X.RUN novembre dicembre 2010

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Novembre Dicembre 2010 v. 2 # 6 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/04 n째46) art.1, comma 1, CNS TS - I.R.

La coppia delle ultra Pablo Barnes e Virginia Olivieri

+ Per

chi corri

Le molte anime di Roberto Ghidoni


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X.RUN

Storie di corsa

2010 novembre / dicembre [v. 02 # 06] volume 2, numero 6


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Non ci resta che correre

È

« X.RUN, LA VOCE DELLA NOSTRA PASSIONE, NON POTEVA RESTARE IMMUNE AL CAMBIO »

un numero strano, questo, di X.RUN. Un numero segnato in tutto, persino in questo pesante ritardo nella data di uscita, dalla svolta completa che abbiamo dato al nostro giornale. Ci sono stati molti cambiamenti, dalla società editrice al modo di stamparlo, tutti cambiamenti che tendono ad una maggior attenzione ai motivi per cui si fanno le cose. Perfettamente in linea con questi cambiamenti, anzi forse “motore primo”di tutte queste svolte, è stata la decisione che spieghiamo meglio nella cover, di dedicare la nostra passione per la corsa ad un progetto concreto. Ed X.RUN, che è la voce della nostra passione, non poteva restare immune al cambiamento: il 50% dei ricavi delle vendite viene devoluto alla clinica pediatrica fondata nel 2009 da Gino Strada a Bangui nella Repubblica Centroafricana. Abbiamo scelto Emergency perché ci piace quello che fanno e come lo fanno, la loro trasparenza, il loro aiutare la gente a prescindere (da razza, religione, ideologia), il loro non arretrare di fronte alle difficoltà, la loro tenacia da maratoneta. Altre novità seguiranno nel 2011. A gennaio cambierà il nostro sito web, diventando un punto d’incontro e un’occasione di scambio di idee e di esperienze. In primavera affronteremo il mondo digitale, con l’inserimento nel progetto di X.RUN di nuove tecnologie che permetteranno di usare anche il linguaggio video: continueremo a produrre dei film (i due che avete ricevuto nel 2010 sono un buon esempio), ma anche qui ci saranno importanti novità. Infine saremo più presenti fisicamente. Alle gare, con gli X.RUNNERs e con lo stand della rivista (sempre in condivisione con Emergency); organizzeremo un X.RUN tour nelle società sportive italiane, portando le storie di corsa che abbiamo raccolto in questi anni; e naturalmente continueremo a pubblicare racconti e sensazioni di gente che corre, cercando di ampliare sempre più il nostro punto di vista. Insomma si chiude un biennio che ci ha visti nascere e crescere e se ne apre uno FRANZ ROSSI nuovo che ci vedrà trasformare. Come al solito, abbiamo una sfida ed un obbiettivo: non ci resta che correre. editore X.RUN

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X.RUN La rivista è edita da Tribù Astratte s.c.ar.l. Sede legale: via Dante, 7 - 34122 - Trieste Redazione: via Viganò, 8 - 20124 - Milano. Direttore responsabile Paola Pignatelli Segreteria di redazione: Daniela Banfi

www.xrun.eu Scriveteci a redazione@xrun.eu Per abbonamenti abbonamenti@xrun.eu Per pubblicità marketing@xrun.eu

La testata è stata registrata presso il Tribunale di Trieste nr. 1179 del 14/08/2008 4 Stampa: A.G. Bellavite Missaglia (LC)

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INDICE

L’Editoriale 2 Non ci resta che correre di Franz Rossi

COVER 12 The X.RUNNERs Project di Daniela Banfi e Franz Rossi In un pezzo introduttivo ci viene raccontato cosa ha spinto X.RUN verso il progetto Emergency. E si svelano alcuni particolari sugli X.RUNNERs.

18 Perché corro? Per chi corro! di Daniela Banfi Basta guardarsi un po’ attorno per scoprire che il mondo della corsa è pieno di iniziative che hanno scopi più elevati. In questo breve viaggio ci vengono raccontati alcuni esempi.

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MITO

32 Le molte anime del lupo che corre

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di Franz Rossi Incontriamo Roberto Ghidoni, l’uomo che ha battuto tutti i record dell’Iditarod, la gara che si svolge in Alaska e che dura quasi un mese.

46 Lo sport e la filosofia per spiegare

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lo sport estremo di Roberto Ghidoni L’“Alce Italiano” si interroga sul senso di alcune gare che ti spingono all’estremo. Scopriamo dalla sua viva voce cosa ha trovato nel bianco dell’Alaska.


RUNNING 52 I vagabondi dell’ultra trail di Franco Faggiani In aeroporto, prima di partire alla volta della natia Argentina, Virginia Olivieri e Pablo Barnes si raccontano. Una vita fatta di viaggi, corse, bicicletta e tanta curiosità.

62 Il richiamo del viandante di Davide Sanna Una gara particolare, la Madrid Segovia, in un’edizione caldissima e, per l’autore, segnata fin dai primi chilometri da un infortunio.

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M

74 Strongman: una corsa da pazzi di Filippo Pagavino Ritroviamo Filippo Pagavino in Germania, questa volta nel team Gasparotto, a cimentarsi in una corsa molto particolare.

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86 Fuori dall’Uscio di Daniela Banfi

88 La strada delle farfalle nere di Luca Galbiati Di nuovo in Africa, questa volta in quella lontana dai percorsi turistici, quella vera, fatta di villaggi e strade infangate, seguendo una scia di farfalle nere.

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96 Almeno una volta nella vita di Paolo Zucca È la maratona per antonomasia, quella che è entrata nell’immaginario collettivo come la gara che devi fare... almeno una volta nella vita.

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104 Correre a Mumbai di Daniela Banfi Mumbai (o Bombay) è la seconda città più popolosa del mondo. Nel 2012 si calcola che gli abitanti saranno 20 milioni, praticamente un terzo degli italiani.

110 Mumbai Marathon La maratona di Mumbai nelle parole di due italiani che l’hanno corsa in un periodo della loro vita in cui vivevano nella metropoli indiana.

LOGOS

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118 Intervista a Michele Pontrandolfo

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di Andrea Busato Professione esploratore polare: scopriamo cosa significa nel 2010 viaggiare in terre inesplorate.

124 La corsa intorno

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L

di Pietro Landriani L’interpretazione di Landriani di una frase tratta da un’opera di Rebecca Solnit.

126 Appuntamento al buio di Cinzia Califano Cinzia si è preparata a lungo per questo appuntamento, e come ogni primo incontro (specialmente se è organizzato al buio) ci sono parecchie incognite.


130 Il lessico del podista di Mauro Creatini Continua il nostro personale dizionario di termini “normali” imprestati al podismo e liberamente reinterpretati per noi da Mauro Creatini.

134 L’importante è crederci di Marco Negri Sarà capitato anche a voi di incontrare in allenamento un podista come quello incrociato da Marco dopo la maratona di Venezia?

146 Recensioni 9

152 Autori 158 Credits


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the

X runners

project

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Ogni corridore evolve verso nuovi obbiettivi. A volte sono traguardi fisici, a volte riscontri cronometrici, a volte si cerca solamente di sconfiggere i propri demoni. Ma ci sono persone che corrono cercando di comunicare un messaggio. Ne abbiamo incontrate alcune nel nostro personale viaggio

“Perché corri?” è la domanda che frequentemente viene rivolta a chi ha fatto di questo sport una disciplina di vita, una filosofia da seguire, e molto spesso capita che anche chi corre se la rivolga, magari proprio mentre sta correndo. Ognuno ha trovato le “sue” risposte. Chi per dimagrire, per restare in forma, per sfogare lo stress quotidiano, per pensare, per mettersi alla prova, per farsi il fiato per altri sport, per sentirsi ancora giovani combattendo a suon di chilometri gli anni che avanzano. Ma in fondo la risposta che unisce tutti è perché, alla fine poi si sta bene con se stessi e con gli altri. Correre ti fa sentire bene. I fisiologi spiegano il fenomeno con il rilascio di endorfine, ma per noi romantici della corsa è molto di più che una reazione chimica, è un mix tra corpo e mente.

Quel miscuglio di sensazioni, emozioni, esperienze che emergono dopo la corsa e che magicamente si tramutano in parole scritte sono il nucleo fondante di X.RUN. È questo che vogliamo trasmettere, noi parliamo del “perché” si corre non di “come” correre. La X nel nome della rivista significa proprio questo, quello che c’è extra alla corsa, quello che c’è oltre l’esperienza fisica. La corsa intorno Da qualche mese, su iniziativa di Pietro Landriani, abbiamo inaugurato una bella rubrica, trasformatasi anche in mostra, dal titolo “La corsa intorno”. È nata da una domanda semplice che Pietro si è posto durante una delle tante corse: “ma se la corsa è intorno, in mezzo cosa c’é?”

C Perché corro? Per chi corro!

testo di Daniela Banfi e Franz Rossi foto di Autori Vari

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X.RUN for EMERGENCY è un progetto che ci vedrà impegnati per tutto il 2011 su molteplici fronti. Dalla semplice raccolta di fondi ottenuta devolvendo la metà di quanto ricaviamo dagli abbonamenti fino alla creazione di “eventi di corsa” con la community degli X.RUNNERs

colori e poi ti ritrovi in una realtà lontana, eppur così vicina solo che prima non avevi occhi per vedere, sensi per sentire, voce per raccontare. Correre fa stare meglio noi, ma possiamo provare ad usare la corsa per far stare meglio tutti. Crediamo nel sogno di un mondo migliore, dove l’umanità intera possa essere rispettata ovunque in egual misura, a prescindere dal sesso, dalla religione, dall’etnia o dal credo politico. Crediamo nella libertà senza la violenza, crediamo che questa non possa essere combattuta alimentando se stessa, ma opponendo alla prepotenza un’opposizione ferma e pacifica, aiutando le vittime con parole e gesti di pace. Correre è un linguaggio universale compreso e parlato da centinaia di migliaia di persone nel mondo. È la lingua che noi parliamo e attraverso questo linguaggio noi vogliamo portare un messaggio forte di impegno.

Andare oltre: per chi corri? Ma si sa i pensieri volano, mutano e da questo trasformarsi continuo si avanza sempre verso nuove idee, altre domande. X.RUN ha scelto di fare un importante passo avanti, si è posto un nuovo quesito: “per chi corriamo?” S’incomincia a farlo per se stessi poi senza volerlo si entra in un mondo nuovo. È come accade in alcuni film: dietro ad una cascata c’è una grotta, all’inizio è buia, ma avanzando passo dopo passo ascolti i suoni, annusi l’aria, vedi la luce, i primi

Il progetto concreto Da oggi X.RUN corre per EMERGENCY. Lo facciamo con un impegno concreto, devolvendo il 50% dei ricavi delle vendite all’associazione di Gino Strada. Lo facciamo attraverso gli X.RUNNERS, un team di persone che condivide il nostro progetto e che parteciperà a moltissime gare, portando così un forte messaggio di libertà, di pace. “Corro con X.RUN per EMERGENCY” sarà il nostro motto, parole e azioni insieme per un mondo migliore, per un domani senza guerre.

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C Perché corro? Per chi corro!

Correre diventa anche un modo per rapportarsi con gli altri, con il territorio, diviene un mezzo per conoscere. In X.RUN abbiamo raccontato di detenuti che si allenano in un cortile di pochi metri quadrati (e chi corre conosce questo limite della libertà), abbiamo raccontato di chi ha perso le gambe o la vista eppure non ha smesso di correre, anzi. Abbiamo raccontato l’esperienza della malattia, della discriminazione sessuale o razziale, dei problemi dell’ambiente, dell’orgoglio di vivere in un paesino lontano dal mondo frenetico, dell’umiltà di chi arriva sorridendo secondo per essersi fermato ad aiutare una persona in difficoltà. Abbiamo narrato di sogni Olimpici e di sogni altrettanto grandi come poter nuovamente correre anche se solo per 30 minuti. Infilare le scarpette e uscire a correre, che sia ogni giorno o saltuariamente, è molto di più che un semplice gesto atletico.


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“ SE UCCIDERE È NATURALE, COME MAI I SOLDATI DEVONO ESSERE ADDESTRATI? Joan Baez


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Perché corro? Per chi corro! Dedicare la corsa ad un progetto

testo di Daniela Banfi foto di Autori Vari

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L’uomo: animale sentimentale, poetico e fucina di idee ha la capacità di creare e distruggere nel medesimo istante in parti opposte della terra. Usa le parole per diffondere notizie, per raccontare, per erudire, ma come dice ancora il professor Keating, sempre nell’Attimo fuggente: “Non leggiamo e scriviamo poesie perché è carino: noi leggiamo e scriviamo poesie perché siamo membri della razza umana; e la razza umana è piena di passione. Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento; ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita” “La razza umana è piena di passione” ecco il nocciolo della questione, il filo che collega la poesia con la corsa, la corsa con le idee, le idee con le passioni, le passioni con la ribellione, la rivoluzione con la rinascita e questa di nuovo con le idee che altro non sono che poesia. Di parole se ne usano una quantità infinita in una vita, riempiono gli spazi più reconditi e gli attimi più silenziosi, perché il pensiero non smette mai di essere parola, muta alle orecchie degli altri, ma assordante per le nostre e così che mentre si corre s’incontrano persone.

Correre è un modo di comunicare, di portare ad altri un messaggio che ci sta a cuore

C Perché corro? Per chi corro!

“Qualunque cosa si dica in giro parole e idee possono cambiare il mondo” (da L’attimo fuggente)


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Correndo in un luogo lontano tra forestieri si parla una lingua comune ci si scambia idee ed opinioni, parole e ideali. Il sudore che cola dalle tempie è il medesimo il passo anche, gli scopi molteplici. E così che in terra straniera abbiamo incontrato Andy, che non è l’Andy di Toy Story, ma Stott Androw di mestiere: SMINATORE.

Baghdad Marathon… una corsa per la pace Come lo sminatore neozelandese molti altri corrono per un ideale, usando i passi come mezzo di non violenza, per ribellarsi, per non lasciarsi opprimere dalla disperazione, percorrendo nuove strade, così l’Associazione sportiva

Bagdad Marathon La Maratona di Baghdad è nata tra un gruppo di atleti italiani, operatori di pace e cittadini iracheni che condividono la volontà di costruire un futuro di pace in Iraq attraverso l’attività sportiva. L’idea non è solo di correre una maratona nella città di Baghdad, ma anche di rafforzare il settore sportivo nel paese con la convinzione che esso sia una parte importante della società civile. Lo sport ha la capacità di sviluppare e di diffondere valori e un messaggio di pace e di nonviolenza, soprattutto nelle nuove generazioni di giovani cittadini iracheni.

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www.baghdadmarathon.it

C Perché corro? Per chi corro!

Professione sminatore Andy indossa un casco ed un giubbetto anti-bomba, sotto il pettorale n° 68, sulla schiena è appuntata la bandiera degli sminatori ed il suo nome. È un uomo di quarant’anni circa, fa parte del Blom-Lebanon Mine Action Center è di nazionalità Neozelandese, da circa dieci anni. Ci confessa di aver gettato, stracciato il suo passaporto inglese, come se avesse voluto cancellare una vita precedente. Corre vestito da sminatore per sensibilizzare le persone, l’opinione pubblica. Siamo a Beirut città distrutta dalle mille guerre, siamo in Libano dove al sud camminare in un campo può voler dire rischiare la pelle. Lui corre per la vita, corre perché le persone non si dimentichino che le mine sono devastanti, corre per i suoi colleghi e per tutte quelle persone che non lo possono più fare. Nonostante sia novembre fa caldo a Beirut il sole è alto e lui porta con sé il peso del casco, del giubbetto ma anche dei terreni bonificati e di quelli ancora da rendere sicuri, il suo passo lento avanza costante fino all’arrivo, sotto lo striscione del traguardo alza le braccia al cielo, mille occhi lo osservano sono giovani libanesi che stanno terminando la loro dieci chilometri di festa, sono adulti, donne e soldati. Ha corso per un ideale. Ogni passo una parola, un insieme di suoni silenziosi, una poesia di speranza per un futuro senza più ordigni pronti ad esplodere spezzando vite innocenti, la salvaguardia della vita diviene un pensiero importante, la propria fatica è nulla in confronto. Le cluster bomb le cosiddette bombe a grappolo uccidono anche dopo anni, esplodono anche per una semplice scossa, cadono nel terreno e li rimangono, con le piogge vengono coperte dal fango e nascoste attendono un passo falso o la mano esperta di Andy e di altri come lui. La guerra dei 34 giorni nell’estate del 2006 ha lasciato in Libano qualcosa come un milione e centomila ordigni inesplosi più quelli delle guerre precedenti, sparsi nei campi tra le coltivazioni di ulivi, arance, limoni, nelle vicinanze delle scuole e dei villaggi, e come frequentemente avviene chi ci va di mezzo il più delle volte sono i civili innocenti, perlopiù bambini e ragazzi. L’uomo accecato da sentimenti di rivalsa e vendetta spesso si dimentica che i bambini non combattono le guerre.

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Lo sport ha il potere di cambiare il mondo Ha il potere di riunire le persone come poche altre cose

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Baghdad Marathon che crede fortemente nello sport come mezzo di pace ed unione fra popoli. Ecco che nel loro progetto “Non Violence Race” la Maratona diventa lo strumento con il quale diffondere un messaggio di riconciliazione, d’armonia soprattutto di NonViolenza in Iraq così come nel resto del mondo. Il progetto è volto a sensibilizzare i giovani iracheni, futuri uomini che governeranno il paese, promuovendo la corsa come mezzo di diffusione di valori profondi: tolleranza, dialogo, capacità nell’affrontare le problematiche, solidarietà, difesa dei diritti umani, coinvolgimento della popolazione, diffusione di una filosofia di non violenza e di aggregazione. Lo sport in generale ed in questo caso la corsa sono il mezzo per permettere che la società civile irachena possa cambiare, abbia modo aprirsi un varco verso un futuro sereno, solo cambiando le basi si può pensare di avere un domani più libero. L’idea è quella di trasmettere le conoscenze e di rendere le persone autonome, d’insegnare ad organizzare eventi, permettendo il coinvolgimento di tutti partendo da brevi distanze. In quest’ottica il 3 ottobre di quest’anno si è svolta a Baghdad ed in alcune altre cittadine irachene (Diwaniyya, Ramadi, Khanaqeen, Salaheddin), in Italia ad Ostia e in Spagna a Barcellona, la prima corsa per la pace. Si legge l’emozione nelle parole del comunicato di chi scrive e racconta questa nuova esperienza: il gazebo, montato la medesima mattina, punto di partenza, la fila di ragazzi che in ordine aspettano di ritirare il loro pettorale fatto di stoffa e scritto a mano. In ben quattrocento hanno partecipato alla prima edizione della “Non Violence Race” di Erbil, tanti sono arrivati molto dopo i primi, ma alla fine ha vinto la gioia di partecipare, di prendere parte ad un sogno che si sta avverando, aver messo il primo mattone per costruire le fondamenta di una vita di normale convivenza tra popoli lasciando da parte le ostilità. Il Gruppo Iracheno per la Nonviolenza (LAONF) aggrega associazioni, Ong, sindacati provenienti dai differenti gruppi etnici e religiosi presenti in Iraq (Curdi, Sunniti, Sciiti, Assiri, Turcomanni). Sono impegnati nel sostenere pratiche di non violenza, uniti dalla comune convinzione che un futuro di pace per l’Iraq dipenda soprattutto da un rafforzamento della società civile irachena, appoggiando gli sforzi interni per la riconciliazione e la pace. Il prossimo appuntamento con Baghdad Marathon… una corsa per la pace è a Baghdad il 02 ottobre 2011. Il potere di cambiare il mondo In un celebre discorso, Nelson Mandela afferma che “Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ricongiungere le persone come poche altre cose. Ha il potere di risvegliare la speranza là dove prima c’era solo disperazione”. Con questa saggia citazione si apre la finestra su uno dei progetti che Daniela Gilardi della società SEV Valmadrera sta portando avanti già da qualche tempo.


Insieme alla COE (centro orientamento educativo) attraverso la corsa raccolgono fondi per dare l’opportunità a ragazzi del Congo, Zambia e Cameruon di praticare questo sport che in contesti così poveri risulta facilmente godibile. Il progetto prevede l’organizzazione di una serie di corse campestri, sotto forma di circuito, nei vari villaggi, accomunate da un filo conduttore: una classifica finale volta ad incentivare e motivare i ragazzi. Un mezzo per tenerli occupati sia per gli allenamenti che per le gare per alcuni mesi all’anno. Il proposito è anche quello di formare un gruppo di persone locali in modo da creare una sorta di continuità e di espansione della corsa come mezzo formativo anche in altri territori. Il fine è quello di educare attraverso lo sport, di permettere un futuro a giovani che una volta finita la scuola non trovano lavoro e che a lungo andare si perdono nell’inezia. Certo la corsa non è la bacchetta magica che può risolvere i problemi, ma può instillare gocce di speranza e donare stimoli positivi ai giovani che la praticano.

Da Lecco a Chernobyl La staffetta partirà il 30 luglio 2011 alle 10.00 da Piazza Cermenati a Lecco per raggiungere Chernobyl in Ucraina percorrendo più di 2000 Km attraverso Italia, Slovenia, Ungheria e Ucraina. (http://staffettaleccochernobyl.wordpress.com) 2000km di corsa per raccogliere fondi per i bambini ucraini. Vuoi partecipare a questa staffetta? Abbiamo dato il valore simbolico di 1 Euro a ogni Km della strada che dovremo percorrere per raggiungere la nostra meta. Decidi tu la distanza e “ADOTTA” i Km. che vuoi correre con noi, anche virtualmente.

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C Perché corro? Per chi corro!

Imparare il valore del sacrificio Correre è libertà, ma è anche tenacia e sacrificio, per chi progetta è anche sognare di correre insieme ai giovani atleti indossando le chiodate calpestando terra d’Africa e non i soliti campi brianzoli. Daniela, piccola e grintosa rappresentante della SEV Valmadrera, non si ferma qui ma va oltre, si spinge verso est. L’idea è nata sulla scia dell’ospitalità che ogni estate un gruppo di famiglie vicine al gruppo sportivo offre ad un gruppo di bambini ucraini della regione di Chernigov uno dei luoghi più colpiti dalla catastrofe di Chernobyl. L’organizzazione è curata dall’associazione Les Cultures. Con la medesima sensibilità che li ha visti e li vede operare in Africa e toccando con mano una realtà lontana e sconosciuta oltre all’ospitalità e all’adozione a distanza hanno progettato un modo diverso di sostegno, una raccolta fondi inconsueta, ideando un viaggio di corsa, una staffetta che partendo da Lecco arriverà fino a Chernobyl, dando un valore ai passi di corsa. Il progetto vede come finalità la ricostruzione della palestra di una scuola dove studiano circa 600 ragazzi, molti dei quali orfani. L’intento però non è solo quello materiale, non è solo aggiustare il pavimento, sistemare le finestre rotte, cambiare le lampade, ma vuol soprattutto essere un atto d’amore e di affetto, qualcosa di concreto anche se i sentimenti sono impalpabili, il messaggio che Daniela vuole che portare ai ragazzi è che nonostante la lontananza, le difficoltà, la solitudine, la malattia, nonostante tutto qui come in Ucraina quei bambini sono amati. Ancora una volta la passione di molti per la corsa porterà un messaggio, ancora una volta passi di corsa non fini a loro stessi ma per ricordare al mondo, che oggi è distratto da mille cose e tiene conto solo dell’apparenza, che il sorriso

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di un bambino è un bene così importante che non ha prezzo, e noi adulti dovremmo averlo sempre presente.

111 km da Damasco a Beirut La passione di John per il Libano è stata confermata in aprile di quest’anno, quando ha partecipato alla Damasco Beirut, una gara di 111 chilometri organizzata dalla stessa Beirut Marathon Association per un ristretto gruppo di atleti. «Si è trattato di una prova tra amici. 11 concorrenti, provenienti dal Libano, dal Regno Unito, dalla Siria e dalla Palestina. In dieci siamo arrivati in fondo. Magari nei prossimi anni diventerà una gara ufficiale». Ma veniamo alla corazza del rinoceronte da sotto la quale ci sta parlando.

Save the rhino L’associazione Save the Rhino è la più grossa associazione europea per la raccolta di fondi destinati alla salvaguardia di questo grosso mammifero. Potete trovare tutti i dettagli sul sito ufficiale dell’associazione: www.savetherhino.org

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C Perché corro? Per chi corro!

Con il sorriso sulle labbra e il corno sul naso Spesso capita che durante una maratona o comunque un evento importante di corsa ci siano persone vestite in modo buffo, ognuno di loro ha un motivo per correre agghindato in quel modo che perlopiù alla vista sembra anche parecchio scomodo. A Beirut abbiamo incontrato un rinoceronte. Ma partiamo dall’inizio. Il primo incontro è avvenuto la mattina della gara, in albergo, nella hall stazionava un enorme bestione grigio accanto a delle handy bike, erano le sei del mattino e ancora assonnati non ci siamo dati delle risposte plausibili. Più tardi, alla partenza, lo abbiamo ritrovato, questa volta in piedi e pronto alla gara. Era un rinoceronte, o meglio, un’armatura da rinoceronte, dalla quale spuntavano le gambette e gli occhi ammiccanti di John Tyszkiewicz, un cittadino inglese di 49 anni, padre di tre figli e con una moglie che, secondo le sue stesse parole “è quella che non si stanca mai di supportarmi” questa è la quinta volta che corre la maratona di Beirut. Lavora come broker nella City per antonomasia, ma non è nuovo ad imprese che hanno dell’incredibile. Come nel 2009, quando ha attraversato l’intero Libano, in una corsa non-stop di 265 chilometri, insieme all’amico Jackson Griffith (che quest’anno faceva il pacer delle 3:30 alla maratona di Beirut). L’idea era nata (come spesso accade) scherzando intorno ad una birra. John e Jack avevano visitato uno dei SOS Children’s Village, i villaggi patrocinati dall’omonima associazione in cui si presta aiuto ai ragazzini libanesi. Volendo portare un aiuto concreto (ed essendo molto diffusa nel Regno Unito la raccolta di fondi attraverso la sponsorizzazione di corse più o meno estreme) si sono appoggiati all’organizzazione della Beirut Marathon che li ha aiutati nella logistica. Alla fine hanno percorso l’intero Libano, partendo dal confine con la Siria a nord ed arrivando, lungo la costa mediterranea, fino ad Israele. 265 chilometri, 50 ore e 40 minuti, ma il dato che fa più impressione sono i 15mila dollari raccolti per aiutare l’associazione.

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«Corriamo con questo costume per ricordare al mondo che questi splendidi animali sono a rischio di estinzione. Non sono il solo runner a farlo. Quest’anno alla maratona di Londra c’erano 40 rinoceronti a correre sotto l’egida dell’associazione Save the Rhino (www.savetherhino.org) e nel 2011 ci sono già 50 pettorali prenotati. «Stiamo lavorando su diversi progetti - prosegue John - 7mila sterline per garantire a dei ranger del parco Hluhluwe-iMfolozi in South Africa di prendere il brevetto di piloti e poter usare degli aeroplani per fare il loro lavoro contro i bracconieri, oppure una donazione di 5mila dollari per creare una scuola di rangers in Namibia (dove esiste la più vasta popolazione di rinoceronti), infine un progetto da 57mila dollari per acquistare un nuovo pullman per il programma di educazione ambientale del Laikipia Wildlife Forum in Kenya che ogni anno raggiunge e tiene corsi per 4.000 persone, soprattutto bambini». Chiunque può donare, basta andare sul sito e scegliere il progetto a cui dedicare il proprio contributo. Semplice ed improbabile, almeno per le nostre usanze di italiani. Intanto John si allontana. Terminerà la sua fatica in 5 ore e 40 minuti. Sotto il solleone e dentro una sauna portatile. Lui il suo contributo per la causa dei rinoceronti lo paga in sudore.

X.RUN for Emergency Dal primo novembre 2010 e per tutto il 2011, X.RUN supporterà Emergency devolvendo la metà dei ricavi delle vendite alla clinica pediatrica di Bangui (nella Repubblica Centroafricana) fondata da Gino Strada. Contemporaneamente in molte gare (sia su strada che in montagna o su pista) dei gruppi di atleti di diverse società sportive indosseranno la maglia di X.RUNNERs per divulgare il messaggio di Emergency. Emergency è un’associazione italiana indipendente e neutrale, nata per offrire cure medico-chirurgiche gratuite e di elevata qualità alle vittime delle guerre, delle mine antiuomo e della povertà.

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C Perché corro? Per chi corro!

Gli X.RUNNERs for Emergency In ultimo, ma non per ultimo ci siamo noi di X.RUN che abbiamo corso a Beirut indossando una maglia bianca, un po’ come la bandiera che si usava sventolare in segno di tregua, di pace. Sul petto il logo X.RUN for Emergency e sotto due omini stilizzati che corrono insieme dandosi la mano. Eravamo in quattro: Giovanni Storti, Gianluca Moreschi, Franz Rossi ed io. Abbiamo corso in formazione al passo del più lento, il mio, fino al trentesimo chilometro. Abbiamo corso per le vie di una città che porta ancora i segni delle varie guerre che l’hanno colpita. Abbiamo sfilato davanti a uomini silenti, incuriositi, a soldati armati, a bambini stupiti, ai volontari della Croce Rossa Libanese, solo una donna ci ha incitato, seduta con la sua poca mercanzia davanti ad un muro nelle vicinanze d’un mercato, siamo stati inebriati dai profumi del cibo all’ora di pranzo, abbiamo mangiato datteri anziché barrette ai ristori, abbiamo sorriso a chi ci guardava attonito, salutato chi seduto sull’erba ci osservava. Noi pochi, della maratona, siamo arrivati insieme alle migliaia di persone della stracittadina che ha visto correre, camminare insieme etnie, religioni, ceti, razze e colori differenti. Abbiamo corso per le strade di Beirut con orgoglio e con rispetto, abbiamo sfiorato un mondo così diverso e lontano. Abbiamo corso guardando il mare, quando le case si aprivano e lasciavano che lo sguardo andasse oltre, ci siamo persi nei pensieri in quel lungo e difficile tratto di andirivieni nella zona industriale. Abbiamo visto l’avvicinarsi dei grattacieli, siamo volati in discesa verso l’arrivo. Abbiamo corso per i bambini del centro pediatrico di Bangui.

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“ LA GIOIA NON È NELLE COSE, MA IN NOI Richard Wagner

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Quando parliamo di Mito pensiamo a ciò che lo Sport può insegnare sui valori universali, alle figure che assurgono ad esempio. In questa edizione di X.RUN parliamo di una gara che probabilmente va oltre lo Sport, l’Iditarod Trail Invitational, e ci confrontiamo con Roberto Ghidoni che in Alaska ha sublimato l’esperienza della fatica


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Le molte anime del lupo che corre

Capita a volte, che il ritrovar se stessi nel Wild alla fine del viaggio, sia solo l’inizio del lungo percorso che porta al “Cammino del Lupo” Jo Dallera

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Mentre guido cerco sul sedile a fianco il foglio stropicciato. Uscire ad Ospitaletto, seguire per Concesio ed imboccare la Val Trompia. 25 chilometri fino all’alta valle, poi c’è il centro del paese. Dopo il distributore prendi l’innesto a destra e passato il ponte la stradina a sinistra (quella di destra diventa presto uno sterrato) cerca la fontana, prendi l’erta a sinistra e cerca la torre romanica. Sembrano le indicazioni per abbandonare la civiltà ed entrare in una fiaba, ma sono le indicazioni per la tana del lupo. Ho lasciato l’autostrada e sono sulla provinciale, ho prima abbassato la musica e poi l’ho spenta del tutto. Gli U2 non erano adatti a questo paesaggio. È domenica pomeriggio, non c’è traffico, la mia auto passando solleva un volo di foglie. Alzo gli occhi e ammiro i toni gialli degli alberi lungo la strada. È arrivato l’autunno. Strano come a Milano non me ne fossi accorto e invece qui lo abbia percepito forte nell’aria. Forse è necessario vivere più a contatto con la Terra. Abbasso il finestrino e rallento un po’ per cercare di cogliere anche il profumo dell’autunno, fatto di fuoco di legna, di foglie marce, di funghi. Sulla mia destra scorre il Mella che oggi è ricco d’acqua e di suoni.

La mia auto solleva un volo di foglie... È l’autunno. Strano come a Milano non me ne fossi accorto

M Le molte anime del lupo che corre

testo e foto di Franz Rossi illustrazioni di Leo Campanelli


“ Oggi il mio regno è quella terra di nessuno. Il porto accende ad altri i suoi lumi; me al largo sospinge ancora il non domato spirito, e della vita il doloroso amore. Umberto Saba (Ulisse)

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Un Running soprattutto geografico in questo numero di X.Run: compiamo infatti un vero e proprio viaggio nel mondo, guidati da Virginia Olivieri e Pablo Barnes, proseguendo per New York, i villaggi dell’Africa, la Spagna da Madrid a Segovia, la Germania della Strongman e finalmente corriamo la maratona di Mumbai in India.


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I vagabondi dell’ultra trail in aeroporto con Pablo e Virginia

testo di Franco Faggiani foto tratte dall’Archivio Barnes&Olivieri

Fino ad oggi hanno visitato 36 diversi Paesi nel mondo, la maggior parte a piedi e in bicicletta

R I vagabondi dell’ultra trail

Anche se fai una vita che non è malaccio, dopo aver chiacchierato con loro per un po’ ti senti una “caccoletta”. Specie se le chiacchiere si fanno all’aeroporto, quello della Malpensa, da dove loro, Virginia Oliveri e Pablo Barnes, con due zainoni enormi alle spalle, stanno per imbarcarsi su un volo per l’Argentina, da cui torneranno, forse, solo a fine marzo. Loro se la filano al caldo e all’avventura, vanno a svernare altrove come gli uccelli migratori, e tu te ne torni alla routine di casa con il bus dei pendolari, sotto un cielo autunnale che annaffia da settimane tutto quel che c’è sul suolo lombardo. In calendario la coppia ha: un salto sulle Ande («ci sono zone ancora non del tutto esplorate», precisa Pablo per far impennare ulteriormente l’asticella dell’invidia), un giro ai laghi salati in quota, una scappata nelle pampas, accompagnati da qualche amico runner italiano che li raggiungerà per qualche periodo. Poi si vedrà… perché loro di programmi precisi non ne fanno, non ne hanno mai fatti. Va dove ti porta il cuore. «Abbiamo vissuto periodi e situazioni dove non avevamo progetti non dico per la giornata, ma nemmeno per l’ora successiva», aggiunge Pablo. «Decidevamo a volte solo una direzione e via, senza cartine, indirizzi o mete chiare in testa». Una volta, appena arrivati a Kathmandu, in Nepal, uno dei 36 Paesi per ora visitati, hanno fermato un tizio per strada e gli hanno chiesto suppergiù: che attività sportive fate da queste parti? E quello: trekking. E allora anche noi facciamo trekking. Dove si va? E quello: di là.

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“ UN BUON VIAGGIATORE NON HA PROGRAMMI FISSI, E IL SUO SCOPO NON È ARRIVARE Lao Tzu

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Dal 1994 portiamo assistenza medico-chirurgica gratuita a tutte le persone che vedono negato il loro diritto a essere curate. Dal 1994 abbiamo assistito più di 4 milioni di persone nei principali teatri di guerra del mondo. Costituzione della Repubblica Italiana/ Principi Fondamentali/ Art.11 L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Dal 1994 cerchiamo di far sentire una voce di umanità e di solidarietà che sia più forte della voce delle bombe e della violenza. Chiediamo il rispetto dell’Articolo 11 della nostra Costituzione perché l’Italia ripudi davvero la guerra. Dateci una mano anche voi. RICHIEDI LA NUOVA TESSERA 2011 AI VOLONTARI DI EMERGENCY O ATTRAVERSO IL SITO http://tessera.emergency.it/

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ABBONATI o RINNOVA e AIUTA i BIMBI di BANGUI Per tutto l’anno 2011 X.RUN devolverà il 50% dei ricavi degli abbonamenti alla Clinica Pediatrica di Bangui nella Republica Centroafricana. Collegatevi al sito www.xrun.eu oppure scrivete ad abbonamenti@xrun.eu e vi forniremo ogni informazione necessaria. Con soli 50 euro di cui 25 euro andranno ad EMERGENCY, riceverete comodamente a casa vostra 6 numeri di X.RUN - storie di corsa


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Fuori dall’uscio Quattro passi a piedi rubando immagini, narrandole a parole, alla scoperta di luoghi lontani, di corsa, ma non solo

testo di Daniela Banfi foto di Luca Galbiati

Ecco che ancora una volta i passi di corsa ci portano in Africa. I piedi paiono aver occhi, sfiorando il terreno osservano, recepiscono il paesaggio intorno. L’avanzare del corpo in movimento ci porta a conoscere in profondità, spaccati di vita così lontani dalla nostra quotidianità, ma anche così diversi dall’Africa del turismo, dei safari, delle belle pagine patinate, dei cieli stellati e di quel “mal” di cui molti si è molto spesso sentito parlare. La strada delle farfalle ci conduce per mano in quella parte remota di terra africana che pochi avranno modo di conoscere, quella zona d’ombra che è la vita d’ogni giorno di uomini e donne che non smettono mai di lottare e di sperare. Fuori dall’uscio, già perché poi l’Africa non è poi così lontana, le canzoni dei Kikuio, il ruggito del leone, lo scalpiccio dell’erba secca pestata delle gazzelle in fuga, il profumo delle gocce di pioggia, le risa dei bambini, giungono fino a noi sulle ali di eleganti farfalle nere.

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R Fuori dall’Uscio: La strada delle farfalle nere

“L’Africa mi toccò l’animo già durante il volo: di lassù pareva un antico letto d’umanità. E a 4000 metri di altezza, seduto sulle nubi, mi pareva d’essere un seme portato dal vento.” (Saul Bellow)


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“ LE DIFFICOLTÀ TI MOSTRANO CHE UOMINI SONO I TUOI AMICI Lois McMaster Bujold


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Correre a Mumbai, la seconda città più popolosa del mondo

testo a cura di Daniela Banfi foto di Autori Vari

Una città, due nomi Mumbai e Bombay sono la stessa città con due nomi. Il primo, Mumbai, si collega alla tradizione, un ritorno alle origini, essendo derivato dal nome della dea Indù “Mumbadevi” e dal termine “Aai” che significa madre in uno dei tanti idiomi che si parlano in questo stato. Vuol essere anche un modo per cancellare il lunghissimo dominio prima portoghese e poi inglese, e si contrappone infatti al secondo nome, Bombay, che pare derivi dal portoghese Bom Bahia (buona baia) ma che venne mantenuto dagli inglesi, tant’è che ancora oggi per molti questa città è rimasta Bombay. Il taxi giallo e nero “sfreccia” (si fa per dire) nelle strade intasate dal traffico di

Il taxi giallo e nero “sfreccia” (si fa per dire) nelle strade intasate dal traffico

R Correre la maratona di Mumbai

Atterrare a Mumbai è, una volta varcata la soglia dell’aeroporto, ritrovarsi nella seconda città più popolosa del mondo. Si dice che nel 2012 raggiungerà i venti milioni di abitanti. A pensarci non si riescono neanche ad immaginare così tante persone insieme su una superficie di circa 438 chilometri quadrati e per lo più dislocate su sette isole, un tempo abitate dai Koli una tribù di pescatori le cui case si possono ancora oggi osservare in alcune zone costiere. Venti milioni di persone quando Roma con una superficie di 1.307 kmq ospita solo 2,7 milioni di persone. Eppure in questa metropoli è possibile.

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Apre la sezione la bella intervista realizzata da Andrea Busato a Michele Pontrandolfo. Di seguito una visione particolare della Maratona e poi la penna arguta di Marco Negri ci racconta dei suoi incontri con un podista particolare. A completare la sezione il Lessico del Podista e l’appuntamento con Pietro Landriani e La Corsa Intorno.


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Intervista a Michele Pontrandolfo

Professione esploratore polare

testo di Andrea Busato foto tratte dall’Archivio Pontrandolfo

Michele, cosa c’è scritto sulla tua carta d’identità alla voce “professione”? Sono sincero? Ho la carta di identità scaduta! Ma la mia professione è appunto esploratore polare, posso dire che faccio un lavoro d’altri tempi. Esploratore polare: riesci a spiegare a quelli come noi che cosa significa concretamente? L’esploratore polare era, un secolo fa, quella figura umana che dedicava la propria vita alla ricerca, alla scoperta, allo studio in zone inaccessibili del pianeta polare dove spesso era costretto a starsene parecchi anni in isolamento fra i ghiacci, a svernare in lande desolate, per portare al suo rientro in patria nuove scoperte ed esperienze inimmaginabili, che ancora oggi sono oggetto di studio. È anche grazie a questi uomini che sono state sviluppate nuove importanti tecnologie. Oggi la figura dell’esploratore polare viene utilizzata principalmente per

L’esploratore polare era una persona che dedicava la vita allo studio di zone inaccessibili del pianeta

L Intervista a Michele Pontrandolfo

Qualche numero fa abbiamo incontrato su queste colonne Max Calderan, che da Pordenone è partito per attraversare di corsa i deserti della penisola arabica. Chissà se è solo una coincidenza che dalla stessa piccola provincia friulana parta anche Michele Pontrandolfo, per andare invece dalla parte opposta.

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Muover si a piedi sembra rendere più facil muover e nel temsi mente po; la v progett aga dai e alle oi ai ricordi Il ritmosservazioni. genera del passo ritmo d una specie di tragittoel pensiero, e paesag attraverso un il tragittogio echeggia o pensier attraverso un stimola il interno i. Il che crea corso di conson e percorso estra percorso a mente nza che sugg terno una stra sia essa er n generi stessa isce come la a attravee che il correr un paesaggio pensarersarlo. Un pene sia un mezz di ogni co fosse viaggiasiero nuovo so per per ass rsa un viaggio re invece cheomiglia spesso del cor imilare il nuov in cui ci conc fare. Possiam a un aspetto r volta e ere. Le sorpreo al noto. E' dediamo suffic o immaginare del paesaggio s do a piesere spigolati se, gli affran a qui, forse, iente agio per il correre an sempre esisti c c c movime di vicino e lo facendo il gir amenti e le c he nasce per vedere e per he come un'a to, come se attrave nto, non viag ntano. O forse o dell'isolatohiarificazioni i pensatori la riflettere sullttività visiva, d gio, pe e di vagarso il mondo im rchè si il correre do come anche d el viaggio popeculiare utili vedute, tà moto, nbondaggio pu mobilizzati spuò correre invrebbe essere el mondo, via ssono talggianca o de on già dal moò essere lenit u una sedia, e cerchio o via chiamato a mento, ll'aeroplano. Pvimento dell' solo dagli att una certa sm ggiare davanti come anche leotremmo direautomobile, d i del corpo inania cose ne ai nostri occh vedute che s che è il movi-ella barche ren lla nostra meni, a fare accadcorrono infinita de il correre a te, ed è ques ere le to mezzo mente fertile: mbiguo e e viaggio il fine, è il è il meta. e la

Omaggio a Rebecca Solnit Sostituendo correre a camminare


La corsa intorno Pietro Landriani Ha iniziato a correre 10 anni fa. Ha impiegato 9 anni per scendere sotto le quattro ore in maratona e ci è riuscito sbagliando orario di partenza. Questo gli ha dato modo di riflettere a lungo sul significato della corsa e di ciò che gli sta intorno. Intorno al correre ama la luce, la fotografia ed il disegno. Tre parole su cui ama riflettere: Leggerezza, Lentezza, Passione.

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“ DIO NON HA RELIGIONE Mahatma Gandhi


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Recensione

LA LUNGA CORSA DI THELMA & LOUISE

D’accordo, nel titolo ho barato un po’. La lunga corsa non l’hanno fatta loro, le due protagoniste della storia, ma io nel leggere tutto d’un fiato questo romanzo d’esordio di due milanesi doc che raccontano in un libro senza pause un qualsiasi periodo della vita di un qualsiasi gruppo di amici. Silvia Pantone e Francesca Rebora, alias di Thelma & Louise nell’accattivante titolo del romanzo (VET - Volevo Essere Thelmaelouise”), sono due “signore milanesi di mezza età” (nella loro stessa definizione) che scoprono per caso di aver vissuto vite dagli inquietanti parallelismi. Nella loro rutilante narrazione, fatta di sms, emails, telefonate, riportano il racconto a due voci delle loro esistenze: problemi di cuore, di lavoro, di figli, di sesso, di rapporti con gli amici. È uno spaccato di vita me-

tropolitana, in una Milano fatta di aperitivi e di corse in Montagnetta, di campagne marketing e di vacanze in montagna. Tutto scritto con uno stile ironico (e soprattutto autoironico) senza risparmiare mai la battuta anche crudele, senza cadere mai nel cattivo gusto o nel cinismo. L’arguzia è il leit motif di questa storia. L’intelligenza del racconto più che delle scelte delle due protagoniste che si lasciano travolgere dagli avvenimenti e dalle passioni, riuscendo sempre a tornare a galla, anche dalle situazioni più spinose o drammatiche, spinte da un miracoloso sense of humor che è la traccia stilistica del libro. Un manuale per cuori fragili Entrambe single, entrambe separate e con una figlia, entrambe “donne in carriera” con il proprio studio professionale, Silvia e

Francesca non riescono ad essere ciniche e continuano nella loro ricerca dell’uomo giusto. Incappando in storie da cui non riescono ad uscire e in altre in cui non riescono ad entrare. Alla prima lettura, molti sapranno riconoscere esperienze comuni. Quello che non è comune è la verve con cui le Thelma&Louise ambrosiane riescono a “navigare” tra corna e incidenti diplomatici. I coprotagonisti Detto che le star del libro sono le due autrici (è una sorta di autobiografia sentimentale), nel racconto appaiono però alcune figure comprimarie, dai colleghi di lavoro ai figli. E tra tutti spiccano due persone. La prima, per simpatia ed improbabilità, è l’amica Grazia, che interrompe il racconto con delle telefonate in cui si sfoga narrando della sua


VET - Volevo Essere Thelmaelouise, 17,50 euro, richiedibile a silviapantone@gmail.it o su www.lafeltrinelli.it

infelice relazione con un settantenne dalle reazioni imprevedibili. Grazia è quanto di più inaspettato potreste pensare: non segue nessun cliché, rende normale la pazzia e pazzesca la normalità. Sono dei siparietti che anche se interrompono la storia danno all’intero libro un carattere di surrealità che lo rende ancor più piacevole. Il protagonista maschile E in tutto questo tourbillon di relazioni, di uomini che appaiono e scompaiono, l’unico vero protagonista maschile è l’amico Paolo, anch’egli al centro di una complicata vicenda sentimentale, diviso tra l’algida moglie e l’amante. Potremmo dire che è l’anima razionale di questo terzetto di cuori allo sbando. Paolo, ad inizio romanzo, sembra essere il nume tutelare delle due

amiche, le consiglia, le consola, le accompagna (o meglio le trascina) in improbabili escursioni montane. Ma alla fine, con un colpo di scena, acquista un ruolo predominante, diventando vittima della storia. Il gioco del “sarà vero” Più ci si inoltra nella storia, più si collezionano gli episodi, più il racconto si fa surreale. Non sono tanto i colpi di scena, quanto gli aneddoti di vita quotidiana che danno quel tocco di assurda veridicità. Gli episodi sono così ben costruiti, così ricchi di colore e di particolari, che è difficile immaginare possano essere inventati. Al contempo se due persone sono riuscite a catalizzare intorno a loro una storia così complessa e ingarbugliata, allora sarebbe davvero il caso di cercare di conoscere Francesca Rebora e Sil-

via Pantone per invitarle a cena e farsi narrare dalla loro viva voce di «quella volta in cui...» Infine la corsa Il correre è un’altra delle costanti del racconto. Le protagoniste corrono entrambe, magari con non troppa convinzione, certamente anche per scopi diversi dal puro agonismo, ma - come forse non siamo abituati noi in Italia - la corsa è una componente giornaliera della vita delle due donne e come tale appare di continuo. Insomma, di motivi per leggere questo romanzo ce ne sono molti, non ultimi i momenti di divertimento puro che sa regalare.

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Recensione

BEN VENGA LINUS CHE PARLA DI CORSA

Capita spesso che mentre sei in libreria cercando un libro, passi davanti ad uno scaffale e un titolo ti colpisce. Così è stato per Parli sempre di corsa, che è una delle più classiche prese in giro che mi vengono rivolte. Una volta agganciato dal titolo, dal disegno di copertina ho riconosciuto l’autore. E qui ammetto la mia colpa. Quando ho visto che si trattava di Linus, al secolo Pasquale Di Molfetta, la mia prima reazione è stata quella di riappoggiare il libro sullo scaffale e tornare a cercare il libro che avevo in mente. Linus per il grande pubblico è diventato il “profeta della corsa”. La DJ10 che organizza è una delle gare più partecipate anche da chi non corre abitualmente. Quindi fa un’opera meritoria di diffusione di uno stile di vita sano, lo fa con un linguaggio adatto ai non cor-

ridori, lo fa da una tribuna (Radio DeeJay) che offre un’opportunità unica al running di essere riconosciuto. Insomma assolutamente nulla da dire, anzi... Però il Linus scrittore mi faceva sollevare il sopracciglio. Intanto cosa poteva dire a me che ho ormai superato la fase del “come correre un’ora di seguito”? E poi questo libro non sarà la solita operazione pubblicitaria in cui il valore del prodotto è basso ma si vende solo per il nome dell’autore? Questione di pregiudizi Bene, con tutti questi bei pregiudizi in testa alla fine decido che leggere un libro di più non mi è mai pesato, che in fondo avrei potuto parlare con gli amici del libro a ragion veduta e che in ogni caso un libro sulla corsa va sponsorizzato: non ce ne sono mai abbastanza.

Ho iniziato a leggerlo da subito, appena salito sul tram per tornare a casa, e fin dalle prime pagine mi ha colpito una cosa, la stessa che trovi in tutti i racconti sulla corsa. Linus è, prima di tutto, uno che corre. Uno che parla il nostro linguaggio, condivide le stesse nostre esperienze. La fatica di uscire a correre in certe giornate, la frustrazione di un infortunio, gli errori (sempre gli stessi) in cui ognuno di noi è incappato nelle prime uscite. Il libro inizia con Linus nella sua stanza in un hotel della grande mela, il giorno prima di correre la sua ennesima maratona di New York. È la sua autobiografia di runner: gli inizi quando era “solo” uno jogger, un paio d’uscite alla settimana. Poi un’estate sul lungomare romagnolo per perdere qualche chiletto le uscite aumentano e si ritrova a pensare


Pari sempre di corsa, Linus, Mondadori Editore, euro 15,50

alle prime lunghe distanze. E poi le crisi, l’iPod, il bello di correre in gruppo e il bello di correre da soli, le tabelle, le scarpe, le gare. Un ritratto d’insieme da cui ogni tanto spuntano anche frammenti di vita: i figli, la moglie, il lavoro. Il tutto espresso con un linguaggio semplice e diretto, molto racconto e poco romanzo, e va dato atto all’autore di non voler accentuare nessun tono, di non essersi lasciato trascinare dal protagonismo. Ma è proprio tutto come noi? Essere un personaggio noto e fare il direttore della più importante radio privata italiana, offre naturalmente molte occasioni in più anche da un punto di vista podistico. Così troviamo i racconti delle sue corse in luoghi lontani, il Sudafrica dov’era andato a girare uno spot, o l’Africa degli altopiani,

dove era stato invitato dal professor Rosa a correre nei luoghi dove nascono e si allenano i grandissimi talenti della corsa. New York City Il libro si conclude dove era iniziato, a New York dopo l’arrivo della maratona. Per Linus è una maratona diversa. Conosce bene il percorso, è venuto qui con gli amici, l’ha sempre corsa in gruppo, con la spada di Damocle del ritiro. Spada che, per i personaggi pubblici come lui, sembra essere sempre un po’ più affilata. Nei primi chilometri della gara matura la decisione di seguire un ritmo diverso, di correrla da solo non in gruppo con gli altri, salutando di tanto in tanto un maratoneta italiano che lo riconosce, ma proseguendo al suo ritmo, quasi a voler esser certo che il tempo finale sarebbe stato

esattamente quello che lui si meritava. Lui personalmente non il gruppo di amici, non il personaggio. Pasquale, non Linus. Non so. Forse ho letto troppo tra le righe, ma chiudendo il libro mi è rimasta la sensazione di aver parlato con un compagno di allenamento. Un’esperienza che mi arricchisce sempre. Ben venga dunque anche questo “Parli sempre di corsa”(che prende spunto da un gioco di parole che vi lascio il piacere di scoprire). Molti lo leggeranno perché lo ha scritto Linus e magari proveranno a correre. Molti amici che non corrono vi chiederanno «Ma hai letto il libro di Linus?» Io penso che valga la pena leggerlo e che abbia aggiunto una testimonianza vera, reale, di come si possa vivere serenamente, pur andando sempre di corsa. E per il mondo del running non è poco.

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“ EMERGENCY PROMUOVE UNA CULTURA DI PACE, SOLIDARIETÀ E RISPETTO DEI DIRITTI UMANI Gino Strada

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Gli autori

DANIELA BANFI IMPIEGATA 47 ANNI

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xrun novembre/dicembre 2010 Come collaborare Per scrivere per noi, basta avere un’idea, voglia di scrivere e poi contattare la redazione di X.RUN scrivendo un’email all’indirizzo: redazione@xrun.eu

Nata in provincia di Milano e continua a vivere nello stesso paese, è mamma di due ragazzi. Ha iniziato a correre intorno ai 28 anni per “fare il fiato” per un altro sport che l'appassionava moltissimo: la “Kickboxing”. Ha ripreso a correre dopo due anni dalla nascita del secondo figlio, nel 2001, all’inizio, per gioco poi un giorno vedendo le immagini della maratona di Venezia ha detto al marito : “un giorno correrò anche io una maratona” e così nel 2003 ha esordito proprio a Venezia, e da allora non si è più fermata. A Daniela piace mettersi alla prova e cambiare. Dotata di un animo inquieto ed avventuriero, ha provato sia gare in pista, che corse in montagna. La prima volta in assoluto in montagna fu alla Biella Monte Camino, poi via, via altre, in Svizzera, nel Biellese, in Valdaosta e in Veneto. Ama questo ambiente, il clima che si respira, il contatto con la natura, le asperità del terreno, le nuvole che a volte appaiono a portata di mano: per quanto dure siano le gare la rimettono in pace con il mondo. Si allena 4 volte la settimana, cercando di far combaciare gli impegni di lavoro e famiglia. A volte deve fare delle levatacce per correre e rientrare a casa in tempo per svestirsi dagli abiti di podista e indossare quelli di mamma.


ANDREA BUSATO PROFESSORE 47 ANNI

CINZIA CALIFANO INSEGNANTE SCUOLA PRIMARIA 47 ANNI

MAURO CREATINI DIRIGENTE 43 ANNI

Classe ’62, pordenonese. Quando da bambino gli altri lo battevano in velocità, lui la buttava sulla resistenza, e da allora gli è rimasta. Poi gli è venuta anche la passione per la musica. Alle spalle una dozzina di maratone soddisfacenti, più altre sei da pace-maker e altro e non troppo indecoroso mezzofondo. Poi una serie di acciacchi fisici lo costringono a correre di meno: per un po’ si diverte lo stesso, ma adesso che la lotta contro i chiletti di troppo si fa sempre più dura sta cercando qualcosa di meno faticoso. Avrebbe trovato un altro sport che gli piace, il golf. Ma mentre questo lo respinge, il podismo non lo rivuole indietro. Alleva con passione Elena e Nicola, nel resto del tempo fa l’insegnante nel liceo che lo aveva visto studente.

Cinzia nasce a Salerno, in riva al mare, ha però fin da bambina vissuto a Scandiano (RE), nella nebbia padana, dove insegna italiano a quei poveri bambini che le arrivano a tiro alla Scuola Primaria “L. Bassi”. Lo sport che da sempre l’ha affascinata e in cui si è cimentata personalmente con successo è il “Polleggiamento sul Divano” (in posizione carpiata , distesa e dorso), nel quale ha raggiunto negli anni ineguagliabili traguardi. ?Si è avvicinata al podismo, improvvisamente e per ragioni ancora poco chiare ai più… Un minimo (ma proprio solo un minimo) di responsabilità va addebitata probabilmente al marito e all’ecosistema podistico collegato allo stesso nel quale da anni vive… Inizia con ritmi rilassati, investendo poi gradualmente le energie residue nella cosiddetta “corsa”…. Con costanza e determinazione riesce a portare a termine due 21 Km e, nonostante avverse e alterne condizioni di tendini e altre cose che si trovano nelle gambe, continua la sua personale battaglia con la strada per riuscire a portare a casa una Maratona tutta sua da coccolare per bene. In fondo, un motto che ha sperimentato essere oro colato in tante situazioni e che la sostiene anche in questa lotta impari è “Mai dire mai”

Sposato con due figli. Durante la settimana le uscite di allenamento sono all’alba, nei parchi della Brianza (dove vive) e nei week end sulle strade della Liguria o della Valtellina. Corre con la gloriosa maglia del Road Runners Club di Milano. Sino a pochi anni fa era solo un runner della domenica, che correva per non ingrassare. Dal 2005, grazie all’inseparabile “socio” Pietro, ha cominciato con la mezza, poi la con la maratona e con tutto il resto. Da qualche tempo, complice un insopprimibile desiderio di libertà e di semplicità, che il suo lavoro gli nega, vive la corsa soprattutto sul fronte emozionale, tanto che spesso la fine dell’allenamento coincide, oltre che con lo stretching e la doccia, con lo scrivere una piccola poesia, un pensiero, per provare a fissare le sensazioni che la corsa gli ha regalato.

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FRANCO FAGGIANI GIORNALISTA

LUCA GALBIATI 36 ANNI

Venuto al mondo a Roma da padre argentino e madre lussemburghese… un casino, insomma, fin dalla nascita. A 19 anni ha vissuto per alcune settimane in un angolo sperdutissimo della Nuova Guinea con i componenti di una tribù che avevano visto per la prima volta l’“uomo bianco” appena due mesi prima. Si sono spaventati e dopo un po’ l’hanno rispedito a casa. Con dentro il germe del fotoreportage, con il quale ha poi campato diversi anni. Fin quando suo padre, pragmatico operaio, un giorno gli chiese: “ma fai sempre quel lavoro strano o hai messo la testa a posto?” Così si è trovato un posto più stabile in diverse redazioni, affiancando alle cronache la scrittura di libri e manuali. Attualmente si occupa di giornalismo legato all’ambiente e alla campagna, con una “specializzazione” in enogastronomia. Per il lavoro che fa e per lo stomaco che ha dovrebbe pesare 150 chili. Ne pesa solo 80. Grazie allo sci da fondo in inverno, all’arrampicata in estate e, da un paio d’anni, alla corsa sui sentieri, sempre. È autore di “Correre è un po’ come volare”, l’unica biografia autorizzata di Marco Olmo.

Classe 1974, quindi nato 36 anni fa in un piccolissimo paese delle Prealpi lombarde. È persona apparentemente calma mentre in realtà è da sempre affetto da dalle malattie MOVIMENTO e SCOPERTA. Ha studiato scienze naturali ed ha sempre lavorato nel campo dell’ambiente ed ecologia, ama la natura in tutte le sue forme! Attività preferita: conoscere persone e farsi nuovi amici con cui scambiare idee e storie. Ha praticato molti sport ed hobbies, da sempre la corsa, la bici, il nuoto, l’arrampicata, lo sci, la fotografia, scrivere, leggere, i viaggi... ma se si dovesse dare una definizione sarebbe ALPINISTA. Mezzo di trasporto preferito: piedi, poi auto; ma molto spesso si muove in aereo. Bagaglio preferito: uno zaino, ormai un pò vecchio, mai troppo pieno ne pesante. È pronto ad una nuova partenza, sperando sia avventurosa e ricca di novità.

ROBERTO GHIDONI CONTADINO 58 ANNI

Difficile presentare un personaggio multiforme come Roberto Ghidoni. Nato a Cremona, vissuto a Milano fino a quando non ha deciso di spostarsi in Val Trompia ed abbracciare il lavoro del contadino. Giunto quasi per caso alla corsa viene folgorato da un video di presentazione dell’Iditarod, la terribile gara che si corre in Alaska. Affascinato si allena e va a correrla, diventando ben presto The Italian Moose e segnando con le sue molte vittorie in tempi da record assoluto la storia di questa gara.

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PIETRO LANDRIANI BANCARIO 49 ANNI

MARCO NEGRI OSSERVATORE 49 ANNI

FILIPPO PAGAVINO

Nato a Milano nel 1961 Lavora in un Gruppo Bancario dove si occupa di Leasing. Ha iniziato a correre 10 anni fa dopo alcune Granfondo di ciclismo, ha impiegato 9 anni per scendere sotto le quattro ore in maratona e ci è riuscito sbagliando orario di partenza. Questo gli ha dato modo di riflettere a lungo sul significato della corsa e di ciò che gli sta intorno. Intorno al correre ama la luce, la fotografia ed il disegno. Ama correre prima dell’alba ai bordi della natura o della città. Corre con la leggera canotta del Road Runners Club Milano, con Mauro, Socio di mille avventure, ed il sorriso sulle labbra. Tre parole su cui ama riflettere : Leggerezza, Lentezza, Passione.

Nato quasi mezzo secolo fa in quel di Parma, ha passato i primi 594 mesi della sua vita osservando il mondo. Quindi, oggi, poco o nulla può stupirlo. Sportivo praticante da sempre, ne ha tentate parecchie. Ha provato col calcio, il baseball, lo judo, lo sci, il tennis, il triathlon, il podismo e infine s’è gettato sul ciclismo. E’ famoso soprattutto per non aver mai vinto una gara ma ciò nonostante non ha mai mollato, perché crede fermamente nel calcolo delle probabilità. Tra un allenamento e una defaillance ha provato la triplice gioia della paternità e a breve arriverà la quarta. Divide il suo cuore da sportivo con Simona, una splendida e dolce ragazza che ancora oggi s’interroga sul come abbia potuto farsi sedurre da un tipo del genere. Lui spera ardentemente che lei rimanga nel dubbio, almeno per i prossimi 594 mesi. Coerente con sé stesso e i propri ideali, non si è mai sottoposto a controlli antidoping né a test di paternità. E non solo perché ci siano cose che è meglio non sapere, ma perché proprio non ha un capello da sacrificare in nome del DNA.

Nasce a Cividale del Friuli (UD) con la passione per il viaggio. Ogni occasione è buona per sconfinare, e più lontano si va, meglio è. A livello sportivo invece ha le idee molto meno chiare. Ripetuti tentativi nel calcio lo disgustano fino ad allontanarlo, nonostante le chiare abilità. Qualche anno di nuoto e arti marziali e poi, in concomitanza con l’università, il nulla assoluto. Fino al giorno in cui nota che il papà, runner già da qualche anno, torna a casa con delle bellissime magliette tecniche e con racconti mirabolanti di gare. È il 2004, e la sfida in famiglia è lanciata: sugli 8 K di una nota competizione regionale Filippo… prende almeno 10 minuti dall’atletico genitore, ma la scintilla è scoccata. Nei due anni successivi Filippo prova di tutto, dai 100 metri al Passatore, per decidere che si esprime meglio, per il momento almeno, sui 5-10 K, gare velocissime dove può far valere le proprie doti da sprinter. Dal 2006 coniuga le due passioni, il viaggio e la corsa, nelle gare a tappe. Ogni anno, una destinazione: Algeria, Cina, Tunisia, Uzbekistan e il 2010 ne porterà altre. Tra corse a tappe, maratone, skyrace, gare in pista e trofei vari ha partecipato a quasi 100 gare nel 2009, riuscendo sempre nell’impresa di mantenere alta la qualità, oltre alla quantità.

29 ANNI


FRANZ ROSSI MANAGER 46 ANNI

DAVIDE SANNA CONFIGURATION MANAGER

PAOLO ZUCCA FUNZIONARIO AMMINISTRATIVO 49 ANNI

Veneziano di nascita, triestino per buona parte della vita ed ora milanese d’adozione, è giunto alla corsa come modo di realizzarsi solo dopo aver provato alcuni altri sport. Essendosi convinto di voler correre una maratona prima del 40esimo anno di età debuttava a Milano. Il virus della maratona non l’abbandonava ed andava a testarsi nelle principali maratone italiane e straniere. Non soddisfatto della sola corsa su strada, ha provato anche l’ebbrezza del trail, finendo dignitosamente le gare iniziate e tornando ogni volta con più entusiasmo di prima. Adesso la corsa in natura occupa la maggior parte dei suoi weekend. Tra le gare fatte alcune edizioni della Monza Resegone, della Biella Monte Camino, la Dolomites SkyRace, le Porte di Pietra, la Valdigne, la CCC con cui ha ancora un conto aperto, il ToubkalTrail, al 100km di Seregno. E la preferita, l’ArrancaBirra... Obbligato dal mal di schiena a nuotare almeno una volta alla settimana, ha fatto di necessità virtù, tornando ad una delle sue prime passioni: il triathlon. Corre per il Road Runners Club Milano, dove ricopre l’incarico di consigliere e di responsabile delle corse fuori strada. Lavora come manager in una software house milanese.

Rhodense di nascita. Sposato, e, come ama dire, “anche abbondantemente”, con una donna importante e 2 figli al seguito davvero unici! Una iena e un rugbysta. Davide si definisce “Felice”. Nella quotidianità cerca di ricavarsi sempre dei piccoli spazi per veicolare le tossine che inevitabilmente si accumulano durante la giornata. Pratica sport, principalmente di resistenza, perché sono una necessità. Ha sperimentato, in ordine di tempo, rugby, ciclismo, nuoto e per finire da qualche anno questa disciplina spettacolare che è la corsa. Si definisce “atipico a 360°”. Questo aspetto ha la sua valenza anche nello sport. Sceglie le gare in funzione delle percezioni e del livello di libertà che queste gli trasmettono, insomma ha la sindrome del nomade! Per concludere una sua citazione: “Giusto per rendere al meglio l'idea del mio nomadismo, riesco a trovare la mia identità e il mio livello di spiritualità anche attraversando Milano, di corsa la mattina presto, da Ovest ad Est. Sicuramente prediligo la montagna, ma se questa per ovvi motivi tarda a venirmi incontro allora cerco d'immaginarla dentro di me. In fondo in fondo, mi basta avere della terra sotto i piedi da calpestare per stare bene.”

Vivo ad Acqui Terme, vivibile cittadina nel sud Piemonte insieme a Lorena che mi supporta e… sopporta nelle mie imprese. Da sempre appassionato di tutto quanto riguarda lo sport (in special modo quello di fatica e lontano dai riflettori) dopo esperienze giovanili nel salto in alto (m.170) e in lungo (m.5,81) ho iniziato a percorrere km durante gli anni universitari fino alla prima maratona che mi ha segnato oltre che per la fatica anche per la pioggia incessante. Non contento di 42 km (tra cui due volte Boston e New York) e di essere sceso per 3 volte sotto il muro delle 3 ore (PB 2h56) mi sono buttato nel triathlon fino a terminare 4 ironman (PB 11h29) esordendo nel 2000 a Zurigo anche qui sotto un diluvio incessante. Dopo un intervento ai tendini d’achille che mi ha limitato per quasi un anno, tento di rientrare in piena efficienza per raggiungere un obiettivonel 2010: 50 maratone a 50 anni. Per ora sono a quota 43 con la partecipazione a Torino lo scorso aprile (naturalmente... sotto un diluvio). Se qualche organizzatore mi vuole invitare per festeggiare la mia 50^ si faccia pure avanti ma sappia fin d’ora che la sua gara oltre che fortunata per lui, per me sarà…. bagnata!


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