GIORGIA SANNIBALE - Foto di SALVATORE ALFANI
WEBZINE FREE DOWNLOAD by A.C. JAPANIMATION - Anno II - n. 13
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CULTURA MUSIC A
EVENTI
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EDITORIALE
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alve a tutti, giovani e giovani dentro! Come avete trascorso quest’inizio d’estate? Noi tutto sommato bene nonostante i 40 gradi all’ombra ma... meglio giornate di Sole piuttosto che di grigiore. Per rendere più piacevole il vostro tempo libero, abbiamo realizzato questo nuovo numero inserendo tante belle cosine mooolto interessanti. Abbiamo infatti celebrato un paio di “anniversari”, siamo andati a trovare il mitico doppiatore Fabrizio Mazzotta, abbiamo riscoperto giochi, libri, personaggi reali e dei fumetti, siamo nuovamente finiti in Giappone e chi più ne ha più ne metta: un gran lavoro effettuato, come sem-
pre, dai nostri fedelissimi collaboratori (in costante aumento, fortunatamente per tutti). Infatti grazie a loro ed a voi tutti, lo scorso numero di questa webzine ha superato i 1.300 lettori: una bella soddisfazione per tutti noi dell’associazione culturale JAPANIMATION che da ormai più di un anno portiamo avanti con passione e fatica questo progetto. Nella speranza di crescere sempre più velocemente assecondando il vostro interesse, vi lasciamo adesso alla lettura di questo tredicesimo numero di JAPANIMANDO e vi auguriamo di trascorrere un mese di luglio veramente “fantastico”! V. D’Amico
SOMMARIO 2° Roma Fumetti & Comics: il diario............ Tipologie di balloon.......................................... Diventare mangaka in un anno....................... Il magico mondo del cosplay 2012................ Benvenuti a “La reggia del fumetto” ............. Il programma del “NIFFF 2012” .................... Kurohime ............................................................ “Red Dread”: il secondo atto ......................... Mazinga Z compie 40 anni .............................. Buon Compleanno BVZM............................... Cosplay On-Air: 4 esperti e la censura........ Gunpla e la scoperta di non essere soli....... Anime Classics: “Principessa dai capelli blu” The fabulous fantasy films ............................... Kikko e Kikka..................................................... Gears of war ...................................................... Vincenzo Cortese e la sua arte ..................... Time Machine: Mazzotta & i Puffi .................. Videogiochi di ieri e di oggi - Part V ............. Evangelion al “Biografilm Festival” ................ I “linguaggi del fumetto” a Bologna............... Novità shojo “Star Comics”: Luglio 2012.... Ecco il progetto “G.A.U.R.R.U. - Z” ............. Lord of Rings: l’impetuoso Aragorn .............. E’ in arrivo “L’incantevole Creamy”! ............ Tarzan: la storia di in mito............................... Fantatrailers: Clicca sulle immagini................ Ecco lo “Star Shop Vomero” di Napoli ........ JRIM & Moreno Mon-San ................................ Street fashion ad Haraijuku e Shibuya.......... Album 1° FOTOCOSPLAY di Roma ............ Album 32° PARCOSPLAY di Ostia Lido ..... Quando il cosplay è aggregazione .................
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2° ROMA FUMETTI & COMICS: IL DIARIO www.irideventi.it
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i è tenuta a Roma in Villa de Sanctis la manifestazione culturale di tre giorni, dal 7 al 9 giugno, sul mondo dei fumetti. Un evento ideato e organizzato dall’associazione culturale e di promozione sociale Irideventi con il contributo organizzativo dell’associazione culturale Japanimation, che ha coinvolto disegnatori e sceneggiatori di fumetti, case editrici, scuole e organizzazioni del settore. Rivolto principalmente ai giovani, il “Roma Fumetti & Comics” ha voluto identificarsi non come una fiera ma come un evento prettamente culturale che unisse formazione, opportunità lavorative e divertimento. Per questa ragione nell’arco delle tre giornate il programma ha previsto incontri diretti tra gli appassionati del settore e gli aspiranti fumettisti e autori come Lorenzo Bartoli, Mauro Cao, Raffaele Crognale, Cristina Fabris, Maurizio Monte-
leone, Pierpaolo Pasquini, Renato Umberto Ruffino, ecc.. Autori che hanno dato consigli, risposto ai quesiti, realizzato disegni autografati a tutti i partecipanti che lo hanno richiesto. Per approfondire i momento formativi, uno stand della Scuola Internazionale di Comics, la più importante scuola di fumetti europea, era nel giardino esterno, dove alcuni suoi rappresentanti rispondevano alle domande dei giovani aspiranti fumettisti, davano materiale informativo e spiegavano le caratteristiche dei tanti corsi della scuola che tante opportunità lavorative ha offerto ai propri studenti. E parlando di opportunità lavorative, all’esterno della Casa della Cultura, nel giardino, gli stand delle case editrici esponevano le proprie pubblicazioni e gli editori stessi erano presenti per valutare eventuali lavori presentati dai giovani aspiranti fumettisti.
Anche il programma della sala convegni ha offerto delle opportunità di apprendimento grazie ai temi affrontati, di rara divulgazione. Eccone un esempio: “il rapporto tra poesia e fumetti“ (confe-
renza tenuta da Flavia Weisghizzi); “L’editoria di fumetti in Italia” (conferenza tenuta da Alessandro Bottero); “I vignettisti satirici” (tavola rotonda tenuta da Lele Crognale, Nicky Marcelli,
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hanno chiesto di esportare il format della manifestazione in quanto unico nel proprio genere, realizzando un “Roma Fumetti & Comics” in
Paquale Martello e dallo storico della satira Angelo Olivieri); “il rapporto tra eros e fumetti” (conferenza tenuta dalla regina italiana dell’erotismo a fumetti, Cristina Fabris); “Il Cosplay” (tavola rotonda tenuta dall’associazione Japanimation e dal Gruppo Nii-San Cosplay); “I Manga” (conferenza tenuta da Lu Tram Van e da Teke editori). Naturalmente non poteva mancare la mostra di fumetti d’autore, all’interno della Casa della Cultura, che ha arricchito la manifestazione; mentre, per quanto riguarda la parte ludica, che si è svolta durante le serate nel Centro Sportivo Villa de Sanctis, non sono mancati i riferimenti culturali. Ad esempio si è tenuto un concerto dal vivo sulla storia dei cartoni animati: si è trattato del primo spettacolo di questo genere, che hanno presentato - per la prima volta insieme - il “Conte di Cagliostro” (della Cagliostro e-press) e il “Two2Rock” (formato da due dei componenti della
cover band “I Corsari delle Stelle”). E, per continuare sulla strada della cultura divertente, il sabato sera si è tenuto un coinvolgente quiz interattivo con domande di cultura generale e specifica su fumetti e anime by “PurAnimazione”. Inoltre, grazie alla presenza dei Cosplayer seguiti dalla Japanimation, si è tenuta una sfilata - un cosplay contest con premi offerti dalle case editrici presenti. Ricordiamo che alla manifestazione era legato il concorso nazionale di fumetti i cui vincitori hanno ricevuto volumi di fumetti, magliette, trofei, pergamene e, alla prima arrivata nella sezione Illustrazioni, è stata fatta una proposta dalla casa editrice di manga Teke. La prossima edizione del “Roma Fumetti & Comics”, promettono gli organizzatori, sarà più grande e coinvolgerà un maggior numero di realtà del settore. Intanto la Irideventi è già stata contattata da alcune associazioni di altre regioni italiane che le
altre località italiane: “perché no?” ha risposto la Irideventi, tentata dalle proposte. Irideventi Staff
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- PILLOLE DI PSICOLOGIA DEL FUMETTO -
TIPOLOGIE DI BALLOON
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l balloon risulta strutturalmente composto da due parti essenziali: un contenente, vale a dire propriamente la nuvoletta che avvolge il secondo elemento, cioè il contenuto formato dal testo. Questo contenente ha di norma una forma arrotondata con in basso un filamento che indica il personaggio parlante; la sua grandezza varia a seconda dell’entità del testo. Ma il balloon è un artificio tecnico che ha molteplici varianti, così accanto al balloon-filamento abbiamo il balloon-bollicine che rivela il pensiero dei personaggi; ed ancora il balloon tratteggiato che ci indica che il personaggio sta parlando sottovoce, il balloon senza proprietario che illustra la presenza di una voce fuori campo ed il balloon-zero costituito
da testi che si presentano nel disegno non racchiusi da una nuvoletta: “sono testi, d’altronde, ridotti per lo più a un monema che traducono un grido (allarme, paura, dolore) o un rumore (di valanga, di motore, di esplosione, o il suono proveniente dal telefono ecc.). Il rumore del balloonzero è caratterizzato dal suo aspetto diffuso, invadente, più o meno sfuggente al dominio delle cose controllabili; sono rumori in libertà nell’atmosfera (al di fuori dei balloons).Vi è poi un balloon con il contorno a forma di aggressivi denti di sega che Gubern chiama balloon collerico; la collera stessa (o altre emozioni) può essere rappresentata mediante altri espedienti: tra i balloons fuori dalla norma per quanto riguarda il
contenuto abbiamo il balloon iconico che non contiene parole bensì unità significanti iconiche, ovvero simboli; in questo caso la collera viene rappresentata all’interno del balloon da sequenze di saette, teschi ecc. Un particolare tipo di balloon iconico è il dreamballoon che permette di visualizzare la vita onirica, le fantasie ed i desideri dei personaggi. Il contenuto usuale del balloon, il testo scritto, può essere costituito da un lettering di tipo manuale o tipografico; nel primo caso diviene importante il ruolo del letterist, “il professionista preposto all’incarico di dare voce al racconto”. Egli attraverso una serie di tecniche (tipo di calligrafia, uso del grassetto ecc.) invita il lettore a modulare le voci dei personaggi. Il messaggio ver-
bale dei fumetti non si esaurisce tuttavia con i balloons e le onomatopee (balloons-zero): la didascalia, un cartiglio dei contorni geometrici regolari interviene più o meno frequentemente fornendo al lettore informazioni sulla dimensione spazio-temporale del racconto (Intanto..., Più tardi in città..., ecc.), oppure delucidazioni su alcune caratteristiche dei personaggi, descrizioni di paesaggi, citazioni di avvenimenti di albi precedenti ecc. La didascalia, insomma, svolge il ruolo di un narratore esterno alla vicenda; il cinema muto se ne avvalse mediante inquadrature di cartelli contenenti informazioni relative alla dimensione spazio-temporale della vicenda, montati tra una scena e l’altra. Marco Minelli
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DIVENTARE MANGAKA IN UN ANNO www.scuolacomics.it
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a Scuola Internazionale di Comics e il Tokyo Animator College presentano: DIVENTARE MANGAKA IN UN ANNO. A Firenze - Il primo corso a fumetti che svela tutti i segreti dei manga! Un’occasione unica per tutti coloro che vogliono diventare dei veri mangaka!!! Per la prima volta in Italia, un corso pensato e realizzato sulla base dell’offerta formativa dei prestigiosi college giapponesi. In soli 9 mesi si otterranno straordinari risultati, grazie al contributo di affermati professionisti docenti giapponesi del Tokyo Animator Gakuin, che insegneranno agli studenti passo dopo passo come intraprendere la carriera di fumettista. Il corso è pensato per risolvere i dubbi che assalgono gli aspiranti mangaka: i materiali di base da usare (carta, matite etc), come disegnare personaggi e ambientazioni, le tecniche di inchiostrazione, l’uso dei retini, come impostare la tavola e in che modo realizzare una sequenza a fumetti fino ad affrontare la colorazione digitale. Se il vostro sogno nel cassetto è quello di diventare un autore di manga o anche solo scoprire le regole con le quali si fanno i fumetti in Giappone, allora questo
casione della Fiera del Fumetto “Lucca Comics & Games 2013”. All’evento saranno invitati i partecipanti del corso, il docente di riferimento e l’Editor Giapponese, in qualità di esaminatore. LA QUOTA COMPRENDE: • materiali e attrezzature originali importate da Giappone; • Interprete in Italiano per tutte le lezioni.
corso è ciò che fa per voi! Alla fine del percorso di studi, i lavori migliori saranno pubblicati su riviste giapponesi di prestigio ed in Italia dalla Star Comics, leader nell’editoria manga italiana. Esclusivo - i docenti sono selezionati tra i migliori professionisti del Tokyo Animator College! Il corso è organizzato dalla Scuola Internazionale di Comics in collaborazione con il Tokyo Animator College. Un’occasione unica per tutti coloro che vogliono diventare dei veri mangaka!!!
FINALITA’: PUBBLICAZIONE IN GIAPPONE E IN ITALIA!!! Esame Finale con Ono Tadashi Editor presso Shonengahosha (Young King, Young Comic, Neko Punch - www.shonengahosha.jp) allo scopo di selezionare i migliori progetti, finalizzati alla pubblicazione dell’opera sulle riviste manga:Young King, Manga Palette. Il miglior studente farà da assistente ad un famoso mangaka scelto trai i professionisti del Tokyo Animator College! Esposizione delle opere selezionate, showcase ed evento di chiusura in oc-
ISCRIZIONI: Per i ragazzi e gli adulti adulti con passione per il manga che abbiano compiuto i 16 anni. Iscrizione: entro dicembre 2012 fino a esaurimento posti. Inizio corso: gennaio 2013/Fine corso: ottobre 2013. Durata: un anno accademico (9 mesi). Orari: fasce orarie a scelta tra: 10,00/13,00 * 15,00/18,00 * 18,30/21,30. Frequenza: 2 volte la settimana, più seminario facoltativo. Per i ragazzi e gli adulti sopra i 14 anni: Durata: 1 anno accademico/iscrizione annuale; Frequenza: 2 volte a settimana (fasce orarie a scelta tra: mattina dalle 10.00 alle 13.00, pomeriggio dalle 15.00 alle 18.00, sera dalle 18.30 alle 21.30);
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Posti disponibili: 15 per fascia oraria; Costo del corso: € 2.700,00 in soluzione unica scontata o iscrizione € 440,00 più 9 rata mensili di € 280,00 cad per un totale di € 2.960,00. CLASSI A NUMERO CHIUSO. Selezione di partecipanti tramite una sessione di portfolio review. PROGRAMMA IN BREVE. - Spiegazione degli stru-
menti utilizzati quotidianamente dal mangaka. -Fondamenti del manga, costruire la storia. Divisione delle vignette. Come creare una storia avvincente. - Quali manga sono in voga oggi in Giappone, racconti di vita di un mangaka. - Le tecniche. Schizzi preliminari dei personaggi. Primo piano dei visi. Tecniche base del manga, linee forza e betaflash Incollare i retini. Grattarli. Creare fulmini e scolpire
nubi con i retini. - Fondali; - Prospettiva; - Plot del manga. (Sceneggiatura). Ordine di costruzione di un manga, spiegazione con esempi concreti. - Spiegazione dell’illustrazione a colori; - Colorazione in CG. Il piano di studi prevede due sessioni di verifica, nel primo e nel secondo trimestre.
Comics – Firenze www.scuolacomics.it Accademia delle Arti Figurative e Digitali. Tel. 055 21.89.50. E-Mail: firenze@scuolacomics.it Tokyo Animator College: www.tag.co.jp HERE IN THE PLACE WHICH YOU MAKE YOURSELF ALIVE! SIC Staff
INFO E ISCRIZIONI. Scuola Internazionale di
IL MAGICO MONDO DEL COSPLAY 2012 www.sigurta.it
U
n appuntamento che ormai si ripete da sei stagioni nel calendario eventi del Parco Giardino Sigurtà, angolo di verde a due passi dal Lago di Garda, è quello dedicato al mondo del Cosplay! Domenica 2 settembre 2012, infatti, tornerà al Parco questa particolare moda giapponese di travestirsi come i personaggi del mondo fantasy. Tantissimi cosplayers coinvolgeranno i visitatori di tutte le età in tanti momenti di puro divertimento: dalle sfilate in costume alle esibizioni musicali sulle note delle più conosciute sigle dei cartoni animati. E quest’anno non mancheranno ospiti d’onore, come la campionessa
mondiale di Cosplay Giorgia Vecchini e Cristina D’Avena, la famosa cantante di sigle dei car-
toni animati che si esibirà a partire dalle 15.30 con i suoi successi più famosi! Per ulteriori info potete
visitare il sito del Parco Sigurtà. Sigurtà Staff
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BENVENUTI A “LA REGGIA DEL FUMETTO” Su Facebook: LA REGGIA DEL FUMETTO
L’
Associazione Sogni di Carta Yume No Kami presenta LA REGGIA DEL FUMETTO - 2° Edizione. 1-2 SETTEMBRE 2012, a CASERTA, presso la Scuola Elementare LORENZINI di Viale Cappiello. Un evento dedicato al fantastico mondo dei fumetti e a tutto ciò che intorno ad esso ruota. Seguici su facebook, metti “mi piace” alla nostra pagina: https://www.facebook.com/LaReggiaDelFu metto
Due giorni all’insegna del divertimento con: - Ospiti: a) Massimo De Ambrosis: il doppiatore di Edward Norton, Onizuka, Gojyo e tanti altri ci svelerà il dietro le quinte del doppiaggio e ci proporrà alcuni sketch dei suoi doppiaggi più noti nel campo dell’animazione e non solo. b) Eriko e Dj Shiru: concerto sulle note delle sigle originali giapponesi e non solo. Uno spettacolo dai contrasti armoniosamente risolti, l’energia
che incontra la grazia, l’oriente che si fonde con l’occidente, con risultati coinvolgenti e sorprendenti.
naggio preferito.
- Stands: presso cui acquistare fumetti e gadgets.
- Comics Quiz: Metti alla prova la tua conoscenza.
- Disegnatori: Alla scoperta di nuovi talenti.
- AMV Contest: Vota i video in gara e decretane il vincitore!
- Tornei MAGIC. - Videogiochi.
- Mostra: Per saperne di più sulla storia dei comics e dei manga dalle origini a oggi.
...ed altro ancora vi aspetta! Non mancate!
- Cosplay: Interpreta il tuo perso-
SDC Staff
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IL PROGRAMMA DEL “NIFFF 2012” www.nifff.ch
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près avoir inauguré avec succès en 2011 une nouvelle salle, 2 jours de projections supplémentaires ainsi que les sections Films of the Third Kind et Ultra Movies, le NIFFF reconduit ce format en 2012. Se positionnant plus que jamais comme une manifestation d’envergure internationale, le festival propose au public un panorama éclectique du fantastique d’hier et d’aujourd’hui, mais aussi une exploration de ses affinités avec d’autres genres et disciplines. Pour célébrer le meilleur du fantastique, rendez-vous à Neuchâtel entre le 6 et le 14 juillet!
Le NIFFF en quelques chiffres Avec un budget total de 1.450.000 CHF, le NIFFF2012 c’est 9 jours de projections, 7 salles et une capacité simultanée de 1750 places. Les 135 projections publiques présenteront 89 longs métrages et 21 courts métrages produits par 31 pays différents. Jury international Mené par l’Américain Jeff Lieberman, réalisateur, auteur et producteur auquel le NIFFF consacre un hommage, le jury de la Compétition Internationale accueille cette année: l’actrice allemande Jennifer Ulrich (The Wave,We are the Night), le scénariste, pro-
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ducteur et critique britannique David Pirie (The Woman in White, Murderland) et Lars Diurlin, directeur du Festival International du Film Fantastique de Lund (Suède). Compétition Internationale En 13 titres, la Compétition Internationale offre un panorama de la production fantastique indépendante actuelle. Première bonne surprise de la sélection, la présence de deux réalisatrices à découvrir absolument: Shalini Usha Nair qui livre avec Akam un thriller hallucinatoire sur l’Inde contemporaine et la Lituanienne Kristina Buozyté qui offre avec Vanishing Waves un film àla croisée de l’anticipation scientifique et de la romance érotique. Le cinéma horrifique version US est porté cette année par trois œuvres emblématiques du renouveau du genre: Maniac, remake puissant de l’œuvre culte de Bill Lustig (NIFFF 2011) signé Franck Khalfoun et produit par le duo français Alexandre Aja et Gregory Levasseur; Excision de Richard Bates Jr., un opus aux visuels puissants et au casting prestigieux (John Waters, Traci Lords, Ray Wise) et Resolution de Justin Benson & Aaron Moorhead, un film-découverte qui défie toute classification! Le genre horrifique est
également représenté au niveau européen par Harold’s going Stiff (Keith Wright, UK) qui relate l’incroyable résistance d’un vieil homme à une pandémie, When the lights went out (UK), dans lequel Pat Holden met en scène une fillette possédée par un esprit et The Path, thriller horrifique hivernal signé par l’Espagnol Miguel Ángel Toledo. Les amateurs de comédie et de créatures étranges ne manqueront pas les monstres marins carnivores (et allergiques à l’alcool!) de Grabbers, réalisé par le Britannique Jon Wright, la satire tordante et carnassière du monde de l’art Eddie: the sleepwalking Cannibal, proposée par le Canadien Boris Rodriguez et le délirant New Kids Nitro, retour en force des Hollandais Flip Van Der Kuil & Steffen Haars, qui avaient déjà commis le détonnant New Kids Turbo. Le thriller, enfin, sera àl’honneur grâce à The Butterfly Room de l’Italien Jonathan Zarantonello, un giallo nouvelle génération incarné par une Barbara Steele au sommet et Citadel, de l’Irlandais Ciaran Foy, qui relate l’histoire d’un père célibataire sérieusement agoraphobe. New Cinema from Asia Vitrine de la qualité et des particularités du cinéma populaire d’Asie, la sélection 2012 se distingue tant par la présence de réalisateurs confirmés
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que par celle de cinématographies émergentes. Le réalisateur culte japonais Takashi Miike est de retour avec Ace Attorney, une adaptation décoiffante du manga éponyme; second chantre du cinéma de genre japonais, Gakuryu Ishii distille une SF nerveuse dans Isn’t anyone alive, alors que Kim Jee-woon & Yim Pil-sung, deux des plus grands talents du cinéma sud-coréen, livrent avec Doomsday Book un triptyque éblouissant sur l’apocalypse. La vitalité de la production sud-coréenne est àdécouvrir également par le biais de l’élégant thriller Howling signé Yoo Ha ou encore de My Way, somptueux film de guerre réalisé par Kang Je-gyu. Jolies surprises de cette sélection, le réalisateur philippin Jade Castro propose avec Remington and the curse of Zombadings une comédie magistrale qui fustige l’homophobie alors que Lee James
Thim Heng & Yuen Sampson Choi-Hin offrent avec Petaling Street Warriors àla Malaisie son premier film d’arts martiaux! Enfin, les amateurs de Kung Fu ne manqueront pas le film fantastique hongkongais The Great Magician de TungShing Yee dans lequel Tony Leung (In the Mood for Love) s’attèle à reconquérir son amour perdu à coups de baguette magique. Courts métrages Pour prendre la mesure de la production actuelle, le NIFFF propose deux programmes compétitifs de courts métrages suisses et une sélection des meilleurs courts métrages fantastiques européens. Films of the Third Kind et Ultra Movies Entre fantastique et thriller, la section Films of the Third Kind propose en 7 titres les meilleures avant-premières de la sai-
son. A ne pas manquer: Flying Swords of Dragon Gate 3D, spectaculaire remake de L’Auberge du Dragon par Tsui Hark; les visions apocalyptiques de l’Américain Abel Ferrara dans 4:44 Last Days on Earth; le retour au NIFFF (The Bothersome Man, 2006) du Norvégien Jens Lien avec le tableau de famille décalé de Sons of Norway; tout aussi décalée, la satire grinçante de la culture US livrée par Bobcat Goldthwait dans God Bless America; Réplicas du Canadien Jeremy Regimbal, thriller à suspense qui vous fera détester vos voisins; une découverte du cinéma indie US à la fois poétique et cruelle, Kid-Thing, signée David et Nathan Zellner et, finalement, The Raven, une enquête policière imaginée par James McTeigue qui vous emmènera sur les traces d’Edgar A. Poe. Pour agrémenter les soirées des festivaliers, le NIFFF propose des séan-
ces minuit qui présentent, sous diverses facettes, la production la plus extravagante ou extrême du cinéma de genre. Honneur au giallo avec le film allemand Masks (Andreas Marschall), qui vous fera découvrir une école d’arts dramatiques plutôt bizarre; hommage à un cinéma horrifique sans concession avec: la maison inoccupée de Paura 3D par les Italiens Marco & Antonio Manetti, les prédateurs voraces de Piranha 3DD de l’Américain John Gulager, les plaisirs champêtres de l’Angleterre (Inbred, Alex Chandon), le survival forestier version US de The Mooring (Glenn Withrow), 205 Room of Fear (Rainer Matsutani, GER), dans lequel Jennifer Ulrich (Jury international 2012) découvre avec stupeur les joies de l’arrivée à la fac et les affres de trois employés d’un hôpital psychiatrique dans The Incident (Alexandre Courtès, USA). A ne pas manquer encore: la SF et l’action déjantée de Manborg (Steven Kostanski, CAN) et le jeu de cachecache haletant de Blind Alley par l’Espagnol Antonio Trashorras. Rétrospectives: When Musical rocks! / Centenaire de la Nikkatsu / P.O.V – Point of View Fidèle à sa tradition, le NIFFF propose une série de programmes rétrospectifs retraçant l’hi-
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stoire du cinéma de genre et de ses influences. When Musical rocks! présente une quinzaine de titres qui, imprégnés de riffs de guitares et de fantastique, chantent la subversion.L’occasion de vivre ou de revivre des projections de films cultes tels que Phantom of the Paradise (Brian de Palma, USA), Pink Floyd The Wall (Alan Parker, UK) ou encore Hairspray (John Waters, USA). Le NIFFF rend hommage à la société Nikkatsu, le plus ancien des studios japonais, à travers un panorama des genres qui ont fait sa renommée: le roman porno et l’action. Une opportunité unique de découvrir des perles aux titres aussi évocateurs que Lovers are wet (Tatsumi Kumashiro), Delinquent Girl: Alley Cat in Heat (Chûsei Sone) ou encore Stray Cat Rock: Sex Hunters (Yasuharu Hasebe). P.O.V – Point of View décline en 13 films l’histoire et l’actualité d’un genre qui mêle documentaire et fantastique. De Punishment Park (Peter Watkins, USA) à Emergo (Carlos Torrens, ES), de Cannibal Holocaust (Ruggero Deodato, IT) à [REC]3 (Paco Plaza, ES), laissez-vous tenter par
une immersion aux sources d’un cinéma qui brouille les frontières entre fiction et réalité pour mieux captiver son public. La rétrospective donne également lieu à une Carte Blanche proposée par Visions du Réel qui explore les liens entre le documentaire et le fantastique. Enfin, le NIFFF propose la conférence Transmédia et Digital Marketing, dans laquelle des experts internationaux disséqueront les nouvelles méthodes de marketing
viral dont les bases furent posées avec The Blair Witch Project en 1999. Projections et événements spéciaux Pour ouvrir et clore cette douzième édition, le NIFFF présente Holy Motors, le dernier opus surréaliste de Leos Carax, et The Cabin in the Woods, un film co-écrit par Drew Goddard (auteur de Buffy), qui réinvente les conventions du genre horrifique. Au rang des événements spéciaux, le festival propose les ren-
contres littéraires New Worlds of Fantasy qui accueillent cette année Grzegorz Rosinski, le cultissime dessinateur de Thorgal, la 7ème édition du Symposium Imaging The Future, événement pluridisciplinaire consacré aux derniers développements en matière de jeux vidéo et d’effets spéciaux, ainsi que le Ciné-Concert Metropolis, dont la partition intégrale sera interprétée en direct par le Nouvel Ensemble Contemporain. NIFFF Staff
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KUROHIME
E’
un manga di Masanori Ookamigumi Katakura, serializzato dal 2002 al 2011 su Monthly Shōnen Jumped. In Italia questo manga è edito da Star Comics. Kurohime è un manga fantasy ambientato in un mondo crogiolo di numerose epoche, si può dire un misto dal medioevo “tolkeniano” allo spaghetti western. La storia inizia con un flashback di una vicenda del passato di un ragazzino di nome Zero che, quando era poco più che un bambino, venne salvato dalla famosa maga pistolera Kurohime, la principessa nera capace di fabbricare proiettili magici, dalle grinfie di uno spregevole bandito che voleva atten-
tare alla sua vita. Quel giorno, lui si innamorò di questa maga e vide la sua
pistola magica come una spada della giustizia e fu così che decise di diven-
tare un abile pistolero pur di onorare il sogno che questa maga gli aveva trasmesso: aiutare le persone in difficoltà, combattendo per la giustizia. Dieci anni dopo, la fama di Kurohime prende una piega ben diversa come Zero si aspettava: si diceva che fosse una diabolica strega divoratrice di uomini e che sia morta da anni. Ma Zero, non volendo credere a queste voci, decise di mettersi sulle sue tracce, armato delle sue quattro fidate pistole, per scoprire la verità. Durante il suo girovagare, si imbatte in Himeko, una misteriosa ragazzina che assomigliava incredibilmente alla potente maga nera, la
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quale fuggiva da dei banditi. Il capo della banda, Onimaru, detiene che la ragazzina sia in realtà la maga pistolera, avendola trovata con la pistola magica che aveva Kurohime. Zero si rese conto che non era l’unico a cercare la famosa maga pistolera. Durante la battaglia con i banditi per difendere la ragazzina, accadde l’inaspettato... Kurohime riappare, sbarazzandosi di quella gentaglia a colpi magici. Zero scoprì che la ragazzina che aveva salvato, in realtà, era proprio la leggendaria maga pistolera che in preda ad una maledizione inflitta dalle divinità per aver cercato di sovrastarle, assume sembianze di una bambina e può tornare allo stato normale solo se si innamora di qualcuno, una cosa molto difficile per lei non sapendo amare nessuno. Per questo le sue trasformazioni non sono durature, dato che riesce ad amare solo in modo temporale. Nel susseguirsi della storia, la trama e il carattere dei personaggi cambia ra-
dicalmente, anche i sentimenti dei protagonisti e le vicende che saranno costretti ad affrontare, lasciando al lettore col fiato sospeso. Dei e Demoni, valorosi soldati, banditi, pistoleri, maghi e stregoni, magie piegate al potere capace di modificare le funzionalità di un’arma da fuoco sono il filo conduttore di una storia originale piena di scontri carichi d’azione, comicità, amore e sentimenti che superano di gran lunga l’immaginazione. Andrea De Rosa
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“RED DREAD”: IL SECONDO ATTO www.lateral-studio.com - www.pandistribuzione.it
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rosegue il progetto editoriale LATERAL sulle pagine di RED DREAD. Alla fine di luglio potrete leggere il SECONDO ATTO della storia intitolata “Delta macchiato di Sangue”. Alessandro Vitti prosegue la sua ricerca stilistica, attraverso un percorso storico nel fumetto italiano influenzato da stili internazionali. Vedremo sulle sue pagine, questa volta saranno 52
pagine, come Mila aka RED DREAD cercherà di arrivare alla fine della missione. Una missione infernale. Un pugno di schiavi messi a lavorare in una raffineria di droga clandestina. Un’isola da trovare e, attorno, un fiume nero come l’inchiostro e il peccato: il Po. Mila ha scoperto il luogo in cui si nasconde il traghettatore, l’uomo che conduce le vittime nell’isola misteriosa. Per
farlo ha torturato e ucciso perché niente può fermare l’ira di una donna dilaniata dal dolore e addestrata a uccidere. Dopo il primo atto di una tragedia che ha il sapore dell’Apocalisse, Red Dread affronterà un bluesman sanguinario e psicotico e una famiglia di killer sadici. Non ci sarà pietà né redenzione per lei, solo il sapore dolce e ferroso di un Delta macchiato di sangue.
Matteo Strukul e Alessandro Vitti firmano lo straordinario ed esplosivo secondo capitolo di una saga iperviolenta e magnifica che è già di culto fra gli appassionati del genere. Scaldatevi i palati con una piccola anteprima del Primo Atto di questa storia. Potrete richiederlo in fumetteria a partire da fine Luglio o richiederlo attraverso il sito www.pandistribuzione.it o direttamente al Lateral
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Studio: info@lateralstudio.com, che farĂ in modo di farvi pervenire la vostra copia autografata e dedicata direttamente a casa vostra. PRENOTATEVI SUBITO!!! Andrete in vacanza piĂš tranquilli!!! Lateral Staff
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MAZINGA Z COMPIE 40 ANNI
Su Facebook: L’Alabarda Spaziale - Modellismo Robotico FB Italia drake, Mazinkaiser e molti altri) e una serie di modellini, giocattoli e gadget che ne sancirono il successo a livello mondiale, elevando Nagai al “padre dei Super Robot” che influenzarono le successive generazioni. Ma torniamo al nostro caro Mazinger Z. Dopo l’uscita del manga, l’idea fu proposta alla Toei Animation che fu entusiasta di questo nuovo anime fantascentifico. Il robot inizialmente doveva chiamarsi Iron Z, e il pilota avrebbe dovuto inserirsi nella testa del robot con una motocicletta, risalendo lungo la
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ONNICHIWA a tutti i lettori di JAPANIMANDO e benvenuti all’edizione di luglio de “L’Alabarda Spaziale – Modellismo Robotico” che trovate al consueto indirizzo www.facebook.com/lalabardaspaziale. L’articolo di questo mese è del tutto particolare, perchè ho deciso di rendere onore al capostipite dei Super Robot, il primo eroe nagaiano, uscito da una mente geniale, che proprio nel 2012 compie la bellezza di 40 anni: Forza, diciamolo tutti insieme! TANTI AUGURI, MAZINGER Z!!!
L’IDEA Ebbene sì, 40 anni fa veniva concepita l’idea di una macchina meccanica, ad opera della mente del Maestro Go Nagai, che spero tutti conosciate! Trovandosi imbottigliato nel traffico, immaginò cosa sarebbe potuto accadere se dall’automobile fossero uscite braccia e gambe, in modo da poter scavalcare agevolmente le auto in coda...! Da questo piccolo esercizio di fantasia Nagai non immaginava potesse scaturire un tale successo! manga, anime, OAV, una serie di seguiti (Il Grande Mazinga, Ufo Robot Gol-
schiena. La Fuji TV, che avrebbe dovuto trasmettere la serie, propose un cambio di nome, e alla proposta Energer Z seguì il battesimo definitivo ad opera dello stesso Nagai: Mazinger Z. I Majin, nella mitologia giapponese, sono esseri magici e il termine viene usato anche per indicare entità demoniache (come ad esempio il famoso Devilman, opera dello stesso Nagai). Il termine “majin” è una parola composta: “ma” vuol dire “demone”, mentre “shin” o “jin” significa “divinità”, quasi ad indicare che Mazinger Z
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è una macchina potentissima che può essere usata per il bene o per il male, in base alle intenzioni del pilota. La sillaba “zi” tuttavia non è presente fra quelle dell’alfabeto katakana giapponese e perciò si usa la “ji” come sostituto. Mazinger richiama un nome dalle assonanze inglesi, come nei nomi precedentemente proposti; c’è anche da dire che buona parte delle armi del robot hanno nomi inglesi. (es. Rocket Punch o Breast Fire). Vennero fatte altre modifiche: siccome la figura dell’eroe in motocicletta ricordava il celebre Kamen Rider, la Toei inventò il veicolo volante Hover Pilder (Aliante Slittante in Italia), sostituendolo successivamente con la versione “migliorata”, il Jet Pilder. In questo modo, il pilota si agganciava al robot arrivando dall’alto.
LA TRAMA La storia originale narra di un enorme robot costruito dallo scienziato Juzo Kabuto e lasciato in eredità al nipote adolescente Koji Kabuto (in Italia ha avuto ben tre nomi: Ryo in questa serie, Koji nel Grande Mazinga e Alcor in Goldrake). Il compito dell’automa è quello di contrastare i piani del Dottor Inferno (in Italia Dottor Inferno
in Mazinga Z e poi Dr Hell nel Grande Mazinga e Mazinkaiser), uno scienziato tedesco che nel 1962 aveva partecipato con Kabuto ad una spedizione archeologica nell’isola greca di Bardos (Rodi nell’adattamento italiano), alla scoperta dei resti dell’antica civiltà micenea. Una volta ritrovato l’esercito di mostri meccanici costruiti dai Micenei (Mikenes in originale), il dottor Hell svela le sue reali intenzioni, uccidendo tutti i presenti (tranne Kabuto, che riuscì a fuggire) e impossessandosi dell’antica tecnologia, con lo scopo di far tornare sulla terra i discendenti dell’antico popolo greco, e insieme ad essi dominare il mondo. Kabuto, tornato in patria, è a capo del centro ricerche per l’Energia Fotoatomica. Un giorno scopre una lega metallica estremamente resistente, la Lega Z. Delega quindi al professor Yumi la ge-
stione del centro ricerche e parte per andare a costruire il Mazinga Z in un altra località. Nell’Istituto viene creata Afrodite A, un robot dalle fattezze femminili, costruito dal Professor Yumi e pilotato da Sayaka Yumi, giovanissima figlia del direttore dell’istituto. Più avanti si unisce a questi il Boss Robot (che Koji nell’originale giapponese prende in giro, chiamandolo col gioco di parole Borot = rottame, ferraglia), guidato da Boss, Nuke e Mucha, compagni di scuola di Koji, le cui imprese costituiscono il lato comico della serie. Dal canto suo, Hell affida le missioni di guerra a due subalterni: dapprima il Barone Ashura (con il corpo diviso in una metà maschile e una femminile) e successivamente il Conte Blocken, un ufficiale nazista finito in coma dopo un incidente e risvegliato dallo scienziato nel corso dei suoi
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subisce gravissimi danni e a salvarlo dalla fine interviene il nuovo robot Grande Mazinga, che era stato costruito in segreto da Kenzo Kabuto, figlio di Yuzo. L’episodio è quindi preludio della serie del Grande Mazinga.
esperimenti durante la seconda guerra mondiale. Localizzato finalmente il regno sotterraneo dei Micenei, Hell, dopo diverse sconfitte, decide di chiedere aiuto al loro ambasciatore, il Granduca Gorgon, che invierà un ufficiale, l’ambizioso Visconte Pigman. Successi-
vamente Gorgon presterà a Hell alcuni suoi mostri che, pur impegnando duramente Mazinger Z, non sono in grado di eliminarlo. Nel corso di questi combattimenti viene però distrutta Afrodite A, sostituita dalla più forte Diana A.
Dopo diversi scontri (dove diversi personaggi trovano la morte) Gorgon, che non aveva preso parte alla lotta, ordina, per conto del Generale Nero di Micene un attacco in massa da parte della grande armata di mostri guerrieri micenei. Questa volta Mazinga Z
IL FANTASTICO DX MAZINGER Z! Nel 2012, nell’occasione del quarantesimo compleanno di Mazinger Z, la Bandai pubblica diverse versioni più o meno limitate del suo storico “Chogokin”, il GA-01 Popy pubblicato per la prima volta nel 1974. Da allora è passata molta acqua sotto i ponti, e finalmente il nuovo modello commemorativo del DX Mazinger Z è stato annunciato!! Con un avvenimento del tutto straordinario (che ho seguito personalmente in streaming!) al Tamashii Nations del 14 giugno 2012 il nuovo modello è stato presentato dal Pre-
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sidente dalla Bandai Kazunori Ueno e dal Maestro Nagai in persona, con un’esibizione speciale del grande Ichiro Mizuki, interprete della stragrande maggioranza delle sigle robotiche giapponesi degli anni 70 e 80. Esteriormente, il DX non ha nessuna differenza particolare. L’altezza è di circa 30 centimetri, notevole per le produzoni Bandai. Esteticamente è molto simile al GX-45, ottima edizione del Mazinger Z avvenuta nell’aprile 2009. Se molti hanno storto il naso vedendolo, si sono immediatamente ricreduti quando hanno scoperto che le coperture in
plastica di ogni parte del robot sono RIMOVIBILI (sì, avete letto bene!) e mostrano internamente tutti i meccanismi del Mazinger! Le parti sono estremamente dettagliate e la quantità di Zamak utilizzata è impressionante. Alcuni snodi sono stati progettati in maniera assolutamente innovativa, in modo da dare al robot una posabilità eccezionale, e al tempo stesso sono affascinanti da vedere in modalità, se così vogliamo definirla, “scoperta”. Molto coreografica la modalità espositiva “half-splitted” che mostra il robot scoperto a metà, proprio come nei tipici disegni tecnici del
Maestro Nagai. A completare il tutto, uno stand espositivo-hangar richiudibile, con tanto di proiettori funzionanti e piccole gru per la manutenzione. Le soperture asportate si possono comodamente sistemare all’interno. Ma non abbiamo ancora finito. Questa è un’edizione limited commemorativa per celebrare il più famoso robot nipponico, e i tecnici della Bandai hanno letteralmente esagerato!! All’interno del modello sono stati inseriti sapientemente alcuni led che, con un piccolo telecomando appositamente costruito, consentono di illuminare alcune parti come gli occhi e il petto del robot. Inoltre, l’unità
sonora incorporata nel torace riproduce le versioni strumentali delle sigle originali dell’anime, effetti sonori e campionature della voce di Koji Kabuto (il doppiatore giapponese Hiroya Ishimaru). E’ davvero eccezionale. Ahimè, meno eccezionale il prezzo, 36.750 Yen (circa 370 euro) ma devo ammettere che li vale davvero tutti. Rinnovando nuovamente gli auguri al buon “Zetto” vi saluto e vi dò l’appuntamento, oltre che su Facebook, sul prossimo numero di JAPANIMANDO! MATA NE! Roberto “Robb” Morello
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BUON COMPLEANNO BVZM... www.sbamcomics.it
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a redazione di Sbam! Comics ha avuto il piacere di fare una lunga chiacchierata con Alfredo Castelli, il papà di Martin Mystère: aneddoti e curiosità su 30 anni di vita editoriale di un personaggio che fa parte a pieno titolo della storia della Nona Arte. Ovviamente non potevamo non chiedergli come è nato il Detective dell’impossibile, una domanda forse un po’ scontata. “No, non è scontata” ha risposto il gentilissimo Alfredo, “ma è purtroppo un po’ scontata la risposta, perché non ho una bella storia da raccontare in merito. Non posso dire qualcosa tipo: ero in treno per un viaggio da Kansas City a Hollywood e mi sovvenne la grande idea... In realtà, erano gli anni in cui andava per la maggiore Peter Kolosimo, il fondatore dell’archeologia misteriosa, o fantarcheologia che dir si voglia. E mi piaceva l’idea di un detective che si occupasse di cose misteriose. Proposi il primo abbozzo di Martin al Giornalino, dove lavoravo allora, e lo presentai come Allan Quatermain, primissimo nome del personaggio. Ma il progetto non andò in porto. Il progetto però mi piaceva e lo tenni nel cassetto. Erano proprio altri tempi: gli autori erano pochi, io ero uno dei più giovani – parliamo degli anni Settanta – quindi non
avevo problemi di famiglia da mantenere; in più il mercato era vivo, aperto. All’inizio degli anni Ottanta lo rispolverai per Bonelli: il primo numero uscì nel 1982, esattamente trent’anni fa...” Infatti trent’anni dopo
Martin Mystère è ancora in edicola a far bella mostra di sé con un albo, oggi bimestrale, di ben 160 pagine, un formato che consente storie di ampio respiro senza obbligare gli autori a spezzarle in due puntate (cosa
che tra l’altro infastidirebbe anche il lettore). Per il numero dei 30 anni è così uscito un albo celebrativo molto particolare, che la Sbam-redazione ha delibato con sommo piacere... Un bel volume, per
La cover del numero celebrativo dei 30 anni di Martin Mystére, edito da © Sergio Bonelli Editore, storia di Alfredo Castelli e Giancarlo Alessandrini.
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Il grande Alfredo Castelli con lo sceneggiatore Enrico Lotti, durante l’incontro con la Sbam-redazione. di logorroico cacciatore di mysteri, coraggioso e sempre in gran forma nonostante gli anni che passano, l’unica persona al mondo che può comprendere e “tradurre” i mmmghhrrr del fedelissimo Java. Alfredo Castelli, sul precedente numero 319, si era simpaticamente lamentato della “triste” concomitanza del “suo” anniversario con il cinquantesimo di Diabolik, che inevitabilmente ha l’occasione ancora più corposo con le sue 228 pagine, 320 albi dopo il primo numero della serie del Detective dell’impossibile dell’ aprile 1982, Gli uomini in nero, di Alfredo Castelli e Giancarlo Alessandrini. Costava 700 lire e la casa editrice si chiamava ancora Daim Press. Un personaggio “nuovo” per la tradizione bonelliana, finalmente ambientato ai giorni nostri e in una città moderna, dopo decenni di western, jungle, situazioni esotiche. All’epoca colpì anche la grafica della testata: ampia e massiccia, occupava (allora come oggi) tutta la parte alta della
copertina, perfino con un sottotitolo. Fino a quel momento, con la sola eccezione di Ken Parker, i vari loghi di Tex, Zagor, Mister No, Akim, Piccolo Ranger e tutti gli altri erano piccoli e svolazzanti sulla pagina, nell’angolo lasciato libero dal titolo dell’albo. Oggi, trent’anni dopo, Martin Mystère è un po’ cambiato: è un tranquillo signore di mezza età felicemente accasato con la bella Diana, non è più il donnaiolo marpione, con look molto alla Indiana Jones, degli esordi, e niente più pistola a raggi. Ma mantiene le sue caratteristiche fondamentali
La copertina di un volume della BUR del 1975 con la raccolta delle strisce di Jane di Mike Hubbard. Il personaggio, creato da Norman Pett negli anni Trenta e poi rilanciata appunto da Hubbard, ebbe un grandissimo successo. E a noi è sembrata proprio lei, in qualche modo, l’antenata di Miss Angie, l’“amica” del BVZM…
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fatto e fa ombra al Buon Vecchio Zio Marty. Comunque sia eccolo, questo numero 320, realizzato dai medesimi autori del primo numero, lo stesso Castelli e il grande Alessandrini. Bello, a partire dal titolo, che si può leggere nei due sensi: 30 anni (di Martin Mystère) o Anni 30 (il titolo “giusto” della storia). Infatti è negli anni Trenta che si svolge questa curiosa storia in qualche modo avulsa dalla continuity mysteriosa. E il BVZM si imbatte in (quasi) tutti i miti dell’epoca: da Dick Tracy col criminale Flattop, a King Kong e Marilyn Monroe (che negli anni Trenta nacque; anche se – a dire il vero – la Miss Angie di questa storia a noi ha ricordato subito Jane, l’eroina sexy nata nel 1932 dalla penna di Norman Pett: bella e svampita, in qualche modo finiva sempre per perdere qualche indumento, proprio come qui Miss Angie), dal topoliniano professor Enigm a The Shadow e Doc Savage, personaggi dei pulp dell’epoca. Strada facendo si trova il modo di citare anche Tarzan, la leggenda metropolitana degli alligatori nelle fogne, i mitici Humphrey Bogart e Boris Karloff, ma anche la celeberrima foto degli operai impegnati nella loro pausa pranzo durante i lavori di costruzione dei grattacieli newyorkesi (immagine
che fa anche da copertina). E nell’articolo di Alfredo Castelli – che trovate nell’albo – se ne citano anche altri. A noi resta da dire che la storia è godibile, nella migliore tradizione martinmysteriana. In appendice all’albo, una vera chicca: la primissima versione de Gli uomini in nero, quella proposta
senza successo a vari altri editori. Finché, approdati alla corte di Bonelli, avrebbero dovuto lanciarla con il protagonista chiamato Doc Robinson. Alla fine la stessa storia, ampliata e corretta in vari aspetti (due su tutti: il nome del protagonista – da Doc Robinson a Martin Mystère – e la città in cui vivono i personaggi,
da Londra a New York) sarebbe diventata il numero 1 della collana che oggi festeggiamo. Sul numero 4 di Sbam! Comics – in uscita a fine luglio – realizzeremo un grande speciale dedicato a Martin Mystére, con “ospiti” e recensioni. Auguri, BVZM…. La Sbam-redazione
La cover del primo storico numero di Martin Mystére, Gli uomini in nero, di Castelli e Alessandrini (Sergio Bonelli Editore, 1982).
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COSPLAY ON-AIR: 4 ESPERTI E... LA CENSURA
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a censura nei Cartoni Animati è sempre stata considerata un argomento scottante perché smuove diverse filosofie di pensiero. In Italia è scontro aperto tra coloro che la vogliono per tutelare i più piccoli e gli amanti degli Anime fedeli agli originali che vorrebbero che l’unica cosa che fosse censurata... fosse la censura stessa! Quattro esperti, quattro punti di vista differenti, un po’ di storia. Per capire meglio come
Erika Rossi
nasce, come funziona e quali sono i metodi alternativi. CARTONI ANIMATI vs CENSURA Erika Rossi Etb World News Live dal Giappone in tempo reale Le Alternative alla Censura Il fenomeno della censura degli Anime in Italia è diffusissimo, principalmente perchè tutto ciò che è considerato “cartone animato” viene trattato
come un prodotto per bambini, e quest’idea si è ormai fossilizzata anche nell’opinione pubblica. A farne le spese sono soprattutto gli Anime giapponesi, che spesso hanno contenuti più maturi. Questi vengono privati di tutte le scene violente o esplicite, oppure vengono tagliati i dialoghi con riferimenti a sfondo sessuale. Spesso, durante questo processo, le storie vengono stravolte: basti guardare cartoni come Lady Oscar, Georgie, Candy Candy... Per salvaguardare i più piccoli ma allo stesso tempo evitare simili torture sui cartoni animati si potrebbero mettere in atto diverse strategie. Come prima cosa sarebbe preferibile, già a livello di palinsesto, che trasmettessero i vari cartoni rispettando lo schema di fasce orarie basato sull’audience. Secondo questo schema i cartoni animati per i bambini verrebbero trasmessi la mattina, all’ora di pranzo e nel tardo pomeriggio quelli per gli adolescenti, infine di notte quelli per gli adulti. Come secondo spunto, si potrebbe ricorrere a delle co-produzioni delle Reti Televisive nostrane con le reti giapponesi. Infine si potrebbe pren-
dere come riferimento il modello di trasmissione della Francia. La Francia separa i Cartoni per contenuti e li trasmette in canali diversi a seconda delle fasce consigliate. Troviamo quindi canali con i cartoni per i bambini e altri canali con i cartoni con contenuti per adulti. Purtroppo le grandi TV commerciali non possono permettersi di sfruttare le fasce orarie perché il loro guadagno è basato sull’audience e sullo share e ci sarebbe il rischio di perdere ascolti in alcune fasce. Andrebbero innanzitutto cambiati i canoni della censura, che talvolta hanno del paradossale. Capita che ci si accanisca su cartoni animati con contenuti velatamente osé e magari alla stessa ora venga mandato in onda un telefilm non censurato con scene decisamente più esplicite. Dunque continueranno a comprare i vecchi cartoni già censurati perché il pubblico continua passivamente a seguirli. Al contempo stanno nascendo tanti nuovi canali e alcuni hanno investito parte del loro budget per comprare nuovi prodotti d’animazione, e anziché censurarli avvisano prima l’utenza di possibili scene
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Giorgio Mazzola
non adatte ai più giovani. La cosa in assoluto più importante per ‘sconfiggere’ la censura è innanzitutto educare il pubblico a guardare e a comprare.
Giorgio Mazzola Scrittore del libro ‘Il filo rosso della violenza. Ken il guerriero e i suoi antenati di Hong Kong’ - un confronto tra i film di arti marziali degli anni 60 e anime violenti come Hokuto no Ken (Ken il guerriero). Le oasi degli Anime non censurati La censura fu introdotta perché l’Italia ha iniziato a importare dal Giappone tantissimi Anime dato che dopo i cortometraggi erano i più economici nel mercato dei cartoni animati. Nessuno aveva te-
nuto conto che gli Anime potevano avere contenuti anche molto violenti. Questo perché in Giappone i cartoni animati non sono destinati solo ai bambini ma a tutte le fasce d’età. Quando si resero conto che alcuni di questi prodotti non erano adatti al pubblico più giovane per il quale erano stati comprati, piuttosto che perdere l’audience e mandarli in onda di sera, decisero di rifare il doppiaggio e/o tagliarli. Così la storia e il messaggio dei Cartoni fu distorto. Dunque se originariamente il target era dai 12 anni, dopo il nuovo doppiaggio il prodotto diventava per i bambini dai 4 anni. Il sangue spariva dagli schermi, venivano tagliati tutti i di-
scorsi riguardanti la sessualità, comprese le battute e gli sketch con battute a sfondo sessuale. Un esempio lampante si può trovare in Dragon Ball dove personaggi come il maestro Muten (il Genio delle Tartarughe) fu completamente snaturato perché vennero tagliate tutte le scene esilaranti un po’ osé con Bulma. Questi Anime non vennero rovinati solo a livello di contenuti, ma alcuni canali, soprattutto nelle reti commerciali, iniziarono a modificare persino i nomi dei personaggi, traducendoli dal giapponese all’inglese (che a mio avviso non ha nemmeno senso, dato che non venivano tradotti in italiano). Penso che i produttori dei cartoni giapponesi
non siano al corrente di tutte le censure che hanno apportato ai loro prodotti, perché dopo che vengono acquistati i diritti, non credo che vengano informati sulla situazione attuale delle modifiche che apportano nei vari Paesi che li hanno importati. Una nota positiva in tutto questo c’è: alcuni canali come Rai4 ed MTV hanno deciso di mandare in onda cartoni non censurati, di sera e con l’avviso per mettere in guardia i genitori che alcuni contenuti non sono adatti ai più piccoli. Magari così facendo perdono qualche fetta di pubblico, ma almeno gli Anime non vengono rovinati. Possiamo trovare i cartoni non censurati anche in alcuni canali a
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pagamento. Questo ha i suoi pro e i suoi contro. Pagare per poterli vedere implica che i cartoni non censurati diventino un lusso per pochi. Allo stesso tempo, però, per gli appassionati un piccolo prezzo da pagare può essere un buon compromesso per ritrovare il suo cartone preferito (magari di quando si era piccoli) senza odiosi tagli e stravolgimenti. Inoltre nei canali a pagamento esiste un sistema di filtro che i genitori possono comodamente usare nel caso vogliano evitare che i propri figli accedano a Cartoni che non ritengono adatti e questo rende totalmente inutile l’uso della censura. Nel frattempo, mentre le TV commerciali ripropongono sempre i soliti vecchi Anime censurati, su internet c’è una moltitudine di nuovi prodotti ‘integri’ magari anche solo sottotitolati ma sempre di buona qualità. Internet è un’ottima risorsa solo che districarsi tra i vari siti può risultare caotico, soprattutto se non si sa dove e cosa cercare con precisione. E i siti che trasmettono gratuitamente in streaming stanno scarseggiando, persino Megavideo è stato chiuso. I siti che propongono la visione a pagamento, offrono tuttavia degli extra come pezzi uncutted, vere chicche per gli appassionati!
Daniel Simion
Daniel Simion Scrittore de "Il Dizionario dei cartoni animati". Storia della Censura Per capire come ha avuto origine la censura dei cartoni animati in Italia, bisogna risalire agli anni 70, quando era in pieno atto la rivoluzione industriale sull’intrattenimento televisivo. I cartoni animati approdano in TV. All’inizio venivano messi in onda solo cortometraggi che venivano usati per riempire i buchi nel palinsesto,come i famosi “Carosello”. Dato il grande successo dei primi cortometraggi d’animazione, si cominciò ad importare dei Cartoni più sostanziosi a livello di trama e vicende. I primi furono quelli dell’Hanna
& Barbera, seguiti a ruota dagli Anime giapponesi. Ovviamente il distinguo tra Cartoons e Anime all’inizio non c’era. Tutto ciò che era animazione veniva etichettato come ‘Cartone Animato’. Così l’animazione fece furore perché era intrattenimento semplice, fluido e allo stesso tempo educativo perché offriva sempre una morale. I dati analizzati indicavano che venivano seguiti principalmente dai giovani, attratti dalle irreali vicende e dai colori sgargianti, mentre adulti erano più interessati ai notiziari. Negli anni 80 in contemporanea all’ingresso dei cartoni giapponesi, nascono anche le TV commerciali, rovesciando il monopolio della RAI. Queste televisioni ave-
vano già intuito il potenziale dei cartoni animati e nei nuovi canali (soprattutto alla Mediaset) ne vennero importati tantissimi dal Giappone. All’epoca costavano pochissimo e venivano mandati in onda senza valutare le visioni consigliate, cioè le fasce d’età consigliate suggerite per la loro visione. Lo scopo della TV commerciale è sempre quello di trarre il massimo profitto, e per guadagnare bene bisogna agire tramite gli sponsor, e dato che durante i cartoni animati c’era più audience di consumatori attivi (bambini), gli Anime vennero annacquati con litri di pubblicità. Il risultato fu sorprendente! I bambini assorbirono tutta la pubblicità come spugne e ini-
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ziarono a chiedere ai genitori tutto ciò che vedevano promuovere negli spot. Le vendite salirono alle stelle ma gli effetti sui bambini furono disastrosi e sfuggirono di mano alle televisioni, tanto che si verificarono situazioni drammatiche come suicidi di giovani che ricattavano i genitori in maniera maniacale pur di avere gli oggetti reclamizzati in tv durante la messa in onda dei cartoni, magari minacciandoli di buttarsi dal balcone. Molti bambini sono morti in questo modo, facendo poi credere nei notiziari che volevano imitare Superman, per non dare la colpa allo sponsor). I genitori, esasperati, si riunirono in una associazione e crearono il comitato MOIGE (Movimento Italiano Genitori) e chiesero all’agenzia parlamentare per il controllo delle comunicazioni AGCOM di verificare che le televisioni non abusassero dell’ingenuità dei minori. Così, si fissarono delle regole ferree, che tutt’ora le TV sono obbligate a seguire. In questo “Codice di Autoregolamentazione TV e Minori” vennero stabilite le regole su come e quando mandare in onda i programmi televisivi, in particolar menzione i cartoni animati, stabilendo quali fossero le fasce orarie da proteggere, quali fossero i tipi di scene adattate o inadatte ai minori, quali fossero i linguaggi adatti o inadatti ai minori e soprattutto
quali e quanti fossero i passaggi pubblicitari adatti al giovane pubblico. E in caso di trasgressione il comitato dei genitori avrebbe potuto segnalarla la all’unità parlamentare preposta, e sarebbero scattate multe salatissime all’emittente televisiva. Dragonball è noto per aver preso una raffica di 10 multe, in un singolo episodio, nel quale c’era una scena di nudo, scene di sangue, scene con linguaggio volgare, pubblicità non adatta al pubblico minore, e pubblicità occulta! Si parla di centinaia di migliaia di euro a sanzione! Il declino vero e proprio dei Cartoni Animati inizia a partire dalla metà degli anni ‘90, quando il MOIGE e l’AGICOM misero alle strette la Mediaset e in particolare programmi come Bim Bum Bam. Da allora, la televisione commerciale in generale, iniziò un vero e proprio cambio di tendenza sulla programmazione. I tanto amati cartoni animati iniziarono a diminuire e in seguito a sparire dai canali televisivi. Ai pochi sopravvissuti venne drasticamente ridotto il minutaggio concesso. Questo per far spazio a nuovi prodotti come i Reality Show e i nuovi Telefilm; i quali non rientravano come tipologia di genere nel Codice di Autoregolamentazione e potevano così aggirare le restrizioni. Le TV hanno cambiato strategia per fare grossi guadagni.
Ryan Carrassi
Hanno semplicemente abbandonato un tipo di spettatore (i giovani) per un altro tipo di spettatori (i curiosi ficcanaso). Oggi, grazie ad Internet, siamo di fronte ad una svolta epocale. Con la Rete è possibile generare un proprio palinsesto, direttamente in casa, trasformando il PC in una televisione privata. Quello che però si sta perdendo è quel sentimento di condivisione popolare che dava vita a grandi chiacchierate circa tutte le vicende che seguivamo, quasi come una tradizione, sullo stesso canale, nello stesso momento.
Ryan Carrassi Giornalista, manager, adattatore e responsabile della localizzazione dei catoni animati Mediaset per tutti gli anni ‘90 , doppiatore di tantissime serie (tra cui Power Rangers, Pokèmon e Sailor Moon) scrittore, e appassionato di prodotti per ragazzi e bambini, ma anche musica e film horror A presa diretta - La censura vista dal suo interno. Negli anni ‘90, lavorando con Alessandra Valeri Manera, ho svolto diversi ruoli: preparare gli appunti per realizzare il testo e la musica delle sigle, controllare i nomi dei personaggi, prepa-
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rare schede di valutazione, proporre voci per il cast di doppiaggio. Inoltre non avevo solo il compito di adattare i dialoghi, o supervisionare chi lo faceva, ma anche di localizzare i cartoni animati perché potessero essere messi in onda sulle Reti Mediaset. Tutto questo perché spesso si acquistavano serie destinate ad un pubblico adulto, o comunque create per una morale ed una società, quella nipponica, con regole e sensibilità differenti dalle nostre, e finivano per essere proposte in Italia per un pubblico più giovane. Insomma, la tv commerciale decideva cosa mandare in onda, confezionava il prodotto a prescindere dalla sua natura originale, in cambio di una valanga di spot che lo spettatore doveva sorbirsi tra una sigla e l’altra. L’errore, se si deve parlare di questo, consisteva nel trasformare cartoni animati per adolescenti in prodotti per bambini, ma la cosa, a livello di ascolti e giro di affari funzionava. Le serie create in Giappone per bambini, non hanno mai fatto successo come quelle per adolescenti riadattate. E questo ha spinto ad adottare sempre quella stessa politica. Inoltre quando arrivavano serie nuove, la rete non voleva mantenere il titolo originale. Il pro-
dotto non arrivava con titolo originale, ma con quello internazionale già cambiato dal distributore giapponese: per esempio, Gokinjo Monogatari era Neighbourhood Story. La politica era che il prodotto in Italia dovesse avere un titolo italiano e possibilmente non sembrare qualcosa di già sentito. Quindi io facevo proposte, anche centinaia di proposte, e tra queste ne veniva scelta una che diventava titolo della serie e della canzone italiana. Si decideva poi se rifare anche i nomi dei personaggi o tenere quelli giapponesi (anche in questo caso, la discrepanza tra nomi nasceva dal fatto che noi ci occupavamo della lista principale, e poi il direttore del doppiaggio, quando era in sala, ‘appioppava’ nomi a suo piacimento). La Mediaset poi, come le altre Reti, è vincolata da regolamenti ferrei dettati dall’AGCOM (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ) e in caso di trasgressioni scattano immediati reclami e sanzioni. Ricordiamoci inoltre che tra i telespettatori non ci sono solo i cultori dei Cartoni Animati, ma c’è anche un lato dell’Italia prettamente cattolica, fatto di comitati cattolici dei genitori come il Moige, di psicologi che accusano Sailor Moon che portava i ragazzi a diventare
omosessuali etc.. e tutti esercitano un forte pressing sulla questione Censura. E’ davvero difficile mandare in TV dei programmi che accontentino tutto il pubblico. Si viene attaccati da tutti i fronti. C’è chi accusa di censurare troppo e chi invece troppo poco. E spesso non si riesce ad avere un dialogo con nessuna delle parti. Mi sono opposto molte volte, negli anni, ad alcune censure video e di carattere troppo invasivo a mio giudizio. Alla fine, però, non riuscivo ad avere un dialogo costruttivo con nessuno: in Mediaset mi accusavano di essere troppo ‘otaku’, gli appassionati di essere un ‘macellaio’. Anche per questo, ad un certo punto, ho deciso di non occuparmi più di localizzazione e ho chiesto di essere destinato ad altri lavori. La mia richiesta coincise con una promozione che mi portò ad occupare ruoli creativi e manageriali lontani dall’adattamento. Gli introiti delle TV commerciali sono legati alla quantità di utenti che seguono il loro prodotto, dunque si curano poco della sorte dei Cartoni purché questi generino denaro. Ho supervisionato molte serie, come per esempio Dragon Ball e City Hunter in Deneb e Merak Film. Proprio Dra-
gonball, destinata a Junior Tv, fu sottoposta ad un blando adattamento. Non appena Mediaset decise di mandarlo in onda in questo fu completamente tagliato e noi doppiatori che l’avevamo già doppiato in precedenza fummo costretti a rifare tutti i dialoghi da capo. E cambiare tutte le battute, tagliare, riadattare e dare comunque un senso alla storia, non è mica un compito facile! Spesso mi accusano di aver rovinato i cartoni animati, ma a me per primo non fa certo piacere. Se potessi scegliere anche io terrei l’Anime fedele all’originale, esattamente com’è. Sarebbe più facile e più gratificante. Avevo un lavoro da fare, che per fortuna non era solo quello di adattare o tagliare scene, e l’ho fatto. Cercando di farlo al meglio e con la speranza che le cose cambiassero. Non ho mai amato la censura. E oggi si inizia a farne a meno. E non posso che esserne felice. Maura (Kahindra Cosplay) Cosplay On-Air
Ogni mercoledì dalle ore 20.20 in FM ed in streaming su Radio Dimensione Musica www.radiordm.it/live
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GUNPLA E LA SCOPERTA DI NON ESSERE SOLI
Foto: © Gato Negro Loco
www.mangame.it
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volte capita di guardare quello che stavi scrivendo fino a pochi istanti prima, afferrarlo, accartocciare il foglio e buttarlo nel cestino della cartastraccia per la frustrazione di non riuscire a fissare su carta i pensieri che ti sembrano così chiari nella mente. A me è successo durante la stesura di questo secondo contributo per JAPANIMANDO. Avevo pensato a tutt’altro ma la giornata del 16 Giugno mi ha aiutato a superare la crisi del foglio bianco con il nuovo argomento che vi andrò ad esporre tra poco. Prima, però, vorrei permettermi
di approfittare del tempo di voi lettori per ringraziare voi in primis che mi avete letto e Vincenzo che mi ha dato l’occasione di scrivere il pezzo sul numero 11 della rivista; il vostro riscontro, i messaggi su Facebook, gli SMS degli amici e le chiacchiere in negozio mi hanno fatto un piacere immenso. Grazie, grazie di cuore. Nel weekend del 16 Giugno è successa una cosa bellissima. Uno dei miei amici e clienti, Emilio, aveva proposto di organizzare un corso sul modellismo; la proposta, che accettai immediatamente, mi piacque moltissimo per due motivi: la possibi-
lità di imparare qualcosa sui “gunpla” che mi aspettano ancora in scatola da qualche anno e il desiderio di Emilio di condividere con altri le sue conoscenze maturare in anni di pratica; apprezzo sempre chi non è avaro verso il prossimo. Dopo aver organizzato l’evento con un passaparola in negozio e un evento su Facebook, ieri eravamo tutti nel campo scout della chiesa di Sant’Andrea a Pescara (grazie ancora Don Zauker per la gentilezza!). Portato il televisore insieme a Guglielmo e Loris e sistemate le sedie, ci siamo accomodati e abbiamo iniziato a sentire
la lezione del nostro “sensei” rapiti come dei bambini che ascoltano un appassionante racconto epico. Quello che doveva essere un evento stimato in una durata di un’oretta, si è protratto per quasi due e mezza; sebbene ci trovassimo di fronte a nozioni tecniche e per molti di noi, me compreso, era la prima volta che si sentiva parlare di tante cose, il tempo è volato tra spiegazioni sulla composizione delle plastiche e delle resine, esaltanti immagini di customizzazioni eccellenti, domande, risposte e esempi, sempre in immagini, di quel che si può ottenere da un mo-
Foto: © Gato Negro Loco
Foto: © Gato Negro Loco
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dello in plastica o in resina. La mia avventura nel mondo del modellismo e collezionismo è partita più o meno nel periodo che va tra la metà degli anni ‘90 e la grande diffusione di Internet in Italia verso la fine dello stesso decennio. Se fossi nato e vissuto in Giappone, forse sarebbe stato più facile visto che i modelli in plastica da montare sono una realtà consolidata; pensando al solo Gundam, esistono da trent’anni; attualmente se ne trovano di tutte le scale (da 1/144 a 1/48) e con qualsiasi livello di dettaglio accontentando tutti i gusti e tutte le tasche. Prima è venuto l’acquisto di qualche kit nei negozi della mia zona che, ogni tanto, incredibilmente ne avevano qualcuno ma con Internet e la possibilità di cercare su un motore di ricerca tante informazioni sui ricordi dell’infanzia è esploso quasi in modo letterale il desiderio di avere in casa, possibilmente nella tua preziosa vetrinetta, qualcosa che ti ricordavo gli eroi del passato che ti sono restati nel cuore e che ti hanno insegnato qualcosa da bambino. Il sentimento di contentezza e felicità per la nuova scoperta lascia subito il posto al dubbio: action figure o giocattolo oppure un bel modellino (in plastica o resina)? La scelta solitamente ricade sulle action figure per un semplice motivo di praticità poiché non richie-
dono alcun assemblaggio. Allo stesso modo, guardando dei modellini ben assemblati e colorati, in foto su internet o dal vero nelle fiere del fumetto, ti solletica l’idea di averne qualcuno; e va a finire che ne acquisti uno. A questo punto la passione e la voglia di fare cozzano pesantemente e disastrosamente contro il muro della propria ignoranza e ci si ritrova a poggiare il kit appena comprato su un tavolo pensando “e ora che ci faccio?”. Il mio primo contatto con un modellino da montare è stato banale e comune a molti: un così detto First Grade del Gundam RX-78-2; successivamente, fu il turno di un master grade (versione “1.0”) comprato per la sua caratteristica di avere le plastiche già colorate e non richiedere l’uso di colla, stucco e colori. Non nego che il tentativo con il First Grade fu di scarso successo e a tratti imbarazzante mentre quello con il Master Grande decisamente migliore o, forse, dovrei dire “meno peggiore”. In ogni caso, una volta finito il Master Grade, mi ritrovai ad osservare la mia “opera d’arte” e mi resi conto che sarebbe potuta essere migliore perché c’erano tanti dettagli che potevano essere resi in maniera diversa: le linee di giunzione tra alcuni pezzi, i punti di distacco dai telai, la mancanza di profondità
mune detersivo per i piatti per sgrassarle dai residui dei prodotti chimici usati in fabbrica per separare il prodotto finito dalle presse? Io no. E che si può usare il cianoacrilato (è una famosa colla che non cito per non fare pubblicità) contemporaneamente come collante e stuccante per i pezzi? Io no. E che con tanta esperienza si può usare il sale da cucina per fare degli effetti veramente spettacolari, anche se richiede molta pratica e perizia? Io no. E che il colore più complicato da stendere a pennello può essere il bianco? Io no. E che il manuale di istruzioni e di assemblaggio non è semplicemente un insieme di fogli di carta ma va capito e studiato come un libro di scuola? Io no. Il modellismo è un mondo affascinante, colorato e impegnativo. E’ in
grado di dare tante soddisfazioni personali però per molti, me compreso, ha bisogno di un avvio iniziale condiviso con amici che ti possano aiutare, consigliare e criticare costruttivamente. Adesso con la Rete è tutto più facile ma apprendere le tecniche prevede anche imparare una certa manualità; siti, FAQ Foto: © Gato Negro Loco
di alcune superifici, alcune parti riprodotte con degli adesivi e tante altre piccole e grandi imperfezioni. A quel punto, mi arresi e passai ad un altro tipo di collezionismo e continuai a comprare qualche kit in plastica di tanto in tanto con l’idea che “un giorno ci avrei riprovato” però così non è stato per diversi motivi tra cui i problemi che ti pone la vita, il poco tempo e, soprattutto, la mancanza di uno stimolo rappresentato dal conoscere altre persone interessate all’argomento. Quando finalmente conobbi Emilio e altre persone altrettanto brave nel modellismo, mi accorsi che non ero più solo in questo hobby. Parlando con lui restai ancora più sorpreso apprendendo che tutto quello che sa fare ora non gliel’aveva insegnato nessuno. Come è solito dire lui, dopo tanti errori e tentativi, alla fine è riuscito a trovare un suo modo di fare modellismo e ieri ha condiviso con me e altri queste conoscenze e scoperte. Cosa ho appreso durante la lezione dell’altro giorno? Che è vera la regola secondo la quale bisogna conoscere le basi di quel che si fa. Tanti piccoli accorgimenti e procedure mi erano completamente sconosciuti. Chi avrebbe mai pensato che le griglie dei pezzi di un modellino in plastica vanno prima lavate con un po’ di co-
Foto: © Gato Negro Loco
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e tutorial non potranno mai darti questo o, al massimo, solo in parte. Ci vuole tanta pratica, tanta volontà di imparare ed essere disposti a sbagliare in continuazione all’inizio. In conclusione, come disse Gene Wilder in Frankenstein Junior: “Si... può... fare!!!”. Massimo Trivarelli
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ANIME CLASSICS: “LA PRINCIPESSA DAI CAPELLI BLU”
L
ucilla è una ragazzina combattiva, dolce e dal forte senso di giustizia; ha occhi color rubino, capelli azzurri, orecchie a punta da elfo ed è la principessa del villaggio di Fountainland. Il malefico Scorpion, dopo aver occupato il regno di Lucilla, la fa rapire dal suo sgherro di nome Mantonero per impedirle di ritornare prima della completa eclissi del sole. L’origine di una fontana dall’acqua miracolosa e benefica per tutti gli esseri viventi nonché dalla capacità di eliminare
i nemici oppressori, avverrà solo se la principessa siederà sul trono prima che l’eclissi avvenga. Un incarico di grande entità e responsabilità è quindi in mano alla bambina: rinnovare l’arco vitale al pianeta tramite l’Acqua della Vita. Grazie all’aiuto della rana Cra Cra, della lontra Posapiano e della tartaruga Tuttie, Lucilla riesce a fuggire dalla nave volante di Mantonero e rifugiarsi sull’aeronave dei suoi nuovi amici chiamata “Bosco”. Il quartetto così formatosi, si ritroverà ad affrontare nume-
Titolo originale: Bosco daiboken - Bosco Adventure (id.) Autore originale:Tony Wolf Mecha Design: Kenzo Koizumi Direttore del suono: Hideyuki Tanaka Direttore della fotografia:Toshiaki Morita Musica:Toshiyuki Watanabe Character designer: Shuichi Seki Regia: Taku Sugiyama Produttori: Michihiko Suwa, Shigeo Endo Produzione: Nippon Animation / Yomiuri TV (1986/87) Numero di episodi: 26
rose avversità tra cui combattere la guerriera Damia, seguace di Scorpion, figura femminile in contrapposizione alla protagonista. La “Bosco” e la sua ciurma si adopererà con lealtà e affetto nel sostenere il rientro di Lucilla al suo paese natio, nel favorire la restituzione della felicità al popolo e nel lottare contro gli sporchi piani di morte del capo dei malvagi. Quest’anime tv di appena 26 episodi (di cui 4 inediti in Italia per oscuri motivi), prende liberamente spunto dal libro per bambini “Storie del bosco” (Dami editore) dell’illustratore Antonio Lupatelli, meglio noto al grande pubblico con lo pseudonimo di Tony Wolf. Lo staff giapponese preleva da questo volume esclusivamente i tratti generali degli animali antropomorfi inserendoli in una nuova storia al fianco di Lucilla, principessa bambina che dà il titolo qui da noi, creando così una narrazione a più ampio respiro. Un’avventura rocambolesca in un luogo e un tempo immaginari e inverosimili, ma non scontata e prevedibile, magistralmente gestita dai giapponesi in cui ogni tassello svolge il suo ruolo. Sulla scena carica di animali parlanti, spicca l’appeal di un personaggio principale bambino dalle
sembianze umane in modo da suscitare immedesimazione nel target infantile, arrivando sia ai maschietti che alle femminucce e stuzzicando la curiosità anche dei ragazzini più grandi. Priva di regalità se non in pochi frangenti, la principessa Lucilla mostra, infatti, un look sbarazzino con tanto di abitino succinto sia per questioni pratiche ai fini della storia sia per meglio facilitare un riflesso negli spettatori teenager che possono simpatizzare con lei come con una coetanea (nonostante le sue evidenti caratteristiche poco umane). In questo serial i ruoli degli antagonisti non sono definiti in maniera rigida. Non siamo di fronte a tiranni bidimensionali esaltati e deliranti dall’agire stereotipato, bensì a figure caratterizzate in modo diversificato, spesso bizzarre, che dimostrano di possedere una propria morale seppur a tratti esigua. Altra particolarità è la totale assenza di essere umani terrestri insieme all’impiego di una tecnologia rudimentale, quasi artigianale, non appartenente a nessun periodo storico, né che ne richiami alcuno, poiché fornita di elementi fiabeschi. Medesimo discorso interessa l’ambientazione sospesa nel tempo che
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non appartiene né al futuro né al passato così da poter trovare la collocazione che si preferisce nel fantasioso mondo interiore di ciascuno di noi, conferendo alla vicenda una sorta di eternità. Quest’atemporalità sostiene e rende universale il messaggio finale, cioè che il raggiungimento di un obiettivo implica sempre un sacrificio. Un monito quindi dalle forti connotazioni realistiche nonostante sia inserito in un contesto favoloso che esprime oltretutto come alcune regole e il corso naturale delle cose fluiscano ana-
logamente nel mondo immaginario delle fiabe e non c’è magia che possa far loro testa o deviarle. Il tutto si traduce con l’ultimo nobile gesto della principessa. Non è certo facile sacrificarsi per il prossimo e Lucilla ne è consapevole. È lei il fulcro, l’unica a poter dispensare e determinare nuova vita e lo fa dissolvendosi magicamente assieme alla fonte dell’Acqua della Vita, immolandosi in tal modo per il bene collettivo, certa di donare un futuro migliore al mondo e liberando il suo popolo oppresso. Ella pone davanti
allo spettatore meno distratto anche un quesito: se valga effettivamente la pena e sia risolutivo rinunciare a se stessi in nome di un ideale di fronte ad un mondo costruito sull’avidità e sul potere (probabilmente una vaga allegoria con l’attuale realtà sociale). Un epilogo intenso ed emotivamente toccante in contrasto con l’andamento della serie, che esterna inoltre in modo limpido il forte legame fra i personaggi principali. E’ infatti posta in primo piano anche l’amicizia ed è ancora Lucilla a invitarci, attraverso soli 26 episodi, a credere e a sperare in questo valore. Dare fiducia al prossimo e sapere che chiunque ha la possibilità di incontrare sul proprio cammino, proprio com’è accaduto a lei, compagni sinceri pronti ad aiutarci, è fondamentale. Tali presenze sono di sostegno nel corso del
lungo viaggio della vita (in questo caso simboleggiato dallo spostarsi della “Bosco”), percorso che schiuderà orizzonti inesplorati contribuendo alla crescita interiore. L’animazione è essenziale, mediamente accurata per un prodotto tv. Lo stile di disegno gode dell’apparente convenzionalità della Nippon Animation, ma si rivela originale e al contempo asciutto, morbido eppure plastico, perfettamente armonizzato con i fondali semplici, graziosi e dalle belle tinte. L’intero anime, dalle scenografie alle figure, vanta un uso delicato e gradevole del colore che riesce efficacemente a coniugare tonalità calde e fredde. In Italia “Bosco Adventure” arriva nel 1988 guadagnandosi una discreta popolarità a dispetto del periodo estivo poco favorevole per la messa in onda e a causa delle rare repliche è presto dimen-
TESTO:
SIGLA TV ITALIANA -------------------------Interpreti: Cristina D’Avena con i Piccoli Cantori di Milano Testo::Alessandra Valeri Manera Edizioni musicali: Canale 5 Music Etichetta originale e produzione: Five Record Distribuzione: CGD Messaggerie Musicali Musica e arrangiamento: Massimiliano Pani Durata:: 3’30” Data di prima pubblicazione: Giugno 1988
Ciriuriudi Ciriuriudi
Tuttutturu
Principessa dai capelli blu nel tuo regno adesso non stai più ma volando stai sopra un’areonave vai fino a quando lì ritornerai Principessa dai capelli blu combattendo tornerai laggiù forse hai un pò paura ma poi tu in quest’avventura tutto il tuo coraggio troverai
Principessa dai capelli blu un segreto costudisci tu forse hai un pò paura ma poi tu in quest’avventura tutto il tuo coraggio troverai
Sì troverai tanti amici coraggiosi troverai degli amici veri affidabili e sinceri e con il loro aiuto voncerai Sì vincerai degli acerrimi nemici vincerai degli amici astuti implacabili e cocciuti che con gran coraggio affronterai Ciriuriudi Ciriuriudi
Sì troverai tanti amici coraggiosi troverai degli amici veri affidabili e sinceri e con il loro aiuto voncerai Sì vincerai degli acerrimi nemici vincerai degli amici astuti implacabili e cocciuti che con gran coraggio affronterai Ciriuriudi Ciriuriudi Tuttutturu Ciriuriudi Ciriuriudi Tuttutturu Ciriuriudi Ciriuriudi Tuttutturu
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ticato, sopraffatto da serie più invadenti. Il brano della sigla italiana, cantata da Cristina D’Avena, appare fuori dagli schemi e poco incisivo soprattutto nel ritornello mentre il testo è un po’ debole e anonimo. Telepiù, settimanale di guida ai programmi televisivi, propose all’epoca perfino un fumetto a colori tutto italiano discretamente realizzato. Un anime ragionato, ap-
passionante ed equilibrato, non esente da momenti di forte commozione e assolutamente da rispolverare dal dimenticatoio in cui è precipitato. Al giorno d’oggi un cartone dal carattere fiabesco, avventuroso e classicheggiante sebbene privo di un lieto fine, potrebbe ancora essere proponibile alla grande utenza, rappresentando paradossalmente una piccola
innovazione e una valida alternativa ai cartoni attuali. Confidiamo in una riproposta tv e che i bimbi di questa generazione riescano a coglierne le qualità, ormai abituati a storie dai ritmi sempre più vertiginosi o improntati unicamente sull’humor, così lontani dal tenore dell’anime di Lucilla. Un prodotto, per certi versi unico nel suo genere, con un gran senso della misura dal
punto di vista tecnicografico e in grado di lasciare nel cuore dello spettatore un soffuso e affettuoso ricordo. Un nuovo fantastico viaggio con la dolce Lucilla ci attende. L’aeronave “Bosco” e il suo simpatico equipaggio sono pronti per partire con voi sulle note della fantasia.Vi aspettiamo! Fabio Cassella
THE FABULOUS FANTASY FILMS - Di Jeff Rovin -
Copyright by A. S. Barnes & Co., Inc. - 1977; Autore: Jeff Rovin. Pagine: 271.
Testo tratto dall’introduzione del libro “The fabulous fantasy films”. What do King Kong, Judy Garland, Ebeneezer Scrooge, and Willy Wonka’s Human Blueberry have in common? The answer, of course, is that they are all a part of the vast playground known as the fantasy film. But its very definition, the term “fantasy” implies man’s imagination unrestrained. That’s exactly what you’ll find within these pages. Motion pictures in which the situations are far removed from the realm of reason or possibility. Of necessity, this shuts out such classic genre films as Frankenstein, 2001: A Space Odissey, and Metropolis. Man is already transplanting human limbs and organs, building, space stations, and
subjecting his world to the hazards of dictatorship. Here, then, are motion pictures that showcase the supernatural, mythology, or incredible creatures and events.
The decision to include such borderline “horror” or “science fiction” efforts as Dracula and The Wolfman or Godzilla and Barbarella was based on the relative void between
plausible reality and the situations depicted in these films. Care has also been taken to avoid pictures like Things to come or the Flash Gordon serials, where the emphasis is on science fiction gadgetry. Though it was logic and rational hardware that put men on the moon, it is pure fantasy that takes him always one step beyond. And that is our destination. A world where the irrational reins and common sense is tossed to the wind. A universe of demons and fairy tales, of giants and, yes, human blueberries. The kingdom of The Fabulous Fantasy Films.
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GEARS OF WAR www.ludusiovisdiei.it
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e siete già fan della combriccola di Marcus Phoenix alla sola vista del titolo vi avranno brillato gli occhi. Se invece non conoscete questa fortunata serie di videogames per Xbox, sappiate che ci troviamo in un futuro post-apocalittico, dove la razza umana è stata quasi sterminata da una razza di misteriose creature provenienti dal sottosuolo... e armate fino ai denti! Le città si sono trasformate in desolati labirinti di macerie, e i pochi soldati della Coalizione dei Governi rimasti a combattere (i “COG”) sono pochi e scarsamente equipaggiati. Il morale è a terra, e la situazione sembra davvero disperata.
Tutte le caratteristiche principali di GoW sono state riprese nel boardgame, un collaborativo che fa sedere al tavolo da 1 a 4 giocatori. Imperso-
nando i quattro protagonisti del gioco, sarà necessario risolvere missioni tratte dalla trama principale, e solo un’accurata scelta di stra-
tegia e un buon affiatamento consentirà di vincere. Il gioco è spietato, i nemici agguerritissimi e la meccanica di base porta spesso a dover affrontare scelte difficili. I giocatori hanno infatti una mano di carte Ordine che rappresentano sia le azioni che possono compiere nel loro turno che i Punti Ferita del personaggio. Ogni qual volta si da un ordine, si ricevono danni o si “sprecano” carte per aiutare un compagno ferito si espone il proprio personaggio ad un pericolo crescente. Le Locuste vengono controllate da un mazzo di carte speciali, che tramite delle semplici condizioni prevedono le mosse dei nemici sul campo di bat-
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taglia. Per ogni fase Ordine di un giocatore si gioca una carta Locuste, e il gioco procede velocemente e in maniera chiara. I combattimenti vengono risolti grazie a dei dadi speciali divisi tra attacco e difesa, e fondamentale si rivela l’uso delle coperture (muri, macerie, pareti...) per proteggersi dal fuoco nemico. Anche l’uso intelligente delle armi e degli equipaggiamenti è importante: visto che le munizioni spesso scarseggiano è necessario valutare se scatenare la potena del proprio fucile mitragliatore in full-auto o se fare fuoco con la fedele pistola. Ogni missione è composta da uno o più “livelli”, divisi in varie mappe e con delle condizioni di vittoria specifiche, che una volta soddisfatte consentono al gruppo di muoversi al livello successivo. Una
nota di merito va alle miniature, che hanno raggiunto un livello di dettaglio incredibile. Tutte le repliche dei personaggi sono fedeli al videogame e splendidamente realizzate, e rendono ancora di più se dipinte (come le nostre in alcune delle foto).
In conclusione, se non vi bastasse il nome di Corey Konieczka sulla copertina (Battlestar Galactica, Death Angels, Starcraft...) per comprare Gears of War: The Boardgame, sappiate che è sicuramente un ottimo collaborativo giocabile anche in solitaria, e una
splendida conversione con tutti gli elementi del videogame. Quindi imbracciate il vostro Lancer e ricordate: “l’unica Locusta buona è una locusta morta!” LID Staff
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VINCENZO CORTESE E LA SUA ARTE corvin.vet@libero.it
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alve a tutti mi chiamo Vincenzo Cortese e se dovessi farvi una descrizione del mio profilo mi definirei come un Medico Veterinario, appassionato di scrittura col pallino dell’illustrazione. Non oso fregiarmi del titolo di scrittore, poiché penso che in Italia ce ne siano fin troppi. Sono pochi quelli che possono davvero considerarsi tali in quanto, nella maggior parte dei casi, non è un’attività che permette a chi la pratica di poterne vivere, anzi, spesso a questa passione si frappongono le necessità della vita quotidiana gene-
rando non poche frustrazioni che, accompagnandosi alle disillusioni, contribuiscono a disincentivare ulteriormente chi vorrebbe farne una professione. Sin dall’età dell’infanzia, trascorsa nell’hinterland settentrionale di Napoli, la mia città natale, mi è sempre piaciuto fantasticare: “Stai sempre con la testa tra le nuvole” è la frase che più spesso mi ripetono. A tredici anni lessi “l’Hobbit” di Tolkien, un libriciattolo reperito trai tascabili Bompiani sulla bancarella di un mercatino durante una vacanza in Abruzzo. Allora, se si parlava del
Signore degli anelli, molti avrebbero pensato soltanto ad un negozio di oreficeria, ma la sua lettura trai boschi e le vallate abruzzesi (la mia Terra di Mezzo), contribuì a lasciare un’impronta indelebile nel mio immaginario fantastico. Conseguita la laurea nel 1999, dopo la breve parentesi del servizio di leva come Aviere (a proposito di nuvole), mi sono dedicato alla professione di Medico Veterinario gestendo un piccolo ambulatorio di periferia. La crisi del settore privato mi ha consentito di approfondire la mia inclinazione per la scrittura. Ora ho appeso la borsa al manubrio, nel senso che faccio il Veterinario, diciamo così, “FREE LANCE”, un eufemismo esterofilo per definire il mio lavoro che consiste nel girare in bici tra Napoli e provincia... nel mio piccolo, tra una visita e l’altra, tento di trovare un
po’ di tempo per le mie passioni. Di libri ne ho scritti diversi, lo faccio in continuazione, romanzi, racconti. Se per libro però intendiamo qualcosa di più tangibile di un sogno nel cassetto, allora si può dire che ho al mio attivo un romanzo fantasy, “ANUIR Il segreto di Halamon” edito da Giraldi (Bologna). Fu il primo romanzo, lo scrissi quasi per scherzo nel “retrobottega” del mio ambulatorio veterinario. Allora avevo uno stile più ingenuo, parecchio influenzato dalle reminiscenze tolkieniane e di epica classica. Col passare del tempo, tuttavia, mi son reso conto di quanto fosse complicato per un esordiente riuscire a concretizzare le aspettative riguardo ai propri scritti. Ciò non di meno non rinuncio a scrivere, affrontando anche il genere storico, con due racconti brevi ambientati durante
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la Seconda Guerra Mondiale, “Castelbrigante” e “SaSà”, ed un romanzo d’avventura intitolato “Corsa a Levante”, che sarà pubblicato il prossimo anno per edizioni il Ciliegio, in cui narro le vicende di Filippo Corsi, un mercenario che segue le rotte di cabotaggio del mediterraneo del XV secolo. La mia passione per l’illustrazione è nata quasi per caso ma anche per necessità... il richiamo evoluzionistico non è casuale. Ho sempre adorato disegnare, dipingere e scolpire, tuttavia, non ho mai coltivato seriamente queste mie inclinazioni. Le ho rispolverate solo quando
ho avvertito la sensazione che a ciò che scrivevo mancasse qualcosa. Così ho ripreso in mano la matita e, tra un capitolo e l’altro, ho iniziato a buttar giù qualche schizzo accorgendomi, talvolta, che la narrazione finiva per esserne influenzata. Col passare del tempo anche altri autori hanno cominciato a chiedermi illustrazioni per i loro libri, così ho iniziato ad affinare le tecniche sperimentando l’illustrazione digitale, anche se ho sempre nutrito una certa predilezione per la cara vecchia matita. Attualmente sto lavorando a un nuovo romanzo, si intitolerà “Xerion”, un mix tra sto-
ria e fantasy, per ora non svelo altro perché sono ancora ai primi capitoli. Anche questo, inutile dirlo, sarà accompagnato da un nutrito corredo di mie illustrazioni compresa la copertina... lo so è un po’ come mettere il carro davanti ai buoi ma
per me è diventata quasi un’abitudine, parole e immagini viaggiano lungo lo stesso binario nella speranza di trovare al capolinea la sospirata pubblicazione. Vincenzo Cortese
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TIME MACHINE: FABRIZIO MAZZOTTA & I PUFFI
Foto: © Marileda Maggi
mariledadj@gmail.com
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bello poter inaugurare uno spazio e una collaborazione sentendosi un po’ a casa. E l’unico ospite in grado di azionare in maniera così repentina e fulminea la macchina del tempo, non poteva che essere una voce ricorrente della mia infanzia.Vi parlo di macchina del tempo non a caso. Infatti, se tutto procederà come deve - e Biff Tannenn lascerà al suo posto il “Grande Almanacco Illustrato”- per ogni uscita di JAPANIMANDO, vedrò di rispolverare la memoria vintage dei lettori più “datati”, lasciando correre la locomotiva sui binari della nostalgia canaglia. Perché, diciamolo, la mia generazione è una fucina di romantici sognatori che sanno ancora commuoversi davanti ai ricordi
incancellabili di un’infanzia meravigliosa, scanditi dalle copertine dei fumetti e dai primissimi cartoni animati in onda sulle tv locali. Prima che i cosplayers diventassero una realtà delle Fiere, prima che esistessero Facebook e i dvd. Quando carnevale era l’unica festa comandata per travestirci da eroi nipponici e non, con l’assenso di mamme, zie, nonne. Tra retate nei negozi di giocattoli alla disperata ricerca del costume del cuore e ago e filo delle parenti operose, implacabili nella puntualità di consegna dell’abito... altrimenti sarebbero stati pianti infiniti. Oggi mi sento davvero un po’ a casa. Il motivo è doppio e insito in un solo protagonista che risponde al nome di Fabrizio Mazzotta, incontrato
per voi in occasione della presentazione del suo libro. Un libro davvero speciale. Nell’ambiente non è così importante che tu abbia doppiato un personaggio piuttosto che un altro. Conta la quantità delle cose
che hai fatto. La carriera in generale. Che tu sia Krusty il Clown o Eros di Pollon, diventa irrilevante.Talvolta lo stesso doppiatore rimuove determinate esperienze, non per cattiveria o volontà, ma per la mole di lavoro in cui si imbatte. Ricordarsi tutti i dialoghi e tutti i dettagli è letteralmente impossibile - racconta Mazzotta – Una volta un ragazzo mi telefonò tipo all’una di notte, presentandosi come un mio grandissimo fan (non fatelo mai. Evitate di chiamare i vostri idoli nel cuore del sonno migliore! NdR). Iniziammo a chiacchierare ed entrò in una sorta di delirio quando gli dissi che no, non mi ricordavo di aver doppiato Hiroshi in quel tale episodio di Mazinga Z. Conta che io, di Mazinga Z, ho doppiato una sola puntata nel 1980. Chiaramente non posso
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Fabrizio è una voce storica del doppiaggio. Ma non solo. Ha coltivato una fenomenale passione per i fumetti e per la creatività su carta. E proprio da questa passione scaturisce il piacevolissimo I PUFFI. Un divertente saggio sugli episodi e i retroscena inediti di questi amatissimi personaggi blu. Volume che mette in evidenza i momenti di transizione degli abitanti di Pufflandia rendendoli, da semplici comparse in una storia a fumetti, protagonisti di un fenomeno di interesse mondiale. Narrato attraverso gli episodi del film, delle serie animate, del cartaceo e i retroscena della carriera artistica del loro creatore, Pierre Culliford, in arte Peyo. - Nel libro dei Puffi, scritto con Davide Caci, troverete cose che, in tv, non avrete mai sentito o visto - Un libro che, a detta di Fabrizio, gli è piaciuto scrivere. Ma anche rileggere, dopo. Sintomo di un sincero coinvolgimento nei confronti di quest’opera agile e vivace, che non appare come una piccola enciclopedia (pur racchiudendone le piene
potenzialità), anzi. E’ visivamente molto gradevole, e riporta sulla prima di copertina gli amati Puffi da collezione in plastica (tutti, noi della generazione 70-80, abbiamo collezionato Puffi. Taluni introvabili. Croce e delizia di mamme e papà. “Mamma, eddài, comprami un Puffo! Ti prego! Uno solo! Mi manca quello!”. C’era sempre un puffo mancante.) nel loro contesto naturale. Le storiche case-fungo. - Il successo dei Puffi sta nelle loro storie, più vicine alle dinamiche di Esopo che a quelle da cartone animato in generale. I Puffi 3D (ultima trasposizione cinematografica dei nostri NdR) ha avuto un discreto successo, segno che l’antico fascino e il richiamo sortito dai genitori-un tempo-vale anche per i loro figli. Certamente, io che sono in primis un grande appassionato di fumetti (e dei fumetti dei Puffi, in par-
Foto: © Marileda Maggi
avere memoria di ogni singola battuta... il fan però ce l’ha, quella memoria. Una memoria da elefante. A me strappa un sorriso. Faccio questo mestiere che mi piace. Che mi diverte. Ed è piacevole essere riconosciuto. Perché negarlo. -
ticolare), trovo vi fossero insiti dei valori unici: l’amicizia narrata attraverso storie semplici ma, al tempo stesso, influenzate dalla vastissima cultura di Peyo. Dalla musica classica alla letteratura epica... poi c’è chi ha voluto specularci su intellettualmente. Qualcuno può trovare nel cappello rosso di Grande Puffo un richiamo comunista. Altri inventano derive di natura fascista, altri ancora li vedono come vittime di un profondo razzismo. E se il cattivo mago Gargamella vuole utilizzarli come ingredienti per arcane formule alchemiche, ci sta pure che i Puffi siano esponenti della Massoneria. - Ma il bello dei Puffi sta nell’essere semplicemente... i Puffi. Nati come comparse e partoriti da una casuale conversazione conviviale. “Passami il coso, lì, quello. Il Puffo. Puffami il Puffo!!!”. E
lo stesso Maestro non poteva immaginare quanto quel gioco di lessico tra una saliera e una zuppiera avrebbe influenzato la sua vita. Da brillante creativo. Da artista poliedrico. A uomo d’affari. Peyo. Perché, da lì a poco, quei Puffi da Puffare diventeranno la sua gallina dalle uova d’oro. Infinite le declinazioni del merchandising. Dalla carta al piccolo schermo, prima. Al grande schermo, dopo. E giochi da tavolo. E abbigliamento. E miniature. E gigantografie. Accessori per camerette. Biancheria da casa... a tal punto che, per quel che riguarda il disegno, quasi mai troverà il tempo e la voglia di dedicarsi personalmente ai suoi figli color del cielo e del mare. - ...io ci sono cresciuto. Con i Puffi. Quando arrivò la chiamata per propormi il cartone da doppiare, nean-
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che ero troppo convinto. Noi doppiatori non conosciamo in anticipo i copioni o i ruoli che un Direttore intende affidarci. Finché non li vidi, lì, sullo schermo della sala. Conoscevo molto bene il fumetto. E fu una splendida sorpresa. Non fu più necessario convincermi. Paradossalmente, Davide Caci ha curato più la parte “televisiva” di questo libro, mentre io ho approfondito quella fumettistica. Quanto ricordo è che, sì, i cartoni animati erano bellissimi, adoro i cartoni animati. Il fumetto, però, era una cosa diversa. Non subiva l’atroce censura delle avventure da schermo. E, in secondo luogo, stimolava la fantasia in una maniera impressionante. Le nuove generazioni leggono poco, non per colpa loro. Semplicemente ci sono sempre meno pubblica-
zioni dedicate ai più piccoli. Ed è un peccato. Credo l’antico (ma pur sempre attuale) fascino dei Puffi possa fare ancora incredibilmente breccia nell’immaginario dei ragazzi. Se dovessi consigliare una lettura ai bambini, i Puffi sarebbero di certo in prima linea. “Potere ai piccoli!”, dunque. Come avrebbe detto Scrappy-Doo in altra nota serie (prima o poi, toccheremo anche quelle corde...). E, i Puffi, questo potere evocativo, fascinante, magnetico, l’hanno conservato nonostante l’avanzare degli anni. Ho avuto il Libro Blu tra le mani. L’ho sfogliato. Mi sono soffermata sulle mille curiosità e aneddoti. Non saprò dirvi mai, davvero, quanto merito sia di
- ...la cosa più strana è che nessuno ci abbia pensato prima. A un libro sui Puffi, dico. -
d’essere stato il primo in Europa a fare un libro sui Puffi. Intanto sogna e pianifica un nuovo progetto-omaggio all’altro eroe della sua infanzia: - Popeye, Braccio di Ferro. Nel 2013 compirà 70anni. Mi piacerebbe festeggiarlo in questo modo. Sono alla ricerca di editori interessati. Poi chissà... E sulle proiezioni future al profumo di spinaci, ci congediamo dal nostro ospite. Con la speranza nel cuore che la memoria dei grandi capolavori del fumetto e dell’animazione continuino a tramandarsi anche grazie all’affetto di questi uomini di oggi, bambini di ieri. Ma sempre e comunque fenomenali sognatori. Marileda Maggi
Sornione, Fabrizio, si bulla un po’ simpaticamente,
Foto: © Marileda Maggi
Foto: © Marileda Maggi
Peyo, quanto di Caci e quanto di Mazzotta o del nostalgico mare magnum dei ricordi d’infanzia... sicuramente la sinergia tra passione, sapienza e simpatia ha dato il suo contributo nel far nascere questo piccolo grande capolavoro di memoria tinta in sfumature turchine. Nella mia mente sono riecheggiati termini come puffbacca, salsapariglia, Gargamella, puffolini, Bontina, e cose così. Quasi rimosse nei giorni dell’età “matura”. Quando sembra non ci sia più posto per cose del genere, mentre invece il bisogno si realizza più forte e intenso che mai.
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VIDEOGIOCHI DI IERI E DI OGGI - Part V www.gamesearch.it
RESIDENT EVIL
L
a paura è una sensazione strana e con varie sfaccettature, considerata da sempre un’emozione negativa da cui però l’uomo talvolta si sente attratto. Ce ne accorgiamo quando guardiamo un film dell’orrore, quando, nonostante la tensione, invece di girare canale o di spegnere il televisore stiamo incollati di fronte allo schermo, attratti dal desiderio di vedere ciò che ci spaventa ma che allo stesso tempo ci affascina. Dopo alcuni tentativi (non sempre andati a buon fine), nel 1996 Capcom riesce a ricreare questa sensazione anche nel mondo dei videogiochi grazie a Resident Evil (Biohazard in oriente), un titolo che ha decretato il successo del genere Survival Horror. UNA CASA POCO ACCOGLIENTE La vicenda ha luogo nel 1998. L’elicottero della S.T.A.R.S. (Special Tactics and Rescue Service), una squadra speciale del Dipartimento di Polizia di Racoon City, scompare improvvisamente durante una missione di esplorazione. Il team Bravo (gruppo interno della S.T.A.R.S.) era stato inviato tra le montagne Arklay e la foresta vicina alla città per inda-
gare sulla scomparsa di alcune persone e su una serie di misteriosi omicidi. Gli agenti Chris Redfield e Jill Valentaine, partiti alla ricerca dei colleghi dispersi, si ritroveranno presto intrappolati in Villa
Spencer, una magione che purtroppo nasconde più di qualche orribile segreto. ANCHE L’OCCHIO VUOLE LA SUA PARTE Non potendo contare su una trama particolar-
mente originale, il fattore che indubbiamente contribuì a rendere Resident Evil un successo mondiale è stato l’incredibile impatto estetico. A differenza di Alone In The Dark (survival horror del 1992 da cui RE sembra trarre ispirazione), Capcom, guidata dal game designer Shinji Mikami, decide di utilizzare la grafica poligonale solo per i personaggi (mostri e umani) che si muovono in Villa Spencer, tutti dotati di fantastiche animazioni. Gli ambienti isometrici si avvalgono invece di ottimi sfondi prerenderizzati e questo ha permesso agli sviluppatori di dar vita a un contesto estremamente realistico. Ad impreziosire l’opera troviamo una regia degna dei migliori film horror,
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scrivere e a delle scatolette di inchiostro piuttosto rare e preziose, Resident Evil è un titolo abbastanza longevo ma, nonostante si possa impersonare Chris o Jill, difficilmente lo affronteremo due volte. Purtroppo le differenze fra le due avventure (a parte qualche enigma) non sono poi molte. che può vantare un sapiente utilizzo delle telecamere per dar vita a inquadrature claustrofobiche anche negli spazi più larghi. SCAPPA! I movimenti volutamente lenti del nostro alter-ego virtuale contribuiscono ad aumentare la sensazione di insicurezza che ci tiene sulle spine fino alla fine dell’avventura. Tra angusti corridoi, stanze misteriose e antri oscuri, saremo sempre angosciati, alla disperata ricerca di munizioni che, molto sapientemente, in Resident Evil tendono a scarseggiare. Per questo motivo, nonostante nel corso del gioco troveremo fucili, lancia-granate e pistole, avremo sempre l’impressione di essere braccati, perfino nelle zone in cui regna il silenzio. C’E’ QUALCUNO? Capcom ha svolto un ottimo lavoro anche per quanto riguarda il comparto sonoro. Musiche quasi oniriche, sinistre e poco invadenti si alter-
nano a stanze silenziose, dove ci ritroveremo a sperare che l’unico rumore saranno i nostri passi. Infatti, quando attraverseremo la porta di un‘area ancora inesplorata, per qualche attimo resteremo tesi ed immobili ad ascoltare i mugolii o gli scricchiolii che potrebbero rivelare la presenza di uno zombie o di qualche altra mostruosità. DUE PUNTI DI VISTA Merito in parte di un sistema di salvataggio accuratamente studiato, affidato alle macchine da
REBIRTH Dopo l’edizione originale per Playstation, vittima di alcune censure nella versione americana ed europea, Resident Evil è stato riproposto su Sega Saturn. A parte un minore dettaglio nei modelli poligonali, questa versione vede l’aggiunta di una modalità (Battle Game) in cui lo scopo del giocatore è uccidere il numero maggiore di mostri. Verso la fine del 1997 uscì Resident Evil: Director’s Cut, un’edizione impreziosita da nuovi costumi per i protagonisti nonché telecamere, ne-
mici e oggetti posizionati in maniera differente rispetto a RE. In seguito il capolavoro della Capcom venne convertito anche per PC, questa volta senza censure. Particolarmente interessante è il remake del 2002 per GameCube. Resident Evil Rebirth vanta una nuova veste grafica che, grazie alle potenzialità offerte dalla console Nintendo, è incredibilmente dettagliata e realistica, al punto da sembrare un film interattivo. Capcom ha inoltre reso più tenebrosa e cupa l’atmosfera impreziosendo gli ambienti con luci e ombre dinamiche ed elementi in movimento. Anche il doppiaggio e i dialoghi sono stati completamente rivisitati, dando modo di aggiungere nuovi particolari alla trama come la storia dell’inquietante Lisa Trevor, bambina utilizzata come cavia da laboratorio dalla Umbrella Corporation. Resident Evil Rebirth è quindi molto più di un semplice remake, consigliato anche a chi ha giocato alla versione originale del 1996. Resident Evil Rebirth è stato riproposto anche su Nintendo Wii con il nome di Resident Evil Archives: Resident Evil. Questa edizione è però del tutto identica alla controparte per GameCube.
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Il successo di Resident Evil si è spinto anche sulle console portatili. Nel 2006 è infatti uscito Resident Evil: Deadly Silence, un altro remake per Nintendo DS che, oltre a nuovi enigmi pensati appositamente per il touch screen e il microfono della console, inserisce alcune modalità inedite le quali permettono al giocatore di affrontare orde di zombie con una visuale in prima persona. Nonostante una trama abbastanza scontata, il segreto di Resident Evil è da cercare nelle sensazioni che è in grado di regalare. Angoscia, incertezza e altre debolezze dell’uomo che il gioiello della Capcom riesce a trasmettere alla perfezione.
RESIDENT EVIL 5 Durante l’esplorazione di Kijuju, un polveroso villaggio nel cuore dell’Africa, Chris e Sheva entrano in una baracca; dalla finestra osservano una piazza, un patibolo al centro e centinaia di persone che acclamano l’esecuzione; il boia è un uomo gigantesco e incappucciato, con un’ascia enorme sporca di sangue. Dopo aver tagliato la testa alla sua vittima, improvvisamente ci scopre, indicandoci alla folla inferocita. Possiamo spostare gli armadi contro le finestre, creare un temporaneo impedimento per
ritardarne l’arrivo, ma prima o poi si riverseranno nella baracca e ci saranno addosso, scavalcando finestre, scendendo dal tetto, cogliendoci alle spalle. Il gigante armato di ascia sfonda la parete della baracca, e per noi è il momento di scappare. Il capitano della BSAA, una compagnia che combatte il bioterrorismo, ci dice via radio di resistere, perchè stanno arrivando i rinforzi. Corriamo allora per il labirinto dei vicoli, assediati da ogni parte, saliamo sui tetti, dentro agli edifici, su per le scale, riscendiamo nella piazza, ci appartiamo in un angolo con le spalle al muro e teniamo a bada la scia di nemici che si para davanti, fino a che l’ombra scura dell’ascia ci sfiora, e allora di nuovo a scap-
pare, a correre e resistere per minuti che sembrano interminabili; meglio non perdersi d’occhio, con il partner, perché in caso di ferita solo noi possiamo soccorrerlo, possiamo aiutarlo liberandolo dall’attacco dei nemici, possiamo scambiare con lui armi e munizioni. Questo è Resident Evil 5, che fin dall’inizio non ci dà tregua, ci spinge in un’azione adrenalinica, mettendo a dura prova la nostra abilità. Ottavo capitolo della serie, sviluppato e pubblicato da Capcom e uscito nel marzo del 2009 per PlayStation 3 (versione provata), Xbox360 e Pc, Resident Evil 5 è ambientato cinque anni dopo quell’avventura di Leon Kennedy in Spagna (raccontata in Resident Evil 4) che ha rivoluzionato il
gameplay della serie, prendendosi le lodi ma anche le tante critiche dei fans più tradizionalisti; da survival horror che faceva dell’esplorazione e della risoluzione di enigmi anche complessi la sua cifra stilistica, a un vero e proprio action game, in cui il combattimento diventa nucleo centrale di un’azione frenetica e senza sosta. Resident Evil 5 spinge all’estremo il concetto di azione, non solo perché ci sfida a difenderci da orde di infetti quanto mai famelici e intelligenti, armati di lance, frecce infuocate, motoseghe, ma soprattutto perché per poter sopravvivere nella terra d’Africa dobbiamo imparare a cooperare con la nostra partner, essere pronti a soccorrerla e a chiamarla per farsi aiutare, elaborare una strategia che sia collaborativa e pianificata (soprattutto affrontando la sfida in modalità difficile). Chris Redfield, che i giocatori della saga già conoscono come ex-membro della squadra speciale S.T.A.R.S, si è unito ora a una compagnia che combatte il bioterrorismo. Inviato in Africa per indagare, fa la conoscenza di Sheva Alomar, membro del ramo africano della B.S.A.A. I due scoprono che uno strano parassita infetta la gente del posto, un parassita che trasforma le persone in furiosi assassini. Durante le indagini, Chris viene a sapere che la sua vecchia
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partner, Jill Valentine, (che credava morta) è sopravvissuta e probabilmente si trova nelle mani della compagnia farmaceutica Tricell, la stessa responsabile di aver usato le popolazioni locali come cavie per un esperimento, iniettando il parassita spacciandolo per un farmaco. Giocando l’avventura in singolo, possiamo scegliere se impersonare Chris o Sheva; nella versione Ps3 possiamo anche giocare in due con lo schermo diviso, e rispetto al capitolo precedente, c’è inoltre la possibilità di giocare in multiplayer online. Resident Evil 5 migliora notevolmente il gameplay in terza persona adottato da RE4; allo stesso modo gestiamo i vari oggetti del menù, che si apre in tempo reale per creare ulteriore tensione mentre scegliamo un gadget assaliti dai nemici; anche se i posti per gli oggetti sono limitati, possiamo tuttavia scambiarli con il partner. L’ambientazione africana è suggestiva e ricca di dettagli: nel corso della nostra lunga avventura attraverseremo vil-
laggi, paludi, miniere, fabbriche e laboratori. Alterneremo all’azione momenti di guida e momenti di quicktime event in cui dovremo avere riflessi pronti; una buona varietà di situazioni, dalle caverne immerse nel buio in cui uno dei due è costretto a reggere la lampada mentre l’altro combatte, a momenti in cui saremo obbligati a dividerci e a trovare strade alternative da soli, contribuisce a non rendere il gioco ripetitivo. Affronteremo inoltre una varietà di nemici ben caratterizzata e con un intelligenza artificiale non indifferente, dai famelici uomini tribali con lance e scudi ai cani infetti, dai pazzi con la motosega a delle specie di ragni velocissimi, boss enormi che metteranno a dura prova la nostra abilità cooperativa e la nostra capacità di pianificazione strategica. Ad aumentare la longevità e la rigiocabilità, vi sono diversi elementi collezionabili, fra cui gli stemmi della B.S.A.A, nascosti a volte in modo assai subdolo attraverso gli scenari del gioco, che permetteranno di sbloc-
care costumi alternativi. Una volta terminata l'avventura principale, si sblocca il minigioco “I Mercenari”, con scenari chiusi e sezioni di sopravvivenza a tempo, divertente soprattutto se giocato in compagnia. Nel 2010 è uscita per Ps3 e Xbox 360 una Gold Edition di Resident Evil 5, che ha come contenuti aggiuntivi, due espansioni (“Lost in Nightmares” e “Desperate Escape”), nuovi costumi e una modalità, chiamata “Versus”, nella quale dovremo uccidere il numero maggiore di nemici in un tempo prestabilito. SOTTO ACCUSA Assolutamente ridicoli e ingiustificati gli strali accusatori di razzismo che da più parti si sono levati ancor prima dell’uscita del gioco, mossi dal fatto che gran parte dei nemici da eliminare sono uomini di colore contagiati dal virus (e non poteva essere altrimenti visto che l’avventura si svolge in Africa). Partendo da questo presupposto, allora qualsiasi gioco potrebbe essere potenzialmente razzista (si potrebbe dire che RE4 è razzista nei
confronti degli spagnoli!); inoltre, tralasciando il fatto che Sheva, la protagonista, è lei stessa di colore, basterebbe solamente mettere da parte pregiudizi e conoscere la storia raccontata nel gioco per rendersi conto che un’accusa del genere è fuori luogo: il popolo Africano è la vittima sacrificale di esperimenti senza scrupoli da parte di compagnie economiche bianche e occidentali, e quanto questo presupposto sia purtroppo fondato ce lo racconta la storia di Resident Evil 5. Resident Evil 5 non presuppone teorie razziste o colonialiste, non presuppone niente, è semplicemente quello che vuole essere: un videogioco, prima di tutto; un videogioco sicuramente violento e sanguinario, e per questo giustamente vietato ai minori di 18 anni; un videogioco ad altissima tensione e dal forte impatto emotivo; un videogioco che può deludere i tradizionalisti della saga, ma che non può non suscitare ammirazione per la sua altissima qualità. GS Staff
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EVANGELION AL “BIOGRAFILM FESTIVAL” http://nihonexpress.blogspot.it
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uale modo migliore per dimenticare la calura estiva che chiudersi per ore nella sala buia di un cinema, perdendosi nella visione di una delle più conosciute e discusse serie di animazione giapponesi? All’edizione 2012 di Biografilm Festival, conclusasi da un paio di settimane, è stato proiettato per intero lo storico anime Neon Genesis Evangelion, una delle serie più importanti e di successo degli anni ‘90. Il protagonista Shinji Ikari si ricongiunge al padre Gendo dopo anni di lontananza, ma il genitore sembra interessato al ragazzo soltanto in quanto possibile pilota del robot EVA-01. Gendo è infatti a capo della NERV, agenzia
militare con il compito di difendere l’umanità dagli Angeli, misteriose creature che a più riprese attaccano la Terra mettendone a repenta-
glio l’esistenza. Accanto al titubante Shinji, tre intriganti personaggi femminili lavorano come lui per combattere lo stesso nemico: l’esuberante Misato
Katsuragi, direttore operativo della NERV, e due ragazze addestrate per pilotare gli EVA, l’introversa Rei Ayanami e la viziata Asuka Langley. La trama di Neon Genesis Evangelion è complessa, ricca di intrecci e sottotrame che vengono svelate solo poco per volta, dosando le informazioni in possesso dello spettatore e cambiando di puntata in puntata il suo punto di vista sulla vicenda e sulla natura dei personaggi. Oltre a una sceneggiatura intricata e densa di colpi di scena, ciò che rende Evangelion un prodotto davvero innovativo è la presenza di numerosi piani di lettura, più o meno accessibili e diversamente interpretabili a seconda del livello cultu-
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rale e della sensibilità di chi lo guarda. Gli espliciti rimandi all’Antico Testamento (citato in primo luogo nei nomi degli Angeli, tutti tratti dalla Bibbia) e alla cabala sono solamente uno dei molteplici riferimenti che, forse per gioco, gli autori hanno inserito all’interno della loro creazione. L’opera di Hideaki Anno ha rivoluzionato l’animazione creando nuovi topoi, successivamente riutilizzati da molti altri autori, e una maniera innovativa di raccontare una storia: la linearità lascia spazio a un gran numero di simbolismi,
monologhi, elementi psicoanalitici. Questa enorme varietà di influenze che ha stimolato ed esaltato i fan della serie è stata invece aspramente criticata dai suoi detrattori, che la ritengono cervellotica all’eccesso e volutamente inaccessibile. Molto si è discusso sulle possibili interpretazioni di questo lavoro e in particolare sugli episodi finali, nei quali l’animazione è messa da parte e Anno per bocca di Shinji, adolescente disadattato e insicuro, dedica parole di conforto e incoraggiamento a chi come il pro-
tagonista non trova un posto nel mondo. Il regista ha voluto spronare gli otaku a vivere appieno le loro vite oppure è stato costretto a un ripiego dal budget che, a quanto pare, andava esaurendosi? Non c’è modo di saperlo, fatto sta che il successo di pubblico della serie ha garantito il denaro necessario per dare ai fan, infuriati a causa di una conclusione sospesa che sapeva di presa in giro, il finale alternativo che tanto attendevano: The End of Evangelion si sovrappone agli episodi 25 e 26 e chiude la storia in modo più dinamico e de-
finito, ma non per questo privo di ambiguità. Piaccia o non piaccia, Evangelion rimane un lavoro dall’alto livello tecnico, con personaggi forse estremi, ma pur sempre caratterizzati in maniera precisa e approfondita. Si tratta per certo di un’opera di avanguardia, sulla quale si è detto e scritto tanto senza giungere ancora a una definizione univoca e universalmente accettata. In questo senso Anno ha fatto centro: bene o male, l’importante è che se ne parli. Elena Gabrielli
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I “LINGUAGGI DEL FUMETTO” A BOLOGNA www.ababo.it - www.linguaggidelfumetto.it
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ono aperte le iscrizioni per il nuovo anno di “Linguaggi del fumetto”, corso di diploma di secondo livello attivo all’Accademia di Belle Arti di Bologna dal 2009. La scadenza per la presentazione delle domande è il 20 luglio. Il corso, tenuto da professionisti del settore e da artisti riconosciuti in ambito nazionale e internazionale, mira in primo luogo a formare autori completi in grado di confrontarsi con i diversi linguaggi della narrazione per immagini, e le forme con cui questa ha saputo esprimersi fino ad ora, dalla narrazione di fiction a quella autobiografica, dal reportage alle forme di contaminazione con l’illustrazione, la grafica, il disegno e l’arte contemporanea, pur nella valorizzazione dello specifico linguistico, artistico e narrativo propri del fumetto. Il corso da una parte è il logico completamento del triennio di “Fumetto e Illustrazione” inaugurato nel 2004 - primo e unico di questo genere nelle Accademie italiane ma dall’altra è aperto a studenti che hanno desiderio di costruire una propria identità artistica nell’ambito nella narrazione a fumetti. Particolare attenzione si darà alla costruzione di una poetica personale di
ogni singolo studente, attraverso i più diversi stimoli culturali e un esercizio continuativo nei laboratori, e all’analisi approfondita di tutte le fasi in cui si articola la creazione di un fumetto dall’ideazione al soggetto,
dalla sceneggiatura alla realizzazione e pubblicazione. I diplomati del corso specialistico hanno l’opportunità di proporsi sul mercato internazionale sia come fumettisti sia come collaboratori in re-
altà editoriali. Oltre ai diversi ambiti specifici legati al medium fumetto sceneggiatura, lettering, colorazione tradizionale e digitale, character design - potranno trovare sbocchi professionali nella comunicazione vi-
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immagini siva (manifesti, coordinate), locandine, pubblicità nella immagini coordi(layout enate), storyboard) nella pubblicità e nel (layout edel settore storyboard) cinema e nel settore del cinema d’animazione. d’animazione. “Linguaggi del fumetto” è"Linguaggi aperto a del tuttifumetto" gli stuè aperto denti europei a tuttiingli posstudenti europei sesso di un Diploma in possesso di un Diploma Accademico o di LauAccademico rea di I° livello o di e stuLaurea diprovenienti denti I° livello e studa denti extracomunitari paesi provenienti da paesititolo con extracomunitari di studio con titolo die studio equiparato riconoequiparato e riconosciuto. Ilsciuto. corso prevede un nuIl corso mero programmato prevede un nudi mero 20 allievi. programmato di 20 allievi. L’ammissione L’ammissione è suborè subordinata dinata a un colloquio a un colloquio attitudinale attitudinale in cui prein cui presentare sentare il proprio il procurprio curriculum riculum di studi ediun studi e undei portfolio portfolio propri dei lapropri lavori. È prevista vori. Èl’eventuale prevista l’eventuale attribuzione di crediti e debiti attribuzione di crediti for- e mativi formativi debiti agli studenti agli in relazioneinairelazione studenti percorsi ai di studio effettuati. percorsi di studio effettuati. GS Staff LDF Staff
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NOVITA’ SHOJO “STAR COMICS”: LUGLIO 2012 www.starcomics.com
LDK, un nuovo manga per Ayu Watanabe. SHOT 157 LDK 1 Ayu Watanabe 11,5 x 17,5, B, 176 pp, b/n, € 4,30 Dopo T.V.B., l’autrice si cimenta in una nuovo shojo divertente e brillante, per dimostrarci che, spesso, il destino è beffardo! I due protagonisti della serie, Aoi Nishimori e Shusei Kugayama, ne sanno qualcosa a proposito... sono la testimonianza vivente di come il fato si prenda gioco di noi! Inizialmente nemici, i due ragazzi si ritrovano, per una serie di circostanze fortuite a dover condividere non solo la stessa scuola... non solo la stessa via ma, addirittura, la stessa casa! L’opinione che Aoi ha dell’altezzoso principe della scuola, non è delle migliori ma, chissà se dopo averlo conosciuto meglio, resterà ancora dello stesso parere? C’è un unico modo per scoprire come andrà a finire questa strana relazione. Dal 18 Luglio, ogni mese in edicola e fumetteria, vi aspetta il primo numero di LDK solo su SHOT. L•DK © Ayu Watanabe/Kodansha Ltd
RUNWAY LOVER: amicizia-successoamore... la combinazione vincente per una nuova miniserie! AMICI 177 RUNWAY LOVER 1 Yuka Shibano, Wataru Tanaka 11,5 x 17,5, B, 176 pp, b/n, € 4,30 Una nuova miniserie, di soli tre volumi, vi trascinerà nel mondo della moda ma, soprattutto, vi stupirà con una storia emozionante. In un mondo fatto di lustrini, paillettes, apparenza e rivalità, è difficile riuscire a conciliare le tre variabili della vita: amicizia, amore e successo... anzi, è quasi impossibile! Yui Nizato é la modella più popolare del Giappone e Aki Yanagida è la sua degna erede, ma la loro amicizia è sincera, nonostante tutti le vorrebbero rivali. Entrambe sono belle, entrambe sono apprezzate dal pubblico... perchè dovrebbero odiarsi? C’è solo una cosa che potrebbe incrinare il loro legame: l’amore. Dal 25 Luglio il primo numero di RUNWAY LOVER, sarà disponibile in tutte le fumetterie. La serie avrà cadenza bimestrale e sarà pubblicata nella testata AMICI. La serie avrà cadenza bimestrale e sarà pubbli-
cata nella testata AMICI. RUNWAY NO KOIBITO © 2011 Yuka SHIBANO,Wataru TANAKA/Shogakukan Inc.
BABIL II: THE RETURN STORIE DI KAPPA 205 BABIL II - THE RETURNER Mitsuteru Yokoyama, Takashi Noguchi 13x18, B, 224 pp, b/n e col., Sovracoperta, € 5,90 Solo in fumetteria 2010, mare dell’Alaska. Un oggetto non identificato, simile a un’astronave ma anche a una creatura mostruosa, viene attaccato dall’esercito americano con ogni mezzo disponibile... Con l’unico risultato di scatenare una violenta e devastante controffensiva. Più o meno nello stesso momento, a Tokyo, un ragazzo e una pantera si preparano a una nuova battaglia... La storia di Babil II, al secolo Koichi Yamano, riprende da dove l’avevamo lasciata ormai quarant’anni or sono. Il successore dell’alieno Babil I, che cinquemila anni fa costruì la Torre di Babele per fermare l’avanzata del perfido Yomi, è tornato insieme ai suoi tre servitori, Po-
seidon, il re dei mari, Ropross, il re dei cieli, e la fedele pantera Rodem. I poteri sono gli stessi, ma i tempi sono cambiati: in questa nuova avventura il nemico sembra essere nientemeno che l’America, la quale, interessata alle futuristiche tecnologie aliene che la Torre di Babele dovrebbe custodire, sta dando la caccia a Babil II con una speciale squadra di supersoldati creati proprio grazie al sangue di Koichi! Tra il nostro eroe e gli Stati Uniti inizia dunque una vera e propria guerra senza esclusione di colpi, combattuta per le strade di Tokyo. Ovviamente anche Yomi avrà un ruolo in questo conflitto, ma forse non quello che ci si aspetterebbe... Già autore di titoli storici come Super Robot 28 e Sally la maga, Mitsuteru Yokoyama ci presenta il sequel di una serie leggendaria nata nel lontano 1971 e conosciuta in Italia grazie al cartone animato Babil Junior. Per i nostalgici e per i nuovi fan, un classico moderno assolutamente da non perdere, dal 21 giugno in fumetteria! BABEL 2sei The Returner © 2010 HIKARI PRODUCTION © 2010 TAKASHI NOGUCHI(AKITASHOTEN JAPAN SC Staff
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ECCO IL PROGETTO “G.A.U.R.R.U. - Z” www.daedalusflight.com/gaurruz/gauz-ep01-page01.html
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rima di tutto un saluto ai lettori di JAPANIMANDO, sono Giuseppe Ruiu, insieme a Antonio Porcu e George Kowalsky siamo il Team di Base Talo - autori ed illustratori di Gaurru-Z - e vorrei parlarvi del nostro fumetto. G.A.U.R.R.U. (l’acronimo significa “Gnosis Alien Ultimate Resistance Robotized Unit” cioè “unità robotica di Gnosis per l’estrema resistenza agli alieni”, la “Z” finale invece è il cognome del suo creatore, ovvero il Professor Zuddas, come tradizione dell’industria aeronautica italiana) rappresenta il mio personale omaggio ai manga e gli anime che amavo da piccolo e che mi ha influenzato profondamente. Penso ad autori come Go Nagai, Hiroki Endo,Satoshi Kon, Makoto Yukimura, e nel campo dell’animazione ovviamente Hayao Miyazaki, Hideaki Anno e Rin Taro. Come mi è venuta l’idea di realizzare un fumetto
di robot ambientato in Italia, con precisione in Sardegna? Dobbiamo andare indietro fino al 2003. L’idea nacque durante la visione di una mostra. Il pittore aveva dedicato i suoi quadri alla ripresa degli stili della storia della pittura, ma c’era una variante: i personaggi erano tutti vestiti con i costumi sardi. L’intento dell’artista di operare una riappropriazione culturale, ovvero di fare propria la storia e gli stili della pittura vestendo il mondo con i colori e con le forme della Sardegna, mi ha fatto pensare che si sarebbe potuta fare la
stessa cosa con i manga; in quel momento è apparso nella mia mente un nome: Gaurru-Z. Ma ovviamente questo non era che l’inizio: c’era da lavorare molto sui personaggi e sulla storia. Alcuni dei protagonisti più importanti sono: Il Professor Bachisio Zuddas, progettista di Gaurru-Z, brillante scienziato, ha studiato in Giappone ed è stato nell’equipe del Dottor Procton; Ryo Murtas, il pilota del robot, cresciuto nel Paese del Sol Levante, ha frequentato l’Accademia Aeronautica Militare Italiana, eccellente pilota,scavezzacollo, gli piace darsi della arie,
ed è uno che sa divertirsi, specie con le ragazze; Naki Nono, discendente di antica famiglia samurai, seguace del bushido, addestrato in una grande varietà di arti marziali ed esperto nella spada, è anche amico fraterno del Professor Zuddas e le famiglie di entrambi sono legate da un antico patto d’onore. Ci sono altri personaggi importanti nella storia, e speriamo che vorrete scoprirli leggendo il fumetto. Volevo che il fumetto ricordasse un poco i robottoni di Go Nagai – Mazinga, Getter Robot, Goldrake, Gundam – ed un degli aspetti più affascinanti delle storie erano i nemici, così ho pensato di introdurre gli alieni Burdiani: gli invasori della Terra e gli avversari del nostro robot. Lo scopo dell’invasione dei Burdiani è impossessarsi di un segreto nascosto sulla Terra che potrebbe dar loro un enorme potere.
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La minaccia alla Terra viene scoperta quando una sonda della NASA rileva una fortezza aliena sul pianeta Mercurio. La sonda viene distrutta, ma fa in tempo ad inviare delle immagini. Da qui prende avvio la costruzione di Gaurru-Z a Base Talo, avamposto militare sotto egida NATO, realizzata per proteggere il segreto di Gaurru-Z e come fortezza con le risorse necessarie per combattere i Burdiani. Gnosis, un gruppo di potere che riunisce governanti del
mondo, autorità religiose e figure influenti, insomma una sorta di ONU occulto e segreto, è il finanziatore del progetto. Gnosis è anche l’ultimo baluardo della Terra contro i Burdiani, perché l’arrivo degli alieni è stato previsto da certi documenti segreti. Spero d’avervi incuriosito e d’avervi fatto venire voglia di leggere Gaurru-Z, e ringrazio JAPANIMANDO per lo spazio concessomi. Giuseppe Ruiu (Team Base Talo)
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LORD OF RINGS: L’IMPETUOSO ARAGORN Gruppo su Facebook: I FUMETTI SONO UNA COSA SERIA!
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el variegato universo immaginato da J.R.R. Tolkien per la sua straordinaria saga fantasy, gli Umani sembrano avere un ruolo abbastanza marginale. Il mondo di Arda, La Terra di Mezzo, è popolato da creature molto più potenti e nel conflitto eterno tra le forze del Bene e quelle del Male, il loro peso sembra trascurabile. Eppure, a ben vedere, non è affatto così. L’Opera di Tolkien affida agli Uomini un ruolo molto importante, quello di incarnare i sentimenti, da quelli più nobili ed eroici a quelli più perfidi e biechi. I valori e i vizi degli Umani rappresentano una sorta di linfa vitale che irrora tutte le pagine della saga, sono la componente imperfetta che rende credibile la trama. Certamente uno dei personaggi cardine del Signore degli Anelli è un umano, Aragorn, e la nostra razza non poteva ambire ad un rappresentante migliore. E’ un eroe dal volto pulito ma dall’animo tormentato, un uomo selvaggio ed impetuoso in battaglia che sa ancora riconoscere la dolce tenerezza dell’amore! Aragorn è re fin dal suo nome (Secondo le regole di Tolkien, infatti, il prefisso Ar- o Arancompare nelle persone o nelle cose che in qualche
Casata: i frammenti della spada Narsil con la quale il suo avo Isildur aveva reciso il dito di Sauron che portava l’Unico Anello). Nella sua permanenza a Gran Burrone, Aragorn incontra per la prima volta Arwen l’incantevole figlia di Elrond. Tra i due nasce subito l’amore ma il giovane eroe deve allontanarsi per svolgere una serie di missioni al servizio del re degli Elfi nel corso delle quali si guadagna l’appellativo di Ramingo. Mentre è sulle tracce dell’inquietante Gollum, incontra il potente mago Gandalf il Grigio e ne diventa grande amico... Sarà modo sono legate alla nobiltà) ed è l’ultimo discendente diretto di Isildur, il fondatore del Regno di Gondor. I suoi genitori sono Arathorn II che venne ucciso mentre inseguiva una banda di Orchi in quella che era, in realtà, una congiura di palazzo e Gilraen che per proteggere il figlio da una sorte simile lo affidò al Monarca degli Elfi di Gran Burrone, Elrond, chiedendogli di tenere celate al figlio la sua vera identità e la sua eredità regale. Soltanto quando il ragazzo raggiunge la maggiore età, Elrond rivela a Estel (nomignolo con il quale è cresciuto tra gli Elfi) il suo vero nome e gli consegna il simbolo della sua
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lo stregone a consigliargli di tenere d’occhio la Contea degli Hobbit perché proprio gli abitanti di quel luogo diventeranno presto una pedina fondamentale nel gioco di guerra e morte che coinvolgerà l’intera Terra di Mezzo. Ombre oscure si addensano sui cieli di Arda: le devastanti forze del Male guidate da Sauron e dai suoi sgherri hanno ripreso la loro opera al servizio del caos. Aragorn, che nel frattempo ha adottato lo pseudonimo di Grampasso, torna momentaneamente a Imladris (Nome elfico per Gran Burrone) per chiedere in sposa Arwen. La Principessa accetta di buon grado e gli sussurra una promessa di eterno amore. Anche il padre Elrond benedice il legame ma il matrimonio potrà avvenire solo quando Aragorn avrà reclamato la corona dei Regni del Nord e del Sud. L’eroe è riluttante, sa cosa la sete di potere può causare agli uomini e tiene racchiuso nell’animo il pensiero dell’arroganza di re Isildur (che, dopo aver sconfitto Sauron, aveva voluto tenere per sé l’Unico Anello) ma si rende conto che solo rivendicando il suo trono potrà riportare la pace tra i popoli della Terra di Mezzo. Aragorn ha ormai 87 anni ma il suo aspetto è ancora quello di un quarantenne ed il suo vigore non è minimante
scalfito dal tempo... Ora lo aspetta l’impresa più dura di tutta la sua vita... C’è un solo modo per annientare il potere dilagante e corruttivo di Sauron: la distruzione dell’Unico Anello tra le fiamme del Monte Fato. Nella taverna del Puledro Impennato”, Grampasso si trova davanti 4 creature apparentemente goffe ed insignificanti... I loro nomi non hanno nulla di epico, Pipino, Merry, Sam e Frodo, il depositario dell’Anello ma sulle loro fragili spalle pesa il destino del Mondo. Le vicende della Compagnia dell’Anello sono ben note. I quattro Hobbit, l’elfo Legolas, il Nano Gimli, lo stregone Gandalf membro dell’antica genia degli Istari e i due Uomini, Boromir e Aragorn dovranno vedersela con Troll, Orchi, Uruk-hai e mille altre creature tanto fantastiche quanto ostili. Nel corso del viaggio, ancora una volta, Aragorn dovrà assumersi tutte le sue responsabilità, respingendo l’offerta di amore della bella Eowyn in nome della promessa fatta ad Arwen o scatenando sulla Terra l’Armata dei Morti (Alla quale restituirà l’onore e la pace eterna) che riconoscerà la sua autorità solo quando lo vedrà impugnare Anduril la spada riforgiata dagli Elfi utilizzando i frammenti di Narsil e dovrà impegnarsi allo spasimo in combattimenti ogni volta più
cruenti. Morte e vita si intrecceranno in una danza senza respiro fino al felice epilogo in cui Sauron e le sue orde demoniache vengono annientati e il malefico Anello viene finalmente distrutto. Con la sconfitta di Sauron, Aragorn può essere incoronato Re di Gondor e di Arnor assumendo il nome di Elessar e, quel che più conta, può mantenere l’antica promessa fatta ad Arwen che per lui ha rinunciato all’immortalità. Il matrimonio viene celebrato e presto dal loro amore nasceranno due figlie ed un erede maschio: Eldarion. Un giorno, però, la storia terrena di Aragorn si interrompe per sempre. Il Re ha avuto in dono la capacità di poter sce-
gliere la data della sua morte e la esercita. E’ il suo ultimo atto d’amore verso Arwen Undòmiel perche non vuole che lei lo veda “appassire e cadere dal mio alto trono impotente e irragionevole”. Dopo aver passato lo scettro regale al figlio Eldorien, a 209 anni “decide” di morire. Arwen non resisterà al dolore, raggiungerà Lothlorien, la terra che gli Elfi hanno ormai abbandonato e l’inverno dopo si lascerà morire su quello stesso colle su cui si erano giurati amore eterno tanti anni prima... Una meravigliosa storia d’amore che è uscita dalle nebbie del mito per entrare nell’immaginario di tutti noi! Pietro Zerella
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E’ IN ARRIVO “L’INCANTEVOLE CREAMY”! http://iacobellieditore.it
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arimpampum! E il libro eccolo qua! “Mahou no Tenshi Creamy Mami” (l’angelo magico Creamy Mami) è un serial animato del 1983 che rappresenta uno snodo all’interno della storia dei disegni animati giapponesi. Costituisce lo spartiacque tra il precedente modo di concepire l’animazione ed uno innovativo, sia dal punto di vista grafico che di contenuti, gettando le basi per successive tipologie di “anime”. A distanza di anni conta sempre migliaia di appassionati, collezionisti ed estimatori in tutto il mondo. Un classico intramontabile che ha guidato la nostra generazione nel cammino di crescita invitandoci a credere nella magia per meglio amare la realtà e noi stessi. La tanto attesa prima guida monografica italiana sulla dolcissima Creamy è finalmente disponibile per Iacobelli Editore all’interno della collana “I Love Anime”. L’uscita in tutte le librerie
e fumetterie è prevista per il mese di Luglio ma il volumetto è già preordinabile on line. L’autore Fabio Cassella, grande fan de “L’incantevole Creamy”, ha curato nei minimi dettagli ciascun aspetto della più celebre majokko dello Studio Pierrot. Questo volume offre una panoramica sulle varie sfaccettature del “fenomeno Creamy Mami”: dagli OAV ai manga, da un corposo servizio sul merchandising fino all’intervista alla doppiatrice italiana del personaggio in ben 128 pagine a colori davvero imperdibili! Un modo simpatico per ripercorrere i piacevoli momenti trascorsi in compagnia della magica Creamy e, allo stesso tempo, scoprire nuovi interessanti aneddoti. Portatelo con voi sotto l’ombrellone per una “magica” vacanza! Sarà il libro dell'estate per tutti i gli otaku! Vincenzo D’Amico
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TARZAN: LA STORIA DI UN MITO
Gruppo su Facebook: I FUMETTI SONO UNA COSA SERIA!
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ue nobili coniugi inglesi, John Clayton Greystoke, un gentiluomo dell’Ufficio per gli Affari Coloniali, e la sua giovane moglie incinta Alice, si ritrovano soli e sperduti sulla costa africana per l’ammutinamento dell’equipaggio che guidava la loro nave, il Fuwalda. Alla nascita del loro unico figlio, le avversità della situazione indeboliscono a tal punto la salute della giovane madre che essa muore, lasciando Lord Greystoke in uno stato di profonda prostrazione. Quando i gorilla della foresta, guidati dal capobranco Kerchak, attaccano la capanna, per paura di quell’umano dalla pelle bianca che aveva ferito molti dei loro compagni con il suo fucile, anche Lord Greystoke soccombe accanto alla sua
sposa da poco defunta, ma il bambino viene salvato da Kala, la grande scimmia, che ha da poco perso il suo vero figlio a causa di un attacco dello stesso Kerchak.
Il piccolo viene chiamato Tarzan, cioè “Pelle Bianca”, in un’ipotetica e fantasiosa lingua scimmiesca; cresce tra le scimmie, imparando il loro linguaggio e, soprattutto, il
modo corretto per sopravvivere nella giungla e salvarsi dai pericoli che essa nasconde. Ma la sua intelligenza gli permette di superare ben presto le capacità limitate delle scimmie, e grazie agli abecedari trovati nella capanna dei suoi veri genitori, il bambino impara a leggere e a scrivere (ma non a parlare) inglese. La sua forza ed il suo coraggio, esaltati dall’intelligenza che gli permette di imparare da solo ad usare pugnale, arco e frecce, gli permettono di spaventare le locali tribù umane, sconfiggere Kerchak e di essere proclamato Re delle Scimmie. Comincia così, Tarzan of the Apes, scritto nel 1912. E a partire da questa storia che numerose opere cinematografiche e dei fumetti che riprendono Tarzan sono apparsi, snaturando spesso il racconto originale. Il suo autore, Edgar Rice Burroughs fa parte della schiera degli autori d’avventura più letti nella storia della narrativa mondiale: oltre che a quello di Tarzan è stato il creatore di una serie di cicli narrativi fra i più amati della Letteratura di ogni tempo. Figlio di un fabbricante di batterie, Edgar Rice Burroughs nasce il giorno 1 settembre 1875 a Chicago; dopo aver frequen-
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tato diverse scuole private si arruola dapprima nella U.S. Cavalry, per poi cimentarsi con sua scarsa soddisfazione nelle professioni di minatore, poliziotto ferroviario e venditore in un Drugstore. Nel 1911 tenta di far decollare un’impresa per la vendita di temperini, ma senza successo. Un fallimento che avrà conseguenza amare sul suo carattere, tanto da indurlo al suicidio. Fortunatamente la pubblicazione del suo primo romanzo lo spinge a desistere dall’insano gesto e così nel giro di pochi anni riesce a emergere come scrittore di romanzi d’avventura e di Fantascienza, Durante gli Anni ‘20 e ‘30 il successo che incontra come autore è a dir poco strepitoso tanto che fonda una propria società, la "Edgar Rice Burroughs Incorporated" (ERB Inc.), finalizzata alla pubblicazione dei suoi scritti. Successivamente anche Hollywood contribuisce ad aumentare la sua fama con svariati film dedicati a Tarzan, il suo personaggio più noto. Negli ultimi anni Edgar Rice Burroughs si dedicherà soprattutto alla politica. Il 19 marzo 1950 muore nel suo Ranch dal fantasioso nome di “Tarzana”, in California, lasciando ai suoi figli un’eredità di oltre dieci milioni di dollari. “Tarzan delle scimmie” sulla rivista All-Story Magazine con il quale Bur-
roughs iniziò il fortunatissimo ciclo dedicato alle avventure di Tarzan, e che rappresentò la principale fonte della sua fortuna. Le avventure di Tarzan comprendono 25 romanzi, l’ultimo dei quali scritto da Fritz Leiber, tradotti in più di 60 lingue, oltre ad altre cinque opere legate al mondo di Tarzan e non firmate da Burroughs, e almeno 30 film. Inoltre hanno ispirato una non precisata quantità di fumetti, telefilm e cartoni animati. Durante le varie avventure Tarzan sarà impegnato in difesa del suo regno, lottando contro ogni forma d’ingiustizia soprattutto contro i cacciatori bianchi, le tribù africane aggressive e crudeli, e contro ogni individuo che mette in pericolo l’esistenza della giungla e dei suoi amici animali. Molte delle sue avventure sconfinano anche nella fantascienza e nel mistero, combattendo contro le scimmie antropomorfe, improbabili piante carnivore, alieni. La fortuna di Tarzan, tuttavia, non risiede solo nelle storie, avventure mozzafiato che miscelano sapientemente l’avventura classica e la fantascienza, ma anche nello stile adottato da Burroughs, che fa della semplicità della scrittura il cardine dei suoi romanzi, ottenendo facilmente un forte legame con il lettore ed una più facile identificazione con personaggi che normalmente
non fanno parte del vivere quotidiano. Gran parte della notorietà di Tarzan si deve senza dubbio anche alle sue versioni cinematografiche. Proprio il carattere esotico e delle sue avventure che ha interessato il cinema fin dall’epoca del muto. Infatti il primo film dedicato a Tarzan è del 1918, Tarzan of the Apes, di Scott Sidney, con Elmo Lincoln. A questo seguirono altri sette film fino a Tarzan l’uomo scimmia (Tarzan, the Ape Man, 1932), per la regia di W.S. Van Dyke, primo film sonoro, dove ad impersonare l’Uomo Scimmia è Jonas Weissmuller che rappresenta nell’immagi-
nario collettivo il “volto ufficiale” del mitico eroe della jungla allevato dalle scimmie. Raoul Walsh vero nome di Jonas Weissmuller è infatti l’attore che ha prestato per più di quindici anni volto, ma soprattutto fisico, al Tarzan hollywoodiano. La leggenda era già nel dna dell’interprete: il piccolo Raoul aveva una corporatura talmente debole da indurre i medici che lo visitavano a consigliargli un’intensa attività fisica, creando i presupposti di una sfolgorante carriera sportiva.Poco più che ventenne Raoul dominò la scena olimpionica di nuoto - cinque volte cam-
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pione dal ‘24 al ‘28 - e fu anche il primo nuotatore al mondo a scendere sotto il minuto nei cento metri. All’età di 26 anni Walsh abbandona lo sport agonistico per trasferirsi al mondo dello spettacolo. Nel passaggio cambia nome, per diventare Jonas Weissmuller. Dopo alcune piccole apparizioni in cortometraggi e in qualche spot pubblicitario nel 1932 la MGM lo sceglie all’ultimo momento per interpretare Tarzan, in sostituzione di Herman Brix, infortunatosi in un incidente. Weismuller non si distinse di certo per le abilità interpretative, nonostante ciò il grande pubblico si affezionò subito a questo ragazzone impomatato, dolce e generoso, che forse proprio per i limiti recitativi riusciva involontariamente a portare sul grande schermo tutta l’ingenuità del Re della jungla. Gli stessi limiti lo imprigionarono per tutta la vita nel ruolo di Tarzan: Weissmuller infatti non riuscì mai ad interpretare con successo un personaggio diverso da questo. Johnny Weissmuller fu affiancato dalla bella Maureen O’Sullivan nella parte di Jane e insieme interpretarono una delle più belle serie cinematografiche riguardanti questo personaggio. La fortuna cinematografica di Tarzan continua fino agli anni ‘80 e ad interpretare il ruolo del
Re della Giungla si susseguirono altri interpreti come Lex Barker, Gordon Scott che impersoneranno Tarzan per rispettivamente cinque e sei volte, fino a Christopher Lambert che interpreterà nel 1984 “Greystoke - La leggenda di Tarzan, il signore delle scimmie” per la regia di Hugh Hudson, Molto vicino alla trama del primo romanzo di Burroghs, il Tarzan di Lambert risulta anni luce distante dai suoi predecessori, facendo risaltare il lato selvaggio del Signore della Giungla che non esita a tornare a casa dopo aver compreso cos’è la cosiddetta civiltà. Quando nel 2000 arriva la versione di Tarzan della Walt Disney gli autori del film d’animazione si ispirano principalmente proprio ai tratti somatici di Christopher Lambert mentre i movimenti sono più simili a quelli "gobbi" delle scimmie che non a quelli imperiosi dell’uomo nella sua andatura eretta. A differenza dei fumetti, dei films e dei precedenti cartoni, nel film d’animazione della Disney, Tarzan è allevato dai gorilla di cui si è curato molto il loro sguardo “umano” e la loro caratterizzazione. Oltre agli spettacolari scenari, molti dei quali realizzati grazie all’uso della computer grafica, si rimane impressionati dalla dinamicità delle scene. Tarzan passa da un ramo all’altro con una velocità incredibile e con
cambi di scena tali da far girare la testa, sembra quasi un campione di skate-board che corre sugli alberi. Molto divertente e originale è inoltre la buffa caratterizzazione di Jane, non proprio una damigella in pericolo. Finora si contano circa quarantacinque film “autorizzati” su Tarzan senza contare i numerosi Tarzanidi usciti nel frattempo che hanno provato a “cavalcare l’onda” del successo dell’Uomo Scimmia o quelli in chiave comica o parodistica, come Totò Tarzan e George della Giungla. Un personaggio di tale successo non poteva passare inosservato al mondo del fumetto. Infatti vennero realizzati
una serie di fumetti di formato differente. Il primo sbocco fu quello delle strisce a fumetti giornaliere (daily strip), che esordirono nel 1929, a cui nel 1931 si affiancarono le tavole domenicali (Sunday Pages). Questi primi fumetti sul Re delle Scimmie si avvalesero della collaborazione di cartoonist del calibro di Hal Foster, Rex Maxon, Ruben Moreiro, William Juhre, Burne Hogarth, Dan Barry, Bob Lubbers, John Celardo e Russ Manning, l’autore che più di tutti legò il suo nome al mitico personaggio di Burroughs. A lui si devono infatti non solo le storie di Tarzan della Gold Key dal 1965 al 1969 ma anche l’adatta-
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mento a fumetti di dieci romanzi scritti da Burroughs, su testi di Gaylord Du Bois, alcuni dei quali sono stati poi ristampati dalla Dark Horse. Attualmente le strisce continuano, pubblicate dall’United Feature Syndicate, ad opera di Alex Simmons per i testi ed Eric Battle ai disegni. Le strisce possono anche essere trovate on-line su Tarzan daily strip. Anche nel formato più ampio del Comic Book vennero prodotte storie importanti, realizzate, tra gli altri, da grandi maestri come Joe Kubert, Franc Reyes, José Garcia-Lopez e il grandissimo John Buscema. Fu la Dell Publishing, nel 1939, a sobbarcarsi per prima l’onere e l’onore di realizzare questi albi sull’“Uomo Scimmia”. Il compito passò, quindi, nel 1962 alla K.K.Publishing, che pubblicò materiale inedito fino al 1972. Contemporaneamente (dal 1964 al 1965) anche la Charlton Comics presentò materiale su Tarzan. L’eroe di Burroughs passò quindi nelle mani delle case di produzione più importanti: prima la DC Comics, dal 1972 al 1977, quindi la Marvel Comics fino al 1979. Successivamente si assicurò i diritti, fino al 1992, la Malibu Comics che pubblicò una mini serie con una versione violenta e inedita del personaggio di Burroughs. A partire dagli anni novanta il personag-
gio viene edito dalla Dark Horse Comics in maniera pressoché esclusiva fino al 2011 quando la casa editrice statunitense Dynamite Entertainment annuncia il lancio di una nuova serie regolare. Il titolo è Lord of the Jungle e si propone di raccontare la vera storia del Tarzan di Edgar Rice Burroughs senza censure. Il fumetto è infatti indirizzato ad un pubblico adulto e presenta in copertina l’avvertenza Mature (cioè per un pubblico maturo). La vicenda racconta l’abbandono dei coniugi Greystoke nel Congo belgadi fine ottocento e le loro successive tribolazioni compresa la nasce del figlio destinato a diventare il Re della giungla. Gli autori sono Arvid Nelson (testi) e Roberto Castro(disegni). Tarzan è stato anche protagonista di incontri e scontri con altri personaggi dei fumetti e dell’immaginario in genere. Con Superman in un elseworld intitolato Sons Of The Jungle scritto da Chuck Dixon e disegnato da Carlos Meglia e con Batman in Claws of the Catwoman scritto da Ron Marz e disegnato da Igor Kordey. In At the Earth’s Core, Tarzan viene catturato dall’alieno Predator in una storia edita da Dark Horse e scritta da Walter Simonson e disegnata da Lee Weeks. In una mini serie in quattro parti il figlio della giungla incontra
anche Carson di Venere, altro personaggio creato da Burroughs. Per quanto riguarda la serie a cartoni animati, vanno ricordati gli episodi di “Tarzan, il signore della giungla” prodotti dalla Filmation nel 1976 e trasmessi dalla Rai due anni dopo. In questo cartone animato i disegni del personaggio si rifanno molto alla caratterizzazione data da Hogart e Foster. Oltre al tratto pulito e agli sfondi, colpiscono soprattutto la naturalezza dei movimenti del personaggio (per la verità molto ripetitivi), e il fatto che sia una delle produzioni più fedeli ai romanzi di Burroughs tanto che la fedele scimmietta che nei film è rappresenta dallo scimpanzé Chita, puramente inventato, qui è la bertuccia N’Kima. Nonostante l’età, il mito di Tarzan sembra non accenni a tramontare. Infatti è in preparazione una nuova pellicola con la tecnica della motion capture, il procedimento usato per animare Le avventure di Tintin: Il se-
greto dell’Unicorno. La nuova avventura sarà ambientata ai giorni nostri, e Tarzan, è stavolta il figlio di una coppia di miliardari rimasti uccisi dopo un incidente aereo. In questa versione Jane è la figlia di una guida africana, impegnata nella preservazione della giungla. Il cattivo del film sarà il CEO della Greystoke Energies, l’uomo che si è impossessato della compagnia dei genitori di Tarzan, dopo la loro morte. Nell’arco del film Jane e Tarzan faranno squadra per combattere un’armata di mercenari comandata dal CEO. Riuscirà questo nuovo film a rinverdire il mito del Re della Giungla? Alfonso Verdicchio
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FANTATRAILERS: CLICCA SULLE IMMAGINI FREQUENCY - IL FUTURO E’ IN ASCOLTO Titolo originale: Frequency Produzione: New Line Cinema. USA - 2000 Durata: 113 minuti Regia di Gregory Hoblit Prodotto da Bill Carraro, Toby Emmerich, Gregory Hoblit, Hawk Koch Scritto da Toby Emmerich Cast: Dennis Quaid, Jim Caviezel, Shawn Doyle, Elizabeth Mitchell, Andre Braugher, Noah Emmerich, Melissa Errico, Brian Greene. Testo tratto dal lato B del DVD prodotto dalla Warner Bros.: Cosa fareste se poteste tornare indietro nel tempo e cambiare quell’unico evento che ha segnato la vostra vita? Da sempre l’ufficiale di polizia John Sullivan (Jim Caviezel) è tormentato da un tragico evento. Quando un irripetibile fenomeno della natura apre un misterioso canale nel passato, John rimane sconvolto nello scoprire che è in grado di comunicare con suo padre Frank (Dennis Quaid) morto trent’anni prima. Ma cambiando il passato i due hanno meso in moto una serie di brutali omicidi irrisolti, dove la madre di John - moglie di Frank - sarebbe la prossima vittima. In una corsa contro il tempo, padre e figlio devono trovare il modo di fermare il crimine che potrebbe distruggere il futuro di entrambi.
THE ARRIVAL Titolo originale: The Arrival Produzione: Live Entertinement, Inc. USA, Messico - 1996 Durata: 115 minuti Regia di David Twohy Musiche: Arthur Kempei Effetti speciali: Manuel Aguilar Sceneggiatura: David Twothy Fotografia: Hiro Narita Cast: Charlie Sheen, Lindsay Crouse, Richard Schiff, Ron Silver, Teri Polo, Tony T. Johnson, David Villalpando. Testo tratto dal lato B del DVD della CVC: Il radio astronomo Zane Zaminsky (Charlie Sheen) crede di aver captato un rumore cosmico che segnala intelligenze extraterrestri. Tuttavia dopo aver consegnato la cassetta al suo capo Phil Gordian (Ron Silver), Zane viene ferito, la sua ragazza trasferita e il suo partner trovato morto presumibilmente omicida. Nella ricerca disperata di una risposta Zane finisce in Messico dove una pianta misteriosa ha poteri speciali generando una forte elettricità che rende le persone così come sono e non come appaiono. Zane arrestato per l’assassinio di uno scienziato che stava investigando su un imminente disastro ecologico, riesce a scappare portando con sé la prova di un devastante invasore extraterrestre.
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IL CLUB DEI MOSTRI Titolo originale: The Monster Club Produzione: Amicus Production, Sword & Sorcery. USA Gran Bretagna, 1980. Durata: 97 minuti Regia di Roy Ward Baker Cast:Vincent Price, John Carradine, Donald Pleasence, Britt Ekland, Anthony Steel, Stuart Whitman, Richard Johnson, Barbara Kellerman, Simon Ward, Anthony Valentine, Patrick Magee. Testo tratto dal lato B del DVD della Gargoyle Video: Il famoso scrittore di romanzi dell’orrore Ronald Chetwind-Hayes (John Carradine) viene assalito dal raffinato vampiro Erasmus (Vincent Price). Rassicurata la vittima sull’innocuità del suo morso e avendola convinta che questo non la trascinerà nel limbo dei non morti, il vampiro conduce lo scrittore al “Club dei Mostri”, un curioso serraglio di strane creature. Chetwind ha qui la sua fortuna di assistere ai segreti costumi sociali di una disparata quantità di mostri che trascorrono piacevolmente la serata in discoteca ballando e sorseggiando long drinks. La stravagante esperienza diventa per lo scrittore preziosissimo materiale letterario e fonte di grande ispirazione. Fino a quando erasmus finirà per ilustrargli le regole del suo mondo con tre terrificanti ed emblematici racconti...
L’ISOLA DEGLI ZOMBIES Produzione: United Artists, USA - 1932 Durata: 73 minuti Regia di Victor Halperin Cast: Bela Lugosi, Madge Bellamy, Joseph Cawthorn, Robert W. Frazer, John Harron, Brandon Hurst. Testo tratto dal lato B del DVD prodotto e distribuito dalla Ermitage Cinema: “L’isola degli zombies” (“White Zombie”) costituisce il primo autentico zombie-movie, progenitore di decine di film girati negli anni successivi (da Tourneur a Romero), realizzato già nel 1932 dai fratelli Halperin (Victor regista, Edward produttore). Il film è ambientato ad Haiti, tra bambole voodoo e potenti magie nere, dove un superbo Bela Lugosi è il negromante Murder Legendre, un satanico individuo che schiavizza zombie utilizzandoli come manodopera nelle raffinerie di zucchero. In quegli anni, infatti, lo zombie appare soprattutto l’essere privato della propria anima che si distingue per l’andatura rigida e lo sguardo fisso, lontano dai mostri antropofagi nei quali ci si abbatterà in seguito, corpi umani privati della volontà e resi simili ad automi da pratiche stregonesche nella migliore tradizione della macumba caraibica. Nel film di Halperin, un vero “incubo ad occhi aperti”, gli zombie sono schiavi di colore costretti a lavorare nella piantagione anche dopo morti, metafora scoperta di un capitalismo aggressivo e feroce.
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ECCO LO “STAR SHOP VOMERO” DI NAPOLI www.starshopnapoli.it
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iao, sono Gianluca, ho 32 anni e da 2 ho aperto insieme al mio socio Enzo lo Star Shop Vomero a Napoli. Chiedete pure: JAP: Da quanto tempo ti piacciono i fumetti? G.: I fumetti mi sono sempre piaciuti, da quando ho imparato a leggere non ho fatto altro. Ho iniziato con i fumetti della Disney, passando poi a Lupo Alberto e Cattivik, un po’ di Dylan Dog, fino a quando nell’anno 1993 comprai il primo numero delle Bizzarre Avventure di YOYO della Star Comics che mi fece conoscere il magnifico mondo dei manga.
Da lì in poi incominciai a frequentare le fumetterie che, fortunatamente una città grande come Napoli, aveva da offrire, e piano piano mi sono avvicinato anche ai Comics Americani e Inglesi, alla Bande Dessineè francese, e ai fumetti d’autore Italiani. JAP: Com’è nata questa passione? G.: Penso sia nata dalla valanga di cartoni animati che trasmettevano quando io ero piccolo, ovvero negli anni 80. In quel periodo quasi tutte le emittenti nazionali dedicavano varie fasce del giorno ai cartoni animati, dalla mattina alla sera, in più c’erano tante piccole
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emittenti regionali che trasmettevano, a loro volta, anime di tutti i tipi. Io quando ero a casa cercavo di seguirne il più possibile. Ne ero affascinato. La voglia di continuare a seguire quel tipo di storie mi ha poi spinto a comprare i miei primi manga. JAP: Cosa ti ha spinto ad aprire una fumetteria? G. Ho avuto la fortuna di conoscere Enzo, il mio socio, già titolare di uno Star Shop qui a Napoli, che mi ha dato l’opportunità di aprire insieme a lui una nuova fumetteria. Ho lasciato il mio vecchio lavoro rischiando il tutto e per tutto, perché lavorare in questo mondo era stato sempre il mio sogno e non potevo lasciarmi sfuggire questa occasione. JAP: Sei un amante del Cosplay? Cosa ne pensi di questa Cultura? G.: Personalmente non ho mai impersonato nessun personaggio, mi è capitato di accompagnare in giro per Lucca alcuni miei amici che indossavano costumi del mondo di Batman e con mia grande sorpresa mi sono molto divertito a osservarli, mentre riproducevano i movimenti degli eroi della DC ed anche nell’osservare le reazioni dei passanti. Penso che il Cosplay sia una bella cosa che può solo rendere ancora più affascinante il mondo dei Comics e dei manga. Andrea De Rosa
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JRIM & MORENO MON-SAN www.jrimweb.com
Foto: © Moreno
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rock Italian MAGAZINE, questa volta vuole sfruttare lo spazio che gli autori di JAPANIMANDO gli hanno gentilmente offerto, per parlare non solo di JRock ma di tutta la musica giapponese. JRIM porta avanti giorno per giorno quell’obbiettivo comune che unisce tutti gli “addetti al lavoro” della J-Music: “importare” nel nostro paese quella bellissima parte di cultura del Sol Levante che vale davvero la pena di conoscere e amare. Questa volta Aru chan ha colto l’occasione per fare un’intervista ad un suo carissimo “amico” conosciuto proprio grazie all’obiettivo di cui sopra. Lui è Moreno, (Mon-san), fondatore dei gruppi su facebook di “JMusic Generation” e “Japan Universe”. Un appassionato non solo di musica ma di tutta quella affascinante vita oltre oceano dove la cortesia, l’onore e la magia sono nell’anima di un popolo meraviglioso. E’ stato diverse volte in Giappone ed ha avuto la possibilità di andare a diversi live a Tokyo. Ecco perché è davvero interessante parlare con lui e conoscere le differenze o le similitudini che ci sono fra Italia e Giappone. Ciao Mon-san, grazie mille per averci dedicato questo tempo con te. sei pronto a cominciare?
Aru chan: Com’è nata l’idea di formare un gruppo che parlasse solo ed esclusivamente di musica giapponese? Quali sono i tuoi obiettivi principali con il gruppo JMG? Mon-san: L’Italia ha la fortuna di avere una rivista come JRIM-JROCK con relativa Page su Facebook. A mio avviso, mancavano su Facebook delle Page di un certo livello dedicate in modo specifico al J-Pop ed alla JMusic in generale. Per colmare queste lacune ho creato, rispettivamente, “Japan Universe” (JU) e “J-Music Generation” (JMG). Ho fondato JMG assieme a Denise *DeeDee*, una straordinaria ragazza di Torino (il nome l’ha ideato lei). JU e JMG intendono essere, nel
loro piccolo, un ponte tra J-Music/Giappone e resto del mondo. Un ponte non solo musicale, ma spirituale ed etico. Per sottolineare il loro spirito Internazionale, le Page sono scritte in larga parte in inglese. I fan italiani possono scrivere in italiano ed i giapponesi in giapponese. Aru chan: Quali pensi siano le principali differenze fra la musica giapponese e il resto dalla musica asiatica? Mon-san: Dal punto di vista commerciale, l’industria discografica nipponica è seconda solo a quella americana (le due dominano incontrastate l’Asia). Realtà come il KPop hanno potuto emergere grazie ai social network ed ai ben organizzati concerti in Asia ed
in Europa, creandosi uno stuolo di appassionati molto combattivi e devoti nel promuovere il loro genere preferito. Tra i Rock asiatici il J-Rock è largamente prevalente. Il paradigma di ciò può benissimo essere il recente, epico e trionfale Tour dei L’Arc-en-Ciel (Laruku). Per quanto riguarda il Pop, la situazione è più diversificata. Commercialmente, il J-Pop è dominante anche se il K-Pop ha conquistato i cuori di molti fan. Dal punto di vista musicale le differenze sono notevoli. Se escludo grandi interpreti coreani come BoA, artista eclettica e straordinaria, vedo il K-Pop molto più omogeneo come stile musicale. Il J-Pop, che catalizza la maggior parte della mia attenzione musicale, è una Galassia immensa e variegata. La regina indiscussa del JPop “non-Idol” è Hamasaki Ayumi, un personaggio di incredibile spessore e longevità musicale. Personalmente, sono stato per anni un grande fan delle Morning Musume (MM). In questi ultimi anni mi sono appassionato alla 48 Family: uno straordinario successo musicale e commerciale che ha un impatto sociale enorme nella Terra del Sol Levante (e non solo lì). Aru chan: Cosa ti ha fatto avvicinare alla musica giapponese?
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sono, poi, alcune Page carine dedicate a singoli artisti/gruppi, come ad es. la Page dedicata alle Perfume o la Page dedicata agli Zoro. Aru chan: Quali sono i gruppi o artisti J-Rock e J-Pop che pensi possano riscontrare il favore del pubblico europeo ma che ancora non sono arrivati da noi? Mon-san: Gli organizzatori delle Fiere francesi dedicate al Giappone sono incredibilmente perspicaci e lungimiranti nell’invitare gli astri nascenti della JMusic. Al Japan Expo di Parigi sono passate le MM, le AKB48, Wakeshima Kanon, le Passpo e via dicendo. L’anno scorso, a novembre, mentre giravo per Shibuya ed Akihabara per aggiornarmi sui gruppi nascenti, sono rimasto impressionato dalle Gacharic Spin (GS), un gruppo all-girls J-
Rock molto originale ed energico. Orbene, le GS sono state invitate come ospiti d’onore all’edizione di questo mese del JapaNîmes (Nîmes, Francia). Nîmes è una città che non arriva ai 150.000 abitanti ed è riuscita a far debuttare in Europa uno degli astri nascenti del JRock al femminile. Ciò può servire da spunto per molte riflessioni, non credi? Ci sono magnifici gruppi J-Rock ed Osharekei che si potrebbero far venire in Europa a costo contenuto. Giusto per fare un nome, gli Zoro, un gruppo Oshare-kei che, musicalmente parlando, è 10 anni avanti rispetto agli altri (e che Denise adora). Ci sono gruppi J-Pop afferenti ad Hello!Project come le Berryz koubou o le S/Mileage mai stati in Europa che vedo bene come ospiti d’onore di Fiere di un certo rilievo e per
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Mon-san: L’immensa dolcezza del J-Pop, l’energia vibrante del J-Rock e la genialità del Visual in generale e dell’Osharekei in particolare. La prima canzone J-Rock a cui mi sono appassionato è stata “Blurry Eyes” dei Laruku. Ho imparato ad amare il J-Pop grazie a canzoni come “Ai no tane” delle MM, grazie alla dolcezza di Aragaki Yui e Matsuura Aya, grazie alla profonda sensibilità di Yui e Nakashima Mika. Aru chan: A chi ancora non ha mai ascoltato la J-Music, cosa diresti per avvicinarlo ad essa? Che brano useresti come primo ascolto e perché? Mon-san: La musica è qualcosa di estremamente personale. Consiglierei agli interessati di seguire JRIM-JROCK, JMG e JU e di scegliere ciò che preferiscono. Ci
tour. Ci sono le SKE48 che vedo bene al JE, le NMB48 che vedo bene per Eventi con budget non eccessivi. C’è Olivia Inspi’Reira e, perché no, le Buono! (che, in fin dei conti, hanno un nome italiano) che potrebbe essere invitata ad eventi tipo Lucca Comix and Games. Ma la lista è molto lunga e mi scuso se non posso citare tutti. Aru chan: Sappiamo che sei stato a diversi concerti sia in Europa sia in Giappone, puoi parlarci un po’ delle tue impressioni confrontando le due diverse esperienze? Mon-san: L’organizzazione, l’ordine e la compostezza tipiche della società nipponica si riflettono anche sui concerti che si tengono in Giappone. Se si escludono certi live che si tengono nel tessuto urbano stesso delle megalopoli nipponiche, come lo è stato il “NANA Day”, i posti sono rigorosamente tutti a sedere. Il pubblico è estremamente caloroso ma non esagitato, il rispetto è totale. Gli artisti J-Pop/Idols, davanti al loro pubblico domestico, sono più sobri e composti. Ho avuto la fortuna di vedere Suzuki Airi (°Cute/Buono!), Natsuyaki Miyabi e Tsugunaga Momoko (Berryz koubou/Buono!) sia ad Ichikawa-shi (una delle città satelliti dell’immensa Tokyo) che al Moulin
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Buono! con Airi, Miyabi, Momoko veramente scatenate. Indimenticabile Suzuki Airi che, inneggiata dai cori dei giapponesi in trasferta (a cui mi sono aggregato), veniva a “gasarci” ed ad incitarci, in mini-pantaloncini e stivali sopra il ginocchio, abbandonandosi anche ad improvvisate mosse di karate. Le ragazze hanno dato il massimo, con calore e con passione. Uno dei più bei concerti della mia vita. Aru chan: JMG assieme al JRIM nel periodo di massima attenzione rivolta al Giappone e allo Tsunami, si sono alleati e battuti insieme per riportare il più fedelmente possibile la verità di quei momenti, riportando anche commenti e petizioni che
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Rouge di Parigi. A Tokyo ho aspettato mezz’ora di fila ed avevo il mio posto a sedere, accanto al mio amico Junya, grande fan delle Berryz. Il pubblico sembrava un’entità unica, un’unica voce possente, il che era parecchio emozionante. Le artiste erano elegantissime, impeccabili e composte. Stupende, quando sono apparse vestite tutte con lo yukata. A Parigi mi sono fatto 4 ore di fila all’addiaccio (certi ne hanno fatte 10-15 di ore) ed era nel solito stile “chi prima arriva meglio alloggia” che, personalmente, aborrisco. Ma si è subito capito che si trattava di un concerto che sarebbe rimasto nella storia del J-Pop. Si è instaurato un feeling sinergico tra il pubblico e le
gli artisti giapponesi pubblicavano sul web. Cosa ricordi esattamente di quei momenti? Hai notato un cambiamento nel modo di fare musica dei giapponesi da quell’11 marzo? Mon-san: Provo una stretta al cuore quando ripenso a quei terribili momenti. Grazie ad Internet, l’unica invenzione che ha contribuito ad un concreto progresso dell’Umanità negli ultimi 20 anni (ed ai social forum), ci siamo impegnati a divulgare i link ed i numeri verdi dove fare le donazioni ed ad informare, senza inutili e vergognosi catastrofismi, su ciò che realmente succedeva in Giappone. Abbiamo dimostrando, pubblicando una marea di dati presi da varie fonti (e di filmati in tempo reale delle webcam) che Tokyo non era né radioattiva (i valori erano inferiori a quelli di Roma) né evacuata come strombazzavano certi squallidi giornalisti da quattro soldi. La partecipazione e la solidarietà degli artisti giapponesi nei confronti dei loro connazionali è stata commovente. “Ai wa katsu” (l’amore vince), una stupenda canzone di Kan, è diventata “l’inno alla rinascita” per tutto il Giappone ferito. Permettimi di spendere una parola di immensa gratitudine per Miyavi, per tutto ciò che ha
fatto. E’ una persona di fronte a cui m’inchino. Seguendo costantemente l’NHK, ho identificato in Sashihara Rino delle AKB48, una ragazza divertente, incredibilmente empatica con i suoi connazionali ed amatissima da bambini, adulti e nonni, il volto solare, fiero ed ottimista dell’indomabile Giappone che non si arrende mai. Aru chan: sei stato in Giappone da poco. Hai avuto occasione di parlare con qualcuno dell’11 marzo, pensi ci sia altro da dire in proposito che ancora non è stato detto? Mon-san: Ricordo che i ringraziamenti del mio amico Junya, a nome del suo popolo, per il nostro supporto, mi hanno fatto venire gli occhi lucidi. Io credo che la natura sia a volte brutalmente spietata ma che lo spirito nipponico sia più forte. Per quanto il Giappone sia organizzato, efficiente e potente, gli aiuti arrivati da tutto il mondo hanno contribuito sia a livello economico che, soprattutto, a livello psicologico. L’affetto e l’amore che hanno ricevuto da tutto il Pianeta è stato loro di grande conforto. Aru chan: Inevitabile a questo punto parlare di uno dei più famosi e grandi compositori del mondo, Ryuichi Sakamoto. Ha tenuto qui in Italia alcune date di recente. Sappiamo che
contraffazione" ai lettori di Japanimando e del JRIM? Mon-san: Entrambi amiamo il Giappone, la sua gente, le sue tradizioni, la sua cultura, la sua musica. Punto cruciale dell’essenza nipponica è il senso dell’onore e l’integrità. Semplicemente, trovavo insopportabile che sui siti di aste online si vendessero, come originali, autografi di Idol nipponiche che invece erano platealmente falsi. Non è solo questione di danno economico bensì è anche una questione di danno all’immagine di un popolo. Si sa bene quali sono i principali falsificatori a questo mondo. Di certo non sono i giapponesi. Ho, perciò, creato un Album su JU in cui spiego come distinguere gli autografi originali delle AKB48 più famose da quelli falsi. Essendo il felice proprietario di 22 autografi di cantanti della “48 Family” ho un po’ di esperienza in merito. Mi ha fatto piacere ricevuto e-mail di ringraziamento da parte di alcuni com-
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sei stato al suo concerto a Padova. Puoi parlarcene? Mon-san: Sakamoto è capace di proiettarti in altri livelli di realtà con una maestria ed una magia incomparabili. Le corde del suo pianoforte entrano in sintonia con le corde della mia anima ogni volta che lo ascolto. Ha fatto un sintetico e pacato ma intenso discorso al pubblico. Ci ha raccontato dei grattacieli di Shinjuku che oscillavano come canne di bambù durante il grande terremoto del Tohoku. Ha elogiato il Popolo italiano per la scelta sul nucleare. Scelta che io condivido, alla faccia dei “profeti dell’atomo” più o meno “interessati”. Aru chan:Altro argomento che ci sta a cuore del quale abbiamo parlato recentemente io e te. Mi riferisco alla contraffazione degli autografi degli artisti giapponesi. Cosa succede esattamente? Puoi spiegare un po’ in cosa consiste la tua "battaglia anti
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mercianti giapponesi che operano attraverso la rete. Aru chan:Ti stiamo facendo forse troppe domande, ma crediamo sia davvero una buona occasione per parlare di più cose e stuzzicare un po’ la curiosità di tutti quelli che ancora non conosco la J-Music ed alcune realtà appartenenti al Giappone. Quindi ora ti chiediamo, c’è qualcosa in particolare di cui ti piacerebbe parlare e condividere con noi? Mon-san: Vorrei aggiungere solo alcune considerazioni di ordine etico che bene si integrano con quanto detto in precedenza: - La libertà ed i diritti non sono per nulla scontati. Internet è uno strumento veramente potente per far sentire la nostra voce, difendere la libertà, la dignità, la verità. Usiamolo. Ed usiamolo bene. Che l’etica di molti prevalga sugli sporchi interessi di pochi. - A livello Nazionale inviterei i singoli di buona volontà ad aiutare in ogni
modo gli Emiliani e gli Aquilani. E’ inutile sperare che gli aiuti arrivino “dall’alto”. Dall’alto arriva, al massimo, la pioggia. - A livello Internazionale, vorrei che le popolazioni del nord-est del Giappone non fossero dimenticate. Ci sono classi di bambini con tante sedie vuote, ci sono famiglie spezzate, città rase al suolo. Ci sono cuori ed anime devastate. Non importa a che livello o in quale modo ma non dimenticateli e, se potete, aiutate. Grazie davvero per la tua disponibilità e per la tua chiarezza nell’esporre anche il tuo punto di vista su argomenti davvero cosi vari. Crediamo che tutto quello che è stato detto in queste righe possa non solo far avvicinare nuovi fan alla JMusic ma che possa far riflettere anche chi già la ama. Speriamo che il lavoro che JMG e JRIM stanno facendo in questo momento possa dare i giusti frutti. Aru chan
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STREET FASHION AD HARAIJUKU E SHIBUYA www.etwb.net
E’
una caratteristica delle grandi metropoli la presenza di numerose mode e tendenze diverse, tanto che ognuno è libero di scegliere lo stile a cui si sente più vicino. Tuttavia Tokyo spicca particolarmente per l’infinita quantità di street fashion esistenti, che cambiano da quartiere a quartiere, si mescolano e si influenzano l’un l’altra, offrendo agli adolescenti giapponesi un’ampia gamma di “identità” disponibili. Harajuku e Shibuya sono i due principali centri di interesse per lo street fashion giovanile, quartieri di ritrovo e location prediletta per mettere in mostra il proprio stile originale. Ad Harajuku lo stile varia dal punk alle Lolita o alle Mori girls –
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Foto 1 caratterizzate da un’aspetto più “naturale” e apparentemente spontaneo. A Shibuya invece si concentrano gli studenti universitari e le Gals. In entrambi i casi comunque l’idea di base è l’esprimere se stessi in modo originale: chi riesce a combinare abiti e accessori, di marca o meno che siano, in maniera personale ed innovativa risulta oshare, cioè fashion. Moltissime sono anche le riviste dedicate agli street fashion, contenenti quasi esclusivamente foto che mostrano le ultime tendenze, ad esempio FRUiTS e Tune. Grazie ad esse è possibile notare gli elementi in comune ai vari stili o gli accessori in voga al momento, spesso ricorrenti nei soggetti fotografati. I principali ini-
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Foto 7 ziatori di queste tendenze sono di solito giovani che hanno a che fare col mondo della moda, quali studenti di scuole di fashion&make-up o hair stylists. Chiara Giuntini
_____ 1. Gli occhiali, di forme svariate e spesso senza lenti da vista, sono un oggetto di tendenza assai comune. 2.Vistosi ed originali portachiavi o straps per cellulari ricoprono un ruolo fondamentale del look. 3. Molte ragazze preferiscono uno stile tipicamente femminile, caratterizzato da gonne a camicette.
4. 5.Tendenze più punk distinguono i ragazzi di Shibuya, che si preoccuano del loro hair style al pari delle ragazze. 6. 7. Gals e ganguro saltano all’occhio grazie alla pelle abbronzata, i capelli chiari e abiti dalle fantasie appariscenti. 8. 9. Gli stili spesso si mescolano, risultando in abbigliamenti in
parte kawaii ed in parte più sexy e adulti. 10. Non ci si dimentica mai delle unghie, decorate semplicemente o in maniera più elaborata. 11. Calze e leggins di ogni tipo sono disponibili nei negozi di Shibuya e Harajuku. Foto: © Mario Castro/e-talentbank
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ALBUM Luciano Photography luciano.photography@yahoo.it
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Foto di: Matteo “Catapum� Sciarra madstudios@libero.it
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QUANDO IL COSPLAY E’ AGGREGAZIONE - Foto di Marileda Maggi -
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