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LOKKO E LA BIEN NALE D’ARCHITETTURA
strumento forte: l’immaginazione.
«Si tratta delle questioni più pressanti al momento nel mondo.
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Quando ero studentessa ad architettura a Londra non c’erano africani nella mia classe. E se in un progetto cercavo di parlare del mio background immediatamente ci si aspettava che il mio lavoro avesse una determinata narrativa, centrata su guerra, povertà, mancanza di risorse... Sembrava che l’immaginazione fosse inappropriata per me, come se sia appannaggio solo di chi ha soldi e risorse. Ho capito in fretta che dovevo essere una “problem solver”, ma è proprio l’immaginazione a essere lo strumento più gratuito e a disposizione di tutti».
Questa Biennale Venezia pone temi universali che spaziano dal razzismo alle questioni di genere, dal cibo all’edilizia. Ma si pone anche come obiettivo una riflessione autoreferenziale sull’impatto, ambientale e culturale, di un evento di tale portata.
Nel 2022 la manifestazione ha ottenuto la certificazione di neutralità carbonica, i padiglioni sono realizzati riciclando quelli della scorsa edizione d’arte. «Ho a lungo pensato a ciò, per questo ho voluto definire la manifestazione un agente di cambiamento. Cecilia (Alemani, curatrice della Biennale Arte 2022, ndr) ci ha lasciato un fantastico scheletro, un dono, così corretto dal punto di vista costruttivo ed estetico.
Riutilizzando i materiali di quei padiglioni abbiamo eliminato i costi e l’inquinamento di strutture nuove.
Ma soprattutto, stavolta servono spazi diversi: i progetti non sono le solite maquette o rappresentazioni in scala di edifici realizzati dagli studi in qualche parte del mondo, questa Biennale parla anche del suono, dell’odore, della luce dei luoghi, che siano nel mondo o nell’immaginario.
I practioners si sono impegnati nel costruire conoscenza, che è una forma di architettura maggiore di un’architettura».
«Ciò che spero la gente si porti via da questo evento è il pensiero che, se cominciamo a mutare i paradigmi che abbiamo sempre seguito per conoscere o metterci in relazione con gli altri, creiamo il cambiamento. Poi, non è detto che accada. Ma se non inizi, non ci arrivi».
https://www.ad-italia.it/gallery/ la-biennale-architettura-di-venezia-raccontata-dalla-curatrice-lesley-lokko/
Hai novant’anni.
Sei vecchia, piena di acciacchi.
Mi dicono che sei stata la più bella ragazza del tuo tempo e io ci credo.
Non sai leggere.
Hai le mani grosse e deformate, i piedi induriti.
Hai portato sulla testa tonnellate di stoppie e legna, laghi d’acqua.
Hai visto nascere il sole ogni giorno.
Con tutto il pane che hai ammassato si potrebbe imbandire un banchetto universale.
Hai allevato persone e bestie, ti sei messa i maialini nel letto quando il freddo minacciava di gelarli.
Mi hai raccontato storie di apparizioni e di lupi mannari, vecchie questioni di famiglia, di un morto ammazzato.
Trave della tua casa, fuoco del tuo focolare, sette volte incinta, sette volte hai partorito.
Non sai niente del mondo.
Non ti intendi di politica, né di economia, né di letteratura, né di filosofia, né di religione. Hai ereditato un centinaio di parole pratiche, un vocabolario elementare.
Con questo sei vissuta e vivi. Sei sensibile alle catastrofi e anche ai fatti di strada.
Nutri grandi odi per ragioni che non ricordi più, e grandi dedizioni basate sul nulla. Vivi.
Per te, la parola Vietnam è appena un suono barbaro che non si confà al tuo cerchio di una lega e mezza di raggio.
Della fame sai qualcosa: hai già visto una bandiera nera issata sul campanile della chiesa (me lo hai raccontato tu, o avrò sognato che me lo raccontavi?).
Porti con te il tuo piccolo bozzolo di interessi.
E, tuttavia, hai gli occhi chiari e sei allegra.
Il tuo riso è un fuoco d’artificio colorato. Come te, non ho mai visto ridere nessuno.
Ti sto davanti, e non capisco. Sono della tua carne e del tuo sangue, ma non capisco.
Sei venuta al mondo e non ti sei curata di sapere che cos’è il mondo.
Arrivi alla fine della vita e il mondo, per te, è ancora quel che era quando nascesti: un interrogativo, un mistero inaccessibile, una cosa che non fa parte della tua eredità. Cinquecento parole, un fazzoletto di terra di cui si fa il giro in cinque minuti, una casa di tegole e pavimento di terra battuta.