Librosolidale 2004/5

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Rupandeh



“E se non puoi la vita che desideri cerca almeno questo per quanto sta in te: non sciuparla�

Costantino Kavafis


Xmas Project “

Xmas Project è il regalo che vogliamo farci a Natale. E che abbiamo scelto di farci per tutti i Natali. Ci siamo regalati un’idea, la speranza e il coraggio di farla diventare realtà. Le abbiamo dato un nome, Xmas Project, l’abbiamo fatta diventare Associazione, le abbiamo consegnato un compito da portare a termine; faremo un libro, diverso ogni anno. Tutti coloro che desiderano farsi questo regalo: sono loro il Xmas Project. L’idea nasce dalla necessità di dare una soluzione a un vecchio disagio, a un bisogno che non aveva ancora trovato risposta: il disagio del regalo inutile, della forma che ha perso significato, del piacere di donare divenuto sterile. Tutti noi facciamo regali diversi, in occasione del Natale: regali colmi di affetto, regali innamorati, regali pazientemente cercati, regali che non potevamo non fare, regali riciclati, regali “socialmente corretti”, regali di rappresentanza, regali frettolosi. Mille regali. Tanti soldi. Un vecchio e trito discorso. Che si lega ad un’altra, solita, considerazione: l’inimmaginabile divario fra il tanto che noi sprechiamo e il poco che altri non hanno. Xmas Project si sostituisce al regalo di Natale, diventa dono, si fa libro che propone un’idea e che contemporaneamente la realizza. Perché il libro racconta di se stesso, del progetto di aiuto che, con i suoi proventi, riesce a realizzare e raccoglie i volti, le frasi, i disegni, le speranze di tutti coloro che hanno contribuito ad esso. Puoi scegliere anche tu di regalare e regalarti il Xmas Project, è molto facile: basta credere in un progetto di solidarietà; scegliere all’interno della tua cerchia di parenti, amici, conoscenti, clienti i destinatari di questo dono; quindi acquistare le copie del Librosolidale, alla cui realizzazione hai partecipato con un tuo segno, e contribuire così alla realizzazione del progetto, da un lato finanziandolo, dall’altro diffondendolo.

Milano, settembre 2001


Con il progetto di quest'anno ci rechiamo in Nepal, a portare il nostro contributo in aiuto alla comunità delle donne dalit, la casta degli “intoccabili”. Un lavavetri che si accosta alla nostra auto, un barbone disteso su una panchina, una zingara che chiede l'elemosina, un estraneo che si avvicina ai nostri figli: ogni società ha i suoi intoccabili. Cercheremo quindi di condividere con voi la realtà e le ragioni del nostro intervento con una particolare attenzione rivolta a non esprimere sommari e presuntuosi giudizi su una modalità dell'organizzazione sociale così articolata, complessa e distante dalla concezione occidentale della società. È la logica con la quale opera il GRT, l'istituto milanese che promuove interventi su aspetti di relazione transculturale in Paesi in via di sviluppo. È la logica con il quale va interpretato e compreso il Xmas Project 2004, che a un primo sguardo potrebbe apparire meno concreto, meno “fisico”, rispetto a quelli che lo hanno preceduto. Quest'anno infatti non ristrutturiamo ospedali per bambini con gravi problemi clinici come i nostri piccoli amici di Slatina, in Romania. E neanche costruiamo scuole o compriamo case di accoglienza come abbiamo fatto in Niger e in Colombia. Ovviamente anche in Nepal, anche a Rupandehi all'interno della comunità dalit, sono purtroppo facilmente riscontrabili situazioni di gravissima indigenza, problemi sanitari, bisogni di primaria necessità. Ma ha senso costruire un ospedale per malati che non hanno medici disposti a curarli? Ha senso costruire scuole per bimbi che non hanno insegnanti disposti a educarli? L'associazione FEDO, fondata da donne dalit e in stretto rapporto con il GRT, ci chiede aiuto in un'altra direzione. Hanno bisogno di finanziare la crescita culturale e professionale della loro comunità. Hanno bisogno di formare operatori sanitari, insegnanti, persone con una formazione legale mirata alla difesa dei diritti umani. Persone della loro casta, che possano così poi operare per estendere le conoscenze acquisite e per moltiplicarne i benefici. Con il progetto di quest'anno quindi, con il contributo di tutti voi che siete il Xmas Project, cercheremo come sempre di portare il nostro piccolo aiuto nella direzione che le persone che vogliamo aiutare ci richiedono, finanziando 18 borse di studio per donne dalit. Di tutti i progetti fino ad oggi con voi condivisi, questo forse è il più concreto. Di questo racconta il libro che avete in mano. Così come torneremo a darvi notizie dei progetti degli anni passati e in particolare vi racconteremo dei risultati raggiunti nel 2003, a Bogotà, grazie al vostro aiuto.

Non troverete invece le anticipazioni sul progetto del prossimo anno. Un cambiamento deciso per dare modo a tutti voi di segnalarci eventuali iniziative che vi stiano a cuore o di indirizzare verso di noi associazioni impegnate in progetti che possano essere finanziati dal Xmas Project. A pagina 107, tutte le istruzioni per farlo. Il Librosolidale raccoglie inoltre anche quest'anno i vostri contributi, che sono la concreta e viva testimonianza di come il libro sia il frutto e l'espressione creativa di tutti coloro che lo comprano per finanziare il Xmas Project. Troverete i vostri contributi impaginati su sfondi bellissimi, disegnati da tre illustratori professionisti: Silvana Ghioni, Alberto Ipsilanti e Viviana Spreafico. Tre amici che ci hanno dedicato molto del loro prezioso tempo quest'estate e ai quali indirizziamo un caloroso abbraccio di ringraziamento. Troverete i vostri contributi dedicati a “Divieti e Tabù”: su questo tema vi abbiamo infatti chiesto di esprimervi, facendoci ispirare dal progetto di quest'anno. Un modo per riflettere su quelle convenzioni e/o regole sociali che giusto o sbagliato governano il nostro vivere quotidiano. Buona lettura.

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Natale 2004, Rupandehi - Nepal

Ben ritrovati e buon Natale.

Indice Progetto 2004: Nepal. Dalit, gli intoccabili

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Il budget

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Noi, Xmas Project 2004

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I nostri progetti: Romania 2001, Niger 2002, Colombia 2003 99 Xmas Project 2005: segnalateci i vostri progetti

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Il progetto 2004


Kori deu aama, Bati deu aama phool pani Lagai deu Ma aauti cheli Dher Bhaya Bhane Tammer ma Bagaideu. Mamma, fammi bella,

mettimi un fiore

tra i capelli

ma se pensate che io

sia un peso per voi


Nepal Il Nepal si trova nel cuore del continente asiatico, nella regione himalayana. È un paese piccolo per estensione, non certo per altezza. L'80% del territorio è montuoso. Il paese misura da est a ovest, circa 885 km e, da nord a sud, circa 193 km, per un totale di superficie complessiva di più di 147 mila kmq. Confina a nord con la regione tibetana e la Cina, a sud est e ovest con l'India. In questo piccolo paese si registra il più significativo dislivello di altitudine del mondo. Dal Terai, che si trova a soli 100 metri sul livello del mare, agli 8848 metri della cima dell'Everest, la vetta più alta del mondo. Il Nepal è diviso geograficamente

in 3 macro regioni: le montagne himalayane, le colline del Siwalik e Mahabharat e le pianure del Terai. La zona himalayana è oltre i 3000 metri di altezza, il clima è molto rigido e vi abita il 10% della popolazione; le colline centrali so no abitate da diversi gruppi etnici che insieme rappresentano circa il 50% della popolazione. La storia del Nepal ha sempre avuto come epicentro la valle di Kathmandu ed è sempre stata caratterizzata dalla particolare posizione geografica del paese, comodo punto di transito e di sosta per tutti i commerci fra l'India e la Cina e contemporaneamente utile cuscinetto fra due imperi così potenti. LE ORIGINI. Le prime notizie

storiche attendibili sul Nepal risalgono all'epoca dei kirati , popolazioni mongole di religione indù e adoratrici di Shiva. I kirati arrivarono in Nepal dall'Oriente tra il VII e l'VIII secolo a.C.. Nonostante fossero indù la loro epoca coincise anche con l'avvento del buddismo in Nepal. Il buddismo si indebolì con l'arrivo dei licchavi , una popolazione indù proveniente dall'India settentrionale che nel 300 d.C. sconfisse l'ultimo re kirati il quale mantenne il suo dominio solo sulla parte orientale del paese. I licchavi introdussero in Nepal la suddivisione in caste tipica dell'induismo e altre tradizioni sociali e culturali vive ancora oggi. Diedero inizio inoltre ad un periodo di grande prosperità per l'arte e la letteratura e sfruttarono la posizione strategica del paese per avviare ricchi commerci con l'India e la Cina. Dalla fine del VII secolo al XIII il Nepal visse un periodo oscuro: sappiamo che ven ne invaso dal Tibet e dal Kashmir ma che la sua posizione ottimale per i traffici commerciali gli

combatterono tra loro per il controllo delle rotte commerciali verso il Tibet. Solo dopo 25 anni di lotte e con quiste, nel 1769, Prithvi Narayan Shah, fondatore della dinastia omonima, riuscì a unificare il Nepal. I suoi sforzi di unificazione erano motivati da un acceso nazionalismo, dal bisogno di proteggere dagli attacchi esterni la fortunata posizione di rotta commerciale del Nepal e dalla necessità di creare una difesa unita capace di fronteggiare i britannici, padroni della vicina India. Il regno nepalese si espanse fino al 1792 quando uno scontro con i cinesi in Tibet si concluse con una terribile disfatta per il Nepal, cui seguì un trattato che costrinse il paese a versare ogni anno un tributo economico all'imperatore della Cina, tributo che rimase in vigore fino al 1912. Intanto l'espansione del regno nepalese portava tensioni anche nei confronti dell'India e infine si arrivò allo scontro. Con il trattato di Sugauli la Gran Bretagna ottenne il Sikkim e la maggior parte del Terai e si stabili-

ereditario. I Rana divennero così la nuova famiglia reale, re legando gli Shah ad un ruolo secondario. Abolirono il sati , la pratica indù di sacrificare la vedova sul rogo del marito, e i lavori forzati, e intrapresero diverse iniziative in campo educativo. Nonostante ciò, la qualità della vita dei contadini era ferma al Medioevo. Nel frattempo, dopo la Seconda Guerra mondiale, l'India conquistò l'indipendenza dalla Gran Bretagna e in Cina ebbe luogo la rivoluzione comunista. Quando il Tibet venne annesso alla Repubblica Popolare Cinese molti profughi tibetani si rifugiarono in Nepal. Il Nepal diventò di fatto uno stato cuscinetto fra i due giganti asiatici. MONARCHIA PARLAMENTARE. Verso la fine del 1950, il re Rana Tribhuvan scappò dal Nepal e fuggì in India. Intanto il Partito del Congresso nepalese sottrasse gran parte del Terai al dominio dei Rana e formò un governo provvisorio con sede a Birganj. L'intervento dell'India in difesa del re portò ad una negoziazione che ebbe come risulta-

permise di sopravvivere. I MALLA. Con l'inizio della dinastia Malla, nel 1200, iniziò per il Nepal una vera e propria epoca d'oro. I Malla provenivano dall'India e il primo periodo del loro regno (1220-1482) fu caratterizzato da una forte stabilità politica; l'induismo si radicò stabilmente nella società e il progresso e l'affinarsi delle tecniche agricole portarono nuova prosperità. A quel tempo il Nepal era diviso in 46 piccoli stati indipendenti, ciascuno con una propria moneta. Anche la valle di Kathmandu fu suddivisa in tre regni, governati da tre fratelli della dinastia Malla che

rono quindi gli attuali confini del Nepal. I RANA. Nel 1846 Jung Bahadu, un giovane e ambizioso nobile di etnia cheetri, ordinò ai suoi soldati di massacrare diverse centinaia di uomini fra i più importanti del regno mentre si trovavano riuniti nel cortile di Kot a Kathmandu. Fu “Il massacro di Kot”. In questo modo Jung Bahadu si appropriò del titolo di Primo Ministro, cambiò il proprio nome e quello della sua famiglia in Rana e successivamente si autoproclamò maharaja (re) rendendo il titolo

to il ritorno di Tribhuvan in Nepal e la nascita di un nuovo governo formato dai Rana e dai rappresentanti del Partito del Congresso. Il re morì nel 1955 e il suo posto fu preso dal figlio Mahendra. Sotto il suo regno venne varata una costituzione che istituì un sistema di governo parlamentare e nel 1959 si svolsero le prime elezioni generali, vinte dal Partito del Congresso. Alla fine del 1960, il re fece arrestare tutti i membri del


lenze che costarono centinaia di vittime civili, il 9 aprile dello stesso 1990, il re proclamò il riconoscimento dei partiti politici e chiamò l'opposizione a guidare un governo di transizione, dichiarandosi pronto a ricoprire il ruolo di sovrano costituzionale. Per approfondire gli anni recenti della storia nepa-

DATI E NUMERI Nazione: Regno del Nepal. Capitale: Kathmandu. Città principali: l'unica città è Kathmandu (circa 700.000 abitanti). Altri centri importanti sono Patan (circa 50.000 abitanti) e Pokhara (circa 50.000 abitanti). Lingua: la lingua ufficiale è il nepali, ma sono parlati oltre 125 lingue e dialetti. L'uso della lingua ufficiale è sconosciuto nelle aree rurali. Moneta: rupia nepalese. (NPR). 1 euro = 92,56 rupie nepalesi Forma di governo: monarchia costituzionale, con un sistema parlamentare multipartitico e elezioni a suffragio universale. Superficie: 147.181 Kmq. L'80% del territorio è montuoso. Punto più alto: la cima dell'Everest, con i suoi 8.848 metri di altitudine sul livello del mare è il luogo più alto non solo del Nepal, ma di tutto il mondo. Popolazione: 23.200.000 persone, di cui quasi la metà ha meno di 15 anni. Distribuzione della popolazione: 88% rurale, 12% urbana. Dalit: rappresentano circa il 13% (3 milioni circa) della popolazione nepalese, nelle zone rurali arrivano al 30%. Le donne costituiscono il 51% della popolazione dalit. Nel Terai i dalit censiti sono 1.053.303, il 35.26% (maschi 541.502, femmine 511.801). Precisamente il 9% sono chamar, il 6.2% appartengono ai musahar, 4.1% dusadh, il 3.4% dhobi e 0.3% badi. Mentre nelle altre 2 aree le donne sono più degli uomini, in questa zona avviene il contrario. Etnie: il Nepal è costituito da diversi gruppi etnici, suddivisi in relazione alle 3 aree geografiche: nella zona himalayana abitano le etnie che discendono dal popolo tibetano, nella zona centrale vi sono gruppi di origine mongola e l'etnia newar che abita nella valle di Kathmandu, nel Terai invece sono presenti diversi gruppi etnici, oltre ai musulmani, che rappresentano il 3.5% della popolazione. Religione: induismo (90%), buddhismo (5%), sciamanesimo, islamismo (3%), kirat (1.7%), cristianesimo (0.2%), jaianesimo, sikh. Il reddito nazionale pro capite: secondo l'UNDP 2001, è 210 $. Il 38% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, di cui il 90% è dalit e ha un reddito pro capite di appena 39$. Risorse minerarie: modesti giacimenti di mica, ferro, rame, lignite. Mortalità infantile: il 10% dei bambini muore entro il primo anno di vita; le femmine hanno un tasso di mortalità più alto. Speranza di vita: 60,1 anni per gli uomini e 59,6 per le donne. Fra le donne dalit l'aspettativa di vita cala a 48,3 anni. Abitanti per medico: 20.000 (Italia: 182). Tasso di alfabetizzazione: l'analfabetismo è rispettivamente del 35% per gli uomini e del 57% per le donne. Gli uomini dalit analfabeti costituiscono il 66%, le donne dalit l'88%. Università: 3. Donne sposate sotto i 15 anni: 40%. Donne sposate fra i 15 e i 19 anni: 60%.

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governo poiché il loro comportamento non lo soddisfaceva e bandì tutti i partiti politici, assumendo i pieni poteri. Studiò poi un nuovo sistema politico, apartitico e indiretto, fondato sui panchayat, cioè su un sistema di consigli locali che designava i propri rappresentanti per i consigli distrettuali a loro volta rappresentati nei consigli nazionali. Nel 1979, in seguito a violente e numerose manifestazioni di protesta, fu indetto un referendum per scegliere fra il sistema dei panchayat e il sistema partitico. I panchayat ne uscirono vincitori ma il re conservò il potere di nominare il 20% dei rappresentanti parlamentari. Nonostante il sistema avesse una parvenza di democrazia, la vita era difficile. Sono molte le testimonianze di questo periodo relative a violenze, repressioni e torture. Nel 1989 nacque una coalizione che si batteva per il ritorno ad una democrazia fondata sui partiti e non sui panchayat, prevedendo il re come garante istituzionale. Nel 1990 si giunse agli scontri più violenti: il governo reagì alle ma nife stazioni pacifiche con il lancio di lacrimogeni, con le armi, la violenza, gli arresti di massa e le torture. Dopo molti mesi di vio-


Himalaya,

Era il 1995. Solo l'idea del viaggio in Nepal mi faceva venire i brividi: Milano - Francoforte Kathmandu. Il suono di quella parola era magico. Kathmandu. Evocava antichità, favola, confini del mondo, nobile isolamento. All'aeroporto di Francoforte incontrammo un gruppo di giovani soldati nepalesi, fieri e sorridenti, che tornavano in patria. Piccoli ma robusti, con tratti mongolidi, di carnagione olivastra, erano i famosi Gurkha, eredi di un'antica etnia di valorosi guerrieri. Ancora oggi militano con l'esercito britannico. Un corpo speciale, utilizzato per le missioni militari più difficili. Quando arrivammo a Katman-

du, eravamo nell'altra metà del pianeta. I bambini ci circondarono per chiederci regali o soldi già all'aeroporto, io non avevo ancora visto gente così povera. I giorni più belli del viaggio furono quelli del trekking nella catena dell'Annapurna. Il tragitto di spostamento verso Pokhara fu lungo e stancante. Viaggiammo su un autobus, con i nepalesi che salivano anche sul tetto. L'autobus si guastò lungo il viaggio. Durante quella pausa sbucarono dal bosco due ragazzi musicanti che ci intrattennero iniziando a suonare. La zona era disabitata. Dopo ci chiedemmo come potessero essere proprio lì quei due, nel

momento in cui l'autobus si era guastato, per poi sparire altrettanto repentinamente, dopo avere intascato le nostre mance. A Pokhara passammo una giornata sulle placide acque del suo romantico lago. Ci rilassammo ma la giornata non fu bella, prendemmo tanta acqua e umidità. Alla sera eravamo in tanti a non stare bene, mi venne la febbre alta. Andai a letto con i tremori del malanno e divorato dal dubbio su cosa avrei dovuto fare l'indomani. Se partecipare al trekking o starmene nella Guest House a Pokhara. Ricordo ancora quanto ero indeciso durante il viaggio in pulmino che ci portò a Ghan-

drung, per poi accedere all'area di parco naturale dell'Annapurna, dove dei militari controllavano i permessi ottenuti per potere fare il trekking. Cosa fare? Essere saggio e rientrare alla base o azzardare e proseguire con l'escursione? E dove stava la vera saggezza? Decisi di stringere i denti e proseguire. Tutto il gruppo festeggiò la mia decisione con grandi incoraggiamenti. Le guide nepalesi che ci accompagnavano, tre Sherpa, con i quali avevo stretto amicizia, erano i più felici di tutti. Mi so stennero e continuarono a farlo per tutto la lunga giornata di cammino. Io mi ero oramai imbarcato in una di quelle mira-


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tetto del mondo.

colose “sfacchinate”, quando il corpo con la fatica e il sudore riesce ad espellere probabilmente an che le tossine. Si fa la discesa all'inferno, ma poi ci si purifica e si risale verso il paradiso. Raju e Narayan erano due ragazzini, tra gli Sherpa che ci accompagnavano. Il terzo era un uomo, si chiamava Babu Kaji, era il capo. Mi impressionarono la loro generosità e cortesia. Portavano carichi che sembravano immani per i loro fisici sicuramente sani, ma magri e sottili. Erano abituati alla fatica e, soprattutto, al sorriso. Lungo tutta l'ascesa al rifugio ogni nepalese che

incontravamo, fosse uomo, donna o bambino, ci diceva “Namaste”, il saluto ne palese per benedire il prossimo e le sue virtù, in nome di Dio. Il tempo si mantenne bello e la temuta pioggia iniziò a scendere solo nel tardo pomeriggio, poco prima che arrivassimo al rifugio che, con nostra grande sorpresa, si chiamava Hotel Milan ed era in una valle ai piedi della catena detta “Santuario dell'Annapurna”. Stanchi morti mangiammo molto spartanamente, minestra e poche altre cose. Andammo a letto abbattuti perché diluviava e il nostro obbiettivo era vedere le cime dell'Annapurna, cosa

che pareva impossibile con quel tempo. Ciononostante Babu Kaji era stranamente ottimista, come se avesse già intuito cosa sarebbe accaduto. Quel mattino si avverò il miracolo che molti intimamente speravano. All'alba Babu Kaji venne a svegliarci gridando “Alba! Paesaggio! Montagne!”. La catena dell'Annapurna era finalmente libera e si mostrava a noi in tutta la sua meraviglia. La vetta del Monte Machhapuchhre, quella a coda di pesce, considerata sacra dai nepalesi, si stagliava troneggiando in mezzo alle altre. Lungo il ritorno ci furono i temuti problemi con le sanguisu-

ghe. Ogni tanto si era costretti a fermarsi per controllare la condizione delle gambe. Le sanguisughe stavano incollate come delle ventose. Bisognava farle staccare con il fuoco, bruciandole con un accendino. Allora mollavano la presa. Ricorderò sempre la discesa da quei monti come uno dei ritorni più massacranti tra le escursioni fatte in montagna. Alla fine avevamo camminato tutto il giorno, più di otto ore. Quando arrivammo finalmente nell'ultima valle non mi sembrò vero di vedere che era percorsa da un placido e largo fiume. Mi ci buttai dentro e ci stetti un bel po' osservando le montagne che


La guerra a un passo dal cielo

In Nepal, uno dei Paesi più poveri del pianeta, si consuma dal 1996 un conflitto dimenticato che ha causato la morte di novemila persone, tra cui moltissimi civili. A scontrarsi sono i guerriglieri del Partito comunista nepalese di orientamento maoista (Ncp) e l'esercito governativo. I ribelli conducono la cosiddetta “guerra del popolo” per porre fine alla monarchia costituzionale e instaurare un regime comunista. Entrambe le parti hanno finora rivaleggiato in atrocità. I ribelli, che controllano ormai due terzi del regno himalayano, continuano ad arruolare con la forza adulti e bambini. Rapiscono i ragazzi dalle scuole e portano via i contadini per strappar loro le terre o perché si sono rifiutati di pagare il pizzo. I

campi di addestramento e ri-educazione maoista sono spesso a ore di mulattiera, nascosti nelle campagne. D'altro canto, il governo di Kathmandu è da anni sotto accusa per diverse violazioni dei diritti umani: esecuzioni sommarie, arresti ingiustificati, persecuzione dei dissidenti, repressione della libertà di stampa, sparizioni e torture. Secondo un recente rapporto di Amnesty International, il Nepal avrebbe registrato nell'ultimo anno il maggior numero di persone fatte scomparire dalle forze governative. Dal 1998 a oggi, i desaparecidos nepalesi sarebbero 622, di cui 116 a partire dall'agosto 2003. Una media di una persona al giorno. I desaparecidos verrebbero rinchiusi in caserme dell'Esercito trasformate in centri di detenzione e tortura. I reati commessi da polizia e militari restano in gran parte impuniti, visto che il sistema giudiziario è controllato dagli addetti alla sicu-

rezza. La grave instabilità politica e la mano dura del re Gyanendra nello stanare la guerriglia hanno contribuito all'aggravamento della situazione. Il sovrano è anche un ricchissimo uomo d'affari (sue sono numerose imprese nepalesi) e un personaggio molto discusso. Nel giugno 2001 è salito al potere dopo il misterioso sterminio della famiglia reale. È ormai accertato che sia stato lui il mandante dell'assassinio del fratello e re Birendra compiuto dal principe ereditario. Un massacro che, secondo molti osservatori, non si può leggere solo come una congiura di palazzo e in merito al quale non sono state avviate indagini da parte della comunità internazionale. Anzi, dopo l'attentato contro le torri gemelle dell'11 settembre 2001, Gyanendra è riuscito a giustificare la sua presa del potere presentandosi come sostenitore della lotta al terro-


aree urbane e ha dimostrato – con un grande impatto mediatico – l'incapacità del governo nel proteggere i cittadini. Pochi giorni dopo, il primo settembre, il dramma iracheno ha toccato anche il piccolo regno a maggioranza indù. Dopo il rapimento e l'uccisione nel Paese mediorientale di dodici connazionali, una folla inferocita ha attaccato due moschee, edifici di compagnie aeree musulmane e agenzie di lavoro per migranti. Tre giorni più tardi un'altra bomba ha colpito il centro culturale americano. Le tensioni di agosto, seppure slegate dalle vicende irachene, hanno preparato il terreno a queste violenze. Le 5mila persone scese in strada a protestare contro l'Esecutivo il primo settembre nutrivano mo tivazioni diverse. Tra loro c'era chi esprimeva il malcontento verso una monarchia incapace di combattere la miseria e la totale mancanza di sicurezza in cui è costretta a vivere gran parte della popolazione, ma c'erano anche molti integralisti indù decisi a contrastare la convivenza fino ad oggi pacifica tra comunità religiose diverse. Il governo ha in seguito promesso di riaprire i negoziati di pace con i ribelli, ma nessuno può dire con certezza cosa accadrà. In passato i colloqui sono stati avviati tre volte, ma i combattimenti non sono mai cessati. Il Paese sembra, dunque, prossimo al collasso e l'estrema miseria potrebbe diventare la condizione per un epilogo rivoluzionario. In Nepal si sta giocando una partita dove è difficile indovinare chi muova le pedine. All'incertezza sugli sviluppi futuri, si aggiunge quella su chi stia dietro ai gruppi ribelli. È evidente solo la posizione strategica del regno, che funzio-

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rismo mondiale, poco importa se islamico o maoista. A novembre dello stesso anno, infatti, ha dichiarato lo stato d'emergenza e lanciato un'offensiva in cui sono morti oltre cento ribelli. Un anno dopo, nell'ottobre 2002, il re ha inflitto una svolta autoritaria al Paese, sciogliendo il parlamento e assumendo i pieni poteri. Il primo ministro Deuba è tornato in carica solo nel luglio scorso, in seguito alle manifestazione dei partiti democratici che chiedevano di indire nuove elezioni. Il cessate il fuoco proclamato all'inizio del 2003 è durato solo sette mesi. La situazione in Nepal è precipitata nello scorso mese di agosto, quando i maoisti hanno portato l'incubo della guerra a Kathmandu, rispondendo alla massiccia offensiva lanciata dalle truppe governative nell'Accham, seicento chilometri a ovest della capitale. Il 18 agosto l'Ncp ha fatto esplodere alcuni ordigni contro un hotel di lusso ed è riuscito ad accerchiare la città, bloccandone ogni via d'accesso. Il Paese per alcuni giorni si è fermato: grandi aziende (accusate dai guerriglieri di sfruttare i dipendenti), alberghi e negozi di proprietà dello stesso re hanno chiuso i battenti sotto la minaccia di attentati. Per una settimana – l'assedio è stato tolto il 24 agosto – un milione e mezzo di persone hanno temuto di essere ridotte alla fame. “Il Nepal è il nono Paese più povero al mondo”, afferma un portavoce di Amnesty. Qui u n lavoratore guadagna in media un dollaro al giorno e la disoccupazione è un male endemico. Il blocco di Kathmandu ha rappresentato una strategia nuova della guerriglia che in questo modo ha impegnato le forze dell'Esercito in

na da Stato cuscinetto tra India e Cina, ma non il ruolo dei due Paesi confinanti. Nuova Delhi, insieme a Stati Uniti e Gran Bretagna, ha sostenuto le forze governative, ma nello stesso tempo ha lasciato aperte le fron-

tiere consentendo ai ribelli nepalesi di nascondersi e costruire basi in territorio indiano. Per quanto riguarda Pechino, invece, solo l'ideologia 'filomaoista' dell'Ncp farebbe ancora pensare a legami con la Repubblica Popolare.


In Nepal esiste una vera divinitĂ in carne e ossa...


una fanciulla che vive a Kathmandu. Ma la Kumari non nasce divina né lo rimane per tutta la vita. Viene scelta dalla casta di orafi newari, deve avere quattro anni e rispondere a 32 requisiti ben precisi, primo fra tutti non essersi mai ferita o aver perso sangue. Viene posta su un trono durante la festa di Dasain e dopo la cerimonia lo spirito della divinità entra nel suo corpo. Da quel momento la nuova dea non potrà più avere contatti con il mondo reale se non durante 13 festività ufficiali. Non potrà più camminare da sola perché le è proibito toccare il suolo. Non potrà incrociare lo sguardo di altre persone, pena la loro morte. Alla prima mestruazione la dea perde il suo regno e torna ad essere una comune mortale. A quel punto inizia la ricerca di una nuova divinità. Una dote generosa sarà il ricordo del suo passato, la difficoltà di reinserimento nella società il suo quotidiano.

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È la Kumari Devi ,


Un’antica tolleranza

La religiosità e la spiritualità dei nepalesi si può vedere riflessa e rappresentata in parecchi ambiti della vita sociale: dal modo di vestirsi delle donne (col sari, una sorta di toga rossa come il colore dell'induismo), alla maniera spontanea di salutare. Ad ogni persona che si incontra e a cui si rivolge la parola si esordisce portando le mani giunte al petto e dicendo Namaste, una forma comune che significa “Io ti rispetto”, ma anche “Buongiorno”, “Benvenuto” o anche solo “buon viaggio”. Una tradizione largamente diffusa anche in India, ma che trae la sua origine dal concetto buddista di vedere in ogni persona la natura del Buddha presente in ogni essere umano. Perfino la bandiera nepalese, l'unica al mondo a forma triangolare, rappresenta dei valori religiosi: il Dharma che per gli indù è legge morale, virtù religiosa e doveri sacri. Il Nepal è l'unico stato in cui la gran maggioranza dei suoi cittadini è di religione induista (84%). Neanche l'India, il paese induista per eccellenza, può vantare una tale percentuale di credenti. Nel paese esistono tuttavia importanti minoranze buddiste (8%) e musulmane (6%) ed altre confessioni religiose (2%). I cattolici sono una vera e propria minoranza etnica con circa 6000 fedeli. Secondo la tradizione, il Nepal è il paese in cui nacque il Buddha (Adi Buddha o Buddha primordiale) ed è forse per questo che le due principali religioni (buddismo e induismo) coesistono da sempre in pace e armonia. Anzi a volte si confondono dato che spesso i fedeli partecipano ai riti di entrambi i culti. Non è difficile infatti, trovare induisti che nel più importante stupa - santuario - buddista del paese (quello di Bodhnat nei pressi di Kathmandu), girino attorno al monumento in senso orario insieme ai buddisti, per la maggior parte emigrati dal Tibet. Oppure dei buddisti a Pashupatinah dove gli induisti cremano i corpi prima di gettarne le ceneri nel sacro fiume Baghmati, un affluente del Gange. Entrambe le confes-


norma i musulmani nepalesi gestiscono attività commerciali e turistiche. A Kathmandu ci sono parecchie moschee la cui più importante è quella di Jama Masjid. Nei secoli non hanno mai avuto nessun problema di convivenza con le altre religioni.

facendo ricorso alla violenza. Una ferita che avrebbe potuto degenerare in una guerra a tutto campo. Sono stati decretati vari giorni di coprifuoco nel tentativo di ristabilire l'ordine. Per fortuna le tensioni religiose si sono presto spente e, finito il coprifuoco imposto dall'esercito reale di sua maestà, gli esponenti istituzionali delle varie confessioni religiose sono scesi in piazza in una manifestazione che simbolicamente ha voluto riappacificare il paese. Un altro gesto di buon senso e di buona convivenza in un paese che ha fatto dell'armonia il suo modo di vivere. Una speranza in più per un paese di 24 milioni di abitanti, costituita da un incredibile mosaico di etnie che parlano 75 lingue diverse, suddivisi in tantissime caste, ognuna delle quali ha il proprio statuto. Un paese che ancor oggi, nonostante i mille problemi, accoglie i profughi dei paesi limitrofi in fuga da regimi opprimenti come i tibetani o i bhutanesi. Michele Novaga

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sioni religiose riconoscono le stesse divinità. Per i buddisti Brahma (il creatore riconoscibile dalle 4 teste e dalle 4 braccia), Vishnu (il custode della vita e del mondo che ha subito dieci incarnazioni) e Shiva (la forza trasformatrice distruttiva e creativa, immobile e mutevole) non sono altro che le metamorfosi del Buddha. Le feste religiose sono moltissime e distribuite durante tutto l'anno. Vanno dal Losar (capodanno tibetano), al Tihar (il capodanno dei newari, la più antica e numerosa etnia di Kathmandu), all'Indrajatra (in cui si festeggia la fine del monsone e Indra, il dio della pioggia), al Gai Jatra (la festa della vacca). Tutti vi possono partecipare. Nel paese, inoltre, soprattutto concentrati nella capitale e nel Terai, vivono parecchi cittadini di religione musulmana. Gli storici stimano che i primi musulmani abbiano abitato questi luoghi dal XV secolo. La prima moschea costruita sul suolo nepalese risale al 1524. Di

Il primo di settembre del 2004, appresa la notizia dell'uccisione di dodici cittadini nepalesi in Iraq per mano di un gruppo di terroristi, è scoppiata una vera e propria rivolta antiislamica a Kathmandu e nelle altre città. Una folla di esaltati ha dato fuoco alle moschee, agli uffici delle compagnie aeree arabe come la Qatar Airways (che ogni anno fa viaggiare gli oltre 200.000 nepalesi che lavorano nei paesi del Golfo), all'ambasciata d'Egitto e a molti negozi gestiti da musulmani, sacchegiandoli. La protesta, mal controllata dalla polizia e dall'esercito, ha creato un preoccupante precedente in un paese in cui la tolleranza religiosa aveva sempre regnato. Forse era solo un gruppo di esaltati intenzionati a destabilizzare il paese con il pretesto re ligioso; o forse erano solo elementi manipolati dai maoisti che han no tutto l'interesse a fomentare le tensioni nel paese. Sta di fatto che, per la prima volta nella storia, membri e simboli di una religione sono stati deliberatamente presi di mira


Caste, altro che storie Il sistema delle caste, in Nepal, è stato dichiarato fuorilegge nel 1963. Successivamente, ma solo nel 1990, sono stati dichiarati punibili per legge tutti i comportamenti che attuano discriminazioni di casta. Eppure, tuttora, il sistema sociale nepalese si basa fortemente sulla divisione della popolazione in caste e gruppi etnici. È un sistema rigido, cioè non è possibile uscire dalla casta nella quale si è nati...


Dalit, gli intoccabili Il termine dalit letteralmente significa “persone immerse nel fango”. La discriminazione nei loro confronti è radicata e pervasiva rispetto ad ogni ambito dell'esistenza. Nel 2001 il Parlamento ha identificato 28 gruppi come dalit, suddivisi in 3 macro-gruppi: i dalit delle montagne (kami, sarki, damai), i newar della valle di Kathmandu (kasai, pode, chyame) e i dalit del Terai chiamati anche madhesi (dom, chamar, musehar, dusadh, dhobi, badi). Questo provvedimento appare addirittura in contraddizione con le norme del 1963 e del 1990. Essere intoccabili significa non avere nessun diritto, nessuna dignità. Non potere essere concretamente e letteralmente toccati, cioè non avere diritto a cure mediche, ad esempio. Significa che tutto ciò che viene toccato da un dalit diventa sporco, impuro, e ciò vuol dire sostanzialmente vivere allontanati o ghettizzati in ogni contesto sociale: la scuola, il tempio, i luoghi pubblici. Un bambino dalit non può dividere il banco a scuola con un altro bambino non dalit, non può mangiare alla stessa mensa scolastica, non può usufruire degli stessi servizi igienici, non può essere toccato dall'insegnante. In alcune regioni addirittura i banchi dei dalit sono sistemati fuori dalle aule. Essere dalit significa quindi essere condannati ad una esistenza di povertà, ignoranza, malattia e sopruso.

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Il sistema delle caste è stato introdotto in Nepal nel XIV secolo ma fu legittimato dall'introduzione della religione indù (proveniente dal nord dell'India) e formalizzato nel “Muluki Aain” (Codice civile) nel 1854 dalla famiglia reale dei Rana. Quando fu introdotto, il sistema delle caste divideva la popolazione della valle di Kathmandu (newar) in 64 gruppi in base alla discendenza nel lavoro; con il successivo processo di “induizzazione” i newar svilupparono una gerarchia sociale al proprio interno suddividendo la popolazione in gruppi distinti. Col Codice civile del 1854 le discriminazioni di casta divennero obbligatorie. Il sistema delle caste è un sistema sociale di tipo gerarchico, basato sul concetto di purezza-impurità, che divide la popolazione in gruppi distinti; lo status di un individuo è determinato dalla casta in cui nasce e non è modificabile nel corso della vita. L'intoccabilità è la pratica per cui vi è il divieto di avere qualsiasi contatto fisico con persone e cose che portano impurità, è quindi un comportamento discriminatorio in base alla casta di appartenenza. L'intoccabilità è praticata da tutte le caste verso le donne durante il parto e i cicli mestruali e contro i dalit, gli intoccabili. La società nepalese è divisa gerarchicamente in 4 caste: - tagadhari (nati 2 volte, suddivisi al suo interno in: upadhyaya, tharuri, chhetri, jaisi); - matawali (che si dividono in namasine e masine); - pani nachalne chhoiee chhito halnu naparne; - pani nachalne chhoiee chhito halnu parne (intoccabili). L'accesso alla partecipazione politica da parte di alcuni gruppi etnici, caste basse e donne è molto limitato; spesso questi non hanno alcun rappresentante nel governo e nelle commissioni.


GRT

Gruppo per le Relazioni Transculturali


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Il GRT nasce nel 1968 a Milano ed è un istituto di ricerca e sperimentazione che si occupa di cooperazione tecnica con i Paesi in via di sviluppo, focalizzando il proprio intervento sugli aspetti di relazione transculturale. Oltre a ciò il GRT è impegnato in ricerche a sostegno delle nuove culture nei Paesi del Terzo Mondo. Il fine che il GRT si pone, con i progetti nei Paesi in via di sviluppo, è quello di sostenere le fasce emarginate della popolazione e le etnie di minoranza, per valorizzare i saperi tradizionali. In particolare segue le problematiche delle donne e dell'infanzia, delle persone "diverse" per patologia psichiatrica, handicap o disadattamento sociale. Dispone di un settore di elaborazione e ricerche che si appoggia all'Istituto di Psicologia della Facoltà di Medicina di Milano. Ha rapporti con varie Università e Centri di ricerca. In Italia sviluppa iniziative di informazione e di educazione allo sviluppo rivolte a scuole e territorio, con un'attenzione particolare alle tematiche transculturali. La progettazione è decisa dal GRT in stretto rapporto con le associazioni dei Paesi in via di sviluppo e rigorosamente affidata a quei membri che hanno acquisito, negli anni, peculiari capacità di analisi della progettazione. Il GRT, con il suo staff di psicologi, psichiatri e educatori ha sviluppato azioni di intervento in tutti in continenti, operando in diversi paesi: in Romania, Nicaragua, Somalia e nello stesso Nepal con progetti che si rivolgono ai minori e ai bambini di strada; in America Latina e nel Corno d'Africa, soprattutto in Somalia, con progetti sulla salute mentale; in Guatemala e in Mali con interventi di studio sui metodi di medicina tradizionale e di sostegno alle associazioni di guaritori; infine, sempre in Guatemala e in Nepal, con iniziative a sostegno delle etnie di minoranza. Il lavoro del GRT ha come obiettivo finale e come criterio metodologico fondamentale quello di rendere più efficace la distribuzione delle risorse attraverso progetti cooperativi che escludano il totale sostentamento o comunque l'assistenzialismo delle istituzioni locali.


FEDO (Feminist Dalit Organization) è una ONG con sede a Kupondole, nel Lalitpur, in Nepal. L'organizzazione è nata nel 1994 per iniziativa di donne dalit istruite, ed è l'unica in tutto il Nepal fondata da donne dalit. L'obiettivo è migliorare la condizione di vita delle donne e della comunità dalit. Lo staff amministrativo e operativo di FEDO è stato ristrutturato, e oggi non è più composto solo da dalit, ma anche da appartenenti a caste alte (ad es. Bramini) che sposano la causa antidiscriminatoria dell'organizzazione e la cui partecipazione all'interno del movimento è libera. I programmi di FEDO consistono in azioni dirette a favore delle donne e dei bambini dalit

e in campagne sulla difesa dei loro diritti a livello locale, nazionale e internazionale per eliminare la discriminazione di casta e di genere. Le azioni dirette sono in ambito dell'istruzione e della sanità. L'istruzione è vista infatti come il motore dello sviluppo economico e della crescita per raggiungere una società equa, basata sui valori dei diritti umani, della giustizia, dell'uguaglianza e della pace. La mancanza di istruzione in Nepal è strettamente collegata alla

povertà, ai conflitti armati, alla violenza, all'ingiustizia e alle violazioni dei diritti umani. Per quanto concerne la sanità lo scopo dei programmi consiste nel far nascere all'interno delle comunità dalit la consapevolezza dell'importanza della salute, delle misure preventive da adottare per evitare i principali problemi di igiene. Parallelamente si punta alla creazione di servizi sanitari disponibili nelle varie zone. Riepilogando gli obiettivi specifici dell'organizzazione sono: - aumentare il livello di alfabetizzazione delle donne dalit, attraverso progetti di formazione e istruzione;

FEDO

Feminist Dalit Organization

- migliorare le condizioni economiche delle donne e delle comunità dalit attraverso programmi di microcredito; - migliorare le condizioni di salute e igiene delle comunità dalit attraverso progetti di educazione alla salute; - restituire dignità e consapevolezza di sé alle donne dalit; - portare all'attenzione dell'opinione pubblica, nazionale e internazionale, i problemi della comunità dalit in generale e delle donne dalit in particolare. FEDO lavora con una metodologia molto simile a quella del GRT: la scelta dei beneficiari è la conseguenza di una presenza attiva nell'area e della costituzione di gruppi locali che lavorano in programmi specifici.


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Il Nepal è uno dei soli tre paesi al mondo in cui le donne vivono meno degli uomini. Il centro della vita sociale, in Nepal, è la famiglia, che segue la discendenza patrilineare. I matrimoni sono combinati e avvengono generalmente tra persone che appartengono alla stessa casta e gruppo. La sposa si trasferisce nella casa dello sposo insieme ai suoceri. La donna è un essere impuro per definizione, in quanto in alcuni momenti della sua vita è fonte di contaminazione (durante il parto, nei cicli me struali). Per

questo viene considerata inferiore all'uomo e, come è scritto nell'antico testo Vrddhacanakya, “…la donna ha 3 virtù soltanto: curare la casa, far figli, morire insieme al marito…”. La donna è per sua stessa natura un essere incompleto, che ne ce s sita della relazione con i membri maschili della famiglia. Quindi non è un essere umano indipendente e autonomo ma legato in tutte le fasi della sua vita al capofamiglia: il padre, il marito, il suocero. Per questo la condizione delle vedove e delle nubili è particolarmente pesante, discriminate ed emarginate in quanto donne sole. Tale sistema patriarcale contribuisce

ad una distribuzione iniqua delle risorse nella fa mi glia e nella comunità: la don na ha scarso accesso all'istruzione, al lavoro retribuito, alla partecipazione nella vita pubblica, alla presa di decisioni e alla pianificazione familiare. Anche nella vita politica, le donne, che per legge dovrebbero occupare il 5% dei posti nel Parlamento, sono in realtà pochissime. Nonostante nel 1995 sia stato creato il Ministero per le politiche femminili (Ministry of Women Affairs) le discriminazioni di genere sono ancora molto forti e impediscono la partecipazione attiva alla vita politica, giuridica e amministrativa del Paese.

Essendo il Nepal un paese prettamente rurale basato su comunità di villaggio, le controversie, i problemi e gli accordi legati alle famiglie della comunità vengono tradizionalmente risolte nelle assemblee degli uomini anziani del villaggio. Le donne dalit, quindi subiscono una doppia discriminazione: di genere e di casta. So no le ultime nella gerarchia sociale, anzi è più appropriato dire che sono letteralmente fuori dalla società. I loro diritti sono totalmente ignorati, anche dalle poche associazioni femminili presenti nel paese, poiché queste associazioni sono fondate e composte da donne apparte-


Namaste, cari amici!

Ci han no

o t a t n o c c ra

Mi chiamo Indira Ghale e ho 34 anni. Vivo nella regione orientale del Nepal chiamata Dhankuta, dove lavoro come insegnante alla scuola media Tribeni. Nella mia famiglia siamo sette fratelli, cinque femmine e due maschi. Sono nata in una famiglia di sarti, che tradizionalmente appartengono alla casta dei dalit, ovvero gli intoccabili della società indù nepalese. I miei genitori non hanno ricevuto un'educazione scolastica, sono economicamente svantaggiati, non riconosciuti politicamente e socialmente intoccabili, come il 20% della popolazione totale del mio Paese. Mia madre ha avuto il primo figlio a quattordici anni, un anno dopo essersi sposata. Doveva avere tanti figli perché mio padre voleva avere un maschio. C'è una canzone molto popolare nella nostra società che viene cantata

quando nasce una bambina, che recita così: Kori deu aama, Bati deu aama phool pani Lagai deu Ma aauti cheli Dher Bhaya Bhane Tammer ma Bagaideu che significa: Mamma, fammi bella, mettimi un fiore tra i capelli ma se pensate che io sia un peso per voi vi prego, lasciatemi nel fiume. Il giorno della mia nascita, e i dieci giorni successivi, mio padre non ha nemmeno voluto guardami in faccia, solo perché ero nata femmina. È stata mia madre a spingermi a studiare, perché voleva che avessi una vita migliore di quella che era toccata a lei, in modo da poter essere una guida per le altre donne della comunità. Negli anni scolastici non pensavo mai alla mia casta, perché potevo studiare e alloggiavo in un convitto nella capitale del Nepal, a Kathmandu. Ma dopo il liceo ho dovuto interrompere gli studi perché mia madre era morta e mio padre pensava che mantenere una figlia fosse come "versare acqua nella sabbia", un pensiero condiviso da molti uomini nella nostra società. Così ho subito iniziato a lavorare come insegnante ele-


avremmo dovuto passare la notte. La donna di casa ci chiese a che casta appartenessimo e noi rispondemmo sinceramente. Per questo non ci fu permesso di rimanere in quella casa e neanche di usufruire della riserva d'acqua pubblica che i paesani utilizzavano per bere e lavarsi, dato che non c'era una rete idrica nel paese. Che senso di prevaricazione provammo quel giorno, solo per il fatto di essere dalit! Era ormai notte fonda e noi non avevamo un posto dove pernottare e non avevamo cibo per sfamarci, nonostante fossimo venuti come loro superiori per monitorare i programmi per le caste più basse. Alla fine trovammo una casa dalit in cui passare la notte, ma quel giorno ho davvero provato dolore per la condizione della nostra casta. In quel momento capii che i dalit sono più miseri dei cani. Un grande quesito frulla nella mia testa: perché la società

accetta senza problemi il lavoro, le competenze e il sangue dalit ma non ci permette di bere la stessa acqua di persone di altre caste? Da quel giorno ho deciso di dedicare la mia vita alla lotta contro le discriminazioni di casta e di genere. Dato che solo lo 0,5% delle donne dalit hanno un'educazione, ho deciso di fare qualcosa per migliorare la loro vita terribile, a partire da una presa di coscienza del loro infimo livello. Sono una giovane donna che lotta contro la discriminazione sessuale e di casta, ho vissuto molte esperienze amare nel mio lavoro, durante le visite a zone rurali, ma anche nella capitale. Mi confronto ogni giorno con i problemi derivati dall'appartenenza alla casta dalit: non mi è permesso di

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mentare per mantenere le mie sorelle e finanziare i loro studi. Ma non è facile essere un'insegnate della comunità dalit, specialmente per quanto riguarda il rapporto con gli altri insegnanti e con gli studenti, i cui genitori ad esempio non vogliono per i loro figli un'insegnante della mia casta. Ho sperimentato il grosso divario sociale che ancora esiste tra dalit e non dalit sulla mia pelle. Tre anni fa lavoravo ad un programma di mapping delle comunità per conto di un'ONG, per la quale ho dovuto visitare 65 distretti del Nepal su 75. Il nostro programma riguardava i dalit: per loro, per le donne e altre persone svantaggiate di questa casta, abbiamo camminato 25 giorni in una regione collinare del Nepal orientale. Un giorno il sole era molto forte, non avevamo cibo né acqua da bere, portavamo carichi pesanti ed eravamo quindi molto stanchi. Io e la mia guida raggiungemmo il presidente dell'organizzazione presso cui

entrare nel tempio, usare fonti d'acqua pub b l i c h e , entrare in ristoranti o nelle case delle classi sociali più elevate, tutte cose che persino un cane può fare. Una relazione dell'UNICEF afferma che il 60% delle donne dalit è vittima di traffico di esseri umani a causa della povertà, e tutti questi dati non fanno che rafforzare la mia volontà di impegnarmi come attivista dalit. Sto raccogliendo informazioni su tutti i comportamenti inumani perpetrati ai danni dei dalit, sto creando una coalizione e costruendo una rete di relazioni in grado di influenzare gli oppositori e generare un cambiamento positivo, per poter ridurre gli atti disumani nei nostri confronti. Attualmente sto lavorando per l'organizzazione dalit chiamata FEDO, l'unica in Nepal. Sono un membro primario, nonché presidente del distretto, ma ho iniziato come volontaria da quando è l’associazione è stata fondata. Oggi conta circa 300 membri a Dankhuta. Lavoriamo partendo dalla base perché crediamo che solo creando cambiamenti dal basso verso l'alto ci saranno risultati effettivi e potremmo finalmente smettere di vergognarci.


di un a

. ne io az

Il ric or do

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“A good turn remembered� Kesar Lall Lore and Legend of Nepal published by Ratna Pustak Bhandar, 1978 Kathmandu, Nepal


treinta | treinta y uno 24|25 30|31

“È arrivato il mio momento”, disse una donna a suo marito sentendo sopraggiungere i dolori del parto. “Vorrei bere un goccio di vino”. Ma i due erano molto poveri e in casa non era rimasto un solo centesimo. “Aspetta”, disse il marito. Prese un’ascia e si recò nel bosco, tagliò alcuni rami da un albero e si diresse in tutta fretta in paese per vendere la legna e raccattare qualche spicciolo. Sulla via del ritorno però incontrò un gruppetto di persone che giocavano al gioco delle tre carte e il pover'uomo fu tentato di provare la fortuna. Naturalmente, i pochi soldi guadagnati con la legna scomparvero in men che non si dica, lasciando il poveretto in uno stato di prostrazione. Preoccupato oltre misura, l'uomo tornò a casa e vide che la moglie era svenuta. In preda alla disperazione più cupa, afferrò un coltello e andò nel vicino boschetto, intenzionato a metter fine alla sua miserabile vita. Tuttavia, proprio mentre meditava di uccidersi, un ladro di nome Saincha passò di lì e gli impedì di mettere in pratica il suo nefasto proposito. Il pover'uomo gli raccontò la sua triste storia e Saincha, mosso a compassione, gli propose di aiutarlo e gli chiese di aspettare il suo ritorno. Il ladro non ci mise molto a rubare una borsa piena di monete d'oro dalla casa di un mercante e in poco tempo tornò dall'uomo e gliela consegnò. Quest'ultimo non poteva credere ai suoi occhi e, felice dell'inaspettato risvolto che avevano preso le cose, ringraziò devotamente Saincha e tornò a casa, dove nel frattempo sua moglie aveva dato alla luce un maschietto. Con il denaro che ora possedeva, l'uomo fu in grado di prendersi cura adeguatamente della moglie, la quale presto si rimise completamente. Inoltre, l'uomo in breve tempo divenne un abile mercante ed accumulò ricchezze a dismisura, che permisero alla famiglia di vivere felice e contenta per il resto della sua vita. Non dimentico dell'enorme favore ricevuto da Saincha, l'uomo comprò un grosso appezzamento di terra nei pressi del villaggio di Tokha con l'intento di farvi celebrare una volta all'anno un rito religioso in memoria del suo generoso benefattore. Si dice che la cerimonia annuale in ricordo di Saincha abbia luogo ancora oggi e vi partecipino i discendenti dell'uomo al quale



Il progetto 2004. Dalit, gli intoccabili. Il budget


Il budget Costo unitario

Costo totale

NPR

EURO

NPR

EURO

18 DIARIE

46.280

500

833.040

9,000

MATERIALE DIDATTICO PER 12 STUDENTI

4.628

50

55.536

600

MATERIALE DIDATTICO PER 6 STUDENTI (SANITARI)

7.405

80

44.430

480

TASSE SCOLASTICHE PER 18 STUDENTI

4.628

50

83.304

900

-

-

185.120

2.000

10 BICICLETTE

6.479

70

64.790

700

4 MOTOCICLETTE

185.120

2.000

740.480

8.000

MEDICINALI (PACCHETTO FORFAIT)

-

-

86.081

930

4 SET DI ATTREZZATURE MEDICHE PER CLINICHE MOBILI

46.280

500

185.120

2.000

2 COMPUTER PORTATILI PER ATTIVITÀ NEI VILLAGGI

157.352

1.700

314.704

3.400

Totale

-

18 borse di studio per donne dalit: 6 per insegnanti, 6 per personale sanitario e 6 per “advocacy” (formazione legale)

Materiale informativo Produzione di opuscoli e articoli informativi a livello centrale sulle tematiche di genere e casta FORFAIT

Attrezzature

- 2.592.606 28.010


su un'operatività più ampia e più antica vuole rinforzare la formazione professionale nei villaggi con insegnanti e personale sanitario e con esperti nella tutela dei diritti umani, che poi allargheranno quanto più possibile il loro sapere. Il progetto prevede la concessione di diciotto borse di studio, 6 per insegnanti dalit che possano quindi entrare nelle scuole e sostenere l'inserimento dei bambini, 6 per personale sanitario dalit (medici, ostetriche, infermieri), 6 per studenti in formazione legale mirata alla difesa dei diritti

umani. Le borse di studio, divise in diaria, materiale didattico e tasse scolastiche, permetteranno ai villaggi di avvalersi di diciotto professionisti importanti per rivitalizzare la necessità formativa e per la riproposizione della propria im magine e op portunità come gruppo etnico. Un secondo strumento che il progetto prevede è un piccolo fon do per opuscoli e articoli informativi sulle tematiche di genere e casta con l'obiettivo di aumentare la consapevolezza del proprio valore e far emergere le contraddizioni di rapporti tra

gruppi che vanno riequilibrati socialmente e culturalmente. Nel progetto precedente che il GRT ha finanziato all'associazione FEDO erano state costituite cliniche mobili per far fronte, in modo itinerante ai problemi di salute della popolazione dei distretti di Rupandehi e Sirha. Questo progetto intende potenziare le strutture di mo bilità sanitaria con 10 biciclette e 4 moto. Inoltre si po ten zierà la strumentazione sanitaria con medicinali, attrezzature mediche e due computer per la raccolta dati e le schede dei

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L'organizzazione nepalese FEDO lotta da anni per migliorare il tenore di vita delle popolazioni dalit. La povertà spesso molto grave, con i suoi corollari di ma lattie e di assenza di prospettive, non distingue dalit da altri gruppi nepalesi altrettanto poveri. La distinzione è nell'intoccabilità, nell'impossibilità di partecipare alla dialettica sociale e politica del Paese. È per questo che FEDO nella sua progettazione per interventi di aiuto, privilegia la formazione e l'acquisizione di saperi. Il progetto presentato, che si innesta


http://www.ahrchk.net/ma/index.php

FEDO Feminist Dalit Organization P.O.Box 4366 Kathmandu, Nepal Tel. 0977-01-520982 or 543986 Fax 0977-01-520982 e-mail: dms@fedo.wlink.com.np


GRT Gruppo per le Relazioni Transculturali

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Via Desiderio 26/A 20131 Milano Tel./Fax.: +39 0226681866 e-mail: grt@una.org



Noi, Xmas Project 2004


Donna in burka “… Ho indossato il burka anche per comprendere meglio cosa vuol dire essere una donna afgana. Cosa vuol dire doversi accalcare nelle ultime file sovraffollate riservate alle donne quando l’autobus è mezzo vuoto. Cosa vuol dire doversi raggomitolare nel bagagliaio di un taxi perché c’è un uomo nel sedile posteriore. Cosa vuol dire sentirsi gli sguardi addosso per essere un burka alto e attraente e ricevere il tuo primo complimento da burka da parte di un uomo per la strada. E poi ho capito cosa vuol dire odiare il burka.” Åsne Seierstad, Il libraio di kabul stefano, susanna e veronica capellupo


Donne madri del mondo, mistero sapiente ed antico. Raggi di luce difratta in mille colori: ferme eppure volubili, complicate eppure semplici, testarde eppure docili. Forti di questa variegata unicitĂ , non sempre consapevoli di possederla.

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adriana crippa ed eddy scarso

Un giorno, tanto tempo fa, di fronte ad un bivio della mia vita scelsi un cammino che non era dritto, nĂŠ tracciato sulle mappe esistenti e da allora mi sono sentita spesso colpevole o vittima, una buona o cattiva ragazza, per quella scelta che ha cambiato il senso della mia vita. Adesso so che non ho sbagliato, ho semplicemente sfidato le regole. Non sono una cattiva ragazza, ma una donna che cerca solo di essere se stessa e non come il mondo vorrebbe che fosse. Basta ai sensi di colpa, non sono meno e non mi vergogno piĂš delle mie scelte: le amo e le rifarei, accetto il dono e la responsabilitĂ di essere me incondizionatamente. sabrina lombardi


“ E ti diranno parole rosse come il sangue, nere come la notte ma non è vero, ragazzo, che la ragione sta sempre con il più forte; io conosco poeti che spostano i fiumi con il pensiero, e naviganti infiniti che sanno parlare con il cielo. Chiudi gli occhi, ragazzo, e credi solo a quello che vedi dentro stringi i pugni, ragazzo, non lasciargliela vinta neanche un momento… Lasciagli dire che al mondo quelli come te perderanno sempre, perché hai già vinto, lo giuro, e non ti possono fare niente. Passa ogni tanto la mano su un viso di donna, passaci le dita; nessun regno è più grande di questa piccola cosa che è la vita.” Da Sogna, ragazzo sogna, Roberto Vecchioni raffaella foschi

ne parlo a nome di quelle persone che hanno tutti quei falsi problemi creati da questa orrida ingrata ignobile società che ti impone mille schemi mille idee nelle quali e per le quali tu essere che dovresti essere non sei e ti crei quei tabù che non ti permettono di evolvere verso la libertà che è aria che è amore incondizionato di tutti e verso tutti... se puoi abbandonali per diventare un essere puro... luisa baldini

Ci sono posti in cui non si può scegliere cosa mangiare per cena... ci sono posti in cui non si può scegliere come vestirsi... ci sono posti in cui non si può scegliere che lavoro fare... ci sono posti in cui non si possono scegliere gli amici... ci sono posti in sui non si può scegliere come vivere... Noi in questo posto possiamo scegliere di aiutare chi non ha scelta, perché per chi non ne ha i divieti sono troppi. alessandra ghirotti


“Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul lavoro chi non rischia la certezza per l’incertezza, per inseguire un sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati...” Neruda

Whenever a taboo is broken, something good happens, something vitalizing… Taboos after all are only hangovers, the product of diseased minds, you might say, of fearsome people who hadn’t the courage to live and who under the guise of morality and religion have imposed these things upon us.” Interview in the Paris Review summer 1961, Henry Miller (1891-1980) simon cripps

In un mondo in cui violare le regole è diventato sin troppo facile ed essere "alternativi" una tendenza e un vanto più che una scelta consapevole, ciò che realmente conta è capire quali regole rispettare, quali possono essere infrante, contro quali è necessario combattere. Che tutti noi si riesca in ciò ... questo è il mio personale, ambizioso augurio per l’anno alle porte. claudia muro

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daniela galbiati


Penso ai divieti del "piccolo Fabio". Mio padre: "Non mangiare le BIG BOUBLE, sono fatte con il grasso dei topi". "Non andare in bicicletta sulla strada". I vecchi: "Non si va sul marciapiede in bicicletta" Io: Mangiavo BIG BOUBLE, e ne facevo palloni aerostatici, in "penna" per via Cagliero, sulla mia BMX gialla; e mi prendevo i vaffanculo dei vecchi quando saltavo giù dal marciapiede" (non dirlo a mio padre che si arrabbierebbe ancora!...) I tabù. Ho iniziato a conoscerli quando i miei genitori mi hanno dato le chiavi di casa (era presto) e sono uscito. Altri: Uuuh, non sei stato battezzato?!" (ipocriti, perbenisti e conformisti). "E la comunione? La cresima?" "Tua sorella è uscita di casa a 15 anni e a 17 ha avuto una figlia che ha quasi la tua età!?" Ricordo con ironia piccoli tabù legati alla mia infanzia e adolescenza, che allora mi condizionavano e mi facevano nascondere. Oggi, sono Fabio. Piango, gioco con le bambole, urlo, parlo agli sconosciuti e mi piace ricevere fiori in regalo. Sono omosessuale, perverso, grasso e cattivo, negro, ebreo, islamico e ateo. Sono figlio dei miei ricordi e sopravvissuto ai divieti (obbediti e trasgrediti) ed ai tabù. Ancora prigioniero, condizionato e in perenne ricerca del punto di equilibrio. Divieti e tabù, mi piace, ci sono! fabio russo


tu, quando nasci, sei rosa quando cresci, sei bianco quando è caldo, sei rosso quando è freddo, sei viola quando hai paura, sei giallo quando sei malato, sei verde quando muori, sei grigio. dimmi allora, perché continui a chiamare ME di colore? lorida tieri

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amico bianco quando nasco, sono nero quando cresco, sono nero quando è caldo, sono nero quando è freddo, sono nero quando ho paura, sono nero quando sono malato, sono nero quando muoio, sono nero.


Non si può Non devi Non è giusto Non sta bene Non puoi farlo Non è accettato Non crederci Non sperarlo Non aiutarlo Non avvicinarlo Non pensarlo Non baciarlo No! Ma sono i miei sì che hanno acceso un sorriso. augusta mamoli

“...liberi liberi siamo noi però liberi da che cosa chissà cos’è...” (Vasco) benedetta nocita


Tabù: termine di origine polinesiana. Significa sacro, consacrato, ma

frida frezza

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anche proibito, impuro pericoloso. I tabù sono una sorta di legge non scritta che regola la vita dei popoli sotto forma di riti, tradizioni, usanze, ma anche proibizioni e limiti. In genere li associamo a civiltà meno evolute,… ma è proprio così? Uno dei più grandi tabù della nostra società è la “diversità e l’accettazione di chi é “diverso”. Per motivi di studio ho condiviso per alcuni anni l’appartamento in cui vivevo con altri studenti e, forse, per una mia particolare curiosità e attrazione verso le persone originali, ne ho conosciute alcune molto interessanti. Athena: studentessa di medicina, aveva trascorso 6 mesi in Amazzonia a curare i bambini delle tribù; girava con una moto di grossa cilindrata, praticava parapendio e, per guadagnare un po’ di soldi, consegnava pizze a domicilio, coinvolgendomi delle volte in questi giri notturni. Maya: rifuggiva ogni comodità e ogni abitudine consumistica; dormiva per terra, usava le candele al posto della luce elettrica, non usava il telefono, e figurarsi poi se aveva mai visto una discoteca…!! (Io, a quel tempo, ero il suo esatto opposto).

Anthony: americano dell’Illinois, nonna siciliana di Corleone emigrata negli Stati Uniti, il cui principale hobby, nonostante l’età, era il bowling, genitori più volte separati e risposati e un mucchio di fratelli e sorelle che per la maggior parte si chiamavano Mary Jo, in onore della nonna Maria Giuseppina. Amava l’Italia ma poi è tornato a vivere negli Stati Uniti perché, “ci sono più opportunità di lavoro e si guadagna di più”! Grazie a loro, allo scambio di opinioni, ai giorni trascorsi insieme, ho vissuto le esperienze più interessanti della mia vita e ho tratto i maggiori insegnamenti: ho imparato ad essere tollerante e a capire che, dietro le apparenze, ci possono essere persone che hanno molto da trasmetterci e da insegnarci. La diversità solitamente allontana, si è più portati ad accettare chi appare simile e vicino a noi, ma una sana curiosità verso gli altri aiuta a crescere.

Diffondiamo l’idea del Xmas Project… OK. Ma a chi parlarne? A tutti o solo a chi riteniamo più sensibile verso l’argomento? Io sono per la seconda (forse perché più facile) anche se penso giusto e logico coinvolgere anche quelle persone più distanti dall’attenzione verso il prossimo. Tutte balle... Per qualcuno la verità è una sola, e mi chiede: “Qual è il tuo obiettivo?” “Raccogliere fondi” rispondo! Bene, questa deve essere la tua unica molla, mi rivela con voce ferma e mi porge un foglietto con scritto: PECUNIA NON OLET... Decido di superare il mio iniziale scetticismo e mi ci butto a capofitto. Buon risultato, forse migliore di quanto l’uomo di vendita si sarebbe aspettato... TABÙ superato? Mah, probabile... sicuramente obiettivo raggiunto. claudio elie


Il paese di Indovinaunpo. Questa è la storia di una fanciulla chiamata Girasole. Il padre raccontava che quando la creatura aveva fatto la sua comparsa sulla terra tutti i girasoli che circondavano la loro casa si erano voltati verso di lei per festeggiarla. Girasole viveva in un paese piccolo piccolo di nome Indovinaunpo. In questo villaggio di poche anime, le casette erano tutte di colori diversi, rosso rosso, giallo giallo, verde a strisce a pois a stelline…Ognuno poteva scegliere il modo più congeniale di colorare la propria dimora. L’unico colore vietato era il grigio: infatti il sindaco del paese sosteneva che mettesse troppa tristezza e “Del resto - diceva - chi vorrebbe mai colorare la sua casa di grigio?”. Il sindaco era stato eletto all’unanimità dal consiglio comunale dei panciavuota e delle gambe secche per aver inventato l’indovinello più intricato e divertente che ancora nessuno era stato in grado di risolvere. Girasole viveva in una bellissima casa blu cielo, con una porta di stelle, grandi finestre arancio e un noncancello fatto di enormi matite colorate. La bimba cresceva felice e

spensierata, in un ambiente incredibilmente fantasioso dove era vietata la parola Mai e tutti quanti raccontavano avventure e rebus stravaganti. Girasole adorava andare a scuola perché ogni giorno imparava cose nuove sulla natura, i fantanimali e i punti di domanda e la maestra Bibaluba aveva sempre tante storie sugli abitanti del bosco, fate e folletti, e sui terribili stirati quelli che erano stati appiattiti dalla maga Culona. Un giorno però Bibaluba si trasferì con il suo sposo nel paese dei Senzaffitto, così chiamato perché il capo villaggio aveva vietato i canoni d’affitto, e venne sostituita dalla signorina Nonpotet. Subito le cose andarono male, la maestra usava una sola e unica affermazione: Non si può. Non si poteva ridere mai neanche durante gli sballointervalli, non si poteva disegnare e tirare palle di pongo contro il muro delle cose impossibili. Inoltre la Nonpotet diceva che erano tutte stupidaggini le storie che circolavano sulla montagna davanti al paese: si diceva che la montagna fosse la pancia di un vecchio gigante che si era addormentato proprio in quel punto per aver mangiato troppa cioccolata. Una mattina Girasole arrivò in classe vestita

da clown. La piccola aveva notato che i suoi compagni erano sempre + tristi e senza energia, non avevano più voglia di giocare e allora aveva pensato di rallegrarli in questo modo, visto che nemmeno le continue cadute di Mirko Pestacacca li facevano ridere. Nonpotet quando la vide così conciata iniziò ad urlare e la espulse immediatamente “A non più ritorno” così disse, dalla scuola. Girasole pianse per 12 notti di fila, poi decise che aveva pianto abbastanza e si mise a studiare da casa aiutata dal padre e dal cane a due teste Zighi e naturalmente dai punti di domanda, i libri parlanti dei bambini di Indovinaunpo. Girasole diventava ogni giorno più colta, intelligente, creativa e, come le fanciulle di tutte le favole, bellissima. Una mattina mentre stava facendo degli importanti esperimenti di miscelazione cercando di trovare nuovi gusti di gelato, irruppe alla sua porta un menestrello di nome Lunghebasette. Lunghebasette le raccontò dei paesi che aveva visitato: del paese delle Quattrosmorfie, dove tutti gli abitanti avevano delle faccette allegre e facevano smorfie terrificanti quando si pronunciava la parola dovere e lavoro; di quello delle Parolenondette in cui ogni giorno era vietato l’uso verbale di una


erano sprangate, le porte avevano dei forellini da cui si intravedevano gli occhi impauriti dei loro abitanti. Nessuno usciva mai se non per andare al lavoro e tutti avevano paura di tutto. si raccontava che tanti anni or sono un vecchio imprenditore di nome Otterom avesse imprigionato la loro fantasia in un barattolo di nutella, infondendo in loro solo paure, terrore, scarsa fiducia in se stessi e negli altri e imponendo il divieto di Ridere. Era il paese di Tabù, dove, ahimè era cresciuta la signorina Nonpotet. Girasole si rese conto che doveva tornare indietro per salvare il suo villaggio dai danni che avrebbe potuto arrecare la Nonpotet. Si misero subito in cammino e grazie ai pattini supersonici regalati dalla vecchia nonna Colomba giunsero in quattro ore a Indovinaunpo. Girasole non perse tempo, si mise in cucina mentre il padre Erat le riassumeva le cose terribili realizzate dalla Nonpotet e fece 500 torte, 200 crostate, 1000 gelati, 10000 focacce, con caramelle e praline,60 bignè esplosivi e saltellanti, 4 o 5 ciucci giganti e bombe di cioccopanna insomma tutto quello che serviva

per uno Sporcatutto festival. Mandò un invito allo zucchero sputacchiante a tutti gli abitanti del villaggio che si presentarono titubanti nella grande piazza ovale. Non appena videro di cosa si trattasse parteciparono eccitati a tutti i giochi, recuperando in un battibaleno sorriso e vitalità. Il vincitore del primo premio, colui che più di tutti era riuscito a macchiarsi ingurgitando il maggior numero di dolciumi e pizzette, fu Pestaccacca Mirko seguito a breve distanza da Salamella Gina. L’armonia di Indovinaunpo era ritornata e la signorina Nonpotet? In un primo momento aveva cercato di boicottare il festival, urlando e cancellando le macchie con uno spray del famoso smacchaittutto Viava ma alla fine si era arresa e dopo essere stata colpita dall’ennesima bomba al pistacchio aveva reagito intervenendo alla festa. Girasole e Lunghebasette non avevano ancora concluso il loro compito; c’erano ancora molti luoghi in cui divieti assurdi e paure ataviche avevano imprigionato la libera fantasia dei loro abitanti. laura dozio

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parola, che però poteva essere scritta o mimata e via così... Tra i due nacque subito una profonda e fedele amicizia e decisero di partire insieme per esplorare nuovi mondi. Nel frattempo a Inovinaunpo Nonpotet aveva creato un piccolo esercito di grassi, paurosi e caccolosi bambini, senza più voglia di giocare e ridere che stavano imparando solo quello che non si doveva fare: Nonpotet era riuscita a imprigionare la loro fantasia, come tanti anni prima qualcuno aveva fatto con la sua. Anche i colori delle case non erano più accesi e brillanti: circolò persino la voce che si volesse ripristinare l’uso del grigio o addirittura che, il consiglio comunale formato da quelli che avevano le orecchie più bizzarre, lunghe, a punta, con il lobo piccolissimo o grandissimo o a virgola, stesse per approvare la legge che imponeva la ripittura di tutte le case di grigio. Eh sì, il villaggio non era più lo stesso! Tornando ai nostri due vagabondi, Girasole e Lunghebasette erano ormai in viaggio da molte lune quando giunsero nel posto più brutto che si potesse immaginare. Tutto era sbiadito, le finestre delle case

Le nuvole non hanno regole, perché non hanno mai rinunciato di sognare alla loro libertà. andrea gaeta


, bù Ta

Il termine pe rv tabù si riferisce er sio inevitabilmente al sacro, ad un’interdizione ne ec di carattere religioso, cultuon tro rale e morale che non è consillo gliabile oltrepassare. dosi Definito in questo modo il termine “tabù” appare unicamente nei suoi su un criterio di omogeneità e conforaspetti di minaccia. L’esistenza del mismo. In generale, nessuno graditabù è anche profondamente vantaggiosa, attraverso la sua presen- sce correre il rischio di rimanere ai margini e, quando l’esclusione si za ognuno di noi può evitare di mostra sulla porta, siamo spesso mettere in discussione innumerepronti a ritrattare o addirittura ad voli comportamenti, pensieri ed auto convincerci di non aver mai emozioni presenti nella propria pensato, sentito o desiderato quelquotidianità. In effetti, sappiamo la data cosa. bene che sarebbe troppo faticoso E così lentamente, come per incanridiscutere giornalmente buona to, se ne vanno pezzi di sé, di saluparte dei “mattoncini” che sono te, di possibilità di essere... alla base della nostra identità, delle nostre abitudini o più in gene- Fortuna mia, io vivo dei nostri tabù. rale del senso della nostra esisten- “Io di mestiere faccio il perverso”... za. La presenza del tabù, in qualche Queste parole sfortunatamente non sono mie, ma le ho sentite promodo, ci aiuta a mantenere una parvenza di tranquillità e ci autoriz- nunciare da un collega psicoterapeuta che, molto candidamente e za ad occuparci della nostra quotidianità senza doverci “ascoltare” e divertendosi, ha proclamato la sua identità professionale (ed inevitabil“ridefinire” minuto per minuto. mente personale) attraverso un terLa pena prevista per chi affronta il tabù si gioca spesso più nell’ambito mine comunemente poco apprezzato. La perversione fa pensare allo dell’immaginazione che di quello sporco, alla depravazione e alla del reale: il tabù è ricolmo di “non malattia. Il perverso è colui che detto” e, dove le cose non sono ama “fare il male”, è degenerato e scritte, la nostra fantasia ci guida mostra agli altri quello che nessunell’ideare atrocità e catastrofi. no vuole vedere. Questo non vuol certo dire che ci inventiamo delle punizioni; in effet- Devo ammettere che il collega ha ragione ed io non posso che ricoti, l’ostracismo a cui si può andare noscermi nella sua definizione: incontro viene accuratamente prospesso, infatti, sono pagato per la posto e protratto da coloro che mia perversione. Le persone che mantengono la loro solidità basan-

incontro desiderano raccontare buona parte di quello che giudicano incomunicabile. All’inizio capita di osservare sui persone che la volti qualche segno di vergogna e di pudore, pensano o si comma col tempo, forse attraverso l’accoglienza portano come noi. Se e l’assenza di giudizio morale, riescono ad ci sono, ad esempio, esprimere, e ad ascoltare a loro volta, tanti “viados” è perché quello che sentono di essere. c’è “mercato”, e se tanti Parliamoci chiaro: “ne abbiamo tutti sono gli acquirenti allora pieni i coglioni di buona parte delle anch’io ho il diritto di sentircose che ci hanno insegnato e di mi parte della comunità. tutte quelle cose che, in qualche Lo stesso ragionamento di tipo momento della vita, abbiamo deduttivo può essere applicabile desiderato imparare in modo ad una discreta parte dei comportada risultare accettabili, amabili menti che hanno a che fare il sesso, ed integrati”. la droga, le idee politiche, la religione, Esistono innumerevoli quela vita... stioni sulle quali le persone Ma cosa rimane di interdetto? Cosa ci che ascolto hanno riserbo, resta di vietato? I tabù esistono ancoalcune riguardano il sesso e i ra, ma probabilmente appartengono a più intimi desideri a riguardo, comunità più ristrette rispetto ad un ma vorrei evitare di fare il tempo e quello che è Sacro o proibito “solito psicologo” che la butta in una casa diventa inutile o lecito in sull’argomento caro ai più. quella accanto. Poco male... “il mondo In fondo mi capita di rado di è bello perché è avariato” diceva inciampare in veri e propri tabù un’altra collega. Pensando all’argosessuali: in qualche modo, per mento “Tabù” mi accorgo di rimugiquanto sia “maligno” il nostro nare su un termine che, nella mia piacere, riusciamo sempre a rifeesperienza attuale, ha assunto una rirci e a trovare riparo in altre connotazione di tipo magico: avete


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rimane da abbattere. Nell’ambito della psicologia clinica questo “fenomeno” è molto descritto. Schiere di persone si accaniscono nella ricermai sentito parlare ca di una illusione di “certezza assoluta” che di “CONTROLLO”? possa impedire che si avverino tutte le pos“I tabù svolgono una sibilità negative continuamente temute. funzione di controllo” e Ognuno se la cava come può e il “perverquesto è risaputo, ma io so” ha occasione di assistere alla grancomincio a ritenere che “il de fatica che viene fatta per mantenecontrollo” stesso forse è un re in piedi l’illusione. Buona parte Tabù. delle problematiche psicologiche Provo a spiegarmi meglio: mi riferibili ai nevrotici (ovvero alla sembra che il controllo della maggior parte di noi) hanno a che propria persona e, in particolafare con il controllo, con l’intollere, del mondo esterno, sia uno ranza della possibilità della dei pochi fattori che sono tuttora minaccia, con la paura dell’erroconsiderati sacri in buona parte re, con il timore della perdita, con del mondo occidentale. Io suggeil perfezionismo o con le ansie risco di pensare al rapporto che legate alla valutazione di sé. abbiamo con, ad esempio, le In realtà, gli psicologi suggerisco“previsioni del tempo” o con il no che la preferenza per uno cellulare che ci portiamo anche in stato di “relativo controllo” sulla bagno (...e ma se poi non sono propria vita è lecita e che il sograggiungibile?). Pensiamo alle getto normale è colui che è in rassicurazioni che chiediamo e grado di accettare la consapevoleza tutte le volte che compiamo za di non poter controllare tutto. delle scelte basandoci su penProbabilmente la sacralità del “consieri del tipo: “e ma... se poi trollo a tutti i costi” ci viene insegnata succede?”.Il controllo (e la sia attraverso messaggi diretti sia sua perdita) sono spesso attraverso l’osservazione delle modalità l’ultimo portone che ci

di controllo delle persone per noi significative. È presumibile inoltre che il bisogno di controllo sia scritto nel nostro codice genetico ed è facile pensare che la relazione esistente tra “controllo” e “sopravvivenza” e “controllo” ed “evoluzione della specie” sia, in buona sostanza, definita dentro di noi. Quando la sera guardo le previsioni del tempo penso che mi possano aiutare a capire se il mattino successivo potrò muovermi in automobile piuttosto che in motorino e questo influisce direttamente sull’ora del risveglio. Mi è utile “controllare” il tempo, in un momento della mia serata decido di barattare tre minuti di attenzione televisiva con la possibilità di dormire trenta minuti in più o in meno. Se faccio due conti devo costatare che mi conviene, il problema quindi non è certo questo. Comincio a pensare che il controllo sia un tabù nel momento in cui io permetto che la mia mente sia costantemente guidata da una legge non scritta che è riassumibile nel seguente pensiero: “devo controllare..., se non controllo è un casino, la mia integrità ed amabilità dipendono da quanto e come controllo e da quanto e come aderisco al controllo che mi viene sug

gerito”. Io, che di mestiere faccio il perverso, non posso fare a meno di chiedermi quale sia l’obiettivo di tutto questo controllo: allungarsi la vita? Guadagnare di più? Essere più famosi, apprezzati, ricchi, felici?... forse sì. Io ho la sensazione che “il grande inganno” si celebri proprio attraverso l’illusione che questi obiettivi siano raggiungibili attraverso “il controllo”. Sono diverse le cose che mi sfuggono e che non riesco a capire appieno, ma immagino che “l’atto di impegnarsi nel controllo”, oltre ad avere una buona funzione ansiolitica, sia un metodo molto efficace per evitare il vuoto, la noia e la monotonia. Spingendomi in territori più oscuri, posso pensare che i nostri controlli ci preservano dall’angoscia che ci può raggiungere al tramonto quando rischiamo di arrivare a chiederci: “che cosa ci sto a fare qui?”, “che senso ha tutto questo?”. Molte persone, in fondo, ricercano “un senso” nel loro esistere e forse è tuttora un tabù potersi permettere di pensare e di sentire “la mancanza di senso” che a volte ci accompagna. Il tabù forse è legato alle vecchie care domande: ”da dove vengo?”, “dove vado?”, “cosa ci sto a fare qui?”. Il controllo, o l’illusione di averlo, in fondo ci aiuta a non affrontarle o ad aderire a risposte precostituite che sono ricolme, a loro volta, di rituali di controllo. Mi raccomando, è un tabù! Proviamo a trattarlo con cura. Stefano Marchi


gabriele dozzini

InGiudizio Non solo meraviglie, ma anche gente senza odore pagliacci spaventosi cose vecchie e ripugnanti grasse margherite creature mai finite, nel sogno cavo del Grande uno. gente trista, china e mesta, campa tra i calcagni,

Sale il borghese disgusto per tanto squallore. Processata la miseria, Condannato chi la interpreta: non solo meraviglie, Il mio nome È scrigno di mondi, di molteplici Artefici Chi fa chi - chi fa cosa La folla Si raduna Intorno Al concetto Uno dice la sua E da sua Diventa mia. La seduta si apre E si toglie.

“La castità (...) non è stata per me una privazione, ma la premessa di una libertà. Per me la vocazione a questo servizio portava lontano dai desideri, dagli interessi personali. Spogliarsi di sé, questa è stata la libertà che ho inteso. È solo la mia esperienza. Ho conosciuto in quella terra uomini devoti che si sono rafforzati nel servizio attraverso il legame con una donna della terra di missione. Non davano scandalo anzi erano benvoluti. Ognuno ammansisce il corpo come può, non si può mentire alla propria carne. Abbiamo accettato una legge così ricca di divieti da non poterli onorare tutti. Essa è un catalogo dettagliato della perfezione, dunque impossibile da esaudire”. Erri De Luca, Aceto arcobaleno

silvia marchetto

vive in pula, stipa e sterco, mendicando fango.

Tabù. Quello che il mio bisnonno riteneva fosse la regola e che si è perso con lui nel tempo, attraverso mio nonno, mio padre... Il vecchio tradizionale “questo non si fa” che lentamente sfuma, modellando nuovi peccati, nuovi divieti, recinti diversi in posti diversi per motivi diversi. Combinazioni di poteri e pudori, saggezze e debolezze. Ora Io, testimone del mio tempo, questo lo capisco, lo comprendo e posso superarlo. Essere veramente libero e puro come un animale e vorrei raccontarmi davanti a tutti nudo, con tutte le mie più intime debolezze, ma “questo non si fa”. alberto mauri


Langston Hughes, La scala di cristallo antonietta e franco

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Marcello Ferretti

bruno quaini

“Tabù sono celle di una prigione chiamata omonimamente coscienza, sbarre che ci sono state imposte ed insegnato a non forzare da giudici nominati pregiuzio e ignoranza, evadere è arduo ma la fuga e possibile, utilizzando la lima nascosta nella torta intelligenza”.

Figliolo, ti dirò una cosa: la mia vita non è stata una scala di cristallo. C’erano chiodi, e schegge, e tavole sconnesse, e tratti senza tappeto: nudi. Ma continuavo sempre a salire, raggiungendo un pianerottolo, svoltavo un angolo, e certe volte entravo nel buio dove non c’era luce. Perciò, figliolo, non tornare indietro. Non sederti sui gradini perché ti è faticoso andare. Non cadere, adesso: perch’io continuo ancora, tesoro, ancora mi arrampico, e la mia vita non è stata una scala di cristallo.


fluxus hr

Sentendo parlare d'una società senza classi il fanciullo sogna un mondo che marina la scuola. Ed è con benevola indifferenza che sorride quando il professore di Viva la Francia lo informa che è l'ultimo della classe. E quando lo stesso educatore gli predica il suo grande Credito-Credo il ragazzo non comprende un solo predicato a tutte le sue omelie melodrammatiche e non presta alcuna attenzione a tutta questa Edificazione. E apprende con un sorriso che oltre che nella Storia di Francia è l'ultimo degli ultimi anche al Catechismo della Perseveranza. Dovreste vergognarvi gli dice il Mortificatore Perché dovrei vergognarmi dice il ragazzo Non mi avete detto voi stesso or non è molto Gli ultimi saranno i primi Allora aspetto. Jacques Prevert, L’insegnamento libero


Rupandehi (Nepal). 2004

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Per realizzare insieme con un piccolo aiuto un grande progetto: un sogno.

salvini luigi srl natale 2004


davide & alessia

scopriranno con la loro crescita i loro tab첫...

gLI eagles

e il tab첫 di scoprire i propri limiti con la vecchiaia che incombe...

giulia, paola e fabio maragno


Ci sono scelte, nella vita di ognuno, che portano a svolte importanti e che impongono di dover superare muri di difficoltà, incomprensioni, pregiudizi. Occorre avere dentro di sé grosse motivazioni e la certezza di affetti sinceri. Dalla sommità del mio muro, sono alle spalle insicurezze e solitudine, oltre, la fiducia di avere dentro di me ricchezza e tanto amore. Grazie a tutti coloro che, in questa faticosa scalata, mi hanno teso una mano. Grazie a chi ancora me la tiene stretta.

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luisa basso

patrizia sevieri

Il filo che passa tra le mani vuole essere simbolo di ciò che ci trasmettiamo tra esseri umani: affetto, esperienze e purtroppo anche le “nostre” verità che spesso si trasformano in discriminazioni, tabù, parzialità insomma nei limiti che ci siamo creati e che ci impediscono di vedere oltre... francesca & c.


Nel primo continente che attraverso c’è un amore travolgente. Nel secondo continente che oltrepasso c’è la pace universale. Nel terzo continente in cui mi avventuro c’è un immenso campo fiorito. Nel quarto continente che sorvolo ci son rondini danzanti. Nell’ultimo continente In cui giungo c’è un mondo tutto da scoprire. martina todesco


Un tabù come l’incesto? C’è stato un tabù che ha dato origine alla società umana; questo era la legge fondante la comunità che esprimeva un divieto punibile con la morte, la soppressione di chi lo infrangeva da parte della tribù. Oggi ci possiamo ritenere ancora prossimi a quell’uomo primitivo che ha espresso il totem e il tabù; ciò non di meno ha bisogno ancora di divieti da iscrivere nella sua coscienza. La riprovazione morale dell’atto sessuale tra consanguinei, come l’incesto, è entrata fortemente nel nostro vivere sociale che non è discussa minimamente, non trova ragioni né legittimazioni come invece ne trova ora la guerra… Si potrà arrivare ad uno stesso comportamento? Questa potrebbe essere una previsione per l’evolversi dell’umanità, che la violenza arrivi a disgustare gli uomini tanto da essere aborrita; così da non trovare nessuno che osi dichiararla senza essere lui stesso punito. Così da non trovare nessuno che impieghi l’intelligenza per costruire ordigni sofisticati come i missili e le bombe che uccidono. Già, poiché oggi chi costruisce quelle armi sono tanti uomini onesti e in pace con la coscienza, si dice, come il soldato che sotto la divisa perde la sua consapevolezza individuale e la responsabilità. Oggi con la guerra si spara da incoscienti e senza la paura di tribunali, di condanne per omicidio, ma non c’è mai un ordine da ritenere "superiore" al nostro intimo fare. Il nostro superiore è una coscienza che si modella a Dio. Dovremo essere sempre responsabili singolarmente di quello che facciamo. Per questo vorrei che la guerra diventasse un tabù. Il Tabù, la cui origine è misteriosa, potrebbe ricongiungerci con il sacro disperso dagli anni degli olocausti e delle guerre mondiali. Il tabù che ha dato origine al sacro, ci riconsegnerebbe la sacralità della vita… Riusciremo a riconquistarla? giorgio boratto

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C’è la possibilità che la guerra diventi un tabù?


Rientra a casa. Finalmente a casa. Una faticosa giornata di lavoro, anche oggi a scartabellare in ufficio per otto lunghissime ore…gli occhi mi fanno male, la schiena…ah! Che rigida. Le spalle dolenti, il collo teso. A ventotto anni sembro più un vecchietto di quaranta che un baldo giovane. Ho ancora un paio d’ore di tempo prima di andare all’incontro di preghiera in parrocchia, faccio in tempo a fare un po’ di ginnastica ed un bel bagno. Dlin dlon. Chi suona? A quest’ora? non aspettavo nessuno. Vabbé andiamo a vedere chi sarà mai. Apre la porta. Ci risiamo il solito negro che vuol vendermi qualcosa…che faccio. Un sospiro. “Ciao, mi chiamo Ismail, vuoi comprare qualcosa?”. “Ciao Ismail, da dove vieni? È da molto che sei in Italia”. Domande espresse con noncuranza. “Vengo dalla Costa d’Avorio... veramente sono qui clandestinamente, da due anni ormai. Aiutami, compra qualcosa, ho dei bei calzini, dei fazzoletti di carta, asciugamani...” “Non hai nulla che mi serve realmente ma se vuoi posso darti qualcosa da mangiare, ti va un panino o un frutto e qualcosa da bere?”. “Ti ringrazio, accetto volentieri ma devo tornare con soldi non con la pancia piena”.

E daje, vogliono sempre soldi. Gli darò un paio di euro, certo che se li guadagna facilmente, se andasse a lavorare invece che fare l’accattone sarebbe meglio per tutti. Gli preparo un panino con una birra almeno gli do un aiuto tangibile. Ismail aspetta fuori. “Ecco tieni un panino ed una birra”. “Grazie, davvero grazie, ma puoi anche comprare qualcosa? Un pacchetto di fazzoletti o dei calzini?” Che palle. “Dammi quella confezione di fazzoletti di carta, al peggio…la metto in bagno. Quanto vuoi?”. “5 euro.” “Esagerato, costa meno di due euro in supermercato e tu non hai certo costi di trasporto”. Ma che mi costa, posso anche aiutarlo, in fin dei conti fare la carità è una virtù. Parole sante!? “Prendi cinque euro ma non farti rivedere per un bel po’, ok?”. “Va bene, grazie. Prendi i fazzoletti e grazie ancora per il cibo.” Vuole stringermi la mano... è anche educato. Gli stringe la mano, Ismail se ne va, lui rientra... e senza pensarci si dirige verso il lavandino della cucina e si lava le mani. Una folgorazione, si guarda le mani e non capisce, perché se le sta lavando? Sentiva il bisogno di ripulirsi dopo aver dato la mano al negro... ad Ismail, ma perché? Tutto il suo decantato cristianesimo, fasullo

nel suo cuore, gli piomba addosso come un masso, le parole lette mille volte nei vangeli gli rimbalzano in mente “... ama il prossimo tuo come te stesso... Tutto ciò che farai al più piccolo dei miei fratelli lo avrai fatto a me... l’amore si dona senza sosta...”. Le forze vengono meno e le gambe si afflosciano. Lacrime scorrono lungo i primi solchi del viso. Una nuova coscienza si fa strada nel suo cuore ed il suo animo comincia a liberarsi dai vincoli che lo hanno stretto per anni. Senza pensarci corre fuori. Si getta in strada per cercare Ismail. Eccolo è ancora lì, alla porta di un’altra casa. “Ismail! Ismail!” Il giovane africano volge lo sguardo, stupito dalla foga che sente nel chiamare il suo nome, forse anche un po’ impaurito. Ma paura e stupore lasciano lo spazio ad una assoluta incredulità quando sente due braccia vigorose che lo stringono ed il calore umano passare dal corpo del bianco al suo. “Scusa Ismail.” Ismail non comprende ma la meraviglia è tanta e non sa cosa fare, cosa dire, come reagire. “Torna a casa con me, parliamo un po’, vorrei conoscerti…non mi sono neppure presentato, mi chiamo Isaac.” claudio sonego


galla veri e propri freni, ed è qui che scoprivo tabù reconditi, che mai avrei pensato di avere. Credo che sia importante il confronto con chi o cosa pensiamo sia differente da noi, proprio per scoprire che abbiamo delle resistenze rispetto a ciò che non ha una parvenza che ci somiglia, spesso si ha paura, paura di non sapere come comportarci, spesso entrano in gioco "credenze" ovvero qualcosa radicato in noi, che magari qualcuno o qualcosa ci ha insegnato, valori per noi fondamentali che però non ci permettono di "andare oltre" e che quindi non ci permettono di utilizzare una situazione, che si differenzia dal nostro quotidiano, per poter crescere. Crescere a parer mio significa imparare a vedere, significa comprendere, significa riconoscere la dignità altrui, significa uscire dal

nostro piccolo mondo, superare le paure, significa anche incontrare e considerare delle parti di noi stessi che non conosciamo, che non abbiamo mai voluto vedere, che sempre abbiamo temuto e tenuto nascoste. Da qualche parte ho letto questo: non si diventa uguali negando che esistano le differenze. Le differenze esistono e vanno riconosciute. Ogni essere umano è unico. Le differenze sono ciò che rende il mondo un posto interessante in cui vivere, molto spesso ciò che ci attrae negli altri è proprio ciò che li rende diversi da noi. Noi facciamo parte di un disegno molto più ampio di quello che crediamo conoscere; a volte è solo grazie alla comprensione di ciò che è differente da noi che possiamo vedere un po’ più in là, oltre i nostri confini. katia malgioglio

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Ho sempre pensato di essere una persona aperta alle diversità, che comprende le realtà altrui, che è disposta ad accogliere anche ciò che gli è sconosciuto e che è diverso dalle sue abitudini e consuetudini. Sono stata un tantino presuntuosa... ebbene, non è proprio così! Ad un certo punto della mia vita ho scoperto che oltre ai tabù che riconosco e identifico, situazioni nelle quali riesco a essere aperta e disponibile verso "l’altro", ce ne sono altri, altri più subdoli, nascosti, qualcosa di non immediata comprensione. Di recente, grazie ad un fatto importante capitato nella mia vita, ecco che mi sono ritrovata "faccia a faccia" con loro. È strano come le cose vadano diversamente da come ce le aspettiamo, molte volte ho detto:"in quella situazione farei certamente così", ma di fatto quando la situazione si presentava venivano a


P E N T A p h o t o

Con il bianco a colori!


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A chi chiedere it i ve ni te ag gr ed ai ut o qu an do vecchia domanda. A nane La solita dalla polizia? povera repubblica delle ba o e gli ri a ito un rr o te chi chiede aiut lla CIA sta avanzando sul uatemala G l de de to er ci ad quando un eser bombardano il paese? I le e degli Stati Amerinzia zazion aerei dell’Age i: le Nazioni Unite, l’Organiz i stessi Stati Uniti, nella tt tu e ino gl provarono con i, la stampa mondiale, perf inteso, che alla fine la ragion ht on al zi ig m w na D de e ti tr an al ni gr U le cani, gl i S ta ti ato tutto un de st e te ss lo) en fo el id e at es ch fr ché Il pr folle speranza se rv ì a nu ll a. er Dulles e il suo vice (non Abrenz era on N . so al av re bb e pr ev etario di stato John Fost imamente eletto di Jacopo . Il primo segr governo legitt ugno del 1954 pagnia il gi e Eisenhower, il l ch ne so e, ci dd de ca fetti la com evano Allen Dulles av indi doveva cadere. E in ef ed Mossadegh nazionalizzò i. Naturales qu m gl e am in ”, i oh ta gl M is de ani istro “comun del Primo Min mente nelle m ri tentativi infruttiferi n ra ra te l’I in “ 51 19 ny o pa va maggi dopo il Com ta mossa, e , nglo-Iranian O lla appena conpetrolif era “A i non gradirono molto ques rse economiche per via de me potremo co so es mente gli ingl nghilterra aveva scarse ri iuto degli Stati Uniti. “Ecco Dulles a un l’I l’a er hé st ro rc Fo se pe ie iò John (anche ale), Ch degh”, annunc gretario di Guerra Mondi clusa Seconda accarci di quel pazzo Mossa orno di giugno 1953. Il se iraniani gi ar tr un sb is ngton o min o finalmente teghi di Washi erativo per deporre il prim CIA. Non ci fu ra st ti al di ) della gruppo ano op in mano un pi oosevelt (nipote di Theodore in quella stanza, stato teneva o R ) an im av (K ov e si tr , Kermit preparato da one tra i potenti uomini ch a. Sappiamo poi come finì ic si et us i o sc as a di i ic qu id rò quas di natura giur hlevi che gene nessun dubbio lo scià Mohammed Reza Pa sa cr i e m es sa al andò al potere tt at ur a sp ie ta ta co n m as ad ambien25 an ni di di siasi opinione riconducibile e o le port bando di qual che aprì di fatt ti di sinistra e le estremismo all’attua islamico.

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William Blum, Il libro nero degli Stati Uniti


Mar 26 Ott, 2004 3:49 pm *Dear Mr. Vernon: We accept the fact that we had to sacrifice a whole Saturday in detention for whatever it is we did wrong, but we think you’re crazy for making us write an essay telling you who we think we are. You see us as you want to see us: in the simplest terms, in the most convenient definitions. But what we found out is that each one of us is a brain, and an athlete, and a basket case, a princess, and a criminal. Does that answer your question? Sincerely yours, The Breakfast Club.* *Gentile signor Vernon: accettiamo il fatto che dobbiamo sacrificare un intero sabato di detenzione, qualunque sia la cosa che abbiamo fatto di male, ma pensiamo che sia da pazzi farci scrivere un saggio per spiegarle chi pensiamo di essere. Lei ci vede per ciò che lei vuole vedere: in parole povere, ci definisce come le conviene di più. Ma ciò che noi abbiamo scoperto è che ognuno di noi è [più di] un cervello, un atleta, un’handicappata, una principessa, un criminale. Ciò risponde alla sua domanda? Sinceramente vostro, il Breakfast Club.* [monologo dal film "Breakfast club" 1985 tradotto da will] Cazzo, e iniziare a scrivere un pezzo "saraccando", probabilmente non è il migliore degli incipit... lo so, ma Numero uno può anche permetterselo credo... Divieti e tabù, paralizzante. E non mi sto allontanando dal vero. O forse la paura è il fatto di uscire dal formato elettronico e avvicinarsi alla carta, rompere il tabù, uscire allo scoperto... palesarsi. Perchè chi scrive, in pratica non esiste. Chi scrive, per la maggior parte di chi legge, è solo una serie di pixel che compongono uno schermo, che, a notte tarda, il più delle volte, si spegnerà. Non è carta, non è inchiostro, non è l’odore acido di una foto, non è. Per cui il primo tabù è proprio questo. Scrivere fuori dalla rete. I divieti nascono dall’ignoranza, parere mio, ovvio, quindi una breve spiega su chi, cosa e dove sono le persone che scrivono su www.2040.org. Potrei ricitare l’intro del sito, ma non credo servirebbe, forse è più chiaro se inizio a parlare di un gruppo di persone che passano insieme notti, pomeriggi, mattinate, senza vedersi, senza parlarsi, ma persone che ascoltano la stessa musica, leggono le parole degli altri, interpretando gli umori, gli accenti, persone che fanno dell’uso sconsiderato delle virgole e della punteggiatura, il modo di prendere una boccata di sigaretta nella discussione, di respirare, di eliminare le distanze, di stare insieme, a centinaia di kilometri di distanza. Cos’è 2040? È un non luogo, un non spazio... è il "disperato" tentativo di opporsi alle distanze, alla non circolazione delle idee, proprie ed altrui, è l’aver capito che non sono i divieti e i tabù a bloccarci, è la continua spinta alla omologazione, alla bieca accettazione della notizia altrui. Perchè non è il divieto...lo sfidare la legge che ci preoccupa, il problema è... il problema è che i divieti e i tabù continuano a servirci, sempre, altrimenti non sapremmo dove andare a incanalare la rabbia, la voglia di comunicare, la necessità di esserci che, in qualsiasi caso, restano il comune denominatore di

persone che popolano uno schermo a centinaia di kilometri di distanza. Il progetto... ognuno secondo le sue possibilità, secondo la sua voglia, parteciperà alla stesura di quello che leggerete. Qualche volenteroso, poi, dovrà sobbarcarsi, se riuscirà, se ne avrà voglia, di mettere in forma "stampabile" quello che avremo creato, magari mantenendo inalterato il layout di 2040.org. Detto questo, ditemi cosa ne pensate, aggiungete i contributi e vediamo cosa ne vien fuori, alla faccia dei divieti e dei tabù. ward2040

Soluzioni Ho quarant’anni, e me ne danno qualcuno di meno. Ho studiato, sono laureata, e ho un buon lavoro. Non fumo, mi piace guidare, andare a teatro e al cinema - mi fa impazzire Tarantino….Cucino niente male, modestamente, nessuno si è mai lamentato di una mia cena. E sono incinta. Finalmente. Si, finalmente. L’ho scoperto solo tre giorni fa; io non ho mai usato anticoncezionali, capito, ma un figlio non è mai arrivato. Dopo il ritardo del ciclo per la prima volta da tanto tempo mi son sentita tremare le gambe, mi sembrava di essere una ragazzina dopo la prima volta, capito, ma io perché quasi non ci volevo credere. Il fatto è che il mio compagno…beh, insomma, non so proprio come dirglielo, perché lui…cioè, a parole ha sempre detto che se un figlio fosse arrivato lui sarebbe stato contento, e a me questa parola mi dà come un senso di incompiutezza, capito, non dice felice, dice contento. Ma io dico si può essere contenti se ti regalano un libro che cercavi da tempo e che era fuori catalogo, capito, oppure se scopri che il prossimo natale ci sarà un ponte di quattro giorni e puoi andartene a fare un giro dove ti pare. Ma avere un figlio ed essere “contenti”…e se poi non lo fosse, neanche contento voglio dire? Che poi lui secondo me sarebbe un padre meraviglioso, attento, capito, di quelli che escono dal lavoro appena possono per poter venire a casa e giocare con lei, perché secondo me sarà una femmina, mi piacerebbe tanto; di quei padri che appena ti si rompono le acque vanno un po’ nel panico ma poi sono forti e ti aiutano, ti sorreggono, stanno con te in sala parto tutto il tempo, magari piangono appena un po’ come la creatura è nata. E poi c’era questo fatto del sesso, capito, cioè che lui, come posso dirla questa cosa, a lui piace fare all’amore con me, e quando lo fa è veramente bravo, attento, capito, solo che capitava abbastanza raramente, se andava bene una volta al mese, capirai, e così infatti rimanere incinta era proprio una scommessa di quelle che quando vinci, vinci forte. Non siamo mai riusciti a capire come mai, lui non ha mai voluto fare esami dicendo che quando funziona funziona bene, e che quindi era tutto a posto, solo che funziona così…E comunque era un po’ difficile parlarne, si rischiava sempre di litigare, credo si sentisse messo in discussione come uomo, capito. E io sentivo che il tempo mi si stava

sciogliendo tra le mani, come una bella coppa di gelato sotto il sole d’agosto. E allora, cioè io ho questa amica, che poi è la mia ginecologa, era una mia compagna di scuola e insieme ne abbiamo fatte di ogni prima di metter su famiglia; beh, lei davvero, nel senso che lei di figli ne ha due, uno di sei e una di tre anni, due tesori davvero. Insomma, io ero proprio al fondo, capito, comunque tutte le mie amiche hanno figli, e mi vedevo già a passare gli anni da sola, con lui, senza nessuno di cui preoccuparsi la sera, senza nessuno che venisse a trovarci per pranzo la domenica, senza qualcuno per cui sognare, piangere, essere felici. Ne parlavo spesso con Clara, la mia amica ginecologa di questa cosa, del fatto che lui in quanto a sesso fosse proprio scarso, cioè io poi avevo proprio voglia di lui perché lo amo tantissimo, quante notti ho passato a ricacciarmi in gola il desiderio, la voglia…Finché qualche mese fa lei mi dice che forse una soluzione ci sarebbe, o meglio che si poteva provare a fare qualcosa, non per il figlio capito, cioè per il sesso e quindi magari anche per il figlio di conseguenza. Lei mi ha fatto giurare di non parlarne con nessuno, anche perché mi ha detto che lei rischia la galera, capito, è una cosa vietata; io non so se è vero, però è una mia amica, la migliore, di lei mi fido tantissimo, però io dovevo tirarla fuori questa cosa, capito, dovevo almeno metterla per iscritto perché se no impazzivo. Insomma, lei mi ha parlato di questa cosa che esiste da un po’, ne hanno parlato tanto sui giornali, quella pasticchetta che, insomma, che glielo fa tirare come non mai, il viagra. Mi ha fatto un discorso molto semplice, della serie che ormai era venuto il momento di decidere quanto ero disposta a rischiare pur di avere un figlio tutto mio perché di tempo non ne avevo più da perdere. E io ho risposto tutto, sono disposta a rischiare tutto. Prima l’ho convinto a farsi qualche piccolo esame, me l’ha consigliato Clara perché va bene rischiare ma senza fare stronzate. Le analisi le ho portate a lei, che poi ha iniziato a passarmi il materiale. Gliene metto la dose minima, prima una volta ogni dieci giorni, poi ogni settimana. Nell’ultimo mese sono passata a una dose ogni quattro giorni…Clara mi ha assicurato che non lo scoprirà mai. Beh, io non sono mai stata così felice, sono incinta, sono rinata, e anche lui, non se la sa spiegare questa cosa, però è contento di queste sue prestazioni…o felice? Speriamo che rimanga così anche quando gli dirò che presto saremo in tre…e poi, non so se continuare con le pasticchette…voi che dite? morgan & black mamba

Nota di Rilievo Ciao a tutti... si inizia così giusto? mah... chi può dirlo... iniziare è sempre difficile su qualsiasi cosa uno ce lo voglia appiccicare è difficile, difficile dire cosa ormai è divieto... credo che sia abbastanza personale la cosa. Non attraversare la strada col rosso, non uccidere, non rubare, onora il padre e la madre (ma nessuno ha fatto un comandamento che dica ai genitori che ogni tanto vanno onorati anche i

figli??)... hahhaahh ma voi ditemi chi è quello stronzo che rispetta tutto questo? ANARCHIA più totale, non più una morale, un rimorso di coscienza non più una logica in questa vita...triste oserei dire...ovunque ti giri disperazione, morte, gente che non ce la fa ad arrivare a fine mese...(me compresa)! Il divieto di sorridere quindi... sentirti una merda al punto tale che anche se per una volta hai fatto un ambo su tutte le ruote e hai vinto 10 euro non te la senti... di sorridere dico... il divieto di guardare il cielo per paura che qualche palazzo ti cada in testa... potrei andare avanti per ore... Da qualche mese ho un amico in più nella mia vita (NDR) (NDR me lo ha insegnato lui... io no avevo idea di che cavolo volesse dire..) mi chiede: Qual è il tuo sogno proibito? Io gli rispondo: Dire e fare tutto in una volta sola, tutti gli estremi che ti vengono in mente... tra i quali sdraiarsi nudi su un prato e lasciare che la pioggia estiva ti scivoli addosso... (ma questo non glielo avevo detto...) questo potrebbe essere tabù, o forse lo è... sul serio? Tabù è quando il mio collega gay mi guarda negli occhi e mi dice:" aiutami io non so cosa fare... voglio trovarmi una donna perché come glielo spiego ai miei genitori, agli amici che io voglio amare un uomo? Come la prenderebbero? Io ho paura di tutto questo..." Mi fa incazzare sta cosa... ma com’è possibile? Quasi è normale vedere un bambino spappolato e ancora ci si gira alla vista di due uomini che si abbracciano? È allucinante!! Questo è ancora un TABU! Ora come un soldatino torno al lavoro... se vi ho annoiato... scusatemi... evaluna-2040

Linea di confine Tabù: tabù s. m. inv. presso certe popolazioni primitive di religione animistica, tutto ciò che è considerato sacro, magico e pertanto intoccabile e inviolabile, per il timore che conseguano effetti malefici per la persona o per tutta la comunità. est. l’interdizione, il divieto medesimo Nel linguaggio com., spesso con intonazione polemica o scherzosa: a) persona inaccessibile o di cui non è consentito far critiche; b) oggetto da non toccarsi, quasi fosse sacro o esecrando; c) argomento di cui è vietato parlare o intorno a cui non è ammessa alcuna discussione. Il tabù è un “oggetto” sacro dunque…magico, intoccabile e inviolabile… e quello che potrebbe derivare dall’infrangerlo è un “effetto malefico”… La tortura? L’inferno? Il vocabolario dice: “presso certe popolazioni primitive di religione animistica”. A quanto pare, le culture “più evolute” (come la nostra, sottinteso) non hanno tabù. Ed io, voi, tutti noi, ci viviamo, lo vediamo, non esistono più tabù… ma è vero? Io mi chiedo, al di là delle religioni e delle culture, al di là dei villaggi e delle città, della lingua che si parla o dell’orizzonte che si vede… io mi chiedo: cosa c’è di più sacro del cuore dell’uomo? Cosa di più sacro dei suoi sentimenti, delle sue lacrime segrete, i suoi sorrisi dedicati e segretamente e teneramente custoditi? Cosa c’è di più sacro dei suoi dubbi e della sua personale coscienza? Delle sue scelte passate e dei suoi motivi? Cos’è più sacro del pudore? Non solo il


will

TA BU’ La parola “tabù” ha vari significati: può essere ciò che è considerato “sacro” oppure una persona, un tempo, un luogo, un oggetto carichi di presenza religiosa o meno e può riguardare non solo l’ambito religioso, ma anche quello morale e linguistico. Tabù... TA - BU ha una pronuncia primitiva e facile: TA - BU... e, infatti, nasce come esigenza di una collettività per difendersi, per cercare di salvaguardare i propri elementi. Da cosa? Da altre comunità o dalle divinità in cui credono. Nasce come esigenza. Vale a dire una necessità, qualcosa di strettamente naturale, e a volte animale, che mira alla sopravvivenza. È un argomento difficile perché si rischia di cadere nei cliché del political correct. Il fatto è che al giorno d’oggi i vecchi tabù sembrano essere stati tutti abbattuti dalla realtà. Si può fare una distinzione tra vecchi e nuovi divieti? Ma, soprattutto, esistono ancora? Io credo che il veto più grande nella società odierna sia quello del “ragionare”. Del discon-

Re nudo "ma come fan presto amore ad appassir le rose" Te ne sei andato

con il più ribelle e anarchico dei mali cellula impazzita in un mondo troppo volgare. Perchè il mito è già in costruzione costruzione perpetua castrazione ancestrale. 13.01.99 A Fabrizio De Andrè, uno che i tabù li sapeva infrangere. randa

Gio 28 Ott, 2004 9:57 am Da qualche settimana ci sono volti nuovi alla stazione del treno. Ho visto che le mie amiche spesso si intrattengono con queste persone a parlare, con tutta probabilità le conosco. Sono fidanzata da una 10 d’anni, da 3 lavoro nello stesso posto e tutte le mattine mi trovo alla stazione del treno alla stessa ora aspettando che arrivi il mio. Mi sono trovata più volte a parlare con gente che non conosco e raramente si è parlato di qualcosa di interessante, ma come dicevo, da qualche settimana ci sono facce nuove. Tra queste persone, un ragazzo in particolare ha attirato la mia attenzione, deve fare un lavoro strano; alterna spesso il suo abbigliamento da elegante allo sportivo, forse un grafico? O un programmatore magari? Dicono che siano estrosi. Deve essere un mio coetaneo, forse addirittura più giovane. La mia amica, si è presa la briga di presentarmelo In una mattina come tante. Luca, il suo nome. Scopro che è un tipo tranquillo, lo si vede, o almeno questo è quello che sembra trasparire dalla sua voce dai suoi atteggiamenti. Le mattine passano e la nostra conoscenza viene approfondita, parliamo di auto e di più, lui regge bene, addirittura riesce a starci dietro sulla cosmesi, incredibile un uomo che si cura? Incredibile sa esattamente la differenza tra Shampoo e bagno schiuma! Dice che è uno che ci tiene, e si vede, all’aspetto. Si allena in palestra spesso perché spesso ha un borsone molto pesante. Fa quegli sport da combattimento, boxing e qualcosa insomma, mi chiedo come mai ha ancora il viso così intatto se prende tutti quei cazzotti. Alla faccia del ragazzo tranquillo, forse non lo è! Forse è solo apparenza. Intanto le mie giornate si ripetono, le stesse problematiche a lavoro le stesse persone che mi stanno vicino. Una volta ballavo, ero brava, ma poi mi si è spenta la passione ora vorrei fare qualcosa di nuovo, oziare sul divano non è per me. Il mio fidanzato è sempre restio, sia alla convivenza che al matrimonio, prima o poi dovrà decidersi, no? Mattine su mattine, giorni su giorni, e tutto sembra uguale. Eccetto Luca, che ha sempre qualcosa, anche se niente di straordinario, da raccontarmi. Questa mattina è elegante,

preciso, dice che per convenzione ogni tanto si mette la giacca e la cravatta, non so che lavoro faccia, e glielo chiedo... Bancario? È responsabile di un area specifica, gli chiedo allora quanti anni ha, 32? Cavolo, non avrei mai detto. Insomma, tipo molto interessante, mi racconta un po’ di lui, e capisco che uno tosto, dice che sono state alcune coincidenze a portarlo dov’è, spero che qualche coincidenza faccia che mio ragazzo si convinca a sposarmi. Passano i mesi, io le mie amiche e Luca ci becchiamo sempre, abbiamo le facce stanche le ferie sono lontane. Luca mi ha dato la sua email, ogni tanto ci scriviamo di quello che facciamo in ufficio, lui è single da un po’ e spesso si nota. Si vede, non ha molti limiti, a volte mi racconta delle sue conquiste del venerdì sera, e stranamente non so perché un po’ mi urta questa cosa. Ogni tanto, anche se non in modo esagerato mi corteggia, sa che non potrei mai, sono fidanzata… però devo ammettere che è attraente con il suo modo di fare, eppure so che se facessi una scelta di quel tipo dovrei mettere in discussione tutto il mio mondo, tutto quello che mi circonda cambierebbe. Meglio? Peggio? Non so, vorrei avere la sfera di cristallo per ipotizzare, per non dover sempre razionalizzare le mie scelte, cosa è giusto? Cosa è sbagliato? Ho troppi limiti ma tutti ne hanno, Luca ne ha di meno, io al contrario devo averne troppi. Alcune settimane sono trascorse, Luca non si vede più alla stazione è partito per Londra e forse tornerà entro fine anno. Lui avrebbe potuto scegliere di non partire, evidentemente non aveva un motivo valido per rimanere, mentre io, con tutta la mia abitudinarietà della mia vita ho un motivo per rimanere? E se un giorno andassi a lavoro in jeans o se semplicemente decidessi di cambiare lavoro per non accontentarmi? Farmi una vita da single, anziché rimanere legata a un palo che non si muove? Oggi rispetto a qualche mese fa riesco a guardare oltre i miei limiti, avevo bisogno di una scusa, Luca con il suo modo di fare mi ha regalato un motivo... Madman

L’occhio lucido del fumatore viaggiante "Benvenuti sul treno Eurostar Italia in servizio da Milano a Roma. Il treno effettuerà le seguenti fermate: Bologna centrale, Firenze Santa Maria Novella, Roma Termini. Ricordiamo ai signori viaggiatori che su i treni Eurostar Italia non è consentito fumare". L’irriducibile fumatrice. Da fumatrice incallita quale sono io, tremo all’idea di dover fare 4 ore e mezza senza toccare sigaretta. Medito una azione da commando: scendere non appena si apriranno le porte alla prima fermata utile, sigaretta e accendino alla mano, dare fuoco immediatamente e aspirare avida con un piede sul predellino, col terrore che si chiudano le porte e che il treno riparta senza di me. A metà strada tra Milano e Bologna mi posiziono davanti alle porte, con largo anticipo ma non si sa mai, dovessi addormentarmi e poi chi ce la fa ad aspettare, eh? Eh? Il

sesenta y seis | y siete

nettere il cervello da tutti gli impulsi esterni, dalle risate false che provengono dallo schermo e dai sorrisi perfetti. È come se fosse proibito smettere di “essere felici” anche solo per un attimo, come se il tabù stesso sia il pensare con la propria testa. Un grande uomo disse: “Dobbiamo aumentare la comprensione del mondo che ci circonda, conoscere bene il perché delle cose e porci sempre i grandi problemi dell’umanità come propri”. È successo qualcosa di simile nell’ultimo secolo? No. - La comprensione nei confronti dell’uomo o del diverso, in generale, non è aumentata, anzi, è scomparsa: o hai i soldi e quindi sei fico e profumato o sei povero e di conseguenza sei ai margini, sei out... semplicemente NON RIENTRI PIU’ NELLA SOCIETA’. - Qualcuno di noi conosce bene il “perché” dei conflitti internazionali? Delle dispute economiche per un pezzo di terra arido ma pieno di petrolio? Abbiamo una, benché minima, idea di tutte le bugie che ci raccontano e di tutte le cose che non sappiamo? No. - Quanti, in tutto il mondo occidentale [perché in Asia e in Africa devo preoccuparsi di cosa dar da mangiare ai propri figli], si angustiano sui grandi problemi dell’umanità? Pochi. Troppo pochi. La maggioranza di noi, finisce col rinchiudersi nelle proprie egoistiche problematiche: spese condominiali, la scuola del pargolo, il capo ufficio, ecc. e quando lo stress quotidiano ci assilla: ci svaghiamo, cerchiamo di chiudere un occhio, di girarci dall’altra parte e di andare al cinema, al pub, o, perché no, guardare qualche programma comico alla tv... così giusto per rilassarsi. I problemi l’uomo odierno non li risolve e spesso, qui sta il dramma, neanche li vede. Perché si è abituato alla logica del: “va tutto bene, non dare retta al tarlo che ti dice che non è così”. Eppure c’è un brusio di sottofondo, c’è una nota che stona in questo meraviglioso concerto, c’è una macchia nera sul nostro televisore al plasma, c’è qualcosa... qualcosa che non va’. Lo avvertiamo, è lì latente, è lì che aspetta solo il momento giusto per attaccarci e mandarci sul lettino dello psicanalista… È la voglia incontrollata di riprendere dominio della nostra mente, della ragione. È la voglia di dire: <FERMI, tutto questo è molto bello e carino, MA voglio essere innanzitutto UOMO prima che “FELICE”. Voglio essere uomo.> E in quanto tale essere pensante, ricco di contraddizioni, essere che cerca nella vita le risposte alle sue domande. L’uomo non è nato sorridendo, ma piangendo. L’essere umano non può continuare a provare una gioia eterea e incontrollata per tutta la sua vita, perché l’uomo non può non piangere, non può non commuoversi, non può non essere turbato. Le molteplici sfaccettature del suo spirito lo rendo imperfettamente completo, non è qualcosa di unilaterale, ma è qualcosa che lotta e vive nei suoi contrasti: dalla rabbia alla gioia, dal riso al pianto... tutto questo è la vita umana. Tutto questo. Nulla di più.

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pudore del corpo, ma anche quello dell’anima. Non è retorica, ed è vero che nella nostra società, evoluta, tecnologica, sfacciata, sicura di sé, questo tabù è stato infranto. E non c’è bisogno che faccia degli esempi, tutti voi lo vedete, le passioni grandi e piccole diventate show. Senza ritegno. Ma non è di questo che voglio parlare. No… io torno all’inizio, a quando i sentimenti, e il parlare dei sentimenti, è tabù. Torno all’inizio e mi chiedo, ancora e ancora, se davvero si può infrangere un tabù senza rischiare l’inferno. Mi chiedo fino a che punto ci è davvero consentito di chiedere, indagare e conoscere il cuore dell’uomo. Mi chiedo fino a che punto, chiedere, conoscere, scrutare, indagare il cuore altrui, oltre gli sguardi evasivi, i silenzi, i cambi d’argomento, è lecito, è bene, e, in fin dei conti,è amore. Per una timida come me, per una riservata come me, parlare dei propri sentimenti è un tabù. Parlare, chiedere, curiosare dei sentimenti altrui, è sacrilegio. Ma ci sono momenti, momenti bui, in cui dietro ad un silenzio si nasconde l’amarezza di un cuore in pena. E quando questo cuore appartiene ad una persona che si ama, è tabù voler sapere, è sacrilegio voler conoscere? Perché ci sono momenti in cui capirsi, in una relazione, in qualsiasi relazione, diventa la più ardua delle imprese. Il rischio che corro, che ho sempre corso e che continuerò a correre, è con questo mio riserbo, di risultare insensibile, indifferente, a volte addirittura ostile. Il mio connaturato, istintivo pudore nel chiedere, quando una persona a me cara sta male, chiedere se serve una mano, un conforto, uno sfogo.… questo fa di me una persona non adatta a recare sostegno. E ci sono segreti, segreti non cattivi, che scavano trincee, erigono barricate, a difesa di quel pudore, di quella coscienza, di quei sentimenti, di quelle lacrime… di quella rabbia che non sarà mai detta.


cuore mi batte all’impazzata, manco stessi per commettere un delitto. Gli occhi di tutti sembrano puntati su di me, accusatori. Mi sento un verme e sto per desistere, quando finalmente arriviamo in stazione. Scendo, accendo rapida, aspiro, tutto in un nanosecondo. Sollevo lo sguardo. Il binario pullula di fumatori colpevoli e avidi. Tutti con lo stesso terrore negli occhi, lo stesso senso di colpa, tutti con il piede sulla linea gialla pronti a risalire, come centometristi alla linea di partenza. Il controllore ci guarda con occhio compassionevole, tra noi viziosi ci si scambia invece sguardi comprensivi, sorrisi timidi, brevi cenni di saluto, manco fossimo clandestini o adepti di qualche setta segreta, però ecco, si, uniti dallo stesso crudele destino, dalla stessa impietosa legge. C’è persino chi cronometra il tempo a disposizione; per chi fosse interessato: cinque minuti a Bologna, sette a Firenze. Il tempo c’è, se siete rapidi, ma sono tante le cicche gettate via solo a metà. D’ora in poi tra i danni del fumo bisognerà annoverare la sindrome "toccata e fuga" da treno in partenza. Se siete viaggiatori, fumatori e pure eiaculatori precoci siete fregati, al massimo potete provare a chiedere i danni a Trenitalia… Mi sento parte di un gruppo di sovversivi fuorilegge. Dura la vita dei fumatori irriducibili! Però, dopo aver incrociato occhi lucidi di altri in crisi d’astinenza, risalgo e riprendo posto, sollevata. Prossima sigaretta: Firenze, Santa Maria Novella. Il fumatore errante da cesso In genere è un maschio, lo sguardo è un misto di colpevolezza e sfrontatezza, l’aria è lugubre. Appartiene alla specie del fumatore incallito che non si accontenta dei pochi minuti di fermata alla stazione. Lo si riconosce per gli occhi da animale braccato quando, vinto dall’impellente voglia di fumare, inizia a guardarsi attorno per studiare il territorio. Se il campo è sgombro si alza e si dirige con aria finta disinvolta verso la toilette. Le mani in tasca stanno accarezzando l’accendino e il pacchetto di sigarette nascosti già da tempo. Davanti alla porta del cesso si ferma per guardarsi ancora una volta attorno. Spera che nei prossimi cinque minuti a nessuno scappi da pisciare... un ultimo respiro, quindi entra. Chiude la porta e freneticamente si accende la paglia. La fuma in fretta e male, guardando la sua faccia sorridergli mesta dallo specchio. In meno di due minuti ha finito, butta la cicca nel water e tira l’acqua. Si lava le mani, cerca di prendere ancora un po’ di tempo. Il vero terrore inizia ora. Il cesso è diventato una camera a gas, la puzza di fumo aleggia nell’aria...e lui deve aprire la porta e uscire... e se fuori ci fosse qualcuno? Anzi, non qualcuno... ma lei, la vera nemesi del fumatore da cesso: una di quelle infoiatissime signore anti-fumo pronta a fargli una piazzata napoletana davanti a tutti! Il fumatore da cesso trattiene il respiro, cerca di assumere un aria innocente e vagamente scocciata e poi apre la porta di colpo ed esce. Il corridoio è vuoto... torna a respirare. Anche questa volta gli è andata bene, ma sa che la fortuna non sarà sempre così clemente con lui...eppure nella sua mente già pregusta la prossima incursione nel cesso...la stazione è ancora lontana e il treno non effettua più fermate... cazzo, forse sarebbe meglio smettere di fumare! cyrano & will

WITH USURA... Invectiva contra monetam, in memoriam Ezra Pound. Sì: che ne sapete voi del Mondo! Corrotti gli argini, l’umanità travolta, guerra, peste, morte e carestia… e usura! Mammona capitale nell’Impero del sangue dell’Agnello. (Lady Macbeth si terge d’oro, il sangue brucia, vascelli di cartapesta affondano nella baia, l’Orco travolge gli antichi Dei e i guerrieri di Troia annaspano nel vomito delle loro libagioni.) Non avete avuto mercè, solo profitto nella compravendita di anime Native, caramello della Storia il Lusso, il Lucro vestigio di Servitù. Gleba, divenuta Plebe, è ora Massa: genuflessa al Potere con violenza, non adora più Vitelli, mangia le spoglie di bestie corrotte e gonfie d’odio. Inchinatevi al feticcio, la Moneta coniata nell’oropiombo del Terrore: ascoltate il suo reclamo, la Zecca richiede ora nuova linfa… E così saprete anche voi: il Danaro è il vostro Nume, non maledicete il Suo nome, Tifone, perché la Sua ira cadrà sulle vostre case e i vostri figli soffriranno di Penuria di generazione in speculazione. Lasciate a Capaneo la sua bestemmia, a Francesco il suo laudare, macinano ancora i mulini di Quiçote e l’aria vibra al passar del Vate: il tabù dell’incesto è ormai sprecato, ora dateci la Grana! cinokk2040

Cascasse il mondo [prologo] Quarta, respira, terza, piega, una bella esse… bene, va tutto bene, seconda, bene, si bene ma chi cazzo vogliamo prendere in giro… bene, una sigaretta? Un caffé? Un cazzo di qualcosa? prima, fermarsi no? Fermarsi. Folle, via il casco, le sigarette. Ci sono mattine così, mattine in cui scontrarsi

contro l’alba ti obbliga a fermarti, un’alba precisa, decisa, quasi cattiva. Cattiva da infilarsi tra le case e venirti a cercare, tu che pregheresti che certe albe non arrivassero, perché in queste albe tu sei li, non hai rifugio, riparo, non hai posto dove sottrarti a un alba, solo un’alba, che riempie la strada e ti ferma. E il ricordo del tuo solito incubo è li, si rispecchia in questa cazzo di alba. Il ricordo, un solo fottutissimo pensiero. Perché non si attraversa la strada, perché rimaniamo sul nostro lato. Perché non ci fermiamo, perché non ci fermiamo e smettiamo di pensare, perché ci sono pensieri che continuano a cercarci, perché continuiamo a cercarli. Perché non li seppelliamo una buona volta? Sigaretta, accendino, prendiamo tempo? Si certo. Prendiamo tempo, quanto posso metterci a accenderla? E ad accendere la seconda? Fantastico, guerriglia con i pensieri… tentiamo i fumogeni? Mattine così, mattine che sei seduto sulla tua poltroncina al cinema. Non so se vi capita, a me si, ovvio, non so se vi capita di perdere qualsiasi cognizione di tempo, spazio, realtà e di poter trovarvi, li, dove siete e di giocare con la camera, spostare inquadratura, prospettiva, stringere, seguire il passo in una carrellata…decidere il commento musicale, isolare i rumori… sentire la voce narrante che ci dice cosa sta succedendo…e cosa succederà. E la voce narrante cosa ci dice adesso... come commenta? Sigaretta, già arresi? Ascoltiamo? Inciampare in un ricordo mi sta bene… decidere di tuffarcisi dentro mi sembra un tantinello esagerato. Seconda sigaretta, si resiste. Mai visto un sorriso così, davvero, mai visto. Forse non è per il sorriso. Cazzo. Ma, e oggi i ma li possiamo sprecare... vero? Ma. È lì. È lì e non si sposta neanche di un millimetro, un sorriso, un niente, in effetti, una cosa che passa, un cosa che non ha significato, non ha peso, non ne ha avuto, non ne avrà ma un sorriso, una domanda, una mano che scende dal seno alla pancia, indugia e tu segui la mano, alzi gli occhi… un sorriso, un sorriso che è li, è li perché non ne hai altri. Non ne hai altri, di sicuro non così comunque.

Gio 28 Ott, 2004 12:24 pm Forse uno dei più grandi tabù dell’uomo è quello di non voler mai voltarsi indietro, dimenticare il passato e ripetere fino alla nausea sempre gli stessi errori...o forse i tabù non centrano e questa è solo paranoia: click. [ORA, DOVE?] C’e il sole, l’aria è tiepida e una leggera brezza mi accarezza il volto. Sono uscito di primo mattino, lei ancora dormiva. L’ho accarezzata dolcemente e baciata sul collo, proprio dietro l’orecchio. Scendendo le scale del pianerottolo ho incontrato la mia vecchia vicina, la signora Luisa, che arrancava trascinando con sé un grosso sacco di pattume. Levandole il sacchetto di mano, la prendo a braccetto e l’accompagno chiacchierando fino all’uscita. La vicina mi sorride cordialmente, nascondendo tra le pieghe del viso quel grosso neo vecchio quanto lei. Prima di dirigermi verso la Banca mi fermo al bar per una veloce colazione. L’atmosfera è frizzante, il locale è in movimento. Gruppetti di giovani chiacchierano attorno ai loro caffé, il barista fischietta seguendo un una melodia diffusa da un piccolo stereo. Mi sorride anche il barista. Ordino caffé e brioche, sorrido ai vicini di tavolo e afferro il Corriere per leggere le ultime notizie. Lascio il cellulare spento. Il ministro dell’interno vuole la polizia per strada, il ministro del lavoro vuole flessibilità, la Confindustria però vuole stipendi più bassi, i sindacati vogliono tranquillità, Rifondazione non ci sta, Berlusconi con la bandana, i girotondi nelle piazze, Bush promette sicurezza, in Iraq muoiono ancora, i centri sociali protestano, il Milan da solo in testa al campionato, i disoccupati aumentano e gli altri vogliono sicurezza, i soldi diminuiscono e gli altri vogliono la tv, le scuole non insegnano e loro non danno lavoro. Chiudo il giornale e bevo il caffé. Saluto il barista con la mano sinistra, il bracciale elettronico di controllo mi scende lungo l’avambraccio. Apro la porta e mi avvio verso la Banca. Anche il banchiere mi sorride, così come il fruttivendolo e la lattaia. click.

Sigaretta a terra, non la spegne neanche Arresi, si. Non possiamo fare altro, non vogliamo fare altro, oggi, illuminati dall’alba più bella che Milano possa offrirci ci arrendiamo e ci sediamo, comodi, a vedere come va. Arresi, una resa ineluttabile, quasi vincente, la nostra resa preferita Sulla spiaggia piove, non c’è più riparo, non ci protegge nessuno, nessuno da proteggere, noi e basta. E allora basta, inciampare ha un senso, a questo punto, tuffati… possiamo passarci sopra… ma a questi punti è un ruzzolone, e come tale lo affronteremo. Mi metto comodo. ward

[IERI, DOVE?] È uscito di primo mattino, ancora dormivo. Mi ha accarezzata dolcemente e baciata sul collo, proprio dietro l’orecchio. L’ho sentito scendere le scale in compagnia di qualcuno. Mi racconterà. Mi alzo di fatica, mi stiro e mi lego i capelli con un vecchio foulard. Indosso un paio di pantaloni di cotone ormai consunti e mi accendo una sigaretta. C’e il sole, l’aria è tiepida e tutto sembra più semplice. Lui ieri ha perso il lavoro, è ebreo e le leggi razziali si fanno più dure, ma oggi... oggi c’è il sole. Vado in bagno e mi guardo allo specchio. Ricordo ancora quando le mie palpebre non erano segnate da rughe e i miei occhi brillavano di


[DOMANI, DOVE?] Da qualche minuto osservo l’oleocubo appoggiato sulla scrivania. Raffigura mio padre, abbracciato a sua madre in uno dei suoi ultimi anni di vita. Sorride serena la nonnina, gli occhi sono luminosi, come se brillassero di luce propria. Il sorriso è ampio e sincero tanto da nascondere tra le pieghe del viso quel grosso neo che mi ha sempre attratto sin da quando ero bambino. La scossa di un breve squillo del videotelefono mi allontana dai ricordi. Il numero sul display è quello del questore, appena uscito da una riunione ai vertici con sindaco e prefetto. Sembra che la produzione di bracciali elettronici di controllo debba aumentare di 500.000 unità per il prossimo cronoperiodo. È il terzo ordine da parte della Federazione negli ultimi cinque cronoperiodi. Dapprima abbiamo fornito 350.000 telecamere, successivamente abbiamo fatto da intermediari tra la Federazione e la NewSystems per la messa in opera del nuovo sistema televisivo a doppio canale, uno in uscita, per le trasmissioni di intrattenimento della Federazione, uno in entrata per un monitoraggio completo delle unità abitative. Infine, giusto il cronoperiodo scorso, abbiamo fornito il nuovo software di intercettazione di massa, Echelon II. La giornata inizia bene, nuovi e più efficienti sistemi di sicurezza sono stati approvati dalla Federazione, potremo dormire sonni più tranquilli sapendo che anche domattina nulla sarà cambiato. Fra pochi cronoperiodi le videoelezioni definiranno il nuovo organigramma della Federazione senza pericolo di interferenze. La pubblicità televisiva permetterà al cittadino una libera scelta per il proprio futuro, senza temere hackeraggi di nessun tipo. Il telelavoratore seguirà il proprio programma lavorativo per i 450 beats assegnatigli. E in più, con la nuova fornitura di bracciali elettronici, potremo liberare le carceri dai disadattati protestatari che le stanno riempiendo. Intellettuali, artisti, telelavoratori, religiosi di ogni sorta, che fino all’altro ieri erano in piazza, in rete, sui giornali o in libreria a gridare il loro fallimento in faccia ai telecittadini potranno ritornare liberi contribuendo al buon funzionamento del sistema federativo. Finalmente, questi scarti sociali frustrati dal loro essere un numero tra tanti, potrà sentirsi utile e integrato: strade pulite, giardini in ordine, vestiti decorosi e rispetto delle teleleggi. Potranno aiutare le forze dell’ordine a mantenere saldi i principi morali del nostro sistema. Mi alzo ed esco per un caffé.

profeta

I troni come ambite dimore, volgendo lo sguardo verso l’alto senza mai osservarsi negli occhi. Viandanti pellegrini del nostro tempo affollano le vie, corpi glassati di frivole, momentanee e consumabili anime. Automi retribuiti per essere tali, mentre le vere vite, vengono sepolte nei prati. Conquistatori, predicatori, psichici filosofi, agonizzanti per il proprio io. L’io inesistente, abbandonato per fama per gloria e per le morbide e soffici carni. Babilonia sarà rasa al suolo e tutto ricomincerà da zero. Tutto sarà risucchiato, consumato, dal popolo silenzioso. Nessun corruttibile dogma fermerà quest’orgia d’insanità, mentre le nebbie illusorie copriranno i corpi e i motivi. Svegliatevi! Come ho fatto io, siate liberi da ogni cosa! Spezzate le catene, liberate la bestia e l’artiglio. Fuggite e correte per i prati, nudi, non siamo nati con vestiti, non è iniziato tutto in un letto, non ambite troni e dimora, abbiate pietà solo di voi stessi. Le esigenze sono solo quelle primordiali; mangiare e riprodursi. nick haven

Ven 29 Ott, 2004 3:12 pm Parlare di tabù vuol dire perdersi in miriadi di distinguo preliminari, tanto l’argomento si presta alla speculazione. Inoltre verrebbe spontaneo parlare di sesso, e di tutto ciò che riguarda la sfera della corporeità, ovverosia si potrebbe parlare di pedofilia (e magari dire che spesso piace anche ai bambini), oppure di prostituzione infantile (e parlare di quante famiglie si mantengono in vita, con i pochi soldi che le loro bambine portano a casa), si potrebbe affrontare il tema della violenza (per scoprire quanto spesso il transfer vittima / carnefice non è a senso unico), e via di questo passo. Eppure

tutto ciò suona come dejà-vu. Poiché, obiettivamente, non si tratta più di tabù, nel senso archetipo del termine, in altre parole di qualcosa di completamente estraneo, bensì tutto ciò fa parte solo del lato profondo della nostra coscienza, quello che richiede un certo impegno (ed una certa forza d’animo) per accostarcisi, ma che però sempre coscienza rimane. Altro è oggi tabù. Nell’era dominata dalla tecnologia mediatica, ogni cosa è «quanto» di comunicazione, di significato (nella sua sostanziale identità con il significante). La morte stessa viene assorbita nella melma dell’inondazione di informazioni. Qualsiasi morte, tranne la tua morte. Perché oggi, come ieri, e come domani, sei tu che muori. E non te ne fotte una minchia che questo ognuno lo può dire di se stesso: che schiattino gli altri, oggi sei tu che muori. Oggi è il tuo di cancro che cresce, oggi è il tuo di pancreas che scoppia, oggi sei tu che ti schianti contro quel pilone, oggi è il tuo di sangue che esce dalle vene e si disperde nel prato, mentre tu pensi: “Fermatelo! Fate qualcosa! Senza di lui morirò!” E infatti muori. Pensaci, fai mente locale. Bum! Ischemia cerebrale, e non te ne accorgi quasi, fai giusto in tempo a pensare a qualcosa …. Capita a tutti, ogni momento. Sai, oggi aspettavo di morire. Anche ieri aspettavo di morire, e probabilmente lo farò anche domani, se non morirò prima. Passo il mio tempo in un modo ignobile: come tutti cerco di salvaguardare i risultati che ho ottenuto nella vita, di conservare ciò che ho raggiunto, e non oso pensare nulla che vada al di là, tale è il timore di perdere ciò che ho. Eppure ogni giorno devi ingoiare insulti e violenze, perché la posta in gioco è troppo alta, ovvero il permanere della grande illusione, la mia vita pacifica, il mio mondo accettabile. Sai, sono proprio un piccolo borghese, uno stronzetto cacasotto che si para il culo con i doveri sociali ed affettivi perché non sa più che cazzo fare della propria vita, eppure non credo di essere peggio della stragrande maggioranza di quelli che incontro in giro per la strada. Ormai abbiamo tutti gli armadi talmente pini di scheletri che non ci stanno più gli abiti, ad esempio io mi masturbo, costantemente, quasi tutti i giorni, da circa trent’anni, e questo indipendentemente dalla mia realizzazione sentimentale / sessuale / familiare. Cinque anni di analisi almeno mi sono serviti a prenderne coscienza. L’«Hagakure», il codice di etica samuraica, dice che cito a memoria - se muori con il pensiero ogni giorno non avrai più paura di morire. E se ti fai le pippe? Comunque questo era sicuramente un principio valido per un mondo dove la coscienza della morte, e soprattutto della mortalità, era un elemento cardine della società civile. Oggi è vero esattamente il contrario: elemento cardine della nostra società è proprio il rimosso del dolore, della morte e della sofferenza. Penso che soffrire, e costruirsi momenti di sofferenza, sia oggi una pratica di demiurgia, un processo che porta a rincontrarsi con la realtà. Il dolore è il momento più importante che la vita ti possa offrire, in questo mondo. E non parlo solo di

dolore interiore, ma anche del dolore fisico, anche spinto all’estremo, perché il dolore ed il lutto creano gli unici momenti in cui ti avvicini a qualcosa che ti dà un senso di realtà; per il resto nebbia, una vita nella nebbia, dove non vedi oltre pochi metri, per cadere poi - a volte nei baratri più profondi dell’ignavia e dell’illusione. Cerco di educare i miei figli, di crescerli educati a principi che si potrebbero definire “sani”, ma poi mi guardo allo specchio e mi dico: "Ma che faccia da culo che hai!". Come se non mi rendessi conto da solo che per poter comprendere quel poco di senso che hanno quei principi, io stesso ho dovuto passare nelle macerie lasciate dalla loro scomparsa, raggiungere abissi che spesso - per molti - sono stati senza ritorno, e riconoscere che solo l’anima indicibile di ciò che credevo perduto per sempre in quelle rovine mi aveva salvato il culo. Ho fallito tutti gli obiettivi che mi sono proposto nella vita, non ne ho raggiunto nemmeno uno. Ho fallito su tutti i piani: etico, filosofico, economico, personale. Comunque la vuoi girare sono un fallito. Con nessuna possibilità di modificare questo stato di cose, che ormai posso solo accettare, e far buon viso a cattivo gioco. In compenso ho guadagnato miriadi di posizioni di compromesso, sono un uomo per tutte le dialettiche. A questo proposito mi dico (e mi sento dire): "Ma non è possibile che tu non abbia più nulla da fare! non puoi fermarti a salvare il salvabile, devi crescere, svilupparti - professionalmente ed individualmente - di modo da cercare nuove strade, nuove strategie! Un uomo come te, dai mille interessi, un intellettuale informato, con una così bella famiglia!". Io, lentamente, di fronte a queste posizioni, mi verso una grappa, ma la mia reazione naturale sarebbe reagire violentemente, per mostrare così al mio interlocutore quanto - Moretti docet - le parole sono importanti, e quanto pesano sullo zigomo. D’altro canto però a volte penso che questo mondo incapace di scendere nemmeno pochi centimetri oltre la scorza della quotidianità, meriti solo uno sguardo disincantato. Fermarsi ed aspettare. Non compiere più nulla, poiché comunque sia tutto avverrà al suo tempo, se mai deve essere. Forse varrebbe la pena di smettere. Smettere tutto, qualsiasi cosa. Rimanere immobili, chiedere l’elemosina a chi ancora accetta di vivere sulla superficie delle cose, ed attendere che il tempo delle cose avvenga, cosciente che il tuo tempo è un respiro nella vita dell’universo. Forse oggi parlare di Dio è tabù. sandokan

Ringraziamenti: innanzitutto, grazie a tutti coloro che hanno donato un po’ del loro tempo, della loro creatività e della loro personale esperienza, per contribuire con un brano alla realizzazione di questo progetto. Un grazie particolare va a Morgan, che ci ha permesso di venire a conoscenza del Librosolidale e ci ha esortati a partecipare. Un grazie sentito a Ward che ha chiamato tutti a raccolta e ha fatto in modo che non perdessimo mai di vista l’obiettivo. A Cyrano,

sesenta y seis | y siete

click.

Il portinaio come l’agente di sicurezza mi sorridono amabilmente, anche il banchiere che si reca al lavoro. C’e il sole, l’aria è tiepida e una leggera brezza mi accarezza il volto, ma nonostante questo, un lieve senso di disagio mi stringe lo stomaco. C’è tanta, tanta gente... che succederebbe se un giorno iniziassero a dar corda a quei pazzi fanatici che diffondono idee destabilizzanti? Cosa succederebbe se un giorno tutti si ribellassero alla Federazione, a questo mondo, il mondo più perfetto che l’Umanità abbia mai conosciuto? No, non è possibile, in fondo si tratta di un mucchio di disadattati che più hanno più vorrebbero avere. Non devo preoccuparmi, è solo paranoia.

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luce propria. Ricordo ancora quando il mio neo era piccolo e delicato ed io ero una bambina. Col tempo s’è ingrandito, quasi come se assorbisse ansie e preoccupazioni. Mi lavo ed esco per andare al mercato. Il fruttivendolo e la lattaia mi sorridono, così come il giovane fascista impettito che incrocio fuori dal portone di casa. Accelero il passo e scompaio tra la folla, rasserenata dal poter sfuggire alla sua vista. Una leggera brezza mi accarezza il volto, in fondo siamo tutti esseri umani.


Da quando aveva tre anni Lara vi ha sempre donato dei disegni. A sei anni mi è sembrato carino inviare le prime storielle che ha inventato e scritto personalmente con il mio PC. Le ho conservate per fargliele rileggere il giorno in cui non sarà più capace di comprendere che la diversità è un handicap soprattutto per coloro che non vogliono accettarlo e che a nessuno bisogna negare la possibilità di essere creduto. (Cristina P.)

La giraffa col collo corto

Il paese di latte

È nata una giraffa un po’ strana perché ha il collo corto come una matita minuscola. E tutti quelli dello zoo erano disperati ed erano molto tristi, nessuno aveva un’idea per farla diventare normale. Per lei allora cosa facciamo? Se no lei rimarrà cosi per tutta la sua vita, povera giraffa! Allora cosa facciamo? Non lo sappiamo ma provate a pensare ad un piano… Va beh, lasciamola così tanto è sempre una giraffa no? Si però! questo è vero.

Una volta ad Omegna successe una terribile cosa. Un vecchio signore scoprì una Scorciatoia che portava in un paese di latte ed il vecchio chiamò tutti quelli del villaggio e disse :"Venite a vedere il paese di latte!" "Come il paese di latte? È impossibile che esista il paese di latte". "Si! È vero" disse il povero vecchio. Allora tutti andarono a vederlo. "Ma allora tu dicevi la verità" "certo che vero!". Allora da quel giorno il vecchio diventò famoso dei paesi strani.


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La mucca Carolina

L’orso di ghiaccio

In un prato vive una mucca dal nome un po’ buffo perché il suo nome è Carolina che mangiava spesso molta erba eppure era molto magra. Lei mangiava sempre di più per diventare normale come le sue sorelline mucche ma non riusciva mai a fare niente. Povera mucchina però lei era lo stesso molto contenta.

In una grotta fredda e buia viveva un orso ma però non era normale infatti era di ghiaccio. Il papà e la mamma erano orgogliosi di lui e pensavano che fosse un tesoro. Ma invece non era affatto un tesoro. Era nato al Polo Sud: ed allora lo riportarono a Casa.

lara cimmino


VIETATO GIOCARE staff mci 2004


I Falasha, gli zingari e i fabbri Dogon condividono due elementi: 1) sono gruppi sociali o etnici minoritari che vivono innestati in società e culture a loro differenti, dalle quali vengono temuti se non addirittura disprezzati; 2) sono detentori di un potere di conoscenza vitale per la sopravvivenza del gruppo sociale maggioritario, che si concretizza nella fabbricazione di utensili indispensabili ed oltremodo caricati simbolicamente (si pensi all’aratro che rende fertile la terra, al ferro che veniva calzato ai cavalli o ai recipienti all’interno dei quali viene cucinato il cibo). L’interdipendenza tra due gruppi etnici o culturali come appena espressi ha come obbligo l’esistenza di uno scambio economico che garantisca la sopravvivenza ai due gruppi (gli Amhara acquistano la lama dell’aratro, i Falasha possono acquistare i prodotti dei bovini e delle capre, che non posseggono) e contemporaneamente l’erezione di un muro fatto appunto di divieti e di tabù: non sono ammessi matrimoni misti tra le due comunità da entrambe le parti, è spesso tabù parlare o incontrare membri dell’opposto gruppo sociale (pena, talvolta, la morte). Ma proprio perché il divieto/tabù di mischiarsi è la condizione necessaria per l’interdipendenza e la sopravvivenza tra i gruppi sociali, la rappresentazione dell’altro come aggressore potenziale è il fondamento dell’identità di ciascun gruppo. In altre parole: io sono chi sono perché non mi mischio con loro e io sopravvivo perché non mi mischio con loro. Ecco come il controllo sociale definisce chi può partecipare o meno ad una identità collettiva e culturale, ecco come la rappresentazione negativa della differenza dell’altro fonda la sicurezza di appartenenza. Il conflitto intercul-

“La libertà del prossimo estende la mia all’infinito”, Michail Bakuni

turale, nato originariamente da una asimmetrica distribuzione delle risorse e/o delle conoscenze si sedimenta con il tempo e viene replicato socialmente come difesa della propria identità. Nei contesti del Sud del Mondo quale è quello dei villaggi rurali del Nepal o della savana del Sud Etiopia, le risorse sono particolarmente scarse. Il divieto principale relativo alle relazioni interetniche è l’impenetrabilità reciproca, il tabù dell’unione mista: l’unione matrimoniale è causa di una distribuzione di risorse generazionale (il prezzo della sposa) ed è quindi il muro più alto da scalare. Chi fa cooperazione (ovvero chi agisce verso un miglioramento delle condizioni di vita insieme a determinate comunità di persone) si trova spesso a dover negoziare con i principi culturali delle popolazioni con le quali lavora. Le attività devono essere comprese in una cornice in grado di accogliere le diversità di rappresentazione di ciò che è giusto o sbagliato, di ciò che è permesso o vietato. Un lavoro sull’empowerment di gruppi etnici o sociali emarginati e più deboli rispetto ad altri diventa necessariamente un lavoro di ricomposizione, un lavoro di accoglienza delle differenze per arrivare ad un minimo comune denominatore dal quale partire per rinforzare l’identità di ciascuno non più tramite le differenze ma bensì grazie alle similitudini. Giusto per spostare l’asse su contesti conflittuali di emarginazione e tabù più prossimi a noi, la lotta contro l’emarginazione e lo stigma da parte dei più verso i malati di AIDS è stato fondato proprio sulla ricomposizione della differenza, sulla similitudine e l’impossibilità di nuocere. stefano zimbaro - www.omoweb.org

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Userò in questo breve testo termini come etnia, gruppo sociale, comunità o gruppo culturale quasi come sinonimi, dato che il carattere di questa pubblicazione lo consente. Comincio descrivendo un fenomeno stranamente diffuso in varie culture, tradizionali o moderne (vedremo poi quanto penetrabili siano queste due categorie del tempo sociale): l’esempio è offerto dalle classi dei vasai e dei fabbri e si esprime in maniera similare in tre contesti culturali molto differenti tra loro. 1) Fino a qualche decina di anni fa tra gli Amhara dell’Etiopia del nord i mestieri di vasai e di fabbri erano svolti unicamente dal gruppo etnico dei Falasha, radicalmente differente dai pastori Amhara. I Falasha sono un gruppo etnico che ha per religione un ebraismo arcaico, una lingua simile all’ebraico e costumi sociali differenti dagli Amhara, cristiani ortodossi. I Falasha sono stati sempre emarginati dagli Amhara e spesso ritenuti capaci di provocare il buda, una malattia che frequentemente è mortale e che viene trasmessa con lo sguardo. 2) Gli zingari presenti in Europa hanno storicamente svolto i mestieri di vasai, ramai e maniscalchi. Anche verso di loro si è scatenata una discriminazione giustificata dalla convinzione che gli zingari rubassero i bambini. 3) Tra i Dogon del Mali il fabbro è ritenuto l’essere umano più intimo con la divinità ed è per lui un tabù il lavorare il ferro dopo il tramonto, poiché i raggi della luna sono in grado di caricare i metalli di forze oscure e maligne. Il fabbro vive fuori dal villaggio ed i rapporti con i propri vicini sono in qualche modo penetrati da questa asimmetrica relazione di potere.


Ho scoperto in questi giorni che uno dei miei migliori amici di sempre è omosessuale. Non mi ha fatto nessun effetto saperlo, mi è sembrata una cosa normale: finalmente si era fidanzato. Ma poi ci ho pensato: in tutti questi anni era così evidente! Come ho fatto a non accorgermene? E non che non ci avessi pensato…me l’ero chiesto più volte… Eppure tendevo ad escluderlo, come un rifiuto di fronte ad una cosa che non vorresti fosse vera. Ma perché? Ancora non lo so. Forse un tabù inconscio, di quelli che non sai di avere, a mio avviso tra i più veri. E oggi provo a vedere il mondo dai suoi occhi e nei suoi occhi vedo le paure e i timori: i giudizi e i pregiudizi degli altri, la difficoltà di dire la verità nel contesto sociale e professionale in cui è inserito, la sensazione che sarebbe etichettato, guardato, additato, giudicato. L’eco delle chiacchiere intorno a lui. Non credo che sia facile, e credo che te ne accorgi solo da vicino, quando ci sei dentro. Solo adesso capisco davvero quanto deve essere brutto non sentirsi liberi di vivere la propria vita, i propri affetti, vivere le relazioni in modo distorto, perché gli altri non sanno. Solo adesso capisco come si deve sentire chi si trova di fronte al muro della superficialità, e solo adesso capisco che essere superficiali è considerare le cose come se non appartenessero al proprio mondo. Perché

non gli avevo mai chiesto se era omosessuale? Perché nessuno gliel’ha mai chiesto? Forse non ci sentiamo pronti, ci sentiamo impreparati, fuori luogo, a disagio, incapaci. Forse abbiamo paura della risposta, o paura di offenderlo... non lo so. Forse semplicemente non contempliamo la possibilità, non la contempliamo davvero. Perché non la diamo per scontata, non ci sembra una delle vere possibilità. È come una censura inconscia, come se l’omosessualità esistesse, ma solo lontano da noi e non ci potesse toccare. g.p.


quest’estate quasi per gioco e che, di fatto si è rivelato un buon insegnamento e, almeno per me, uno spunto per riflettere che inaspettatamente mi ha in un certo qual modo arricchita. Tra le righe sottolineate più e più volte dal mio lapis ho voluto riportare questo passo: …..”Eterodossa? Senza dubbio, e per questo era stata molto criticata. Ma la sua eresia restituiva un termine così abusato alla sua pura radice greca, HAIRETIKOS, colui che sceglie…..” Oggi mi domando, come possiamo abbattere i divieti e i tabù di dimensioni non solo domestiche o sessuali ma mondiali, se siamo riusciti, solo con il breve passaggio di una traduzione linguistica a dare una connotazione tanto “negativa” ad una parola che esprime un concetto “positivo” in assoluto. Cosa può esserci di meglio per la consapevolezza di ciascuno di noi come essere umano libero e pensante di poter scegliere? Già, poter scegliere….è facile quando si fa parte di “questa” parte di mondo mentre popolazioni intere ancora non godono del diritto di pensiero, parola, libera espressione e dove un’eletta minoranza impone e di conseguenza vieta ad altri qualsiasi “scelta”! Saper scegliere, nel rispetto di noi stessi e di tutte le persone che sono non solo a noi care e vicine ma che godono del nostro stesso diritto di scelta è un obiettivo a cui tendere per non subire “divieti e atavici tabù” greta spoladore

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Quante riflessioni si affollano alla mente con un tema così vasto e per certi versi provocatorio. Ho cercato di dare una logica al magma rovente che da semplice pensiero diviene parola scritta e, rileggendo quanto segue mi accorgo che probabilmente non ci sono riuscita fino in fondo…..diciamo che questo esercizio di scrittura, in maniera un tantino egoistica, è servito più a me stessa che non come contributo annuale a questo meraviglioso programma solidale che è Xmas Project 2004. DIVIETI: c’è una parte del mio essere profondo che crede fermamente che alcune “frasi fatte” ingiustamente additate come “divieti” abbiano di per se un fondo logico di difficile confutazione; il più delle volte sono norme comportamentali dettate dal buon senso e andrebbero forse, solamente spiegate e delucidate e non imposte in modo acritico….chissà mai che venga a mancare il gusto della trasgressione e con esso il senso del “vietato”…. TABÙ: diversi ma infondo uguali per ognuno di noi, sono il più delle volte il retaggio di paure non necessariamente nostre ma ereditate come una sequenza del DNA e impresse a fuoco nel nostro “io” più profondo e allora il rischio è di non guardare in faccia alla realtà, dare giudizi non nostri ma di altri e di ritenere come “impuri” o peggio “disdicevoli” atti e pensieri che sono per certi versi nati e cresciuti con l’uomo che solo con esso si estingueranno. Ritorno spesso con la mente all’ultimo libro di Carlos Fuentes, letto


Tabù (Rel.) - Termine di origine polinesiana, è stato adattato nel francese tabou e nell’inglese taboo. La sua traduzione in italiano è impossibile dal momento che manca nel mondo occidentale in concetto equivalente. Si trova equivalenza, invece, nel latino sacer, nel greco agos, nell’ebraico kodausch ed in molti altri termini tuttora in vita presso molte tribù africane. Esso può avere due opposti significati: "sacro, consacrato", per un verso; "proibito, impuro, pericoloso", per il verso opposto. Può essere il desiderio per una cosa eccessiva, pericolosa, impossibile, che è colpevole solo pensarla, ed allora porta alla rimozione; oppure un ricordo che, attraverso la tentazione, porta ad osare e, quindi a peccare, scontandone poi la pena. Ai tabù sono collegate delle restrizioni che si manifestano attraverso divieti e limiti, che sono diversi da quelli religiosi e morali. Essi, infatti, non risalgono ad un ordine divino, ma si impongono da sè, in modo quasi immotivato, che a quanti vi si sentono sottoposti sembrano nello stesso tempo incomprensibili e naturali. Qualcuno li ritiene antecedenti a qualsiasi religione. Vi sono tabù permanenti e tabù temporanei, oltre a tabù che vengono emanati in determinate circostanze. La trattazione dettagliata di essi non porterebbe ad una migliore comprensione del fenomeno che, fondamentalmente, consiste in una paura oggettivata di forze demoniache che si suppone abitino entro certe persone o cose e che, se offese, si scatenano fino ad eliminare l’offensore. È solo in uno sviluppo successivo che esso viene soggettivato ed elevato a Legge. Molto importanti i tabù alimentari: i pitagorici non mangiavano le fave, ebrei e musulmani non mangiano i suini, alcune tribù non possono mangiare carne dell’animale che è il loro totem, ecc. Ed importanti anche i tabù legati ai nomi; gli antichi Ebrei non pronunciavano il nome del Tetragrammaton e lo sostituivano con Alheim; il cattolicesimo vieta ai suoi credenti di pronunciare il nome di alcuni oggetti; molti animali vengono talvolta chiamati con le loro caratteristiche (mangiatore di uomini, bestia che striscia, divoratore di miele, ecc.) anziché con i loro nomi. Alcuni studiosi ritengono che il rapido mutamento lessicale che spesso si manifesta nei popoli poco civilizzati derivi proprio dall’imposizione di tabù linguistici. I tabù sono forse la più vasta e profonda legge non scritta che regola la vita di molti popoli, mascherati sotto le forme più strane di usanze, tradizioni, costumi. Essi si affermano in prevalenza sotto forma di riti negativi, costrizioni, proibizioni che condizionano la vita della società. Spesso essi rappresentano la linea di demarcazione fra il sacro ed il profano con lo scopo di circoscrivere la contagiosità del sacro, la cui profanazione genera impurità. Nella storia dell’umanità, chi ha pagato il prezzo più alto a causa dei tabù è stata certamente la donna, la cui vita e le cui manifestazioni rappresentano nello stesso tempo un grande segno di potenza ma anche di mistero che incute paura. Si tenga presente che ancor oggi il cattolicesimo nega il sacerdozio alle donne ! Troppi divieti! "Non toccare questo! Non mettere le dita nel naso! Non ascoltare quando parlo al telefono! Non correre per la casa! ...". A volte pare che l’ubbidire equivalga a essere come una mummia nel suo sarcofago. E dopo non meravigliamoci delle sue reazioni davanti alle nostre parole sciocche. Fumo: multe e divieti -Scatta l’ora X per i bar e ristoranti dove oggi è ancora consentito fumare. Italia, cadono i divieti di Laura Lazzaron NEL POLVERONE ALZATO dall’annuncio della prima clonazione terapeutica umana documentata, firmato Advanced Cell Technology, l’Italia tiene gli occhi ben aperti, scrutando l’orizzonte con vigile allerta: la notizia giunge, infatti, in un momento di delicato “riassestamento” legislativo. La parola "Tabù" nei popoli Polinesiani Il termine Tabù, Taboo, Tapu o meglio Tabu (non accentato come viene chiamato dagli antropologi) è originario della Polinesia (precisamente di Tonga ma poi si è espanso con i viaggi anche nelle altre isole) ed originariamente significava "segnato, fortemente marcato" ed era riferito ad una serie di usanze, norme e tradizioni che da sempre regolavano la vita di questi popoli. Il primo occidentale a venire a contatto con questa parola fu il famoso navigatore James Cook che nel 1768 in occasione del suo primo viaggio nel Sud Pacifico annotò sul suo diario: <<Tabù, ovvero cibi vietati od arnesi interdetti o ancora personaggi intoccabili o talmente importanti da non poterli neanche guardare in faccia...>>; insomma Tabù significava un divieto assoluto di fare, mangiare, guardare o desiderare qualcosa o qualcuno, un divieto da rispettare per poter rimanere nella società e sentirsi di appartenere ad un determinato gruppo o clan; chi sfidava un Tabù sfidava gli dei, la natura e la società ed era punito con l’allontanamento, la malasorte, la malattia oppure la morte. I Tabù furono molto importanti in quanto regolavano scelte "sensate" come evitare l’impoverimento di una certa risorsa, oppure le malattie (talvolta fu tabù il cannibalismo ...altre volte l’incesto quando questo non rafforzava il potere di un capo, i cibi infetti, le feci...) oppure meno "nobili" come per esempio aumentare il potere e le ricchezze di un capotribù. Il Tabù era talmente un concetto sacro che per esso un Polinesiano sarebbe stato disposto a lasciarsi morire. Sicuramente non erano Tabù concetti come la nudità, l’infedeltà, la non verginità, l’accoppiamento libero, il cannibalismo riferito ad un nemico ucciso in battaglia, il mangiare topi ed altre manifestazioni che sono Tabù per noi. E qui tocchiamo un secondo tabù: il potere nutritivo delle carni bianche non é inferiore alle rosse. Il contenuto in proteine nella carne di coniglio è lo stesso di quello che si trova nel manzo o nel vitello. Per converso, spesso si evita accuratamente di mangiare carne di maiale, ritenendo che sia molto grassa. In realtà dipende dalla parte considerata: 100 grammi di pollo contengono mediamente l’11 % di grassi, percentuale superiore a quella contenuta nel lombo di maiale, quando si elimini lo strato di grasso evidente, o a quella del prosciutto crudo magro (solo 4 % di grassi). Parlando di carni, ricordiamoci del pesce: bisogna aumentarne il consumo. Ad ammollo avvenuto, il baccalá contiene la stessa percentuale di proteine, e perfino di ferro, della bistecca bovina. E, in piú, molto iodio (con due etti si accumulano riserve per mezza settimana). Il terzo tabù è costituito dai grassi, ossia, sostanzialmente, gli acidi grassi ed il colesterolo. Costituiscono la riserva enegetica dell’organismo, facilitano l’assorbimento delle vitamine A, D, E e K, e contribuiscono alla gradevolezza dei cibi ed al senso di sazietá. Negli adulti queste funzioni possono essere soddisfatte con un apporto giornaliero di 25-30 grammi di grassi totali (225-350 calorie). Assai spesso si distingue nettamente fra i pericoli dei grassi animali (grasso del prosciutto, lardo, burro, strutto) e vantaggi da quelli da vegetali. Ambedue i gruppi appaiono imprecisi. Fra quelli animali, sempre indicati come pericolosissimi, occorrerebbe distinguere il grasso dei pesci che é invece ritenuto benefico per le arterie. Ma, sopratutto, quello che non vá bene é che l’espressione grassi vegetali (equivalente ad olii vegetali) venga praticamente utilizzata come per indicare qualcosa comunque di benefico. Non è sempre così: i tre grassi piú insidiosi esistenti in natura sono tutti di natura vegetale: quello di cocco, l’olio di palmisti (ricavato dai semi della palma da olio o cuore di palma) e l’olio di palma (estratto dalla polpa dei frutti). Sono, forse, i grassi piú iper-colesterolemizzanti ed aterogeni (ossia facilitanti lo sviluppo delle placche aterosclerotiche). Gli acidi grassi che compongono questi olii, e cioé l’acido laurico, l’acido miristico e l’acido palmitico sono i soli ad esercitare una reale azione iper-colesterolemizzante anche nell’ambito di un’alimentazione equilibrata (in quella ipercalorica tutti i fattori nutritivi energetici possono innescare aumenti del colesterolo). Il nome esotico di questi olii potrebbe far pensare che il rischio di un loro consumo sia riservato solo a quei pochi che fánno vacanze da favola! É un errore: si puó restare a casuccia propria e riceverli nostro malgrado dal garzone dell’alimentari dietro l’angolo: la maggior parte di questi composti, sostenuti dai bassi costi e dal sapore gradevole, viene largamente utilizzata per produrre margarine vegetali e prodotti dolciari. In realtá la distinzione più opportuna sarebbe quella fra grassi saturi ed insaturi: i primi dannosi (in quasi tutti i grassi animali eccetto i prodotti ittici, e negli olii tropicali), i secondi (contenuti nel grasso di alcuni pesci, ed in genere nei vegetali) piú benefici . Il quarto tabú è rappresentato da colesterolemia e colesterolo alimentare: per stare lontano da maggiori rischi cardiovascolari, occorrerebbe evitare alte concentrazioni di colesterolo nel sangue. Una serie di studi ha effettivamente dimostrato che una riduzione del 20-25% della colesterolemia produce una diminuizione dell’incidenza di infarto e di mortalitá cardiovascolare del 30-35%, sia in pazienti con malattie coronariche (valutati nello studio 4S così detto perché condotto su 4.444 pazienti), che in individui ancora senza segni di malattia (studio West of Scotland, Woscops, su 6.595 soggetti). Fin qui tutti d’accordo. Per alcuni l’obiettivo colesterolo basso è diventato così assoluto da dare istruzioni rigide e perentorie: non piú di 300 milligrammi al giorno. Sicchè può capitare che qualche paziente riferisca una voglia matta ... un uovo (un tuorlo, che pesa dai 15 ai 20 grammi ne conterrebbe dai 220 ai 300 mg!): bandito sia dalla loro mensa che dal loro lessico alimentare. Non si può essere serenamente così spietati. ALIMENTAZIONE Vino rosso col pesce non è tabù È caduto un tabù: il vino rosso va bene anche col pesce. È caduto un tabù: il vino rosso va bene anche col pesce. Un tempo, anche grazie alle lezioni dei sommelier (un saluto al grande Jean Valenti che fu tra i fondatori dell’Ais), si seguiva un certo bon ton degli accostamenti per cui mai e poi mai un padrone di casa avrebbe accostato il vino rosso col pesce. Ed il Barolo veniva aperto solo verso la fine del pasto accanto ad un’improbabile sella di lepre. L’altra sera ad una tavola colta, ospiti del grande libraio antiquario torinese Roberto Cena, l’ottima coda di rospo al forno cucinata dalla moglie Elsi ha visto, da parte dei commensali (tra cui il presidente della Regione Enzo Ghigo e della Camera di Commercio Giuseppe Pichetto) l’assoluta preferenza di un Sangiovese importante. Detto questo, che è un episodio che comunque indica una tendenza in atto non solo in Italia, merita che decada un altro tabù, che è quello di preferire un buon vino rosso frizzante, magari rinfrescato, prima d’essere servito. Con la pasta al pomodoro e pecorino, anzi con le paste in genere, pizza compresa, è un toccasana di gusto e gradevolezza. Provare per credere la Bonarda dell’Oltrepò "frizzante" scura e profumata, vicace e cremosa che produce Riccardo Albani a Casteggio, lasciando intorno ed in bocca una caratteristica nuance di mora. FORUM COMUNICAZIONE MILANO Socialpress.it Comunicato.Terapia del dolore:sconfitto tabù, paura,pigrizia e mancanza di cultura martedì 9 novembre 2004. La terapia del dolore non sarà piu’ tabù in Italia. Contro la paura, la pigrizia e la mancanza di cultura dei medici arriva la formazione con crediti ECM e farmaci in fascia "A". L’Osservatorio della terza età, Ageing society, vince la sua battaglia per la diffusione dei farmaci per la terapia del dolore, oggi erogati solo al 12% (poco più di 200 mila) dei pazienti che ne avrebbero bisogno. Il dato era preoccupante perché la carenza non dipendeva dalla assenza di leggi o di finanziamenti, ma dalla mancanza di una cultura delle cure palliative. La distribuzione dei farmaci in fascia A e il pronto intervento, annunciato dal ministro Sirchia, per istituire corsi di formazione professionale anche via internet è l’inizio di un approccio serio e deciso, per stare vicino a chi soffre. Un passo necessario nel nostro Paese dove la prescrizione degli oppiacei è tra le più basse nel mondo: siamo al quintultimo posto con 150 prescrizioni medie giornaliere per milione di abitanti, prima solo dell’Ecuador, Cina, Bolivia e Algeria. Il confronto diventa ancora più marcato se ci si sposta a livello europeo, dove i tre milioni di confezioni consumate nel 2002, sono 12 volte di meno di quelle prescritte in Germania (35 milioni), 32 volte meno di quelle francesi (100 milioni) e addirittura inferiori di 110 volte a quelle della Danimarca. Un confronto "imbarazzante" visto che i decessi per cancro in Italia sono circa 150 mila all’anno, 300 mila i malati cronici, mentre 3 milioni di pazienti sottoposti ad un intervento chirurgico sono colpiti da dolore. Formazione quasi nulla per i medici, poca diffusione dei trattamenti domiciliari e mancanza di reparti nelle strutture pubbliche sono i deficit che allontanano il nostro paese dalla realtà europea e mondiale. Per favorire la cura del dolore le regioni di comune accordo con il ministro avevano già sburocratizzato e semplificato la prescrizione dei farmaci oppiacei con i nuovi ricettari. Ora manca un ultimo sforzo. Secondo i piani legislativi le regioni dovrebbero garantire tra lo 0,4 e lo 0,5 posti letto ogni 10 mila abitanti per le terapie palliative, ma attualmente la media nazionale È ferma allo 0,3, con particolare deficit nel Sud, dove vi sono regioni come Puglia e Campania che non raggiungono 0,2 posti letto. "Non gestire il dolore nei pazienti - afferma Roberto Messina, segretario generale dell’Osservatorio della terza età - È immorale. Finalmente, gli appelli dell’Osservatorio sono stati accolti. Apprendiamo con soddisfazione le parole del ministro e del Direttore Generale AIFA Nello Martini - osserva Messina - tutto questo permettera’ di abbattere gli ostacoli che hanno bloccato la diffusione della terapia del dolore in Italia, dove una fetta sempre più consistente della popolazione È anziana". Con il 1° gennaio, in pratica, non sarà solo la lira a scomparire dalla circolazione: decadrà anche il divieto per la clonazione animale, come aveva annunciato il ministro della Sanità Girolamo Sirchia, in tempi non sospetti. Dalla libertà ai divieti: quale futuro per la legge sulla procreazione medicalmente assistita? Dall’ottobre 1938 anche "l’Eco del Chisone" si piega al volere del Regime con articoli in prima pagina riguardanti i provvedimenti razziali anche se non occupano uno spazio rilevante; nel numero del 19 novembre viene annunciato che il Consiglio dei Ministri ha approvato le leggi razziali e viene elencata la serie di divieti che comporta tale legislazione prevalentemente in materia di matrimonio (già accennati nel numero del 15 ottobre dove si parlava, in un trafiletto, delle "deliberazioni adottate in merito alla difesa della razza dal Gran Consiglio del Fascismo riunito, in prima seduta, la sera di giovedì 6 ottobre, sotto la presidenza del Duce"), di impieghi e di scuola. Il franchismo non è più tabù: Zapatero istituisce una commissione sui crimini del regime. 11.09.2004 È la fine di un tabù. Un tabù pesante, quasi impronunciabile, sepolto dal silenzio. Il governo socialista spagnolo ha istituito una commissione d’inchiesta ministeriale sulle vittime della Guerra Civile (1936-1939) e del regime franchista (1939-1975). L’obiettivo è quello di "risarcire la dignità e restituire la memoria" di coloro che subirono l’ostracismo, il carcere, la repressione o anche la morte per difendere i valori di una società democratica. Zapatero aveva messo in conto di istituire questa commissione già prima che vincesse le elezioni del 13 marzo. Infatti, oltre ad aver promesso di ritirare le truppe dall’Iraq, aveva anche annunciato che la Spagna avrebbe definitivamente affrontato il proprio passato e la lunga e immacolata dittatura di Francisco Franco. Il primo giugno scorso, la Camera dei Deputati spagnoli aveva approvato una mozione con la quale si chiedeva al governo di indennizzare le vittime del franchismo e coloro che subirono persecuzioni anche nella fase di transizione alla piena democrazia, cioè tra gli anni 1977-1982. La proposta era stata fatta dai deputati del Partito Nacional Vasco e del gruppo misto. Ma era stata cassata, perché si spingeva oltre il franchismo e si proponeva anche di fare luce sul periodo in cui Suarez governò la Spagna. Ciò equivaleva a mettere in discussione lo stesso Suarez e peggio ancora, significava tirare nella mischia il re, Juan Carlos di Borbone. Le ragioni sono evidenti: il premier Saurez era stato un uomo di Franco e aveva vinto le elezioni, grazie a una politica di distensione e pacificazione il cui primo atto fu la legalizzazione del partito comunista. La politica di Suarez rifletteva il dibattito presente nel franchismo negli ultimi anni della dittatura. Sia nel generalissimo che nei suoi più stretti collaboratori c’era la consapevolezza che il regime non sarebbe sopravvissuto alla morte del suo leader. Franco decise di mettere il futuro della Spagna nelle mani del re, che d’accordo con Suarez, uno dei franchisti "moderati", optò per il ripristino progressivo delle libertà. Risalire fino a quel periodo avrebbe determinato un trauma nazionale, visto che il sovrano spagnolo è unanimemente ritenuto come il garante del ritorno alla democrazia. Almeno su questo Partido Popular e socialisti sono d’accordo. Ma ci sono anche altre ragioni storiche e politiche che hanno indotto a frenare continuamente il tentativo di fare i conti con il passato. Era lo stesso partito socialista di Felipe Gonzales a glissare sull’argomento. L’avvocato di Siviglia, leader storico del Psoe e quattro volte presidente del Consiglio prima di essere travolto dallo scandalo tangenti e da José Maria Aznar, giunse alla Moncloa (sede del governo spagnolo) nel 1982, in un periodo storico in cui le ferite erano ancora aperte e il paese era attraversato da strascichi di giustizialismo. Complice anche il tentato golpe militare del 1981, al quale Juan Carlos si oppose con fermezza, facendosi ancora una volte garante del ritorno alle libertà. Felipe Gonzales doveva scegliere tra governare una Spagna pacificata o dare vita a un cataclisma. Ma essendo un accorto politico e un ottimo calcolatore, non si pose nemmeno il dubbio. ’unica cosa da fare era andare avanti, ricostruire l’economia, rendere il paese credibile e affidabile a livello internazionale e purificare le coscienze. Venne poi Aznar. Nei suoi otto anni di governo il Pp si è sempre rifiutato di indagare sul passato. Il motivo è ovvio, essendo i popolari i discendenti del franchismo. Eppure il dibattito storico aveva fatto ulteriori passi avanti, anche durante i due mandati di Aznar. Nel 1999 per la prima volta nella storia, il Parlamento ha condannato il colpo di Stato del 1936, che portò Franco al potere. Il termine contrario a Tabù era il "Noa" ovvero il "lecito". I Tabù erano imposti o revocati dai capitribù che anche per questo avevano un potere assoluto sui sudditi. Talvolta il potere spirituale (il mana) e temporale dei capotribù era talmente grande che vivevano lontani dai villaggi per nascondere ai sudditi la vista della loro sacra testa che era la parte del corpo dove risiedeva il "mana". Il concetto di Tabù ovviamente era comune a tutte le popolazioni del mondo ma il termine così come lo conosciamo deriva dai Polinesiani e fu portato in Europa proprio da Cook e dal suo compagno di viaggio James King. In realtà per molto tempo non si affermò come una parola occidentale corrente e si dovette aspettare il 1912 quando Sigmund Freud scrisse il suo saggio sulla psicoanalisi "Totem e Tabù". Tra le curiosità dei Tabù Polinesiani c’era (presso i Maori) il divieto di toccare i morti (per ovvie ragioni di salute); chi disobbediva oltre a non partecipare per mesi alla vita comunitaria, non poteva entrare in casa e mangiare con le mani. Leggi anche: L’antica cultura polinesiana e le sue leggende Vi pongo una domanda: che cos’è per voi un tabù?.... Una scatola piena di tutte quelle cose (sensazioni, emozioni, parole o semplicemente varie situazioni) che ognuno di noi ha paura di aprire e scoprirne il contenuto, ecco come, metaforicamente, lo definisco. Ma è solo una metafora!! Un tabù oggi equivale ad un evento estremamente particolare e delicato che non si ha il coraggio di affrontare: una scatola. Il mio è un rimprovero rivolto ad una società tanto materialista ed opportunista che, nel nuovo millennio così aperto alle nuove frontiere, si rifiuta di vedere cosa si nasconde dietro all’apparenza (all’interno di questa scatola), forse per paura o semplicemente per superficialità. Se per un attimo vi guardate attorno e correte in senso opposto alla quotidianità, vi renderete conto che il vero senso della vita, a mio modesto parere, è l’esatto contrario; ovvero viaggiare lentamente su questo treno che presto o tardi vi porterà a destinazione perché solo così potrete gustare e percepire attimo per attimo la vostra esistenza! Entriamo ora direttamente nei tabú alimentari: Il primo tabú consiste nell’eccessivo consumo di carne. Le carni assicurano l’apporto di proteine animali, quelle più nobili. Inoltre forniscono vit. B1, vit. A (essendo liposolubile é tesaurizzabile: un etto di fegato ce ne fá il pieno per una o due settimane) e consentono di coprire l’intero fabbisogno giornaliero di vit. PP. Sono quindi necessarie. Tuttavia, per una persona adulta il fabbisogno giornaliero di proteine é solo di 1 grammo pro chilo del proprio peso ideale (ossia rimane lo stesso sia che un individuo diventi obeso, sia che dimagrisca). In pratica, per una donna di media corporatura, diciamo di 60 kg, é necessario un apporto giornaliero di 60 grammi di proteine. Ma, di questa quota, solo la metá, o poco piú, deve derivare da alimenti animali (sarebbero per es. sufficienti 200 grammi di latte, che fanno 6,2 grammi di proteine; più 90 grammi di mozzarella, ossia 18 grammi di proteine; piú 70 grammi di carne magra, cioé 14 grammi di proteine, nelle 24 ore: in totale avremmo acquisito 39-40 grammi di proteine, tutte animali, nelle 24 ore!). In realtá, il consumo medio reale si aggira invece sui 110 grammi, di cui almeno 60 di origine animale! É eccessivo: protratto per anni, questa abbondanza proteica impone un surmenage a fegato e rene, con il rischio di eccesso di ac. urico, elemento responsabile della gotta. Pertanto ricordiamo bene: bastano circa 3-4 etti di carne la settimana, qualunque sia il nostro peso, non di piú. Alternando quelle rosse a quelle bianche. La decisione ha fatto storia. E anche i "nipotini" del generalissimo, seppure timidamente, avevano accettato questa decisione, dato che piuttosto di votare contro, avevano preferito astenersi. Una scelta, questa, politicamente rilevante. Ora, la decisione del governo Zapatero (il cui nonno per esempio fu fucilato dai franchisti) di istituire una commissione ad hoc sui crimini del regime, presieduta da Maria Teresa Fernandez de la Vega, vice premier spagnola, indica che la Spagna è matura per voltarsi indietro e togliere la sordina al franchismo. Anche se i membri della commissione dovranno fare i conti con la scarsità di materiale a loro disposizione. Infatti, la distruzione degli archivi dei servizi segreti di Franco rende estremamente difficile quantificare il numero delle vittime della repressione. Sarebbe in forse anche la sopravvivenza dell’informazione scientifica, poiché in molti Stati esistono divieti di diffusione di materiale scientifico che tratti di sessualità o di evoluzionismo (senza dover cercare in Stati culturalmente distanti da noi, si pensi alle possibili limitazioni che il Communication Decency Act nordamericano avrebbe posto in capo a pubblicazioni scientifiche relative alla sessualità se queste fossero state pubblicate in Rete). PECHINO, 27 settembre 2004 (IPS) - La città di Shanghai nella Cina orientale è stata il modello della rigida politica di un solo figlio per coppia, applicata dal governo sin dalla fine degli anni ’70. Adesso però sono autorizzate le eccezioni, ed è stata lanciata una campagna contro il modello della coppia "Dink" (dalla sigla in inglese di "double income, no kids", due stipendi, niente figli), un tempo presentata come esempio di prosperità e successo. Ciò è dovuto al fatto che la florida città, uno dei primi fulcri della liberalizzazione economica avviata più di venti anni fa, ha visto diminuire la sua popolazione ogni anno, dal 1993. Alla fine dello scorso anno, quasi il 19 per cento dei suoi 16,4 milioni di abitanti aveva almeno 60 anni, e si prevede che il rapporto salirà al 20 per cento nel 2005, al 33 per cento nel 2020, se non si contrasterà la tendenza con misure come quelle che si cominciano ad applicare adesso. Fino ad oggi, lo Stato ricompensava le coppie sposate che decidevano di non riprodursi, ma adesso incoraggia 11 tipi di famiglia ad avere un secondo figlio. "Se le coppie non vogliono riprodursi, la società non può svilupparsi in modo sano", ha dichiarato il medico Xia Yi, della Commissione pianificazione familiare e popolazione di Shanghai. Se le attuali tendenze demografiche non cambiano, "un numero relativamente esiguo di persone dovrà mantenere un gran numero di pensionati", ha osservato Xie Lingli, direttore della Commissione popolazione della città. Negli anni ’80 nascevano 180.000 neonati all’anno a Shanghai, mentre attualmente ne nascono meno di 60.000. L’anno scorso ci sono state 57.000 nascite e 100.700 decessi, il che ha determinato un calo demografico del 3,24 per mille. Secondo alcuni funzionari della Commissione popolazione, negli anni ’50 la media era di cinque bambini per famiglia, un numero più elevato di quello tradizionalmente alto delle zone rurali. Ma dagli anni ’70, Shanghai è stata all’avanguardia nella politica di un figlio per famiglia, lanciata con la motivazione che il paese poteva crollare per un eccesso di abitanti in rapporto alle risorse, e applicata mediante forti multe a chi aveva un secondo figlio, salvo con l’autorizzazione delle autorità. Una delle conseguenze di questa politica è lo squilibrio di genere, con 1,2 uomini ogni donna (mentre nel mondo c’è una lieve maggioranza di donne), questo perché le coppie spinte ad avere un solo figlio preferiscono un maschio, ed è frequente l’aborto se si viene a sapere che è in arrivo una femmina. I demografi, come il professor Peng Xizhe dell’Università Fudan di Shanghai, sostengono che questa politica è stata applicata con particolare severità nella città, che è la più ricca del paese e costituisce, insieme all’area rurale circostante, una divisione amministrativa corrispondente a una provincia. Nel 1979, il 90 per cento delle coppie urbane di Shanghai si erano già impegnate ad avere un solo figlio, e negli anni ’80 la città e la sua zona rurale, dove vivevano cinque milioni di persone, avevano un tasso medio di 1,6 figli per ogni donna, simile a quello dei paesi europei con una popolazione anziana come l’Italia. Le coppie Dink ricevevano un risarcimento economico secondo il precedente modello, e questo si diffuse soprattutto tra le coppie sposate formate da donne con un livello educativo più alto. Secondo un sondaggio realizzato dalla Federazione municipale delle donne di Shanghai, la percentuale di nuclei familiari tradizionali caratterizzati dalla convivenza di tre generazioni è diminuita notevolmente, mentre aumentava la proporzione di famiglie Dink, che sono diventate il 12,4 per cento sull’insieme dei nuclei nel 2003. La stessa tendenza si registra in tutte le grandi città della Cina, dove ci sono almeno 600.000 coppie Dink, soprattutto nelle principali metropoli come Pechino, Shanghai, Tianjin, vicina alla capitale, e Guangzhou, nel sud. A Pechino, quasi il 10 per cento delle coppie giovani dice di non volere figli. "Non si tratta solo dei costi per mantenere ed educare un figlio, ma anche della libertà di scelta", ha osservato Xu Jie, un professionista di poco più di 30 anni residente a Pechino. Il sociologo Li Yinhe pensa che il crescente numero di coppie Dink dimostra una maggiore libertà di scegliere tra diversi stili di vita. "La gente che decide di non avere figli dà più importanza alla felicità nel presente. Apprezza il rapporto con la coppia più della paternità o della maternità", ha detto Li all’agenzia stampa statale Xinhua. Ma la scarsità di bambini nelle grandi metropoli come Shanghai fa venire il mal di testa ai funzionari per la popolazione, che cercano di equilibrare la politica di controllo delle nascite con il tentativo di evitare l’invecchiamento della società. Tra gli 11 tipi di coppia che oggi possono essere autorizzate ad avere un secondo figlio ci sono quelle composte da due figli unici, integrate da persone che hanno sciolto legami matrimoniali precedenti ed entrambe hanno già un figlio. Se una persona residente nell’area urbana ha una disabilità che non le permette di lavorare, è autorizzata ad avere un secondo figlio senza pagare una multa, come già avveniva per l’area rurale. Secondo le statistiche della Commissione popolazione e pianificazione familiare, sin dall’avvio della nuova politica ad aprile 2004 le richieste di autorizzazione per un secondo figlio sono notevolmente aumentate. Tabù alimentari Premesse - Approccio dietetico differenziato - Malattie biliari - Malattie epatiche acute (1) - Malattie epatiche acute (2) - Malattie epatiche compensate - Malattie epatiche compensate (orientamenti dietetici 1) - Malattie epatiche compensate (orientamenti dietetici 2) - Malattie epatiche scompensate - Tabù 1 - Tabù 2 : grassi - Conclusioni Premesse Quando si parla di malattie epatiche, storicamente vengono alla mente tutte le "proibizioni" alimentari da sempre associate a tali condizioni, raramente messe in discussione, ma mai scientificamente validate, anzi talvolta controproducenti e dannose addirittura. In realtà solo in pochi casi, quando il nesso tra abitudine alimentare e malattia è evidente, o quando il ruolo terapeutico della dieta è dimostrato, è opportuno intervenire. Spesso i termini di epatopatia e di insufficienza epatica sono usati in modo non corretto in quanto il paziente presenta problemi dispeptici che nulla hanno a che fare col fegato. top Approccio dietetico differenziato Spesso i termini di epatopatia e di insufficienza epatica sono usati in modo non corretto in quanto il paziente presenta problemi dispeptici che nulla hanno a che fare col fegato. Va operata una distinzione tra malattie epatiche acute e malattie epatiche croniche da una parte e malattie biliari dall’altra. Inoltre, tra le malattie epatiche vanno distinte quelle compensate e quelle scompensate. top Malattie biliari Per quanto riguarda le malattie biliari, non vi è necessità di particolari regimi dietetici. Se si tratta di malattie biliari sintomatiche, va valutato l’intervento chirurgico; in caso di malattie biliari asintomatiche, si può seguire una dieta libera. top Malattie epatiche acute (1) Non vi è necessità di alcun trattamento dietetico. Unica raccomandazione: la temporanea astensione da ogni bevanda alcolica. Diete inappropriate aggravano la condizione di inappetenza, nausea/vomito senza apportare alcun giovamento clinico-terapeutico. top Malattie epatiche acute (2) Altrettanto inutili sono alcune "forzature" spesso consigliate quali la totale abolizione dei grassi e l’assunzione di enormi quantitativi di zuccheri. È utile che il paziente mangi secondo il proprio gradimento. top Malattie epatiche compensate * Abolire alcol (proprietà additive tra etiologie virali ed alcol); * dieta libera, equilibrata; * ipocalorica negli obesi * ipolipidica nelle steatosi; top Malattie epatiche compensate (orientamenti dietetici 1) * Fabbisogno energetico: 25-30 Kcal/Kg/die; * Lipidi: 30% delle calorie totali; * Glicidi: 55-60% delle calorie totali; * Protidi: 0.8-1.0 g/Kg/die; top Malattie epatiche compensate (orientamenti dietetici 2) In caso di intolleranza agli zuccheri o di diabete, che si associano frequentemente alle malattie epatiche, nell’80% dei casi la prima e nel 25% dei casi la seconda, non vi sono elevati rischi di complicanze legate al diabete stesso e di conseguenza solo nei casi più gravi va richiesta una riduzione dei glicidi con la dieta associata a opportuna terapia. top Malattie epatiche scompensate Ritenzione idro-salina * restrizione sodica (meno di 2 g/die di NaCl): eliminazione del sale dalla confezione degli alimenti; limitazione/abolizione degli alimenti ricchi naturalmente in sodio e di quelli ai quali è stato aggiunto per motivi tecnologici; * attenzione alle soluzioni effervescenti. Encefalopatia epatica Dal punto di vista dietetico è necessario ridurre l’apporto proteico. Nella fase acuta eliminare cibi proteici per tre giorni e poi reintrodurli gradualmente; nella fase cronica non scendere al di sotto di 0.4-0.5 g/Kg/die; È preferibile utilizzare proteine vegetali rispetto a quelle animali; È utile l’apporto di BCAA per via orale. Ittero Riduzione dei grassi in caso di colestasi severa (ad esempio, CBP); Aggiungere vitamine liposolubili (A, D, E, K); Oli MCT (Mean Chain Triglycerides). top Tabù 1 I tabù più comuni: * Fritture: usare olio extra * vergine di oliva, non riutilizzarlo, non raggiungere elevate temperature (meglio se si usa la friggitrice) * Mangiare bollito * Cioccolata * Alcuni tipi di verdure * Grassi * Lo zucchero fa bene al fegato top Tabù 2 : grassi Nemici del fegato nella credenza popolare, in realtà da qualsiasi fonte alimentare provengano, anche se cotti, non sono causa di epatopatia. Già nel 1962 Crews documentò che rigide diete ipolipidiche sono addirittura dannose. I lipidi danno un elevato apporto calorico, veicolano acidi grassi essenziali e vitamine liposolubili, migliorano inoltre la palatabilità dei cibi. Devono essere assunti liberamente, anche nella cirrosi scompensata (correzione della malnutrizione). top Conclusioni La gran parte dei pazienti con malattia epatica cronica può alimentarsi liberamente. Non esiste una sola dieta per pazienti con malattia epatica, ma soltanto un insieme di proposte, da adottare nelle varie fasi della storia naturale delle epatopatie. È comunque importante, soprattutto nella cirrosi, non imporre restrizioni eccessive ed inutili, sulla base di vecchi pregiudizi. È necessario in definitiva ottenere la massima adesione dei pazienti ad un regime dietetico che mantenga il più a lungo possibile un buono stato di nutrizione che è uno dei fattori principali nel condizionare la prognosi di questa malattia. top A cura della redazione di paginemediche.it. Un Mondo di divieti Una pioggia di divieti sta inondando l’emisfero occidentale, lo stato diventa poliziotto Tutte le strade portano in galera La Stampa 22 gennaio 2004 «Se si dovessero studiare tutte le leggi» diceva Goethe «non rimarrebbe il tempo di trasgredirle». Ma sta di fatto che è diventato pressoché impossibile, anche per chi si sottomette volentieri all’autorità delle regole giuridiche, mantenere la propria fedina penale immacolata sotto la pioggia di divieti che sta inondando tutto il mondo occidentale. Se la guerra diventa un tabù Non tutti sono "fotografi di guerra", ma quasi tutti i fotografi si sono trovati a contatto con la guerra nella loro storia professionale. Una guerra che ininterrottamente è presente dal cosiddetto dopoguerra a oggi: centinaia di conflitti in tutto il pianeta, 900 miliardi di dollari ogni anno in armamenti, oltre 86 milioni di morti, di cui l’80% civili, 35 conflitti aperti nel 2002, un’altra inutile e insensata guerra in arrivo. Molte cose nella storia possono cambiare. La schiavitù per esempio e la tortura sono state ritenute per lunghi anni inevitabili e fatali: al tempo dei romani possedere uno schiavo, venderlo o comprarlo era considerato un diritto "naturale". Oggi, almeno teoricamente, la schiavitù e la tortura sono state bandite e chi le pratica lo fa di nascosto. Si è stabilito il principio della inumanità del possesso legale di un individuo da parte di un altro. Naturalmente in molti paesi, come denunzia anche Amnesty International, si continuano a vendere e comprare essere umani, soprattutto donne e bambini, da sempre alla mercé dei più forti. Però nessuno più pensa che ciò sia lecito e legittimo, e chi commercia in carne umana cerca di non farlo sapere in giro perché si rende conto di trasgredire a una legge accettata ormai da tutti. Molti pensano che la guerra sia una fatalità, qualcosa di ineluttabile ed eterno, come un destino a cui prima o poi dobbiamo soccombere. Perché non credere invece che, come è stata abolita la schiavitù, così la guerra può essere fermata e sostituita con la contrattazione, la diplomazia internazionale e un sistema di controlli polizieschi? Chi crede nella pace dovrebbe lavorare perché la guerra diventi un ricordo del passato, anche se ciò può sembrare per il momento una utopia. È chiaro che per arrivarci dobbiamo compiere una trasformazione culturale profonda, che comporterà rinunce e modificazioni anche dolorose del nostro pensiero! I motivi per cui si pensa che le guerre debbano esplodere sono di varia natura: ci sono le rivendicazioni territoriali, le dispute sui confini, le questioni religiose, le vendette storiche, le ragioni di mercato e di supremazia militare o politica, ma spesso sono solo dei pretesti che celano ragioni di rivalità politiche interne, odii irrazionali, debolezze da coprire con la creazione di un nemico esterno, questioni di volgare potere personale e interessi di classe o di corporazioni e lobby economiche. Se ci si riflette sopra, si scopre che al novanta per cento questi falsi pretesti potrebbero benissimo essere smascherati e risolti in altro modo. Quando si parla di una cultura della pace, c’è sempre qualcuno che tira fuori Hitler e la seconda guerra mondiale: si sarebbe potuto fermare il nazismo senza la guerra? La risposta più sensata è: in una cultura della pace, Hitler non avrebbe avuto lo spazio per imporsi e fortificarsi. Ma ci sono sempre dei pazzi, dice qualcuno, degli assassini, dei criminali che vogliono il male il male degli altri. E come fermarli? La risposta è che una cultura della pace dovrebbe comunque essere accompagnata da un sistema di controllo internazionale. Se ci fosse stato un organismo di questo genere, che avesse raccolto la rappresentanza di tutte le nazioni, e se questo avesse avuto la forza che oggi l’Onu ancora non possiede, incapace perfino di fare attuare le sue risoluzioni. Se ci fosse stato un organismo dotato di un sistema di polizia efficiente, alla prima invasione nazista, Hitler sarebbe stato fermato, magari con un’azione forte, ma che obbediva a un regolamento democratico, rappresentante la volontà di tutti i paesi. A questo proposito Moravia, che negli ultimi anni della sua vita si è molto occupato di pace e di guerra, diceva che bisogna creare un nuovo tabù. Così come gli uomini hanno creato la interdizione dell’incesto, diceva Moravia, dovrebbero creare il divieto della guerra, un divieto interiore che diventi tanto abituale e sacro da allontanare "naturalmente" gli uomini della guerra. Gli animali praticano l’incesto, così come gli uomini primitivi, prima dell’esogamia, lo usavano con molto tranquillità. Con l’esogamia, come spiegano grandi antropologi quali Malinowski, gli uomini decisero di creare il tabù dell’incesto per uscire dal proprio gruppo ristretto e attuare lo scambio con altri gruppi sociali, in modo da poter espandere e diffondere le conoscenze che permettessero di affrontare e controllare la natura ostile. Questo tabù sarebbe alla base della civiltà. Una legge del tutto artificiale, che è nata dalla necessità di proteggere, rinforzare e migliorare la razza umana. Una interdizione che nei secoli viene introiettata, fino a diventare un istinto, sentito da tutti come assolutamente naturale. Non è che una volta affermato il tabù, i rapporti sessuali in famiglia siano cessati, naturalmente, soprattutto il rapporto abusivo padre-figlia che nelle società patriarcali si ripete di generazione in generazione, ma l’incesto viene ormai vissuto come una infrazione della legge naturale e nessuno si sogna di chiedere la sua legittimazione. Anche per la guerra, l’interdizione che nascerebbe dalla necessità di preservare la razza umana dallo sterminio di massa, reso ormai inevitabile dalla guerre nucleari, all’inizio potrebbe sembrare innaturale e forzata, ma poi finirebbe per imporsi, insinuandosi nell’animo umano, fino a stabilirsi come un vero istinto naturale. Naturalmente conati di guerre locali continuerebbero a mostrarsi, ma non sarebbero più legittimate dai paesi. L’aggressività e la violenza si possono incanalare, fermare, limitare, ma non certo eliminare. Costruire una cultura della pace non è solo un sogno, anche se non è una cosa che si possa creare da un giorno all’altro. Qualcosa d’altronde è già successo: il fatto che, nonostante situazioni politiche internazionali molto critiche, si sia riusciti a evitare una guerra nucleare, è segno che la pericolosità di una simile guerra è già entrata nella coscienza dei più. Quello che bisogna fare ora è estendere questa presa di coscienza, ricordando, attraverso la scienza e la divulgazione, che il potenziale distruttivo delle armi atomiche diventa sempre più funesto e dirompente, e una guerra atomica significherebbe la distruzione del pianeta. Una volta le guerre erano relativamente piccole e ristrette, si combatteva con armi rudimentali, gli eserciti si scontravano ed erano soprattutto i guerrieri, pronti a dare e prendere la morte, che si ammazzavano fra loro. Oggi le guerre riguardano sempre meno gli eserciti e sempre più i civili che vengono sacrificati brutalmente per interessi che quasi mai li riguardano da vicino. Questa è un’aberrazione. A decidere la guerra sono i politici e i militari, ma poi chi muore sono soprattutto i civili, i deboli, i fragili, i bambini. Il che significa un attentato al futuro del mondo. Insomma cominciamo col dire qualcosa di nuovo, che va contro tutte le abitudini linguistiche: che le guerre non sono eterne, che possono essere fermate, che tutte le liti possono essere regolate da un organismo internazionale che rappresenti realmente gli interessi di tutti i paesi. Anche questa trasformazione della guerra, da scontro di eserciti a sacrificio dei più deboli, deve farci riflettere sulle ragioni della pace, che si fa sempre più necessaria e impellente. Le popolazioni del mondo hanno il dovere di fare sentire la loro voce, che conta, conta più di quello che si crede, perfino un dittatore ha bisogno del consenso interno ed esterno per scatenare una guerra. Questo testo appare sulla rivista "Fronti di guerra" che trovate da oggi in edicola, in vendita con l’Unità dacia Maraini L’Unità, 13 marzo 2003 Ecco, i divieti. Presi uno per uno possono apparire trascurabili, non troppo oppressivi; ma nel loro insieme finiscono col paralizzarci, col trattenerci fermi al suolo come le cordicelle lillipuziane che bloccavano Gulliver. Divieti di sputare nei viali, di buttare carta, stracci, detriti o ... Restano fermi i divieti sanciti dai regolamenti d’igiene. Antiche tradizioni marinare: I Tabù Della Gente Di Mare Testo di Giovanni Caputo Vi sono delle tradizioni di spirito marinaresco che arrivano fino ai nostri giorni e che si perdono nella "notte dei tempi". Esse nascono così lontano nel tempo fino a far dimenticare i motivi per cui una tradizione nasce e si perpetua, così come i gesti carichi di ritualità si ripetono, uguali nei secoli, per arrivare fino a noi con un ricordo molto sfocato degli originari significati. È il caso, ad esempio, della fiamma (1), quella bandiera lunghissima e sottile che ancora oggi molte Marine hanno l’uso di mettere a riva. La tradizione vuole che nel 1652 l’ammiraglio olandese Tromp, dopo aver sconfitto Blake in battaglia, nel risalire il canale della Manica, issasse sull’albero maestro, al posto delle abituali insegne, una scopa, per simboleggiare la supremazia della propria flotta su quei mari e che quindi era padrone di "spazzare" il mare. Di contro, gli Inglesi, appena riuscirono a sconfiggerli, inalberarono una lunga frusta per schernire i vinti, frusta che si è trasformata assumendo appunto l’aspetto della fiamma, peraltro molto suggestiva. La scopa, poi, trasformatasi col tempo in "redazza" (2), divenne un elemento simbolico usato per ingaggiare sfide tra gli equipaggi di quei velieri che, con puro spirito sportivo, si cimentavano in accanite regate con le lance di bordo. La procedura era la seguente: veniva inviata una lancia con una scopa capovolta inferita a poppa, che compiva un giro attorno alla nave da sfidare, poi tutti ai remi! Una tradizione, questa, tra le tante esistenti, difficili da ripristinare, ma non certamente impossibile da reintrodurre! Accade molto spesso, quindi, di trovarsi di fronte a usi e abitudini marinaresche che non trovano un riscontro preciso sulle origini, forse perché si tratta di un settore, quello dell’analisi del rapporto tra l’uomo-marinaio e la sua barca, sul quale esistono, sì, studi e ricerche, ma non di tipo universitario, in quanto si tratta di interpretazioni e di impressioni personali, frutto di attente analisi comportamentali da parte di ricercatori, studiosi e appassionati delle antiche tradizioni marinare. Da notare, poi, che molti riti ancestrali, propri di diverse culture marinare primitive che seguono un rigido rituale di profonda sacralità, si possono rilevare, seppur in forma "evoluta" e pertanto più stemperata, anche presso le civiltà più progredite. L’Arte marinara, come tutte le tradizioni e gli usi legati al mare, si tramanda quasi sempre oralmente, come un sussurrante passaparola. Nei piccoli cantieri artigianali possiamo ancora incontrare il maestro d’ascia che imposta la chiglia dell’imbarcazione a "occhio", senza disegni, seguendo un piano di costruzione assolutamente mnemonico, che si tramanda da generazioni; essi sono gelosi depositari di quei segreti e ritualità che talvolta sfociano nella scaramanzia. I maestri d’ascia sono abilissimi nell’uso degli attrezzi ma poco avvezzi alla progettazione, cosicché non troveremo quasi nulla di scritto da costoro sulle tradizioni e sulle tecniche di costruzione adottate. In Sicilia, ad esempio, in alcuni cantieri, c’è ancora l’usanza di inserire una medaglietta dorata nella struttura della barca, collocandola in un vano su misura ricavato nell’incastro tra chiglia e dritto di prora, usanza che ha origini antichissime, confermata da ritrovamenti archeologici di navi romane che avevano una moneta votiva d’oro collocata nello stesso punto (in alcuni casi sono stati scoperti relitti con una o più monete votive inserite nella scassa dell’albero); analogie, queste, incredibilmente collimanti, nonostante si tratti anche di culture distanti migliaia di miglia tra loro; e qui val bene la pena di ricordare che sul mare non vi sono confini e, come abbiamo visto, nemmeno confini temporali. A qualsiasi latitudine, qualunque sia il credo religioso, la barca è intesa più come compagna che come un semplice strumento dell’uomo-marinaio; da sempre la considera provvista d’anima e di propria personalità, quasi come se possedesse una propria vita, che interagisce con quella dell’uomo-marinaio. Gli occhi dipinti sulle prore degli scafi dei pescatori sono un retaggio di antichissime consuetudini; in prossimità della prora si dipinge ancora oggi l’ "Oculus", l’occhio sacro che dovrà indicare la rotta priva di insidie. Lo troviamo sulla prua delle barche più vecchie dei pescatori italiani e, comunque, su quelle di mezzo mondo, a volte anche scolpito, come si usa ancora per i "luzzu" maltesi. Questa consuetudine possiede radici molto antiche, risalenti alle prime navi egizie, per poi sfociare nel bacino del Mediterraneo, arrivando alle culture greche e romane. Ogni cultura possiede la propria spiegazione a questa usanza, che converge su una comune ragione: la barca è un abitante del mondo acqueo, quindi un essere vivente e gli occhi le servono per scegliere la giusta rotta. Questo concetto, che dura nei secoli, è arrivato quasi immutato fino ai nostri giorni, persistendo e resistendo alle mode e all’evolversi dei tempi. Proprio con le stesse principali manifestazioni che contraddistinguono l’inizio di una vita, cioè il concepimento e il parto, l’uomo- marinaio considera l’operazione di sagomatura della chiglia come il momento preciso del concepimento della barca, mentre il varo, cerimonia solenne e ricca di simbolismo, rappresenta il momento del parto, cioè la nascita vera e propria dell’imbarcazione, che è automaticamente battezzata nelle acque con la discesa a mare. Spesso la barca è battezzata con l’aspersione d’acqua di mare, con tanto di madrina e talvolta padrino, anche se oggi l’atto del varo, pur mantenendo quasi inalterate nel tempo le procedure, ha perso quella solenne valenza propiziatoria che una volta possedeva. Oggi sono molte le imbarcazioni, specialmente le medio-piccole di serie, che vengono vendute "a secco" e messe a mare direttamente dai proprietari, i quali non sempre sentono questa "necessità", propria "dell’uomo di mare". Restando sul discorso del battesimo del mare, è interessante risalire all’origine di questa usanza che, a dire il vero, era molto truculenta; non vi siete mai domandati perché il marinaio- pescatore sceglie sempre il colore rosso scuro per l’antivegetativa del suo scafo? Analizzando con attenzione, troviamo che la stessa scelta, inconsciamente, viene fatta da tutti coloro che hanno un rapporto "intimo" con il mare, che vivono a stretto contatto con esso e, per tale motivo, sono molto attaccati alle tradizioni a esso legate. Il colore rosso, con cui spesso si usa dipingere l’opera viva delle imbarcazioni, è una reminiscenza di quando di aspergeva la chiglia con il sangue di un animale, sacrificato per ingraziarsi le div

Tu o sco e E ac o

equipe di eurologos milano


Abbigliamento È consigliabile che tu venga al lavoro vestito a seconda dello stipendio che ricevi. Se ti vediamo arrivare con scarpe Prada da EUR 350, o borsa Gucci da EURO 600 presumiamo che tu stia bene economicamente e quindi non abbia bisogno di un aumento.

Giorni di malattia

Se ti vesti troppo poveramente, presumeremo che tu debba imparare ad amministrare meglio le tue finanze e quindi non potremmo darti un aumento.

Non accetteremo più il certificato medico come giustificazione di malattia. Se riesci ad andare dal dottore puoi venire anche al lavoro.

Se ti vesti normalmente vuol dire che stai bene come sei e quindi non hai bisogno di un aumento.

Bagno

Giorni liberi

Troppo tempo viene speso andando al bagno. Nuove predisposizioni prevedono un massimo di 3 minuti in bagno.

Ogni impiegato riceverà 104 giorni liberi all’anno. Si chiamano sabati e domeniche.

Pausa pranzo

Dopo il secondo ritardo in bagno, la foto verrà esposta in bacheca..

Gli impiegati magri riceveranno 30 minuti, perché hanno bisogno di mangiare di più per ingrassare. Quelli normali riceveranno 15 minuti per fare un pasto equilibrato e rimanere in forma. I grassi riceveranno 5 minuti, che sono più che sufficienti per mangiare uno Slim Fast.

Desideriamo ringraziarvi per la vostra fedeltà alla nostra azienda e vi auguriamo una buona giornata. La direzione NUOVE DISPOSIZIONI AZIENDALI Circolare n.12/324 - 2004

lo staff di cambiolavoro

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Dopo questi 3 minuti, suonerà un allarme, la carta igienica si ritrarrà, si aprirà la porta e verrà scattata una fotografia.


8/10/4 ore 2.10 a.m. Cara Lara, ti scrivo questa lettera, proprio nella notte in cui tuo nonno Giacomo ci lasciava. Sai sono ormai passati 7 anni che il tempo ingannevole dilata e restringe a seconda dei nostri stati emotivi facendomi sentire talvolta la sua presenza viva ed assente da poco e talvolta talmente lontana come se appartenesse ad un’altra vita. Non so che cosa tu abbia capito della vita e della nostra capacità di relazionarci col mondo ma io alla mia età posso confessarti di non aver capito proprio un bel niente. Abbiamo la fortuna di crescere in una famiglia serena e di mentalità aperta (quanto basta a loro!) dove veniamo ogni tanto castrate, diciamocelo pure, dal contesto sociale. Io sono sempre stata un po’ motivo di preoccupazione per tuo nonno, amavo mostrargli il lato più incostante e irrazionale di me, per vedere la sua reazione e per provocare…insomma mi sono ribellata quanto bastava per stupire senza essere così sciocca da rovinarmi con punizioni inutili. Ho imparato a giocarmela bene, scegliendo e vivendo le mie storie senza essere fermata ed evitando troppi pensieri a tutti. All’inizio ti senti un po’ bugiarda ma poi questa vita parallela diventa una bella sfida , consapevole comunque dei miei doveri che sempre assolto con piacere. Mi sono sempre domandata qual è il vero gusto della provocazio-

Dedicato a te, bimba mia, perché da grande tu possa comprendere. Crescere è bellissimo ma il percorso è tutto in salita e lottare per imporre le proprie scelte ed affermare la propria personalità richiede forza e coraggio. Non so bene se in questo caso tu sia stata più coraggiosa o incosciente ma ti abbiamo vista, tuo padre ed io, assumerti tutta la responsabilità di quel gesto impulsivo che ci ha costretti a punirti. Non hai versato una lacrima quando ti abbiamo proibito di frequentare il gruppetto di amici del vicolo per più di un mese. Senza batter ciglio, chiusa nella tua cameretta con la calligrafia ancora incerta dei tuoi sei anni, te ne sei stata lì a scrivere trenta volte “a scuola devo comportarmi bene e non devo permettermi di raccontare bugie alla mamma e al papà” e, come se non bastasse, ti abbiamo più volte rinfacciato che ancora più intollerabile era l’aver dimenticato la maiuscola nel cognome falsificato. Non credere che sia stato facile recitare la parte dei genitori arrabbiati quando tutti ridevano e ci dicevano che in fin dei conti eri proprio un mito… ma forse tu questo l’avevi già compreso. Con affetto. La mamma. cristina poletti


federica poletti

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ne e dei gesti che stupiscono: sono forse l’espressione del lato folle che c’è in noi e che ha bisogno ogni tanto di emergere? Pretesto per farci sentire più grandi e sicuri? Boh! Non so se c’è una risposta univoca o se in fondo ognuno di noi conosce la sua. In ogni caso ho avuto la sensazione che questo atteggiamento sia parte della nostra giovinezza e spensieratezza… quando abbiamo ancora voglia di urlare al mondo che ci siamo e che crediamo nei nostri ideali, che abbiamo il dovere di costruire e pretendere un mondo più giusto, che siamo capaci di assumerci tutte le conseguenze di un pensiero diverso, che non abbiamo paura perché crediamo nella nostra forza. Con gli anni diventiamo più pacati, ma non credere che siamo disillusi, siamo forse più furbi e sappiamo che portare avanti gli ideali non sempre vuol dire urlare nelle orecchie della gente cosa vogliamo fare ma semplicemente farlo, in silenzio, lasciando parlare i delusi ed agendo con entusiasmo, generosità e coerenza. Ribellati con più coraggio di quanto abbia fatto io per tutto ciò che riterrai opportuno, sarà naturale non comprenderci, sarà il gioco eterno del padre e figlio, ma ti divertirai a provocare e cedere per poi magari abbracciarci, esauste, alla fine del gioco… è quello che avrebbe continuato a fare il nonno con entrambe, ne sono certa! Buona notte! Quella che tu non riesci a chiamare “zia”!


I miei pensieri non possono che andare ad Andrea, uomo capace di una naturalezza spiazzante di fronte alle diversitĂ

Ciao bell’Andrea, Andrea che ridi sempre Andrea che giochi con tutti Andrea che ci sei sempre ma non lo fai pesare Andrea che provi tutto e sembri non temere mai Andrea che ti spremi come un limone - stak - ma non sei mai stanco Andrea che non giudichi mai Andrea che ridi di tutti... e non ti fa arrabbiare mai Andrea che parli con tutti Andrea che ora vieni di notte Andrea che sei come colla per noi... noi che non ci saremmo incontrati mai ciao bell’Andrea dei nostri cuori franci se prima era difficile vietarti qualcosa ora sarà impossibile. sei troppo solare anche solo per pensare che un divieto ti possa fermare. ci manchi. rena

www.associazionestak.org


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"Questo è un disegno per Ettore, mio cugino, con due fiori, due cespugli, un albero con un buco che è la casetta di uno scoiattolo, e un sole con la bocca e gli occhi. E anche le sfumature. Che non sono scarabocchi, sono sfumature. Perchè i bambini i disegni li devono poter fare come gli pare a loro e i grandi non devono dire ai bambini come vanno fatti i disegni".

Fate attenzione a quelli che hanno la pelle di colore diverso... chiara pagani

chiara utili

Sempre “catalizzati” dai nostri due bimbi, Chiara e Alberto, e partecipando con emozione ad ogni giorno della loro crescita, abbiamo pensato di inviarvi due loro foto della scorsa Pasqua, quando, nel loro piccolo, infrangevano il "divieto" di mangiare troppo cioccolato, di impiastricciarsi tutti, insomma di superare i piccoli limiti che si possono porre a bimbi molto fortunati. michela, dario, chiara e alberto regazzoni


Non aver paura di rompere le regole!

Don’t be afraid to break the rules!

No tengas miedo de romper las reglas! 74|75

vania, isabel e matteo panizza

Tabù è: Un ragno, il mio tabù!

beatrice chichino

chiedere come nascono i bambini, avere un folletto per amico, non poter urlare a squarciagola, non riuscire a saltare sui divani, disegnare sui muri della mia cameretta, ma… “ogni momento ha il proprio momento. Affrettatevi e sarà troppo presto; esitate e sarà troppo tardi. Al momento giusto non ci sarà alcun ostacolo”. nicole e flavia


Lunchtime (Rockefeller Center, New York City 1932) – Lewis Hine

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Sabina Antonini Annalisa Rossi Rujuraffaella Ruju Serena Silvia Frau Crestina Manghi Guido Giannelli

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Creature silvestri Da bambina avevo le tasche piene di portachiavi, ma non avevo ancora le chiavi di nulla. Poi ho ricevuto un sacco di chiavi. Ma nessuna apriva la porta dei boschi… Il velo del cappello a punta l’impicciava e le lucine intermittenti avevano iniziato a farle dolere agli occhi. A un tratto la sua vita perfetta aveva iniziato a starle stretta e voleva scendere dall’albero di natale. Benché rassicurante, la bolla di cristallo dentro cui era cresciuta le stava togliendo l’aria: aveva sempre vissuto e camminato lentamente, evitando le buche, le strade irregolari, facendo sempre la cosa giusta. Nella sua vita perfetta aveva avuto l’amore perfetto, il lavoro perfetto, la casa perfetta e trovato sempre tutto a portata di mano. Ma questa era la prima volta che nessuno dei suoi amici perfetti avrebbe potuto aiutarla: la prima volta che non aveva nessuno con cui parlare dei suoi sentimenti più profondi, della sua verità, di quel che le toglieva il sonno e la faceva dimagrire per l’ansia. Questa verità, a dirla tutta, era difficile da spiegare anche a se stessa. Di sicuro stava in un posto scomodo. La vedeva lampeggiare per pochi istanti alla volta, fasciata dalla nebbia. Per indovinarla, mescolava intrugli in un paiolo annerito: bacche azzurrine, ali di pipistrello, ciliegini maturi e corteccia odorosa. Nulla. La bacchetta magica giaceva inanimata. Stava zitta e ferma. Zittissima e fermissima.

A un certo punto perse la pazienza. Fece ruzzolare la sfera di cristallo dalla punta dell’abete e spezzò la bacchetta con il ginocchio. Per trovare delle risposte, si nascose sotto a un mantello e iniziò a percorrere non vista la nuova strada: con la complicità delle tenebre si calava dall’albero, allontanandosi dalla sua immagine perfetta e camminava a tentoni proprio in quel bosco che in passato, sentendosi al sicuro, aveva sempre guardato dall’alto in basso. Ora si sporcava le mani, certo, ma nel respirarne gli odori, imparava lentamente a misurarne l’estensione e la varietà. Quel bosco la emozionava, la faceva sentire insolitamente viva. Ma allontanarsi dall’albero la confondeva: all’inizio, presa dal panico si perdeva, e credendo di aver sbagliato tutto tornava indietro di corsa, pur sapendo che ci avrebbe riprovato alla prima occasione. A volte inciampava tra le radici e restava a terra svenuta. A vederla così scarmigliata e imperfetta i vecchi amici non l’avrebbero di certo riconosciuta. Avrebbero pensato che era impazzita o che fosse caduta. E forse, spaventati dall’idea che scendesse dall’albero dove loro vivevano così bene, l’avrebbero giudicata. O avrebbero iniziato a guardarla con sospetto. Lei però non si stava trasformando: stava sbocciando. Da quando aveva iniziato a dare ascolto alla sua vocina interiore e a seguire il richiamo del bosco, aveva smesso di fingere a se stessa. Aveva buttato i panni sbilenchi che si era cucita addosso con le stelle filanti. E nelle questioni di cuore aveva capito la differenza sostanziale tra il sapere come si dovrebbe amare un’altra persona e


Ma alla fine è solo una cosa passeggera, quest’ombra, anche l’oscurità deve passare, arriverà un nuovo giorno, e quando il sole splenderà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, anche se eri troppo piccolo per capire il perché. È tutto sbagliato: Noi non dovremmo nemmeno essere qui. Ma ci siamo. È come nelle grandi storie, padron Frodo, quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericolo e a volte non volevi sapere il finale, perché come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare com’era dopo che erano successe tante cose brutte? Ma credo, padron frodo, di capire ora. Le persone di quelle storie avevano tante occasioni di tornare indietro e non l’hanno fatto. Andavano avanti. Perché loro erano aggrappati a qualcosa. “Noi a cosa siamo aggrappati, Sam?”. “C’è del buono in questo mondo, padron Frodo, è giusto combattere per questo.” Tolkien, Il Signore degli Anelli Tabù: agli adulti non piacciono le favole solo perché non le capiscono. Tabù: da grande capirai…

il sentire l’amore che nasce: amare non era più una catena o un macigno, ma un trampolino. Un soffio di vento. Nel bosco si sentiva bella per la prima volta. Si sentiva finalmente desiderata in un modo che sentiva ’giusto’ e che in cima all’abete non le sembrava possibile. Era allegra come chi, dopo aver provato tante scarpe sempre troppo strette o troppo larghe, troppo corte o troppo lunghe, finalmente trova un paio di scarpe che calzano a pennello. Che sollievo! Ad essere sbagliati non erano i suoi piedi, ma le scarpe che si era ostinata a misurare fino a quel giorno! Le avevano sempre detto che era una fatina dell’albero di natale e ora scopriva di essere uno spirito dei boschi. Ed era finalmente felice.

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giulia utili


Nepal. 2004! un nostro piccolo sforzo per realizzare un loro grande sogno.

Natale 2004, KeyDue


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Angeli metropolitani Di solito sono giovani, ben vestiti, sorriso stampato sul viso sbarbato. Vorrebbero non intimorirti, vorrebbero essere tuoi amici, addirittura confidenti. Tu non li conosci e diffidi. Si aggirano per le vie della città, scrutano nei cortili, studiano i citofoni. Suonano ad orari strani e ti pongono domande strane. Tu non aspetti nessuno e di solito non apri. Vorrebbero solo parlare, avere un rapporto umano. Sapere se cerchi casa, se vendi casa, se conosci qualcuno che cerca o che vende, che affitta o che trasloca. Tu pensi che sono fatti tuoi e di solito non dici nulla. Non sono dei malintenzionati, non sono predicatori, non vogliono venderti nulla. Fanno solo il loro lavoro. Tu, da domani, apri loro il tuo cuore. Perché non sono “intoccabili”, sono solo agenti immobiliari. Un po’ importuni, ma bravi ragazzi. Maurizio.

progefin srl Affiliato ProfessioneCasa Legnano, Busto Arsizio e Castellanza


ba.fra.pa.vi.

barbara da luca

Piccoli volti africani in Niger; cosa ci può essere di più straordinario che conoscere in un viaggio queste piccole persone che non hanno avuto la fortuna di vivere in condizioni ambientali migliori? Quale emozione può essere più intensa di quella della visita alla loro scuola, costruita grazie ad un associazione di persone che ha donato tempo e denaro per la realizzazione di questo progetto? Siamo ad Agadez e decidiamo di effettuare un itinerario che ci regalerà i momenti più entusiasmanti di tutto il viaggio, una deviazione che ci porta ai Monti Bagzam, nell’Air. Cosa ci può essere di più affascinante in un viaggio che scoprire che quello che é stato fatto per beneficenza si é concretizzato in un progetto reale e concreto e in un aiuto certo a questa popolazione? Partiamo quindi con una guida nigerina e l’itinerario si presenta entusiasmante non solo per la mèta finale ma anche per il percorso. Attraversiamo piccoli villaggi con poche capanne di paglia, abitati da

Prima di iniziare i miei viaggi itineranti e avventurosi in Sudamerica circa 15 anni fa, ho dovuto sempre lottare con la diffidenza di chi mi stava intorno e con le mille raccomandazioni sui pericoli e i rischi che avrei potuto incontrare da viaggiatrice autodidatta e non “turista tutto organizzato”. Ma la voglia di conoscenza, di scoperta e di confronto mi hanno sempre portato ad avere incontri meravigliosi con questi popoli, la loro cultura e i loro insegnamenti. Viaggiare e conoscere gli altri popoli vivendo con loro, anche se per poco tempo, è una delle opportunità che la vita ci offre; ci aiuta a crescere, a confrontarci con gli altri, a capire, ad essere più tolleranti e a vivere in armonia. Queste foto rappresentano il mio incontro con i bambini e le famiglie locali in Ecuador e in Perù, paesi poveri e meravigliosi dove ho vissuto delle emozioni forti e che rimarranno indelebili nella memoria. manuela notti

donne e bambini, sempre sorridenti nonostante la loro misera condizione di vita. Ci coinvolgono oltre ogni immaginazione e le soste per donare anche un piccolo dono, portatore di un sorriso, non si contano. Siamo tutti emozionati quando al tramonto giungiamo nel cortile della scuola; ci accolgono tutti, maestri, bambini e infermieri del villaggio. Le parole si perdono in sorrisi cordiali e amichevoli, la loro ospitalità ci regala la più intensa e straordinaria serata di tutto il viaggio. Ci osservano curiosi mentre prepariamo con qualche imbarazzo il nostro campo all’interno delle mura del cortile e non sappiamo come ricambiare quello sguardo dolce e spontaneo che apre i nostri cuori. Ci accorgiamo di essere gli ospiti più attesi da molto tempo, forse da sempre, probabilmente da quando un’ associazione italiana con scopi benefici ha aiutato in modo determinate la costruzione di questa scuola che altro non é che la speranza di un


Solo andando controvento ci si può alzare in volo. stefano mancini

siero di chi vive vicino. La scuola serve anche a questo, apre il cuore a pensare non solo a se stessi e le menti a ragionare insieme ad altri. La nostra visita prosegue nell’oasi del villaggio dove incontriamo altre persone durante il lavoro nei campi coltivati, mentre raccolgono i datteri o impegnati in altre attività quotidiane. E i bambini sono sempre vicini a noi, ci seguono con curiosità, con il desiderio di non perdere nessun momento di questa sorpresa per loro. I loro sorrisi rinfrancano i nostri cuori, ma purtroppo abbandonandoli, ci rendiamo conto di lasciare nella loro triste realtà questi poveri piccoli bambini dell’Air; ma nei momenti successivi, continuando il viaggio, ci accorgiamo di portare dentro qualcosa di grande, di unico, l’immensa soddisfazione di avere reso felice, anche se per poco tempo, tanti piccoli bambini. dario basile

Da sempre ti conosco mamma pratica, moglie fedele e nonna affettuosa. Poi un giorno ti sei messa in discussione ed è uscito un lato di te che non conoscevo nemmeno. Hai calzato gli scarponi, inforcato le racchette e siamo partite all’avventura. Hai scoperto un mondo nuovo, fatto di fatica e soddisfazione, di cose viste da un punto di vista diverso. Hai superato i tuoi limiti del “mi piacerebbe ma non devo”…“non posso”… “non riesco”… E così, quando meno me lo aspettavo, sei diventata un’incredibile e impagabile compagna di avventure. Con amore, serena

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futuro migliore per tanti piccoli bambini neri. Entriamo nella classe della scuola e restiamo felicemente sorpresi verificando che i banchi ci sono e sono di legno, come i nostri; una grande lavagna é collocata dietro la cattedra del maestro, e tanti disegni, fantasiosi e coloratissimi, sono appesi lungo le pareti dell’aula. I bambini entrano curiosi e ci seguono, forse per segnalare con lo sguardo la loro piccola opera d’arte, per evidenziarla, per mostrare tutto il loro riconoscimento. Ma non sappiamo cosa dire, ne cosa fare, siamo felici, molto, che essi possano avere un luogo dove crescere da alunni, un luogo dove imparare a scrivere e a leggere, ma anche a diventare grandi insieme. E questo é forse l’aspetto più importante in questi paesi, dove la scolarizzazione raggiunge tassi molto bassi ma anche dove spesso si vive soli, si cresce senza confrontarsi, senza conoscere il pen-


3 Rebus

guido chichino


i do e r e gu i a U c s g i se rance

no vdica, sofia, f o g n o p ludo altri im

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are d T t e c c Non a

c he o r e n oe c n a i B e nel r A t s e ir

i gelp

Sono Gianmarco ed ho 14 anni. Per fortuna in casa mia esistono pochi tabù e giusti divieti. O meglio si parla di tutto, si gira in mutande, si fa la doccia senza doversi nascondere da chi entra in bagno... Se non fosse che mia madre è incredibilmente curiosa, le racconterei senza alcun vincolo tutto di me... Ma sto crescendo e si dimentica che ho la mia personalità... Nel sociale niente tabù. Si parla di sesso, di pace, di scelte ideologiche senza problemi. Per quanto riguarda i divieti mi arrabbio terribilmente quando non sono motivati. È sbagliato! Ok divieti quando si guida la moto, penso che siano un giusto stop per evitare errori. gianmarco pappalardo


antonio e graziella panizza

“Il difficile non è raggiungere qualcosa, è liberarsi dalla condizione in cui si è.”, Marguerite Duras, L’amante

Ricordo che a casa la mamma aveva radicato con determinazione tanti piccoli tabù in noi figli; e vi mise una cura tale che, ancora oggi, tornano a popolare il subconscio di un quasi padre di famiglia e che riscopro, di tanto in tanto, nella sorella quasi coetanea. A casa i tabù inviolabili erano legati ciascuno ad un elettrodomestico. Ve ne racconto tre fra i tanti. Il primo, il più ancestrale, era per il frigorifero: non doveva rimanere aperto, io dico, per più di 2, massimo 3 secondi. Io condividevo l’idea base, ma davvero il tempo non bastava mai! Puntuale arrivava il grido “Chiudi quel frigo!” ed io, naturalmente, non avevo minimamente trovato quello che cercavo. Si trattava dei soliti pezzi di cioccolata, qualche merendina, succhi di frutta (cosa volete che cerchi un bambino, l’insalata?)... da piccolo nemmeno la Coca Cola, un bottiglione piuttosto pesante, spesso alto e difficoltoso da sfilare dal cassetto non passava la tagliola del terzo secondo. Aprire il frigo era come andare in apnea, prendi

fiato, ti immergi, cerchi in tutta fretta e poi ti tocca risalire. Apri, si accende la luce e già la mamma ha sentito quel suono diverso, che non può essere uno sportello come gli altri, sai che il suo micidiale conto alla rovescia è già innescato. Ecco nella luce gialla migliaia di scaffaletti - immaginatevi poi per un bambino, tutto è più grande cerchi nel posto dove hai trovato il kinder l’ultima volta, non c’è primo secondo andato -, scruti con lo sguardo - ma non aveva detto che erano lì? - infili il braccio alla destra del contenitore dei formaggi - due secondi - .. ma dove diavolo è? Sai che è dalle tue spalle che arriverà l’urlo, ecco i passi della mamma.. è persa, tempo scaduto, chiudi o son guai. Ancora oggi, dicevo, rimangono tracce: come allora non trovo mai niente nel frigo anche se mi dicono l’esatta ubicazione - chiedere a mia moglie - e quando lo vedo lì, aperto, magari da 7-8 secondi e lei tranquilla in parte che si taglia i pomodori, o magari è girata a parlarmi con sullo sfondo lo sportello spalancato non resisto e gentil-

mente dico: “Chiudi quel frigo!”: MAI fare altro che non sia cercare quando l’anta è aperta… Ma passiamo oltre. La televisione, in casa mia, era una bomba atomico-chimica pronta ad esplodere al primo contatto con un corpo estraneo. Si giocava in casa con un’innocua pallina di spugna con l’ansia in fondo al cuore.. quante volte ho dato la vita per fermare la palla diretta verso lo schermo.. e quante volte, da bravi bambini subdoli e scorretti si diceva “mamma, stava lanciando la palla verso la televisione” e subito partiva la ramanzina dell’artificiere o strane storie di palazzi distrutti dalla bomba-TV. Fu quando un tecnico venne a riparare la televisione che noi figli, osando una domanda su sto fatto che proprio non ci andava giù, sfatammo il tabù.. nei giorni che seguirono palleggiai delicatamente sullo schermo 24 pollici, rigorosamente spento. E poi, nella nuova casa arrivò, insieme al trasloco, la lavastoviglie. Era credenza di mia mamma che,


Dopo essermi chiesto come poteva lavare così bene quel piccolo getto mi chiesi come potevo essere stato così credulone. Subito mi risposi che comunque l’aveva detto la mamma, quindi doveva essere così! Adesso, qui a casa mia - e mai dalla mamma - interrompo il lavaggio se qualcosa mi è sfuggito, tanto riparte appena si chiude lo sportello, ma non sapete che fastidio ogni volta... Non sono certo dei tabù di quelli che fanno male, che rovinano spesso per sempre i delicati meccanismi della persona. Sono tabù buoni, questi, e un po’ ridicoli. Ricordano la mia infanzia e adolescenza, il periodo splendido e sereno dove mi formavo protetto da tante attenzioni e dove la mamma era sempre presente, sempre lì per noi. Su quella cura quotidiana testimone di un rapporto viscerale e tanto dolce, sono cresciute le fondamenta della mia persona che si appresta a costruire una sua famiglia. Sono un omaggio alla mia mamma, tutto qui. pierpaolo dondio

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mentre funzionava, la lavastoviglie si riempisse tutta, ma proprio tutta! Un cubo d’acqua di 60 centimetri per lato pronto a scatenare, sul tavolo della cucina, un devastante effetto-Vajont (in effetti, un cubo d’acqua di 60 cm pesa 216 chili, circa come tutta la ma famiglia…). Ne viene che non poteva essere aperta per nessun motivo. Una volta partita, era per sempre. “Mamma, c’era anche questo piatto da lavare” “No. Aspetta il prossimo giro”. Un giorno ero all’Ikea, luogo che, per antonomasia, ti ricorda che la vita passa, le epoche si chiudono, invece della mamma accanto a te, tutta contenta, c’è quell’esplosione di idee che chiami “la tua ragazza”, magari “mogliettina”, con un metro e una matita in mano.. Si passò davanti ad una lavastoviglie, non era come le altre. Stava funzionando. C’era di più: era completamente trasparente! Gentili zampilli d’acqua uscivano da altrettanti piccoli ugelli ad accarezzare posate e bicchieri in un gioioso e delicato spettacolo d’acqua e riflessi. La fissai come ipnotizzato.


il muro dei tabù "In altre parole abbiamo scavalcato un muro di idee?" Fosco Maraini, Paropàmiso

lui: mettere l'anello al dito lei: avere un figlio fuori dal matrimonio mostrare la propria nudità raccontare di un aborto piangere in pubblico abbracciare mia mamma dicendole "ti voglio bene" avere un capo donna sentirmi libera di venir meno ai miei doveri fidanzarmi con un uomo più giovane lei: andare a un matrimonio in jeans e scarpe da ginnastica lui: azzardare un paio di pantaloni rossi la masturbazione arrivare in ritardo ammettere di guardare le soap baciarsi appassionatamente in pubblico parlare di malattia e di morte abbordare un uomo in un locale dire di no dichiarare il proprio stipendio

il muro dei divieti "I viaggi possibili sul pianeta Terra sono di due specie. Non ci avevi mai pensato? Ci sono quelli che si svolgono dentro i confini d'una civiltà, e ci sono quelli che ci portano entro i confini di altre civiltà. Quelli che non toccano il muro di idee, e quelli che lo scavalcano..." Fosco Maraini, Paropàmiso

abbattuto il 9 novembre 1989 il muro di Berlino come noi l'abbiamo visto, agosto 2004

i nostri tabù, ottobre 2004 annalisa annarita barbara barbara bea chicca danilo elettra lauretta luca piero ugo zazà


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marina gianesini

Esistono piccoli tabù…

Tabù medi…

e…

Per eliminare i tabù… è necessario succhiarli. s. froid

grandi tabù.


Divieto di accesso. E io infatti NON ACCEDO. Non entro mai in una strada con il cartello che ammonisce severamente con la sua segnaletica verticale, quasi facessi un torto al vigile che sta in fondo alla via e neanche se ne accorge.

il cartello, perché devo farlo io se non posso? C’è il divieto e io non passo, faccio il giro di Milano, ma non passo, piuttosto spengo la Vespa, la spingo a mano, ma non passo, se non posso, altrimenti avrebbero scritto Transito consentito.

Divieto di transito. E io NON TRANSITO. Non si può passare dice

Divieto di sosta. E io NON SOSTO. Figurati te se parcheggio

Divieto di transito dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 18.00. CHE ORE SONO? Le 15.00, allora transito. Le 18.38, allora non transito. Invece molti transitano lo stesso e mi chiedo perché loro si e io no, ma quanti tabù che ho.

LO TIRO GIÙ. Mia mamma mi ha sempre detto che il finestrino giù fa entrare troppa aria che poi in macchina gira nell’abitacolo in maniera vorticosa e mi viene il torcicollo o peggio la cervicale.

Divieto di tirare giù il finestrino in macchina. E io NON

Divieto di fare il bagno dopo aver mangiato. E io NON MI

BAGNO. Aspetto sempre che siano passate tre ore, che mi sia mangiato una cammello o che mi sia mangiato un Pocket Coffee. Una volta infatti a Rimini mi sono mangiato un panino e sono entrato in acqua dopo 2 ore e mezza e tac: svenimento, colorito verde su tutto il corpo, brividi di freddo e spavento generale di tutta la battigia.

sapendo che poi mi tolgono 2 punti, altre 10 infrazioni così e mi tolgono la patente e poi come faccio senza patente, se voglio guidare fino a 100 anni come faccio, come faccio, come faccio. Semplice non parcheggio, lascio addirittura la macchina a casa, non mi arrabbio, non contravvengo e non parcheggio.

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C’hai presente i tabù? C’hai presente i divieti? C’hai presente i tabù e i divieti?? Ecco, io li ho tutti! Si, prova a pensarne uno. Pensato? Ecco io ce l’ho.

Credo che questo sia il divieto di cui vado più orgoglioso. Divieto di avere dei tabù. O forse ho il tabù dei divieti, non lo so, ma ditemi voi, se adesso mi mangio una bistecca, a che ore faccio il bagno? dario bertolesi


Mi sono sposata, l’11 settembre, con il nostro bimbo in braccio e il costume da bagno sotto il vestito.

andrea gaeta

elena casadei in d’adda

La Vita e i Sogni sono fogli di uno stesso libro, leggerli in ordine è Vivere, sfogliarli a caso è Sognare. A. Schopenauer


cristina poletti

Il tabù dell’architettura.

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andrea riccardi

“No dejemos de mirar, para poder ver. No dejemos de hablar, para decir la verdad. No dejemos de escuchar, para comprender a los demás”. elisabetta e ricard


TABĂ™: termine con il quale, in etnologia, si indica ogni forma di interdizione di origine morale, rituale o religiosa che comporta severe sanzioni per i trasgressori. Divieto privo di motivazione logica. Persona o cosa che non deve essere nominata, con cui non si devono avere contatti, o che non è lecito mettere in discussione. In psicoanalisi proibizione a sfondo religioso o sociale imposta da un'autoritĂ e tendente a impedire il soddisfacimento di alcuni desideri o impulsi, soprattutto sessuali e aggressivi. Aggettivo. Intoccabile, inavvicinabile, che non è lecito giudicare o nominare.

... se fosse un numero? il 17 ... se fosse un uccello? un corvo ... se fosse un animale? una vacca ... se fosse una bevanda? un alcolico ... se fosse un dito? l'indice ... se fosse un scienziato? Cagliostro ... se fosse un vegetale? l'aglio ... se fosse un abito? un burka ... se fosse una professione? la puttana ... se fosse un politico? Pilato ... se fosse una carne? di maiale ... se fosse una cittĂ ? Sodoma e Gomorra ... se fosse un territorio? di nessuno ... se fosse una posizione? del kamasutra ... se fosse un reato? l'adulterio ... se fosse un azione? sconveniente ... se fosse un libro? bruciato ... se fosse un periodo storico? il Medio Evo ... se fosse un film? censurato ... se fosse una parola? non detta ... se fosse un gatto? nero ... se fosse una canzone? stonata ... se fosse un amore? impossibile ... se fosse un dipinto? di Hieronymus Bosch ... se fosse un sentimento? la vergogna ... se fosse un fiore? il papavero ... se fosse un colore? il viola ... se fosse un frutto? una mela ... se fosse un odore? sgradevole ... se fosse un pensiero? non esisterebbe ... se fosse una bandiera? gialla ... se fosse una nazione? la Palestina ... se fosse un filosofo? Giordano Bruno ... se fosse una donna? una dalit elena, michele e maresa acquarone


L' illusione etica del quotidiano

Ora si tratta però di affidare anche la nostra vita quotidiana, le nostre azioni più comuni alla liberazione dai tabù e dai pregiudizi morali che ancora la infestano. Questo perché crediamo che anche il nostro minimo quotidiano, debba essere nutrito dei grandi principi morali della giustizia e dell'imparzialità, perché pensiamo che i nostri comportamenti più insignificanti, abbiano come interlocutore l'intera comunità umana, e perciò si abbia l'obbligo di renderli nobili e ammirevoli. Ma perché nel nostro “giorno dopo giorno” sarebbe obbligatorio connettere l'etica degli imperativi e dei dinieghi con la sottile leggerezza espressa delle percezioni e dei sentimenti che colorano le nostre esistenze? E poi, chi ci fornisce la linea di principio che giudica nobili e ammirevoli le nostre azioni? Non siamo forse ancora noi che ci siamo costruiti un modello moraleggiante per modellare la trama della nostra vita quotidiana? E questo non è un modello disegnato a circuito chiuso, cioè da noi prende il via, e a noi ritorna, un modello che abbiamo via via modificato secondo le nostre dinamiche evolutive, ma di cui facciamo molta fatica a staccarci? Sarebbe più decente seguire un pochino più da vicino, un principio etico che si rifaccia e rifletta un pensiero espresso da Nietzsche “Non esiste alcuna morale unicamente moralizzatrice e ogni eticità, affermando esclusivamente se stessa, uccide troppe forze buone e viene a costare troppo cara all'umanità”. popi nocita

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Se c'è un senso in cui possiamo sentirci - noi uomini moderni - risultato di un progresso, questo è l'essere diventati maturi per l'esperienza della pluralità. Certo, la scienza, la tecnica, l'organizzazione sociale del lavoro ci hanno messi al sicuro dalle più immediate minacce alla nostra sopravvivenza, dalle nostre imprescindibili urgenze ma è soprattutto il rivolgimento della morale comune che si è accompagnato a questa sicurezza che ha reso l'uomo maturo per la pluralità, per un modo di essere in cui le decisioni non hanno mai un'impronta di salvezza o di dannazione “totale”.



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2001 2002 2003


Nel 2001, il primo Librosolidale. Dedicato a Slatina, in Romania.

Carissimi amici del Xmas Project, Siamo agli inizi del mese di novembre 2004 e vi scriviamo dalla Romania. e s i p Dalla r o p o n“Casa e v a Dei di Sogni” di Bals. Qui l'inverno è incominciato raccogliere i fondi da un po' con il suo necessari inesorabile freddo, la a realizzare nebbia, la pioggia e ililcolore plumbeo delle progetto di ristrutcase di cemento con iturazione balconi e isanitaria davanzali che cadono a pezzi. Ben presto di arriverà dei reparti malat-la neve, con il suo spesso t i e manto i n f e t t ibianco, v e e d ia ingentilire, almeno nell'aspetto, paesaggio pediatriaun dell’Ospedi Slatina, in che altrimenti sarebbedale difficile da accettare Romania. Il progetto nel lungo e duro inverno rumeno che ben era una delle molteconosciamo. plici iniziative della I bambini non abitanoFondazione ancora la casa famirumena glia, non abbiamo le possibilità prender“I Nostri per Bambini” li in affidamento definitivamente, nel fratnata per iniziativa di tempo li ospitiamo qui durante il giorno. Antonio Ellero, un Oggi è stato un giorno speciale,italiano il comvolontario pleanno di Ionut, ilche primo compleanno opera in Romafesteggiato dentro alla famiglia. nia casa da diversi anni.Tra qualche giorno sarà laLavolta di Laurentiu Fondazione per-e Liliana. E arriverà il sNatale. e g u e l oSperiamo s c o p o ddi i poterlo festeggiare inaiutare, casa consostenere, i bambini. proteggere i bambini Con “I Nostri Bambini”. in oggettive condiRicordate la prima edizione del Librosolidazioni di svantaggio le? Si intitolava Slatina 2001. Era dedicata (ammalati, emargialla Fondazione “I Nostri Si tratnati,Bambini”. abbandonati) e tava del progetto di ristrutturazione di alcuha come obiettivo ne camere e bagni della sezione quello di malattie primario di infettive pediatriche dell'ospedale giurisdide-istituzionalizzare zionale di Slatina, in Oltenia. Tale progetto i bambini af fetti da fu realizzato grazie handicap ai fondi raccolti dal fisico e/o Xmas Project, che partecipò psichico. anche alla copertura delle spese Con di mantenimento, questo scopoper è 3 anni, dello stipendio di una assistente stato avviato il proe t t o “ Aun s s ibambino stenti materna a cui venne gaffidato Materne”. abbandonato e con problemi di attenzione e Le progetto “Assistenti Matercomunicazione. Questo si compirà ne” sono fa miglie sti-le a giugno del 2005 e da allora, secondo pendiate dalla Fonnorme di legge, lo stato rumeno dovrà sostiche, dopo tuirsi alla Fondazionedazione, nel pagamento delaver superato partil'assistente materna. colari procedure legaLa Fondazione è al suo anno di vita. li quinto ed avere ricevuto Al suo quinto anno di una resistenza. Continua specifica forma-a tenere duro. Nonostante la totale negatività zione, ottengono in dell'ambiente che ci circonda. Purtroppo, a f f i d o b a m b i n la i Romania continua adsegnalati essere unae terra deseguiti predata e depersonalizzata dai lunghi anni dalla Fondazione. Il tutto siancora svolgeignoransotto il di dittatura, dove regnano delle autoza, paura e sospetto. controllo La “transizione” pare non finire mai e i concetti “democrazia” e “società civile” sono annullati dalla politica della minaccia e dalla triste realtà di quello

che riteniamo di poter definire un vero e proprio “disastro sociale”. Sono passati 3 anni da “Slatina 2001” e la Fondazione da una casa di più accorità rumene compeallora ha fatto molto,1)moltissimo, di glienza strutturata tenti e del personale quanto era umanamente possibile fare. Ha d e l l a F o n d a z i o n e come casa famiglia resistito. Antonio è molto invecchiato per lo (assistenti sociali, (Casa Anisoara); sforzo ma ha resistito e resiste. educatori e medici). 2) uno stabile che Ha resistito per i bambini. Con i fondi raccolti verrà Questi adibitobambini, a scuola numanità e l 2 0 0 1devastate , i l X m a es tradite. e c e nQuesti t r o c ubambini lturaProject, oltresorrisi, ai lavorinonostante le/ricreativo per sodcon i loro le ferite, lo dihanno ristrutturazione le esigenze tenuto nel paesedisfare della non speranza. previsti, è riuscito dei 12che bam bini resiTutti gli altri bambini, quelli incontra per ala n cstrada, h e a gscalzi. a r a n tTutti i r e gli denti e di altri 30 anziani che, uguali l’affido e l’assistenza bambini ammalatiche o ai bambini, si trascinano sui marciapiedi dinon un ci bambino allora f i g l i d i f a m i g l i sono. Polverosi d'estate. Infangatie ricoverato orfano- d'inverno. povere della cittadi-e d'autunno.inGhiacciati I bambini trofio per la durata di na di Bals. gli anziani e l'altra povera gente. Fermi tre anni. Obiettivo del progetdavanti al negozio del pane a ravanare nelle P e r i b a m b i n i p i ù to è garantire conditasche buche. Passa di lì. Ormai lo conoscog r a v i , q u e l l i c i o è zioni di vita dignitono. Glidasorridono. i denti. “il affetti Hiv/Aids, èSenza se ai bambiFanno ni malati, segno della fame” battendo praticamente imposp r o due v v e volte d e n dsull'ado fin dome con il taglio della mano e toccandosi la sibile trovare una dove possibile al loro guancia tamburellando col polpastrello del famiglia disposta ad recupero psico-fisico adito c c o indice. g l i e r l iAntonio . È p e rnona lil l delude ’ i n t e rmai. n o dIntani un to li saluta e li abbraccia, tra gli sguardi allibiquesto motivo che è a m b i e n t e s a n o e ti dei av passanti. il pane. prossistato viato il Poi, pro-compera accogliente, gUn e t paese t o “ Cdiamendicanti, s a d e i mo a quello familiadi abbandono totale, Sogni”. re. d'infanzia devastata e disagio mentale. La Con questo progetto Le foto qui pubblicasituazione è grave. Dove sta andando la la Fondazione inten- te sono state scattate Romania? Di chi la responsabilità? Dei soliti de dare una casa ed a novembre, durante politici localiaffettivo corrotti? No, un supporto i l rtroppo i f a c i mfacile. e n t oAllodel ra chi il responsabile, la Comunità e medico-specialistico t e t t o : c ’ è Europea? ancora troppomalati, facile. Perdere tempoda a cercaaAncora 12 bambini tanto lavoro fare e il colpevole ci fa laremaggior parte deidistogliere A n t o nloi osguardo c i s c r ievcie Noi abbiamo fatto qtoglie u a l i ils icoraggio t r o v a dia lagire. così... la scelta di continuare ad agire, pur con i momento in un Istilaici ed estranei alla t limiti u t o pdel e r nostro b a m b iessere ni politica, limitie dimostratisi insormontabili, abbandonati con handicap divenuti adella tutticittagli effetti veri e propri tabù. dina di Bals, vicino a L'obiettivo principale, della nostra organizSlatina. Proprio qui, la zazione, continua ad essere quello di deFondazione ha ricevistituzionalizzare u t o d a l c o m u ne ecurare i bambini abbandonati u n ’ a r eila cui c odisagio n d u esi inquadra nelle sindromi da “deprivazione grandi fabbricati in affettiva”. Alcuni di questi bambini sono comodato d’uso in ammalati di Aids, TBC, epatiti con varie e cui realizzare la “Casamultiple disabilità psicofisiche. Le complicazioni di già gravissime dei Sogni”. esistenziali sono state raccolte Ilsituazioni progetto consta di come stimolo ad un'azione di soccorso che due strut ture complementari: si è vista concretizzare nella progettazione e nella realizzazione del centro pilota terapeutico-famigliare: “La Casa Dei Sogni” di Bals.


Sogniamo di far entrare al più presto questi bambini in casa famiglia, attivandoci così immediatamente dopo, se non contemporaneamente, per far partire un progetto di terapia occupazionale che porti allo sviluppo di una scuola di arti e mestieri che possa farsi adeguata alle tipologie di disagio a cui ci rivolgiamo e che possa portare alla “liberazione” di tanti altri bambini. È prevista la formazione di operatori locali, che sappiano nel tempo agire autonomamente e responsabilmente. È nostra viva speranza, cercare di invitare l'attenzione di chi ci legge, a prendere in considerazione la nostra iniziativa, e a farsi capace per quello che può, di divenire partner di questo progetto che non può non considerare sua parte determinante anche il reperimento di fondi, ora più che mai necessari per la presa in affido dei bambini nella casa. Antonio, Tatiana Ellero e “I Nostri Bambini”

Fundatia “I Nostri Bambini” str. Ciresului n° 100 Bals c. p. 235100 (Olt) Romania RAIFFEISEN BANK agenzia di Bals (Olt) Conto corrente RO39 RZBR 0000 0600 0389 2107 Tel./Fax 0040 249 454246 e-mail: info@inostribambini.org www.inostribambini.org

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Slatina, Romania “I Nostri Bambini”

L'aspirazione che ha animato e che anima i partecipanti ai lavori della Fondazione “I Nostri Bambini”, è quella di voler portare la cultura dell'Altro e del desiderio laddove sono mancate. Nonostante l'ostilità dell'ambiente, cerchiamo fermamente e quotidianamente di trovare un dialogo con le autorità e con la popolazione, perché la casa non sia solo un luogo di accoglienza per alcuni “fortunati”, ma diventi un centro operativo, un luogo dell'ascolto e dell'approccio con l'esterno e con la difficile realtà di disagio che lo caratterizza. I progetti in cantiere sono molti ed indirizzati ai tanti che sopportano a fatica le conseguenze terribili dell'essere stati abbandonati. I bambini che

abiteranno le case-famiglia sono in una corsia preferenziale a causa dell'infezione. Hanno Aids e TBC ma i loro occhi comunicano innanzi tutto “il tradimento”. Il vuoto conseguente all'abbandono affettivo. Negli orfanotrofi rimangono “imprigionati” molti, troppi altri bambini, in autentici manicomi all'aria aperta. Lì, sappiamo bene che per ora è l'abbandono ad averla avuta vinta, ne sono esito la mutilazione della personalità, la morte psichica del bambino.

in collaborazione con la Fondazione

Oggi la casa è in via di ultimazione, la vedete qui sopra già tutta dipinta! È nata da un sogno ed è diventata realtà, tra le altre realtà che la Fondazione ha saputo costruire. Quella più importante è il rapporto di fiducia e d'affetto che tutta l'equipe ha saputo pazientemente edificare. I sorrisi dei bambini di oggi, sostenuti ed accompagnati da 4 anni di attenzione, svelano i segni tangibili di ciò che il saper prendersi cura dell'Altro ha comportato. Inconfutabile la prova dell'innalzamento dei livelli immunitari fino quasi ad azzerare l'insorgere delle infezioni opportunistiche (da più di un anno, i nostri bambini vengono ricoverati in ospedale solo in occasione dei test biologici).


Cari amici del Xmas Project, nel mese di marzo scorso, insieme con il signor Ghoumour nostro partner ad Agadez, sono 1) una casa di accocompe- locale e s i p r o p oKatto n e v adid AFAA, i ritàilrumene stato ad Assada. Abbiamo visitato le nuove costruzioni, raccogliere i fondi tenti e del personale glienza strutturata Silimane casaGhousmafamiglia e l l a F odella n d a zscuola, i o n e M.come necessari a incontrato realizzare il ddirettore e una rappresentativa del Comitato di Gestione (Casa (assistenti sociali, il progetto ne di ristrutAnisoara);locale, educatori e medici). turazione con sanitaria 2) uno stabile che il presidente M. Alghou Moudoujou. dei reparti di malat- Con i fondi raccolti verrà adibito a scuola l 2 0ci0 ha 1 , spinto i l X m aasquesto t i e i n f e t tUno i v e dei e dmotivi i n eche e c eviaggio n t r o cèu stata l t u r alanecessità di discutere la possibilità includere la Scuola di Project, oltre ai lavori di le/ricreativo pediatria dell’Ospeper sodAssada nell’elenco delle scuole riconosciute e sostenute dal dale di Slatina, in di ristrutturazione disfare le esigenze - Worldprevisti, Food Programme (il Programma Alimentare è riuscito Romania. IlWFP progetto dei 12 bam bini resiMondiale molto significativo n c h e a Unite). g a r a nCredo t i r e sia era una delle molte-della Nazioni denti e di altri 30 l’affido e l’assistenza plici iniziative della uno bambinitenuta ammalati o pubblicare stralcio della corrispondenza tra me di unCarlo bambino Fondazionee rumena f i g l i Area d i f aNiger m i g ldel ie il Signor Gian Cirri, allora Responsabile ricoverato in orfano- povere della cittadi“I Nostri Bambini” WFP. nata per iniziativa di trofio per la durata di na di Bals. Alla fineundi aprile ho ricevuto dal Signor Giancarlo Cirri, la tre anni. Antonio Ellero, Obiettivo del progetche la dibAssada P escuola r i bam i n i p i ùè stata volontarionotizia italiano to è definitivamente garantire condinella glista l'aiuto alir a v idelle , q uscuole e l l i c iche o è riceveranno che opera inclusa in Romazioni di vita dignitoaffetti Hiv/Aids, è scolastico nia da diversi anni. a partire se ai bambi ni malati, mentare daldaprossimo anno 2004-2005. La Fondazione per- praticamente impos- p r o v v e d e n d o f i n Cirri con un messaggio di ringraziamento, trovare una dove s e g u e l o sHo c o risposto p o d i asibile possibile al loro nel quale gli anticipo anche che, grazie ai nostri nuovi aiutare, sostenere, famiglia disposta ad recupero psico-fisico nei Bagzane a c c o g l iee ral Abalak, i . È p eavremo r a l l ’ modo proteggere progetti i bambini i n t e r di n oromperdi un gli ancora le scatole con qualche nuova scuola da in oggettive condi- questo motivo che è a m b i e n t e s asosteno e avviato anno. il pro-Anche zioni di svantaggio accogliente, nere, ma solostato tra qualche Ghoumourprossigli ha e t tun o “messaggio C a s a d e di i ringraziamento, (ammalati,già emargimo a quello familiarisposto gcon e mi Sogni”. nati, abbandonati) e re. conferma che la notizia è già ufficiale anche all'IspettoraCon questo progetto Le foto qui pubblicaha come obiettivo to di Tchirozérine. primario quello di la Fondazione inten- te sono state scattate Il progetto side può quindi felice conclusione, dare unadire casaavviato ed aanovembre, de-istituzionalizzare durante e nel modi; siaffettivo apre ora lai l seconda supporto i bambini af fettimigliore da undei r i f a c i mfase, e n t oqueldel handicap fisico e/o e medico-specialistico t t o : più c ’ è semplice, ancora la del sostegno di medio termine, orat emolto a 12del bambini malati, tutti psichico. grazie all'aiuto tanto lavoro da fare e WFP. Siamo molto contenti, maggior parte debba dei Aandare Con questopenso scopoche è unla ringraziamento n t o n i ao tutti c i s cquelli rive q u a l i per s i tquesto r o v a progetto. a l così...Grazie. stato avviato pro- lavorato cheilhanno g e t t o “ A s s i s t e n t i momento in un Istituto per bambini Materne”. Le “Assistenti Mater- abbandonati e con ne” sono famiglie sti- handicap della cittapendiate dalla Fon- dina di Bals, vicino a dazione, che, dopo Slatina. Proprio qui, la aver superato parti- Fondazione ha ricecolari procedure lega- v u t o d a l c o m u n e u n ’ aConr e a c oottobre n d u e 2002, con un iniziale avere ricevuto supervisione del “Projet getto è stato sviluppato parten- li ed una specifica forma- grandi fabbricati in do dalla forte volontà espressa struction sans Bois - Antenne reclutamento di 18 alunni, 14 zione, ottengono in comodato d’uso in in tal senso dalla popolazione di Régionale d'Agadez”; è costituita bambini e 4 bambine, diventati a f f i d o b a m b i n i cui realizzare la “Casa Assada, che fin dal 1998 aveva da tre classi, due dormitori, una successivamente 23. segnalati e seguiti dei Sogni”. Il reclutamento per l'anno scolacucina, un magazzino l'abita- consta ottenuto l'approvazione ufficia- dalla di Fondazione. Il Il eprogetto stico 2003-2004 ha raccolto zione del direttore, il tutto cirle per la realizzazione di una tutto si svolge sotto il due strut ture comcondatodelle da unautomuro diplementari: cinta. Un altri 18 alunni. Il rifornimento di scuola dalle autorità locali di controllo Tchirozérine. La scuola è stata orto scolastico è stato approntato cibo per la dispensa della scuola costruita senza usare legno, a sul terreno del villaggio, a circa rientra nel budget del progetto causa delle termiti che infestano 500 metri dalla scuola. La scuo- per gli anni 2002-2004, mentre la regione, su progetto e sotto la la è diventata operativa il 1 l'Ispettorato per l'Educazione

Nel 2002, il secondo Librosolidale. Dedicato ad Assada, in Niger.

Egregio Signor Cirri, La scuola primaria di Assada è stata costruita tra il 2002 e il 2003 e costituisce un intervento completamente nuovo in un'area che è partita da un livello di scolarizzazione prossimo allo zero, e che non possedeva nessuna costruzione in muratura prima della scuola stessa. Il pro-


in collaborazione con l’Associazione “Les Cultures”

Les Cultures ONLUS Laboratorio di cultura internazionale Sede centrale: Corso Martiri, 31 – 23900 Lecco Tel.: +39 0341 284828 Fax: +39 0341 370921 informazioni@lescultures.it www.lescultures.it

Caro signor Redaelli, vi ringrazio della vostra lettera, che è molto completa e risponde ai nostri dubbi. Ho il piacere di confermarvi che la scuola di Assada sarà assistita dal WFP a partire dall'anno scolastico 2004-2005. A tale proposito il direttore della scuola e un membro del Comitato di Gestione sono stati invitati a partecipare a un incontro sulla gestione delle “Cantine Scolaires” che si terrà a Tchirozérine il 5 e 6 maggio. L'intervento di Les Cultures è stato determinante per l'inclusione della scuola di Assada nella lista delle nuove “Cantine Scolaires” assistite dal WFP in Niger. Nella speranza che la nostra collaborazione sia fruttuosa vi porgo i miei migliori saluti. Gian Carlo Cirri, Country Director WFP

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Primaria di Tchirozérine ha fornito il direttore e sta per fornire un secondo insegnante, pagato con i fondi del progetto. Per ciò che concerne i dati che ci avete richiesto, queste sono le informazioni che abbiamo raccolto sul posto: la scuola ha attualmente 41 alunni in due classi, 30 bambini e 11 bambine. Gli insegnanti che lavorano nella scuola sono 2: il direttore M. Silimane Ghousmane, matricola n° 71732, e M. Ahmed, un volontario locale diplomato ad Agadez e pagato dal nostro partner locale in attesa del secondo insegnante che l'ispettorato ha garantito dall'ottobre del 2003. La popolazione della valle di Assada è costituita interamente da nomadi; la scuola attualmente ospita 3 bambini offrendogli vitto e alloggio tutti i giorni, alcuni altri sono ospitati dai parenti, il resto degli alunni provengono da una distanza massima di 1/2 km dalla scuola. La percentuale di frequenza degli alunni iscritti è del 100%. Vi sono dormitori separati per maschi e femmine con una capacità massima di 25 persone ciascuno, in ottime condizioni. Vi sono lavatoi separati per maschi e femmine; le toilette si trovano fuori dal perimetro della scuola. La scuola possiede un magazzino chiuso di metri 3,5 x 3,5, in cui attualmente sono conservate le provviste di cibo acquistate con i fondi del progetto. Il Comitato di Gestione è composto da tredici membri, quattro dei quali sono donne, di Assada e dei villaggi circostanti. Assada (17°51.290'N, 8°25.385'E, 844m sul livello del mare) si trova a 145 km a nord di Agadez. La strada che collega Assada ad Agadez è interamente sterrata, in buone condizioni soltanto per i primi 45 km, ma percorribile tutto l'anno. Spero di essere stato chiaro su tutte le questioni, non esitate a richiedere altre informazioni. Siamo stati estremamente chiari nel non garantire che il WFP avrebbe incluso Assada nei suoi piani per il prossimo anno, ma è apparso evidente che ciò costituirebbe un ulteriore spinta a favore della continuità della scuola, così come emerso dalla volontà della popolazione. Rimango in attesa di una vostra risposta.


Carissimi amici del Xmas Project,

Nel 2003, il terzo Librosolidale. Dedicato a Bogotà, in Colombia.

Casa Hogar in collaborazione con la Fundación Niños de los Andes

un grosso saluto da Bogotà, da noi e dai bambini e ragazzi della compenostra fondazione. Abbiamo un 1) una casa di accorità rumene e s i p r oche p oformano n e v a d ila famiglia grosso debito di riconoscenza nei confronti di ciascuno di voi raccogliere i fondi tenti e del personale glienza strutturata avete promosso grande come casaimpegno famigliail d e l l ae portato F o n d a zavanti i o n e con necessariche a realizzare Librosolidale per Bogotà. (assistenti sociali, (Casa Anisoara); il progetto di ristrut-2003 turazione sanitaria educatori e medici). 2) uno stabile che I fondi che avete raccolto sono stati destinati all'acquisto di dei reparti di malat- Con i fondi raccolti verrà adibito a scuola una Casa per l'accoglienza di ragazzi e ragazze proprio qui a tie infettive e di nel 2001, il Xmas e centro culturaBogotà, in Colombia. dire innanzitutto cheper il conProject,Lasciateci oltre ai lavori pediatria dell’Ospele/ricreativo sodtenuto, i testi, le immagini, la struttura del libro sono di quadale di Slatina, in di ristrutturazione disfare le esigenze litàIl eccellente, e crediamo di poter dire questo è riuscito Romania. progetto previsti, dei che 12 bam bini libro resicompetere al mondo. a n c hcon e alegmigliori a r a n t i rpubblicazioni e denti e di era una potrebbe delle moltealtri 30 e l’assistenza plici iniziative dellache,l’affido bambini ricevuto ammalati o Sta di fatto grazie al vostro libro, abbiamo ben Fondazione rumena di un bambino allora f i g l i d i f a m i g l i e 31.521 dollari (US$) che ci hanno permesso di acquistare la “I Nostri Bambini” ricoverato in orfano- povere della cittadicasa di Bogotà, che si trova nella strada transversal 15 A N. 32 nata per iniziativa di trofio per la durata di na di Bals. sud. Èun un edificio di 400 mq, suddiviso in tre piani con la tre anni. Antonio- 36 Ellero, Obiettivo del progetpossibilità di ospitare fino a 50 adolescenti (30 ragazzi e 20 volontario italiano P e r i b a m b i n i p i ù to è garantire condiragazze). Al primo la dispensa, la sala g r apiano v i , qc'è u e la l l icucina c i o è con che opera in Romazioni di vita dignitoda pranzo, la sala tv e le stanze adibite a consultorio, oltre ai affetti da Hiv/Aids, è se ai bambini malati, nia da diversi anni. bagni. Il persecondopraticamente piano ha dueimposcamere dove La Fondazione p r o vdormono v e d e n di onostri fin sibile trovare una docce s e g u e l30 o sragazzi, c o p o dei i rispettivi dove ed posuna sibile al loro bagni, armadi, infermefamiglia sposta delle ad ragazze, aiutare,ria. sostenere, recuperocon psico-fisico Al terzo piano c'è la di camera i bagni, a c c o g l i e r l i . È p e r proteggere i bambini a l l ’ i n t e r n o dper i ule n docce e armadi, nonché la zona lavanderia e un salone in oggettive condi- questo motivo che è a m b i e n t e s a n o e riunioni. zioni di svantaggio stato avviato il pro- accogliente, prossiLa nuova casa ègben collegata di assistenza etto “ C a s acon d e le i altre (ammalati, emargimo areti quello familiasociale e questo permette di prestare unre.servizio migliore ai nati, abbandonati) e Sogni”. giovani che la abitano e, di conseguenza, il loro reinCon questo progetto Lefacilita ha come obiettivo foto qui pubblicala Fondazione primario quello te sono state tegro nella di società. Ricordiamo intenche proprio questo è ilscattate nostro dare una casa ed de-istituzionalizzare a novembre, durante obiettivo ultimo:demettere i ragazzi in condizione di autonoun una supporto affettivo i l che i bambini da loro r i f agli cim e n t o d edil miaafefetti fornire casa temporanea permetta e medico-specialistico handicap fisico e/o t e t t o : c ’ è a n c o r ae fare buon uso della libertà e di reinserirsi in modo adeguato a 12 bambini malati, psichico.responsabile nell'ambiente tanto lavoro da comunitario. I ragazzi infattifare pos-e Con questo scopo è la maggior parte dei A n t o n i o c i s c r i v e sono andare alle scuole di formazione di base e/o tecniche, e stato avviato il pro- q u a l i s i t r o v a a l così... seguire corsi di edilizia, fotografia, cucina, animazione… e g e t t o “ A s s i s t e n t i momento in un Isticosì, svolgendot piccoli anche alla vita u t o p elavori, r b a msib ipreparano ni Materne”. professionale. Allo stesso tempo ricevono attenzione e consuLe “Assistenti Mater- abbandonati e con in ambito psicologico e sociale della citta- nonché le cure mediche ne” sonolenza famiglie sti- handicap in un ambiente affettuoso dina di Bals, vicino che a cerca di sostituire, per pendiatee vivono dalla Fonquanto possibile, il nucleo famigliare dazione, che, dopo Slatina. Proprio qui, la che manca loro. aver superato parti- Fondazione ha riceEcco, grazie al Xmas Project i ragazzi ora hanno una casa colari procedure lega- v u t o d a l c o m u n e molto più comoda, che accoglie 50 di loro invece dei preceli ed avere ricevuto u n ’ a r e a c o n d u e denti 30. Con il vostro orientato e diretgrandiappoggio, fabbricatiil processo in una specifica formato da la “Fundacion Niños ded’uso los Andes” in aiuterà questi ragazzione, ottengono in comodato zi a costruire un mondo migliore cercando, poco per volta, un a f f i d o b a m b i n i cui realizzare la “Casa futuro più degnodeiper loro e per la società. Sogni”. segnalati e seguiti dalla Fondazione. Il Il progetto consta di Ora che ci avete aiutato a comprarla, ci piacerebbe che sugtutto si svolge sotto il due strut ture comgeriste un nome per questa nuova casa, magari in italiano in controllo delle auto- plementari: onore del Xmas Project e degli italiani che ci hanno supportato con la loro solidarietà. Ancora grazie di cuore!!!


Mi chiamo Jorge, vengo da Medellìn, ho 17 anni e da circa sette vivo a Bogotà. Mia madre è morta e non ho mai conosciuto mio padre. Ho due fratelli: mia sorella lavora nella polizia, è appena stata riabilitata dopo una storia di tossicodipendenza. Mio fratello è in un istituto di rieducazione per tossicodipendenti e io mi trovo qui, alla Fundación Niños de los Andes, nella casa che ci avete aiutato a comprare. Anch'io ho fatto uso di droghe, come marijuana e bazuco; ho avuto molti problemi con la legge, poichè rubacchiavo e rapinavo le persone sia a Medellìn che a Bogotà e mi ero ormai abituato a questa vita. Rubavo per togliermi la soddisfazione di questo “vizio”.

Vi ringrazio di tutto cuore, voi tutti del Xmas Project, per questa opportunità che ci avete dato e di cui dobbiamo assolutamente approfittare, dal momento che sono poche le occasioni come questa; non sono più un bambino, sono cresciuto ormai e devo pensare più seriamente al mio futuro. Per questo vi ringrazio, perchè ci avete dato la possibilità di avere una casa più grande, che possa ospitare più compagni che come me cresceranno e saranno capaci di lasciarsi alle spalle questa vita deviata e piena di problemi. Ognuno ha una storia diversa, ognuno ha diverse opportunità. A noi si è presentata l'opportunità di conoscere la Fundación Niños de los Andes e di conoscere voi, di poter avere un casa migliore e di poterci risollevare, e questa occasione intendiamo sfruttarla al massimo.

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Ho iniziato un processo di recupero alla Fundación Niños de los Andes e ora mi sto preparando per fare ritorno tra la gente ed essere una persona per bene, per lavorare in maniera onesta e civile. Quest'anno mi sono diplomato al liceo e questa è una fonte di grande orgoglio per me e voglio dedicarlo alle persone che mi

hanno aiutato. In questa casa viviamo per ora in 30 ragazzi tra i 12 e i 18 anni; pensiamo a studiare e a prepararci a lavorare e far parte della vita produttiva per riuscire ad essere indipendenti.

Fondi raccolti nel Natale 2003 Budget preventivo progetto Casa Hogar

€ 35.000

Totale fondi raccolti

€ 35.340

Spese per spedizioni, segreteria e cancelleria

540

Stampa 2.500 copie del Librosolidale 2003

8.100

Fondi stanziati per progetto Casa Hogar

€ 26.700

Fundación Niños de los Andes Tel.: 0057 1 6780655 Fax: 0057 1 6705375 Carrera 20 bis A # 164-51 A.A. 103659, Bogotá ninandes@ninandes.org www.ninandes.org


Xmas Project 2005? In primavera la scelta. Segnalateci i vostri progetti.


A partire da questo Librosolidale abbiamo introdotto un piccolo grande cambiamento: non trovate infatti nessuna anticipazione sul progetto del prossimo Natale. Abbiamo deciso di rinviare la nostra scelta in primavera, perché desideriamo ampliare le nostre possibilità di intervento: vogliamo infatti dare modo a tutti voi di segnalarci iniziative che ritenete interessanti o di indirizzare verso di noi eventuali associazioni con le quali siete in contatto. Ecco i criteri che ci hanno ispirato fino ad oggi nelle nostre scelte e con i quali verranno valutate le future proposte.

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Un progetto “finito”:

scegliamo progetti il più possibile delineati e dettagliati, con obiettivi chiari, anche se piccoli, un budget definito e un tempo di realizzazione certo.

Un progetto “rispettoso”: appoggiamo progetti richiesti e voluti da chi ne beneficerà, o

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da chi opera direttamente sul campo. Pur gradite e necessarie tutte le associazioni “tramite”, ci piace alla fine arrivare ad aiutare un partner locale, che esprima un proprio progetto e il bisogno di finanziarlo.

Un progetto “sostenibile”: diciamo intorno ai 30.000 euro. Questa (per ora!) è la nostra potenzialità, quindi meglio tenerne conto. Ci piace avere un budget preciso e dettagliato del progetto. A preventivo e poi a consuntivo.

Un progetto “diverso”: desideriamo che la nostra piccola collana di libri ci aiuti anche a scoprire la varietà del mondo. Ci piace immaginare dei Librisolidali che ci portino di anno in anno ad avvicinare luoghi e problematiche differenti.

Altre cose che ci piacciono: ci piacciono le piccole associazioni che hanno progetti seri

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e interessanti, ma un po' meno strade aperte per finanziarli. Ci sembra più utile portare il nostro piccolo contributo là dove non ci sono grandi possibilità di finanziamento. Ci piacciono le associazioni ben organizzate, quelle disponibili e desiderose di contribuire attivamente alla diffusione del Xmas Project.

Segnalateci dunque i vostri progetti, segnalateci alle associazioni che li portano avanti. Ricordatevi che dovrà essere realizzato nel 2006, anno in cui noi potremo finanziarlo. Sarà il protagonista del Librosolidale 2005. All’interno della copertina di questo libro, trovate tutti i dati per contattarci. Appuntamento quindi in primavera per la scelta del progetto. Buon Natale a tutti voi.

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Xmas Project ringrazia:

per la stampa del Librosolidale 2004

per la realizzazione e il mantenimento del sito www.xmasproject.org

Gli anni passanno e gli amici del Xmas sono sempre di più. Un grazie particolare a: Michele Novaga e Francesca Lancini di Peacereporter per gli articoli sulla situazione attuale in Nepal. Ilaria Furlan e Silvia Marchetto per le preziosissime (e velocissime!) traduzioni. Barbara Poli per l’importante contributo “creativo”. Silvana Ghioni, Alberto Ipsilanti e Viviana Spreafico per le splendide illustrazioni, qui a lato elencate. Alessandro Trovati e Michele Novaga per le fotografie. Antonio e Tatiana Ellero della Fondazione “I Nostri Bambini” per l’incredibile forza con cui continuano ad operare. Giorgio Redaelli dell’Associazione “Les Cultures” per l’aggiornamento sulla nostra scuola ad Assada. Jaime Jaramillo e Pedro Isaac Fernández Vargas della “Fundacion Niños de los Andes” per l’entusiasmo che ci hanno dimostrato. Loris e Maria Panzeri, Gianluca Morlino del Gruppo GRT per la documentazione prodotta e il loro impegno sul campo. Sara Tamai e tutto lo staff di Personal Time Promotion S.r.l. per le nostre coloratissime t-shirt! Tutti coloro che credono in questo progetto. Realizzazione grafica: Jacopo Dalai & Matteo Fiorini Stampato a Milano, Dicembre 2004 È consentita la diffusione parziale o totale dell'opera e la sua diffusione in via telematica ad uso personale dei lettori, purché non sia a scopo di lucro.


Tre Artisti per il Xmas Project 27 tavole, opere uniche ed originali di Viviana Spreafico, Alberto Ipsilanti e Silvana Ghioni, realizzate appositamente per questo Librosolidale 2004. Un mondo di immagini, fantasia, colore nato dalla riflessione suscitata dalle suggestioni della realtà nepalese e dal tema “Divieti e Tabù”, da cui Viviana, Alberto e Silvana si sono lasciati ispirare. Un percorso creativo che è divenuto lo sfondo dei contributi di questo libro, arricchendolo e rendendolo un oggetto ancora più prezioso e unico. Il Xmas Project ringrazia questi tre artisti e amici che hanno voluto regalarci la loro fantasia. Le opere, realizzate con tecniche diverse, sono acquistabili tramite donazione alla nostra Associazione e il ricavato verrà devoluto interamente al Progetto dedicato al Nepal e alle donne dalit. Potete richiederle, indicando titolo e autore, al nostro indirizzo e-mail: xmasproject@yahoo.it.

pag. 33 Viviana Spreafico “Divieti e tabù”

pag. 64 Viviana Spreafico “Le bambine non urlano e stanno composte”*

pag. 34/35 Alberto Ipsilanti “Ombre”

pag. 65 Viviana Spreafico “I maschi non piangono”*

pag. 36/37 Alberto Ipsilanti “Senza titolo”

pag. 67 Alberto Ipsilanti “Geografia”

pag. 38 Viviana Spreafico “Le bambine”

pag. 68 Viviana Spreafico “Il matrimonio1”

pag. 39 Viviana Spreafico “I maschi”

pag. 69 Viviana Spreafico “Il matrimonio2”

pag. 40/41 Viviana Spreafico “Agli uomini non si regalano fiori”*

pag. 71 Viviana Spreafico “Noi la presa”

pag. 42/43 Alberto Ipsilanti “L’attesa”*

pag. 72 Silvana Ghioni “Identità e diversità 2”

pag. 44/45 Viviana Spreafico “L'albero dei divieti e tabù”

pag. 80 Alberto Ipsilanti “Angeli”

pag. 48/49 Alberto Ipsilanti “Le città visibili”

pag. 83 Alberto Ipsilanti “Solidale”

pag. 50 Viviana Spreafico “Noi l'albero”

pag. 88 Alberto Ipsilanti “La terra comoda”

pag. 54/55 Alberto Ipsilanti “Il canto delle cose”

pag. 90/91 Alberto Ipsilanti “Identità e diversità 1”

pag. 56 Alberto Ipsilanti “L'alba”

pag. 92/93 Alberto Ipsilanti “Voglia di rinascita”

pag. 57 Alberto Ipsilanti “Teatro”

pag. 94/95 Silvana Ghioni “Identificazione”*

pag. 59 Alberto Ipsilanti “Un mondo a parte”

* Illustrazioni già prenotate.



Per contattare l’Associazione e partecipare al progetto: Associazione Xmas Project ONLUS Via Luigi Settembrini, 46 20124 Milano Numero Verde: 800 180 406 Fax: 02 68 80 402 info@xmasproject.org www.xmasproject.org

È il regalo che vogliamo farci quest’anno a Natale. E che abbiamo scelto di farci per tutti i prossimi Natali...

Ilo 169, con Survival per i popoli indigeni

L’Associazione Xmas Project è nata nel settembre del Duemilauno. I soci sono Roberto Bernocchi, Dario Bertolesi, Elena Casadei, Francesca Castelnuovo, Francesca Colciaghi, Alberto Cometto, Maurizio D’Adda, Jacopo Dalai, Claudio Elie, Matteo Fiorini, Filippo Marconi, Benedetta Nocita, Sarah Nocita, Sara Panizza, Renato Plati. ll Gruppo Media, azienda di arti grafiche, e Arachno, Web Agency, sono partner del progetto.

Il libro che state tenendo in mano è un libro speciale. È un “Librosolidale”. Non è in vendita, ma se lo desiderate, potete contribuire a crearlo, a diffonderlo e soprattutto a finanziarlo. Il Librosolidale è il frutto dell’impegno di molti. Questi molti sono il Xmas Project. Un’Associazione costituita per dare sostanza e realtà a microprogetti di solidarietà, in giro per il mondo, là dove c’è del bisogno. Chi vuole sostenere il progetto, e quindi aderire al Xmas Project, prenota una certa quantità di Librisolidali e versa un contributo proporzionale alle copie ricevute. Potrà così utilizzare i libri come doni, in occasione del Natale, trasformandoli in ambasciatori del progetto stesso. Non solo: questi doni saranno particolari, perché conteranno qualcosa di “proprio”. Perché chi aderisce al Xmas Project contribuisce in prima persona alla costruzione del Librosolidale, fornendo un proprio contributo: una foto, uno scritto, una poesia, piuttosto che semplicemente la propria firma. Se avete ricevuto questo libro in dono da qualcuno, sfogliatelo: vi troverete un suo segno. L’aspirazione, di Natale in Natale, è quella di costituire una Collana di solidarietà. Contattateci: è questo il regalo che anche voi potete donare e donarvi il prossimo Natale.

Xmas Project 2008

Xmas Project | Librosolidale 2008

L’Associazione Xmas Project

Il Librosolidale

Ilo169

Ilo169, Convenzione concernente Popoli Indigeni e Tribali in Stati indipendenti, Pianeta Terra. È finora l’accordo internazionale più completo riguardante la tutela dei popoli indigeni e tribali. La Convenzione Ilo169, emanata dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro, organizzazione di settore dell’Onu, è stata adottata il 27.06.1989 ed è entrata in vigore il 05.09.1991. Ad oggi è stata sottoscritta soltanto da 20 dei 173 Stati membri dell’ILO e l’Italia non è tra questi. Il libro di quest’anno vuole essere uno strumento di sostegno e di aiuto a Survival, l’organizzazione internazionale che da quarant’anni si batte per la tutela dei diritti delle popolazioni indigene e tribali. Vi raccontiamo l’attività di Survival, la sua vocazione, le emergenze umanitarie e le battaglie in corso. I fondi raccolti andranno a sostenere questa azione di difesa delle popolazioni indigene. All’interno del libro troverete anche la petizione da inviare al governo italiano per sollecitare la ratifica della Convenzione Ilo169. ________________

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