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PONTE SULLO STRETTO
Ciò che aumenta sensibilmente è l’altezza dei piloni. […] Il ponte che si propone è in tensistruttura; la presenza di cavi traenti lo stabilizza molto efficacemente nei riguardi del vento e delle azioni sismiche. Gli studi e le esperienze già acquisiti per questo tipo di strutture assicurano la fattibilità tecnica ed economica dell’opera.
Ma ci sono ragioni che trascendono sia la tecnica che l’economia, intese in senso stretto, e che spingono ad accettare per intero la sfida offerta dai 3 km dello stretto. Sono ragioni di politica generale, di psicologia sociale e di promozione civile e culturale: il ponte sullo stretto deve essere concepito come un’opera di avanguardia da affrontare con lungimiranza, decisione e coraggio, perché, alle soglie del 2000, è una occasione unica per stimolare l’intraprendenza della nazione nel campo delle grandi realizzazioni costruttive e per qualificarne il rango fra i popoli di avanzata civiltà tecnica. Il progetto prevede due piste autostradali larghe 15 metri ciascuna per complessive otto corsie delle quali due per la sosta, e due binari ferroviari con pendenze massime del
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10%. Le antenne in acciaio di elevate caratteristiche (tipo T I) dovranno sorgere al limite fra il mare e le due sponde; la loro pianta è a forma di stella a tre punte ed esse saranno accessibili grazie ad un sistema di ascensori. […] Questo è stato l’intendimento che ha ispirato il progetto. Oggi dobbiamo Inventare il futuro, proiettando in esso quell’armonia fra ragione e natura Che è il più prezioso patrimonio ideale che ci ha lasciato la civiltà classica.”
Nel 1969 il Ministero dei Lavori pubblici bandisce il Concorso internazionale per un ponte stradale e ferroviario sullo Stretto tra Scilla e Cariddi.
L’architetto Sergio Musmeci, elabora il progetto per un ponte sospeso, a luce unica di 3 km.
Piloni alti 600 m, e un sistema di sospensioni in grado di resistere alle spinte del vento ed evitare deformazioni. Una tensostruttura con due antenne di acciaio che sorgono al limite tra il mare e le due sponde; un sistema di cavi portanti che sostiene una campata di 2 km e due tratti laterali di 500 m ciascuno.
Sergio Musmeci (Roma, 2 giugno 1926 – Roma, 5 marzo
1981) è stato un ingegnere italiano, considerato uno dei più grandi strutturisti insieme a Riccardo Morandi, Pier Luigi Nervi e Silvano Zorzi. Periodicamente il Ponte sullo stretto ritorna un po’ come il mostro di Loch Ness, alla differenza che non mi sembra che Nessy, come viene affettuosamente chiamata ormai, sia stata creata per permettere alla Mafia di intascare sostanzioni benefici e far inoltre guadagnare milioni al cinema Hollyvoodian che non mancherà certamente di proporci qualche film catastrofico che sarà anche molto più economico dopo i disastri che sicuramente la zona sismica e le forti correnti e venti locali faranno subire a quest’opera tanto agognata da personaggi come Berlusconi ex cavaliere ormai decaduto e il famoso cazzaro verde di cui la Magistratura ha stabilito che trattarlo di sciacallo non é un reato.
Nel frattempo qualche studio ulteriore permetterà a qualche ingegnere e/o architetto nonché geometra e geologo di sbarcare il lunario.
Vittorio E. Pisu https://www.domusweb.it/it/ dall-archivio/2011/05/19/ponte-sullo-stretto-di-messina. html
Abbiamo avuto modo di appurare, leggendo le bellissime storie dei tanti amici che si sono avvicendati su queste pagine, che la nostra fotografia è sempre caratterizzata da un percorso fluttuante.
Di questo conosciamo solo il punto di partenza, non ci è dato di sapere però, quale sarà quello di arrivo.
Ogni qual volta infatti crediamo di averne individuato uno, sentiamo immediatamente dopo il bisogno ulteriore di battere nuove strade. In questi momenti, quale seguire rispetto a tutte quelle che abbiamo davanti, spesso ce lo suggerisce un incontro illuminante piuttosto che una folgorazione.
L’ospite di oggi, Aldo Larosa, per me ha rappresentato entrambe le cose.
E’ stato il mio primo punto di riferimento, il mio primo maestro.
Ha sessantotto anni, è sposato con Maria Teresa e papà di Claudia.
Calabrese di origine, vive ormai nella capitale da tantissimi anni.
Ha lavorato fino alla pensione per la Direzione Generale delle FS.
La sua passione per la fotografia nasce negli anni ’50, quando rimane ammaliato dalla “magia” che quest’arte, praticata dai fotografi del suo paese, Melicuccà in provincia di Reggio Calabria, suscita nel bambino che è all’epoca.
Bisogna però aspettare gli anni ’80 perché si avvicini personalmente alla fotografia.
Comincia a fotografare con una Pentax che ancora oggi custodisce gelosamente.
Da qualche mese inoltre, ha rimesso in funzione questa macchina e i suoi obiettivi, infatti la grande passione per la fotografia lo ha portato ad iscriversi alla Scuola Professionale Statale Cine-TV “Roberto Rossellini”: ammesso al terzo anno, frequenta il corso serale per il conseguimento del diploma di maturità in Fotografia, che, se tutto andrà bene, arriverà con l’esame di Stato nell’estate del 2019, quando sarà vicino all’età di settant’anni!
Ho conosciuto Aldo diversi anni fa come spesso succede oggi giorno, grazie ai social. Ho avuto modo nel tempo di apprezzarne le importanti abilità fotografiche e le innu- merevoli doti umane. Sono riuscito anche a consolidare questo prezioso rapporto, avendo la fortuna di conoscerlo personalmente. Con lui ho condiviso diverse esperienze esaltanti nelle quali ho imparato ad apprezzare i valori profondi che lo animano.
Non è concepibile per me infatti, individuare dei punti di riferimento se non c’è alla base una forte stima personale.
Sanguigno come tutti gli uomini del Sud, Aldo ha una sola parola, sempre gentile tra l’altro.
E’ uomo d’altri tempi, galante, perspicace e si è distinto negli anni come fotografo minimalista, diventando per la numerosa categoria di fotoamatori presenti sui social, un punto di riferimento certo.
Ha aiutato e sostenuto la crescita di molti di noi, garantendo un conforto continuo.
Negli anni ’80, agli esordi in questo mondo, ignora completamente di quali e quanti generi è costellata la fotografia. Fotografa di tutto, ma con parsimonia, tenuto conto che per le stampe si rivolge a dei laboratori specializzati. Un suo cruccio è quello di non aver mai avuto la possibilità di sviluppare e stampare in casa. Al minimalismo arriva per caso.
Quindici anni fa circa, scatta una fotografia durante una vacanza nella sua casa al mare.
La composizione include quattro scope, tutte con setole e manici di colore diverso, precedentemente lavate e messe ad asciugare.
Le trova poggiate su un muro bianco candido, sfalsate e con le setole rivolte verso l’alto. Quella è stata, se pur inconsapevolmente, la sua prima fotografia minimalista.
Pubblicata infatti su Panoramio, sito di Google per la condivisione delle fotografie recentemente chiuso, i suoi amici la classificano subito come appartenente al genere.
Comincia così per lui lo studio di questo affascinante modo di produrre fotografie. Gli piace ricordare sempre in proposito, a chi racconta la sua storia, un passaggio che considera fondamentale per la sua formazione; la presenza assidua in un gruppo Facebook molto conosciuto nel panorama dei social e dei minimalisti della prima ora, Only Minimal.
Fondato nel 2012 da Biancamaria Bini, questo gruppo ha infatti forgiato moltissimi autori che si sono accostati a questo genere.
Le sue immagini oltre ad essere meravigliose, sono sempre riconoscibili, hanno quella che si definisce una cifra stilistica.
La sua fotografia è essenziale, sempre originale e le sue composizioni sono sempre un esempio di accuratezza. Si evince dai suoi lavori quasi un bisogno estremo di pulizia delle linee e la necessità impellente di una composizione rigorosa e precisa. Una caratteristica che contraddistingue Aldo in modo particolare è quella di saper decontestualizzare dei dettagli dal loro naturale contesto, rendendoli non immediatamente riconducibili ad esso. Ha la rara capacità di riuscire a scorgere similitudini ed analogie fra un oggetto noto ed il dettaglio ripreso, rendendo quest’ultimo, attraverso un’accurata composizione, difficilmente contestualizzabile.
Si diverte poi a stimolare chi osserva, invitandolo a capire di cosa si tratti realmente.
(segue pagina 14)