VILLACORTESE NEWS
Forse Kim Jong non è un vassallo descritto come pazzo e fuori di testa viene sbeffeggiato da tutti. Sui giornali occidentali si ironizza sul taglio di capelli
Non passa giorno che qualsiasi telegiornale di qualsiasi ora, giornali compresi ci martellano sulla Corea del Nord e il suo padrone Kim. Descritto come pazzo e fuori di testa viene sbeffeggiato da tutti. Sui giornali occidentali si ironizza sul taglio di capelli e non mancano articoli sulle sue stranezze e le sue passioni, anche alimentari. Sembra, ad esempio, che Kim Jong-un sia un grande bevitore di vino rosso. Chissà se è vero. Ma il tipo è un pazzo? A che pro minaccia una guerra persa in partenza contro gli Usa, la più armata e potente nazione del pianeta? Avrebbe solo da perdere.Allora viene da pensare che Kim non è scemo, potrà essere un folle, ma lo sono tutti i dittatori. Sa bene però, che l'unico modo sia per salvaguardare l'indipendenza della Corea del Nord, sia per ottenere il rispetto dai governi mondiali, a cominciare dagli USA, è armarsi fino ai denti, di nucleare e anche peggio. Minaccia, sparge terrore, sa che è l'unica arma per non soccombere. Si comporta un po' come quei cani minuscoli che, di fronte a un mastino, abbaiano, ringhiano, si dimenano fino a far scappare il cane più grande. E si comporta così, memore della storia non troppo passata che tutti dimenticano: Saddam depose le armi nucleari su richiesta degli States e la fine che ha fatto è nota a tutti. Stessa cosa per ciò che riguarda Gheddafi. Forse, Kim vorrebbe un posto tra i grandi del mondo. Forse vorrebbe riunire la Corea, magari invadendo la Corea del Sud. Sta di fatto che, attualmente, Kim riesce a mantenere il coltello dalla parte del manico. Se gli USA avranno la capacità, per una volta, di fare un passo indietro, l'assetto attuale cambierebbe in maniera stupefacente.
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Basterebbe provare ad aprire al dialogo. E gli USA dovranno farlo, dal momento che - stavolta non si ha a che fare con un governo orientale tra quelli disposti ad accettare la balla statunitense delle "guerre di pace" della " democrazia esportata" o delle "primavere arabe" che hanno fatto la fine che sappiamo. Per un pò ci hanno raccontato che si potevano abbattere i dittatori con l'uso dei telefonini ma poi la realtà e che al loro posto ci sono altri dittatori "obbedienti". Ora Kim, al contrario degli europei, questa cosa se la ricorda, e se non si accettano incontri e trattative il rischio è altissimo. Dai e dai, Kim potrebbe arrivare davvero a cancellare dal pianeta una città come Los Angeles o San Francisco. E di fronte alla minaccia reale, non si potrà che giungere al dialogo. Sarebbe peraltro la prima volta che gli USA verrebbero sconfitti in maniera tanto clamorosa, da decenni, sui loro piani strategici basati sull'invasione dei territori che mentono di voler salvare. A volte, non è la grandezza di una potenza a spaventare, quanto la capacità strategica. Kim, sta mostrando che, in quanto a strategia, non è carente ma perfettamente razionale nel giocare la sua partita a scacchi con la comunità internazionale. Come dice Antonio Fiori docente all’Università di Bologna e professore aggiunto presso la Korea University di Seoul, chiamato a Montecitorio per discutere della crisi in corso dalla commissione Affari Esteri alla presenza di diversi diplomatici e stranamente disertato dai nostri parlamentari.. . . . .Kim è forse uno dei pochi ad aver sbagliato poche mosse. «Per capire davvero quello che sta succedendo, bisogna cambiare atteggiamento. Soprattutto i giornalisti dovrebbero smettere di dipingere la Corea del Nord in maniera macchiettistica».
Kim Jong non è un vassallo di nessuno. Chi lo descrive così ne ignora la storia e la personalità. È stato lui a imprimere un’importante accelerazione al programma nucleare, ma ha anche un’ambizione che gli altri forse non avevano». Pericoloso, sicuramente. Ma non uno squilibrato privo di visione. Kim Jong-un ha un obiettivo preciso e la sfida nucleare risponde a due precise necessità. La prima è interna: il regime di Pyongyang «si basa su una mobilitazione di massa continua», spiega Fiori. Ecco allora che le continue prove di forza hanno una spiegazione anche in termini di consenso interno, di legittimazione. L’ex presidente del Consiglio Lamberto Dini è d’accordo. Anche lui conosce bene l’argomento. Quando era ministro degli Esteri ha guidato l’Italia - unico paese occidentale - in un significativo dialogo con la Corea del Nord. Almeno prima che gli Stati Uniti chiudessero ogni rapporto con il paese asiatico, inserito insieme a Siria e Iraq nell’“asse del male”.
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E poi c’è il fronte estero. Ottenere lo status di paese nuclearizzato prometterebbe a Pyongyang di essere considerata al pari delle grandi potenze. «La Corea del Nord considera il suo riconoscimento come una potenza nucleare da parte della comunità internazionale. Ne riparleremo. Quando forse, un giorno, sarà normale che Kim Jong-un sarà invitato a partecipare ai G20, a sedere con le grandi potenze mondiali per decidere delle sorti del pianeta.
Peppino Barlocco www.villacortese.net pubblicato 17/09/ 2017
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