run Storie di corsa numero / 34 Febbraio / 2015
TM — 1
5 punti, a capo...
C
« QUEI 5 PUNTI CHE FORMANO LA “X” SONO IL NOSTRO SEGNO. DA QUEI 5 PUNTI RIPARTIAMO CON UNA NUOVA ENERGIA »
he l’abbiate adocchiato solo nell’estratto digitale sul sito oppure che siate tra i fortunati che lo hanno potuto sfogliare fisicamente, quello che state guardando è il nuovo X.RUN. Prendiamoci un momento per esaminare queste novità. Quando, nel 2008, girarono le prime copie stampate, ricevemmo un unanime apprezzamento per il rigore grafico, per la nuova impostazione editoriale della rivista rispetto al mercato delle concorrenti, per la scelta all’epoca coraggiosa di privilegiare le storie alle notizie. E ci fecero un solo appunto: la testata si legge male, si fatica a comprendere che quei segni grafici stanno per X.RUN. Mi ci sono voluti sei anni per cambiare. Ero uno strenuo difensore del segno grafico, nutrivo la segreta speranza che alla fine il logo si sarebbe imposto. Oggi ho deciso, grazie al consiglio degli amici di Koan moltimedia (in primis Franco Paro), che si poteva fare un passo avanti, tenere il simbolo grafico per la X e usare un carattere tipografico che rendesse il “run” più moderno e più leggibile. Quei cinque punti che formano la X sono stati promossi a nostro segno identificativo. Li troverete sempre più spesso sia nella rivista che in tutte le manifestazioni che ci riguardano. E da quei cinque punti ripartiamo con nuova energia. 5 punti e a capo, appunto. Sfogliando la rivista scoprirete che abbiamo voluto dare un ritmo diverso alla scansione delle pagine. Le foto restano un elemento fondante perché le storie si raccontano anche per immagini. Così come le pagine motivazionali che fin dal primo numero sono state una pausa di riflessione nello scorrere dei racconti. Ma l’equilibrio è stato spostato, dalla simmetria perfetta e statica del vecchio X.RUN, a quella più dinamica della nuova impostazione. E sempre per creare movimento, abbiamo scelto per ogni numero un colore diverso. L’azzurro di questo X.RUN invernale lascerà spazio ad altri colori fino a ritrovare l’arancio nella calda estate. Molte sono le novità ma nulla è cambiato nella filosofia della rivista, anzi a sottolineare quello che vogliamo fare, da questo numero la Franz Rossi scritta storie di corsa è assurta all’onore della copertina. Editore X.RUN Ma non vi porto via altro tempo. Buona lettura.
La rivista è edita da almostthere srl REDAZIONE / via Francesco de Sanctis, 34 - Milano DIRETTORE RESPONSABILE / Franco Faggiani DIRETTORE EDITORIALE / Franz Rossi WEB / www.xrun.eu SCRIVETECI A / redazione@xrun.eu PER ABBONAMENTI / abbonamenti@xrun.eu PER PUBBLICITÀ / marketing@xrun.eu
Le condizioni d’uso delle fotografie sono state concordate con i detentori dei diritti. Nel caso non fosse stato possibile, l’editore si dichiara disposto a riconoscere un giusto compenso La testata è stata registrata presso il tribunale di Trieste nr. 1179 del 14/08/2008 PROGETTO EDITORIALE / Koan moltimedia STAMPA / Intigraf - Senna Comasco (CO)
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X.RUN / numero 34 / febbraio 2015
Indice
L’EDITORIALE 3. 5 PUNTI, A CAPO... COVER 8. VOLO NOVEZEROTRE DI CORSA A TEATRO Dal teatro alla Milano City Marathon, dall’interpretazione di Emil Zátopek all’essere protagonisti sul campo. DI STEFANO ANNONI, MARTA GALLI, DANIELE GAGGIANESI
STORIE 16. TUTTI PER UNO, UNO PER TUTTI La prima maratona a staffetta non si scorda mai: spirito di gruppo unico e una città che sembra ancora più bella. DI PAOLA MAFFEI
20. IL PROFETA DELLA CORSA Intervista a Mohamed Zaima: trovare l’amicizia attraverso le proprie passioni: la corsa. DI FRANZ ROSSI
32. IL GINEPRAIO DELLA FEDERAZIONE Le molteplici forme di Federazione e un’ innovativa alternativa: la Runcard. DI FRANZ ROSSI
40. L’UOMO GIUSTO AL POSTO GIUSTO Paolo Germanetto, la “catalogazione” delle gare e la loro regolamentazione. DI FRANZ ROSSI
50. PERCHÈ IN FONDO IL TOR NON È UNA GARA Non solo una gara, ma un viaggio per il quale è comunque richiesta una preparazione adeguata. DI FRANCO FAGGIANI
60. E TU CHE DISTURBI HAI? I FENOTIPI DEI RUNNING ADDICTED I personaggi “patologici” che potresti incontrare mentre ti alleni. DI STEFANIA VISENTINI
66. CORRERE. SCAPPARE. A PAMPLONA. Tre amici con la passione del running alla ricerca di una nuova e forte esperienza: la corsa con i tori. DI IPPOLITO ALFIERI
76. ULTIMO CUM LAUDE L’ultimo arrivato a una gara: un “ruolo” forse scomodo ma assolutamente indispensabile. DI ADRIANA PONARI
90. A VOLTE MI FERMO A PENSARE... PER IL RESTO DEL TEMPO CORRO Una triathleta che ha fatto del running uno stile di vita. DI MICOL RAMUNDO
97. IL DONO Racconto ispirato alla vita di Steve Prefontaine per riflettere sull’importanza del “dono”. DI FRANZ ROSSI
RUBRICHE 106. FUORI DALL’USCIO KILIAN SCALA 1 : 5 Paesaggi e sensazioni verso la cima: il raffronto tra le proprie possibilità e i propri limiti. DI NOME COGNOME
114. INSTAGRAM OLTRE LA CAMPESTRE Il poeta podista ci racconta un’entusiasmante corsa campestre. DI FILIPPO CASTIGLIA
118. RECENSIONI 123. PHOTO CREDITS 123. PAGINE MOTIVAZIONALI 124. AUTORI
Volo noveZEROtre di corsa a teatro
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TESTO /
Stefano Annoni, Marta Galli, Daniele Gaggianesi FOTO / Roberto Finizio
La vita di Emil Zátopek diventa teatro: un libro – Correre di Jean Echenoz – due attori ex sportivi e il sogno di far incontrare cultura e sport.
L
La corsa di Stefano La nostra Helsinki 1952 è il Piccolo Teatro di Milano 2014. Ci arriviamo carichi, sotto pressione e pieni di un’incosciente voglia di tagliare il traguardo per primi alla prima olimpiade a cui partecipiamo. Volo noveZEROtre, Emil Zátopek - il viaggio di un atleta è uno spettacolo che nasce da una commissione: il Teatro Sociale di Como mi chiede un lavoro nuovo, il tema della stagione è “le ali dell’uomo”. Fissiamo il debutto, 23 marzo 2013, manca quasi un anno, ma dovendo farmi venire un’idea, trovare i collaboratori, scrivere il testo e sviluppare tutto il progetto c’è da metterci subito la testa... e le gambe (questo lo avrei scoperto più tardi). Per prima cosa coinvolgo Marta Galli, organizzatrice teatrale e compagna già di tante produzioni, mente fondante e fondatrice della compagnia con cui più spesso collaboro, ArteVOX Teatro. I concetti che risuonano sono quelli di libertà e velocità, ne parlo con mio fratello, giornalista, e salta fuori lo “sport”. Teatro e sport... cultura e sport, due mondi che cercano un dialogo ma spesso, purtroppo, non lo trovano. Due mondi che vivono anche dentro di me, ex pallanuotista di serie A2 e ora attore. Durante gli studi in accademia un’insegnante era solita accomunare i protagonisti shakespeariani agli sportivi, le gesta degli eroi e il saluto delle curve allo stadio. Chi meglio di Renata Molinari può aiutarmi? Esco dall’incontro con lei con il titolo di un
« EMIL È STORIA DI SPORT E LIBERTÀ, DI POLITICA E ALLENAMENTI SPERIMENTALI, DI GRANDI VITTORIE E DI BRUCIANTI SCONFITTE » libro: Correre di Jean Echenoz. Incontro nelle sue pagine per la prima volta Emil Zátopek. Conosco una storia incredibile, che attraversa tutto il Novecento. Storia di sport e di libertà, di politica e allenamenti sperimentali, di guerre, di miniere di uranio e di fatica, di spazzatura, di muri che cadono, di grandi vittorie e brucianti sconfitte. Conosco l’uomo Emil, la locomotiva, il jet cecoslovacco che ha iniziato a correre per caso. Emil inizia a correre e non smette più. E inizia a vincere, arriva a polverizzare ogni record e a conquistare tre medaglie d’oro nella stessa Olimpiade, Helsinki 1952, nelle tre discipline più faticose 5.000 mt, 10.000 mt e maratona. Un atleta che correva con i sogni nel cuore e senza soldi nelle tasche, che diventa inconsapevolmente un eroe per la sua Nazione. Una bandiera per il regime sovietico. E qui si ritorna all’uomo Emil. Lui che aveva diviso tutta la vita tra i suoi grandi amori, lo sport e la moglie Dana (anche lei campionessa olimpica nel lancio del giavellotto) prende
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X.RUN / numero 34 / febbraio 2015
#strada Alla MilanoMarathon
Tutti per
uno tutti uno per
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TESTO / Paola Maffei FOTO / Archivio X.RUN
La sera dopo ero più agitata che se avessi dovuto fare un esame in università
X.RUN / numero 34 / febbraio 2015
Penso che correre una maratona a staffetta sia un esperimento sociale. La mia prima volta è stata l’anno scorso. All’epoca io andavo in palestra e incrociavo sempre una signora magra magra. Un giorno mi si avvicina mentre stavo uscendo e mi dice «Ti vedo sempre correre, perché non vieni a fare la maratona con noi?» A me è sembrata un po’ pazza. Intanto io non correvo quasi mai, anzi a dirla tutta, non mi piaceva neanche tanto, lo facevo solo per variare un po’ gli esercizi. E poi la maratona è una specie di mito, una cosa fatta per le wonder women non certo per me. Così le ho sorriso e ho messo in borsa il volantino, dimenticandomene subito dopo. Mi è ritornato tra le mani la settimana successiva, mentre cercavo un paio di calzini che uso di solito in palestra e che sembravano dispersi (la mia lavatrice fa sparire una calza alla volta, quindi pensavo che se erano spariti in coppia, probabilmente erano finiti in borsa). Loro correvano per Emergency e io ho sempre avuto un debole per l’associazione di Gino Strada, mi piace quel suo modo permaloso di essere sempre contro e di dire chiaro in faccia cosa pensa. Beh, così senza starci troppo a pensare ho mandato un’email in cui – in buona sostanza – chiedevo se c’era qualche possibilità per una solitaria e sedentaria ragazza di provare a partecipare ad una delle staffette.
#strada A volte correre è un’esigenza fisica irrinunciabile
Il profeta della corsa TESTO / Franz Rossi FOTO / Robert Scappa
Sabato mattina. Proprio fuori dal campo sportivo. Qualche centinaio di metri più in là la gente sceglie la verdura sulle bancarelle del mercato rionale. I runners zigzagano tra le signore che trascinano il carrello con la spesa e gli uomini con il giornale in mano. Insomma, un sabato qualsiasi, la temperatura mite e il sole pallido fanno dimenticare che è inverno. Ci siamo dati appuntamento qui, lui finiva di correre, io avevo in programma di farlo. Ha una bella faccia. Magra, sembra scolpita nel legno. I capelli grigi, corti. La barba non rasata, tipica del sabato mattina. L’ho incrociato mille volte: sui campi di gara, nello spogliatoio, in allenamento. Di lui quello che mi ha colpito è il sorriso. Un invito a fraternizzare velato dal timore di essere invadente. Mi è stato raccontato essere una persona timida, così per rompere il ghiaccio gli chiedo se il giorno dopo sarebbe andato alla campestre del Trofeo Monga [il più quotato trofeo di corsa campestre lombardo, NdR] a difendere il primo posto che aveva conquistato nelle prime due gare. Ma la sua risposta mi sorprende: «No, preferisco restare a correre qui con gli amici». Ci avviamo verso il circolo per bere un caffè.
Ha una bella faccia. Magra, sembra scolpita nel legno
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X.RUN / numero 34 / febbraio 2015
#corsa Dalla pista alla montagna, dalla campestre alla strada
ginepraio della Federazione Il
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TESTO / Franz Rossi FOTO / Autori vari
La prima cosa che dobbiamo tener presente è che in Italia (come nella maggior parte degli altri Stati) esiste un ente, il CONI, che è preposto
Al posto del cartellino giornaliero è stata creata la RunCard
X.RUN / numero 34 / febbraio 2015
“Chi è senza peccato scagli la prima pietra” ovvero “Chi non ha mai pensato di non rinnovare il tesseramento alla FIDAL faccia un passo avanti”. Ma non è tutto così semplice. Come capita ciclicamente a ogni inizio anno, anche questo gennaio abbiamo assistito alle polemiche relative alla federazione e alla necessità, per correre, di tesserarsi. Quest’anno, poi, si è aggiunta la notizia che non saranno più disponibili i cartellini giornalieri che permettevano a un non tesserato di correre una gara pagando un piccolo extra. La FIDAL ha comunicato che al posto del giornaliero è stata creata la RunCard (di cui parlerò in seguito), ma ciò ha suscitato altre discussioni, soprattutto sui social media (FaceBook in primis), dove prolificano i sentito dire e i consigli da parte di quelli che sanno sempre tutto. Io, avendo ben presente la massima per cui la legge non ammette ignoranza, ho deciso di provare a capire un po’ meglio quali siano gli obblighi in testa a noi corridori, quali le regole. E mi sono inoltrato nel ginepraio.
#trail Il dilemma della Federazione
L’uomo
giustogiusto al posto
FOTO / Autori vari
Negli ultimi anni abbiamo assistito a una vera e propria esplosione del fenomeno trail running. C’è stata, in Italia e non solo, un’impennata nel numero dei praticanti e, parallelamente, delle manifestazioni a disposizione. L’interesse di alcuni brand di materiale tecnico ha funzionato come un volano e il processo ha conosciuto un’ulteriore accelerazione. Questa crescita ha reso evidente la necessità di regole. Una sorta di “catalogazione” delle gare per evitare che le strapaesane seguendo la moda del momento si definissero trail e per far sì che chi decide di partecipare sappia a cosa va incontro. Un calendario condiviso, in modo da evitare che lo stesso fine settimana ci siano due manifestazioni simili a distanza di pochi chilometri (è successo). Una serie di regole sulla sicurezza dei partecipanti, materiale obbligatorio, necessità di road book chiari. La creazione di un manifesto cui gli organizzatori e i partecipanti aderissero. E gli atleti top (o perlomeno alcuni di essi) hanno iniziato a correre per dei team commerciali e si è iniziato a parlare di confronti internazionali, di campionati italiani, europei, mondiali. Ma come confrontare valori e percorsi? Come essere certi che i migliori atleti siano tutti presenti a una gara?
Questa crescita ha reso evidente la necessità di regole
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TESTO / Franz Rossi
#trail Si riaccendono le polemiche sulle gare di qualificazione
Tor gara
Perché in fondo il non è una
TESTO / Franco Faggiani FOTO / Autori vari
Puntuale come il Carnevale e San Valentino, a febbraio arriva anche la doppia settimana di iscrizione al Tor des Géants. E, come ogni anno, a motori appena accesi, aleggiano le solite osservazioni: polemiche dubbiose, polemiche generaliste. Come da copione. Specie da parte di chi al Tor non partecipa. Perché, invece, chi vuole esser al via quest’anno al 13 settembre, si è messo davanti al computer all’ora stabilita e ha pigiato, pigiato, pigiato sui bottoni del sito della manifestazione. Quest’anno al termine della prima giornata d’iscrizione c’erano state quasi 2 mila richieste di iscrizione. E c’erano altri 13 giorni di tempo per poterlo fare, ma non si sa mai, meglio affrettarsi. In realtà non serve a niente, perché poi a estrarre i 700 fortunati al via tra le migliaia di richieste raccolte, ci pensa un collaudato sistema di sorteggio informatizzato disponibile sul web, alla larga da ogni inciucio. L’osservazione più ricorrente e puntuale è: come mai i concorrenti non devono prendere parte a prove selettive, come avviene per esempio, per iscriversi all’UltraTrail du Mont Blanc? Cerchiamo di dare una risposta definitiva. Partendo dal motivo per cui il Tor prese vita, ormai anni fa. La manifestazione venne fortemente
Il Tor des Géants (330 km) è considerato l’ultratrail più duro del mondo
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X.RUN / numero 34 / febbraio 2015
« O SI CORRE. O NON SI CORRE. NON CI SONO VIE INTERMEDIE. » MAESTRO YODA
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X.RUN / numero 34 / febbraio 2015
#fuoridaglischemi Alla fine possiamo tutti riconoscerci in macrogruppi
e tu
che disturbi hai? I fenotipi dei running addicted TESTO / Stefania Visentini FOTO / Autori vari
I non runners han tutti un cugino che ha fatto New York. Come sia possibile non lo sa nessuno, credo sia un mistero degno di Adam Kadmon, ma è una verità inconfutabile. Anche perché, per i non praticanti un podista, per essere considerato tale, deve necessariamente aver fatto una maratona. Che poi ti chiedano quanto è lunga quella di Venezia è tutto un altro discorso. Il non runner, infatti, dice di aver fatto la maratona di Padova e poi scopri che ha la maglia della stracittadina di 10 km per la quale ha impiegato due ore nette, fermandosi a intervalli di un paio di chilometri. Perché il non runner non è scemo, il ristoro lo fa in pasticceria. Quindi non vi mettete a discutere con lui. Non gli importa nulla che abbiate 2’00”50 sugli 800. Se non avete fatto una maratona, anche in 4 ore e mezza, non siete niente. Il mio consiglio spassionato è di mentire. «Ah tu corri? Quanto hai in maratona?». «Mah, l’ultima l’ho fatta in 4 ore e 35… però era lunga». Loro son felici e voi non dovrete spiegare, tanto quel che pensano di noi è palese. Come ci vedono i non runners è infatti abbastanza chiaro. Gli sguardi che ci lanciano quando ci sentono dire di voler andare a dormire presto, perché la mattina dopo intendiamo uscire dal letto all’alba per iniziare la giornata correndo, sono piuttosto espliciti. Scrollano la testa mentre si forma un fumetto che dice «non hai niente da pensare». Ma loro non sanno, credono di averci incasellati
Credono di averci incasellato come matti e non sanno quanto siano vicini al vero
60 — 61 X.RUN / numero 34 / febbraio 2015
#fuoridaglischemi Corse politicamente scorrette
Correre. Scappare.
A Pamplona. FOTO / Autori vari
Tante volte mi sono ritrovato a riflettere su quel memorabile viaggio a Pamplona, con Paolo e Guido, nel luglio del 2001. Avrebbe potuto finire nel libro dei ricordi come tanti altre – splendide – avventure tipicamente maschili, con gli amici del cuore, spensierati, scatenati. Ma è diventato un ricordo indelebile, ricorrente, per un dettaglio non trascurabile: l’encierro, nel quale ci saremmo andati a cimentare, di lì a poco, non senza una buona dose di inconsapevolezza. Un passo indietro. Ho sempre scelto gli amici “migliori” secondo un preciso criterio: l’amico migliore è quello con il quale puoi condividere ogni qualsivoglia esperienza, idea, progetto, che sia di profilo sportivo, culturale, turistico, ludico, goliardico. Gli amici migliori sono pochi, perchè questa condizione la si condivide con POCHI. Se posso concedermi la prima considerazione “politicamente scorretta” – temo ce ne saranno parecchie altre in questo articolo – non farei a cambio per nulla al mondo con l’archetipo di amicizia al femminile. Quello alla Sex and the City, per intenderci… Tutto questo per dire che Paolo e Guido sono quel genere di amici “migliori”. E quando Paolo mi lancia lì «che dici, si va a Pamplona?»
66 — 67 X.RUN / numero 34 / febbraio 2015
TESTO / Ippolito Alfieri
#strada A volte basta cambiare punto di vista
Ultimo laude cum
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TESTO E FOTO / Adriana Ponari
È una figura (un “ruolo”, direi) che mi ha incuriosita fin dalle prime volte che ho messo piede su un campo di gara; così studio il suo volto, la sua andatura verso la “meta”: a volte sereno, calmo, composto; altre volte lamentoso e preoccupato che data la sfiga che lo perseguita all’arrivo non trovi più alcun omaggio tra quelli che gli sponsor distribuiscono a fine gara o, ancora peggio, che il numero degli arrivati superi quello dei pacchi-gara (è già successo!). Già dal via era consapevole di arrivare ultimo (spesso non è la prima volta) per cui, vuoi per il suo atteggiamento, vuoi perché è un habitué dell’ultima piazza, anch’io lo riconosco e finisco per fantasticarci sopra. Mi domando se lo faccia apposta (quale preciso progetto anima la sua mente?) e penso che magari con un piccolo sforzo potrebbe arrivare penultimo (e forse quello potrebbe essere il suo ambizioso obbiettivo) ma invece no, il mio nuovo amico se ne guarda bene. È conscio che per entrare nella Storia di una gara arrivare terzultimo o quartultimo, anonimo podista fra gli altri, non gli gioverebbe.
Arrivare terzultimo o quartultimo, anonimo podista tra gli altri, non gli gioverebbe
X.RUN / numero 34 / febbraio 2015
Lo confesso, è diventato quasi un chiodo fisso, e quando posso, fotografo l’ultimo arrivato.
Aperti erti i tesseramenti Fidal e Fitri 201 2015 Vieni a incontrarci sul sito www.happyrunner.it Main Partner
Media Partner
80 — 81 X.RUN / numero 34 / febbraio 2015
VERY NORMAL HAPPY PPPY RRUNNER U NN
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Ma almostthere di cosa si occupa nello specifico? Di consulenza, servizi, prodotti e della promozione dello sport praticato con cultura. Dove cultura significa conoscenza, consapevolezza, metodo, rispetto. Almostthere si rivolge ai praticanti, ai professionisti, alle aziende, alle istituzioni e a chiunque voglia credere che lo sport non sia solo performance, ma anche motivazione, metodo ed etica. Attraverso il contributo di diverse discipline, almostthere si pone il compito di aiutare l’atleta ad allargare la sua prospettiva e a capitalizzare quanto lo sport insegna.
Alcune delle iniziative e dei servizi dedicati alle aziende e agli individui: Moduli wellness per aziende Training Program (the Daniel Fontana Running Experience) Sport Holidays (N.Y. Marathon, Eroica, Trail) Eventi sportivi (Outside, Corri al Museo, Milano Relay Marathon) Linea abbigliamento sport e tempo libero Editoria 82 — 83 X.RUN / numero 34 / febbraio 2015
presentano
Volo novezerotre Emil Zàtopek: il viaggio di un atleta
giovedì 19 marzo ore 21.00 Teatro Manzoni di Monza Biglietti
intero: € 15 ridotto: € 8
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84 — 85 X.RUN / numero 34 / febbraio 2015
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86 — 87 X.RUN / numero 34 / febbraio 2015
« SI CORRE NON UNO CONTRO L’ALTRO MA UNO CON L’ALTRO » CHRISTOPHER MCDOUGALL
88 — 89 X.RUN / numero 34 / febbraio 2015
#pista Vivere “di corsa”
A volte mi fermo a
pensare...
corro
per il resto del tempo
TESTO / Micol Ramundo FOTO / Autori vari
A volte mi fermo ad ascoltarmi vivere. È lo spazio di un attimo, solitamente la sera nel silenzio di una stanza vuota; alla fine di una delle mille giornate intense, che nella quotidianità metto in fila una dopo l’altra. Sto lì, pochi secondi e mi sorprendo a trattenere il respiro. Lo so, è una vita intera che mi infittisco l’agenda con troppi impegni e questi diventano preziosi attimi di decompressione e sintesi emotiva. Lo faccio perché, alla fine, concepisco la mia esistenza solo in un grande frullatore; in una continua marcia che mi fa sentire in cammino, in viaggio verso qualcosa. Non ricordo con esattezza un periodo della mia vita in cui sia stata veramente, volontariamente, ferma. Così come non ricordo il giorno in cui, per la prima volta, ho iniziato a muovermi; un po’ come se lo facessi da sempre. Ho però chiara la sensazione che, in qualche modo, l’idea del “fermo immagine” mi abbia da sempre inquietato. Questa inclinazione al movimento ha preso forma e concretezza quando ancora ero molto piccola, sette anni circa, in un pomeriggio di metà settembre. I miei genitori mi caricarono in auto sotto casa e mi fecero rimettere i piedi a terra nel parcheggio del Centro Sportivo CONI di Camerlata, una piccola frazione di Como. Fino ad allora, li avevo sempre solo attesi, con la tata, a casa, mentre
L’idea del fermo immagine mi ha da sempre inquietato
90 — 91 X.RUN / numero 34 / febbraio 2015
« DOMANI È UN ALTRO GIORNO, E CI SARÀ UNA NUOVA BATTAGLIA » SEBASTIAN COE
94 — 95 X.RUN / numero 34 / febbraio 2015
run for
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#racconto
TESTO / Franz Rossi ILLUSTRAZIONI / Edoardo Perinelli
E
llie sedeva sull’altalena posta all’ombra, nell’angolo più lontano della vecchia casa. Si dondolava lentamente, cercando un po’ di refrigerio in quell’afa. Nel silenzio assoluto di quel pomeriggio in Oregon, il frinire delle cicale era come una coperta pesante che ovattava tutti gli altri suoni: il cigolio delle vecchie molle sotto il peso eccessivo di Ellie, il crepitio dei cubetti di ghiaccio che si scioglievano nel bicchiere di limonata sul tavolino a fianco all’altalena, il respiro corto e veloce della donna. La macchina procedeva lenta sulla strada, rallentava ad ogni cancello e il guidatore si sporgeva dal posto di guida per leggere i nomi sulle targhette. Giunta di fronte alla vecchia casa, l’auto si fermò e l’uomo scese. Poteva avere poco più di 30 anni, i jeans sdruciti, i capelli biondi e lunghi, una t-shirt di un campus universitario. Ellie notò che ai piedi portava quel che restava di un paio di colorate scarpe da running. – Buona sera signora, mi chiamo… – Un nome non ha mai significato molto per me. Le persone sono quello che fanno non come si chiamano. Le azioni sono importanti, le parole sono come la polvere delle strade: un po’ di aria e fatichi a vedere, ma col tempo si posa e nessuno ci bada più. – Io sono un reporter. Di parole ci campo. – Non mi sembra che ci campi granché bene figliolo. – Non mi lamento. Mi piace raccogliere le storie e narrarle alla gente. Credo che sia una cosa buona. Le persone le cui storie racconto sembrano vivere a colori più forti, quelle a cui le racconto vedono che la vita può essere diversa da quella che conoscono. Ellie osservò il giovane che si era fermato appena fuori dai due gradini che portavano alla veranda. – Non startene lì al sole, vieni qui a bere una limonata fresca. E con il mento gli indicò una sedia appoggiata al muro. L’uomo si fece avanti, avvicinò la sedia all’altalena, si versò un bicchiere di limonata dalla brocca e si sedette proprio di fronte alla vecchia. – Anche Stevie ci sapeva fare con le parole, ma era il suo modo di essere che ti colpiva fin dal primo momento. Credo che alla fine sia stata colpa di suo padre e mia se è finito com’è finito. L’uomo taceva. Seduto a meno di un metro dalla donna l’osservava e sembrava prendere nota di quello che vedeva, di quello che sentiva. – Suo padre gli aveva insegnato che un galantuomo deve sempre essere cortese, deve sempre rispondere a chi gli fa una domanda, che fare giri di parole o nascondersi dietro a dei non-so è una forma di vigliaccheria, di poca considerazione di sé. E intanto io gli avevo
Ellie notò che ai piedi portava quel che restava di un paio di colorate scarpe da running
runpoints
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Kilian scala 1 : 5
TESTO E FOTO / Stefano Medici
Cercare di raggiungere il punto più alto, credo che sia un istinto dell’essere umano. Quando visitiamo una nuova città, cerchiamo la torre più alta, quando arriviamo al cospetto di imponenti cattedrali, puntiamo alla sommità della cupola, sulle coste, seguiamo la luce dei fari per salire i gradini e scrutare il mare e quando il profilo di una montagna disegna l’orizzonte, bramiamo impazienti la sua conquista. L’importante è andare su: “più su, più su… fino a sposare il blu, fino a sentire che, ormai sei parte di me… più su, più su, più su…” il ritornello di Renato Zero suona come un mantra. Anch’io sono attratto dalla verticalità ed è inutile negarlo, le imprese di Kilian Jornet, l’atleta catalano, mi hanno un po’ influenzato, o meglio, per dirla con parole sue, mi hanno ispirato nuove imprese, fino a poco tempo fa
impensabili. La corsa, ha subìto una decisa trasformazione, passando dalle gare prettamente stradali, ai trail in natura. Anche gli allenamenti, hanno trovato libero sfogo per i sentieri del CAI, su e giù per le colline della zona. Mentre l’approccio alla corsa è cominciato come un dovere per recuperare la forma fisica, maturato solo in seguito in piacere irrinunciabile, per i trail è stato amore a prima vista, passione travolgente fin dai primi passi. I trail si sono presentati come un richiamo ancestrale, un riavvicinamento alla natura, un ritorno alle origini, dove si alternano scenari spettacolari, a semplici meraviglie dimenticate dal progresso dell’era moderna. Me lo avevano raccontato in tanti, lo avevo letto nelle riviste, ma non pensavo di venire travolto da emozioni così profonde. Il contatto con la terra, gli elementi, le genuine amicizie che nascono nell’affrontare impervi percorsi. L’ulteriore
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Oltre la campestre In Giappone esiste una forma di letteratura chiamata haiku, i componimenti poetici costituiti da tre strofe di cinque, sette e cinque sillabe. La lingua italiana meno si presta a tale sintesi estrema e alla rigida regola, anche se illustrissimi esempi potrebbero essere faclmente citati, ma tale tipo di componimento sembra ideale per le esigenze del blog (lettura immediata, accompagnata da un’immagine). Noi ci proviamo...
Piove sulle auto piove sui corpi e sull’erba si corre Chiodi e gomme schiacciano affondano pattinano impastano Piove sulle membra schizza il fango senza riguardo pulsa il sangue alla curva infida a chi è tremolante il cuore sale fino in gola ad ogni salita in picchiata feroce digitati artigli i cuor di leone scorrono i giri sfiorando rosso e bianco vibrante
TESTO / Filippo Castiglia
disumano risuona urlo alla meta saluto ad majora
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« LA FATICA NON È MAI SPRECATA: SOFFRI MA SOGNI » PIETRO MENNEA
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#recensioni
IL TALENTO NON BASTA PER SOPRAVVIVERE ALLA CRISI TECNICHE DI RESISTENZA INTERIORE AUTORE / Pietro Trabucchi EDITORE / Mondadori NUMERO PAGINE / 108 PREZZO / 13,60 euro
Abbiamo già recensito altri testi di Pietro Trabucchi, psicologo dello sport e professore universitario capace di coniugare il rigore scientifico con una grande semplicità (e piacevolezza) di linguaggio. In questo suo ultimo Tecniche di Resistenza Interiore (edito da Mondadori) gli va riconosciuto il merito (e il coraggio) di affrontare un tema a lui caro, la resilienza, cioè la capacità di mantenere alta la motivazione anche in condizioni di stress psicofisico, declinandola in un contesto più squisitamente sociale. È un saggio che si legge velocemente, quasi come un romanzo. A prima vista potrebbe sembrare poco adatto agli sportivi, ma a rifletterci meglio è proprio quel tipo di libro che ti aiuta a comprendere quanto la pratica dell’attività fisica ci aiuti nella vita di ogni giorno. Nei primi capitoli del libro,
Trabucchi prende in esame la nostra società e il periodo storico che sta attraversando. La crisi economica è vissuta come un mostro che non possiamo combattere. Questo assunto (che non sempre è vero o, perlomeno, che non è vero nella dimensione allarmista che ci viene proposta dai media) fa sì che l’uomo di questo secolo rinunci a mettere in campo alcune delle peculiarità che gli hanno permesso di sopravvivere dalla preistoria ad oggi. Anzi, continua Trabucchi, l’aver adattato il mondo ai nostri bisogni ci ha trasformato in esseri rinunciatari che temono non solo il mettersi in gioco ma l’idea stessa di farlo. Così abbiamo pillole che promettono di far sparire i problemi (senza affrontarli e risolverli). Così stiamo crescendo una generazione di ragazzi iperstimolati
intellettivamente ma del tutto impreparati ad affrontare una relazione umana non mediata attraverso i social networks. La soluzione è dentro di noi. È rispolverare quella capacità dei nostri antenati di accettare le difficoltà come se fossero parte del gioco e di trovare le risorse, prima di tutto personali, di perseguire il nostro scopo al di là di esse. A questo punto torna in campo la resilienza, di cui Trabucchi aveva già scritto in Resisto dunque sono e nel più recente Perseverare è Umano. Ma questa volta non ci sono esempi di sportivi, ma alcuni semplici consigli, delle indicazioni da seguire per allenare questa capacità. Nella consapevolezza che, come tutte le doti umane, non basta il talento per emergere ma applicarsi con costanza per sviluppare quello che fa parte del nostro essere uomini.
NUOVI MISTERI PER COLLEONI IN VAL D’AOSTA IL COMANDANTE COLLEONI - LE BOLLE DI SAPONE AUTORE / Franco Faggiani EDITORE / Idea Montagna NUMERO PAGINE / 238 PREZZO / 16,50 euro
montagne svettanti. Anzi lo fa nella regione che vanta il maggior numero di cime superiori ai 4.000 metri dell’intera Europa: la Val d’Aosta. L’indagine prende il via sottovoce, il comandante ha deciso di portare avanti un suo vecchio progetto e cercare di capire i motivi per cui gli stambecchi prolifichino nella Vallèe e invece fatichino ad attecchire nella zona a lui affidata. Si prende qualche giorno di vacanza e parte alla volta del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Ma come sempre capita al nostro eroe, gli eventi prendono delle pieghe inaspettate: la guida che ha assoldato per accompagnarlo lungo i sentieri valdostani si rivela essere un personaggio dai mille volti. E quello che era il suo primo obbiettivo viene stemperato da un nuovo compito affidatogli da lontano dalla vedova del comandante che
lo aveva preceduto. La trama si sviluppa sorprendendo il lettore continuamente, e nel farlo trova l’occasione per raccontare, a volte anche prendendo benevolmente in giro, le caratteristiche dei valligiani e soprattutto le meraviglie di un territorio che ancor oggi è per larga parte spopolato. Alcuni dei personaggi che abbiamo imparato a conoscere ne Tracce sotto la neve ritornano, altri nuovi se ne aggiungono alla nutrita galleria che Faggiani ci propone. Di pagina in pagina, nuovi misteri si aggiungono ai precedenti fino al gran finale, quando tutti i pezzi del puzzle andranno al loro posto.
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Ci sono personaggi che ti restano dentro, personaggi che quando il libro finisce ritorni indietro di qualche pagina per rubare ancora qualche minuto in loro compagnia. Il comandante Colleoni è uno di questi: vulcanico, imprevedibile, fuori dagli schemi. Sembra che le avventure lo cerchino e che i personaggi più improbabili siano attratti da lui (come, peraltro, molte rappresentanti del genere femminile). Nato dalla penna immaginifica di Franco Faggiani, Bartolomeo Colleoni è tornato ad allietarci. È uscito infatti per i tipi di IdeaMontagna Il comandante Colleoni: Le bolle di sapone (euro 16,50 - pagg. 238). Questa volta Colleoni è in trasferta, lontano dal Trentino dove era ambientata la sua prima indagine (raccontata in Tracce sotto la neve, 2013) ma sempre tra foreste intonse e
IL PIACERE PER SUPERARE LA FATICA LA FATICA NON ESISTE AUTORE / Nico Valsesia
con Andrea Schiavone EDITORE / Mondadori NUMERO PAGINE / 124 PREZZO / 16 euro
Nico Valsesia, atleta polivalente (e molto altro) di Borgomanero (Novara), ha appena stretto amicizia con il Cerro Aconcagua, che con i suoi quasi 7 mila metri è la più alta montagna della terra al di là della catena himalayana. Nico è partito dalla riva del mare più vicina, quella di Vigna del Mar, in Cile, e ha raggiunto la vetta andina, in territorio argentino, a soli 225 chilometri, prima in bicicletta, poi di corsa e poi con un’ascensione finale. Un’esperienza simile, e sempre con gli stessi ‘mezzi’, Nico l’aveva portata a termine nel 2013 alle porta di casa, ovvero partendo da Genova per conquistare in giornata la cima del Monte Bianco. Attività faticose? Macché. Per Nico Valsesia “La fatica non esiste”. Questo il suo motto e questo anche il titolo del libro edito da Mondadori e scritto in collaborazione con
Andrea Schiavon giornalista di Tuttosport e atleta per diletto. A dir la verità la fatica Nico la sente eccome, solo che trova il modo di esorcizzarla, con un ingrediente essenziale, il piacere. Il libro è l’insieme di avventure per il mondo di Nico Valsesia raccontate in chiave leggera e intimistica e non secondo le cronache degli eventi. Non si parla di risultati, tempi, percorsi bensì di emozioni e di insegnamenti che le imprese e gli incontri con le persone lasciano in eredità. Incontri facilitati anche dai mezzi usati: le due ruote e le scarpe da trail. In bicicletta e a piedi, sostiene Nico, puoi davvero arrivare dappertutto. Mezzi, nella loro sintesi, “proletari” (anche se ad alta tecnologia) e questo favorisce la buona accoglienza. I racconti decollano con quello di una delle
imprese più prestigiose, la Race Across America un costa a costa di 5 mila chilometri negli Stati Uniti. Pedalando non-stop. Poi è tutto un viaggiare avventuroso, pedalando tra le vette himalayane, correndo sulle aride e alte cime del Nord Africa, attraversando gli altopiani desertici del sud America, poi giù in Patagonia, tanto per citare. Sempre in compagnia della sua squadra di fedelissimi e coinvolgendo, fino dove si può, anche la sua vivace famiglia (Annalisa, una “tipa tosta” conosciuta da ragazzina alle gare di sci, e i loro tre giovani figli). Proprio ai figli è dedicato l’ultimo dei quattordici capitoli che danno sostanza al libro. “Insieme a loro mi sembra di stare su un tandem grande, colorato gioioso”, dice Nico. A vederli spesso in giro, l’impressione è proprio quella.
LA MONTAGNA UN INCIDENTE UNA RINASCITA UNA NOTTE TROPPO BELLA PER MORIRE AUTORE / Isabel Suppé EDITORE / Priuli & Verlucca NUMERO PAGINE / 180 PREZZO / 17,50 euro
libro nel circuito delle librerie nostrane in compagnia del suo editore piemontese Priuli & Verlucca, che ha rilevato dalla scomparsa casa editrice Vivalda la prestigiosa collana “I Licheni”, della quale il libro della Suppé è il primo della nuova serie. Una combinazione curiosa: il primo libro pubblicato da Vivalda in questa collana è stato, nel 1992, “La Morte Sospesa” (da cui poi, un film) di Joe Simpson. Il primo libro pubblicato da Priuli & Verlucca, 22 anni dopo ma sempre nella stessa formazione, è stato quello di Isabel, dal titolo “Una notte troppo bella per morire”, per molti versi la versione femminile del libro di Simpson. In entrami i libri si parla di un incidente in alta montagna, in entrambe le storie i protagonisti sembrano spacciati, in entrambe le avventure riescono però a sopravvivere al dolore, all’ambientediventatodicolpo
ostile, alla solitudine e alla disperazione dell’abbandono, grazie soprattutto alla forza di volontà e allo spirito di sopravvivenza. Isabel e il suo compagno Peter stanno scalando una cima di 5500 metri nelle Ande peruviane. A 50 metri dalla vetta un chiodo da ghiaccio cede e la coppia vola per 400 metri sul ghiacciaio sottostante. Peter sopravvive qualche ora, Isabel, con una gamba frantumata e sanguinante, si trascina verso un colle – dove potrebbe passare qualcuno – impiegandoci due giorni e due notti. Poi quel qualcuno, per fortuna, passa. Un libro intrigante, anzi, affascinante, così come lo è l’autrice che ha gli occhi azzurri e limpidi come il cielo delle montagne, è da tenere d’occhio, per le sue scelte di vita e per la sua gran bella scrittura. Insomma, un libro da non perdere.
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Sempre le catene andine fanno da elevato scenario al bel libro di Isabel Suppé, originale scrittrice e alpinista tedesca di nascita ma con lunghi periodi di vita in Sud America. Originale per lo stile letterario, scarno e profondo, in cui ogni singola parola è calibrata e messa al punto giusto, come i tasselli di un puzzle; originale, anche, per lo stile di vita della giovane giramondo, come recita la sintetica ma affascinante nota biografica che la riguarda, sul riscontro di copertina: “Isabel Suppé ha tre amori: le montagne, le parole e il caffelatte. È nomade e vive nella sua tenda nelle montagne del mondo. Parla sei lingue e dice che l’avventura e la scrittura la perseguiteranno”. Isabel è una donna essenziale, avventurosa, determinata. Tanto da imparare, per esempio, la nostra lingua solo per presentare al meglio il suo
L’ETIOPIA, LA CORSA, LA VITTORIA, LA SOPRAVVIVENZA TOWN OF RUNNERS REGISTA / Jerry Rothwell PAESE / Etiopa-UK MINUTI / 80’ ANNO USCITA / 2012
Che bella la vita di un runner professionista, sempre in giro per il mondo, nei begli alberghi, accudito da uno staffa dedicato, cachet profumati e gloria eterna. Quante volte avete pensato: “Come mi piacerebbe essere un campione, pagato per correre..!” Ebbene guardatevi Town of Runners, e ricredetevi. Dietro il successo di pochi, selezionatissimi campioni, una pletora di piccoli campioni in pectore si cimentano in estenuanti allenamenti e competizioni che via via scremeranno “il meglio”. Becoji è un piccolo villaggio in Etiopia dove sono nati numerosi atleti che hanno primeggiato in diverse edizioni delle Olimpiadi e nelle gare più celebri del mondo. Gente come Kenenisa Bekele, Tirunesh Dibaba, Derartu Tulu e Fatuma Roba, per capirci…
Attraverso la storia di 2 piccole atlete, Hawii e Alemi, il regista inglese Jerry Rothwell racconta il duro percorso di crescita, non solo sportiva, che le porterà poi a calcare le piste in giro per il mondo. Sentayehu Eshetu, semplicemente il “coach”, lavora sui loro fisici ancora acerbi, e sulla loro attitudine alla sofferenza, per evigare la miglior macchina da running possibile. E tutto questo mentre Hawii e Alemi sono ancora sostanzialmente delle bambine.
L’infanzia rubata, il cinismo degli allenatori, la spietata legge del più forte riescono a “grattare via” la patina dorata delle coppe che negli anni del successo le tre ragazzine porteranno a casa. Correre per queste bambine non è mai gioia, vivacità, spensieratezza, ma fatica, dolore,
impegno. Lavoro, persino. La prima gratificazione tangibile sarà trasferirsi a vivere in città in una “casa”, che all’atto pratico per noi occidentali non sarebbe nemmeno degna di questo nome. Un lavoro davvero splendido quello di Rothwell, pluripremiato e distribuito in molti Paesi. Il film è in lingua inglese ma la televisione della Svizzera Italiana, ha realizzato una versione sottotitolata in italiano. La Svizzera Italiana…
Photo credits Le immagini Le condizioni d’uso delle fotografie sono state concordate con i detentori dei diritti. Nel caso non fosse stato possibile, l’editore si dichiara disposto a riconoscere un giusto compenso. La foto di copertina è di Roberto Finizio, ed è stata scattata durante la rappresentazione dello spettacolo teatrale “Volo noveZEROtre”.
Pagine motivazionali www.tordesgeants.it pagine 51, 53 e 54
Le frasi riportate nelle pagine motivazionali sono selezionate a cura di Franz Rossi.
www.aostanews24.it pagina 57
Ringraziamo per le citazioni e le foto delle pagine motivazionali:
runjenn.com pagina 61
Pagine 58-59 O si corre. O non si corre. Non ci sono vie intermedie Frase del Maestro Yoda Foto di br.fotolia.com
www.happyfitmama.com pagina 62 www.discoveryalps.it pagina 65
shutterstock pagine 4, 5, 35 e 38
Ippolito Alfieri pagine 66, 68 e 73
Corbis pagina 32
@WazzusJobu pagina 74
it.123rf.com pagina 37
Marco Bardella pagina 91
www.lavalsusa.it pagina 40
Garmin pagina 92
Carlo Ravetto e Comitato Organizzatore del Fletta Trail pagine 42 e 47
nextrunningtorino.com pagina 115
Pagine 88-89 Si corre non uno contro l’altro ma uno con l’altro Frase di Christopher McDougall Foto di thrivewithjoe.com Pagine 94-95 Domani è un altro giorno, e ci sarà una nuova battaglia Frase di Sebastian Coe Foto di www.runtherann.com Pagine 116-117 La fatica non è mai sprecata: soffri ma sogni Frase di Pietro Mennea Foto di distancerunnerstacey.files. wordpress.com
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Le fotografie pubblicate nel numero 34 di X.Run sono di:
#autori
IPPOLITO ALFIERI COFOUNDER ALMOSTTHERE
STEFANO ANNONI ATTORE
Personaggio alquanto interessante. Si potrebbe definirlo “permanentemente disallineato”. Venexiano, si è trasferito a Milano da dove osserva con curiosità il mondo, senza perdere però il cordone ombelicale che lo lega alla città lagunare. Ex giornalista, editore, operatore (non passivo) della comunicazione. Ama lo sport. In tutte le sue accezioni. Ama guardarlo (il tennis innanzitutto). Ama praticarlo (la corsa e gli sport di resistenza). Ama parlarne e sentirne parlare. Anche per questo ha creato con un gruppo di sei amici, almostthere, un’impresa che ha messo lo sport al centro della sua attività.
Stefano Annoni, per gli amici Steve. Attore, 30enne, comasco, affronta questo lavoro in tutte le sue sfumature.. Non si ferma di certo al grigio. Ha fatto rivivere Peppino Impastato in un one man show, ha vissuto il Gulag della Casa di Morti di Patrice Chereau, ha indossato tacchi di 12 cm per diventare drag-queen, ha affrontato Angela Finocchiaro e Maria Amelia Monti a mosse di Taekwondo nei ridotti panni di un ragazzo in mutande.. Non sopporta la parola “artista” e preferisce il termine (consapevolmente Radical Hipster) di “artigiano da palco”. Ex pallanuotista si è avvicinato all’odiata corsa grazie a Emil Zatopek e all’idea di fare uno spettacolo su di lui..
Maggiori informazioni sul sito: www.almostthere.eu
Info www.facebook.com/StefanoAnnoniSite
COME COLLABORARE Per scrivere per noi, basta avere un’idea, voglia di scrivere e poi contattare la redazione di X.RUN scrivendo un’email all’indirizzo: redazione@xrun.eu
FRANCO FAGGIANI GIORNALISTA
DANIELE GAGGIANESI ATTORE
Aggiorna quando può un blog dove senza paura e senza vergogna racconta della corsa e del tango, due passioni che si praticano preferibilmente con scarpe diverse. Il raccontare degli effetti delle scarpe sopradette attraverso il blog (corsa y mucho mas), lo iniziò così per fissare un po’ le sensazioni proprio in occasione delle prime corse di lunga lena. Nel giro di 5 mesi, da arbitro di calcio e ottocentista a tempo perso si cimentò in una progressione travolgente: Roma Ostia, RomaMarathon, 50 di Romagna, Passatore e Monza Resegone. Tornato in Sicilia i boschi che gli danno lavoro, diventano luogo di allenamento e lui li ripaga grazie all’impegno di alcuni appassionati contribuendo trasformarli in teatro del circuito del trail siciliano generoso di ambienti estremi ed affascinanti. Dalla pista alla pietre aguzze di un sentiero di montagna è convinto che la corsa sia un mezzo e non un fine, ma meglio non averlo troppo vicino l’ultimo 400 prima dell’arrivo è spesso un pessimo cliente per via della tendenza a ricordare il finale dell’ottocentista...
Venuto al mondo a Roma da padre argentino e madre lussemburghese. Un casino, insomma, fin dalla nascita. A 19 anni ha vissuto per alcune settimane in un angolo sperdutissimo della Nuova Guinea con i componenti di una tribù che avevano visto per la prima volta l’”uomo bianco” appena due mesi prima. Si sono spaventati e dopo un po’ l’hanno rispedito a casa. Con dentro il germe del fotoreportage, con il quale ha poi campato diversi anni. Fin quando suo padre, pragmatico operaio, un giorno gli chiese: “ma fai sempre quel lavoro strano o hai messo la testa a posto?”. Così si è trovato un posto più stabile in diverse redazioni, affiancando alle cronache la scrittura di libri e manuali. Attualmente si occupa di giornalismo legato all’ambiente e alla campagna, con una “specializzazione” in enogastronomia. Per il lavoro che fa e per lo stomaco che ha dovrebbe pesare 150 chili. Ne pesa solo 80. Grazie allo sci da fondo in inverno, all’arrampicata in estate e, da qualche anno, alla corsa sui sentieri, sempre.
Daniele Gaggianesi, classe 1983, quando a 16 anni smette di giocare a calcio, scopre l’amore per il teatro, la musica e la letteratura. Studia la chitarra e il clarinetto e si laurea in lettere. Si diploma alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi e affianca all’attività di attore, lo studio della letteratura e della canzone dialettale milanese. Tra gli ultimi superstiti ancora in grado di parlare lingua meneghina, scrive poesie e canzoni in dialetto. Sull’onda dell’entusiasmo seguito alla messa in scena dello spettacolo “Volo 903”, decide di correre la sua prima maratona e... sopravvive.
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FILIPPO CASTIGLIA POETA DEL TRAIL
STEFANO MEDICI RAGIONIERE ED ESPLORATORE
ADRIANA PONARI MEDICO E FOTOGRAFA
MICOL RAMUNDO TRI-GIORNALISTA
Bolognese, come gli spaghetti famosi in tutto il mondo, ma che a Bologna, non esistono da nessuna parte. Ha iniziato a correre nei parchi della città, per poi passare ai paesi della provincia e via oltre, dalla straBologna ai confini della terra. Porta le scarpette sempre con sé, perché ogni strada ed ogni sentiero rappresentano una potenziale pista dove correre liberamente. Ha scritto il libro “Di corsa attorno al mondo”, flash-back e attimi, di viaggi vissuti di corsa. È convinto che il running sia una piacevole alternativa per scoprire posti e luoghi. È molto attento alla dieta, ma il giusto apporto di carboidrati non se lo fa mancare mai. spaghetti alla. bolognese.
Ha ereditato dalla famiglia materna l’amore per la fotografia, cui si dedica nel tempo che le lascia libero la sua professione di medico neurologo. Ama la natura, ama camminare e abita in campagna. Da un po’ di tempo a questa parte ha iniziato a puntare il suo obbiettivo sul variegato mondo podistico. Adriana vi dedica il suo tempo con interesse ed entusiasmo, sempre più convinta che tale mondo abbia tanto da dire dal punto di vista umano e culturale. Potete trovare altre foto e scritti di Adriana nel sito web di Ultramaratone, maratone e dintorni con il quale collabora.
Non ama parlare di sè, preferisce siano gli altri a farlo. Ha vissuto di pane ed atletica dai 7 ai 25 anni, con corredo di maglia azzurra e qualche stagione da professionista nei cross e nel mezzofondo. A 18 anni ha percepito che far girare forsennatamente le gambe non le bastava più, ma che aveva voglia di dare più spazio alla testa. Voleva raccontarlo agli altri lo sport. Studi classici, laurea in lettere e master in giornalismo sono state le tappe della formazione accademica; riviste di settore, quotidiani, tv locali ed editoria, quelle professionali. Nel frattempo ha abbandonato le piste di atletica in favore delle grandi emozioni del triathlon. “Lo sport del futuro”, come lo chiama lei. Uno dei pochissimi sport che coniugano sacrificio, grande fatica, delirio di onnipotenza ed enorme propensione all’equilibrio estetico. Affascinante e disarmante, come solo i paradossi possono essere.
STEFANIA VISENTINI BLOGGER
Veneziano di nascita, triestino per buona parte della vita ed ora milanese d’adozione, è giunto alla corsa come modo di realizzarsi solo dopo aver provato alcuni altri sport. Non soddisfatto della sola corsa su strada, ha provato anche l’ebbrezza del trail, finendo dignitosamente le gare iniziate e tornando ogni volta con più entusiasmo di prima. Tra le gare fatte alcune edizioni di Monza Resegone, Biella Camino, Dolomites SkyRace, Porte di Pietra, Valdigne, fino a togliersi la soddisfazione di finire anche il Tor des Geànts. Obbligato dal mal di schiena a nuotare almeno una volta alla settimana, ha fatto di necessità virtù, tornando ad una delle sue prime passioni: il triathlon. Corre per il Road Runners Club Milano, dove ricopre l’incarico di consigliere e di responsabile delle corse fuori strada. Ha scritto a quattro mani con Giovanni Storti il libro Corro perché mia mamma mi picchia nel quale ha cercato di dare una motivazione logica ad una passione folle. Lavora come manager in una software house milanese.
Varesina con origini friulane si divide tra i tre figli e le sue passioni. Con il marito Enea, vero runner della coppia, ha appena dato vita ad una nuova società sportiva amatoriale dove convogliano il loro tempo e il loro impegno. Podista per caso, non ha velleità di vittoria ma allacciarsi gli scarpini le stimola il sorriso. Non ama i pettorali se non quelli delle mezze maratone, che è la distanza che considera ideale per la sua testa e i suoi pensieri; mentre i chilometri scorrono costruisce trame e racconta storie. Infatti, l’altra sua grande passione è la scrittura: dice sempre che «se podista lo son per caso, sono assolutamente blogger per vocazione» nella speranza di diventare qualcosa di più. Autrice di “Di fantasmi, di fughe e di ragazze”. Potete seguirla anche sul suo blog: Amenità Varie
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FRANZ ROSSI MANAGER