WEBZINE FREE DOWNLOAD by A.C. JAPANIMATION - Anno III - n. 20
NEWS COSP LAY
CULTURA MUSIC A
CHRISTIAN DRAGHI - Foto di LUCIANO PHOTOGRAPHY
EVENTI
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EDITORIALE
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ccoci di nuovo qui con voi a condividere questo nuovo numero della vostra webzine preferita (almeno speriamo)! Come avete passato questo primo mese dell’anno? Noi come al solito, ovvero cercando di dare il massimo... speriamo di esserci riusciti anche stavolta! Abbiamo notato con piacere che in questi ultimi tempi c’è stato un graduale aumento di eventi dedicati alla cultura del fantastico in tutta Italia: questo ci fa ben sperare per il futuro e ci auguriamo che entro la fine di questo decennio si riesca, finalmente, a far conoscere “al meglio” questa splendida cultura spazzando via tanta ignoranza e tanti pregiudizi. Certo,
sarà impossibile che “tutti” la apprezzino ma, quantomeno, ci sarà meno gente che sparerà a zero. Anche noi, nel nostro piccolo, stiamo preparando tante belle cose nella nostra zona e siamo abbastanza richiesti; il nostro raduno Parcosplay ha dato veramente inizio a tante belle collaborazioni e sinergie che spero diano un buon contributo alla nostra missione divulgativa. E, a proposito di divulgazione, anche la nostra webzine ci sta dando sempre più belle soddisfazioni quindi, come spesso facciamo, anche stavolta vogliamo ringraziare i collaboratori ed i lettori, sia fissi che occasionali, per questo successo. V. D’Amico
SOMMARIO “Giorni di sangue” su Horror Park............... Alessandro Montosi e la sua arte.................. Storia dell’animazione giapponese................. Le regine degli abissi: “Namora”.................... Nostalgia dei fumetti horror?......................... “Splatter Fest” vi aspetta!................................ 2° Japan Matsuri: cultura e solidarietà .......... Il mitico “General Daimos” ............................ Francesca Costantino e “I figli di Baal” ........ Nulla è reale, tutto è lecito............................. Ecco a voi... “Laurelin Cosplay”...................... “Twilight TV”: Il mito di “Star Trek” .............. Tempo referente e tempo significante ......... “Black Cat” ......................................................... Il mondo di Meg ................................................ Dracula: il mito, la leggenda - parte 1 ........... Il genio delle “Dany&Dany” ............................ “EurHope - Images from the future 2013” . “Storie di confine” per beneficenza.............. “I racconti del laboratorio” ............................ Alla riscoperta di “Judge Dredd”................... 4° Premio letterario “Kataris” ....................... Fantatrailers: clicca sulle immagini................. “Hotarubi no mori e” ...................................... Crisi del libro e mentalità del profitto ......... Ryar Cultura presenta “Banzai”! ................... TV Classics: “Le avventure di Marco Polo”. Domenico Martino e la sua arte ................... “Shadow of the colossus” ............................... “L’Uomo Tigre, il campione”: il manga.......... Torna “A qualcuno piace cosplay” 2013 ...... “Scottecs” conquista YouTube........................ Album 39° PARCOSPLAY di Ostia Lido .....
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“GIORNI DI SANGUE” SU HORROR PARK http://www.facebook.com/HorrorPark
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he cosa fareste se un giorno i morti tornassero in vita per cibarsi di voi? John Blake è un insegnante di educazione fisica nel liceo di St. Mary, una piccola cittadina del Maine. Con la moglie Brenda e la figlioletta Lily si sta preparando per le vacanze estive che la famigliola ha intenzione di trascorrere a White Lake, rinomato luogo di villeggiatura. Ben presto scopriranno però di dover rinunciare alla vacanza: qualcosa di molto strano sta accadendo nella loro città. Questo è solo l’inizio del viaggio tortuoso che un uomo qualsiasi dovrà compiere, suo malgrado: egli sarà chiamato a dover fronteggiare una moltitudine di emozioni e traumi che lo porteranno a dover fare i conti, oltre che con una situazione
umanamente insostenibile, anche con la sua mente, messa a dura prova da una contorta battaglia instrospettiva. Siamo Andrea ed Eleonora (Raven), una coppia di fidanzati da sempre appassionati di scrittura e horror. Prima di questo lavoro scrivevamo principalmente opere fantasy, ma, spinti dal nostro comune amore per il mondo del brivido e per il cinema di Romero, nonchè per la validissima serie televisiva “The Walking Dead”, abbiamo deciso di unire le forze e dedicarci a questo romanzo “zombesco” scritto a quattro mani, desiderosi di dare entrambi il proprio contributo. La figura dello zombie ci è sempre piaciuta, soprattutto per la sua valenza simbolica, vediamo infatti il non morto che si ciba
dei suoi simili come una rappresentazione di quello che purtroppo è in realtà l’essere umano, di qual’è il suo istinto primario: sopraffare gli altri uomini. Essendo scrittori emergenti e non essendoci mai cimentati in un compito del genere, prima di pensare seriamente ad una pubblicazione del libro, volevamo cercare di scoprire se la nostra opera potesse piacere al pubblico e se fosse valida o meno, perciò abbiamo creato su Facebook la pagina ufficiale di “Giorni di Sangue” e vi abbiamo pubblicato i capitoli man mano che li scrivevamo. Siamo rimasti piacevolmente sorpresi dagli apprezzamenti ed i complimenti che ci hanno fatto i lettori, onestamente non ci aspettavamo pareri così positivi e siamo stati felicissimi
che i ragazzi si appassionassero alla vicenda e non vedessero l’ora di leggere il capitolo successivo. Non sono mancati da parte loro consigli ed aiuti laddove c’era stata qualche svista da parte nostra, li abbiamo sempre incitati a farci notare errori ed a commentare anche negativamente se qualcosa non gli andava a genio; ci sono sempre stati di grande aiuto e continuano a farlo. Sanno benissimo che, qualora riuscissimo a pubblicare il romanzo, i loro nomi saranno citati tutti quanti nei ringraziamenti. Dopo aver terminato la pubblicazione dell’intero lavoro sulla pagina ci è venuta l’idea di dare spazio anche a quegli utenti che, come noi, hanno la passione per la scrittura “zombesca” ed abbiamo dato agli interessati una traccia da seguire per creare il loro piccolo racconto. Tutti i lavori andranno poi a far parte di una vera e propria antologia zombie intitolata “Le Cronache dei Sopravvissuti”. Invitiamo tutti a farci visita sulla nostra pagina per leggere il nostro romanzo e dirci che cosa ne pensate, se vi va poi di cimentarvi nella scrittura non dovete fare altro che comunicarcelo! Per qualsiasi domanda siamo a vostra disposizione.
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iao a tutti, il mio nome è Andrea, ho 30 anni e vivo a Livorno. Ho da sempre una grandissima passione sia per la lettura che la scrittura ed alla tenerà età di tredici anni ho cominciato a leggere i miei primi libri fantasy. Nel mio variopinto excursus scolastico sono infine riuscito a diplomarmi in lingue anche se non ho mai coltivato particolarmente questa via. Amante dei giochi di ruolo e di tutto quello che ruota intorno alla sfera fantasy/horror, all’età di 18 anni provai a scrivere il mio primo romanzo fantasy chiamato “Cronache degli Eroi”, che però non ho mai
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ll’anagrafe Eleonora Vitolo ma molti mi conoscono come Raven. Uso questo nome d’arte da parecchio tempo e lo sento mio perchè rappresenta un sacco di cose a cui sono particolarmente legata: per me è come un animale totemico; simboleggia prima di tutto una guida spirituale, in quanto il corvo nelle antiche credenze era colui che accompagnava le anime nel regno dei morti e poi è un legame con tante cose che mi piacciono da sempre come ad esempio le opere di Edgar Allan Poe ed il film "Il Corvo" con Brandon Lee, al quale sono affettivamente
portato a termine. Gli anni sono passati ma il mio amore per la scrittura non è mai calato e pochi mesi fa ho concluso la mia prima opera fantasy, il cui nome è “Silmarion”. Senza prendermi neanche un solo mese di pausa ho voluto provare un piccolo esperimento, ovvero scrivere il capitolo di apertura di una storia horror a base di zombie, visto che questo sembra essere il periodo migliore grazie sopratutto alla serie The Walking Dead. Ho così iniziato quel “Giorni di Sangue” che, insieme alla mia ragazza, abbiamo finito di scrivere e revisionare il mese scorso. Non ci aspettavamo un
tale successo su internet e devo dire che ne sono rimasto piacevolmente colpito: ovviamente ci sono state anche critiche in parte negative, ma possiamo dire che tutti i nostri lettori hanno amato la nostra sanguinosa storia. Nella vita vorrei tanto riuscire ad affermarmi come scrittore e farne una vera professione, anche se ai giorni nostri, in Italia e sopratutto con la crisi che stiamo vivendo sembra quasi praticamente impossibile. Mi reputo una persona tranquilla, amichevole, socievole e sopratutto rispettosa.... fin quando le persone non mi deludono! Spero che apprezzerete il
nostro lavoro “Giorni di Sangue” e per qualsiasi informazione aggiuntiva potete trovarci direttamente su Facebook.
molto legata. Sulla mia carta d’identità c’è scritto che ho 26 anni ma me ne sento almeno dieci in meno e se avessi potuto avrei fermato il tempo a quando ancora potevo contarli su due mani. Ho frequentato studi classici e linguistici, scrivere è sempre stata una delle mie passioni più grandi, viene subito dopo a quella per il canto e per gli animali. L’ho sempre coltivata in qualche modo: prima scrivendo lunghi temi a scuola che la maestra mi faceva leggere in classe, poi poesie, canzoni, romanzi iniziati e mai finiti, tutto ha sempre avuto il comune denominatore di poter liberare
la mia fantasia. Ho un fidanzato con il quale condivido la maggior parte delle mie passioni, tra cui anche la scrittura e recentemente ci è venuta l’idea di lavorare ad un romanzo horror/zombie scrivendolo a quattro mani, un’iniziativa forse un pò insolita ma che ci ha molto divertiti. E’ nato quindi “Giorni di Sangue”, la nostra creatura e spero ci darà delle soddisfazioni. E’ la storia di un uomo comunissimo trovatosi a dover sostenere situazioni folli che sottoporranno ad una dura prova la sua stabilità mentale, metteranno a nudo i suoi istinti e gli faranno percorrere un viaggio intro-
spettivo molto doloroso. Per il momento abbiamo ricevuto un sacco di pareri positivi da parte dei lettori e ne siamo stati felicissimi, ci auguriamo che la voce si sparga! Se vi interessa avere un assaggio del nostro lavoro seguiteci sulla pagina Facebook dedicata al romanzo (Giorni di Sangue - Zombie novel).
Un saluto a tutti ed in bocca allo zombie!! :)
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ALESSANDRO MONTOSI E LA SUA ARTE http://www.facebook.com/alessandro.montosi.9
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iao a tutti, sono Alessandro Montosi e mi sono appassionato al mondo del cinema e dell’animazione giapponese grazie ad alcuni super 8, visti quando ero bambino. Col tempo ho portato avanti il mio interesse per l’animazione, per il cinema e per il fumetto, senza pormi pregiudizi sulla provenienza e sulla natura di una determinata opera artistica, ritenendo che ciò che realmente conta non sia il mezzo espressivo utilizzato, ma quello che gli autori vogliono comunicarci attraverso le loro opere e il
modo in cui essi si esprimono. Col tempo è cresciuto il mio interesse verso il genere “fantastico” in tutte le sue forme (fantascienza, fantasy, horror) e contaminazioni (thriller, commedia, drammatico, western), appassionandosi ad autori come George A. Romero, John Carpenter, Dario Argento, Mario Bava, Joe Dante e tanti altri cineasti attivi negli anni ’70 e ’80, senza dimenticare il cinema di grandi autori come Stanley Kubrick, Ingmar Bergman e Federico Fellini. Sulla tesi con cui ho conseguito la laurea triennale Dams – indirizzo cinema presso l’Università di Bologna, è basato il mio saggio Ufo Robot Goldrake – Storia di un eroe nell’Italia degli anni ’80, pubblicato nel 2007 da Coniglio Editore. Dal 2008 al 2010 ho scritto per la rivista on-line Delos (www.fantascienza.com) alcuni articoli dedicati all’animazione giapponese e al cinema di fantascienza, men-
tre tra il 2008 e il 2009 ho preso parte alla collana di libri “I Love Anime” edita da Iacobelli Editore e dedicata ad alcuni dei personaggi nipponici più famosi in Italia, curando i seguenti volumi: Mazinga – Da Mazinga Z al Mazinkaiser: l’epopea di un guerriero robot (2008), Jeeg Robot – Cuore & Acciaio (2009), Goldrake – Il primo robot non si scorda mai (2009) e Trider G7 – Robot in tempo di crisi (2009). Questi volumi subiscono però hanno subito diversi interventi di editing (tagli, riduzioni, modifiche, ecc.) ai miei testi. Da marzo 2011 ho iniziato a scrivere per Il Capoluogo.it (www.ilcapoluogo.globalist.it ), testata giornalistica online de L’Aquila, occupandomi di cultura giapponese e di cinema internazionale, ottenendo la possibilità di poter pubblicare integralmente i miei pezzi. Da alcuni di quegli articoli, ho ricavato il monologo “Terremoto: tra fumetto e realtà”, che ho proposto all’edizione 2012 della manifestazione Arte r.i.e., che si è tenuta a settembre a Cantalupo in Sabina (RI). Dal 2011 collaboro con ASCIG (Associazione per gli Scambi Culturali fra Italia e Giappone, www.ascig.it) di Ravenna, partecipando alla manifestazione “Ottobre Giapponese” con la conferenza Costellazione Manga al Planetario di Ravenna, dedicata ai legami tra astronomia, manga, animazione giapponese e cultura orientale. Sempre per ASCIG ho pubblicato alcuni articoli nel sito www.ascig.it e sto collaborando a dei progetti a so-
stegno della candidatura di Ravenna a capitale europea della cultura nel 2019. Sempre nel 2011, ho iniziato a collaborare con il sito di critica fumettistica www.lospaziobianco.it, e recentemente ho preso parte allo speciale su Django della rivista “Taxi Drivers” (http://issuu.com/taxidrivers_magazine/docs/td_djan go_def), con un articolo dedicato all’influenza del western italiano su anime e manga. A ottobre 2012 ho avuto la possibilità di partecipare alla prima edizione del festival “Anymation”, organizzato da Ca’ Foscari Cinema e dedicato all’animazione internazionale, in cui mi sono occupato di Gisaburo Sugii, un regista giapponese d’animazione poco noto in Italia, ma molto importante in Giappone. Potete trovare l’articolo che ho scritto per il catalogo di questo festival, a questo link: http://cafoscaricinema.unive.it/it/anymation/catalogo. I miei articoli pubblicati su internet possono essere letti gratuitamente e senza bisogno di iscriversi a nessun sito, quindi vi invito a leggerli. Buona lettura e a presto! Alessandro Montosi
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STORIA DELL’ANIMAZIONE GIAPPONESE http://imperodeicartoni.freeforumzone.leonardo.it
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uesto è un saggio storico sull’animazione giapponese, quindi procede, ovviamente, in ordine cronologico: dai primordi dell’animazione giapponese nel 1917 quasi fino ai giorni nostri. Scrivo “quasi” perché si ferma al 2011, benché siano accennate alcune serie del 2012. Ad ora direi che “Storia dell’animazione giapponese” sia l’unico libro di questo genere pubblicato in Italia. In passato furono dati alle stampe altri libri con una impostazione simile, ma tendevano ad essere più degli index, che saggi articolati. Il saggio non può contenere tutta la produzione giapponese, altrimenti sarebbe un “dizionario degli anime”, cioè un index, ma nomina e valuta solo le serie tv, i film, gli OAV e gli ONA (OAV più brevi per il web) che hanno avuto un qualche valore/impatto nel mondo dell’animazione nipponica. Oltre alla citazione delle opere e dei suoi autori principali il saggio riporta, sempre in breve, aneddoti sulla produzione e sugli autori, l’illustrazione delle tematiche, una valutazione sui contenuti e la qualità del prodotto, un panorama sulle case di produzione, infine spesso è presente una breve sinossi della trama, ma che
STORIA DELL’ANIMAZIONE GIAPPONESE Autori, arte, industria, successo dal 1917 a oggi di Guido Tavassi, casa ed. Tunuè, pagine 605, costo € 24,00, anno 2012, formato 23 cm X 15 cm
raramente rivela il finale. E’ dato anche un panorama esaustivo delle politiche industriali e commerciali riguardanti gli anime, con una attenzione particolare all’andamento economico del mercato distributivo giapponese. Sono sempre specificate le innovazioni tecniche che nel tempo si sono succedute nell’animazione nipponica, per esempio si può leggere
dell’ascesa della computer grafica negli anime. Il saggio è di facile lettura, scivola via tranquillamente, sempre considerando che è composto da una sequela di titoli, nomi, e date, cioè il contenuto base di un saggio storico. Largo spazio è riservato all’animazione giapponese non commerciale, indipendente, sperimentale. Il libro comprende dei “box informativi” in cui
sono approfondite alcune tematiche specifiche (sul titolo, autore, casa di produzione, tecnica di animazione) o generali sulla cultura giapponese contemporanea. L’unica pecca del libro riguarda il carattere con cui sono scritti questi “box informativi”, più leggero di quello del testo, fatto che permette di distinguerlo dall’analisi storica, ma che ne rende più difficoltosa la lettura. Altra pecca è che questi “box informativi” non sono presenti nell’indice, cosa alla quale cercherò di rimediare riportandoli per titolo in ogni capitolo. Nel sesto capitolo sono presenti due contributi, il primo dell’autore, il secondo di Marco Pellitteri. Il libro è interessante fin dall’introduzione, che di solito io tendo a detestare, in quanto qui funge proprio da “introduzione”, senza perdersi in altre questioni. Spiegando i termini tecnici dell’animazione giapponese, il contesto in cui sono nati, la descrizione dei ruoli in una produzione. Riporterò l’indice del libro per ogni capitolo, in quanto lo stesso indice è già indicativo dei contenuti. Specifico che l’indice mi è stato inviato (su mia richiesta) da Marco Pellitteri, che ringrazio della cortesia, in modo da evitarmi di dover ricopiare
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quasi otto pagine del libro. INTRODUZIONE - Definizione e forme dell’animazione giapponese; - Evoluzione della terminologia; - Pubblici, formati e tecniche. - Il processo di produzione dell’animazione commerciale; - Soggetto, sceneggiatura, ekonte; - La fase di animazione: tradizione e innovazione; - Postproduzione: sonorizzazione, vocalizzazione, montaggio; - Costi, risorse, industria e mercato. - Generi e sottogeneri dell’animazione commerciale; - Classificazione demografica;
- Classificazione tematica. - L’animazione non commerciale; - Piano dell’opera. Nell’introduzione sono presenti i seguenti “box informativi”: Il fansub - I ruoli nell’animazione commerciale giapponese – Il principio di base della ripresa e proiezione nell’animazione – Divisione in generi su base demografica – Divisione in generi su base tematica – I molti tipi di erotismo giapponese negli anime. Il box informativo “I ruoli nell’animazione commerciale giapponese” riporta, con spiegazione del ruolo, i nomi di questi ruoli: Pianificazione (kikau dangai); autore (gwnsakusha); regista (kantoku); produttore esecutivo (enshutsu); sceneggiatore (kyakuhonka); character designer; mechanical designer; direttore artistico (bijutsu kantoku); direttore dell’animazione (sakuga kantoku); animatore-chiave (genga); intercalatore (doga); coordinatore della colorazione (iroshitei); creatore degli effetti speciali (tokushukoka); direttore della fotografia (satsue kantoku); effetti sonori e suono (koka, onkyo kantoku). Capitolo I Le origini 1917-1929 I.1 Genesi, e dibattito sulla genesi, dell’anima-
zione giapponese; I.1.1 Il frammento Matsumoto; I.2 Ôten Shimôkawa, Seitarô Kitayama e Jun’ichi Kôuchi; I.3 Gli animatori degli anni Venti; I.3.1 L’avvento del sonoro. Nel primo capitolo non sono presenti “box informativi”. E’ dato conto sia delle controversie sulla datazione del primo filmato d’animazione nipponico (1917), sia delle fonti sui titoli prodotti in quel primo anno. Si passa all’animazione degli anni, per finire con l’avvento del sonoro. A pagina 54 si può leggere che durante la proiezione dei film, prima dell’avvento del sonoro, in sala era presente la figura del “benshi”, la voce narrante, “che raccontava il film al pubblico in sala, per la maggior parte analfabeta e incapace di leggere le didascalie”. Questa informazione è presa da un libro francese sul cinema d’animazione nipponico, nota numero 24 a piè di pagina. Secondo me la fonte riportata commise un grande errore, i quanto tutti, e ribadisco tutti, i libri sia storici che sociologici sul Giappone (anche quelli scritti negli anni 30 e 40 che io ho letto), convengono sul fatto che l’analfabetismo in Giappone era una rarità. Dall’era Meiji in poi una delle prime riforme
fu la scolarizzazione obbligatoria, l’unico modo che avevano per far recuperare in breve i secoli di arretratezza tecnologica rispetto all’occidente. Posso immaginare che la “voce narrante” ci fosse per altri motivi, magari il piacere di sentire una recitazione durante una proiezione muta, escludo che la motivazione fosse l’analfabetismo, che ci sarà anche stato, ma assolutamente non di massa. Capitolo II L’animazione in tempo di guerra 1930-1945 II.1 Gli anni Trenta II.1.1 Venti di guerra sull’animazione; II.1.2 L’animazione di propaganda; II.1.3 Il divino Momotarô contro gli americani; II.2 La competizione con le produzioni cinesi e l’animazione non di propaganda del periodo bellico. Nel secondo capitolo non sono presenti “box informativi”. All’inizio degli anni 30, nonostante la deriva militarista, c’era ancora spazio per una certa libertà espressiva, questo finché iniziò l’uso massivo dell’animazione a scopo propagandistico, con relativa censura di tutti quei contenuti che esulavano (o si opponevano) alla nuova missione: l’espansione territoriale e l’esaltazione della guerra e della su-
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premazia del Giappone. Fu questo un periodo di grande sviluppo per l’animazione nipponica, in quanto i committenti (militari e ministeri) della propaganda non lesinavano i mezzi, a fronte, però, della mancanza di libertà espressiva. Tra il 1917 e il 1945 furono realizzati non meno di 400 filmati d’animazione. Capitolo III Il dopoguerra e la nascita dell’animazione industriale 1946-1963 III.1 Gli anni della ricostruzione (1946-1954); III.1.1 Gli studi d’animazione attivi nell’imme-
diato dopoguerra; III.2 Il cinema d’animazione della Tôei Dôga e l’avvento dell’animazione televisiva (1955-1963); III.2.1 I primi film brevi della Toei; III.2.2 Hakujaden; III.2.3 Gli altri lungometraggi Tôei del primo periodo; III.2.4 L’esordio dell’animazione televisiva; III.2.5 Il primo contributo di Osamu Tezuka: Tetsuwan Atom; III.2.6 Le altre serie televisive animate del 1963. Nel terzo capitolo sono presenti i seguenti “box informativi”: Dall’occupazione americana alla democrazia parlamentare; L’ingresso
della Toei nel mondo dell’animazione; Hakujaden, la trama del film; Il Mainichi Eiga Concours; Lo sviluppo dell’economia nipponica e la diffusione della televisione; Il papà pacioccone dai manga agli anime. Nel primo dopoguerra le risorse per l’animazione erano quasi nulle, c’era da ricostruire una nazione. Inoltre le poche opere dovevano sottostare al visto della nuova censura, quella degli usa, impegnati a sradicare il militarismo ed il nazionalismo nipponico. La rinascita economica del Giappone porta nel 1955 a quella dell’anima-
zione, infatti nasce la Toei Doga. E’ dato conto del primo lungometraggio della Toei Doga, “Hakujaden”, e di tutti gli altri film di questo primo periodo della neonata ca di produzione. Grazie all’aumento vertiginoso dell’economia giapponese i nuovi consumatori nipponici potevano avere il nuovo elettrodomestico arrivato dagli Usa: il televisore. Dall’inizio degli anni 60 iniziavano ad essere prodotte le prime brevi serie tv per la tv: “Instant history” e “Atarashi doga – mittsu no anashi”. Ma gli anime come li conosciamo noi nacquero quando il “dio dei manga”
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indirizzò la sua attenzione verso la tv con “Tetsuwan Atom”, che andò in onda il 01/01/1963. Capitolo IV Il movimento indipendente e il Sôgetsu Animation Festival IV.1 Noburo Ofuji: i film della maturità; IV.2 Yokoyama, Kuri, Manabe,Yanagihara; IV.3 Sviluppi dell’animazione d’autore negli anni Sessanta. Nel quarto capitolo sono presenti i seguenti “box informativi”: L’Anido; Il capitolo ripercorre la storia degli autori di animazione sperimentale e dei loro cortometraggi e film.
Capitolo V La rivoluzione televisiva 1964-1970 V.1 Il tramonto del cinema ad animazione totale; V.2 La proliferazione degli studi d’animazione e la diversificazione dei generi; V.3 Strategie e modelli: i casi di Tôei Dôga e Mushi Production; V.3.1 Il caso Tôei Dôga; V.3.2 Il caso Mushi Production. Nel quinto capitolo non sono presenti “box informativi”. Il boom degli anime in tv ebbe l’effetto di ridurre i film d’animazione al cinema. Anche la Toei Doga cavalcò il nuovo mezzo espressivo (d’affari), a discapito dei film. Nel 1965, con “Jungle Taitei”, venne prodotto il primo anime a colori. In questo periodo proliferavano gli studi di produzione per far fronte alla richiesta di nuove serie tv, e si inizia a differenziare l’offerta per generi. Non più solo serie per ragazzi, ma entrambi i sessi e per tutte le età. Gli anime entrano in questi anni nell’era della produzione di massa. Sono riportate le situazioni dei due studi più importanti del periodo : Tôei Dôga e Mushi Production. Capitolo VI/1 Dai super robot all’anime boom 1971-1983 VI/1.1 Nel segno della
fantascienza: super robot e variazioni sul tema; VI/1.1.1 L’immaginario fantascientifico di Go Nagai; VI/1.1.2 Non solo robot giganti: supereroi e astronavi; VI/1.1.3 L’astro nascente di Yoshiyuki Tomino; VI/1.2 Nuovi generi: Sekai meisaku gekijô; VI/1.3 La varietà della produzione Toei, Tôkyô Movie e Tatsunoko; VI/1.4 La Tezuka Production e gli special TV; VI/1.5 La parabola della Sanrio Film e l’esordio della NHK; VI/1.6 Oltre il super robot: il realismo e la space opera; VI/1.7 Tokyo Movie Shinsha; VI/1.8 Gli anni dell’anime boom; VI/1.8.1 Anime boom sì, ma con alti e bassi; VI/1.8.2 Un anime boom nato dai manga; VI/1.8.3 Anime, idol e musica: un boom di e per otaku; VI/1.8.4 Un’esplosione di anime e di generi; VI/1.8.5 Il boom nei cinema e dei film tv. Nel sesto capitolo parte uno sono presenti i seguenti “box informativi”: Le tante vite della Yamato; I robot della Toei del dopo Nagai; Le origini del Sekai meisaku gekijo; Osamu Dezaki e la sua firma stilistica nell’animazione commerciale; Il fiore all’occhiello di Daitarn 3: l’animazione di Yoshinoori Kanada; Lo Studio Nue; Futuro con-
tro passato: Tomino vs Matsumoto; Le principali coproduzioni delle TMS con l’estero degli anni 80; Il richiamo della foresta (nipponica); Goshu e lo spirito della musica. I primi anni 70 coincidono con l’escalation dei robottoni gonagaiani alla Toei Doga, che iniziava questa nuova collaborazione dopo la diaspora di molti validi animatori, causata dalle condizioni di lavoro e la poca libertà espressiva. Il primo anime targato Go Nagai/ Toei Doga fu Devilman, ma il secondo fece il botto: Mazinga Z! Il successo fu enorme, le tematiche nuove, il merchandising aumentò gli introiti, e i sequel arrivarono in fretta. Tra i record di Mazinga Z c’è anche quello dell’introduzione del “fanservice”. Le brevi scene di nudo servivano ad attirate il giovane pubblico, che inoltre poteva scegliere via posta alcuni aspetti della serie riguardo ai nomi dei robot cattivi o alle armi di Mazinga Z. Con il fanservice di Mazinga Z le case di produzione iniziavano a strizzare l’occhio al fan, concedendogli un piccolo potere decisionale. L’autore passa ad elencare e commentare anche gli altri generi fantascientifici del periodo, comprese le case di produzione che li realizzarono. Si racconta dell’arrivo sulla scena di Yoshiyuki
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Tomino alla Sunrise, della rottura tra Nagai e la Toei Doga e di chi venne assunto come sostituto. Oltre ai robottoni nei primi anni 70 nacque un altro filone narrativo, il “Sekai meisaku gekijo” (in inglese “World Masterpiece Theater”). In Giappone questo genere è anche chiamato “Calpis kodomo gekijo”, “Il teatro per bambni della Calpis”, che era un’azienda di bibite che sponsorizzava queste serie, e che finanziava una serie all’anno, sponsorizzazione che cessò nel 1978 con “Peline Story”. Sono elencate le serie, di generi differenti, della Toei Doga, Tôkyô Movie e Tatsunoko. Di queste ultime due sono raccontate
anche le vicissitudini societarie legate a serie che non ebbero successo commerciale o dovuti a problemi organizzativi. Tezuka ritornò in tv con lo Special TV di due ore dal titolo “100 mannen chikyu no tabi: bander book”, prodotto dalla sua Tezuka Prodution. Sono ripercorsi tutti gli accadimenti salienti riguardo la produzione delle serie più importanti di quel periodo. L’anime boom dei primi anni 80 vide, di nuovo, un rinnovarsi di tematiche e generi. A trame consolidate, come quelle robotiche, si aggiungevano problematiche esistenziali ed intrecci amorosi, (Ideon e Baldios) che non sempre ebbero successo di pubblico. Fece irru-
zione la “love comedy”, come in Lamù, e in generale il confine tra il genere shonen e shojo si assottigliò, tanto che ormai serie per ragazze attiravano anche i maschi e viceversa. Spinte dalle enormi tirature delle riviste di manga le case produttrici attinsero a piene mani da quel rassicurante capitale di notorietà. In questi primi anni 80 fecero la loro comparsa le idol virtuali, come Lynn Minmay e Creamy mami, con annessi picchi di vendite discografiche. In generale fu sdoganato l’erotismo, sempre esistito nell’animazione nipponica, ma che ora era molto più presente, impersonato anche da protagoniste adolescenti.
Capitolo VI/2 L’anime boom in Occidente. Il primo periodo di successo dell’animazione commerciale giapponese in Europa e in America 1978-1984 di Marco Pellitteri VI/2.1 Di cosa parliamo quando parliamo di anime boom; VI/2.2 Prima dell’anime boom; VI/2.3 Il primo anime boom in Europa e la sua appendice negli Stati Uniti; VI/2.3.1 In Europa; VI/2.3.2 Negli Stati Uniti. Nel sesto capitolo parte due non sono presenti “box informativi”. Il contributo di Marco Pellitteri è focalizzato sul-
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l’invasione degli anime in Europa e Stati Uniti, e non sono analizzate la qualità di quegli anime, ma si cerca di spiegare il perché quell’invasione ebbe tanto successo. L’occidente non fu “invaso” nella medesima maniera: Italia, Francia, Spagna, Usa Canada e Germania (in ordine di importanza di impatto) furono i più colpiti. In Europa furono le serie tv a cambiare per sempre la fruizione dei cartoni animati, mentre negli Usa furono i film e gli OAV ad avere questo ruolo. Per l’Europa il fattore di successo degli anime televisivi fu il loro basso costo (dovuto anche al
basso valore dello yen) assieme a questioni locali, cioè le neonate tv private necessitavano di materiale da poter trasmettere. Negli Usa il boom degli anime, nonostante fin dagli ani 60 l’animazione nipponica fosse presente, arrivò intorno alla metà degli ani 80 con Macross, ma l’introduzione degli anime fu dovuta ai fan nippoamericani che portarono dal Giappone le VHS dei nuovi anime, che loro stessi sottotitolarono, creando, quindi, un interesse dal basso. Capitolo VII L’età dell’oro dell’animazione
indipendente Gli anni Settanta e Ottanta VII.1 I grandi maestri del periodo; VII.1.1 Kihachirô Kawamoto; VII.1.2 Tadanari Okamoto; VII.2 Renzo Kinoshita e la nascita dei festival e delle scuole; VII.3 Autori ed esperienze significative del periodo; VII.3.1 Il Tokyo Image Forum e Nobuhiro Aihara; VII.3.2 Il Tezuka sperimentale; VII.3.3 I tardi Kuri e Furukawa; VII.3.4 Altri autori. Nel settimo capitolo non sono presenti “box informativi”. Il capitolo illustra la storia dell’animazione indipendente, cioè non commerciale, negli anni 70/80. Partendo dai due maggiori interpreti della “puppet animashow” (pupazzi animati in stopmption), Kihachiro Kawamoto e Tadanari Okamoto. Il capitolo da conto anche gli altri autori e dei festival si animazione sperimentale. Capitolo VIII L’animazione commerciale tra vecchi e nuovi formati La crisi della serie televisiva, l’esplosione dell’homevideo e il rilancio del cinema 1984-1994 VIII.1 1984 - L’epopea di Miyazaki e della sua Nausicaa;
- Nascita dello Studio Ghibli e della Gainax; - Parole d’ordine: fantascienza, magia, OAV. VIII.2 1985 - Una situazione interlocutoria; - Film, serie, OAV: all’insegna della varietà dei formati; - Fra le ragioni del boom degli OAV: erotismo e pornografia; - Decrescita delle serie televisive. VIII.3 1986 - La Tôei all’insegna dei supereroi; - Romanticismo e modellini; - Al cinema; - Nell’homevideo. VIII.4 1987 - Tanti OAV, nonostante tutto; - Film al cinema tra sperimentazione e successo; - Le serie televisive: azione, comicità e amori adolescenziali; VIII.5 1988 - Seguiti al cinema di serie televisive; - Le due anime del Ghibli; - Il fenomeno Akira; - Riassestamenti produttivi; - Fantascienza e fantastico per l’homevideo. VIII.6 1989 - Il boomerang dell’economia giapponese; - La morte di Osamu Tezuka; - Il canto del cigno della super prolificità seriale; - Il picco storico degli OAV; - Al cinema: successi e fantascienza; - Ghibli in crescita: il gioiellino Kiki’s Delivery Service.
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VIII.7 1990 - L’ascesa di Hideaki Anno; - Al cinema e nell’homevideo. VIII.8 1991 - Al cinema, fra capolavori e non; - Serie televisive in crescita numerica e calo qualitativo; - Gli OAV del dopo boom: qualità costante, quantità in calo. VIII.9 1992 - Dal ristagno al rilancio; - Il fenomeno Sailor Moon; - Le altre serie rilevanti in televisione e nell’homevideo; - Porco Rosso e gli altri
film cinematografici. VIII.10 1993 - La fuga degli sponsor; - All’insegna delle serie Tôei e delle collaborazioni fra produttori; - I successi OAV: fantascienza, fantastoria, fantamedicina; - Oshii, Kawajiri, Takizawa: gli astri dell’ano al cinema. VIII.11 1994 - La diminuzione degli episodi delle serie televisive; - Anime e multimedialità programmata; - OAV: revival e inseguimento dei successi televisivi; - L’appuntamento con il
Ghibli e gli altri successi cinematografici. Nell’ottavo capitolo sono presenti i seguenti “box informativi”: Ovvietà dell’OAV; Lamù e il sogno di Oshii; Per capire meglio Nausicaa; Megazone 23: simbologie del Giappone degli ani 80; Breve storia della Kaname; Il viaggio in Occidente visto dalla Cina e dal Giappone; Dominion, un simil Patlabor meno fortunato; Il salaryman, cliché dell’impiegato nipponico; Anime e videogiochi, gli esordi; La cultura kawaii nell’animazione; I ricordi struggenti di Taeko; L’eccezione “Caro Fratello...”; La nuova vita della Tokyo Movie Shinsha e i riassestamenti del sistema; I Power Rangers e i colori totemici; Il trio di inossidabili serie di/per bambini; Black Jack, un successo senza tempo; Lo studio J.C.Staff; Matsumoto nella cabina di pilotaggio; Da questo punto in poi il saggio prosegue assegnando ad ogni paragrafo un anno di animazione, divisi ulteriormente in altre tematiche.Visto che ho riportato i titoli di tutti i sotto paragrafi (cosa che già ne rende i contenuti a grandi linee), eviterò di entrare nel dettaglio, cosa anche impossibile vista la quantità di titoli e le tematiche trattate. Mi limiterò a dar conto di quello che mi è parso il filo conduttore dei capitoli del saggio: i
cambiamenti del mercato commerciale di serie tv, film ed OAV in Giappone. 1984 Nel 1983 in Giappone c’erano circa 9 milioni di videoregistratori, corrispondente al 25% della popolazione. Nacquerò così gli OAV in VHS. Opere più libere (in primis dagli ascolti tv), di maggiore qualità (dovuta anche la fatto che non ci fossero più le pressanti date di scadenza per la trasmissione) e con tematiche più adulte. Nacque quindi un nuovo mercato, quello dell’homevideo. 1985 Nel 1985 le reti tv abbassarono drasticamente il budget per una serie, il che spinse aumento il numero di serie edite per l’homevideo, gli OAV in videocassetta. OAV che permettevano maggiore libertà espressiva, ma anche maggiori introiti. Inoltre cambiava per sempre la fruizione di un anime, non più regolato dalla messa in onda, dalla pubblicità e dallo share, ma visionabile quando si voleva e per le volte che si desiderava. Senza contare la possibilità di scambiarsi le VHS. Si generò un fenomeno inaspettato, ovviamente i lungometraggi più di successo godevano della pubblicazione in formato VHS, ma anche gli OAV di successo passavano nelle sale cinematografiche.
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remake di vecchie serie di successo, prassi che iniziò a prendere piedi in questi anni e che dura ancora. E’ del 1989 il primo anime derivato da un videogioco, “Dragon Quest”, sviluppato per il Nintendo Famicom nel 1986. Gli OAV raggiunsero il picco di 392 VHS, delle quali 73 furono titoli nuovi.
1986 Il numero di serie televisive restava basso, mentre gli OAV crescevano, e le case di produzione, per evitare flop, proponevano solo serie prese da manga di successo. 1987 Il mercato degli OAV serviva anche a recuperare serie che in passaggio tv precedente avessero avuto un ascolto deludente, quindi veniva prodotto un nuovo OAV, a cui seguiva la riproposi-
zione della “vecchia” serie. Inoltre si perfezionò il meccanismo commerciale secondo il quale si producevano OAV di 45 minuti, a cui, se il primo era di successo, seguivano altre puntate. 1989 La crisi economica iniziò a farsi sentire nel mondo dell’animazione, che già non brillava per le serie innovative. Infatti si producevano serie tratte da manga già famosi, oppure
1990 La crisi economica ormai acclarata si fece sentire pesantemente nel mondo dell’animazione. Tra le poche serie innovative del 1990 va citata “Nadia - Il mistero della pietra azzurra” di Hideaki Anno. Inoltre fece irruzione, con l’anime “Magical Talroot-kun”, lo stile kawaii dei disegni. Usato in questo titolo per la prima volta proprio allo scopo di sfruttare la “cultura kawaii” e catturare un pubblico fuori target rispetto alla serie (indirizzata ai bambini), ragazze e giovani donne che s’innamoravano dei personaggi per come erano disegnati. 1991 La crisi delle serie tv continuava, sia una crisi di qualità e contenuti, che di numerica. Una delle poche eccezioni fu “Caro Fratello...”, mentre il mercato degli OAV continuava ad andare bene, immune alla crisi degli sponsor delle serie tv, con relativo calo di budget. 1992
Si consolida la strategia di mercato che al collegamento anime più manga (o viceversa, seppure in maniera meno frequente), segue il merchandising, a cui si somma ora il videogioco. 1993 A causa della recessione molti sponsor si ritirarono dal mercato della serialità tv, i rimanenti sponsor iniziarono ad assumere un ruolo nella definizione del prodotto. Cosa che portò ad un ulteriore impoverimento di contenuti e innovazione. Un esempio di questo crollo fu che i doppiatori divennero delle star. Prima erano i personaggi degli anime a dare notorietà e fama ai doppiatori, ora era il contrario. Allo scopo di ridurre i costi e mantenere accettabile la qualità si iniziò a produrre serie da 26 episodi. 1994 L’ottimizzazione dei costi e la necessità di massimizzare i profitti portò ad una maggiore multimedialità delle serie tv (come in Rayearth). Per esempio, in questo contesto, la Bandai acquisì la Sunrise. Inoltre le serie iniziarono ad avere la durata di 13 episodi, come un OAV. Capitolo IX La rinascita dell’animazione seriale e il successo internazionale 1995-1999
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IX.1 1995 - Il Giappone trema, ma non crolla; - La serie di culto del 1995: Neon Genesis Evangelion; - Adolescenti, parodie e anime in notturna; - L’apoteosi degli OAV di qualità; - Film di rilievo: sospiri del cuore, Shoah e postcyberpunk. IX.2 1996 - Il modello Evangelion come volano di un nuovo boom; - Rinascita dell’animazione televisiva, ma serialità più breve; - Gli ultimi exploit della lunga serialità televisiva; - La rigogliosa produzione di OAV; - I film di rilievo nelle sale giapponesi.
IX.3 1997 - N.A.S la nuova animazione seriale (e della notte): vampire e guerrieri; - La nuova cornucopia della platea televisiva; - Due fenomeni multimediali: Pokémon e Utena; - Le altre serie televisive degne di nota dell’anno; - OAV: erotismo, fan service e videogiochi; - Al cinema: classici rispolverati e successi a colpo sicuro; - Il testamento filosofico di Hayao Miyazaki: Princess Mononoke; - Kimba contro Simba e il samurai vagabondo. IX.4 1998 - Fra lutti, celebrazioni e riflessioni critiche; - L’incremento dell’uso del digitale e il fenomeno
Cowboy Bebop; - Giochi di carte, robot fuori tempo massimo e fantascienza introspettiva; - Le altre serie televisive di rilievo; - Gli OAV: nuove idee e innovazioni tecniche; - Al cinema: gli astri di Kon, Oshii, Otomo e Amano; IX.5 1999 - Maghette, pirati e ancora fantascienza; - Serialità per adolescenti e giovani adulti; - Il ritorno dei classici: corsari spaziali, samurai raminghi e orfani vagabondi; - Al cinema, personaggi di cassetta e capolavori. Nel nono capitolo sono presenti i seguenti “box informativi”:
I misteri di Evangelion; La trama di Ghost in the Shell; Genii al lavoro: Studio 4°C; Utena: la trama; La guerra dei ciliegi; Le iniziative Wowow; L’ecologismo di “Blue Submarine No. 6”; Una distopica cappuccetto roso; 1996 Fu la vendita per l’homevideo di Evangelion a far decollare il nuovo formato DVD. La Gainax inaugurò una nuova strategia commerciale con Evangelion, il passaggio in tv non era più l’atto conclusivo della vita di una serie, ma una vetrina, che continuava con la vendita dei DVD e il merchandising. Grazie agli introiti di questa nuova strategia la qualità delle serie tv ini-
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ziò a risalire, eguagliando quella degli OAV.
prevalere quelli di genere hentai.
1997 Ora gli OAV stavano per essere sostituiti dalle serie prodotte per la neonata fascia notturna televisiva (anche criptata), “Late Night Time”, che permetteva di raggiungere la grande platea televisiva senza i problemi dovuti agli orari in cui c’erano i bambini.
1999 Il nuovo anime boom di questo periodo, dovuto alla vendita dei DVD dopo un passaggio tv, rischiava di saturare il mercato interno della classiche fasce di bambini/ragazzi. Quindi le produzioni si indirizzarono verso un pubblico più adulto (e con maggiore capacità di spesa), anche perché la denatalità aveva ridotto il business della vendita di giocattoli. Si iniziò anche a pensare ai mercati esteri come sbocco commerciale, infatti le serie più adulte per il mercato interno rischiavano di far
1998 La ristrutturazione dell’industria dell’animazione iniziata 3 ani prima con Evangelion produsse nel 1998 un boom di anime per la tv, ed una costante diminuzione degli OAV, tra i quali iniziavano a
disaffezionare i bambini. Capitolo X L’animazione indipendente a cavallo fra i due secoli X.1 La generazione Sogetsu tra gli anni novanta e duemila; X.1.1 Tadanari Okamoto; X.1.2 Kikachirô Kawamoto; X.1.3 Yoji kuri, Renzo Kinoshita, Taku Furakawa; X.1.4 Nobuhiro Aihara, Keiichi Tanaami; X.2 La nuova animazione indipendente: prima generazione; X.2.1 Masaaki Mori, Keita Kurosaka; X.2.2 Koji Yamamura; X.2.3 Gli altri autori di rilievo; X.3 Seconda generazione e oltre;
X.3.1 I nuovi eredi dell’animazione a passo uno; X.3.2 Kunio Katô; X.3.3 Gli altri nomi eccellenti della nuova covata di artisti; X.3.4 Verso una terza generazione di autori indipendenti; X.4 Contatti fra animazione, videoarte e arte contemporanea nel nuovo secolo; X.4.1 Takashi Murakami e il superflat; X.4.2 Tabaimo; X.4.3 Takashi Ishida; X.4.4 Gli altri nuovi autori di talento. Nel decimo capitolo non sono presenti “box informativi”. Il decimo capitolo riprende, da dove era stato
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lasciato, il discorso sull’animazione indipendente/d’autore. Raccontando sia le opere dei maestri più anziani, che quelle delle nuove leve, fino ai giorni nostri. Capitolo XI L’animazione commerciale del nuovo secolo 2000-2008 XI.1 2000 - Serie di successo per bambini; - Le serie longeve esistono ancora: il caso Inuyasha; - Serie e OAV per adulti: horror, storia, demenzialità; - Al cinema: novità tematiche e tecniche; XI.2 2001 - L’animazione ai tempi della crisi: fare finta di niente; - Il tangibile declino qualitativo degli OAV; - La corposa produzione cinematografica; - I capolavori cinematografici dell’anno: 1 Metropolis; - I capolavori cinematografici dell’anno: 2 La città incantata; - Altri film importanti. XI.3 2002 - Robot giganti di nuova generazione, cyborg ginoidi e magia; - Le produzioni per internet e per l’homevideo: l’astro di Makoto Shinkai; - Film al cinema: fantascienza e visioni ghibliche; XI.4 2003 - Le serie televisive di spicco: lupi, alchimisti, ninja e steampunk; - Fantascienza televisiva
di qualità; - OAV: Animatrix, Cavalieri dello Zodiaco, Ken il guerriero e Mazinga; - Al cinema: i pochi gioielli dell’anno; XI.5 2004 - L’anno dei record: le serie in televisione; - Quel che resta dell’OAV: vecchie glorie ancora sulla breccia; - Le produzioni cinematografiche: dal disegno animato al celshading; - Il ritorno di Ôtomo: Steamboy; - Mind Game, il talento di - Makoto Shinkai e la nuova fatica di Miyazaki; XI.6 2005 - Le nuove modifiche al sistema economico e organizzativo dell’animazione; - Serie televisive: quantità vs qualità; - Riscoprire i robottoni: Eureka Seven; - Fantascienza, fantasy, horror e Medioevo: le altre serie di rilievo; - Gli OAV: il ritorno della Tatsunoko e della commedia romantica; - Al cinema: l’eterno ritorno di Gundam; XI.7 2006 - Fra crisi del sistema e sperimentazione d’autore; - Sussulti direct-to-video e avanzata del web streaming; - Il record degli anime in televisione; - Un’animazione televisiva non solo d’evasione: il tema dell’isolamento sociale; - Le serie di WOWOW; - Ancora spiriti nel guscio, quaderni mortali e
mecha di nuova generazione; - Al cinema affollamento di grandi film; - Il capolavoro visionario di Satoshi Kon: Paprika; - La prima volta di un gaijin: Tekkonkinkreet; XI.8 2007 - La flessione della produzione; - Samurai meticci, personaggi letterari e mecha poetici; - Non solo fantascienza: le inesauribili risorse del fantastico e della commedia; - Gli eterni classici dello spazio: Gundam e Macross; - Il nuovo corso degli OAV d’autore: pochi e buoni; - Al cinema: una festa di genii dell’animazione; - Il ritorno di Evangelion; - Mito e nazionalismo nipponici di inizio XXI secolo; XI.9 2008 - In televisione: discreta varietà nonostante la grande crisi; - Cyborg del passato, disagio giovanile e parodie; - Gli OAV: pochi scatti di creatività; - Ancora Miyazaki: il richiamo dell’animazione; - I nuovi film di Oshii e della Mushi. Nell’undicesimo capitolo sono presenti i seguenti “box informativi”: La trama di Inuyasha; Lo scintoismo (e gli anime); L’anomalia Final Fantasy: un’ibridazione mal riuscita; Una trama semplice per un film complesso (Metropolis); Cosplay,
otaku e anime; I padrini di Tokyo: la trama di Tokyo Goodfathers; Paranoia Agent: il capolavoro seriale di Satoshi Kon; Il mostro di Urasawa; Otogizoshi: la trama; Il castello errante di Howl: la trama; Originalità e critica sociale: Speed Grapher; Cartesio in salsa (post) cyberpunk: la trama di Ergo Proxy; Il revival non muore mai: ancora classici occidentali e ripescaggi di vecchi robottoni; Quasi un Evangelion, ma meno cupo: la trama di Gurren Lagann; I rischi dell’animazione digitale fotorealistica; L’impegno civile della Mushi. Per evitare il rischio di un calo di pubblico da parte dei target dei bambini, dovuto alle serie adulte, il 2000 vide un aumento delle serie a loro destinate. Per risollevare il mercato degli OAV si creò lo OAD, cioè in una normale serie una puntata non veniva trasmessa in tv, ma distribuita solo in DVD. 2001 In quest’anno, grazie a “La città incantata” dello Studio Ghibli, l’animazione nipponica acquista fama e riconoscimenti internazionali, diventando un prodotto riconosciuto sia per qualità tecnica che per contenuti artistici. Benché resti sempre il mercato interno quello di riferimento, l’esportazione di film e serie tv fa ormai parte della strategia commerciale di ogni
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produzione. 2002 Per combattere la pluriennale stagnazione economica il governo pensò di veicolare all’estero i concetto di “Japan Cool”, per vendere prodotti in nuovi mercati. L’animazione fece parte di questa nuova strategia di conquista dei mercati esteri legati alla multimedialità. Nel contempo si faceva sempre più pressante la problematica del calo dei profitti degli abituali sponsor delle serie tv. Le aziende di giocattoli trovavano sempre meno serie su cui puntare, in quanto a causa della denatalità si producevano serie per un pubblico più adulto. 2004 L’economia tornò a crescere, ma il settore dell’animazione non aveva subito la crisi del resto del paese, avendo anticipato i vantaggi della globalizzazione, che aveva permesso di portare quasi a pieno compimento la delocalizzazione delle animazioni, cioè il subappalto in Corea del sud, Cina, etc etc. Questa strategia se aveva ridotto i costi di produzione aveva anche fatto crollare gli stipendi degli animatori ed intercalatori ancora presenti in Giappone, visto che i budget assegnati alle loro case di produzioni restavano in linea con quelli delle nazioni asiatiche vicine. Un animatore di
queste piccole case di produzioni nipponiche veniva retribuito mensilmente con circa € 500. La massimizzazione dei profitti si completava con la vendita anche all’estero del merchandising e delle serie e film. 2005 La produzione delle serie tv era assicurata da un consorzio di aziende che forniva i capitali e divideva i rischi, mentre per i film questo meccanismo non esisteva. Iniziò, quindi, un aiuto diretto sia dello Stato che delle banche per finanziare i lungometraggi. 2006 Il sistematico subappalto all’estero di una serie creava tre problemi: un basso salario per gli animatori restati in Giappone; la frattura tra l’ideazione e pianificazione di una serie e la realizzazione di questa, in quanto gli animatori ed intercalatori erano all’estero; un impoverimento professionale degli animatori ed intercalatori giapponesi, che visti i bassi salari cambiava settore. 2007 Il 2007 vide il settore dell’animazione raggiungere il 10% del PIL nazionale prodotto, ma ormai il mercato era saturo, ed iniziò una contrazione dei profitti. Anche il mercato Usa iniziava a non veder aumentati i profitti.
2008 La nuova crisi economica nata negli Usa si ripercosse anche sul settore dell’animazione nipponica, già in calo per motivi strutturali interni. Furono sacrificate le serie innovative, non basate u manga di successo o su serie già affermate.
Uno sguardo nel futuro
Capitolo XII Il presente dell’animazione commerciale giapponese 2009-2011 XII.1 2009 - Tempi cupi; - Le grandi serie TV di Madhouse e Production I.G, nonostante tutto Rispolverare Genji e parlare di terremoti Certi classici non muoiono mai Gli OAV: i manga delle CLAMP e di Yukinobu Hoshino alla ribalta Cinema: il perentorio predominio artistico di Madhouse e Production I.G XII.2 2010 Cenni di ripresa macroeconomica e contraddizioni del sistema dell’animazione Cala ancora la produzione televisiva Gli OAV: nuove tendenze e linguaggi introspettivi La morte di Satoshi Kon e la reazione del cinema giapponese XII.3 2011 Se la serialità supera la fantasia Le serie televisive La produzione homevideo I film di rilievo dell’anno
2009 I problemi strutturali dell’animazione nipponica restano: diminuzione degli sponsor; subappalto dell’animazione all’estero; crollo degli stipendi degli animatori ed intercalatori in Giappone, con conseguente impoverimento del settore.
Nel dodicesimo capitolo sono presenti i seguenti “box informativi”: Mazinga è sempre Mazinga; Gli assi dell’animazione (iper)commerciale al cinema; Prima di “Tibetan Dog”.
Per l’autore, in conclusione, la contrazione del mercato interno e di quelli occidentali dovrebbe portare il Giappone a puntare sul ,mercato asiatico (cinese), oltre che riconcentrarsi su quello interno. Considerando che dopo decenni di delocalizzazione produttiva tutte queste nazioni asiatiche hanno “imparato il mestiere” e rischiano di diventare temibili concorrenti. Stefano “La Visione”
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LE REGINE DEGLI ABISSI: “NAMORA” Gruppo su Facebook: I FUMETTI SONO UNA COSA SERIA!
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in dall’alba dei tempi, l’oceano ha esercitato sulla specie umana un fascino particolare, un misto di stupore davanti alla sua meravigliosa bellezza e di terrore di fronte ai segreti che custodiva nel suo grembo. Inermi, al cospetto della spaventosa potenza delle acque, sconvolti dall’incessante e fragoroso turbinio delle acque, gli uomini hanno avvertito la propria inadeguatezza nei confronti di una forza primigenia della Natura. Quali incredibili misteri si celavano sotto il velo dell’acqua e quali mostruose creature si annidavano nei plumbei abissi marini? Eppure nonostante lo sbigottimento davanti all’ignoto, dentro ogni essere umano alberga una sorta di attrazione fatale verso quelle profondità, un richiamo ancestrale che ci riconduce alle nostre origini biologiche. Inevitabilmente, neanche il Fumetto poteva sottrarsi a questa allettante
calamita. Per un’arte che si nutre di creatività, il mare è un terreno di coltura assolutamente privilegiato. Nel corso degli anni, la fantasia degli Autori ha popolato le profondità degli oceani con
ogni tipo di abitanti : gigantesche piovre dai mille tentacoli, mastodontici serpenti marini, rielaborazioni di antichi miti e persino “normali” esseri umani. Per decenni, le scintillanti guglie di mae-
stose città sommerse hanno fatto da ambientazione a mille e mille avventure. Le imprese eroiche del principe Namor della Timely Comics hanno fatto da apripista a numerosi epigoni di altre case editrici scatenando una guerra combattuta con le armi del talento . E in questa “spietata” ricerca del posto al sole , spesso e volentieri gli Autori hanno fatto ricorso ad una delle armi più potenti del loro arsenale: il potere seduttivo della bellezza femminile. Per questo motivo, a molti dei nerboruti eroi acquatici, venne presto affiancata una controparte al femminile. Due di esse “emersero” in maniera particolare : Namora e Mera! Namora ha alle spalle una lunghissima carriera fumettistica cominciata nel maggio del 1947 sulle pagine di Marvel Mystery Comics N° 82 (The Coming of Namora) della Timely Comics (progenitrice della attuale Marvel Comics). Il suo viaggio nell’avventura comincia con un eccidio ed un giuramento di vendetta. Aquaria Nautica Neptunia è la giovane cugina di Namor, il principe di Atlantide. Con l’illustre consanguineo, la ragazza condivide la sua natura ibrida, la madre, infatti, è una donna di superficie, Dopo la fanciullezza tra-
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scorsa ad Atlantide, Aquaria si trasferisce col padre in una lontana colonia. Sventuratamente, l’insediamento viene attaccato da una banda di criminali umani alla ricerca degli antichi tesori custoditi sul fondo marino. Capitanata
dallo spietato Stoop Richards la “squadraccia” stermina completamente la popolazione della colonia. Quando il principe Namor arriva sul posto, trova un’unica superstite. Stringendo al petto il cadavere del genitore, la
giovane atlantidea giura di consacrare la sua intera vita alla vendetta nei confronti di coloro che si sono macchiati di quell’eccidio. Aquaria Nautica Neptunia non esiste più, al suo posto ora c’è Namora, la Figlia Vendicatrice!! Con l’aiuto di Namor, riesce a rintracciare i criminali e la morte di Stoop Richards suggella il compimento della sua vendetta. Per un certo periodo, Namora fa da spalla al suo impetuoso cugino, accompagnandolo in numerose avventure che li vedono alle prese con individui malvagi dai nomi suggestivi come Doctor Macabre,Viking e le Mummie di Tut-Ak-Mut. Fin dal suo esordio, Namora si presenta in tutta la sua avvenenza. Le sue radici umane la hanno dotata di una carnagione rosa e della possibilità di respi-
rare anche fuori dall’oceano, dal suo retaggio atlantideo le derivano una forza sovrumana e la capacità di spostarsi a suo piacimento nell’acqua. Come Namor possiede delle ali sui talloni che le permettono di volare e si indebolisce progressivamente se rimane troppo a lungo priva del contatto vitale con i fluidi. La paternità grafica del personaggio va attribuita a Kenneth “Ken” Bald (USA - 1920-) e a Sydney “Syd” Shores (USA - 1913-1973), ma, nei fatti, fu proprio il creatore di “The Sub Mariner”, Bill Everett USA 1917-1973) a disegnare la maggior parte delle storie. Le vicende di Namora sembravano avere una certa presa sui lettori, tanto che la Timely decise di dedicarle una serie personale: The Sea Beauty Namora. Purtroppo la “Golden Age” dei Super eroi era ormai agli sgoccioli e la testata durò solo 3 numeri. Qualche
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anno dopo, quando la Timely rinacque sotto il marchio Atlas, la principessa guerriera fece la sua ricomparsa ma il revival fu davvero effimero. In men che non si dica, Atlantide ed i suoi abitanti ricaddero nell’oblio. La sospensione durò numerosi anni e si dovettero attendere gli anni ’70 per rivedere all’opera
la Figlia Vendicatrice (SubMariner N° 33 del gennaio 1971). A riportarla sul palcoscenico fu ancora una volta il cartoonist Bill Everett ma le luci della ribalta non la illuminarono a lungo. Namora aveva una funzione puramente strumentale, il suo compito era quello di fornire nobili origini alla figlia Namorita, destinata a soppiantarla nel ruolo della pupilla di Namor. Espletata questa “formalità” poco dopo aver dato alla luce la bimba, la vecchia eroina veniva avvelenata dalla perfida “rivale in amore”, Llyra. A tal proposito, è da citare la discutibile operazione di “retro- continuità” portata a termine dall’autore
e disegnatore John Byrne. Durante la sua gestione della testata di Namor, smentì questa maternità, rivelando che Namorita era un clone della stessa Namora. Per interminabili anni la bellissima atlantidea venne creduta morta. Il suo corpo, invece, era ibernato in una bara di ghiaccio nel Mare del Nord. Finalmente, lo scrittore Jeff Parker e il disegnatore Leonard Kirk assemblarono un variegato gruppo di individui. C’erano un agente segreto, un robot, una “dea della bellezza”, un astronauta e un gorilla... mancava una “sirena”. Sulle pagine di Agents of Atlas N° 4 del gennaio 2007, la Regina dei Mari si risve-
gliò dal suo algido sonno e riprese il suo posto alla tavola degli Eroi. Namora è uno di quei personaggi femminili che hanno saputo ritagliarsi a spallate un ruolo prestigioso in un mondo dominato dai maschi. Probabilmente non ha mai brillato di una luce di assoluta grandezza ma la sua longevità dimostra la benevola attenzione che hanno avuto verso di lei numerose generazioni di lettori. La nostra piccola rievocazione finisce qui, il mese prossimo, se ne avrete voglia, potrete leggere la storia di un’altra meravigliosa “sirena” dei Comics: l’affascinante regina Mera!! Pietro Zerella
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oglia di horror tra i fumettomani italici? O almeno per i più nostalgici tra loro? Correva l’anno 1986: nelle edicole di tutto il Belpaese faceva capolino un curioso tipo in camicia rossa e giacca sbottonata che passeggiava in un cimitero. Qua e là, qualche mano mezzo putrefatta emergeva dalle tombe, qualche cadavere usciva a prendere un po’ d’aria. Era arrivato “Dylan Dog” (c’era bisogno di precisarlo?), caso più unico che raro di fumetto horror che riusciva a raggiungere diffusione più che popolare, al punto da diventare un vero e proprio fenomeno di costume. Negli anni seguenti, inevitabilmente, l’onda “orrorifica” venne cavalcata da tanti altri editori che lanciarono altre proposte a fumetti, non sempre – a dire il vero – con risultati esaltanti. Ma tra tutti, comunque, ci fu un caso che si segnalò con forza all’attenzione generale... Tra il 1989 e il 1991, per 23 numeri complessivi, la casa editrice “Acme” (di Francesco Coniglio e Guido Silvestri) lanciò “Splatter”. Era una rivista mensile spillata, di 64 pagine in b/n, che portò in edicola fumetti splatter (appunto) senza limiti di sorta, con abbondanza di squartamenti, cadaveri sezionati e putrefatti, omi-
cidi efferati e cattivissimi. In sequenze truculente, ecco ad esempio il povero vecchietto aggredito e accoltellato a tarda sera da un balordo, per poi vagare per le strade in cerca di aiuto trattenendo il proprio intestino con le mani (bleah!) e finendo con... l’essere investito da un tram! Ed ecco la famosa rockstar procurarsi le parti anatomiche necessarie per i suoi lifting (!) estraendoli direttamente (senza anestesia, va da sé) dalle sue fans adoranti che cattura alla bisogna. Fumetti forti ed esclusivamente per cultori del
genere, dunque, fumetti che non potevano non suscitare le più diverse reazioni, ovviamente molto contrastanti tra loro, e addirittura un’interrogazione parlamentare! "Scandalo per giornaletti sado-maso pubblicati a Milano: fumetto insegna ai bambini come uccidere mamma e papà" titolava un articolo del Corriere della Sera del 19 ottobre 1990; “La crociata di 43 parlamentari dal Pci alla DC” raccontava lo stesso giorno Repubblica. La diatriba proseguì per un po’, tra chi era negativamente colpito davanti ai cadaveri
passati al tritacarne (su una rivista dal pubblico in buona parte molto giovane, come si poteva evincere dalle lettere che riceveva la redazione) e chi invece difendeva fumetti che in qualche modo rispondevano semplicemente a una domanda del pubblico di un genere che era esplicitamente dichiarato in copertina (anzi, addirittura in testata). Comunque sia, Splatter annoverò tra i suoi autori anche grandi firme, o che tali sarebbero diventate: ricordiamo ad esempio Attilio Micheluzzi, Roberto Dal Pra’,Vincenzo Perrone, Marco Soldi, Abuli e Bernet, Ferrandino, Bruno Brindisi tra gli altri, e scusate se è poco. Oggi, oltre vent’anni dopo, c’è chi sta lavorando a un ritorno di Splatter: Paolo Altibrandi, Paolo Di Orazio e Vincenzo Perrone, tutti membri dell’antico team, infatti, ne stanno parlando con un non ancora dichiarato editore. Ci siamo fatti raccontare tutto da Paolo Di Orazio stesso: “Tutto parte una settimana fa (dunque a metà gennaio 2013, Ndr), con una mail inviatami da un nuovo marchio editoriale che si propone per il rilancio di Splatter. Ho consultato i miei principali colleghi dell’epoca (Paolo e Vincenzo),
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ho ricevuto la benedizione dell’ex ideatore e inventore della rivista, Coniglio, e stiamo arrotando le lame sul da farsi anche seguendo l’onda immane di entusiasmo che si raccoglie via web sin dai primi istanti di vita embrionale. I gruppo FB dedicato, Splatter - Il mensile del Nu-Horror, ha
raccolto 600 iscritti in 24 ore e 1060 in una settimana. Stiamo pubblicando piano piano tutte le copertine della nostra serie, le lettere dei lettori e raccogliendo le loro testimonianze: un affetto che si è fortificato nel tempo. Il nostro intento editoriale è mantenere logo e grafica e
Tratto dal “Corriere della Sera” del 19/10/1990
la filosofia narrativa dei racconti brevi. Mantenere intatta, quindi, la natura generale della rivista, come se non ci fossimo mai fermati (col numero 23, nel 1991, dopo un successo clamoroso).Vogliamo la versione digitale per tablet, e la versione inglese per il mondo. Nella pioggia di messaggi privati, di augurio, di autori oggi internazionali che vogliono esserci, stiamo valutando offerte di tipo tecnico per la distribuzione e la stampa, la promozione e il mass-marketing, con un sito e-commerce, un canale Youtube e le ristampe anastatiche della collana d’epoca. Nel frattempo, è pronto uno stormo di sceneggiatori di calibro nazionale, miei amici e autentici
conoscitori nonché amanti dell’horror (e di Splatter in particolare), per uno sviluppo di inediti assolutamente immersi nel tema e nel sangue. Il momento sembra propizio, e ci siamo resi conto che Splatter, pur essendo un contenitore di fumetti di genere, ha rappresentato l’ultima rivista cult da edicola. Dai tempi di Totem e Il Corriere dei Piccoli. A breve, sapremo di più sulla data di uscita, il formato definitivo e i canali distributivi. State pronti: il vero horror italiano a fumetti è pronto a rinascere!” Nell’attesa, per tutti gli appassionati, Domenica 10 febbraio 2013 c’è la possibilità di partecipare allo Splatter Fest, al Circolo degli Artisti,Via Ca-
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Tratto da “Repubblica” del 19/10/1990
silina Vecchia 42 a Roma: un ritrovo di autori dell’epoca e di estimatori di sempre, per un evento
con “Musica, incontro con gli autori, pessime compagnie, ingresso libero, un’ora e mezza di
celebrazione per la Splatter-Reunion, evento editoriale dell’anno”, come spiegano gli organizzatori
su Facebook. Noi di Sbam! resteremo ovviamente sul pezzo. E aspettiamo tutti voi sulle pagine della nostra rivista digitale, come sempre scaricabile gratuitamente dal nostro sito www.sbamcomics.it. L’imminente numero 7 tratterà – doverosamente – degli 80 anni di “Topolino” (inteso come rivista a fumetti, non come personaggio), con la nostre interviste alla direttrice Valentina De Poli e a vari autori che hanno dato il loro apporto alla storia della testata. E poi recensioni, altre interviste, novità e, soprattutto, i fumetti dei nostri autori, per il vostro (e nostro) godimento nel mondo dello Spettacolo Disegnato. Sbam-Staff
QUESTO PUO’ DIVENTARE IL TUO SPAZIO.
COME? CONTAT TACI: JAPANIMATION@LIBERO.IT JAPANIM ATION@LIBERO.IT
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“SPLATTER FEST” VI ASPETTA! Su Facebook: Splatter Fest
A
22 anni dalla chiusura della mitica testata, col numero 23, «Splatter» minaccia di tornare in vita. Tutto nasce dall’impulso di un nuovo marchio editoriale che ha lanciato la proposta. Il team storico della redazione si è riunito (Paolo Di Orazio, Vincenzo Perrone, Paolo Altibrandi), con la benedizione dell’allora editore e ideatore Francesco Coniglio (per la Acme), per creare un sequel al prodotto che ha formato e lanciato quelle che oggi sono le firme più affermate del panorama editoriale a fumetti italiano. Nonostante stiamo valutando proposte varie, non trascuriamo il canale librario e digitale (italiano e inglese) per la distribuzione e un concept elegante e ricco. Ci piace ricordare che nel 1990, al culmine del suo successo in edicola, «Splatter» fu travolta da un’interrogazione parlamentare, assieme al libro di racconti Primi Delitti (Paolo Di Orazio), per “istigazione a delinquere”. Lo scopo di «Splatter» oggi è sem-
pre lo stesso: raccontare storie divertenti, esaltando la violenza (tanto quanto fa il cinema mainstream oggi) e l’horror, per offrire al lettore la più estrema metafora della società contemporanea. Sempre con classe e gusto grafico. Certamente, il nuovo «Splatter» proseguirà con il suo taglio horror che al-
l’epoca era già una sorta di new-wave, parafrasando e precorrendo l’hard boiled, la real tv e l’attualissimo torture porn, per proporre oggi un racconto del terrore ricco di trama, oppure scarno, comunque profondo e comunque alternativo alle testate presenti in edicola. La rosa degli sceneggiatori
già pronti a scaldare i loro calamai di sangue, questa volta raccoglie firme affermate nel panorama del fumetto italiano ma visceralmente legate al fumetto e al cinema horror. Come quando nel 1989 il gruppo editoriale Acme osò debuttare in edicola - in piena estate senza alcun pre-battage pubblicitario, raccogliendo un successo clamoroso, oggi, pur trovandoci in una situazione preparatoria in progress, abbiamo lanciato un gruppo facebook per celebrare la possibile rinascita di «Splatter». Nell’arco di cinque giorni abbiamo raccolto 930 iscritti e un fiume di messaggi di augurio, commozione, ricordi, e un sentimento di unione che credevamo sopito o disperso. Lettori d’epoca, tra cui disegnatori oggi affermati nel settore, non hanno perso una stilla di quell’affetto che, 22 anni fa ci trasmettevano mediante fiumi di lettere, in un social dead network fatto di pura passione. Paolo Di Orazio
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2° JAPAN MATSURI: CULTURA E SOLIDARIETA’ www.japanmatsuri.org - http://www.facebook.com/JapanMitsuriTicino
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abato 13 e domenica 14 aprile 2013, la città di Bellinzona, che dista solo un’ora da Milano, ospiterà la seconda edizione del Japan Matsuri, il festival culturale giapponese della Svizzera italiana. Durante questi due giorni, il pubblico si immergerà in un mondo affascinante e lontano, tra tradizione e modernità. La prima edizione tenuta lo scorso aprile ha riscosso un ottimo successo, richiamando pubblico dalla Svizzera e dalla vicina Italia. Cosa aspettarsi dall’edizione 2013? Anche quest’anno la fiera riproporrà dei workshop e degli eventi adatti a tutto il pubblico. Potrete assistere a varie
esibizioni e workshop di arti marziali, un concerto di Taiko, uno di koto e uno dei famosi K-ble Jungle, oppure a una conferenza sul doppiaggio tenuta dal famoso doppiatore Ivo De Palma, il quale proporrà anche un workshop. Durante tutta la fiera potrete immergervi nel mondo dei colori, delle tradizioni e dell’essenza del Giappone nella mostra fotografica “The Japonism” del Maestro Naoya Yamaguchi e nella mostra di kimono antichi. E per i più giovani di spirito non mancheranno un cosplay contest, un torneo di carte, un area riservata ai videogiochi e i workshop di tecnica di disegno manga. Questo e molto altro
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alla seconda edizione del Japan Matsuri della Svizzera italiana. Ma come nasce il Japan Matsuri in Ticino? Il terremoto e lo tsunami dell’11 marzo 2011 hanno scioccato il mondo intero. In Italia è facile trovare eventi legati al Giappone, ma non in Svizzera. Quindi cosa conoscono veramente del Giappone gli svizzeri? È questa la domanda che ci siamo posti, quali appassionati da anni di questa cultura. È nata così l’associazione Japan Matsuri e questo festival, in modo da poter mostrare e spiegare alle persone interessate, i vari aspetti del Giappone, in termini di
cultura, storia e territorio. Tutto questo anche per uno scopo benefico, al fine di poter aiutare persone bisognose. La prima edizione ha infatti permesso di devolvere una cospicua somma in favore delle persone colpite dal terribile terremoto e tsunami del 11 marzo 2011. Dal lontano oriente al vicino occidente... Quest’anno l’associazione Japan Matsuri ha deciso di aiutare ancora le persone colpite dal terremoto e lo tsunami del 2011 così come un’associazione locale, devolvendo parte del ricavato della fiera a questi due enti. Per maggiori informazioni vi invitiamo a visitare il nostro sito o la nostra pagina facebook. Japan Matsuri Staff
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IL MITICO “GENERAL DAIMOS” www.facebook.com/lalabardaspaziale
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mente in Italia, nelle Filippine e in Polonia.
ONNICHIWA a tutti i lettori di JAPANIMANDO e benvenuti al consueto appuntamento con le recensioni de “L’Alabarda Spaziale – Modellismo Robotico” che trovate ufficialmente su Facebook. Questo mese ho deciso di recensire un modello dedicato a uno dei robottoni più amati e sicuramente più originali della prima “ondata” a cavallo tra gli anni settanta e ottanta: sto parlando di GENERAL DAIMOS, nella sua versione “Soul of Chogokin” della Bandai, cronologicamente indicato con la sigla GX-43. L’ANIME General Daimos (Tōshō Daimosu) è un anime composto da 44 episodi, prodotto dalla giapponese Nippon Sunrise, divenuta famosa come Sunrise (producendo titoli del calibro di “Daitarn III”, “Mobile Suit Gundam” e “Zambot 3”) e successivamente Toei Animation.
“General Daimos” è il terzo capitolo sui robot prodotti da Tadao Nagahama, dopo “Combattler V” e “Vultus V”. Un maldestro film composto dagli ultimi 5 episodi è stato assemblato in Italia con il nome “Daimos il figlio di Goldrake”, che ovviamente non ha nulla a che vedere con il capola-
voro del Maestro Go Nagai. Il nome “Daimos” deriva da “Deimos”, una delle due lune di Marte. Un’altra curiosità: Oltre al Giappone, questa serie è stata trasmessa sola-
LA TRAMA Il Sole Algoal è in rotta di collisione con un pianeta del suo sistema solare, provocando anche la distruzione del vicino pianeta Baam. La popolazione baamese, costituita da dieci miliardi di individui simili ai terrestri ma dotati di ali simili a quelle degli angeli, si mette in viaggio nello spazio a bordo di un satellite artificiale chiamato Il piccolo Baam, protetto da una cupola piramidale, per cercare un altro pianeta su cui vivere. Giunti nell’orbita di Giove, Re Lion, il loro sovrano, propone ai governanti terrestri un incontro per accordarsi sulla convivenza pacifica tra i due popoli sulla Terra. Proprio in questa occasione Re Lion viene avvelenato ed il popolo baamese in-
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colpa immediatamente i terrestri; la guerra è ormai inevitabile e le principali città terrestri vengono invase. Il giovane astronauta Kazuya Ryusaku viene quindi scelto per pilotare Trancer, un automezzo speciale che, partendo dalla base Daimovic, può trasformarsi nel robot da combattimento Daimos, costruito per contrastare l’invasione dei baamesi capitanati dal generale Rikiter, principe baamese e figlio del defunto sovrano. Nel frattempo la principessa Erika, sorella di Rikiter, aiuta l’esercito come infermiera; ma, a seguito di un’esplosione, la ragazza sviene e perde la memoria. Durante la prima battaglia del Daimos Kazuya la trova e, credendola una ragazza terrestre, se ne innamora. Purtroppo Rikiter si rifiuta di credere nell’amore tra Kazuya e sua
sorella, in quanto il suo cuore è colmo di odio nei confronti di tutti i terrestri. Tuttavia Kazuya, dopo aver scoperto la verità su Erika, si rende comunque conto che il suo amore per lei è troppo grande perchè la differenza razziale possa ostacolarlo. LA CONFEZIONE Il packaging Bandai è sempre una garanzia: scatola è grande, colorata e appariscente. Numerose le foto che ritraggono il Daimos in diverse pose e con la vastissima gamma di armi disponibili, molte delle quali di stampo tipicamente orientale (occorre tener conto che il protagonista Kazuya è un esperto di arti marziali). Una volta aperta ed estratto l’involucro di polistirolo del Daimos, si scoprono anche due enormi blister (che contengono le armi e le mani intercambiabili) e altre
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due confezioni contenenti lo stand espositivo e l’enorme rastrelliera per le armi. Le istruzioni, molto utili per trasformare il Daimos nel camion Transer e viceversa, sono molto particolareggiate e, anche se in giapponese, spiegano in maniera esaustiva le operazioni da compiere. Nella confezione sono inclusi anche un modellino del jet da combattimento Galva FX II, pilotato da altri personaggi della serie, che funge da “supporto” durante le battaglie, e ben due riproduzioni della Tryper 75S, l’automobile fantascentifica con la quale Kazuya si inserisce nel Transer prima della trasformazione in Daimos. Il robot è ben protetto da un apposito sacchetto di plastica, e ben fermo nel suo alloggiamento, protetto da altri pezzi di polistirolo che ne evitano la fuoriuscita.
TRANSER E DAIMOS Daimos si presenta nella sua confezione in modalità robot. Alto circa 22 centimetri e pesante circa 615 grammi, il modello è ben bilanciato e si avverte immediatamente la solidità e la soddisfacente “pesantezza” data dalla Zamak, la classica lega metallica “die-cast” tipica di questi prodotti. I punti di snodo sono tantissimi e ben progettati, in modo da poter sistemare il Daimos in pose eccezionali, tipiche delle arti marziali, senza essere mai sbilanciato. I colori sono ben dosati e fedelissimi all’anime. Occorre solo far attenzione, durante la trasformazione in Transer, a non far sfregare parti verniciate tra di loro, in modo da evitare piccole e fastidiose sverniciature. Come in tutti i Chogokin da collezione occorre anche non sforzare eccessivamente gli snodi,
evitando che si usurino causando cedimenti con disastrose “cadute”... e conseguenti danni! Le proporzioni generali sono ben rispettate, e le armi in dotazione (davvero tante!) si adattano bene al corpo e alle diverse mani intercambiabili del robot, facendo la loro doverosa figura. La trasformazione in Transer è davvero ben studiata e parecchio fedele alla serie animata: le braccia vengono ripiegate all’interno e la testa, con uno snodo rotante davvero particolare, si ribalta all’interno del corpo facendo uscire il muso del poderoso camion. Apposite coperture vengono aggiunte nella zona centrale, mentre le gambe si uniscono creando la parte posteriore. Un lavoro notevole da parte dei progettisti Bandai! I PREGI... Un modello assolutamente fedele all’anime per quanto riguarda colorazione, proporzione e aspetto; la trasformazione è ben studiata, complessa e ben illustrata nelle istruzioni. Gli accessori e le mani aggiuntive sono molti e vari; permettono diverse configurazioni di attacco. Le armi sono tantissime, farebbero invidia ad una palestra di arti marziali! Ottimo stand per il Transer, che al suo interno contiene tutti gli acces-
sori. Rastrelliera per le armi davvero imponente e funzionale. Packaging ottimo, robusto e consistente. ... E I DIFETTI A prima vista direi nessuno, anche se forse potrei essere un pò di parte. Occorre particolare attenzione nella trasformazione, in alcuni punti potrebbe essere un pò macchinosa. Le istruzioni aiuteranno molto. Occhio agli sfregamenti delle parti verniciate! CONCLUDENDO Un modello eccellente, che a mio avviso merita di stare nella vetrinetta di ogni appassionato. Pesante, ben accessoriato, ottimamente snodato e trasformabile: cosa si può chiedere di più da un Chogokin Bandai? Prezzo accessibile, nella media di questa categoria (la valutazione del nuovo oscilla tra i 130 e i 150 euro). L’appuntamento è per il prossimo mese, con un articolo del tutto particolare. Posso anticiparvi qualcosina: Trovandoci a Tokyo a caccia di modelli di robot, Chogokin e compagnia bella, dove potremmo andare? Una simpatica guida a cura de “L’Alabarda Spaziale – Modellismo Robotico”! Roberto “Robb” Morello
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FRANCESCA COSTANTINO E “I FIGLI DI BAAL” www.facebook.com/francesca.costantino.549 - www.raccontifantasy.com
C
iao a tutti, sono Francesca Costantino, blogger (racconti fantasy.com), giornalista, praticante di Kung fu Tao Lung e scrittrice, con all’attivo la pubblicazione del primo volume di una trilogia urban fantasy, I Figli di Baal. La guida rossa. Ecco, in breve, la trama: “Cancellate quanto sapete della storia del pianeta: I Figli di Baal. La guida rossa inaugura la Nuova Era del genere umano. Ispirato ai giochi cult D&D degli anni ‘90, Diablo e Baldur’s Gate, questo urban fantasy si dipana tra Aurigard, la Città d’Oro, e New York poco prima dell’11 settembre. Jason, Sean e Victoria (un negromante, un guerriero bardo e una maga nera) sono condannati a cercarsi tra le ere e le dimensioni, pur essendo una cosa sola. Essi infatti incarnano i tre “aspetti” del dio Baal, un’entità originaria di Venere e parte della Stirpe divina atlantidea. Il demone Mephisto, reietto dalla Stirpe, renderà gli esseri umani schiavi di una setta, impedendo ai protagonisti di riunirsi nell’avatar di Baal, l’unico che può distruggerlo. Amore, magia, musica rock ed esoterismo fanno da sfondo alle vicende umane, in una lotta fratricida che rivoluzio-
nerà il modo di pensare di ognuno di noi”. Da cosa ho tratto l’ispirazione per scrivere questo romanzo e gli altri tre che seguiranno? Semplicemente da tutta la mia vita! Dalle esperienze che mi hanno fatto crescere e da ciò che più mi piace, ma anche ciò che mi ha spaventato e che ho imparato a conoscere e rispettare. Poi da circa dieci anni frequento un’associazione, un cammino interiore che per me è sempre fonte di creatività. La mia curiosità mi ha portato alle storie fantastiche Il Signore degli Anelli, La
spada di Shannara e Le nebbie di Avalon. Sono inoltre appassionata di videogiochi e giochi di ruolo: come scordare Baldur’s Gate o la saga di Diablo? Poi ci sono Morrowind e tutti gli spin-off di Tales of the Sword Coast. Per non parlare dei cartoni animati giapponesi, come la saga dei Cavalieri dello Zodiaco o Dragon Ball, comprese le mitologie greche, romane e nordiche. Mi hanno ispirato anche la teosofia, che mi ha dato le risposte che cercavo sulla spiritualità, i miei viaggi proprio a New York e in Australia, i miei amici, le
persone che amo, i bambini. Nel romanzo, Ho dato personalità e vite separate ai tre protagonisti, ma l’essere umano è un’entità fisica e spirituale unica. La suddivisione viene dalla teosofia e anche molte religioni ne parlano: oltre a un corpo e una mente, abbiamo delle emozioni (l’anima) e una parte spirituale che da sempre abita in noi (monade). Arrivare ad avere coscienza di questa parte significa essere maestri. Mephisto, Haziel e Baal sono maestri, messaggeri di una delle sette essenze divine. Sono messaggeri come gli angeli del Cristianesimo. Ogni cosa che esiste segue un’unica legge: l’evoluzione. Anche noi, dunque, possiamo fare esperienze, crescere, diventare maestri e persino messaggeri o angeli, in base alle nostre tendenze. E tutto ciò in vita e su questo pianeta! Infine, ti do del “tu”, caro lettore/lettrice e voglio lasciarti con un pensiero positivo: divertiti e appassionati. E non solo a questo libro, soprattutto a ciò che fai, alle persone che più ti sono vicine, alla natura.Vivi appieno la tua vita, fai quello che ti piace. Se questo libro ti è piaciuto, consiglialo, fai in modo che sia un mezzo per aiutarti a riflettere. Se vuoi cambiare qualcosa della tua esistenza
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che ancora non va, il modo c’è, a patto che tu impari ad amarti. Amati e ama, tutto sarà più bello! Ciao e grazie. Il romanzo Cancellate quanto sapete della storia del pianeta: I Figli di Baal. La guida rossa inaugura la Nuova Era del genere umano. Ispirato ai giochi cult D&D degli anni ’90, Diablo e Baldur’s Gate, questo urban fantasy si dipana tra Aurigard, la Città d’Oro, e New York poco prima dell’11 settembre. Jason, Sean e Victoria (un negromante, un guerriero bardo e una maga nera) sono condannati a cercarsi tra le ere e le dimensioni, pur essendo una cosa sola. Essi infatti incarnano i tre “aspetti” del dio Baal, un’entità originaria di Venere e parte della Stirpe
divina atlantidea. Il demone Mephisto, reietto dalla Stirpe, renderà gli esseri umani schiavi di una setta, impedendo ai protagonisti di riunirsi nell’avatar di Baal, l’unico che può distruggerlo. Amore, magia, musica rock ed esoterismo fanno da sfondo alle vicende umane, in una lotta fratricida che rivoluzionerà il modo di pensare di ognuno di noi. In questo primo episodio della trilogia, Sean e Victoria vivono in due epoche diverse, eppure un filo sottile sembra legarli misteriosamente, come se una forza segreta li attirasse l’uno verso l’altra e si adoperasse per incrociare i loro destini. Victoria ha 16 anni, abita in un villaggio celtico ed è arrivato il momento di andare in sposa al compagno che le è stato pre-
destinato sin dalla nascita. Ma la giovane, dal carattere indomito e ribelle, travestita da elfo maschio fuggirà dalla casa natale e si imbarcherà alla volta della meravigliosa Aurigard. Sean, invece, vive a New York alla fine degli anni ’80. Poliziotto scapestrato ma perspicace, è sulle tracce di un misterioso pluriomicida che lascia le sue vittime dissanguate. Dopo l’ennesimo omicidio rimasto senza colpevole, però, deciderà di lasciare la polizia per coltivare la sua passione più grande, la musica rock; fonderà una band di successo, i Baalym, ma le inquietanti uccisioni e gli infausti presagi lo seguiranno ovunque andrà. Con una scrittura vivace e coinvolgente, Francesca Costantino trascina il lettore in un viaggio entu-
siasmante. Nella trama ben intessuta, le atmosfere fantastiche dei mondi di Tolkien e Lewis si intrecciano con intelligenza agli elementi del romanzo d’amore e ai numerosi richiami alla storia dell’Inquisizione, alla magia e agli echi del pensiero New age. Attraverso le vicende dei protagonisti, chiamati a compiere un percorso di crescita ed evoluzione spirituale, la giovane scrittrice – al suo esordio con questo romanzo – consegna a tutti noi un messaggio di luce, di amore e di speranza e soprattutto il sogno di un mondo migliore e possibile. I Figli di Baal La guida rossa: Armando Curcio Editore, collana Electi, pp.512, euro 16.90, isbn 9788897508328, in libreria. F. Costantino
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NULLA E’ REALE,TUTTO E’ LECITO Su Facebook: I Videogiochi sono una cosa seria
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on è semplice recensire o semplicemente analizzare la saga di Assassin’s Creed senza scadere nella retorica del “gioco facile, pieno di bug e commerciale”, ne è facile evitare di esaltarne le ambientazioni, la trama, i personaggi. Perchè tutto questo è vero: il gioco è uno dei più facile di sempre, i bug sono frequenti e a volte davvero eclatanti, le ambientazioni sono pressoché perfette (tranne Roma) e la trama è ricca e complessa. Ma è davvero solo questo Assassin’s Creed? Passerà alla storia per le migliaia di fan che amano le lame celata, o per gli haters che criticano la sua semplicità?
No, dietro questo gioco c’è molto di più. Non mi dilungherò quindi sulla trama, sulla grafica, sul multiplayer o sui bug, perchè mille volte questi aspetti sono stati sviscerati. Il cuore pulsante di Assassin’s Creed risiede, infatti, nel messaggio che traspare dall’intera saga, e nella qualità delle storie dei suoi personaggi, e quindi nei loro drammi. Perchè drammi? Concluso il terzo capitolo, dovrebbe essere chiaro a tutti: abbiamo a che fare con dei perdenti. Questa non è affatto una novità: John Marston, Marcus Fenix, Max Payne, Solid Snake,Vito Scaletta, Niko Bellic... grandi pistoleri, poliziotti, soldati e
gangsters, ma tutti perdenti. In questo senso Assassin si inserisce nel filone di gusto tipicamente moderno (tranne Max e Snake, e questo fu uno dei motivi per cui fecero successo, all’epoca) dell’eroe oppresso da un destino e da un fato che semplicemente gli impediscono di vincere, di prevalere. Siamo distanti dalla “bella e invincibile” Lara Croft, dallo Spartan Master Chief, da Duke Nukem. Ma perchè perdenti? Analizziamo nel dettaglio. Il primo assassino che interpretiamo è Altair. Sin da giovane perse il padre e la madre, in modo violento. Costretto dalle necessità, entrò a far parte dell’Ordine degli Assas-
sini, trovando in Al Mualim un padre sostitutivo. In poco tempo, il bambino divenne uomo, e ancor prima assassino. La coscienza delle sue abilità, e la superbia derivante da ciò, gli costarono però l’accusa da parte dei suoi fratelli di aver tradito il Credo. Dopo aver causato la morte di un confratello e il grave ferimento di un altro (che poi diverrà il suo miglior amico, scatenando in lui il complesso di "Reed Richards), Altair viene ucciso dallo stesso Al Mualim, per poi essere fatto risorgere. Ma non come nella tradizione cristiana, da “puro” (Chiesa, cristianesimo e assassini non vanno molto d’accordo...), ma da peccatore. Inizia quindi il suo
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processo di redenzione: dovrà uccidere tutti i Templari ancora a conoscenza del Frutto dell’Eden, ossia tutticoloro che gli saranno indicati da Al Mualim. Ma durante il gioco, come in un novello Shadow of The Colossus (con gli "schieramenti" molto più vicini), capiamo che c’è qualcosa che non va. Perchè gli Assassini possono uccidere, mentre i Templari no? Chi decide cosa sia giusto o sbagliato? Perchè "il fine giustifica i mezzi" (non per altro Machiavelli comparirà nella saga per due capitoli consecutivi) è un motto valido per gli Assassini, ma non può essere usato dai Templari? Emblematico è l’assassinio di Garniero di Naplusa: questo medico, usando il Frutto dell’Eden, creò erbe e droghe che iniziò a sperimentare sulla popo-
lazione di Acri. Altair decide di porre fine alla sua vita. Ma dopo la morte, durante l’usale (splendida, come sempre) confessione, Altair apprende che le sue intenzioni erano nobili: i suoi pazienti erano pazzi, drogati, uomini senza speranza. Se essi stessi non sono consci di ciò che gli sta succedendo, come può il libero arbitrio salvarli? L’unica soluzione, per mantenerli in vita, è privarli del libero arbitrio stesso. L’affondo finale alle sue convinzioni viene sferrato dal più insospettabile degli avversari: Al Mualim. E’ con il tradimento del suo stesso Mentore, che in sostanza abbraccia la causa Templare, che Altair perde fiducia nel Credo e decide di ristrutturare l’Ordine. Subisce altri drammi, altre perdite, altre sconfitte: la sua im-
prudenza fa uccidere Maria, l’amore della sua vita. Distrutto dal dovere e stanco della vita, Altair va avanti solo perchè conscio del suo destino: trasmettere un messaggio. Si seppellisce vivo, compiendo l’ultimo sacrificio (rinuncia alla presenza dei cari, tra cui il figlio Darim), pur di tramandare ai posteri (Ezio e, indirettamente, Desmond) il contenuto delle sue ricerche. Tenete ben presente quest’aspetto: la sua intera vita, i suoi affetti, i suoi familiari, la sua giovinezza, tutto sacrificato per un messaggio. E’ questo l’unico elemento che fa pendere l’ago della bilancia dalla sua parte, come se fosse valsa la pena di patire tutte quelle sofferenze, pur di “vincere”, pur tramandare le sue conoscenze. Ma qualè la reale utilità del messaggio? Chi ha
giocato il terzo capitolo, lo sa. Altair è stato una marionetta: tutto ciò che ha fatto, era già stato previsto e voluto da Giunone, donna della Prima Civilizzazione. In sostanza, le sue azioni hanno aiutato Giunone a vincere. Cosa c’è di peggio? Passiamo ad Ezio. Ha tutto: amore, patria, famiglia, ricchezza. All’improvviso, perde tutto: è costretto a fuggire, abbandonare Cristina, mentre suo padre e i suoi due fratelli vengono uccisi. Vendetta è l’unica parola che Ezio può comprendere al momento (complesso "Franck Castle"). Ma ben presto, Mario, lo Zio che diverrà anch’egli un padre acquisito (notare questi rapporti: tutti e tre gli antenati perdono il padre e sentono la necessità di identificarlo in
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altri, Desmond lo abbandona in giovane età, e dopo aver vissuto le storie dei suoi discendenti decide di ricongiungersi a William), gli mostra un quadro ben più ampio. Da qui in poi avremo inseguimenti, scontri, assassinii e viaggi degni del più grande degli Assassini, il Profeta, Ezio Auditore da Firenze. Ezio vivrà altri traumi: Mario e Yusuf verranno uccisi a causa sua (complesso di “Peter Parker”), perderà Cristina, l’amore della sua vita, e affronterà ferite, tradimenti e scontri. Ma dopo aver scoperto l’ennesimo Frutto e avendolo nascosto, sarà finalmente finita? Potrà godersi il meritato riposo? Affatto. In Revelations deve aprire la biblioteca di Altair, scoprire la sua saggezza. Ma cosa lo aspetta
all’interno? “Ne libri, ne saggezza. Solo tu, fratello mio”. Non trova risposte. Non trova il modo di concludere la guerra tra Templari e Assassini. Il suo compito è sempre lo stesso: trasmettere un messaggio. Ne è talmente conscio che sa già di parlare a Desmond, e si rivolge direttamente a lui, chiedendosi se sarà lui a: “porre fine a tutta questa sofferenza”. Ma, come per Altair, le sue sofferenze non sono state altro che un sacrificio vano, se non addirittura un aiuto per Giunone. Veniamo a Connor: vede la madre morire tra le fiamme davanti ai suoi occhi. Il padre lo abbandona sin da piccolo. Il suo villaggio è attaccato costantemente sia dai briganti che dalle milizie inglesi.
Cosa può fare un ragazzo privo di istruzione, con la responsabilità dell’intero villaggio? Qui non abbiamo a che fare con un vero assassino, ma con qualcuno che sfrutta il Credo e le abilità insegnategli per combattere la sua battaglia personale. Tutto ciò è confermato dalla sostanziale assenza di una Confraternita, sempre presente in tutti i titoli precedenti. Inoltre, non è un uomo conscio della realtà del mondo, come Altair ed Ezio, ma un giovane idealista (proprio come il sottoscritto). Crede nella Giustizia, crede nella Libertà come principio egualitario, e non come parola buona per fomentare rivolte e secessioni. Questa sua ingenuità viene più volte rimarcata, anche dallo stesso Mentore, Achille, che lo critica per la sua visione
buonista del mondo. Oltre al dramma umano, anche questo: la realtà dei fatti, la necessità di comprendere il mondo com’è realmente, gli vengono mostrate in modo duro e crudo, a seguito del tradimento di Washington (mostratogli dal padre). Un uomo solo, che perde tutti, costretto ad uccidere l’amico d’infanzia, tradito da coloro in cui credeva e deluso dai suo ideali. Un uomo convinto di lottare per la libertà, osserva le navi inglesi fuggire dal porto di Boston, mentre schiavi di colore vengono venduti al miglior offerente. Un uomo convinto di lottare per il suo villaggio, torna e lo trova abbandonato, a causa di coloro che egli ha aiutato a salvare. Una figura che a volte fa quasi tenerezza per la sua
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ingenuità: tutti sappiamo chi ha sterminato i nativi americani. Veniamo a Desmond. Un ragazzo cresciuto a “pane e Credo”, tra assassini e adepti. Abbandona tutto per fare il barista.Viene rapito, rinchiuso, sfruttato, e gli effetti dell’Animus perdureranno fino alla fine. Scopre di avere sulle spalle la responsabilità non solo del futuro dell’Ordine, ma dell’umanità intera. Non sfugge quindi al suo destino: abbandona ogni sogno, e si “concede”, “animus” e corpo, alla missione. Anche lui subisce altri drammi: è costretto ad uccidere la donna che ama, Lucy, perchè traditrice della causa (complesso di “Jean Grey”). Come per gli altri, se riuscisse nel suo intento, sarebbe ancora un eroe. Ma anche lui, come Altair, Ezio e soprattutto Con-
nor, è stato usato. Una marionetta, o poco più. Ciò che fa, alla fine, è il simbolo della diatriba templari e assassini: pragmatici i primi, idealisti gli altri. Sappiamo tutti che durante l’arco narrativo dell’intera saga, gli assassini credono fermamente nel libero arbitrio. Per essi, è preferibile vivere un solo giorno, liberi, che mille, ma prigionieri di “etica e morale”. Ma cosa fa Desmond, messo davanti alla dura realtà? Preferisce un’epoca di “schiavismo” alla fine dell’umanità stessa. Si, lo fa perchè spera che qualcuno si ribelli, dando un messaggio di fiducia. Ma, per come la vedo io, egli si “arrende” a questo aspetto dell’ideologia Templare. Decide di sacrificarsi, dando a Giunone il pieno controllo della Terra (da quel poco che si evince). Indipen-
dentemente da come andrà a finire, si è creata una struttura ad anello tra il primo capitolo e l’ultimo, dalla quale si evince un messaggio di sfiducia verso il genere umano. Paradossalmente, è più plausibile, se esistessero i Frutti, che l’umanità si salvi perchè un’elitè la controlla, e non perchè qualcuno ne difenda il libero arbitrio.. perchè il gioco stesso ci mostra a cosa a portato: guerre di religione, stermini e genocidi, guerra fra Stati o fratelli, tradimenti e assassinii. Tanto altro si potrebbe dire su Assassin’s Creed. I suoi dialoghi, le sue atmosfere, le musiche, la cura nel rivivere il passato e la lodevole iniziativa di renderlo più intrigante lo rendono un gran titolo, ma è la perfetta coerenza delle sottotrame sopracitate, la
ricchezza dei suoi contenuti etici e morali e la critica storica (in alcuni casi coraggiosa, in altri anche troppo...) a rendere questa saga una della più grandi della Storia, scolpendola di diritto nell’Olimpo dei migliori videogiochi di sempre. “Agiamo nell’Ombra per servire la Luce. Siamo Assassini”. Claudio Cugliandro
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ECCO A VOI... “LAURELIN COSPLAY”! http://laurelin-cosplay.deviantart.com
C
iao a tutti voi! Mi chiamo Rossella, Laurelin nell’ambito del Cosplay! Se sono qui avrete intuito che, in qualche modo, il mondo del fantastico fa parte della mia vita e che si tratta di qualcosa a cui io non posso in alcun modo rinunciare... Io credo che la fantasia sia la cosa più bella che gli esseri umani possano avere. L’ho amata fin da piccola e ho vissuto la mia infanzia trascorrendo molti momenti della mia giornata ad inventare storie fantastiche: la mia
mente viaggiava verso luoghi inventati e situazioni impossibili che mi facevano sognare... Come la maggior parte dei bambini vedevo di continuo i cartoni animati e stravedevo per i videogiochi come il vecchissimo “Super Mario All Stars” e i primi titoli della allora nuova Playstation! Anche a quel tempo sapevo, dentro di me, che quell’amore per tutto ciò che era fuori dal normale non sarebbe mai finito e che anzi, in futuro, avrebbe trovato nuove
forme in cui manifestarsi. All’età di 12 anni, ho cominciato a leggere assiduamente i manga sviluppando parallelamente una passione sempre crescente per la lingua e la cultura giapponese. Uno dei manga a cui mi affezionai di più fu Chobits delle Clamp e così qualche anno fa, durante una ricerca di immagini sul web, scoprii che in un sito straniero vendevano il vestito di Chii, la protagonista di quel manga! Non potevo credere ai miei occhi! Non cono-
scevo ancora il fenomeno del Cosplay e trovarmi davanti una cosa del genere è stato meraviglioso! Così approfondii la ricerca e scoprii che
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essere adatta ai personaggi di cui vesto i panni! Durante le vacanze estive mettiamo in pratica questi progetti e devo ammettere che fare cosplay nei luoghi più disparati della natura è un esperienza fantastica...! Mi emoziono e perdo completamente il controllo cominciando a cercare Chocobo e Cokatoris ovunque, sìì!! Quando mi vesto come i miei personaggi preferiti sento di dover far parte del loro mondo e cerco di assomigliargli il più possibile, non solo attraverso il costume e le location, ma anche grazie agli atteggiamenti e le loro espressioni più caratteristiche. Ed è pro-
alcune persone che condividevano la mia stessa passione si vestivano da personaggi fantastici di film, fumetti, videogiochi, ecc. In quell’istante capii che avevo appena trovato un modo per esprimere la mia grandissima pas-
sione! Nell’estate del 2009 decisi finalmente di dedicare il mio tempo libero a questo fantastico mondo, il Cosplay, e da quel momento non l’ho più lasciato. Tra i tanti impegni che riempiono la mia giornata ci sono periodi in cui sono totalmente impegnata ed altri in cui sono libera. Sono proprio in questi momenti che io, insieme al mio fidanzato Gabriele Grosso (e fotografo della maggior parte delle mie foto di Cosplay- Telperion Photo in arte), andiamo in cerca di rive -Ariel-, deserti -Rikku-, spiaggie -Sora- e di qualsiasi location che possa
prio per questo motivo che per me la parte fondamentale del CosPlay è la seconda parte del termine, l’interpretazione. Anche se prima o poi lascerò il cosplay credo che quando sarò vecchia continuerò a vedere Anime, leggere Manga e giocare ai Videogiochi. Dopotutto la fantasia è qualcosa che non muore mai...!! Se cercate i miei lavori mi farebbe piacere se visitaste la mia pagina di Cosplay su DeviantART. Vi aspetto lì, ciao a tutti i sognatori, non smettete mai di dare spazio alla vostra fantasia! ^^ Rossella “Laurelin”
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TWILIGHT TV: IL MITO DI “STAR TREK” www.mondocult.it
“Ai confini” dell’intrattenimento seriale di ieri e dell’altro ieri.
“Q
uesti sono i viaggi dell’astronave Enterprise, durante la sua missione quinquennale, diretta all’esplorazione di strani mondi alla ricerca di nuove forme di vita e di nuove civiltà...”. Amici di Twilight Tv, potevamo esimerci dal parlare di Star Trek: destinazione Cosmo (Star Trek, NBC, 1966-69) proprio quando si aggirano già ovunque nel web ed altrove sul
globo terracqueo - i primi spot e trailer di Into Darkness, secondo capitolo del reboot concepito dall’immenso J. J. Abrahms? In un futuro lontano la “Federazione dei Pianeti Uniti” e la “Flotta Stellare” assicurano pace e prosperità ad un’infinità di mondi e razze diverse. La “USS Enterprise” è una nave di questa flotta, il cui equipaggio multietnico si prodiga ad assolvere tali funzioni di salvaguardia. Ed è nella scelta dei protagonisti che si rivela la base della futura popolarità dello
show: il capitano James T. Kirk (William Shatner), duro e determinato ma al tempo stesso “umano, troppo umano”; il primo ufficiale Spock (Leonard Nimoy), proveniente dal pianeta Vulcano - sebbene sua madre sia umana -, dotato di una logica altrettanto spietata e di totale (?) assenza di emozioni; il medico di bordo Leonard McCoy (Deforest Kelley), la cui debordante vitalità lo porta spesso allo scontro con il freddo Spock. A seguire tantissimi comprimari non meno amati: dalla coppia di navigatori
costituita dal tenente-pilota orientale Hikaru Sulu (George Takei) al guardiamarina russo Pavel Chekov (James Doohan), dall’ingegnere scozzese Montgomery Scott (James Doohan), al tenente di colore Uhura (Nichelle Nichols), fino all’infermiera Christine Chapel (Majel Barrett) e al sergente Janice Rand (Grace Lee Whitney, presente soltanto nella prima stagione). Di questa Serie si è praticamente detto tutto, il suo creatore Gene Roddenberry seppe ideare un’universo degno della
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miglior Space Opera, ma con netti riferimenti all’attualità del suo tempo. Fedele specchio dell’American Dream e del Mito di una Frontiera an-
cora intriso di ottimismo Kennediano, la serie classica di Star Trek è in effetti anche una rilettura della Guerra Fredda, dei conflitti sociali (Diritti Ci-
vili, Emancipazione Femminile, Pacifismo) ricorrenti negli Stati Uniti degli Anni Sessanta. Un solo esempio per tutti: il caso della Nichols/Uhura, protagonista del primo bacio interrazziale (nell’episodio “Umiliati da forza maggiore”) con Shatner/Kirk, e modello per innumerevoli donne di colore nei decenni a seguire. Quando, per un ingaggio a Broadway, l’attrice manifestò il desiderio di lasciare la Serie dopo la prima stagione, fu il reverendo Martin Luther King in persona a chiederle di restare all’in-
terno del cast perché la sua presenza in un popolare show televisivo costituiva un “simbolo” assai più pregnante di mille suoi sermoni per la Lotta per i diritti Civili. Ed anche questa è Storia... Giuseppe Cozzolino Scrittore, Docente universitario, Coordinatore & Direttore del Laboratorio di Produzione Audiovisiva “NOIR FACTORY”.
- PILLOLE DI PSICOLOGIA DEL FUMETTO -
TEMPO REFERENTE E TEMPO SIGNIFICANTE
U
n ultimo cenno sulla struttura macronarrativa dei racconti a fumetti riguarda la distinzione tra tempo referente, ossia il tempo di lettura di un albo a fumetti (nel cinema esso corrisponde alla durata della proiezione) e tempo significante, cioè il tempo che intercorre tra la prima e l’ultima vignetta del racconto. Quest’ultimo non è sempre misurabile con precisione in quanto spesso non viene indicato, tuttavia è interessante notare che il tempo significante del fumetto risulta notevolmente inferiore a quello della fiaba; i viaggi dei personaggi disneyniani non dovrebbero durare più di
due o tre mesi (le vacanze estive dei nipotini) così come è diffi cile pensare che i “colpi” di Diabolik si proteggano per più di un mese. La maggior parte delle fiabe hanno invece un tempo significante che copre l’intero arco di tempo che intercorre tra la fanciullezza e la maturità del protagonista. Resta da sottolineare come il fumetto, proprio per la poliedricità del suo linguaggio, venga spesso utilizzato a fini propagandistici e pubblicitari, o comunque come un mezzo adibito all’inculcamento delle ideologie più disparate. (Da Manuale di psicologia del fumetto, pag. 26). Marco Minelli
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“BLACK CAT” di Andrea De Rosa
E’
un manga di Yabuki Kentaro composto da 20 volumi e pubblicato su Shōnen Jump. Egli è stato un allievo di Takeshi Obata (famoso illustratore di serie come Hikaru no Go e dei famosissimi Death Note e Bakuman). La storia è incentrata su Train Heartnet, un eraser (letteralmente "cancellatore" cioè assassino infallibile) che faceva parte di una misteriosa organizzazione chiamata KRONOS. Questa
organizzazione, in segreto, detiene la maggioranza del potere economico mondiale e per mantenere il suo predominio, ha creato i Kronos Number, una setta di assassini incaricati di eliminare qualsiasi ostacolo si presenti sulla sua strada. Ognuno dei Numbers ha un numero romano tatuato in una parte del corpo, che vanno dall’1 al 13. Il nostro protagonista, era infatti il numero 13, un numero che gli calza a
pennello. Ciò deriva dal fatto che, ricoprendo questo numero (che nell’antichità si riteneva che portasse sfortuna) e grazie alle sue movenze feline, viene soprannominato “Black Cat”. Il suo soprannome, deriva dall’antica credenza che i gatti neri, a lui tanto cari, fossero portatori di sfortuna e questa sua figura era temuta da tutti, tanto da diventare una leggenda sia per la gente, sia per la criminalità, e sia per i suoi colleghi. Train gioca molto
sulle credenze legate al suo nomignolo, tant’è vero che recita sempre il suo motto prima di terminare le sue vittime: “sono venuto a portarti sfortuna!”. Col passare del tempo, nella mente di Train, cominciano a sorgere dei dubbi sul suo operato. Questi lo porteranno a non eseguire alla lettera gli ordini di KRONOS, non eliminando le vittime assegnategli. Poco tempo dopo si imbatte in una sweeper (cacciatrice di taglie) di nome Saya e
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grazie al suo carattere estremamente gioioso e gentile, riesce a far entrare nel cuore del protagonista un sentimento nuovo mai provato prima: un sentimento di amore e affetto. Questo cambia completamente il carattere freddo di Train, al punto di ammirare il modo di vivere della fanciulla: libera come un gatto randagio che usa le armi solo per proteggere e rendere inoffensivo il
bersaglio da lei individuato per poi consegnarlo alle autorità, senza ucciderlo. Ma questa suo cambiamento, infastidisce moltissimo un suo partner: Creed Diskens, un abilissimo spadaccino al servizio di KRONOS. Egli ha sempre provato una fortissima ammirazione per l’operato di Train, tanto da farlo diventare il suo idolo. Ma il suo cambiamento ha portato Creed alla pazzia, tanto
da vedere in Saya una minaccia, definendola come una strega che aveva praticato un incantesimo sul giovane, cambiando radicalmente la sua natura. Secondo Creed, l’unico modo per far tornare Train quello di un tempo, era di eliminare ciò che ha provocato il suo mutamento, ovvero Saya. Purtroppo Creed riesce nel suo intento, ferendo a morte la ragazza. Train, infuriato si scaglia contro Creed, deciso più che mai a vendicare l’amica. Quest’ultima in punto di morte gli chiede di non inseguirlo, in quanto la vendetta sarebbe inutile. Con la morte della ragazza, decide di abbandonare KRONOS, non condividendo più i metodi dell’organizzazione. Così da gatto randagio, decide di diventare uno sweeper rispettando gli stessi ideali della sua
amata Saya. Dopo poco tempo conoscerà un altro cacciatore di taglie di nome Sven Vollfied e tra i due nascerà una forte amicizia e lavoreranno insieme come sweeper, guadagnandosi da vivere catturando criminali ricercati e con taglie molto alte, per consegnarli poi alla polizia. Tra tante loro svariate avventure, conosceranno Rinslet Walker, un’abilissima e bellissima ladra, che collaborerà con i due protagonisti in diverse occasioni e per ricavarne un qualche profitto e infine conosceranno la piccola Eve, una bambina creata geneticamente, dotata di un corpo formato da nanomacchine che le permetteranno di trasformare varie parti del suo corpo in qualsiasi cosa desideri. Inizialmente apparteneva a un ricco mafioso, Torneo Ludman, sfruttata come arma. Ma quando la piccolina conoscerà Sven, inizierà a provare dei sentimenti umani e una volta unita al gruppo, comprenderà appieno il valore dell’amore e dell’amicizia. Intanto Creed sta formando un suo esercito personale: i fanti del Tao (uomini che sfruttano il Tao per ottenere poteri straordinari) chiamati Apostoli delle Stelle, con l’intento di schiacciare KRONOS (che Creed aveva abbandonato dopo la storia di Saya) e per poter creare un nuovo mondo, dove soltanto i più forti potranno proliferare.
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sima serie, tra cui vi è un personaggio presente nella sua serie di Black Cat: Tearju Lunatique, la dottoressa che diede artificialmente la vita a Eve a partire dal proprio codice genetico, crescendola affettuosamente come una normale bambina e che in seguito, entrata in contrasto con un’oscura organizzazione che si nascondeva “dietro la facciata di un rispettabile istituto di ricerca”, sparì misteriosamente, lasciando la piccola Eve nella mani di individui senza scrupoli che la trasformarono in un famigerato sicario. Creed farà di tutto per poter, data la sua smisurata adorazione nei confronti di Train, di tentare di convincerlo ad unirsi alla sua causa. Nel volume 10 del manga, viene accennato di una serie animata prodotta nel 2005 dallo studio GONZO. L’anime infatti è composto da 23 episodi, ma la storia è diversa rispetto a quella originale. Infatti mentre nel manga, la storia inizia con una delle
tante missioni di Train e Sven (con pochi accenni al passato di Train, che verranno svelati verso gli ultimi volumi), l’anime inizia proprio dal suo passato, quando era ancora un membro dei Kronos Number. La rivista Shueisha afferma che l’anime racconta una vicenda alternativa a quella del manga. Alcuni punti sono fedeli al manga, altri prendono una strada propria (anche i personaggi sono
abbastanza diversi da quelli del manga, tanto che sembrano addirittura più giovani di età).Yabuki è maggiormente conosciuto grazie alla serie Black Cat. L’autore, dopo la felice collaborazione con lo sceneggiatore Hasemi Saki alla serie shonen To Love-Ru, pubblicata su Shōnen Jump, sta lavorando attualmente al suo sequel: To Love-Ru Darkness, uno spin-off della mede-
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Le avventure di Meg arrivano da Comics Bay e saranno man mano disponibili in digitale per iPad, Kindle Fire e PC. Il primo volume con due storie complete è già disponibile sui vari market. Š Pezzin e Perconti
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DRACULA: IL MITO, LA LEGGENDA - PARTE 1 Su Facebook: Walt Disney e il suo magico mondo
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al diario di Jonathan Harker (stenografato) 3 maggio. Bistritz […] La storia del temuto conte Dracula di Transilvania (pubblicato nel 1897) inizia proprio così, con il resoconto, sotto forma di diario, di uno dei protagonisti principali di questo best-seller, scritto dall’irlandese Bram Stoker. Non possiamo parlare di Dracula se non illustriamo prima (e brevemente) la formazione culturale dell’autore e l’epoca in cui visse. Bram (vero nome Abraham) nacque a Clontarf, nelle vicinanze di Dublino, nel 1847 e fu l’assistente dell’attore Henry Irving e il direttore del teatro Lyceum di Londra, appartenente allo stesso Irving. Stoker debilitato fino all’età di sette anni a causa di una strana malattia, si rifece alla grande dopo la guarigione acquisendo
all’università Trinity College, che frequentò a Dublino, l’epiteto di Atleta Universitario e laureandosi anche a pieni voti in matematica. Egli si interessò anche di letteratura e di storia, materie che studiò all’università, e di teatro. La passione per quest’ultimo nacque grazie al Dr Maunsell; successivamente divenne critico teatrale per il Dublin Evening Mail, di cui il co-proprietario fu lo scrittore Joseph Sheridan Le Fanu, a cui Bram si ispirò per la stesura del personaggio di Dracula. Nel 1876, Bram fornì una favorevole valutazione critica della recitazione di
Irving nell’Amleto di Shakespeare recitato al Royal Theatre di Dublino; l’attore lo invitò a cena all’Hotel Shelbourne, dove soggiornava e dove, chiacchierando chiacchierando, divennero amici. Bram fu ispirato da vari fattori per la figura del vampiro e per l’ambientazione. Si era nel pieno dell’epoca vittoriana quando Bram scrisse il romanzo, epoca di forti dualismi tra fede e scienza con l’avvento della teoria darwiniana sulla evoluzione della specie che aveva stravolto la verità biblica della genesi umana, cioè che l’uomo non fosse discendente diretto di
Abramo, ma che provenisse dalla scimmia. E’ l’epoca in cui si ricorreva, spesso, alla pratica dello spiritismo per evocare spiriti o comunicare con i morti tramite una medium. L’attività letteraria del tempo verteva su un genere allora in voga fra gli scrittori: quello gotico dove i temi amati e ricorrenti erano il mistero, il sublime, le ombre, i castelli diroccati, le tenebre, la paura, le ansie dello spirito, ecc! Bram, per il personaggio del conte Dracula, molto probabilmente si ispirò al mito (e non leggenda) del principe Vlad Tepes III Dracul (da drac: demonio), detto anche l’Impalatore, poiché la tortura che infliggeva ai suoi nemici (uomini e donne) era quella di infilzarli con delle aste fino a procurare loro una morte lenta e dolorosa. Considerato un eroe dai suoi sudditi e difensore della fede cristiana, in
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continua lotta contro i turchi,Vlad fu investito dell’Ordine del Dragone da Sigismondo di Lussemburgo, re d’Ungheria e imperatore. Stoker conobbe la figura di Vlad grazie ai racconti oscuri narrati da Arminius Vambéry, professore e storico ungherese; a partire da quei racconti, Bram si interessò appieno alla cultura e alle tradizioni dei Balcani, approfondendo la parte storica e folcloristica di questo territorio, inclusa la figura di Vlad. Stoker lesse anche un saggio sulla Transilvania (Transylvania Superstitions) scritto nel 1885 da Emily Gerard. Per quanto riguarda la figura del vampiro, Stoker fu influenzato dal racconto di John William Polidori, medico e amico di Lord Byron, intitolato
semplicemente The vampire e pubblicato nel 1819. E’ un breve racconto di 84 pagine in cui il protagonista è un nobile di nome Ruthven, che preda persone appartenenti all’alta società. Bram veste Dracula della fisionomia estetica di Ruthven, aristocratico dai modi ineccepibili. Un’altra ipotesi per l’ispirazione della figura vampiresca potrebbe essere collegata al racconto gotico Carmilla, dell’irlandese Joseph Sheridan Le Fanu, pubblicato nel 1872. Qui, la protagonista è una vampiressa, Carmilla, la cui vittima “prediletta” è l’amica Laura. La storia si svolge in un castello immerso nella foresta della Stiria (nella prima stesura di Dracula, il racconto è ambientato nella Stiria che cambiò, sei giorni dopo, per la Transilvania).
Per il castello, alcuni studiosi ipotizzano che Bram si sia ispirato al castello Slains nell’Aberdeenshire (Scozia) (tutt’ora esistente) che visitò quando fu ospite del 19º conte di Erroll. Egli fu attratto dalla sua struttura interna e dal paesaggio circostante (il castello affaccia sul Mare del Nord). Lo scrittore visitò anche la cripta della chiesa di San Michan, a Dublino, e una stanza sotterranea che contiene corpi mummificati collocati in bare. Le scene ambientate sia a Whitby che a Londra si basano su luoghi che Bram visitò. Dracula, il romanzo, è suddiviso in capitoli strutturati sotto forma di diari, lettere e qualche estratto. Il protagonista principale è l’avvocato inglese Jonathan Harker, che per
conto dell’agente Peter Hawkins, deve recarsi in Transilvania, nei Carpazi, per incontrare il conte Dracula, un nobile gentiluomo, che vuole acquistare una proprietà a Londra perché deve occuparsi di alcuni affari personali. Harker giunge a Bistritz per riposare all’Hotel Royale e lì chiede informazioni sul castello del conte Dracula provocando però una forte reazione presso i proprietari della struttura che si fanno il segno della croce. Quella sera stessa, il giovane avvocato riceve un crocifisso dalle mani dell’anziana albergatrice con la raccomandazione di non toglierlo dal collo per nessun motivo. L’indomani, Harker, giunto a Passo Borgo, viene accolto da un calesse trainato da cavalli dal pelo fulvo e guidato da un uomo alto, con una barba scura e un cappello nero che gli nascondeva il viso. Tuttavia, Harker riesce a notare delle labbra rosse e dei denti aguzzi e bianchissimi. Harker giunge al castello a notte fonda notando che non c’è né campanello né battente; ma improvvisamente, il portone si apre e sulla soglia appare il padrone: il conte Dracula, un vecchio alto vestito di nero e con lunghi baffi neri. Harker, una volta all’interno e dopo le dovute presentazioni, riesce a inquadrare il padrone di casa: viso d’aquila, naso
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sottile, narici dilatate, fronte alta, sopracciglia foltissime, bocca ferma con denti bianchi e aguzzi sporgenti dalle labbra, orecchie appuntite e pallide, guance sode e magre, mani bianche e fini con unghie sottili e a punta. Il tutto accompagnato da un pallore quasi
mortale. Harker è affascinato da quest’uomo che di giorno non è presente al castello per via di alcuni affari importanti che deve svolgere, ma è presente di sera, con i suoi modi gentili e affabili, pronto a fare qualsiasi cosa per mettere a proprio agio il suo
ospite: gli prepara puntualmente la colazione e la camera da letto in cui però non c’è ombra di specchi, né lì né in nessuna parte del castello. Il conte gli fa un resoconto delle sue origini, ma Harker inizia ad insospettirsi per le abitudini un po’ strane del conte fino a quando non fa una scoperta alquanto insolita: Harker, una notte, vede il conte strisciare da una parete del castello a testa in giù, con il suo mantello spiegato a mo’ di due grandi ali. Da quel momento in poi, è un continuo crescendo di strane sensazioni e timori che sfociano poi in vere e proprie paure quando Harker crede di sognare tre donne belle (e nello stesso tempo orripilanti) che cercano di sedurlo. Harker cerca di indagare e scopre una amara verità. Egli cerca di fuggire,
ma è prigioniero in quel castello così lontano dalla civiltà, dove gli unici rumori che si sentono sono gli ululati dei lupi. In più, il padrone di casa è partito per l’Inghilterra grazie all’aiuto della popolazione locale che trasporta casse piene di terra: in una di esse c’è proprio il conte Dracula. Passa del tempo e di Harker non si hanno più notizie. La sua fidanzata, Mina Murray, è in ansia e si confida con la sua amica Lucy Westenra. A parte le prime due, entrano in azione anche nuovi personaggi: il dottor John Seward, medico psichiatra, direttore del manicomio, che segue contemporaneamente due casi: quelli di un suo paziente, Renfield (a metà tra l’essere lucido e l’essere quasi posseduto da qualche entità strana) che si nutre di insetti e compagnia bella, e della stessa Lucy Westenra, afflitta da sonnambulismo, Arthur Holmwood, fidanzato di Lucy, Quincey P. Morris, giovane texano, e infine il dottor Abraham Van Helsing che darà un importante contributo per giungere alla verità, risolvere, una volta per tutte, il caso di Lucy e annientare Dracula, artefice di quello che sta succedendo fuori e dentro le vite dei protagonisti. Dracula è considerato un vero e proprio capolavoro, nonostante non ebbe un immediato suc-
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cesso; ma grazie anche ai film e compagnia bella, oggi è uno dei libri più letti (e forse anche amati) tra i fan del mistero. Il personaggio di Dracula attrae ma crea anche repulsione: attrae per il suo modo di fare nobile, per la sua intelligenza, per la sua vasta cultura, ma si respinge nel momento in cui è subdolo, spietato e senza pietà. Le vittime di Dracula saranno prima Lucy e poi Mina che riuscirà però a salvarsi (soprattutto, la sua anima). Dracula è considerato il non-morto, ossia un essere tra il vivo e il morto: non ha un’anima e gli specchi non riflettono la sua fisionomia; le tenebre, la notte, la luna, i lupi sono i suoi alleati, la luce, il sole i suoi nemici. Se non si nutre di sangue può morire, ma se lo fa diventa sempre più forte perché il suo scopo è quello di continuare a vivere e di generare nuovi adepti. Infatti, egli succhia il sangue grazie ai canini che si allungano al suo avvicinarsi al collo di qualche vittima che, col tempo, ella stessa può diventare vampiro. L’unica possibilità per combattere Dracula è di rimanere uniti a Colui che può sconfiggere il male, ossia Dio, e poi utilizzare le armi della fede: ostie consacrate, crocifissi, acqua santa. In più, viene utilizzato un rimedio naturale per tenere
lontano Dracula: l’aglio. I protagonisti sono dei veri e propri cavalieri di Dio, rappresentanti del bene che devono annientare il male.Van Helsing non è praticante, ma ha fede e sa benissimo che l’unica entità per sconfiggere Dracula è proprio Dio (nel romanzo, egli spesso tira fuori parole come fede, Dio, ecc!). Un gran bell’esempio di uomo di scienza che è cosciente che, senza Dio, nulla è possibile. Dracula morirà, ma ci sarà anche il sacrificio di qualche protagonista. Ma per annientarlo, il gruppo dovrà recarsi in Transilvania ed è proprio lì, nella terra del vampiro, terra aspra e impenetrabile, che termina la battaglia. Il pronipote di Stoker, Dacre, ha scritto il seguito di Dracula: Undead, gli immortali (Dracula: the Undead) pubblicato nel 2009. La storia si ambienta a Londra nel 1912 e la protagonista è la contessa Elizabeth Báthory, vampiressa assetata di sangue, sulle tracce dei protagonisti che uccisero, venticinque anni prima, Dracula. Elizabeth è una bella donna accompagnata da due sue scagnozze, anch’esse vampiresse, forse ancora più spietate di lei. Gli omicidi che la contessa compie sono orribili e il volto dell’assassino non è ancora ben definito a Sco-
tland Yard (si pensa che dietro questi brutali assassini ci sia Jack lo Squartatore). In questo seguito, ci saranno altre vittime, in primis il dottor John Seward; ma un nuovo protagonista entrerà a far parte di questa storia: il figlio di Jonathan e Mina Harker, Quincey Harker. Quincey sta studiando legge a Parigi, ma il suo sogno è di fare l’attore, passione che il padre non condivide. Vittima indiretta, Quincey (nome che i suoi genitori gli danno per ricordare il loro amico texano) conoscerà la verità della sua famiglia e verrà a sapere di chi egli è veramente figlio. Dacre vuole dare anche un tributo al prozio Bram facendogli recitare la parte che gli appartiene: quella dello scrittore del romanzo Dracula. Anche Dracula farà la sua comparsa nelle vesti di un attore di gran fama, Basarab, intenzionato a dare la caccia alla contessa Elizabeth e ad eliminarla. Personalmente, il seguito non mi è piaciuto. Dacre, secondo me, stravolge tutta la storia di Bram trasformando i protagonisti in creature deboli, indecise, senza polso, arrendevoli, sconvolte. Forse, l’unico ad avere una valenza diversa qui è proprio Quincey che, però, non vuole togliersi i paraocchi pur cono-
scendo la verità. Se qualcuno è interessato, a Milano, alla Triennale, fino a marzo 2013 (tranne ulteriori proroghe) è in mostra “Dracula e il mito dei vampiri” per celebrare il centenario della scomparsa di Bram Stoker (19122012). Posso concludere col dire che Bram Stoker è stato un grande e solo i grandi possiedono quel dna del genio che permette loro di creare veri e propri capolavori. Le storielle da quattro soldi lasciamole ai mediocri. Ermelinda Tomasi Continua...
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IL GENIO DELLE “DANY&DANY” www.danyanddany.com - http://danianddany.blogspot.it
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othic Manga all’italiana: Daniela Orrù e Daniela Serri, in arte le “Dany&Dany”, sono due autrici di fumetti che da tanti anni disegnano e scrivono le loro storie insieme. Sono delle pioniere italiane del Global Manga, o Manga Occidentale. Con tanto coraggio hanno affrontato le difficoltà e la diffidenza che l’Italia riserva a coloro che portano stili nuovi e innovativi. E ce l’hanno fatta.
Oggi continuano a lavorare sulle loro opere, dai tratti un po’ nipponici e dal sapore gotico e vampiresco, ma collaborano anche con altri autori come illustratrici. Hanno aperto uno studio tutto loro a Cagliari (dove organizzano anche dei corsi di fumetto) e pubblicano le loro opere in tutta Italia, in Germania e negli Stati Uniti. M.P.: Come è iniziata la vostra avventura e come è nato il vostro stile?
D&D: Fin da piccolissime preferivamo i cartoni animati nipponici a tutti gli altri: trovavamo che i disegni fossero più espressivi e le storie più coinvolgenti. Prima ancora dell’avvento dei manga nelle fumetterie italiane, noi già disegnavamo manga senza neanche essere a conoscenza della loro esistenza. Nel 2002 è iniziata la nostra avventura ‘professionale’, quando la casa editrice italiana Echo Communication, ci contatto’ per proporci di realizzare delle graphic novel per una collana a fumetti a tema yaoi. Accettammo subito, anche perché non ci fu posto alcun limite riguardo allo stile di disegno. La proposta era a dir poco rivoluzionaria! La Echo pubblico’ i nostri primi due fumetti: “La luna nel pozzo” e, un anno dopo, “Eikon”. Purtroppo, come spesso accade alle piccole produzioni, la Echo dovette chiudere i battenti di lì a poco. Decidemmo quindi di provare ad autoprodurci e di percorrere una strada indipendente: così pubblicammo “Lemnisca”, l’episodio pilota di una serie a tema vampiri. Il nostro lavoro fu subito notato da un’altra casa editrice italiana, la Indy Press, la quale ci contatto’ per proporci di
realizzarne una serie. Anche in questo caso, nessun paletto riguardo allo stile e il nostro entusiasmo salì alle stelle! Dopo sei mesi di lavoro anche la Indy Press dovette chiudere, ma noi non ci siamo mai arrese e abbiamo continuato per la nostra strada! A livello personale, invece, la nostra avventura trova origini nella nostra amicizia, quando abbiamo scoperto di avere non solo la stessa passione per il fumetto, che coltivavamo già da anni ognuna per conto proprio, ma anche uno stile di disegno dall’estetica molto simile. Da lì, la decisione di unire le forze per fare della nostra passione un mestiere è arrivata quasi spontaneamente. M.P.: Che difficoltà vi si sono presentate qui in Italia quando cercavate di far pubblicare i vostri lavori? D&D: La solita diffidenza degli editori italiani verso uno stile di disegno di ispirazione nipponica, diffidenza con cui ancora ci ritroviamo a dover fare i conti anche se, per fortuna, in misura minore. Non capiamo chi storce il naso al pensiero di un autore italiano che disegna in stile giapponese... Sarebbe come criticare un chitarrista italiano che suona Metal o Rock, per-
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ché non segue la tradizione ‘Sanremese’ della canzone italiana. All’inizio qualunque editore italiano davanti al nostro portfolio diceva sempre la stessa cosa: “Si’, brave. Ma è troppo manga. Provate magari a cambiare stile.” Naturalmente non ci è mai passato neanche per l’anticamera del cervello di seguire questo consiglio. E la nostra caparbietà alla fine è stata premiata. Se oggi i nostri lavori vengono pubblicati negli Stati Uniti e in Germania è proprio grazie al nostro stile. Un altro enorme ostacolo è la prassi tutta italiana di non riconoscere agli autori il giusto compenso per il loro lavoro; questo è un discorso generale che tocca tutti i fumettisti a prescindere dallo stile. M.P.: Quando sono arrivati i primi riscontri positivi e le soddisfazioni frutto del vostro duro lavoro? D&D: I riscontri da parte del pubblico sono arrivati da subito, fin dalle prime fiere del fumetto a cui abbiamo partecipato. Ma la nostra prima soddisfazione professionale arriva dagli Stati Uniti nel 2008, quando un’importante Convention di Anime e Comics, l’Anime Central di Chicago, ci ha invitate come ospiti d’onore: siamo state le prime esponenti del cosiddetto “Global Manga” negli USA ad avere un ricono-
scimento ufficiale di questo tipo!! M.P.: Dove sono pubblicati oggi i vostri fumetti? D&D: In Italia, Stati Uniti e Germania. Nel tempo, abbiamo lavorato con case editrici come Yaoi Press, Tokyopop, Edizioni BD e Cursed Side. La maggior parte dei nostri titoli è distribuita solo negli USA e in lingua inglese, ma per chi ci segue dall’Italia è possibile trovarli tutti su amazon, sia nella versione cartacea che digitale per Kindle. M.P.: Qual è l’opera che vi è rimasta nel cuore? D&D: Questa è una domanda davvero difficile. Ognuna a modo suo ha segnato un momento particolare della nostra vita e della nostra crescita, quindi è impossibile dare una risposta secca. Dal punto di vista creativo, però, possiamo dire che la serie gotico-vampirica “Dàimones” finora ci ha forse coinvolte maggiormente, perché a differenza delle altre nostre graphic novels, che sono tutte autoconclusive, questa ha una storia articolata in più volumi che ci ha permesso di dar vita ad un vero e proprio universo. M.P.:Attualmente a cosa state lavorando? D&D: Siamo impegnate su due fronti: da una parte stiamo lavorando a “Prima Lux”, il secondo
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volume della serie di “Dàimones” (il primo volume è uscito per Edizioni BD, col titolo “Ex Tenebris”); dall’altro, stiamo realizzando le illustrazioni per la serie di romanzi fantasy “Iskìda della terra di Nurak”, scritti da Andrea Atzori e editi da Condaghes. Si tratta della prima saga fantasy tutta made in Sardinia, ispirata al background nuragico e a miti e leggende della nostra terra, un progetto a cui teniamo moltissimo. M.P.: Piccolo spoiler di qualche progetto all’orizzonte? D&D: Nell’immediato futuro continueranno ad esserci Dàimones e
Iskìda. Mentre per quando riguarda eventuali novità, per scaramanzia preferiamo non dire gatto finché non l’abbiamo nel sacco. ^_Maura Pilleri (Kahindra Cosplay) Redazione Cosplay OnAir
Ogni mercoledì dalle ore 20.20 in FM ed in streaming su
Radio Dimensione Musica
www.radiordm.it/live
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“EURHOPE - IMAGES FROM THE FUTURE 2013” www.eurhope.net
La seconda edizione del concorso di illustrazione per l’Europa patrocinato quest’anno dall’European Illustration Forum.
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uesto è un Concorso che promuove e facilita la partecipazione dei giovani artisti, aperto ai residenti dei 50 stati del continente europeo. Il tema di quest’anno è “EurHope – Immagini dal Futuro - Abitare il mondo: città, architettura, paesaggi umani” ... Immaginare è il primo passo per costruire ... Le mostre dei lavori selezionati andranno a Genova presso il Palazzo Ducale (4-12 maggio 2013) e a Milano presso WOW – Museo del Fumetto e dell’Illustrazione. La seconda edizione di “EurHope – concorso europeo di illustrazione” si presenta rinnovata e con diversi nuovi partner. Bandita in queste settimane sul sito www.eurhope.net (dove si trovano le informazioni ufficiali del concorso in 5 lingue), la seconda edizione scade il 2 aprile 2013, data entro la quale bisogna spedire le opere in concorso. EurHope è il concorso di illustrazione di “SMACK! Fiera del Fumetto e dell’Illustrazione” di Genova che lo sostiene. Lo scorso anno la mostra di “EurHope” a Palazzo Du-
cale e “SMACK!” al Porto Antico hanno avuto complessivamente, tra area a pagamento e gratuita, circa 7000 visitatori portando, tra gli altri risultati, a Genova oltre 200 “notti” in albergo. Quest’anno i due eventi, mostra del concorso e fiera, si svolgono in date
diverse. La prima mostra di “EurHope” si svolgerà a Genova, Palazzo Ducale, dal 4 al 12 maggio e conterrà anche altre mostre di illustrazione mentre “SMACK!” si svolgerà al Porto Antico il prossimo 25 e 26 maggio. “Molte sono le novità e le suggestioni di questo
concorso con il quale vogliamo partire dal mondo dell’arte e dell’immaginazione coinvolgendo nell’opera di promozione e costruzione dell’iniziativa altri settori.” - Dice Enrico Testino, ideatore dell’iniziativa - “Il tema di quest’anno verte sull’architettura, le città, i pae-
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Palazzo Ducale di Genova
saggi costruiti dall’uomo per... abitare il mondo. L’Architettura, le costruzioni umane, il territorio umanizzato è il tema di quest’anno. Le opere architettoniche, le case, le città nascono dalla fantasia e arrivano a configurare i luoghi e le costruzioni dove l’uomo abita. Una delle caratteristiche del concorso si conferma l’idea dell’immaginazione al servizio del futuro e vuole promuovere idee, immagini, opere su temi che partono dall’Europa.” Si parte quindi ancora dalla fantasia, dall’estremo bisogno oggi di immaginare il futuro. Futuro che dopo essere nato nel mondo umano dell’immaginazione può diventare
Vilnius Art Academy
realtà come, ad esempio, accade chiaramente in architettura. Si dà spazio e si esorta quindi la capacità di immaginare architetture e città future, visioni grafiche e fantastiche che possono dare suggestioni importanti a chi progetta come solo la libertà espressiva sa fare. Il mondo dell’Architettura entra nel progetto con l’Università di Architettura di Genova e la Fondazione Labò. Il tema generale, il futuro dell’Europa, sembra aver suscitato interesse sia in diverse realtà associative, del mondo del fumetto e dell’illustrazione che in diverse città e istituzioni d’arte. Il punto centrale del concorso sono i giovani eu-
ropei dei 50 stati del continente per i quali vengono offerte tutte le facilitazioni possibili per la partecipazione. Infatti la partecipazione al concorso è gratuita, sono previsti per i 3 vincitori spese per il viaggio e per i visti o permessi Il sito e il bando vengono tradotti in più lingue (per ora sul sito presentazione del concorso e regolamento in italiano, tedesco, inglese, francese, lituano). Tra le grandi novità di quest’anno il Patrocinio dell’Europeam Illustration Forum. Altri enti che entrano quest’anno in EurHope sono l’ Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova (Genova), Associazione Casa Russa Arti Erzia (Genova, Carrara, Parigi, Mosca), D.A.M.S. – Università di Genova. Laurea Triennale delle Discipline delle Arti e dello Spettacolo (Imperia), Fondazione Mario e Giorgio Labò – Centro di Ricerca sulle trasformazioni urbane e territoriali, rivista “Scuola di Fumetto” (Roma), “Università di Genova – DSA Dipartimento Scienze Architettoniche”, “Vilnius Academy of Art”, “WOW – Spazio Fumetto”, “Museo del Fumetto, dell’Illustrazione e dell’Immagine Animata” (Milano). Anche la promozione dei vincitori e dei selezionati viene curata con attenzione prevedendo le
prime due mostre a Genova, nel prestigioso Palazzo Ducale e a Milano al Museo del Fumetto e dell’Illustrazione. La mostra genovese conterrà anche alcune personali di diversi illustratori. Con tutte queste novità, dopo la buona partecipazione della prima edizione (118 partecipanti da 9 paesi europei) pari ad altri tra i migliori concorsi italiani, EurHope si propone di essere uno dei concorsi europei di illustrazione al servizio dei giovani artisti. “EurHope” si rivolge ai cittadini del continente europeo per contribuire a un confronto e a una innovazione culturale che vada oltre il cammino e le rappresentazioni “istituzionali” del vecchio continente e che contribuisca all’arricchimento reciproco delle diverse identità culturali in cammino in Europa. Il Concorso “EurHope” è il concorso di SMACK! – Fiera del Fumetto e Illustrazione di Genova, bandito e organizzato da Enrico Testino in partnership con International Comics con il patrocinio di: - Associazione Illustratori Italiana (Milano); - European Illustration Forum; - Comune di Genova. E in collaborazione con: - Accademia Ligustica di Belle Arti di Genova (Genova);
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1° premio 2012: Nicolò Carozzi
- Alliance Française de Gênes (Genova); - Associazione Casa Russa Arti Erzia (Genova, Carrara, Parigi, Mosca); - Associazione Lingua Madre (Genova); - Banano Tsunami eventi; - D.A.M.S. – Università di Genova. Laurea Triennale delle Discipline delle Arti e dello Spettacolo (Imperia); - Defence For Children Italia (Genova); - Ellequadro Documenti Archivio Internazionale Arte Contemporanea; - Fondazione Cultura Palazzo Ducale (Genova); - Fondazione Mario e Giorgio Labò – Centro di Ricerca sulle trasformazioni urbane e territoriali; - Fondazione Regionale per la Cultura e lo Spettacolo (Genova); - Goethe Institute Genua (Genova); - Porto Antico s.p.a. (Ge-
2° premio 2012: Gärtner Lilli
nova); - rivista Scuola di Fumetto (Roma); - Università di Genova – DSA Dipartimento Scienze Architettoniche; - Vilnius Academy of Art; - WOW – Spazio Fumetto. Museo del Fumetto, dell’Illustrazione e dell’Immagine Animata (Milano). Il concorso 2013 in breve La nuova edizione di EurHope – Immagini dal Futuro ha come titolo da illustrare: “EurHope – Immagini dal Futuro - Abitare il mondo: Città - architetture - paesaggi umani”. Si rivolge ancora agli under 35 residenti nei 50 stati europei individuati. I 3 vincitori avranno: - premio in danaro di 1.500, 1.000, 500 Euro. Fino a 200 Euro di rimWOW Spazio Fumetto
3° premio 2012: Francesca Vignaga
borso spese per viaggio e/o spese di visto e documenti, ospitalità per 1 notte in albergo a Genova successiva alla cerimonia di premiazione - i 3 vincitori e selezionati avranno: mostra a Palazzo Ducale, Genova, dal 4 al 12 maggio 2013, a “WOW – Museo del Fumetto e Illustrazione” di Milano e mostre successive da individuare con rete organizzatrice. - i vincitori, i selezionati e i meritevoli avranno: pubblicazione su sito del concorso, sito di “SMACK!”, pagina su FB, pagina su “VK”. Le spese del concorso, dell’organizzazione, dei premi, della prima mostra a Palazzo Ducale a Genova sono sostenuti da SMACK! – Fiera del Fumetto e dell’Illustrazione di Genova. La giuria è composta da autorevoli esperti del mondo dell’illustraizone, dell’arte, del fumetto espressi da alcune delle diverse realtà che collaborano al concorso: Presidente - Ferruccio Giromini. Membri della giuria (in
ordine alfabetico): - Mario Benvenuto (Accademia Ligustica Belle Arti Genova); - Luigi F. Bona (WOW Museo del Fumetto e Illustrazione di Milano). Presidente di WOW; - Luca Boschi (autore - disegnatore – giornalista); - Daniela Brambilla (Istituto Europeo di Design); - Mirko Credito (SMACK! Fiera Fumetto e Illustrazione di Genova). Grafico, pubblicitario; - Paolo D’Altan (Associazione Illustratori). Illustratore; - Paola Gambaro (Università di Genova / Dipartimento di Architettura – Fondazione Labò); - Rimvydas Kepežinskas, Jolita Liškevi ien (Vilnius Art Academy). Enrico Testino
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“STORIE DI CONFINE” PER BENEFICENZA www.terrediconfine.eu - www.negoziofree.com/wildboar
E’
disponibile all’acquisto on line, per l’editore WildBoar, “Storie di Confine”, l’antologia di
racconti brevi fantasy promossa dall’Associazione Culturale “Terre di Confine”, il cui ricavato verrà devoluto all’ON-
LUS “Medici senza Frontiere”. 55 racconti scritti da autori esordienti e autori già noti ai patiti del Fantasy italiano. L’antolo-
Titolo: STORIE DI CONFINE Autore: Aa/Vv. - Editore: WildBoar edizioni Pagine: 300 - Prezzo: € 20.00 - ISBN: 9788895186238
gia ospita anche 15 illustrazioni realizzate da illustratori di gran nome e da esordienti, mentre Diramazioni - Illustration and Design ha regalato la splendida immagine di copertina. “Storie di Confine” è nata dall’intento comune dei suoi curatori di fornire un aiuto concreto a chi assiste i sofferenti della Terra senza distinzioni di alcun genere. L’antologia ha visto convergere gli sforzi di tanti creativi della scrittura e dell’illustrazione, più e meno noti, tutti uniti dalla voglia di trasformare la propria creatività in un atto concreto per un fine benefico. Come tema conduttore abbiamo scelto il ‘confine’, inteso sotto ogni possibile accezione e da rendere in chiave fantastica. È stato un lungo cammino quello che ci ha portato sin qui, ma abbiamo ancora molta strada da percorrere. Ora, tutti noi, abbiamo l’occasione di superare insieme un nuovo limite e far incontrare la creatività fantastica e il mondo del volontariato umanitario. “Storie di confine” si può acquistare presso lo shop on line WildBoar. Solo per gli acquisti effettuati entro il mese di gennaio, non si pagheranno le spese di spedizione. Oltre che sullo shop on
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line WildBoar, il libro si potrà trovare solo alle presentazioni che effettueremo durante il 2013. Maggiori informazioni a riguardo seguiranno. Dalla quarta di copertina L’idea è nata nel 2011: osservavamo il mondo che si mobilitava a seguito delle molteplici crisi
che avevano visto impegnate in prima linea varie associazioni, capaci di fornire assistenza alle vittime di conflitti, ai terremotati/irradiati di Fukushima, ai migranti sbarcati a Lampedusa... mentre noi vi assistevamo fermi davanti ai nostri monitor. Cosa può
fare, ci siamo chiesti, chi non opera sul campo ma sulla tastiera di un pc? La soluzione si è materializzata nell’idea di concretizzare la nostra passione, realizzando qualcosa che parlasse di un problema di fondo comune a molte di quelle situazioni che ci trova-
vamo a osservare: i Confini. Ecco quindi la raccolta di racconti fantastici “Storie di Confine”, ideata e realizzata al fine di fornire un aiuto a Medici Senza Frontiere. TdC Staff
“I RACCONTI DEL LABORATORIO” www.nerocafe.forumfree.net
U
n anno del Premio Nero Lab, sul forum di Nero Cafè, ha visto confrontarsi decine di autori fino a selezionare sedici racconti di genere giallo, noir e thriller. Tra i finalisti di ogni edizione del concorso è emerso un vincitore, eletto ogni mese da una grande amica dell’associazione: Barbara Baraldi. Ora che la raccolta è stata finalmente composta e la nostra Barbara si è occupata della prefazione, è con orgoglio che vi presentiamo I Racconti del Laboratorio, sedici storie sospese fra il terrore e il mistero, che ci parlano dei mali dell’anima, di follie celate e spietate vendette, d’amore e odio condensati nelle forme immobili di un cadavere, di torbide storie e criminali dalle molte facce, di assassini a volte improbabili e a volte spietati, di esperimenti al limite dell’in-
cubo. Esperimenti, come quelli avvenuti nel Lab. Il Laboratorio, appunto, da cui hanno avuto origine i racconti che leggerete. Tutto questo vi aspetta tra le pagine del libro. Cogliamo l’occasione per
ringraziare Barbara Baraldi per la sua enorme disponibilità e con orgoglio annunciamo di averle conferito la nomina di Socio Onorario Nero Cafè. Questi, invece, i nomi
degli autori selezionati, in ordine di selezione temporale: Sergio Donato, Lorenzo Marone, Isabella Recchia, Miller Gorini, Alessandro Mascherpa, Ilaria Tuti, Tina Caramanico, Grazia Gironella, Diego Di Dio, Roberto Bommarito, Irene Vanni, L. Filippo Santaniello, Enrica Aragona, Simona Carlini, Stefano Riccesi, Bruno Elpis. Per la maggior parte si tratta di autori emergenti, anche se alcuni hanno già pubblicato delle opere, ma ciò che li accomuna non è tanto questo, quanto una grossa abilità narrativa che non mancherà di trascinarvi nelle loro storie. Il libro è disponibile in prevendita, fino al 31 gennaio, a soli € 10,00, spese di spedizione incluse. Entra nello store per acquistare le copie. Daniele Picciuti
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“ART OF FIGHTING” www.gamesearch.it
D
opo il parziale insuccesso di “Fatal Fury” pare non esserci modo di contrastare “Street Fighter II” che continua ad essere il titolo più gettonato nelle sale giochi. Eppure nel 1992 la SNK decide che con “Art Of Fighting” (“Ryuko No Ken” in oriente) è finalmente giunto il momento di ritentare la scalata al vertice del genere picchiaduro uno-controuno. IL PUGNO DEL DRAGO E DELLA TIGRE Ancora una volta teatro della vicenda saranno i borghi e i locali di Southtown (già conosciuti in Fatal Fury). Ryo Sakazaki (detto “Il Dragone Invincibile”) e Robert Garcia (soprannominato “La Tigre Possente”) sono
vare Yuri, la giovane sorella di Ryo improvvisamente scomparsa da casa. Questa è in sostanza la storia di “Art Of Fighting” che si svilupperà ogniqualvolta sconfiggeremo uno dei loschi combattenti che ci separano dall’enigmatico Mr. Karate.
entrambi discepoli della scuola Karate Kyokugen. Nonostante la rivalità in ambito sportivo tra i due
esiste un profondo legame, una sincera amicizia che si rivela fondamentale per ritro-
QUEI DUE MI RICORDANO QUALCUNO... La modalità Single Player offre la possibilità di impersonare soltanto i due protagonisti, Ryo e Robert i quali, se si esclude l’aspetto esteriore, sono praticamente identici sia nello stile di lotta che nell’esecuzione delle tecniche speciali (per questo motivo ricordano molto Ryu e Ken, personaggi simbolo del celebre picchiaduro della Capcom). L’unico modo per selezionare gli altri lottatori è sfidare un amico; nella modalità due giocatori è infatti possibile utilizzare anche gli antagonisti di Art Of Fighting. Il picchiaduro targato SNK (creato per le console Neo Geo) sembra quindi partire col piede sbagliato ma una volta iniziato a giocare ci si rende conto di trovarsi di fronte a qualcosa di particolare (soprattutto per gli standard di allora): gli sprites di notevoli dimensioni e gli sfondi di buona fattura generano un ot-
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nità vanno però usate con cautela poiché ci lasciano privi di difesa per alcuni secondi. Art Of Fighting è inoltre il primo picchiaduro a permetterci di eseguire (completando un particolare bonus stage) una “Super mossa speciale” in grado di danneggiare seriamente l’avversario con un solo colpo. Come se non bastasse è possibile lanciare un potentissimo “Attacco Disperato” qualora restassimo con meno del 25% di energia vitale e la barra dello spirito ancora intatta.
timo impatto estetico impreziosito dal frequente effetto zoom della telecamera che si avvicina o allontana a seconda della distanza fra i due lottatori. Altra caratteristica degna di nota è l’aspetto dinamico dei combattenti: durante ogni scontro sui volti compariranno ferite e contusioni, effetto finora mai usato in un altro pic-
chiaduro. Unica nota dolente al lavoro grafico sono le animazioni piuttosto esigue che rendono i movimenti alquanto scattosi. Le innovazioni di questo gioco non si fermano al lato esteriore: Art Of Fighting porta una ventata di aria fresca al genere introducendo la Rage Gauge, una “barra dello spirito” (posta sotto
l’energia vitale di ciascun personaggio) che si esaurisce con l’utilizzo delle mosse speciali. La Rage Gauge rende quindi gli scontri più strategici in quanto limita l’abuso delle tecniche più devastanti. Premendo gli appositi tasti si può comunque ricaricare la nostra barra oppure diminuire quella dell’avversario; queste opportu-
Art Of Fighting è un titolo che ha contribuito a rinnovare il genere introducendo caratteristiche ancora in uso nei picchiaduro odierni. Le scarse animazioni e un sistema di controllo talvolta impreciso (soprattutto nella gestione dei colpi deboli e forti) minano in parte il gameplay che non riesce a reggere il confronto con Street Fighter II. Gli effetti speciali e un buon character design hanno comunque permesso a Art Of Fighting di ritagliarsi una buona fetta di consensi non solo tra gli estimatori della SNK. Art Of Fighting è stato in seguito convertito (con le dovute proporzioni) su Sega Mega Drive, Super Nintendo, PC Engine e riproposto sulla Virtual Console del Nintendo Wii. Francesco Di Iorio
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ALLA RISCOPERTA DI “JUDGE DREDD” Gruppo su Facebook: I FUMETTI SONO UNA COSA SERIA!
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n un ipotetico 21esimo secolo la natura dell’applicazione della legge comincia a cambiare. Le grandi città hanno cominciato a inglobarsi l’una nell’altra, finchè l’intera costa Est degli Stati Uniti è divenuta un unico agglomerato chiamato Mega City One. Anche la Costa Ovest la segue a breve, creando l’agglomerato Mega City Two, insieme alle più grandi città del mondo. L’alta densità di popolazione unita all’alta disoccupazione, dato che molti lavori sono compiuti da robot, fanno alzare esponenzialmente il tasso di criminalità. Per far fronte a questa impennata la polizia e la giuria vengono inglobati in un’unica figura, il giudice che ha il potere di catturare, giudicare ed, eventualmente, eseguire la
sentenza di morte, molto velocemente. Poi una grande guerra nucleare, avviata dal presidente degli Stati Uniti, devasta il pianeta, ma le Mega City, dotate di sofisticate tecnologie anti-missile, so-
pravvivono, riportando danni minimi. I giudici condannano il presidente Booth al carcere, congelandolo all’interno di Fort Knox, e prendono de facto il potere su ciò che è rimasto dell’America.
Sulle Mega-City, però, si riversano coloro che sono scampati alle radiazioni e chi, a causa di queste, ne è stato mutato, rendendo la situazione ancora più difficile. Il giudice quindi diventa più duro, dovendo affrontare una situazione ormai esplosiva e avendo il compito di tenerne il controllo e mantenere la pace. I giudici vengono allevati a questo compito fin da bambini, e addestrati ad usare ogni mezzo per evitare che qualsiasi potenziale minaccia mandi la Città fuori controllo e visto l’alto grado di logoramento che questo compito comporta hanno cominciato ad usare cloni dei migliori giudici del passato. Uno di questi cloni sarebbe diventato il migliore di tutti, il Giudice Dredd. Molti conoscono questo personaggio solo per il film del 1995 interpretato da Sylvester Stallone e da poco altro, ma in realtà il Giudice ha una carriera editoriale abbastanza lunga. Il Giudice Joe Dredd esordisce nel lontano 1977, nel secondo numero della rivista di fantascienza a fumetti 2000 AD. Questo titolo antologico contribuì in seguito a diffondere anche altri personaggi come il futuristico avventuriero Halo Jones, il cacciatore
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stificare le sue efferatezze e finisce per “legalizzare” gli assassinii e le uccisioni che questo “eroe” va compiendo. Il compito di caratterizzare il personaggio dal punto di vista grafico fu affidato a Carlos Ezquerra, un artista spagnolo che aveva già lavorato per Mills, su “Weekly Immagine Battle”. Wagner diede a Ezquerra una locandina del film di Death Race 2000, che mostra il personaggio Frankenstein (interpretato da David Carradine), vestito di pelle nera su una moto, come suggerimento di quello che il personaggio sarebbe do-
di taglie Johnny Alpha, e Sam Slade. 2000 AD ha anche contribuito a lanciare la carriera di grandi nomi del fumetto mondiale come Alan Moore, Grant Morrison, Kevin O’Neill, Brendan McCarthy, e Neil Gaiman. Per quanto riguarda Judge Dredd, il personaggio è stato ideato dallo scrittore John Wagner, dall’editor di 2000 AD Pat Mills, e dal disegnatore Carlos Ezquerra, e fu pensato come un assurdo poliziotto duro e dal grilletto facile, una sorta di “Dirty Harry” del futuro, ma portato alle estreme conseguenze. Dredd è infatti incorruttibile, deter-
minatissimo e micidiale, si sposta a cavalcioni del suo Lawmaster 5000 bimobile, con il capo protetto da un casco dallo studiato design che ne cela lo sguardo, la mano sempre pronta a impugnare il Law-giver, una micidiale pistola super accessoriata, “tarata” sulle sue impronte digitali e fa rispettare la legge in un mondo sconvolto dalle radiazioni e popolato da mutanti di ogni genere. Il suo aspetto è impressionante, con un casco dotato di visiera ad alta tecnologia, spallacci sporgenti, armatura ultraresistente e, nelle mani, solo armi letali. L’essere “giudice”, pretende di giu-
vuto esser simile. Ezquerra elaborò il personaggio partendo da lì e aggiungendo armatura, cerniere e catene, che Wagner aveva inizialmente pensato per rendere Dredd sopra le righe. Dopo alcuni tentativi di stesura della prima avventura del Giudice, però, Wagner decise di lasciare, deluso che una proposta di acquisto del nuovo fumetto da un’altra casa editrice (che avrebbe dato a lui e Mills una partecipazione maggiore finanziaria nel fumetto) era andata fallita. Mills era riluttante a lasciare “Judge Dredd” e
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decise di sviluppare la serie co alcuni scrittori freelance, sperando di sviluppare ulteriormente personaggio e ambientazione. Il racconto scelto per introdurre il personaggio fu stato presentato da Peter Harris, e ampiamente riscritto da Mills e disegnato da nuovo arrivato, Mike McMahon. La striscia ha debuttato nel n° 2, ma Ezquerra, arrabbiato che un altro artista aveva disegnato la prima storia pubblicata, lasciò tutto e tornò a lavorare per il “Battle”. Wagner, presto restituito al personaggio, cominciò a scrivere a partire dal numero
9. La sua trama “Robot Wars” fu disegnata a rotazione da un gruppo di artisti (tra cui Ezquerra), e segnò il momento in cui Dredd divenne il personaggio più popolare del fumetto inglese, una posizione che ha raramente lasciato da allora. Il personaggio è apparso in quasi ogni numero della rivista, la maggior parte delle storie scritte da Wagner (in collaborazione con Alan Grant tra il 1980 e il 1988). Dal 1990 Dredd ha una testata tutta sua, il Giudice Dredd Megazine. Con Wagner concentrato sulla nuova testata, le avventure di Dredd su 2000
AC, sono state lasciate a giovani scrittori come Garth Ennis, Mark Millar, Grant Morrison e John Smith, ma i loro sforzi furono premiati, e le vendite diminuirono tanto che Wagner tornò a scrivere il personaggio a tempo pieno nel 1994. “Judge Dredd” è stato pubblicato anche in una lunga striscia a fumetti (1981-1998) del Daily Star, e brevemente su Metro a partire da gennaio 2004 - 2005. Le strip sono state create generalmente dagli stessi team creativi della testata principale e le strisce Daily Star sono state raccolte in una serie di volumi. Gli anni novanta segnano una svolta per il Giudice. Infatti nel 1994 “sbarca” in USA. La DC Comics, infatti comincia a pubblicare una versione alternativa di “Judge Dredd”, che va avanti fino al 1996, della durata di 18 numeri. La continuity e la storia sono diverse sia dalla versione originale apparsa su 2000 AC e che dal film del 1995. Una delle principali differenze è che il capo giudice Fargo, ritratta come incorruttibile nella versione originale, è stato descritto come il male nella versione DC. La maggior parte dei plot sono stati scritti da Andrew Helfer, ma l’ultimo numero è stato scritto da Gordon Rennie, che nel frattempo ha scritto il
giudice Dredd per il 2000 AD. La DC pubblica anche il crossover “Giudizio su Gotham”, con protagonista Batman, ma qui ha il Dredd è quello originale, non la versione descritta nella serie DC. Come detto nel 1995 viene alla luce il film “Dredd: la legge sono io”, di Danny Cannon, interpretato oltre che da Stallone anche da Max Von Sidow, Armand Assante, Jurgen Prochnow Rob Schneider e Sean Chen. Il film è un flop, la storia non funziona, manca di logica oltre che di verosimiglianza, ed è così scoperta nelle sue poche motivazioni e nelle sue tesi che fin dalle prime scene si sa già quello che accadrà e come si risolverà. Malgrado lo spettacolo ci sia, le scenografie avveniristiche fanno colpo, le citazioni di tutti i film apocalittici e fantascientifici precedenti, da ‘Guerre Stellari’ in poi, ripropongono schemi ulteriori di facile successo il film non convince. Nonostante il flop, vista la popolarità del personaggio, è uscito un altro film su Dredd, nel 2012 in USA, diretto da Pete Travis e interpretato tra gli altri da Karl Urban, Andile Mngadi, promette di essere più vicino al personaggio e finora ha riscosso un discreto successo. Alfonso Verdicchio
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4° PREMIO LETTERARIO “KATARIS” www.galacticon.it - www.galaxyclub.org
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n occasione delle manifestazioni nazionali “Galacticon” e “Ferrara Fantascienza & Games”, il Comitato Organizzatore bandisce il quarto Premio di Letteratura Fantascientifica “Kataris”. Il Concorso Nazionale di Letteratura Fantascientifica “Kataris”, istituito nel 2010 dall’associazione culturale USS ARECIBO e dal Comitato Organizzatore della Galacticon (manifestazione di Battlestar Galactica), si pone come primario obiettivo quello di valorizzare la creatività degli scrittori che vogliono cimentarsi con questo genere di letteratura. Il nome del concorso è stato scelto in onore del poeta immaginario originario di Caprica, che nella serie Battlestar Galactica è autore della raccolta “Il sogno del poeta” (A Poet’s dream). Dal 2012 il concorso è organizzato in collaborazione con l’Associazione Culturale Galaxy e si divide in due categorie: 1a categoria/BSG - Racconto ambientato nell’universo di Battlestar Galactica; 2a categoria/Fantascienza - Racconto a tema fantascientifico. I racconti vincenti per ogni categoria e i migliori racconti pervenuti, saranno pubblicati nella seconda raccolta del
premio Kataris. Per maggiori informazioni riguardo la partecipazione al concorso vi invitiamo a navigare nella pagina “Contest” del sito della manifestazione Galacticon www.galacticon.it e il sito www.galaxyclub.org. REGOLAMENTO È bandito il 4° Concorso Letterario “Kataris”, per racconti di argomenti ispirati al mondo della fantascienza e per racconti ambientati nella serie di Battlestar Galactica. REQUISITI I racconti dovranno avere i seguenti requisiti: 1) lunghezza minima 10.000 e massima 50.000 caratteri (spazi inclusi); 2) carattere tipografico Times corpo 12, senza elementi personalizzanti (cornici, disegni o altro), con interlinea singola; 3) i dialoghi vanno inseriti tra virgolette “ ” e il punto che conclude la frase inserito all’interno (esempio: “Quell’uomo è un genio.”); 4) il formato da usare è esclusivamente .doc, i documenti andranno salvati nominando il file nel seguente modo: TITOLO-
RACCONTO-NOMEAUTORECATEGORIA.doc (esempio: titolo-diegobortolozzofantascienza.d oc); 5) devono esser scritti in lingua italiana; 6) devono essere inediti, mai pubblicati, nemmeno on-line; 7) ambientati nel mondo ricreato dalla serie Battlestar Galactica, o a tema fantascientifico in generale; 8) sono ammessi un massimo di due (2) racconti per autore, per ogni genere (in totale massimo 4 racconti); 9) devono essere accompagnati da una dichiarazione d’inediticità inviata nel corpo dell’e-mail: “Il sottoscritto/a dichiara di essere l’unico autore e proprietario dell’opera inedita iscritta al Premio e ne autorizza la pubblicazione sul sito della manifestazione GALACTICON, sul sito dell’Associazione Culturale Galaxy e nell’antologia del concorso.” Le opere che non saranno accompagnate da tale dichiarazione, non saranno accettate. Per partecipare al concorso è necessario inoltre scri-
vere nell’email e nel file del racconto i propri dati anagrafici; 10) tutti i racconti che non rispetteranno i requisiti saranno esclusi dal Premio senza nessun preavviso. SPEDIZIONE VIA POSTA ELETTRONICA All’indirizzo di posta elettronica: info@diegobortolozzo.com inserendo nell’oggetto dell’e-mail la dicitura “4° Premio Letterario di Fantascienza Kataris”. Il materiale deve giungere entro e non oltre il 31 luglio 2013. Nel mese di settembre 2013 saranno resi noti i finalisti per ogni categoria. A conferma della ricezione del file, verrà sempre spedita un’email da parte dell’organizzazione. IMPORTANTE Le opere non saranno restituite e resteranno di esclusiva proprietà della U.S.S.ARECIBO, dello staff della GALACTICON, del Battlestar Galactica Italian Club e dell’Associazione Culturale Galaxy fino al 31 Dicembre 2013. Saranno valutate dalla Giuria (i cui membri non possono partecipare al concorso che sono chiamati a giudicare) che potrà, a suo insindacabile e inappellabile giudizio, anche decidere di non as-
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segnare il premio. DIRITTI D’AUTORE Gli autori, partecipando al concorso e accettato il presente regolamento, cedono alla U.S.S.ARECIBO, allo staff della GALACTICON, al Battlestar Galactica Italian Club e all’Associazione Culturale Galaxy il diritto di pubblicazione (in caso di vincita o piazzamento) sugli omonimi siti e/o sulle pubblicazioni cartacee e/o digitali senza aver nulla a pretendere come diritto d’autore. I diritti sui racconti sono e rimangono di proprietà dei singoli Autori. RICONOSCIMENTI I vincitori per ogni categoria e i migliori racconti
saranno pubblicati in un’antologia del concorso e sui siti del Battlestar Galactica Italian Club e dell’Associazione Culturale Galaxy, anche in versione ebook. PREMIAZIONE I vincitori saranno premiati in occasione della manifestazione “Galacticon” e/o “Ferrara Fantascienza & Games” che si svolgerà presso il Teatro Boldini, nella città di Ferrara. Se impossibilitati a partecipare riceveranno il premio direttamente a casa. SCADENZA I lavori devono giungere entro e non oltre il giorno 31 luglio 2013.
Non saranno accettati i lavori giunti oltre questa data. PARTECIPAZIONE La partecipazione al Concorso Letterario “Kataris” è aperta a tutti. QUOTA DI PARTECIPAZIONE Non è richiesta nessuna quota di partecipazione né tassa di iscrizione. GIURIA La Giuria, il cui giudizio è insindacabile e inappellabile, è formata da componenti dell’Associazione Culturale USS Arecibo e dell’Associazione Culturale Galaxy.
possono essere visionati nella pagina “Contest” del sito della Galacticon all’indirizzo www.galacticon.it. RECAPITI COMITATO ORGANIZZATORE GALACTICON Recapiti a disposizione di quanti desiderino un contatto formale con il C.O. del Premio Letterario o con lo staff organizzatore della Galacticon su www.galacticon.it e www.galaxyclub.org. G Staff
I PREMI La lista dei premi o degli attestati di partecipazione
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FANTATRAILERS: CLICCA SULLE IMMAGINI TARANTOLA Titolo originale: Tarantula Produzione: Universal International Pictures. USA - 1955 Produttore: William Alland Durata: 80 minuti Regia di Jack Arnold Sceneggiatura: Robert M. Fresco, Martin Berkeley Musiche: Henry Mancini, Herman Stein Cast: John Agar, Mara Corday, Leo G. Carroll, Nestor Paiva, Ross Elliott, Edwin Rand, Raimond Bailey, Hank Patterson, Bert Holland, Steve Darrell, Dee Carroll, Edgar Dearing, Don Dillaway, Clint Eastwood. Testo tratto dal lato B del DVD prodotto dalla Golem Video: Il dottor Matt Hastings (John Agar), medico di una cittadina nel deserto dell’Arizona, si trova a indagare sulla strana morte di un uomo affetto da una rara malattia, l’acromegalia. Le indagini lo portano al laboratorio dove uno scienziato, il professor Gerard Deemer (Leo G. Carroll), compie ricerche su una sostanza nutriente che dovrebbe eliminare la fame nel mondo, assistito dalla giovane dottoressa Stephanie Clayton (Mara Corday). Lo scienziato è brusco e poco collaborativo, ma tutto nasce da lì: un ragno reso gigante dalla sostanza supernutriente è fuggito, liberato dall’uomo morto di acromegalia. Il film è noto per essere considerato l’esordio cinematografico di Clint Eastwood.
L’INCREDIBILE HULK Titolo originale: The incredible Hulk, the movie. Produzione: Universal Pictures, Marvel Entertainment. USA - 2008 Durata: 107 minuti circa Regia: Louis Leterrier Sceneggiatura: Zak Penn Musiche: Craig Armstrong Fotografia: Peter Menzies Jr. Montaggio: Rick Shaine,Vincent Tabaillon, John Wright Cast: Edward Norton, Liv Tyler, Tim Roth, William Hurt. Testo tratto dal lato B del DVD della Universal Pictures: In questa storia esplosiva, che racconta le avventure di uno dei più popolari supereroi di tutti i tempi, l’azione ruota intorno alla ricerca di una cura per una furia estrema ed incontrollabile: l’incredibile Hulk. Lo scienziato Bruce Banner (Edward Norton) vive nell’ombra attraversando il mondo alla ricerca di un antidoto, inseguito dai militari che vorrebbero trasformare i suoi poteri in arma e tormentato dal desiderio di stare vicino all’unica donna che abbia mai amato, Betty Ross (Liv Tyler). Il brillante dottore è braccato da un mostro feroce e implacabile, Abominio, adrenalina e aggressività pura, con poteri pari a quelli di Hulk. Tra i due si scatenerà una battaglia di proporzioni epiche che minaccerà di annientare l’intera città di New York!
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Q IL SERPENTE ALATO Titolo originale: Q The winged serpent Produzione: Arkoff International. USA - 1982 Durata: 92 minuti circa Regia: Larry Cohen Prodotto da: Larry Cohen Sceneggiatura: Larry Cohen Fotografia: Fred Murphy Montaggio: Armond Lebowitz Musica: Robert O. Ragland Cast: Michael Moriarty, Candy Clark, David Carradine, Richard Roundtree. Testo tratto dal lato B del DVD della Stormovie: Un serpente alato volteggia sulla città di New York. Dapprima scettici, gli agenti Sheppard e Powell cominciano, poi, a prestare fede alle testimonianze di coloro che asseriscono aver visto la mostruosa creatura, simile, nella descrizione, a Quetzalcoatl, il serpente piumato della mitologia azteca. Qualunque sia l’origine del mostro - Shepard crede che sia stato risvegliato da veri e propri sacrifici umani inizialmente scambiati per efferati delitti di un maniaco omicida - si tratta, adesso, di individuarne il nascondiglio e di ucciderlo...
BROOD - LA COVATA MALEFICA Titolo Originale: The brood Produzione: Claude Heroux per New World Picture, USA - 1979 Durata: 92 minuti Regia e sceneggiatura: David Cronemberg Musiche: Howard Shore Fotografia: Mark Irvin Montaggio: Alan Collins Architetto - Scenografo: Carol Spier Cast: Oliver Reed, Samantha Eggar, Art Hindle, Henry Beckman, Nuala Fitzgerald, Cindy Hinds, Susan Hogan. Testo tratto dal lato B del DVD prodotto e distribuito dalla 5° Piano: Una donna (Samantha Eggar), vittima di gravi problemi psichici viene ricoverata in una clinica gestita da un dottore (Oliver Reed) inventore di una terapia d’urto denominata “psicoplasma”. La donna sposata e con una figlia, vive costantemente segregata. Durante la sua degenza vengono commessi orrendi crimini ai danni di persone legate alla vita affettiva della donna. Quando anche la bambina scompare, il marito decide che è arrivato il momento di indagare privatamente: si troverà di fronte ad una realtà spaventosa...
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“HOTARUBI NO MORI E” http://nihonexpress.blogspot.com
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otarubi no mori e” è un mediometraggio del 2011, diretto da Takahiro Omori e tratto dall’omonimo manga in volume unico di Yuki Midorikawa, pubblicato nel 2003. Hotaru trascorre ogni anno le vacanze estive in un villaggio di montagna, presso uno zio. Dopo essersi persa nel bosco durante un’esplorazione solitaria, la bambina incontra uno spirito di nome Gin, dalle fattezze umane e col volto coperto da una maschera di volpe, che la aiuta a tornare sulla strada di casa. A quel primo incontro ne seguiranno molti altri: Hotaru infatti torna ogni giorno nel bosco per pas-
sare il tempo con Gin, e tra loro si instaura una profonda amicizia che, estate dopo estate, si trasforma in qualcosa di più. Una verdeggiante foresta fa da sfondo alla tenera amicizia tra una ragazza e uno yōkai su cui incombe una maledizione che gli impedisce di avere un contatto fisico con gli umani, pena la sparizione. Proprio questa impossibilità a sfiorarsi, mentre emotivamente si è sempre più vicini, è il tema portante di un lavoro non eccelso dal punto di vista tecnico, ma decisamente toccante. Le atmosfere sono quelle di una fiaba positiva, ma velata di una lieve malinconia che permea ogni scena, che si amplifica a ogni ripetizione del ciclo
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di incontro e distacco tra i due personaggi principali. La distanza è centrale nella storia dei protagonisti: distanza spaziale per i nove mesi in cui Hotaru vive in città e frequenta la scuola, distanza fisica anche quando è insieme a Gin a causa dell’incantesimo che il Dio della Montagna gli ha fatto. Nonostante le circostanze affatto comuni, i sentimenti di Hotaru sono quelli di una normale adolescente innamorata e i suoi desideri sono paragonabili a quelli di qualunque ragazza alle prese con i primi struggimenti del cuore. Ciò che commuove è il
modo in cui la ragazza e lo yōkai riescono ad essere felici della semplice presenza dell’altro, anche se sanno che settembre porterà a una nuova separazione e che potranno solo sognare di abbracciarsi. Un finale prevedibilmente strappalacrime chiude l’infanzia di Hotaru, che la custodirà come il più prezioso dei ricordi: l’ora di diventare adulti prima o poi arriva per tutti, ma solo chi non dimentica i giorni spensierati della fanciullezza può preservare la parte più importante di sé. Elena Gabrielli
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CRISI DEL LIBRO E MENTALITA’ DI PROFITTO www.futureshock-online.info
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a crisi del libro non conosce, oggi, frontiere e, se in Italia si manifesta in modo più eclatante, tuttavia è presente anche in altre nazioni, tra cui gli Usa. Anch’essi infatti devono affrontare la scarsa propensione dei giovani alla lettura. Si legga il saggio di Ursula K. Le Guin Perché gli americani hanno paura dei draghi? (Why Are Americans Afraid of Dragons?, 1974), compreso nel volume che raccoglie gli scritti critici della scrittrice Il linguaggio della notte1. La paura dei draghi Per la Le Guin sono tre i fattori che spingono moltissimi americani a rigettare non solo la narrativa fantastica, ma la narrativa in genere. Il primo dei tre
fattori è l’etica puritana del lavoro. Leggere Guerra e pace o Il Signore degli Anelli ovviamente scrive l’autrice di La mano sinistra delle tenebre - «non è un “lavoro”; lo si fa per piacere. E se non può essere giustificato in quanto “istruttivo” e “utile per migliorare”, allora, nel sistema di valori puritano, può soltanto essere indulgenza verso se stessi o evasione dalla realtà»2. Piuttosto ironiche le considerazioni della Le Guin sul secondo fattore di rifiuto della narrativa di qualsiasi genere: la mentalità di profitto. Per l’uomo d’affari, tutto è subordinato alla logica del guadagno. La lettura di Tolstoj o di Tolkien non gli porta una lira in tasca. Una tale perdita di
tempo va bene per l’insegnante di lettere, perché è pagato proprio per leggere i libri. Tutt’al più l’uomo d’affari potrà concedersi, di tanto in tanto, la lettura di qualche best-seller «non perché sia un buon libro, bensì perché [...] ha fatto soldi [...] e leggendolo egli può partecipare, un poco, del potere e del mana del suo successo»3. Il terzo fattore è quello più decisivo. Scrive Ursula Le Guin: «L’ultimo elemento, quello sessuale, è più complesso. Spero che non mi si giudicherà sessista se dico che, secondo me, all’interno della nostra cultura questo atteggiamento contrario alla narrativa è fondamentalmente maschile. Il ragazzo, l’uomo ameri-
cano, è comunemente costretto a definire la propria virilità attraverso il rifiuto di certi tratti, di certi doni e potenzialità umani, che la nostra cultura definisce “femminei” o “infantili”. E uno di questi doni o potenzialità è, in parole moderate, l’assolutamente sostanziale facoltà umana dell’immaginazione»4. Immaginazione e fantasia Purtroppo, è difficile cambiare una simile mentalità, frutto di filosofie obsolete ma dure a morire, come quella di Giorgio Hegel, al quale si deve la teorizzazione della distinzione, tuttora vigente, tra “immaginazione” e “fantasia”: la prima è semplicemente riproduttiva e serve all’uomo co-
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mune, la seconda è creatrice ed è appannaggio esclusivo del poeta (l’artista). Insomma, come scrisse Gianni Rodari, «la fantasia in serie A, l’immaginazione in serie B...»5. La Le Guin se ne rende conto: «Vedete, io credo che qui siamo di fronte a una cosa terribile: un cittadino lavoratore, responsabile, integerrimo, una persona matura e istruita, che ha paura dei draghi, e ha paura degli hobbit, ed è spaventato a morte dalle fate. È comico, ma anche terribile. Qualcosa è andato nel verso completamente sbagliato»6. È dunque destinata a cadere nel vuoto l’esortazione a leggere narrativa fantastica facendo leva
sul fattoRachele che essaMasi serve a dare gioia e divertimento oppure ad approfondire la propria comprensione del mondo, dei propri simili, dei propri sentimenti e del proprio destino. Resta, tuttavia, nella Le Guin, la convinzione che l’adulto non è un bambino che ha cessato di vivere, ma un bambino che è sopravvissuto, e che nel bambino ci sono tutte le migliori facoltà dell’essere umano maturo: esse vanno, perciò, incoraggiate e non represse, pena il rischio di storpiare la personalità dell’adulto. In particolare, va coltivata l’immaginazione: «Credo che tutte le facoltà migliori di un essere umano esistano nel bambino, e che, se tali fa-
coltà sono incoraggiate nella giovinezza, agiranno in modo buono e saggio nell’adulto, ma, se saranno represse e negate nel bambino, storpieranno la personalità dell’adulto e ne arresteranno lo sviluppo. Infine io credo che una delle qualità più profondamente umane, e umanitarie, tra queste, sia il potere dell’immaginazione: cosicché è nostro gradito dovere, come bibliotecari, come insegnanti, genitori, scrittori, o semplicemente adulti, incoraggiarla a crescere liberamente, a fiorire come verde alloro [...]. Perché il fantastico è vero, naturalmente. Non è reale, ma è vero. I bambini lo sanno. Anche i
grandi lo sanno, ed è proprio per questo che molti di loro hanno paura del fantastico»7. Da schiavi a robot? Un concetto analogo aveva espresso un paio di secoli fa il poeta-filosofo Federico Schiller nelle sue Lettere sull’educazione estetica dell’uomo: «L’uomo gioca unicamente quando è uomo nel senso pieno della parola, ed è pienamente uomo unicamente quando gioca». Che non sia questa la via da seguire per evitare il pericolo paventato da Erich Fromm in Psicoanalisi della società contemporanea: «Il pericolo del passato era che gli uomini diventassero schiavi. Il
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pericolo del futuro è che diventino robot»? Antonio Scacco ____________ NOTE 1
U. K. LE GUIN è nata a Berkeley, in California, nel 1929. Il suo vero cognome è Krober, essendo figlia dell’antropologo Alfred Kroeber, noto per i suoi studi sugli Amerindi; ma in arte ha preferito quello del marito, professore di storia francese all’Università di Potland, dove l’Autrice vive. I suoi romanzi più importanti sono: La mano sinistra delle tenebre (The Left Hand of Darkness, 1969), I reietti dell’altro pianeta (The Dispossesed, 1974) e la trilogia del Mago di Earthsea. Il saggio qui citato è compreso nel volume che raccoglie gli scritti critici dell’Autrice, Il linguaggio della notte, Editori Riuniti, Roma, 1986, pp. 33 - 39.
2 U. K. LE GUIN, Perché gli americani hanno paura dei draghi?, op. cit., p.34. Si tenga presente che per la Le Guin non c’è una netta differenza tra fantasy e fantascienza, anzi quest’ultima è una «forma moderna, intellettualizzata, ed estroversa della fantasy» (p. 113). Diversa è la nostra posizione (cfr. Immaginario di fantascienza e fantastico, in “Future Shock” 12, marzo 1994, pp. 27 - 30). 3 Ibidem, p. 34. Per la Le Guin, l’immaginazione, anche se intesa come libero gioco della mente, non esclude la disciplina: «Direi che la disciplina dell’immaginazione in realtà può essere il metodo o la tecnica fondamentale sia dell’arte che della scienza» (p. 35). 4 Ibidem, pp. 34-35. 5 G. RODARI, Grammatica della fantasia, Einaudi, Torino, 1983, p. 168. 6 U. K. LE GUIN, op. cit., pp. 36 - 37. 7 Ibidem, p.38.
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RYAR CULTURA PRESENTA “BANZAI”! www.facebook.com/banzairyar - www.ryar.net
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l mondo è in continua evoluzione. La comunicazione È l’evoluzione del mondo. E grazie ad internet abbiamo avuto la possibilità di conoscere nuove realtà come forum, blog, community, web tv (youtube su tutti) e, come nel nostro, web radio. La trasmissione radiofonica via Internet è il modo più semplice per diffondere un proprio
programma. Bastano pochi click per ascoltare una radio sul web, ma soprattutto ne bastano pochissimi per crearne una propria. La radio via Web ha notevoli vantaggi: arriva in ogni angolo del mondo con una spesa irrisoria, è semplice da realizzare e gestire. È per questo che ad incrementare questo affascinate mondo nasce nel gennaio del 2012 Ryar
Cultura, un’associazione senza scopo di lucro dal desiderio di dar voce ai numerosi artisti emergenti, che non trovano spazio per esprimersi. Grazie a Ryar WebRadio, la radio on line dell’associazione, l’intento iniziale si è evoluto fino a coinvolgere giornalisti, critici, scienziati, attori, sognatori e tecnici, che hanno arricchito di temi e discussioni interessanti i
contenuti dei programmi e consentito l’ampliamento del palinsesto dell’emittente. Tra i molteplici programmi che arricchiscono l’interessante palinsesto “webfonico” spicca “BANZAI!”, programma ideato da Andrea Graziano e condotto in diretta dall’irriverente e scatenato duo composto dalle voci di Francesca Flati e Andrea Follo. Lo scopo del team di Banzai è quello di far conoscere, ad appassionati e non, un po’ tutte le sfaccettature del Giappone dal punto di vista culturale e musicale, dando spazio a tutti gli amanti del “paese del sol levante” di fornire notizie, musica, curiosità ed eventi e facendoli partecipare in prima persona alla trasmissione tramite interviste in diretta ed interventi sulle nostre pagine facebook e sul sito web. “Banzai” è trasmesso in diretta su www.ryar.net tutti i martedì alle 18:30. Sono tutti invitati ad intervenire direttamente sulla pagina ufficiale di facebook all’indirizzo www.facebook.com/banzairyar o chiamando il numero 06.92.95.63.25. Per chi si fosse perso le vecchie puntate, potete trovare i podcast su iTunes o sul sito di Ryar WebRadio nella sezione del programma Banzai. Ryar Staff
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TV CLASSICS: “LE AVVENTURE DI MARCO POLO”
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anime del 1979/80 si compone di 43 episodi ed è tratto liberamente da “Il Milione”, un volume di ricordi, appunti di viaggio e nozioni storiche stilato nel 1285 circa dallo stesso Marco, sulle sue avventure in Oriente. Siamo nel 1271 a Venezia, il diciassettenne Marco si prepara ad intraprendere un importante e faticoso viaggio diretto a Est a bordo di un veliero con destinazione l’Asia in
compagnia dello zio Matteo e del padre Niccolò, mercante. La storia televisiva, valida in termini di sceneggiatura, si distacca dal testo originale, ma rende giustizia al canovaccio di base, mettendo in evidenza il risvolto avventuroso, elemento di maggiore presa sul giovane pubblico. Il protagonista è tratteggiato in maniera semplice ma veritiera: un giovane in cui è possibile immedesimarsi con facilità. Nel periodo storico de-
Titolo originale: Animation kikou – Marco Polo no bouken (Il libro di viaggio animato le avventure di Marco Polo) Sceneggiature: Mitsuru Kaneko, Mitsuri Majima, Soji Yoshikawa Storyboard:Yoshiaki Kawajiri Character designer:Akio Sugino Direzione dell’animazione: Akio Sugino, Katsumi Aoshima, Kazuo Tomizawa, Shigemitsu Koshiba,Yoshiaki Kawajiri Direzione artisica: Setsuko Ishizu Regia generale: Osamu Dezaki Produzione: M.K./ Mad House/ NHK (1979 - 80) Episodi: 43
scritto, durante il quale l’uomo volgeva sempre più di frequente lo sguardo a terre ignote e lontane, si compivano le prime scoperte e diverse teorie obsolete venivano confutate, la figura di Marco mostra quanto le capacità e l’ambizione dell’uomo di ricercare la conoscenza riescano a oltrepassare i confini di nuovi paesi. I rischi, le insidie sono insite nella natura del viaggio, ma la fermezza, la caparbietà e la ragione, la gioiosa smania di guardare avanti e di favorire la novità contribuiranno all’esito dell’impresa. Il ragazzo veneziano ci porta verso “nuovi orizzonti”, metafora di tutti quelli inesplorati che ognuno conserva e a volte nasconde dentro di sé, invitandoci a scoprirli, vivendo appieno con tanto coraggio e voglia di imparare. Attraverso il desiderio di scoperta ci si istruisce e ciò che si è appreso si trasforma in un bagaglio di esperienze. Queste ultime, negative o positive, così come gli errori, rappresentano le basi da cui l’essere umano si sviluppa, migliora e si perfeziona. Questo serial vuole comunicare che la cognizione di realtà di mondi così diversi e distanti dal nostro non potranno che arricchirci, completarci e aprirci al
prossimo. L’opera solleva, inoltre, il tema del “viaggio” alludendo anche e soprattutto a quello interiore, notoriamente assai presente e caro agli anime. Sulla falsa riga del viaggio in Cina, le molteplici esperienze che Marco ne ricaverà, torneranno utili alla sua maturazione come navigatore e come uomo. Le animazioni e il disegno si mostrano curati per un prodotto seriale e il duo Akio Sugino al character designer e Osamu Dezaki alla regia, noti anche per Rocky Joe e Jenny la tennista, non si smentiscono nemmeno in questa occasione dando prova di buon gusto. Il collaudato taglio registico di stampo espressionista di Dezaki è anche stavolta sinonimo di qualità. Lo staff annovera un quasi esordiente Yoshiaki Kawajiri nel settore del disegno, futuro nome di grande risonanza legato a diversi anime a venire targati Mad House, casa di produzione della serie. Le soluzioni grafiche adottate appaiono, forse, un po’ datate ma ancora d’effetto, così come l’intero comparto grafico: straordinario, soprattutto cromaticamente. Il più significativo motivo d’interesse tecnico-registico è da ricercarsi nella compresenza di immagini e riprese live inserite negli episodi, alcune di queste
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girate anche in Italia, che generano un inusuale cartone animato affine a un documentario. Invero il risultato si presenta a tratti grezzo e didascalico, ma nell’insieme è accattivante e funziona. Questo tipo di inserimenti costituiscono un espediente molto caro ai giapponesi che in questo frangente allarga l’insieme e non sovraccarica la visione dell’episodio, caratterizzando inoltre l’intero anime rivestendolo di una seria aderenza storica e di approfondimento. Distribuita dalla Distel International, la
serie giunge in Italia nel 1982 su Retequattro e altre reti locali supportata da un ottimo doppiaggio e da una sigla di testa e una di coda eseguite dagli Oliver Onions. “L’Oriente di Marco Polo” è il titolo del brano d’apertura italiano, sigla decisamente evocativa, epica e coinvolgente quanto basta per costituire un’introduzione perfetta ad ogni episodio. “Marco Polo” è stato trasmesso una sola volta da noi e mai più riproposto a causa di controversie legali circa i diritti per le sequenze dal vero, a
quanto pare mai pagati dalla Mad House, impedendo sia le repliche che un’ edizione home video. Malauguratamente tale condizione non sembra ancora oggi trovare una soluzione. E’ con vero rammarico constatare come un prodotto così interessante, che comunque rende onore alla Storia con il tocco tipicamente giapponese di un grande staff, precipiti lentamente nel dimenticatoio e non abbia la possibilità di essere conosciuto dalle nuove generazioni. In rete circola ben poco materiale a ri-
guardo. Sia per il tipo di soggetto trattato, poco frequentato dai giapponesi, sia per la confezione, l’anime rientra a pieno titolo fra le migliori serie del periodo: didattica e formativa ma non pesante, dotata di una ricostruzione storica discreta e di una grafica preziosa e graffiante. Confidiamo in uno celere sblocco delle questioni legali per poter riassaporare con Marco il suo memorabile e affascinate viaggio nel misterioso Oriente. Fabio Cassella
TESTO: - L’Oriente di Marco Polo Marco Polo ti porta tra vele, mercanti e orizzonti blu Marco Polo ti aspetta per darti una fetta di mondo in più Marco Polo per gioco può darti ben poco se fermo stai ma se hai un po di coraggio con Marco quel viaggio anche tu farai
DOPPIA SIGLA TV ITALIANA -------------------------Questa serie ha ben due sigle: una di apertura ed una finale. Interpreti: Oliver Onions Testo: Franca Evangelisti Musica e arrangiamento: Stelvio Cipriani Edizioni musicali: Cabum / Bandem Etichetta e produzione: Kangaroo Team Records Distribuzione: RCA Durata: 3’46” Anno: 1981
Marco Polo che in oriente se ne và Marco Polo la tua vita cambierà l’Oriente non è più la favola per te l’Oriente è un mondo che puoi scoprire da te - Marco Polo Marco Polo è ritornato è tornato dall’oriente e ritrova la sua gente che lo ama sempre più
Marco Polo che in oriente se ne và Marco Polo la tua vita cambierà l’Oriente non è più la favola per te l’Oriente è un mondo che puoi scoprire da te
Marco Polo è ritornato è tornato dal suo viaggio ma ritroverà il coraggio di partire ancora
Io che sogno a occhi aperti cammelli e deserti che vuoi di più? Marco Polo ti aspetta per darti una fetta di mondo in più Marco Polo per mare ti svela i tesori del Kublai Khan per la via della seta con Marco alla meta tu arriverai
Volerà con il suo veliero tornerà chi lo sa? Troverà terre misteriose che non ha non ha visto mai... mai!
Marco Polo che in oriente se ne và Marco Polo la tua vita cambierà l’Oriente non è più la favola per te l’Oriente è bello se Marco Polo è con te
Marco Polo esploratore ha passato anche il deserto con il rischio ha un conto aperto Marco mai lo pagherà
Marco Polo per gioco può darti ben poco se fermo stai ma se hai un po di coraggio con Marco quel viaggio anche tu farai Marco Polo che in oriente se ne và Marco Polo la tua vita cambierà l’Oriente non è più la favola per te l’Oriente è un mondo che puoi scoprire da te
Volerà con il suo veliero tornerà chi lo sa? Troverà terre misteriose che non ha non ha visto mai... mai!
Marco Polo ti porta tra vele, mercanti e orizzonti blu Marco Polo ti aspetta per darti una fetta di mondo in più Marco Polo per gioco può darti ben poco se fermo stai ma se hai un po di coraggio con Marco quel viaggio anche tu farai
Marco Polo è ritornato è tornato dall’Oriente e ritrova la sua gente che lo ama sempre più Marco Polo è ritornato è tornato dal suo viaggio ma ritroverà il coraggio di partire ancora lui
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DOMENICO MARTINO E LA SUA ARTE
http://nessunaretedisponibile.blogspot.it - http://visioniorfiche.blogspot.it
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iao a tutti! Chi vi scrive è Domenico Martino nel giorno del suo ennesimo compleanno che, accettando il gentile invito, si presenta ai lettori di JAPANIMANDO dalle sconfinate colline del Chianti Fiorentino! Sono da sempre appassionato di fumetto, fino da infante, leggendo inizialmente i vari Topolino, Braccio di Ferro e fumetti U.S.A. Marvel e DC. Ho deciso a un certo punto di provare a fare fumetti per lavoro, e mi sono diplomato alla Scuola Internazionale di Comics di Firenze nel 2010. Diciamo che è solo dal diploma in poi che ho
davvero iniziato a cercare una certa strada artistica, sperimentando vari generi e stili, finchè un bel giorno dalla mia testa
sono usciti due personaggi insulsi e senza la minima traccia di materia grigia: essi sono il-tiziopelato e il-tizio-col-berretto-di-lana, i due protagonisti delle strisce di N.R.D.-NESSUNA RETE DISPONIBILE. La serie, che definirei umoristica/satirica/demenziale, attualmente pubblicata sul blog http://nessunaretedisponibile.blogspot.it/, prese vita quasi per caso nell'ottobre del 2011, prendendo spunto per la prima striscia dal temporaneo stop del sito Wikipedia.it, dopodichè ne è uscita una nuova a settimana. Devo ammettere che una serie rimasta per un mesetto senza nome con personaggi senza nome potrebbe non instillare tanta fiducia, però l'idea è proseguita ed è riuscita a raccogliere un po' di fedeli proseliti. Nel 2012, proprio con tali
strisce, ho vinto il contest indetto dalla ARPANet e la stessa casa editrice ha pubblicato un volume contenente le prime 40 strips più qualche speciale. Il volume è acquistabile on-line dallo store dell'editore. Sempre nel 2012 ho creato una serie di vignette intitolata Smart Ages, che verrà pubblicata su Pindolo, App per iPhone e iPad sviluppata da Yed28, e che in questi giorni sta uscendo anche in formato iBook. Nonostante mi stia “specializzando” in fumetto umoristico (o presunto tale) la mia vera passione è l'orrore, il macabro, in tutte le sue forme artistiche, che si tratti di film, di libri, di fumetti o di arte in genere. Questa passione, che spesso diventa per me ossessione, emerge in molte delle mie opere (passatemi il termine per buono) spesso caratterizzate dal bianco e nero, a china o a carboncino. Non disdegno però i colori, sia digitali che non, presenti in molti miei disegni più recenti. Le mie illustrazioni (se a qualcuno saltasse disgraziatamente in testa di volerle vedere) si trovano sul blog, http://visioniorfiche.blogspot.it/, che uso come portfolio digitale. Già, ormai il web è parte integrante della pubblicizzazione e della diffusione dei propri prodotti; che sia giusto o
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sbagliato, è un mezzo che a mio avviso va utilizzato anche perchè proprio sul web si stanno piantando i semi per un futuro fumettistico, con gli svariati web comics che stanno nascendo, e questa idea è supportata dal fatto che le case editrici hanno iniziato a prelevare da internet autori meritevoli e innovativi. L'esperienza del web comic non credo sia da sottovalutare: inizi
a importi determinati standard, ti dai delle scadenze, cerchi sempre e comunque di non deludere mai quella stretta cerchia di lettori che ti crei, scambi idee e opinioni con altri autori con cui internet facilita la conoscenza che, anche se virtuale, può portare a degli incontri durante le varie fiere del fumetto. Uno degli autori più incisivi nella mia formazione
è stato certo Frank Miller, che col suo noir mi ha piacevolmente traviato verso nuovi orizzonti narrativi e stilistici, anche se negli anni ho letto un po' di tutto: dai fumetti italiani ai manga, dai fumetti di supereroi ai fumetti francesi e belgi, attingendo e apprendendo da ogni autore e da ogni opera. Anche Ortolani resta una pietra miliare della mia cultura fumettistica, essendo il suo Rat-Man l'unica serie che seguo regolarmente. Mi sento di dire però che da un po' di tempo a questa parte traggo più ispirazione dal cinema che dal fumetto, specialmente per quanto riguarda la “regia” delle tavole che scrivo. Tra i registi per me più influenti ci sono certamente Tarantino, Rodriguez, Carpenter, Lynch, Cronenberg, Miike, Argento e Romero, maestri indiscussi di horror, thriller e altri film psicopatici, ma dall'altro lato, adoro anche film demenziali di nuova generazione come le commedie di Ben Stiller (Zoolander e Tropic Thunder), i film con Seth Rogen, Michael Cera, Jonah Hill & Co. Penso che N.R.D.-Nessuna Rete Disponibile venga fuori
dal malato connubio tra questi malati e lontanissimi filoni narrativi! Ringrazio ancora lo staff di JAPANIMANDO che mi ha dato l'opportunità di presentarmi a voi, sperando di non avervi tediato troppo! Sa passate dal blog, vi auguro una buona lettura! Domenico Martino
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“SHADOW OF THE COLOSSUS” www.isolaillyon.it
Qualcuno aveva sperato che in Sony potessero aver cambiato idea, ma per la terza volta riaffiorano notizie sulla trasposizione cinematografica di Shadow of the Colossus: vediamo insieme quali aggiornamenti ci porta la rete.
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isalgono ormai al giugno scorso le ultime informazioni sul progetto che dovrebbe segnare lo sbarco al cinema di “Shadow of the Colossus”, famoso videogioco per PlayStation 2 uscito nel 2006: un titolo che abbiamo amato, e che non siamo certi di voler vedere sul grande schermo. Ma ormai pare che ci sia ben poco da protestare: per Sony, il film
s’ha da fare. Fino a pochi mesi fa avevamo tra le mani
soltanto il nome del regista, Josh Trank (che ha diretto
“Chronicle”, e realizzerà un reboot de “I Fantastici Quattro”, in uscita nel 2015), tutt’ora confermato, ma non c’erano notizie riguardanti lo sceneggiatore. Al quanto pare, inizialmente il ruolo era stato affidato a Justin Marks, che in passato si è già occupato del mediocre “Street Fighter: La leggenda di Chun Li” (restando in tema di videogiochi). Sembra che Sony non sia stata positivamente colpita dal suo lavoro e deve averlo cacciato via, affidando il ruolo a Seth Lochhead, script writer del thriller del 2011 Hanna (e attualmente impegnato anche in “The Governess”, progetto segreto prodotto da Michael
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Bay), che lavorerà collaborando direttamente con Trank. Nonostante questo cambio, il film resta comunque ancora un’incognita, e come sempre soltanto il prodotto completo potrà farci dare un giudizio sul lavoro di Lochhead. Io resto dell’opinione che “Shadow of the Colossus” sia un videogioco impossibile da trasformare in un film senza modificarne
completamente il significato originale. Ciò non preclude la possibilità che riescano a tirare fuori comunque una bella storia fantasy. Per adesso queste sono le informazioni che abbiamo: niente data d’uscita, niente trailer, niente foto dal set, nulla. Aspettiamo impazienti, vi terrò ovviamente aggiornati. Radda & Kal
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“L’UOMO TIGRE, IL CAMPIONE”: IL MANGA www.mangame.it
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opo una travagliata pubblicazione da parte di Saldapress negli scorsi anni, finalmente il manga originale dell’Uomo Tigre (“Tiger Mask” il titolo giapponese) è tornato nella edicole italiane grazie a Planet Manga con una nuova traduzione, un prezzo molto più abbordabile e, si spera un po’ tutti, regolarità. Come dice giustamente Mattia Dal Corno nell’introduzione del primo volume, sono pochissimi quegli italiani adesso quarantenni, o quasi, che non ricordano le epiche gesta di un wrestler giapponese, protagonista di un cartone animato, che indossava la maschera di uno dei felini più feroci del creato e che rispondeva al nome di Uomo Tigre. Nato dalla creatività di Ikki Kajiwara alla sceneggiatura, già autore di “Kyojn No Hoshi” (“Tommy La Stella Dei Giants”), e di Naoki Tsuji ai disegni, la storia di Tiger Mask narra della vita di Naoto Date. Rimasto orfano, egli passa la sua fanciullezza in un orfanotrofio insieme ad altri ragazzi che condividono la sua situazione, il direttore Wakatsuki e i suoi due figli. Purtroppo, a causa di gravi problemi economici, giunge il giorno in cui l’orfanotrofio deve chiudere e ve-
dere assegnati ad altre strutture i propri ragazzi; per rendere la cosa meno gravosa, il direttore organizza una ultima gita allo zoo. Davanti alla gabbia delle tigri, i ragazzi vengono scherniti da un gruppo di bulli; Naoto non riesce a sopportare la cosa e si scaglia contro i bulli ferendoli. Poco dopo abbandona i suoi amici e compagni dicendo che sarebbe diventato forte come una tigre. Pochi istanti dopo incontra un emissario di “Tana Delle Tigri”, una società segreta che allena wrestler, selezionati tra ragazzi con particolari capacità e possibilmente orfani, al fine di trarre ricchezza dai loro guadagni. In tutto questo c’è un grandissimo problema: gli adepti della società segreta vengono istruiti con tecniche scorrette ed incoraggiati ad esprimere la parte più malvagia della loro anima perché in questo modo i loro incontri registreranno sempre il tutto esaurito. Passati dieci lunghi anni nella Tana Delle Tigri, Naoto è un giovane uomo ed un grande wrestler; visto che è stato uno dei migliori allievi ed ha una talento innato, gli viene concesso di usare proprio l’effige della tigre. Con addosso una maschera di tigre, inizia una serie di incontri di wrestling negli Stati Uniti
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d’America dove viene presto conosciuto con il nome di “Diavolo Giallo” per via del colore della sua pelle. Fattosi un nome, se così si può dire, rientra in Giappone dove torna nel suo orfanotrofio dove ritrova i fratelli Wakatsuki e una struttura quasi fatiscente e sull’orlo del baratro, nuovamente. Naoto aiuta i suoi amici pagando i loro debiti con una banda di yakuza ma si trova costretto a dar fondo a tutti i suoi soldi non potendo così onorare il patto che ha con Tana Delle Tigri, ovvero dare alla società segreta la metà dei suoi guadagni. Dopo un incontro viene raggiunto da
uno dei direttori, Mister X, che gli ricorda che la pena per il mancato pagamento è la morte ma che, vista la sua carriera sfavillante, viene graziato per una volta in via del tutto straordinaria. Sollevato per questa notizia, Naoto torna a trovare i suoi amici che lo informano che la somma che aveva gentilmente donato loro copriva solo metà del debito e degli interessi legati maturati negli anni. Naoto si trova con le spalle al muro perché vuole aiutare i suoi amici una seconda volta ma sa che la Tana Delle Tigri non lo avrebbe perdonato. Decide di seguire il suo cuore, salda il suo debito e si prepara ad affrontare i sicari che tenteranno di ucciderlo sul ring. Leggendo il primo numero di “Tiger Mask” mi sono sentito nuovamente un bambino con gli occhi sgranati di fronte alla televisione mentre scorrevano i disegni dell’Uomo Tigre sullo schermo. Può sembrare una cosa strana ma la sensazione è stata esattamente quella. Perché? Il motivo è semplice: Tiger Mask è, senza tanti giri di parole, una storia “eterna” che trascende l’epoca in cui è stata scritta; è una storia in cui il wrestling (o “lotta libera” come si diceva una trentina di anni fa) è sempre presente ma non è il sole intorno a cui i personaggi ruotano come gli otto pianeti del sistema solare; è una storia in cui
vi è tantissima umanità e i sentimenti dei personaggi dei personaggi sono descritti senza scendere nel patetico o nel banale. Naoto Date passa attraverso un profondo processo di crescita, sia fisico, che spirituale. Un bambino irrequieto, a causa della mancanza dei genitori, diventa un uomo nel corpo ma non ha un centro di riferimento né della sua vita né delle sue emozioni, a parte la violenza che deve somministrare ogni giorno ai suoi contendenti e che è costretto a subire dall’organizzazione che lo ha formato. Trovatosi di fronte al mondo in cui è nato e dove ha lasciato i suoi sentimenti, si trova a dover seguire il suo cuore e a prendere le responsabilità dell’età adulta cercando di sconfiggere la Tana Delle Tigri. In questo modo riesce finalmente a completarsi e riesce a portare sulle spalle il peso della sua decisione dimostrando così di essere finalmente maturato e di essere un adulto. I disegni di questo manga sono quelli tipici degli anni ‘60 giapponesi. L’eleganza del tratto di autori che si affacceranno sul panorama venti o trenta anni dopo manca ma c’è una grossa forza descrittiva. Mi sento di citare l’orfanotrofio in cui si svolgono tante vicende: cade a pezzi e leggendo si ha paura che ci possa cadere in testa un pezzo di intonaco o che una folata
di vento freddo entri da una finestra bucata. I retini, costosi all’epoca, vengono sostituiti con un tratteggio che in sé ha tutta la forza dell’autore. Le anatomie sono migliorabili e i personaggi sono divisi semplicemente tra “giovani” e “vecchi” tanto che lo stesso Naoto a volte non pare essere un giovane uomo ma un ragazzino un po’ troppo cresciuto. Però questi non sono difetti in senso stretto; sono semplicemente l’espressione che il manga era in una fase di grandissimo fermento artistico e di miglioramento che aveva già investito il comparto della sceneggiatura. Visto il costo di “solo” €4,50 a volume, io non posso che sentirmi di consigliare la lettura a tutti i fan dei manga di ogni età, anche a quelli che non amano il genere spokon. E’ una lettura forse non troppo rilassante vista la violenza che la permea ma lascia a tutti qualcosa di profondo. Mangame Staff
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TORNA “A QUALCUNO PIACE COSPLAY” 2013 www.aqualcunopiacecosplay.it - www.dimensionefumetto.it
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anca poco ormai al consueto appuntamento del piceno per tutti gli appassionati di cosplay, che grazie al clamoroso successo riscosso dalle prime due edizioni, nella giornata di Sabato 9 Febbraio 2013 si appresterà ad aprire le porte del Palazzo dei Capitani di Ascoli Piceno per la 3° edizione di A qualcuno Piace Cosplay – APC 2013. L’evento nasce grazie ad un’idea dell’Associazione Culturale “Dimensione Fumetto” (www.dimensionefumetto.it) gruppo nato nel 1994 come semplice club di appassionati di fumetto, gioco, animazione ed oggi diventato il punto di riferimento ascolano del settore che ha trovato come suoi partner la storica Associazione “Il Carnevale di Ascoli” (www.ilcarnevalediascoli.it) centro nevralgico dell’omonimo evento ed il Comune di Ascoli Piceno (www.comune.ascolipiceno.it). Ma cos’è il cosplay? Letteralmente è la contrazione di COStume PLAYer ovvero vestire i panni ed interpretare i propri personaggi preferiti estrapolati dal mondo del fumetto, animazione, gioco, cinema, videogiochi o da qualsiasi altra cosa che la fantasia ci suggerisca. L’abbinamento col Carnevale può risultare
antipatico e persino offensivo per l’etica del cosplayer ma solo se non si sa che nel Carnevale di Ascoli Piceno non ci sono né maschere storiche né balli né carri né roba del genere. Tutto il divertimento è basato sull’organizzazione di sketch recitati in costume in cui s’interpretano personaggi noti del luogo o della cultura pop: è quindi molto simile al cosplay. L’edizione di quest’anno, pubblicizzata anche nella rivista ufficiale di Lucca Comics&Games 2012 (www.luccacomicsandgames.com), sarà nuovamente ospitata nelle sale del Palazzo dei Capitani
posizionato nella nota Piazza del Popolo, cuore pulsante della città di Ascoli Piceno. Per l’occasione il palazzo cambierà il suo nome in Pala Cosplay e sarà interamente dedicato alla manifestazione. Come da tradizione la giuria del concorso sarà composta da artisti del mondo del cosplay e del doppiaggio, quest’anno avremo: Paolo La Manna – vincitore, insieme al fratello Francesco, del premio maggiore attinenza all’originale al World Cosplay Summit 2012 di Nagoya (video dell’esibizione:
http://youtu.be/bUir6IAb Cx0). Claudio Moneta – doppiatore di tantissimi personaggi di film, telefilm ed animazione... tra cui il grandioso Spongebob! (www.antoniogenna.net/d oppiaggio/voci/vocicm.ht m). Annamaria Quaresima – costumista ufficiale delle Winx, sarta, fotografa di abiti e socio fondatore dell’Associazione Fantasia, Sogno, Realtà (www.fantasiasognorealta.com). Giantymir – azienda specializzata in realizzazioni personalizzate, make-up, scenografie teatrali, carrozzerie, cosplay (www.giantymir.com) Naturalmente sarà garantito a tutti i partecipanti il servizio guardaroba e camerini dove potersi cambiare e preparare. Verranno anche messi a disposizione dei fotografi professionisti che già dalla mattina di sabato 9 Febbraio allestiranno per tutti i cosplayer che lo vorranno, set fotografici nel Palazzo dei Capitani, Piazza del Popolo ed altri pittoreschi scorci cittadini: i migliori scatti potranno poi essere premiati dalla FIAF (www.fiaf.net) partner del concorso fotografico del Carnevale di Ascoli Piceno. E non è finita qui! Da quest’anno l’evento ospiterà anche stand com-
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merciali di aziende italiane dedicate al mondo del cosplay, sarà quindi possibile acquistare accessori ed oggettistica per migliorare il proprio costume. L’evento sarà interamente gestito dallo Staff di Dimensione Fumetto coadiuvato dal gruppo Marche Cosplay (marchecosplay.forumfree.it) e dall’Associazione Radio
Incredibile (www.radioincredibile.com) che si occuperà della diretta streaming con la quale sarà possibile seguire l’intero svolgersi della kermesse attraverso la propria connessione internet. Presto sui nostri siti sarà disponibile il regolamento ufficiale del concorso ed il form per l’eventuale iscrizione online; sarà co-
munque possibile iscriversi anche di persona nella location della manifestazione. L’appuntamento è quindi fissato per SABATO 9 FEBBRAIO 2013 presso il Palazzo dei Capitani di Ascoli Piceno nella mattina per i set fotografici e nel pomeriggio a partire dalle 16:30 per il concorso cosplay A qualcuno Piace Cosplay / APC
2013. Info & contatti: www.aqualcunopiacecosplay.it www.dimensionefumetto.it www.ilcarnevalediascoli.it https://www.youtube.co m/user/dimensionefumetto video promozionali APC 2013 DF Staff
“SCOTTECS” CONQUISTA YOUTUBE www.shockdom.com
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l fumetto non interessa a nessuno? Chi l’ha detto? Simone “Sio” Albrigi, già famoso sulla piattaforma WEBCOMICS dell’editore Shockdom per le sue strip comiche (http://www.shockdom.c om/webcomics/scottecscomics/), è approdato su Youtube con un preciso intento: creare dei video usando l’universale linguaggio dei fumetti. L’esperimento è riuscito
benissimo, specialmente quando Sio ha deciso di abbinare alle canzoni più in voga del momento il traduttore automatico più famoso del Web: Google Translate. Questa scelta, esaltata dalla straordinaria verve comica di Sio, si è rivelata dirompente: già con il primo è stato raggiunto il milione di visualizzazioni in meno di un mese; ad oggi il canale Scottecs TV detiene, per appena sei video cari-
cati, l’invidiabile media di oltre 800.000 visualizzazioni. In meno di tre mesi il canale che ospita questi video (http://www.youtube.com/user/scottecs) è diventato uno dei più visitati sulla piattaforma di Google e perciò spesso capita di vedere in homepage proprio una delle ultime canzoni caricate dal fumettista Shockdom. Ciò è successo anche nella gior-
nata di oggi con la canzone “Party Rock Anthem in ITALIANO tradotta con Google Translate”, che in soli 2 giorni ha raggiunto le 80.000 visualizzazioni. Un ottimo inizio d’anno per Shockdom, quindi, i cui autori continuano a collezionare successi anche al di fuori della propria piattaforma. Shockdome Staff
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ALBUM Luciano Photography luciano.photography@yahoo.it
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