JAPANIMANDO N. 17

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WEBZINE FREE DOWNLOAD by A.C. JAPANIMATION - Anno II - n. 17

NEWS COSP LAY

CULTURA MUSIC A

K-BLE JUNGLE - Foto di OCHACAFFE’

EVENTI


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EDITORIALE

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a vostra fedeltà a questa webzine ci sta veramente continuando a dare tante belle soddisfazioni quindi, come ogni mese, voglio subito ringraziarvi come e più di prima: grazie, grazie e ancora grazie veramente di cuore a tutti quanti!! Anche in questo numero ci siamo dati veramente da fare e speriamo proprio che, al vostro ritorno dal Lucca Comics & Games (o dal supermercato, dalla scuola, dagli amici ed ovunque voi siate stati), possiate proseguire nella vostra fame di cultura e notizie... più “fantastiche” che mai. Come potrete vedere dando una sbirciatina al nostro ricco sommario qui a fianco, anche stavolta abbiamo fatto

di tutto affinché vi troviate davanti ad un susseguirsi di argomenti e di personaggi veramente diversi ed interessanti, viaggiando nella memoria storica del mondo del fantastico e tornando al presente attraverso nuovi eventi, nuovi artisti e tanto altro ancora. Come in ogni numero, amiamo ricordare che qui c’è sempre spazio per tutti voi... quindi se volete unirvi a questo progetto no profit diventando un nostro collaboratore (a titolo gratuito) sporadico o fisso oppure volete soltanto farvi conoscere... contattateci pure (sotto al sommario ci sono tutti i nostri contatti del web). Se siamo grandi il merito è anche vostro! V. D’Amico

SOMMARIO Il fumetto spiegato agli adulti ......................... Ecco a voi... “Tex il grande!” ........................... Confessioni di un mangiatore d’oppio ......... Indagine sui lettori di manga italiani.............. Kikka & Kicco .................................................... Porte aperte alla “S.C.A.”!.............................. “Full Metal Panic!”............................................. La fiaba di “Ladyhawk”..................................... Laura Stroppi: Ghigo lo sfigo .......................... Transformers G1 - gli immortali.................... Tutto su “Tomb Raider” .................................. “Cena con Gramsci”: l’evento........................ “San Marino Animae Festival” ........................ Il mondo Disney ................................................ Un argomento sempre attuale....................... Il professor Layton e i suoi enigmi ................ “The walking dead”: la terza stagione........... Habel e la profezia Maya.................................. Intervista al mito: Kawai Kenji........................ “Roma, la stirpe di Marte” .............................. “Partita eterna”: terza parte ........................... Julia Kendall: la perfettina stagionata............. C’era una volta... - 3a parte ............................. Storia della licantropia ..................................... Fantatrailers: clicca sulle immagini................. Atrox - il re del crimine................................... Eriko & DJ Shiru: “K-ble Jungle” .................... Benvenuti al “Vigamus” di Roma! .................. Il breve volo di “Capitan Nice”...................... “Disney italiani”: 80 anni di storia ................. Sopravvivere con una moneta d’oro............. Emilio Laiso e Daniela Di Matteo.................. Fantasia contro scienza? .................................. Storia di “Zeto”: il fumetto gratuito ............. Album 36° PARCOSPLAY di Ostia Lido .....

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IL FUMETTO SPIEGATO AGLI ADULTI http://rapisarda.xoom.it/

JUSTICE LEAGUE Another nail Voto: HH½ __________________

(USA 2005, col., pag. 160) Soggetto: Alan Davis Disegni: Alan Davis Mike Farmer __________________

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a Justice League of America, il leggendario supergruppo in cui militano Superman, Flash, Lanterna Verde e molti altri, si trova a fronteggiare una successione incalzante di anomalie, che coinvolgono dimensioni spaziali e temporali tra le più disparate: stranezze che in tutta onestà i nostri eroi si dimostrano incapaci di capire e sconfiggere. In effetti è responsabile una creatura gigantesca di origini cosmiche, la cui “fame” è priva di risvolti morali, motivata solo dalla propria natura biologica. Ma i nostri, ormai temprati dalla drammaticità degli eventi, riusciranno a trovare la soluzione in cui devono però sacrificare un proprio membro. Lussuosa graphic novel che Alan Davis scrive e disegna tutto solo – con l’aiuto di Mark Farmer alle chine, e coi bellissimi colori di John Kalisz –, è perfetta espressione di

quello che il mercato americano concepisce in termini di best-seller, con cui Hollywood non può competere. Intesa come Elseworld, storia immaginaria dell’universo DC, è anche il seguito della celebre saga “Il chiodo” [“The Nail”], anche se potrebbe esistere come storia a sé – con minimi

cambiamenti – nei classici comic-book di Batman e Superman. Da ricordare comunque, per l’iniziale lunga scena guerresca di respiro Shakespeariano, e per le molte fragilità che, lungo tutta la vicenda, esprimono i personaggi – nota dell’autore sull’umanità di questi apparenti dei in terra.

Bella e ben confezionata l’edizione italiana, uscita quasi in contemporanea con gli USA. Alberto Rapisarda _______________ Scarso H Buono HH Ottimo HHH Imperdibile HHHH


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ECCO A VOI... “TEX IL GRANDE!” www.edizioninpe.it

“Poeta del deforme nel fumetto, Buzzelli pratica nel Texone quella stessa tensione a indagare lì, nei corpi, i segni della paradossale degenerazione che racconta e, per certi versi, sente di incarnare nella sua opera...” - Dalla prefazione di Matteo Stefanelli “Il suo episodio di Tex – quello qui riproposto – era in sostanza una creatura anomala, perché lui, con la sua forte personalità, aveva dotato il personaggio di caratteristiche figurative decisamente insolite.” - Dall’apparato critico di Gianni Brunoro

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ex il grande! – volume che nel 1988 inaugurò la collana dei “texoni” – è l’incontro tra l’eroe per eccellenza del nostro immaginario con uno dei massimi autori del fumetto europeo: Guido Buzzelli (1927-1992).

TEX – il grande! Claudio Nizzi – Guido Buzzelli Cartonato, 210 x 290, pp. 256, b/n e colore Euro 24,00 - ISBN: 9788897141150

L’artista romano, virtuoso del pennello dallo stile al tempo stesso classico e iconoclasta, ha qui la possibilità di mostrare tutta la potenza espressiva, unita al rigore tecnico, che sapeva infondere al disegno. Impegnato a risolvere un caso di omicidi tra compagnie rivali di boscaioli, il Tex di Buzzelli e Nizzi è solido e dinamico: una leggenda colorata da tocchi di umana ironia. Questa pietra miliare viene ora riproposta in una versione deluxe di

grande formato, con un ampio apparato critico e con stupefacente serie di schizzi e disegni preparatori, a colori e in bianco e nero, mai visti prima d’ora. Nato nel 1948 dall’ingegno di Giovanni Luigi Bonelli e dall’inconfondibile tratto di Aurelio Galeppini, Tex è divenuto ben presto uno dei personaggi più popolari del fumetto. Il celebre ranger ha vissuto oltre 60 anni di avventure diventando il simbolo della Sergio Bo-

nelli Editore, storica realtà editoriale che ha formato alcuni dei maggiori talenti italiani e internazionali della nona arte. Di Tex Gian Luigi Bonelli ha scritto i soggetti di tutte le avventure pubblicate fino a oltre la metà degli anni Ottanta, continuando anche in seguito a supervisionarne la produzione. Il testimone della serie regolare passò quindi nel corso degli anni a un ristretto gruppo di sceneggiatori di talento come Mauro Boselli, Decio Canzio, Tito Faraci, Gianfranco Manfredi, Michele Medda, Claudio Nizzi, Guido Nolitta (pseudonimo di Sergio Bonelli), Pasquale Ruju e, ultimo in ordine di arrivo, il giovane Roberto Recchioni, il cui primo albo è atteso in edicola nel 2013. Galleppini, dal canto suo, legò il suo segno al personaggio per parecchi anni, fino a quando le dimensioni della pubblicazione richiesero la mano di altri disegnatori. Realizzò comunque tutte le copertine sino al numero 400, per poi cedere il pennello a Claudio Villa. Sulle pagine di Tex, oltre ai più grandi maestri italiani, si sono susseguite anche prestigiose firme straniere come Joe Kubert, Manfred Sommer, Colin Wilson, José Ortiz


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e altri ancora, contribuendo con la propria arte alla leggenda di “Aquila della Notte”. Guido Buzzelli Nato a Roma nel 1927 in una famiglia di artisti, si avviò ben presto alla carriera pittorica, formandosi all’Accademia di San Luca e nello studio di Rino Albertarelli, grazie a

cui esordì a soli diciotto anni collaborando con il settimanale Argentovivo. Ben presto però dimostrò anche il suo interesse per il fumetto, iniziando a pubblicare alcune tavole nei primi anni cinquanta, all’interno della rivista Zorro dell’editore Gioggi, a cui seguiranno Mandrake, Flash Gordon, e L’Uomo Masche-

rato edite dai Fratelli Spada. Trasferitosi neanche trentenne in Gran Bretagna, nel 1954 creò Angélique per il «Daily Mirror». Tornato in Italia, dopo essersi sposato con Grazia de Stefani, che diverrà la sua principale collaboratrice, nel 1966 realizzò La rivolta dei racchi, opera di rottura pubblicata in Francia nel 1970 sulla rivista Charlie che gli aprì le porte degli editori d’oltralpe. Per Pilote, Circus, L’Écho des Savanes,Vailant e le prestigiose Métal Hurlant e À Suivre firmerà I Labirinti (1970), Zil Zelub (1972), Annalisa e il diavolo (1973), L’intervista (1975), L’Agnone (1977), La guerra

videologica (1978) e altre opere in cui si ritraeva sempre nei panni del protagonista, un essere gracile e insignificante, vittima e al tempo stesso carnefice del mondo. Nel 1973 ricevette il premio Yellow Kid come miglior disegnatore e autore, sei anni dopo gli fu riconosciuto l’equivalente francese, il Crayon d’Or e aumentano le collaborazioni con riviste italiane come Linus, L’Espresso, L’Eternauta, Corriere dei Ragazzi, Comic Art, e quitidiani come «l’Unità» e «Repubblica». La forza grottesca del suo tratto e l’incredibile visionarietà, gli valsero l’etichetta di “Michelan-


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sua vita lo dedicò alle attività di pittore e illustratore, e a sporadiche collaborazioni televisive (il TG2 e il canale francese TV7). Si spegne a Roma il 25 gennaio del 1992.

gelo dei mostri” (Michel Grisolia nel 1974) e di “Goya italiano” (Michel Bourgeois nel 1978). La sua carriera nel fu-

metto si concluse proprio con Tex – Il grande!, realizzato nel 1985 e pubblicato tre anni dopo. L’ultimo periodo della

Claudio Nizzi Nato Sétif, il 9 settembre 1938, trascorre gli anni della formazione a Fiumalbo, in provincia di Modena, per esordire agli inizi degli anni sessanta su Il Vittorioso. Nel 1969 avvia una prolifica collaborazione con Il Giornalino delle Edizioni Paoline per cui crea personaggi arcinoti come Larry Yuma, Capitan Erik, Rosco & Sonny e Nicoletta. Nel 1981 entra nella scu-

deria Bonelli con Mister No, per poi divenire il principale soggettista e sceneggiatore di Tex per oltre vent’anni. Nel 1988 crea la serie poliziesca Nick Raider e nel 2001 Leo Pulp. Dal 2005 ha rarefatto il suo impegno sul ranger di via Buonarroti per dedicarsi alla narrativa. Nel settembre del 2008 pubblica L’epidemia (I peccatori di Borgo Torre), primo capitolo di una serie di romanzi noir dall’atmosfera frizzante e divertita a cui seguiranno Il federale di Borgo Torre e Il pretino. NPE Staff


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CONFESSIONI DI UN MANGIATORE D’OPPIO www.opposto.net

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on “Confessioni di un mangiatore d’oppio”, De Quincey conduce il lettore in un percorso intimo reso subito pubblico, (si pensi che venne pubblicato inizialmente sul London Magazine anonimamente) dell’esperienza inebriante e allucinogena ottenuta grazie all’effetto dell’oppio, che ne segnò quasi interamente l’esistenza. Il racconto si snoda con dovizia di particolari su

quella che fu la sua più grande fonte di felicità e al tempo stesso di disgrazia e sofferenza, e in cui l’inconscio svela mondi ogni volta diversi mediati dalla memoria. Una dipendenza, quella di De Quincey, che se non interrotta per tempo l’avrebbe condotto alla morte prematura. Con metodo e forza di volontà orientata alla liberazione dal vizio, De Quincey ci dà una lezione di umiltà e di amore e la

prova inconfutabile di come l'uomo possa vincere forze che sembrano soverchiarlo. Un estratto dell’opera Il mangiatore d’oppio non perde nessuna delle sue facoltà morali o delle sue aspirazioni. Egli vuole e desidera ardentemente ciò che anche in condizioni normali ritiene possibile, e si sente motivato dal proprio dovere; ma la sua capacità di capire le cose supera di molto non

solo la sua capacità di portarle a compimento, ma anche quella di tentare di farlo; giace sotto il peso di brutti sogni e incubi; ma giace anche sotto la vista di chi vede ciò che vorrebbe e dovrebbe fare, proprio come un uomo costretto a letto da una malattia lenta e inabilitante, che lo costringa ad assistere alla rovina del suo oggetto d’amore: egli maledice gli incantesimi che gli inibiscono il movimento; egli


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darebbe la vita se potesse alzarsi e camminare; ma il suo potere è quello di un neonato, incapace persino di tirarsi su da solo. Thomas De Quincey Nato il 15 agosto del 1785 a Manchester, Thomas De Quincey è uno dei più importanti scrittori inglesi dell’Ottocento. Fu il 1822 l’anno che vide la sua consacrazione a scrittore di grandissimo successo con le sue Confessioni di un mangiatore inglese d’oppio. Questa sorta di diario intimo, nella quale descrive senza filtri e con una prosa immediata la sua dipendenza dall’oppio, lo porterà ad influenzare intere generazioni di scrittori. Affascinati dalle sue visioni stranianti e dai suoi lucidi reportage dal mondo onirico, scrittori come Charles Baudelaire, Edgar Allan Poe, Jorge Luis Borges e tantissimi altri, troveranno in lui un ispiratore e una guida all’accesso alle dimensioni recondite. Seguirono altre autobiografie e racconti di rilievo: Memorie dei poeti laghisti (1834), Suspiria de profundis (1845), e i saggi non meno suggestivi: Bussano alla porta di Macbeth (1823), L’assassinio come una delle belle arti (1827), Scritti scelti (dal 1853 al 1860). Thomas De Quincey morì l’8 dicembre 1859 ad Edimburgo all’età di settantaquattro anni.

Torna de Quincey, il fascino dell’ebbrezza Pochi sanno che Thomas de Quincey, grande scrittore inglese, molto citato ma poco effettivamente letto, è stato il maestro oltre che di grandissimi scrittori di letteratura fantastica, dionisiaca o psichedelica, anche la guida di famosi registi e sceneggiatori. Dario Argento è stato certamente ispirato per la trilogia delle Madri (“Inferno”, “Suspiria” e “La terza madre”), da tutta quella parte dedicata al visionarismo onirico presente in de Quincey e segnatamente nell’opera “Suspiria de Profundis”. Ma prima di lui, Alfred Hitchcock, in “Nodo alla gola”, uno dei suoi capolavori, opera nota anche

per la grande capacità innovativa portata dall’uso della macchina da presa e dei piani sequenza, aveva trovato le sue fonti nei contenuti, nell’ironia di fondo e nell’estetica di Thomas de Quincey. In partioclare, Hitckcock si era ispirato a L’assassinio come una delle belle arti ma soprattutto al capolavoro di de Quincey, Confessioni di un mangiatore d’oppio, racconto che diede gloria e ricchezza allo scrittore inglese. Qui de Quincey narra della sua esperienza come consumatore prima episodico e poi compulsivo d’oppio, delle sofferenze patite alla sua dipendenza e del modo attraverso cui riuscì a liberarsene. Oltre a inaugurare una tradizione che

avrebbe trovato in Baudelaire il primo interprete, de Quincey schiude con il racconto le porte delle visioni notturne, dei sogni quasi reali, degli stati di allucinazione che tanta parte avranno nella letteratura e nel cinema fantastico ancora molto lontano dal manifestarsi (scrive nel 1821!). Confessioni di un mangiatore d’oppio torna oggi in libreria, in una nuova edizione completamente rivisitata e alleggerita dalle parti più datate. Il testo inaugura una nuova collana di Opposto Edizioni interamente dedicata ai “classici dell’ebbrezza”, curata da Fabrizio De Priamo che firma anche il saggio introduttivo dedicato ad un’analisi dei differenti filoni culturali che hanno alimentato i capolavori di genere che abbiamo conosciuto in letteratura, cinema, teatro. Il testo sarà presentato a Roma nel mese di novembre. CdE _______________ CONFESSIONI DI UN MANGIATORE D’OPPIO Thomas De Quincey Con un saggio introduttivo di Fabrizio De Priamo; Edizioni Opposto; Collana: Classici dell’Ebbrezza ISBN 978-88-97565-08 6; Cura, traduzione ed editing: Fabrizio De Priamo; Pagine: 152; Formato: 13x20; Stampa: settembre 2012; Prezzo: € 15,00; In copertina: Giuliano Marin, S_07 (site), tempera e matita su carta da imballaggio, 2011; Photo: Abbrescia Santinelli Realizzazione grafica: Muriel Fedi.


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INDAGINE SUI LETTORI DI MANGA ITALIANI http://imperodeicartoni.freeforumzone.leonardo.it

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l libro si può dividere in quattro parti. Nel primo capitolo si spiega la metodologia della ricerca, il campione scelto. Il secondo capitolo illustra brevemente il manga, generi e target, raccontando come arrivò in Italia. I capitoli dal terzo al settimo entrano nel dettaglio dell’analisi. Il capitolo otto più le “Conclusioni” tirano le somme dello studio. L’unica pecca del libro è la sua brevità, mi chiedo se dovuta all’esigua quantità di dati che l’autore ha analizzato o proprio perchè c’è poco da dire sul tema manga e i suoi lettori. 1 - La ricerca: 1.1 Tema della ricerca e ipotesi di partenza; 1.2 Storia e disegno della ricerca; 1.3 Il campione: caratteristiche sociali. L’indagine si è svolta sia tramite questionari sui forum, che tramite interviste dal vivo, le ultime in misura molto minore rispetto ai primi. Le domande vertevano (che riporto in fondo alla recensione), ovviamente, sui manga, ma anche su questioni correlate. La platea dell’indagine è quella dei lettori di manga dai 17 anni ai 35 anni. Una prima parte dello studio è avvenuta nel 2006 (150 interviste/questionari), la seconda parte nel 2010 (80 interviste/questionari). A pagina 25 l’autore

TITOLO: Universo Manga, indagine sui lettori di fumetto giapponese in Italia AUTORE: Francesco Calderone - PAGINE: 177 CASA EDITRICE: Società Editrice La Torre COSTO: € 14,50 - ANNO: 2011 - FORMATO: cm15 X 20

riporta l’elenco dei forum su cui venne postato il questionario. 2 - I manga: 2.1 Cenni storici; 2.2 I generi; 2.3 I manga in Italia; 2.4 I fumetti in Italia. Da questo punto iniziano i capitoli (dal terzo al settimo) che entrano nel dettaglio dello studio di Francesco Calderone. Non è possibile riportare molte interessanti considerazioni dell’autore, in quanto, essendo uno studio basato su dati, molte di queste valutazioni sono collegate sia alle tabelle che riepilogano i

dati/risposte che ai testi delle risposte degli intervistati. Non potendo riportare tutto è difficile contestualizzare le singole valutazioni. 3 Il consumo di manga: 3.1 Il primo approccio ai manga: come e quando. Il capitolo inizia con quella che ritengo una inesattezza o refuso, che non stravolge il senso dello studio, però penso sia da far notare. A pagina 51 una lettrice di manga 26enne afferma di essere cresciuta a “pane e Mazinga Z”. Ora,

anche ipotizzando che faccia parte del campione del 2006 (perché se fosse di quello del 2010 la cosa sarebbe ancora più anomala), questo vorrebbe dire che era nata nel 1980, Mazinga Z fu trasmesso per la prima ed unica (per quello che so io) su Rai 1 proprio nel 1980, senza essere neppure concluso. Ciò implica che la ragazza non può essere nata a “pane e Mazinga Z”, perché non lo ha mai visto. Forse avrà usato il termine “Mazinga Z” nel senso più generale di “pane e cartoni animati giapponesi”, oppure avrà avuto ben più di 26 anni. Forse l’autore doveva notare questa piccola incongruenza. Tornando al capitolo si evince che ci si avvicina ai manga dopo aver visto gli anime, anche in risposta alle serie tv non concluse o censurate. 3.2 Consumo quantitativo di manga. La quantità di manga acquistati non dipende né dall’età né dal livello d’istruzione o dai gusti personali, ma dalla disponibilità economica. Si affronta anche la questione dei manga “in prestito”. 3.3 Consumo qualitativo di manga. La scelta ricade su manga di qualità indipendentemente dal genere/tematica. Poi ci sono i lettori più fissi sul proprio man-


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gaka preferito. 4 - Significato del consumo di manga e interesse per il Giappone: Il quarto capitolo analizza l’aspetto “Cosa ti piace nei manga che leggi?”. 4.1 Cosa piace nei manga. Le risposte sono divisibili in tre categorie. C’è chi predilige il disegno, la storia e la trama. Chi preferisce le emozioni e le riflessioni suscitate dal manga e la triade intrattenimento-evasione-identificazione. Infine il gruppo minoritario che si appassiona alla struttura del manga (storie che non sono eterne). 4.2 L’interesse per il Giappone e la sua cultura. Qui le risposte esposte in tabella sono molto numerose, difficile riportarle per sommi capi. 5 - Consumi integrativi, consumi concorrenti e ruolo della lettura: Nel quinto capitolo si affrontano i “consumi” di

altri “prodotti” inerenti il mondo giapponese e/o di altro genere. 5.1 Anime, musiche e gadget. Semplificando di molto gli anime vanno di pari passo con la lettura dei manga, le OST sono ascoltate da un numero inferiore di fan, i gadget sono acquistati da una ulteriore minoranza. Ma le tabelle sono più chiare di quanto abbia scritto io. 5.2 Altri fumetti. Una buona parte di lettori di manga non va oltre, per motivazioni diverse (spiegate nel libro), al fumetto giapponese, ma c’è una fetta cospicua che legge fumetti europei o americani. 5.3 La lettura. Mediamente il lettore di manga è anche un buon lettore di libri. Il capitolo analizza, comunque, tutte le varianti di lettori di libri, dai non lettori ai lettori assidui o forti. 6 - Tempo libero, in-

ternet e amici: Nel sesto capitolo si cerca di capire quanto la passione per i manga sia coinvolgente, analizzando gli interessi nel tempo libero, ma anche il rapporto con gli amici in relazione alla lettura di manga, la partecipazione a fiere del fumetto o al cosplay, la vita virtuale sul web. 6.1 Attività svolte nel tempo libero. Sempre semplificando di molto il tempo libro è impegnato con il web, la lettura di libri, il disegno, i videogiochi, poca tv e poco sport attivo. 6.2 Gli amici e i manga Si analizzano le risposte alla domanda “In che misura, se lo è, questo interesse è un collante per le tue amicizia?”. 6.3 La partecipazione a manifestazioni sul fumetto e il cosplay. La partecipazione alle fiere del fumetto è massiccia, e dove non è effet-

tuata è solo per problemi di lontananza con le fiere. Mentre il cosplay è praticato da una minoranza, anche se ben visto da tutti i lettori di manga. 6.4 Ruolo di internet e comunità virtuali. Determinante il ruolo del web, sia per trovare informazioni, che per creare nuove amicizie, che da virtuali divengono reali. 7 - La considerazione dei manga nella propria rete sociale e in Italia: Nel settimo capitolo si valuta l’interesse nei manga in relazione al rapporto con amici e parenti, cioè se la propria passione crea o meno frizioni con questi. 7.1 La considerazione dei manga da parte degli amici. Difficile riportare le considerazioni, che sono legate alle tabelle. 7.2 La considerazione dei manga da parte dei genitori. Difficile riportare le considerazioni, che sono legate alle tabelle. 7.3 La considerazione dei manga in Italia secondo gli appassionati. In questa parte sono gli stessi intervistati che si esprimono su come sono considerati i manga in Italia, ed è una considerazione negativa. Il manga è visto come una cosa per bambini o per pervertiti sessuali. Come sempre il tutto va letto integrando le valutazioni dell’autore alle tabelle e ai testi delle interviste. Il pregiudizio


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verso i manga (e gli anime) è ancora forte, e l’ignoranza regna spesso sovrana, specialmente in chi dovrebbe informare. E a questo punto mi lancio in una considerazione personale su quanto sarebbe importante che gli appassionati comprassero (e quindi leggessero) saggistica su manga e anime (ma anche sul Giappone in generale). Perché, per emanciparci dall’etichetta “leggono ancora i fumetti” e “guardano ancora i cartoni animati”, bisogna che si sviluppi una critica basata sulla saggistica e sull’analisi di manga ed anime. Generando un’attenzione verso la nostra passione da parte dei non appassionati, che alla fine ci giudicano e magari decidono cosa farci vedere e cosa censurare. Oltre a meglio informarci noi stessi, in modo da avere degli strumenti (come questo libro e tanti altri) per argomentare la nostra opposizione agli stereotipi su manga ed anime. 8 - Una tipologia di lettori manga: Nell’ottavo capitolo, sulla base delle considerazioni svolte fino ad ora, l’autore stila tre tipologie di lettori di manga, spiegando le loro caratteristiche e le differenze esistenti tra di loro. 8.1 I moderati. 8.2 Gli appassionati. 8.3 I coinvolti. 9 - Conclusioni: Una conclusione finale sullo studio eseguito.

Domande del questionario: Ringrazio la casa editrice per avermi inviato, su mia richiesta, le domande poste ai lettori di manga, evitandomi, così, di doverle trascrivere. - Anno di nascita; - Genere/Sesso; - Titolo di studio; - Occupazione; - Titolo di studio genitori; - Occupazione genitori. Tab. 1.1 Prima versione dell’intervista sul web (2006) 1) Quanti manga acquisti mediamente in un mese? Quanti albi completi possiedi? 2) Hai un genere preferito? E un genere che non ami? Cita dei titoli che rispondono a questa distinzione. 3) C’è un manga al quale sei particolarmente affezionato? Se sì, perché? 4) Acquisti solo manga o anche altri fumetti? 5) Cosa pensi del fumetto non giapponese? 6) Oltre ai fumetti, ti capita di leggere altro? Che cosa? Con che frequenza? 7) Quando e come è nato il tuo interesse per i manga? 8) Cosa ti piace nei manga che leggi? 9) Nella tua esperienza quanto la passione dei manga si alimenta e si integra con la visione di anime, l’ascolto di ost (Original Soundtrack) e l’acquisto di gadget? 10) Tra i tuoi interessi, quale posto occupa il manga? 11) Ti è mai capitato di

partecipare a eventi come fiere del fumetto o raduni di cosplay? 12) Cosa pensi del cosplay? L’hai mai praticato? 13) Che ruolo ha avuto Internet nel coltivare la tua passione? Frequenti comunità virtuali e/o reali di appassionati di manga? 14) La tua passione per i manga ha stimolato l’interesse per il Giappone e la sua cultura? 15) Come viene percepita dai tuoi genitori questa passione? E dai tuoi amici e partner? 16) Quale ritieni sia la considerazione del manga e dei suoi appassionati all’interno della nostra cultura? Tab. 1.2: Seconda versione dell’intervista sul web (2006-2010) - Anno di nascita - Genere/Sesso - Titolo di studio - Occupazione - Titolo di studio genitori - Occupazione genitori 1) Quando e come è nato il tuo interesse per i manga? Quanti manga acquisti mediamente in un mese? Quanti albi completi possiedi? Hai un genere preferito? E un genere che non ami? Puoi citare alcuni titoli che rispondono a questa distinzione? C’è un manga al quale sei particolarmente affezionato? Se sì, perché? 2) Cosa ti piace nei manga che leggi? La tua passione per i manga ha stimolato l’interesse per il Giappone e la sua cultura? 3) Che cosa fai nel

tempo libero oltre a leggere i manga? Quali sono gli interessi che ti coinvolgono maggiormente e ai quali ti dedichi con più assiduità? 4) Acquisti solo manga o anche altri fumetti? 5) Cosa pensi del fumetto non giapponese? 6) Oltre ai fumetti, ti capita di leggere altro? Che cosa? Con che frequenza? 7) Nella tua esperienza quanto la passione dei manga si alimenta e si integra con la visione di anime, l’ascolto di ost (Original Soundtrack) e l’acquisto di gadget? (non deve trattarsi necessariamente di acquisti, ma anche di una fruizione tramite Internet e/o prestiti di amici) 8) Che ruolo ha avuto Internet nel coltivare la tua passione? Frequenti comunità virtuali e/o comunità reali di appassionati di manga? 9) Ti è mai capitato di partecipare a eventi come fiere del fumetto o raduni di cosplay? Cosa pensi del cosplay? L’hai mai praticato? 10) Come viene percepita dai tuoi genitori questa passione? E dai tuoi amici e partner? 11) In che misura, se lo è, questo interesse è un collante per le tue amicizie? 12) Quale ritieni sia la considerazione del manga e dei suoi appassionati all’interno della nostra cultura? Stefano “La Visione”


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PORTE APERTE ALLA “S.C.A.”! Su Facebook: Dea Fumettista

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iao sono Dea. Tra le diverse attività a cui mi dedico un posto di tutta rilevanza ha, indubbiamente la SCHOOL COMIX APRILIA, corsi di disegno e di fumetti per tutti. La scuola presenta una vasta offerta formativa sul fumetto e non solo. Il corso Comix Senior e Comix Junior occupano indubbiamente un posto di rilevanza. Lo scorso 27 Ottobre 2012 si è svolto presso la nostra sede di Aprilia un importantissimo evento “Porte aperte alla School Comix Aprilia”, con ingresso e frequenza gratuita dei laboratori di differenti materie, inter-

vallando le lezioni con gustosi spuntini! L’affluenza è stata davvero notevole e la giornata si è trasformata in un grande evento da ricordare sia per i ragazzi che per gli insegnanti. Punto di forza dei nostri corsi sono infatti insegnanti giovani motivati e soprattutto qualificati! Nella giornata di sabato hanno messo a disposizione le loro conoscenze e il loro entusiasmo Riccardo Antonioni (computer grafica), Giorgio Battisti (manga), Francesca Landi e Giulia Della Cianna (manga), Marco Mari (fumetto americano), Giuseppe Congedo (sceneggiatura), Rina Sicignano (arte del gioiello),


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coordinati dal direttore tecnico Francesca Dea Deodati. Durante le lezioni ogni insegnante ha avuto modo di far conoscere un aspetto del mondo del fumetto, essendo questa

un’arte dalle mille sfaccettature che solo chi la vive dall’interno riesce a carpine l’essenza e a trasmetterla ai giovani aspiranti disegnatori e fumettisti: per questo i nostri insegnanti sono

tutti professionisti del settore. I ragazzi sono stati entusiasti ed hanno partecipato attivamente e con interesse alle diverse attività che componevano la giornata. Molti sono rima-

sti anche piacevolmente sorpresi di conoscere aspetti del fumetto che ignoravano. Anche per gli insegnanti e stato un bel momento di confronto e di scambio. I corsi si svolgono ad Aprilia (Roma), presso la nostra sede in via Aldo Moro 41a, con cadenza settimanale e sono differenziati per età (a partire dai 5 anni) e competenze. Per chi volesse maggiori informazioni, sulla scuola può contattarmi telefonicamente al 349/71.82.756, via mail scrivendo a asusword@yahoo.it, oppure su facebook Dea Fumettista. Ps: è previsto un simpatico omaggio per i lettori di questa webzine! Francesca Deodati


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“FULL METAL PANIC!” di Andrea De Rosa

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un’opera nata come una serie di storie brevi realizzate nel 1997 da Shōji Gatō e disegnati da Shiki Douji. Dopo l’imminente successo dell’opera, sono stati trascritti veri e propri romanzi, divenuti il perno centrale dell’opera. I romanzi si suddividono in due categorie: quelli lunghi che trattano la trama principale e attualmente sono fermi a quota otto, anche se, come afferma l’autore, dovrebbero arrivare fino a dieci o undici. Poi c’è la categoria delle

storie brevi (ovvero light novel, finora sono uscite sette raccolte), che appartengono al genere della commedia scolastica demenziale. In Giappone, dato il notevole successo della serie, la casa editrice giapponese Fujimi Shobo, ha confermato il superamento di dieci milioni di copie vendute. Dai romanzi principali sono state tratte finora due serie animate, ovvero Full Metal Panic! e Full Metal Panic! The Second Raid, mentre dalle light novel, deriva la serie umoristica Full Metal Panic? Fu-

moffu, colma di gag e situazioni paradossali in ambiente scolastico dei protagonisti. La serie Full Metal Panic? Fumoffu, è stata posta come intermezzo tra le due serie animate (ovvero Full Metal Panic! e Full Metal Panic! The Second Raid), perchè composta unicamente da momenti comici tratti dalla prima serie del manga e dalla seconda serie, Full Metal Panic! Sigma, che si pone come prosieguo delle vicende di Full Metal Panic! The Second Raid, rispecchiando alquanto fedel-

mente le vicende narrate nelle novel. È stato tratto anche un OAV di FMP! The Second Raid, dal titolo Wari to Hima na Sentaichou no Ichinichi (Il giorno libero del Colonnello) uscito il 26 maggio 2006. Tra le più recenti opere legate all’universo narrativo di Full Metal Panic!, si annovera lo spin-off: Full Metal Panic! Another, la cui pubblicazione è iniziata durante agosto 2011 e che vedrà presto una trasposizione animata. La storia di Full Metal Panic! È ambientata in un universo alternativo simile al


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nostro, dove la guerra fredda non è mai finita e l’URSS esiste ancora. Per salvaguardare gli equilibri mondiali è stata creata un’organizzazione non governativa, la Mithril, formata da mercenari che non parteggiano né per l’est, né per l’ovest e si possono definire paladini della libertà e della giustizia. Tra i membri più valenti dell’organizzazione c’è Sousuke Sagara, un ragazzo di sedici anni, nonché un sergente della Mithril (nome in codice di URUZ 7) che sin da piccolo ha conosciuto solo campi di battaglia, specialmente in Medio Oriente, e che quindi sa ragionare solo in termini militari. La sua vita cambierà drasticamente quando gli verrà assegnata una missione in una scuola di Tokyo (l’istituto superiore Jindai), dove dovrà fare la guardia e proteggere una ragazza,

Kaname Chidori, una normalissima e bellissima studentessa liceale giapponese, che in realtà nasconde inconsapevolmente un grande segreto. La ragazza è una Whispered, ovvero una persona che possiede innate ed avanzate capacità matematiche, scientifiche, ingegneristiche e fisiche, capaci di produrre macchine e dispositivi al di là della portata della comprensione umana. Questa tecnologia è appunto chiamata Black Technology, una tecnologia talmente sofisticata da rendere obsolete perfino le armi nucleari. Ed è per questo che i Whispered, a causa delle loro capacità, sono ricercati da qualsiasi forza nazionale e multinazionale consapevole della loro esistenza. Sosuke si iscriverà nella stessa scuola di Kaname per proteggerla, ma non

farà altro che combinare guai, infatti essendo abituato al solo mondo militare, il ragazzo si dimostrerà incapace di comprendere il mondo dei civili, scambiando addirittura gesti comuni per improbabili minacce e arrivando al punto di portare nella scuola ogni genere di arma. La trama poi si dipana tra azioni spericolate, lotte contro terroristi e problemi della vita quotidiana che a causa di Sousuke diventeranno “grandi” problemi. Inizialmente l’identità di Sosuke sarà un mistero per Chidori, perché lei lo vedrà solo come un ragazzo strano e patito di roba militare, finchè quando verranno coinvolti in un dirottamento aereo apposito per rapire la ragazza, Sosuke la salverà e svelerà la sua vera identità e il motivo del suo rapimento. La relazione del duo si concen-

tra sull’effetto comico, con risultati più felici della prima serie, e man mano che si andrà avanti nella saga, saranno messi di fronte a reciproci sentimenti in modo più conflittuale e maturo, specialmente nella seconda serie. In Italia, l’anime, edito da Shin Vision e in seguito da Dynit, è stato trasmesso per la prima volta in TV dal 7 ottobre 2003 al 16 marzo2004 sul canale MTV Italia, all’interno del contenitore Anime Night, e replicato dal 18 settembre al 19 ottobre 2006. In verità, il lancio televisivo della prima stagione dell’anime era in programma per la fine del 2001, ma a causa degli argomenti trattati, come ad esempio la guerriglia in mediooriente, dirottamento aereo, ecc... la distribuzione è stata ritardata, e alcune parti modificate, come ad esempio, nei romanzi Sousuke Sagara combatte come guerrigliero in Afghanistan, mentre nell’anime combatte nell’Helmajistan. La fantasia, l’adrenalina e il successivo sviluppo del rapporto dei protagonisti, coinvolgerà il lettore e lo spettatore, facendolo entrare nel particolare mondo di Full Metal Panic! passando dai momenti di comicità, ad attimi estremamente drammatici e colmi di sentimento. Andrea De Rosa


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LA FIABA DI “LADYHAWK” http://thepepperduchess.blogspot.it/

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adyhawke è considerata una fiaba senza tempo, ogni anno ci viene proposta e riproposta su ogni canale nazionale e continua ad avere lo stesso successo. Come mai? La spiegazione è talmente logica da apparire banale:

è esattamente la ricetta della storia d’amore che gli appassionati di fantasy sognano e di cui difficilmente ci stancheremo. Gli ingredienti? Un protagonista goliardico, due innamorati separati da un orribile maledizione, un cattivo

abbastanza (ma non del tutto) degno di questo nome. In una Francia dai tratti tardo medievali, il film si apre presentandoci Philippe Gaston (Matthew Broderick) un giovane landrucolo dalle abili doti di contorsionista che rie-

sce, quasi per miracolo a fuggire dalle invalicabili prigioni di Aguillon governate dal Vescovo (John Wood), un uomo crudele ben più attratto dai beni terreni che da quelli spirituali. Nella sua fuga dalle guardie del Vescovo Philippe si imbatterà in un ex capitano delle guardie Etienne Navarre (l’olandese Rutger Hauer) il cui valore lo salverà da una morte certa. Il giovane decide quindi, per cercare una sicura protezione, di seguire il misterioso cavaliere; presto il suo destino verrà intrecciato a quella di Navarre e della sua bellissima compagna Isabeau D’Anjou (interpretata da una giovane Michelle Pfeiffer) entrambi vittima di una tremenda maledizione che li impedisce di incontrarsi. Di giorno lei è un falco e di notte, nel momento in cui riacquista sembianze umane il suo compagno viene tramutato in lupo, entrambi quindi condannati ad una vita a metà sinché non verrà spezzato l’incantesimo. E’ difficile stancarsi di una simile trama, l’amore sincero e oramai (dopo due anni effettivi di maledizione) quasi platonico di Navarre e Isabeau fa stringere il cuore e far cadere anche qualche lacrima di commozione. Ad alleviare la sofferenza


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di una storia d’amore che tende ad emulare quella di “Romeo e Giulietta” o “Tristano e Isotta”, il personaggio di Philippe Gaston. Questo adolescente, con le sue bugie, i suoi continui monologhi con Dio e col suo apparente disinteresse per le faccende di cuore, dona alla pellicola una nota di umorismo coinvolgente che aiuta lo spettatore a non dover cercare aiuto nella riserva personale di cioccolato per combattere la depressione causata dall’infelicità che traspare vivida dalla pellicola. Uniche note dissonanti in quello che nel complesso è un bel cult, quelle della colonna sonora. Scritta alla fine degli anni 80’ da Andrew Powell le musiche volevano presentarsi come qualcosa di innovativo per l’epoca, inserendo in un ambientazione fantasy, oltre ai tradizionali tratti dell’orchestra sinfonica, ele-

menti moderni di progressive rock e pop. Una scelta alquanto audace che ha avuto dei riscontri positivi e negativi. Difatti, per quanto in alcune scene tale sound si possa definire azzeccato, in altre appare decisamente discordante. Un semplice esempio vi è dato da quasi tutte le scene di combattimento in cui le musiche, piutto-

sto che caricare lo spettatore di pathos, lo inducono ad una risata come se si volesse esaltare più che l’epicità dei gesti del “cavaliere senza macchia ne paura”, l’incapacità dei suoi avversari. Comunque sia uno spettatore non troppo pignolo non baderà a certe

sfumature e con il fazzoletto a portata di mano (e un cioccolatino nascosto dietro il divano) si godrà una storia d’amore con dei protagonisti certamente più intelligenti dei classici Romeo e Giulietta. Francesca Rita Loi


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LAURA STROPPI: GHIGO LO SFIGO www.sbamcomics.it - www.shop.sbamcomics.it

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l fumetto di genere umoristico è “il papà” di tutti i fumetti: è proprio in questa forma infatti che la Nona Arte nacque alla fine del 1800 con Yellow Kid, ed è in questa forma che si diffuse e divenne famoso in tutto l’Occidente fino a (quasi) i giorni nostri. Già, quasi. Come sta oggi il fumetto umoristico, mentre tutti gli appassionati dello Spettacolo Disegnato sono investiti dal grande fumetto avventuroso –

supereroistico ma non solo – o dal fenomeno manga che i lettori di JAPANIMANDO conoscono bene? C’è ancora la possibilità per gli autori di oggi di esprimersi in questo modo? La Sbam-redazione ha incontrato Laura Stroppi, autrice per molti anni delle strip di Lupo Alberto negli studi del grande Silver e oggi impegnata con le strisce di Ghigo lo Sfigo, un personaggio tutto suo. Personaggio che ci è pia-

ciuto talmente tanto che abbiamo pensato di proporlo noi stessi, come Sbam-editori di un nuovissimo ebook. “Ghigo è... Mi è difficile parlare di Ghigo! Lo vedo come un mio alter ego a fumetti, per cui è un po’ come se parlassi di me (e io non amo parlare di me!). Sicuramente è un modo, per me molto efficace, di reinterpretare il mio vissuto quotidiano con il senso dell’umori-

smo. E mi piace anche pensare che Ghigo non abbia un’età o un lavoro preciso. Più che parlare di lui come una persona, mi piace vederlo come una mia versione pupazzata, ecco. E più di qualsiasi cosa che potrei dire io, le strisce e le storie che lo vedono protagonista sono il modo migliore per conoscerlo. Almeno spero :)” ci ha spiegato Laura a proposito del suo personaggio.

La copertina dell’ebook che la Sbam-redazione ha realizzato con i fumetti di Laura Stroppi. (www.shop.sbamcomics.it)


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Autoritratto di Laura Stroppi con il suo Ghigo, in una versione omaggio al grande Osvaldo Cavandoli Leggendo le tue strisce, scopriamo “diversi” Ghigo: c’è il Ghigo bambino, il Ghigo studente, il Ghigo fidanzato svampito, il Ghigo alla scoperta dell’altra metà del cielo. Che ci puoi dire di ognuno di questi? Mica facile risponderti. O meglio, come dicevo prima, cerco di rendere il

mio personaggio più libero possibile. E questo mi permette di parlare di infiniti argomenti e di dare spazio a tutte le sfaccettature della vita e della personalità. Ma la risposta vera è che scrivo e disegno le cose che mi vengono in mente! Sul perché e sul come mi vengono in mente posso solo dire che ho smesso di chiedermelo :)))) E adesso Ghigo approda ad un nuovo for-

mato, con questo ebook tutto suo, anzi, con questo Sbam! Book. Gli ebook sono il segno dei tempi, l’evoluzione “logica” dai cari vecchi albi o volumi ai nuovi supporti elettronici. Cosa ne pensi? Da lettrice, prima che da fumettista, posso dire che penso al formato digitale come ad una grossa possibilità per l’editoria, anche nel mondo dei comics. Senza nulla togliere

al formato cartaceo, penso che questa sia una marcia in più, soprattutto in termini di diffusione e reperibilità del prodotto. Rende infatti possibile trovare vecchie edizioni ormai scomparse anche dai mercatini dell’usato, o edizioni che – magari a bassa tiratura – è difficile scovare nelle librerie tradizionali. Ghigo è un fumetto in formato strip comica: questo genere di comics è oggi certo meno diffuso dopo i fasti di un tempo. Eppure tu hai pensato e voluto Ghigo proprio così... Originariamente le storie di Ghigo erano lunghe! Ho cominciato a pensare a Ghigo in versione striscia con il tempo, per due motivi principali. Primo, io adoro la sintesi, sia nel disegno che nel testo. Fare Ghigo in questa nuova versione mi corrisponde di più e rende il mio lavoro più facile e divertente, per me almeno. Sono poi dell’opinione che l’umoristico funzioni meglio con dei tempi nar-


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ter per il lettering (viene più pulito, secondo me) e, nel caso delle strisce del nostro Sbam! Book, per il colore.

rativi brevi, quindi prediligo le strisce umoristiche. Ho cercato di dare a Ghigo uno spazio e una modalità di comunicazione ottimale per come vedo io il personaggio. Se poi non ci sono altri nuovi fumetti a strisce è un peccato. Mi piacciono molto anche da lettrice! Ma come nasce un striscia di Ghigo? Voglio citare il grande Bonvi, quando gli fecero la stessa domanda: “Ideare e scrivere una battuta umoristica è come quando fai la pipì perchè ti scappa tanto: un sollievo”! La verità è che non lo so. So che mi vengono idee, e battute, e non per forza quando sono seduta alla scrivania a pensarci. L’unica cosa di cui sono

certa è che le idee arrivano, non è poco ;) Invece come è nato Ghigo? Da dove è venuto lo spunto iniziale? Ghigo non è nato come un’idea, ma come la caricatura di un tizio che conoscevo molti anni fa. È stato il Bonvi a suggerirmi di farlo evolvere e dotarlo di vita propria,

perchè secondo lui avrebbe funzionato bene. E così ci ho provato :))) Con un padrino così Ghigo “doveva” funzionare per forza! E che tecniche usi per disegnare? Le strisce, squadratura compresa, sono disegnate a mano. Poi, una volta digitalizzate, uso il compu-

Vuoi dare un consiglio agli autori nuovi, coloro che si approcciano oggi a questa professione? Che possibilità ci sono di “arrivare”? Mah. Credo che dipenda da molti fattori. E non solo dalla bravura. Molto dipende anche dal carattere, dalla perseveranza e dalle occasioni. In sintesi, talento, testa dura e molta, molta fortuna! Purtroppo, soprattutto in Italia, sono ben poche le possibilità di veder pubblicato un bel fumetto “a striscia”. Noi di Sbam! nel nostro piccolo ci abbiamo provato. L’ebook di Ghigo lo Sfigo è disponibile sulla nostra vetrina. Sbam-Staff


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TRANSFORMERS G1 - GLI IMMORTALI Su Facebook: L’Alabarda Spaziale - Modellismo Robotico FB Italia

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ONNICHIWA a tutti i lettori di JAPANIMANDO! Questo mese lo vorrei dedicare alla nostalgia. Quella che molti di noi collezionisti hanno nel cuore. Nostalgia dei vecchi robot, che spesso ci venivano regalati a Natale, o per il nostro compleanno. Robot componibili, eroi d’acciaio, grossi “Jumbo Machinders” in plastica, alti come eravamo all’epoca. Ma c’era una tipologia di robot che a molti è rimasta nel cuore, senza sminuire gli storici Mazinger & Co: I Transformers. Robot trasformabili, provenienti dalla storica serie “Diaclone” della giapponese Takara, che avevano deciso di abbandonare i loro piloti calamitati, i mitici Dianauti, e di diventare senzienti, ognuno con la propria personalità e le proprie caratteristiche peculiari. Ognuno di loro facente parte di una delle due fazioni: i buoni, gli Autorobot, e i cattivi, i Destructors.

So di trattare un argomento difficile per i puristi, affezionati alle serie Takara pre-Transformers Microman e Diaclone, ma lo faccio per poter introdurre nella maniera più doverosa questo articolo. Questo mese parleremo di come le prime serie dei Transformers (denominate “Generation One” o G1) siano rimaste così tanto nel cuore dei bambini di allora, e abbiamo avuto un successo tale da essere riproposte negli anni, parallelamente alle serie di minore interesse (Beast Wars o Armada solo per citarne alcune) quasi come per confortare gli “orfani G1” e fargli sapere che la prima storica serie è ancora viva e vegeta! TRANSFORMERS ENCORE Serie prodotta da Takara (nel frattempo divenuta Takara Tomy) nel 2007, è una vera e propria operazione di “re-issue” degli storici modelli G1. Il packaging è simile, sotto


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molti punti di vista, a quelli degli anni ‘80, ma ci sono alcune piccole differenze nei colori e negli adesivi da applicare.

In tutto sono stati prodotti 19 personaggi della serie, cominciando dal leader degli Autobot Optimus Prime (“Comman-

der” nella versione italiana e “Convoy” in quella giapponese) passando per Megatron, capo dei malvagi Decepticons (i Destructors, in Italia) e molti altri. La serie è al momento interrotta da novembre 2009, dopo la pubblicazione del “Cassette Big Mission 3” ovvero la raccolta delle cassette trasformabili (Frenzy, Rumble, Overkill e Laser-

break) per il mitico Memor (Soundwave) diabolico registratore-robot dei Decepticons. TRANSFORMERS MASTERPIECE Questa serie, sempre prodotta da Takara Tomy a partire dal 2003, ha come obiettivo quello di unire lo stile dei modelli G1 alle moderne tecniche di costruzione dei “Gokin” odierni.


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Il risultato è un robot molto simile alla sua versione classica ma eccezionalmente snodato, con una trasformazione complessa, migliorata e studiata nei minimi particolari. Unico aspetto negativo: Il prezzo, che in molti casi è paragonabile ad un modello dalla prestigiosa serie Bandai “Soul of Chogokin”. Del resto, la qualità è infinitamente superiore ad un qualsiasi modello G1, con un maggior quantitativo di metallo pressofuso utilizzato (la nostra amata lega Zamak!). La serie è tutt’oggi in corso, con una cadenza semestrale, il che vuol dire ben due modelli ogni anno. Altra caratteristica simile

alla serie SOC della Bandai sono le versioni limitate “Black” e “Gold” che non fanno altro che aumentare il pregio di questa serie, rendendola a tutti gli effetti “da collezione” e non più una raccolta di giocattoli trasformabili in plastica (con tutto il rispetto per la storica serie G1!). Ironicamente, le ultime due uscite (MP-15 e MP-16) sono dedicati alle cassette di Soundwave. Speriamo non venga interrotta allo stesso punto della serie Encore! IL CULTO DEL “DEVASTATOR” Stranamente un solo personaggio della saga dei Transformers ha avuto così tanta presa sul pub-

blico da essere rimodernizzato e riprodotto da più case produttrici: Il colossale Devastator, gigante robotico risultato dell’unione dei cinque mezzi da lavoro dei Destructors, gli Excavators. Al contrario dei suoi “simili” robot combinati come Pentajet (Superion in lingua oringinale), Pentacar (Menasor), Bruticus,

Guardian (Metroplex) o Predaking, Devastator si è guadagnato l’attenzione e l’affetto dei fans in maniera del tutto particolare, non è ancora ben chiaro il perchè. Fatto sta che la TFC Toys abbia voluto applicare una procedura di restyling e ingrandimento dei cinque componenti del nostro amato robottone verde


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fluorescente. Il risultato è il gigantesco “Hercules” dalle dimensioni di un Jumbo Machinder (circa 40 centimetri). Anche un’altra casa produttrice, la giapponese Make Toys, ha provveduto a sfornare la propria versione del Devastator, il “Giant”, mantenendo anche la colorazione (nella versione “Type 61”) e molti particolari originali, con ottimi risultati. In ambedue le produzioni abbiamo due giganteschi robot componibili, principalmente costruiti in

PVC ma con più particolari, con snodi e trasformazioni molto più elaborati rispetto al classico Devastator Takara. Sono sicuro che gli appassionati avranno già provveduto ad accaparrarsi almeno uno di questi colossi! CONCLUDENDO Le serie storiche dei Transformers sono ben lontane dall’estinguersi, proprio grazie all’azzeccata scelta di marketing operata da Takara e Hasbro, che fece letteralmente “esplodere” la Transformers Mania in

tutto il mondo. Insomma, squadra che vince non si cambia! La serie “Masterpiece” prosegue ad un ritmo costante, guadagnando prestigio ed interesse, e la serie “Encore” ha contribuito a far provare nuovamente le stesse emozioni della serie G1 a chi, sfortunatamente, non era più in grado di reperire sul mercato la versione originale, a condizione di spendere cifre astronomiche. Se poi vogliamo aggiungere la volontà di altre case produttrici di voler mantenere alta la ban-

diera del “More than meets the eye” (storico motto dei Transformers) con nuove versioni, opere di restyilng o re-issuing, beh, il futuro riserva ancora questo ed altro alla fortunata serie Takara. Per questo mese è tutto, rinnovo l’appuntamento con “L’Alabarda Spaziale – Modellismo Robotico” tra un mese esatto. Ci vediamo su Facebook! MATA NE! Roberto “Robb” Morello


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TUTTO SU “TOMB RAIDER” www.gamesearch.it

nista del gioco è diventata un’icona mondiale, guadagnandosi centinaia di prestigiose copertine (non solo di riviste di videogiochi). Il successo si è spinto poi in molti altri ambiti (fumetti, gadget, action figures) culminando nell’universo hollywoodiano con (per il momento) due film interpretati da Angelina Jolie. Ma cosa aveva Tomb Raider di tanto interessante?

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viluppato da Core Design e pubblicato da Eidos nel 1996 per, Sega Saturn, PlayStation e PC, Tomb Raider ha dato origine ad un vero fenomeno mediatico: Lara Croft. Forse per la qualità stessa del videogioco, o forse per il “Girl Power” che tanto andava di moda in quegli anni, la giovane archeologa inglese protago-

IL NUOVO INDIANA JONES Innanzitutto il contesto narrativo ha permesso di dar vita ad una trama non particolarmente originale, ma coinvolgente e soprattutto (considerata l’ambientazione) affascinante: come il collega Indiana Jones, anche Lara è una cercatrice di tesori per nulla intimorita nell’andare ad esplorare sepolcri e altri luoghi misteriosi e pieni di pericoli. La nostra avventura ha inizio in Perù (nelle vicinanze della tomba di


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Qualopec) alla ricerca di uno dei tre frammenti che compongono il talismano di Scion, un prezioso artefatto che, secondo la leggenda, proviene direttamente da Atlantide. Sulla sua strada troverà però gli uomini di Jacqueline Natla, una donna d’affari pronta a tutto pur di entrare in possesso dell’antico manufatto. Tra mille peripezie, Tomb Raider ci porterà anche nei luoghi storici della Grecia e dell’ Egitto, fino ad arrivare nella già citata Atlantide. Il fascino di Tomb Raider e degli spazi tridimensionali in esso esplorati, deriva dal sapiente level design e dal massiccio uso di espedienti grafici, allora piuttosto innovativi, quali ad esempio il textures mapping. Questa tecnica ha permesso di rendere più credibili i templi, le caverne e tutti gli altri ambienti, ricoprendoli con una serie di particolari (geroglifici, ideogrammi, muschi, af-

freschi...) capaci di aumentare il carisma generale dell’opera. Tomb Raider non avrebbe però suscitato così tanto scalpore se non ci fossero state Lara Croft e le sue curve (ai tempi un po’ spigolose); inoltre le splendide animazioni e l’ampio parco di movimenti, rendevano divertente, agile e veloce l’esplorazione degli ampi

livelli, alla ricerca di leve, chiavi o passaggi nascosti. Il gameplay era un accorto miscuglio di azione e shooting in terza persona, con un’attenta collocazione dei nemici ed un buon numero di enigmi da risolvere. Una critica (per quanto riguarda la versione console), sollevata in passato da alcuni giocatori, riguarda i Cristalli di Salvataggio, presenti in un numero abbastanza esiguo. Tomb Raider è uno di quei titoli che dimostra quanto un videogame possa spingersi oltre il solo scopo di intrattenimento ludico. Ma al di là del cerchio mediatico creatosi attorno alla protagonista, vogliamo ricordare questo gioco per le idee, l’impegno e l’ottimo lavoro svolto dai programmatori di Core Disign.

LARA CROFT AND THE GUARDIAN OF LIGHT Più di dieci anni dopo la pubblicazione dell’ultimo Tomb Raider degno della serie (The Last Revelation) e dopo una parentesi in cui Lara ha dovuto affrontare avventure del tutto trascurabili, insignificanti e con poca inventiva (partendo da Angel Of Darkness, passando per T.R. Legend fino a T.R. Underworld), torna la nostra “profanatrice di tombe” preferita in un’ avventura che, sebbene non rivoluzioni il genere e nemmeno prometta un ritorno ai vecchi fasti, ha il merito (non trascurabile) di essere dinamica, ben realizzata e soprattutto molto divertente. Sviluppato dalla software house Crystal Dynamics e pubblicato da Square Enix nell’agosto 2010 per


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Xbox Live (versione provata), Pc e PlayStation Network, Lara Croft and the Guardian of Light offre il massimo del suo potenziale divertimento nella modalità cooperativa, sia online che offline: il giocatore potrà assumere sia il ruolo di Lara sia quello di un antico guerriero Maya chiamato Totec; i due dovranno cooperare per fermare lo spirito maligno Xolotl e recuperare lo specchio di fumo. Nella modalità per giocatore singolo invece guideremo solo Lara, alla scoperta di antiche rovine precolombiane, foreste insidiose e caverne di lava. Ce n’è per tutti i gusti insomma: la varietà delle ambientazioni e la splen-

dida realizzazione delle stesse, con effetti di luce e ombre, schizzi d’acqua e una vegetazione dinamica, sono sicuramente uno dei punti di forza del gioco, sviluppato in visuale isometrica e con un’ottima telecamera che stringe e allarga la “scena” a seconda delle situazioni. Si aggiunga una schiera di nemici di ogni sorta: dai ragni giganti ai guerrieri dell’oltretomba fino al ritorno dell’amato tirannosauro tanto caro alla serie Tomb Raider. La nostra Lara non sarà comunque indifesa e anche questa volta, progredendo nel gioco, avremo modo di recuperare un intero arsenale composto da decine di armi diverse.

Gli enigmi sono ben congeniati, e anche se la loro facile soluzione non alza di molto il livello di sfida, tuttavia sfruttano un buon motore fisico (ad esempio per far rotolare massi come in una specie di gigantesco flipper) e soprattutto richiedono una certa dose di abilità nei movimenti. Un’abilità manuale richiesta al giocatore che sembra essere la cifra stilistica di tutto il gioco: ci troveremo a dover schivare, saltare su piattaforme a tempo o rotanti, correre evitando ostacoli o punte che improvvisamente sbucano dal pavimento. Questo risvolto platform (che era presente negli altri titoli della serie anche se in maniera meno pronunciata) rende il gioco molto più dinamico e divertente. Per chi non si accontenta degli enigmi troppo facili, nei vari livelli si trovano ogni tanto porte contrassegnate da due teschi rossi: all’interno potremo ricevere premi speciali affrontando sfide facoltative un po’ più difficili. Altro punto di forza del gioco è la sua longevità. The Guardian of Light richiede circa dieci ore,

senza contare tutta una serie di obiettivi da portare a termine per completare ogni singolo livello al 100% come ad esempio recuperare oggetti, compiere determinate azioni o le classiche sfide a tempo. Completare il gioco portando a compimento tutte le sfide permette di sbloccare costumi, filmati e molto altro. Lara Croft and the Guardian of Light è una piacevole parentesi all’interno di una saga che già da troppo tempo mostrava segni di stanchezza e mancanza di inventiva; un titolo dinamico e senza pretese, da giocare possibilmente in compagnia. Comunque niente di paragonabile alla bellissima profondità cui Tomb Raider ci aveva abituati. Già il fatto di chiamare il gioco con il nome della sua protagonista ci fa capire molto sulle intenzioni degli sviluppatori: Lara si prende una vacanza, e speriamo un giorno di vederla tornare ancora in forma. Francesco Di Iorio


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“CENA CON GRAMSCI”: L’EVENTO www.gianlucacostantini.com - http://main.beccogiallo.net

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aso” editoriale in un anno di crisi del settore. Riuscitissimo esperimento di Becco Giallo, casa editrice di successo attenta a nuove forme e formati di proposta dell’oggetto libro. Il graphic novel più recensito, e con toni entusiastici, della stagione 2011-2012. “Cena con Gramsci” è la riuscita prova di due artisti che perseguono assieme, da più di un decennio, una ricerca autoriale e curatoriale attorno alle più diverse declinazioni politiche del linguaggio fumettistico. Elettra Stamboulis, poetessa, saggista e curatrice, ha regolato i ritmi e il racconto, distillando, dallo spettacolo teatrale cui il fumetto è ispirato, una narrazione sospesa tra prosa e lirica, ironia e riflessione, gioco e approfondimento. Gianluca Costantini, da sempre fedele al predicato realista

per cui “ogni libro ha bisogno di uno stile particolare”, ha mescolato il linearismo pop dei comics, sempre calibrato sulla sofisticata tradizione calligrafica che scorre

nelle sue vene di ravennate doc, con rivisitazioni collagistiche di foto d’epoca, in molti casi esposte alla recente mostra itinerante dedicata alla storia del PCI. Gianluca Costantini

Elettra Stramboulis

Il risultato è stato elogiato dalle principali testate nazionali per l’originalità artistica e l’ottimo risultato narrativo: “Cena con Gramsci mescola il tratto grafico d’avanguardia con collage di fotografie storiche” (Renato Pallavicini, “L’Unità”); “si distingue per un eclettico mix di stili e tecniche narrative” (“Panorama”); rappresenta un modello di “raffinata unità estetica, ideale, narrativa” (Silvano Mezzavilla, “Il Mattino”). Primo dei tre eventi proposti dalla Galleria Miomao ai propri collezionisti per festeggiare il traguardo dei cinque anni di attività, la mostra Gramsci è stata un invito a riscoprire, con l’aiuto dei due artisti, l’attualità di Gramsci pensatore, al di là di schieramenti partitici o letture bidimensionali. E di avvicinarsi, ancora una volta, alla geniale maestria eclettica di Gianluca


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Costantini, artista che con la Galleria Miomao ha realizzato diverse prestigiose mostre monografiche (“Sangue in Algeria”, Perugia, 2008; “Salon du dessin contem-

porain”, Parigi, 2009). In occasione del vernissage, Elettra Stamboulis e Gianluca Costantini hanno conversato sul libro: la ricerca a esso sottesa, l’incursione nel-

l’universo, storico e filosofico, di Gramsci, l’esplorazione dell’immaginario dell’intellettuale sardo. La mostra, organizzata in collaborazione con l’editrice Becco

Giallo, è stata il primo evento della programmazione “Miomao_Jubilee”, che la Galleria Miomao ha proposto nell’autunno 2012. BG Staff


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“SAN MARINO ANIMÆ FESTIVAL” www.s-af.net

Il Comitato Esecutivo del Festival, l’Ambasciata della Repubblica di San Marino in Giappone ed il Convention & Visitors Bureau della Repubblica di San Marino sono lieti di presentare: SAN MARINO CAPITALE DELL’ANIMAZIONE GIAPPONESE

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l 7, 8 e 9 dicembre prossimi sarà inaugurata al Centro Congressi Kursaal della Repubblica di San Marino – Terra della Libertà e della Pace – il SAN MARINO ANIMÆ FESTIVAL, il primo festival internazionale dedicato all’animazione giapponese che vede per la prima volta in assoluto la presenza ufficiale dei più grandi nomi dei cartoni animati Made in Japan in un evento estero. Tra gli ospiti d’eccezione di questa proto edizione saranno due tra i più importanti nomi dell’animazione del Sol Levante:Yoshiyuki Tomino, ideatore della mitica serie Gundam e Kozo Morishita, produttore di molti Anime tra cui il celeberrimo Dragon Ball Z. Ponendosi come punto d’incontro tra le culture d’oriente e d’occidente, questa manifestazione è il primo vero tentativo di presentazione ad un pubblico europeo e più

in generale fuori dal paese d’origine del rinnovato fascino dell’animazione giapponese, passando in rassegna alcuni tra i lavori più emblematici della produzione esistente che è diventata nel corso del tempo una vera e propria icona della cultura giapponese nel mondo. Nel corso degli ultimi anni infatti alcuni dei caratteri tipici della produzione anime sono stati in grado di influenzare significativamente altre correnti cinematografiche quali la stessa produzione hollywoodiana – si veda, ad esempio, l’indimenticata trilogia Matrix dei fratelli Wachowski – diventando tra i fan d’oltre-

mare il simbolo indiscusso di quel “way of life” conosciuto oggi sotto il nome di Cool Japan: è attraverso questo processo osmotico di influenza verso altre forme d’espressione che il rinnovato fascino anime riesce a trasformarsi definitivamente da mera attività di fruizione di prodotto cinematografico in un incipit che funge da stimolo per produrre una variegata gamma di forme artistiche quali appunto il costume play, l’animesong e molte altre che ne determinano, in ultima analisi, l’incoronamento a livello internazionale. Il tipo di contenuti presentati in questo festival evidenzia inoltre uno dei

suoi obiettivi principali, il tentativo cioè di promuovere l’idea di una “cultura internazionale” basata sulla mescolanza reciproca tra culture di paesi diversi e sui concetti di Pace e fratellanza, in sostanza un messaggio “di alta qualità” che cerca di abbattere i concetti generalmente alla base di pensieri filo-religiosi o derivanti delle decisioni dei singoli Governi nazionali che riesca per una volta a svincolarsi dal luogo comune spesso ricorrente in alcune aree del pensiero occidentale secondo cui il prodotto anime si traduce in una forma di espressione del fantastico non adatta a un pubblico adulto. La seconda grande novità del SAN MARINO ANIMÆ FESTIVAL rispetto agli eventi di animazione giapponese che hanno finora avuto luogo fuori dal Giappone è la presenza diretta delle case di produzione nipponiche più attive e rappresentative in questo campo, le quali hanno scelto di proporre i loro lavori direttamente ai fan e agli specialisti del settore europei sullo storico sfondo patrimonio dell’umanità della Repubblica di San Marino: una caratteristica questa senza precedenti che fa del SAN MARINO ANIMÆ FESTIVAL una rassegna cinematografica unica nel suo genere e


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che gli organizzatori sperano di poter ampliare già dalla seconda edizione in forma di concorso internazionale comprendente anche film di animazione prodotti fuori dal paese del Sol Levante. Tra le varie attività che interesseranno il Centro Congressi Kursaal, il Cinema Turismo, il Teatro

Titano ed in Teatro Concordia ricordiamo: I film e le proiezioni speciali in programma: Lupin the 3rd, NEVER Wants a diamond; Dragon Ball Z - The Strongest Rivals; Saint Seiya - The Legend of Hot Blooded Boys; Saint Seiya Omega; Ano Hana - Ancora non conosciamo il nome del

fiore che abbiamo visto quel giorno; Mobile Suit Gundam I; Mobile Suit Gundam II Soldati Del Dolore; Mobile Suit Gundam III Incontro Nello Spazio; Madoka Magica - Parte 1 - L’inizio della storia; Madoka Magica - Parte 2 - La storia infinita; Detective Conan - The Fourteenth Target;

Code Geass - Lelouch of the Rebellion; Galaxy Kickoff!! Live Music from Japan: Anime Song Live. - Concerto dal vivo dei JAM PROJECT; - Concerto dal vivo di ALI PROJECT. Biglietti presto disponibili su www.vivaticket.it oppure al call center: 89.96.66.805.

- PILLOLE DI PSICOLOGIA DEL FUMETTO -

IL MONDO DISNEY

G

li albi di Topolino narrano le vicende di due gruppi di personaggi: quelli che risiedono a Topolinia e quelli di Paperopoli. I personaggi di Topolinia ruotano intorno a Topolino, che collabora con la polizia, riuscendo sempre a bloccare le imprese criminose di Gambadilegno. Secondo Mongai (1983) Topolino è troppo normale e sereno: “non si arrabbia praticamente mai, non è mai scortese, maleducato, o anche solo nervoso, non soffre di stress dopo ore o giorni di avventure stressanti”. I personaggi di Paperopoli che ruotano attorno a Paperino, riflettono i valori dominanti della società capitalistica statunitense. Tutti i personaggi disneyani, e più in generale, tutti i protagonisti degli albi di questa categoria sono estremamente tipizzati; essi risultano prigionieri dei propri tratti di

carattere fino a divenire simboli dell’avarizia (Paperone), dell’ingenuità (Pippo) ecc. Il ruolo dei personaggi femminili è generalmente quello della “fidanzata eterna: chi fi danzata nasce fi danzata resta, nella sua immutabile giovinezza che dura decenni” (Minni, Paperina). Altre donne assu-

mono invece connotati fiabeschi; in quasi tutte le testate del genere comico classico vi è almeno una protagonista maga, strega o fata. I miti collettivi sono frequentemente rappresentati in questo genere di fumetti; “la parodia dei classici letterari (Paperin Hood, Paperino Don Chisciotte) viene

adattata ai valori interni dell’universo dei paperi e dei topi: Paperino ne assume l’impulso conoscitivo, l’ingenuo, infantile, maldestro stupore sull’ignoto e sul meraviglioso; Paperone, invece, l’interesse economico del viaggio e della scoperta. Marco Minelli


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UN ARGOMENTO SEMPRE ATTUALE www.edizioniel.com

L’

industria culturale prepara oggi un nuovo tipo di discriminazione che sostituirà o si aggiungerà a quella costituita nel passato dal saper leggere e scrivere. L’elemento di tale discriminazione è l’immagine che, entrata prepotentemente nella

cultura occidentale sotto forma di mass media, fa ormai parte dei processi di comunicazione e di pensiero degli individui “civilizzati”. Il fumetto è al contempo esempio e veicolo di questo processo, presentandosi sul mercato già programmato per

un’utenza doppia: quella di chi è in grado di decodificare e apprezzare il comic “difficile” e quella che ricerca, non avendo altri strumenti culturali, banalità d’evasione caratterizzate spesso da forme grafiche d’accatto. Così i bambini che oggi imparano a leggere immagini

raffinate si preparano ad essere i “colti” di domani. La scuola può e deve intervenire in questo processo appropriandosi del codice del fumetto e cercando di parare l’insorgere di questo nuovo divario socioculturale. Questo libro vuole essere uno strumento d’analisi e una proposta pedagogico-didattica per aiutare gli insegnanti sensibili a questa problematica anche sul piano concreto. Gli Autori Marco Dallari svolge l’attività di pedagogista presso il comune di Carpi e collabora come esercitatore alla facoltà di magistero dell’università di Bologna. Ha pubblicato, tra l’altro, Il linguaggio grafico-pittorico nella scuola dell’infanzia (La Nuova Italia, 1977). Roberto Farnè, laureato in pedagogia, è animatore culturale delle scuole a tempo pieno del comune di Carpi e esercitatore presso la facoltà di magistero dell’università di Bologna. Tratto dalla quarta di copertina Anno: 1977

Anno di pubblicazione: 1977 Pagine: 140 Prezzo L. 3000 Edizioni: Emme Edizioni Lingua: Italiano


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IL PROFESSOR LAYTON E I SUOI ENIGMI www.mangame.it

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nigma del giorno: scrivere un articolo per JAPANIMANDO in modo da usare un numero tale di parole che colleghi le volte in cui lo staff del Mangamé è comparso sulla rivista e le uscite totali della suddetta rivista. Questo enigma vale 50 picarati e la risposta la troverete sulla prossima uscita! Scusate... mi sono fatto prendere la mano dal professor Layton! E’ stato amore a prima vista per questa serie di videogiochi, non oso negarlo, e, a volte, mi sembra di vedere il mondo a enigmi. Forse, però, è meglio fare un passo indietro e raccontarvi tutto dall’inizio in modo tale che voi, miei cari lettori, non dubitiate della mia sanità mentale.

Tutto inizia qualche mese fa. Era già diverso tempo che sentivo parlare dei videogiochi per Nintendo DS (e 3DS) del professor Layton e avevo curiosità di provarli. Purtroppo tra un impegno e l’altro e il lavoro in negozio non ho mai avuto la possibilità di fare un salto a comprarne uno. Per un caso fortuito, un amico mi presta il primo capito del gioco, “Il professor Layton e il paese dei misteri”, dandomi così l’opportunità di colmare questa lacuna; è stato amore al primo enigma e ho capito il motivo per cui questo “brand” è uno delle colonne portanti del Nintendo DS come Mario o Pokémon. Le avventure di Hershel Layton e di Luke Triton, il suo assistente, si svol-

gono in una Inghilterra di un’epoca imprecisata ma che, grosso modo, possiamo individuare nella prima metà del secolo scorso. Layton è un professore trentacinquenne di archeologia presso la Gressenheller University ma non è famoso per la sua attività accademica; quello che lo porta spesso alla ribalta della cronaca e gli procura le prime pagine sui quotidiani è il suo acume. Infatti il “prof” è un appassionato di enigmi ed è capace di risolverli praticamente tutti con il giusto ragionamento. Luke è un ragazzino che segue sempre il professore nelle sue “missioni enigmistiche” e che lo ritiene un modello da seguire. Potrei anche raccontarvi il perché del legame tra i

due ma non voglio togliervi il gusto di scoprirlo giocando. I videogiochi hanno una struttura molto semplice: ognuno di essi è un racconto che procede solo quando il giocatore, Layton o Luke, risolve un mistero ricevendo come ricompensa dei “picarati”, ovvero dei punti che serviranno ad accedere a bonus di varia natura una volta completato il gioco. La narrazione avviene attraverso i dialoghi dei protagonisti e grazie all’ausilio di sequenze animate, veri e propri “anime”. Lo stile del disegno è molto caratteristico poiché unisce linee molto semplici per i personaggi, un character design originale e un buon dettaglio per gli sfondi e gli oggetti meccanici rega-


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landoci un look retro-steampunk-neovittoriano. Un altro aspetto importante del gioco, che contribuisce a creare una giusta atmosfera, è la colonna sonora composta da Norihito Sumitomo. Hershel Layton è un vero gentiluomo inglese. E’ istruito, gentile e non si scompone mai. Ha un aplomb impeccabile, insomma. Il suo tratto di-

stintivo è la tuba che indossa sempre, non separandosene mai. Le sue maniere ne rispecchiano il carattere e riesce a mettere sempre a proprio agio i suoi compagni di avventura. Per i suoi spostamenti usa la sua inseparabile auto, chiamata affettuosamente Layton Mobile. Il suo giovane amico Luke Triton è in un certo senso è l’esatto

contrario: sebbene non si possa dire che abbia un modo di vestire sciatto, è un normalissimo ragazzino inglese che perde il controllo nei momenti in cui dovrebbe averne di più. Come il suo mentore ha un tratto caratteristico: riesce a comprendere e dialogare (oserei dire “parlare”) con gli animali. I giochi del professore inglese sono sei e compongono due trilogie. La prima è composta dai titoli “Il professor Layton e il paese dei misteri (Nintendo DS, 2008), “Il professor Layton e lo scrigno di Pandora (Nintendo DS, 2009) e “Il professor Layton e il futuro perduto” (Nintendo DS, 2010). La seconda trilogia, collocata prima degli eventi de “Il paese dei misteri”, è composta da “Il professor Layton e il richiamo dello spettro (Nintendo DS, 2011), “Il professor Layton e la maschera dei miracoli” (Nintendo 3DS, 2012) e un gioco in uscita in Giappone durante l’anno prossimo che porterà il titolo di “Reiton-kyoju to Cho-Bunmei E no Isan”. Ai giochi si unisce un film, “Il professor Layton e l’eterna diva” e una serie di fumetti in quattro volumi, in conclusione a breve in Giappone”, “Il professor Layton e i misteri buffi”. Il manga di Layton è di genere comico con personaggi quasi super-deformed. Il cui target è un pubblico di bambini ma

potrà sicuramente piacere anche ai fan più grandicelli per via della verve comica e delle situazioni sempre divertenti come quella in cui Luke vuole scoprire cosa ci sia sotto la tuba che indossa sempre il professore; ricorda molto da vicino un episodio della serie TV di Naruto in cui i ragazzi cercano di scoprire come sia la bocca del maestro Kakashi sempre coperta dalla maschera. I personaggi si muovono con comportamenti che non hanno nei giochi; scordatevi quindi un Layton compassato e preparatevi ad uno scatenato professore che tutti avremmo voluto avere a scuola e ad un Luke che si ribella e si vendica dei comportamenti a volte dispotici del prof. I titoli del professor Layton dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, che i videogiochi possono essere “intrattenimento” su diversi livelli riuscendo a mettere alla prova il giocatore e a raccontargli una storia ben costruita con personaggi che riescono a farti affezionare e dei quali senti la mancanza e la nostalgia nel momento in cui spegni la console. Consiglio quindi a tutti di provare almeno un gioco perché sono sicuro che non riuscirete a staccarvi... e di andare in fumetteria a comprare il fumetto perché sono risate assicurate. Mangame Staff


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“THE WALKING DEAD”: LA TERZA STAGIONE www.nerocafe.net

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a terza stagione di The Walking Dead è iniziata lunedi 15 ottobre su Fox Italia, e Nero Cafè vi rinfresca la memoria parlandovi della seconda. L’articolo origi-

nale è stato pubblicato su nostro sito il 16 marzo del 2012, poco tempo dopo la messa in onda degli ultimi episodi, sempre sulla rete satellitare. Nero Cafè ha trattato la

serie The Walking Dead in varie occasioni. E non poteva essere diversamente, vista la loro attitudine horror. Ma è con la rubrica dedicata alla recensioni, che più di ogni altra

affrontano una delle serie televisive più viste in Italia e nel resto del mondo. Il Terzo Occhio ha infatti seguito The Walking Dead fin dal suo esordio. Due stagioni brevi ma intense, in cui abbiamo assistito alla fine del mondo così come lo conosciamo, ad opera di orde mai sazie di zombie. Abbiamo seguito le vicende di un gruppo di superstiti, in lotta ogni giorno, ancor prima che per la sopravvivenza, con se stessi, per il benessere - o forse dovremmo dire il comando - del gruppo. Shane e Rick, una volta grandi amici - oltre che tutori della legge - si sono involuti fino a cercare di uccidersi l’un l’altro, entrambi resi ciechi dall’amore per Lori e Carl (moglie e figlio di Rick) e per la conservazione del ruolo di leader. Certo, tutti noi abbiamo parteggiato per Rick sebbene la sua “saggezza” sia venuta meno puntata dopo puntata - e odiato Shane per il suo cinismo, la follia delle sue azioni, la falsità delle parole dette ai compagni per togliersi d’impiccio tutte quelle volte in cui gli ormoni hanno ragionato più velocemente del cervello. La sua dipartita a una puntata dal termine di questa stagione lascia però un senso di vuoto e - diciamocelo - un po’ di amaro in bocca. Forse perché ci aspettavamo


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che la resa dei conti sarebbe arrivata lunedi prossimo, 19 marzo. Ma una resa dei conti, siamo convinti, ci sarà lo stesso. I non-morti che avanzano nella notte verso la fattoria lasciano presagire un ricco banchetto coi “topi” - i nostri - chiusi in trappola all’interno della casa di Herschel. Ancora freschi della tragica morte di Dale, la vera coscienza del gruppo - non è un caso che lo scontro tra Rick e Shane sia avvenuto dopo la perdita di questa “coscienza comune” - i superstiti devono cercare di tornare compatti se vogliono uscire vivi da questa ennesima prova. E così restiamo in attesa

del gran finale di lunedi prossimo, accanto a Rick, ormai “maturato” e pronto a tutto dopo l’uc-

cisione di Shane; a Daryl, le cui contraddizioni ne hanno fatto un personaggio interessante, fonte - ci

auguriamo - di nuove sorprese; a Glenn, dal quale ci aspettiamo grandi cose se vuole che la sua storia con Maggie non muoia sul nascere; ad Andrea, dalla quale - dopo la morte dei suoi compagni più stretti - potrebbero scaturire azioni estreme e imprevedibili; a Lori, sempre più insopportabile, ma pur sempre elemento cardine negli equilibri del gruppo; a tutti gli altri, nessuno fuori posto in questa grande giostra crudele che è il mondo cinico di The Walking Dead. Quattro Coltelli per quella che è la serie tv horror dell’anno. Daniele Picciuti


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HABEL E LA PROFEZIA MAYA www.schizzo-fantasy.it - www.eremonedizioni.it

21 dicembre 2012 La fine del mondo o un nuovo inizio? Un viaggio avventuroso, un passato che ritorna, una profezia da svelare, coincidenze misteriose... “Habel e la profezia Maya” Salve a tutti! Siamo Alessandro Scoccia e Tiziana Trimboli due disegnatori di Roma autori di “Habel e la profezia Maya” edito dalla Eremon Edizioni. Abbiamo cooperato con diverse realtà editoriali e pubblicato sia su supporto cartaceo che nel web avvalendoci della collaborazione di diversi sceneggiatori. “Habel e la profezia Maya”, invece, ci vede per la prima volta impegnati sia come autori dei testi che dei disegni. Ci troviamo su queste pagine perché gli amici di JAPANIMANDO ci hanno gentilmente invitato a parlare di noi e del nostro lavoro... allora, che dire? Vi presentiamo Abele, un personaggio nato dal nostro continuo desiderio di trovare delle risposte ai tanti quesiti rimasti irrisolti e che ancora oggi avvolgono nel mistero le origini dell’uomo sulla Terra. Il protagonista della storia, inoltre, ci aiuterà a capire qualcosa di più in merito a diversi avvenimenti e fatti insoliti che ogni giorno le cronache di tutto il mondo portano alla nostra atten-

zione. Ma di cosa ci narra “Habel e la profezia Maya”? Per prima cosa, possiamo dirvi che è un fumetto che affronta temi e argomenti delicati; argomenti che da un lato potrebbero risultare scomodi e fastidiosi, ma dall’altro, risulteranno molto utlili per tutti coloro che desiderano guardare oltre le apparenze o il puro fatto di “cronaca”. In questa avventura, descritta con dovizia di particolari, vengono narrate storie, riportate informazioni e illustrati aneddoti che condurranno il lettore a porsi domande su ciò che di soprannaturale e inspiegabile circonda da sempre la storia dell’umanità... Così, se il nostro intento è quello di contribuire affinchè si rifletta maggiormente su argomenti così importanti per il futuro della nostra civiltà, possiamo riuscirci con l’unico mezzo di cui siamo veramente capaci: il fumetto! Habel in fondo è questo, non è un fumetto per bambini, ma per lettori che hanno la voglia e il coraggio di porsi domande accettandone le risposte; non è solo una raccolta di disegni per dilettare l’appassionato lettore, ma è un messaggio, una sfida, un appello ad aprire gli occhi, a vedere quello che non vogliono farci vedere, un invito a pensare, a ragionare. Per-


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ché tutto sommato, come diceva qualcuno, “la verità è là fuori” e allora guardiamoci dentro, andiamo a scoprirla! “Il cammino iniziatico di Abele sembra volto al termine, quando una chiamata improvvisa lo porta a vivere una nuova avventura... Il grande viaggio in cui Emiliano, suo amico d’infanzia, lo coinvolge, lo porterà fino a Machu Picchu alla scoperta di nuove e misteriose verità! Che cosa ci aspetta il 21 dicembre 2012? Cosa predisse l’antico popolo dei Maya? In compagnia di Emiliano e

con la guida del professore Mendoza, Abele seguirà un sentiero di conoscenza che lo porterà a scoprire un segreto che va al di là del passato e del futuro!” Se vi abbiamo fatto pensare, venire dei dubbi o semplicemente vi abbiamo incuriosito, leggete il nostro fumetto e poi diteci la vostra sul nostro sito o sulla nostra pagina facebook. Vi aspettiamo! Alessandro e Tiziana

P.S.: se non doveste trovarlo nei negozi, potete ordinarlo direttamente alla Eremon.


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INTERVISTA AL MITO: KAWAI KENJI www.giapponeinitalia.org

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awai Kenji rappresenta nella cultura giapponese ed in particolare nel mondo dell’animazione, un nome quasi leggendario per le numerose partiture prodotte in oltre venti anni di carriera ma soprattutto per i grandi titoli cinematografici che l’hanno visto coinvolto. Compositore la cui carriera compositiva sin dalle origini è sotto il segno della poliedricità e dell’insofferenza alle regole prestabilite, dopo solo alcuni mesi alla Shobi College of Music di Tokyo infatti decide di staccarsi dal mondo accademico ufficiale per intraprendere una carriera di chitarrista fondando una sua band ancora attiva AGG. Il suo primo lavoro per l’animazione risale al 1986 in collaborazione con i registi Kazuo Yamazaki e Takashi Annō per la stesura della colonna sonora della nota serie in 96 episodi Maison Ikkoku, diventata serie di culto in quasi tutto il mondo. Lo stile però non è ancora prettamente definito e sarà soprattutto dall’incontro con il regista Mamoru Oshii per il film “Gli occhiali rossi” (Akai Magane), con cui stabilirà un sodalizio stretto, che gli permetterà di esprimersi al meglio dando inizio ad una ricerca che sempre maggiormente farà emergere uno stile riconoscibile ed autonomo. La

collaborazione proseguirà anche con la serie Mobile Police Patlabor sempre diretta da Oshii. Gli anni ‘80 lo vedono anche coinvolto in alcune serie di successo come Ranma ½ e gli OVA di Devilman, serie animata tratta dal manga di Go Nagai. L’anno della svolta è però il 1995 quando ancora una volta il regista Mamoru Oshii lo chiama per la stesura della partitura di Ghost in the Shell. Il film, ambientato in un futuro in cui l’uomo e la macchina vivono in stretta convivenza ai limiti del riconoscibile, permette a Kawai di scrivere brani di intenso lirismo caratterizzati da una forte componente sperimentalista, quale ad esempio il brano d’apertura, un canto matrimoniale ma ripensato con una sonorità tipica

dei canti bulgari ed un sapiente uso della propria tradizione musicale. Il film, riscuotendo un successo in tutto il mondo e visto come primo manifesto di una nuova cinematografia che sarà in seguito fondamentale per opere quali Matrix del 1999, permette all’autore di essere conosciuto e

apprezzato anche al di fuori dei confini nazionali. Nel 1997 Nakata Hideo lo chiama quindi per scrivere le musiche alla serie cinematografica horror Ring, collaborazione che si confermerà anche nei film dello stesso regista, Sleeping Bride e Chaos del 2000, nonché in Dark Water del 2002. Nel 2001 è però ancora Oshii a richiamarlo per un’altra opera cinematografica che prosegue idealmente l’estetica ed il percorso iniziato in Ghost in the Shell, Avalon. Fanno seguito nel 2004 Innocence, seguito di Ghost in the Shell, l’interessante esperimento musicale Open your mind (Mezame no hakobune) del 2005 entrambi diretti ancora da Oshii ed il colossal cinese Seven Swords diretto dal regista Tsui Hark. Gli anni 2000 lo vedono quindi impegnato su più fronti in progetti diversi


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ma tutti accomunati da un’estetica comune rivolta soprattutto ad una fusione tra passato e futuro. Nonostante lui stesso non sappia definire se il suo stile compositivo sia particolarmente adatto a questo particolare genere, la sua influenza sulla cinematografia fantasy di ambientazione futurista è oltremodo indubbia. Tra i progetti più interessanti che ancora una volta lo vedono coinvolto sono la serie di successo Fate/Stay Night del 2006, Seirei no Moribito del 2007, serie diretta dal regista Kamiyama Kenji, con cui collaborerà anche nell’inconsueto Higashi no Eden del 2009. Una menzione speciale va però ancora ad un film diretto da Mamoru Oshii, The Sky Crawlers del 2008, in cui alle già sperimentate sonorità elettroniche, la melodia centrale, affidata ad un’arpa, riesce a restituire con rara efficacia la malinconia del tema centrale del film anche attraverso una sapiente orchestrazione creata completamente in studio. Tra le recenti opere segnaliamo infine l’interessante documentario Apocalypse, la 2e Guerre mondiale del 2009 di produzione francese e la serie animata Towa no Quon del 2011 la nuova collaborazione. Incontriamo quindi oggi il maestro Kawai a cui prima di tutto rivolgiamo un sincero ringraziamento per la gentilezza

e la cortesia di quest’intervista. E.F.: Mi risulta che Maison Ikkoku sia stata la sua prima collaborazione con il mondo dell’animazione, può confermarcelo? K.K.: Si, è stata proprio la prima. E.F.: Quali sono stati gli autori, siano essi compositori o scrittori, che hanno maggiormente influenzato il suo stile? K.K.: Tra tutti direi sicuramente Burt Bacharach. E.F.: La musica tradizionale giapponese è spesso presente nelle sue opere, come vede questo peculiare stile musicale all’interno del mondo contemporaneo? K.K.: Veramente non penso ad una reale separazione tra la musica tradizionale giapponese e la musica contemporanea, quindi dal mondo contemporaneo stesso. E.F.: Può descriverci il suo approccio come compositore all’animazione e alla cinematografia tradizionale e se ci sono differenze, secondo lei, alla scrittura per queste due forme d’arte? K.K.: Sicuramente ci sono differenze tra un film ed un programma diviso in più puntate. Nel caso di un film solitamente inizio a comporre la musica dopo che l’intera opera è stata filmata, mentre nel caso di un’opera seriale non posso vedere le immagini per cui sto scrivendo poi-


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ché la produzione musicale e quella cinematografica (animazione e non) procede simultaneamente con le riprese stesse. E.F.: In Europa e negli Stati Uniti è molto famoso soprattutto per la collaborazione con il regista Mamoru Oshii, collaborazioni che l’hanno vista coinvolta in opere come Patlabor, Ghost in the Shell e The Sky Crawlers. Questa collaborazione ricorda molto il sodalizio artistico che in passato ed ancora oggi hanno visto coppie come Sergio Leone - Ennio Morricone o Steven Spielberg - John Williams; possiamo dire che questo suo rapporto con il regista Oshii sia simile a quanto appena citato? K.K.: Non ne sono stato mai pienamente cosciente, comunque sia ho sicuramente alcune caratteristiche in comune con Mr. Oshii con cui sono perfettamente in sintonia. E.F.: In Ghost in the Shell, il suo seguito Innocence e The Sky Crawlers ha usato sempre un approccio differente alle immagini; questa è stata una scelta drammaturgica personale o vi sono stati altri elementi che sono intervenuti? K.K.: Oshii mi ha sempre dato delle chiare direttive di ciò che voleva ottenere, come ho detto è molto comodo lavorare con lui. E.F.: Riguardo invece

alla sua produzione più recente, ho ascoltato quanto ha scritto per Higashi no Eden, Seirei no Moribito e Fate/Stay Night, produzioni drammaturgicamente molto eterogenee tra loro. K.K.: Beh, si, di solito in questo caso tento sempre di esprimere in musica quanto le immagini che mi vengono mostrate mi ispirano. E.F.:A parte la collaborazione con Tsui Hark per Seven Sword, tutte le sue produzioni sono all’interno della produzione giapponese. Ci sono registi con cui vorrebbe lavorare fuori dai confini asiatici? K.K.: Direi che se potessi scegliere, sicuramente Ridley Scott. E.F.: Può dirci qualcosa rispetto ai suoi prossimi progetti? K.K.: Sto scrivendo la partitura per una collaborazione cinese, sud coreana e giapponese per il film “An end of killing” diretto da Wan Bing e sto ultimando anche la colonna sonora per un film di Hong Kong dal titolo “Saving General Yang” diretto da Ronny Yu. E.F.: La ringrazio ancora per l’estrema cortesia e gentilezza di quest’intervista. Spero veramente di poter ascoltare presto sue nuove composizioni. K.K.: Grazie a lei. Articolo, intervista e traduzione: Edmondo Filippini


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“ROMA, LA STIRPE DI MARTE” http://pqeditori.altervista.org

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ome nasce ROMA? Un paio di anni fa fui contattato da alcuni produttori romani i quali, avendo letto i miei albi precedenti (in particolare DECIMAS), volevano commissionarmi lo sviluppo di un nuovo pro-

getto sponsorizzato dagli enti pubblici romani. Mi recai a Roma per incontrarli e mi fu esposto un progetto, allora ancora in una fase meno che embrionale, che consisteva nel realizzare dieci episodi televisivi riguardanti la storia dell’impero ro-

mano. Sul cosa e come farlo mi fu data carta bianca, avrei dovuto proporre una serie di idee e soggetti e loro avrebbero scelto. Presi il treno, già con il cervello fumante ed un’ora dopo essere arrivato a casa inviai una scaletta con 10 piccole si-

nossi relative ai dieci periodi che ritenevo più importanti del periodo richiestomi, dal primo giorno di Roma fino all’ultimo. La sera stessa mi fu dato l’ok. Dovevo cominciare a scrivere... per l’entusiasmo mi ero dato una bella zappata sui piedi. Scelsi quindi, com’era logico e come io stesso avevo proposto, di partire dagli albori, dai due gemelli che avevano fondato Roma. Facile a dirsi ma difficilissimo a farsi. Le fonti sono poche e frammentarie ed è inutile dire

ROMA: la Stirpe di Marte (edizione speciale con 4° di copertina tribute colorata edizione limitata). Autori: Raffaele Simonelli, Umberto Giampà Dimensioni: 16 × 23, Brossurato, 60 pp, b/n Prezzo: € 5.00 Data di uscita: ora prenotabile in fumetteria o direttamente a lionscageforum@libero.it (con invio di una copia gratuita di DECIMAS: operazione demone ariano) Distributore: Pan, Alastor ROMA: La Stirpe di Marte. Scritto e Diretto da: Raffaele Simonelli. Assistente di Sceneggiatura: Claudia Lostumbo. Matite e Chine: Umberto Giampà. Colori: Pierluigi Casolino. Cover: U. Giampà, P. Casolino. Tribute Cover: U. Giampà, A. Massaro. Lettering: R. Simonelli, C. Lostumbo.


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che qualunque ente pubblico contattato si è detto non essere capace di aiutarmi, anche solo nelle piccole cose che chiedevo, come cenni architettonici, strutturali o geografici. Mi sono attenuto quindi alle fonti storiche, quasi favolistiche, più conosciute. Tuttavia queste fonti sono frammentarie e non permettono una buona narrazione. Ho così riempito i vuoti cercando di dedurre dal contesto quali fossero le situazioni più plausibili. Per quanto riguarda invece i costumi, l’aspetto dei protagonisti e gli scenari geografici ed architettonici, ho inventato tutto di sana pianta. Non mi andava di mostrare i gemelli come due barbuti guerrieri con una pentola sulla testa. Certo avremmo potuto rivedere tutto su quella base ma ho ritenuto che la narrazione ed il contenuto profondo della storia fosse più importante di tutto il resto. Le geografie e le architetture del tempo, se avessi rispettato quel poco che se ne sapeva, mi avrebbero costretto a rappresentare le grandi battaglie come zuffe fra tribù e questo, privo del contesto cinematografico, avrebbe reso tutto molto meno appetibile. Anche l’inserimento di personaggi di cui la storia non parla, come il sacerdote etrusco Velthur precettore dei gemelli, sono una necessità narrativa. È ovvio che i protagonisti non si possano essere

istruiti da soli su riti divinatori, storia dei popoli limitrofi e tradizioni antichissime. I gemelli Tutta la storia, ovviamente, orbita intorno alla figura dei gemelli, dalla loro nascita fino allo scontro decisivo per il possesso della nascente Roma. Relativamente alla loro storia mi sono attenuto fortemente alle fonti, aggiungendo solo qualche evento per rendere i personaggi più plausibili da un punto di vista pratico, raccontandone in parte la vita quotidiana. Ovviamente, per rendere il tutto più epico, ho reso le due figure molto più vicine ad uno stile di rappresentazione eroico fantasy, vestendoli del frutto delle loro imprese. Essi infatti indossano pelli di animali uccisi e monili sottratti ai briganti ed anche nel loro aspetto esteriore non sono identici. Ho infatti voluto dividere, come il mito ci racconta, i due fratelli nelle due facce della medaglia: non buono e cattivo (una dicotomia priva di sfumature ed a mio giudizio piatta) ma raffigurati nei due aspetti fondamentali rappresentanti la loro provenienza, i due aspetti di Marte. Da un lato abbiamo un Romolo più vicino all’italico Quirino, una rappresentazione di Marte benevolo, una sorta di fuoco che difende e riscalda. Dall’altra c’è un Remo possente e battagliero, molto più


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vicino al Marte guerresco, un portatore del fuoco che tutto arde. Ciò non vuol dire che dobbiamo immaginare un Romolo disposto a tutto per la pace e debole in battaglia, anzi. I due fratelli fanno sfoggio della loro furia divina in modo più che eclatante, per non dire eccessivo. Dimostrano spesso la loro superiorità, in particolare quando assediano Alba Longa e sbaragliano la guardia reale di Amulio. Il disegnatore Ho affidato la realizzazione di questo albo al disegnatore Umberto Giampà, un disegnatore di Reggio Calabria che nel corso del tempo mi ha dimostrato grande passione e serietà. Umberto ha realizzato matite molto italiane per raffinatezza e stile, coperte da chine estremamente potenti e violente, Umberto Giampà

dando così vita ad un buon mix internazionale che si esprime in un tratto pulito ma potente. Con Umberto siamo ora a lavoro su Roma: la leggenda del primo Re. Un nuovo tomo che racconta le vicende di Romolo dalla fondazione di Roma alla sua morte. Entrambi gli albi sono autoconclusivi ma ovviamente collegati. Per il futuro I nuovi progetti attualmente in cantiere sono Liberty Legion (una sorta di Justice League di stampo italiano ed europeo) ed una serie di oneshot a con temi differenti anche per il mercato USA, tra cui ROMA: battaglia eterna e L’ultima centuria, entrambi progetti ambientati in imperi di Roma nel futuro. Raffaele Simonelli


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“PARTITA ETERNA”:TERZA PARTE Su Facebook:Yrtimid Frisia Randy

Terzo capitolo del racconto di Deborah Degni. 3. La fine di una vita... l’inizio di una caccia Ero confusa e non sapevo cosa pensare o fare. Cosa avrei dovuto fare? Partire senza dire nulla? Dire addio a tutti? Oppure, dire la verità a tutti? La mia vita era stata ribaltata in meno di una settimana, era accaduto tutto così in fretta. L’inizio di un meraviglioso incubo si affacciava all’orizzonte: vivere in eterno. Avevo letto molto su questo argomento, ma non credevo che potesse esserci qualcosa di fondato e che proprio io avrei provato tale esperienza. Per un semplice capriccio di un Demone, io ero stata messa al corrente dell’esistenza di un mondo a parte, che non aveva nulla a che vedere con ciò che credevo realtà. Ora l’unico dubbio che mi tormentava, unico chiodo fisso, era quale sarebbe stata di lì in avanti la mia realtà. In un mondo non possono esistere due realtà, ed io dovevo decidere a quale appartenere. Scartai la soluzione del dire la verità, avrei scelto la vecchia vita e sarei stata sottoposta a mille studi perché ciò che sono, per gli Uomini, significa pericolo e devono

studiarlo. No! Non sarei diventata oggetto, o cavia, di studi ed esperimenti. ‘Chissà quanti sono come me ed hanno scelto il silenzio.’ Sorrisi al pensiero che probabilmente anche un vicino di casa, in fondo, poteva essere come me, ma non lo aveva detto a nessuno. Quindi perché avrei dovuto farlo io? Mentre volavo verso casa, era ancora indecisa. Mancavano ancora due scelte: salutare o scappare. Poi mi venne in mente la fusione di entrambe le idee. Mi ricordai che alle scuole superiori avevo letto un libro di Luigi Pirandello – Il fu Mattia Pascal -. Avrei fatto come Lui, solo che a differenza di Mattia io ero immortale e non avevo altra scelta. Arrivata a casa mi feci uno schema. Avrei potuto vivere in quella realtà altri 2-3 anni, perché dopo, il fatto che non invecchiassi, avrebbe fatto scaturire dei dubbi, e non ero neanche il tipo da dire che mi rifacevo dal chirurgo. Dopodichè avrei inscenato un incidente in cui sarei dovuta morire. Sarebbe stato un incidente che avrebbe dovuto provocare la distruzione completa del mio corpo, così che nessuno lo potesse né trovare né riconoscere. Mi avvicinai alla finestra. Splendeva una Luna stu-

penda in un cielo senza nuvole e blu... Brindai col bicchiere di un vino rosso che era sempre accanto al mio letto. -Tra tre anni sarò libera!-

3 anni dopo... Una voce usciva dalla televisione, mentre due ragazzi allibiti la guardavano increduli. - Un tragico incidente di macchina ha provocato la tragica morte di un membro importante del corpo di investigazione più famoso al mondo. Il suo nome è Marylith Morgue, ragazza di ventisette anni. Del suo corpo non vi sono tracce. Probabilmente nell’esplosione è rimasto carbonizzato. Non vi era alcuna traccia se non un documento, intatto, trovato a terra sul luogo dell’incidente. Chissà come finirà con il resto del gruppo. Già... come sarebbe finita? Ciò non mi importava più. Volai alla rupe, dove ormai mi allenavo con Fanran per la caccia. Il caso ‘Killer 03’ fu irrisolto, ovviamente, come la mia morte. Non sarei invecchiata. Avrei dovuto migrare da un posto all’altro, senza meta, senza amore, senza amici o famiglia, sola, cacciatrice in eterno. - Mi piace! Un ghigno si fece spazio

sul mio viso mentre volavo ad alta quota tra mille peripezie. Tutto ciò che avevo sognato ora era realtà, la mia realtà. Ed in cambio cosa dovevo fare? Una semplice ed eterna caccia al Demonio, cosa per cui vivevo e che ora avrebbe colorato la mia eternità. -Ti troverò Fanran!Su di un’altra rupe un giovane ragazzo gustava quel momento con un sorriso demoniaco stampato in volto. - Lo spero Marylith... FINE Commentino: Siamo giunti alla fine. Devo dire che non mi aspettavo di finirlo in questo modo. Però mi ero ripromessa di finirlo in 3 capitoli. Spero che sia piaciuto il finale 'a sorpresa'. Non che credo che lo sia, ma di certo, spero, non sia stato scontato. Non credo debba aggiungere molto ancora, quindi vi lascio e vado a scrivere un altro racconto. Sperando che sia migliore di questo. A presto ... DD


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JULIA KENDALL: LA PERFETTINA STAGIONATA Gruppo su Facebook: I FUMETTI SONO UNA COSA SERIA!

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arà perché tra le due grandi Hepburn del Cinema ho sempre preferito la sanguigna e tenace Katharine alla svenevole ed eterea Audrey ma Miss Julia Kendall (che dell’interprete di Colazione da Tiffany riprende le sembianze) non mi è mai stata particolarmente simpatica.

La brillante criminologa di Garden City mi è sempre sembrata finta ed artefatta, troppo perfetta per essere reale, con quella sua aria da impenitente sbarazzina e quell’inguaribile complesso di “prima della classe”. Certo, ammettiamolo pure, nel suo lavoro è estremamente efficace.

Alla “dottoressa” Kendall è sufficiente un misero indizio per definire vita, morte e miracoli del cattivo di turno... Da mezzo capello può risalire alla settima generazione del reo (Kay Scarpetta, non sei nessuna!). Julia è il parto letterario di un ormai maturo Giancarlo Berardi ma, a mio

avviso, non può essere annoverata tra le migliori creazioni del Maestro genovese. Probabilmente, Berardi ha lasciato il cuore nella cella in cui da una ventina di anni marcisce Ken Parker ed è andato avanti, professionalmente, solo con la testa. Giancarlo rimane un ottimo scrittore ma, paradossalmente, quello che dovrebbe essere un pregio finisce per diventare un limite. Le sceneggiature sono troppo levigate, gli ingranaggi troppo lubrificati, i meccanismi troppo collaudati... Il lettore abituale sa già cosa aspettarsi in ogni numero... In ordine sparso ci saranno una o più animate discussioni tra Julia ed il tenente Webb, inevitabilmente sedate dal buonsenso del bonario “Big Ben” Irving, la telefonata con l’”amico fraterno” Leo Baxter perennemente impegnato in acrobatiche imprese amorose con la conquista di turno (rigorosamente di carnagione scura!). Prima o poi spunterà l’immancabile siparietto con la governante Emily sulla sua tribù di ex mariti e di figli (quella donna deve aver trascorso la maggior parte della sua vita in sala parto... ), il rattristato riferimento alla sorellina degenere Norma (droga e mondo della moda... che originalità!) e il nostalgico coin-


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volgimento dell’eterna nonna Lillian (questa zia May all’italiana avrà ormai speso milioni di dollari per le rette della sua Casa di Riposo). Seguirà la “lectio magistralis”alla Hollyhock University dell’inappuntabile profes-

soressa Kendall che tiene a bada con piglio fiero un branco di scalcinati e ignoranti studenti e, una notte sì e l’altra pure il solito delirio onirico (allucinazioni che entrano nelle storie determinandone l’andamento... suv-

via!) con l’immancabile pistolotto psico-analitico. Gli ingredienti della pietanza sono fondamentalmente sempre gli stessi e il soggetto vero e proprio è solo il sale da aggiungere e dosare a volontà. Il personaggio sembra cristallizzato in un eterno divenire che non diviene mai, tra titubanze, incertezze e cuori infranti che vorrebbero osare ma non possono in una eterna e stucchevole litania sempre uguale a sé stessa. Questa caratteristica, comune a molti personaggi della Bonelli, se da una parte gratifica il lettore dandogli granitiche certezze, dall’altra limita le potenzialità impedendo una concreta svolta narrativa. Questa situazione,

per mille motivi, è accettabile per Tex ma non lo è per Julia che non è un’icona paragonabile al vecchio Aquila della Notte. La coerenza narrativa deve rimanere ma non ci si può infilare in un vicolo cieco continuando a sbattere la testa contro il muro all’infinito... Qualche volta l’ascia deve sostituire il cesello! Tutto da buttare, dunque? Certamente no! Julia rimane un discreto fumetto che ha avuto l’indubbio merito di coinvolgere numerose lettrici ma il fatto è che Giancarlo Berardi ci aveva abituato troppo bene e ai “Grandi” non è concesso essere “discreti!” Pietro Zerella


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C’ERA UNA VOLTA... - 3a PARTE Su Facebook: Walt Disney e il suo magico mondo

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iamo giunti alla terza e penultima parte di C’era una volta... Il mito delle fiabe continua ancora per un altro po’ con Il gatto con gli stivali e Cenerentola. La fiaba Il gatto con gli stivali è una bella storia che narra di tre giovani figli ai quali, il padre, un povero mugnaio, lascia in eredità un mulino al primogenito, un asino al secondogenito e all’ultimo un gatto. Quest’ultimo rimane interdetto ed esclama: “Bella eredità, davvero! Che me ne faccio di un gatto?” E il gatto, per contraccolpo, inizia a parlare e gli risponde: “Padrone, perché vi lamentate? Non lo sapete, ma siete il più fortunato di tutti” Il gatto, astuto felino, parlava la lingua degli umani e aveva una viva intelligenza, tant’è vero che fece diventare ricco il suo povero padrone attraverso stratagemmi ingegnosi. Calzati un paio di stivali alla moschettiera e indossato un cappello con piume, il gatto va a caccia nel bosco e cattura animali di tutti i tipi (conigli selvatici, pernici, ecc!) che porta in dono al re a nome del suo padrone, il marchese di Carabas. Il re è sorpreso di questi continui doni e decide di conoscere personalmente il gatto attraverso

cui poi porge i suoi ringraziamenti e saluti al suo nobile padrone. Il gatto continua il suo astuto piano e un giorno dice al giovane che di lì a poco sarebbe passata la carrozza reale con a bordo il re e sua figlia e

gli confida di avere un piano per lui: egli deve togliersi i vestiti e gettarsi nel fiume, facendo credere al sovrano di essere stato derubato dai ladri e privato dei suoi abiti sontuosi. Il giovane, dopo una

prima rimostranza, accetta ed esegue ciò che il gatto gli comanda: si tuffa nelle acque gelide del fiume e attende. Nel frattempo, al passare della carrozza, il gatto inizia a urlare richiamando l’attenzione del re che nota


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il giovane e lo salva, vestendolo di abiti regali. Il gatto precede la carrozza e si ferma davanti a un gruppo di contadini ai quali intima di dire che le terre che lavorano sono di proprietà del marchese di Carabas. Così accade, ma non finisce qui: l’astuto felino giunge a un castello il cui proprietario è un orco e lo sfida senza riguardi; gli dice di aver sentito della sua abilità nel trasformarsi in qualsiasi animale e che se non vede tali trasformazioni con i suoi occhi non crederà mai a ciò. L’orco, offeso, si trasforma prima in un leone e dopo, alla richiesta personale del gatto, in un topolino: il gatto non ci pensa due volte che ne fa un sol boccone. La carrozza reale giunge davanti al castello dell’orco e ad attenderla c’è

il gatto che dà loro il benvenuto nientemeno che nel castello del marchese di Carabas. Il gatto è soddisfatto dei suoi piani, andati tutti a buon fine; soprattutto quando il re decide di dare in sposa sua figlia al giovane che diventa per davvero un membro reale. Le versioni più celebri di questa fiaba sono ancora una volta quelle di Charles Perrault e dei fratelli Grimm. Nel 2011 esce un film d’animazione della DreamWorks Animation intitolato Puss in Boots (in Italia Il gatto con gli stivali). Diretto da Chris Miller (doppiatore, animatore, regista e sceneggiatore), con produttori esecutivi di spicco tra i quali emerge Guillermo del Toro (regista di Hellboy

dal fumetto di Mike Mignola) e distribuito dalla Paramount Pictures, Puss in Boots è uno spin-off prequel della saga di Shrek (ritroviamo, infatti, il gatto in Shrek 2, Shrek Terzo e Shrek e vissero felici e contenti) e non segue la trama della fiaba. E’ bene fare una premessa: il protagonista è un gatto (che indossa degli stivali) che da piccolo viene abbandonato davanti a un orfanotrofio di San Ricardo, villaggio messicano. La persona che gestisce l’orfanotrofio è Imelda, una donna abbastanza corpulenta, ma di buon cuore che decide di chiamarlo Gatto a un suo miagolio di approvazione. Gatto fa amicizia con un uovo, Humpty Alexander Dumpty, che viene spesso deriso dagli altri per la sua forma; Gatto, invece,

prende a cuore Humpty difendendolo a spada tratta dagli scherzi degli altri trovatelli. I due diventano amici e i giorni passano con l’idea fissa, per entrambi, di cercare un giorno i famosi fagioli magici che li avrebbero condotti alle uova d’oro. Compito arduo che i due abbandonano per dedicarsi ad attività più tranquille, ossia rubare alle persone. Da qui, iniziano i guai perché i due vengono scoperti dalle guardie e ricondotti in orfanotrofio dove Imelda li ammonisce a non rubare più perché crede in essi e nella loro bontà. Un giorno, un toro scappa imbizzarrito causando paura e scompiglio fra la popolazione. Gatto riesce a fermarlo e Imelda, grazie a questo atto di eroismo, orgo-


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gliosa di lui, gli regala un cappello e un paio di stivali. Humpty è lì che guarda la scena con un’espressione di gelosia mista a tristezza. Un giorno, Humpty chiede a Gatto di seguirlo per aiutarlo in un favore, entra in banca e ruba dei soldi; ma le guardie li scoprono e i due scappano. Gatto, felino lesto, riesce ad avere una marcia in più e distanzia le guardie, ma Humpty, a causa della sua forma, cade e non riesce più ad alzarsi e viene catturato dalle guardie. Humpty prega Gatto di aiutarlo, ma egli lo abbandona al suo destino, deluso dall’ipocrisia dell’amico. Per non farsi catturare dalle guardie, Gatto è costretto a gettarsi dal ponte e da quel momento in poi diventa un fuorilegge a tutti gli effetti. Ritornando al presente, Gatto ha sempre in testa il pallino dei fagioli magici, va via dalla sua attuale

casa e ritorna a San Ricardo dove, fermandosi in una locanda, viene a scoprire da alcuni uomini che una coppia fuorilegge, due corpulenti di nome Jack e Jill, possiedono proprio questi fagioli e il gatto cerca di sottrarglieli, ma invano: i fagioli sono al sicuro nella mano di Jack che è ben protetta in una scatola ben chiusa e con delle catene. Tuttavia, a ostacolare l’impresa di Gatto è un suo simile, ma i due vengono scoperti da Jack e Jill e sono costretti a fuggire. Gatto rincorre il suo antagonista e si ritrovano in un rifugio di soli gatti dove si sfidano a una gara di ballo a suon, però, di ceffoni. Infine, a una duello di spada da cui si viene a scoprire che il gatto rivale è in realtà una femmina di nome Kitty, amica di Humpty Dumpty che esce allo scoperto presentandosi a Gatto. I due non si ve-

dono da tempo, ma Gatto è arrabbiato con lui per via dell’episodio della banca e, quando viene a sapere da Humpty se si vuole unire a lui per ricominciare a cercare i fagioli magici come ai vecchi tempi, va via. Humpty riesce a convincerlo e Gatto accetta con il solo e unico scopo di aiutare Imelda e il suo orfanotrofio. Il trio riesce a rubare i fagioli magici (grazie all’agilità di Gatto) e si reca nel deserto per piantare i fagioli che iniziano a germogliare. Per accelerare la crescita, Kitty suggerisce che alle piante bisogna parlare dolcemente e così essi fanno: il germoglio inizia a crescere a dismisura portandoli fin su nel cielo su delle soffici nuvole dove c’è il castello, alla cui difesa però c’è un essere enorme chiamato il Gran Terrore. I tre entrano guardinghi al suo interno e riescono a non farsi scoprire, ma

con loro grande sorpresa scoprono che le uova d’oro sono originate da un pulcino che Humpty subito afferra per portarlo con sé in quanto rappresenta una fonte di ricchezza. Il Gran Terrore lo scopre e li insegue, ma i tre riescono a fuggire e a ritornare sulla terra. Giunge la notte e anche la stanchezza; Gatto sta quasi per prendere sonno quando, improvvisamente, viene colpito e sviene. Al risveglio, scopre che Kitty e Humpty sono andati via portando con sé il pulcino e grazie alle impronte lasciate sulla sabbia, Gatto intuisce che lì c’erano anche Jack e Jill. Gatto ritorna a San Ricardo dove scopre che, in realtà, Humpty, insieme agli altri, gli ha giocato un brutto tiro. L’idea è partita da Humpty per vendicarsi dell’abbandono da parte di Gatto al tempo della rapina in banca e, grazie alle uova d’oro,


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Humpty si riprende quella fetta di gloria, osannato dal popolo. Humpty non attende e chiama subito le guardie che catturano Gatto che, pur volendosi ribellare, ubbidisce a Imelda quando lei gli dice di non essere più un fuorilegge e di non scappare più. Un pericolo, però, incombe: il Gran Terrore si sta avvicinando e si viene a scoprire che esso non è altri che un’oca gigantesca, mamma del pulcino. Gatto convince la guardia a liberarlo per salvare il paese e riesce, finalmente, a calmare l’oca che, per la foga di raggiungere il suo piccolo che è in un carro con Humpty che si allontana lungo il ponte, fa crollare una parte di esso e si incastra. Humpty e il pulcino vengono sbalzati fuori dal ponte, ma Gatto afferra entrambi, sapendo che non resisterà a lungo. Humpty comprende che la situazione è grave e dato che l’unica soluzione è quella di salvare il pulcino per placare l’ira della mamma, si lascia andare nel vuoto. Gatto riporta il pulcino alla mamma e, guardando in giù dal ponte, vede il guscio di

Humpty in frammenti, ma al cui interno si celava però un uovo tutto d’oro. L’oca vede Humpty e lo afferra con il becco e, insieme al pulcino, ritornano al castello. Gatto viene osannato dal popolo, ma le guardie non hanno dimenticato che è un fuorilegge e tornano alla carica. Il film termina con un ballo sensuale tra Gatto e Kitty e con un bacio. Film divertente, a tratti quasi commovente, Il gatto con gli stivali ricalca l’ambientazione dei film western, con il saloon, i rewards (ricercato!) e i tagli prettamente cinematografici in cui vediamo i dettagli nel momento dello sviluppo di un’azione. Al film hanno partecipato attori del calibro di Antonio Banderas, Salma Hayek, ecc! che hanno prestato anche le loro voci al doppiaggio (Antonio Banderas ha doppiato in inglese, in spagnolo e anche in italiano). Gatto è una forza della natura: agile nelle movenze e abile con la spada, sornione, sensuale quando balla, astuto e ipnotizzatore quando ingrandisce le sue pupille e

ci fa entrare in un’altra dimensione; e, soprattutto, con i suoi miagolii (da piccino e da adulto) che inteneriscono o infastidiscono. Gran amatore di donne e abile incantatore, Gatto è anche altruista e di gran cuore. Il personaggio di Humpty, un uovo, deriva da un indovinello inglese di cui non si conosce l’esatta origine. C’è un uovo che è seduto su un muro, cade e va in frantumi, sia i cavalli che gli uomini del re non riescono a metterne insieme i pezzi. Trascrivo qui l’indovinello in lingua originale: “Humpty Dumpty sat on a wall, Humpty Dumpty had a great fall, All the king’s horses and all the king’s men, Couldn’t put Humpty

together again.” Puss in Boots ebbe varie nomination, tra cui quella come Miglior film d’animazione all’Alliance of Women Film Journalists, quella come Miglior personaggio animato all’84° Academy Awards, più un premio come Film d’animazione preferito al Kids Choice Awards. Nel 1969, la Toei Animation (famosa casa di produzione giapponese di anime il cui logo riprende il gatto Pero), produsse un film sulla figura del gatto con gli stivali dal titolo di Nagagutsu o haita neko. Il film si ispira alla storia di Charles Perrault, ma con un’azione più movimentata. Il protagonista è un gatto


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di nome Pero (derivante da Perrault) che indossa degli stivali rossi. Membro de Il Clan dei Gatti, egli viene condannato a morte per aver salvato un topo, per cui è costretto a fuggire. Durante la sua fuga, Pero incontra un giovane di nome Pierre, figlio di un mugnaio morto, e i due diventano amici. Pierre è sempre stato il beniamino del padre per via della sua bontà d’animo e i suoi fratelli maggiori ne sono invidiosi, tant’è che lo allontanano di casa, scacciandolo in malo modo. I due iniziano una nuova vita piena di avventure; il gatto è in cerca di fortuna e decide di far arricchire il suo amico Pierre adottando vari stratagemmi. Dall’incontro con una principessa di nome Rosa inizia la vera e propria avventura per i due. Pierre si innamora all’istante di questa bella fanciulla ma, essendo ella di sangue reale, pensa di non esserne all’altezza; per fortuna, c’è Pero che gli dà una mano a conquistarla. Pero fa credere al re, padre della bella Rosa, che il suo padrone è un

ricco e nobile signore innamorato della figlia. Il re ne è compiaciuto ed incontra Pierre il quale, nonostante stia alla farsa, finisce alla fine per spiattellare tutta la verità, cioè che è di umili origini. Anche Lucifero, un orco stregone, è innamorato di Rosa, ma respinto da ella tempo fa decide di irrompere al castello del re e di rapire Rosa. Pierre e Pero si recano al castello dell’orco che ha il potere di trasformarsi in vari animali grazie all’uso della magia. L’impresa di Pierre di liberare Rosa non è facile, ma egli può contare sull’aiuto di Pero e dei suoi alleati: Pierre sconfiggerà Lucifero e sposerà Rosa. Pero è davvero un gatto coraggioso, saggio, pieno di vita e astuto, che fa di tutto per aiutare il suo amico. Diretto da Kimio Yabuki, sceneggiato da Hisashi Inoue e Morihisa Yamamoto e animato anche dal grande Hayao Miyazaki, Nagagutsu o haita neko è stato il primo film d’animazione a partecipare, fuori concorso, alla 69° Mostra del Cinema di Venezia e ha avuto due sequel: Nagagutsu sanjûshi (“...continuavano a chiamarlo il gatto con gli stivali” da cui un esplicito riferimento al film Continuavano a chiamarlo Trinità, diretto da Enzo Barboni con Terence Hill e Bud Spencer) del 1972, mediometraggio che non si basa su nessuna fiaba o romanzo e diretto da To-

moharu Katsumata, e Nagagutsu o haita neko: Hachijû nichikan sekai isshû (“Il gatto con gli stivali in giro per il mondo” tratto dal romanzo di Jules Verne Il giro del mondo in 80 giorni) del 1976 e diretto da Hiroshi Shidara. Cenerentola è una bella fiaba le cui versioni più famose sono quelle dei fratelli Grimm e di Charles Perrault. Quella più nota a noi è però di quest’ultimo. Si narra di una bella fanciulla che è costretta a fare la sguattera in casa sua: deve rassettare la casa, lavare, scattare a ogni ordine, indossare, al posto di normali vestiti, dei cenci e ha come unico giaciglio, su cui riposare, un letto di paglia posto in una cantina umida Alla morte della madre, il padre, un uomo ricco, prende in moglie una vedova che ha due figlie, dispettose e cattive. Esse prendono di mira la fanciulla e, insieme alla mamma, la isolano e non la fanno sentire come una di famiglia. Le viene messo il nome di Cenerentola per via del suo essere sempre

piena di cenere quando pulisce il caminetto e per le pentole che utilizza per cucinare. Un giorno, giunge la notizia che il re vuole dare in sposo suo figlio e organizza un ballo a corte, invitando tutte le fanciulle del regno e di qualsiasi estrazione sociale. Le figlie della matrigna di Cenerentola decidono di andare, insieme alla madre, e si agghindano per l’occasione; Cenerentola, invece, è costretta a rimanere in casa e si rannicchia davanti al focolare, triste e sola. Nel bel mezzo della sua tristezza, però, ecco che all’improvviso appare una fata che le dice di essere la Fata del Focolare e che le promette che anche lei avrà l’opportunità di andare al ballo. Cenerentola esprime la sua meraviglia quando la fata trasforma i suoi stracci in un abito lussuoso con colori primaverili e le fa calzare un paio di scarpette di raso e d’argento. La fata, inoltre, prende una zucca che trasforma in una carrozza color oro, sei topi che trasforma in sei cavalli bianchi, un rospo in un cocchiere in livrea e sei


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lucertole in sei lacché e la ammonisce che entro mezzanotte, però, deve uscire dalla reggia perché tutto ciò svanirà. Cenerentola le promette che farà così e si avvia. Cenerentola, bella nel suo abito, attrae gli

sguardi di tutti che la ammirano compiaciuti, compreso il principe che non si discosta mai da lei. Le sorelle di Cenerentola e la matrigna assistono alla scena interdette e si domandano chi sia la bella fanciulla.

Il tempo passa e giungono i rintocchi della mezzanotte: Cenerentola, fedele alla promessa fatta alla fata, va via e ritorna a casa. Il giorno dopo, Cenerentola ascolta i commenti delle sorelle e della ma-

trigna e ne è compiaciuta. Trascorre una settimana e si progetta nuovamente un ballo: anche questa volta vi si recano le due sorelle con la matrigna e la stessa Cenerentola che indossa, questa volta, un abito color azzurro. Si ripete la stessa atmosfera che si è avuta al primo ballo e il ritorno di Cenerentola a casa al rintocco della mezzanotte. Il giorno dopo, le solite esclamazioni da parte delle sorelle e della matrigna alle quali, questa volta, Cenerentola risponde: “Chi vi dice che non sia io la bella fanciulla?” E a sentire ciò, le due sorellastre giù a ridere a crepapelle pensando a un brutto scherzo. Al terzo ballo, Cenerentola vi si reca con un abito color oro e argento, ornato di pietre preziose. Ma ella, spensierata, non si accorge del tempo trascorso e al primo rintocco della mezzanotte capisce di aver ritardato e fugge via inseguita dal principe che non vuole lasciarla. Ma Cenerentola, precipitandosi frettolosamente giù per le scale, perde una scarpetta mentre l’abito scompare per far posto ai suoi stracci, la carrozza diventa zucca e così anche il resto del gruppo ritorna come prima. La ragazza riesce a fuggire e il principe, con in mano la scarpetta, chiede al portiere se abbia visto una bella dama; l’unica ri-


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sposta certa che dà è che di lì è passata solo una “specie di mostriciattolo ricoperto di stracci e di cenere”. Il principe è deciso nel trovare la giovane, per mezzo della scarpetta, e a sposarla: invia dei messi reali nelle case di ogni famiglia, povera o ricca che sia, per dare l’opportunità, a qualsiasi fanciulla, di provare la scarpetta. I messi giungono anche a casa di Cenerentola dove le sorelle sono in fibrillazione; estasiate provano e riprovano, ma niente: la scarpetta è troppo piccola per i loro piedi. Anche Cenerentola ha il diritto di provarla e a lei, la scarpetta, calza a pennello. Le sorellastre e la matrigna sono esterrefatte e non credono a quel che vedono; ma quando Cenerentola tira fuori anche l’altra scarpetta, per

poco le tre disgraziate non svengono. Ecco apparire la fata che, con la sua magia, veste Cenerentola di un abito tempestato di gemme e oro e i messi la riconoscono come la dama che il principe aveva tanto acclamato. Essi la conducono alla reggia e iniziano i preparativi per il matrimonio. Le nozze tra il principe e Cenerentola avvengono in pompa magna davanti agli occhi della matrigna e delle sorellastre a cui Cenerentola perdona le loro malvagità e le ricopre anche di doni, rendendole partecipi della sua felicità. “C’era una volta, in una terra lontana...” Così inizia la storia di Cenerentola (Cinderella in lingua originale), 12° classico della Disney che uscì nelle sale cinematografiche degli Stati Uniti nel

1950, tratto dalla fiaba di Charles Perrault Distribuito dalla RKO Radio Pictures e prodotto da The Walt Disney Productions, il film è stato diretto dai registi Clyde Geronimi, Wilfred Jackson e Hamilton Luske, sceneggiato e animato da un folto team e per la sua realizzazione furono girati due film: uno con attori in carne e ossa che interpretavano i personaggi della fiaba e l’altro animato sulle sequenze del primo. Il film inizia con la visione di un libro di fiabe che si apre sulla storia di questa dolce e bella fanciulla rimasta senza madre e, in seguito, senza padre. Tempo fa, il padre aveva sposato una vedova che aveva due figlie, Anastasia e Genoveffa, ragazzine viziate e arroganti. Alla morte del padre, le tre, invidiose della grazia e

della bellezza di Cenerentola, la trattano come una serva con il loro continuo “Cenerentola, fai questo, fai quello!”, costringendola a vestire di abiti dimessi e non rendendola partecipe alle attività prettamente di famiglia. Cenerentola sopporta tutto ciò con umiltà e costanza, non si abbatte mai e l’unica sua speranza è quella di sognare ad occhi aperti; inoltre, ella è circondata dall’affetto di alcuni animali e, soprattutto, di alcuni topini di casa, tra cui spicca la coppia Giac e Gas, spesso osteggiata dal dispettoso gatto Lucifero che, a sua volta, ha terrore del cane Tobia. A corte, il re è esasperato dalla spensieratezza del figlio, oramai adulto, e decide di organizzare un ballo per consentire al principe di incontrare una sposa degna di lui e di ereditare, un giorno, il regno e di dargli continuità. Sua maestà invia, così, dei messaggeri alle case delle famiglie con l’invito, rivolto a tutte le fanciulle, a partecipare al ballo. Essi giungono anche a casa di Cenerentola che ritira l’invito alla porta e dà la notizia alla matrigna. Anastasia e Genoveffa sono in fibrillazione, estasiate all’idea di andare al ballo e di incontrare il principe. Anche Cenerentola esprime il desiderio di poter andare perché fa parte della famiglia e, ovviamente, le due sorelle


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maligne si oppongono. La matrigna, però fa il doppio gioco: fa credere a Cenerentola che può andare, ma non prima di aver terminato tutte le faccende di casa. Cenerentola è contenta e decide di indossare, per il ballo, l’abito della sua amata mamma che è custodito in una cassa, riproponendosi però di fare alcune aggiustature. Tuttavia, le sorellastre fanno di tutto per tenerla occupata, per cui Cenerentola, esasperata, decide di non andare e si ritira in camera sua dove, dalla finestra, vede il castello e sospira, mormorando: “Che vuoi che sia; è solo un ballo, sarà noioso... divino!” Al vedere Cenerentola

così triste, i suoi amici animali e i topini la aiutano: raccattano alcuni fronzoli degli abiti delle sorellastre e una collana e aggiustano l’abito per il ballo. La fanciulla è contenta e scende di corsa le scale quando le tre sono in procinto di uscire, ma con uno stratagemma la matrigna fa notare alle figlie che quello che Cenerentola indossa fa parte dei loro vestiti. Anastasia e Genoveffa recriminano le loro cose strappandogliele di dosso e la accusano di essere una ladra. Cenerentola si rifugia nel giardino e piange con la testa china su una panchina; ma ecco che, all’improvviso, appare una fata piuttosto in carne che si presenta come la fata ma-

drina, Smemorina, che consola la giovane e le dice che la aiuterà ad andare al ballo. Con l’uso della sua bacchetta magica, la fata prende una zucca che trasforma in una carrozza, sei topini in sei cavalli bianchi, Tobia, il cane, in un lacchè e il cavallo Ronzino in un cocchiere e dice a Cenerentola di andare, dimenticando però l’abito per il ballo. Dopo la gaffe, Smemorina trasforma il suo misero abito in uno più sontuoso, facendole indossare anche una coroncina e calzare un paio di scarpine di cristallo. L’unico ammonimento che dà a Cenerentola è di uscire dal castello al rintocco della mezzanotte perché, come i sogni, tutto svanirà. Cenerentola, contenta, si avvia al ballo, mentre il principe è occupato a ricevere le dame, comprese Anastasia e Genoveffa. Il re è esasperato perché nota che nessuna di esse colpisce l’attenzione del figlio che è, anche, alquanto annoiato; il granduca del re, Monocolo, per tirarlo su, immagina la scena in cui, improvvisamente, entra una bella dama che colpisce il principe. Cosa che avviene per davvero quando il re vede cambiare espressione sul viso del figlio che nota Cenerentola, che è piuttosto spaesata in un posto del genere. Il principe è colpito dalla bellezza della fanciulla e la

corteggia; il suo cuore è solo per lei, anche se Cenerentola non ha ancora intuito che quel giovane è il principe. La matrigna nota la gioia del principe e ha come l’impressione di aver già visto il viso di quella fanciulla. Nel frattempo, il re, contento per suo figlio, si ritira in camera sua e sogna uno stuolo di nipotini. Il tempo passa e scocca la mezzanotte; Cenerentola deve lasciare il castello e, nella foga di scappare, perde una scarpetta che lascia sui gradini. Il granduca la raccoglie e la mostra al principe che decide di trovare a tutti i costi la proprietaria della scarpetta e di sposarla. Monocolo sveglia il re in modo brusco e gli narra l’accaduto. Al che, davvero arrabbiato, il re fa emanare un proclama. Il granduca ha il compito di recarsi nelle case per far provare la scarpetta a tutte le fanciulle e chi riuscirà a calzarla potrà sposare il principe. La notizia corre veloce e arriva alle orecchie della matrigna che fa preparare, per l’occasione, le due figlie. Anche Cenerentola vuol provare la scarpetta e ha un viso sognante; ma la matrigna intuisce che la dama del ballo è lei e quando Cenerentola è in camera sua e si guarda allo specchio, la matrigna prende la chiave, chiude la porta e va via. Cenerentola scoppia a piangere e supplica la


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matrigna di aprire la porta. Ancora una volta, però, intervengono i suoi amici animali, in primis Giac e Gas che riescono a sottrarre la chiave dalla tasca della matrigna e a far uscire Cenerentola. Il granduca è giunto anche presso la casa di

Cenerentola e legge il lungo proclama in presenza della matrigna e delle sorellastre che non vedono l’ora di provare la scarpetta. Sia Anastasia che Genoveffa, però, fanno fatica a calzarla per via del piede troppo grande. Il granduca, annoiato, chiede se

ci sono altre fanciulle e al no della matrigna va via, ma sulla soglia si gira perché Cenerentola gli dice di aspettare perché vuole provare anche lei la scarpetta. L’espressione di Monocolo cambia nel vedere che in quella casa c’è una fanciulla così graziosa e si avvicina a lei con la scarpetta. La matrigna, invece, ha un’espressione malvagia e per fermare Monocolo gli fa lo sgambetto che cade mandando in frantumi la scarpetta. Cenerentola, però, non si lascia scoraggiare e tira fuori l’altra scarpetta; tutto è più chiaro ora: la bella dama è Cenerentola. A corte si festeggiano le nozze tra il principe e Cenerentola che, per la fretta di entrare in car-

rozza, perde la scarpetta: la scena si ripete, ma questa volta c’è davvero il lieto fine con il... e vissero tutti felici e contenti! Cinderella è un film spassosissimo, ha avuto tre nomination ai premi Oscar del 1951 come Miglior sonoro, Miglior colonna sonora a Oliver Fallace e Paul J. Smith e Miglior canzone BibbidyBobbidi-Boo a Mack David, Al Hoffman e Jerry Livingston, e fu premiato al Festival di Berlino del 1950 e al Festival di Venezia nel 1950. Qualche particolarità: il castello del principe si ispira al castello Neuschwanstein in Baviera di proprietà di Ludovico II di Baviera, cugino della principessa Sissi. All’inizio del film, Cenerentola adolescente è uguale ad Alice nel paese delle Meraviglie della Disney. Lucifero, il gatto, ha le sembianze del gatto dell’animatore Ward Kimball il quale lavorò con Disney alla realizzazione del film. Nel film ascoltiamo due belle canzoni: I sogni son desideri e Bibbidy-BobbidiBoo. Di recente, Cenerentola è uscito nei cinema italiani in 3D; ritroviamo il cartone in Vhs, Dvd e Blu Ray. Lo staff della Disney, inoltre, sta progettando un live action su Cenerentola, forse in uscita nel 2015. Ermelinda Tomasi To be continued…


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STORIA DELLA LICANTROPIA

Gruppo su Facebook: I FUMETTI SONO UNA COSA SERIA!

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no dei personaggi immaginari più suggestivi del folklore mondiale è sicuramente il licantropo, ovvero l’uomo lupo o lupo mannaro. Le superstizioni intorno ai lupi mannari, spesso storie meravigliose e terrificanti, che hanno sfruttato il binomio uomo/bestia e la commistione tra “naturaumana” e “istinto-animale”, partono da molto lontano. Infatti la mitologia greca narra di come Licaone, re d’Arcadia, figlio di Pelasgo e della ninfa Melibea, avendo imbandito a Zeus, suo ospite, le carni di un fanciullo, venisse trasformato in lupo per punizione. Il termine licantropo; inoltre viene già usato da Plinio, il quale, parlando degli Arcadi, ci fa sapere che essi credevano ad una magia detta appunto licantropia, parola composta dal latino lycaon (licaone) - un canide molti simile al lupo - e dal greco anthropos - che significa, come tutti sanno, uomo. Tale magia faceva mutare le persone in lupi e, dopo un certo tempo, le medesime riprendevano la primitiva forma Tuttavia, l’origine dei miti e delle leggende legate agli uomini-lupo risale a epoche notevolmente antecedenti rispetto alle storie classiche di Romani e Greci. Tanto risa-

lenti nel tempo da perdersi nell’antichità preistorica, nella tradizione orale dell’uomo ai tempi dell’età della pietra e il mondo degli Spiriti governanti l’Universo dei quali era emanazione diretta. Alle soglie dell’800, la letteratura, in particolare quella gotica, si appropria di queste creature e le trasforma in protagonisti di storie fantastiche. Il filone lo inaugura C. Maturin scrivendo il suo “The Albigenses” e quasi contemporaneamente G. W. Reynolds con “Wagner the Wher-Wolf”, che, raccogliendo a piene mani

spunti dalla tradizione nordica sui lupi mannari e aggiungendo qui e là elementi rifacentisi ai miti lunari più antichi, introducono gli elementi che ricorreranno quasi sempre nei racconti sui lupi mannari. Seguiranno “L’Orso Mannaro” di Sir Walter Scott del 1838, “Il Signore dei Lupi”, di Alexandre Dumas del 1857, “Il Lupo” di Guy de Maupassant del 1882 e ancora “Il Marchio della Bestia” di Rudyard Kipling del 1888. Si potrebbe andare avanti a lungo, facendo riferimento, per esempio, ai testi di Sir Arthur Conan

Doyle del 1890 o ai primi romanzi di inizio Novecento di Jessie Douglas Kerruish, o “La Maledizione Eterna”, di Howard Phillips Lovecraft e infine “Testa di lupo” di Robert Ervin Howard. Tuttavia fu il film “The Wolf Man” (1941) di G. Waggner a introdurre la trasformazione autunnale, il morbo della licantropia trasmissibile tramite il morso e in alcuni sequel,prodotti dopo il discreto successo del primo film, collegarono definitivamente la trasformazione con la presenza della luna piena e la cura della licantropia, se di cura si può parlare, con la morte per mezzo di pallottole d’argento. La letteratura a riguardo andando avanti negli anni diventa sterminata, a testimonianza del “successo” mai sopito e del fascino che continua a esercitare su autori e lettori l’uomo-lupo. Pensiamo, infatti, anche a tutti quei romanzi o racconti in cui i licantropi se non come protagonisti compaiono come comprimari. Pensiamo per esempio a Harry Potter e il prigioniero di Akbazan. Persino Luigi Pirandello si cimenta in un racconto di licantropi, trattando naturalmente l’argomento a modo suo, nella novella “Male di Luna”. Naturalmente non poteva esimersi a scrivere di


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lupi mannari uno dei massimi scrittori horror contemporanei, Stephen King. Nel 1983 manda, infatti, alle stampe “Unico indizio la Luna Piena”. Originariamente doveva essere un calendario: per ogni mese venne realizzato un capitolo e un’illustrazione. In seguito all’annullamento del progetto, capitoli ed illustrazioni vennero riunite in un unico volumetto. Dal mese di gennaio di un non meglio precisato anno, una cittadina nella provincia degli Stati Uniti nord occidentali viene funestata da una serie di tremendi delitti. Inizialmente, i delitti vengono attribuiti a un orso. A scoprire il vero autore

dei delitti, ovvero un lupo mannaro, è un ragazzino paraplegico che in una notte di plenilunio sgattaiola fuori di casa per fare esplodere alcuni mortaretti regalatigli dallo zio. Viene aggredito dal lupo mannaro, ma si salva sparandogli un razzo in un occhio e fuggendo. Racconta l’accaduto alla sorella e allo zio, che, dapprincipio, non gli credono. Tuttavia i delitti si susseguono ad ogni plenilunio e infine i due, insospettiti dalla coincidenza, decidono di aiutare il ragazzo che inizia a cercare qualcuno che abbia perso un occhio di recente. Durante la notte di Halloween, scopre che si tratta del reverendo battista. La

notte di capodanno c’è la luna piena, e il lupo mannaro tenta di aggredire i tre, ma non li trova impreparati, e viene abbattuto con un proiettile d’argento alla testa. Dal libro è stato tratto anche, nel 1985, un film omonimo. Negli anni ottanta, infatti, le pellicole che hanno come protagonisti lupi mannari si moltiplicano in modo esponenziale Mentre negli ultimi cento anni la letteratura di genere si arricchiva di dettagli sempre nuovi riguardanti la figura del licantropo, anche la cinematografia moderna aveva deciso di adottarne gli schemi. I lupi mannari, infatti, sin dalla nascita del

cinema, hanno trovato ampio spazio all’interno di numerose pellicole di genere. Sin dal lontano 1913, con il breve film muto “The Werewolf” di Henry MacRae, di cui non esistono più copie, passando per il già citato “L’uomo lupo” del 1941, il titanico scontro “Frankenstein contro l’Uomo Lupo” del 1943, “L’implacabile condanna” e “Lycanthropus” del 1961, “La lupa mannara” del 1976. Dagli anni ottanta, però, il genere si aggiorna e vengono prodotti numerosi film di successo come “L’ululato” di Joe Dante, e il quasi contemporaneo “Un lupo mannaro americano a Londra” del regista John Landis girato nel


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deve morire. Una volta dimesso dall’ospedale, David viene ospitato dall’infermiera Alex, che lo aveva accudito, in casa sua e tra i due nasce una relazione. Il dottor Hirsch, per capire se David dicesse la verità, si reca nel pub dove era stato la notte dell’aggressione, ma anche lui trova un ambiente ostile, solamente un uomo si lascia sfuggire qualche parola e il dottore capisce che sotto c’è qualcosa di poco chiaro. Una notte di luna piena David si trasforma in un lupo mannaro, aggirandosi per la città uccide sei persone, la mattina dopo si risveglia completamente nudo nella gabbia dei lupi dello zoo, senza ricordasi

1981. Quest’ultimo, interpretato da David Naughton, Griffin Dunne e Jenny Agutter, e che valse un Oscar per gli effetti speciali è considerato un cult del genere. Il film racconta la storia di Jack e David, due giovani studenti americani in viaggio nel nord dell’Inghilterra. Una sera cercano riparo in piccolo pub, la gente del posto però non è molto ospitale con loro e decidono di andarsene, ma prima gli viene consigliato di rimanere sulla strada e di non avventurarsi nella brughiera. È una notte di luna piena e i due ragazzi vengono attaccati da una bestia feroce: Jack muore, David

invece si salva dato che l’animale viene ucciso dalla gente locale accorsa in aiuto. Ricoverato in un ospedale di Londra, David si risveglia tre settimane dopo, e gli viene detto che è stato assalito da un pazzo maniaco e che la polizia sta investigando sull’accaduto. Durante il ricovero David ha spesso orrendi incubi, in una visione vede l’amico Jack che gli dice che sono stati aggrediti da un lupo mannaro e che presto, con il prossimo plenilunio, anche lui si trasformerà in esso e ucciderà degli innocenti; per spezzare l’incantesimo nel quale finiscono tutte le vittime, compreso Jack, David

nulla. Quando David realizza che è lui il responsabile della carneficina cerca di costituirsi alla polizia ma non viene creduto. Più tardi incontra di nuovo Jack in un piccolo cinema a luci rosse in Piccadilly Circus, con lui ci sono anche le sei persone morte la notte precedente e tutti cercano di convincerlo a suicidarsi, ormai però è tardi e David si trasforma di nuovo. La creatura uccide altre persone e semina il panico per la strada, intanto Alex e il dottor Hirsch giungono sul posto, la polizia riesce ad intrappolarla in un vicolo cieco e, prima che possa saltare addosso alla ragazza, fa fuoco e la uc-


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cide: David riassume le sembianze umane e muore. Altro cult del genere è “Il bacio della Pantera” del 1982, diretto da Paul Schrader e interpretato Nastassja Kinski: e Malcolm McDowell. Remake di una pellicola del ‘42, il film offre una interessante variazione sul tema dato che la protagonista si trasforma in una gigantesca pantera. Nel 1984 esce “In compagnia dei lupi” di Neil Jordan, mentre come detto “Unico indizio la luna piena” tratto dal romanzo di Stephen King, è del 1985. Nello stesso anno esce il divertente “Voglia di vincere” con Michael J. Fox, che interpreta Un giovane studente di una “High School” in perfetto stile americano anni Ottanta scopre un giorno di essere un licantropo. Inizialmente nasconde a tutti il suo terribile segreto, fino al momento in cui non viene a sapere che la sua intera famiglia è composta da lupi mannari. Deciso a convivere con questa sua doppia personalità in breve tempo da matricola imbranata diventa estremamente popolare nonché un campione di basket della scuola. Ma la sua diversità non mancherà di causargli grossi problemi, soprattutto perché il preside della scuola sembra avere un conto in sospeso con il licantropo padre del protagonista. Il preside fa così leva sul

complesso di Frankenstein dei giovani studenti per trasformare il mito in un reietto, fino al momento in cui l’inganno verrà smascherato ed il giovane licantropo tornerà a vivere la sua vita in armonia con i compagni. Da questo film fu tratto un seguito (1987) e una serie tv di tempi più recenti (2011). Nel 1994 tocca a Jack Nicholson cimentarsi con il genere in “Wolf - La belva è fuori” (1994). Ancora, verso la fine degli anni novanta abbiamo la commedia horror “Un lupo mannaro americano a Parigi” (1997), il non memorabile “Big Wolf on Campus” (1999) e il misterioso “DarkWolf” (2003).

Negli ultimi anni ricordiano “Cursed - Il maleficio” (2005) e soprattutto “Wolfman” con Benicio Del Toro, uscito nel 2010. Altrettanto apprezzabili sono il più moderno Licantropia di Grant Harvey del 2004 e la serie di “Underworld” partita nel 2003 e diretta da Len Wiseman che fonde magistralmente le due specie fantastiche per eccellenza: licantropi e vampiri. Questa fusione si ritrova anche nella serie di bestseller “Twilight” da cui sono stati tratti dei film di cassetta. Tuttavia il lupo mannaro non dilaga solo nella letteratura e nel cinema. Nei fumetti ad esempio conosce i suoi “anni d’oro” tra la fine degli

anni ‘60 e i ‘70. Nel 1972, per esempio, la Marvel comics fa uscire Werewolf by Night. Il protagonista, creato da Gerry Conway e Mike Ploog e che in Italia viene battezzato Licantropus, è Jack Russel. La serie ha un discreto successo e il personaggio finisce per comparire anche in altre testate al fianco di supereroi più famosi. Perfino su l’Uomo Ragno compare un licantropo come avversario dell’Aracnide. Si tratta di John Jameson, figlio di J.J. Jameson. Inizialmente è un astronauta della Nasa che, alla sua prima apparizione si trova vittima di un malfunzionamento della sua navetta nella manovra di atterraggio, salvo poi essere salvato dall’Uomo Ragno. Successivamente, durante una passeggiata lunare trova una misteriosa gemma proveniente da un’altra dimensione chiamataOther Realm. La gemma si fonde con il suo corpo e, una volta che John torna sulla Terra, essa reagisce con la luce della luna tramutandolo in un vero e proprio Uomo Lupo. Insomma il lupo mannaro continua ad affascinare lettori e a stimolare la fantasia degli autori, tant’è vero che continuano a uscire romanzi con protagonista licantropi e lupi mannari ( dal 2009 ad oggi sono circa 64). Alfonso Verdicchio


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FANTATRAILERS: CLICCA SULLE IMMAGINI BRIVIDO Titolo originale: Maximum Overdrive Produzione: Dino De Laurentiis. USA - 1986 Durata: 93 minuti Regia di Stephen King Sceneggiatura: Stephen King Musiche: AC/DC Effetti speciali: Industrial Light & Magic Fotografia: Armando Nannuzzi Scenografia: Giorgio Pastiglione Costumi: Clifford Capone Cast: Emilio Estevez, Pat Hingle, Laura Harrington,Yeardley Smith, John Short, Ellen McElduff, J.C. Queen, Christopher Murney, Holter Graham, Frankie Faison. Testo tratto dal lato B del DVD prodotto dalla DVD Storm: La cometa Rhea incrocia l’orbita terrestre e i suoi malefici influssi si ripercuotono sulle macchine che d’improvviso impazziscono e si ribellano all’uomo. I distributori automatici, le auto, i Tir non rispondono ai comandi e uccidono chiunque li ostacoli. Un gruppo di sopravvissuti si rifugia in una stazione di servizio, circondato da camion inferociti: la lotta per la sopravvivenza è appena cominciata. Tratto dal racconto “Camion”, contenuto in “A volte ritornano”, è l’esordio alla regia per il maestro dell’horror Stephen King. Con la memorabile colonna sonora degli AC/DC.

UN MILIONE DI ANNI FA Titolo originale: One million years B.C. Produzione: Twentieth Century Fox. USA - 1966 Durata: 88 minuti circa Regia: Don Chaffey Musiche: Mario Nascimbene Sceneggiatura: Michael Carreras dal soggetto del 1940 rielaborato da George Baker, Michell Novak e Joseph Frickert Effetti speciali: George Blackwell, Les Bowie, Ray Harryhausen Cast: Raquel Welsh, John Richardson, Percy Herbert, Robert Brown, Martine Beswick, Jean Wladon, Lisa Thomas, Malya Nappi, Richard James, William Lyon Brown, Frank Hayden, Terence Maidment, Micky De Rauch,Yvonne Horner. Testo tratto dal lato B del DVD della Universal Studios: In questa vivida immagine della vita preistorica, un uomo del popolo della pietra (John Richardson) di indole malvagia viene bandito da casa sua. Si ritrova così tra l’accogliente popolo delle conchiglie e si innamora di una dolce donna della tribù (Raquel Welsh). La coppia decide di affrontare il mondo insieme, rifiutando il supporto di entrambe le tribù, addentrandosi tra orrende bestie feroci, soggetta a sconvolgenti eruzioni vulcaniche. Gli effetti speciali di questo film ne hanno fatto il capostipite del genere, un vero classico della fantascienza.


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VIDOCQ - LA MASCHERA SENZA VOLTO Titolo originale:Vidocq Produzione: RF2K, Studio Canal, TF1 Films Production, Canal +. Francia - 2001 Durata: 94 minuti Regia: Pitof Produttore: Dominique Farrugia Produttore esecutivo: Olivier Granier Fotografia: Jean-Pierre Sauvaire, Jean-Claude Thibaut Musiche: Bruno Coulais Scenografia: Jean Rabasse Costumi: Carine Sarfati Cast: Gérard Depardieu, Guillaume Canet, Inés Sastre, André Dussollier, Edith Scob, Moussa Maaskri, Jean-Pierre Gos, Isabelle Renauld, Jean-Pol Dubois, André Penvern, Gilles Arbona, Jean-Marc Thibault, François Chattot. Testo tratto dal lato B del DVD della Medusa Video: Parigi 1830. Sull’orlo della Rivoluzione, un mistero si annida tra le ombre più oscure della città. L’unico che può risolverlo è l’investigatore Vidocq. peccato sia già morto, subito dopo aver visto chi si cela sotto la maschera del suo nemico. Sulla morte di Vidocq inizia a indagare il giovane giornalista Etienne Boisset, affascinato dalla figura dell’investigatore e deciso ad andare fino in fondo e scoprire chi ne ha provocato la morte.

L’UOMO LUPO Titolo Originale: The Wolfman Produzione: Universal Pictures, USA - 1941 Durata: 67 minuti circa Regia di George Waggner Cast: Claude Rains, Lon Chaney Jr., Bela Lugosi, Warren William, Patric Knowles, Ralph Bellamy, Maria Ouspenskaya, Forrester Harvey, Fay Helm, Evelyn Ankers. Musiche: Charles Previn, Hans J. Salter, Frank Skinner Montaggio: Ted J. Kent Fotografia: Joseph A.Valentine Trucco: Jack Pierce Testo tratto dal lato B del DVD prodotto e distribuito dalla Universal Studios: Questo classico dell’orrore narra la storia di Larry Talbot (Lon Chaney Jr.) che tornando nell’antico castello del padre (Claude Rains), conosce una splendida donna. Una fatidica notte di festa, il destino rivelato da una chiromante si avvera: un lupo mannaro apparso fra le nebbie verrà ucciso da Larry non prima di averlo morso ed avergli trasferito la sua maledizione. Un’agghiacciante colonna sonora e un’atmosfera tenebrosa rendono questo film un vero capolavoro horror.


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ATROX - IL RE DEL CRIMINE www.qpress.info

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trox: ovvero, cosa sarebbe successo se nell’Italia del miracolo economico fosse esistito uno spietato criminale, capace di azioni efferate, inaudite? Atrox nasce da questa domanda, e si sviluppa fra la rivisitazione del fumetto nero e la nascita di un’Italia parallela. Un noir realistico come nessun altro, inconsueto come può esserlo la realtà. Dopo l’“esordio” a Sanremo con ZERO (titolo dal quadruplo significato...), ne IL RE DEL CRIMINE Atrox è a Torino. Una piccola mostra delle antichità di uno sconosciuto sceiccato arabo. Atrox. E gli equilibri internazionali sono in pericolo... Dopo l’omaggio del numero zero al formato pocket dei fumetti neri da edicola, IL RE DEL CRIMINE sarà nel nostro consueto formato graphic novel 17 per 24 cm da novembre in libreria e in fumetteria (dove è ancora prenotabile attraverso i cataloghi di ottobre). Atrox è creato, scritto e sceneggiato da Giuseppe Peruzzo: qui e con Anser finalmente e felicemente fuor di pseudonimo, Peruzzo è sceneggiatore, saggista (Persone di nuvola.

Le riviste di fumetti d’autore - Premio Calisi per l’impegno scientifico nella ricerca sul fumetto -; Saluti da Angoulême.Termometro sul fumetto; La belva, la carne, l’abbraccio. L’eros nei romanzi di Cesare Pavese), Dottore in scienze e arti della stampa, art director, giornalista e traduttore. L’attesissima uscita di Atrox - Il re del crimine, è anche il modo migliore per festeggiare i dieci anni della casa editrice Q Press: “un’utopia continuamente praticata”, come recita il titolo della mostra itinerante che ha


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già toccato sinora Napoli, Torino, Sanremo e il Salento. Dieci anni vissuti vissuti con Q Press utilizzando questo formidabile mezzo d’espressione al meglio di ogni sua possibilità. Arrivando a proporre anche forme totalmente nuove, come Ferrovia Secondaria di Dante Diamante e come

Q International, la prima rivista al mondo di fumetti senza parole. E dando vita a personaggi originali come il nero italiano Atrox e l’antropomorfico post-apocalittico Anser, ideati da Giuseppe Peruzzo. Fondamentale anche l’apporto alla saggistica: con la Biblioteca di Cultura Fumettistica, Persone di

nuvola, anch’esso di Peruzzo, completissimo e premiato saggio su tutte riviste di fumetti d’autore, dal 1965 sino alle riviste di manga. Q Press ha fatto scoprire ai lettori italiani diversi nuovi grandi autori del fumetto europeo, da Blutch a Davodeau a Larcenet, e graphic novel di grandi scrittori come Be-

nacquista e Jonquet, che si sono rivelati anche bravissimi sceneggiatori, capaci dunque di rientrare nella linea di altissima qualità narrativa voluta da Q Press. Graphic novel nella collana Oltrenero e graphic journalism - e oltre - in PAMphlet, che può vantare anche la riscoperta di Un fascio di bombe, di Castelli, Gomboli & Manara: un’opera fondamentale nell’impiego del fumetto come strumento di informazione. Q Press Staff Il nome e il logo “Atrox”, i nomi di testata e di episodio, la storia, la grafica e le peculiari caratteristiche dei personaggi sono protetti dalla legge internazionale sul copyright. Qualsiasi plagio dell’opera, parziale o integrale, con qualsiasi mezzo venga effettuato, sarà perseguito a norma delle vigenti leggi.


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ERIKO & DJ SHIRU: “K-BLE JUNGLE” www.cultura-giapponese.it - www.gruppocasio.it

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riko e DJ Shiru, nomi ormai conosciuti nell’ambiente dei festival italiani ed europei a tema Giappone, si sono impegnati in un nuovo progetto musicale

con il nome di K-ble Jungle. Eriko ha già collezionato in Giappone molte esperienze in campo artistico: ha infatti lavorato nella TV della sua città come

presentatrice e testimonial di prodotti, oltre a fare l’indossatrice. Ma tra le sue doti, la principale è quella della musica. Ha iniziato come musicista e cantante di musica lirica,

ma recentemente si è fatta coinvolgere sempre di più dal mondo del pop. Grazie alla collaborazione con DJ Shiru, si esibisce infatti in concerti che affascinano il pubblico dei festival del fumetto grazie alla sue energia e simpatia. Eriko appare spesso anche sulla TV italiana ed è inoltre una star del video, con un playlist cliccatissima su Youtube, ed un proprio programma sulla lingua e cultura giapponese sul canale nazionale Neko TV. Ormai tutte le manifestazioni per gli appassionati del Sol Levante ospitano DJ Shiru, che con la sua musica anima questi festival con dj set fatti di uno speciale mix di J-Rock, JPop, elettronica e visual kei. Allo stesso modo, si impegna anche a portare la musica italiana in Giappone, dove scalda il pubblico in occasione di eventi in discoteche sempre più piene. Anche DJ Shiru lavora su Neko TV con un programma settimanale in cui presenta artisti J-Rock e J-PopIl tour “ERIKO + DJ Shiru LIVE!” ha segnato l’inizio della collaborazione di questi due artisti e si è rivelato un vero successo in termini di pubblico. La serie di concerti prevede cover di anime e di successi del Jpop e J-rock, pezzi tradizionali, ma anche canzoni originali scritte dal duo che vanno dal J-pop di


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Oikakete Summer all’elettronica gotica di Murasaki no Uta (di cui è stato registrato anche un remix in occasione dell’incontro a Tokyo con il gruppo di musica tradizionale Za Goninbayashi). Il tour non si è fermato all’Italia ma ha toccato anche Francia, Svizzera e Giappone e ovunque è stata apprezzata l’originalità degli spettacoli, che hanno coinvolto anche altri artisti e diverse forme d’arte oltre alla musica, con show di pittura, fotografia e danza. I K-ble Jungle staranno quest’inverno lontani dai palcoscenici per concentrarsi in studio di registrazione, sia per

sfornare nuove canzoni che per produrre i relativi video promozionali. Prenderanno una pausa dalla sala di registrazione per “Lucca Comics & Games”, dove allieteranno il pubblico con la consueta dose di energia e simpatia, ma anche con proiezioni inedite e nuovi costumi. Tutto questo ribadisce ciò che i due artisti sono stati singolarmente finora nello scenario musicale a tema nipponico, ma porta anche una nuova atmosfera in cui ERIKO + DJ Shiru = K-ble Jungle, ma anche che ERIKO ≠ DJ Shiru ≠ K-ble Jungle! Maura Pilleri


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BENVENUTI AL “VIGAMUS” DI ROMA! www.vigamus.com - www.aiomi.it

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on oltre 1600 visitatori nei due giorni di inaugurazione, AIOMI, il Movimento per la Cultura del Videogioco, annuncia l’apertura al pubblico del primo vero Museo del Videogioco, “VIGAMUS The Video Game Museum of Rome”, in via Sabotino 4

a Roma. Situato in uno spazio di circa 1.000 mq,VIGAMUS non è soltanto il primo e unico Museo italiano del Videogioco, ma un vero e proprio centro studi e ricerche dedicato a questo nuovo e affascinante medium, che ospiterà ogni genere di atti-

vità e iniziative per coniugare svago e cultura e creare un polo di attrazione per tutti gli appassionati. VIGAMUS ha aperto i battenti al pubblico alle ore 10:00 di sabato 20 ottobre con un evento speciale: un’edizione straordinaria di due giorni di IVDC - Italian

Videogames & Digital Contents Conference che hanno celebrato, con ospiti internazionali e addetti al settore, passato presente e futuro del Videogioco con nomi come Dino Dini (Kick Off, Player Manager, Goal), Martin Hollis (GoldenEye, Perfect Dark), Luisa Bixio (Milestone), Peter Warman (CEO di Newzoo, che presenterà i nuovi dati del mercato videoludico italiano), Riccardo Cangini (Artematica), Daniele Azara (no one team), Giovanni Antonioli Fantini (Vae Victis), Marzio Zanantoni (editore della collana “Ludologica” di Matteo Bittanti, che interverrà con un video messaggio), Bonaventura Di Bello (storico developer di avventure, ex caporedattore di Zzap! e The Games Machine), Federico Salerno (Games Collection.it), Ivan Paduano (Università Sapienza, Roma) e tanti altri. VIGAMUS rappresenta anche l’esclusiva vetrina di lancio di WRC 3 FIA World Rally Championship sviluppato e pubblicato da Milestone. Il titolo, ultimo capitolo della serie ufficiale dedicata al campionato mondiale WRC, è a disposizione del pubblico con postazioni di gioco e una straordinaria mostra che narra tutti i retroscena di realizzazione di un prodotto che rappresenta l’eccellenza italiana in fatto di videogiochi. VIGAMUS ospita al suo interno una mostra permanente, con oltre 300 pezzi esposti e più di 65 pannelli illustrati (in lingua italiana e inglese), che ripercorre la storia del Videogioco, inol-


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Dino Dini e Marco Accordi Rickards

tre ne promuoverà la cultura grazie a seminari e convegni e una mostra realizzata in collaborazione con la Facoltà di Scienze MMFFNN dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” dal titolo “I volti del passato nelle immagini del futuro”. Grazie a un’area interattiva, si potrà inoltre toccare con mano i titoli che hanno fatto la storia del videogioco e dare anche uno sguardo al futuro attraverso le nuove tecnologie del gaming. Uno dei pezzi più pregiati del Museo è sicuramente i master disk di Doom, offerti gentilmente

da id Software. Il Museo ripercorre 54 anni di storia del videogioco, dal 1958 al 2012, ed esporrà 14 opere d’arte, tra cui 8 autoritratti (pezzi unici) rappresentanti i più significativi autori di videogiochi a livello mondiale. Numeri del VIGAMUS Più di 300 pezzi esposti; Più di 65 pannelli illustrati; 54 anni di storia; 14 opere d’arte; 1000mq di esposizione; Più di 1600 visitatori nei giorni di inaugurazione. VIGAMUS/AIOMI Staff


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IL BREVE VOLO DI “CAPITAN NICE” Gruppo su Facebook: I FUMETTI SONO UNA COSA SERIA!

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egli anni ‘60 gli Stati Uniti vivevano un momento di grande fervore creativo e numerosi “Movimenti” alternativi si stavano facendo strada. Uno di essi, il “camp” (che si basava fondamentalmente sul gusto per l’eccesso e la trasgressione sia nell’arte che nella vita) ottenne una vasta eco persino nel mondo accademico. La serie televisiva “Batman” divenne una sorta di “manife-

sto” del “camp” e il suo travolgente successo spianò la strada a nuove produzioni che tentavano di cavalcare l’onda vincente. Il 9 gennaio 1967 con l’episodio “The Man Who Flies Like A Pigeon” (tradotto in un insignificante “La Volante Sono Io”), esordiva Captain Nice!. La National Broadcasting Company (N.B.C.) ne aveva affidato la realizzazione a Buck Henry, che vantava già al suo attivo la fortunata

“Get Smart” e l’aveva fatta girare negli Studios della Paramount di Hollywood. Il trascinante motivo musicale della sigla d’apertura era stato commissionato al compositore Vic Mizzy. Il protagonista del telefilm è Carter Nash (interpretato da William Daniels, nato a Brooklyn il 31 marzo 1927, famoso principalmente per aver dato la voce a KITT, l’automobile futuristica di Supercar), un timido ragaz-

zone che lavora come chimico nel distretto di Polizia di una fantomatica città del Nord America, Big Town. Un giorno, del tutto accidentalmente, Carter scopre una formula in grado di dargli incredibili capacità, anche se tali effetti hanno una durata limitata nel tempo. Per un’ora, Nash, possiede una forza sovrumana ed acquista la capacità di volare (opportunità che utilizza molto raramente perché soffre di vertigini...). La madre, l’“adorabile” Miss Nash (Alice Ghostley), possessiva ed invadente, convince il recalcitrante figliolo ad usare i super poteri per combattere il crimine. Per proteggerne l’identità segreta gli confeziona personalmente il costume da Capitan Nice accorpando una specie di pigiama sbrindellato a degli “eleganti” occhialoni da pilota di aerei bombardieri. Presenze fisse del Cast sono anche il padre di Carter (Byron Foulger), perennemente nascosto dietro un giornale aperto e totalmente disinteressato a quanto accade intorno a lui, l’affascinante sergente Candy Kane (Ann Prentiss), fidanzata (a sua insaputa!) con l’imbranato Nash e il Sindaco Finney (Liam Dunn). Capitan Nice ballò una sola stagione durante la quale vennero trasmessi 15 episodi a colori della durata di 25 minuti (30 con la pubblicità). Buck Henry che avvalendosi del talento creativo di Mel Brooks era riuscito a dar vita con Get Smart ad una divertente trasposizione del genere spionistico non ebbe modo di replicare lo stesso suc-


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cesso con la parodia dei super eroi... Il 5 Maggio 1967 con “Beware of Hidden Prophets” (Occhio al Profeta), la serie venne chiusa per sempre! In Italia, “Capitan Nice”, arrivò molti anni dopo (1978) grazie al circuito delle emittenti locali. Nell’estate del 1995, RAI 3 ne propose 8 episodi e solo nel 1997, l’emittente satellitare digitale Canal Jimmy la trasmise in maniera completa. In realtà, Capitan Nice, era una sit-com non

particolarmente brillante... era quel che si definisce un “onesto prodotto medio” eppure l’inverosimile super eroe occhialuto è riuscito a ritagliarsi uno spazio nella memoria e nel cuore di molti appassionati dimostrando che non sempre sono necessarie le luci sfavillanti. Qualche volta basta anche una fiammella a tenere acceso il lume dei ricordi. Pietro Zerella


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“DISNEY ITALIANI”: 80 ANNI DI STORIA www.edizioninpe.it

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a Topolino a Zio Paperone, da Romano Scarpa a Giorgio Cavazzano, fin dal 1932 la produzione italiana di storie e personaggi Disneyani ha fatto sognare i lettori di tutte le età e oggi Edizioni NPE vuole ripercorrere con voi la strada solcata dalla fabbrica dei sogni in ottant’anni indimenticabili. Dal primo Topolino libretto della Nerbini al fiume di ta-

vole disegnate che ogni settimana riempie i nostri scaffali e i nostri cuori, nessun particolare è sfuggito agli autori di quest’opera monumentale... C’è tutto, dal seme di mela, all’astronave. Un saggio che traccia la storia della produzione Disney italiana, sia analizzando l’evoluzione dei diversi periodi storici sia approfondendo l’arte dei singoli maestri che hanno cambiato

per sempre il modo di raccontare le storie dei più famosi personaggi di fantasia esistenti al mondo. Un’operazione unica nel suo genere, un impegno per preservare la memoria storica delle eccellenze di un paese; grandi talenti che hanno forgiato nel disegno il nostro immaginario collettivo. Raccolti in un lussuoso cofanetto, due voluminosi tomi

I Disney italiani Alberto Becattini, Luca Boschi, Leonardo Gori, Andrea Sani.

Due volumi cartonati 195 x 265 in cofanetto Deluxe pp. 464 + 216 - b/n e Colore E 79,00 ISBN: 9788897141266

ricchi di approfondimenti critici su autori e protagonisti dell’epopea disneyana vi guideranno in questo ritorno alle origini, il tutto corredato da un fitto apparato iconografico e impreziosito da due copertine inedite di Giorgio Cavazzano colorate da Stefano Intini. Edizioni NPE, dopo il successo del pluripremiato Eccetto Topolino - Lo scontro culturale tra fascismo e fumetti, torna in libreria con un nuovo volume della collana “L’arte delle nuvole” destinato a diventare per sempre bibbia e guida per tutti gli appassionati dell’arte Disney. ALBERTO BECATTINI (Firenze, 1955), laureato in Lingue, insegna inglese nei Licei. Appassionato di fumetti sin dall’infanzia, negli anni Settanta scrive i primi articoli per pubblicazioni amatoriali come «Funnies» ed «Exploit Comics». Collabora poi attivamente con le editrici fiorentine Glittering Images e Glamour International, con la romana Comic Art e con le riviste «Fumetto» e «Fumo di China». Dal 1992 scrive articoli e traduce storie per i periodici di The Walt Disney Company Italia quali «Le Grandi Parodie Disney», «Zio Paperone», «I Maestri Disney» e «Tesori Disney», oltre a curare le collane «La Grande Dinastia dei Paperi» e «Gli Anni d’Oro di Topolino». È inoltre autore o coautore di saggi quali Giovan Battista Carpi, Disney Comics, Don Rosa e Romano Scarpa: Sognando la Calidornia e Disney in Italia – I libri


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illustrati: 1932-1975. È attivo sin dal 1988 anche su pubblicazioni in lingua inglese quali «Alter Ego» e «Walt’s People». Come indicizzatore contribuisce a The Who’s Who of American Comic Books, Grand Comics Database e I.N.D.U.C.K.S. LUCA BOSCHI (Pistoia, 1956), dal 1979 è fumettista, saggista, giornalista specializzato su comics e cinema di animazione, animatore e screenplayer, autore televisivo e teatrale. Collabora attualmente a «Disney Anni d’Oro», «Tesori Disney», «I Grandi Classici», «Disney Story», «Il Sole 24 Ore» (per il quale cura anche il blog http://lucaboschi.nova100.ilsole24or e.com/), con gli editori The Walt Disney Company, Panini, De Agostini e altri in Italia e all’estero. Dopo aver partecipato alle più importanti convention sui comics,

dal 2001 è direttore culturale del Salone Internazionale Napoli Comicon. Con Alberto Becattini e Lidia Cannatella ha curato le collane «La Grande Dinastia dei Paperi» (2008) e «Gli Anni d’Oro di Topolino» (2010), per conto del «Corriere della Sera» e della «Gazzetta dello Sport». Fra i premi ricevuti, quello ANAFI del 2008 per il “miglior saggio del settore”: Irripetibili – Le grandi stagioni del Fumetto italiano, pubblicato da Coniglio Editore. LEONARDO GORI (Firenze, 1957) è autore di thriller e romanzi storici (Hobby & Work, Rizzoli, Giunti). Si occupa di fumetti da sempre, come collezionista, storico e critico: scrive articoli su riviste specializzate e stampa “generalista” dal 1973; è stato membro di Immagine (comitato scientifico consulente del Salone Internazionale dei Comics)

e ha partecipato all’allestimento di varie edizioni di Lucca Comics ef Expocartoon. È stato fra i fondatori e i principali redattori della rivista «Exploit Comics», edita dal GAF-Firenze. È coautore di saggi fondamentali sulla storia del fumetto, fra i quali Romano Scarpa - Sognando la Calidornia (Pavesio, 2001), Jacovitti. Sessant’anni di surrealismo a fumetti ed Eccetto Topolino (NPE, 2010 e 2011). Cura il blog Fumetti Classici (www.annitrenta.blogspot.c om). ANDREA SANI (Firenze, 1953) insegna storia e filosofia presso il Liceo classico Galileo di Firenze. Si occupa di cinema e di fumetti e scrive i libri Fumettopoli (Sansoni, 1993), Il cinema tra storia e filosofia (Le Lettere, 2002), Il cinema pensa? (Loescher, 2008), Il cinema delle idee (con E. Ruffaldi, Loescher, 2008), Il

cinema della storia (D’Anna, 2010) e I filosofi e le nuvolette (D’Anna, 2010). Con Luca Boschi e Leonardo Gori pubblica i volumi Romano Scarpa (Alessandro, 1988, riedizione ampliata con Alberto Becattini, edizioni Vittorio Pavesio 2001), I Disney Italiani (Granata Press, 1990), Jacovitti. Sessant’anni di surrealismo a fumetti (NPE, 2010) premio Gran Guinigi 2011. È stato membro di «Immagine» il comitato organizzatore del Salone dei Comics di Lucca e collaboratore del Museo del fumetto della stessa città. In ambito filosofico è autore dei libri La logica matematica (La Nuova Italia, 1996) e Infinito (La Nuova Italia, 1998). Cura la traduzione e l’introduzione di alcune opere di Leibniz per La Nuova Italia e per Clinamen. NPE Staff


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SOPRAVVIVERE CON UNA MONETA D’ORO www.isolaillyon.it

Regina di scambi commerciali, capace di aprire porte di ogni tipo e di far cambiare idea alle persone più oneste: la moneta d’oro. Oggi vi proponiamo una guida utilissima, che vi spiega cosa potete acquistare, fare ed ottenere con una sola moneta d’oro in tasca.

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on starò qui a riflettere su come Athkatla o Neverwinter abbiano chiuso le borse ieri. Né tanto meno su quale cifra abbia raggiunto il prezzo delle mele per chilo. Ma voglio riflettere insieme a voi, viandanti e avventurieri della peggiore

specie, sul valore delle monete d’oro, anzi di una sola moneta d’oro. Quando vi troverete catapultati in un mondo fantasy che vi aliena facendovi perdere ogni contatto con la realtà (cosa che è successa a noi), avrete bisogno di qualche consiglio, e questo vademecum non potrà che esservi utile. “Sopravvivere e divertirsi con una sola moneta d’oro” Amici, cadere in disgrazia in qualsiasi mondo fantasy non è assolutamente difficile, un po’ come nel mondo reale. Se poi credete alla storia dei “punta e clicca” che vi per-

mettono di entrare nelle case della gente per rovistare in bauli e cassettiere, sappiate che vi state sbagliando, e pure alla grande. Troppe sono state le mani mozzate a causa di queste azioni. La gente, se entrate nelle loro case, vi vede. E non ripete sempre la stessa cosa, o al massimo tre risposte tra cui scegliere: quindi cercate di guadagnarvi monete d’oro in un altro modo. Vi sembra che siano terminate tutte le vostre monete, ma poi vi accorgete che ve ne è rimasta una. Colti dall’ansia, arrivate a pensare che sia giunta la fine per voi,

e invece no. C’è ancora una speranza, legata a quella singola moneta. Ecco cosa potete farci qualora vi troviate in un ambiente cittadino, o in un villaggio mediamente grande. Mangiare Acquistate cibi prelibati prima di sprofondare nella povertà più nera. - Tre boccali di birra (povertà alcolica); - Due fette di carne e una di pane (povertà a pancia piena); - Piatto di patate bollite; - Pane saporito (da conservare per i giorni a venire, prima che diventi marmo); - Uova e pezzi di carne. Fare carriera Investire i vostri soldi è importante, potreste diventare qualcuno in città. - Acquistate un kama, una frusta o un martello leggero e presentatevi a qualcuno che ha bisogno di protezione, sperando che non si accorga che siete dei pagliacci pezzenti con delle armi ridicole; - Convincete un vecchio musico a vendervi un consunto liuto, e imparate l’arte della musica portandola in giro nelle città in cambio di spiccioli (vi servirebbe un cappello, se non ce l’avete siete finiti); - Acquistate un piede di porco da un fabbro molto richiesto: non si farà problemi a farvi uno sconto di qualche moneta per un oggetto così stupido. La vostra carriera di ladro di appartamenti inizia da una fucina; - Comprate un cavallo o un asino zoppo, potrete usare quella cavalcatura per far di-


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vertire i bambini e ridare vita a un ronzino destinato al macellaio; - Comprate una stoffa colorata e truccatevi in maniera mistica. Poi, cercate i ciottoli di fiume più strani e mettete tutto su di un tavolo. Gente di fiere, feste, e città superstiziose si avvicineranno volentieri a voi, oracoli del futuro. Divertirsi Non pensate di avvicinarvi a un bordello, a meno che non vi interessi questo (clicca sulla parola). Per il resto ci sono varie opzioni. - Nelle città più grandi potete trovare artisti in giro con i loro tendoni che per una moneta vi mostreranno le loro prodezze (non c’è nessuna volgarità in queste parole); - Potreste tentare la fortuna in qualche fiera vincendo uno o due pezzi di formaggio, o della carne secca. Poi potreste rivenderle e da lì dare vita al vostro impero gastronomico; - Diventate fan di un giullare di corte dandogli una mo-

neta d’oro e proponendovi come suo servitore. Se vi gradisce, vi porterà con sé al cospetto del re, dove potrete divertirvi a vedere i suoi spettacoli e rischiare anche di ottenere qualche tozzo di pane per sopravvivere. In cambio, però, potrebbe chiedervi più di una moneta d’oro; - Scommesse. Dai combattimenti di polli alle giostre dei

cavalieri, le scommesse sono un buon modo per moltiplicare le vostre ricchezze.Vincere con una moneta d’oro non vi farà ricchi, ma se azzeccate qualche puntata una dietro l’altra, un po’ di speranza ce l’avete; - Una sfida a dadi. Nelle migliori bettole non vi sarà difficile trovare sfidanti.Vi consiglio vivamente di usare dadi truccati, ma solo se

avete una spada e il fisico agile per fuggire da possibili situazioni concitate; Rivelerò a voi lettori poi come sopravvivere in campagna, nella giungla o sulla neve, sempre con una sola moneta. Perché con una moneta d’oro si sopravvive, o si muore. Eh, già. Isola Illyon Staff


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EMILIO LAISO E DANIELA DI MATTEO http://pqeditori.altervista.org

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oco meno di un anno e mezzo fa nasceva, da un’idea di Ivano Garofalo e Pasquale Vitolo, il blog PQeditor. Da allora le cose sono molto cambiate, da un piccolo blog sui fumetti, PQeditor è cresciuto ed è diventato una vera e solida associazione culturale impe-

gnata a diffondere la cultura e il rispetto per la nona arte in tutta Italia. Il primo evento organizzato fu a giugno di quest’anno, lo Street Comix; mentre oggi i suoi componenti sono impegnati nel promuovere una mostra di opere, molte delle quali inediti nel nostro paese, di

due grandi disegnatori campani, Emilio Laiso e Daniela di Matteo. La mostra consiste in una miscela di oltre 20 illustrazioni a colori e in b/n tra cui alcuni inediti che saranno presentati al resto del mondo solo dopo Lucca, ma anche opere inedite in Italia

e una cover del tutto nuova e realizzata appositamente per l’iniziativa, che si ispira al famoso “Il bacio di Hayez”. Cercando di porre anche un aspetto educativo e sociale, L’associazione è riuscita a far si che i due bravissimi disegnatori realizzino a tutti coloro che lo chiedono, a titolo gratuito, i loro personaggi preferiti del mondo del fantastico; e non solo, a tutto questa si affianca una sessione di tecnica del disegno e grafica, volta ad avvicinare i più piccoli al mondo magico e sognante del fumetto (il tutto, naturalmente, solo nell’ambito della mostra a loro dedicata, quando potranno essere presenti). La mostra, di cui potete ammirare in quest’articolo la cover, è stata già presentata all’interno dell’evento, La prima festa dell’emodonazione, svoltasi il 28 settembre ad Aversa (CE); ovviamente tale entusiasmante esperienza si ripeterà all’interno di altri eventi fumettisti e non solo, che per una questione di correttezza nei confronti di terze parti coinvolte non possiamo anticiparvi. Un doveroso ringraziamento va all’agenzia Capitalhouse di Aversa che ha sostenuto l’iniziativa e che ha reso possibile il realizzarsi di questo piccolo miracolo della cultura fumettistica. EMILIO LAISO Condannato ad una vita d’artista a causa della parte di DNA ereditata dalla zia costumista, dopo aver frequentato il liceo artistico,


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Emilio Laiso persiste iscrivendosi al corso di Illustrazione della Scuola Italiana di Comix di Napoli. Successivamente, non pentitosi della propria scelta, approfondisce la sua formazione all’Accademia delle Belle Arti. Nel corso della sua carriera universitaria,dopo aver esposto alcune sue opere pittoriche in diverse mostre, la conoscenza del professore Ernesto Pugliese (autore di Brendon) lo fa deviare dalla sua carriera da pittore verso quella da fumettista. Comincia così a lavorare con una piccola casa editrice e successivamente entra a far parte del GGStudio con il quale pubblica la serie GORE, fino al sesto volume americano.

Laureatosi a pieni voti, impugna matita e china per essere tra gli autori che disegnano Nero Napoletano per il Napoli Comicon 2010. Nell’anno 2011 parte alla conquista dell’America, iniziando a lavorare come copertinista e disegnatore sulla serie Hack&Slash per l’editor Image. L’anno seguente estende il suo campo d’azione alla casa editrice Aspen con cui collabora in qualità di disegnatore sulla nuova serie in uscita «Homecoming». Attualmente continua anche la collaborazione con l’editor Image per cui, dopo aver terminato anche il numero #19 della serie «Hack&Slash», si accinge a cominciare il numero #5 di Hoax Hunter. E’ prevista per il futuro anche la collaborazione con editori francesi. DANIELA DI MATTEO Classe 1988, Daniela, seppure da sempre appassionata d’arte e di fumetto, fa i suoi studi al liceo linguistico. Durante questi anni, non perde tuttavia nessuna occasione per disegnare, progredendo da autodidatta. Nel 2006, entra all’Università degli Studi di Salerno, iscrivendosi al corso DaViMuS (Discipline delle arti visive, musicali e dello spettacolo) della facoltà di Lingue, conseguendo la laurea nel Febbraio 2011. In contemporanea ai suoi studi universitari, s’inscrive al corso di fumetto della Scuola Italiana di Comix di Napoli, terminandolo nel 2009. Nello stesso anno, porterà a termine il corso di colorazione digitale nella


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medesima scuola. Nel 2009, collabora in qualità di disegnatrice alla realizzazione di “L’Affaire Osmond”, primo volume di Sideline, pubblicato in Francia nello stesso anno e rieditato all’inizio del 2012 dalla casa editrice Hugo&Co, che lo ribattezza «Business Football Club», di cui uscirà a breve anche il secondo numero. E’ tra gli autori che hanno disegnato Nero Napoletano per il Napoli Comicon 2010, mentre pubblicava contemporaneamente con un web editor francese. Ha lavorato con il 10th Art Studio realizzando le tavole per le cutscenes dei primi due episodi del videogioco “Shadows on the Vatican”, esposte in una mostra dedi-

catagli al Castel Sant’Elmo l’ultimo giorno del Napoli Comicon 2011. Col medesimo studio sta ora lavorando alla progettazione di un nuovo videogioco, in stile steampunk: «Wild is the Wind». Ha disegnato le tavole del primo volume di Petite Geisha per la Collection Blackberry della casa editrice francese Soleil, pubblicato nell’Aprile 2012, e si accinge a cominciarne il secondo numero. Nel contempo, ha iniziato a lavorare su un nuovo progetto Soleil, denominato «Les Aventuriers de la Mer», trasposizione dell’omonima trilogia fantasy di Robin Hobb. Ivano Garofalo


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FANTASIA CONTRO SCIENZA? www.futureshock-online.info

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itiamo, in ordine cronologico, alcuni capolavori della letteratura europea: Ludovico Ariosto, Orlando furioso (1516-1532), Miguel de Cervantes Saavedra, Don Chisciotte della Mancia (El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha, 16051615), Jean de La Fontaine, Favole (Fables, 1668-1694), Johann Wolfgang von Goethe, Faust (1797-1808), John R.R.Tolkien, Il signore degli anelli (The Lord of the Rings, 1954-1955). Come è facile notare, tutte

queste opere hanno in comune l’elemento fantastico, la creazione di mondi e personaggi immaginari, la proiezione dei nostri ideali, utopie e aspirazioni, ma anche delle nostre fobie e miserie, in una realtà altra, deformata, stravagante, mirabolante, chimerica, ma pur sempre legata geneticamente alla nostra quotidianità. Sorge spontanea la domanda: perché queste opere vengono accettate dalla massa dei lettori senza pregiudizi e remore di sorta,

mentre opere, che utilizzano lo stesso elemento fantastico, come i romanzi di fantascienza, vengono pesantemente discriminate? Perché li si giudica con due pesi e due misure? E’ diversa la fantasia creatrice di un letterato da quella di uno scienziato? O quest’ultimo è negato alla capacità immaginativa? Niente di più errato! Sentiamo ciò che dice uno scienziato, Peter Brian Medawar, premio Nobel per la medicina nel 1960: «Tutti i progressi della conoscenza scientifica, ad ogni livello, cominciano con una avventura speculativa, una preconcezione immaginativa di ciò che potrebbe essere vero una pre-concezione che sempre e necessariamente va un po’ oltre (e talvolta molto oltre) tutto ciò di cui abbiamo un’evidenza logica o fattuale. È l’invenzione di un mondo possibile, o di una minuscola frazione di tale mondo. L’ipotesi è successivamente sottoposta al vaglio critico per scoprire se quel mondo immaginato è in qualche modo simile a quello reale. Il ragionamento scientifico è perciò a tutti i livelli una interazione fra due episodi di pensiero - un dialogo a due voci, l’una immaginativa, l’altra critica, un dialogo, se volete, tra il possibile e il reale, tra la proposta e la realtà, l’ipotesi e la critica, fra ciò che può essere vero e ciò che di fatto è». Date queste premesse, non c’è da stracciarsi le vesti, né gridare allo scandalo, se a scrivere romanzi di fantascienza siano un fisico come Gregory Benford - Il grande

fiume del cielo (Great Sky River, 1987) - o un matematico come Vernor Vinge Alla fine dell’arcobaleno (Rainbows End, 2006). Ma di che cosa parlano questi scrittori nelle loro opere? Di argomenti di viva attualità: l’innesto di elementi elettronici nel corpo umano, della realtà virtuale, dei buchi neri, dei viaggi nel tempo, ecc. Coloro che hanno un’idiosincrasia congenita per la fantascienza, potrebbero obiettare che a loro i discorsi di tipo teoretico astratto, l’epistemologia, la storia della scienza, il luogo e il momento della sua nascita, ecc. non interessano affatto. Interessa, semmai, aiutare il prossimo, i bisognosi, i disoccupati, i drogati, ecc... Occuparsi, insomma, di opere caritative, anziché discutere dei “massimi sistemi”. Grave errore, soprattutto per due ordini di motivi. Anzitutto, la scienza è il nodo centrale della grave crisi umanistica che l’Europa e l’Occidente stanno attraversando. La nascita della scienza, come sappiamo, ha provocato un formidabile shock culturale senza precedenti. L’andamento della civiltà, a partire dalla fine del sec. XVIII, ha preso un andamento accelerato e le nostre società da agricole si sono trasformate in industriali. Ma l’avvento della scienza ha indotto nell’errore di confondere la modernità con il modernismo e di credere che, poiché cambiano i sistemi di produzione e si modificano i rapporti e le classi sociali, cambia anche il nostro rapporto con i valori.


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La scienza, con il suo continuo progredire e sotto l’influsso di filosofie atee e materialiste, ha messo in crisi la conoscenza, che è diventata incerta e relativistica. Nasce così la dittatura

del relativismo, figlia dello stravolgimento della scienza in scientismo. E nasce anche la decadenza morale e culturale dell’Occidente cristiano, che ha provocato proprio i mali che si inten-

dono combattere: divorzio, aborto, eutanasia, droga, stupri, disoccupazione, ecc. Dunque, ignorare il problema “scienza” non è possibile: significa nascondere la testa nella sabbia come lo struzzo e, in definitiva, misconoscendo la verità, non è possibile operare correttamente, come non ha mancato di sottolineare Benedetto XVI nella sua enciclica Caritas in veritate: «La Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire [...]. Ha però una missione di verità da compiere, in ogni tempo ed evenienza, per una società a misura dell’uomo, della sua dignità, della sua vocazione. Senza verità si cade in una visione empiristica e scettica della vita, incapace di elevarsi sulla prassi, perché non interessata a cogliere i valori - talora nemmeno i significati - con cui giudicarla e orientarla. La fedeltà all’uomo esige la fedeltà alla verità che, sola, è garanzia di libertà (cfr Gv 8,32) e della possibilità di uno sviluppo umano integrale. Per questo la Chiesa la ricerca, l’annunzia instancabilmente e la riconosce ovunque essa si palesi». Non vogliamo sostenere

l’assurda tesi che la verità della scienza sia coincidente e sovrapponibile alla verità della fede in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo e vero Salvatore del genere umano. Scienza e fede si occupano di due ambiti ben diversi e distinti. Tuttavia, c’è un punto che le accomuna: la scienza è nata con il Cristianesimo. Questo dato incontrovertibile è stato appurato da diversi studiosi, tra cui citiamo Edward Grant, Le origini medievali della scienza moderna (The Foundantions of Modern Science in the Middle Ages, 1996) e Stanley L. Jaki, Cristo e la scienza (Christ and Science, 2000). Non vanno, dunque, emarginate, come purtroppo avviene, quelle forme letterarie che, come la fantascienza o science fiction, si occupano non solo di letteratura, ma anche di valenza umanistica della scienza. Antonio Scacco


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STORIA DI “ZETO”: IL FUMETTO GRATUITO www.printamente.it

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alve a tutti i lettori di JAPANIMANDO, sono un improvvisato piccolo editore e vi vorrei raccontare la nascita di un fumetto: “Zeto”. Come grafico mi sono occupato di diverse riviste e giornali così, con l’esperienza maturata in questo campo e avendo una tipografia, insieme al mio socio abbiamo pensato di realizzare e stampare in proprio una rivista. Tuttavia, stanchi dei soliti modelli, abbiamo preso al volo un’idea di mio cugino Gianluca Serratore, talentuoso disegnatore non professionista e anima del progetto Zeto. Ciò che ci ha spinti è proprio il voler far conoscere il fumetto a chi non lo conosce (cioè chi lo identifica solo con Topolino o comunque lo ritiene una lettura per bambini), mediante storie confezionate per un pubblico adulto, con temi che spaziano dalla deportazione a Birkenau, alle morti bianche (sul lavoro), all’umorismo di ispirazione filosofica, a viaggi surreali alla ricerca dell'innamoramento, alla scoperta del valore fondamentale del perdono, al dolore delle donne che subiscono violenza, ecc. Il secondo fine che ci proponiamo, non meno importante, è quello di offrire una vetrina a tanti

ragazzi di talento non professionisti, stampando su “Zeto” le loro tavole. Cercammo quindi altri disegnatori e sceneggiatori, facendo un piccolo casting. Nacque così un’equipe pronta a realizzare un fumetto di 48 pagine ogni mese e si costituì l’Associazione AlfaBetaZeto. Realizzare una storia a fumetti è un impegno che a volte ci occupa anche tre mesi a numero: va ribadito che non siamo dei professionisti e che quindi il tempo da dedicare a “Zeto” viene ritagliato in funzione del proprio lavoro. Tutti gli sponsor sono importanti, ma vorrei citarne due su tutti: il Centro Commerciale Parco Leonardo di Fiumicino, grazie al suo direttore intraprendente e Sfizio restorant-pizzacoffe bar del Centro

Commerciale La Scaglia di Civitavecchia (per assurdo andando quasi in conflitto come centri commerciali!!!) in cui riuscimmo a creare anche

un bell’evento, nel momento di una uscita e distribuzione di un numero, portando alcuni disegnatori di Zeto che si sono resi disponibili al pub-

Presentazione di Zeto n.13 Edizione Speciale alla Sagra del Carciofo a Ladispoli: da sinistra F. Bogliotti sceneggiatore, M. Polidori editore, C. Paliotta sindaco, A. Zonetti assessore e G. Serratore disegnatore.


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avendo presentato dei progetti alla Provincia, al Comune di Roma, Ladispoli e Cerveteri: aspettiamo la nostra occasione per poter plasmare qualche altra storia con il nostro personaggio e siamo speranzosi nel poter continuare a elargire ancora fumetti gratis. Marco Polidori

Un momento della distribuzione di Zeto al sottopassaggio della stazione ferroviaria di Ladispoli.

blico del centro commerciale stesso. Per il target che ci eravamo posti, abbiamo scelto un punto ideale per il “grosso” della distribuzione: le stazioni ferroviarie della tratta Roma-Civitavecchia (in special modo Ladispoli, Cerenova e Civitavecchia) 15.000 pendolari che ogni giorno raggiungono Roma per lavoro e si trovano in mano quest’albo della grandezza e tipo dei classici Bonelli, meravigliati per averlo incredibilmente gratis e anche le persone che normalmente non legge fumetti, in quei trenta minuti di tempo, è inevitabilmente incuriosita...

Non è facile divulgare tra gli adulti una lettura limitata spesso al mondo giovanile, né proporre temi che a volte tendono a provocare una reazione, creando anche dissensi tra lettori poco attenti ai messaggi che intendiamo veicolare, e più alla forma e al senso del pudore. Fortunatamente esistono ancora menti aperte che avendo colto le potenzialità del progetto, ci sostengono con i loro incoraggiamenti. Certo non basta! Economicamente “Zeto”, come qualsiasi forma d’arte oggigiorno, non naviga in acque tranquille. Abbiamo ricevuto il Patrocinio del Comune di Ladispoli, cerchiamo di autofinanziarci

con gli introiti pubblicitari e i disegnatori sono d’accordo per un compenso che sarebbe più giusto definire rimborso spese, ma nonostante ciò la scommessa non è vinta e il futuro di Zeto è tutto da definire. Continuiamo ad elaborare strategie: ormai decisi a smettere la pubblicazione mensile e fare invece delle uscite spot. Nell’ultimo numero pubblicato (n.13) abbiamo deciso di fare un omaggio alla città di Ladispoli, che in qualche modo ci ha supportati, realizzando un albo speciale storico raccontando la nascita della città completamente a fumetti. Grande è stato l’interesse presentandolo ad alcune scuole, incuriosendo i ragazzi (normalmente la storia del loco, per programma nazionale, non viene trattata...). Ora Zeto, dopo il numero 13, ha momentaneamento sospeso la sua pubblicazione cadenzata,

G. Serratore mentre disegna una sua storia di Zeto.

Incontro con i ragazzi della Scuola Media Corrado Melone: da sinistra R. Agresti Preside, M. Polidori editore e G. Serratore disegnatore e ideatore di Zeto.


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ALBUM Foto di Salvatore Alfani

Foto di Salvatore Alfani, Simone Dilaghi, Emanuele Canosa, Roberto Mangione.

Foto di Salvatore Alfani


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Foto di Salvatore Alfani

Foto di Salvatore Alfani

Foto di Salvatore Alfani

Foto di Salvatore Alfani


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Foto di Salvatore Alfani

Foto di Salvatore Alfani

Foto di Emanuele Canosa

Foto di Salvatore Alfani


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Foto di Salvatore Alfani

Foto di Salvatore Alfani

Foto di Salvatore Alfani

Foto di Emanuele Canosa


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Foto di Eman ue

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Foto di Emanuele Canosa

Foto di Emanuele Canosa

Foto di Simone Dilaghi

Foto di Simone Dilaghi


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Foto di Roberto Mangione

Foto di Roberto Mangione



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