VILLACORTESE NEWS
Chi ha finanziato i bruni e Hitler? secondo ultime ricostruzioni americani e inglesi che poi riscrissero la storia
Ho notato, non so voi, come in tutto il 2017 e ancora oggi, proseguono sulle tv programmi sull'ascesa al potere di Hitler. Su Rai storia, su Focus, su Sky e altre tv quasi tutte le settimane si può assistere alla riproposizione della storia ma come disse Simone Veil : « Croire à l’histoire officielle, c’est croire les criminels sur parole/ Credere alla storia ufficiale è come credere ai criminali sulla parola». E così viene il dubbio. Chi in realtà finanziò l’arrivo di Hitler al potere? Finora gli storici non sono d’accordo sull’argomento ma una riflessione alternativa trovata qui può aiutare a capire. Alcuni pensano che i nazisti fossero sostenuti segretamente dalla Reichswehr ( il nome dato alle forze armate tedesche dal 1919 al 1935) che sognava di vendicarsi della sconfitta della Prima guerra mondiale. Altri sostengono che i principali sponsor del Führer furono gli industriali tedeschi. Tuttavia, durante il processo di Norimberga, l’ex-presidente della Reichsbank e il ministro dell’economia Hjalmar Schacht proposero di mettere sul banco degli imputati chi finanziò il III Reich, citando le compagnie General Motors e Ford, nonché il direttore della Bank of England Montagu Norman. Gli statunitensi si affrettarono a concludere con lui un accordo promettendogli la libertà in cambio del silenzio. Così il Tribunale Militare Internazionale assolse Schacht nonostante le dispute dei giuristi sovietici e il segreto dell’aiuto anglosassone ad Hitler, all’inizio della sua carriera politica, fu portato nella tomba da due persone.
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Il segreto dell’aiuto anglosassone a Hitler, all’inizio della sua carriera, fu nascosto da due uomini, il finanziere svizzero Wilhelm Gustloff (non è un caso che il führer abbia dato il suo nome, postumo, alla più grande nave da crociera della Germania) e il tesoriere dell’NSDAP ( il Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori ) Franz Schwarz. Hjalmar Schacht chiamò Gustloff, che fu ucciso nel 1936 a Davos, in Svizzera, da uno studente malaticcio, “mediatore permanente” tra aziende inglesi e statunitensi e nazisti (secondo alcuni dati, Gustloff fu l’intermediario dal 1925 al 1929). L’SS-Obergruppenführer Schwartz morì in modo non meno strano di Gustloff: il 2 dicembre 1947 fu rilasciato dal campo di filtrazione di Ratisbona, ma non poté andarsene. Dopo la colazione, si sentì male e morì un’ora e mezzo dopo a causa di “problemi di stomaco”, come notato dal rapporto medico. Nell’aprile 1945, Schwarz aveva bruciato nella “casa bruna” (il quartier generale del NSDAP a Monaco di Baviera) tutti i documenti bancari che avrebbero potuto compromettere i rappresentanti dei Paesi conquistatori, e per questo motivo contò ingenuamente sull’indulgenza. Fu dalla direzione della Shell che Hitler ricevette la sua prima valigia di banconote. Ma nonostante due dei più importanti testimoni non abbiano parlato, alcuni storici sono riusciti a ottenere prove del sostegno finanziario anglosassone ad Hitler e scagnozzi. In particolare, Guido Giacomo Preparata (professore associato di Economia Politica alla University of Washington, USA) che si dedicò a studiare i legami dei nazisti con gli ambienti economici di Londra e Washington per quasi due decenni. Secondo una leggenda ridicola, ostinatamente imposta alla società, i nazisti si finanziarono raccogliendo denaro nelle loro riunioni”. Inoltre, Preparata dimostra in modo convincente che la maggior parte delle risorse finanziarie del partito nazista era di origine straniera. I clan finanziari Morgan e Rockefeller promossero le azioni della IG Farbenindustrie e numerose fabbriche chimiche tedesche a Wall Street tramite la Chase National Bank (in seguito la creatura di Krupp passò sotto il controllo della Standard Oil dei Rockefeller), e con la banca Dillon&Reid la Vereinigte Stahlwerke di Alfred Thyssen. “Nel 1933, quando fu comprensibile con indiscutibile chiarezza che la società AEG finanziò Hitler, scrive Preparata, il 30% delle azioni apparteneva al socio statunitense, la General Electric”.
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Quindi, lo storico assume, “per 15 anni, dal 1919 al 1933, l’élite anglo-sassone s’immischiò attivamente nella politica tedesca, con l’intenzione di creare un movimento oscurantista che potesse essere usato come pedina nel grande complotto geopolitico. Non furono Regno Unito ed USA a creare l’hitlerismo, ma crearono le condizioni con cui tale fenomeno poté apparire”. Ed ecco cosa un altro specialista dei flussi finanziari che arrivavano ad Hitler, lo storico tedesco Joachim Fest, scrive . . . “Nell’autunno del 1923, Hitler andò a Zurigo e tornò, come si dice, “con una cassa piena di franchi svizzeri e dollari in buoni”. Cioè, alla vigilia del tentato di “colpo di Stato” qualcuno diede al führer una grossa somma di denaro”. Questo “qualcuno”, secondo alcuni dati, fu nientemeno che Sir Henry Deterding, direttore della compagnia anglo-olandese Shell. Finanziò Hitler anche in seguito, attraverso Wilhelm Gustloff. È interessante notare che la corte di Monaco, che processava i golpisti, non poté provare altro che il partito nazista avesse ricevuto 20000 dollari dagli industriali di Norimberga per organizzare la rivolta. Eppure le spese dei sostenitori di Hitler furono stimate almeno 20 volte tanto! Nell’aprile 1924, Hitler fu condannato a cinque anni di prigione per alto tradimento, ma fu liberato già a dicembre e da spiantato o giù di li, acquistò la villa Berghof e lanciò un nuovo giornale, il Völkischer Beobachter. Con quali soldi ci chiediamo? “Dal 1924”, scrive Joachim Fest, “industriali e sostenitori finanziari di Hitler (Thyssen, Vogler, Schroeder e Kirdorf) avevano segretamente versato somme significative ai nazisti. Inoltre, la dirigenza ribelle e i funzionari del partito ricevevano salari in valuta estera”. È notevole il fatto che Vogler e Schroeder fossero uomini d’affari statunitensi, e non tedeschi, che creavano capitale essenzialmente oltre oceano. Tra gli sponsor di Hitler c’erano altre figure controverse, come ad esempio Max Warburg della IG Farben, fratello del direttore della Federal Reserve Bank di New York Paul Warburg. O Carl Bosch, capo della divisione tedesca della Ford Motor Company. E come poterono gli industriali tedeschi augurarsi che Hitler andasse al potere? A proposito di Ford: nel 1931, un giornalista dell’American Detroit News, arrivando in Germania per intervistare Adolf Hitler, politico futuro, vide con sorpresa, sopra la scrivania, l’immagine di qualcuno che gli era familiare, Henri Ford. “Lo considero mia ispirazione“, spiegò Hitler. Ma Ford non era solo l’ispirazione del capo nazista, era anche un suo generoso mecenate. Ford e Hitler andavano d’accordo grazie al loro comune antisemitismo.
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Già negli anni Venti, “Papi Ford” stampò e spedì in Germania a proprie spese mezzo milione di copie del “Protocollo dei Saggi di Sion”, e di due suoi libri, “Il giudaismo mondiale” e “l’attività degli ebrei in America”. Hitler decorò Ford con la Gran Croce dell’Aquila tedesca, la massime distinzione del Reich che uno straniero potesse ottenere, il 30 luglio 1938 a Detroit, durante un pranzo a cui parteciparono circa millecinquecento statunitensi noti. L’ordine fu consegnato dal console tedesco. Ford si narra. . . . . .era così commosso che iniziò persino a piangere. Dopo di che finanziò il progetto di “auto popolare” di Hitler e alla fine ebbe il 100% delle azioni del consorzio Volkswagen. I legami di Ford ed Hitler erano così forti che non si rilassarono nemmeno durante la guerra. A quel tempo, fu approvata una legge speciale che proibiva qualsiasi collaborazione con gli hitleriani (legge sul commercio col nemico), ma questa legge non sembrava avere alcun peso per Ford. Nel 1940, Ford rifiutò di assemblare motori aeronautici nel Regno Unito, in guerra con la Germania, e nello stesso momento, la sua nuova fabbrica, nella città francese di Poissy, iniziò a produrre motori per gli aerei della Luftwaffe. Le filiali europee di Ford fornirono a Hitler nel 1940 65000 camion, gratuitamente! Nella Francia occupata, la consociata di Ford continuò a produrre autocarri per la Wehrmacht, e la sua altra filiale ad Algeri rifornì il generale Rommel di camion e blindati. A questo proposito, una cosa straordinaria: alla fine della guerra, l’aviazione alleata rase al suolo la città tedesca di Colonia. E come per miracolo solo i pochi edifici delle fabbriche Ford rimasero intatti. Comunque Ford (e allo stesso tempo i suoi concorrenti della General Motors) ottennero un risarcimento dal governo degli Stati Uniti per il danno “causato alle proprietà su territorio nemico“. Inoltre, la General Motors era proprietaria di uno dei più grandi consorzi automobilistici tedeschi, la Opel, che produceva gli autocarri militari modello Blitz. Sullo chassis di questi autocarri, ingegnose menti crearono le famigerate “gasenwagen“, le camere a gas su ruote. All’inizio della Seconda guerra mondiale, gli investimenti delle società statunitensi nelle filiali tedesche ammontavano a circa 800 milioni di dollari, mentre quelli di Ford erano stimati in 17,5 milioni di dollari. I flussi di cassa degli Stati Uniti verso la Germania erano controllati dal servizio segreto statunitense
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Nel gennaio 1932 ebbe luogo l’incontro tra Hitler e il finanziere inglese Norman Montagu. Jurij Rubtsov, dottore in scienze storiche dell’Accademia delle scienze militari, ipotizza che “fu concluso un accordo di finanziamento segreto del NSDAP“. “In questo incontro“, scrive Rubtsov, “i fratelli Dulles frequentarono politici statunitensi, e uno dei fratelli fu il futuro direttore del controspionaggio statunitense, Allan Dulles. È una semplice coincidenza? Come sostengono alcuni storici, fu proprio Dulles a controllare personalmente tutti i flussi monetari che irrigarono il Reich, a partire dalla campagna elettorale di Hitler nel 1930. Inoltre fu parzialmente finanziato dalla IG Farbenindustrie, già sotto il controllo della Standard Oil dei Rockefeller. Dunque gli statunitensi avevano ingannato ed investito nella crescita economica del Reich. Nell'incontro fra i Dulles e il generale Wolf fu chiesto con tanta insistenza il patrimonio delle “nuove autorità tedesche” e sui loro depositi d’oro? Vale sempre il vecchio adagio: segui i soldi e i flussi finanziari e troverai coloro che alimentarono il nazismo. Chi scatenò la Seconda Guerra Mondiale? Sui libri ed in tv si continua a sostenere e a dirci che fu il Patto MolotovRibbentrop. E se fossero state piuttosto Londra e Washington? Un'immensità di soldi e un mercato mondiale attendevano gli investitori che davano al Fhurer così tanta sicurezza. Chiamomolo pure globalizzazione ante-litteram o mercato globale e poi non so ma trovo tanta somiglianza con la nascita del Califfato/Daesch e forse questo meriterebbe un'altra riflessione.
Peppino Barlocco www.villacortese.net pubblicato 20/01/ 2018
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