Marzo Aprile 2013 v. 5 # 2
num02_13_ xrun_Copertina.indd 1 Prezzo Copia 12 euro - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/04 n째46) art.1, comma 1, LO/MI
Intervista
Molmenti di corsa
Dino Bonelli: a spasso per il mondo
Nuovi trend
Corsa vs Atletica 22/02/2013 12.43.37
X.RUN
Storie di corsa
2013 marzo / aprile [v. 05 # 02] volume 5, numero 2
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Lo spirito dell’ultramaratoneta
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« LA CRISI CI HA STIMOLATO AD ANDARE AVANTI CON NUOVO VIGORE »
lle volte è necessario arrendersi. Prendere coscienza dei propri limiti, ricalibrare gli obbiettivi e ripartire. C’è persino chi, come Goethe, afferma che «Non è forte colui che non cade mai, ma colui che cadendo si rialza» e oggi mi fa buon gioco citare il sommo poeta tedesco per mitigare la frustrazione derivante da questo nostro intoppo. Cos’è successo? Niente e tutto. Il sesto numero del 2012 di X.RUN e il primo del 2013 non hanno visto la luce. La crisi che attanaglia tante testate ha fatto sentire la sua presenza anche da noi. Pochissime risorse e costi importanti per continuare a garantire un prodotto di questo tipo. Abbiamo valutato tutte le ipotesi, non ultima quella di sospendere la pubblicazione per sempre, poi lo spirito dell’ultramaratoneta ha prevalso. Così ci siamo seduti, abbiamo guardato la strada percorsa, abbiamo valutato le energie a disposizione e abbiamo deciso di continuare. Di pubblicare ancora per un anno questa nostra rivista. Poi a fine 2013 decideremo come continuare. I numeri mancanti rimangono come una cicatrice nella nostra storia. Una cicatrice che serve a rammentarci dell’impegno che dobbiamo profondere ogni giorno su questo progetto. Abbiamo un debito con i nostri abbonati, e non mi riferisco solamente ai numeri a cavallo di fine anno, ma anche e soprattutto un debito per la fiducia che ci è stata accordata e che non vogliamo tradire. È inutile che sbandieri un falso ottimismo, al massimo un po’ di determinazione e tanta voglia di proseguire. E sono stimolato in questo dall’appoggio di tutti voi che leggete X.RUN, che ci mandate segnali di apprezzamento, che continuate a darci fiducia scegliendoci. Gli abbonati sono la nostra vera risorsa. E più siete e più sarà facile continuare. Quindi termino questo mio editoriale con un messaggio di ringraziamento e con una preghiera: fateci conoscere ai vostri amici, siate i nostri testimonial, FRANZ ROSSI aiutateci a diffondere la nostra rivista. Editore X.RUN Grazie per la pazienza e buona lettura.
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X.RUN La rivista è edita da Tribù Astratte s.c.ar.l. Sede legale: via Dante, 7 - 34122 - Trieste Redazione: via Viganò, 8 - 20124 - Milano Direttore responsabile Franco Faggiani
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4 La testata è stata registrata presso il Tribunale di Trieste nr. 1179 del 14/08/2008
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Stampa: A.G. Bellavite Missaglia (LC)
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INDICE
L’Editoriale 3 Editoriale Lo spirito dell’ultramaratoneta
COVER
10 Corsa VS Atletica di Franz Rossi Diamo sempre per scontato che chi corre è un atleta e che, prima o poi, finirà per gareggiare. Ma 9 corridori su 10 in Italia corrono solo per il piacere di farlo.
MITO
22 Molmenti di corsa di Luciana Rota Una delle medaglie più inaspettate e per questo più gradite alle scorse Olimpiadi di Londra: incontriamo il canoista azzurro e parliamo con lui di montagna e di corsa.
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RUNNING
34 Sulle orme dei padri
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di Rino Fumagalli Memore di una fuga da scuola per andare ad arrampicare, un podista ripercorre a piedi, di corsa, la stessa strada che allora gli aveva fatto assaporare per la prima volta il gusto della libertà.
42 A spasso per il mondo con Dino Incontriamo Dino Bonelli, fotografo, maestro di sci, triatleta e maratoneta. L’avventura al servizio della corsa.
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52 La 100 miglia dei Magredi di Davide Sanna La prima volta in una 100 miglia: timori ed aspettative, mitigati dalla presenza di una compagna di corsa..
56 Quando il corpo incontra l’anima di Paola Pin Un lungo viaggio dentro la fatica, senza sapere cosa ti attende e in difficoltà per un malessere fisico. Ma il barile dell’energia è inesauribile.
70 Quei pazzi romantici ultratrailers di Mirko Mottin Dopo anni in cui ha orbitato intorno a Chamonix, Mirko debutta nella regina delle gare. Una vacanza che ruota intorno all’UTMB..
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V Indice
82 Ottimizzare per essere Migliori di Stefania Visentini La donna e la corsa. Da questo numero iniziamo ad affrontare un po’ più da vicino la corsa al femminile.
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88 Fuori dall’Uscio / Linea Maginot: Correre sul confine di Stefano Medici Di nuovo in Francia, nei luoghi in cui si è combattuta la Guerra Mondiale.
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LOGOS 104 Intervista a don Marco Pozzi: Contropiede di Andrea Busato Intervista con il sacerdote, scrittore e valente maratoneta Marco Pozzi.
106 Il contrabbandiere di Simone Grassi Un racconto di fantascienza che ci regala l’autore de “Lo zen, la corsa e l’arte di vivere con il cancro”. Ma anche nel futuro la vera protagonista è la corsa. 8
112 Il lessico del podista X.RUN marzo / aprile 2013
di Mauro Creatini Continua il nostro personale dizionario di termini “normali” imprestati al podismo e liberamente reinterpretati per noi da Mauro Creatini.
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114 La cagnetta trailer di Maurizio Crispi Capita a volte che un animale che non appartiene a nessuno, spinto solo dalla voglia di stare in compagnia, salga sul podio di una gara trail. Ce lo racconta il blogger autore di “Ultramaratone maratone dintorni”.
120 Instamatic Di Venezia la maratona di Filippo Castiglia Ancora flash: immagini e parole dalla città più magica d’Italia. Una forma speciale di haiku.
126 Il lato oscuro della corsa di G.RUNNER Ennesima riflessione tratta dal Diario di un dissidente. Una mente arguta che ci fa da specchio e che ci permette di confrontarci con le nostre manie da corridori.
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136 Autori
La foto di copertina è stata realizzata da Dino Bonelli
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corsa atletica
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Dobbiamo guardare con interesse ad un fenomeno che troppo spesso ignoriamo. Mi riferisco alla maggioranza silenziosa rappresentata da quelle persone che corrono regolarmente senza per questo essere dei runners, quelli che escono una o due volte alla settimana, ma non gareggiano mai. 13
Rieccoci qui a discutere di uno dei temi più trattati da sempre nel mondo dei corridori: perché si corre. Semplificando un po’ possiamo rappresentare il cerchio della vita del runner dividendolo in quattro o cinque fasi principali: iniziazione, innamoramento, professionismo, rigetto e maturità. Analizziamole più in dettaglio. L’INIZIAZIONE è il periodo in cui si muovono i primi passi di corsa. Può capitare per innumerevoli ragioni: la fidanzata che corre, la pancia che cresce, l’età che si fa sentire, il medico che lo consiglia, un gruppo di amici che ti invita, il sogno di correre una maratona... ma una volta che si parte e che si supera l’oretta di corsa continuata, ci si trova al bivio. Abbandonare o innamorarsi. L’INNAMORAMENTO segue in modo naturale.
Correre diventa un’esigenza: si legge solo di corsa, si frequentano corridori, si partecipa a gare, si adotta uno stile di vita running oriented. In breve si cadenzano i weekend in sincronia con le gare e si sviluppano alcune delle ossessioni tipiche del corridore: mania del crono («quanto hai di personale nella mezza?» sarà la prima domanda che vi porranno), mania della scarpa (invece di chiedervi di che segno siete vi chiedono se pronate o supinate), mania del peso («durante le feste ho accumulato almeno un chiletto») e così via. A porre fine a questa fase c’è il periodo del PROFESSIONISMO. Caratterizzata dall’adozione di obbiettivi podistici specifici, una maratona sotto le 3 ore e 30 o correre una 100 km o anche scendere sotto i 20 minuti nel 5.000 in pista, questa fase vede tutto un fiorire di tabelle rigorose per gli
C corsa VS atletica
testo di Franz Rossi foto di Autori Vari
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A volte sono campioni olimpici, a volte sono uomini semplici, spesso i nostri Miti sono le due cose allo stesso tempo. Incontriamo Daniele Molmenti, attraverso lo sguardo di un fotografo e di una giornalista. La passione per la montagna, la corsa come allenamento e la perfetta consapevolezza di cosa può fare e cosa deve posticipare...
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SE PARLO ALLE NUVOLE Henry Thoreau
M Molmenti di corsa
“ NON AVERCELA CON ME
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Sezione ricchissima: si inizia con un viaggio nel tempo (Rino Fumagalli) per poi viaggiare nello spazio (Dino Bonelli). Poi due voci che raccontano il Trail dei Magredi (Sanna & Pin) per proseguire con le vacanze all’UTMB di Mirko Mottin. E ancora la corsa vista dalle donne (Stefania Visentini) e quella Fuori dall’Uscio di Stefano Medici.
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“ QUANTO POCO SOLITARIO PUÒ ESSERE LO STAR DA SOLO Ellen Burstyn
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R A spasso per il mondo con Dino
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“ UN PASSO ALLA VOLTA MI BASTA Gandhi
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R La cento miglia dei Magredi
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Davide e Paola: un racconto a due voci
Quando il corpo incontra l’anima
testo di Paola Pin foto di Autori Vari
Ripenso a come è cominciata In quest’ultimo anno il trail mi ha donato tante emozioni ma non sono ancora sazia, voglio andare avanti, scoprire sempre più la mente umana e i suoi limiti, attraverso la passione per la montagna e la natura. Così lo scorso agosto mentre correvamo (io e Davide) il trail Terra Acqua Cielo vagliavamo i nostri possibili impegni agonistici: il Morenic Trail da 113 chilometri e, quasi per scherzo, siamo usciti con un «andiamo a fare la 100 miglia». La fatica ottenebra il raziocinio. Il seme era stato piantato. Le ferie interrompono i discorsi ma a settembre torna l’interrogativo: «100 km o 100 miglia?» È più una battuta che un impegno, ma entrambi sappiamo che se la programmiamo assieme sarà un gran bel viaggio. Si avvicina il termine ultimo delle iscrizioni, un ultimo breve confronto attraverso Skype e in pochi minuti siamo ufficialmente iscritti alla 100 miglia. Da qui inizia il viaggio. Quanta incoscienza! Siamo profani della distanza, contiamo solo sul fatto che l’esperienza condivisa del deserto tunisino ci abbia in qualche modo temprato.
100 miglia? È più una battuta che un impegno, ma se la corriamo insieme sarà un gran bel viaggio
R Quando il corpo incontra l’anima
La “100 miglia”. A chiamarla così mi sembra più fattibile. Penso al numero 100 che è più piccolo del 160, non ha importanza se un miglio è più lungo di un chilometro, subito dopo il VIA posso già pensare alle decine. Poco più di nove decine, quel valore a 3 cifre “100” non esiste più e intanto proseguo.
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“ L’UNIVERSO COME LO CONOSCIAMO È IL PUNTO D’INCONTRO TRA CHI OSSERVA E CHI È OSSERVATO Teilhard de Chardin
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R Quei pazzi romantici ultratrailer
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Diario dall’UltraTrail du Mont Blanc
Quei pazzi romantici ultratrailer
testo e foto di Mirko Mottin
Sabato 18 agosto 2012 Arrivo nel tardo pomeriggio a Chamonix, dopo aver salutato alcuni amici a Courmayeur. La coda per il traforo è stata davvero lunga e i bambini non ne possono più di stare in macchina. Come biasimarli, io e mia moglie Cristina siamo andati a recuperarli a Sanremo e il viaggio dalla Liguria alla Francia, se pur (fortunatamente) scorrevole, è stato bello lungo. Insomma un ultra viaggio! Dopo aver preso possesso dell’appartamento e aver scaricato il quintale di valige e pacchetti che riempivano il bagagliaio, la “bara” sul tetto e lo spazio tra i due seggiolini dei bambini, finalmente inizio le ferie pre-UTMB. Domenica 19 agosto 2012 Il primo giro in città mi sembra strano… i quattro anni precedenti, ero arrivato per ritirare il pettorale solo il giorno prima della partenza e Chamonix era già “la capitale dell’ultratrail”. Ora, a parte i cartelloni che ho visto anche a
Un diario particolare per delle ferie particolari: a Chamonix il festival annuale del trail
R Quei pazzi romantici ultratrailer
È sempre difficile trasmettere le proprie emozioni. Difficile raccontarle, figuriamoci provare a scriverle. Ma le sfide, soprattutto con noi stessi, a noi “popolo delle ultra” piacciono e quindi eccomi qui a raccontare il mio UTMB (UltraTrail du Mont Blanc).
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Fuori dall’Uscio Maginot
Correre sul confine
testo e foto di Stefano Medici
n questa estate “olimpica” sono nuovamente “di corsa” per l’Europa
R Correre sul confine
Il confine estremo, rappresenta da sempre, quella linea immaginaria da superare, come ambizione irrefrenabile dell’essere umano. Soprattutto nello sport, la ricerca del limite, è l’obiettivo primario di ogni atleta. Purtroppo però, la riuscita e il risultato finale, sono il frutto di una serie di situazioni ideali, come l’allenamento, la predisposizione, e il momento, che non sempre s’incastrano nella giusta sequenza. Quando questo non accade, le aspettative, la società moderna, il giro di soldi legato agli eventi, lo show business, possono far passare qualcuno al lato oscuro della forza, ammaliato dalle sirene del doping. Le olimpiadi di Londra riportano alle cronache, un altro atleta di primo livello, sedotto dalle scorciatoie per il successo, il nostro alfiere Alex Schwazer. Faccia pulita della fatica, genuino spot di familiari pubblicità, e soprattutto, persona impensabile da immaginare in comportamenti scorretti. Non sono qui per condannare l’uomo che cerca di vincere, ma l’atleta che deve per forza ottenere i risultati per soddisfare il sistema. Gli interessi economici, hanno cancellato il motto del barone De Coubertin, il padre dei moderni giochi olimpici: «l’importante non è vincere, ma partecipare». In questa estate “olimpica” sono di nuovo “di corsa” per l’Europa, e per una prima uscita in terra francese, ho deciso di restare fermamente coerente col barone, non voglio spingermi oltre il confine estremo, voglio semplicemente…
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Andrea Busato intervista don Marco Pozza maratoneta e scrittore, mentre due racconti, uno vero e uno di fantascienza impreziosiscono la nostra sezione Logos. E per concludere i soliti appuntamenti con Mauro Creatini e la penna puntuta di G.RUNNER che ci accompagna fino alle abituali recensioni di libri e film.
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“ I can see a world where we all live Safe and free from all oppression No more rape or incest, or abuse Women are not a possession from Break the Chain
Racconto
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Il contrabbandiere
testo di Simone Grassi foto di Autori Vari
Aveva due minuti per prepararsi all’uscita dalla città e memorizzare il percorso
L Il contrabbandiere
L’appuntamento era fissato per le 21. Luogo d’incontro comunicato, come sempre, all’ultimo momento, in qualche anfratto nella parte semiperiferica della città, veloce da raggiungere ma isolato. Come sempre si trattava di andare a procurare un altro pacco, prezioso quanto utile, per la comunità di cui Mike faceva parte da oramai parecchi mesi. Senza indugiare nell’organizzazione lasciò la metropolitana magnetica sopraelevata a due isolati di distanza, pochi minuti ed era in vista del luogo indicato. Come sempre il contatto lo aspettava e lui, diligentemente come sempre era pronto per cambiarsi velocemente, avendo tutti gli strati per la corsa pronti e già indossati, con sopra gli strati civili, necessari per passare inosservati e mimetizzarsi prima dell’inizio della missione. Iniziò a cambiarsi mentre gli venivano impartite le istruzioni del caso. Aveva due minuti per prepararsi all’uscita dalla città e memorizzare il percorso necessario per raggiungere il distributore all’esterno. Fare l’infiltrato per le forze dell’ordine della città era stato il suo scopo da prima della sua venuta. Nonostante fosse in servizio da oramai molti mesi, non aveva ancora finito di adeguarsi alla scarica di adrenalina causata da ogni nuova missione. Il pianeta era oramai diventato un grande agglomerato cittadino, il più grande in un raggio di diversi anni luce. Le oasi di vegetazione e foreste, inizialmente recintate per preservare, erano ora diventate dei veri e propri ghetti, dove pochissimi fuorilegge vivevano e provvedevano al sosten-
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tamento di un mercato nero, principalmente di droghe estratte dalle piante che da tempo potevano crescere solamente lì. Ogni oasi verde non superava le poche decine di chilometri quadrati, ed era unita alle altre da pochi stretti passaggi. Il mercato nero era in continua crescita ed erano stati fatti diversi tentativi di arginarlo. Mike era parte di uno di questi, e si trovava costretto, da molti mesi ormai, a vivere da infiltrato, fingendo di essere parte attiva con il ruolo di incursore per il recupero delle spedizioni.
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L Il contrabbandiere
Un allenamento specifico Gli allenamenti di Mike in preparazione alla missione erano stati intensi e, nonostante sapesse bene che non erano gare ad attenderlo, piacevoli. Dall’ingresso nel varco, all’uscita, non poteva mai passare più di un tempo solitamente fissato in poche decine di minuti, fino al massimo di un’ora circa. Dentro alle isole di vegetazione non si poteva sgarrare, il percorso era difficile da individuare e spesso molto disagevole. Gli ostacoli imprevisti erano all’ordine del giorno. Fortunatamente la fauna era assai limitata, quindi dopo poche uscite aveva subito fatto l’abitudine ai pochi ospiti che ancora popolavano le aree verdi. Ma alle guardie elettroniche non ci si poteva fare l’abitudine. Nessun poliziotto veniva mandato in ricognizione, era una regola ferrea delle forze dell’ordine; per fronteggiare i contrabbandieri erano state usate delle telecamere semoventi, che sfruttando un meccanismo magnetico potevano viaggiare sospese nell’aria e monitorare le isole di vegetazione a caccia di intrusi. Ogni abuso avrebbe portato alla segnalazione, per poter poi procedere alla cattura al primo tentativo di rientrare nella struttura cittadina. Le istruzioni erano finite e improvvisamente il conto alla rovescia iniziò. 10, 9, 8, 7... l’adrenalina iniziava a salire... 6, 5, 4... Mike allargò con le mani la rete... 3, 2, 1 un salto ed era dentro e le gambe avevano già iniziato a girare. Era la parte più pericolosa ma anche gratificante del suo lavoro di infiltrato. Oggi il percorso pareva un labirinto per evitare una serie di zone bagnate e raggiungere il punto di raccolta. All’andata procedette tutto sommato con tranquillità, le istruzioni del contatto continuavano nell’auricolare e parve non esserci nessuna emergenza in corso. Prelevato il pacco, Mike si affrettò ad infilarlo nello zainetto per poi rimettersi a correre con una piacevole sensazione di calore alle gambe: era nella cosidetta comfort zone, affaticato ma caldo era in controllo dello sforzo e da esso otteneva un appagamento palpabile. Il piccolo ma ripido sali e scendi non lo rallentò mentre il contatto si fece vivo: «Controllore a ore 3, dietro ai cespugli, accellera e devia a sinistra, passa due cunette e buttati dietro la macchia subito a destra, da li non potrà più vederti»
6, 5, 4... Mike allargò con le mani la rete... 3, 2, 1... un salto ed era dentro
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Mike fu rapido a reagire e mentre sentiva il sibilo del controllore che si aggirava a poche decine di metri spinse la falcata piegando il busto verso sinistra, affrontando la prima duna con una inevitabile accelerazione per la discesa. La successiva salita gli fece bruciare le cosce, ma strinse i denti e prima di avere problemi era giunto in cima alla prima duna. L’entusiasmo per il nuovo percorso e l’adrenalina per il pericolo sfiorato gli diedero una scarica notevole. Ma il suo effetto rischiò di sparire alla vista della seconda duna, e del corso d’acqua che la separava dalla prima.
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Una reazione d’istinto La mente pensò in fretta, il salto non era impossibile e di tornare indietro non si parlava. Certo Mike era schierato dalla stessa parte dei controllori, ma se si fosse fatto beccare come avrebbe giustificato un rilascio? Decise di saltare e ancora prima che l’idea fosse del tutto maturata nella sua testa le gambe già spingevano lungo la discesa e prestando la massima attenzione a come metteva giù i piedi nelle ultime due falcate, aveva saltato. L’atterraggio non fu certo in perfetto stile, arrivò a piedi pari e giusto oltre il bordo dell’acqua, ma sufficientemente in equilibrio per lasciare che la spinta del salto stesso lo facesse ribaltare in avanti. E dopo essersi rimesso in piedi rapidamente, stava già sparendo dietro ai cespugli per occultarsi ai controllori. Il resto dell’uscita continuò sulla stessa falsa riga: la forma smagliante di Mike tornava utile, i battiti che continuavano nella loro altalena costante; il bruciore alle gambe; il gusto della velocità tenuta nel tempo; il senso di disagio che una corsa così sempre porta ma che rappresenta la sfida principe del podista. Il rientro fu una copia speculare dell’andata, Mike si cambiò, facendo sparire la sua divisa da corsa nello zainetto, mentre il contatto prelevava il pacco e dava a Mike le istruzioni necessarie per andare e reclamare la sua parte a tempo debito. Mike camminava da circa dieci minuti, una volta sbrigata la faccenda del rientro dal varco, e mentre godeva della piacevole sensazione di allungare i muscoli delle gambe mentre aspettava un collegamento della metropolitana magnetica, si trovò in un passaggio panoramico che spaziava a perdita d’occhio sulla Terra, questa metropoli infinita. Anche oggi un pezzo di puzzle della sua carriera fra le forze dell’ordine era andato a posto e anche oggi l’aveva fatto grazie alla sua passione e arma per sentirsi bene. Aveva corso per quasi un’ora appena sopra soglia, fra dune e cespugli, schivando piccoli roditori e dovendo saltare una grossa pozzanghera che aveva allagato una duna. Peccato che non lo avrebbe potuto raccontare a nessuno, si accontentò di sfoderare uno sguardo soddisfatto e leggermente sorridente che nessuno avrebbe potuto decifrare.
Decise di saltare e prima che l’idea fosse del tutto maturata nella testa era già in volo
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Il lessico del Podista
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FIGLIO, sostantivo maschile. [1] Chi è stato generato, rispetto ai genitori; (al pl.) prole di entrambi i sessi; estens. discendente, erede; figg. f. di nessuno, trovatello; estens. senza protettori influenti | f. di un cane, di buona donna, di puttana, espressioni ingiuriose, offensive, ma a volte usate anche in tono scherz. | f. di papà, chi è aiutato nella carriera dalla posizione sociale della famiglia
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L Il lessico del podista
Parlare di figli in una rubrica di Corsa può apparire singolare, ma il tema presenta aspetti interessanti. Il primo è quello, piacevolissimo per chi lo ha sperimentato, dell’effetto che un genitore runner può fare sui figli. Fino a quando la tempesta ormonale della pre-adolescenza non comincia a farti apparire ai loro occhi come un rompipalle, sei ancora un po’ “mito” ai loro occhi. I miei “smilzi”, per esempio, parlano del padre come di un ultrarunner (mica vero!): quando in strada o al parco vediamo qualcuno correre, la domanda classica è: «papi, ma anche quello è un ultra runner?» Io mi sforzo di dire loro che aver fatto qualche gara “seria” non mi rende tale, ma sotto sotto la cosa mi rende fiero. Secondo aspetto, davvero meraviglioso: correre insieme. Tempo fa ho fatto la prima non competitiva con “smilzo 1” e “smilza 2”. Cinque chilometri sotto la pioggia. Esperienza emotiva bellissima. Alla partenza erano tesi come se fossero al via della Maratona Olimpica. Dopo dieci minuti “smilzo” 1 mi chiedeva quanto mancasse. A un chilometro dall’arrivo ho cominciato a mentire: «dopo la casa lì a destra, è finita», alla terza casa a destra mi ha mandato a quel paese. Però passare il traguardo insieme mi ha commosso. Se la Corsa entrerà nella loro vita in modo naturale, senza forzature, come è stato per me, avrò trasmesso loro una cosa bella, positiva, costruttiva. A volte tenere insieme i doveri di genitore e di runner costa pazienza. Ricordo un esercizio di educazione tecnica di “smilzo” 1: piantare 200 chiodini in una tavola di compensato e collegarli con degli elastici per farne una figura geometrica. «Papi lo fai tu, per favore?». Sarebbe stato sfinente “a freddo”, ma una domenica pomeriggio, appena finito una “mezza” sui gomiti, è stata davvero dura.
MAURO CREATINI Da qualche tempo, complice un insopprimibile desiderio di libertà e di semplicità, vive la corsa soprattutto sul fronte emozionale, tanto che spesso la fine dell’allenamento coincide, oltre che con lo stretching e la doccia, con lo scrivere una piccola poesia, un pensiero, per provare a fissare le sensazioni che la corsa gli regala.
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Instamatic
Di Venezia la maratona testo di Filippo Castiglia
Ogni maratona è una storia a sé, ognuno col il suo passo a confrontarsi con lo stesso percorso nelle medesime condizioni. Eppure ciascuno risponde a modo suo. La scorsa maratona di Venezia (28 ottobre) non ha fatto eccezione, questa volta sono state le condizioni meteo ad essere diverse dal solito ed in alcuni tratti assomigliava più ad un trail che ad una maratona stradale. Ancora una carrellata di immagini, sensazioni e impressioni attraverso l’andare di corsa ma senza fretta, ché la maratona non è questione di “tempo” Geometriche architetture sul Brenta placido i tigli ondeggiano di Bora
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Nuvole grigie e popolo Multicolore s’addensano Lasciando gocce e orpelli Sguish sguish sguish Suole polimeriche E asfalti luccicano, cigolano Giarna* schiuma di laguna Visi percossi da minute Gocce sospinte da bora impietosa Campanili s’approssimano lenti avvolti in nuvole scure chan chan chan immersioni ritmiche in acque via via meno “alte”
*giarno/giarna è un aggettivo che in siciliano indica quel colorito giallastro-grigio tipico di chi si trova in grande imbarazzo oppure è malato
In Giappone esiste una forma di letteratura chiamata haiku, i componimenti poetici costituiti da tre strofe di cinque, sette e cinque sillabe. La lingua italiana meno si presta a tale sintesi estrema ed alla rigida regola, anche se illustrissimi esempi potrebbero essere facilmente citati, ma tale tipo di componimento sembra ideale per le esigenze del blog (lettura immediata, accompagnata da un’immagine). Noi ci proviamo...
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Recensione
FINALMENTE KILIAN RACCONTA KILIAN
Correre o Morire, ci vuole tutto il romanticismo e l’ingenuità di un ragazzo che (all’epoca) aveva poco più di 22 anni per scrivere la sua autobiografia titolarla così. Ma non fatevi ingannare, la vita di Kilian Jornet anche a 22 anni è stata vissuta così pienamente che si legge con piacere. Vivalda Editori ha finalmente messo in vendita la versione italiana di questo libro che è uscito prima in catalano e poi via via in molte altre lingue. Ora chi ha avuto pazienza di aspettare, si trova in mano la traduzione di Francesco Ferrucci e, soprattutto, la prefazione di Simone Moro. Ma torniamo al libro. Da ogni pagina traspaiono entusiasmo e potenza. Kilian racconta delle sue esperienze, partendo dall’infanzia (cui dedica solo alcune pagine ma che sono certo potrebbe riempire un libro a parte) per poi portarci
subito al momento in cui, neppure diciottenne, aveva già intrapreso la carriera di atleta professionista. Una questione di commitment Non viveva di quello, ma si allenava con la stessa determinazione con cui si sarebbe allenato una volta trasformato lo sport in un lavoro. Dice: «Nella vita c’è un momento in cui devi decidere qual’è il treno che vuoi prendere e, una volta che ci sei salito, non puoi pensare a cosa succederebbe se tu ne prendessi un altro». Gli inglesi lo chiamano commitment, noi potremmo definirlo dedizione, impegno. Scegliere un’opzione delle mille e dedicarsi totalmente a quell’opzione. Difficile per un adulto, quasi incredibile per un ragazzo. Ma Kilian prosegue «La decisione è presa: è a diciott’anni che devi iniziare a scegliere la vita,
a scegliere un lavoro...» Incredibile, a 18 anni la maggior parte delle persone ha idee ancora poco chiare del proprio futuro. Una famiglia speciale Certo ad aiutare il giovane catalano nella scelta c’è stata un’educazione familiare particolare. Cresciuto un rifugio di montagna in un paesino ai piedi dei Pirenei, fin da piccolissimo ha vissuto la natura in modo spontaneo. Racconta di come ogni sera prima di andare a dormire e già con il pigiama addosso si recasse con la madre e la sorella a fare una passeggiata nel bosco. Senza luce, solo per il gusto di imparare a sentire la natura. Racconta di come siano saliti sul Breithorn (4164 mt) a soli sette anni accompagnato dalla sorella Naila che ne aveva sei. Racconta di come stare all’aria aperta,
Correre o morire, Kilian Jornet, Vivalda Editori, 19.50 Euro
pedalare, correre, sciare, occupasse tutto il suo tempo libero. Poi la sua strada incrocia quella dei campioni, e si trova giovanissimo già proiettato ai vertici dello sport. Ma di più non dico, lascio a voi la scoperta attraverso la lettura. Kilian visto da Kilian Correre o morire è l’occasione unica di dare un’occhiata nell’animo di questo giovane dio della corsa. Perché Kilian è un dio della corsa. Non per come lui si atteggi ma chi lo osserva un ragazzo così giovane, così forte e al tempo stesso così semplice, è quasi divino, sovrumano. Nel libro ci racconta cosa prova durante le gare, durante gli allenamenti, durante le imprese senza pettorale che lo hanno reso celebre. Kilian divide nettamente le esperienze. Quando indossa il pettorale corre
per vincere. Gli avversari sono avversari, non compagni d’avventura. Ci racconta come preferisca fare sempre delle gare attendiste, sferrando l’attacco quando intuisce il momento di debolezza di chi è riuscito a restare con lui. È un Kilian giovane e irruente quello che esulta dopo aver tagliato il traguardo o mentre solleva un trofeo, è un giovane che sente ancora in bocca il sangue dell’avversario sconfitto. Molto diverso, invece, il Kilian che corre per realizzare un’idea sia essa la traversata dei Pirenei o la TRT (il periplo del lago Tahoe). Esce la parte matura di Kilian, quella che è stata forgiata dalla montagna. E non è un caso che in molte delle sue imprese risuoni l’eco dell’alpinismo classico: le concatenazioni, le grandi traversate, i record di ascesa. Il campione catalano racconta
cosa pensa e cosa prova mentre cerca di realizzare il suo progetto. È parte di un’equipe preparata e partecipe, cui Kilian si appoggia, ma l’uomo vero esce soprattutto nei momenti di difficoltà e in quelli Jornet si chiude in se stesso cercando nel suo cuore la forza per stringere i denti e superare le crisi. L’umanità del campione Tutto il libro, in fondo, ci restituisce un’immagine estremamente umana di Kilian. Racconta anche di una sua relazione con una ragazza conosciuta per caso a Barcellona e divenuta per un periodo suo punto di riferimento. Kilian non racconta i particolari della storia, ma ci svela i suoi turbamenti, il come Alba lo abbia messo in crisi... e anche questo contribuisce a rendercelo più vicino, simpatico, umano.
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UNA CORSA CONTROPIEDE
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Si apre e si chiude con una leggenda che parla di un maniscalco e di un cavallo ribelle “Contropiede” (Ed. San Paolo), questo secondo romanzo del sacerdote veneto trentatreenne don Marco Pozza. Il ruolo metaforico di quel maniscalco, nella storia è assunto dal meccanico in pensione Mangiametri, che la passione per l’atletica spinge a voler disciplinare un gruppo di ragazzi ribelli, writers che imbrattano i muri della periferia romana per sfidarne il perbenismo. Una missione sfidante Di loro a Mangiametri piacciono la giovinezza, la sincerità del loro modo di sentire la vita, la bellezza interiore che pur si maschera di comportamenti testardamente provocatori. E per ferrare coloro che i più considerano irrecuperabili, decide di domare quei
puledri offrendo loro di compiere una grande impresa: portare a termine con una prestazione significativa la maratona di New York. La missione, che dura nel complesso alcuni mesi, finirà naturalmente per farci scoprire che spesso i comportamenti antisociali sono la spia di una forza che, se incanalata in maniera costruttiva, può portare a grandi traguardi, individuali e collettivi. Il marchio della periferia Il paesaggio su cui don Marco fa correre i suoi originali atleti è quello di una periferia la cui degradazione estetica è segno di una crisi morale che agli arrendevoli e sfiduciati sembrerebbe irreversibile. Ma non è dai diamanti che nascono i fiori, ci insegna De Andrè, e la storia di Pozza diventa una favola in cui il successo non
Contropiede, Marco Pozza, Editrice San Paolo, 13 euro
è dato soltanto dall’impresa sportiva, quanto piuttosto dall’aver attivato relazioni sociali virtuosamente solidali anche fra gruppi che prima sapevano relazionarsi soltanto con sospetto; al punto tale che saranno addirittura dei rappresentanti istituzionali – che il sentire comune immagina solitamente come emblema di posizioni paludate e prudenti – a dare all’impresa il suggello del riconoscimento pubblico. Il fascino della corsa Su una trama che diventa una bella favola, don Marco ci racconta la storia con la competenza di chi conosce bene la forza morale e le dinamiche relazionali di quelli che si sentono giovani di spirito. Che conosce bene il paesaggio, fatto di sfondi talora quasi pasoliniani, scelti da chi alla purezza del paesaggio naturale incon-
taminato ha preferito l’ambiente sporcato da presenze che però sono pur sempre umane (del resto, correre a New York significa simbolicamente correre nella città e nella storia). Don Marco conosce la potenza dei progetti che propongono un riscatto e ancora meglio comprende il fascino della corsa, visto che vanta sulla maratona un personale (2h47’) che dice di una passione coltivata non certo superficialmente. La vita Una storia di corsa, insomma, come metafora della vita immaginata con drammatico ottimismo, come ritorno a una nostra Itaca verso la quale, ci dice Kavafis, devi augurarti che la strada sia lunga e fertile in avventure e in esperienze.
Per saperne di più Il libro si trova in tutte le librerie, ma se avete un momento andate sul sito dell’editore (www.edizionisanpaolo.it) e cercate il booktrailer, cioè il breve video di lancio della pubblicazione. Svela molto sulla personalità dell’autore e (come è ovvio) fa venir voglia di leggere il libro. Nello stesso sito potete anche acquistare il libro on line (13 euro).
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STORIE DI CORSA E CANCRO
Due storie simili a confronto. Partiamo con Into the Wind un film co-diretto da Ezra Holland e da Steve Nash, giocatore di pallacanestro attualmente numero 10 dei Los Angeles Lakers. Into the Wind racconta la straordinaria e toccante vicenda dell’eroe nazionale canadese Terry Fox che ha avuto una certa notorietà anche in Italia con la Terry Fox Run, una gara organizzata anche nel nostro paese. Nato a Winnipeg nel 1958, Terrance Stanley Fox soffre l’amputazione della gamba destra nel 1977 a causa di una forma aggressiva di osteosarcoma. Un anno prima, Dick Traum era stato il primo atleta disabile a correre la maratona di New York, che proprio nel 1976 ha lasciato Central Park per debuttare sulle strade della Grande Mela. La conquista di Traum, fondatore
della Achilles International, un’organizzazione che si propone di aiutare i disabili a partecipare ad eventi sportivi, è di enorme ispirazione per il giovanissimo ed atletico Fox, che nell’agosto del 1979 ripete l’impresa partecipando a una maratona a Prince George. Nonostante arrivi ultimo, per Terry il risultato è tutt’altro che scoraggiante; infatti, il ritorno alla corsa lo spinge ad inseguire traguardi ben più ambiziosi: amareggiato dalla scarsità di fondi disponibili alla ricerca sul cancro, si propone attraversare il Canada in tutta la sua lunghezza, correndo da est ad ovest, per catturare l’opinione pubblica e sensibilizzarla al problema. Il 12 aprile 1980 la sua “Marathon of Hope” prende il via da St. Johns, in Newfoundland; alla guida del piccolo camper donato dalla Ford Motors c’è l’amico d’infanzia Doug Alward, che ac-
compagna Terry nel suo viaggio offrendogli supporto tecnico e morale. Il bellissimo documentario di Holland e Nash si propone di far conoscere al mondo la storia di Fox, che costituisce un tassello fondamentale nell’identità nazionale del Canada. La natura straordinaria dell’impresa, che purtroppo non ebbe un lieto fine, fece di Terry una figura leggendaria, un’icona di determinazione e coraggio. Fox corse 3339 miglia in 143 giorni, attraversando le regioni del Newfoundland, Nova Scotia, Quebec, e Ontario. Ma quando arrivò a Terrace Bay fu costretto a fermarsi, e nonostante la sua ferrea determinazione, non riuscì più a ripartire. Terry si spense il 28 giugno 1981, vittima di un cancro ai polmoni, dopo avere raccolto circa due milioni di dollari canadesi per la
Terry Fox, protagonista del film Into the Wind, una delle due proposte di queste pagine.
ricerca. Il suo sforzo non venne mai dimenticato, e già negli ultimi mesi della sua breve vita Terry poté assistere alla nascita di una nuova consapevolezza nella sua nazione. Infatti, mentre il giovane atleta si sottoponeva alla chemioterapia nel disperato tentativo di vincere il male, un’emittente televisiva organizzava un telethon per continuare il suo sforzo. Sulle tracce di Terry Fox My Run, documentario del 2009 diretto da Tim VandeSteeg, racconta la storia di un altro Terry, Terry Hitchcock, un vedovo di cinquantasette anni che nel 1996 decide di correre da Minneapolis ad Atlanta, raggiungendo la capitale della Georgia in occasione dell’apertura dei giochi olimpici del 1996. Il film inizia raccontando la perdita sofferta dalla famiglia nel 1984, quanto un
tumore al seno stronca la moglie di Terry, Sue Hitchcock. Le testimonianze dei tre figli della coppia, Teri Sue, Chris, e Jason ricostruiscono i difficili momenti attraversati dal padre, che pochi giorni dopo la scomparsa della moglie si ritrova disgraziatamente anche senza lavoro. Emotivamente devastato dalla perdita, Terry passa gli anni successivi a ricostruire la propria vita, prendendosi cura dei figli adolescenti. Nel 1996 decide lanciarsi in questa monumentale impresa allo scopo di creare consapevolezza sulle difficoltà affrontante quotidianamente delle famiglie monoparentali come la sua. La figura che lo ispira nella sua “Megamarathon” è proprio Terry Fox, il leggendario eroe canadese che più di chiunque altro incarnò lo spirito della lotta contro il cancro e le sue devastanti con-
seguenze. Terry Hitchcock è molto diverso da Fox: per nulla atletico, sovrappeso, e invecchiato dalla vita, Hitchcock non sembra il candidato ideale per riuscire in questa iniziativa. Eppure, il padre di famiglia sorprende tutti e copre in settantacinque giorni una distanza pari a più di settantacinque maratone, raggiungendo Atlanta con fratture in entrambe le caviglie e alla rotula sinistra.
Dove trovare i film Into the Wind, che fa parte della serie prodotta da ESPN 30 For 30, può essere acquistato su http://www.espnshop.com/family/index.jsp?categoryId=4276098&cp=4471901 oppure può essere scaricato, a pagamento, su iTunes. Il DVD di My Run è disponibile su http://www.myrunmovie.com/
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“ TRAFITTO DA UN RAGGIO DI SOLE Salvatore Quasimodo
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Gli autori
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X.RUN marzo / aprile 2013 Come collaborare Per scrivere per noi, basta avere un’idea, voglia di scrivere e poi contattare la redazione di X.RUN scrivendo un’email all’indirizzo: redazione@xrun.eu
DINO BONELLI FOTOGRAFO 40+
ANDREA BUSATO PROFESSORE 49 ANNI
FILIPPO CASTIGLIA BLOGGER DEL TRAIL
Dino è uno di quei personaggi difficili da classificare. Fotografo, maestro di sci, organizzatore di eventi, viaggiatore, gestore del museo italiano di snowboards... insomma dove c’è sport e attività outdoor lo potrete collocare in qualche modo. Originario di Prato Nevoso (CN) muove i primi passi sugli sci, seguendo il padre. Ma presto viene attirato da una novità proveniente dalla Franci: la tavola. Inizia una lunga attività di evangelizzazione che però non lo distoglie dalle altre passioni. Nel 1993 compie un viaggio in Alaska e da quel momento inizia la sua collaborazione come fotoreporter con le principali riviste dell’outdoor. Sportivamente parlando ha un curriculum di tutto rispetto come sciatore, come triatleta e come runner. Predilige la corsa in natura, e più la natura è selvaggia più Dino è a proprio agio.
Classe ’62, pordenonese. Quando da bambino gli altri lo battevano in velocità, lui la buttava sulla resistenza, e da allora gli è rimasta. Poi gli è venuta anche la passione per la musica. Alle spalle una dozzina di maratone soddisfacenti, più altre sei da pace-maker e altro e non troppo indecoroso mezzofondo. Poi una serie di acciacchi fisici lo costringono a correre di meno: per un po’ si diverte lo stesso, ma adesso che la lotta contro i chiletti di troppo si fa sempre più dura sta cercando qualcosa di meno faticoso. Avrebbe trovato un altro sport che gli piace, il golf. Ma mentre questo lo respinge, il podismo non lo rivuole indietro. Alleva con passione Elena e Nicola, nel resto del tempo fa l’insegnante nel liceo che lo aveva visto studente.
Aggiorna quando può un blog dove senza paura e senza vergogna racconta della corsa e del tango, due passioni che si praticano preferibilmente con scarpe diverse. Il raccontare degli effetti delle scarpe sopradette attraverso il blog (felipelcid.splinder.com), lo iniziò così per fissare un po’ le sensazioni proprio in occasione delle prime corse di lunga lena. Su invito di un amico che voleva compagnia per il suo terza Passatore, nel giro di 5 mesi, da arbitro di calcio e ottocentista a tempo perso si cimentò in una progressione travolgente: prima mezza la Roma Ostia, la maratona di Roma, la 50 di Romagna, la 100 del Passatore e già che c’era la Monza Resegone. Con quella rincorsa, continua a correre su ogni superficie possibile. Tornato in Sicilia i boschi che gli danno lavoro, diventano luogo di allenamento e lui li ripaga grazie all’impegno di alcuni appassionati contribuendo trasformarli in teatro del circuito del trail siciliano generoso di ambienti estremi ed affascinanti. Dalla pista alla pietre aguzze di un sentiero di montagna è convinto che la corsa sia un mezzo e non un fine, ma meglio non averlo troppo vicino l’ultimo 400 prima dell’arrivo è spesso un pessimo cliente per via della tendenza a ricordare il finale dell’ottocentista…
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ABBONATI o RINNOVA SOSTIENI EMERGENCY Continua anche per il 2012 l’impegno di X.RUN per sostenere la Clinica Pediatrica di Bangui fondata da Emergency nella Republica Centroafricana.. Collegatevi al sito www.xrun.eu oppure scrivete ad abbonamenti@xrun.eu e vi forniremo ogni informazione necessaria. Il costo annuale dell’abbonamento a X.RUN è di soli 50 euro, riceverete 6 numeri dell’unica rivista di storie di corsa comodamente a casa vostra.
MAURO CREATINI DIRIGENTE 43 ANNI
MAURIZIO CRISPI
FRANCO FAGGIANI GIORNALISTA
Sposato con due figli. Durante la settimana le uscite di allenamento sono all’alba, nei parchi della Brianza (dove vive) e nei week end sulle strade della Liguria o della Valtellina. Corre con la gloriosa maglia del Road Runners Club di Milano. Sino a pochi anni fa era solo un runner della domenica, che correva per non ingrassare. Dal 2005, grazie all’inseparabile “socio” Pietro, ha cominciato con la mezza, poi la con la maratona e con tutto il resto. Da qualche tempo, complice un insopprimibile desiderio di libertà e di semplicità, che il suo lavoro gli nega, vive la corsa soprattutto sul fronte emozionale, tanto che spesso la fine dell’allenamento coincide, oltre che con lo stretching e la doccia, con lo scrivere una piccola poesia, un pensiero, per provare a fissare le sensazioni che la corsa gli ha regalato.
Giornalista, blogger, fotografo (e, non ultimo, anche psichiatra e psicoterapeuta) Siciliano e palermitano. Sportivo da sempre, con un passato di canottiere e canoista, transitato poi alle esperienze della maratona e delle diverse tipologie di ultramaratona, con una breve incursione nel mondo del Triathlon e della Subacquea. Ha collezionato oltre 200 tra maratone e Ultramaratone concluse, oltre ad una miriade di altre gare brevi e a tappe. Le Ultra e le Maratone ce le ha nel cuore: anche se non gareggia più, queste gare continua a seguirle da fotografo e giornalista; ed ha anche creato una pagina web (in attesa di registrazione come quotidiano online), “Ultramaratone Maratone e Dintorni”. Come titolare della testata, segue molti eventi sportivi in Italia e all’estero ed è ormai da diversi anni assiduamente presente ai Campionati del Mondo IAU, dei quali fornisce una copertura giornalistica in tempo reale. Ma continua sempre a sciropparsi la sua dose giornaliera di chilometri di corsa e le sue sedute di allenamento in palestra. Da poco ha ripreso ad accarezzare il progetto di tornare da master al suo primo amore: il canottaggio. Sogno di fare almeno una volta l’esperienza del Cammino di Santiago.
Venuto al mondo a Roma da padre argentino e madre lussemburghese… un casino, insomma, fin dalla nascita. A 19 anni ha vissuto per alcune settimane in un angolo sperdutissimo della Nuova Guinea con i componenti di una tribù che avevano visto per la prima volta l’“uomo bianco” appena due mesi prima. Si sono spaventati e dopo un po’ l’hanno rispedito a casa. Con dentro il germe del fotoreportage, con il quale ha poi campato diversi anni. Fin quando suo padre, pragmatico operaio, un giorno gli chiese: “ma fai sempre quel lavoro strano o hai messo la testa a posto?” Così si è trovato un posto più stabile in diverse redazioni, affiancando alle cronache la scrittura di libri e manuali. Attualmente si occupa di giornalismo legato all’ambiente e alla campagna, con una “specializzazione” in enogastronomia. Per il lavoro che fa e per lo stomaco che ha dovrebbe pesare 150 chili. Ne pesa solo 80. Grazie allo sci da fondo in inverno, all’arrampicata in estate e, da un paio d’anni, alla corsa sui sentieri, sempre. Autore di “Correre è un po’ come volare”, l’unica biografia autorizzata di Marco Olmo, ha appena mandato in stampa la seconda edizione integrata con le ultime notizie.
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RINO FUMAGALLI IMPRENDITORE 56 ANNI
SIMONE GRASSI SCRITTORE 40 ANNI
G.RUNNER PAROLAIO PIÙ ANTE CHE ENTA
Milanese di nascita brianzolo da sempre vive a Vimercate, è amministratore di una piccola società di telecomunicazioni a Milano, una moglie due figli oramai fuori casa da molti anni e due gatti in casa, ha cominciato ad arrampicare a 14 anni dopo molti anni di arrampicate e chiodature è passato alla corsa, nel 2000 la prima maratona a Milano poi in 12 anni più di 40 maratone una decina di ultra 2 Marathon des Sables, 1 Desert Cup e negli ultimi sei anni 5 volte Ironman finisher, il triathlon è l’ultima passione ma non sarà l’ultima avventura.
È nato nel 1973 a Cesena dove è cresciuto e attualmente vive. Ma ha trascorso alcuni anni della sua vita fra Dublino e Monaco di Baviera diviso tra amore e lavoro. Nel 2010 dopo oltre sei anni di podismo gli viene diagnosticato la malattia. La scopre proprio pochi mesi dopo la sfida sportiva più dura, la 100 chilometri del Passatore, ritrovandosi dentro una nuova sfida, da affrontare con altrettanto sacrificio e dedizione, quella contro il cancro.
Senza nome, né qualità. In famiglia è amatissimo: cinico, egoista, insensibile sono i lusinghieri giudizi dei suoi fratelli. Per sua madre è un figlio perso, per suo padre un perdigiorno in mutande da corsa, per lo zio Bibo (ultimo comunista vivente, miliardario), un eroe gramsciano. Morto di matrimonio fulminante, subalterno ai figli, ha sempre ragione ma nessuno gliela dà. Vagamente sociopatico, regola i suoi rapporti con cortese maleducazione, dispensando impunemente leggiadre villanie: “non ti ho chiesto come stai, perché me lo dici?” o “ti vedo tanto invecchiata” o “è un po' che non ci vediamo, per la gioia di entrambi” sono gli usuali convenevoli. Sul lavoro è rispettato per i difetti che ostenta, stimato per il disprezzo che suscita, temuto per la trasparenza del suo pensiero. Vivendo di delinquenza, è leale quanto solo i banditi sanno esserlo. Rovinato podisticamente dalla scuola di Pol, è segretario di un team presieduto da un cane. È fuor di dubbio il peggiore allievo di Chiara tra i pistardi del martedì. Sopraffatto dalla corsa, frequenta il suo lato oscuro e ne divulga lo spietato dominio, cercando nuovi disertori pronti alla guerra di liberazione. Senza alcuna speranza di vincerla.
Il suo blog è raggiungibile all'indirizzo: www.simonegrassi.net
Maggiori informazioni www.simonegrassi.biz/chi-siamo/
STEFANO MEDICI RAGIONIERE
MIRKO MOTTIN GIORNALISTA 36 ANNI
PAOLA PIN IMPIEGATA
Bolognese, come gli spaghetti famosi in tutto il mondo, ma che a Bologna, non esistono da nessuna parte. Ha iniziato a correre nei parchi della città, per poi passare ai paesi della provincia e via oltre, dalla straBologna ai confini della terra. Porta le scarpette sempre con sé, perché ogni strada ed ogni sentiero rappresentano una potenziale pista dove correre liberamente. Ha scritto un libro, “Di corsa attorno al mondo”, flash-back e attimi, di viaggi vissuti di corsa. E’ convinto che il running sia una piacevole alternativa per scoprire posti e luoghi. È molto attento alla dieta, ma il giusto apporto di carboidrati non se lo fa mancare mai… spaghetti alla… bolognese.
È impossibile non incrociarlo in qualche gara o in qualche conferenza o in qualche presentazione o in qualche meeting... basta si parli di attività outdoor e Mirko c’è. Non sappiamo (e forse non lo sai neppure lui) il vero motivo per cui corre, i maligni dicono che la sua musa ispiratrice sia la bilancia, i più benevoli parlano di una luce che l’ho accecato sulla via di Chamonix, certo è che Mirko non si fa mancare nulla. E più lunga è la distanza da percorrere, e maggiore è il dislivello da superare, e più contento è. Accompagnato e spronato dalla moglie Cristina e dai due figli è una sicurezza: non lo vedrete mai senza sorriso. Non importa quanta fatica abbia fatto, stia facendo o lo aspetti. Per voi ci sarà sempre un abbraccio, una pacca sulla spalle e una parola di conforto. Corre con il cuore e con il cuore registra le sue impressioni per poi riversarle sulla carta attraverso le foto o la scrittura. Adesso ci aspettiamo tutti un suo exploit in terra di Francia.
Nata a Conegliano (TV), sportiva e iperattiva fin da piccola, ha giocato a pallavolo, praticato alpinismo e arrampicata fino ai 30 anni. Innamorata da sempre delle montagne non poté che abbracciare con gioia il trail-running. Nel 2009 la prima eco maratona poi si è avvicinata alle lunghe distanze e nel 2012 la prima cento miglia. Ha sempre odiato tabelle, programmi di allenamento ed il cronometro, corre a sensazioni, senza orologio. Le piace partire, andare avanti senza pensare all’arrivo, fermarsi lungo i sentieri, osservare l’orizzonte e ciò che la circonda, sognare e sentirsi leggera. Adora la semplicità ed i piccoli gesti, ama le salite, guardare verso l’alto e gli sport di resistenza come pure sci skating e mountain bike, odia velocità e discese. La natura l’ha dotata di un carattere estroverso, ama socializzare così corre in compagnia per parlare, ascoltare e condividere ciò che vive e prova. Per Paola la corsa è passione positiva, la fatica piacere di sentirsi vivi. Paradossalmente ciò che la stanca di più è il riposare. Appassionata di viaggi, usi, costumi e tradizioni altrui, della buona tavola e tanto innamorata del ballo. Ama conoscere sempre nuove persone, ascoltare coloro che parlano con entusiasmo di ciò che fanno.
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FRANZ ROSSI MANAGER 49 ANNI
LUCIANA ROTA GIORNALISTA
DAVIDE SANNA CONFIGURATION MANAGER
Veneziano di nascita, triestino per buona parte della vita ed ora milanese d’adozione, è giunto alla corsa come modo di realizzarsi solo dopo aver provato alcuni altri sport. Essendosi convinto di voler correre una maratona prima del 40esimo anno di età debuttava a Milano. Il virus della maratona non l’abbandonava ed andava a testarsi nelle principali maratone italiane e straniere. Non soddisfatto della sola corsa su strada, ha provato anche l’ebbrezza del trail, finendo dignitosamente le gare iniziate e tornando ogni volta con più entusiasmo di prima. Adesso la corsa in natura occupa la maggior parte dei suoi weekend. Tra le gare fatte alcune edizioni della Monza Resegone, della Biella Monte Camino, la Dolomites SkyRace, le Porte di Pietra, la Valdigne, la CCC, il ToubkalTrail, la 100km di Seregno. E la preferita, l’ArrancaBirra... Con il peggiorare delle prestazioni ha cercato di allungare le distanze, cercando la scusa che «non sono io che sono più lento, è che c’è più strada da fare». Avendo coniugato la passione per la corsa con quella per la parola scritta, ha fondato X.RUN e ne è rimasto invischiato. Lavora come manager in una software house milanese. Appena può scappa in montagna.
Luciana, giornalista sportiva e blogger. Con specializzazione e soprattutto rispetto (più che predisposizione atletica) per gli sport di endurance. Origini comuni a Coppi il Campionissimo (La Mia Vita con Fausto, Daniela Piazza ed). Fra Piemonte e Lombardia. Cresciuta a pane e ciclismo. 10 Giri d’Italia nel cv. E un Tour da inviato per Qn Il Giorno. Ha anche trottato parecchio, tanto: nell’equitazione e nell’ippica. Con propensione allo spirito olimpico. Col Maestro Faggiani: lo stesso qui direttore. Ha condotto in Studio a Bike Show Tv (Sky 817). Parla (anche troppo) di ciclismo e di triathlon, sua nuova passione. E di Donne di Sport. Comunica per Enervit (responsabile media relations): e comunque senza quel tubetto di GT - a NY l’avrebbero fermata i crampi. Grazie Prof. Arcelli.
Rhodense di nascita. Sposato, e, come ama dire, “anche abbondantemente”, con una donna importante e 2 figli al seguito davvero unici! Una iena e un rugbysta. Davide si definisce “Felice”. Nella quotidianità cerca di ricavarsi sempre dei piccoli spazi per veicolare le tossine che inevitabilmente si accumulano durante la giornata. Pratica sport, principalmente di resistenza, perché sono una necessità. Ha sperimentato, in ordine di tempo, rugby, ciclismo, nuoto e per finire da qualche anno questa disciplina spettacolare che è la corsa. Si definisce “atipico a 360°”. Questo aspetto ha la sua valenza anche nello sport. Sceglie le gare in funzione delle percezioni e del livello di libertà che queste gli trasmettono, insomma ha la sindrome del nomade! Per concludere una sua citazione: “Giusto per rendere al meglio l'idea del mio nomadismo, riesco a trovare la mia identità e il mio livello di spiritualità anche attraversando Milano, di corsa la mattina presto, da Ovest ad Est. Sicuramente prediligo la montagna, ma se questa per ovvi motivi tarda a venirmi incontro allora cerco d'immaginarla dentro di me. In fondo in fondo, mi basta avere della terra sotto i piedi da calpestare per stare bene.”
STEFANIA VISENTINI INSEGNANTE
ALBERTO ZAMBENEDETTI PROFESSORE
Varesotta con origini friulane si divide tra i tre figli e le sue passioni. Con il marito Enea, vero runner della coppia, ha appena dato vita ad una nuova società sportiva amatoriale dove convogliano il loro tempo e il loro impegno. Podista per caso, non ha velleità di vittoria ma allacciarsi gli scarpini le stimola il sorriso. Non ama i pettorali se non quelli delle mezze maratone, che è la distanza che considera ideale per la sua testa e i suoi pensieri, mentre i chilometri scorrono costruisce trame e racconta storie. Infatti, l’altra sua grande passione è la scrittura: dice sempre che «se podista lo son per caso, sono assolutamente blogger per vocazione» nella speranza di diventare qualcosa di più.
Nato e cresciuto a Venezia, Alberto è un giramondo coi piedi per terra. Pragmatico sognatore al tempo stesso, coltiva le sue passioni ovunque vada, e dove vada, non si può mai dire. Perito informatico, letterato, critico e studioso di cinema, insegnante universitario ed abilissimo a bluffare, Alberto si è trasferito a New York nel 2003, dove corre con il Brooklyn Road Runners Club inanellando infortuni a causa della sua proverbiale incostanza negli allenamenti. In linea con la sua personalità contraddittoria, il suo momento di gloria e quello di massima idiozia coincidono: nel 2009 ha corso la maratona di New York con una gamba ingessata.
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