Gennaio Febbraio 2012 v. 4 # 6 Prezzo Copia 10 euro - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/04 n째46) art.1, comma 1, LO/MI
12 nel 2012
La nuova sfida degli X.RUNNERs
Intervista a
Luciano Acquarone
Tempus fugit
Una principiante nella Grande Mela
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X.RUN gennaio / febbraio 2012
X.RUN
Storie di corsa
2012 gennaio / febbraio [v. 04 # 01] volume 4, numero 1
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La sfida dei Maya e lo spirito trail
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« È COME UNA MARATONA IN CUI CI CHIEDONO DI CORRERE 43 KM »
i è tanto parlato di questo 2012 come dell’anno della fine del mondo. I Maya hanno predetto che il 21.12.2012 per qualche curiosa congiuntura astrale o numerologica sarà la data in cui il mondo “come lo conosciamo noi” sparirà. Sul finire del 2011, poi, i Maya hanno trovato dei sostenitori tra gli economisti e i governanti: l’Europa in crisi e l’Italia in pole position verso il baratro, manovre urgenti e pesanti che hanno toccato tutti. È stata definita una manovra di lacrime e sangue. Niente di nuovo, dunque, per noi maratoneti. Non voglio certo sminuire l’entità di cosa ci attende, le difficoltà che ognuno di noi incontra a fine mese, ma vorrei stemperare un po’ il clima da tregenda messo in piedi dai media, che non sono nuovi ad esagerazioni (avete presente il caldo record di ogni estate e le montagne assassine?) Il Corriere della Sera ha fatto i calcoli in tasca gli Italiani e ha scoperto che, a causa della crisi economica e dei correttivi apportati dal governo Monti, nel 2012 ogni Italiano dovrà lavorare una settimana in più. Invece che 48 settimane dobbiamo farne 49? Non è la fine del mondo (con buona pace dei Maya). C’è solo da rimboccarsi le maniche e lavorare un po’ di più... È come correre una maratona in cui ci viene chiesto di finire al 43esimo chilometro, sapendolo prima si dosano le forze e si arriva tranquilli in fondo. Basta non farsi sconfiggere dalla paura (prima) o dalla fretta (durante). Questo è il vero rischio: nel 2012, superato il periodo delle Cassandre in cui tutti hanno pianto miseria e paventato la fine del mondo, lungo la strada incontreremo alcuni che non hanno saputo tenere il ritmo, saranno fermi a bordo strada, lo sguardo perso in loro stessi, incapaci di continuare. Io mi auguro, a quel punto, che prevalga lo spirito trail. Che ci si fermi a fianco di chi in quel momento è in crisi, perché non si tratta di una gara ma di un viaggio che stiamo facendo insieme, che la crisi di fatica/sonno/fame, arriva e passa, che dobbiamo arrivare a fine anno con le forze e la voglia di ripartire. E soprattutto che ogni giorno, anche di questo 2012, vale la pena di essere Franz Rossi EDITORE X.RUN vissuto pienamente.
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X.RUN La rivista è edita da Tribù Astratte s.c.ar.l. Sede legale: via Dante, 7 - 34122 - Trieste Redazione: via Viganò, 8 - 20124 - Milano Direttore responsabile Franco Faggiani Comitato di redazione: Daniela Banfi, Franz Rossi
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INDICE
L’Editoriale 3 La sfida dei Maya e lo spirito trail
COVER
10 Tempus fugit... di Franz Rossi Lo scorrere del Tempo dal punto di vista del runner. Un modo per combattere la paura d’invecchiare e di esorcizzare il declino fisico?
MITO
20 Luciano Acquarone: una vita dedicata alla corsa di Franco Faggiani È certamente il più longevo degli atleti italiani, capace di detenere contemporaneamente le migliori prestazioni nazionali per più categorie di età..
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RUNNING
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34 La principiante e la Grande Mela di Luciana Rota Partecipare alla più famosa maratona del mondo con alle spalle un paio di allenamenti? Ecco la sfida che si può affrontare con un pizzico di incoscienza e poca saggezza.
42 Dodici nel 2012 di Giorgio Poli Una nuova sfida lanciata agli X.RUNNERs in occasione di questo anno bisestile..
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48 Dieci volte dieci... di Andrea Pelo Di Giorgio Se un’IronMan è una prova al limite dell’umano, dieci IronMan in dieci giorni consecutivi richiede una volontà di ferro e un buon motivo.
64 Il fascino del deserto di Davide Sanna Nelle terre dei Tuareg, inseguendo un antico eremita e cercando dentro sè stessi l’energia in più per chiudere la gara....
72 Oltre l’esaurimento fisico
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di Giuliano Pugolotti Gare estreme presentano situazioni ed esperienze estreme. Tutto ha un significato se serve ad imparare a conoscersi meglio.
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V Indice
76 Un’amica di Stefania Cena
78 Il difficile equilibrio tra passione e profitto di Franz Rossi Inauguriamo una serie di articoli che tratteranno la corsa e il business. In questo numero il punto di vista del proprietario di un negozio sportivo.
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88 Una storia di corsa all’ombra del Colosseo di Marco Raffaelli Una bella intervista a Max Monteforte, atleta, autore e regista di Purosangue, un film tutto sulla corsa, girato a cavallo tra Italia e Kenia.
LOGOS 98 Intervista a Maurizio Baglini: il maratoneta della tastiera di Andrea Busato Incontriamo uno dei grandi concertisti contemporanei celebrato per la sua interpretazione della Nona Sinfonia di Beethoven nella trascrizione di Franz Liszt per pianoforte solo. Non è una sorpresa scoprire che è un runner appassionato...
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106 Lo strano caso del signor P.
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di Paolo Valenti Può la vita di un uomo sdoppiarsi completamente? Possono confondersi vita lavorativa e vita sportiva? Quanto ci trasforma quello che facciamo?
114 Il lessico del podista
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di Mauro Creatini Continua il nostro personale dizionario di termini “normali” imprestati al podismo e liberamente reinterpretati per noi da Mauro Creatini.
116 Il lato oscuro della corsa di G.RUNNER Quinta riflessione tratta dal Diario di un dissidente. Una mente arguta che ci fa da specchio e che ci permette di confrontarci con le nostre manie da corridori.
122 Quando la corsa diventa fuga di Alberto Zambenedetti Continuano le recensioni di film legati al mondo della corsa, scritte dal nostro specialissimo inviato a New York.
128 Recensioni
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136 Autori
Per assoluta mancanza di spazio in questo numero abbiamo dovuto togliere la pagina degli autori delle frasi motivazionali.
Inoltre questo numero è stato chiuso in tipografia in grande ritardo. Per entrambe le cose ci scusiamo con gli interessati e con tutti i nostri abbonati.
V Indice
143 Photo Credits
TF tempus fugit
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Il Tempo ci sfugge? oppure il senso della nostra corsa è proprio quella di esorcizzare questo nemico inarrestabile? Il rapporto Uomo/Tempo è studiato e discusso da filosofi e poeti, ma anche noi runners di mezza stagione abbiamo qualcosa da dire... 13
Tempus fugit, recitava l’adagio latino. E qualche volta ho la sensazione che il nostro correre sia proprio un tentativo di rincorrere il Tempo in fuga. Sul rapporto Uomo/Tempo si è scritto molto. Lo hanno fatto i filosofi e gli autori delle cosiddette canzonette. Ma anche dal punto di vista di noi runners la riflessione è piuttosto interessante. Partiamo dalle basi. Tolti i top runners che corrono per battere gli avversari, la maggior parte di noi, superata la fase iniziale in cui si prende coscienza della corsa, inizia a correre per battere il Tempo, simboleggiato dal cronometro. Cerchiamo di segnare il nostro Personal Best su ogni distanza, dai 100 metri in pista via via allungando fino la maratona ed oltre. Anzi spesso
C Tempus fugit...
testo di Franz Rossi foto di Autori Vvari
(ed è una delle caratteristiche più odiose, a mio avviso) individuiamo le persone grazie ai loro tempi. Avete mai sentito frasi tipo le seguenti? «Ti presento Marco, un mio amico che vale 3:10 in maratona...» oppure «Ah, anche tu corri? ... ma quanto hai sulla mezza?» Il Tempo è il nostro grande spauracchio. E, se possibile, lo diventa ancor di più quando invece di osservare il cronometro iniziamo a guardare il calendario. Quando il Tempo si applica alla vita ecco entrare in ballo un’altra delle nostre grandi sfide: l’età. Ogni giorno che passa lascia un segno. Da ragazzi sembra un segno lieve, ma più gli anni si accumulano più il passare dei giorni è percepito. E quindi di nuovo ci troviamo a combattere con il Tempo, ma questa volta non è una lancetta da
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Incontriamo una leggenda vivente, Luciano Acquarone, ha iniziato a correre da bambino e non ha mai smesso. Ha conquistato medaglie ed onori su tutte le distanze e a tutte le età. È stato cacciato dalla FIDAL e ha combattuto per la riammissione, è stato escluso dalle Olimpiadi ma si è vendicato battendo gli azzurri
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Luciano Acquarone: una vita dedicata alla corsa
testo di Franco Faggiani foto tratte dall’Archivio Acquarone
Il paesaggio migliora ancora quando salgo sulla collina e raggiungo “the runner house”
M Luciano Acquarone: una vita dedicata alla corsa
Io, che di regola comincio a star bene dai 2.000 metri di quota in su, d’estate trovo il mare detestabile. Forse non è per il mare in quanto tale, più probabilmente è per la gente che gli sta appresso. D’inverno, però, lo ammetto, è tutta un’altra cosa. Giorni fa, per esempio, a Imperia, mi veniva voglia di starci. In montagna non era ancora arrivata la grande neve dell’inverno e nella pianura attraversata all’alba, da Milano alla costa ligure, solo nebbia, galaverna e umidità penetrante. Poi, quasi alla stazione d’arrivo, alzato di colpo lo sguardo dal libro, un sole meraviglioso, il cielo blu senza una nuvola, le onde spumose e, sul lato opposto, mimose in fiore, giardini colorati, piante di agrumi grondanti di piccole palle infuocate. E, sul lungomare, qualche solitario runner in maglietta, dall’andatura pigra. Il paesaggio poi migliora ancora quando salgo sulla collina e raggiungo “the runner house”, come è chiaramente scritto sul muro della villetta con gran giardino panoramico, così uno si fa subito l’idea di chi ci abita. A far gli onori di casa è Luciano Acquarone, in scarpe da corsa, giacca azzurra tecnica con i marchi degli sponsor e del suo club, l’Olimpia Amatori Rimini, in testa il berrettino giallo con visiera. Dritto come un fuso, passo svelto, aria decisa, parlantina a raffica. E 81 anni sulle spalle, sostenuti con assoluta, e per questo invidiabile, leggerezza. Per crederci - perché a vista ne dimostra almeno venti di meno - bisognerebbe chiedergli patente e libretto, visto che sfreccia su
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Avete mai pensato a partecipare ad un IronMan? C’è chi ne ha fatti 10 di seguito e ci racconta come... E sempre a proposito di numeri 12 nel 2012 è la nuova sfida per gli X.RUNNERs mentre c’è chi per sfida corre la maratona di NewYork senza preparazione o inizia a correre con la Monza Resegone e finisce a vivere di corsa
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“ I TEMPI DURI NON DURANO PER SEMPRE, MA LA GENTE DURA SÌ
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A.C.Green R La mia New York: la principiante e la Grande Mela
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Una nuova sfida per gli X.RUNNERs
Dodici nel duemila e dodici
testo di Giorgio Poli foto tratte dall’Archivio Poli
Le mie sfide Spesso le sfide nascono per caso: lo scorso anno stavo pianificando le gare di primavera quando ho notato che avrei dovuto correre alcune mezze in domeniche consecutive. A quel punto perché non farlo in modo stimolante? In generale io prediligo l’euforia e l’adrenalina delle gare rispetto alla monotonia degli allenamenti. Quindi provo a pianificare i miei allenamenti facendo
La sfida lanciata da Giorgio a tutti gli X.RUNNERs d’Italia: 12 nel 2012
R Dodici nel duemila e dodici
Una delle caratteristiche peculiari del genere umano è la ricerca del limite e il desiderio di superarlo. Questo tema è stato mirabilmente descritto nell’ultimo numero di X.RUN. La sfida (che è un motore potente per tutti gli uomini e per gli atleti in particolare) è la volontà di superare un determinato limite, assoluto o relativo che sia. Poi ogni sfida può essere coniugata in modo diverso a seconda delle persone cui si applica. Nel mondo degli amatori le sfide ai limiti di ciascuno sono tante e fantasiose. In alcuni casi si tratta di sfide estreme (come correre 100 chilometri al giorno per 10 giorni consecutivi) in altri casi l’intensità della sfida può apparire modesta (come la proposta della rivista ePodismo.com di correre almeno mezz’ora al giorno per cento giorni consecutivi a partire dall’inizio del 2012). Ognuno si relaziona ai propri limiti e sceglie la sfida che ritiene adeguata ma “sfidante” nello stesso tempo.
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Il fascino di Kim 44
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Nel 1986 esce, diretto da Adrian Lyne (Flashdance, Attrazione Fatale, Proposta Indecente etc), un film interpretato da Mickey Rourke e Kim Basinger. Una storia d’amore ed erotismo che all’epoca aveva fatto scalpore. Celeberrima la scena dello striptease sulle note della canzone “You can leave your hat on” cantata da Joe Cocker..
coincidere i 21km in tabella con delle mezzemaratone ufficiali. «Qui resta una domenica libera che interrompe la serie… ci sarebbe quella mezza in Toscana o in Piemonte… qui posso prenotare l’albergo per fare un week end mentre in quest’altro caso parto prima dell’alba sperando di non incontrare traffico. Perfetto, programma concluso». Ecco fatto. Quante sono? Nove mezze in nove domeniche consecutive. Ed ecco nascere “Nove settimane di mezze” un nome perfetto per una serie di gare pensate, organizzate e corse. In questo caso interviene la sindrome del collezionista, il fascino non è tanto la sfida agonistica (modesta per un runner praticante) quanto l’inanellare una certa quantità di eventi sotto un “titolo” sfizioso per l’assonanza con un noto film degli anni Ottanta. Qualcuno mi ha suggerito che il programma nel suo formato originale sarebbe stato più divertente: ovvero trascorrere nove settimane e mezzo con la bella Kim consentendole di tenere il cappello... Per gli ultimi mesi dello scorso anno avevo pianificato due maratone a una distanza adeguata di 6 settimane. Poi è capitata l’opportunità di inserirne una nel mezzo. Infine la mia società ha organizzato una spedizione per la Maratona del Tricolore a Reggio Emilia in dicembre: perchè rinunciare? In due mesi ho così corso quattro maratone e sono ancora in ottima salute. Potenza dei numeri E nel 2012? Quest’anno ha un fascino particolare contenendo il numero dodici. Dodici sono gli apostoli e i mesi dell’anno, dodici le ore e i cavalieri della tavola rotonda, dodici le porte di Bologna e i segni zodiacali, dodici sono le tavole contenenti il primo codice di diritto romano e il dodici torna prepotentemente nel Libro dell’Apocalisse di Giovanni. Perdipiù il 2012 è un anno bisestile e in concomitanza con il solstizio d’inverno terminerà il calendario Maya che, essendo poco previdenti, non ne avevano predisposto uno successivo e, di conseguenza, sembra che il mondo non possa far altro che estinguersi. Occorre quindi fare qualcosa, organizzare una sfida e magari inventarsi un titolo accattivante come … 12 nel 2012. 12 maratone nel 2012 per una distanza complessiva di oltre 500 chilometri. I sacri maestri dell’allenamento e della tabellistica raccomandano di non farne mai più di quattro all’anno pena la consunzione irreparabile dell’atleta. Ma non è sempre così. E poi per una volta prendiamoci una sosta dalle rigide tabelle di allenamento che prevedono che una maratona vada preparata in dodici settimane di allenamento specifico dopo un adeguato periodo di costruzione e di potenziamento. Alleniamo una maratona con l’altra e fra l’una e l’altra dilettiamoci con altre gare più brevi, più lunghe, più impegnative, più facili. Corriamo queste dodici gare incuranti dei tempi finali: il personale lo faremo il prossimo anno o quello ancora a venire. Corriamole tranquilli e con l’obiettivo di divertirci e di farne, appunto, 12 nel 2012.
Fotografia di Elisabeth Cosimi
AFGANISTAN, Lashkar-gah / Il Centro chirurgico per vittime di guerra di Lashkar-gah offre cure gratuite e di elevata qualità alla popolazione della regione di Helmand.
EMERGENCY è un’organizzazione indipendente. Se esistiamo dipende anche da te. Sostieni i nostri ospedali, i medici e gli infermieri che da 17 anni offrono cure alle vittime della guerra, delle mine antiuomo e della povertà. Fai una donazione online su www.emergency.it o un versamento sul c/c postale n° 28426203 intestato a EMERGENCY ONG ONLUS. Dal 1994 EMERGENCY ha impiegato nei suoi programmi umanitari almeno il 90% dei fondi raccolti, curando oltre 4 milioni e mezzo di persone in 16 paesi.
w w w. e m e r g e n c y. i t
EMERGENCY
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È esperienza comune a chi corre di dovere rispondere a delle domande ricorrenti (mi si perdoni il bisticcio di parole). Perché correte? Ma non vi stancate troppo? Che senso ha sottoporsi a fatiche estreme nelle ultra e nei trail? O domande molto più banali. Quanto è lunga una maratona? Ma la maratona di Vercelli è lunga come quella di New York? Ma cosa fate per tutte quelle ore? A questo punto aggiungiamo la nuova domanda: Perché correre 12 maratona nel 2012? La risposta sarà personale, magari ovvia e poco interessante. Cambiamo domanda: per chi corriamo? Ma la vera domanda, quella a cui rispondono già da più di un anno un gruppo di podisti che ha partecipato a gare in tutta Italia e nel mondo, è un’altra: per chi corriamo? Gli X.RUNNERs corrono per Emergency e la sfida delle 12 maratone nel 2012 è proposta proprio a questo gruppo di amici.
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R Dodici nel duemila e dodici
Le regole Per raccogliere la sfida è sufficiente aderire al progetto degli X.RUNNERs ed iscriversi alle “12 nel 2012” (i dettagli tecnici sono contenuti sul sito www.xrun.eu). Se ci fosse qualcuno che ritiene l’iniziativa non particolarmente sfidante o impegnativa, può sostituire qualche maratona (o anche tutte) con delle ultra o dei trail alla condizione che siano comunque 12 gare di almeno 42,195 km cui partecipare nel 2012. Le gare possono essere corse ovunque, in Italia e all’estero, una al mese oppure anche tutte in 12 giorni. I partecipanti alla sfida potranno fissare le loro sensazioni ed emozioni in racconti, versi, immagini e suoni che X.RUN provvederà a pubblicare sul sito o sulla rivista. Coraggio: iniziamo a pianificare le maratone dell’anno, tentiamo di capire se il limite è superabile e in ogni caso partiamo e corriamo insieme con X.RUN for Emergency. Con qualche sforzo e un grande cuore riusciremo a correrle tutte queste 12 maratone nel 2012. Per quanto mi riguarda, la prima l’ho corsa il giorno della Befana. Con qualche difficoltà di troppo nel finale e un crono da dimenticare, ma adesso posso dire, come fanno gli americani, «One down, Eleven to go».
Con qualche sforzo e un grande cuore riusciremo a correrle tutte queste 12 maratone nel 2012
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Il fascino del deserto
testo di Davide Sanna foto tratte dall’Archivio Sanna
Sulle tracce degli ultimi nomadi del deserto, tra tombe di regine e eremiti misteriosi
R Il fascino del deserto
Con questo viaggio appena concluso posso finalmente raccontare a me stesso di essermi avvicinato, e non di poco, al sogno d’incontrare almeno una volta i discendenti dei nomadi che hanno popolato, dominando per secoli, la parte nord del continente africano. In questi anni ho cercato con non poca fatica di documentarmi, e raccogliere dove possibile informazioni. Più approfondivo i racconti e mi addentravo nei dettagli e maggiore era il desiderio di recarmi a sud. Comunemente conosciuto con il nome di Tuareg, questo popolo straordinario ha una storia non scritta, o forse meglio dire una storia scritta da altri, e cioè da chi li ha colonizzati per anni. La decolonizzazione ha poi dato vita ad una lungo declino, non ancora terminato, i campi profughi ne sono la conferma. La spartizione dei territori pressoché sommaria in stati autonomi e la tracciatura di confini che non hanno tenuto conto della conformazione del territorio ha tagliato di netto le vie di transumanza che garantivano la sopravvivenza del bestiame e degli uomini stessi. La storia narra altro che però preferirei evitare. Il Niger e il Mali con i segreti, le “ossa” di queste popolazioni e la tomba di una regina, sarebbero stati i luoghi adatti per l’incontro ma ahimé anche paesi altamente rischiosi per i visitatori. Ho preferito così prendere al balzo l’invitante proposta fatta da Franz e Antonela [Francesco Meriani Merlo e Antonela Gardos sono il titolare e la direttrice tecnica dell’agenzia Camelus con sede a Buie in Croazia. www.camelus.it NdR]
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“ IL DESERTO È UN POSTO SENZA ASPETTATIVE Nadine Gordimer
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R Il fascino del deserto
Un’amica di Stefania Cena
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tiamo lì fuori dalla chiesa. Siamo a centinaia. Muti. Immobili. Abbiamo occhi sgomenti, spalancati come punti interrogativi. Stiamo lì, incapaci di parlare. Tutti quanti. Solo qualche gesto, ma sono gesti lenti. Come un unico grande dolore. Un dolore silenzioso, che quasi ha finito le lacrime. La famiglia ha visi contratti, scolpiti nella pietra, un dolore così grande da non avere più lacrime. Le domande sono le stesse, negli occhi di tutti. Senza parlare. Ci guardiamo, con l’unica domanda negli occhi. Perché? Perché così presto? Non ci sono risposte oggi. C’è solo questo enorme silenzio. Taglia ovunque. Facciamo gli stessi gesti, ci muoviamo nello stesso modo. Solo fazzoletti che si spostano, si muovono. Occhi che cercano. Domande e dolore. Cerchiamo nei ricordi per sorridere ancora un attimo. Nelle gare in zona, la trovavi all’improvviso, dove iniziava il sentiero, tra i fiori ci aspettava sorridente. Faceva già fatica a venire fino lì, arrivava tra un ospedale e una terapia difficile, ma c’era. E ci aspettava, a volte troppo tempo. Noi eravamo lente, ma lei era là per incitarci allegra. Ci commosse una volta, trovarla tra i fiori all’improvviso, non ce l’aspettavamo. Quella volta la discesa fu un po’ più difficile per via degli occhi bagnati. Poi ci si riscosse, il trailer, si sa è un cuore forte! E ci commuove ancora oggi, ripensarla al ristoro
della sky race, a preparare sali e frutta fresca. Sempre allegra e sorridente, ci aspettava anche lì. Non importava che fossimo quasi ultime, ci incoraggiava allegra. Alle volte gareggiava anche lei, con fatica. Ogni traguardo era una meta. Qualche volta con qualche escamotage, si faceva “tirare” dal suo angelo custode, un uomo che seppe appoggiarla sempre nella malattia e nella speranza. Si legarono una volta, fisicamente, in modo che lui potesse veramente trainarla. Non so se fu considerato “doping”. Probabilmente alle olimpiadi non sarebbe concesso. Ma quella volta fu lei la vincitrice. Commozione e felicità al traguardo. Oggi siamo qui. Fuori da questa chiesa. E vorremmo farci bastare tutti questi ricordi. Ma ancora qualcuno ricorda di come sempre ci chiedesse come stavamo. Come stai? Lei era all’ospedale, noi tornavamo da qualche gara. C’era sempre qualche gara nei dintorni dell’ospedale. O forse erano gli ospedali ad essere sempre troppi e nei dintorni di qualche gara. Raccontavamo qualche nostra storia buffa, di quando mi perdetti nei boschi francesi, o di quando ci iscrivemmo a gare sopra le nostre possibilità. Lei ci ascoltava, e rideva piano. Come chi conosce il segreto della vita da tempo remoto. Adesso siamo noi che dobbiamo ascoltare. Forse oggi, fuori da questa chiesa, l’unica parola che possiamo dire è “grazie”
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“ CREDO CHE DIO MI ABBIA FATTO PER UNO SCOPO. PERÒ MI HA FATTO ANCHE VELOCE E QUANDO CORRO LO SENTO COMPIACIUTO da «Momenti di Gloria»
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Andrea Busato intervista Maurizio Baglini, un maratoneta della tastiera. A seguire troviamo un bel racconto di Paolo Valenti e la solita arguta invettiva di G RUNNER. Particolare attenzione alla proposta per cinefili con un film tratto da una storia vera: il bandito maratoneta tedesco che non seppe fermarsi e sfidò sorte e polizia.
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“ APRI LA BOCCA SOLO SE CIÒ CHE STAI PER DIRE È PIÙ BELLO DEL SILENZIO proverbio arabo
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Il lessico del podista
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DANARO, o Denaro, sostantivo maschile. Nome collettivo per designare soldi, quattrini; denaro contante, liquido; essere a corto di d. || d. sporco, quello ottenuto attraverso attività illecite | d. contato, il minimo indispensabile per affrontare una spesa | d. fresco, apporto di capitale a un'attività | nel detto il tempo è d., il tempo non va sprecato. 2 (al pl.) Uno dei quattro semi delle carte da gioco.
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L Il lessico del podista
Denaro e Corsa: concetti lontani? Forse no. Il denaro serve per acquistare le fedeli scarpe e i (tanti o pochi) gadget che ogni runner ritene utili. Certo la Corsa rispetto ad altri sport non si può definire costosa, difficilmente un runner per quanto “consumista” riesce a spendere cifre folli per assecondare la sua passione. C’è l’argomento “gare”: andare alla NYC Marathon costa salato, ma le gare a portata di auto o treno, che sono sempre delle belle giornate di sport, costano molto meno di una sciata. Ma in questi tempi economicamente così complessi è più importante segnalare come la Corsa possa aiutare a stabilire un rapporto più distaccato col denaro. Correndo intensamente si impara ad alleggerirsi del superfluo. Si diventa più essenziali, più liberi da orpelli, da ciò che non solo è inutile, ma “appesantisce” e rende più faticoso arrivare al traguardo. Avviene prima sul piano mentale e fisico: i pensieri di troppo rallentano, i chili di troppo intralciano; tutto questo può generare una ricaduta positiva sul modo di essere nella vita “camminata”. Io per esempio sono diventato più parco, attento a ciò che acquisto, non necessariamente tirchio, solo più capace di capire ciò che mi serve davvero da quello che non mi serve. E quindi il mio rapporto con le cose e con il denaro che serve per averle, si è fatto più semplice. Un’altra variante sul tema: essere ricchi o poveri, correndo, conta poco. Proprio per la sua essenzialità, la Corsa è una delle attività più democratiche ed egualitarie che esistano: puoi fare il viaggio per arrivare alla partenza di una gara in fuoriserie o in treno in 2° classe, ma poi quando hai allacciato le scarpe e sei transitato dal via, tutte quelle cose e il denaro che è servito a procurarle non valgono nulla, perché lì ci sei solo tu, il resto non conta. Meraviglioso.
MAURO CREATINI Da qualche tempo, complice un insopprimibile desiderio di libertà e di semplicità, vive la corsa soprattutto sul fronte emozionale, tanto che spesso la fine dell’allenamento coincide, oltre che con lo stretching e la doccia, con lo scrivere una piccola poesia, un pensiero, per provare a fissare le sensazioni che la corsa gli regala.
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Recensione
RITORNA IL PROFETA DELLA RESILIENZA
Lo si aspettava con ansia e finalmente dal 12 gennaio di quest’anno è disponibile in libreria quello che possiamo considerare il seguito del fortunatissimo Resisto dunque sono di Pietro Trabucchi. Il titolo, a nostro giudizio, è estremamente azzeccato: Perseverare è umano. Rovesciando il celebre adagio popolare, analizza come il perseverare, il continuare a perseguire il proprio obiettivo sia una delle caratteristiche salienti dell’essere umano. L’autore è uno psicologo dello sport ma, soprattutto, è un grande appassionato delle attività di endurance che pratica assiduamente. Insegna all’Università di Verona, tiene corsi per manager, è stato lo psicologo di alcune nazionali (fondo, triathlon) e attualmente svolge lo stesso incarico per le
squadre nazionali di ultramaratona. Perché tutta questa lunga premessa sull’autore? Perché Trabucchi non è un teorico è uno che sperimenta in prima persona e Perseverare è umano è il frutto di anni di lavoro sul campo.
risultati (“io non sono fatto per...”) così come appoggiarsi alle motivazioni che provengono dall’esterno si trasforma in un boomerang emozionale appena questi aiuti vengono meno. La soluzione proposta è lavorare sull’automotivazione. E a questa è dedicata tutta la seconda parte del libro, mentre nella terza ed I temi del libro Appare evidente, scorrendo il ultima parte si analizza l’impatto testo, di come in questi anni che della resilienza e dell’automosono seguiti al primo lavoro di tivazione nelle organizzazioni. Trabucchi sulla resilienza, siano stati posti una serie di quesiti e Le storie di Trabucchi delle possibili risposte e proposte Com’era già accaduto in Resisto all’autore che dedica la prima dunque sono, Pietro Trabucchi parte del libro a smontare dei attinge alla sua pluriennale espe“falsi miti” che oggi sono piut- rienza per raccontare di situatosto comuni: il mito del talento e zioni vissute personalmente la prassi del bastone e della mentre seguiva degli atleti top carota. Secondo Trabucchi la do- nei tentativi di compiere imprese tazione genetica ha una sua straordinarie. importanza ma rischia di di- Racconta di Bruno Brunod e di ventare anche la scusa perfetta Jean Pellisier, di Roberto Ghidoni per non raggiungere i propri e di Silvio Fauner o Pietro Piller
Perseverare è umano, di Pietro Trabucchi. Edizioni Corbaccio, 16 euro
Cottrer. Storie di esseri umani che si mettono alla prova, si sottopongono ad allenamenti durissimi per affrontare sfide che sono al limite dell’esperienza umana. E da ogni storia, Trabucchi distilla degli insegnamenti, trova la prova concreta di quanto ha teorizzato e mentre il lettore segue affascinato la vicenda narrata comprende con facilità le tesi dell’autore. Il dilemma dell’ultramaratoneta La parte più interessante del libro, forse, è la terza ed ultima, quella in cui si analizza il ruolo delle organizzazioni. Quando si parla di gruppi o di organizzazioni il nostro pensiero corre naturalmente alla squadra, ma in realtà ciascuno di noi vive immerso in molte altre comunità. I colleghi di lavoro, gli amici, la
famiglia... persino la coppia è un esempio di microcomunità. Trabucchi offre parecchi interessanti spunti di riflessione sui meccanismi per cui il modo in cui un gruppo, una comunità, è organizzato sia direttamente collegato al raggiungimento dei risultati del singolo. Leggendo le sue considerazioni non si può far a meno di calarle nelle proprie esperienze personali. Ed ecco che arriva l’ultimo capitolo, quello che fa riflettere di più. L’autore parla del dilemma dell’ultramaratoneta e fa riferimento all’importantissimo lavoro svolto con le nazionali italiane. L’atleta che corre nelle ultradistanze è votato a gestire l’intera prova con le sue sole forze: dentro di lui deve trovare l’energia fisica e nervosa di superare le crisi. Quindi potremmo dire che l’ultramaratoneta è l’individualista per eccellenza. Eppure in
questi ultimi anni le nazionali italiane hanno colto dei grandissimi risultati a livello di squadra grazie al contributo di tutti. Il singolo di trova continuamente a bilanciare gli obbiettivi personali e quelli della squadra (non sono più in zona medaglie ma devo ancora correre per 12 ore. Continuo sottoponendo il mio corpo ad uno stress inutile ai miei obbiettivi personali ma funzionale alla squadra?) Cosa scatta nella sua testa? Come lavorare in modo da stimolare a lavorare per il team? Insomma, Perseverare è umano è davvero un bel libro, che dovrebbero leggere in primis gli allenatori e poi i manager. Un viaggio nella natura umana, alla scoperta di quello che siamo capaci di fare, se non perdiamo fiducia nelle nostre possibilità.
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STORIA DI UNA FUGA LUNGO LA LINEA BLU
X.RUN gennaio / febbraio 2012
La linea blu è quella che segna la teorica traiettoria perfetta per percorrere in una maratona i canonici 42mila centonovantacinque metri. Come le famiglie felici di Tolstoj, “tutte le fughe si assomigliano”. Se ce lo dice l’autore stesso, sarà stato così anche per le tante fughe che si incrociano in questo romanzo dello svizzero Daniel De Roulet, La linea blu, uscito per Mondadori a fine 2011, sedici anni dopo l’originale in francese. Una dedica molto particolare La prima fuga la troviamo nella dedica di apertura a Giangiacomo Feltrinelli, scappato verso quella clandestinità che nel ’72 lo portò a una morte che resta contornata di mistero. Riferimento tutt’altro che casuale quello a Feltrinelli, se prestiamo fede alla terza di copertina, secondo la quale De Roulet in un
libro più recente si attribuisce un’azione terroristica di trent’anni prima, l’incendio dello chalet di un editore tedesco. E allora, per entrare nel plot del romanzo, c’è sicuramente tanta autobiografia nella storia di Max, architetto (come del resto De Roulet) che progetta i terminal di grandi aeroporti del pianeta, professione cui si presta per poter in realtà contribuire dal di dentro al sabotaggio del “sistema” nelle file dell’organizzazione clandestina ambientalista Greenwar. Lungo la NewYork Marathon La scena di questo racconto è la maratona di una New York in cui c’erano ancora le Torri Gemelle, fra la caduta del muro comunista e l’esplosione dell’incubo islamico. Nel percorrerla Max diventa il riferimento di un racconto in terza persona che mescola i panorami della metropoli con
La linea blu, Daniel De Roulet. Mondadori Editore
squarci di umanità reietta e sofferente sullo sfondo della sfavillante skyline. Scandita in capitoli corrispondenti ai progressivi luoghi del percorso, la narrazione dell’impresa sportiva di Max è intercalata dai flashback di un attentato esplosivo ai danni di una centrale nucleare svizzera in costruzione: messa in parallelo con la sua fuga di allora lungo le pendici del massiccio del Giura (e perfino con la fuga di Gustave Courbet, incolpato della distruzione della Colonna Vendôme), la maratona di Max si può leggere allora come un’altra fuga. L’immancabile eroina Fuga sorprendente anche per lui, perché la corsa newyorkese lo rimette insperabilmente in contatto – pur senza incontrarla direttamente – con la misteriosa Ingeborg “la tedesca”, pseudo-
nimi entrambi di una elusiva e sfuggente ex amante di Nagasaki che sta partecipando alla stessa gara in una veste che Max non avrebbe mai immaginato e comprende soltanto alla fine. Una vita tutta in acrobatico equilibrio quella di Max: “Max ama i bordi, gioca con i margini, ma cadere dall’altra parte, no grazie.” E nella funzione di maratoneta che appare come non più di un prestito temporaneo, il dipanarsi di questa “linea blu” diventa un altro modo, possibile e significativo, di raccontare il vissuto di una grande corsa, di vivere una città straordinaria in cui “se i maratoneti non fossero così rumorosi, sentirebbero la rendita immobiliare che cresce”. Perché di sicuro è vero almeno un giorno all’anno che “la città appartiene a chi la corre”.
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CORRERE LIBERI PER IL PROPRIO POPOLO
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È prima di tutto una grande avventura, quella che Leonardo Soresi ci racconta nel suo primo impegno narrativo tutto dedicato alla corsa, Il ragazzo che cavalcava il vento (Edizione Spirito Trail), storia di un ragazzo tarahumara, popolazione messicana leggendaria fra i runners perché per sopravvivere ha sviluppato nei secoli un’attitudine alla corsa di resistenza che non pare avere uguali nella storia recente. “Figlio d’arte”, Javier calza gli huarache di pelle di cervo donatigli dal padre per partecipare al rarahipa, una competizione assolutamente originale in cui vince chi resiste più a lungo nel calciare una palla rincorrendola in gruppo per ore e ore. Correre il rarahipa, una competizione così tipica di questa comunità, è però anche un rito di iniziazione a un’età adulta che per Javier si
manifesta come scoperta dell’amore, ma anche della violenza, del male e dell’ingiustizia. È così che Javier conoscerà la dedizione di Juanita, ma anche un mondo esterno che incombe sulla sua comunità e la stritola per sfruttarne le risorse. Cosa potrà allora fare Javier per provare a salvare il suo popolo da una forza altrimenti soverchiante? Con l’aiuto di Randy “barba d’argento”, uno yanqui che ha cercato presso i tarahumara il luogo per ricominciare una vita diversa, Javier si convince che l’unica forza che potrà sovvertire l’esito dello scontro, che altrimenti l’emarginato popolo del Chihuahua perderebbe in partenza, sarà coinvolgere a favore della causa dei suoi l’opinione pubblica americana. E che l’unico modo per portare la causa dei tarahumara all’attenzione del grande pubblico sarà
Il ragazzo che cavalca il vento, di Leonardo Soresi, Ed. Spirito Trail ASD, Euro 16,00 (spese spedizione incluse)
un’incredibile impresa sportiva, quella che un diciassettenne messicano compirà se riuscirà a vincere l’infernale Western States Endurance Run, nella regione californiana della Sierra Nevada. La storia diventa allora quella della preparazione a una miracolosa impresa sportiva, una di quelle che si realizzano solo se a doti fisiche e a un allenamento di assoluto livello si sapranno unire quelle risorse spirituali che solo chi conosce la sofferenza può tirar fuori. Nel raccontare una gara che ha provato in prima persona, Leonardo Soresi attinge a tutte le sue ricche esperienze sportive, così come alla sensibilità che in quelle esperienze ha saputo maturare. E la storia diventa romanzo di formazione: educazione alla conoscenza di un ambiente in cui è ancora la natura a dettare le regole, ma anche esplorazione
delle risorse più recondite, quelle che ti fanno trovare “dentro” capacità che non sapevi di possedere, riserve di un’energia che è la stessa cosa della vita e che tiri fuori quando è la vita stessa a essere messa in gioco. In una dimensione narrativa che è fondamentalmente appunto quella dell’avventura, la grande corsa è una storia che si legge tutta d’un fiato, verso un epilogo che forse ci ricorda l’epopea di Dorando Pietri e in cui conta solo ciò che si vale e si è davvero. Un’avventura che non mancherà di avvincere chi ama immergersi nei grandi spazi, chi vive l’attività sportiva come una sfida ai propri limiti, chi crede che la corsa sia prima di tutto una questione di mente e di cuore.
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“ LA GENTE È SOLA PERCHÉ COSTRUISCE MURA INVECE CHE PONTI anonimo
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Gli autori
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X.RUN gennaio / febbraio 2012 Come collaborare Per scrivere per noi, basta avere un’idea, voglia di scrivere e poi contattare la redazione di X.RUN scrivendo un’email all’indirizzo: redazione@xrun.eu
ANDREA BUSATO PROFESSORE 49 ANNI
STEFANIA CENA IMPIEGATA 42 ANNI
MAURO CREATINI DIRIGENTE 43 ANNI
Classe ’62, pordenonese. Quando da bambino gli altri lo battevano in velocità, lui la buttava sulla resistenza, e da allora gli è rimasta. Poi gli è venuta anche la passione per la musica. Alle spalle una dozzina di maratone soddisfacenti, più altre sei da pace-maker e altro e non troppo indecoroso mezzofondo. Poi una serie di acciacchi fisici lo costringono a correre di meno: per un po’ si diverte lo stesso, ma adesso che la lotta contro i chiletti di troppo si fa sempre più dura sta cercando qualcosa di meno faticoso. Avrebbe trovato un altro sport che gli piace, il golf. Ma mentre questo lo respinge, il podismo non lo rivuole indietro. Alleva con passione Elena e Nicola, nel resto del tempo fa l’insegnante nel liceo che lo aveva visto studente.
Classe 1969. Impiegata in un’azienda metalmeccanica, vive e lavora in Valsesia. Da bambina la scambiavano per un maschio e da lì non ha mai più recuperato la sua femminilità. Salvo quando guida l’auto. Dopo un’infanzia spensierata di case sugli alberi e tuffi nel fiume, passa un’adolescenza normalmente infelice. Inquietudini miste l’hanno poi portata a qualche trasloco, fino a ritrovarsi a correre. Corre per caso. Corre a casaccio. Corre per conoscersi... Le antiche inquietudini sono assopite, ma non dimenticate. Non avendo ottenuto risposte, ha smesso di domandare. Vive con un cane di nome Moretta, che disdegna la corsa, con malcelato disprezzo.
Sposato con due figli. Durante la settimana le uscite di allenamento sono all’alba, nei parchi della Brianza (dove vive) e nei week end sulle strade della Liguria o della Valtellina. Corre con la gloriosa maglia del Road Runners Club di Milano. Sino a pochi anni fa era solo un runner della domenica, che correva per non ingrassare. Dal 2005, grazie all’inseparabile “socio” Pietro, ha cominciato con la mezza, poi la con la maratona e con tutto il resto. Da qualche tempo, complice un insopprimibile desiderio di libertà e di semplicità, che il suo lavoro gli nega, vive la corsa soprattutto sul fronte emozionale, tanto che spesso la fine dell’allenamento coincide, oltre che con lo stretching e la doccia, con lo scrivere una piccola poesia, un pensiero, per provare a fissare le sensazioni che la corsa gli ha regalato.
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ABBONATI o RINNOVA SOSTIENI EMERGENCY Anche nel 2012 X.RUN devolverà una quota dei ricavi degli abbonamenti alla Clinica Pediatrica di Bangui fondata da Emergency nella Republica Centroafricana.. Collegatevi al sito www.xrun.eu oppure scrivete ad abbonamenti@xrun.eu e vi forniremo ogni informazione necessaria. Il costo annuale dell’abbonamento a X.RUN è di soli 50 euro, riceverete 6 numeri dell’unica rivista di storie di corsa comodamente a casa vostra.
ANDREA “PELO” DI GIORGIO
FRANCO FAGGIANI GIORNALISTA
G-RUNNER PAROLAIO PIÙ ANTE CHE ENTA
Venuto al mondo a Roma da padre argentino e madre lussemburghese… un casino, insomma, fin dalla nascita. A 19 anni ha vissuto per alcune settimane in un angolo sperdutissimo della Nuova Guinea con i componenti di una tribù che avevano visto per la prima volta l’“uomo bianco” appena due mesi prima. Si sono spaventati e dopo un po’ l’hanno rispedito a casa. Con dentro il germe del fotoreportage, con il quale ha poi campato diversi anni. Fin quando suo padre, pragmatico operaio, un giorno gli chiese: “ma fai sempre quel lavoro strano o hai messo la testa a posto?” Così si è trovato un posto più stabile in diverse redazioni, affiancando alle cronache la scrittura di libri e manuali. Attualmente si occupa di giornalismo legato all’ambiente e alla campagna, con una “specializzazione” in enogastronomia. Per il lavoro che fa e per lo stomaco che ha dovrebbe pesare 150 chili. Ne pesa solo 80. Grazie allo sci da fondo in inverno, all’arrampicata in estate e, da un paio d’anni, alla corsa sui sentieri, sempre. Autore di “Correre è un po’ come volare”, l’unica biografia autorizzata di Marco Olmo, ha appena mandato in stampa la seconda edizione integrata con le ultime notizie.
Senza nome, né qualità. In famiglia è amatissimo: cinico, egoista, insensibile sono i lusinghieri giudizi dei suoi fratelli. Per sua madre è un figlio perso, per suo padre un perdigiorno in mutande da corsa, per lo zio Bibo (ultimo comunista vivente, miliardario), un eroe gramsciano. Morto di matrimonio fulminante, subalterno ai figli, ha sempre ragione ma nessuno gliela dà. Vagamente sociopatico, regola i suoi rapporti con cortese maleducazione, dispensando impunemente leggiadre villanie: “non ti ho chiesto come stai, perché me lo dici?” o “ti vedo tanto invecchiata” o “è un po' che non ci vediamo, per la gioia di entrambi” sono gli usuali convenevoli. Sul lavoro è rispettato per i difetti che ostenta, stimato per il disprezzo che suscita, temuto per la trasparenza del suo pensiero. Vivendo di delinquenza, è leale quanto solo i banditi sanno esserlo. Rovinato podisticamente dalla scuola di Pol, è segretario di un team presieduto da un cane. È fuor di dubbio il peggiore allievo di Chiara tra i pistardi del martedì. Sopraffatto dalla corsa, frequenta il suo lato oscuro e ne divulga lo spietato dominio, cercando nuovi disertori pronti alla guerra di liberazione. Senza alcuna speranza di vincerla.
45 ANNI
Nasce a Cervia nel 1967 prendendo sin da subito il binario della anormalità , ma in fondo chi può dire che cos’è la normalità . Babbo di due splendidi Bulldog Inglesi, con i quali condivide la casa ha la necessità di ridere, fare sport e di emozionarsi Da anni si pregia di essere un piccolo ambasciatore di Amref onluss Italia divulgando il nome nei suoi viaggi atletico mentali e raccogliendo fondi . Il resto lascia che lo dicano gli altri e se dicono male …. Si chiude le orecchie
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GIORGIO POLI BANCARIO 51 ANNI
GIULIANO PUGOLOTTI GIORNALISTA 50 ANNI
MARCO RAFFAELLI GIORNALISTA
Nato nell'estrema provincia di Reggio Emilia, vive a San Lazzaro vicino a Bologna, lavora a Modena dopo avere lavorato per molti anni a Roma, Torino e Milano. Nonostante il continuo girovagare su ferrovie e autostrade, con il passare degli anni il tasso di sedentarietà cresceva progressivamente di pari passo con il girovita. All'avvicinarsi del giro di boa ha modificato, con fatica e qualche rimpianto, il proprio stile di vita aumentando l'attività fisica ed eliminando dalla propria tavola cibi succulenti e vini inebrianti. Prima la bicicletta e poi la corsa. Da qualche anno è entrato nel tunnel delle gare podistiche impegnando le proprie domeniche fra l'Emilia, la Romagna e la Toscana con qualche puntata in Lombardia, Piemonte e Veneto. Predilige le mezze ma si sta impegnando nella gara regina rifiutandosi di aderire al partito della Grande Mela (anche se prima o poi lo vedremo partire dal Ponte di Verrazzano come tutti gli italiani che si rispettano).
Residente a Barbiano di Felino (Pr). Sposato con Tiziana è padre di una figlia Giulia. Dal 1980 al 1987 professione giornalista. Ha pubblicato 7 libri. Dal 1987 ad oggi presidente e direttore creativo della Double P Italia, affermata agenzia pubblicitaria. Attività sportiva. Ha concluso 18 maratone. La prima a Carpi nel 1992, e successivamente in molti altri paesi, Finlandia, Norvegia, Austria, Marocco ect. La grande passione per la corsa dal 2005 si è trasformata nelle gare di Endurance Alcune gare: 2003 – Midnight Sun Marathon ( Tromso Norvegia) 2004 – Tirol Marathon (Austria) 2005/2006 – 100 km del Sahara (Tunisia ) 120 km a tappe 2007 – Lybian Challenge (Libia) 190 km non stop 2007 – Sahara Race (Egitto) 250 km a tappe 2008 – Gobi March (Cina) 250 km a tappe 2009 – Massiccio Hoggar (Algeria) 270 km non stop
Corro perché fermo, non so stare e altrimenti non vedo nulla, poi se mi trovo sul Monte Resegone, sul Queensborough Bridge o a Gamla Stam non fa differenza. Roma è la compagna di corse ideale, la mia squadra, il Cral Poligrafico dello Stato, il rifornimento al 35km. Ho corso tante maratone, mi sono ritirato, ho fatto il mio tempo dei tempi e camminato per 42000 mila passi. Non mi sono ancora stancato, mio padre mi ha passato il testimone e corre ancora con me, magari un km dietro, ma grazie a lui ho sempre la forza e l’entusiasmo di vivere e raccontare il mio podismo!
www.giulianopugolotti.com
FRANZ ROSSI MANAGER 48 ANNI
LUCIANA ROTA GIORNALISTA
DAVIDE SANNA CONFIGURATION MANAGER
Veneziano di nascita, triestino per buona parte della vita ed ora milanese d’adozione, è giunto alla corsa come modo di realizzarsi solo dopo aver provato alcuni altri sport. Essendosi convinto di voler correre una maratona prima del 40esimo anno di età debuttava a Milano. Il virus della maratona non l’abbandonava ed andava a testarsi nelle principali maratone italiane e straniere. Non soddisfatto della sola corsa su strada, ha provato anche l’ebbrezza del trail, finendo dignitosamente le gare iniziate e tornando ogni volta con più entusiasmo di prima. Adesso la corsa in natura occupa la maggior parte dei suoi weekend. Tra le gare fatte alcune edizioni della Monza Resegone, della Biella Monte Camino, la Dolomites SkyRace, le Porte di Pietra, la Valdigne, la CCC, il ToubkalTrail, la 100km di Seregno. E la preferita, l’ArrancaBirra... Con il peggiorare delle prestazioni ha cercato di allungare le distanze, cercando la scusa che «non sono io che sono più lento, è che c’è più strada da fare». Avendo coniugato la passione per la corsa con quella per la parola scritta, ha fondato X.RUN e ne è rimasto invischiato. Lavora come manager in una software house milanese. Appena può scappa in montagna.
Luciana, giornalista sportiva e blogger. Con specializzazione e soprattutto rispetto (più che predisposizione atletica) per gli sport di endurance. Origini comuni a Coppi il Campionissimo (La Mia Vita con Fausto, Daniela Piazza ed). Fra Piemonte e Lombardia. Cresciuta a pane e ciclismo. 10 Giri d'Italia nel cv. E un Tour da inviato per Qn Il Giorno. Ha anche trottato parecchio, tanto: nell'equitazione e nell'ippica. Con propensione allo spirito olimpico. Col Maestro Faggiani: lo stesso qui direttore. Conduce in Studio a Bike Show Tv (Sky 817). Parla (anche troppo) di ciclismo e di triathlon, sua nuova passione. E di Donne di Sport. Comunica per Enervit (resp. media relations): e comunque senza quel tubetto di GT - a NY - l’avrebbero fermata i crampi. Grazie Prof. Arcelli.
Rhodense di nascita. Sposato, e, come ama dire, “anche abbondantemente”, con una donna importante e 2 figli al seguito davvero unici! Una iena e un rugbysta. Davide si definisce “Felice”. Nella quotidianità cerca di ricavarsi sempre dei piccoli spazi per veicolare le tossine che inevitabilmente si accumulano durante la giornata. Pratica sport, principalmente di resistenza, perché sono una necessità. Ha sperimentato, in ordine di tempo, rugby, ciclismo, nuoto e per finire da qualche anno questa disciplina spettacolare che è la corsa. Si definisce “atipico a 360°”. Questo aspetto ha la sua valenza anche nello sport. Sceglie le gare in funzione delle percezioni e del livello di libertà che queste gli trasmettono, insomma ha la sindrome del nomade! Per concludere una sua citazione: “Giusto per rendere al meglio l'idea del mio nomadismo, riesco a trovare la mia identità e il mio livello di spiritualità anche attraversando Milano, di corsa la mattina presto, da Ovest ad Est. Sicuramente prediligo la montagna, ma se questa per ovvi motivi tarda a venirmi incontro allora cerco d'immaginarla dentro di me. In fondo in fondo, mi basta avere della terra sotto i piedi da calpestare per stare bene.”
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PAOLO VALENTI VENDITORE DI IDEE 57 ANNI
ALBERTO ZAMBENEDETTI PROFESSORE
Nasce a Milano e vive a Milano con saltuari soggiorni lavorativi in Africa centrale e in Centro America. Corre alcune maratone come non competitivo dall’età di 31 anni all’età di 31 anni, nel 1982. Corre di nuovo dall’agosto del 2003, questa volta con più continuità, come competitivo. Non è un gran chiacchierone e preferisce scrivere. Ha incontrato sua moglie 37 anni fa ed esattamente lo stesso giorno del primo bacio, trent’anni dopo, l’ha sposata (o lei ha sposato lui, invertendo l’ordine il risultato non cambia): in qualche modo corrono sempre assieme, perché correre è uno stato dell’anima prima che un movimento del corpo. Editoria, pubblicità, marketing, agente pubblicitario sempre con il filo conduttore del turismo e dell’editoria. Ha creato un elenco di 50 gare, “Una nella vita”, che deve riuscire a fare prima di sera.
Nato e cresciuto a Venezia, Alberto è un giramondo coi piedi per terra. Pragmatico sognatore al tempo stesso, coltiva le sue passioni ovunque vada, e dove vada, non si può mai dire. Perito informatico, letterato, critico e studioso di cinema, insegnante universitario ed abilissimo a bluffare, Alberto si è trasferito a New York nel 2003, dove corre con il Brooklyn Road Runners Club inanellando infortuni a causa della sua proverbiale incostanza negli allenamenti. In linea con la sua personalità contraddittoria, il suo momento di gloria e quello di massima idiozia coincidono: nel 2009 ha corso la maratona di New York con una gamba ingessata.
Photo Credits
Le immagini Le condizioni d’uso delle fotografie sono state concordate con i detentori dei diritti. Nel caso non fosse stato possibile, l’editore si dichiara disposto a riconoscere un giusto compenso. La foto di copertina è stata realizzata da Luciano Fabbri in Senegal. L’albero sullo sfondo è un baobab.
Le fotografie pubblicate nel numero Gennaio/Febbraio 2012 di X.RUN sono di: Archivio Acquarone pagine 20, Archivio Monteforte pagine Roberto Mandelli pagine 78, 80 22, 26, 28. 86-87, 88, 90, 92 e 94. e 82. Archivio Baglini pagine 98 e Archivio Poli pagina 42. Luciana Rota pagine 34, 36, 100. 38-39, 40, 106, 110, 112 e Archivio Sanna pagine 5, 64, 68 134-135. Archivio Di Giorgio pagine 48, e 69-70. tutte le foto della composizione a pagina 54-55 e 60. Archivio X.RUN pagine 46, 76 e 77.
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