Dei giorni della mia mostra

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DEI GIORNI DELLA MIA MOSTRA Dei giorni della mia mostra è rimasto l’incompletezza ed il sapore acre della sconfitta. Riguardo i quadri appesi alle pareti come crocifissi: desiderio crudele di rinchiudere in una geometria assurda, pensieri che hanno voglia di volare. I pensieri, quel concentrato di pulsioni che impegnano la mente, quasi a contrastare il ritmo quotidiano, impediscono il dissolversi delle emozioni, lasciandoci contemplare i sogni. Riguardo quelle immagini indifese, crocifisse sulle pareti, immobili e tese a leggere le labbra o il silenzio o i sussurri sbigottiti degli osservatori, perch é loro hanno un’anima.. Noi restiamo fuori dalle loro emozioni. Le estrapoliamo le vomitiamo come non appartenessero ai nostri sentimenti.: rigurgito di cose mal digerite….. Ricordo quei quadri appesi alle pareti, senza ritegno, denudati, aperti alle osservazioni subdole degli osservatori imprudenti, capaci di sputare veleno sul rosso carminio o sul viola o sul nero profondo. Capisco la loro sofferenza e taccio per loro. Inseguo un pensiero benevolo, un soffio, un respiro che unifichi segni e pensieri. Mi accartoccio come loro, testimone di una assenza ingiustificata, a lottare per fare credere che la loro presenza non è casuale. E’ per questo che insieme lottiamo e viviamo nella speranza che qualcuno si fermi a dialogare. Speriamo che i segni possano incatenare l’anima, che luce e colore impregnino i sentimenti, illuminino la mente, strappino un grido, un cenno, un suono o un pianto.. Sono rimasto anch’io appeso alle pareti,in quei giorni. Quando hanno staccato i quadri dalle pareti; questi hanno lasciato un’ombra, un vuoto, suoni e lamenti. Le pareti sono forse i contenitori delle nostre forme, le gabbie delle nostre emozioni. Noi spesso ci scagliamo, con il peso del nostro corpo, contro il bianco assoluto dell’intonaco, buchiamo la trasparenza degli infissi, vaghiamo ruotando a 360 °, sperando di evadere da un circuito apparentemente aperto. Le pareti, invece sono il nostro labirinto, noi non facciamo altro che sfiorare le quinte-pareti del teatrino della vita. A volte tentiamo di dilatarne la scenografia, altre volte tentiamo con sussulti e tensioni di trovare la via di fuga da queste aree di incubo. Altre volte ci addormentiamo nel silenzio tombale di spazi conclusi.


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