere almeno qualche assistente e portaborse intorno a voi. Il pacchetto da cinque posti vale circa 670 mila dollari, al quale aggiungere voli privati, alberghi e feste come quelle di Google che costano almeno 100 mila dollari in bande rock e dj per organizzarle". Quest'anno il giro d'affari totale di mezza settimana a Davos dev'essere stato intorno ai 185 milioni di dollari in gran parte pagate dai contribuenti. Tutto per venire qua a suddividersi in caste in base al potere d'accesso del badge e a sentire il guru-organizzatore Klaus Schwab dire frasi come: «Senza una maggiore moralità, l'umanità non può sopravvivere». Possibile? Sì, perché mai come quest'anno Davos ha fatto il pieno. Almeno 50 fra capi di Stato e di governo, loro gratis perché regalano qualcosa di cui parlare. Almeno 2.600 manager: loro gratis per se stessi, ma non per gli azionisti che pagano il conto. E forse non si tratta neanche solo di fare affari nelle salette appartate, o della «moralità» di Schwab. Perché in fondo anche nel club più esclusivo, il fatto che puoi entrarci è la principale ragione che ti dà voglia di farlo. Insomma l'importante è esserci ed anche il nostro Monti non ha perso l'occasione per farci una capatina. Troppo importante la vetrina mentre i problemi dell'umanità possono aspettare. E tutta questa gente dopo cene raffinate a base di champagne ha detto per bocca della Lagarde che l'Italia deve rimboccarsi le maniche, ovvero ancora tasse, tagli a stipendi e pensioni, riduzione del welfare e naturalmente pagare i disastri che le banche combinano. Peppino Barlocco villacortese.net
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