Carlos Castaneda - 02 - Una Realtà Separata

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INTRODUZIONE

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Dieci anni fa ho avuto la fortuna di incontrare un indiano yaqui del Messico nord-occidentale che chiamerd don Juan. In spagnolo I'appellativo don B usato per denotare rispetto. Conobbi don Juan nelle circostanze piil fortuite: ero seduto insieme con Bill, un mio amico, in una stazione di autobus di una cittadina ai confini dell'Arizona. Il calore estivo del tardo pometiggio pareva intollerabile e noi sedevamoimmobili, quando all'improwiso Bill si piegb verso di me battendomi sulla spalla. "Ecco l'uomo di cui ti ho parlato", disse sottovoce, e accennbcol capo come per caso verso la porta da cui era appena enfiato un uomo anziano. "Che cosa mi hai detto di lui?", chiesi. "E I'indiano che conosceil peyote, ricordi?". Ricordai di aver viaggiato una volta con Bill un intero giorno in automobile in cerca della casa di uno 'sttavagante' indiano messicano che viveva nella zona. Non eravamo riusciti a trovarla, ed ebbi la sensazione che gli indiani a cui avevamo chiesto la strada ci avesserodato deliberatamente indicazioni sbagliate. Bill, che mi aveva fatto da guida nel mio viaggio nel sud-ovest alla ricerca di informazioni e campioni di piante medicinali usate dagli indiani della zona, mi aveva detto che I'uomo era uno 'yerbero', uno che raccoglie e vende erbe medicinali, e che conoscevamolto bene il cactus allucinogeno, il peyote, aggiungendo anche che mi sarebbe stato utile conoscerlo. Bill si alzb per salutare I'uomo. L'indiano era di media statura, i capelli bianchi tagliati corti gli crescevano un poco sopra le orecchie, accentuando la rotondit) del capo. Era molto scuro di carnagione; le profonde rughe che gli scavavanoil volto lo facevano sembrare piuttosto anziano e tuttavia il suo corpo appariva forte e agile. Rimasi per un po' a osservarlo: si muoveva con una leggeraza che avrei creduto impossibile in un vecchio. Bill mi fece segno di raggiungerli.

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Introduzione

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'll un tipo simpatico", mi disse, "ma non riesco a comprendere quel che dice. Il suo spagnolo b bizzarro, suppongo che sia pieno di modi di dire rurali". Il vecchio guardd Bill e sorrise, e Bill, che sapeva solo poche parole di spagnolo, articolb in quella lingua una frase assurda; poi mi guardb come chiedendomi se quel che diceva avesse un senso, ma io non sapevo che cosa intendesse dire; allora sorrise impacciato e si allontanb. Il vecchio mi guardb e scoppib a ridere e io gli spiegai che qualche volta il mio amico si dimenticava di non saper parlare spagnolo. "Credo che abbia anche dimenticato di presentarci", aggiunsi,e dissi il mio nome. 'E io sono Juan Matus e sono al vostro servizio", rispose. Ci smingemmo la mano e dopo qualche minuto di silenzio gli parlai dello scopo del mio viaggio. Gli dissi che ero alla ricerca di qualsiasi genere di informazione sulle piante, specialmente sul peyote. Parlai a lungo concitatamente e dissi moltissime cose sul peyote sebbene ignorassi quasi totalmente I'argomento. Pensavo che se avessi sfoggiato il mio saperc avrei destato I'interesse del vecchio inducendolo a parlare con me, ma I'indiano non disse nulla. Ascoltb pazientemente. quindi accennb lentamente col capo e mi guardd fisso. I suoi occhi sembravano risplendere di una loro luce, ed evitai il suo sguardo. Mi sentivo imbarazzato, ero certo che in quel momento il vecchio sapeva che avevo detto sciocchezze. "Vieni a casa mia una volta o I'altra". disse alla fine I'indiano dioForse stogliendo gli occhi da me. li potremo parlare pit comodamente". Non sapevo che cosa aggiungere,mi sentivo a disagio. Dopo un po' Bill rientrb nella stanza, comprese il mio imbanzzo e non pronuncib una parola e tutti e tre rimanemmo seduti in profondo silenzio. Quindi il vecchio si alzb e si accomiatb; il suo autobus era arrivato. "Non b andata ttoppo bene, vero?', chiese Bill. ttNo".

"Gli hai chiesto delle piante?". "Sl, ma penso di aver fatto \a figtra dello stupido". "Te lo avevo detto che era molto eccentrico. Gli indiani della zona lo conoscono,eppure non Io nominano mai. Questo significa qualcosa". "Perb mi ha detto che potevo andare a casa sua". "Ti ha preso in giro. Sicuro, puoi andare a casa sua, ma a che serue? Non ti diri mai nulla. Anche se tu gli chiedessi qualcosa ti confondetl come se tu fossi uno stupido che dice sciocchezze". Bill disse con convinzione di avet gi) incontrato persone come quelI'indiano, petsone che davano I'impressione di sapere molte cose. Disse che a suo parere non valeva la pena di perder tempo con gente simile,

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perch6 prima o poi si poteva avere la stessa informazione da qualcun altro. Disse di non avere pazienza nâ‚Ź tempo per vecchie mummie come quella, e che forse il vecchio voleva solo far credere di esserebene informato sulle erbe, mentre in realti ne sapevaquanto il primo venuto. Bill seguitava a parlarc ma io non lo ascoltavo. La mia mente non riusciva a staccarsi dal vecchio indiano. Sapevache avevo blu{fato. Ricordavo i suoi occhi: avevano veramente una loro luce. Tornai a fargli visita un paio di mesi dopo, non tanto come studente 't I di antropologia interessato alle piante medicinali quanto come petson^ ,., spinta da una curiositi inesplicabile. Il modo in cui mi aveva guardato era stato per me un fatto senzaprecedenti.Volevo sapereche cosa signi- r:i ficava quello sguardn.Ci pensavosopra,e pit ci pensavopii mi sembrava insolito. Dvenimmo amici, e per un anno andai a f.atgli visita innumerevoli- - f," volte. Trovavo molto rassicuranti i suoi modi e grandioso il suo senso dell'umorismo: ma soDrattutto sentivo che nei suoi atti c'era una coerenza che mi disorientava completamente.In sua presenzaprovavo uno strano piacere e allo stesso tempo un insolito imbaruzzo. La sua sola compagnia mi costringeva a riconsiderare completamente i miei modelli v di comportamento. Ero stato educato, forse come ogni altra petsona, aC accettare I'uomo come una creatura essenzialnente debole e fallibile. Cib che mi colpiva di don Juan era che non si curava minimamente di essere debole e indifeso e il solo stargli vicino produceva un conftonto sfavorevole tta il suo comportamento e il mio. Forse una delle afiermazioni piil impressionanti che mi fece allora riguardava la nostra intrin- i seca difierenza. Prima di una delle mie visite mi ero sentito molto scpntento di tutto il corso della mia vita e affitto da un certo numero di ''.t - : gravi conf.itti personali. Quando arrivai alla sua abitazione mi sentivo nervoso e di cattivo umore. Parlammo del mio interesse per la conoscenza,ma come al solito seguivamo due strade diverse. Io intendevo la conoscenzaaccademica che mascendeI'esperienza,menne lui parlava della conoscenzadiretta del mondo. "Sai qualcosadel mondo intorno a te?", mi chiese. "So ogni genere di cose", risposi. "Voglio dire se senti mai il mondo intorno a te?". 'Sento tutto cid che posso sentire del mondo intorno a me'. "Non basta. Devi sentire tutto, altrimenti il mondo perde il suo o, senso Ricorsi all'argomento classico che non avevo bisogno di assaggiarela zuppa per conostere la ricetta, n6 dovevo ricevere una scossa elettrica per sapere dell'elettriciti.


Infioduzione

"Parli comeuno stupido", disse.donJuan. "A mio parerevuoi tenerti stretto ai tuoi argomenti benchdnon ti siano di tierrun" utilid; woi rimanere lo stessoanche a costo del tuo benesserc". "Non so di che cosa stiate parlando". "Pado del fatto che tu non iei_completo.Tu non hai pace'. Questa afiermazionemi infastidl. Mi sentivo offeso.pinsai che non avevacelto il diritto di _giudicarei miei atti o la mia personaliti. "Sei afiitto dai problemi", continud."perch6?". 'Sono soltanto un uomo, don Juan", dissi stizzosamente. honunciai qlelle p-arolecome-era solito pronunciarle mio padre. ogn-i volta che dicevadi esseresoltantoor ,roioo mio padre intendeva implicitamente di esseredebole e indifeso e le sue iarole, come le mie, etano piene di un fondamentalesensodi disoerazione. Don Juan mi fissb come avevafatto il primo giottto che ci eravamo incontrati. "Pensi troppo ? te", disse, e sorrise. "E questo ti di una srana stanchezzache ti fa escludereil mondo intorno a te e ti fa tenere smetto ai tuoi argomenti.Quindi ti rimangonosolo problemi, Anch'io sono soltantoun uomo, ma con cib qon intindo quel ihe intendi tu". "Che cosaintendete?". "Io ho vinto i miei problemi. Purtroppo la mia vita b cosl breve gtrenoq possoaflerrarmi alle coseche uorr.i. Ma questonon ] un problema, B solo un peccato". piacqueiI tono della sua afiermazionelin essanon c'era dispe-Mi razione nd autocommiserazione. r aa

Nel 1951,,un anno dopo il nostroprimo incontro,don Juan mi ri- dj possedere rlelb una conoscenzasegretadelle piante meiicinali. Mi dissedi essereun'brujo'. La parolaspagnolabrrio pud esseretradotta come sffegone, uomo-medicina,guaritore. Da allora in avanti il rapporto tra di noi cambib; divenni il suo novizio e pâ‚Źr i quattro anni sutcesglvidon Juan si sfozb di insegnarmii misteri della stregoneria.Di qlrel noviziato.ho parlato nel mio libto Tbe Teacbingsol Don Juan: A Yaqui'Vay ol Knouledge.* le nostre conversazionisi svolgevanoin spagnolo,e grazieall'ottima conoscenzache don Juan aveva di quella lingua potei ottenere dettagliate spiegazionidegli intricati significati del suo sistemadi credenze. Ho definito stregoneriaquel complessoe ben sistematizzatocongiomerato di conoscenza, e ho definito don Juan uno stregone,perch6-erano * Traduzione italiana, A sada dallo strcgote: ana oia yaqtti alla conosceilzs, Asrolabio - Ubaldini Editore, Roma, 1970.

Introdazione

quelle le categorie da lui stesso usate nella normale conversazione.Ma nell'ambito di spiegazioni piil serie don Juan usava i termini 'conoscenza' oer definire la stregoneria,e'uomo di conoscenza'o'uno che sa'per definire uno stregone. Per insegnare e confermare la sua conoscenzadon Juan usb ffe ben note piante psicotrope: peyote, Lopbophora uilliansii; erba del diavolo, Datura inoxia; e una specie di fungo appartenente al genere Psylocybe. Con I'ingestione separata di ognuno di questi allucinogeni pro dusse in me, suo novizio, alcuni particolari stati di percezione deformata o di coscienza altenta, che ho chiamato 'stati di realti non ordinaria'. Ho usato la parolh 'realti' perchC nel sistema di don Juan premessa fondamentale era che gli stati di coscienza prodotti dall'ingestione di qualsiasi di quelle piante non fossero allucinazioni ma aspetti concreti, anche se non ordinari, della realti della vita quotidiana. Verso questi stati di tealti non ordinaria don Juan si comportava non'come se' fossero reali ma 'come' reali. Naturalmente sono io a definire allucinogene quelle piante e realti non ordinaria gli stati da esse prodotti. Don Juan concepiva e spiegava le piante come veicoli che avrebbero condotto o guidato un uomo a certe forze o certi 'poteri'impersonali e spiegavagli stati da esseprodotti come 'incontri' che uno stregone doveva avere con quei 'poteri' per riuscite a ottenere il conmollo su di essi. Chiamava il peyote 'Mescalito' e spiegava che era un maestro bene volo e un ptotettore degli uomini. Mescalito insegnava "il giusto modo di vivere". Il peyote veniva di solito ingerito in riunioni di stregoni dette 'mitote', i cui partecipanti si riunivano al solo scopo di chiedere una lezione sul giusto modo di vivere. Per don Juan I'erba del diavolo e i funghi erano poteri di tipo diverso. Li chiamava 'alleati' e diceva che potevano essere manipolati; di fatto uno sttegone ricavava la sua fotza dalla manipolazione di un alleato. Don Juan sosteneva che il potere contenuto nel fungo era il suo alleato personale e lo chiamava col nome di 'fumo' o 'piccolo fumo'. Per utilizzare i funghi don Juan li lasciava essiccaredentro una piccola zucca fino a che diventavano una polvere sottile. Conservava la zucca ermeticamente chiusa per un anno e poi mescolava la polvere con cinque altre piante essiccate ottenendo una mistura che fumava nella pipa. Per diventare un uomo di conoscenza si doveva 'incontrare' I'alleato il maggior numero di volte possibile; bisognava entrare in familiariti con I'alleato, e quindi la mistura allucinogena doveva esserefumata abbastanza spesso. Il procedimento del 'fumare' consisteva nell'ingerire la sottile polvere del fungo, che non si inceneriva, e nell'inalare

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il f rrrrr..lcllc alrrc cinque piante-checomponevanola mistura. Don Juan s|icg:rvir i Pr.fondi effetti prodotti dal fungo sulle capaciti perce-ttive .lit'cnrtoche "l'alleato ti toglie il corpo". Il mctodo di insegnamento di dori Juan esigeva dal novizio uno sforzo straordinario. D fa-tto, il_grado di-partecip"azionee di coinvolgimento richiesto era cosl forte che alla fini del ige: dovetti abband"onare il mio noviziato. Posso 4ir,e ora, a distanza di cinque anni, che a quell'epoca gli insegnamentidi don Juan avevano incominciato a'minacciare seriamenteIa mia 'idea del mondo'. Stavo per smarrire la certezza, da tutti condivisa, che la realtl della vita quotidiana sia un qualcosa chi possiamo dare per scontato. Quando abbandonai il mio noviziato ero convinto che la mia deci sione- fosse definitiva; non volevo mai piil vedere don Juan, ma nelI'aprile del 1969 ricevetti una prima copia del mio libroi mi sentii co. stretto a mostrargliela e andai a trovarlo. Il nostro legame maestro-novizio si era misteriosamenteristabilito e posso dire che in quell'occasione incominciai un secondociclo di noviziaio, molto diverso dal primo. La mia paura era cosl acuta come iil passato, infatti il tenore iegli inse-no! gnamenti-di don fuan era nel complCssopii rilassato, don Juan-rideva molto e faceva ridere molto anche me. Sembrava che avessl la deliberata intenzione di minimizzarc la seried in generale. Faceva il buffone durante i momenti veramente cruciali di questo secondo ciclo, aiutandomi cosl a superare esperienzeche avrebbero potuto facilmente diventare ossessive.Don Juan premetteva che per resistereall'urto e alla stratezza -: della conoscenza che lui mi insegnava era necessaria una disposizione d'animo leggera e responsabile. "La ragione per cui ti sei spaventato e te ne sei andato b che ti sentivi trgppo maledettamenteimportante", disse, spiegandola mia precedente defezione. "Sentirsi importanti fa diventare pesanti, sgraziaii e vani. Un uomo di conoscenzadeve essereleggero e {luido". L'interesse particolare di don Juan nel suo secondo ciclo di noviziato consisteva nell'insegnarmi a 'vedere'. Evidentemente nel suo sistema di conoscenzaera possibile distinguere semanticamentetra (vedere' e 'guardare' come due modi distinti di percepire. 'Guardare' si riferiva al solito modo in cui siamo abituati a pircepire il mondo, mentre 'vedere' comportava un processoassai complessoin virtt del quale un uomo dovrebbe percepire I'essenza delle cose del mondo. Per spiegare in forma leggibile le complicazioni di questo processo di apprendimento ho condensatolunghi passi di domande e risposte e ho quindi manipolato i miei appunti originali. Credo perb che a questo punto la mia manipol azione non possa sminuire il significato degli insegnamenti di don Juan. Per ottenere I'efietto che desideravola manipo-

Introduzione

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lazione doveva dare ai miei primi appunti la scorrevolezza della conversazione; vale a dire, volevo comunicare al lettore mediante un reportage la drammaticit) e il carattere diretto della situazione sul campo. Ciascun capitolo corrisponde a un incontro con don Juan. Di regola don Juan concludeva sempre ogni nostro incontro con una nota brusca; quindi il tono drammatico della fine di ciascun capitolo non b un mio espedienteletterario, era un espedienteproprio della tradizione otale di don Juan e a me sembrava un espediente mnemonico che mi aiutava a ritenere la drammaticiti e l'importanza delle lezioni. Per dare coerenza al mio reportage sono perb necessariealcune spiegazioni, infatti dalla spiegazione di un certo numero di concetti chiave o uniti chiave che io voglio mettete in risalto dipende la sua chiarczza. Questa sceltadi accentuazionecorrisponde al mio interesseper Ia scienza sociale.E possibilissimoche un'altra persona con diverse mete e aspettative isoli concetti interamente diversi da quelli scelti da me. Durante il secondociclo di noviziato don Juan si premurb di assicurarmi che l'uso della mistura da fumo era I'indispensabile prerequisito del 'vedere', quindi dovevo fumare la mistura il pit spesso possibile. "Solo il fumo ti pub dare la rapidit) necessariaper cogliere una breve visione di quel mondo fugace", disse. Con l'aiuto della mistura psicotropa don Juan produsse in me una serie di stati di realti non ordinaria. Il carattere principale di tali stati, in relazionea cib che sembravafare don Juan, era una condizionedi'inapplicabilitl'. Cib che percepivo in quegli stati di coscienza alterata era incomprensibile e impossibile da interpretare secondo il nostro modo quotidiano di comprendete il mondo. fn alre parole, la condizione di inapplicabiliti comportava la cessazionedella pertinenza della mia vi- i . ,'| i i:'l sione del mondo. Don Juan usava questa condizione di inapplicabiliti degli stati di realti non ordinaria per introdurre una serie di nuove 'unit) di significato' preconcette. Le unit) di significato erano tutti i singoli elementi pertinenti alla conoscenzache don juan intendeva insegnarmi; le ho chiamate unita di significato perchd fofmavano il conglomerato di base dei dati sensoriali e delle loro interpretazioni su cui era costruito un significato piil complesso.Un esempio di una simile unit) b il modo in cui era inteso I'effetto fisiologico della mistura psicotropa. La mistura produceva un torpore e una lerdita del controlio motoiio che il sistema di : - + don Juan interpretava come un atto compiuto dal fumo, che in questo caso era I'alleato, per "togliere il corpo del soggetto". Le uniti di significato erano raggruppate insieme in modo specifico, e ciascun blocco cosl creato formava quella che ho chiamato una 'interpretazione ragionevole'.Il numero di possibili interpretazioni ragionevoli


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Introdazione

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"Mi piass uedere", rispose, "perchi un uomo di conoscenzapub coinoscere solo uedendo". "Che genere di cose aedete?". "Tuttoo, "Ma anch'io vedo tutto e non sono un uomo di conoscenza". "No, tu non aedi". olo penso di sl". "Te lo dico io, tu non uedi". "Come fate a dirlo, don Juan?". "Tu guardi solo la superficie delle cose". "Volete dire che tutti gli uomini di conoscenza vedono dawero attraverso tutte le cose che guardano?". "No, non voglio dire questo. Ho detto che un uomo di conoscenza ha le sue predilezioni; la mia d solo aedere e conoscere, gli alffi fanno altre cose". "Quali altre cose, per esempio?". "Prendi Sacateca,b un uomo di conoscenzae la sua predilezione b ballare. C.osl Sacatecaballa e conosce'. "Allora la predilezione di un uomo di conoscenzab un qualcosa che si fa per conoscere?". "Sl. E giusto". "Ma come b possibile che ballare aiuti Sacatecaa conoscere?". "Si pud dire che Sacatecaballi con tutto quel che ha". "Ma Sacatecaballa come ballo io? Voglio dire, balla come ballano tutti? ". "Diciamo che balla come io oedo e non come puoi ballare tu". ' "Anche Sacatecauede come oedete voi?". "Sl, ma lui balla anche". "Come balla Sacateca? ". "E dificile da spiegare. E un particolare modo di ballare in cui balla quando vuole conoscere. Ma tutto quel che ti posso dire b che se non comprendi i modi di un uomo che conosce b impossibile padare di ballare o di uedere". "Voi lo uisto ballare?". non tutti quelli che guardano il suo ballo possono aedere "Sl. Perb^vete che ballare b il suo particolare modo di conoscere". Conoscevo Sacateca,o per lo meno sapevo chi era. Ci eravamo inconrati una volta e gli avevo offerto una birra. Eta stato molto gentile e mi aveva detto di fermarmi pure a casa sua ogni volta che lo avessi voluto. Progettai a lungo di andare a faryli visita ma non lo dissi a don Juan. Il pomeriggio del 14 maggio 1962 presi I'automobile e andai alla


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lrcrthi solo pochi istanti prima, quando ero arrivato a casa sua, era strlto molto pronto e consapevoledella mia presenza. "Di che cosa volete parlare?", disse alla fine. Parlava con voce stanca e le parole sembravano trascinarsi le une tlictro alle altre. Mi sentivo molto a disagio, sembrava che la sua strrnchezzafosse contagiosa e mi opprimesse. "Di nulla in particolare", risposi. "Sono solo venuto a fare quatro t hirrcchiere amichevoli con voi. Una volta mi avete detto di venire :r casa vostra". "Si, I'ho detto. ma ora non a la stessacosa "Perch6 non b la stessacosa?" "Non parlate forse con Juan?".

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"Allora che cosa volete da me?" "Pensavo che forse avrei potuto rivolgervi qualche domanda" "Chiedete a Juan. Non b lui che vi insegna?". "Certo, perb vorrei lo stessointerrogarvi su quello che mi insegna, e avere la vosra opinione. fn questo modo saprb cosa fare"

"Perch6?Non vi fidatedi luan?' " Sicuro'. "Allora perchd non chiedete a lui quello che volete sapere?". "Lo faccio, e lui me lo dice. Ma se anche voi poteste parlarmi di quel che mi insegna don Juan, forse capirei meglio". "Juan vi pub dire tutto. Solo lui lo pub fare. Non lo capite?". "Lo capisco, perb vorrei parlare con persone come voi, don Elias. Non si rova tutti i giorni un uomo di conoscenza" "Tuan b un uomo di conoscenza" " Lo so '. "Allora perch6 parlate con me?". "Ho detto che venivo per essereamici". "No, non E vero. Questa volta in voi c'E qualcosad'altro". Volevo spiegarmi ma riuscii solo a borbottare qualche parola incoerente. Sacatecanon disse nulla. Sembrava ascoltarecon attenzione. Teneva sempre gli occhi semichiusi ma sentivo che mi stava scrutando. Accennb col capo quasi impercettibilmente, poi aprl le palpebre e vidi i suoi occhi: sembtava guardare al di h di me. Batt6 al suolo come per caso con la punta del piede desro, appena dietro il calcagno sinistro. Teneva le gambe leggermente flesse e le braccia abbandonate lungo i fianchi. Quindi sollevd il braccio destro; la mano era aperta con il palmo perpendicolare al terreno; le dita erano protese e puntavano verso di me. Lascid oscillare la mano un paio di volte prima di portarla all'altezza del mio volto, la tenne per un istante in quella posizionee quindi pro-


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Introduzione

nuncid alcune parole. La voce era chiarissima, ma le parole erano strascicate. Dopo un istante lascib cadere la mano lungo il fianco e rimase immobile, prendendo una strana posizione. Stava in piedi, appoggiandosi sulla punta del piede sinisuo, con il piede destro incrociaio dietro il tallone sinistro e battendo al suolo ritmicamente e lievemente con la punta del piede desro. Provavo un'apprensione ingiustificata, una forma di irrequietezza. Sembrava che i miei pensieri si dissociassero. Erano pensieri slegati e senza significato che non avevano nulla a che fare con quanto stava accadendo. Notai il mio disagio e cercai di ricondurre i miei pensieri alla situazione presente, ma per quanto mi sforzassi non riuscii. Sembravo sotto I'influsso di una forza che mi impediva di concentrarmi o di pensare cose importanti. Sacatecanon aveva detto una parola e io non sapevo che cos'altro dire o fare. Mi voltai come un automa e me ne andai. Piil tardi mi sentii costretto a raccontare a don Juan il mio incontro con Sacateca.Don Juan scoppiava dalle dsate. "Che cosa b successoveramente?". chiesi. "Sacateca ha ballato", rispose don Juan. "Ti ha uisto, poi ha ballato". "Che cosa mi ha fatto? Sentivo molto freddo e avevo le vertigini". "Evidentemente non gli sei piaciuto e ti ha fermato gettandoti una parola". "Come pottebbe aver fatto?', esclamai incredulo. "Semplicissimo; ti ha fermato con la sua volonta". "Che cosa dite?". "Ti ha fermato con la sua volonti". afrermazioni di don Juan La spiegazione non era suficiente. k mi sembravano inintelligibili. Cercai di interrogado ancora, ma non pot6 spiegare I'awenimento in modo per me soddisfacente. ^ E ou'o*ioche I'awenimento o qualiiasi awenimento che accadesse nell'ambito di questo sistema estraneo di interpretazione ragionevole poteva essere spiegato o compreso solo nei tetmini delle uniti di significato proprie di quel sistema. Questo libro d dunque vn reportoge e come tale dovrebbe essereletto. Il sistema che ho registrato mi era incomprensibile, sarebbe quindi fuorviante e inappropriato ptetendere di disiaccarsi da un fedele resoconto. A questo proposito ho adottato il metodo fenomenologico e mi sono sforzato di trattare della stregoneria limitandomi esclusivamente ai fenomeni che mi venivano presentati. Io, nel mio ruolo di percipiente, registravo cib che percepivo, e al momento della registrazioie mi sforzavo di sospendete il giudizio'

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1 2 aprile 1968 Don Juan mi contempld per un istante senza rivelare aIlatto la surl sorpresa nel vedermi, anche se erano passati pit di due anni da .lrrando gli avevo fatto visita per I'ultima volta. Mi posd la mano sulla spalla e sorrise dolcemente, quindi disse che sembravo diverso, che stavo diventando grasso e molle. Gli avevo portato una copia del mio libro; senza pfeam- .; boli dalla mia valigetta e glielo porsi. "E un libro su di voi, don Juan", dissi. Don Juan prese il libro e ne scorse le pagine come fosse stato un mazzo di carte. Gli piacquero il colore verde della copertina e lo spessore del volume. Accarezzb la copertina con le palme, rigirb il libro un paio di volte e quindi me lo porse di nuovo. Io mi sentivo pieno di orgoglio. "Voglio che Io teniate voi", dissi. Don Juan scosse la testa ridendo silenziosamente. "E meglio di no", disse poi, e quindi aggiunsecon un largo sorriso: "Sai cosa ce ne facciamo della carta in Messico?". Risi. Pensai che il suo tocco di ironia fosse bellissimo. Eravamo seduti su una panchina del parco'iit uha piccola citt) della regione montagnosa del Messico centrale. Non mi era stato assolutamente possibile far sapere a don Juan della mia intenzione di andare a fargli visita, ma ero certo che lo avrei trovato, e lo trovai. Aspettai solo pochissimo tempo in quella cittadina prima che don Juan scendesse dalle montagne e lo trovassi al mercato, al banco di un suo amico. Don Juan mi disse senza complimenti che ero amivato giusto in tempo per ricondurlo a Sonora, e ci sedemmo nel parco ad aspettare \ un suo amico, un indiano mazatec con cui viveva. Aspettammo circa tre ore. Parlammo di diverse cose senza importanza e verso la fine della giornata, subito prima che arrivasse il suo


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I preliminari del'ocdere'

amico, gli riferii alcuni avvenimenti cui avevo assistito qualche giorno prima. Durante il viaggio pet venirlo a trovare mi si era rotta I'automobile alla periferia di una citt) ed ero dovuto restare fermo re giorni in attesa che il guasto venisse riparato. Dall'alua parte della strada di fronte all'offi.cinac'era un motel, ma i sobborghi mi deprimono sempre molto, cosl mi fermai in un moderno albergo di otto piani nel centro della citti. Il fattorino mi disse che l'albergo aveva un ristorante, e quando scesiper mangiarevidi dei tavolini fuori sul marciapiede.Era una sistemazione abbastanzagraziosa,all'angolo della strada, sotto alcuni archetti di mattoni dalla linea moderna. Fuori I'aria era fresca e c'erano tavoli vuoti, ma preferii sedermi all'interno, benchâ‚Ź ci fosse folla e facesse caldo. Entrando avevo notato un gruppo di piccoli lustrascarpeseduti sul ciglio del marciapiede di fronte al ristorante, ero sicuro che se mi fossi seduto a un tavolino esterno sarebbero venuti a infastidirmi. Da dove ero seduto potevo vedere il gruppetto attraverso i vetri. Due giovanotti si sedettero fuori e i ragazzini si afiollarono intorno al tavolo ofirendo ai due di pulh le scarpe. Quelli rifiutarono e io rimasi stupito nel vedere che i piccoli lustrascarpe non insistettero e ritornarono a sederesul ciglio del marciapiede.Dopo un po' tre uomini in abito da passeggiosi alzarono e se ne andarono e i rugazzini corsero al loro tavolo dove incominciarono a mangiare gli avanzi; in pochi secondi i piatti erano puliti. Lo stesso avvenne degli avanzi di tutti gli altri tavoli. Osservai che quei ragazzini erano molto ordinati; se versavano dell'acqua I'asciugavanocon le loro pezze per pulire le scarpe.Osservai inolre che il loro processo di ripulimento era assoluto. Mangiavano anche i cubetti di ghiaccio rimasti nei bicchieri e le fette di limone del tb, buccia e tutto. Non sprecavanoassolutamentenulla. Nei tre giorni in cui rimasi all'albergo scoprii I'esistenza di un accordo tra i bambini e il direttore del ristorante; i piccoli lustrascarpe potevano cercare di guadagnarequalche soldo dai clienti del ristorante e potevano anche mangiare gli avanzi, purch6 non molestasseronessuno e non rompessero nulla. Erano undici in tutto e andavano dai cinque ai dodici inni di eta, ma il piir grande era tenuto a distanza dal resto del gruppo, ostr^cizzatoe schernito con una cantilena che diceva che lui aveva gii i peli sul pube ed era troppo vecchio per stare con loro. Dopo averli osservati per tre giorni inseguire come avvoltoi gli avanzi pii miseri, mi sentii veramente scoraggiatoe lasciai quella citti, sentendo che non c'era speranz per quei bambini il cui mondo era

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I prelirninari del 'uadere'

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liii stato foggiato dalla battaglia quotidiana.per le briciole. "Provi pena per loro?", osservb don Juan jn tono interrogativo. " Certamente", risposi. " Perch6?". "Perch6_mi preoccupo del benesseredei miei simili. euelli sono l';rrnbinie il loro mondo b brutto e misero". "Piano! Pianol Come fai a dire che il loro mondo d. brutto e mi_ ttro?" disse don Juan deridendo la mia affermazione.,,Tu credi di star rrregliodi loro, non d vero?". Risposi che, credevo di_ s) e don Juan mi chiese perch6, allora gli .lissi che a confronto con il mondo di quei bambini if mio era infiniiarrrcnte piil vario e piir ricco di esperienzee occasioni di soddisfazione l,ersonalee di sviluppo. La risata di don Juan era franca e amichevole. l)isse c.he.non s_apevo quello che dicevo, che non avevo modo di sapere rrulla della ficchezza e delle opportunit) del mondo di quei bambini. Pensai che don Juan stava diventando cocciuto, pensai che dawero rni contraddicevasolo per indispettirmi. credevo sinieramente che quei barnbini non avesserola minima opportunit) di alcuno sviluppo intellcttuale. Sostenniil mio punto di vista ancoraper un po' e quindi don Juan rri chiesebruscamente:"Non mi hai detto una volta che a tuo Darere lrr massimaconquistadell'uomo era diventareun uomo di conoscenza?". Lo avevo detto, e ripetei di nuovo che a mio parere diventare un uomo di conoscenzaera una delle piil grandi conquiste intellettuali. "Pensi che questo tuo ricco mondo ti aiuterebbe mai a diventare un uomo di conoscenza?",chiesedon Juan con leggero sarcasmo. Non risposi ed egli formulb la sressadomanda in maniera diversa, una cosa che io faccio semprecon lui quando penso che non mi capisca. "In altre parole", ripresedon Juan con un largo sorriso,ovviamente consapevoleche mi ero reso conto del suo sratagemma, "la tua libert) e le tue opportuniti possono aiutarti a diventare un uomo di cono". scenza? " N o!" , r isposi con f or za. "Allora come puoi sentir pena per quei ragazzini?", chiese in tono serio. "Chiunque di loro pud diventare un uomo di conoscenza. Tutti gli uomini di conoscenzache ho incontrato erano bambini come quelli che tu hai visto mangiare avanzi e leccar tavolini". L'argomento di don Juan mi diede una sensazionedi disagio. Avevo avuto pena di quei bambini sottoprivilegiati non perchd non avessero abbastanzada mangiarc, ma perch6 nei miei termini il loro mondo li aveva gi) condannati a essere intellettualmente inadeguati. E tuttavia nei termini di don Juan chiunque di loro poteva raggiungerequella che


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I preliminaridel'uedere'

ritenevo I'epitome della conquista umana, la meta del diventare un uomo di conoscenza.Il mio motivo per compatidi non aveva senso. Don Juan mi avevamessocon le spalle al muro. "Forse aveteragione', dissi. "Ma come si pub evitareil desiderio, il genuinodesideriodi aiutarei nostri simili?". "C-omepensi che li si possaaiutare?". "Alleviando il loro fardello. La cosa pii piccola che si possafare per i nostri simili b cercare di cambiarli. Anche voi lo fate, non B vero?o. "No, io no. Io non so che cosacambiareo petchd cambiarealcunchâ‚Źnei miei simili". "E io allora, don Juan? Non mi avete forse dato un insegnamento petchâ‚Źpotessicambiare?". "No. fo non cerco di cambiarti. Pub accadereche un giotno tu possadiventareun uomo di conoscenza - non c'b modo di saperloma quello non ti cambier). Un giorno fome potrai uederegli uomini in un almo modo e allora ti renderai conto che non si pub cambiare nulla in essi". 'Che cosa b quest'altromodo di vederegli uomini, don Juan?". "Quando tu aidi, gli uomini appaionodifierenti. Il piccolo fumo ti aiuterl a uederegli uomini comefibre di luce". "Fibre di luce?". "Sl, fibte, comebianchi fili di ragnatela.Fili sottilissimiche vanno dalla testa all'ombelico. Un uomo sembra cosl un uovo di fibre in movimento.E le bracciae le gambesono come setoleluminose,emesse in tutte le direzioni". "E cosl che appaionotutti?". "Tutti. Inoltre, ogni uomo E in contattocon tutte le altre cose,non perb attraverso le sui mani, ma attraverso un fascio di lunghe fibre ihe spuntanodal cenro dell'addome.Questefibre leganoI'uomo all'ambienti che lo circonda;conservanoil suo equilibrio; gli danno stabiliti. Cosl, come pottai aedereun giorno, un uomo b un uovo luminoso, che sia un mendicanteo che sia un re, e non c'b modo di cambiarenulla; o piuttosto, che cosa si potrebbe cambiare in quell'uovo luminoso? Che cosa?'.

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La mia visita a don Juan aveva dato il via a un nuovo ciclo. Non rni fu dificile ricominciare a godere come prima il suo senso del dramrna, il suo bumou e la sua pazienza con me. Sentivo definitamente di rlover andare qiil spe-ssoa f.irgli visita. Non vedere don Juan era davvcro una grande-perdita per me; inoltre, avevo qualcosa di particolare interesseche volevo discutere con lui. . Dopo aver terminato il libro sui suoi insegnamenti avevo incomint'iato a riesaminare_gli appunti presi sul campo che non avevo usato. Avevo scartato moltissimi dati perchc intendCvo mettere in risalto gli stati di realt) non ordinaria. Rimaneggiando i miei vecchi appunti e;o giunto alla conclusione che uno stre!6ne esperto poteva prLiurre nel -suo novizio la gamma di percezione pit specialiizata semplicemente 'manipol-andoi suggerimenti sociali'. Tutta la mia argomentaiione sulla -basava natura di questi procedimenti di manipolazione si sull'assunzione che per produrre la necessariagamma di percezione ci volesse una- guida, un c-apo. Presi come caso specifico le riunioni del peyote degli stregoni. Sostenevo che in quelle- riunioni gli stregoni raggiungevano un accordo sulla natura della realtl senza Jcambiaisi manifestamente parole o segni, e la mia conclusione era che i partecipanti usavano un codice molto complicato per arrivare a tale-accordo. Avevo costnrito un _complessosistema per spiegare il codice e i procedimenti, cosl tornai da don Juan per chiedere la sua opinione pemonale e il suo consiglio sul mio lavoro.

21 maggio 1968 Durante il mio viaggio per andareda don Juan non accaddenulla fuori dell'ordinario. La temperaturanel desertoera sui quarantagradi e piuttosto fastidiosa.Il caldo si acquietbnel tardo pomeriggioe quando arrivai da don Juan, sul far della-sera, c'era t na fretca Lrezza-.Non


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I preliminari del'uedere'

I prelitzinari ,Jc! 'uedcre'

ero molto stanco, percib sedemmonella sua stanzae parlammo. Mi sentivo a mio agio e rilassato, e parlammo per ore. Non era una conversazione che avrei voluto registrare; non cercavo veramente di dir cose molto ragionevoli nd di ricavarne un gran significato; parlammo del tempo, del raccolto, di suo nipote, degli indiani yaqui, del governo messicano.Dissi a don Juan quanto mi piacessela squisita sensazione di parlare al buio ed egli rispose che tale afrermazionesi accordava con la mia natura chiacchierona;che era comprensibile che mi piacesse chiacchierareal buio perchd parlare era la sola cosa che potessi fare in quel momento, mentre eravamo cosl seduti. Sostenni che quello che godevo non era il sempliceatto del chiacchierare.Dissi che gustavo il dolce tepore del buio intorno a noi. Don Juan mi domandd'che cosa facevo a casa mia quando veniva buio. Risposi che invariabilmente accendevo le luci o uscivo per le srade illuminate finchd non veniva I'ora di andare a dormire. "Oh", disse in tono incredulo. "Credevo che tu avessiimparato a usare il buio". "Per che cosa lo si pud usare?", chiesi. Rispose che il buio - e lo chiamava 'il buio del giorno' - era il momento migliore per 'vedere'. Sottolineb 1a parola 'vedere' con una strana inflessione.Volli sapereche cosa intendeva, ma disse che era ormai troppo tardi per discutere.

22 maggio 1968

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Non appenafui sveglio la mattina e senzaalcun preliminare, dissi a don Juan che avevo costruito un sistema per spiegarecib che aweniva in una riunione del peyote, in un mitote. Presi i miei appunti e gli lessi quello che avevo elaborato. Don Juan ascoltavapazientemente mentre mi sforzavo di illustrare i miei scbemi. Dissi che credevo fosse necessarioun capo non manifesto che desse suggerimenti ai partecipanti cosi da arrivare a un qualche accordo pertinente. Feci osservare che i partecipanti andavano a un mitote per cercare la presenzadi Mescalito e le sue lezioni sul giusto modo di vivere; e che quelle persone non si scambiavanomai una parola n6 un gesto e tuttavia erano d'accordo sulla presenzadi Mescalito e sulle sue lezioni specifiche.Per 1o meno, questo era cid che apparentementefacevano i partecipanti ai mitote cui ero intervenuto; convenivano che Mescalito era apparso a loro individualmente e aveva dato loro una lezione. Nella mia esperienza personale avevo scoperto che la forma della visita individuale di Mescalito e la sua conseguentelezione erano

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singolarmente omogenee, sebbene variassero di contenuto da persona ir persona. Non sapevo spiegare questa omogeneit) se nen come risultrrto di un sottile e comDlessosistemadi suggerimenti. Impiegai quasi due ore per Ieggeree spiegarea don Juan lo schema che avevo cosruito. Terminai il mio racconto pregandolo di dirmi con le sue parole quali fossero gli esatti procedimenti usati per raggiungereI'accordo. Quando ebbi finito dcn .|uan aggrottd le ciglia. Pensai che avesse trovato provocatoria la mia spiegazione;sembravaimmerso in una profonda meditazione. Dopo un ragionevole periodo di silenzio gli domantlai che cosa pensassedella mia idea. La mia domanda trasformb subito in un sorriso e quindi in una risatir fragorosa la sua espressioneaccigliata.Cercai di ridere anch'io e chiesi nervosamenteche cosa ci fosse di cosi divertente. "Sei diventato pazzo!", esclamd don Juan. "Perchd qualcuno dovrebbe darsi la penl di suggerirein un momento cosi importante come rrn mitote? Credi che si scherzi semprecon Mescalito?". Per un momento pensaiche fosse stato evasivo; non aveva risposto veramentealla mia domanda. "Perch6 qualcuno dovrebbe suggerire?", conrinub ostinatamente. "Tu hai partecipato a dei mitote. Dovresti sapere che nessunoti ha rletto cosa dovevi sentire o cosa dovevi fare; nessunotranne lo stesso Mescalito". Insistei che questa spiegazionenon era possibilee lo supplicainuovamente di dirmi come si raggiungevaI'accordo. "So perchd sei venuto", mi risposein tono misterioso."Non posso aitrtarti nel tuo sforzo perchdnon c'd nessunsistemadi strggerimento". "Ma come E possibileche tutte quelle personesiano d'accordosulla prcsenzadi Mescalito?". perchd u_edoy9",rispose drammatjcamente,e quindi ."Sono d'accordo aggiunsecome per caso: "Perch6 non vieni a un altro mitote e non uedi da te?". Sentii che era una trappola. Non dissi nulla ma riposi le mie note; e don Juan non insist 6. Poco dopo mi chiese di accompagnarlocon I'automobile a casa di un suo amico dove passammobuona parte della giornata. Nel corso di una conversazioneil suo amico John mi chiese del mio interesseper il pevote.Era stato.Johna fornire i boccioli di peyote per la mia pri:na espcrienzaquasi otto anni avanti. Non sapevo che cosa rispondergli, ma don Juan venne in mio aiuto e dissea jchn che stavo andandobene. Sulla via del ritorno alla casa di don T'ran mi sentii obblieato a commentarela domandadi Tohn e dissi tra l. altre cose.che nonlvevo


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I preliminari del'uedere'

i -!:,rzione di.imparare pii nulla su_lpeyote, perchd richiedeva un tipo dr coraggio che.io non avevo; e che avevo parlato davvero sul serio q-uando avevo detto che intendevo smettere. Don Juan sonise e non disse nulla e io continuai a pailare fino a casa. Sedemmo su uno spiazzo puljto davanti alla porta. Era una giornata. ca7,1?e limpida, ma nel tardo pomeriggio soffiava una brezza-che rendeva la temperatura sufficientemente pia"cevole. fmprowisamente don Juan disse: aPerchC sei cosl esagerato? Quanti.anni sono passati da quando hai detto che non volevi iriparare pit nulla?". " T r eo. "Perch6 sei cosl veemente?". "Penso che vi sto tradendo, don Juan. Penso che b per questo che ne parlo sempre". "Non mi stai tradendo". "Vi ho ingannato. Sono fuggito. Sento di essere sconfitto". "Tu fai quello che puoi. Inoltre, non sei stato ancora sconfitto. Quello che ti devo insegnare d molto duro. fo, per esempio, I'ho trovato forse ancora oii duro di te". 'Ma voi avete resistito, don Juan. Il mio caso d diverso. Io mi sono arreso e sono venuto a trovatvi non perch6 volessi imDarare ma solo perchd volevo chiedervi di chiarire un punto del mio lavoro". Don Juan mi guardb per un istante e quindi distolse lo sguardo. "Dovresti lasciarti guidare di nuovo dal fumo", disse poi con forza. 'No, don Juan, non posso pit usare il vostro fumo. Penso di essermi esaurito". "Non hai nemmeno incominciato". "Ho troppo paura". "Cosl, hai paura. Non c'b nulla di nuovo nell'aver paura. Non pensare alla tua paura. Pensa alle meraviglie del oederel". "Vorrei sinceramente poter pensare a quelle meraviglie, ma non posso. Quando penso al vosmo fumo sento come uDa tenebra che mi cade addosso.E come se sulla terra non ci fosse pit nessuno,nessuno cui rivolgermi. fl vostro fumo mi ha mostrato la solitudine piil definiva, don Juan". "Non b vero. Prendi me, per esempio. Il fumo b mio alleato e io non ptovo un simile senso di solitudine". "Ma voi siete diverso; voi avete vinto la vostra paura". Don Juan mi battâ‚Ź lievemente sulla spalla. "Tu non hai paura", disse piano. La sua voce aveva uno strano tono di accusa. "Non dico mica bugie sulla mia paura"

I preliminari del 'uedere'

"Non mi interessanole bugie", rispose gravemente. "Mi interessa qualcosa d'alffo. La ragione per cui non vuoi imparare non b la paura, d qualcos'altro". Cercai di insistere per Sapere cosa fosse, ma don Juan non disse nulla; si limitb a scuotere il capo come se non potesse credere che non sapessi. GIi dissi che forse era I'inerzia che mi tratteneva dall'imparare, allora volle sapere il significato della parola inenia e io glielo leisi dal mio dizionario; "La tendenzadella materia a rimanere in stato di quiete se in stato di quiete, o, se in movimento, a continuare a muoversi nella stessa direzione, a meno che non sia influenzata da qualche forza esterna', "A meno che non sia influenzata da qualche forza esterna", ripet6 don Juan. "Questa b la frase migliore che tu abbia trovato. Te I'ho gii detto, solo un pazzo desidererebbedi sua volonti di diventare un uomo di conoscenza.Un uomo dalla mente a posto deve esservi spinto con l'inganno". " Sono sicuro che molti sarebbero felicissimi di accingersi a questo compito". "Sl, ma quelli non contano. Di solito sono pazzi. Sono come zucche che sembrano perfette all'esterno ma che poi perdono quando fai pressione su di esse, quando le hai riempite d'acqua. "Ho dovuto indurti una volta ad apprendere con I'inganno, allo stesso modo in cui il mio benefattore ha ingannato me. Altrimenti non avresti imparato quanto hai imparato. Forse adessob ora di ingannarti di nuovo". L'inganno di cui parlava don Juan era stato uno dei punti piil cruciali del mio noviziato. Risaliva a molti anni pdma, ma nella mia mente era ancora vivo come un fatto recente. Attraverso manipolazioni molto scaltre don Juan mi aveva un giorno costretto a un diretto e terrificante confronto con una donna ritenuta una strega. Lo scontro era risultato in una profonda animositi da parte della donna e don fuan aveva sfmttato la mia paura come motivazione per continuare il noviziato, sostenendo che avevo ancora molto da imparare sulla stregoneria per proteggermi contro gli assalti magici della strega. I risultati finali del suo'trucco' erano stati cosl convincenti da farmi sentire sinceramente di non avere altra risorsa se non imparare il pii possi bile se volevo rimanere in vita. "Se avete intenzione di terrorizzarmi ancora con quella donna, guardate che non tornerb pitr", dissi. La risata di don Juan fu molto allegra. "Non preoccupafti', disse in tono rassicurante."C-on te i trucchi


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I prelimina:'i del 'uedcre'

per spaventarenon funzionanopii. Tu non hai piil paura. Ma se serve ingannaredovunque tu sia; non b necessarioche tu rimanga :t ii.otb Don Juan mise le braccia dietro if capo e si disteseper dormire. Io lavorai ai miei appunti fino al suo risveglio un paio d'ore dopo; era quasi buio. Notando che stavo scrivendo,don Juan si alzb a sederee sorridendomi chiesese avevo risolto il mio problemaa furia di scrivere. 23 waggio 1 9 6 8

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Stavamoparlandodi Oaxaca.Dissi a don Juan di esserearrivato in quella citti in un giorno di mercato,un giorno in cui decine e decine di indiani di tutta la regione si afiollavanoper vendere cibarie e ogni sorta di cianfrusaglie.Dissi che mi aveva particolarmenteinteressato un uomo che vendeva piante medicinali. Aveva una cassettadi legno con un certo numero di vasetti con piarlte secchetagliate a strisce,steva fermo in mezzo alla stada tenendo in mano un vasetto e modulando una strana cantilena. "Ecco il rimedio", diceva, "per le pulci, le mosche,\e zanzaree i pidocchi. " E per i ma i a l i , i c a v a l l i , l e c a p re e l e mucche. "Ecco il rimedio per tutte le malattie dell'uomo. "Per gli orecchioni,il morbillo, i reumatismi e Ia gotta. "Ecco il rimedio per il cuore, per il fegato, per 1o stomaco e per i fianchi. "Avvicinatevi, signoree signori. "Ecco il rimedio per le pulci, le mosche,le zanzaree i pidocchi". Ero rimasto a lungo ad ascoltarlo.Non faceva alro che enumerare un lungo elenco di malattie dell'uomo per le quali sostenevadi avere la cura; l'espedienteche usava per dar ritmo alla sua cantilenaconsisteva nel fare una pausa dopo aver nominato una serie di quattro malat t ie. Don Juan mi disse che anchelui da giovane andavaa vendere erbe al mercato di Oaxaca.Disse di ricordare ancora l'intonazione del suo richiamo di venditore e lo rifece per me. Disse anche che lui e il suo amico Vicente preparavanomiscugli. "Quei miscugli erano veramenteefrcaci", disse. "Il mio amico Vicente faceva ottimi estratti di niante". Dissi a don Juan di avere una volta incontrato il suo amico Vicente in uno dei miei viaggi in Messico. Don Juan sembrd sorpreso e volle sapernedi pin.

Raccontai che un giorno, mentre mi dirigevo in automobile alla volta di Durango, mi era venuto in mente che don Juan mi aveva detto che avrei dovuto andare a far visita a un suo amico che abitava l). Ero andato a cercaflo, lo avevo trovato e avevo parlato con lui per un po'. Prima che partissi mi aveva dato un saccocon alcune piante e una serie di istruzioni per trapiantarne una. Lungo la strada che porta alla citd di Aguas Calientes mi ero poi fermato, accertandomiche non ci fosse gente intorno. Per almeno dieci minuti avevo scrutato la strada e le zone circostanti senza vedere case nd bestiame al pascolo. Mi ero fermato sulla cima di una collinetta. Di l) potevo vedere la strada davanti e dietro di me: era deserta nelle due direzioni fin dove potevo arrivare con lo sguardo. Avevo atteso qualche minuto per orientarmi e ricordare le istruzioni di don Vicente, poi avevo preso una delle piante, ero enrato in un campo di cactus a est della strada, e l'avevo piantata come mi aveva istruito. Avevo con me una bottiglia di acqua minerale con cui intendevo annaffi.arela pianta. Mentre cercavo di aprirla percuotendo il tappo metallico con la sbarretta di ferro che avevo usato per scavare,la bottiglia era esplosa e una scheggiadi vetro mi aveva tagliato il labbro superiore facendolo sansuinare. 'Ero ritornato all'automobile per prendere un'altra bottiglia di acqua minerale. Menre scendevo dalla macchina un uomo alla guida di un pulmino Volkswagen si era fermato chiedendomi se mi serviva aiuto. Avevo risposto di non aver bisogno di nulla e quello si era allontanato. Ero tornato ad annaffi,arela pianta e quindi ero partito verso la mia automobile. A una quarantina di metri dalla macchina avevo sentito delle voci. Mi ero precipitato gii per un pendio fino alla srada e avevo visto re messicanivicino all'automobile, due uomini e una donna. Uno dei due uomini era seduto sul paraurti anteriore, aveva forse trent'anni, era di media statura e aveva capelli neri ricciuti. Portava un fagotto sulla schienae aveva addossodei vecchi pantaloni e una camicia roia molto consumata. Portava le scarpe slacciate forse troppo grandi per i suoi piedi, sembravanolarghe e scomode; sudava ptofusamente. L'altro uomo eta rimasto in piedi a una decina di metri dall'automobile. Era di corporatura minuta e piil basso dell'altro, e aveva i capelli lisci e pettinati all'indiemo. Portava un piccolo fagotto ed era pii anziano, forse verso la cinquantina. I suoi abiti erano in condizioni migliori: aveva una giacca blu scuro, pantaloni celesti e scalpe nere. Non sudava afratto e sembrava distante, disinteressato. Anche la donna sembrava aver passato la quarantina. Era grassa e di carnagione molto scura..Indossava pantaloni attillati neri, un golf bianco e portava scarpe nere a punta. Non portava fagotti ma aveva


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I prelimiuri

del 'redere'

in mano una radio portatile a ffansistors. Sembrava molto stanca e il suo volto era imperlato di sudore. Mentre mi awicinavo l'uomo pit giovane e la donna erano venuti verso di me chiedendomi un passaggio. fo avevo risposto che non potevo farli salire nell'automobile e avevo mostrato loro il sedile posteriore carico fino al massimo della sua capaciti, facendo vedere che veramente non c'era spazio libero. L'uomo aveva suggerito che se io avessi guidato lentamente loro avrebbero potuto viaggiare appollaiati sul paraurti posteriore o distesi sul cofano. Avevo pensato che fosse un'idea insensata. ma nella loro richiesta c'eta una tale insistenza che mi faceva sentire tiste e a disagio, cosl avevo dato loro un po' di denaro per pagarsi il biglietto dell'autobus. L'uomo pii giovane aveva preso i soldi ringraziando, ma quello pit anziano aveva voltato le spalle con sdegno. "Voglio essere trasportato", aveva detto. 'Non mi interessa il denaro". Poi si era rivolto a me: "Potete darci del cibo o dell'acqua?". Non avevo proprio nulla da dare. Erano rimasti un momento a guardarmi e quindi si erano allontanati. Salito nella mia automobile avevo cercato di metterla in moto. Il calore era cosi forte che sembrava che il motore si fosse sciolto. Sentendo girare a vuoto il motorino d'awiamento, I'uomo pit giovane si era fermato tornando sui suoi passi e si era messo dietro all'automobile pronto a spingere. Provavo una terribile apprensione.Ansimavo disperatamente. Finalmente il motore si era accesoed ero schizzatovia. Quando ebbi finito di raccontare don Juan rimase a lungo pensieroso. "Perch6 non me 1o hai raccontato prima?", chiese quindi senza guardarmi. Non sapevo che cosa rispondere. Mi stinsi nelle spalle e gli dissi che non avevo mai pâ‚Źnsato che fosse una cosa importante. "E maledettamente importante", mi rispose. "Vicente B uno stregone di ptima fotza. Ti ha dato qualcosa da piantare perch6 aveva le sue ragioni; e se hai incontrato tre persone che sembravano spuntate dal nulla immediatamente dopo aver piantato la pianta, anche per quello doveva esserciuna ragione; ma solo uno scioccocome te poteva non farci caso e ritenere che non avessenessunaimportanza". Poi don Juan volle sapere esattamente che cosa era awenuto quando avevo fatto visita a don Vicente. Gli raccontai che mentre stavo attraversando in automobile la citti e passavo accanto al mercato mi era venuta I'idea di andare a cercare don Vicente. Allora avevo fermato la macchina ed ero entrato nel

I preliminail del 'uedere'

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,rrrr(:rto dirigendomi alla sezione delle erbe medicinali. In un vicolo r'rr;[t() tre banchi, ma erano tenuti da tre donne grasse. Ero andato lrrr,r irll'altra estremit) e avevo trovato un altro banco dietro I'angolo, rrrrrt() da un uomo sottile, dalle ossa piccole e dai capelli bianchi. In ,J'rt'l momento stava vendendo una gabbietta da uccelli a una donna. Avevo aspettato finchâ‚Ź fosse solo e quindi gli avevo domandato se ',,n()sccvadon Vicente Medrano. Mi aveva guardato senza rispondere. "(lhe cosa volete da Vicente Medrano?t, aveva chiesto alla fine. l)issi che ero venuto a fargli una visita per conto del suo amico, ,' fr.r'i il nome di don Juan. I'uomo mi guardd per un istante e quindi ,lrrsc di essereVicente Medrano e di essere al-mio servizio. Mi ofirt ,lr scdere. Sembrava contento, molto rilassato e sinceramente amichev,'11'.61i parlai della mia amicizia con don Juan. Sentii che ra di noi ..'<'rrrstabilito un immediato legame di simpatia, Don Vicente mi disse r lrc conoscev_a don Juan da quando avevano vent'anni ed ebbe per l,ri solo parole di elogio. Verso la fine della nostra conversazionedisse u) tono vibrante: "Juan b un vero uomo di conoscegza.Io mi sono x ' cupato solo brevemente dei poteri delle piante. Ero sempre interes',.rto alle loro propriet) curative; ho anche raccolto libri di botanica, ,lrc ho venduto solo recentemente". Rimase un momento in silenzio; si strofind il mento un paio di 5.m5rava cercare la parola giusta. 'r'lre. " Si pottebbe dire che io sono soltanto un uomo di conoscenzaliri,,r", disse poi. "Non sono come Juan, il mio fratello indiano". Don Vicente tacque di nuovo per un altro istante. I suoi occhi erano ,,'itrei e stava fissando il suolo alla mia sinistra. Poi si volse a me e disse quasi in un bisbiglio: "Oh, come si libra in alto il mio fratello indiano!". Don Vicente si alzb. Sembrava che Ia nostra conversazionefosse rcrminata. Chiunque altro avesse fatto un'afiermazione su un fratello indiano l,r avrei presa per un logoro luogo comune. Ma il tono & don Vicente cra stato cosl sincero e i suoi occhi cosl limpidi che mi aveva rapito con I'immagine del fratello indiano che si librava cosl in alto. E crecletti che intendesse veramente quello che diceva. "Conoscenzalirica un corno!", esclambdon Juan quando ebbi finito di raccontare tutta la storia. "Vicente b un brujo. Perch6 sei andato a rrovarlo?'. Gli ricordai che era stato proprio lui a dirmi di andare a far visita a don Vicente. "E assurdo!", mi rispose drammaticamente."Ti ho detto che un giorno, quando avresti imparato a aedere, avresti dovuto andarc a far


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I prcliminari del 'uedcre'

I preliminaridel'aedere

visita al mio amico Vicente; questo ti ho detto. Evidentemente non mi ascoltavi". Sostenni che non movavo nulla di male nell'essere andato a far visita a don Vicente, che ero stato incantato dai suoi modi e dalla sua dolcezza. Don Juan scosse il capo da una parte all'altra e in tono quasi canzonatorio espresseil suo sconcerto per quella che chiamava la mia 'sbalorditiva fortuna'. Disse che da parte mia andare a far visita a don Vicente era stato come entrar. n.llu tana di un leone armato solo di uno stuzzicadenti. Sembrava agitato, eppure non riuscivo a tfovafe nessuna ragione per la sua preoccupazione.Don Vicente era un uomo molto bello, mi era parso cosl fragile; i suoi occhi che mi tornavano stranamente alla memoria lo facevano sembrare quasi etereo. Chiesi a don Juan come potesse esserepericolosa una persona come quella. "Sei un maledettosciocco",mi rispose,e per un po'mi guardd severamente. "Non ti farebbe alcun male lui in persona. Ma la conoscenza e potere, e una volta che un uomo si b awiaio'lungo la via della cono' scenzanon b piil responsabiledi cib che pud accaderea chi viene in contatto con lui. Dovevi fargli visita quando ne avessi saputo abbastanza per difenderti; non da lui, ma dal potere che lui ha domato, che, tra I'altro, non b un potere suo n6 di nessun'altro. Sentendo che eri un mio amico Vicente ha supposto che tu sapessicome proteggerti e quindi ti ha fatto un regalo. Evidentemente gli sei piaciuto e deve averti fatto un grande regalo, e tu lo hai buttato via, che peccato!".

24naggio1 9 6 8

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Avevo importunato don Tuan per buona parte della giornata insistendo afinchZ mi parlasse del dono di don Vicente. Gli avevo fatto notare in vari modi che doveva considerare le nostre difierenze; dissi che cib che per lui si spiegavada s6 poteva essere totalmente incomprensibile per me. "Quante piante ti ha dato?", mi chiese alla fine. Risposi che erano quattro, ma in realt) non riuscivo a ricordare. Allora don Juan volle sapere esattamenteche cosa era awenuto dopo aver lasciato don Vicente e prima che mi fossi fermato al lato della sffada. Ma non riuscivo a ricordare nemmeno quello. "Il numeto delle piante b importante e lo b pure l'!'rdine degli-awenimenti", disse. "Come posso iirti qual era il regalo se non ricordi che cosaE accaduto?".

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Mi sforzai senza successodi richiamare alla mente la successione ,l , i ' l i avven im ent i. "Se tu ricordassi tutto quello che d accaduto", "potrei 1'r'1lo rnâ‚Źfio dirti come hai sprecato il tuo dono". l)on Juan sembrava molto turbato. Mi esortava con impazienza a |r,r;11111s, ma avevo un vuoto nella memOria. "l)ove pensate che abbia sbagliato, don Juan?", dissi, solo per ,,rrr lrrsciarcadere la conversazione. " ]n tutto ". "Ma ho seguito alla lettera le istruzioni di don Vicente". " U allora? Non capisci che seguire le sue isruzioni era privo di r J tr ) tl l c atO/.

" P erch6?". " Percl-râ‚Źquelle istruzioni erano intese per qualcuno che sapesse , ,,lcre, non per uno sciocco che se ne esce con la vita salva solo ppr 1,rlrr foftund, Sei andato a tfovare don Vicente senza prepatazione. t ili sei piaciuto e lui ti ha dato un dono, e quel dono poteva costarti I ri i l mente l a vit a". "Ma perch6 mi ha dato qualcosa di cosl serio? Se b uno stregone ,,r'r't'bbedovuto sapere che io non so nulla". "No, non avrebbe potuto uederlo. Tu sembri uno che sa, ma in r,,rl t) non s ai m olt o". Dissi di essere sinceramenteconvinto di non aver mai cercato di irl)parire diverso da quello che ero, per lo meno non deliberatamente. "Non i questo che voglio dire", rispose don Juan. "Se ti stavi ,l,rndo delle arie, Vicente avrebbe potuto vederti attraverso. Questo b (turlcosa di peggio che darsi delle arie. Quando ti aedo, mi appari (()me se tu sapessimolte cose,e tuttavia so che tu non sai", "Che cosa sembra che io sappia,don Juan?". "I segreti del potere, naturalmente; la conoscenzadi un brujo. ()os), quando Vicente tiha uisto ti ha fatto un dono e quel dono ltu Io hai trattato come un cane ratta il cibo quando ha la pancia piena. Quando un cane non vuole mangiare piil, piscia sul cibo, cosl che gli rrlti cani non lo possano mangiare. Tu lo hai fatto su quel dono. Ora non sapremo mai che cosa b accaduto veramente. Hai perduto molto. Che spreco!". Tacque per un po'; quindi si srinse nelle spalle e sorrise. "E inutile dolersene", riprese, "e tuttavia b cosl dificile non farlo. I doni di potere capitano cosl raramente nella vita; sono unici e pteziosi. Prendi me, per esempio; nessuno mi ha mai fatto un tale dono. Ci sono poche persone, pet quel che ne so io, che ne abbiano mai avuto uno. Sprecare qualcosa di cosl unico b una vergogna".


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"Capisco quel che volete dire, don Juan," dissi. "C'b qualcosa che . io possa fare per recuperare il dono?". Don Juan rise e ripet€ diverse volte: "Recuperare il dono". "Suona bene", disse poi. "Mi piace. Eppure ion c'i nulla che si possa fare per recuperare il tuo dono". 25 maggio L968 Don--Juanpassdbuona parte della giornata a mostrarmi come preparare delle semplici trappole per catturare piccoli animali. Per^quasi tutta la mattina avevamo tagliato e pulito dei rami. Io avevo in mente molte domande e avevo ceriato di parlare mentre lavoravamo, ma don Juan mi aveva risposto con uno scherzo dicendo che di noi due io ero il.solo che sap-esse muovere contemporaneamentele mani e la lingua. Alla fine ci sedemmo a riposare e tiiai fuori una domanda. "Come E rI uedere, don Juan?". 1 "Per saperlo devi imparare a oedere. Io non te lo posso dire". "E un segretoche non devo sapere?". "No. E s6lo qualcosache non ti posso descrivere". "PerCn€?". "Non avrebbe senso per teo. ''Mettetemi alla prova, don Juan, Forse per me potrebbe avere si gnificato". "No. Devi farlo da te. Una volta che avrai imparato potrai aedere in modo diverso ogni singola cosa del mondo". "Allora, don Juan, voi non vedete pit il mondo nel modo solito?". ulo vedo in tutti e due i modi. Quando voglio guardare il mondo lo vedo al modo in cui lo vedi tu. Quando poi lo vogho uedere, lo guardo nel modo che so e lo percepiscoin modo diverso". 'Le cose sembrano coerentemente le stesse ogni volta che voi le oedete?". "Le ccse non cambiano. Sei tu che cambi il tuo modo di guardare, b tutto qui". "Voglio dire, don Juan, che se voi oedete, per esempio, 1o stesso albero, I'albero rimane lo stessoogni volta che lo uedete?". "No. Cambia, eppure b lo stesso". "Ma se lo stesso albero cambia ogni volta che Io aedete, il vostro aedere pub essereuna mera illusione". Don Juan rise e rimase per un po' senza rispondere, poi sembrb meditare. Alla fine disse: "Ogni volta che guardi le cose non le uedi. Le guardi soltanto, suppongo, per accertarti che ci sia qualcosa. Sic-

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',,f n(' n()n ti preoccupidi aedere,le cose ti sembrano in gran parte le ..r,'..st'rrgnivolta che le guardi. Quando hai imparato a aedere,d'altra l,.rrr(',una cosa non i mai la stessaogni volta che la oedi, eppure b Ia '.rcrs:r.Per esempio, ti ho detto che un uomo a come un uovo. Ogni .,'lt.r che uedo lo stessouomo uedo Dn uovo, eppure non b lo stesso "IVla se nulla rimane lo stesso non potete riconoscerenulla; allora .r r lrt' sctv€impatare a ledere?", " l)rroi riconoscereIe cose. Le puoi vedere per quello che sono verarrr,'n(c'.

"Allora io non vedo le cose come sono veramente?'. " No. I tuoi occhi hanno imparato solo a guardare.Prendi, per esem1'r,r,quei tre che hai inconrato, i tre messicani.Me li hai descritti dettaI'li;rtamentee mi hai anche detto che vestiti avevano. Questo mi ha ,lrrrrostrato che non lihai aisti affatto. Se tu fossi stato caDacedi uedere .rvrt'sticapito subito che non erano persone" "Non erano persone?Che cosa erano?". "Non erano persone,E tutto qui". Gli chiesi se erano spettri, spiriti o le anime dei morti. La sua rispor.r ftr che non sapevache cosa fossero gli spetmi, gli :piriti e le anime. Gli tradussi la definizione della parola sp€tro dal Webster Neu \l/orld Dictionary: "Lo spirito disincarnato di una persona defunta che ri immagina appaia ai viventi come un'apparizione pallida e incerta". l, poi la definizione di spirito: "IJn essere soprannaturale, specialnrcnte uno ritenuto un fantasma, o che abita una certa regione, che E ,li un certo catattere (buono o cattivo)". Dopo aver ascoltato le definizioni don Juan rispose che forse potevirno esseredetti spiriti, sebbene la deGnizioneche avevo letto non li rlcscrivessein modo abbastanzaadeguato. "Sono guardiani di qualche tipo?". "No. Non fanno la guardia a nulla". "Sono soryeglianti? Vegliano su di noi". "Sono forze, nd buone n6 cattive, solo forze che un brujo impara trd addomesticate'. "Sono gli alleati, don Juan?". "S), sono gli alleati di un uomo di conoscenza'. Negli otto anni in cui lo avevo frequentato questa era la prima volta in cui don Juan fosse arrivato quasi a definire un 'alleato'. Dovevo averglielo chiesto dozzine di volte, ma di solito lui ignorava la mia de dicendo che sapevo che cosa era un alleato e che era stupi{o -a.tda, quello che gi) sapevo. Ora la sua diretta afiermazione circa la dirmi


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natura di un alleato era una noviti e mi sentii costretto a interrosado piil oltre. "Mi avevate detto che gli alleati sono nelle piante", ripresi, "nell'erba del diavolo e nei funghi". "Non te I'ho mai detto", rispose don Juan con grande convinzione. "Tu salti semprealle tue conclusioni". "Ma io l'ho scritto nei miei appunti, don Juan". "Puoi aver scritto tutto quello che vuoi, ma non mi dire che te l'ho detto io". GIi ricordai che in principio mi aveva detto che I'alleato del suo benefattore era I'erba del diavolo e che il suo alleato era i[ piccolo fumo, e che in seguito aveva detto piil chiaramenteche I'alleato era contenuto in ciascunapianta. "No. Non d cosi", mi risposeaggrottandole ciglia. "Il mio alleato b il piccolo fumo, ma questo non significa che il mio alleato sia nella mistura da fumo o nei funghi, o nella mia pipa. Sono tutti elementi che devono esseremessi insieme per condurmi all'alleato, e io chiamo piccolo fumo quell'alleato per ragioni mie". Don Juan disse poi che le tre persone che avevo visto, che lui chiamava 'quelle che non sono persone' (los qud no son gettte) erano in realt) gli alleati di don Vicente. Gli ricordai la sua affermazioneche la difrercnza tra un alleato e Mescalito era che un alleato non Doteva esserevisto, mentre Mescalito Doteva esserevisto facilmente. A questo punto ci immergemmo in una lunga discussione.Don Juan disse di aver affetmato che un alleato non poteva esserevisto perchd poteva adottare qualsiasi forma. Quando gli feci osservareche una volta aveva anche detto che Mescalito adottava qualsiasi forma, don Juan lascib cadere la conversazione,dicendo che il 'vedere' a cui si riferiva non era I'ordinario 'guardare le cose' e che la mia confusione nasceva dalla mia insistenzanel parlare. Qualche ora dopo don .Tuanriprese la questione degli alleati. Non lo avevo piir incalzato con le mie domande che in qualche modo, sentivo, 1o infastidivano. Mi stava mostando il modo di costruire una trappola per conigli; io dovevo tenere un lungo bastohe e piegarlo il pii possi6ile cosl ihe lui potesselegare un laccio attorno alle due estromiti. Il bastone era abbastanzasottile ma ci voleva pur semPre una certa forza per piegarlo. Avevo la testa e le mani che mi tremavano per lo sforzo ed ero quasi esausto quando finalmente legb il laccio. Ci mettemmo a sedere ed egli incomincib a parlare' Disse che gli era ovvio che io non potessi comprendere nulla se non ne parlavo, e

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,l',' lrri non avrebbe badato alle mie domande e mi avrebbe parlato degli rl l r'.rti .

"l,'rrlleatonon i nel fumo", incomincib. "Il fumo ti porta li dove l ;rllcato, e quando diventi una sola cosa con I'alleato non devi fumare ' piir..Da allora in avanti puoi convocareil tuo alleato a tuo piacere '',.ri , Lrrgli fare tutto quello che vuoi. "()li alleati non sono nd buoni nd cattivi, ma sono usati dagli strer.,'rri l)cr qualsiasi scopo sembri loro adatto. Il piccolo fumo mi piace ,,,,',,'alleaio perchdnon esigeroppo da me. t, ctrtante e onesto". "(lome vi appare un alleato, don Juan? Quelle me persone che ho \r.,r(),pcr esempio,che a me sono sembratenormali persone,come sa1' l rcroappar sea voi? ". ', " Sarebberosembrate normali persone". "Ma allora come potete distinguerle dalle persone vere?". "Quando \e uedi,le persone vere sembrano uova luminose. Le nonl,('rs()nesembrano semprepersone. Era questo che intendevo quando ho ,l, uo che un alleatonon pud esserezrlsto.Gli alleati assumonoformedifIt rtlrti, possono sembrarecahi, coyote, uccelli, anche piccole pianticelle ,' tlrralsiasialua cosa. La sola difrercnzab che quando li uedi sembrano {'\:rttamentequello che vogliono essere.Tutto ha il suo modo di essere (lr:urdo si uede. Come gli uomini sembrano uova, le altre cose seml,r''rno qualcosa d'altro, ma gli alleati possono essere visti solo nella l()rma che assumono.Quella forma d sufficiente a ingannare gli occhi; r rrostri occhi, vale a dire. Un cane non rimane ingannato e nemmenoun t r l r v ott.

" Perchâ‚Ź dovrebbero voler ingannarci? ". " Io- penso che i pagliacci siamo noi. Siamo noi che inganniamo noi prendono I'aspetto esterno di tutto cib che b intorno 'tcssi. Gli alleati ,r loro e allora noi li scambiamoper quello che non sono. Non b colpa l,rro se abbiamo insegnatoai nostri occhi soltanto a guardare le cose". "La loro funzione non mi b chiara, don Juan. Che cosa fanno gli rrlleatinel mondo?". "Questo b come chiedermi che cosafanno gli uomini nel mondo. Non lo so davvero. Siamo qui, questo B tutto. E gli alleati sono qui come noi; e forse sono stati qui prima di noi". "Che cosa intendete dire con prima di noi, don Juan?". "Noi uomini non siamo stati sempre qui". "Volete dire qui in questo paeseo qui nel mondo?". A questo punto ci immergemmo in un'altra lunga discussione.Don Juan disse che per lui c'era soltanto il mondo, il posto dove posava i piedi. Gli chiesi come sapesseche non eravamo stati sempre nel mondo. "semplicissimo", rispose. "Noi uomini sappiamoben poco del mon-


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do. Un coyote ne sa molto di pin di noi. Un coyote non b quasi mai ingannato dalle apparenzedel mondo". "Allora com'E che Ii oossiamocatturare e uccidere?". chiesi. "Se non sono ingannati dalle apparenzecom'b che muoiono cosl facilmente?". Don Juan mi guardb fisso 6no a che mi sentii imbarazzato. 'Possiamo ptendere un coyote in trappola, o awelenarlo o spatargli", disse poi. "Qualunque sistemausiamo un coyote b una facile preda perchd non ha familiarit) con le macchinazioniumane. Ma se il coyote soprawive puoi star certo che non lo cattureremo mai pir). Un buon cacciatorelo sa e non mette mai due volte le sue trappole nello stesso punto, perchd se un coyote muore in una trappola tutti i coyote possono uedere la sua morte, che rimane come sospesa,e quindi eviteranno la trappola e anche la zona in cui E stata m;ssa. Noi. d'altra parte, non oediamo mai la morte, che rimane come sospesasul punto in cui un nostro simile b morto; possiamo forse sospettarla, ma non la aediamo mai". "IJn coyote pud uedere un alleato?". "Certamente". "Come appareun alleato a un coyote?". "Per saperlo dovrei essere un coyote. Ti posso dire perd che per un corvo un alleato appare come un cappello a punta, largo e rotondo alla base e terminante in una lunga punta. Alcuni di loro risplendono, ma per Ia maggior parte sono opachi e sembrano molto pesanti; sembrano uno sffaccio pieno d'acqua. Sono forme che preannunziano". "Come vi appaiono quando li uedete, don Juan?". "Te I'ho gii detto; sembrano qualunque cosa vogliano essere. Assumono qualsiasi forma o dimensione che a loro convenga.Potrebbero aver la forma di un sassolino o di una montagna". "Padano, o ridono, o fanno qualche rumote?o. "In compagnia degli uomini si comportano come uomini. In compagnia degli-animali si comportano come animali. Di solito gli a-nimali n"-h"n.to parrr"; ma se sonoabituati a vedetli li lasciano soli. Anche noi facciamo qualcosadi simile. Abbiamo decine e decine di alleati tra noi, ma non lL infastidiamo. Siccome i nosti occhi sanno guardare solo le cose, non ci accorgiamodi essi". "Volete dire che alcune delle persone che vedo per la strada non sono veramente persone?", chiesi, sconcertato dalla sua afiermazione. "Alcune non 1o sono', risposedon Juan enfaticamente. Le sue parole mi sembtarono assurde,eppure non potevo immaginate seriaminte che don Juan facesseun'affermazione simile solo per fare efietto. Gli dissi che mi sembrava un racconto di fantascienzasu esseri provenienti da un altro pianeta. Don Juan rispose che non gli

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quello che poteva sembrate, ma che alcune petsone pet la 'r,l'(,rtirvir .rr r,l,rnon erano persone. " l)crchâ‚Ź devi credere che ogni persona in una folla che si muove sia ( \scre umano? ". chiese con a1,a di estrema serieti Non riuscii a spiegargli perchâ‚Ź, potei solo dire che ero abituato a cre,1,'rl,rcome atto di pura fede da pate mia. | )on Juan continub a raccontare di quanto gli piacesse osservare i l,',';'lri affollati da molta gente, e come talvolta uedesseuna folla di per.,,rr,' r'he sembravano uova, e in mezzo alla folla di creature simili a ,,{'\';r nc individuava una che sembrava proprio una persona. "l:. molto divertente", disse ridendo, "o per lo meno E divertente l*r rnc. Mi piace stare a sedere nei parchi o nelle stazioni degli auto1"r.,r' osservare.Qualche volta riesco a individuare immediatamente un ,rllr';rtrr;altre volte riesco a aedere solo persone normali. Una volta ho r r'.torlue alleati seduti in autobus, l'uno a fianco dell'altro. E stata la sola r,'lrrr nella mia vita che ne ho visti due insieme". "Averne visti due ha avuto per voi un significato speciale?". " Certamente. Tutto cib che fanno gli alleati E significativo. Qualche r,rf 1'qsn brujo pub trarre il suo potere dalle loro aziori. Anche se il l,rrrio non ha un alleato, fino a che sa uederepub maneggiareil potere os'."rvlndo gli atti degli alleati. Il mio benefattore mi ha insegnato a farlo, (' l)rima di avere il mio alleato sono stato per anni a osservaregli alleati ,t n)ezzo a folle di persone e ogni volta che ne aedeoo uno quello mi r)\cgnava qualcosa.Tu ne hai incontrati ue insieme. Che magnifica le,.ionehai sprecato". Don Juan non disse pit nulla finchâ‚Ź non finimmo di costruire la rrrrppolaper conigli. Quindi, improwisamente, come se lo avesseappena r rcordato, mi disse un'altra cosa impoftante sugli alleati: che quando se rrt' incontravano due erano sempre dello stesso sesso.I due alleati che lrri aveva visto erano due uomini, disse; e siccome io avevo visto due e donna lui ne concludeva che la mia esperienzaera ancora 'romini una f,ii insolita. Gli chiesi se gli alleati potevano impersonare dei bambini; se i bamIrini potevano esseredello stesso sessoo di sessodiverso; se gli alleati impersonasseropersone di ruzzc,difierenti; se potevano impersonare una famiglia composta di un uomo, una donna e un bambino; e per finire gli chiesi se aveva mai visto un alleato guidare un'automobile o anche un :rutobus. Don Juan non rispose afratto. Sorrideva e mi lasciava parlarc. All'ultima domanda scoppib a ridere e osservb che le mie domande erano imlrrecise, che sarebbe stato pii appropriato chiedete se avesse mai oisto un alleato guidare un veicolo a motote.


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"Non vorrai mica dimenticare le motociclette?", mi disse con una luce maliziosa nell'occhio. Pensai che questo suo prendersi gioco delle mie domande fosse divertente e allegro, e scoppiai a ridere con lui. Quindi don Juan mi spiegb che gli alleati non potevano prendere l'iniziativa nâ‚Ź agire direttamente su nulla; perb potevano agire sull'uomo in modo indiretto. Disse che venire in contatto con un alleato poteva essere pericoloso perchd l'alleato poteva tirar fuori la parte peggiore di una persona. Il noviziato era lungo e arduo, disse,perchd si doveva ridurre al minimo tutto cib che fosse superfluo per la propria vita, per resistere alI'urto di un simile inconno. Disse che il suo benefattore, quando era entrato per Ia prima volta in contatto con il suo alleato, era stato spinto a bruciarsi e gli erano rimaste delle cicarici come se fosse stato sbranato da un leone di montagna. Nel suo caso, disse, un alleato lo aveva spinto in una catastadi legna ardente e si era bruciato un po'le ginocchia e le scapole,ma le cicatrici erano scomparsecol passardel tempo, quando era diventato una sola cosa con I'alleato.

3 I I dieci giugno 7968 feci con don Juan un lungo viaggio per partecil'.rr( :l un mitote. Erano mesi che aspettavoquestaoppottunita, ma non , r,) llncora sicuro di voler andare. Pensavo che la mia esitazionefosse alla paura di dover ingerire peyote durante la riunione, e non '1,,11;1i1 r\'('\'()nessunaintenzionedi farlo. Avevo espressoripetutamentea don I'r.rrrquesti miei sentimentie lui dapprima avevariso pazientemente, ma .rll,r fine aveva detto di non voler piil sentire una sola parola sulla mia l '.1 I I r l l .

Quanto a me, un mitote era il terreno ideale per verificare lo schema ,lrr'irVâ‚ŹVoelaborato,infatti non avevo mai abbandonatodel tutto I'idea ,lrr' in riunioni di quel tipo fosse necessarioun capo non manifestoche r.,sicurasseI'accordo tra i partecipanti. Sentivo in qualche modo che ,Lrn -fuan aveva scartato I'idea per ragioni sue, giacch6riteneva piil effi,.rcc spiegaretutto cib che avveniva in un mitote in termini di 'vedere'. l','nsai che il mio interesseper la ricerca di una spiegazioneconfacentenei nrici termini non si accordassecon cid che lui stessovoleva che io fa, ,'ssi; quindi aveva dovuto scartafe 7a mia spiegazionerazionale, come ('fa abituato afare con tutto cib che non si conformava al suo sistema. Subito prima della p^rtenz^ don Juan placb il mio timore di dover ingerire del peyote dicendomi che venivo alla tiunione solo per osservare. \{i sentii pieno di euforia. Ero quasi certo che quella volta avrei scoperto il procedimento nascostocon cui i partecipanti giungevanoa un accordo. Partimmo nel tardo pomeriggio; il sole era quasi all'orizzonte, lo scntivo dardeggiaresulla nuca e avrei desideratouna venezianasul finesmino posteriore. Dalla sommit) di una collina potei vedere in bassouna valle smisurata; la strada era come un nastro nero disteso sul terreno, si snodava su e giil attraverso innumerevoli colline. La seguii per un istante con lo sguardo prima di incominciare a discenderla; andava diritta a sud fino a scomparire in un gruppo di bassemontagne in lontanlnza. Don Juan sedeva in silenzio, guardando diritto davanti a s6. Era


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molto che non ci scambiavamouna parola e nelr'automobire si sentiva un caldo sofiocante. Avevo aperto tut;i i finestrini, ., in,riii.".ri.'p.. t" giornata torrida. Mi sentivo molto infastidito e i...q.,i.io . incominciai a lamentarmi del caldo. D_onJuan aggrottd le ciglia e mi guardd con aria scherzosa. "ln,questa stagione fa caldo in tutto il Messico", disse. "Non c'B . nrente da tate" Ngn lo guardai, ma sapevo che mi stava fissando. L'automobile acqui- velocit) menre stb scendevamogiil per la discesa.viai-iriir"iirt"mente un cartello stradale: vad-o - cune"tta.^euandomi vidi davanti-i" tn.,ru forte e sebbene av.ssi flenato sentimmo tuttavia il lolpo lnlflro ,r::!po e sobbalzammosui sedili. Ridussi considerevolmentela velociiii atrra_ vefsavamo una zan^ dove_il bestiame pascolava liberamente ai laii della strada e dove la carcassadi un cavallo b di ,rn" mucca investiti da un,automobile.era uno spettacolo comune. A un ..rto punto dou.lii f*rnr..i per non investire alcuni cavalli che atffavercarrurroIa sffada. Diu.rrturro sempre-pii i*equieto e infastidito. Dssi a_don Juan.he era il caldo, aggiunsi che avevo sempre odiato il caldo fin da Lambino, p.r.ire ogni estate mi sentivo soffocare-equasi non riuscrvo a resprrare. "Ora non sei pii un bambino", mi risDose. "Ma il caldo mi sofioca ancora". 'Bene,..quando era bambino io ero sofiocato dalla fameo, disse dorcemente: "La sola cosa che ricordo della mia inf.anzia E una giandissima fame, e mi gonfiavo fino a che anch'io non potevo respirare. Ma questo accadevaquando ero un bambi_no, ora non posso rohoca.., ng .ho posso gonfiarmi come un rospo quando fame". Non sapevo che cosa rispondeie. sentivo di essermi cacciato in una posizione insostenibile e che presto avrei dovuto difendere un punto di vista che in realt) non mi importava di difendere. II caldo not .r" poi cosl insopportabile. Mi turbava invece la prospettiva di dover guidare pin.di,mille miglia.prima di arrivare a dlstinazione. Non mi'andava B:T r loea cu dovermt attatlcafe. "Fermiamoci e prendiamo-qualcosada mangiare", dissi. "Forse dopo ., il ramonto non fari cosl caldo". Don Juan mi guardb so*idendo e disse che non c'erano cittadine pulite per un lungo tratto e che credeva che io seguissila norma di non mangiare mai roba acquistata nei mercati lungo la strada. "Non hai pii paura della diarrea?", mi ihiese. Sapevo che parlava sarcasticamente, ma conservava sul volto un'e,spressioneinquisitoria e nello stesso tempo grave. ".\^ come ti comporti", c,ontinub, "si direbbethe la diarrea sia qui . fuori in agguato pronta a saltarti addosso non appena metti un pieie

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r'r"rrdella macchina.sei in un terribile dilemma, se sfuggi al cardo va .r lrnire che ti prender) la diarrea". ll tono di don Juan era cosl serio che mi misi a ridere, poi proce_ , ,1, rrno in silenzioper molto tempo. Quando arrivammo a un'ristoranre v',r trrmionisti chiamato Los vidrios - I vetri - era gid molto buio. "Che cosa avete da mangiare oggi?", gridd don Juin dall'automoI' r1,. "Carne di maiale", urlb in risposta una donna dal di dentro. "Spero per_te che il maiale sia venuto gii per la strada oggi", mi ..r. i ridendo don Juan. ' scendemmo dall'automobile. Ai due lati la strada era fiancheggiata 'lr lilc di basse montagne che parevano formate dalla lava solidi"fi"cata ,lr rina gigantescaeruzione vulcanica. Nell'oscuriti le vette nere e denr,ll:rtc si-stagliavanocontro il cielo come enormi pareti minacciosedi '.,lr<.gge di vetro. Mentre- mangiavamo dissi a don Juan che forse potevo capire per_ , 1,,r.luella localit) era chiamata 'I veri'. secondo me'il nome eia owia,,',.rc dovuto alla forma delle montagne che ricordavano scheggedi \ ( l l'().

Don Juan ribattd in tono convincente che la localiti si chiamava I,,t Vidrios perch6 una volta un camion carico di veri si era rove',(iirto proprio ll-e i frammenti di veffo erano rimasti per anni sparsi ,nrorno alla strada. Sentii che stava diventando faceto e gli chiesi di dirmi se era quello il vcro motivo. "Perch6 non chiedi a qualcuno qui?", mi disse. Interrogai un uomo seduto a un tavolo vicino al nostro. ma quello rispose scusandosidi non sapere.Andai a chiedere alle donne in iucina rc lo sapwano, ma risposero di no; sapevanosolo che il posto si chiarrnva' I Vet r i'. "Credo di aver ragione io", disse don Juan a bassa voce. "f messicani non sono portati a ossefvare le cose intorno a loro. Sono sicuro c'he non sanno vedere le montagne di vetro, ma possono certamente lrrsciarein giro una montagna di scheggedi vetro". L'immagine ci parve divertente e tutti e due scoppiammo a ridere. Terminato di mangiare, don Juan mi chiese come stavo. Risposi di sentirmi bene, ma in veriti avevo lo stomaco urr po' in disordine. Don Juan mi diede un'occhiata dsoluta e sembrd scoprire la mia sensazionedi disasio. "Una volta deciso di venire in Messico avresti dovuto mettere via tutte le tue meschine paure", disse molto severamente."La tua decisione di venire avrebbe dovuto farle svanire. Sei venuto oerchd volevi


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vâ‚Źnire,.b un comportamento da guerriero. Te I'ho ripetuto tante volte, il modo migliore per vivere b vivere come un gueiriero. Preoccupati ! Pensaprima di prendere qualsiasi decisione,ma una volta deciso segui la tua strada libero da preoccupazionio da pensieri; ci saranno ancora milioni di altre decisioni ad aspettarti. Questo E il comportamento da guerriero". "fo credo di comportarmi cosl don Juan, per 1o meno alcune volte. Perb b molto difficile continuare a ricordarmelo". "Un guerriero pensa alla propria morte quando le cose diventano poco chiare". "Questo b ancora pii difficile don Juan. Per moltissima gente la morte E molto vaga e remota. Non ci pensiamo mai". "Perchd no?", "Perchd dovremmo?". "Semplicissimo", rispose. "Perchd I'idea della morte d la sola cosa che tempra il nostro spirito". Quando partimmo da Los Vidrios era ormai cosi buio che i profili frastagliati delle montagne si erano {usi con I'oscuriti del cielo. Procedemmo in silenzio per pit di un'ora. Mi sentivo stanco. Era come se non avessi voluto parlare perchd non c'era nulla di cui parlare. Il trafico era minimo, incrociavamo poche automobili che venivano nella direzione opposta. Sembrava che fossimo i soli ad andare a sud sulla strada. Mi sembravastrano e continuavo a guardare nello specchietto retrovisore per vedere se altre macchine ci venivano dietro, ma non se ne vedeva nessuna. Dopo un po' smisi di cercare altre automobili e ripresi a pensare allo scopo del nostro viaggio. Poi mi accorsi che i miei fari sembravano estremamenteluminosi in contrasto con I'oscurit) circostante e guardai di nuovo nello specchiettoretrovisore. Vidi dapprima un alone risplendente e poi due punti luminosi che sembravano emersi dal terreno. Erano i fari di un'automobile sulla cima di una collina in lontananza dietro di noi. Rimasero visibili per un po', quindi scomparvero nel buio come se fossero st^ti spazz^ti via; dopo un istante riapparvero su un'altra collina e poi scomparverodi nuovo. Continuai a lungo a seguire nello specchietto il loro apparire e scomparire. A un certo punto mi sembrb che la macchina stesse guadagnandoterreno su di noi. Stava chiaramente awicinandosi perch6 i suoi fari diventavano sempre pii grandi e luminosi. Spinsi deliberatamente sul pedale dell'acceleratore. Provavo una sensazionedi disagio. Don Juan sembrb notare la mia preoccupazione o forse si era solo accorto che stavo accelerando. Dapprima mi guardb, poi si volse e guardb i fari lontani. Mi chiese se c'era qualcosa che non andava. Risposi che per ore non

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avevo visto nessunamacchinadietro di noi e che a un tratto avevo notato i fari di una macchinache pareva continuassea guadagnareterreno su di noi. Don Juan ridacchid e mi chiese se pensavo davvero che fosse una macchina.Gli risposi che doveva esseri ,rna macchinae lui mi disse che la mia preoccupazione gli rivelava che dovevo aver sentito in qualche modo che cib che ci seguiva, qualunque cosa fosse, era qualcosadi pii di una sempliceautomobile.Io insistei,dicendoche pensavo fosse solo un'altra macchinasulla strada, o forse un camion. "Che altro potrebbe essere?",gridai. Le sue domande mi avevanofatto venire i nervi a fior di nelle. Don Juan si voltd e mi guardb diritto, poi piegb lentarnenteil capo, come se misurasse quello che stava per dire. "Sono le luci sulla testa della morte". disse lievemente."La morre se le mette come un cappello e poi parte al galoppo. Quelle sono le luci della morte al galoppo che guadagnaterreno su di noi, si avvicina sempredi pii". Sentii un gelo salirmi su per la schiena.Dopo un po' guardai di nuovo nello specchiettoreffovisore, ma i fari non c'erano pii. Dissi a don Juan che la macchinadoveva essersifermata o aveva cambiato strada. Lui non guardb diero, si limitb a stirar le braccia e a sbadisliare. " N o" . di s se. "La m or t e non si f er m a m ai. Q ualche volt a spegne sol o l e sue l uci". Arrivammo nel Messico nord-orientaleil 1l giugno. Due vecchie incliane,cl-resi assomigliavano erano e parevanosorelle,e quattro rag,azze, raccolte davanti alla porta di una piccola casa di mattoni. Dietro la casac'era una baraccae un sranaio diroccato con in piedi solo parte del tetto e un muro. Evideniementele donne ci stavano aspettando; dovevanoaver individuato la mia macchinadalla polvere sollevatasulla strada bianca dopo che avevamo lasciato la smada asfakata un paio di miglia prima.Lacasa era in una profonda valle, dalla sua porta la strada sembrava una lunsa cicatice sul fianco delle colline verdi. Don Juan sceie dall'automobile e parld per un momento con le vecchieche ci indicarono alcuni sgabellidi legno davanti alla porta, poi mi fece cenno di avvicinarmi e di mettermi a sedere.Una delle due vecchiesi mise a sederecon noi e le altre donne entraronoin casa.Due delle rusazze rimasero accanto alla porta, esaminandomicon curiosit); feci loro cenno di rimanere, ma rislro sommessamentee corsero dentro. Dopo qualche minuto arrivarono due giovanotti che salutarono don Juan. Non parlarono con me e nemmeno mi guardarono,parlaronobre-


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vemente con don Juan; quindi don Juan si alzb e tutti noi, comprese le donne, ci dirigemmo a un'altra casa lontana circa mezzo miglio. Li incontrammo un altro gruppo di persone. Don Juan entrd nella casa ma a me disse di rimanere accanto alla porta. Guardai dentro e vidi un vecchio indiano all'incirca dell'et) di don Juan seduto su uno sgabello di legno. Non era ancora completamentebuio. Un gruppo di giovani indiani, uomini e donne, stava tranquillamente intorno a un vecchio camion fermo davanti alla casa. Parlai loro in spagnolo ma quelli evitarono deliberatamentedi rispondermi; le donne ridevano sommessamente_ogni volta che dicevo qualcosa e gli uomini, sorridendo educatamente,distoglievano lo sguardo. Era come se non mi capissero, eppure ero- sicuro Ihe tutti pad=avanospagnolo perchd li avevo uditi parlare tra di loro. Dopo un po' don Juan e I'altro vecchio uscirono e salirono sul camion sedendosiaccanto al conducente.Come a un segnaletutti quanti si arrampicarono sul pianale. Non c'erano sponde laterali -e quando il camion incomincid a muoversi ci appendemmotutti a una lunga fune a dei ganci sul telaio. legata Il camion procedeva lentamente sulla strada bianca. A un certo punto, su un pendio molto ripido, si fetmb e tutti saltammo-giil e lo ieguimmo a piedi; poi due giovanotti balzarono di nu-ovo.sul pianale mlttendosi a^sedere sul bordo senza usare la corda. Le donne risero Don .Tuan e li incoraggiarono a conservare la loro precaria -posizione-. e il vecchio, cui tutti si rivolgevano con il nome di don Silvio, camminavano insieme e non sembravano curarsi degli istrionismi dei dr-re giovani. Quando la strada tornb in piano risalimmo tutti sul camion. Andammo avanti per circa un'ora. Il piano 4.1 cami-on era estremamente duro e icomodo, cosl mi alzai in piedi tenendomi al tetto della cabina e continuai in quella posizione finchd ci fermammo davanti a un gruppo di capanne.C;era mblta gen-te;era gi) molto buio e porevo vedJre rolo qurlih. persona alla tenue luce giallognola di una lamoada a cherosene che pendeva da una porta aPerta' Tutti scesero dal camibn e si mescolarono alla gente delle case. Don Juan mi ripetd di rimanere fuori. Mi appoggiai al paraurti anteriore del camion e dopo un minuto o due fui raggiunto da tre giovanotti. Avevo incontraio uno di loro quattro anni prima in un precedente mitote; mi abbraccid stringendomi gli avambracci' "Stai bene", mi sussurrd in spagnolo. Rimanemmo molto tranquillamente presso il camion. Era una notte calda e ventosa, potevo sentire il dolce icrosciare di un ruscello vicino. amico mi .hi.t. in un bisbiglio se avevo sigarette e io feci circoif;"

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lirrc un pacchetto. Alla debole luce delle sigarette guardai I'orologio, t'rano le nove. . Subito dopo dall'intemo della casa emerse un gruppo di persone t' i tre giovani allontanarono. Don Juan mi raggiunse e mi disse -si rli aver spiegato Ia mia presenzacon soddisfazionedi tutti e che potevo a servire I'acqua al mitote. Disse che ci saremmo andati iubito. 'cnire Dalla casa uscl un gruppo di dieci donne e undici uomini. L'uomo , hc guidava la comitiva sembrava molto robusto. aveva forse una cint;rrantina d'anni. Lo chiamavano 'Mocho', un nomignolo che significa 'nrutilato'. Avanzava a passi rapidi e sicuri e teneva in mano rrni la-1,.rdaa cheroseneche faceva ondeggiare da una parte all'altra mentre camminava. Dapprima pensai che la muovesse a casaccio,ma poi scoprii che la muoveva per segnalare un ostacolo o un passaggio-dificile Irrngoil cammino. Camminammo per piil di un'ora. Le donne-chiacchieravano e ridevano sommessamentedi quando in quando. Don Juan era a crrpofilainsieme con l'altro vecchio; ib ero propiio in fondo. Tenevo gli ,'cchi fissi sulla strada cercandodi vedere dove-mettevo i piedi. jon ..Erano passatiquattro_,annida quando ero stato.on Juan sulle c'olline di notte, e da allora avevo perso molta della mia-prestanza fisica; continuavo a inciampare e a urt"re col piede piccoli sassi. k r'ie ginocchia non avevano alcuna flessibilit): milembrava che la strada rni si alzassedavanti a ogni rilievo, oppure che cedessesotto di me rr ogni avvallamento. Ero quello che faceva pii rumore camminando c pur non volendo ero diventato lo zimbello della fila. Ogni volta che inciampavo qualcuno del gruppo mi incoraggiava e tutti ridevano. A un certo punto diedi un calcio a un sassocolpendo nel calcagno una .lonna che esclamb ad alta voce con sollazzo di tutti: "Date una can,lela a quel poveretto!". Ma il colmo della mortificazione fu quando feci u-n passo falso e dovetti appoggiarmi a quello che mi precedeva, facendogli quasi perdere l'equilibiio iotto il mio peso ed emittere deli beratamente un grido sproporzionato. Tutti scoppiarono a ridere cosl forte che I'intero gruppo fu costretto a fermarii per un po'. A un certo punto I'uomo che apriva la snada mosse la lanterna in su e in giil, A quanto pareva era il segnaleche eravamo giunti a destinazione. Alla mia destra, poco lontano, si intravedeva il- profilo scuro di una casabassa.Tutto il gruppo si sparpaglibin varie direzioni. Cercai don Juan. Era dificile trovarlo nel buio e incespicai rumorosamente per un po' prima di accorgermi che era seduto su un sasso. Don Juan mi ripetd che il mio compito consisteva nel portare acqua per gli uomini che avrebbero partecipato. Mi aveva insegnato anni prima il procedimento; ne ricordavo ogni dettaglio ma lui lnsisti a rinfrescarmi la memoria e mi mostrb di nuovo come dovevo fare.


I pteliminori del 'aedere'

l'or t'i clirigemmo verso il refto della casa dove si erano riuniti tutti gli uomini. Avevano preparato un fuoco. C'era uno spiazzo pulito coperto di stuoie di paglia a circa cinque metri di distanla dal fuoco. Mocho, I'uomo che ci aveva guidato, si sedette per primo su una stuoia; notai che gli mancava la parte superiore dell'orecchio sinisro, il che spiegava il suo nomignolo. Don Silvio sedette alla sua destra e. don Juan alla sua sinistra. Mocho era seduto di fronte al fuoco. Un giovane venne verso di lui e gli mise davanti un cesro piatto pieno di boccioli di peyote, quindi si mise a sedere tra Mocho e don Silvio. Un altro giovane portd due piccoli cesti e li pose vicino ai boccioli di peyote, poi si mise a sedere tra Mocho e don Juah. Poi due altri eio vani si misero a sederea fianco di don Silvio e di don luan. chiudendo un cerchio di sette persone. Le donne rimasero dentio la casa. Due giovani erano incaricati di mantenere accesoii fuoco per tutta la notte, io e un tag zzo sotto i vent'anni custodivamol'acqua che doveva essere data ai sette partecipanti dopo il rituale che sarebbe durato tutta la notte. Mi sedetti con il rasazzo vicino a un sasso. Il fuoco e il recipiente con I'acqua erano I'uno di fronte rfl'altro a una distanzauguale dal cerchio dei partecipanti. Mocho, il capo, cantd la sua canzone del peyote; teneva gli occhi chiusi e muoveva il corpo in su e in giir. Era una canzonemolto lunga e le parole mi erano incomprensibili.Quindi tutti, a uno a uno, cantarono le loro canzoni del peyote. Non sembrava che seguisseroalcun ordine concepito in precedenza,apparentementecantavanoogni volta che ne avevano voglia. Poi Mocho prese il cesto che conteneva i boccioli di peyote, ne tolse due e lo rimise al centro del cerchio; dopo fu il turno di don Silvio e quindi di don Juan. I quattro giovani, che sembravanoun'uniti separata,preserodue boccioli di peyote ciascuno, seguendo una direzione antioraria. Ciascunodei sette partecipanti cantd e mangib due boccioli di peyote per quattro volte consecutive,quindi tutti passaronoagli alri due cesti che contenevano frutta seccae carne secca. Questo ciclo fu ripetuto varie volte durante la notte, ma io non riuscivo a scoprire nessun ordine sottinteso dai movimenti individuali dei partecipanti.Non si parlavanoI'uno con I'altro; sembravapiuttosto che stesseroper conto loro e da soli. Non osservai nessuno, nemmeno una volta, che prestasseattenzione a quel che facevano gli altri. Prima dell'alba si alzarono e fui io insieme con il giovane a distribuire I'acqua. Dopo passeggiaiin giro per orientarmi. La casa era composta di una sola st^nza, era una piccola costruzione di mattoni con il tetto di paglia. Il paesaggioche la circondava era quasi opprimente' La casupola era situata in una pianura desolata con vegetazionemista.

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(iespugli e cactus crescevano insieme, ma non c'erano afr.atto alberi. Non me la sentii di awenturarmi oltre la casa. Le donne se ne andarono nella mattinata. Gli uomini passeggiavano silenziosamentenello spiazzoche circondava la casa. Verso mezzogiorno c'i sedemmo di nuovo tutti nello stesso ordine in cui eravamo stati a scdere Ia notte precedente. Fu fatto girare un canestro pieno di carne sccca tagliata in pezzetti della grandeza di un bocciolo di peyote. Alcuni degli uomini cantarono le loro canzoni del peyote. Dopo circa un'ora tutti si alzarono e si awiarono in diverse direzioni. Le donne avevano lasciato una pentola di farina d'avena per quelli che badavano all'acqua e al fuoco; io ne mangiai un poco e poi dormii per quasi tutto il pomeriggio. Al calare dell'oscuriti i giovani incaricati del fuoco ne prepararono un altro e fu ripreso il ciclo di ingestione dei boccioli di peyote, che segul piir o meno lo stesso ordine della notte precedente e terminb ell'alba. Nel corso della notte mi sforzai di osservare e di imprimermi nella mente ogni singolo movimento compiuto da ciascuno dei sette partecipanti, sperando di scoprire tra di loro la minima forma di un ordine individuabile di comunicazione verbale o non verbale: ma nelle loro azioni non c'era nulla che tradisse un sistema sottostante. Il ciclo di ingestione del peyote fu ripreso al pdncipio della sera seguente. Al mattino sapevo di aver completamente fallito nella mia ricerca di indizi che dovevano rivelare il capo nascosto, o mosttate una qualche forma di occulta comunicazione fia i partecipanti o qualche traccia del loro sistema di accordo. Per il resto della giomata rimasi a sedere da solo e cercai di sistemare i miei appunti. Quando gli uomini si riunirono per la quarta notte sapevo in qualche modo che sarebbe stata la loro ultima riunione. Nessuno me ne aveva detto nulla, ma sapevo che il giorno dopo se ne satebbero andati ciascuno per proprio conto. Sedetti di nuovo vicino all'acqua e ognuno riprese la sua posizione nell'ordine gii stabilito. Il comportamento dei sette uomini che componevano il cerchio fu una replica di quello che avevo osservato nelle tre notti precedenti. Rimasi assorto nella contemplazione dei loto gesti, come avevo fatto prima. Volevo imprimermi nllla mente tutto quello che facevano, ogni movimento, ogni parola, ogni gesto. A un certo momento sentii nell'orecchio come un brusio; era un comune tipo di ronzio all'otecchio e non ci badai. Il tonzio continub pit, forte, ma era sempre nell'ambito delle mie otdinarie sensazioni fisiche. Ricordo di aver diviso la mia attenzione tra l'osservare gli uomini e I'ascoltare il ronzio che udivo. Poi. a un certo momento, le


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I preliminari del'uedere'

facce degli uomini sembrarono diventare piil luminose; era come se fosse stata accesauna luce. Ma non era come una luce elettrica o di una lanterna, nd era il riflesso del fuoco sulle loro facce. Era Diutrosto un'iridescenza; una luminosit) rosea, molto tenue, tuttavia la porevo scorgereda dove ero. Il ronzio sembrd aumentare.Guardai il ragaizo che stava insieme a me, ma si era addormentato. La luminosit) rosea diventava ormai piir percettibile. Guardai don Juan; aveva gli occhi chiusi, corne pure don Silvio e Mocho. Non potevo vedere gli occhi dei quattro uomini pir) giovani perchd due di loro erano piegati in avanti e gli altri due mi voltavano la schiena. Continuai a osservare ancora piil attentamente, ma non mi ero ancora reso conto di ascoltare veramente un ronzio e di vedere veramente una luce rosea aleggiare sugli uomini. Dopo un istante mi resi conto che la tenue luce rosa e il ronzio erano molto costanti. Provai un momento di intenso smanimento e quindi un pensiero mi attraversb la mente, un pensiero che non aveva nulla a che fare con la scena cui assistevo,nd con lo scopo che avevo avuto in mente quando ero venuto. Ricordai qualcosache mi aveva detto una volta mia madre quando ero un bambino. Quel pensiero mi distraeva ed era quanto mai inappropriato; cercai di allontanarlo e di immergermi di nuovo nella mia assidua osservazione,ma non ci riuscii. Il pensiero mi tornava alla mente; era pii forte, pii imperioso, e quindi udii chiaramente la voce di mia madre che mi chiamava. Sentivo il frusciare delle sue pantofole e poi la sua risata. Mi voltai cercandola con lo sguardo; immaginai di essere sul punto di venir trasportato nel tempo da qualche soiia di allucinazione o di miraggio e di esseresul punto di vedere mia madre, ma vidi solo il rag zzo che dormiva accanto a me. Vederlo mi riscossee provai un breve momento di sollievo, di calma. Guardai di nuovo il gruppo degli uomini. Non avevano cambiato afratto la loro posizione, ma la luminosit) se ne era andata e cosl pure il ronzio delle mie orechie. Pensai che I'allucinazione in cui avevo udito la voce di mia madre fosse finita. La sua voce era stata cosl chiara e viva. Mi ripetei piil volte che per un istante la voce mi aveva quasi preso in trappola. Mi accorsi vagamente che don Juan mi stava guardando, ma non contava. Quello che mi stava ipnotizzando era il ricordo della voce di mia madre che mi chiamava. Cercai disperatamente di pensare a qualcosa d'altro. E quindi udii di nuovo la sua voce, chiara come se fosse stata dietro di me. Mi chiamava per nome. Mi voltai rapidamente ma tutto quello che vidi furono l'ombra scura della casa e i cespugli dietro di essa. Seniirmi chiamare per nome aveva provocato in me la piil profonda angoscia. Emisi involontariamente un gemito. Avevo freddo, mi sen-

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rivo molto solo e incominciai a piangere. In quel momento ebbi la .r'nsazionedi aver bisogno di qualcuno che avessecura di me. Volsi rl cirpo per guardare don Juan, mi stava fissando. Non volli vededo e 1't'rcid chiusi gli occhi. E allora vidi mia madre. Non era il pensiero ,li rnia madre, il modo in cui penso a lei normalmente. Era una chiara visione in crri lei era in piedi vicino a me. Mi sentivo disgrrato, trenrrrvo e volevo fuggire. La visione di mia madre mi turbava troppo, t'r:r troppo estranea a quello che ero venuto a cercare in quella riurrione_del peyote. Evidentemente non esisteva un modo conscio per , r'itarla. Se veramente volevo far svanire la visione forse avrei Dotuto .r1'riregli occhi, ma invece la esaminai dettagliatamente. Il mio esame rron si limitb a un semplice osservare; era un'indagine e una valutazione coatta. Una sensazionemolto strana mi awolse come se fosse ,na forza esterna, e improwisamente provai il tremendo peso dell':rmore di mia madre. Quando udii il mio nome fu come se fossi stato ',trappato in due; il ricordo di mia madre mi riempiva di angosciae di rrrclanconia,ma quando la esaminai compresi di non averla mai am^ta. liu una rivelazione sconvolgente. Pensieri e immagini mi travolsero (()me una valanga. Nel frattempo la visione di mia doveva essere svanita; non era pii importante. Nemmeno quello --"dr. che facevano gli indiani mi interessava piil. Infatti avevo dimenticato il mitote. Ero rrssorto in una serie di pensieri straordinari, straordinari perch6 non .'rano soltanto pensieri; erano complete uniti di sensazioniche erano ('crtezze emozionali. testimonianze indiscutibili della natura del mio rapporto con mia madre. A un certo punto questi pensieri straordinari cessarono di affluirmi :rlla mente. Mi accorsi che avevano perduto la loro fluiditi e la loro ,.1ualiti di uniti di pensiero complete. Avevo incominciato a pensare rrd altre cose. La mia mente stava divasando. Pensai ad altri membri .lella mia famiglia, ma non c'erano piil Immagini che accompagnassero i miei pensieri. Allora guardai don Juan. Era in piedi; anche gli altri rromini si erano alzati e tutti insieme si diressero verso I'acqua. Mi feci da parte e scossi il tag^zzo che dormiva ancora. Quasi non aspettai che don Juan fosse salito in macchina per raccontargli la successionedella mia visione. Doi Juan rise con gran piacere e disse che la mia visione era un segno, un presagio importante quanto la mia prima esperienzacon Mescalito. Ricordai che don Juan aveva interpretato le mie reazioni, quando avevo preso il peyote per la prima volta, come un presagio importantissimo; di fatti era stato quello il motivo che lo aveva indotto a insegnarmi. Don Juan disse che durante l'ultima notte del mitote Mescalito


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rr rr,r lrl,r,il, \il,li rrrc, in modo cosl evidente che tutti erano stati ir,\ttctrr :r v()lgcrsinella mia direzione, ed era per quello che lui mi Irrsrrvntlrrandolo avevo guardato. Volli sentire la sua interpretazione della visione, ma don Juan non ne volle pail-are. Disse che qualsiasi cosa avessi provato non "veu" senso in confronto al presagio. Don_ Juan continub a parlare della luce di Mescalito che aleggiava sopra di me e di come tutti I'avessero vista. "E stato dawero qualcosa di importante", disse. "Non si poteva sperare un ptesagio migliore". _ Don Juan e io seguivamo owiamente due strade di pensiero diverse. Lui si interessava all'importanza deglt awenimenti che aveva interpretato come un presagio e io ero ossessionato dai dettagli della mia vlslone. "Non mi importa dei presagi", dissi. "Voglio sapere che cosa mi i successo". Don Juan aggrottb le ciglia come se fosse turbato e per un momento rimase molto rigido e silenzioso. Poi mi guardb. Il suo tono era molto fotzato. La sola cosa importante, disse, ela che Mescalito era stato molto buono con me; mi aveva awolto nella sua luce e mi avwa dato una lezione senza altro sforzo da parte mia tranne I'essere presente.

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Il 4 settembre 1968 andai a Sonora a far visita a don Tuan. obbeclendo a una richiesta che mi aveva fatto durante la mia iririt" pr...dente mi ero fermato a Hermosillo, lungo la strada, per .o.p.argli un- tequila chiamata bacanora che non si tiovava in commercio. La sua richiesta mi era patsa molto strana sul momento perchd sapevo che non gli piaceva bere, ma comprai quattro bottiglie e Ie miii in una scatola insieme alle altre cose acquisiate per lui." _ "Perch6 hai comprato quattro bottiglief ", esclamb ridendo don fuan.quando aprl Ia scatola. "Ti avevo chiesto di comprarne una sola. Avrai certo pensato che la bacanora fosse per me, invece b per mio nipote Lucio e gliela devi dare come tuo dono personale". Avevo incontrato il nipote di don Juan- due anni prima; allora aveva ventotto anni, era molto alto, piir di un metro e ottanta, ed era sempre vestito in modo troppo stravaganteper i suoi mezzi e in confronto ai suoi coetanei. Mentie la maglioran)a degli indiani yaqui portava-camicie-cachi,-blae jeans, cappelli di paglia J sandali faitiln casa detti gu-aracbes,I'abbigliamento di- Lucio ii fomponeva di una costosa giacc-adi cuoio nero con frange di perline turchlsi, di un cappello da couboy texano e di un paio di stivali col e decorati a mano. -onogi"m-a Lucio fu felice di ricevere il liquore e portb immediatamente le bottiglie dentro casa, evidentemente per ripoile. Don Juan commentb co-me per caso che nessuno dovrebbe cust;dire gelosamente i liquori e bere da solo, al che Lucio rispose che non aveva intenrione di tenersi -bottiglie le per s6 ma che le aveva messevia perchâ‚Źquella stessasera voleva invitare gli amici a bere con lui. Quella sera verso le sette tomai a casa di Lucio. Era buio e a stento po-tei distinguere il profilo di due persone in piedi sotto ur grande albero; erano Lucio e un suo amico-che mi aspittavano e che mi guidarono in casa alla luce di una lampadina tascabile. La casa di Lucio era una fragile costruzione di due stanze. il oavi-


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mento di terra e i muri di cannicciata ricoperta di argilla. Lunga non pin di,sei metri, era sorretra da ravi relativamente sJttili di le-gnodi mesqaite. come tutte le case degli indiani yaqui aveva un teito di paglia e una,,ramada- yna speciEdi tettoia"che .opr" irrit" Iu-prrr. anteriore della casa larya tre metri. lJna ramaZa non E di paglia; d fatta di rami intrecciati non troppo stretti di modo da -ri dare abbastanzaombra e da lasciar perd circolari lib.t"*.r,t. la *.zia rinfrescante. Appela entrato accesi il registratore portatile che avevo nella mia valigetta. Lucio mi presentd ai suoi amici. Nella casac'erano otto uomini. tra cui dg" Jlr"l, seduti senza ordine intorno al centro della stanza, sottofa limpida luce di una lanterna a petrolio che pendeva da un trave. Don Juan sedevasu una scatola.Mi sedetti di fronte a lui all'estremiti di una panca di due metri fatta di un grosso rave di legno inchiodato su due paletti biforcuti conficcati nel tirreno. si_era tolto il cappello posandolo per terra accanto a s6. ..- Don Ju_anAlla luce della lanterna a petrolio i iuoi corti iapelli bianchi sembravano di un bianco ancora pit brillante. Lo guardai in volto; la luce gli accentuava anche le profonde rughe del collo e della fronte e lo faceva sembrare pit scuro e piil vecchio. Guardai gli altri uomini; la luce biancoverdognola della lanterna a pemolio li faceva sembrare tutti vecchi e stanchi. Lucio si rivolse a tutto il gruppo in spagnolo e disse ad alta voce che avremmo bevuto una bottiglia di bacanoia che io gli avevo portato da Hetmosillo. Andb nell'altra stanza, prese una boitiglia, la stappb e me la porse insieme a una piccola tazza di latta. Ne versai una pic' colissima dose nella tazza e la bewi. La bacanora sembravapii profumata e pii densa della normale tequila, e anche piil forte. Mi fece tossire. Feci passare la bottiglia e tutti se ne versarono un piccolo sorso, tutti tranne don Juan che si limitb a prendere la bottiglia e a metteda davanti a Lucio che era I'ultimo della fila. Furono fatti vivaci commenti sul ricco aroma di quella particolare bottiglia, e tutti convennero che il liquore doveva venire dalle alte montagne di Chihuahua. La bottiglia fece un secondo giro. Gli uomini schioccarono le labbta, ripeterono gli elogi e si impegnarono in una vivace discussione sulle percettibili differenze tra la tequila tatta nella zona di Guadalajara e quella fatta a Chihuahua a gtande altezza. Anche al secondo giro don Juan non bewe e io mi versai solo un piccolo sorso, ma gli altti riempitono la tazza fino all'orlo. La bottiglia fece un altro giro e finl. "Prendi le altre bottiglie, Lucio", disse don Juan.

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Lucio sembrd esitare e don Juan spiegb agli altri in tono del tutto casuale che io avevo portato a Lucio quattro bottiglie. Benigno, un giovane dell'eti di Lucio, guardd la valigetta che avevo sistemato diero di me in modo che non fosse troppo visibile e chiese sc ero un commesso viaggiatore di tequila. Don Juan rispose che non kr ero e che ero dawero venuto a Sonora per vedere lui. .. "Carlos sta imparando a conoscere Mescalito, e io gli insegno", (ll sse. Tutti mi guardarono e sorrisero educatamente. Bajea, il taglialegna, un uomo piccolo e sottile dai tratti agazzi, mi guardb fisso per un momento e quindi disse che il maganiruere mi aveva accusato di cssere una spia di una compagnia americana che progettava di fare ricerche minerarie nella terra yaqui. Tutti reagirono come se fossero indignati da una simile accusa,e inolue tutti si irritarono contro il magazzinier1 che era un messicano, o uno yori come dicono gli yaqui. Lucio entrb nell'altra stanza e tornb con un'altra bottiglia di bamnora, l'apt\, se ne versd una dose genetosa e la passb in giro. La conversazione volse sulle probabiliti che una compagnia ameticana venisse a Sonora e sul suo possibile efietto sugli yaqui. La bottiglia totnb a Lucio che la sollevb e ne guardb il contenuto per vedere quanto ne restava. "Dgli di non preoccuparsi", mi sussurrd don Juan. "Digli che la prossima volta che torni gliene porterai ancora". Mi piegai verso Lucio e lo assicurai che alla mia prossima visita gli avrei portato per lo meno mezza dozzina di bottiglie. A un certo momento la conversazione sembrb languire. Don Juan si rivolse a me dicendo ad alta voce. "Perchâ‚Ź non racconti a questa gente dei tuoi incontri con Mescalito? Penso che sarebbe molto piil interessante di queste vuote fiacchiere su quello che sucrederebbe se una compagnia americana venisse a Sonora". "Mescalito sarebbe il peyote, nonno?", chiese Lucio con curiosith. "Alcuni lo chiamano in quel modoo, rispose seccamentedon Juan. "Io preferisco chiamarlo Mescalito". "Quella maledetta cosa fa diventare pazzi", disse Genaro, un uomo di mezza eta, alto e vigoroso. 'Penso che sia stupido dire che Mescalito faccia diventarc pazzi", disse dolcemente don juan. "Perch6 se cosl fosse Cados starebbe in una camicia di fona in questo momento invece di essere qui a padare con voi. Lui lo ha preso, e guardatelo, sta benissimo"' Bajea sorrise e replicb con di{fidenza: "Chi pub dirlo?", e tutti risero. "Allora guardate me", riprese don Juan. "fo ho conosciuto Mesca-


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lito per quasi tutta la mia vita e lui non mi ha mai fatto del male". Gli uomini non risero, ma era evidente che non lo prendevano sul serio. uD'altra parte", prosegui don Juan, "E vero che Mescalito fa impazzite la gente, come dite voi, ma solo quando si va da lui senza conoscere quello che si fa". Esquere, un vecchio che sembrava della stessa eti di don Juan, tossicchib lievemente scuotendo il capo da una parte all'altra. "Che cosa intendi per 'conoscere',Juan?", chiese. "L'ultima volta che ti ho visto dicevi la stessacosa". 'La gente impazzisce dawero quando prende quel peyote", continud Genaro. "Ho visto gli indiani huichol che lo mangiavano. Sembravano idrofobi. Schiumavano e vomitavano e pisciavano tutto intorno. Se mangi quella maledetta cosa puoi prenderti l'epilessia. E, quello che mi ha detto una volta Mister Salas,I'ingegnere del governo. E I'epilessia dura tutta la vita. si sa". "E peggio che diventare animali", aggiunse solennemente Bajea. "Gâ‚Źnaro, negli indiani huichol tu hai visto solo guello che volevi vedere', disse don Juan. "Infatti non ti sei mai curato di scoprire che cosa si prova quando si fa la conoscenza di Mescalito. Che io sappia Mescalito non ha mai fatto diventare epilettico nessuno. L'ingegnere del governo E uno yori, e io dubito che uno yori ne sappia nulla. Non penserai sul serio che tutte le migliaia di persone che conoscono Mescalito siano pazze?". 'Devono essete pazze, o devono esserci abbastanzavicino per fare una cosa del genere", rispose Gerraro. "Ma se tutte quelle migliaia di persone fossero p^zze brtte insieme chi lavorerebbe per loro? Come farebL'ero a soprawivere?", chiese don Juan. "Macario, che viene dall"altra parte' (gli Stati Uniti), mi ha detto che tutti quelli che lo prendono sono segnati per tutta la vita', disse Esquere. "Macario mente se dice questo", replicb don Juan. "Sono sicuro che non sa di che cosa parla'. "Racconta daweto troppe bugie", disse Benigno. "Chi e Macario?", chiesi. "E un indiano yaqui che vive qui", disse Lucio. "Dice di essere dell'Arizona e di essere stato in Europa durante la guerra. Racconta un saccodi storie". 'Dce che era colonnello!", aggiunseBenigno. Tutti risero e la conversazione si spostd per un po' sulle incredibili storie di Macario, ma don Juan la riportd su Mescalito.

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" Se sapete tr.rtti che Macario d un bugiardo come potete credergli (lulrndoparla di Mescalito?". "Vuoi dire il peyote, nonno?", chiese Lucio, come se stesseverar)r('ntesforzandosi di capire il significato del termine. " Si! Maledizione!n. Il tono di don Juan era duro e brusco. Lucio si ritrasse involont.rriamentee per un momento sentii che tutti si erano spaventati. Poi ,lon Juan aprl la bocca in un largo sorriso e continub in tono dolce. "Non capite che Macario non sa di che cosa parla? Non capite che l)('r poter parlare di Mescalito si deve conoscere?". "Ecco che ricominci", disse Esquere. "Che diavolo d questa conoTu sei peggio di Macario. Per lo meno lui dice quello che 'ccnza? lr:r in mente, che lo sappia o no. Per anni ti ho sentito dire che dobI):rmo conoscere.Che cosa dobbiamo conoscere?". "Don Tuan dice che nel peyote c'b uno spirito", disse Benigno. "Ho visto il peyote nei campi, ma non ho mai visto spiriti o nulla ,lcl genere", aggiunseBajea. "Mescalito E come uno spirito, forse", spiegb don Juan. "Ma gualrrnque cosa sia, questo non pub essere chiaro fino a che non lo si ( onosce.Esquere mi accusadi aver ripetuto queste parole per anni. Eb['cne, I'ho fatto. Ma non d colpa mia se voi non mi capite. Bajea dice t lrc chiunque lo prende diventa un animale. Bene, io non Ia penso cosl. I)cr me chi pensa di essereal di sopra degli animali vive peggio degli rrnimali. Guardate mio nipote. Lavora senza sosta. Dice di vivere per lavorare, come un mulo. E tutto quello che fa che non sia animalesco i' ubriacarsi". Scoppiarono tutti a ridere. La risata di Victor, un uomo molto giovane che pareva ancora un adolescente,era la pir) acuta di tutte. Eligio, un giovane contadino, non aveva ancora pronunciato una sola parola. Era seduto per terra alla mia destra, con le spalle appog giate a sacchidi concime accumulati denno la casa al riparo dalla pioggia. Era uno degli amici di infanzia di Lucio, aveva I'aspetto poderoso e sebbenefosse piil basso di Lucio sembrava pii tarchiato e di costituzione piil forte. Eligio sembrava interessarsialle parole di don Juan. Bajea stava cercando di intetvenire con un commento ma Eligio lo' interruppe. "In che modo il peyote cambierebbe tutto questo?", chiese. "Mi sembra che I'uomo sia nato per lavorare tutta la vita, come i muli". "Mescalito cambia tutto", rispose don Juan, "eppure dobbiamo sempre lavorare come tutti gli altri, come i muli. Ho detto che in Mescalito c'B uno spirito perchâ‚Ź b qualcosa come uno spirito che produce il cambiamento negli uomini. Uno spirito che possiamo vedere e

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toccare, uno spirito che ci cambia, qualche volta anche contro la nostra volont) ". "Il peyote fa uscire di senno", disse Genaro, oe allora E naturale che si pensi di essere cambiati. Non B vero?". "Come pud cambiarci?", insistâ‚ŹEligio. "fnsegna il giusto modo di vivere", rispose don Juan. "Aiuta e protegge quelli che lo conoscono. La vosra vita non d affatto una vita. Voi non conoscetela feliciti che viene dal fare le cose deliberatamente. Non avete un protettore!'. "Che cosa vuoi dire?", interruppe Genaro indignato. "Certo che Io abbiamo. Nostro Signore Gest Cristo e la nostra Madre la Vergine, e la piccola Vergine di Guadalupe. Non sono forse loro i nostri pro tettori ? ". "Bel mucchio di protettori!", disse beffardamentedon .fuan. "Ti hanno mai insegnato un modo migliore di vivere?". "E perch6 la gente non li ascolta", protestd Genaro, "e fa attenzione solo al diavolo". "Se fossero dawero i tuoi protettori ti costringerebbero ad ascoltare", incalzb don Juan. "Se Mescalito diventa il tuo protettore lo dovrai ascoltare,che ti piaccia o no, perch6 lo puoi vedere e puoi fare attenzione a quello che ti dice. Si fard awicinare con rispetto, non al modo in cui voi siete abituati ad awicinarvi ai vostri protettori". "Che vuoi dire, Juan?", chiese Esquere. "Voglio dire che per voi andare dai vosmi protettori significa che uno di voi deve suonare un violino, e che un danzatore si deve mettere la maschera,i gambali e i sonagli e poi danzare, mentre tutti gli gli altri bevono; Benigno, tu una volta sei stato un danzatore, parlacene" . 'Ho smessodopo tre anni", disse Benigno. "E un lavoro dttro". "Chiedi a Lucio", disse sarcasticamenteEsquere. "Lui ha smesso dopo una settimana". Scoppiarono tutti a ridere tranne don Juan. Lucio sorrise con aria imbarazzata e inghiottl due grandi sorsate di baconora. "Non t un lavoro duro, i un lavoro stupido", disse don Juan. "Chiedete a Valencio, il danzatore, se gli piace danzare.Non gli piace. E solo che ci si E abituato. L'ho visto danzate per anni, e ogni volta che I'ho visto vedevo gli stessi movimenti eseguiti male. Non ha,orgoglio della sua arte se non quando ne parta. Non ha amore per la danza' luindi ripete un anno dopo I'altro gli stessi-movimenti. Quello che al principio era sbagliato nella sua danza si b fissato e lui non se ne pub pii accorgere". "Gli B stato insegnato a danzarcin quel modo", disse Eligio' "An-

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ch'io sono stato un danzatore nella citti di Torfm. So che si deve ,lanzarecome ti i stato insegnato". "Comunque Valencio non b il d,anz^torepii bravo", disse Esquere. "Ce ne sono altri. Che ne pensate di Sacateca?". "Sacateca d un uomo di conoscenza.lui non d della vostra categoria", disse duramente don Juan. "Lui danza perchâ‚Źquella b l'inclinazione della sua natura. Tutto quello che volevo diie E che voi, che non siete danzatori, non godete la danza. Forse se le danze sono ben eseguite qualcuno di voi prover) piacere. Non molti di voi sanno abbastanza della danza, perb; quindi non vi rimane molto piacere. E per questo che siete tutti dei bevitori. Guardateun po'mio nipote!". "Piantala, nonno!", protestb Lucio. "Non b n6 pigro n6 stupido", prosegui don Juan, "ma che altro fa olme a bere?". "Si compra giacche di cuoio!', osservb Genaro facendo ridere tutti i -oresenti. Lucio inghiottl un altro sorso di bacanora. "E come fa il peyote a cambiare questo?", chiese Eligio. "Se Lucio cercasseil protettore", disse don Juan, "la sua vita sarebbecambiata. Non so esattamentecome, ma sono certo che sarebbe differente". "Smetterebbe di bere? E questo che volete dire?", insistâ‚Ź Eligio. "Forse smetterebbe. Ha bisogno di qualcos'alffo oltre alla tequila per render soddisfacentela sua vita. E quel qualcosa,quale che possa essere, potrebbe essere fornito dal protettore". "Allora il pevote deve avere un gusto molto buono", disse Eligio. "Non ho detto questo", replicd don Juan. "Ma allora come lo si pub godere se non ha un buon sapore", insist6 Eligio. "Fa godere meglio la vita", disse don Juan. "Ma se non ha un buon sapore, come pub farci godere meglio la vita?", continub Eligio. "Non ha senso'. "Certo che ha senso", disse con convinzioneGenaro. "Il pevote ti fa diventare pazzo e allora tu pensi naturalmente di aver goduto molto la tua vita, non importa quello che fai". Tutti i presenti scoppiarono di nuovo a ridere. oHa senso", prosegul imperturbabile don Juan, 'se pensr quanto poco sappiamo e quanto piil c'E da vedere. E la sbomia che fa diventare pazzi, che oflusca le immagini. fnvece Mescalito rende tutto nitido. Ti fa vedere cosl bene. Cosl bene! ". Lucio e Benigno si guardarono I'un I'almo e sonisero come se ssero gii udito quella storia. Genaro ed Esquere diventarono piil


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impazienti e si misero a parlare tutti e due insieme. Il solo interessato sembrava Eligio. "Come pub il peyote fare tutto questo?", chiese. "In primo luogo", spiegb don Juan, "devi volerlo conoscere, e penso che questa sia di gran lunga la cosa pit importante. Poi gli devi essere ofierto, e devi incontrado molte volte prima di poter dire che lo conosci". "E poi che succede?", chiese Eligio. Genaro interruppe "Sbatti sul tetto col culo per terra". Tutti scoppiarono a ridere. "Quello che succede poi dipende completamente da te", continub don Juan senza perdere il suo autocontrollo. "Devi venire a lui senza paura e a poco a poco lui ti insegneri come vivere una vita migliore". Ci fu una lunga pausa. Gli uomini sembravanostanchi. La bottiglia era vuota e Lucio ne aorl un'alffa con evidente riluttanza. "Il peyote d anche ii protettore di Carlos?", chieseEligio. "Questo non lo so", rispose don Juan. "Lui lo ha preso tre volte, quindi chiedi a lui di raccontarti". Tutti si voltarono incuriositi verso di me ed Eligio chiese; "Lo hai preso dawero? ". "Sl. L'ho preso". Sembravache don Juan avessevinto la prima mano. O erano roppo interessati ad ascoltareIa mia esperienzao troppo educati per ridermi in faccia. "Ti ha fatto male alla bocca?", chiese Lucio. "Sl. Aveva un sapore tetribile". "Allora perch6 lo hai preso?", chiese Benigno. Cominciai a spiegare in termini elaborati che per un occidentale la conoscenzadel peyote possedutada don Juan era una delle cose piil affascinanti che si potessero trovare. Dissi che tutto cib che don Juan aveva detto del peyote era vero e che ciascunodi noi poteva accertarlo per proprio conto. Mi accorsi che sorridevano tutti come Der nascondere il loro disprezzo.Mi sentii molto imbarazz^to.Mi rendevo conto di aver patlato goffamente. Parlai ancora per un po', ma avevo perso Io slancio e ripetei soltanto quello che aveva detto don Juan. Don Juan venne in mio aiuto e mi chiese in tono rassicurante: "Quando sei venuto per la prima volta da Mescalito stavi forse cercando un protettore?'. Raccontai che allora non sapevo che Mescalito potesse essere un protettore, e che ero spinto solo dalla mia curiositi e da un grande desiderio di conoscerlo.

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Don Juan riafiermd che le mie intenzioni erano state impeccabili c disse che era per quello che Mescalito aveva avuto su di me un efietto benefico. "Ma ti fatto vomitare e pisciare dappertutto, non b veto?", insistd (]enaro. Gli dissi che in veriti mi aveva fatto un efletto simile, e tutti risero con moderazione. Sentii che il loro disptezzo nei miei conftonti era ancora aumentato. Non sembravano interessati, tranne Eligio che mi stava fissando. "Che cosa hai visto?", chiese. Don Juan mi esortb a raccontare loto tutti o quasi tutti i dettagli salienti delle mie esperienze, e io descrissi allora la successione e la forma di quello che avevo percepito. Quando ebbi finito di patlate Lucio commentb: "Se il peyote b cosi strano sono contento di non averlo mai preso". "E proprio come ho detto io", disse Genaro a Bajea. "Quella cosa ti fa diventare pazzo". "Perb Carlos non E pazzo. Came lo spieghi?", chiese don Juan a Genaro. "Come possiamo sapere che non lo b?", replicd Genaro. Scoppiatono tutti a ridere, compreso don Juan. nAvevi paura?", chiese Benigno. 'Certo". "Allora perchC lo hai f.atto?", chiese Eligio. "Ha detto che voleva conoscere', rispose Lucio al posto mio. "Io penso che Carlos stia diventando come mio nonno. Tutti e due hanno ietto che vogliono conoscere, ma nessuno sa che cosa diavolo vogliono conoscere'. "E impossibile spiegare quel conoscere", disse don Juan a Eligio, "perch6 b diflerente per ogni uomo. La sola cosa comune a tutti noi b-che Mescalito rivela i suoi segreti privatamente a ogni uomo. Siccome mi fendo conto di quello che prova Genaro, non gli raccomando di incontrare Mescalito. Ma nonostante le mie parole e i suoi sentimenti, Mescalito potrebbe avere su di lui un efietto totalmente benefico. Ma solo lui potiebbe scoprirlo, ed b qaello il conoscere di cui ho -oadato". Don Juan si alzb. "E ora di andare a casa', disse' "Lucio t ubriaco e Victor dorme". Due giorni dopo, il 6 settembre, Lucio, Benigno ed Eligio vennero a prendeimi nella casa dove abitavo per venire a cacciacon me' Rimaseio zitti per qualche minuto mentre io continuavo a scrivere i miei


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appunti, quindi Benigno so*ise educatamente come per andunciare che stava per dire qualcosa di importante. Dopo un imbaruzzante silenzio preliminare sorrise di nuovo e disse: "Lucio dice che prenderebbe il piyote". uDawero? ", chiesi. "Sl. Non mi dispiacerebbe". Benigno rise forzatamente. , "Lucio dice che prenderebbe il peyote se tu gli compri una motocicletta ". Lucio e Benigno si guardarono a vicenda e poi scoppiaronoa ridere. "Quanto costa una motocicletta negli Stati Uniti?i domandb Lucio. ilg n.-pomebbe avere una per cento dollari", risposi. "Non b molto caro, non b vero? Potresti procu;artene facilmente una per lui? ", chiese Benigno. "Bene, lascia prima che chieda a tuo nonno", dissi a Lucio. "Nq,noo, protestd lui. "Non gli dire nulla, manderebbetutto in tumo. u-no stravagante. E poi b troppo vecchio e svanito e non -I sa quello che fa". ,,Voglio "LIn tempo .. _Estato un vero stregone", aggiunse Benigno. dire uno vero. I miei dicono che era il migfi6re. Ma pol ha presJ il peyot: ed B diventato una nulliti. Adesso 5 troppo veichio". "E_ continua sempre a ripetere le stesseschifoJe storie sul peyote", disse Lucio. _ - "Quel peyote b un vero schifo", disse Benigno. "Sai, una volta lo abbiamo provato. Lucio ne aveva preso tutto un sacco a suo nonno. Una sera mentre andavamo in citt) abbiamo provato a masticarlo. Figlio di puttana! Mi ha fatto la bocca a fette. Aveva un sapore d'in ferno". "Ma lo avete inghiottito?". "Lo abbiamo sputato", disse Lucio, "e abbiamo buttato via tutto quel maledetto saccoo. Tutti e due pensavanoche I'episodio fosse stato molto divertente. Eligio intanto non aveva detto una parola. Era distratto, come sempre. Non rise nemmeno. "Tu vorresti provarlo, Eligio?", chiesi. "No. Io no. Nemmeno per una motocicletta". Gli altri due si divertirono molto a quell'uscita e scoppiarono di nuovo a ridere. "Eppure", continub Eligio, "devo ammettere che don Juan mi sconcerta". "Mio nonno b troppo vecchio per sapere qualcosa", disse Lucio con aria molto convinta.

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. Pensai che la loro.opinion-e-sudon Juan fosse infantile e infondata. Sentivo che era mio dovere difendere ir r..ro .urrttere e dissi loro che c]:_1ir: Juan,e,la.'e-pl:, .o.. lo ..r, ;;;; ;J ;;rr"r,o,,rn :granoe :":? _do;r stregone' torse addirittura il piil grande di tutti. Dssi che sentivo che in lui c'era qualcosa,qualcosa ii u.rur.nte straord.inario.Li csortai a ricordare che aveva pin di settant'anni eppure .ru-oiJ ..r.rgico e pit,forte di tutti noi-messi insieme. jfijiil f^r. ei"*ii-u loro..,stessila prova cercando di pr.nJ"r. ;;; j,,Ii" dt :;il;' "Non si pub prendere mio nonno di sorpiesa", dirre'iu.io .on ,'rgoglio. "Mib nonno d un bruioi. - -Ricordai loro che avevano .pp".," detto che don era troppo vecchio e svanito, e.che una p.rron" svanita nor, Juan ,i q;"[. cire gli succedeintorno. Dissi che io eio rimasto pru uoite .ro.ldglirr; aorh sua prontezza. pub prenderg u1brujg' di sorpresa,anche se d vecchio', ,,^^^\t::Yno drss.e tâ‚Źnlgno con autorid. ..perd lo si pub soprafiare n.l ,onno. f quello che d a un uomo che si cfiiam"uu C"ui.ur. L" s..rt. ,i -capitato d stancata delle sue malvage stregonerie e lo ha ,..ir";.' chiesi loro di raccon;rmi titti i a.ttugti ai-q""lt;.pirodio, ma risposero che era accaduto prima che loro na*scess.ro,o q,r"ndo erarto b.ambini. Eligio aggiunse la gente ...d.u^-in- r.giJto .h. Xi:gi. -che Lâ‚Źvlcas tosse stato solo uno-stupido, e che nessuno pub fare-del male a.un vero stregone. cercai di interrogadi ulteriormente sulle loro opi nioni sugli stregoni, ma non sembravariomorto i.,tererr"ii e poi erano ansiosi di andare a sparare con il fucile .rriu".'l-z "tiLgo,o.nro, .rr" avevo portato. per un-po' in silenzio attraversoi fitti cespugli,poi *,,-,C_r.Tin.mmo b,ltgto, che apriva Ia strada, si voltb e mi disse: "Forse i pizzi siamo noi._Forse don Juan ha ragione. Guarda come viviamo". Lucio.e-Benigno protestarono e io cercai di interpormi. Diedi ra_ . gione a Eligio e dissi loro che anch'io avevo sentito che la mia maniera -.ii" di vivere era in non .qualche modo sbagliata. Benigno .irpor" dov.evolamentarmi, che avevo dei soldi e possed&o un?utomobile. Io replicai di poter ben dire che loro ,trurno ,n.glro p;*hZ-.1^r."r" ai Ioro possedeva un pezzo di terra. Mi risposeio ail'unisono che chi -allora possedeva la terra era la banca federale; dissi che nemmeno la mia automobile era mia, apparteneva'a 'sna b*;; ;iif*"ilu, . che la mia vita era solo diversa ma non migliore a.nr t"...-N.i-frr,tempo eravamo gi) arrivati nel fitto sottobosco. Non trovammo n6 cervi n6. c_inghialima prendemmo tre conigli. Al ritorno ci fermammo a casa di Luiio che ci annuncid che r.r^ .ofG avrebbe prepararo uno stufato di coniglio. a."ign" *Jd.*porio "ll


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, r ( , ) ' r l, r .u (' u n ;rl rtrtti g l i ad i te q u i l ae d el l e botti gl i ettedi soda.Quando ilt()illi) ('rrr lrccompagnato da don Juan. "Ilrri movato mio nonno che si comprava la birra all'empodo?", chiese Lucio ridendo. "Non sono stato invitato a questa riunione", replicb don Juan. "Sono solo capitato per chiedere a Cados se parte per Hermosillo". Gli dissi che avevo intenzione di partire il giorno dopo, e mentre parlavamo Benigno distribd le bottiglie di soda. Eligio diede la sua a don Juan, e siccome tra gli yaqui b molto ineducato rifiutare, anche per complimento, don Juan la prese senza dir parola. Io diedi la mia a Eligio, e lui fu obbligato a prenderla. Allora Benigno mi diede a sua volta la sua bottiglia. Ma Lucio, che owiamente aveva previsto tutto lo schema dell'etichetta yaqui, aveva gii finito di bere la sua soda. Si rivolse a Benigno, che aveva sul volto un'espressionepatetica, e disse tidendo: "Ti hanno fatto fuoti la tua bottiglia". Don Tuan disse che lui non beveva mai soda e mise Ia sua bottiglia nelle mani di Benigno. Sedemmo in silenzio sotto la ramada. Eligio appariva nervoso e giocherellava con I'ala del suo cappello. "Ho pensato a quello che hai detto l'altra notte', disse a don Juan. "Come B possibile che il peyote cambi la nostra vita? Come b possibile? ". Don Juan non rispose. Guardb fisso Eligio e poi incomincib a cantare in yiqui. Non erl ,tna vera e ptopria canzone, ma solo una breve litania. Rimanemmo a lungo in silenzio, poi chiesi a don Juan di tradurmi le parole yaqui. "Eta solo per gli yaqui", mi rispose senza complimenti' Mi sentii sioraggiato. Eto sicuro che aveva detto qualcosadi molto importante. "Eligio ts un indianoo, mi disse don Juan alla fine, "ed- essendo un indiano, Eligio non ha nulla. Noi indiani non abbiamo nulla' Tutto quello che vedi-intomo appartieneagli yori. Gli yaqui hanno solo il loro furore e quello che la terra offre loro liberamente". Per un certo tempo nessuno padb, Poi don Juan si alzb, s-alutbe si allontanb. Lo seguimmo con lo^sguatdo finchd scomparve dietro una curva della stradi. Sembravamotutli nervosi. Lucio disse con aria disorientata che suo nonno era andato via perchâ‚Ź odiava 1o stufato di coniglio. Eligio sembravaimmerso nei suoi pensieri. Benigno si -rivolse a me e mi disie ad alta voce: "Penso che il Signore puniri te e don Juan per quello che fate". Lucio si mise a ridere e Benigno si unl a lui' "Stai facendo il cretino, Benigno", disse ttistemente Eligio. "Quello che hai detto non sienifica un accidente".

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|> settembre L968 Erano le nove del sabato sera. Don Juan sedeva di fronte a Eligio :rl centro della ramada della casa di Lucio. Dooo aver messo il sacco di l)evote in mezzo a loro due cantd muovendo lentamente il corpo in :rvanti e indietro. Io, Lucio e Benigno sedevamo a circa due metri tlietro le spalle di Eligio con la schiena appoggiata al muro. In principio facevamolto buio. Eravamo rimasti a sederein casasotto la lampada rr pemolio aspettando don Juan. Al suo anivo ci aveva chiamati fuori sr-rttola ramado e ci aveva mostrato dove metterci a sedere.Dopo un po' i miei occhi si abituarono all'oscurit); potevo vedere tutto chiaramente. Notai che Eligio sembrava terrificato. Tutto il suo corpo si scuoteva e i denti battevano incontrollabilmente. Era scosso da sussulti spasmodici del capo e della schiena. Don Juan gli parld, dicendogli di non aver paura, di aver fiducia nel protettore e di non pensaread altro; poi prese con aria indifferente un bocciolo di peyote, glielo ofir) e gli ordinb di masticarlo molto lentamente. Eligio ansimb come un cucciolo e si ritrasse. Il suo respiro si era fatto piir tapido, sembravaiI sibilo di un mantice. Si tolse il cappello e si asciugdla fronte, poi si coprl il viso con le mani. Pensai che stesse pianeendo.Trascorseun momento molto lungo e teso prima che riacquistasseun po'di controllo su di s6. A un certo punto si drizzb a sedere e sempre coprendosi il viso con una mano prese il bocciolo di peyote e incomincib a masticarlo. Provai una ffemenda apprensione.Fino ad allora non mi ero reso conto di esserespaventato forse quanto Eligio. Sentivo nella bocca una secchezzasimile a quella prodotta dal peyote. Eligio masticb il bocciolo a lungo. La mia tensione aumentava,incominciai ad ansimare involontatiamente a mano a mano che il mio respiro si faceva sempre piil afiannoso. Don Juan prese a cantare ad alta voce, poi offrl a Eligio un altro bocciolo e dopo che lo ebbe finito gli o{fri della frutta secca dicendogli di masticarla molto lentamente. Eligio si alzb ripetutamente per andare nei cespugli. A un certo momento chiese un po' d'acqua e don Juan gli disse di non berla ma di sciacquarsisoltanto la hocca. Eligio masticb altri due boccioli e don Juan gli diede della carne secca. Quando Eligio ebbe masticato il decimo bocciolo di peyote io mi sentivo quasi male per I'angoscia. All'improwiso Eligio cadde in avanti e toccb il teneno con la fronte. Rotold sul fianco sinistro e si agitb conwlsamente. Guardai il mio oro-


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I p tclr m ttu r r tltl ' u cd cr e '

logio, erano le undici e venti. Eligio si dimenb, tremb e gemette per un'ora disteso al suolo. Don Juan conservava la sua posizione davanti a lui. Lc sue canzoni del peyote erano quasi un mormorio. Benigno, che era seduto alla mia destra, guardava senza fare attenzione; Lucio, vicino a lui, si era piegato su un fianco e russava. Il corpo di Eligio si raggomitolb e si contorse. Stava disteso sul fianco destro con la fronte verso di me e le mani tra le gambe. Ebbe un potente sussulto e si voltd sulla schienacon le gambe lievemente flesse. La sua mano sinistra ondeggiavain su e in giil, estremamentelibera ed elegante. La mano destra ripeti 1o stesso movimento e poi tutte e due le mani si alternarono lente e ondeggianti, simili alle mani di un arpista. fl movimento divenne gradualmentepiir vigoroso. Le braccia vibravano percettibilmente e andavano su e git come pistoni. Nello stesso tempo le mani ruotarono in avanti alf'altaza del polso e le dita fremettero. Era uno spettacolo bellissimo, armonioso e ipnotico. Pensai che avesse un ritmo e un controllo muscolare senza confronti. Quindi Eligio si alzb lentamente,come se si tendesseconro una forza che lo awolgeva. Il suo corpo rabbrividiva. Si rannicchiava e quindi si spingeva in posizione eretta. Le braccia, il busto e il capo tremavano come attraversati da una cortente elettrica intermittente. Era come se fosse regolato o guidato da una forza fuori del suo controllo. Don Juan prese a cantare a voce piir alta. Lucio e Benigno si svegliarono e guardarono la scena senza interesse per qualche istante, poi tornarono a dormire. Sembtava che Eligio si spostassesempre piir in alto. Artigliava le mani e pareva afierrarsi a oggetti pet me invisibili. Si spinsein su e sostd per riprendere fiato. Volevo vedere i suoi occhi e mi spostai piir vicino a lui, ma don Juan mi lancib un'occhiata severa e mi ritrassi al mio posto. Quindi Eligio saltb. Fu un ultimo salto formidabile. Evidentemente aveva raggiunto la sua meta. Sbufiava e singhiozzava per lo sforzo. Sembravache si tenessea una sporgenza.Ma qualcosalo superava.Gridb disperatamente.La presa gli venne meno e incomincib a cadere. Il suo coipo si inarcb all'indietro e fu scossoda un sussulto bellissimo e coordinato. Sussultd forse un centinaio di volte prima di crollare come un saccovuoto. Dopo un po' distese le braccia davanti a sd come per proteggersi il viso. Stando disteso sul petto protese le gambe all'indietro; erano inarcate e sollevate di alcuni centimetri dal suolo dando al suo corpo un aspetto come se scivolasseo volasse a una velociti incredibile' Il capo era inarcato il pitr indietro possibile, le braccia si erano richiuse sugli

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,'cchi facendo loro scudo. Potevo sentire il vento sibilare intorno a lui; licspirai aflannosamenteed emisi senza volere un forte grido. Lucio e llcnigno si svegliarono e guardarono Eligio con curiositl. . "S-emi prometti di comprarmi una motocicletta, adessoIo ilastico", ,lisseforte Lucio. Guardai don Juan che fece col capo un gesto imperioso. "Figlio di puttanal", borbottb Lucio e si rimise a dormire. Eligio si in piedi e incomincib a camminare. Fece un paio di -alzb l)assi verso di me e si fermd. Potevo vederlo sorridere con un;erpressione di beatitudine. cercb di fischiettare. Il suono non era chiaro ma cra armonico. Era un'aria di due strofe che lui ripeteva coirtinuamente. I)opo un po_' s-i potâ‚Ź udire distintamente il suo fischio che divenne poi un'acuta melodia. Eligio borbottb parole incomprensibili. Le ripetd per ore. Era un canzone molto semplice, ripetuta, monotona, eppure stranamente bella. Sembravache Eligio guardassequalcosamentre cantava. A un certo momento mi si avvicinb molto. Vedevo i suoi occhi nella semioscurita, crano viffei e sbarrati. Sorrideva e ridacchiava. Passeggid,poi si mise a sedere, poi passeggibdi nuovo, gemendo e singhioiiando. , Improvvisamente sembrd che qualcosa lo avesse spinto da dietro. II suo corpo si inarcb nel mezzocome spinto da una fovi dhetta. Quindi si mise in equilibrio sulla punta dei piedi, formando quasi un cerchio completo con le mani che toccavano tirra. Si lascib cadire di nuovo al suolo, dolcemente, sulla schiena, e si distese in tutta la sua lunshuza assumendouna strana rigiditi. Pi.agnucolde gemette per un po', poi incomincib a russare. Don l_uanlo coprl con qualche saccodi tela. Erano le cinque e trentacinque del mattino. Lucio e Benigno si erano addormentati a fianco a fianco con Ia schiena c-ontr_o il muro. Don Juan e io rimanemmo a lungo seduti senzaparlare, don Juan sembrava stanco. Ruppi il silenzio e gli domandai di-Eligio. Mi rispose che I'incontro di Eligio con Mescalito era stato un successo straordinario; Mescalito gli aveva insegnato una canzonela prima volta che si erano incontrati e questo era dawero sffaordinario. Quando gli chiesi perchd non aveva permesso che Lucio prendesseil peyote in cambio di una motocicletta mi rispose che Mescalito avrebbe ucciso Lucio se gli si fosse awicinato sotto simili condizioni. Ammise poi di aver pfeparato tutto con cura per convincere suo nipote; mi disse di aver contato sulla mia amicizia con Lucio come parte centrale della sua srategia. Disse che il nipote era sempre stato la sua grande preoccupazione, e che un tempo erano vissuti insieme ed erano stati molto


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lr , r i' , ,,,r | ,r{rrr \t (.t:l :l l l l l l tl l a to g ra vementeal l ' et} di S etteanni e i l f r 1, lr , , , l ' ,1 ,,,r l u :rn , c rttto l i c od e v o to , aveva promessoal l a V ergi ne di ( sacradi danza " r r , l. r lr r;r',l rt' l .rrc i o s a re b b ee n tra to i n un' associ azi one \('l:r srrll vit,r fossestata risparmiata.Lucio guarl e fu costretto a mantt'rrt' Irr promessa.Resist6 una settimananel suo noviziato e poi decise di romoere il voto. Pensd che ne sarebbemorto. si fece forza e per tutto un giorno attese I'arrivo della morte. Tutti si fecero befte di lui e I'episodio fu dimenticato. Don Juan tacque poi a lungo, sembrava immerso nei suoi pensieri. 'Avevo preparato ttltto pâ‚Źr Lucio", disse, "e invece ho trovato Eligio. Sapevoche sarebbestato inutile, ma quando si vuol bene a qualcuno si deve insistere, come se fosse possibile rifare gli uomini. Lucio avevacoraggioquando era un bambino e poi lo ha persolungo la srada". "Lo potreste suegare, don Juan?". "Sttegarlo? Per cosa?". "Perchd cambi e riacquisti il suo coraggio". "Non si pub stregare per dare coraggio. Il coraggio b una cosa personale. Si strega per far diventare suerrieri. Per essereun guerriero bisognaesserecristallini, come Eligio. Quello B un uomo coraggiosol". Eligio russavapacificamentesotto i sacchi di tela. Era quasi giorno. perfetto, non c'erano nuvole in vista. Il cielo era di un ^zzurro cosa al mondo", dissi, "per saperedel viaggio di "Datei qualsiasi Eligio. Posso chiedetgli di racconandarmelo?". "fn nessunacircostanzadovrai chiederglielo!". "Perchâ‚Ź no? Io vi ho raccontato tutto delle mie esperienze". "E diverso. Non b nel tuo carattere tenete le cose per te. Eligio b un indiano, il suo viaggio A tutto quello che ha. Vorrei che fosse stato Lucio". "Non c'i nulla che possiatefare, don Juan?". "No. Purtroppo non esisteun modo per dare le ossaa una medusa. E stata solo una mia follia". Spuntb il sole e la sua luce mi annebbiava gli occhi stanchi. "Don Juan, voi mi avete ripetuto molte volte che uno stregone non pub avere follie. Non avevo mai pensato che voi poteste averne una". Don Juan mi fissd con un'occhiata penemante.Si alzb, guardd Eligio e poi Lucio. Si calcb il cappello in testa con un colpo della mano. "I pessibile insistere, insistere convenientemente, anche se sappiamo che quel che facciamo b inutile", disse sorridendo. "Ma dobbiamo sapereda prima che i nostri atti sono inutili e tuttavia dobbiamo procedere come se non lo sapessimo.Questa i la follia controllata di uno stregone'.

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.Tornai da don Juan il J ottobre 1968, al solo scopo di interrogarlo 'rrgli avvenimenti che riguardavano l'iniziazione di Etigio. Rileggenlo il r'('socontodi quanto era accaduto allora mi era venu; alla minte una :,'rie quasi interminabile di domande.Avevo bisogno di spiegazionimolto I'r'ccisee percib avevo preparato in anticipo un elenco di domande, scelliendo accuratamentele parole pii appropriate. Incominciai chiedendogli: "Don Juan, io, quella notte, ho uisto?". " Quasi " . "Avete uisto che uedeuoi movimenti di Eligio?". "Si. I{o uisto che Mescalito ti Dermetteva di uedere oarte della lezionedi Eligio, diversamenteavresti solo osservato,rn uornb sedutoo rrragaridisteso. Durante I'ultimo mitote non avevi notato che sli uomini l.acessero qualcosa,non E vero?". Nell'ultimo mitote non avevo visto nessunodeeli uomini comoiere rnovimenti fuori dell'ordinario. Gli dissi che tutt6 quello che avevo registrato nei miei appunti era che alcuni dei presenti si erano alzati pir) spessodegli altri per andare nei cespugli. "Ma hai qttasi uisto tutta la lezione di Eligio", continub don Juan. "Pensaci. Non capisci quanto Mescalito a stato generoso con te? Che io sappia Mescalito non b mai stato cosl gentile con nessuno. Nessuno. Eppure non hai riguardo per la sua generositi. Come puoi voltargli le spalle cosl bruscamente? O forse dovrei dire, in cambio di che cosa volti le spalle a Mescalito?". Sentii che don Juan mi bloccava di nuovo in un vicolo cieco. Non sapevo rispondere alla sua domanda. Avevo sempre creduto di aver abbandonato il noviziato per salvarmi, eppure non potevo immaginare da che cosami salvavoo per cosa.Volli cambiarein fretta I'andamento della conversazione e a quel fine decisi di non continuare con le domande che avevo progettato in anticipo e tirai fuori la mia domanda pii importante.


7 I preliminari del 'aedere'

\ 1, . , 1" ,,1 ,'' .('r,-r(' r('.rrrrrr.i c l i p i i l s u l l avostrafol l i a conffol l ata" ,di ssi . ( 1 , , . , , r \.t \.u r ) i sltltcfC? ".

1'1c,<l.n Juan, ditemi che cosa a esattamentela folria ..'I'r'r 1'1;11 con. I t oll; s 1; 1 " . . l).n Juan rise forte e si battd il cavo delra mano sulla coscia prodtrccndo un suono schioccante. d follia controllata!", esclambridendo e si battâ‚Ź di nuovo ,,'Questa sulta coscla. "Che cosa intendete dire...?". ."sono felice che tu mi abbia finarmente chiesto della mia follia condopo tanti anni, e tuttavia non mi ,ur.bb. io,poitrto-'f.op.io Tlt:,: se tu nuila non me ro avessimai chiesto.Eppure ho sceltodi esserefelice, come se fosse importante il fatto .h. il i.-"uurr-.-rri.rio,".o*. ," fosse importante il fatio che io me ne as,ti-. euesta e foilia.ont.ott"tnr". . .scoppiammo entrambi a ridere forte. Li abbracciai.i;;;;;;--.."vigliosa la sua spi"gazione anche se non l" capivo affatto. .bravamo seduti come al solito davanti alra porta deila casa. Eravamo a met) del mattino. Don drrranti Juan mrr..ti.a,o "veu" di semi e,li stava.pulendo. Mi.io ofierto ",e"n di m^ avevarifiutato dlcendo che i semi erano un dono per un suo "irrta.lo amico del Messico centrale e che io non avevo abbastanzapot"r. per toccarli. chi esercitatela follia cbntrollata, don Juan?", chiesi dopo un ,-_-^-Gl rungo sllenzlo. Don Juan fece una risatina chioccia. "Con tutti!", esclamb sorridendo. "4llora quando scegliete di esercitarla?". "Ogtri singola volta che agisco". punto sentii il bisogno di ricapitolare e gli chiesi se la follia A .quel controllata .significasseche i suoi atti non erano mai sinceri ma erano soro glr attl dt un attore. "f miei atti sono sinceri", rispose,..ma sono solo gli atti di un attore ". ."Allora tutto quello che fate deve esserefollia controllata!", esclamal veramente sorpreso. "Si, tutto", mi rispose. liM" non pub esserevero che ogni vostro atto sia solo follia controlprotestai. lata", "Perch6 no?", mi rispose con un,occhiata misteriosa. _ ."Questo significherebbe che per voi nulla conta e che dawero non vi importa di lulla o di nessuno. prendete me, per esempio. volete dire.che.non vi importa che io diventi o no un uorno di.o'nor.".r"^, o che io viva, che muoia o che facciaqualsiasicosa?".

'E vero! Non mi importa. Tu sei come Lucio o come chiunque .rlrro della mia vita, la mia follia controllata". Provai uno strano senso di vuoto. Owiamente non c'erano ragioni ,rl mondo per cui don Juan avrebbe dovuto curarsi di me, ma dialtra l,:rrte avevo quasi la cettaz che a lui personalmenteimportasse di me; l)cnsavo che non potesse essere altrimenti giacchd mi aveva sempre oflcrto la sua attenzione indivisa, ogni momento che avevo passato con lrri. Mi venne da pensare che forse don Juan aveva detto quelle parole .,'lo perchi era seccato con me. Dopo tutto io avevo abbandonato i suoi rrrsegnamenti. "Ho la sensazioneche non stiamo parlando della stessacosa", dissi. " Non avrei dovuto prendere me stesso come esempio. Quello che volevo .lire E che deve esserciqualcosaal mondo di cui voi vi curate in un modo che non sia follia connollata. Non credo sia possibile continuare a vivere se per noi nulla conta veramente", "Questo si applica a te", mi rispose. "Per te le cose contano. Mi hai chiesto della mia follia controllata e ti ho detto che tutto quello che faccio nei riguardi di me stesso e dei miei simili b follia, perch6 nulla contat. "Intendo dire, don Juan, che se per voi nulla conta, come potete continuare a vivere?". Don Juan scoppid a ridete e dopo un momento di pausa in cui sembrd decidere se rispondermi o no, si alzb e andd dietro alla casa. Io lo segurr. "Aspettate, don Juan, aspettateo, dissi. "Voglio dawero sapere; dovete spiegarmi che cosa intendete". "Forse non I possibile spiegare", mi rispose. "Crrte cose della tua vita contano per te perchi sono importanti; i tuoi atti sono certamente importanti per te, ma per me non c'b piil una sola cosa che sia importante, nd i miei atti n6 gli atti dei miei simili. Perb continuo a vivere perchd ho la mia volontd. Perch6 ho temprato la mia volonti durante tutta la vita fino a {arla diventare pulita e integra, e ora non mi importa che nulla importi. La mia volonti controlla la follia della mia vita". Si accoccold per tena e accarezzbcon le dita delle erbe che aveva messo a seccareal sole su un largo pezzo di tela. Ero sconcertato.Non avrei mai potuto prevedere dove sarei arrivato con la mia domanda. Dopo una lunga pausa mi venne una buona idea. Gli dissi che a mio parete alcuni degli atti dei miei simili erano di suprema importanza. Volli fargli osservare che una guerra nucleare era chiaramente I'esempio pii drammatico di uno di tali atti. Dissi che per me distruggere la vita sulla faccia della terta era un atto di sconvolgente enormiti.


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I prelimixari del ,uedere,

"Tu lo..credi perchi pensi. Tu pensi alla vita", disse don Tuan con uno scintillio negli occhi. "Tu non stai aedendo". "Sentirei diversamente se potessi aedere?", chiesi. "_Quandoun uomo'ha imparato a uedere ri trorr" solo nel mondo e non ha nulla tranne la sua foliia", disse oscuramentedo., Trr"rr.---' per un,momento e mi guardb .orn. ,.-uoi..r. giudicare r,,^rli^:o{.,1mb efietto delle sue parole. "I tuoi atti, come gli atti dei tuoi simiri in generale, ti . sembrano importanti perch6 hai imparato a peflsare.lt. ii^i. i^p-;;i;. . Usb Ia parola-'imparato,con un,inflessionecosi ;;ri;;;;- - - da ' costringermi a chiedergli che cosa intendessedire con dr;. bmlse dr maneggiarele sue piante e mi guardd. p e n s a rea tu tto " , di sse," e qui ndi addestri amoi no. - - . lmp a rra mo .a st. occhr a guardareIe coseche guardiamo nel modo in cui le pensiamo. Guardiamo noi stessipensando"gii di essereimportanti. E luindi ci sentiamo importanti!,.Ma poi, quando un uomo impara ,rhr:rr, ,u_ -;;d ^ non porer pit pen_sare i" .or. che guarda, ; .; ,,o; pen_ * ti::. sare crd che guarda tutto diventa senzaimportanza" Don Juan doveva aver osservato il mio sguardo imbarazzato e ripetâ‚Ź tre volte le sue aflermazioni, in modo d4 faimele .";p;;;l;;. Qu.nro aveva detto mi era dapprima parso inintelligibile, ;;.;r;;J;.irop." Ie sue incominciarono'ad apparirmi come una sottile afierma-parole zione cftca qualche sfumatura di peiiezione. cercai di farmi venire in mentl una buona domanda che lo spingesse a.spiegarsi,ma non riuscii a pensarea nulla. Tutto ad un tratto mi sentivo esaustoe non riuscivo alormulare chiaramentei miei p""ri..i. Don Juan sembrd accorgersi della mia stanchezza di"o" ,rn colpetto sulla schiena. " -i "Pulisci queste piante", mi disse, "poi tagliale a strisce e mettile con cura in questo barattolo". Mi porse un grosso barattolo da cafiE e se ne andb. Tornd a casa alcune ore dopo nel tardo pomeriggio. Io avevo finito di istemare Ie piante e avuto tempo ln abbSidanza per scrivere -avevo i-miei app-unti.Volevo fargli subito qualihe domanda,'n, no'era nel_ I'umore qdalto per rispondermi. Dsse di aver fame e che prima dov.va prepararsi da mangiare. Accese un fuoco nel fornello di'terra e mise su una pentola con del brodo. Cercb nel sacco un po, di prowiste che avevo-portato, prese delle verdure, Ie taglib a puietti e G buttd nella pentola. Poi si distese sulla sua stuoia, si Iiberb iei sandali con un calcio e mi disse di sedermi vicino al fotnello e di alimentare il fuoco. Era quasi buio; da dove ero seduto'Dotevo vedere il cielo a occidente. Gli orli di un cumulo di fitte nuvoli erano tinti di un colore sial-

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l,'l1r1sle,mentre il centro delle nuvole rimaneva quasi nero. Stavo per fare un commento sulla bellezzadi quelle nuvole, ma don lrr;rnmi preced6. "Gli orli sofici e il centro fitto", disse, indicando le nuvole. La sua osservazioneveniva cosl perfettamente a proposito che mi l, r'c sobbalzare. "Stavo proprio per dirvi delle nuvole", dissi. "Allora ti ho battuto", mi rispose e rise, lasciandosi andare come bambi n o. ' ,rr Gli domandai se si sentiva nell'umore adatto per rispondere a qual,l rc domanda. "Che cosa vuoi sapere?",replicb. "Quello che mi avete detto questo pomeriggio sulla follia controll,rra mi ha turbato moltissimo", dissi. ?Dawero non sono riuscito a ,.rpire che cosa volevate dire". "E naturale che tu non lo possa capire", disse. "stai cercandodi l,ensarci,e quello che ho detto non si adatta ai tuoi pensieri" "Sto cercando di pensarci", risposi, "perch6 E il solo modo mod, in cui io.personalmâ‚Źnteposso capire qualcosa.Per esempio, don Juan, voi volete dire che una volta che un uomo impara a iedere, ogni cosa in r' rtto i l mondo d pr iva di valor e?". "Non ho detto priva di valore. Ho detto non importante. Tutto b e quindi non importante. Per esempio, per mJnon c'b modo di ',guale rlire che i miei atti siano piil importanti dei tuoi, o che una cosa sia piir essenzialedi un'altra, quindi tutte le cose sono uguali ed essendo uguali sono senza importanza". Gli chiesi se intendessedichiarare che quello che egli chiamava 've,lere' fosse in efietti un 'modo migliore' del semplice 'guardare le cose'. llispose che gli occhi dell'uomo possono adempiere a due funzioni, ma che nessunadelle due E migliore dell'altra; a suo parere perd addesrare gli occhi soltanto a guardareera una perdita non necessaria. "Per esempio, per ridere dobbiamo guardare con i nostri occhi", disse, "perchd solo quando guardiamo possiamo cogliere il lato bufio del mondo. D'alra parte, quando i nosffi occhi uedono, tutto b cos) rugualeche nulla b bufio". "Don Juan, volete dire che un uomo che aede non pub mai ridere?". Rimase silenzioso per qualche minuto. "Forse ci sono alcuni uomini di conoscenzache non ridono mai", riprese. "Io perb non ne conosco nessuno. Quelli che conosco io aedono e guardano anche, quindi ridonci". "Allora un uomo di conoscenzapub anche fiangere?". "Suppongo di sl. I nostri occhi guardano e cosl possiamo ridere, o


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piangere, o rallegrarci, o essere tristi, o essete felici. A me personalmente non piace essere ffiste, percib ogni volta che assisto a qualcosa che normalmente mi renderebbe triste, mi limito semplicemente a spostate gli occhi e aedo invece di guardare. Ma quando incontro qualcosa di bufto lo guardo e rido". "Ma allora, don Juan, la vostra risata b vera e non b follia conmollata", Don Juan mi fissd per un momento. "Io parlo con te perchd mi fai ridere", disse poi. "Mi fai venire in mente certi topi del deserto con la coda a spazzol^. Questi topi rimangono imprigionati quando ficcano la coda in un buco cercando di spaventare gli altri topi e rubare il loro cibo. Tu rimani imprigionato nelle tue domande. Stai attentol Qualche volta quei topi si strappano la coda cercando di liberarsi". Trovai divertente il suo paragone e scoppiai a ridere. Una volta don Juan mi aveva mosttato certi piccoli roditori con la coda a spazzola che sembravano grassi scoiattoli; I'immagine di uno di quei topi ,grassottelli che si strappava la coda era triste e nello stessotempo morbosamente bufia. "La mia risata, come tutto quello che faccio, E veta", disse don Juan, "ma b anche follia conttollata petchd E inutile; ridere non cambia nulla e tuttavia io rido". "Ma da quanto ho capito io, don Juan, la vostra risata non b inutile. Vi rende felice". "No! Io sono felice perchd scelgodi guardarele coseche mi rendono felice e allora i miei ocihi colgonJ it loio lato bufio e io rido. Te I'hd detto innumerevoli volte, bisogna sempre scegliere il sentiero che ha un cuore per esserenelle migliori condizioni, forse cosl si pub sempre ridere'. Interpretai quel che aveva detto come .se piangere-fo-sseinferiore fosse un atto che forsi ci indeboliva, ma don a ridere,^o p., io -.tto c'era una difierenza intrinseca e che tutte e due Juan afiermb che non i..or. erano senzaimportanza; disse perb che lui preferiva ridere, perchâ‚Ź quando rideva il sno corpo si sentiva meglio di quando piangeva' A quel punto suggerii che se si ha una prefe-renz.?no.n c'b uguaglianzai se ireferiva iidere al piangere, senza dubbio il primo era piir importante. Don luan sostenne caparbiamente che la sua pr,eferenzan-on significava chei du. non fossero uguali; e io insistei che la nostra discussione .oidotia fino a chiedersi, se si supponevache p",.r" esserelogica-.nt. "cosl uguali, perchd non si dovesse scegliere anche la i. .or. fossero morte.

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"Molti uomini di conoscenzala scelgono", mi rispose. "Un giorno l)ossonosemplicementescomparire.La gente pub pensareche siano stati 1,resicon un tranello e uccisi a causa delle loro azioni. Scelgonodi morire perch6 per loro non conta. fo, d'altra parte, ho scelto?i vivere, e ,li ridere,,non perchd conti, ma perchd tale scelta corrisponde all'inclirrazionedella mia natura. La ragione per cui ho detto-di aver scelto i'perchd uedo, m non b che io abbia scelto di vivere; la mia volonta rni fa continuare a vivere a dispetto di tutto cib che posso uedere. "Tu non mi capisci ora perchd sei abituato a pensare come guardi ..'n guardarecome pensi". Questa afrermazionemi lascid molto perplessoe gli chiesi di spiegare che cosaavevavoluto dire. Don Juan ripetd varie volte lo stesso schema, come se prendesse tcmpo per sistemarlo in termini differenti, e poi espresseil suo punto di vista, dicendo che per 'pensare' intendeva I'idea costante che abbiamo di tutte le cosedel mondo. Disse che il 'vedere' scacciavaquell'abitudine e finchd non avessi imparato a'vedere' non Dotevo veramente comDrendere quello che lui voleva dire. "Ma don Juan, se nulla importa, perchd dovrebbe importare che io impari a aedere?". "Una volta ti ho detto che d nostro destino di uomini imparare,per il bene o per il male", disse. "Io ho imparato a uedere e ti dico che nulla importa veramente; ora tocca a te; forse un giorno oedrai e saprai se Ie cose contano o no. Per me nulla d importante, ma forse per te tutto lo sar). Ormai dovresti sapere che un uomo di conoscenzavive agendo,non pensando all'agire, nd pensandoa quello che penser) quando avr) terminato di aeire. Un uomo di conoscenzasceslie un sentiero che ha un cuore e lo segue;poi guarda e si rallegrae ride; e poi uedee conosce.Sa che la sua vita sar) finita roppo presto; sa che lui, come tutti gli altri, non andri da nessunaparte; sa, perch6 aede, che non c'b nulla che sia piil importante delle altre cose. In altre parole, un uomo di conoscenzanon ha onore, dignit), famiglia, nome, patria, ma solo la vita da vivete, e in queste circostanzeil solo legame con i suoi simili d la sua follia controllata. Cosi un uomo di conoscenzasi aftatica, suda, sbufia e se lo si guarda b esattamentecome un uomo normale, solo che la follia della sua vita d sotto controllo. Poich6 non c'A nulla che sia pit importante di qualcos'altro, un uomo di conoscenzasceglie ogni atto e lo compie come se per lui contasse.La sua follia connollata gli fa dire che quel che fa conta e 1o fa agire come se contasse,e tuttavia lui sa che non conta; cosl quando compie i suoi atti si ritira in pace e, che i suoi atti siano buoni o cattivi, o che siano stati eficaci o no, questo non rientta minimamente nel suo interesse.


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, "D'alfta parte un uomo di conoscenzapub sceglieredi rimanere totalmente impassibile e di non aqire mai, e compoitarsi come se essere impassibile conti veramente per lui; sari giustamente fedele anche a quella scelta, perchd anche quella sarebbela sua follia controllata". A questo punto mi immersi in un complicatissimo tentativo di spiegare don Juan che mi interessava sapere che cosa motiverebbe un uomo^ di conoscenzaad agire in un particolare modo, a dispetto della consapevolezzache nulla conta. Don Juan fece una risatina chioccia prima di rispondere. "Tu pensi ai tuoi atti", disse poi. "Quindi devi credereche i tuoi atti siano importanti quanto tu pensi che siano, menre in realt) nulla di cid che si fa b importante.Nulla! Ma allora se nulla conta veramenre, come mi hai chiesto, come posso continuare a vivere? Sarebbepii semplice morire; questo b cib che dici e credi, perchd pensi a che cosa assomiglierebbe il uedere.Hai voluto che te lo descrivessiperche tu potessi incominciare a pensarci, come fai per ogni altra cosa. Ma nel caso del oedere non serve a niente pensare, quindi io non ti posso dire a che cosa assomiglia 1l aedere. Ora vuoi che ti descriva le ragioni della mia follia controllata e io ti posso solo dire che la follia controllata b molto simile al uedere;E un qualcosacui non puoi pensare". Sbadiglid. Poi si stese sul dorso e stird le braccia e le gambe. Le sue ossa icricchiolarono. "Sei stato lontano troppo tempo", disse. "Pensi troppo". Si alzb e si incamminb verso i fitti cespugli sul fianco della casa. Io alimentai il fuoco per mantenere in ebollizione la pentola. Fui sul punto di accendereuna lamoadaa cherosenema la semioscuritiera molto confortevole. Il fuoco del fornello, che dava abbastanzaluce per scrivere, creava intorno a me un alone rossasmo.Posai per terra i miei appunti e mi distesi, mi sentivo stanco. Di tutta la conversazionecon don Juan mi aveva colpito solo il fatto che non gli importava di me e questo pensiero mi turbava immensamente.Per anni avevo riposto la mia fiducia in lui. Se non avessi avuto una cofnDletafiducia saiei stato panlizzato dalla paura all'idea di apprenderela sua conoscenzaila premessasu cui avevo basato la mia fiducia era I'idea che egli si curassedi me personalmente; in verit) avevo sempre avuto paura di lui, ma avevo conffollato la mia paura perch6 mi fidavo di lui. Ora che mi aveva tolto quella base non avevo nulla su cui appoggiarmi e mi sentivo impotente. Una stranissima angoscia si impadronl di me. Mi sentivo estremamente agitato e incominciai a passeggiarenervosamentesu e gii davanti al fornello. Don Juan stava impiegando molto tempo. Lo aspettavo con impazienza. -Ritornd poco dopo; si rimise a sedere davanti al fuoco e io tirai

I prcliminuri dcl 'uedere'

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luori le mie paure. Gli dissi che mi angustiavo perch6 ero incapacedi cambiaredirezione in piena corrente; gli spiegai ihe insieme alla-fiducia che avevo in lui avevo anche imparato a riipeitare e a considerare il suo modo di vita come intrinsecamentepir) razionale del mio o per lo meno piir funzionale. Dissi che le sue parole mi avevano gettato in un terrihile conflitto perchd avrebbero iomportato ,rn .am'.l-ria-entodei miei sentimenti. Per illustrare il mio punto di vista gli raccontai la storia di un vecchio signore della mia civilt), un ricchissimo awocato conservatofe che aveva vissuto tutta la sua vita convinto di essere il difensore della ueriti. All'inizio deeli Anni Trenta. con I'awento del Neu Deal, si era trovato appassiJnatamentecoinvolto nel dramma politico di quel tempo. Era categoricamentesicuro che il cambiamento sarebbestato deleterio per il paese,e per devozione al proprio modo di vita e convinto di esserenel giusto aveva fatto voto di com6attere quello che riteneva un male morale. Ma la marea del tempo era stata troppo forte e lo aveva soprafiatto. Aveva combattuto per anni nell'arena poiitica e nel campo della sua vita personale; poi la seconda guerra mondiale aveva sancito la sconfitta totale dei suoi sforzi. Il suo crollo politico e ideologico lo aveva condotto a una profonda amarezza;era andato per vent'anni in esilio volontario. Quando lo inconffai aveva ottantaquattro anni ed era tornato nella sua citt) natale per trascorreregli ultimi anni in una casa di riposo per anziani. Mi sembrava inconcepibile che fosse vissuto cosl a lungo, considerandoil modo in cui aveva sprecato la sua vita nell'amarezza e nell'autocommiserazione. Trovava in qualche modo piacevole la mia compagniaed eravamo soliti parlare a lungo. L'ultima volta che lo vidi aveva conclusola nostra convefsazionecon le seguenti parole: "Io ho avuto il tempo per guardarmi intorno ed esaminare la mia vita. I problemi del mio tempo sono solo una storia oggi, e nemmeno una storia interessante. Forse ho buttato via anni della mia vita alla caccia di qualcosa che non b mai esistito. I-Iltimamente ho avuto la sensazionedi aver creduto in qualcosadi farsesco.Ora penso che non ne valessela pena. Perb non posso ricatturare i quaranta anni che ho perduto". Dissi a don Juan che il mio conflitto nasceva dai dubbi in cui mi avevano gettato le sue parole sulla follia controllata. "Se dawero nulla conta", dissi, "quando si diventa uomo di conoscenzaci si scopre, pet forz , vuoti come il mio amico e non in una posizione migliore". "Non B cosl", rispose seccamentedon Juan. "Il tuo amico d solo perch6 morirA senza uedere. Nella sua vita b solo invecchiato e ora deve avere piil autocommiserazionedi quanta ne abbia avuta prima. Sente di aver buttato via quarant'anni perchd cercavavittorie e ha ffo-


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I preliminafi del ,uederd

I preliminari del'tedere

vato solo sconfitte. N6 sapr) mai che esserevittoriosi o sconfitti E uguale. "Ota hai paura di me perchd ti ho detto che sei uguale a ogni alua cosa. Sei infantile. Il nosro destino di uomini b imparare e si impara come si va alla guerra; te I'ho detto innumerevoli volte. Si va alla conoscenza o alla guerra con paura, con rispetto, rendendosi conto che si va " alla guerra, e con assolutafiducia in se stessi.Riponi la tua fiducia in te, non in me. "E cosl hai paura del vuoto della vita del tuo amico. Ma non c't vuoto nella vita di un uomo di conoscenza,ti dico. Tutto E pieno fino all'orlo". Don Juan si alzb e protese le braccia come se sentissedelle cose nell'atia. "Tutto b pieno fino all'odo", ripetd, "e tutto b uguale. Io non sono come il tuo amico che b solo diventato vecchio. Quando ti dico che nulla conta non intendo quello che intende lui. Per lui la sua battaglia non valeva la pena di esserecombattuta perch6 b stato sconfitto; per me non c'd n6 vittoria n6 sconfitta, n6 vnoto. Tutto b pieno fino all'orlo e tutto b uguale e per me la mia battaglia merita di esserecombattuta. "Per diventare un uomo di conoscenzabisogna essereun guerriero, non un bambino che piagnucola.Bisognasforzarsi senzaarrendersi,senza un lamento, senza sottrarsi, finchd si oede, solo per capire che nulla conta". Don Juan rimescolb la pentola con un cucchiaio di legno. La cena era pronta. Tolse Ia pentola dal fuoco e la mise su un blocco rettangolare di mattoni che si era costruito contro il muro e che serviva da scaffale e da tavolo. Awicinb col piede due cassetteche servivano da comode sedie, specialmente se si sedeva con la schiena appoggiata ai travi di sostegno del muro. Mi fece segno di sedermi e riempl una scodella di mineitra. Sorrise; gli occhi gli scintillavano come se veramente godesse della mia presenza.Spinse dolcemente la scodella verso di me; nel suo gesto c'erano un tale calore e una tale gentilezza che mi sembrava un invito a restaurare la mia fiducia in lui. Mi sentivo sciocco; tentai di quel mio stato d'animo cercando il mio cucchiaio, ma non interrompere -trovaie. potei La minesna era troPpo calda per berla ditettamente lo dalia scodella e mentre aspettavo che si raffreddassechiesi a don Juan se la follia controllata significavache un uomo di conoscenzanon poteva pii amare nessuno. Don Juan smise di mangiare e rise. "Tu li preoccupi ffoppo dell'amare la gente o dell'essereamato tu stesso", disie. "Un-uomo di conoscenzaama, guesto b tutto. Ama tutto cib o iutti coloro che vuole, ma usa la follia controllata per non preocanparsene.L'opposto di quello che stai facendo tu ora. Amare la

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flcnte o essereamati dalla gente non b tutto quello che si pub fare come uomi ni " . tr4i fissb per un momento tenendo il capo lievemente inclinato da rrn l ato. "Pensaci", disse. "C'b ancora una cosa che vi voglio chiedere, don Juan. Avete .lctto che dobbiamo guardare coi nostii occhi per ridere, -ma io credo .he ridiamo perch6 pensiamo. Prendete un cieco, anche un cieco ride". "No," mi dspose. "I ciechi non ridono. I ciechi si limitano solo a \cuotere un po' il corpo con il gorgoglio della risata. Non hanno mai guardato il lato buffo del mondo e Iotevono immaginare. La loro non i' una risata fragorosa". Nol parlammo pit. Io provavo una sensazionedi benessere,di felicitd. Mangiammo in silenzio; poi don Juan incomincib a ridere. Io mi portavo le verdure alla bocca usando come cucchiaio un ramoscello secco. 4 ottobre 1968 A un certo momento, oggi, chiesi a don Juan se aveva voglia di parlare an-cora po' del 'vedere'. Sembrd meditare per un istanie, poi !n sorrise e disse che ero di nuovo ricaduto nel mio solito vizio. cercavo di parlare invece di farc. "Se vuoi oederedevi lasciarti guidare dal fumo", disse solennemente. "fo non te ne parlerb piil". Lo stavo aiutando a pulire delle erbe secche.Lavorammo a lungo in completo silenzio. Quando sono costretto a un silenzio prolungato mi sento sempte apprensivo, specialmentevicino a don Juan. A un certo momento gli posi una domanda con una speciedi scoppio coatto e quasi bellicoso. "Come esercita la follia controllata un uomo di conoscenzadavanti alla morte di una persona che lui ama?', chiesi. Don Juan fu preso alla sprowista e mi guardb con aria strana. "Prendete vostro nipote Lucio", continuai. "Al momento della sua morte i vostri atti sarebbero follia controllata?". "Prendi mio figlio Eulalio, I un esempio migliore", rispose calmo don Juan. "Fu schiacciatoda una caduta di massi mentre lavorava alla costruzione della Pan-American Highway. I miei atti verso di lui al momento della sua morte furono follia controllata. Quando giunsi nella zona dell'esplosione lui era quasi morto, ma il suo corpo era cosl forte che continuava a muoversi e a scalciare. Mi fermai davanti a lui e dissi agli uomini della squadra di non spostarlo pii; gli uomini mi obbedi-


I preliminari del 't:edere'

r . ' r , ' . r,' ,.r..,r,, r. l )l (-(l r. a mi o fi gl i o, guardandoi l suo corpo t()rn , l' lr r ' r' rr" \r,, l ,' r,, t' r,' Il i . ' l p i c d i() , m a non zuardai .Mi l i mi tai a sD osrare p' l' ' *,l rr r.' .1 ,1 ,,t' (' ,1 (r.'l a- s rrav i ta p.rronal e che si di si ntegrava,che si . r 1' . 1 1 1 s 1i1rrr.rrrr.l ' 1 ' ,1 l i rb i l m e n re a l d i l ) dei suoi l i mi ti , comJuna' nebbi a .lr , rr',r.rlli,Ix'rcl)i c\ quello il modo in cui vita e morte si mescolanoe si ()ucsto b cib che ho fatto al momento della morte di mio ('\l);ur(l()n(). ligli. Qrrcsto i tutto cib che si possamai fare, ed d follia controllata. se kr avcssi guardato lo avrei contemplato mentre diventava immobile e avrci sentito un pianto dentro di,,me, perch6 non avrei mai pii guardato la sua bella figura camminare sulla teira. Invece ho aisto la sui morte, e non c'd stata tistaza, non ci sono stati sentimenti. La sua morte b stata uguale a ogni altra cosa". Don Juan rimase silenziosoper un istante. Sembrava triste ma poi sorrise e mi diede un colpetto sul capo. 'Potresti_quindi dire che al momento della morte di una personacui vog-l!o_ bene la mia follia conmollata consiste per me nello spostare gli oc c hl ' . Pensai alle persone che amo e mi sentii awolto da un'ondata terribilmente opprimente di autocommiserazione. "Fortunato voi, don Juan", dissi. "Voi potete spostare gli occhi menffe io posso solo guardare". Don Juan trovb molto buffa la mia affermazione e scoppib a ridere. "Fortunato, magari!", disse. "E difficile" Scoppiammo entrambi a ridere. Dopo un lungo silenzio ricominciai g interrogarlo, forse soltanto per allontanare la mia ttistezz . "Se vi ho capito bene, don Juano, dissi, "i soli atti della vita di un uomo di conoscenzache non siano follia controllata sono quelli che compie con il suo alleato o con Mescalito; giusto?". "Giusto", mi rispose con una risatina chioccia. "Il mio alleato e Mescalito non sono sullo stessopiano di noi esseri umani. La mia follia controllata si applica soltanto a me stessoe agli atti che compio menffe sono in compagnia dei miei simili". "Tuttavia", dissi, "b logicamente possibile pensareche un uomo di conoscenzapossa anche considerarei suoi atti con il suo alleato o con Mescalito come follia controllata, giusto?". Mi fissb per un momento. "Stai ricominciando a pensare", disse. "Un uomo di conoscenzanon pensa, quindi non pud incontrare quella possibiliti. Prendi me, per esempio. Io dico che la mia follia controllata si applica agli atti che ho compiuto in compagnia dei miei simili; lo dico perchd posso uedere i miei simili. Perb non posso uedere il mio alleato e cib me lo rende incomprensibile, quindi come potrei controllare la mia follia se non lo

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t'r'tlo7 Con il mio alleato o con Mescalito sono solo un uomo che sa t'r',lcre e che si trova sconcertato da cib che aede; un uomo che sa che n()n comprendet) mai tutto cib che gli sta intorno. "Prendi il tuo caso, per esempio. A me non importa che tu divcnti o no un uomo di conoscenza;perb a Mescalito importa. E owio , lrc a lui importa, altrimenti non farebbe tanti passi per mostrare la sua 1'reoccupazioneper te. Io posso accorgermi della sua preoccupazione e .luindi agisco conforrnemente, perb le sue ragioni mi sono incomprensi bi l i " .


I preliminari del 'aedere'

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Proprio mentre stavamo per salire in macchina partendo per un -I.ungo viaggio nel Messico centrale, il 5 ottobre 196^8,don Juan mi fermd con un gesto. "Ti-ho gii detto una volta", mi disse con un'espressioneseria, ,.che non si dovrebbe mai rivelare il nome di uno strego.,e n6 quello del luogo dove vive. credo che tu abbia capito che non dJovrai mai rivelare n6-il mio nome nd quello del luogo dove E il mio corpo. ora ti chiedo di fare la stessacosa con un mio amico, un amico che chiamerai Genaro. Siamo diretti a cas^ sua dove trascorreremo un po' di tempo". Assicurai a don Juan che non avrei mai tradito la^suafiducia. "Lo so", mi rispose senzacambiarela sua espressioneseria,,,perb non vorrei che te lo dimenticassi". Protestai e don Juan disse che voleva solo rammentarmi che ogni , volta che ci si comportava con trascuratezzain questioni di stresoneria si scherzavacon una morte imminente e insensibile che poteva"essere allontanata soltanto con l'accuratezza e la consapevolezza.' "Non toccheremo pit questo argomento", diise poi. "Una volta lasciata la mia casanon parleremo diGenaro e neppure penseremoa lui. ora voglio che tu metta in ordine i tuoi pensieri. g""ndo lo incontreremo dovrai esserelimpido e avere la mente priva di dubbi". "A che tipo di dubbi alludete, don Juani". "Qualunque tipo di dubbio. Quando lo incontrerai dovrai essere limpido come il cristallo. Ld ti oedril". I suoi srrani ammonimenti mi resero molto apprensivo. Gli dissi che forse era meglio che non incontrassi afratto il-siuo amico e che se voleva lo avrei solo accompagnato nelle vicinanze della casa e lasciato

n.

"Quanto ti ho detto era solo una precauzione", mi rispose. "Hai gii incontrato uno stregone,Vicente, e per poco non ti ha ucciso. Questa volta stai attentol".

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Una volta arrivati nel'Messico centrale dovemmo ancora camminare .lrrc orâ‚Ź a piedi dal luogo dove avevamo lasciat6'=l'automobilefino alla , ,rsir dell'amico di don Juan, una casetta appollaiata sul fianco di una Iil()ntagna.L'amico di don-Juan era sulla porta, come se ci stesseaspetr.rndo.Lo riconobbi immediatamente.Avevo gi) fatto la sua conoscenza, ,r'che se molto brevemente, quando portato il mio libro a don "neuobine, gli avevo solo lanciato lrran. Quella volta non lo avevo guardato rrtr'occhiata,avevo avuto quindi la sensazionech--efosse vecchio come ,1,'n Ju2n. Quando, perd, mi apparve in piedi davanti alla porta, mi .rtcorsi che era decisamentepii giovane. Aveva forse poco pii di sess:rnt'anni. Era piil basso e pit snelld di don Juan, era-molto scuro ed , suoi capelli grigiastri, po' fitti e un lunghi, gli coprivano le 'ile.- I ',recchie e la fronte. Il volto era rotondo i duroi il naso molto prorrrinenteIo faceva assomigliare a un uccello da preda con piccoli o-cchi rreri. Don_Genaro parld prima con don Juan che gli fece col capo un |csto affermativo. Conversarono brevemente. Non parlarono in spalirrolo e non potei comprendere quello che dicevano.^Poi don Ge.raro si rivolse a me. "Sâ‚Źi il benvenuto nella mia umile casupola", disse cortesementein spagnolo. , Le sue parole ripetevano una formula molto cortese che avevo gii rudito in varie zone ruali del Messico. Tuttavia, nel pronunciare le parole don Genaro rideva gioiosamente senza nessuna iagione palese, c io seppi che stava esercitando la sua follia controllata. Che la sua casa fosse una baracca non gli importava minimamente. Don Genaro mi piacque molto. Nei due giorni successivi andammo sulle montagne a raccogliere piante. Partivo ogni mattina allo spuntare dell'alba con don Juan e don Genaro. I due vecchi se ne andavano insieme in qualche zona specifica ma non identificata delle montagne e mi lasciavano solo in una zona boscosa.Li provavo una sensazionesquisita; non mi accorgevo del passaredel tempo nâ‚Ź mi sentivo apprensivo nel rimanere solo; esperienza straordinaria di quei due giorni fu una irreale capaciti di concentrarmi nel delicato compito di trovare le specifiche piante che don Juan mi aveva incaricato di raccogliere. Ritornavamo a casa nel tardo pomeriggio e tutti e due i giorni fui cosi stanco che caddi immediatamente addormentato. Il terzo giorno, perb, le cose andarono diversamente. Lavorammo tutti e tre insieme e don Juan chiese a don Genaro di insegnarmi a scegliere certe piante. Ritornammo verso mezzogiorno e i due vecchi


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, r r r . r ' . rt(,l ,r' l .t(' \(' (l l l ti (l :l v d n tia l l a c apannai n cOmpl etOsi l enZi O, C Ome r(' l' ,\..('t,r ,r t r;il1(('. 'l'uttavia non erano addormentati.Girai intofno ,r l{,t(r r. lrrri. rli v.lte; don Juan segui i miei movimenti con gli occhi c Lr s t< .s s ol c c c d o n Ge n a ro . "l)t'vi parlare alle piante prima di coglierle", disse a un tratto don .frrrr.. Aveva lasciato_caderelg parole come per caso e le ripet6 tre volte, come per impadronirsi della mia attenzione. Prima che lui avesse parlato nessuno aveva detto una Darola. ..* "f". uedere le piante devi parlare loro personalmente", prosegul. "Devi arrivare a conoscerleindividualmente; allora le piante tipossono dire tutto quello che ti interessa sapere su loro". Erano le ultime ore del pomeriggio. Don Juan era seduto su un sas,sopiatto rivolto verso le montagne occidentali; don Genaro era seduto accanto a lui su una stuoia di paglia con il volto rivolto a nord. Don Juan mi aveva detto, Ia prima volta che eravamo stati ll, che quelle erano Ie loro 'posizioni'e che io dovevo sedere in qualsiasi posto di fronte a loro due. Aveva aggiunto che mentre redev"mo in quelle posizioni dovevo mantenere il volto in direzione sud-est e guardare loro due solo con brevi occhiate. "Sl, b cosl che si fa con le piante, non B vero?", disse don Juan e si rivolse a don Genaro che fece un sesto affermativo. Gli dissi allora che la ragione per lui non avevo seguito le sue istruzioni era che mi sentivo un poco stupido a padare alle piante. "Non riesci a capire che uno stregone non scherza", disse don Juan gravemente. "Quando uno stregone tenta di aedere, tenta di acquistafe potere'. Don Genaro mi stava fissando. Io prendevo appunti e sembrava che cib lo sconcertasse.Mi sorrise, scosse il capo e disse qualcosa a don Juan. Don Juan si sttinse nelle spalle. A don Genaro vedermi scrivere doveva sembrare molto strano. Suppongo che don Juan fosse otmai abituato a vedermi prendere appunti, e il fatto che io scrivessi menffe lui padava non gli pareva pir) tanto strano; poteva continuare a parlare senzamostrare di accorgersidei miei atti. Don Genaro, petb, continuava a tidere, e io dovetti smettere di scrivere per non turbare I'umore della conversazione. Don Juan afietmb nuovamente che gli atti di uno stregone non dovevano esserepresi come schelzi perch6 uno stregone gioca con la morte a ogni angolo della strada. Poi raccontb a don Genaro di quando io avevo guardato le luci della morte che mi seguivano durante uno dei nostri viaggi. La storia si rivelb quanto mai divertente e don Genaro si totolb al suolo per le tisate. Don Tuan si scusb con me. disse che il suo amico andava facilmente

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,,r'ltettoa esplosionidi ilarit). Guardai don Genaro pensandodi vederlo .,n\()rarotolarsi al suolo, invece Io vidi compiere un atto molto insolito. \r.rva in equilibrio sulla testa senza I'aiuto delle braccia o delle mani, ('con le gambe incrociate come se stesseseduto. Lo spettacolo era cosl lrr<rridell'ordinario che mi fece sobbalzare.Quando mi resi conto che ,lrrn Genaro faceva qualcosa di quasi impossibile, dal punto di vista ,lclla normale meccanicadel corpo, era gi) tornato a sedersi nella sua rrrrrmalâ‚Źposizione. Tuttavia sembrava che don Juan sapesseche cosa r'crzr sotto e infatti celebrd I'esibizione di don Genaro con risate frat'( ) fOSe.

Don Genaro parve accorgersi della mia confusione; batt6 le mani ,rn paio di volte e rotolb di nuovo al suolo; evidentemente voleva che I,'655s.uu..'. Quello che a prima vista mi era parso un rotolare al .,,rolo era in realt) un'oscillazione da seduto fino a toccare il suolo con il capo. In apparenzadon Genaro raggiungevala sua illogica posizione ,rcquistandoslancio e oscillando diverse volte finchd l'inerzia spingeva il suo corpo in posizione verticale, cosl che per un istante rimaneva '.r sederesulla sua testa'. Quando Ie sue risate si placarono don Juan riprese a parlarc in tono rnolto grave. Cambiai di posizione per essere a mio agio e prestargli ttrtta la mia attenzione.Non sorrideva afiatto, come era solito fare, '.pecialmentequando cercavo di prestare attenzione a quanto diceva. I)on Genaro continuava a guardarmi come se si aspettasseche ricomineiassia scrivere, ma non presi i miei appun_ti.Le parole di don Juan fur()no un rimprovero per non aver parlato alle piante che avevo raccolto, come lui mi aveva sempre detto di fare. Disse che le piante che avevo ucciso avrebbero anchepotuto uccidermi; disse di esserecerto che prima o poi mi avrebbero fatto ammalare.Aggiunse che se mi ammalavo come lisultato dell'aver fatto del male alle piante, sarei perb guarito dalla malattia e avtei creduto di aver avuto solo un Do' di influenza. I due vecchi ebbero ancora un altro scoppio di ilarit), poi don Juan ridivenne serio e disse che se non pensavo alla mia morte tutta Ia mia vita sarebbe stata soltanto un caos Dersonale.Sembrava molto severo. "Che altro potrebbe avere un ubmo oltre alla sua vita e alla sua morte?". disse. A quel punto sentii di non poter fate a meno di prendere appunti e ricominciai a scrivere. Don Genaro mi 6ssb e sorrise. Poi inclind il caoo all'indietro e dilatb le narici. Evidentemente aveva un notevole conttollo sui muscoli che muovevano le narici perch6 le apri quasi al doppio del normale L'elemento piir comico del suo comportamento derivava non tanto dai suoi gesti quanto dalle sue reazioni a essi. Dopo aver dilatato le


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narici si lrrsciircli nuovo cadere ridendo e riportd il corpo nella stessa strllnll posizionecapovolta,mettendosia sederesulla testa. Dor.r Jrrnn rise fino a farsi scenderele lacrime gii per le guance. To mi sentivo un Do' imbarazzato e risi nervosamenre. "A Genaro non piace che si scriva", disse don Juan come spiegazione. Misi via i miei appunti, ma don Genaro assicurdche non gli dava fastidio che scrivessi, perch6 davvero non se ne curava. Raccolsi di nuovo i miei appunti e ricominciai a scrivere, e don Genaro ripet6 gli stessi comici movimenti e tutti e due i vecchi ebbero di nuovo le stesse reazioni. Don Juan mi guardd, sempre ridendo, e disse che il suo amico mi stava scimmiottandoperchd io dilatavo inavvertitamentele narici ogni volta che scrivevo; che don Genaro pensava che cercar di diventare uno stregone prendendo appunti fosse assurdo quanto star seduti sulla testa, e percib aveva assuntoquella ridicola posizionein cui appoggiava sulla testa il peso del suo corpo seduto. "Forse tu non pensi che sia divertente", disse don Juan, "ma solo Genaro b capace di mettersi a sedere sulla testa e solo tu puoi pensare di diventare uno stregone scrivendo". Scoppiarono di nuovo tutti e due a ridere fragorosamente e don Genaro ripetd il suo incredibile movimentoMi piaceva. Nei suoi atti c'era una tale grazia e ftanchezza. "Le mie scuse, don Genaro", dissi, indicando il mio blocco per appunti. "Di niente", rispose,e ridacchib di nuovo. Non potei piil scrivere. I due stregoni continuarono a parlare a lungo del modo in cui le piante potevano dawero uccidere e di come gli stregoni usavanoquella capaciti delle piante. Entrambi continuavano che ricominciassia a fissarmi mentre parlavano,come se si aspettassero scrivere. "Carlos b come un cavallo a cui non piace la sella", dissedon .Tuan. "Con lui devi andate molto piano. Lo hai spaventato e ora non vrtole scrivere". Don Genaro dilatb le narici e si scusb in tono canzonatorio, muovendo e storcendola bocca: "Suvvia, Carlitos, scrivi! Scrivi finchd non ti cade il oollice". Don Juan si alzd in piedi stendendo le braccia e inarcando la schiena. Nonostante I'eti avanzatail suo corpo sembrava sempre forte e agile. Si diresse verso i cespugli che fiancheggiavanola casa lasciandomi solo con don Genaro. Don Genaro mi guardb e io distolsi gli occhi perchd mi sentivo imbaruzzato.

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"Non dirmi che non mi vuoi nemmeno guardare", disse con intonazione molto ilare. Dilatb le narici e le fece fremere; poi si alzb e tipet6 i movimenti <li don Juan, inarcando la schiena e distendendo le braccia ma contorcendo il corpo in una posizione molto comica; era dawero un gesto indescrivibile che combinava uno squisito senso della pantomima con un senso del ridicolo. Mi a{Iascind. Era una magisrale caricatura di don Juan. Don Juan rientrb in quell'istante, vide il gesto e ne colse owiamente il significato. Si mise a sedere ridacchiando. "In che direzione soffia il vento?", domandb don Genato come per caso. Don Juan accennb verso ovest con un movimento del capo. "Farb meglio ad andare dove sofia il vento", disse don Genaro con un'espressioneseria. Poi si voltd verso di me e mi minaccib col dito. "E tu non far caso se senti degli strani rumori', disse. "Quando Genaro cacala montagna trema", Balzb nei cespugli e un momento dopo udii un rumore molto strano, era un rombo ptofondo e soprannaturale.Non sapevo che cosa pensare. Guardai don Juan con aria interrogativa ma lui era piegato in due dalle risate.

L7 ottobre L 968 Non ricordo che cosa avesse indotto don Genaro a parlarmi di come era fatto l"altro mondo', come lo chiamava lui. Disse che un maestro stregone era un'aquila, o piuttosto che poteva uasformarsi in un'aquila. D'altra parte, uno stregone malvagio era un tecolote, un gr.rfo.Don Genaro disse che uno stregone malvagio era un â‚Źglio della iotte e che per un uomo di quel tipo gli animali pit utili erano il Ieone di montagna e altri gatti selvatici, o gli uccelli notturni. Dsse che i bruios liricos, gli stregoni lirici, ciob gli stregoni dilettanti, preferivano altri animali; un corvo, per esempio.Don Juan rise; era rimasto ad ascoltare in silenzio. Don Genaro si volse verso di lui e disse: "E vero, tu lo sai, Juan". Disse poi che un maestro stregone poteva condurre il suo discepolo con s6 in un viaggio e poteva davvero passateattraverso ai dieci s6ati dell'altro mondo. Il maestro, purch6 fosse un'aquila, poteva partire dallo strato pit basso e poi attlaversare tutti_gli strati successivifino ad arrivare in cima. Gli stregoni malvagi e i dilettanti, aggiunse,pote-


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vano nella migliore delle ipotesi attraversare solo tre sftati. Don Genaro descrisse come awenivano quei passi dicendo: ,,Tu parti pro-prio dal fondo e poi il tuo maestro-ti porta con s6 nel suo volo e subito, bum! Attraveisi il primo strato. Poi, un poco dopo, bum! Passi attraverso al secondo; e bum! Passi attraverso^al tetio.'..". Don Genaro mi condusse attfaverso dieci 'bum' fino al decimo strato .del mondo. Quando ebbe finito di parlare don Juan mi guardb e sorrise intenzionalmente. "A Genaro non piace molto parlare", disse, "perb, se ti interessa avere una lezione, ti insegneri I'equilibrio delle iose". Don Genaro fece cenno di sl: protese la bocca e chiuse a mete le palpebre. Il suo gesto mi parve magnifico. Si alzb in piedi e don Juan lo imitb. "Benissimo", disse don Genaro. "Allora andiamo. Potremmo andare ad aspettare Nestor e Pablito. Ormai hanno finito. Il eiovedl finiscono presto". Salirono tutti e due nella mia automobile: don Tuan si mise a sedere davanti. fo non chiesi nulla e mi limirai a mlttere in moto. Don Juan mi guidb fino al luogo dove sorgeva la casa di Nestor; don Genaro entrb nella casa e poco dopo uscl con Nestor e Pablito, due giovani suoi novizi. Salirono tutti nella mia automobile e don Juan mi fece prendere la strada che portava alle montagne occidentali. Lasciammo I'automobile sul lato della srada bianca e proseguimmo a piedi lungo la riva di un fiume, largo forse cinque o sei metri, fino a una cascata visibile da dove avevo parcheggiato. Era pomeriggio inoltrato. Lo scenario era magnifico. Direttamente sulle nosffe teste un'enorme nuvola scuta sembrava un tetto galleggiante; aveva ^zzutto un margine ben definito come un enorme semicerchio.A ovest, sulle alte montagne della Cordillera Central, sembrava che la pioggia cadessesui pendii, come una cortina biancastra che ricadessesui picchi verdi. A est si stendeva la valle, lunga e profonda; sulla valle c'erano solo nuvole sparse e il sole splendeva.Il contrasto tra Ie due zone era magnifico. Ci fermammo alla base della cascata, alta forse una cinquantina di metri e dal rombo fortissimo. Don Genaro si legb attorno alla vita una cintura da cui pendevano almeno sette oggetti che sembravano piccole zucche. Si tolse il cappello lasciandolo penzolare sulla schiena appeso a una cordicella legata al collo. Si mise sul caoo una fascia che aveva tolto da una sacca fatta di un fitto tessuto di lana. Anche la fascia eta fatta di lana di vari colori di cui il pii vistoso era un giallo brillante. Nella fascia infilb

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lrc penne. Sembravanopenne d'aquila. Notai che i punti in cui le aveva irrserite non erano simmetrici: una Denna era infilata in alto dietro I'orecchio destro, un'altra a qualche centimetro al di sopra della lronte e la terua sopra alla tempia sinistra. Poi don Genaro si tolse i sandali, li appese o li legb alla vita dei pantaloni e si strinse sul lroncho una cintura che sembrava fatta di stlisce di cuoio intrecciate. Non tiuscii a vedere se l'avesselegata o afibbiata. Don Genaro si awib verso la cascata. Don Juan spostb un sasso rotondo e lo mise ben fermo, poi ci si sedette sopra. I due giovani fecero lo stesso con altri sassi e sedettero alla sua sinistra. Don Juan mi indicb il posto vicino a lui alla sua destra, mi disse di portare un sassoe di sedermi accanto a lui. "Dobbiamo formare una linea qui", disse, mostrandomi che tutti c tre erano seduti allineati. fntanto don Genaro era arrivato proprio ai piedi della cascata c aveva incominciato a inerpicarsi su per un ripido sentiero alla destra dell'acqua. Da dove eravamo seduti il sentiero sembrava molto scosceso.C'erano molti arbusti che don Genaro usava come appigli. A un certo punto sembrb che avesse perso I'appoggio e quasi scivold, come se il terreno fosse viscido. Un momento dooo accaddela stessacosa e mi venne in mente che forse don Genato era troppo vecchio per arrampicarsi. Lo vidi scivolare e inciampare varie volte prima di raggiungere il punto in cui terminava il sentiero. Provai una speciedi apprensionequando incomincib ad arrampicarsi sulle tocce. Non riuscivo a immaginare cosa avrebbe fatto. "Che cosa fa?", chiesi a don Juan in un bisbiglio. Don Juan non mi guardd. "Ovviamente sta arrampicandosi", mi rispose. Don Juan stava guardandodirettamente don Genaro. Il suo sguardo era fisso, le sue palpebre sembravano semichiuse. Stava molto eretto con le mani fra le gambe, seduto sull'orlo del sasso. Mi sporsi un po' in avanti pet vedere i due giovani. Don Juan fece con la mano un gesto imperioso per farmi tornare in linea. Mi ritrassi immediatamente. Riuscii a darc solo una raoida occhiata. Sembravano attenti come don Juan. Don Juan fece un altro gesto con la mano e indicb nella direzione della cascata. Guardai di nuovo. Don Genaro si era inerpicato un bel po' sulla parete rocciosa. Nel momento in cui guardai stava appollaiato su una sporgenza,avanzando lentamente un centimetro alla volta pe.r.aggirare un enorme macrgno. Teneva le braccia aperte, come per abbracciare la roccia. Si spostb lentamente a destra e a un tratto i suoi piedi per-


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sero I'appoggio. Ansimai involontariamente.Per un attimo tutto il suo corpo penzold nell'aria. Ero sicuro che sarebbeprecipitato, ma non cadde. Si era affertato a qualcosa con la mano deira e i suoi piedi ritornarono molto agilmente sulla sporgenza.Ma prima di riprendire a muoversi si voltd verso di noi e guardd. Fu solo un'occhiata fugace, ma in quel suo volgere il capo c'era una tale stilizzazione che incominciai a domandarmi che cosa significasse.Ricordai che si era comportato in modo simile, volgendosi verso di noi, ogni volta che era scivolato. Pensai che don Genaro doveva essersi sentito imbarazzato per la sua gofiaegine e si era voltato per vedere se guardavamo. Si inerpicb un altro poco verso la cima, perse ancora una volta I'appoggio e penzolb pericolosamentedalla roccia sovrastante. Questa volta si era sostenuto con la mano sinistra. Quando riacquistb I'equilibrio si volse e ci guardb di nuovo. Scivolb ancora due volte prima di raggiungere la cima. Da dove eravamo seduti la cresta della cascata sembrava larga sei o sette meri. Don Genaro rimase in piedi immobile per un momento. Volli chiedete a don Juan che cosa stava per fare, ma don Juan pareva cosl assorto a guardare che non osai disturbarlo. Improvvisamente don Genaro saltb nell'acqua. Fu un atto talmente inasoettato che sentii un vuoto nella caviti dello stomaco. Era stato un ialto magnifico e strano. Per un secondo ebbi la chiara sensazione di aver visto una serie di immagini sovrapposte del suo corpo che formavano un volo ellittico nel mezzo della corrente. Quando 7a mia sorpresa si attenub notai che era atterrato su un sassosul ciglio della cascata,ul'l sassoa stento visibile da dove eravamo seduti. Fimase a lungo appollaiato lassi. Sembrava che lottasse contro la forza dell'acqua irrompente. Per due volte si spenzolb sul precipizio e non potei capire a che cosa si afferrasse.Recuperb I'equilibrio e si acquattd sul sasso.Poi saltb di nuovo, come una tigre. Potei a stento vedere il sassosu cui era atterrato successivamente;era come un piccolo cono proprio sul ciglio della cascata. Rimase l) per quasi dieci minuti, immobile. La sua immobiliti era cosl imDressionanteche rabbrividivo. Volevo alzarmi e camminare, ma don Juan notb il mio nervosismo e mi ordinb di stare calmo. L'immobilit) di don Genaro mi aveva gettato in un terrore straordinario e misterioso. Sentivo che se fosse rimasto ancora un po' appollaiato lassil non sarei riuscito a controllarmi. Improwisamente don Genaro saltd di nuovo, questa volta direttamente fino all'altra sponda della cascata. Atterrb sulle mani e sui piedi come un felino. Rimase per un momento acquattato, poi si alzb

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t' guardd atraverso la cascata,all'altra sponda, poi guardb gii verso ,li noi. Rimase a guardarci con I'immobiiitA di ,rtt mo.to. Tineva le rr,rni serrate ai lati del corpo, come se si sostenessea una ringhiera i nvi si bi l e. Nella sua posizione c'era qualcosa di veramente squisito; il suo ('orpo pareva cosl leggero, cosl fragile. Pensai che don Genaro con in testa la fascia e le penne, con il suo poncho scuro e i piedi nudir, fosse I'essere umano pir) bello che avessi mai visto. _Improvvisamentelancid le braccia in alto, sollevb il capo e gtizz6 rrgilmente col corpo in una specie di salto mortale laterale alla sua si ni stra. Il ma cigno su cui st eva er a r ot ondo. e quando salt b scom nrrve di etro d i esso. In quel momento incominciarono a cadere grosse gocce di pioggia. l)on Juan si alzd imitato dai due giovani. Il loro movimento fu cosi brusco che mi confuse. L'impresa magistrale di don Genaro mi aveva gettato in uno stato di profondo eccitamento emozionale. Sentivo che era un artista consumato e volevo vederlo ancora per applaudirlo. Cercai di guardare il fianco sinistro della cascata per vedere se scendeva,ma non Io vidi. Insistei per sapereche cosa gli era successo. Don Juan non rispose. "Faremmo meglio ad andarcenein fretta da qui", disse."Questo E un vero diluvio. Dobbiamo riaccompagnarea casa Nestor e Pablito e poi dovremo riprendere il nosto viaggio di ritorno". "Non ho nemmeno salutato don Genaro", dissi con dispiacere. "Lui ti ha gii salutato", rispose seccamentedon Juan. Mi fissd per un istante, poi addolcl il suo sguardo corrucciato e sofrise. "Ti ha anche auguratodel bene", disse. "Si sentiva bene con te". " Ma non lo aspet t iam o?". "No!", mi rispose bruscamente."Lasciamolo stare, dovunque sia. Forse E un'aquila che vola verso I'altro mondo, o forse d morto lassil. Ora non importa".

23 ottobre 1968 Don Juan disse come per caso che presto avrebbe fatto un altro viaggio nel Messico centrale. "Andrete a trovare don Genaro?". chiesi. "Forse", mi rispose senzaguardarmi. "Sta bene, non B vero, don Juan? Voglio dire, non gli d accaduto n-ulla di male lassil sulla cina della cascata,non b vero?".


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' ' Nr , r 1 ,' 1 1i . ' rrt.t.c s s n o u l l a , s ta b e ni ssi mo" . l' . r r l. r n rrrro u n p o c o d e l s u o p ro g e tto di vi aggi o e poi di ssi che ;r\'('\'(),'.()(luto molto la compagniadi don Genaro e i suoi scherzi.Don frr;rrrrisc c disseche don Genaro era davvero come un bambino. ci fu rrn,r lunga pausa; io_mi sforzavo di trovare un pretesto per incomin-Don ciare a domandare della lezione di don Genaro. Juan mi guardb e disse in tono malizioso: "Tu muori dalla voelia di-chiedermi della lezione di Genaro, non b vero?". Risi con imbarazzo. Ero rimasto ossessionatoda tutto quello che era accaduto alla cascata. Avevo scomposto e rimescolato tutti i dettagli che riuscivo a ricordare e le mie conclusioni erano che avevo assistito a un'incredibile impresa di destrezza fisica. Pensavo che don Genaro fosse senzadubbio alcuno un maesmo incomparabile di equilibrio; ogni singolo movimento che aveva compiuto era altamente ritualizzato e. inutile dirlo, doveva aver avuto quaicheincomprensibilesignificato simbolico. "Si", dissi. "Ammetto di morire dalla voglia di saperequale fosse , la sua lezione". "Lascia che ti dica una cosa", disse don Tuan. "Per te b stata una perdita di tempo. La sua lezione era per qualcuno che sapesse uedefe. Pablito e Nestor ne hanno colto il succo, anche se non sanno aedere molto bene. Ma tu, tu sei andato per guardare. Ho detto a Genaro che sei uno stranissimo tipo accecatoe che forse la sua lezione ti avrebbe aperto gli occhi, ma cos) non b stato. Non importa.Vedere d molto dificile. "Non volevo che poi tu parlassi a Genaro, e percib siamo dovuti andare via. Peccato. Perb sarebbe stato peggio rimanere. Genaro ha rischiato moltissimo per mostrarti qualcosadi magnifico.E un peccato che tu non sappia uedere". "Forse, don Juan, se voi mi dite qual era Ia lezione posso scoprire di aver visto veramente". "La cosa migliore che sai fare E far domande", mi rispose. Evidentemente don Juan stava per lasciar cadere di nuovo I'argomento. Eravamo seduti, come al solito, in un punto di fronte alla sua casa; improwisamente don Juan si alzb ed entrb in casa. Io lo inseguii insistendo a dire che gli volevo descrivere quello che avevo visto. Seguii fedelmente tutta la successionedegli awenimenti cosl come la ricordavo. Don Juan continub a sorridere mentre parlavo. Quando ebbi terminato scossela testa. "Vedere b molto dificile", disse. Lo pregai di spiegare la sua afiermazione. "Vedere non b questione di chiacchiete", disse imperiosamente.

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Ovviamente non mi avrebbe detto piil nulla, cosl mi arresi e lasciai l,r casa per fare qualche commissione per lui. Quando ritornai era gid buio; mangiammo qualcosae poi uscimmo :rrtto la raruada; non ci eravamo ancora messi a sedere che gi) don lrurn mi parlava della lezione di don Genaro. Non mi avevalasciato rl tempo di prepararmi. Avevo con me il mio taccuino ma era troppo I'rrio per scrivere e non potevo fargli perdere il filo entrando in casa a ltrcndere la lampada a cherosene. Don Juan disse che don Genaro, che era un maestro di equilibrio, lx)teva eseguire movimenti molto complessi e diffcili. Sedere sul capo ('ra uno di quegli esercizi, e con quella posizione don Genaro aveva ('ercato di mostrarmi che mi era impossibile 'vedere' mentre prendevo :rppunti. Sedere sulla testa senza I'aiuto delle mani era, nella migliore clelle ipotesi, una bravata stravagante che durava solo un istante. Secondo I'opinione di don Genaro, scrivere per imparare a 'vedere' era lo stesso; vale a dire, era una manovfa precaria, strana e superflua (luanto sedere sulla propria testa. Don Juan mi fissb nel buio e in tono molto drammatico disse che mentre don Genaro si faceva giuoco di me sedendosi sulla testa, io ero stato proprio sul punto di 'vedete'. Don Genaro se ne era accotto e aveva ripetuto pii volte le sue manovre, senza effetto, perch6 io avevo subito perduto il filo. Poi don Juan disse che don Genaro, mosso dalla sua personale predilezione per me, aveva tentato molto drammaticamente di ricondurmi proprio sul limite del 'vedere'. Dopo una deliberazione molto accurata aveva deciso di mostrarmi un'impresa di equilibrio attraversando la cascata. Sentiva che la cascata eta come la spotgenza su cui mi trovavo ed era sicuro che anch'io avrei potuto attraversarla. Poi don Juan mi spiegb I'impresa di don Genaro. Disse di avermi gii raccontato che gli esseriumani, per chi sapeva'vedere', erano esseri luminosi composti da qualcosa di simile a fibre di luce, che ruotavano da davanti a dietro formando I'asoetto di un uovo. Disse che mi aveva anche detto che la parte pit stupefacente delle creature simili a uova era un fascio di lunghe fibre che uscivano dalla zona intorno all'ombelico; disse che quelle fibre erano della massima importanza nella vita di un uomo. Quelle fibre etano il segreto dell'equilibrio di don Genaro e la sua lezione non aveva nulla a che fare con i balzi acrobatici attraverso la cascata.La sua impresa di equilibrio consisteva nel modo in cui usava quelle fibre 'simili a tentacoli'. Don Juan lascib cadere I'argomento improwisamente cosl come I'aveva incominciato e prese a parlare di qualcosache non aveva alcun riferimento.


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24 ottobrc 7968 Bloccai don Juan e gli dissi che sentivo intuitivamente che non avrei mai piil avuto un'altra lezione di equilibrio e che lui mi doveva spiegare tutti i dettagli, che io altrimenti non avrei mai scoperto da solo. Don Juan disse che avevo ragione di credere che don Genaro non mi avtebbe mai piil impartito un'altra lezione. "Che altro vuoi sapere?", chiese. "Che cosa sono quelle fibre come tentacoli, don Juan?". "Sono i tentacoli che escono dal corpo di un uomo e sono evidenti per ogni stregone che uede. Gli stregoni agiscono nei confronti delle persone a seconda di come ne uedono i tentacoli. Le petsone deboli hanno fibre molto corte, quasi invisibili; le persone forti le hanno brillanti e lunghe. Quelle di Genaro, per esempio, sono cosi brillanti da sembrare un alone. Dalle fibre si pud capire se una persona E sana, o malata, o se b meschina, o gentile, o traditrice. Dalle fibre si pub anche capire se una persona sa uedere. Ecco un problema sconcettante. Quando Genaro ti ha aisto sapeva,proprio come il mio amico Vicente, che tu potevi uedere; quando io ti uedo, vedo che sai oedere eppure so che non puoi. Che cosa sconcertante!Genaro non riusciva a capido. Gli ho detto che sei un tipo strano. Penso che lo abbia voluto uedere da s6 e ti ha portato alla cascata". "Perch6 pensate che io dia I'impressione di saper oedere?" Don Juan non mi rispose. Rimase a lungo silenzioso. Io non vclli chiedergli altro. Alla fine mi parld e disse che sapeva perchd ma non sapeva come spiegarlo. "Tu pensi ihe-tutto al mondo sia semplice da capite", disse, "perchd tutto quello che fai E meccanicoe semplice da comprendere. Alla cascata,quando guardavi Genaro che attraversava I'acqua, hai creduto che fosse un maestro di salti mortali, perch6 la sola cosa a cui potevi pensare erano i salti mortali. E questo d tutto cib che tu sempre creF derai che lui abbia fatto. Ma Genaro non b mai saltato attraverso I'acqua. Se avesse saltato sarebbe morto. Genaro si b tenuto in equili6rio sulle sue fibre superbe e brillanti. Le ha allungate, le ha allungate quanto bastava per, diciamo, distenderle attraverso la cascata. Ha il giuJto modo per rendere lunghi quei tentacoli e il modo &*ortr"to orecisione. in cui muoverli con precisione. -uisto (n I 1: . I ,-t-t, ,----2 --: tutti i movimenti di Genaro. Nestor, d'alPablito ha quasi tra parte, ha uisto solo le manovre pii evidenti e ha perduto i dettagli delicati. Ma tu, tu non hai aisto proprio nulla". "Forse, don Juan, se voi mi tueit. detto in anticipo che cosa dovevo guardare... ".

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Mi inte*uppe dicendo che darmi istruzioni avrebbe soltanto osta..lato don Genaro. se avessi saputo quello che stava per accadere,le rnie fibre si sarebbero agitate inlederendo con quelle ii do.r Genaro. "Se tu potessi oedere", prosegul, "ti sarebbe stato owio, fin dal lrrimo passo compiuto da Genaro, che non stava scivolando mentre saliva su per il fianco della cascata.Stava sciogliendo i suoi tentacoli. I)ue volte li aveva awolti intorno a dei masii e si era tenuto alla rrLrdaroccia come una mosca, Una volta arrivato sulla cima e pronto ,rd attra-versare I'acqua li ha messi a fuoco su una piccola rociia nel rnezzo della corrente e dopo averli assicurati a quelli ha lasciato che lc fibre lo tirassero.Genaro non ha mai saltato; q"indi ha potuto atterrare sulla visci4a superficie dei piccoli sassi proprio sull'ollo della ca-intorno scata. Le sue fibre erano sempre ben avvolte a ogni roccia che usava, "Non d rimasto molto a lungo sul primo macigno, perchd le alre sue fibre erano leg_atea un secondoratto, an.ora pii pi.iolo, che stava nel punto in cui I'impeto dell'acqua era massimo. I suoi tentacoli lo hanno di nuovo tirato e lui E atterrato su quel sasso.E stata la cosa pit rilevante che ha fatto. La superficie era troppo piccola perchd un uomo potesse restarci sopra, e I'impeto dell'acqua avrebbe spazzato via il suo, corpo nel precipizio se non avesse ancoia avuto qualcuna delle sue fibre concentrate sulla prima roccia. "E rimasto a lungo in-quella posizione perchd doveva richiamare i suoi tentacoli e spedirli dall'altra parte della cascat^. Una volta assicuratili ha dovuto liberare le fibre concentrate sulla prima roccia. E stata una cosa molto delicata. Forse solo Genaro poteva riuscirci. Ha quasi perduto la presa, o forse si prendeva soltanto gioco di noi, non Io sapremo mai di sicuro. Io personalmente penso dawero che abbia quasi perso la presa. Lo so, perchd t diventato rigido e ha emessoun lungo tentacolo, come un raggio di luce attraverso I'acqua. Penso che solo quel tentacolo avrebbe potuto tirarlo fuori. Quando b arrivato dall'altra parte si i alzato in piedi e ha lasciato che tutte le sue fibre risplendesserocome un grappolo di luci. Quella b stata la sola cosa che ha fatto proprio per te. Se tu fossi stato capacedi uedere, I'avresti aista. "Genaro b rimasto l) in piedi a guardarti, e allora ha saputo che tu non avevi aisto".


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7 Don Juan non c'era quando arrivai a casa sua I'otto novembre 1968. Mi misi ad aspettare perch6 non avevo la minima idea di dove certrrtlo. Per qualche ignota ragione sapevo che sarebbe tornato presto a casa.Poco dopo infatti rientrd, mi fece cenno col capo e ci scambiammo i saluti. Sembrava stanco e si distese sulla sua stuoia, sbadigli igliando un paio di volte. L'idea del 'vedere' era diventata ormai un'ossessioneper me e avevo deciso di usare un'altra volta la mistura allucinogenadi don Juan. Era stata una decisione terribilmente faticosa, e percid volevo ancora discuterne. "Voglio imparare a uedere, don Juan", dissi francamente. "Ma davvero non voglio prendere niente; non voglio fumare la vostra mistura. Pensate che io abbia qualche probabilitl di imparare uedele ^ senzafumare?" Don Juan s tirb su a sedere, mi guardd fisso per un momento e

si ridistese.

"No!", disse. "Dovrai usare il fumo". "Ma voi avevate detto che con don Genaro ero stato proprio sul punto di uedere". " Intendevo dire che qualcosa in te risplendeva come se tu fossi stato davvero consapevoledi quello che faceva Genaro, ma stavi solo guardando. Owiamente c'b in te qualcosa che assomiglia aI aedere, ma che non lo b, sei accecato,e solamente il fumo ti pub aiutare". "Ma che bisogno c'b di fumare? Perchd non si pub semplicemente imparare a aedere da soli? Io ho un desiderio ardentissimo, non b suffi.ciente? ". "No, non B sufficiente. Vedere non E cosl semplice e solo il fumo ti pub dare la rapidit) di cui hai bisogno per cogliere una breve visione di quel mondo fugace. Altrimenti guarderesti soltanto". "Che cosa intendete per mondo fugace?". "Il mondo, quando lo uedi, non e come tu pensi che sia. E un


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mondo fugace che si muove e cambia. Forse si pub imparare ad apprendere da soli quel mondo fugace, ma non sarebbenulla di buono perchâ‚Ź il corpo deperirebbe per lo sforzo. Con il fumo, d'altr^ pfite, non si soffre mai di esaurimento.Il fumo di la rapidit) necessariaper afferrare i movimenti fugaci del mondo e nello stesso tempo mantiene intatto il corpo e la sua fotza". "Va bene!", dissi drammaticamente."Non voglio piil tergiversare. Fumerb! ". Don Juan rise della mia esibizione di isrionismo. "Piano, piano", disse. "Tu ti attacchi sempre alla cosa sbagliata. Adesso pensi che il solo decidere di lasciare che il fumo ti g'.ridi ti fard uedere. C't molto di piil. In ogni cosa c'd sempre molto di piirr". Divenne serio'per un momento. 'Ho avuto molta cura di te e i miei atti sono stati deliberati", disse, "perchd d desiderio di Mescalito che tu comprenda la mia conoscenza. Ma so che non avrb il tempo per insegnarti tutto quello che voglio. Voglio solo avere il tempo per metterti sulla strada e aver fiducia che tu cercherai allo stesso modo mio. Devo ammettere che sei pii indolente e ostinato di me. Perb hai altre concezioni e non posso la futura direzione della tua vita". orevedere ' Il suo tono di voce deciso e qualcosa nel suo atteggiamento evocavano in me un antico sentimento di paura, solitudine e aspettativa. "Presto sapremo da che parte stai', disse oscuramente. Non disse altro. Dopo un po' enffb in casa. Lo seguii e mi piazzai davanti a lui, non sapendo se mettermi a sedere o scaricarealcuni pacchi che gli avevo portato. "Sarebbe pericoloso?", chiesi, tanto per dire qualcosa. "Tutto E pericoloso", mi rispose. Non sembrava disposto a dirmi altro; raccolsealcuni piccoli fagotti accumulati in un angolo e li mise in una sporta. Non mi oftrii di aiutado perchâ‚Ź sapevo che se avesse voluto il mio aiuto me lo avrebbe chiesto. Poi si distese sulla sua stuoia di paglia e mi disse di rilassarmi e riposarmi. Mi distesi sulla stuoia e cercai di dormire, ma non ero stanio; la sera prima mi ero fermato in un motel e avevo dormito fino a mezzogiotno, sapendo che avrei impiegato solo tre ore per arrivare da don juan. Anche don Juan non dormiva, sebbene avessegli occhi chiusi; notai che la sua testa si muoveva con un movimento impercettibile. Mi venne in mente che forse stava cantando tra sC' "Mangiamo qualcosa", disse improwisamente e la sua voce mi fece sobbalzare. "Avrai bisogno di tutte le tue energie. Dovrai essete in forma". Preparb una minestra, ma io non avevo fame.

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Il giorno dopo, il 9 novembre, don Juan mi lascib mangiare solo un boccone di cibo e mi disse di riposare. Oziai tutta Ia matlina ma non riuscii a rilassarmi. Noh avevo ldea di cosa avessein mente .lon Juan, ma, peggio di tutto, non sapevo con esattezzacosa avessi in mente io. Verso le tre del pomeriggio eravamo seduti sotto la ramada. Ero molto affamato e varie volte avevo suggerito di mangiare, ma don Juan aveva rifiutato. "Non hai preparato Ia tua mistura da tre anni", disse a un tratto. "Dovrai fumare la mia, quindi diciamo che io I'ho raccolta per te. Te ne servir) solo un poco; io riempirb il fornello della pipa una sola volta, tu la fumerai tutta e poi riposerai. Allora verri il guardiano dell'altro mondo. Tu non farai altro che osservarlo. Osserva come si muove; osserva tutto quello che fa. La tua vita pub dipendere dalla bonti del modo in cui osservi". Don Juan aveva buttato ll le sue istruzioni cosl bruscamente che non sapevo cosa dite nâ‚Ź cosa pensare. Borbottai incoerentemente per un momento. Non mi riusciva di oryanizzare i pensieri. Alla fine chiesi Ia prima cosa che mi era venuta in mente con chiarczz . "Chi b questo guardiano?". Don Juan rifiutb decisamentedi farsi attirare in una conversazione, ma io ero troppo nervoso per smettere di parlare e insistei disperatamente che mi padasse di questo guardiano. "Lo uedrai", mi rispose come per caso. "Fa la guardia all'altro mondo". "Quale mondo? II mondo dei morti?". "Non b il mondo dei moni nd il mondo di niente. E solo un altro mondo. E inutile padartene. Vedilo da te". Dette queste parole don Juan entrb in casa. Lo seguii nella sua stanza. "Aspettate, don Juan, aspettate. Che cosa intendete f.are?". Non mi rispose. Tolse la pipa da un fagotto e si mise a sedere su una stuoia di paglia al centro della stanza, guardandomi con aria indagatrice. Sembrava che aspettasse il mio consenso. "Sei uno bcioccoo, mi disse dolcemente. "Tu non hai paura, dici solo di aver Daura". ScosseIa testa lentamente da una parte all'altra. Poi prese il sacchetto contenente la mistura e tiempl il fomello della pipa. 'Ho paura, don Juan. Ho dawero paura". 'No, non d paura'. Tentai disperatamente di prendere tempo e incominciai un lungo


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sproloquio sulla natura dei miei sentimenti. Sostenni sinceramente di aver paura, ma don Juan osservb che non stavo ansimando e che il cuote non mi batteva pit del normale. .P-er.u1 po'-pensai a quello che aveva detto. Aveva torto; provavo molti dei cambiamenti fisici ordinariamente associati alla paura, ed ero di_sperato.rntorno a me tutto era permeato da un senso di destino incombente. Avevo Io stomaco in subbuglio ed ero sicuro di essere pallido; le mani mi sudavano copiosamente; eppure pensavo dawero di non aver paura. Non provavo la sensazionedi-paura cui mi ero abituato durante tutta la vita. Non sentivo quella paura che avevo sempre avuto. Parlavo camminando su e giir p.ri" rt"n"r, davanti a don Juan sempre,seduto sulla stuoia con in mano la pipa e che mi fissava con aria indalatrice; nel considerare la situazione giunsi alla conclusione che quello che avevo provato invece della mia solita paura era un ptojondo senso di dispiacere, un disagio profondo al iolo pensiero della confusione causata dall'ingestione-delle piante allucinogene. Don Juan mi fissd per un istante, poi guardd al di h di me, ammiccando con gli occhi come se si sforiasse di vedere qualcosa in lonIAnanZ . Io continuai a passeggiare su e gii davanti a lui finch6 mi disse seccamente di mettermi a sedere e di rilassarmi. Restammo seduti in silenzio per qualche minuto. "Tu non vuoi perdere la tua luciditi, non b vero?", mi disse a un tratto. "Giustissimo, don Juan", risposi. Don Juan rise con evidente piacere. "La luciditl, il secondo nemico dell'uomo di conoscenza,b apparsa confusamente su di te. "Tu non hai pauta", disse in tono rassicurante,'ma ora detesti I'idea di perdere la tua lucidit), e siccome sei uno sciocco, dici che questa B paura". Fece una dsatina chioccia. "Portami qualche carbone", ordinb. Il suo tono era dolce e rassicurante. Mi alzai in piedi automaticamente e andai dietto alla casa raccogliere alcuni pezzetti di carbone ^ lastra di pietra e tornai nella stanza. dal fuoco, li misi su una piccola portico', "Vieni qui fuori sotto il chiamd forte don Juan dall'estemo. Aveva messo una stuoia di paglia sul punto in cui sedevo di solito. Misi i carboni vicino a lui, li prese e sofrb per risvegliare il fuoco. Stavo per sedermi ma lui mi fermd dicendomi di mettermi a sedere all'estremita destra della stuoia. Poi mise un pezzo di carbone nella pipa e me la porse. Ero sbalordito dalla silenziosa forza con cui mi

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:rveva manovrato. Non riuscivo a pensare a nulla; non avevo pii argo lnenti. Ero convinto di non aver paura ma pensavo che soltanto non volevo perdere la mia luciditi. "Aspira, aspirao, mi ordinb dolcemente don Juan. "Solo una carica per questa volta". Succhiai il cannello della pipa e udii il crepitare della mistura che lrrendeva fuoco. Sentii istantaneamente come uno sftato di ghiaccio (lentro la bocca e nel naso. Tirai un'altra boccata e lo strato si estese al mio petto. Quando ebbi tirata I'ultima boccata sentii che tutto il mio corpo si era rivestito internamente di una particolare sensazione di calore freddo. Don Juan mi tolse la pipa e ne battd lievemente il fornello sul palmo per togliere i tesidui. Poi, come sempre tacetta, si umettd il dito con la saliva e lo passb nell'interno del fornello. Avevo il corpo intorpidito, ma riuscivo a muovermi. Cambiai di posizione per sedermi pit comodamente. "Che cosa sta per succedere?", chiesi. Avevo qualche difficolti nel parlare. Don Juan inrodusse con molta cura la pipa nel suo astuccio e la awolse in un lungo pezzo di tela. Poi si mise a sedere didtto, fronteggiandomi. Avevo le vertigini; gli occhi mi si chiudevano involontatiamente. Don Juan mi scosse con vigore e mi otdinb di rimanere sveglio. Disse che sapevo benissimo che se mi addormentavo sarei morto. Quelle parole mi diedero una scossa.Mi venne in mente che probabilmente don Juan le aveva dette solo per tenermi sveglio, ma d'altra parte poteva anche aver ragione. Aprii gli occhi pit che potei e questo sforzo lo fece ridere. Disse che dovevo aspettare e tenere gli occhi aperti per tutto il tempo e che a un dato momento avrei potuto vedere il guardiano dell'altro mondo. Provavo un calore molto fastidioso in tutto il corpo; cercai di cambiar posizione, ma non riuscivo pit a muovermi. Volli parlate a don Juan; le parole sembravano cosl profonde dentro di me che non riuscivo a tirade fuori. Poi rotolai sul fianco sinistro e mi accorsi di guardare don Juan dal suolo. Don Juan si piegb in avanti e mi ordinb in un sussurro di non guardare lui ma di guatdare fissamente un punto sulla mia stuoia proprio davanti ai miei occhi. Disse che dovevo guardare con un occhio iolo, l'occhio sinismo, e che prima o poi avrei uisto il guardiano. Fissai lo sguardo sul punto che aveva indicato, ma non vedevo nulla. Dopo un po'notai vn zarrzat^che volava davanti ai miei occhi. Atterrb sulla stuoia. Seguii i suoi movimenti. Mi venne vicinissima, cosl vicina che la mia percezione visiva si offuscd. E poi, tutto a un ratto, mi


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sentii come se mi fossi alzato in piedi. Era una sensazionemolto imlrarazzante che meritava di essere an^izzata, ma non c'era tempo. Avevo Ia sensazione totale di guardare dall'alto rispetto al mio normale livello di visuale, e quello che vidi mi scosse fino all'ultima fibra del mio essere. Non c'b modo di descrivere la scossa emozionale che provai. Proprio di fronte a me, a poca distanza, stava un animale gigantesco e mostruoso. {Jna cosa dawero mostruosa! Non avevo mai incontrato nulla di simile nemmeno nelle piil sbrigliate fantasie dei romanzi. Lo guardai preso da uno smarrimento completo e assoluto. pensai, per ll nti.U cosa-chenotai veramente fu la sua grandezza. qualche ragione, che dovesse essere alto quasi trinta metri. sembrava che stesse eretto, sebbene non potessi immaginare in che posizione stesse.Poi notai che aveva le ali, due ali cortE e larghe. In quel momento mi resi conto che stavo insistendo a esaminare l,animile come se fosse uno- spettacolo normale; ,ciob, lo guardavo. Non Io potevo perd guardare nel modo in cui ero abituato a zuardare. Mi resi conto che invece stavo notando delle cose in etso c6me se il quadro diventasse pit chiaro a mano a mano che si aggiungevano delle parti. Il suo corpo e-ra ricoperto- di ciufi di pelo bianco. Aveva un lungo muso e stava sbavando. Gli occhi erano protuberanti e rotondi, iome due enormi palle bianche. Poi incomincib a battere Ie ali. Non era il battito delle ali di un uccello ma una specie di fremito sfarfallante e vibrante. Aumentb di velociti e incomincib a muoversi in cerchio davanti a me; non volava ma scivolava con una velociti e agilitl stupefacente, solo a -piuttosto qualche centimeffo dal suolo. Per un momento resiai assorto a osservatlo mentre si muoveva. Pensai che i suoi movimenti fossero brutti e tuttavia la sua velociti e la sua faciliti erano magnifiche. Girb in cerchio per due volte davanti a me, vibrando le ali, e quello che stava sbavando dalla bocca, qualsiasi cosa fosse, volb in tutte le direzioni. Poi si girb e scivolb via a un'incredibile velociti finchd scomparve in lontananza. Guardai fissamente nella direzione in cui si era allontanato perchd non c'era altro che potessi fare. Avevo una sttanissima sensazionedi pesantezza,und sensazionedi incapaciti di otganinarc coerentemente i miei pensieri. Non potevo allontanarmi. Era come se fossi incollato sul posto. Poi vidi qualcosa come una nuvola lontana; un istante dopo la gigantesca bestia girava di nuovo in cerchio a piena velociti davanti a me. k sue ali si awicinavano sempre di pit ai miei occhi finchd mi colpirono. Sentii in realti che le ali avevano colpito ogni parte & me. Urlai con tutte le mie forze in preda a uno dei dolori piil lancinanti che avessi mai provato.

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Poi mi resi conto di essere seduto sulla stuoia con don Juan che rrri strofinava la fronte. Mi strofinb braccia e gambe con delle foglie, 1,oi mi condusse a un fossato per I'irrigazione dietro la casa,mi tolse r vestiti 6 mi immerse completamente,poi mi tird fuori e mi sommerse iurcora altre volte. Mentre giacevo sul fondo basso del canaletto di irrigazione, don Iuan di quando in quando mi tirava su il piede sinistro e mi batteva l,'ggermentesulla pianta. Dopo un po' sentii del solletico, don Juan se nc ilccorse e disse che andava tutto bene. Mi rivestii e tornammo a clsa. Mi rimisi a sedere sulla stuoia di paglia e cercai di padare, ma scntii di non potermi concenttare su quello che volevo dire, sebbene i miei pensieri fossero chiarissimi. Ero stupito di rendermi conto di (luanta loncentrazione ci volesse pet patlare. Notai che. anche per dire .lualcosa dovevo smettere di guaidate le cose. Avevo I'impre-ssione di cssere imprigionato a un livello molto profondo e che quando volevo padare dovevo salire alla superficie come un palombaro; dovevo salire t'ome trascinato dalle mie paiole. Per due volti arrivai fino a schiarirmi la voce in modo perfettamente normale. In quel momerto avrei potuto dire quello che volevo, ma non lo feci. Preferii rimanete- in quello strano stato di silenzio in cui potevo solo guardare. Ebbi la sensazione di incominciare a entrare in contatto con quello che don Juan aveva chiamato il 'vedere' e la cosa mi rendeva molto felice. Dopo don Juan mi diede minestru e tortillas e mi ordinb di mangiare. Riuscii a senza nessuna dificolti e senza perdere quello che --gi"t.il mio 'potere di vedere'. Mettwo a fuoco- lo sguardo su pensavo fosse iutto cib che mi circondava. Ero convinto di poter 'vedere' tutto' eppure il mondo sembrava lo stesso nella migliote delle mie valutazioni. Mi sforzai di 'vedere'finchd fu completamentebuio. Alla fine ero stanco. mi distesi e mi addormentai. Mi svegliai quando don Juan mi coprl con una coperta.-Avevo mal di testa e l-o stomaco mi doleva. Dopo un po' mi sentii meglio e dormii profondamente fino al mattino dopo. Al mattino ero di nuovo me stesso. "Che cosa mi b successo?", chiesi avidamente a don Juan. Don Tuan rise silenziosamente. "Sei andato a cercate il guardiano e ri natutalmente lo hai trovato",, flspose. <l r ^ J^T--^ -: - L^ cosa era, don "Ma che Juan?". ( Tt :l l^ -- --li -- ^ --^.^l^ la sentinella dell'altro mondo", replicb il custode, Il guardiano, oositivamente. ^ Volevo riferirgli tutti i dettagli di quellabestia portentosae orribile, ma lui ignord i miei tentativi dicendo che la mia esperienzanon era


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nulla di speciale, che chiunque avrebbe potuto fare quel che avevo fatto 10,

Gli dissi che la vista del guardiano mi aveva dato una tale scossa che ancora non riuscivo a peniarci. Don Juan rise e mi canzonb per quella che definiva I'inclinazione drammatica della mia narura. ,"Quella cosa, qualunquecosa fosse,mi ha fatto male", dissi. 'Era reale quanto voi e me". "Naturalmente era reale. Ti ha fatto male. non b vero?" Mentre rievocavo la mia esperienza mi agitavo sempre di pit. Don Juan mi disse di calmarmi. poi mi chiese se veramente avevo avuro paura; diede risalto alla parola 'veramente'. "Ero pietrificat_o",risposi. "Nella mia vita non ho mai provato uno spavento cosl terribile". "Andiamo", mi disse don Juan ridendo. "Non eri poi cosl spaventato". "Vi giuro che se avessipotuto muovermi sarei fuggito istericamente,, dissi con genuino fervore. Don Juan trovd molto divertente la mia afiermazione e scoppib a tidere fragorosamente. t _,

Poi ritornd serio e mi fissd. "Quello era il guardiano", disse. "Se vuol aedere devi vincere guardiano". "Ma come posso vincerlo, don Juan? Sari alto forse trenta metri". Don,Juan rise cosl forte che le lacrime incominciarcno a scendergli giil per le guance. "Perchâ‚Ź non mi lasciate raccontarequello che ho visto, cosl non ci sarannomalintesi", dissi. "Se questo ti pud rendere felice, fai pure, dimmi". Gli narrai tutto quello che potevo ricordare, ma questo non sembrb cambiare il suo umore. "Non b niente di nuovo', disse soridendo. "Ma come vi aspettate che io possa vincere una cosa come quella? Con che cosa?". Don Juan rimase un momento in silenzio, poi si voltd verso di me e disse: "Tu non hai avuto paura, dawero non hai avuto paura. Hai provato dolore, ma non hai avuto pauta". Si appoggib su alcuni fagotti e mise le braccia dietro il capo. Pensai che avesse lasciato cadere I'argomento. "Sai", disse a un tratto, guardandoil tetto della ramada, "ogni uomo pud aedere il guardiano. E qualche volta per alcuni di noi il guardiano i una bestia spaventosaalta fino a! cielo. Tu sei fortunato; per te iI

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guardiano era alto solo una trentina di metri. Eppure il suo segreto E cosl semplice". Tacque per un momento e canticchib una canzone messicana. "Il guardiano dell'altro mondo E una zanzara", disse poi lentamente, come se misurassel'efietto delle sue parole. "Non capisco". "Il guardiano dell'altro mondo d una zanzara", ripetâ‚Ź. "Quella che tu hai incontrato ieri era una zanz^ra; e quella piccola z nz ra ti terri lontano finch6 non la vincerai". Pet un momento non volli credere a quello che don Juan diceva, ma quando rievocai la successionedi cib che avevo visto dovetti ammettere che a un certo momento stavo guardando una zanzara e che un istante dopo c'era stato come un miraggio e mi ero ffovato a guardare la bestia. "Ma come tspossibile che una z^nzata possafarmi male, don Juan?", chiesi, veramente sconcertato. "Quando ti ha fatto male non era una zanzata', disse, "era il guardiano dell'altro mondo. Forse un giotno avrai il coraggio di vincerlo. Non ota, perb; ora E una bestia sbavantealta trenta metri. Ma adessob inutile parlarne. Non d gran cosa stargli di fronte, cosl, se vorrai saperne di pit, trova di nuovo il guardiano". Due giorni dopo, I'undici novembre, fumai di nuovo la mistura di don Juan. Gli avevo chiesto di lasciarmi fumare ancora una volta. Non glielo avevo chiesto nell'impulso del momento ma dopo aver meditato a lungo. La mia curiositi per il guardiano era sproporzionatamente, superiore alla mia paura, o al disagio che mi dava l'idea di perdere la mia luciditi. Il procedimento fu il medesimo. Don Juan riempl una sola volta il fornell-o della pipa e quando ebbi fumato tutto il contenuto la pull e la ripose. L'efietto fu notevolmente pii lento; quando incominciai a provare un po' di vertigini don Juan si awicinb, mi tenne la testa tra le mani e mi aiutd a distendermi sul fianco sinistro. Mi disse di stendere Ie gambe e di rilassarmi e quindi mi aiutb a mettere il braccio destro da. ianti al corpo all'altezza-del torace. Mi mise la mano in modo che il palmo premisse conmo la stuoia e mi fece appoggiare su di .essacon il mio peio. Non feci nulla per secondarlo o ostacolarlo, perchd non sapevo che cosa stesse facendo. Si mise a sedere davanti a me e mi disse di non preoccuparmi di nulla. Disse che il guardiano stava per arrivare e che mi trovavo nella


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migliore posizione-pet aederlo. Mi disse anche, come per caso, che il guardia-no poteva farmi molto male ma che c'era ,rn modo per evitarlo. Dsse che due giorni prima mi aveva tirato su a sederequando aveva giudicato che ne avessi avuto abbastanza. Indicb il mio Braccio sinistro e disse di averlo messo apposta in quella posizione perchd potessi usarlo come leva per tirarmi su quando Io avesii voluto. __ _-Qu-andgebbe finito di parlare avevo il corpo ormai tutto intorpidito. Volli ditgli che mi sarebbe stato impossibile tirarmi su perchd avevo perso il controllo dei muscoli. Cercai di dar suono alle parole ma non potei. Sembrava perb che don Juan mi avesse preven.rto, infatti mi spiegb che il trucco stava nella volont). Mi spinse a ricordare quella volta, alcuni anni avanti, in cui avevo avuto la mia prima esperienia col fumo. In quell'occasioneero caduto al suolo ed ero-balzato di nuovo in piedi grazie a un atto di quella che allora don Juan aveva chiamato la mia 'volonti'; mi ero 'pensato su'. Aveva detto che in efietti era il solo modo possibile per alzarmi. Quello che mi diceva era inutile perch6 non ricordavo che cosa avevo fatto veramente anni pdma. Provavo uno schiacciante senso di disperazione e chiusi gli occhi. Don Juan mi a{ferrb per i capelli, mi scossela testa con forza e mi otdinb imperiosamente di non chiudere gli occhi. Non solo aprii gli occhi ma feci qualcosa che pensai fosse stupefacente. In realti dissi: "Non so come ho fatto ad alzatmi quella volta". Trasalii. Nel ritmo della mia voce c'era qualcosa di molto monotono, ma era chiaramente la mia voce, eppure ero sicuro che quelle parole non potevano essere mie, infatti un minuto prima ero incapace di parlare. Guardai don Juan. Aveva gitato la faccia da un lato e rideva. "fo non I'ho detto", dissi. E di nuovo la mia voce mi fece trasalire. Mi sentii euforico. Parlare in quelle condizioni diventava un processo esaltante. Volli chiedere a don Juan di spiegarmi il mio modo di parlare, ma mi accorsi di non pcter di nuovo pronunciate una sola parola. Mi sforzai furiosamente di dar voce ai miei pensieti, ma era inutile. Mi arresi, e proprio in quel momento, quasi involontariamente, dissi: "Chi sta padando? Chi sta padando?". Don Juan rise cosl forte a quella domanda che a un certo punto si diede dei colpi sul fianco. Evidentemente mi era possibile dire cose semplici, finchd sapevo esattamenteche cosa volevo dire. "Sto parlando? Sto padando?", chiesi. Don Juan mi disse che se non la smettevo di fare il cretino sarebbe

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uscito e sarebbeandato a stendersilotto la ramada lasciandomi solo con le mie pagliacciate. "Non b una pagliacciata",dissi. Parlavo molto seriamente. I pensieri erano chiarissimi ma il corpo era intorpidito; non lo sentivo. Non sofiocavo come mi era accaduto una volta in passatoin condizioni simili; ero a mio agio perchd non potevo sentire nulla; non avevo alcun controllo sul mio sistema volontario eppure potevo parlare. Mi venne in mente che se potevo parlare pre babilmente sarei riuscito ad alzarmi in piedi come aveva detto don Juan. "Su", dissi, e in un batter d'occhio fui su. Don Juan scossela testa con increduliti e usci dalla casa. "Don Juan!", chiamai tre voltc. Rientrd. "Mettetemi giil", dissi. "Mettiti giil-da solo", mi rispose. "sembra che tu lo faccia benissi mo" . Dissi "Git", e improvvisamente persi di vista la stanza. Non riuscivo a vedere nulla. Dopo un momento la stanza e don Juan rientrarono nel mio campo visivo. Pensai cbe dovevo essererimasto disteso con la faccia al suolo e che don Juan mi avesseafierrato per i capelli sollevandomi la testa. "Grazie", dissi in tono molto lento e monotono. "Sei il benvenuto", mi rispose, imitando il mio tono di voce, e fu colto da un nuovo attacco di ilariti. Poi prese delle foglie e incomincid a strofinarmi le braccia e i piedi' "Che cosa state facendo?", chiesi. "Ti sto strofinando", rispose, imitando il mio tono doloroso e monotono. Il suo corpo si contorceva per le risate. Gli occhi gli scintillavano era bello, parevano molto amichevoli. Mi piacque. Sentii che don Ju-a-n e piaciuto. pietoso e divertente. Non potevo ridere con lui ma mi -sarebbe Fui invaso da una nnova iensazione esilarante e risi; fu un suono cosl orribile che don Juan rimase per un istante sorpreso. "Ii meglio che ti porti al fosso", disse, "altrimenti ti ucciderai con le tue bufionate". Mi fece mettere in piedi e mi aiutd a camminare intorno alla stanza. A poco a poco incominciai a sentirmi i piedi, poi le gambe e alla fine tutto il coipo. Mi sentivo scoppiare le orecchie sotto una strana pressione. Era ia stessa sensazionedi quando si addormenta una gamba o un braccio. Sentivo un peso tremehdo sulla nuca e sotto al cuoio capelluto in cima alla testa. Don Juan mi spinse fino al fosso di irrigazione dietro la casa e mi


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tufid dentro completamente vestito. L'acqua fredda ridusse la pressione e il dolore, gradualmente, finchd tutto finl. Mi cambiai i vestiti in casa.ooi mi misi a sedere e orovai di nuovo lo stessotipo di distacco,lo stesio desiderio di rimanere quieto. Questa volta perb notai che non eta luciditi mentale, n6 una capacitl di mettere a fuoco: era invece una sorta di melanconiae una stanchezzafisica. Alla fine caddi addormentato.

12 nouembre 1968 La mattina andai con don Juan a raccogliere piante sulle colline vicine. Camminammo per circa sei miglia su un terreno estremamente inegolare. Mi ero stancato molto. Ci sedemmo a riposare per mia iniziativa e don Juan incomincib a parlare, dicendo di esserecompiaciuto dei miei progressi. "Adesso so che ero io a parlare", dissi, "ma allora avrei giurato che era un altro". "Eri tu, naturalmente", rispose. "Come ho ootuto non riconoscermi?". "Questo b l-'efiettodel piccolo fumo. Si pub parlare e non accorgersene; oppure si pud andare per centinaiadi miglia sempre senzaaccorgersene.Quello E ancheil modo in cui si pud passareattraverso alle cose. Il piccolo fumo toglie il corpo e si d liberi, come il vento, meglio del vento; il vento pub esserefermato da una roccia, o da un muro o da una montagna. Il piccolo fumo rende liberi come I'aria; forse anche piil liberi, I'aria pub essere rinchiusa in una tomba e pub imputridirsi, ma con I'aiuto del piccolo fumo non si pub esserefermati nd rinchiusi". Le parole di don Juan scatenaronoin me un misto di euforia e di dubbio. Provavo un disagio opprimente, un indefinito sensodi colpa. "Allora si possono dawero fare tutte quelle cose, don Juan?". "Che cosa pensi? Penserestipiuttosto di esserep^zzo, non b vero?", disse acidamente. "Bâ‚Źne, per voi b facile accettaretutte quelle cose. Per me b impossibile". "Non b facile per me. Io non ho pii privilegi di te. Sono cose dure da accettare per te come per me o come per chiunque altro". "Ma voi vi ci sentite a vostro agio, don Juan". "Sl, ma mi costa moltissimo. Ho dovuto lottare, forse pitr di quanto tu lotterai mai. Sono sconcertato da come riesci a far sl che tutto lavori pet te. Non immagini quanto duramente io abbia dovuto faticare per fare quello che tu hai fatto ieri. Tu hai qualcosa che ti aiuta a ogni cen-

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timetro della strada. Non b possibile spiegarediversamente il modo in cui hai imparato quello che sai sui poteri. Prima lo hai fatto con Mescalito e adesso con il piccolo fumo. Dovresti ricordare che hai un grande dono e lasciare da parte le alre considerazioni". "A sentirvi sembra cosl facile, ma non lo b. Sono a pezzi" . "Ritornerai tutto intero abbastanzapresto. Non hai avuto cura del tuo corpo, perb, sei troppo grasso.Non ho voluto dirti nulla prima. Si deve sempre lasciare che gli altri facciano quello che devono fare. Sei stato lontano per anni. Perd ti avevo detto che saresti ritornato, e sei ritornato. Lo stessob successoa me. Io ho abbandonatoper cinque anni e mezzo". "Perchd ve ne eravate andato. don Tuan?". "Per Ia stessaragione tua, non mi piaceva". "Perch6 siete rit5mato? "."Per la stessaragione per cui sei ritornato tu, perch6 non esiste un . alffo modo di vivere". afiermazione fece grande mi un effetto, infatti mi ero acQuesta corto di pensare che forse non esisteva nessun altro modo di vivere. Non avevo mai comunicato a nessuno questo pensiero, eppure don Juan lo aveva indovinato. Dopo un lungo silenzio chiesi: "Che cosa ho fatto ieri, don Juan?". "Ti sei alzato quando hai voluto". "Ma non so come ho fatto". "Ci vuole tempo per perfezionare questa tecnica. L'importante, perb, E che tu sappia come si fa". "Ma io non lo so. E questo che voglio dire, dawero non lo so". "Cefto che lo sai". "Don Juan, vi assicuro,vi giuro...". Non mi lascib finire; si alzb e si allontanb. Piil tardi padammo ancora del guardiano dell'altro mondo. " Se io credo che tutto quello che ho esperimentato b veramente reale", dissi, "allora il guardiano b una creatura gigantescache pub causare un dolore fisico incredibile: e se io credo che si oossano davvero percorrere distanze enormi con un solo atto di volont), allora E logico concludere che potrei anche volere che il mostro scompaia.E, giusto?". "Non esattamente", mi rispose don Juan". "Non puoi volere che il guardiano scompaia.Ma la tua volonti pub impedirgli di nuocerti. Naturaknente, se mai ci riuscifai, la strada ti sari aperta. Puoi dawero awicinarti al guardiano e non c'E nulla che egli possa fare, neppure roteare pazzamente". 'Come ci posso riuscire?".

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"Lo sai gii. Tutto quello che ti serve-ora d la pratica'. Gli dissi che tra noi c'era un malinteso dovuto a una difierente Dercezione del mondo. Per me sapere qualcosa significava essere pienamente consapevole di quello che facevo e poter ripetere a piacere quello che sapevo, ma in questo caso non ero consapevole di quello che avevo fatto sotto I'efietto del fumo, nd potevo ripetedo se la mia vita dipendeva da quello. Don Juan mi guardb con aria indagattice. Sembrava che le mie parole lo divertissero. Si tolse il cappello e si grattb le tempie come B solito fare quando vuol fingere di esseresconcertato. "Tu sai da'"'veroparlare senza dire niente, non E vero?", disse ridendo. "Te l'ho detto, devi avere un intento inflessibile per diventare uomo di conoscenza.Ma sembra che tu abbia invece un intento inflessibile a confonderti con enigmi. Tu insisti a spiegareogni cosa come se tutto il mondo fosse composto di cose che possonc/esserespiegate.Ora ti trovi davanti il suardiano e il oroblema di muoverti usando la tua volonti. Non hai m"i p.nmto che a questo mondo solo poche cose possono esserespiegatea modo tuo? Ouando dico che il guardiano ti blocca davvero il passaggioe che porebbe ridurti in polpette, so quello che voglio dite. Anche quando dico che ci si pud muovere con la propria volontl so quello che voglio dire. Volevo insegnarti, a poco a poco, come ci si muove, ma poi ho capito che tu lo sapevi fate anche se dicevi

di non saperlofare" (tr^ f^ - ^ ^protestai. ryta non lo so oawero', d Ma -non ", protestal. "Lo sai, sciocco", mi rispose seccamente,e poi sorrise." Questo mi ricorda di quella volta che qualcuno mise quel ngazzino. Tulio. su una mietitrice; sapevacome guidarla anche se non lo aveva mai fatto prima". "So quello che volete dire, don Juan; ma sento ancora che non lo saprei rifare, perch6 non sono sicuro di quello che ho fatto" ..fT-I--11- ----^lt l^7 ,--,1, -,t^-^,^ -^--^^------"Uno stregone spiegafasullo cerca di spiegare del con tutto mondo zioni di cui non d sicuro", disse, "e cosl tutto d stregoneria. Ma tu non sei migliore. Anche tu vuoi spiegaretutto a mdo tuo ma nemmeno tu sei sicuto delle tue splegazioni".

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i'liir-'i\l;

Don Juan mi chiese bruscamente se avevo intenzione di tornare a casa mia alla fine della settimana. Gli risposi che intendevo partire lunedl mattina. Eravamo seduti sotto la sua-ratnada verso mezzogiorno di sabato 18 gennaio 1969 e ci riposavamo dopo una lunga camminata nelle colline vicine. Don Juan si alzb, entrb in casa e qualche st^nza e aveva messo minuto dopo mi chiamb. Era seduto in mezzo ^7!^ cenno di mettermi a la mia stubia di paglia davanti alla sua. Mi fece sedere e senza direlna parola svolse la pipa, la tolse dall'astuccio, ne riempl il fornello con la mistura da fumo e la accese.Aveva anche portato nella sua stanza un piatto di argilla con dei piccoli carboni. Non mi chiese se volivo fumare."Si limitb a porgermi Ia pipa dicendomi di aspirare. Io non esitai. Evidentemente don Juan aveva capito il mio stato i'animo; certo aveva indovinato la mia irresistibile curiositl sul guatdiano. Non ci fu nemmeno bisogno che mi incoraggiassee fumai avidamente tutto il fornello. Le mie reazioni furono identiche a quelle che avevo avuto pdma. Anche don Juan si comportb in gtan parte nello stessg modo' Ma-questa volta si limitd a dirmi di mettere il braccio destro sulla stuoia e di stendermi sul fianco sinistro, invece di aiutarmi a fado. Mi sugged di chiudete la mano a pugno perchâ‚Źin quel modo avrei avuto una leva migliore. Trovai che'eri pii facile, dovendo appoggiarmici sopra con il mio contro peso, stringere a pugno la mano destra anzichâ‚Źvoltare il -p-almo il t.r.no.-Non avevo sonno; per un po'sentii molto caldo, poi persi ogni sensazione. Don Juan si distese sul fianco davanti a me; appoggib I'avambraccio destro sul gomito puntellandosi la testa come con un cuscino. Tutto era perfetta-mente piacido, anche il mio.corpo che aveva ormai perduto le sue sensazionitattili. Mi sentivo.molto contento. "E bello", dissi. Don Juan si tirb su precipitosamente. "Non azzardatti a ricominiiare con queste stupidaggini", disse con


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forza. "Non parlare. Sprecherestitutte le tue energie e il guardiano ti schiaccerebbecome una zanzata". Probabilmente il paragone gli sembrb bufio perchd scoppib a ridere, ma si interruppe bruscamente. "Non parlare, per piacere, non parlare', disse con un'espressione seria sul volto. "Non stavo per dire niente", dissi, e in realti non volevo dido. Don Juan si alzb. Lo vidi dirigersi verso la parte posteriore della casa. Un momento dopo notai che una zanzaraera atterrata sulla mia stuoia e questo mi riempl di una specie di angosciamai provata prima. Era un misto di esaltazione,di angosciae di paura. Mi rendevo perfettamente conto che davanti a me stava per rivelarsi qualcosa di trascendente; Dn zavara che faceva la guardia all'altro morrdo, era un pensiero ridicolo; mi sentii ridere forte, ma allora mi resi conto che la mia euforia mi distraeva e che stavo per mancare un periodo di transizione che volevo vedere con chiarezza.Nel mio precedente tentativo di vedere il guardiano avevo prima guardato la zanzara con I'occhio sinistro e poi avevo sentito di essermi alzato in piedi e di averla guardata con tutti e due gli occhi, ma non mi ero reso conto di come fosse avvenuta la transizione. Vidi la zanz^ra volare in tondo sulla stuoia davanti alla mia faccia e mi accorsidi guardarla con tutti e due gli occhi. Venne molto vicino; a un certo punto non potei pit vederla con tutti e due gli occhi e spostai la vista sull'occhio sinistro che era al livello del suolo. Nell'istante in cui cambiai la messa a fuoco sentii anche di aver nddfizzato il coroo in una posizione completamente verticale e di guatdare un animale incredibilmente enorme. Era di un nero brillante. La sua parte anteriore era coperta di lunghi peli neri e insidiosi, che uscivano dalle fenditure di scaglie levigate e rilucenti. Sembravanoaculei ed erano disposti a ciuffi. Il corpo era massiccio,pesante e rotondo, le ali larghe e corte a confronto con le dimensioni del corpo. Aveva due bianchi occhi sporgenti e un lungo muso. Questa volta assomigliavapii a un alligatore. Sembrava che avesselunghe orecchie, o forse corna, e stava sbavando. Mi sforzai di guardarlo fisso e allora mi resi pienamente conto che non potevo guard*arloallo stesso modo in cui guardo normalmente le cose. Mi venne uno strano pensiero; guardando il corpo del guardiano sentii che ogni sua singola parte era indipendentementeviva, come sono indipendenti gli occhi umani. Allora per la prima volta nella mia vita mi accorsi che gli occhi sono la sola parte di un uomo che possano mosffarmi se sia vivo o no. Il guardiano, d'altra parte, aveva un 'milione di occhi'. Mi parve una scoperta singolare. Prima di questa esperienzaavevo

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( crcato delle similitudini che potessero descrivere le 'distorsioni' che l:rcevanodi una zanzatauna bestia gigantesca;e avevo pensato che una Irrrona similitudine fosse: "come se si guardasseun insetto attraverso lrr lente di ingrandimento di un microscopio". Ma non era cosl. Evidentcmente guardare il guardiano era molto pii complesso che guardare un insetto ingrandito. Il guardiano incomincib a girare in tondo davanti a me. A un certo rnomento si fermb e sentii che mi guatdava. Allora mi accorsi che non l,roduceva alcun rumore. Era una danza silenziosa e il timore che incutcva derivava dal suo aspetto: i suoi occhi protuberanti, Ia sua bocca ,'rrenda, il suo sbavare, i suoi peli insidiosi, e soprattutto le sue gigantesche dimensioni. Osservai molto attentamente come muoveva le ali, come le faceva vibrare senza rumore. Osservai come scivolava sul terreno simile a un monumentale pattinatore su ghiaccio. La visione di quella creatura da incubo davanti a me mi fece provare un vero senso di esaltazione.Pensai dawero di avet scopeto il segreto per soprafiarlo. Pensai che il guardiano fosse solo come una pellicola cinematograficaproiettata su uno schermo silenzioso; non poteva farmi del male; era terificante solo in app^renz . Il guardiano rimaneva immobile, di fronte a me; improwisamente battd le ali e girb su se stesso.Il suo dorso sembravawa corazzabrillantemente colorata; il suo splendore mi abbagliavama la tinta era nauseante; era il mio colore sfavorevole. Il guardiano mi voltb il dorso per qualche istante e poi, battendo le ali, scivolb di nuovo fuori della mia vista. Fui preso da uno strano dilemma. Credevo onestamentedi aver vinto il guardiano rendendomi conto che il suo aspetto terribile era solo una a. Questa mia convinzione era forse dovuta all'insistenzadi don ^pparcn Juan sul fatto che io sapessipin di quanto volevo ammettere. In ogni caso, sentivo di aver vinto il guardiano e che la via eta libera. Ma non sapevo come andare avanti. Don Juan non mi aveva detto che cosa fare in un simile caso. Cercai di voltarmi e di guardare dietto di me, ma ero incapace di muovermi. Tuttavia potevo vedere benissimo la maggiot parte di un campo di centottanta gradi davanti ai miei occhi, e quello che vedevo era un orizzonte di un colore giallo pallido. Una specie di tinta color limone ricopriva tutto. Mi sembrava di trovarmi su un altipiano pieno di vapori di zolfo. Improwisamente il guardiano ricomparve in un punto sull'orizzonte. Compi un ampio cerchio prima di fermarsi davanti a me; aveva la bocca spalancata,come un'enorme caverna; non aveva denti. Vibrb le ali per un istante e poi mi caricb! Mi caricb proprio come un toro, e con le sue ali gigantesche mi colpl agli occhi. Urlai dal dolore e poi


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mi alzaiin volo, o piuttosto sentii di essermislanciatoin alto, e mi librai al di l) delguardiano, al di li dell'altipiano giallastro, in un altro mondo, il mondo degli uomini, e mi ritrovai in piEdi al centro della stanza di don Juan. 79 gennaio L969 "Ho pensato .lawero di aver vinto il guardiano", dissi a don Juan. "Stai scherzando", mi rispose. Don Juan non mi aveva detto una sola parola dal giorno prima e io non me ne ero accorto. Ero rimasto immerso in una specie di sogno e avevo sentito di nuovo c!9 se guardavo intensamente avrei potuto .vedere'. Ma non vedevo nulla che fosse differcnte. Tuttavia I'esser rimasto senza parlare mi aveva rilassato enormemente. Don Juan mi chiese di raccontargli dettagliatamente la successione - della mia esperienza, e quello che lo lnteressd particolarmente fu il co-Sospird lore che avevo visto sul dorso del guardiano. e sembrd veramente preoccupato. uBuon per te che il colore fosse sul dorso del guardiano", disse con espressione_s-eria.oSe fosse stato sulla parte frontale del corpo o peggio ancora sulla testa, adessosaresti gii mbrto. Non devi piil cercare di aedere il guardiano. N9n b nel tuo temperamento attraversare quella pianura; eppure eto convinto che avresti potuto attraversarla. Ma non parliamone pit, era solo una delle varie stiade".

Scoprii nel tono di don Juan un awilimento inconsueto. "Che cosa mi accadrebbese cercassidi aedere di nuovo

guardiano?". (Tl Il guardiano ti porteri via",, mi rispose. "Ti prenderi in bocca e ti porteri in quella pianura e ti lasceri l) per sempre. Certo il guardiano sapeva che non avevi il temperamento adatto e ti ha awertito di startene lontano". "Come pensateche lo sapesse?". Don Juan mi guardb a lungo con aria risoluta. Cercb di dire qualcosa, ma desistd come fosse incapacedi trovare le parole giuste. "Mi lascio sempre attirare dalle tue domande", disse sorridendo. "Quando me lo hai chiesto non lo pensavi sul serio, non d vero?". Protestai e riaffermai ehe il fatto che il guardiano conoscesseil mio tempetamento mi sconcertava. Don Juan ebbe uno strano bagliore negli occhi mentre mi diceva: "Eppure tu non hai detto nulla al guardiano del tuo temperamento,non B v er o? " .

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Era stato cosl comicamente serio che scoppiammo a ridere tutti e ,lrre. Dopo un po', tuttavia, don Juan disse che il guatdiano, essendoil , trstode, il sorvegliante di quel mondo, conoscevamolti segreti che un l,ruio aveva il diritto di condividere. "Quella E una delle vie per cui un brujo arriva a aedere", disse. "Ma quello non sar) il tuo campo, quindi b inutile parlarne". "Il fumo b il solo modo per uedere il guardiano?", chiesi. "No. Potresti anche uederlo senza. Ci sono moltissime persone che potrebbero farlo. Io preferisco il fumo perch6 d pii efficace e meno pericoloso. Se tu cercassidi aedere il guardiano senzal'aiuto del fumo, b l,robabile che tu possa indugiare nell'uscire dalla sua strada. Nel tuo caso, per esempio, d owio che il guardiano ti ha dato un awertimento quando ti ha voltato il dorso cosl da mosmarti il tuo colore awerso. Poi sL ne b andato; ma quando b ritornato tu eri ancora ll e allora ti ha caricato. Perb tu eri preparato e hai saltato. Il piccolo fumo ti ha dato la protezione di cui avevi bisogno; se tu ti fossi awenturato in quel rnondo senza il suo'aiuto non avresti potuto districarti dalla presa del suardiano". "Perch6 no?". "f tuoi movimenti sarebbero stati troppo lenti. Per soprawivere in quel mondo devi essereveloce come il lampo. Ho sbagliato -a lasciare la {tanza, ma non volevo che tu padassi ancora. Sei un chiacchierone e percid parli anche contro la tua volont). Se fossi stato con te ti avrei tir^to * la testa. Sei saltato da solo, che B stato ancora meglio; perb avrei fatto meglio a non cottere un rischio simile; non si pub scherzare guardiano"


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Per tre mesi don Juan evitb sistematicamente di padare del guardiano. Durante mesi andai quattro volte a f"rili *risit" e "ogni -qu-ei volta mi incaricb di continue commissioni per lui, e quando le avevo e-sgguitemi diceva semplicemente di andarmine a casr. il quatto aprile del l969,la quarta volta che and,aia casa sua, lo afirontai finalmente dopo mangiato mentre eravamo seduti accanto al suo fornello di terra. Gli dissj che quel che-facevami pareva assurdo; io ero pronto a imparare eppure lui non mi voleva nemmeno intorno. Avevo dovuto lottare'molto duramente per vincere la mia awersione all'uso dei suoi funghi atlucinogeni e sentivo, come aveva detto lui stesso, di non aver tempo da perdere. D_on Juan ascoltd pazientemente le mie lagnanze. "Sei troppo debole",_disse poi., "Ti afiretti quando dovresti aspertare ma aspetti quando dovresti afirettarti. Pensi troppo.. Adesso oinsi che non c'b tempo da perdere. Qualche tempo fa peniavi di non voler piil fum_are.La tua vita d troppo maledettamente siegrta; non sei abbastanza duro per incontrare il piccolo fumo. Io sono responsabiledi te e non voglio che tu muoia come un maledetto stupido" Mi sentii imbamzzato. "Che posso fare, don Juan? Sono molto impaziente". "Vivi come un guerriero! Te I'ho gii detto, un guerriero si prende la responsabilitl dei suoi atti, del pit insignificantedei suoi atti. Con il guardiano tu hai fallito per via dei tuoi pensieri".

"Come ho fallito. don luan?". . "Tu pensi a tutto. Pensavial guardianoe cosl non lo hai potuto uncere. "Per prima cosadevi vivere come un guerriero.Penso che questo tu lo capiscabenissimo". Volli intedoquire di-cEndoqualcosain mia difesa, ma con la mano don Tuanmi fece segnodi stare calmo. "La tria vita b abbastanzaduta", continud. "Di fatto la tua vita b

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lrii dura di quella di Pablito e Nestor, i novizi di Genaro, eppure loro redono e tu no. La tua vita b piil dura di quella di Eligio, ma probabilrnente lui aedri ptima di te. Questo mi sconcerta. Anche Genaro non rrc sa venire a capo. Hai eseguito fedelmente tutto quello che ti ho detto di fare. Tutto quello che il mio benefattore mi ha insegnato, nel primo stadio dell'apprendimento, te l'ho trasmesso.La regola t giusta, i graclini non possono essere cambiati. Ho fatto tutto quello che si deve fare eppure tu non oedi; ma a quelli che oedono, come Genaro, tu appari come se uedessi.fo mi baso su questo e sono ingannato. Tu giri .i-p.e intorno e ti comporti come un idiota che non uede, e questo' naturalmente,b giusto per te". Le parole di don Juan mi tormentarono profondamente.Non so ,p9,rch6 ma-ero sul punto di scoppiarea piangere. Incominciai a parlare della mia infanzia e mi sentii awolgere da un'onda di autocommiserazione. Don Juan mi fissd per un istanie e poi distolse gli occhi' Il suo sguardo rfato penetrante. Sentii che mi aveva dawero afierrato con gli occhi. "ra Sentivo come due dita che mi stringessero leggermente e riconobbi una stran agitazione, un prurito, un piacevole senso di disperazione nella regione iel plesso solare. Divenni-consapevole della mia regione addominale. Ne sentii il calore. Non riuscivo pii a parlare coerentemente e borbottai, poi smisi del tutto di parlare. "Forse-b la promessa", disse don Juan dopo una lunga pausa. "Non capisco". "Una promessache hai fatto una volta molto tempo fa". "Quale promessa?". "Forse me lo puoi dire tu. Te lo ricordi, non B vero?". "Non ricordo", "Una volta hai promesso qualcosa di molto importante. Pensavo che forse quella promessa ti impediva di oedere" . "Non so di che cosa parlate". "Sto parlando di una promestt che hai fatto! Te lo devi ricordare". "Se sapeteche promessaera, don Juan, perch6 non me lo dite voi?". "No. Non servirebbe a niente se te lo dicessi". "Era una promessa fatta a me stesso?"' Per un momento pensai che potesse riferirsi alla mia risoluzione di abbandonare il noviziato. "No. E una cosa che ha avuto luogo molto tempo fa", rispose. Risi perchd ero certo che don Juan stesse giocando con me una soecie di *poter sioco. Mi sentivo malizioso.-Provavo un senso di esaltazione alprendere in gito don Juan, che, ne ero convinto, ne lidea di q.r"nto me della pr.t.i" promesia. Ero sicuro che tirava a indosaDeva vinare e cercava di improwisare. L'idea di assecondarlomi deliziava.


ll compito del ,oedere,

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"Era qualcosa che ho promesso a mio nonno?". "No", rispose,e gli oc.chigli scintillarono."E non era nemmenoqual_ cosa che hai promesso alla tua nonnina". La comica intonazione che diede aTlaparola 'nonnina' mi fece ridere. Pensai cbe don Juan mi stava preparan_douna t?ppola di qualche tipo, ma ero disposto a continuare il gioco fino alla 6ne'. Incominciai a enumerare i possibili individui cui avrei potuto promettere qualcosa ,tutti di grande importanza. Don Juan rispose di no a ciascunnome, poi portb la conversazionesulla mia infanzia. "Perch6 la tua infanzia en triste?", mi chiese con un'esDressione seria. Gli dissi che in realt) la mia infanzia non era stata riste, ma forse un po'difficile. .,Anch'io ero ."Tutli-pensano cosl", disse tornando a guardarmi. molto infelice e spaventato da bambino. Esseie un bambino indiano b duro, molto duro. Ma-per me il ricordo di quel rempo non significa piil nulla, tranne che era duro. Ho smessodi pensare allia dwezzideila mia vita anche prima di aver imparato a aedere". "Anch'io non penso alla mia infanzia", dissi.

"Allora cos'Eche ti rende triste? Perch6vuoi piangere?"

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r| r -"No. so. Forse quando penso a quando ero bambino mi sento di. spiaciuto per me e per tutti i miei simili. Mi sento indifeso e triste". . Don.Juan-mi guardd fissamentee di nuovo 7a mia regione addominale registrd la strana sensazionedi due dita che la strin-eesserodolceFelrte. Distolsi gli_occhie poi ricambiai la sua occhiara.stiva guardando in lontananza, al di h di me; aveva gli occhi ofiuscati, fuori f"uoco. "E stata una promessadella tuaiifanzia", disse dopo un momento di silenzio. "Che cosa ho promesso?". Non _mi rispose. Aveva chiuso gli occhi. Sorrisi involontariamente; s-ap-evo che stava andando alla cieca; tuttavia avevo perduto una parre

della mia voglia iniziale di stare al gioco. "Ero un bambinomagro",ripresedon Juan,"e avevo semprepaura" "Anch'io". dissi.

"Ire cose che piir ricordo sono il terrore ela tistezza che mi presero quando i soldati messicaniuccisero mia madreo, disse piano, come se il ricordo fosse ancora doloroso. "Era una povera e umili donna indiana. Forse b stato meglio che la sua vita sia finita allora. Io volevo essere ucciso con lei, perchd ero un bambino. Ma i soldati mi tirarono via e mi-picchiarono. Quando mi afierrai al corpo di mia madre mi colpirono sulle dita con un frustino da cavallo e me le spezzarono. Non-sentii dolore, ma non riuscivo pit ad afierrarmi, e allora mi trascinarono via".

ll compito del 'uedere'

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Smise di parlare. Teneva gli occhi chiusi e potevo distinguere sulle 'rre labbra un lievissimo tremito. Una profond^ tristezz^ incomincib a rrnpadronirsidi me. Immagini della mia infanzia presero a inondarmi la l r)ente. "Quanti anni avevate, don Juan?", chiesi, solo per combattere la nria tristezza. "Forse sette. Era I'epoca delle grandi guerre yaqui. I soldati messicani ci assalironoall'improwiso mentte mia madre cuocevail cibo. Era rrna donna indifesa. I soldati la uccisero senza nessun motivo. Non fa tlifierenza che sia morta in quel modo, dawero no, eppute pet me fa rlifferenza.Pensai che avesseroucciso anche mio padre, ma non lo avevano fatto, era solo ferito. Pit tardi i soldati ci misero in un treno come lrcstie e chiusero la porta. Ci tennero l) per giorni al buio, come ani mali. Ci mantennero in vita con pezzetti di cibo che gettavano di quando in quanto nel vagone. "Mio padre mod delle sue ferite in quel vagone. Incomincid a delirare per il dolore e la febbre, e continuava a dirmi che dovevo sopravvivere. Continub a ripetermelo fino all'ultimo istante della sua vita. "La gente si prese cura di me; mi diedero da mangiare; una vecchia guaritrice mi fissd le ossa spezzte della mano. E come vedi, sono vissuto. Per me la vita non a stata n6 cattiva n6 buona; la vita i stata dura. La vita b dura e qualche volta per un bambino E I'orrore in persona". Rimanemmo a lungo senzaparlare. Passb forse un'ora di completo silenzio. Provavo sentimenti molto confusi. Mi sentivo in certo modo abbattuto e tuttavia non potevo capire perchâ‚Ź. Provavo un senso di rimorso. Poco prima ero stato disposto ad assecondaredon Juan, ma lui aveva improvvisamente cambiato le carte in tavola con il suo racconto diretto. Era stato semplice e conciso e aveva prodotto in me uno strano sentimento. L'idea di un bambino che provava dolore mi aveva sempre commosso.In un istante i miei sentimenti di compartecipazione per don Juan avevano lasciato il posto a un senso di disgusto per me. Avevo preso appunti, come se la vita di don Juan fosse semplicemente un caso clinico; stavo per strappadi ma lui mi toccb il polpaccio con I'alluce per attirare la mia attenzione.Disse che'vedeva' una luce di violenza intorno a me e si chiedeva se stavo per picchiarlo. La sua risata fu uno scoppio delizioso. Disse che io ero portato a esplosioni di comportamento viol.nto ma che non ero vera;ente meschino e che il pit delle volte la mia violenza era rivolta contro di me. "Avete ragione, don Juan", dissi. "Naturalmente", rispose ridendo. Mi esortb a parlare Jella mia infanzia e io incominciai a parlargli dei


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Il compito del ,uedere,

miei annidi paura e di solitudine e mi- impegnai a descrivergli quella che pensavo fosse stata per soprrv-uiv.re e per !" ryl pesantissima'lotta ,.Jnr.rvul. conservrareil mio sptito. Rise alla metafora di ;i',,'i-o lpirito'. Pailai a lungo. Don Juan mi ascoltavacon un'espressione seri'a.poi, a un certo momento, i suoi occhi mi 'afierrarono' di nuovo e smisi di parlare. rtopo una pausa mi disse che nessuno mi aveva mai umiliato e cne quella Ia ragione per cui non ero veramente meschino. -era -Non sei stato ancora sconfitto", disse. quelle parole quattro .o cinque volte e io mi sentii quindi ^r'Tl:-,U- a cfiredergriche cosa volesse obbllgato dire. Spiegb che I'essere,.on6tto era una condizione di vita inevitabile. Gli uomti erano o vittoriosi o sconfitti,,e a seconda,di cid diventavano persecutori o vittime. euelle due prevalevano fin quando ,r' uo.o non arrivasse a .ve-condizioni dere'; rI 'vedere' scacciavaI'illusione della vittoria, o della sconfitta, -i-pr."." o ddla a 'vedere, finch6 ero .sofferenza.Aggiunse che doveuo vrttorroso per evitare di avere anche il ricordo di esserestato umiliato. Protestai che non ero e non ero mai stato vittorioso in ;ft.; che Ia mia vita era stata, se qualcosaera stata, una sconfitta " ' Don Juan rise e gettb in ierra il suo cappeilo. _ "Se la tua vita B una simile sconfitta, calpestami il cappello", mi sfidb scherzosamente. Difesi sinceramente^lamia posizione.Don Juan divenne serio. I suoi occhi si erano chiusi fino ad apparire come sottili f.rrur".-Di.se che pensavo che Ia mia vita fosse una sconfitta per ragioni diverse dalla sconfitta in si.-Poi, molto rapidamente-edel tutto in7tf.ttrt"."nte, -i mi prese Ia testa fra le mani mettendomi Ie sue palme ruli. t.-fie s"oi occhi divennero ardenti mentre guardava nei miei. per la p'aura-emisi atttaverso la bocca un profondo respiro involontario. Do'n Juan mi lascib andare la testa e si appoggid ai muro continuando ntJrr-r. si " era mosso cosl rapidamente che al momento in cui si era rilassato appoggtandosi comodamente al muro io ero ancora a meti del mio profondi respiro. Avevo le vertigini, mi sentivo male e a disagio. "Vedo un bambino che piange"-, disse don Juan"dopo una pausa. Ripetd le stesseparole varielolte come se lo non iapissi. hu.uo I'impressione che parlassedi me come di un bambino piangente e percib non glr lecr molta attenzlone, _ "Ehi! ", disse, esigendo tutta la mia concentrazione."Vedo unbambino che piange". Gli chiesi se qu-el bambino ero io. Dsse di no. Allora gli chiesi se eta una visione della mia vita o solo un ricordo della sua. Non mi rispose. "Vedo un bambinoo, continub. "E sta piangendo, e piangendo".

Il compito del 'aedere'

lzt

"E un bambinoche conosco?",chiesi.

" sI".

"E il mio bambino?". " N o" . "Sta piangendoora?". "Piange ora", mi rispose con convinzione. Pensai che don Juan avesse una visione di un bambino che cono scevo e che stava piangendo ptoprio in quel momento. Nominai tutti i bambini che conoscevo, ma rispose che quei bambini erano irrilevanti per la mia promessa mentre il bambino che piangeva era molto importante. Le afrermazioni di don Juan mi sembravano assurde. Aveva detto che io avevo promesso qualcosa a qualcuno dutante la mia inf.anzia, e che il bambino che piangeva in quel momento era molto importante per la mia promessa.Gli dissi che non aveva senso. Mi rispose con calma che 'vedeva'un bambino che piangeva in quel momento e che quel bambino si era fatto male. Mi sforzai seriamente di dare alle sue parole un qualche senso' ma non potei metterle in relazione con nulla di cui fossi consapevole. "Mi arrendo", dissi, "non riesco a ricordare di aver fatto a nessuno una promessa importante, meno di tutto a un bambino". Don Juan socihiuse di nuovo gli occhi e disse che questo particolare bambino-che piangeva in quel preciso momento era un bambino della mia infanzia. "Era un bambino durante la mia inf.anzia e sta ancora piangendo

ora?", chiesi. "E un bambinoche piange ora", insistd don Juan. "Vi rendeteconto di quello che dite, don Juan?". " Certo".

"Non ha senso. Come pub essereun bambino ora se lo era quando ero bambino io?". "E un bambino e sta piangendo ora", disse ostinatamente. "Spiegatemi,don Juann. "No. Sei tu che lo devi spiegare a me". Per nulla al mondo avrei potuto capire a che cosa si riferiva. "Sta piangendo! Sta piangendo!o,continub-don Juan in tono ipnopiegato sulle ginocchia sulle ginocchia male! E piegato adesio ti abbraccia. abbraciia. Si e fatto malel tico.. "E adesso e ti abbraccia. Ma ha un braccio rotto. Non senti il suo braccio? Quel bambino ha un naso che sembra una patata. Sl! E un naso a patata". Le orecchie incominciarono a ronzarmi e persi la sensazione di esserein casadi don Juan. Le parole 'naso a patata' mi avevano improvdella mia infanzia. Avevo conosciuto un visamente tufiato in un, "ccna


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II comoito del 'aedere'

Il compito del 'uedere'

bambino col naso_a patatal f)on Juan era penetrato in uno dei luoghi piil reconditi della mia_vita. Seppi allora -di quale promessa prrlaia. Provai una sensazionedi e-saltazione,di disperazione^edi rispetto per don.Juan ! per la sua splendida manovra.^Come diavolo sapeva iel bambino col naso a pat^ta della mia infanzia? Il ricordo evocaio in me da don Juan mi aveva cosl turbato da riportarmi con la memoria a quando avevo otto anni. Mia madre se ne era andata due anni prima e-io.avevovissuto gli anni pitr infernali della mia vita passandodail'una all'alta delle sue sorelle che fungevano da premurosi surrogati materni e ,i prendevano cura di h. un paio di mesi per volta. Cia-.lt-. zie aveva scuna delle una numerosa famiglia e, per qrrnto fossero premurose e protettive, avevo ventidue cugini con cui combattere. La loro crudelti eta qualche volta molto bizzaira. Allora sentivo di essere circondato da nemici e negli anni tormentosi che seguirono combattei una guerra disperata e miserabile. Alla fine, con mezzi che ancora oggi non conosco, riuscii a sottomettere tutti i miei cueini. Ero veramente vittorioso. Non avevo piil competitori che contasselo. Tuttavia non lo sapevo, sapevo come fermare la mia guerra che, logicamente, si -n6 estese al campo della scuola. Le aule dilla scuola rurale che frequentavo erano miste e le prime tre classi erano separatesolo da spazi tra i banchi. Fu li che incontrai un bambino col naso appiattito, perseguitato dal nomignolo di 'naso a patata'. Apparteneva alla prima classe.fo ero solito punzecchiarlo a caso, senza averne veramente I'intenzione, ma sembrava che gli piacessi nonostantei miei dispetti. Mi segr.riva sempree manteneva" anche il segreto sul fatto che ero io il responsabiledi alcuni tiri che sconcertavano il direttore. Eppure continuavo a perseguitarlo.Un giorno capovolsi apposta una pesante lavagna che cadde su di lui; il banco su cui era seduto assorbl parte dell'urto, ma il colpo era sempre forte e gli ruppe la clavicola. Cadde a terra. Lo aiutai ad alzarci e vidi nei suoi occhi il dolore e la paura mentre mi guardava e si aflerrava a me. Vederlo soffrire, con un braccio storpiato, fu per me un colpo maggiore di quello che potessi tollerare. Pet anni avevo combattuto aspramente contro imiei cugini e avevo vinto; avevo sconfitto i miei nemici; mi ero sentito buono e potente fino al momento in cui la vista del bambino col naso a patata che piangeva aveva demolito le mie vittorie. Abbandonai immediatamente la battaglia. Presi Ia risoluzione, in qualunque modo ne fossi capace, di non vincere mai piil. Pensai che avrebbero dovuto amputargli il braccio e promisi che se il bambino fosse guarito non sarei stato mai pit vittorioso. Fu a quel modo che la intesi allora. Don Juan aveva riaperto una piaga dolorosa della mia vita. Avevo

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lc vertigini, mi sentivo schiacciato. Mi sentivo attirarc in un abisso di assoluta tistezza e vi soccombevo. Sentivo su di me il peso dei miei rrtti. Il ricordo di quel bambino col naso a patata, che si chiamava .|oaquin, produsse in me una cosl viva angoscia che piansi. Dssi a cl<rn Juan della mia tristezz per quel bambino che non aveva mai avuto nulla, quel piccolo -Ioaquin che non aveva soldi per andare dal medico e il cui braccio non tornb mai bene a posto. E tutto quello che gli potwo dare erano le mie vittorie infantili. Provavo tanta vefgogna: ul-l^2 t: : , -.. l^T--^)^t^ don Non angustiarti", mi disse impedosamente Juan. "Hai dato \tanza. k tue vittorie erano forti ed erano tue. Hai dato abbaabbastanza. stanza.Ora devi cambiarela tua promessa'. "Come la posso cambiare? Devo solo dire di voleda cambiare?". " Una ptoniessa come quella non pub essere canrbiata solo dicendo di volerla-cambiare. Forse presto potiai sapere che cosa devi fare per cambiarla. Allora forse riuscirai anche a uedere". "Don Juan, potete darmi qualche suggerimento?"' "Devi aspett"i..on pazienza,sapendochi stai aspettandoe sapendo che cosa stai aspettando. E cosl che si comporta un guerriero. E se si ratta di adempiere alla tua promessa allora devi renderti conto che la stai adempiendo. Vem) alloia un giorno in cui la tua attesa finir) e non dourai piir onorare la tua promessa. Non puoi fare nulla per la vita di quel-bambino. Solo lui pub cancellare quell'atto". "Ma come pub fare?". "Imparando a ridurre a nulla i suoi de-sideri.Flnclr6 penser) di tfoto una vittima la sua vita sara un inferno. E finchd tu penserai "rr"r. la stessa cosa la tua promessa sari valida. E il volete che ci rende infelici. Eppure, se imparassimo a ridurre a nulla i nosfti desideri, la oit oiccoli^ cosa che otterremmo sarebbe un vero regalo. Non anguitiarii, hai fatto un buon dono a Joaquln. Essere povero o -volere b solo un pensiero; e lo stessob odiare o aver fame o essereaddolorati'. "Da'Jvero non lo posso credete, don Juan. Come E possibile che fame e dolore siano solo pensieri?". "Sono pensieri per me, ora. Ques-toE tutto cib che so. Io ho compiuto questa impresa. Il potere di--farlo d tutto quello che abbiamo, ti.o.du, per opporci alle forze delle nostre vite; senza quel potere siamo feccia, polvere nel vento". "Non dubito che voi I'abbiate fatto, don Jtran, ma come pub riuscirci un uomo semplice come me o come il piccolo Joaquin?"' "A ciascuno di noi come singoli individui spetta di opporci alle forze delle nosrre vite. Te I'ho detto tante volte: solo un guerriero pud soprawivere. un guerriero sa di aspettaree sa che cosa aspetta; e menle asperranon ut,ol. nulla e cosl quatsiasipiccola cosa che ottiene qr

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Il compito del ,oedere,

E pii di quanto possa prendere. se ha bisogno di mangiare trova modo,- perchd non ha fame; se qualcosa gli fa male il .orpo tro.ra 'n il modo di mettervi fner. Rerch6.not. r.ntJdolore. Aver f".'.-o p-vare dolore. significa-che l'uomo si I abbandonato e non ; ilJ ;n gu.rriero; e leforze della sua fame e del suo dolore lo distruggira;". Volevo continuare a so-stenereil mio punto di vista lia mi fermai perchd,capivo che discutendo creavo una barriera dull" ;., p;;dg;;ri torza devastatrice del magnifico gesto di don Juan, .h. mi1u.u" to.cato cos.l profondamente e con tanta forza. come lo sapeva? pensai di avergli forse raccontato la storia del bambino dal naso i oitui d,rrrnr. uno dei miei profondi stati di realti non ordinaria. Noti ri.ora"uo a; avergllelo detto, ma era--comprensibileche non lo ricordassi se glielo avevo raccontato in quelle condizioni. "Don Juan, come avete fatto a sapere della mia promessa?". "L'ho uista". "L'avete uista-quandoho preso Mescalito oppure quando ho fumato , la vostra mistura?". "L'ho aista ora. Oggi". "Avete uisto ttttto quanto?o. "Ecco che ricominci. T9 I'ho detto, d inutile padare di che cosa sembra il aedere. Non ts nulla". Non insistei pii. Emozionalmente ero convinto. "Anch'io ho fatto un voto una volta", disse improwisamente don

Juan.

Il suono della sua voce mi fece sobbalzare. "Ho p_romesso a mio padre che sarei vissuto per distruggere i suoi assassini.Per anni ho portato con me quella promissa. ora Ii- promessa E cambiata. Non mi interessa pii distruggere nessuno. Non odio i messicani. Non odio nessuno. Ho imparato-che gli innumerevoli sentieri che si atraversano nella vita sonb tutti Gli oppressori e gli "g"uli. opptessi alla fine si incontrano, e resta solo'il fatto che^la vita b stata troppo breve per entrambi. Oggi-mi sento triste non perchd mio padre e mia madre siano morti in quel modo; mi sento triste perch6 erano indiani. sono vissuti come indiani e sono morti come indiani e non hanno mai saputo di essere,prima di ogni altra cosa, uomini".

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Tornai a far visita a don Juan il 30 maggio 1969 e gli dissi senza preamboli che volevo provare un'altra volta a 'vedete'. Don Juan scosse la testa negativamente ridendo e io mi sentii costretto a protestare. Mi disse di aver pazienza e che il momento non era opportuno' ma io insistei ostinatamente di essere pronto. Don Tuan non sembrava infastidito dalle mie insistenti richieste, ruttavia iercb di cambiare argomento. Non mollai e gli chiesi di consi gliarmi cosa fare per vincere la mia impazienza. "Devi agire come un guertiero", disse. "C,ome?". "Ad agire come un guerriero si impara con i fatti, non con le chiacchiere". "Avete detto che un guerriero pensa alla propria morte. Io ci penso sempre; owiamente non b abbastanza". Don Juan sembrb spazientirsi e fece con le labbra un rumore schioccante. Gii dissi che non intendevo farlo andare in collera e che se non aveva bisogno di me ll a casa sua ero pronto a tornarmene a Los Angeles, ma lui mi diede un colpetto sulla schiena dicendo che non eta irai andato in collera con me; semplicemente aveva supposto che io sapessiche cosa significava essereun guerriero. ^ "Che posso far"e per vivere come un guerriero?", chiesi'. Don Juan si tolsell cappello e si grattb le tempie. Mi guardb fissamente e sorrise. "Tu vuoi che tutto sia espressoa chiare lettere, non B vero?". "La mia mente funziona cosl". "Non deve". "Non so come cambiare. E per questo che vi chiedo di dirmi esattamente cosa fare per vivere come un guerriero; se lo sapessipoffei trovare un modo Per adattarmici". Probabilmente trovb divertenti le mie parole perch{ mi battâ‚Ź sulla schiena e rise.


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Il compito del ,uedere,

Avevo la sensazione

che stesseper dirmi di andarmene da un momenlo ;T,t;:i;.iT ::Hru: davanti a lui sulla mia ?.lt'i;-;";#; stuoia di paglia e a faryli al*e domand;.

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%i;;;,;;.r"i...fre i"r*" aspettare. . Dol. Juan mi spiegdghg ,. avessicercatodi ,vedere,alla rinfusa, prima di essere'suariio deile r.rit"; .t. ,uevo riportato combattendo contro il euardiaio. avrei p."uruit**iJ in.on,r.io di nuovo-il guardiano anchl se non lo cercavo.Mi assicurs.h. ;;;;r;.rolio"in^qu.tt" " '^' ' posizioneavrebbepotuto soprawivere a un tale i";;";;;. r'ma dr poteftl nuovamentededicarealla ricerca del aedere devi dimenticarecompletamen,"it g"1"airnl;l airr.. . "Uome .lo si pud dimenticarel". "u1gu-erriero deveusarela suavoronti e Ia sua pazienza . per dimenticare.Di fatto un guerrieroha solo h ,;; ;;l;;:-il;;; "l)in , con essecostruiscetutto quello che vuole,. ^ 'Ma io non sono un guerriero". "Tu hai incominciato.i imparar. i modi degli stregoni. Non hai per indie'eggiamenii e rimpianti. ffii ,olo'il i.;;; p., _p,i: -t_.Tfo vrvere comeun guerrie,ro e lavorareper ottenerela pazienza e la'volont), che ti piacciao no iComg fa un -guerrieroa lavorareper ottenerle?" Drcn Juan meditb a lungo prima di^rispondere. "Pensoche non esistamodo di parlarne;,di.re aila fine. "Speciarmente della volonti. La volonti d un qualco;;i-;.1r"^'rf".iri!, .n. capitamisteriosamente. Non c'B un vero modo p.r di.; ;";. l; r-i ur", "p.i_" tranne che i risultati della volonti ,ono ,t,rp"f"..nri. F;;;;; cosasi dovrebbej.apereche si pu6 tuilupp"r.-ia-".r""ra-"jr"ir.'..i..o rorr,,.. r'aspetta.Il tuo erfore b che non sai che stai aspettando Ia tua

volonta. " II mio benefattore mi ha detto che il guerriero sa di aspettare -aspettare. e sa cosa aspetta. Nel tuo caso, sai di Sei staio q,ri -tu .on,.''.'.. per,anni,. eppure non sai che cosa stai arpettando. per i\romo medro e morto dithcile, se non impossibile, sapere che cosa sta asper_ tando. Ma il guerriero non ha problemi; ,, ;h. ;;;;p;;;;"1; 1" ,,ru volont)". 'che cosa b esattamente la volonti? E, determinazione, come la determinazione di vostro nipote Lucio di avere una motocicrettal". "]\o",. dis-se _piano do-n Juan e rise di un riso ,"fio."t".-;g-o.ll" non i volonti. Lucio si lssiia soltanto andare. La volont) d un-,altra cosa' una cosa molto chiaru-e potente che pub dirigere i nosffi atti. La volonti B qualcosa che I'uomo usa, per esempiol per vincere una battaglt^ che, secondo ogni calcolo, dovrebbe oeidere-".

Il compito del 'uedere,

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" Allora la volonti dovrebbe essere quello che chiamiamo coragliio?", dissi. "No. Il coraggio b un'alua cosa. Gli uomini coraggiosi sono uomini sicuri, uomini nobili perennemente circondati da gente che si afiolla intorno a loro e che li ammira; eppure pochissimi uomini di coraggio lranno la volonti. Di solito sono uomini impavidi, portati a compiere :rudacementeatti normali; il piil delle volte un uomo coraggiosob anche tcrrificante e temuto. T.a volont), d'altra parte, riguarda-imprese stulrcfacentiche sfidano il nostro sensocomune". "Allora la volont) b il controllo che dobbiamo avere su noi stessi? ", chiesi. "Puoi dire che b un tipo di contfollo". "Pensate che io possa esercitarela mia volont), per esempio,negan<lomi certe cose?". "Come il far domande?", interloqul don Juan. Il suo tono fu cosl malizioso da costrinsermi a smettere di scrivere per guardarlo. Scoppiammo tutti e due a iidere. "No", tiprese. "Negarsi qualcosa b un lasciarsi andare, e io non raccomandonulla del genere. Per questo ti lascio fare tutte le domande che vuoi. Se ti dicessi di non fare piil domande potresti deformare la tua volont) nel tentativo. Il lasciarsi andare del negare E di gran lunga la cosa peggiore; ci f.otza a credere di fare grandi cose mentre in efietti siamo solo fissati dentro noi stessi. Smettere di fare domande non b Ia volonti che intendo io. La volont) b un potere ed essendoun potere deve essere controllata e armooizzata, e cib richiede tempo. Io lo so e sono paziente con te. Quando avevo la tua eti ero impulsivo come te, ma sono cambiato. La nosra volonti opera a dispetto del nosffo lasciarci andare. Per esempio, la tua volont) sta gii aprendo il passaggi o,apocoapoco". "Di che passaggioparlate2". "C'd un passaggioin noi; come la fontanella sulla testa di un bambino si chiude con I'eti, questo passaggiosi apre a mano a mano che si sviluppa la volont)". "Dov'b questo passaggio?". "Nel posto in cui sono le fibre luminose", disse, indicando la sua regione addominale. "A che assomiglia? A che serye?". "E un'apertura. Lascia uno spazio da cui esce la volonti, come una frecciao. "La volonti b un oggetto? O e come un oggetto?'. "No. Quanto ti ho detto era solo per farti capire. Quella che lo stregone chiama volonti b un potere dentro di noi. Non i un pensiero,

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o ul oggetto', o un desiderio. Smettere di far domande non B volontl n5rc!6 richied: il pensare e il desiderarc.La voronti b q;e[a-che ti fa riuscir:g qu-ando i tgoi pensieri ti dicono che sei t.onfitio. iu-""lo"ia d quella- che uno stregone at*averso un muro, attraverso lo -manda spazio; fino alla luna, se vuolJ". Non c'era altro che volessi chiedere. Ero stanco e un Do' teso. Ay.y.o paura che don Juan mi dicesse di andarmen. . qu?nsiero mi disturbava. "Andiamo sulle colline", disse bruscamente e si alzd. Lungo la strada don Juan riprese a parlare della volonti e rise del mio_sgomento nel non riuscire a prendire appunti. DescrisseIa volonti come una fona, il vero legame tra sli uomini e il mondo. stabilt con molta cura che ii mondo t iutto .ia Eh1 p.r."piamo, in qualsiasi modo si possa scegliere di percepire. sostenne che 'percepire il mondo' comporta un processo di apprendimento di tutto cib che si present_aa noi. Questo particolare 'pircepire' b attuato dai nostri sensi e dalla nostra volonti. Gli chiesi se la volonti fosse un sesto senso. Dsse che era piuttosto una relazione tra noi stessi e il mondo percepito. Io suggerii che ci fermassimo perch6 potessi prendere appunti, ma don Juan rise e continub a camminare. Non mi fece andar- via quella sera, e, il giorno successivo, dopo aver finito Ia prima colazione, tird fuori lui slesso I'argomento deila volonti. "Quella che tu chiami volonti d carattere e temperamento forte", .!isse. 'Quella che uno stregone chiama volonti d una forza che viene dall'interno e che si attacca al mondo esterno. Esce attraverso il venne, qui, dove sono le fibre luminose". Si strofind I'ombelico per indicare 7a zona. "Dico che esce di qui perchd la si pub sentir uscire". "Perch6 la chiamate volonti?". "Io non la chiamo in nessun modo. Il mio benefattore la chiamava volont) e gli altri uomini di conoscenzala chiamano volonti". "feri avete detto che si pud percepire il mondo con i sensi come pure con la volont). C-omei possibile?". 'L'uomo comune pub 'afferrare' le cose del mondo solo con le mani, o con gli occhi o con le orecchie, ma Io stregone le pub afferrare anche col naso, o con la lingua o con Ia volonti, specialmente con la volonti. Non ti posso descrivere veramente come awiene, ma tu stesso, per esempio, non mi puoi descrivere iI modo in cui funziona il tuo udito. Anch'io sono capace di udire, percib possiamo parlare di cib

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,lrc udiamo, ma non di come udiamo. Uno shegone usa la volontl r('r pcrceprre percepireil monoo. mondo. VueI ire, pero, perb, non e 1,cr b come uchre. udire. quando Quel pefceplre, Quando lrrrudiamo lrrrudiamo il mondo o quando lo udiamo, abbiamo I'impressione che .i:r qui fuori e che sia reale. Quando percepiamoil mondo con la volonti ',irppiamo che non. d cosl 'qui fuoii' o cosi 'reale' come pensiamo. "La volonti d lo stesso del uedere?". "No. La volont) b una forza, un potere. I1 oedere non b una forza, rrra pirttosto un modo di attraversarele cose. Uno stregone pud avete ,rna volonti molto forte e tuttavia pub non uedere; il c[e significa che solo un uomo di conoscenzapercepisceil mondo con i suoi sinsi e con l,r sua volonti e anche con il suo uedere". Gli dissi che mi sentivo piil confuso che mai sul come usare la volont) per dimenticare il guardiano. Questa affermazione e la mia perplessit) sembrarono deliziarlo. "Ti ho detto che quando parli riesci solo a confonderti", disse c rise. "Ma ora per lo meno sai che stai aspettando la tua volont). Ancora non sai cos'd o come ti potr) capitare, quindi osserva con cura tutto quello che fai. Cib che porebbe aiutarti a sviluppare la volonti i' in mezzo a tutte le piccole cose che fai". Don Juan si allontand per tutta la mattina; ritornd nel primo pomeriggio con un fagotto di piante secche.Mi fece segnocol capo di aiutado e lavorammo per ore in completo silenzio scegliendo le piante. Una volta terminato ci sedemmo a riposare e don Juan mi sorrise con benevolenza. Gli dissi molto seriamente che avevo riletto i miei appunti e che ancofa non potevo capire che cosa comportassel'essereun guerriero o che cosa significasseI'idea di volonti. "La volond non b un'idea", rispose. In tutto il giorno quella fu la prima volta che parld. Dopo una lunga pausa continub: "Siamo diversi, tu e io. I nostri caratteri non sono simili. La tua natura B pit violenta della mia. Quando avevo la tua etl non ero violento ma mediocre; tu sei I'opposto. Il mio benefattofe efa cosl; sarebbe andato benissimo come tuo maestro. Era un grande stregone ma non aedeua; non uedeua come aedo io o come uede Genaro. Io comprendo il mondo e vivo guidato dal mio uedere. Il mio benefattore, d'altra parte, doveva vivere come un guerriero. Se un uomo uede non deve vivere come un guerriero, o come nessun'altta cosa, perchd pu6 uedere le cose come sono veramente e dirigere conformemente la sua vita. Ma, considerandoil tuo carattere, direi che tu non potrai mai imparare a oedere, nel qual caso dovtai vivere tutta la tua vita come un zuerriero.


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"Il mio benefattore diceva che quando un uomo si incammina per il sentiero della shegoneria si rende iradualmente conto di aver lasciato per sempre dietro di si la vita normale; Ia conoscenzainfatti b davvero una cosa che mette paura; i mezzi del mondo ordinario non saranno pir) per lui e ie vorr) sopravvivere dovri adottare un nuovo -sufficienti modo. di vita. La prima cosa da fare, a quel punto, sari diventare un guerriero,-un passo e una decisione molto importanti. La natura terrificante della conoscenzanon lascia alffa alternativa. "Quando la conoscenzadiventa una cosa terrificante I'uomo si rende conto che la morte b il compagno insostituibile che siede accanto a lui sulla stuoia. ogni particella di conoscenzache diventa potere ha la morte come forza centrale. La morte di I'ultimo tocco, e i ttto .id .h. b toccato dalla morte diventa dawero Dotere. "IJn uomo che 9egu9 il sentiero della stregoneria si trova davanti . Ia morte a ogni svolta della strada, e inevitabilinente si fa lucidamente consapevole della propria morte. Senza la consapevolezzadella morte sarebbe soltanto un uomo ordinario coinvolto in atti ordinari. Manchetebbe della necessariapotenza, della necessariaconcentrazioneche trasforma in potere magico la propria vita sulla terra. "Qugdi, per essere un grreiriero un uomo deve essere, prima di lrlttg. e legittimamente, lucidamente consapevole della propria morte. Ma il. preoccuparsi della- morte ci indeboliiebbe costringendo ciascuno di noi a concentrarsi sul s6. Quindi, per essere un guJrriero, la conquista successivad b il distacco. L'idea della mone imminente. imminente invece di immi diventare un'ossessione,diventa un'indifferenza". Don Juan smise di parlare e mi guardb. Sembrava aspettareun mio commento. "Capisci?", chiese. Capivo quello che aveva detto, ma personalmente non riuscivo a immaginare come chiunque potesse arrivare a un senso di distacco. Dissi che durante il mio noviziato avevo gii sperimentato il momento in cui la conoscenzadiventa una cosa cosl spaventosa.Potevo anche dire sinceramentedi non riuscire piil a trovare un sostegno nelle premesse ordinarie della mia vita quotidiana. E io volevo. o forse ancor pii che volere, avevo bisogno di vivere come un guerriero. "Adesso ti devi distaccare", mi disse don Juan."Da cosa?". "Distaccarti da tutto" "E impossibile. Non voglio diventare un eremita". "Essere un eremita b un lasciarsi andare, e io non ho mai voluto dire questo. Un eremita non b distaccato, perchâ‚Ź si abbandona volontariamente a diventare un eremita.

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"Solo I'idea della morte rende I'uomo suficientemente distaccato da non poter pitr abbandonarsi a nulla. Solo I'idea della morte rende I'uomo sufEcientemente distaccato da non poter negarsi nulla. Ma un uomo di questo genere non anela, perchd ha acquistato una silenziosa aviditi della vita e delle cose della vita. Sa che la morte segue le sue tracce e non gli dari il tempo di afierrarsi a nulla, percib tenta, senza anelare. tutto di tutto. "L'uomo distaccato, che sa di non poter respingere la morte, ha una sola cosa cui appoggiarsi: il potere delle sue decisioni. Deve essere, per cosl dire, padrone delle sue scelte. Deve comprendere pienamente ihe la sna scelia b una responsabiliti e che una volta fatta non c'B piil tempo per rimpianti o reciiminazioni. Le sue decisioni sono definitive, r.-pliceme.rte-perch6 la sua morte non gli lascia il tempo di afferratsi a nulla. "E cosl, con la consapevolezzadella propria morte e con il potere delle proprie decisioni, il guerriero dispone strategicamente-la propria vita. La conoscettz^ della iua morte lo guida e lo rende distaccato e silenziosamente avido; il potere delle sue decisioni definitive lo rende capacedi scegliere senza rimpianti e quello che sceglie b sempre strategicamente iI megLio; e cosl compie tutto quello che deve compiere con gusto e avida eficienza. 'Quando un uomo si compo*a in questo modo si pub dire giustamente che b un guerriero e che ha ottenuto la pazienzal". Don Juan mi chiese se avevo nulla da dire; osservai che il compito che mi aieva descritto avrebbe richiesto tutta una vita. Mi rispose che protestavo uoppo e che sapeva che -nella mia vita quotidiana- io mi iornpo.truo, o-ier lo meno cercavo di comportarmi nei termini di un guernero. ( ( fY- : Hai degli ottimi artigli", mi disse ridendo. "Mostrameli di quando in quando. rando. E un buon esercizio". 'Fece il gesto di artigliare e grugni, e rise. Poi si schiarl la gola e riprese a parlare. ' "Quando un guerriero ha acquistato la pazienza b. sulla -via che portu iilu volont)."Sa..ome asp.tt"... Tiu sua morte siede con lui sulla sua stuola, sono amrci. La sua morte, in modi misteriosi, lo consiglia come scegliere, come vivere sttategicament-e.E il guerriero aspetta! Direi che il guerriero impara senzanessunatretta petchâ‚Ź-sacU asPettare Ia propria vJlonti; e un giorno riusciri a compieie qualcosa che ordisarebbe del tulto impossibile compiere. Pub non accorgersi ,rurir-.nt. nemmeno del suo gesto straordinario. Ma continuando a compiete atti capitargli, impossibili, opp.rr.l mentre cose impossibili continuano ^ diventa consap.uole di una specie di potere che emerge' Un potere

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che emana dal suo corpo mentre lungo il sentiero della cono^v^nza scenza. Dapprima B come un prurito al ventre, o un calore che non pud essere attenuato; diventa un dolore,',rn grurrJ. ;;nfo;": -poi Talvolta dolore e sconforto sono tari che il guerried-h;-Jdil-.orrrrolgioni ner mesi; pii gravi sono le convulsio"ni, tanto rn.eii.- per lui. * Un buon potere d sempre preceduto da un grande dolore. le convulsioni cessano il gueiriero si accorge di avere - --"Quando delle strane sensazioni per le cose. si Ji p;r.;-;;."r;.-.n,. ,o.".".org. che care tutto quello che vuole con una sensaziJne esce drl r"o .o.po in un punto immediatamente _soprao sotto r'ombelico. Q".iiu ,."r"zio-ne.t Ia volonti; e qu9nd9 I'ubmo b capace di afferrarii esra, ,i pud dire a buon diritto-che il guerriero B uno stregone e che "ha acquistato la volonti". Don-Juan di parlare e sembrb attendere i miei commenti o . -smise le mie domande. Non aievo nulla da dire. Ero pr"r".a..-."i. preoccupato all'idea che uno stregone dovesseprotrnr" dolore e conrrulsioni ma mi imbanzzava chiedergli se anche per m. sarebbe tr"to All_a fine, dopo un lungo siGnzio, glielo chiesi, e l"i fec.-,rn, ,ir"ti.r" "g""1.. softocata come se avesseprevisto la mia domanda. Disse che il dolore non era assolutamente _necessario;lui, per esempio, non lo aveva mai provllo e la volonti gli era sempliceminte capiiata. "Un giorno ero sulle montagne", drsse,"e mi imbattei in un puma, una femmina; era grossa e afr.am-ata. Io fuggii "si e quella mi corse Mi arrampicai su una roccia e la belva feimb poco totto"oor"rro. di *. qronl-a a balzarc. Le gettai sassi. Ruggl e si preparb ad assalirmi. .dei Fu allora che Ia mia volontl venne fuori"fi*"-..rt., e con la volonti fermai.la belva prima che mi balzasseaddbsso.Le diedi una lrattatina sotto la pancia con la volont). Mi guardd con aria sonnolJnta e si accuccib;_io sc-appaicome un fulmine prima che si riprendesse. Don Juan fece un gesto molto comico per descrivere un uomo che fuggg-pe-r salv_arsiIa pelle, tenendosi stretio il cappello. G[ dissi che non mi piaceva I'idea di dover siegliere soltanto tra una leonessadi montagna e Ie convulsioni, se volevJ h volonti. "Il mio benefattore_efa uno sffegone di grandi poteri", prosegul. "Era un guerriero completo. La sua volonth fu d"weio il suo^successo piil magnifico. Ma un_uomo pub andare ancora pii oltre; un uomo pub impamre a uedere. Quando impara a aedere non ha pit bisogno di viv-ere come un guerriero, n6 di essere uno stregone. Quando iipata a aedere un uomo diventa tutto diventando nulla.-Svanisie, p.t .ori dir., eppure t ll. Direi che B la volta in cui un uomo pub erseri o pub ottenere tutto quello che desidera. Ma non desidera nulla, e inveie di eio care con i suoi simili come fossero giocattoli, va loro incontro nel melzo

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,I,'lla loro follia. La sola difierenza tr^ loro b che I'uomo dte uede t ontrolla la propria follia, menre gli altri uomini non possono.-L'uomo ,'he oede nott h" pit un interessi attivo per i suoi simili. Il vedere Lr ha gii assolutamentedistaccato da tutto cib che -conoscevaprima'. "La sola idea di essere distaccato da tutto quello che conosco mi ,li i brividi", dissi. "scherzi! Dovresti rabbrividire all'idea di non avere nulla da aspettarti se non un'esistenza in cui ripetere quello che hai sempre fatto. Pensa all'uomo che pianta il grano un anno dopo I'altro finchâ‚Ź b troppo vecchio e stanco per alzarci, e allora giace a terra come un vecchio cane. f suoi pensieri e i suoi sentimenti, il meglio di lui, girano senza scopo intorno a quello che ha sempte fatto, piantar grano. Per me B Io spreco piil spaventoso che esista. 'iSiamo-uomini ed b nosffo destino imparare ed esserespinti verso mondi inconcepibilmente nuovi". "Ci sono dr.'vero dei mondi nuovi per noi?", chiesi un po'per scherzo. "Non abbiamo esaurito nulla, sciocco", mi rispose imperiosamente. "ll uedere B per uomini impeccabili. Tempra il tuo spirito, diventa un guerriero, imiata a aedere, e allora saprai che i nuovi mondi che possiamo vedere non finiscono mai".


Il compito del 'uedere'

Don Juan non mi fece andare via una volta che ebbi terminato re sue commissioni, come aveva fatto negli ultimi ;.;pi. Ifi'Jirr. .t" potevo rimanere, e il giorno dopo. il 2g giugno'1969, im-ediatamente prima di mezzogiorno, mi diss. .h."u.rr?-fu,n.# ai'n,rouo. -^ ' "Dovrd cercare ancori di uedere il euardianoj;.-----"No,_questo i escluso. Si tratta di rir'altra cosa". Juan riempl con calma la pipa con la mistura da fumo, la accese _?f ra porse. ^ me e Non p^rovai-alcunaapprensione.Fui subito preio da una pesanre sonnolenza.euando ebbi finito di fumare tutta la mistura del fornello don Juan ripo-sela pipa e ,ni ,i,,ra ud ut prru"rJ .i.rs' a sedere l'uno di fronre all'altro su due stuoie ^rii. di paglia che don Juan aveva messo nel centro della sua ttii^. Disse che saremmo usciti per una brevc passeggiatae,mi incoraggid a camminar. ,osping.ndomi oolcemente. .becrun pa-ssoe re gambe mi si piegarono. Non reniii alcun oolorâ‚Ź. quando urtar al suolo co_nle ginocchia. Don Juan mi teneva per il braccio e mi rimise in piedi. "Devi camminare nello stessomodo in cui ti sei alzato I'altra volta,,, disse. "Devi usare la volonti". Mi sembrava di essere inchiodato al suolo. provai a muovere un passo col piede destro e quasi persi l,equilibrio. Don luan mi sostenne ll braccro destro sotto I'ascella e mi cata-purtddolcemente in avanti, ma le gambe non_mi reggevanoe sarei.roiluto con la facciai,.rru ru non mi avesseafferrato il braccio attutendomi la caduta. Mi sostenne per I'ascelladestra e mi fece appoggiarea lui. Non ,.nti.. ,,,ril" d;; ma ero certo di tenere la tesia s,.rlla ruu spalla; .,r.d.rro la stanza da una prospettiva sghemba. In quella posizione don Juan mi trascinb intorno al portico; ne facemmo du. volt. il giro ioto."r"*nr.; alla hne,rl m1o pe^soaumentd talmente che don -ottL dovette lasciarmi Juan cadere al suolo. sapevo di non potermi muoveie. In certo modo era come se una- parte _di me stesso volesse deliberatamente diventare pesante come il piombo. Don Juan non fece nessuno sforzo per tirarmi

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srr. Mi guardd per un istante: ero disteso al suolo davanti a lui. Cercai ,li sorridergli e lui scoppib a ridere; poi si piegb in avanti e mi diede rrn colpetto sul ventre. Provai una sensazionemolto sttana. Non era .lolorosa o piacevole nd nulla di simile, era piuttosto una scossa.Don fuan incomincib immediatamente a tatmi girare. Non sentivo nulla; l)ensavo che mi facesse girare perch6 la mia visione del portico caml;iava secondo un moto circolare. Quando don Juan mi ebbe sistemato nella posizione voluta fece un passo indietro. " Alzati in piedi!", ordinb imperiosamente. "Alzati in piedi come hai fatto l'altro giorno. Non gingillarti. Sai come fare ad alzirti. Adesso a,lzatil". Mi sforzai intensamente di ricordare le azioni che avevo compiuto in quell'occasione,ma non riuscivo a pensare con chiarczza;era come se i miei pensieri avessero una loro volonti, per quanto mi sforzassi di controllarli. Alla fine mi venne in mente che se avessi detto "su" come avevo fatto quella volta, mi sarei certamente alzato. Dissi "Su" con voce forte e chiara, ma non accaddenulla. Don Juan mi guardb con evidente dispiacere e poi mi camminb intorno dirigendosi verso la porta. Ero disteso sul 6anco sinistro e potevo vedere I'area prospiciente alla casa; avevo le spalle rivolte alla porta e percib quando don Juan mi girb intorno immaginai immediatamente che fosse andato dentro. "Don Juan!", chiamai forte; ma lui non rispose. Provavo un senso opprimente di impotenza e di disperazione.Volevo alzarmi. Dissi ripetutamente *Su', come se fosse quella la parola magica che mi avrebbe fatto muovere. Non accadde nulla. Provai una violenta frustrazione ed ebbi un accessodi collera. Volevo sbattere la testa al suolo e piangere. Passai momenti tormentosi in cui volevo muovermi o parlare e non riuscivo a fare nessuna delle due cose. Ero veramente immobile, panlizzato. "Don Juan, aiutatemi!", tiuscii a mugolare alla fine. Don Juan ritornb e si mise a sedere davanti a me, ridendo. Disse che stavo diventando isterico e che tutto quello che provavo era illogico. Mi sollevb la testa e guardandomi fisso mi disse che avevo avuto un attacco di falsa paura. Mi disse di non angustiarmi. ., o i,ii\','1i,. "La tua vita sta diventando complicata", mi disse. "Liberati da tutto qui perdere freddo. ricompocib che ti fa il sangue Resta tranquillo e \ t i! i( i, . lii niti ". Mi mise la testa per terra. Mi scavalcbe potei solo percepire lo strascicaredei suoi sandali mentre si allontanava. Il mio primo impulso fu di angustiarmi nuovamente, ma non potei raccogliere I'energia sufrciente per farlo. Mi accorsi invece di scivolare


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in un raro stato di sereniti; fui awolto da un gran sentimento di benessere. Sapevo quale fosse la complessiti della mia vita. Era il mio bambino. Volevo esseresuo padre fii di qualsiasi altra cosa al mondo. Mi piaceva l'idea di plasmare il suo carattere,di condurlo con me in escursio!'i e di insegnargli 'come vivere', eppure aborrivo I'idea di costringerlo nel mio modo di vita, ma era pioprio quello che avrei dovuto fare, cosffingerlo con la forza o con quella atificiosa serie di argomentazioni e premi che noi chiamiamo comprensione. "Devo lasciarlo andare", pensai. "Non devo aflerrarmi a lui. Devo Iasciatlo libero". Questi pensieri produssero in me un terribile senso di malinconia. Incominciai a piangere.Gli occhi mi si riempirono di lacrime e la vista del portico si o{fuscb. Improwisamente sentii un forte impulso ad alzav mi per cercare don Juan e spiegargli del mio bambino; e subito dopo mi accorsi di guardare il portico da una posizione eretta. Mi voltai per guardare la casae scorsi don Juan in piedi davanti a me. Evidentemente era sempre rimasto diero di me. Sebbene non potessi sentire i miei passi dovevo aver camminato verso di lui perchd mi mossi. Don Juan lr&n. rr"rro di me e mi sostenne per le ascelle. Il suo volto era viiinissimo al mio. "Ben fatto, ben fatto", disse in tono rassicurante. In quell'istante mi resi conto che stava accadendoqualcosa di suaorlinario. Dappdma ebbi soltanto la sensazionedi ricordare un episodio ,accaduto anni prima. Una volta, in passato, avevo visto il volto di don ;[uan molto vicino al mio; avevo fumato la sua mistura e avevo avuto la sensazioneche la faccia di don Tuan fosse sommersa in una vasca piena d'acqua. Era enorme e luminbsa e si muoveva. L'immagine era stata cosl breve che non avevo avuto il tempo di esaminarla veramente. Questa volta, perb, don Juan mi sostenevae la sua faccia era a non pit di trenta centimeui dalla mia ed ebbi il tempo di esaminarla.Quando mi alzai e mi voltai vidi chiaramente don luan: 'il don Tuan che cone scevo'veniva chiaramenteverso di me e mi rostenevr. Ma ouando misi a fuoco gli occhi sulla sua faccia non vidi don Juan come ero abituato a vederlo; vidi invece un grande oggetto di fronte ai miei occhi. Sapevo che era la faccia di don Juan, eppure tale conoscenza non era guidata dalla mia petcezione, era piuttosto una mia conclusione logica; dopo tutto Ia memoria mi confermava che un istante prima 'il don Juan che conoscevo' mi sorreggeva per le ascelle. Quindi lo strano oggetto luminoso di fronte a me doveva essere la faccia di don Juan; mi era familiare; eppure non aveva nessuna somiglianza con quella che avrei chiamato la 'vera' faccia di don Juan. Quello che guardavo era un oggetto totondo con una sua luminositi. Ogni sua parte si muoveva. Percepivo

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rrn flusso contenuto, ondulatorio e ritmico; era come se il flusso fosse r:rcchiusoin se stesso, non si muoveva mai al di li dei suoi limiti, ('[)pure I'oggetto davanti ai miei occhi trasudava movimento in ogni lrLrntodella sua superficie. Mi venne in mente che trasudassevita. In realt) era cosl vivo che rimasi assorto a guardarne il movimento. Era rrn palpito che ipnotizzava. Mi assorbii sempre pii nella contemplazione dell'oggetto finchd non seppi pii riconoscere la natura del fenomeno davanti ai miei occhi. Sentii una scossaimptowisa; I'oggetto luminoso divenne indistinto, come se qualcosa lo agitasse,poi perse la sua luminosit) e divenne solido e carnoso. Stavo guardando il familiare volto abbronzato di don Juan. Sorrideva placidamente. La visione della sua 'vera' faccia durd un istante e poi la faccia acquistb di nuovo una luminosit), uno splendore, un'iridescenza.Non era una luce come sono abituato a percepirla, e nemmeno una luminositi; era piuttosto un movimento, un remolio incredibilmente veloce di qualcosa. L'oggetto risplendente incomincib a gorgogliare intertompendo la sua continuiti ondulatoria. Il suo splendore diminul mentre si scuoteva, finch6 divenne nuovamente la 'concreta' faccia di don Juan come la vedevo nella vita quotidiana. In quel momento mi rcsi vagamente conto che don Juan mi scuoteva. Mi parlava anche. Non capivo quel che diceva, ma siccome continuava a scuotermi alla fine lo udii. "Non fissarmi. Non fissarmi", continuava a dirmi. "Interrompi lo sguardo. Interrompi lo sguardo. Distogli gli occhi". Scuotendomi il corpo don Juan sembrava cosringermi a spostare il mio sguardo ostinato; evidentemente quando non fissavo intensamente il viso di don Juan non vedevo I'oggetto luminoso. Quando distoglievo gli sli occhi dalla sua faccia e la guardavo zuardavo con la coda dell'occhio, per cosl potevo percepire,una percepire una potevo percepire percepire la soliditi; dire, potevo dire, ne potevo soliditi; vale a dire, persona iridimensionale; senza guardatlo realmente potevo, in effetti, percepire tutto il suo colpo, ma quando mettevo a fuoco lo sguardo, la faccia diventava immediatamente I'oggetto luminoso. "Non guardarmi afratto", disse gravemente don Juan. Distolsi gli occhieguardai atert^. "Non fissare lo sguardo su nulla", aggiunse imperiosamente e si spostb di lato per aiutatmi a camminare. Non sentivo i miei passi e non riuscivo a immaginare come potessi camminare; tuttavia, con don Juan che mi sosteneva per le ascelle, camminai per tutto il percorso fino alla parte posteriore della casa. Ci fermammo presso il canaletto di irrigazione. "Ora fissa l'acqua", mi ordind don Juan. Guardai I'acqua ma non riuscii a fissarla. In qualche modo iI movi-

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mento della corrente mi distraeva. Don Juan mi esortava scherzosamente a esercitarei miei 'poteri di fissaggio'; ma non riuscivo a concenffarmi. Fissai ancora una volta la sua faccia ma la luminosit) non divenne piir evidente. Incominciai a sentire nel corpo uno strano pmrito, la sensazionedi un arto che si fosse addormentato; i muscoli delle gambe incominciarono a contrarsi. Don Juan mi tufib in acqua e caddi fino sul fondo. Evidentemente mi aveva tenuto la mano iesffa mentre mi spingeva e quando ebbi toccato il fondo basso mi tirb su di nuovo. Mi ci volle molto per riacquistare il controllo su me stesso.Quando ritornammo alla casaqualche ora dopo chiesi a don Juan di spiegarmi la mia esperienza.Mentri indossavo abiti asciutti gli descrissi con eccitazione quello che avevo percepito, ma lui ignord tutto il mio racconto dicendo che non conteneva niente di importante. "Grandi cose!", mi disse canzonandomi."Hai visto una luminosit), grandi cose". Insistei chiedendo una spiegazione,ma don Juan si alzb dicendo che doveva andarsene.Erano quasi le cinque del pomeriggio.

Il giorno dopo insistei mia stranaesperienza.

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nuovo con don Tuan oer discutere della

"Era oedere,don Juan?", chiesi. Don Juan rimase silenzioso, sorridendo misteriosamente, mentre continuavo a insistere perch6 mi rispondesse. fine. "Stavi "Dciamo che il oedere b qualcosa -vista di simile", disse alla risplendere, ma era ancora la mia fissando la mia faccia e I'hai faccia. E, solo che il piccolo fumo ti fa fissarein quel modo. Tutto qui". "Ma in che modo il oedere sarebbedifferente?". "Quando uedi, nel mondo non ci sono pii aspetti familiari. Tutto b nuovo. Tutto non d mai accadutoprima. Il mondo E incredibile". "Perch6 dite incredibile, don Juan. Che cosa lo rende incredibile?". "Nulla b piil familiare. Tutto quello che fissi diventa nulla! Ieri non hai oisto. Hai fissato la mia facciae, siccome ti piaccio, hai notato la mia luminositi. Non ero mostruoso, come il guardiano, ma bellissimo e interessante.Ma non mi hai uisto.Io non sono diventato nulla davanti a te. Eppure sei andato bene. Hai compiuto il primo v-ero passo verso il oedeii. Il solo inconveniente E stato che hai messo a fuoco lo sguardo su di me, e in questo caso io per te non sono meglio del guardiano. Sei caduto in tutti e due i casi e non hai aisto". "Le cose scompaiono? Come fanno a diventare nulla?" "Non scompaiono. Non svaniscono, se b questo .che semplicementediventano nulla eppure ci sono sempre".

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"Come b possibile,don Juan?". "Ancora questa tua dannatissima insistenza a parlare!", esclamb ,lon Juan in tono serio. "Forse non abbiamo capito bene qual era la tua l)romessa.Forse in realt) la tua promessa b di non smettere mai, mai, tl i parl are" . Il tono di don Juan era severo e la sua espressionepreoccupata.Volcvo ridere ma non osai. Pensavo che don Juan fosse serio, ma non lp cra. Scoppid a ridere. Gli dissi che se non parlavo diventavo molto llcrvoso. "Allora camminiamo". disse. Mi condussefino all'imboccatura di un canyon alla base delle colline. Ilu una camminata di circa un'ora. Ci riposammo per un po' e poi don Iuan mi guidb attraverso la bassa vegetazione del deserto fino a una pozza d'acqua; un posto, ciob, dove diceva che c'era vna pozzt d'acqua. Era asciutta come ogni altro punto della zona circostante. "Siediti in mezzo alla pozza", mi ordin6. Obbedii e mi misi a sedere. "Vi sedetequi anchevoi?", chiesi. Lo vidi che si sceglievaun posto a circa venti metri dal centro della pozza, contro le rocce del fianco della montagna. Disse che mi avrebbe sorvegliato da l). Ero seduto con le ginocchia contro il petto ma don Juan corressela mia posizionedicendomi di sedere con la gamba sinistra sotto il corpo e con la desra piegata, col ginocchio in alto. Dovevo tenere il braccio destro lungo il fianco con il pugno appoggiato al suolo, mentre il braccio sinistro doveva essereincrociato sul petto. Mi disse di voltarmi verso di lui e di rimanere ll, rilassato ma non 'abbandonato'. Poi tolse di tasca una specie di funicella biancastra. Sembrava un grosso cappio. Se la fece passareintorno al collo e la tirb con la mano sinistra finchd fu tesa. Con la mano desra pizzicb la corda tesa che mandb un suono sordo e vibrante. Allentd la stretta e mi guardb ordinandomi di udare una determinata parola quando incominciassi a sentir arrivare qualcosaquando lui pizzicava la corda. Gli chiesi che cosa avrebhe dovuto arrivarmi, ma lui mi disse di tacere. C.on la mano mi fece segno che stava per cominciare. Invece non incomincid. mi diede un'altra ammonizione. Disse che se mi fosse arrivato qualcosa in modo molto minaccioso dovevo adottare una posizione da combattimento che mi aveva insegnato alcuni anni prima; questa posizione consistevain una danza eseguitabattendo a terra con la punta del piede sinistro e percuotendo nello stesso tempo la coscia sinistra con vigore. La posizione da combattimento f.aceuaparte di una tecnica difensiva usata in casi di estremo disagio e pericolo.


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.Provai per un attimo una vera apprensione.volevo indagare sulla ragione.per cui-eravaTo la, ma don Juah non mi diede t"o,po Jin.o-in_ cib a pizzicare-la corda. Lo fece varie volte a regolari intelralli Ji forr. venti secondi. Mi accorsi che a mano a mano chE continuau^ re -uirla^ la corda ne aumentava la tensione. potevo u.d".gli l. ^ii"rir .'ii .otto tremare sotto lo sforzo. Il suono divenne pit cf,iaro e mi accorsi che don Juan lanciava uno s'ano grido ogni volia che pir.rciii r".oiau. rr suono combinato della corda tesa e-della uo.. u^..n" produceva un magico rimbombo soprannaturale. Non sentii arrivatmi nulla, ma la vista dello sforzo di don Juan e il suono misterioso che produceva mi avevano quasi portato in un6 stato di trance. Don Juan allentb la stretta e mi guardd. Menre suonava mi aveva voltato le spall.gguardando verso sudT-est, come me; quando si rilassb si volse verso di me. "Non guardarmi mentre suono', disse. "perb non chiudere eli occhi. Non li chiudere afiatto. Guarda il terreno davanti a te e ascolia". Tese di nuovo la corda e riprese a suonare. Guardai il terreno e mi concentrai sul suono che produceva. Non avevo mai udito quel suono nella mia vita. Ero molto spaventato. L'irreale rimbombo riempiva il canyon e incominciava a produrre un'eco. Infatti il suono ptodotto da ion Tuan mi ritornava come un'eco dalle pareti circostanti. Anche don Iuan doveva esserseneaccorto e accrebbe la tensione della corda. Sebtene avesse cambiato il timbro, I'eco sembrb decresceree poi concentrarsi su un punto, verso sud-est. Don Juan ridusse gradualmente la tensione della corda finch6 sentii un ultimo suono sordo, si mise la corda in tasca.si diresse verso di me e mi aiutb ad alzarmi. Mi accorsi di avere i muscoli delle braccia e delle gambe irrigiditi, come sassi; ero letteralmente fradicio di sudore. Non mi ero accorto di aver sudato cosl profusamente. Le gocce di sudore mi entravano negli occhi facendoli bruciare. Don Juan mi trascinb praticamente fuori dal canyon. Cercai di dire qualcosama lui mi mise la mano sulla bocca. Invece di uscire dal canyon per la via percorsa all'andata, don Juan fece una deviazione. Ci arrampiiammo sul-fianco della montagna e- alla fine arrivammo su colline molto lontane dall'imboccatura del ianyon. Camminammo in completo silenzio fino alla casa.Quando arrivammo era gii buio. Cercai nuovamente di parlare ma don Juan mi mise ancora una volta la mano sulla bocca. Non mangiammo e non accendemmola lampada a cherosene.Don Juan mise la mia stuoia nella sua stanzae me la indicb col mento. Com-

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il suo gesto significava che dovevo mettermi disteso e dor"Ho proprio quello che devi fare", mi disse don Juan la mattina ,lopo appenafui sveglio. "fncomincerai oggi. Non c'd molto tempo, sai". "Che cosa mi avete fatto farc ieri nel canyon?", mi sentii costretto .r chiedergli dopo una pausa molto lunga e faticosa. Don Juan rise come un bambino "Ho semplicementefatto uscire lo spirito di quella pozza A'acqua", .lisse. "Quel tipo di spirito deve esserefatto uscire quando la pozza E :rsciutta, quando lo spirito si t ritirato nella montagna. Ieri, diciamo, I'ho svegliato dal suo dormiveglia. Ma a lui non b dispiaciuto e si E ri volto verso la tua direzione fortunata. La sua voce proveniva da quella clirezione". Don Juan indicb verso sud-est. "Che cosa era la corda che suonavate.don luan?". "Un accalappiaspiriti". "Lo posso guatdare?". "No. Ma te ne farb uno. O meglio ancora, tu te ne farai uno un giorno, quando avrai imparato a oedere". "Di che d fatto, don Juan?". "Il mio b un cinghiale. Quando ne avrai uno capirai che E vivo e che ti pub insegnare i differenti suoni che vuole. C.on la pratica riuscirai a conoscerecosl bene il tuo accalappiaspiriti che insieme ptodurrete suoni pieni di potere". "Perch6 mi avete condotto a cercate lo spirito della pozza d'acqua, don Juan?" . "Lo saprai molto ptesto". Verso le undici e mezzo del mattino eravamo seduti sotto la ramada e don Juan preparb la sua pipa perch6 io la fumassi. Quando ebbi il corpo tutto intorpidito mi ordinb di alzarmi ir piedi; lo feci con grande facilit). Don Juan mi aiutb a passeggiare.Er< sorpreso del mio controllo; camminai nuovamente per due volte intorn< alla ramada, da solo. Don Juan mi stava al 6.anco ma non mi guidava n6 mi sosteneva. Poi mi prese per la mano e mi guidb fino al canaletto di irrigazione. Mi fece sedere sull'estremiti della sponda e mi ordind imperiosamentedi fissareI'acqua e di non pensare a niente altro. Cercai di concentrare lo sguardo sull'acqua ma il suo movimento mi distraeva. La mente e gli oichi presero a vag^re su altri aspetti delI'ambiente che mi circondava. Don Juan mi scosse la testa in su e in gii e mi ordinb di nuovo di fissareI'acqua in movimento e di non pen-


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sare affatto. Disse che era diffcile fissare I'acqua in movimento e che si doveva continuare a tentare. ogni volta don J,ran mi ,co.re i" t.rt, con molta pazienza.AIla fine mi accorsi che la mia mente e i miei occhi si concentravanosull'acqua; nonostanteil movimento dell'acqua mi stavo immergendo nella visione della sua liquiditi. L'acqua divenne lievemente diversa. Sembrava piil pesante. di ,rn colore uniformemente grigio verde. Potevo notare le increspatureche produceva mentre si muoveva: erano estremamentenette. E poi, a un tratto, ebbi la sensazione di guardarenon una mass_a d'acqua-in.movimento rn" un'immagine di acqua; quello che avevo davanti aeli occhi era un frammento Jofidificato dell'acqua corrente. Le increspatureerano immobili e potevo guardare ognuna di esse.Poi incominciarono ad acquistareuna fosforescenza verde e da essetrasudavauna speciedi nebbia verde. La nebbia si esoandeva in increspa-ture e mentre si muoveva diventava di un verde'piil brillante finchd fu un'irradiazione abbasliante che coprl tutto. Non so per quanto tempo rimasi pr6sso il canale.bon Juan non riri interruppe. Ero immerso nella luminositi verde della nebbia. La Dotevo sentire tlltto intorno a me. Mi acquietava.Non avevo pensieri, no[ avevo sensazioni.Tutto quello che sentivo era una quieta consapevolezza,la sensazionedi un verde brillante che mi acquielava. La prima cosa di cui mi resi conro fu di essereesremamente freddo e umido, e a poco a poco mi accorsi di essereimmerso nel canaletto di ftrigazione. Poi I'acqua mi scivolb nel naso, la inghiottii e mi fece tossire. Provavo un fastidioso prurito dentro al naso e starnutii ripetutamente. Mi in piedi e feci uno starnuto cosl forte e sonoro che mi sfuggl -alzai anche una scoreggia.Don Juan battd le mani e rise. 'Se un corpo scoreggiad ancora vivo", disse. Mi fece cenno di seguirlo e ci dirigemmo verso la sua casa.Pensai di rimanere in silenzio. Mi aspettavoin certo modo di sentirmi svosliato e cupo, ma in realt) non ..o n6 stanco n6 malinconico.Mi senti; invece allegro e mi cambiai velocemente gli abiti. Mi misi a fischiettare. D_on Jr,ranmi guardb cnriosamente fingendo di essere sorpreso e spalancando la bocca e gli occhi. La sua espressionefu molto bufia e io iisi pit a lungo del necessario. "Stai diventando pazzo", disse don Juan e rise forte anche lui. GIi spiegai che non volevo prendere I'abitudine di sentirmi tetro dopo aver usato la sua mistura da fumo. Aggiunsi che dopo che mi aveva tirato fuori dal canale di irrigazione, durante i miei tentativi di incontrare il guardiano, mi ero convinto che avrei potuto 'vedere' se avessi fissato abbastanzaa lungo le cose intorno a me. "lledere non si riduce a guardare e stare zitti", disse. "Vedere E

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una tecnica che si deve imparare. O forse b una tecnica che qualcuno di rroi gi) conosce". Mi guardb di sottecchi come per insinuare che io ero uno di quelli che gii conoscevanoIa tecnica. "Ti senti abbastanzaforte oer camminare?". mi chiese. GIi risposi che mi sentivo bene, ed era vero. i.lon ,u"rro fame benchd non avessipreso cibo in tutto il giorno. Don Juan mise pane e pezzi di carne seccain uno zaino, me Io porse e col capo mi fece segnodi seguirlo. "Dove andiamo?", chiesi. Mi indicb le colline con un leggero movimento del capo. Ci dirigemmo verso lo stesso canyon dove era la pozza d'acqua, ma non entrammo. Don Juan si arrampicb sulle rocce alla nostra destra, proprio all'imboccatura del canvon. Salimmo su per la collina. Il sole era quasi all'orizzorfte. Era una giornata mite ma io avevo molto caldo e soffocavo. Riuscivo a stento a respirare. Don Juan era molto avanti a me e dovette fermarsi per permettermi di raggiungerlo. Osservb che le mie condizioni fisiche erano terribili e che forse non era saggio andare piil oltre. Mi lascib riposare per circa un'ora. Scelseun macigno levigato, quasi rotondo, e mi disse di stendermi ll sopra. Mi sistemb il corpo sul macigno e mi fece stenderebraccia e gambe lasciandole pendere in modo che la schiena fosse lievemente inarcata, il collo rilassato, e che il capo penzolasse.Mi fece rimanere in quella posizione per circa quindici minuti. Poi mi disse di scoprirmi la regione addominale. Scelsecon cura dei rami e delle foglie e me li accumulb sulla pancia nuda. Sentii in tutto il corpo un calore immediato. Allora mi prese per i piedi e mi fece girare finchd ebbi il capo rivolto vetso sud-est. "Adesso chiamiamo 1o spirito della pozza d'acqua", disse. Cercai di voltare il capo per guardarlo. Don Juan mi tenne per i capelli e disse che ero in una posizione vulnerabilissima e in uno stato fisico terribilmente debole e che dovevo restare zitto e immobile. Mi aveva messo tutti quegli speciali rami sulla pancia per difesa e sarebbe rimasto vicino a me nel caso che non fossi riuscito a proteggermi. Era in piedi vicino alla sommit) della mia testa, e se ruotavo gli occhi 1o potevo vedere. Prese la sua corda e la tese e allora mi accorsi che lo guardavo ruotando gli occhi indietro nella fronte. Don Juan mi diede un colpetto sulla testa con le nocche e mi ordinb di guardare il cielo, di non chiudere gli occhi e di concentrarmi sul suono. Aggiunse, come ripensandoci,che se mi fosse arrivato qualcosanon dovevo esitare a urlare la pada che mi aveva insegnato. Don Juan e il suo 'accalappiaspiriti' incominciarono con un suono basso. Don Juan quindi aumentb lentamente la tensione e io incomin-


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ciai a udire dapprima una specie di rimbombo e poi una chiara eco che proveniva distintamente da una direzione a t.td-ert. La tensione aumentd. Don Juan e il suo 'accalappiaspiriti'erano perfettamentesincronizzati. La corda produceva ,rnu not^ bassa e don Tuan la amoliavaaccrescendonel'intensit) fino a fatla diventare un griio p.rr.tr"ni., un richiamo ululante. L'apice era uno stillo soprannaiurale, inconcepibile dal punto di vista della mia esperienza. Il suono si ripercuoteu"n.ll. montagnee ritornava a noi con I'eco. Immaginai che venissedirettamenteverso di me. Sentii che aveva qualcosa a cbe fare con la te,mperaturadel mio corpo. Prima che don juan incominciasse i suoi richiami mi sentivo molto caldo e comodo, ma durante I'acme delle sue grida mi sentivo gelare; i.denti mi battevano incontrollabilmente e avevo dawero la sensazioneche mi stesse arrivando qualcosa.A un certo punto notai che il cielo si era fatto molto scuro. Non mi ero reso conto del cielo sebbenelo stessiguardando. provai un istante di panico intenso e udai con forza la parola insegnatami da don Juan. Don Juan incomincid immediatamente a diminuire la tensione dei suoi richiami soprannaturali, ma la cosa non mi dieCe alcun sollievo. "Copriti le orecchie", mormord imperiosamente. coprii le orecchiecon le mani. Dopo qualche minuto don Juan -Mi si fermb e venne al mio fianco. Mi aiutd id alzatmi dopo avermi iolto dalla pancia rami e foglie, che mise con cura sul sassodove ero rimasto disteso. Con quei rami fece un fuoco, e mentre bruciavano mi strofind lo stomaco con alre foglie prese dalla sua sacca. Stavo per dirgli che avevo un terribile mal di testa, ma lui mi tapp6 la bocca con la mano. Aspettammo finchd furono bruciate tutte le foglie. Era ormai abbastanza buio. Scendemmodalle colline e io avevo ll voltastomaco. IUentre camminavamo lungo il canaletto di irrigazione don Juan mi disse che avevo fatto abbastanza e che non dovevo rimanere li. Gli chiesi di spiegarmi che cosa fosse lo spirito della pozza d'acqua, ma lui mi fece segno di tacere. Disse che ne avremmo parlato un'altra volta, poi cambib volutamente I'argomento e mi diede una lunga spiegazione sul 'vedere'. Io dissi che era un Deccato che non Dotessi scrivere al buio. Don Juan sembrb contento . dis" che il pii delle volte non facevo attenzione a quello che diceva perchd ero.oti deciso a trascrivere tutto. Parlb del 'vedere' come di un processo indipendente dagli alleati e dalle tecniche della stregoneria. Lo stregone e.i rrtr^ persona che poteva comandareun alleato e poteva cosi manipolare a proprio vantaggio

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il l.ntere di un alleato, ma il fatto che comandasseun alleato non signimi aveva detto che licava che potesse 'vedere'. Gli ricordai che prima -alleato. Con molta calma ,'ra impossibile 'vedere' se non si aveva un ,lon.fJan rispose di essere arrivato alla conclusione che era possibile 'vedere' e tuttavia non comandareun alleato. Sentiva che non c'eta rarlione perchd non fosse cosl, perchd il 'vedere' non aveva niente a che lrrrâ‚Ź con le tecniche di manipolazione della stregoneria, utili solo per .rgiresugli altri uomini. Le tecnichedel'vedere', d'altra parte, non avevano efietto sugli uomini. I miei pensieri erano chiarissimi. Non provavo stancheza n6 sonnolcnza e non avevo oii un senso di disagio allo stomaco menffe camminirvo. Avevo una fame terribile e quando arrivammo a casa mi rimpinzai di cibo. Piil tardi chiesi a don Juan di parlarmi ancora delle tecniche del 'vedere'. Don Juan mi fece un largo sorriso e mi disse che ero tornato me stesso. "Com'b", chiesi, "che le tecniche del aedere non hanno efietto sugli altri uomini?". "Te I'ho gii detto", rispose. "ll oedere non A stregoneda. Eppure un uomo pud confonderli, perchd I'uomo che uede pub imparare istantaneamentea manipolare un alleato e pub diventare cosl uno stregorc. D'altra parte, un uomo pub imparare certe tecniche per comandare un alleato e diventare cosi uno stregone, eppure pub non imparare mai a oedere. "Tra I'altro, il uedere b conffario alla stregoneia. Il uedere fa comprendere la mancanza di importanza di tutto". "La mancanzadi importanza di cosa, don Juan?". "La mancanzadi importanza di tutte le cose". Non dicemmo altro. Mi sentivo molto rilassato e non volevo piil parlare. Stavo disteso supino sulla mia stuoia di paglia. Mi ero fatto un cuscino con la giaccaa vento. Mi sentivo comodo e contento e scrissi i miei appunti per ore alla luce della lampada a cherosene. A un tratto don Juan padb di nuovo. "Oggi ti seicomportatomolto bene", disse."Ti sei comportatomolto bene all'acqua. Sei piaciuto allo spirito dell'acqua che ti ha aiutato". Mi accorsidi aver dimenticato di raccontargli la mia esperienzae incominciai a descrivergli come avevo percepito l'acqua. Non mi lascib continuare ma disse che sapevache avevo percepito una nebbia verde. "Come avete fatto a sapedo, don Juan?", mi sentii costretto a chiedergli. "Ti ho uisto". "Che cosa ho fatto?".


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"Niente-, stavi seduto a fissareI'acquae alla 6ne hai percepitola nebbia verde". "E stato uedere?". "No. Ma era molto vicino. Ti stai awicinando". Mi eccitaimolto..volevo saperedi piil. Don Juan rise e si prese gioco della mia impazienza;disseche chiunqu. pot.uu percepirela^nebbra verde perch6era come il guardiano,qualcosadi inevitabi-rmente presente,quindi il percepirlanon era grrn8e impresa. " Quando ti ho detto che ti sei-cotnpott"io bene volevo dire che non ti sei.agitatocome hai fatto con il guardiano",disse."se tu fossi diventato inequieto avrei dovuto scuoter;i la testa e riportarti indiemo. ogni volta che un uomo entra nella nebbiaverde il suobenefattoredeve restareaccantoa lui nel casoche la nebbia riescaa intrappolarlo. puoi saltareda solo fuori de-llapo*ata del guardiano, ,ron iuoi sfuggire da. solo.alle grinfie della nibbia verdel per lo -" ,,on^ur princ'ifio. Pit_tardi potrai imparare a f.arlo.ora cerchiamo -.no di scoprirequalcoi'altro ". "Che cosacerchiamodi scoprire?". "Se puoi uedereI'acqua". "C,omesaprd che l'ho aista, o che la sto uedendo?,,. "Lo saprai.Tu ti confondi solo quando parli".

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Mentre lavoravo ai miei appunti mi si erano presentatt diversi interrogativi. "Anche la nebbia verde, come il guardiano, b un qualcosa che bisogna vincere per poter oedere?", chiesi a don Juan appena fummo seduti sotto la sua ratttada, I'otto agosto del 1969. "Si. Bisogna vincere tutto', mi rispose. "Come posso vincere la nebbia vetde?". "Nello stesso modo in cui avtesti dovuto vincere il guardiano, lasciando che si trasforrnassein nulla". "Che dovrei fare?". "Nulla. Per te la nebbia verde b un qualcosa di molto piil facile del guardiano. Tu piaci allo spirito della pozza d'acqua, mentte non era certo nel tuo carattere di combattere col guardiano. Tu non hai mai veramente aisto il guardiano". 'Forse perchâ‚Źnon mi piaceva.Che accadrebbese dovessi incontrare un guardiano che mi piacesse?Devono esistere persone che considererebbero bello il guardiano che ho visto. Lo vincerebbero perchd a loro piace? " . "No! Ancora non capisci. Non importa se il guardiano ti piace o no. Finchd provi un sentimento nei suoi confronti, il guardiano rimarri il medesimo,mostruoso, bello, o quel che sia. Se non provi nessun sentimento nei suoi confronti, d'altra parte, il guardiano diventeri nulla e sar) sempre ll davanti a te". L'idea che un qualcosa di colossale come il guardiano potesse diventare nulla e tuttavia esseredavanti ai miei occhi mi sembravaassolutamente senzasenso.Sentivo che questa era una delle premessealogiche della conoscenzadi don Juan, perb sentivo anche che se lo avessevoluto don Juan me lo avrebbe potuto spiegare.Gli chiesi insistentementeche cosa aveva inteso dire con quelle parole. "Pensavi che il guardianofosseun qualcosache conoscevi,eccoquello che voglio dire".

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"Ma io non pensavo che fosse qualcosache conoscevo". "Hai pensatoche fosse enorme. Le sue dimensioni incutevano paura. Era un mostro. Tu sai che cosa sono tutte queste cose.euindi ir'guardiano era sempre qualcosa che conoscevi; e finchd rimanevi qualcosi che conoscevi non lo aedeui. Te I'ho gi) detto, il guardiano-doveva diventare nulla e tuttavia doveva rimanere di frontJ a te. Doveva esserci e nello stesso tempo doveva esserenulla'. "Come i possibile, don Juan? Quel che dite b assurdo". "l,o a. Ma quello d oedere. Dawero non c'b modo di oarlarne. Come ho detto prima, si impara a oedere col aedere. "Evidentemente tu non hai problemi con I'acqua, I'altro giorno I'hai quasi oista. J--acqu-ab il tuo 'perno'. ora ti occome solo periezionare la tua tecnica del uedere. Hai un potente aiutante nello spirito della pozza d'acqua". "Questo b un altro, dei miei interrogativi scottanri, don Juan". "Puoi avere tutti gl_iinterrogativi scottanti che ti pare, .ron porsiamo stare a parlare dello spirito della pozza d'acqua qui nelle -a vicinanze. Anzi,-E meglio-non pensarci afr.atto.Assolutamenteno. Altrimenti lo spirito ti intrappoler), e se questo accadenon c'd nulla che un uomo vivente possa fare per aiutarti. Percib tieni la bocca chiusa e pensa a qualcosa d'altro'. Verso le dieci del mattino dopo don Juan tolse la pipa dal suo astuccio, l-a riempl con Ia misrura da fumo, poi me la porse dicendomi di portarla fino alla sponda del ruscello. Tenendo la pipa con tutte e due le mani riuscii a sbottonarmi la camicia, a metterci dentro la pipa e a t-enerla-smetta. Don Juan portb due stuoie di paglia e un piatiino con dei carboni. Era una giornata calda. Ci sedemmo-sullestuoie all'ombra -di di un piccolo gruppo alberi trea propfio ai margini dell'acqua. Don Juan mise un carbone nel fornello della pipa e mi disse di fumare. Non provavo alcuna apprensione nd alcun sentimento di euforia. Ricordai che durante il mio secondo tentativo di 'vedere' il guardiano, dopo che don Juan me ne aveva spiegato la natura, avevo provato una sensazione unica di meraviglia e di sbigottimento. Questa volta, invece, sebbene fossi cosciente della possibiliti di 'vedere' veramente l'acqua, non mi sentivo emozionato ma solo curioso. Don Juan mi fece fumare un quantitativo doppio di quello fumato nei tentativi precedenti e a un certo momento si piegb in avanti, bisbigliandomi nell'otecchio destro che stava per iniegnarmi come usare I'acqua per muovermi. Sentii la sua faccia molto vicina alla mia, come se avesseappoggiato la bocca al mio orecchio. Mi disse di non fissare lo sguardo nell'acqua ma di concenrare gli occhi sulla superficie e di

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tenerli fissi finchâ‚Ź I'acqua non si fosse trasformata in una nebbia verde. Ripetd piil volte che dovevo dedicare tutta la mia attenzione alla nebbia finch6 non riuscivo a percepire altro. "Guarda I'acqua davanti a te", lo sentii dire, "ma non lasciareche il suo suono ti porti da nessunaparte. Se ti lasci trasportare dal suono deli'acqua potrei non riuscire pii a trovarti e a riportarti indietro. Ora entra nella nebbia verde e ascolta la mia voce'. Lo udii e lo compresi con straordinaria chiarezza.Incominciai a guardarefissamenteI'aiqua e provai una stranissimasensazionedi piacere fisico: un prurito; una feliciti indefinita. Fissai a lungo ma non percepivo la nebbia verde. Sentii che gli occhi stavano perdendo la messaa iuoco e dovetti sforzarmi di contiiuare a suardare i'u.q,la, alla fine non riuscii piil a controllarli e probabilm"nt. ii chiusi, o battei le palpebre, o forse devo avet soltanto perso Ia capacit) di mettere a fuoco; in ogni caso, proprio in quel momento I'acqua diventb fissa; cessbdi muoversi. Sembrava un quadro, le increspature erano immobili. Poi I'acqua incomincib a ftizzare; era come se contenesseparticelle di bicarbonato che esplodevano contemporaneamente,Per un istante vidi questo frizzare come una lenta espansionedi materia verde. Era un'esplosione silenziosa; I'acqua esplodeva in una brillante nebbia verde, che continuava a espandersifino ad awilupparmi. Rimasi sospesoin quella nebbia finch6 un urlo molto acuto, prolungato e stridulo, scosseogni cosa; la nebbia sembrd congelarsi nelle consuete sembianzedella superficiedell'acqua.Il suono stridulo era prdotto da don Juan che gridava "T'Ieiiii!" vicino al mio orecchio.Mi disse di fare attenzione alla sua voce e di rientrare nella nebbia e aspettarefinchd mi avessechiamato. Dissi "O. K." in inglese e sentii lo scoppiettio della sua risata. "Per piacerenon parlare", mi disse."Non mi dire pit O. K.'. Lo potevo udire benissimo.La sua voce era melodiosa e soprattutto amichevole. Lo sapevo senzapensare; era una convinzione che mi colpiva e che poi passava. La voce di don Juan mi ordinb di concentrare tutta la mia attenzione sulla nebbia ma di non abbandonarmi a essa.Dsse ripetutamente che un guetriero non si abbandonaa nulla, nemmeno alla propria morte. Mi immersi di nuovo nella nebbia e notai che non era affatto nebbia, o per lo meno non era come io immagino che sia la nebbia. Il fenomeno era composto di bollicine, oggetti rotondi che entavano nel campo della mia 'visione' e ne uscivano come galleggiando.Ne osservai per un po' i movimenti, poi un fotte rumore lontano scossela mia attenzione, persi la capaciti di mettere a fuoco e non potei pii petcepire le bollicine. In quel momento potevo rendermi conto solo di una nebbiosa luminositi


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verde e amorfa. Sentii ancora il forte mmore e la scossache produsse scaccib immediatamente Ia nebbia e mi trovai a guardare faiq,ra dal canaletto.di irrigazione. Poi udii di nuovo qrrel ruf;ore p;u la voce di don Juan- Mi_diceva di fargli attenzione, perch6 la "[iio, "r" sua voce era la mia sola..guida.Mi ordinb di guardare la sponda del ruscello e la vegetazronedrretramente davanti a me. Vidi delle canne e uno spazio privo_ di canne, era una piccola insenatura nella sponda, porio io"i don Juan b solito entrari in rcqu" per immergere^il suo ,.|.[io "" . ti..pirlo. Dopo qualche istante don luan mi ordlnd di rientrare nelia nebbia e mi chiese di fare attenzione alla sua voce; perchd ,ni goidato cosl da poter imparare a muovermi; disse .h. ,rn" ""rebt. le "ortr.rirt." bollicine dovevo salire-a bordo di una di esse e lasciare.h";i ii"r-rtasse. Gli obbedii e fui subito circondato dalla nebbia verde, ailora vidi le bollicine. udii ancora la voce di don Juan come un rombo stranissimo e spaventosoe subito incominciai a pCrdere la capaciti di percepire Ie bolle. Mi sforzai di conservare la percezione delle bolle verdi e di continuare a udire la voce di don Juan. Non so per quanto tempo lottai per farlo, quando a_ur-l tratto mi iccorsi di poter udire don Juin .-t,,tttruit vedere ancora le bolle, che continuau".r^o, passaregalleggiando lentamente e uscendo dal campo della mia percezio.re. La*vocE"di don Juan non-câ‚Źssavadi.spronarmi a seguireuna-delle bolle e a montarci sopra. Mi domandavo come avrei dovuto farlo e automaticam"nt. oionrrrrciai la parola "come?". sentii quella parola molto profonda dentro di me e uscendo sembrava-trasportarmialla superficie.Era come un galleggiante che emergeva,dalmio profondo. Mi udii che dicevo "ComE?","e sembravo un cane che ululava. Don Juan ululb in risposta, anche iui come un cane, poi emise dei suoni da coyote e rise. pensai che fosse molto buffo e risi anch'io Con molta calma don Juan mi disse di lasciarmi fissare a una bolla seguendola. "Torna indietro", disse. "Entra nella nebbia! Nella nebbia!,'. Tornai indietro e mi accorsi che il movimento delle bolle era rallentato e che le bolle stesseerano diventate grandi come palloni da pallacanestro. In efletti erano cosl grandi e lente che le potevo .r"minrre una per una molto dettagliatamente. Non erano veramente bolle, non come una bolla di sapone, ni come un pallone, n6 come un qualsiasi contenitore sferico. Non erano contenitoii, eppure erano conrenute. E neppure erano rotonde, anche se, quando le avevo percepite la prima volta, avrei potuto giurare che foJsero rotonde e fimmagine che mi era venuta alla mente era stata'bolle'. Le vedevo come sele guardassi

II compito del 'oedere'

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:rttraversouna finestra; vale a dire, il telaio della finesna mi impediva .li seguide con lo sguardo permettendomi soltanto di vedede entrare e rrsciredal mio campo di percezione. Quando cessaidi vedetle come bolle, tuttavia, fui capacedi seguirle; rrell'atto del seguirle mi fissai a una di loro e galleggiai con essa.Sentii ,lawero che mi muovevo. In efietti io ero la bolla, o quella cosa ctre ,rssomigliavaa una bolla. Poi udii il suono stridulo della voce di don Juan. Mi fece sobbalzare c persi la sensazionedi essere'la bolla'. Il suono era estremamentespaventoso; era una voce remota, molto metallica, come se don Juan stesse parlando atraverso un altopadante. Capii alcune delle parole. "Guarda Ie sponde", diceva. Vidi un'enorme m.tsa d'acqua. L'acqua scorreva. Potevo udire il rumore che produceva. "Guarda le sponde", mi ordinb ancora don Juan. Vidi un muro di cemento. Il rumore dell'acquadivenne terribilmente forte; il suono mi avvolse. Poi cessbistantaneamente,come se fosse stato tagliato via. Sentivo una sensazionedi oscuriti, di sonno. Mi resi conto di essereimmerso nel canaletto di irrigazione. Don Juan mi spruzzavad'acqua la faccia e intanto borbottava. Poi mi immerse nel canaletto. Mi iira su la testa, sopra al pelo dell'acqua, e me la lascib appoggiaresulla sponda tenendomi da dieiro per il colletto della camicia.Provavo una piacevolissimasensazionealle braccia e alle gambe, e le distesi. Avevo gl1 occhi stanchi che bruciavano; sollevai la mano destra per strofinarmeli. F.ra un movimento difficile, il braccio mi sembrava pesante; a stento riuscii a sollevarlo fuori dall'acqua, ma quando lo feci-venne fuori coperto di una straordinaria massadi nebbia verde. Tenni il braccio davanti agli occhi. Ne potevo vedere il contorno come una massa pii scura di verde circondata da un'intensissima luminositi verdastra. l,lli alzai in fretta in piedi e mi piazzai in mezzo alla corrente guardandomi il corpo: busto, braccia e gambe erano verdi, di un-verde intenso. La tinta eta cosi intensa che mi diede I'impressione di una sostanza vischiosa. Assomigliavo a una figurina fattami anni addietro da don Juan con una radice di datura. Don'Juan mi disse di uscire; percepii nella sua voce un tono di utgenza. "Sono verde", dissi. "Piantala! ", mi disse imperiosamente. "Non hai tempo. Esci fuori di ll. L'acqu" tia p.. inrappolatti. Esci fuod dall'acqua! Fuori! Fuori!". Fui preso dal panico e balzai fuori.


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ll compito del 'aedere'

Il compito del 'uedere'

"Questa volta mi devi raccontare tutto quello che d accaduto". mi disse senza preamboli don Juan quando fummo seduti I'uno davanti alI'altro nella sua stanza. L'ordine di successionedi cib che avevo provato nella mia esperienza non gli interessava; voleva soltanto sapere che cosa avessi incontrato quando mi aveva detto di guardare la sponda. Lo interessavanoi particolari. Gli descrissi il itruro che avevo visto. "Era alla tua destra o alla tua sinistra?", chiese. Gli risposi che il muro era stato proprio di fronte a me. Ma don Juan insistd che doveva esserestato o a destra o a sinisra. "Dov'era quando 1o hai visto la prima volta? Chiudi gli occhi e non aprirli finch6 non ti ricordi". Si alzb in piedi e mi fece girare il corpo, mentre io continuavo a tenefe gli occhi chiusi, finch6 mi sistemb in modo da essererivolto verso est, la stessadiruzione in cui avevo guardato quando ero stato a sedere davanti alla corrente. Mi chiese in ihe direzione mi ero mosso. Risposi che mi ero mosso in avanti, diritto davanti a me. Don Juan insist6 che dovevo ricordare e che mi dovevo concenrare sul momento in cui ancora avevo visto I'acqua come bolle. "In che sensoscorrevano?".chiese. Don Juan mi incitava a ricordare e alla fine dovetti ammettere che mi era sembrato che Ie bolle si muovesseroverso la mia destra. Tuttavia non ero cosl assolutamentesicuro come lui voleva che fossi. Sotto la pressione delle sue domande mi accorsi di essere incapace di classificare la mia percezione. Quando le avevo viste per la prima volta le bolle si muovevano verso la mia destra, ma una volta diventate pii grandi scorrevano dappertutto. Alcune sembravano venire direttamente verso di me, altre sembravanoandare in ogni direzione possibile. C'erano bolle che si muovevano sopra e sotto di me. In effetti erano tutte intorno a me. Mi ricordai di averle sentite f.rizzarc; quindi dovevo averle percepite tanto con gli occhi che con le orecchie. Quando le bolle erano diventate cosi grandi da permettermi di 'montare' su una di esse,le avevo 'viste' urtarsi le urre contro le altre come palloni. La mia eccitazionecrescevaa mano a mano che rievocavo i dettasli della mia percezione.Don Juan, perd, non era affatto interessato. Gli dissi che avevo visto le bolle ftizzare. Non era stato un fenorneno puramente uditivo o puramente visivo, ma qualcosa di indifierenziato, eppure di limpidamente chiaro; le bolle raschiavano le une contro le altre. Non vedevo nd udivo il loro movimento, lo sentivo; ero parte del suono e del movimento. Mentre raccontavo a don Juan la mia esperienzami sentii profonda-

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mente turbato; gli presi la mano e gliela scossiin uno-scoppio di grande agitazione.Avev:o capito che le bolli non avevanoun limite esterno; cib nonostante,efano conrenute e i loro margini cambiavanofotma ed erano irregolari e'frastagliati. Le bolle si fondevano e si sepatavanocon grande .upidita, eppure il loro movimento non era limpido. Era un movimento a un temPo'velocee lento. un'altra cosa ricordai mentre raccontavo la mia esperienza: era la qualiti del colore che le bolle sembravano avere. Erano trasparenti . lnotro brillanti e sembravanoquasi verdi, sebbenenon fosse un colore come io sono abituato a percepire i colori' "Stai divagando",mi dissedon.Juan. "Queste non sono coseimpo-rtanti. ti soff&mi sugli aspetti sbagliati. La sola cosa che conta b la ". direzione p"i.i solo ricordare che mi ero mosso senza alcun punto di riferima don Juan concluseche siccome le bolle scorrevanoevidentela m;, destra - verso sud - al principio, il sud era la -..rio, -"n,.'n.rcodi cui dovevo preoccuparmi.Di nuovo don Juan mi esortb imdirezione Deriosamentea ricordarese il muro eta alla mia destra o alla mia sinistra. Mi - _- sforzai di ricordare. per cosl Qrrando don Juan mi 'aveva chiamato' e io ero affiorato, vicino molto Ero sinistra. mia alla il muro avere dire, avevo p..tt.io di e potevo diitineuere i solchi e le protuberanze dell'armafirra di legno o iella forma in'cui era stato colatb il cemento. Erano state usate assi molto sottili e il disegno che avevano creato eta compatto' Ne potevo vedere una estremiti e avevo notato che non tormava un angolo ma che era curva. Don Juan rimase seduto in silenzio per un momento, come se ceril significato della mia esperienza;alla fine-disse che .urr" Ji i..ifrrt. compiuto ,rn" g.u.d. impresa, .ht tton ero riuscito a farc no., "u.rro quello che lui speravache facessi. ' "Che cosa avrei dovuto fate?". Don Juan non rispose ma corrugb-le labbra' "Ti sei comportato molto bene{ disse poi. "Oggi hai imparato che un bruio usa I'acqua Per muoversi". " Ma ho oi sto?". Don Juan mi guardb con -un'espressiotrecuriosa' Roteb gli occhi e d.isseche-ero .rrt.u'to nella nebbia verde un numero di volte sufficiente

sottilmenteil Cambib ovlruurlrr quella cl(Jlllalrqa' domanda.wtuuru da soro solo aa qugua poter rtspondere irpl"J... oa ii*,itt" A..riao .n. non avevo.,rl.r1''"nt. imparatoa muov-ermiusando pub {are, mi aveva lui mi.aveva e lui fare, e lo pub bruio io l'ardtlq che un un brujo. imparatoche avevoimnarato itche. nvevo t'^".q";, -, il mio potessi controllare perch6 sponda la gur.d"ie -" di il;-;pp*i" movimento. per


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"Ti sei mosso molto rapidamente', disse, "con la rapiditi di un uomo che sa mettere in atto questa tecnica. Ho fatto fatica a tenerti dietro". Lo pregai di spiegarmi dal principio quello che mi era accaduto. Don Juan scoppib a ridere, scuotendo leniamente il capo come fosse incredulo. "Tu insisti sempre a voler sapere le cose dal principio', disse. ,,Ma non c't principio; il principio b solo nel tuo pensiero"."Penso-che il principio sia stato quando ero seduto sulla sponda e fumavo". dissi. "Ma prima che tu fumassi ho dovuto immaginare quello che dovevo-fare con_te', mi Cisse."Dovrei dirti quello ihe ho iatto e questo non lo posso,fare,perchâ‚Źmi porterebb.. un altro punto ancora.Quindi Ie cose sarebbero forse piil chiare se tu non pensaisi al principio;. "Allora ditemi che cosa mi E accadutodopo che mi sono seduto sulla sponda e ho fumato". "fo penso che tu me lo abbia raccontato", mi rispose ridendo. "Ho fatto qualcosa di importante, don Juan?". Don Juan si strinse nelle spalle. "Hai seguito molto bene le mie istruzioni e non ti b stato dificile entrare e uscire dalla nebbia. Poi hai ascoltato la mia voce e sei ritornato alla superficieogni volta che ti ho chiamato. Era quello I'esercizio. Il resto d stato facilissimo. Ti sei semplicementelasiiato rasDortare dalla nebbia. Ti sei comportaro come se avessisaputo quello che'dovevi fare. Quando eri molto lontano ti ho chiamato di nuovo e ti ho fatto guardare la sponda, cosi avresti saputo di quanto ti eri allontanato. Poi ti ho tirato indietro". "Don Juan, volete dire che ho dawero viaggiato nell'acqua?". "Certo. E sei anche andato molto lontano". " Quanto lontano?". "Non lo crederesti". Cercai di indurlo a parlarc, ma don Juan lascid cadere I'argomento e disse che doveva andarseneper un po'. Insistei che doveva per lo meno darmi un accenno. "Non mi piace esseretenuto al buio", dissi. "Sei tu che ti tieni al buio", mi rispose. "Pensa al muro che hai visto. Siediti qui sulla tua stuoia e ricorda ogni dettaglio. Allora porai forse scolrire da solo quanto sei andato lontano. Tutto quello che so B che sei andato molto lontano. Lo so perchd ho faticato molto a tirarti indietro. Se io non fossi stato ll avresti continuato a vagabondare e non sarestimai ritornato, nel qual casotutto cib che sarebberimasto di te ora

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sarebbe il tuo cadavere sulla sponda del ruscello. O forse avresti potuto ritornare da solo. Con te non sono sicuro. A giudicare dallo sfotzo che mi ci E voluto per riportarti indieto, direi che eri chiaramentein...o. Fece una lunga pausa; mi fissb amichevolmente. "Io andrei tanto lontano quanto sono lontane le montagne del Messicocentrale", disse."Non so quanto andresti lontano tu, forse quanto di qui a Los Angeles,o forse anchequanto di qui in Brasile". Don Juan ritornb il giorno dopo nel tardo pomeriggio. Nel frattempo avevo trascritto tutto quanto potevo ricordare di aver percepito. Menme scrivevo mi venne in mente di seguire le rive in su e in git lungo il ruscello, in ciascunadirezione, per controllare se in realti qualche particolare su una delle due sponde avessepotuto evocare in me I'immagine di un muro. Pensavo che don Juan mi avessefatto camminare, in stato di incoscienza,e poi mi avesseindotto a concentrare la mia attenzione su un muro lungo la strada. Calcolai che nelle ore mascorse tra il momento in cui avevo visto per la prima volta la nebbia e il momento in cui ero uscito dal canaletto ed ero ritornato con don Juan a casasua, se don Juan mi avessefatto camminare,avremmo potuto percorrere al massimo quattro chilometri. Percib seguii le sponde del iuscdllo per circa cinque chilometri in ciascuna direzione, osservando accuratamentequalsiasi particolare che potesse avere attinenza con la mia visione del muro. Il ruscello, da quel che potevo giudicare, era un semplice canale usato per I'imigazione. Era largo da un meffo a un metro e mezzo pet tutta la sua lunghezzae non potei scoprire in esso nessun aspetto vislbile che mi ricordasseo mi imponesseI'immagine di un muro di cemento. Quando nel tardo pomeriggio don Juan tornb a casagli andai vicino e insistei per leggergli il mio resoconto.Don Juan rifiutd di ascoltaree mi fece mettere seduto. Si mise a sederedi fronte a me. Non sorideva. Sembrava pensasse,a giudicare dallo sguardo penetrante dei suoi occhi 6ssi al di sopra dell'orizzonte. "Penso ihe ormai ti devi essereteso conto", disse in tono fattosi improwisamente molto severo, "che tutto b mortalmente pericoloso. L'acqua b letale come il guardiano. Si-non statai in guardia I'acqua ti intrappoler). Ieri lo ha quasi fatto. Ma perchd un uomo sia inttappolato deve esserearrendevole.Qrrestob il tuo guaio. Tu sei propensoad abbandonarti". Non sapevo di cosa parlasse.Il suo attacco contro di me era stato cosi improwiso da lasciarmi disorientato. Gli chiesi debolmente di spiegarsi, e lui disse con riluttanza di essereandato al canyon dell'acqua, di aver'visto'lo spirito dell'acquac di aver raggiunto la profonda convin-


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zione che io avevo mandato in {umo le mie ptobabiliti di 'vedete' I'acqua' "Come?", domandai sconcertato. "Lo spitito E una forza", mi rispose, "e in quanto tale risponde solo alla forza. Non puoi lasciarti andare in sua presenza". "Quando mi sono lasciatoandare?". "Ieri, quando sei diventato verde nell'acqua". "Non mi sono lasciato andare. Ho pensato che fosse un momento molto imoortante e vi ho detto quello che mi stava accadendo". "Chi sei tu per pensareo decidere che cosa sia importante? Tu non sai nulla delle forze che fai uscire. Lo spirito della pozza d'acqua esiste ll fuori e avrebbe potuto aiutarti; in efietti ti ha aiutato fino a quando non gli hai mancaio di rispetto. Adesso non so quale sar) il risultato di quel che hai fatto.Hai ceduto alla forza dello spirito de7lapozza d'acqua e ora lo spirito ti pub portare via in qualsiasi momento.". "Ho sbagliato guardandomi quando sono diventato verde?". "Ti sei abbandonato.Hai voluto abbandonarti. Quello era sbagliato' Te I'ho gi) detto e te lo ripeterd ancora, puoi soprawivere nel mondo di un bruio solo se sei un guerriero. Un guerriero tratta tutto con risoetto e non caloesta nulla a meno che non lo debba fare. Ieri tu rron hri trattato I'aiqua con rispetto. Di solito ti comporti molto bene, ma ieri ti sei abbandonato alla tua morte, come un maledetto idiota. Un guerriero non si abbandona a nulla, nemmeno alla oropria morte' Un guerriero non E un compagno arrendevole; un guerriero non si lascia andire e se si impegna in qualcosa puoi essere sicuro che sa quello che fa". Non sapevo cosa dire. Don Juan era quasi arrabbiato e questo mi turbava.-Gli dissi che davvero non avevo idea di aver fatto qualcosa di sbagliato. Dopo qualche minuto di silenzio teso don Juan si tolse il cappello e sonise, dicendomi che dovevo restare lontano e non tornare a casasua fino a quando non avessi sentito di aver acquistato il controllo del mio debole s6. Ripetâ‚Ź solennemente che per tre o quattro mesi dovevo evitare l'acqua e impedire che mi toccassela superficiedel corpo. "Non credo che potrei fare a meno di una doccia", dissi. Don Juan rise fino a farsi scenderele lacrime git per le guance. "Non- puoi fare a meno di una doccia! Certe volte sei cosl debole che penso1u mi prenda in giro. Ma non b uno scherzo.Certe volte sei davuero senza conmollo e le forze della tua vita ti conducono liberamente". Obiettai che b umanamente impossibile essere sempre controllati. Don Juan sostenneche per un guerriero nulla b fuori controllo. Titai fuori I'idea degli incidenti e dissi che quello che mi era capitato al

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, ,rnale dell'acqua poteva essere certamente classificato come un incirlente, perchd non avevo voluto il mio comportamento sconvenientend rne ne ero reso conto. Parlai di diverse persone cui erano capitate di.grazie che potevano essere spiegate come incidenti; parlai in particol,rre di Lucas, un vecchio yaqui rimasto gravemente ferito nel ribaltrrmento di un camion da lui guidato. "Mi sembra impossibile evitare gli incidenti", dissi. 'Nessun uomo lrud controllare tutto quanto intorno a s6". "E vero', disseseccamente don Tuan."Ma non tutto b un incidente inevitabile. Lucas non vive come un suerriero. Se lo facessesaprebbe .'he cosasta aspettandole non avrebbJguidato quel camion da ubriaco. Il andato a sbattere contro il fianco roccioso della strada perch6 era ubriaco e si d storpiato senzamorivo. "Per un guemierola vita b un eserciziodi strategia",prosegu).'Ma tu vuoi scoprire il significato della vita. Un guerriero non si cura dei significati. Se Lucas vivqsse come un guerriero - e ha avuto un'opportunit) di farlo, come tutti noi ne abbiamo una - avrebbe disposto strategicamentela proptia vita. Percib, se non poteva evitare un incidente che gli ha rotto Ie costole, avrebbe trovato dei mezzi per controbilanciare quell'inconveniente, o per evitarne le conseguenze,o per combatterle. Se Lucas fosse un guerriero non se ne starebbe seduto nella sua misera casa a morire di fame. Combatterebbe fino alla fine". Posi a don Juan un'alternativa, servendomi di lui stessocome esempio, e gli chiesi che cosa accadrebbese lui stesso dovesse esserecoinvolto in un incidente che gli tagliassele gambe. "Se non lo potessi evitare, e se perdessi le gambe", disse, "non potrei piil essereun uomo, percib ragpllungereicid che mi aspetta qui fuori ". Fece un ampio gesto con la mano per indicare tutto quello che lo circondava. Sostenni che non mi aveva caoito. Avevo inteso farsli osseryare che a qualsiasi singolo individuo era impossibile prevedere tutte le variabili imolicite nelle azioni ouotidiane. "Tutto quello che ti posso dire", disse don Juan, "b che un guerriero non b mai artendevole; non rimane mai sulla strada ad aspettare di essere fatto fuori. Percib riduce al minimo le sue ptobabilit) di imprevisto. Quelli che chiami incidenti sono per la maggior parte facilissimi da evitate, tranne che per gli sciocchi che vivono alla cieca". "Non b possibilevivere sempre srategicamente",dissi io. "fmmaginate che qualcuno vi stia aspettando al varco con un potente fucile a cannocchiale; vi porebbe cogliere con precisione a pii di quattrocento meffi. Che fareste?".


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Don Juan mi guardb con un'espressione di increduliti e poi scoppib a ridere. "Che fareste?", lo incalzai. "Se qualcuno mi aspettasseal varco con un fucile a cannocchiale?", disse, evidentemente facendosi gioco di me. "Se qualcuno si nascondessefuori di vista, aspettandovi al varco. . Non avreste una sola possibiliti. Non potete fermare una pallottola". "No. Non posso. Ma ancora non capisco dove vuoi atrivate". "Voglio dire che tutta la vostra strategia non vi servirebbe a niente in una situazione di questo tipo". "Oh, ma mi pub servire. Se qualcuno mi aspettasseal varco con un potente fucile a cannocchiale io semplicemente non me ne andrei in s ir o" .

13 ':r Il mio successivotentativo di 'vedere' ebbe luogo il tre settembre 1969. Don Juan mi fece fumare due fornelli di mistura. Gli effetti imrnediati furono simili a quelli dei tentativi precedenti. Ricordo che quando il mio corpo fu completamenteintorpidito don Tuan mi sostenne per I'ascella destra e mi fece camminare attraverso i fitti cespugli del deserto che crescono per chilometri intorno alla sua casa. Non oosso ricordare cosa feci o iorr fece don Juan dopo che entrammo nel sottobosco, nd posso ricordare per quanto tempo camminammo; a un certo momento mi ritrovai seduto sulla cima di una coilinetta. Don Juan era seduto alla mia sinistra, cosi vicino da toccarmi. Non lo potevo sentire ma lo potevo vedere con la coda dell'occhio. Avevo la sensazioneche mi avessepatlato, anche se non potevo ricordare le sue parole. Eppure sentivo di sapere esattamente quello che aveva detto, anche se non riuscivo a ricordarlo con chiarezza.Avevo la sensazioneche le sue parole fossero come vagoni di un reno che si allontanassee- I'ultima parola era come un gros'sovagone merci. Sapevo qual era I'ultima parola ma non la potevo pronunciare nd pensarechiaramente.Era uno stato di semi-vegliacon I'immagine onirica di un treno di parole. Poi udii molto debolmente la voce di don Juan che mi parlava. "Ora mi devi guardare", disse, menfte mi voltava il capo cosl che potessi guardarlo in faccia. Ripetd qr.rell'affermazioneper tre o quattro volte. Lo guardai e scopersi proprio lo stesso efietto luminescente che avevo percepito due volte prima mentre guardavo la sua faccia; era un movimento che ipnotizzava, uno spostamento ondulatorio di luce entro campi,precisi. Quei campi non avevano confini definiti, eppure la luce ondulatoria non ne usciva mai fuori ma si muoveva entro iimiti invisibili. _ Scrutai I'oggetto luminoso di fronte a me e immediatamente quello incomincib a perdere la sua luminescenzae-aDparverole familiari sembianze del volto di don Juan, o piuttosto le- iue sembianze si sovrap-


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posero alla luminescenzache svaniva. A quel punto devo aver di nuovo messo a fuoco lo sguardo; le sembianze di don Juan svanirono e la luminescenza si intensificb. Avevo diretto la mia attenzione su una zona che deve esser stata il suo occhio sinistro. Notai che in quel ptrnto il movimento della luminescenzanon era ffattenuto. Percepii qualcosa che forse rassomigliavaa esplosioni di scintille. Erano esplosioni ritmiche e in realt) emettevano come delle oarticelle di luce che volavano con evidente forza verso di me e poi si ritiravano come fibre di gomma. Don Juan doveva avermi fatto voltare la testa. Improwisamente mi trovai a guardare un campo araro. Sentii che mi diceva: "Ora guarda in avanti". Di fronte a me, circa duecento metri di distanza, c'era una col^ lina larga e lunga; tutto il suo pendio era stato e i solchi oriz^rato fino alla somzontali correvano gli uni paralleli agli altri dal fondo miti della collina. Notai che il campo arato et^ pieno di sassi e che tre grossi macigni interrompevano la lineariti dei solchi. Alcuni cespugli proprio davanti a me mi impedivano parzialmente la vista di una gola o di un canyon formato dall'acqua ai piedi della collina. Da dove mi ffovavo il canyon appariva come un taglio profondo, con vegetazione verde che lo difierenziava nettamente dalla collina nuda. Sembrava che il colore verde fosse dovuto asli alberi che crescevanosul fondo del canyon. Sentivo una brezza soiirarmi nelle orecchie. Provavo una sensazionedi pace e di quiete. Non c'erano richiami di uccelli o di insetti. Don Juan mi parlb di nuovo. Mi ci volle qualche istante per capire quel che diceva. "Vedi un uomo in quel campo?", continuava a chiedermi. Volli dirgli che in quel campo non c'era nessuno, ma non riuscii a pronunciare le parole. Don Juan mi prese la testa tra le mani da dietro - potevo vedere le sue dita sulle mie sopracciglia e sulle mie guance - e mi fece percorrere il campo con lo sguardo, spostandomi lentamente Ia testa da destra verso sinistra e poi nella direzione opposta. Lo sentii che mi continuava a ripetere: "Osserva ogni dettaglio, da questo pub dipendere la tua vita". Per quattro volte mi fece percorrere con 1o sguardo I'orizzonte visivo di centottanta gradi davanti a me. A un certo momento, quando mi ebbe spostato la testa per farmi guardare all'estrema sinistra, mi sembrb di individuare qualcosa che si muoveva nel campo. Con la coda dell'occhio desffo ebbi Ia breve percezionedi un movimento. Don Juan comincid a risospingermi lentamente il capo verso destra e potei mettere a fuoco la vista sul campo arato. Vidi un uomo che camminava lungo i solchi. Era un uomo qualsiasi vestito come un contadino

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messicano;portava dei sandali, un paio di pantaloni grigio chiaro, una camicia beige con le maniche lunghe e un cappello di paglia, a tracolla irveva una piccola borsa manone appesa con una cinghia alla spalla (lestra. Don Juan doveva essersiaccorto che avevo visto I'uomo. Mi chiese ripetutamente se I'uomo mi stava guardando o se veniva verso di me. Volli dirgli che si stava allontanandoe che aveva la schienarivolta verso cli me ma tutto quello che gli potei dire fu "No". Don ,Iuan disse che se I'uomo si voltava e veniva verso di me dovevo urlare e lui mi avrebbe nllontanato la testa per proteggermi. Non provavo nessun senso di paura o di apprensione,o di partecipazione. Osservavo freddamente Ia scena. L'uomo smise di camminare e si fermb in mezzo al campo. Si appoggib col piede destro sulla sporgenzadi un grosso macigno rotondo, come se si allacciasseil sandalo. Poi si ruddfizzb, tirb fuori dalla borsa una cordicella e se la awolse intorno alla mano sinistra. Mi volse le spalle e, rivolto verso la sommit) della collina, incomincib a guardare attentamente \a zona davanti a lui. Il modo in cui muoveva il capo, che continuava a voltate lentamente verso la sua destra, mi fece pensare che stessesuardando attentamente; lo vedevo di profilo; poi lncomincib a voltaie tutto il corpo verso di me fino a guardarmi. Fece un movimento brusco con la testa o la mosse in modo tale che seppi senza dubbio che mi aveva visto. Protese il braccio sinistro davanti a s6. puntato verso il terreno. e tenendolo in quella posizione si incamminb^ verso di me. "Sta venendo!', urlai senza nessuna difficolt). Don Juan doveva avermi fatto voltare il capo perchd subito dopo mi trovai a guardare il sottobosco.Mi disse di non fissare ma di guardate 'leggermerte' le cose e di esaminarle. Disse che si sarebbe posto a poca distanza e poi si sarebbe incamminato verso di me, e che io lo dovevo fissare fino a vedete la sua luminescenza. Lo vidi dirigersi verso un punto lontano forse venti meri. Cammind con una rapidit) e agiliti cosl incredibili da poter appena credere che fosse lui. Si girb e si pose di fronte a me ordinandomi di fissarlo. La sua faccia risplendeva; sembrava una macchia di luce. La luce sembrava traboccargli sul petto fin quasi a meta del corpo. Era come se guardassi una luce attraverso le palpebre semichiuse. La luminescenza sembrd espandersi e ritrarsi. Don Juan doveva aver incominciato a camminare verso di me perchâ‚Ź la luce divenne piil intensa e pit discernibile. Mi disse qualcosa. Mi sforzai di capire e persi la visione della luminescenza, e poi vidi don Juan come lo vedo nella vita quotidiana, era a un metro di distanza da me. Si mise a sedere fronteggiandomi.

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Mentre concentravo la mia attenzione sul suo viso incomincrar a percepire una vaga luminescenza Poi fu come se la sua faccia fosse intersecata da sottili raggi di luce, appariva come se qualcuno la riverberassecon degli specchietti; a mano a mano che la luce diventava pii intensa la faccia perse i suoi contorni e fu di nuovo un oggetto amorfo luminescente. Ancora una volta percepii I'effetto di pulsanti esplosioni di luce che emanavanoda un punto che doveva essereil suo occhio sinistro. Non misi a fuoco su di esso la mia attenzione, ma fissai deliberatamente un punto adiacente che immaginavo dovesse essere I'occhio destro. Colsi improwisamente la visione di una pozza di luce chiara e trasparente. Era una luce liquida. Notai che percepire era pit che osservare; era sentire. La pozza di luce oscura e liquida aveva una profondit) straordinaria. Era 'amichevole', 'dolce'. La luce che emanava da essa non esplodeva ma turbinava lentamente all'interno, creando riflessi meravigliosi. La luminescenzaaveva un modo bellissimo e delicatissimo di commuovermi, di calmarmi, che mi dava una sensazionedi dolcezza. Vidi un anello simmetrico di brillanti spruzzi di luce che si espandeva ritmicamente sul oiano verticale dell'area luminescente. L'anello si espandevafino a copiire quasi rutta la superficie luminescentee poi si conttaeva in un punto di luce in mezzo alla pozza brillante. Vidi I'anello espandersi i conttarsi diverse volte. Poi arretrai deliberatamente senza cercar di fissare e riuscii a vedere tutti e due gli occhi' Distinsi il ritmo di entrambi i tipi di esplosioni di luce. L'occhio sinistro mandava spruzzi di luce che sporgevanoveramente fuori del piano verticale, mentre il destro emetteva spruzzi che si irradiavano senza sporgere. Il ritmo dei due occhi era alternato, la luce dell'occhio sinisiro esplodeva verso I'esterno mentre i raggi di luce che si irradiavano dall'occhio destro si conffaevano e turbinavano all'interno. Poi la luce dell'occhio desmo si estendevafino a coprire tutta la superficie luminescente mentre la luce che esplodeva dall'occhio sinisro si contraeva. Don Juan doveva avermi fatto voltare ancora una volta, .perchd stavo di nnovo guardando il campo arato. Sentii che mi diceva di guardare l'uomo. L'uomo era in piedi accanto al macigno e mi guatdava. Non potevo distinguere i suoi lineamenti; il cappello gli nascondeva quasi tutta la f.accra.Dopo un momento si mise la borsa sotto il braccio destro e incomincib ad allontanarsi verso la mia sinistra. Camminb fin quasi all'estremiti del campo arato, poi cambib direzione e fece qualche passo verso la gola. A quel punto persi il controllo della mia messa a fuoco e I'uomo-svanl iniieme a tutta la scena; alla scena si sovrapposeI'immagine dei cespugli del deserto.

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Non ricordo come ritornai a casa di don Juan, nd ricordo che cosa fece lui per 'riportarmi indietro'; quando mi svegliai ero disteso sulla mia stuoia di paglia nella sua stanz . Don Juan mi venne al fianco e mi aiutb ad alzatmi. Ero intorpidito e avevo lo stomaco sottosopra. Don fuan mi tirb su con molta rapiditi e destrezza e mi trascinb fin nei cespugli sul fianco della casa. Io vomitavo e lui rideva. Dopo mi sentii meglio. Guardai I'orologio: erano le undici di sera. Tornai a dormire e all'una del pomeriggio seguentemi sentivo di nuovo me stesso. Don Juan continuava a chiedermi come mi sentissi. fo avevo Ia sensazionedi non esserci con Ia mente, non riuscivo a concentrarmi veramente. Camminai per un po' intorno alla casasotto l'occhio attento di don Juan che mi segul tutto intorno. Sentivo che non c'era nulla da fare e tornai a dormire. Al mio risveglio nel tardo pomeriggio mi sentivo molto meglio. Trovai intorno a me una gran quantiti di foglie schiacciate.In efietti quando mi ero svegliato stavo disteso a pancia in giil sopra un mucchio di foglie, ricordo di essermi reso conto del loro profumo prima di essere completamente sveglio. Me ne andai gironzolando fin dieno la casa e scoprii don Juan seduto accanto al canaletto di irrigazione. Quando mi vide venire avanti fece dei gesti frenetici per farmi fermare e ritornare in casa. "Corri dentro!", urlb. Scappai in casa e lui mi raggiunse poco dopo. "Non venirmi mai a cercare", mi disse. "Se mi vuoi vedere aspettami qui". Gli chiesi sorsa ma lui mi disse di non sprecarmi in sciocche scuse che non avevano il potere di cancellare i miei atti. Disse che gli era stato molto dificile portarmi indietro e che era stato a intercedere per me all'acqua. "Adesso dobbiamo cogliere una possibiliti a lavarti nell'acqua", disse. Lo assicurai che mi sentivo bene. Don Juan mi fissb a lungo negli occhi. "Vieni con me', disse. "Ota ti metto nell'acqua". "Sto betre", dissi io. 'Guardate, sto prendendo appunti". Don Juan mi tirb su dalla mia stuoia con forza considerevole. "Non lasciarti andare!", disse. "Non dovrai mai piir cadere addormentato in nessun momento. Forse non riuscirei pit a svegliarti". Corremmo diemo alla casa. Prima di arrivare all'acqua don Juan mi awertl molto drammaticamente di chiudere stretti gli occhi e di non aprirli fino a un suo ordine. Mi disse che se avessifissato I'acqua anche

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per un solo istante potevo morire. Mi condusse per mano e mi tuffb a capofitto nel canaletto di irdgazione. Tenni gli occhi chiusi mentre don Juan continuava per ore a immergermi e a tirarmi fuori dall'acqua. Il cambiamento che provai fu notevole. Cib che non andava in me prima che entrassi in acqua, qualunque cosa fosse, era cosl sottile che non me ne ero vefamente accorto finch6 non lo ebbi confrontato con la sensazionedi benesseree di vivacit) che provavo mentre don Juan mi teneva nel canaletto di irrigazione. L'acq-na mi enrd nel naso e incominciai a starnutire. Don Juan m,i tirb fuori e mi guidd, sempre con gli occhi chiusi, fino in casa. Mi fece cambiare e poi mi euidb nella ,,i, ,t..,rr. Mi fece sedere sulla mia stuoia, sistemd la direzione del mio corpo e poi mi disse di aprire gli occhi. Aprii gli occhi e guello che vidi mi fece balzare all'indietro afferrando-mialla gamba di don Juan. Provai un momento di grandissima confusione. Don Juan mi colpi con le nocche sulla cimi della testa. Fu un colpo secco, non duro n6 doloroso ma in certo modo sgradevole. "Che ti succede?Che hai visto?", mi chiese. Aprendo gli occhi avevo visto la stessa scena che avevo osservato prima. Avevo visto lo stesso uomo. Avevo visto la sua faccia. In lui c'era un'aria di familiarit). Sapevo quasi chi era. La scena era svanita quando don Juan mi aveva colpito sulla testa. Guardai in su verso don Juan; teneva la mano pronta per colpirmi ancora. Rise e mi chiese se mi sarebbeoiaciuto ricevere un altro coloo. Lasciai andare la sua gamba e mi rilaisai sulla stuoia. Don Tuan mi ordinb di guardare diriito davanti a me e di non voltarmi per nessuna ragione nella direzione dell'acqua dietro la casa. Allora per la prima volta mi accorsi che nella stanza era buio pesto. Per_un momento non fui sicuro di avere gli occhi aperti e li toccai con le mani per accertarmene.Chiamai forte don gli dissi -|uan i che nei miei occhi c'era qualcosa che non andava; non potevo vedere nulla, mentre un momenio prima Io avevo visto pronto a colpirmi. Sentii la sua risata in alto a destra sopra alla mia testa. e poi don Juan accesela lanterna a cherosene. In-pochi secondi sli-occhi mi si abituarono alla luce. Tutto era come era iempte stato. imuri di canne ricoperte di argilla deTla stanza e le radici medicinali essiccate, bizzay r,amente contorte, che pendevano dai muri; i fagotti di erbe; il tetto di paglia; la lanterna a cheroseneappesaa un trave. Avevo visto quella stanza centinaia di volte, eppure questa volta sentivo che nella stanza e in me c'era qualcosa di unico. Per la prima volta non credevo nella definitiva 'realti' della mia percezione. Mi ero awicinato a quella sensazione e forse la avevo intellettualizzata varie volte, ma non mi ero

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mai trovato sull'orlo di un serio dubbio. Questa volta, perb, non credevo che la stanzafosse 'reale', e per un momento ebbi-la strana sensazione che Ia scena sarebbe svanita se don Juan mi avesse colpito sulla testa con le nocche. Incominciai a rabbrividire senza sentire freddo. Cramoi nervosi mi correvano git per la spina dorsale. Sentivo la testa pesante, specialmente in un punto proprio sopra il collo. Mi lagnai di non sentirmi bene e raccontai a don Juan quello che avevo visto. Lui rise di me, dicendo che soccomberealla paura sarebbe stato un miserabile lasciarsi andare. "Sei spaventato senza aver paura", disse. "Hai visto I'alleato che .i ti fissava,che grande impresa. Aspetta di trovati a faccia a faccia con lui prima di fartela sotto". Mi disse di alzarmi e di andare fino alla macchina senza voltarmi nella direzione dell'acqua, e di aspettarlo mentre lui prendeva una corda e una pala. Mi fece guidare fino a un posto dove avevamo trovato il ceppo di un albero; ci mettemmo a scavarlo fuori al buio e lavorammo per ore molto faticosamente.Non riuscimmo a estrarre il ceppo ma alla fine mi sentii molto meglio. Tornammo cas^, mangiammo e le cose furono di nuovo oerfetiamente 'reali' . ^not.rli. "Che cosa mi b successo?".domandai. "Che cosa ho fatto ieri?n. "Mi hai fumato, e poi hai fumato un alleato", mi rispose. "Non caDisco". Don Juan rise e disse che certo stavo per chiedergli di incominciarc a raccontarmi tutto dal principio. "Mi hai fumato", ripet6. "Hai fissato la mia faccia, i miei occhi. Hai visto le luci che conraddistinzuono 7a faccia di un uomo. fo sono uno stregone, tu lo hai visto nei hiei occhi. Perb non lo sapevi, perch6 questa d la prima volta che lo hai fatto. Gli occhi degli uomini non sono tutti uguali, questo lo scoprirai presto. Poi hai fumato un alleato". "Volete dire I'uomo nel campo?". "Non era un uomo, era un alleato che ti faceva segno". 'Dove siamo andati? Dove eravamo quando ho visto quell'uomo? Voglio dire quell'alleato?". Don Juan accennbcol mento per indicare una zona di fronte a casa sua e disse che mi aveva porta6 sulla cima di una collinetta. Dissi che la scena che avevo visto non aveva nulla a che fare con la vegetazione del deserto intorno a casa sua, e lui mi rispose che I'alleato che mi aveva 'fatto segno' non era dei dintorni. " D i dove b?" . "Ti ci porterb molto presto".


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"Qual d il significato della mia visione?,'. "Stai imparando uedere, tutto qui; ma ora stai per perdere i pan. taloni perchd ti lasci.aandare; ti sei abbandonato Forse ---'rdovresti descriveretutto quello che hai visto". "tt"'iu"-o^"ra. Quando incominciai a descrivere come mi era apparsa ra sua fac1g: d.on l-uan mi fermd dicendo che non aveva nesiuna importanza. Gli dissi che lo avevo-quasi tisto come un'uovo luminoso,. Mi rirpor. che. 'quasi' non era abbastanza e che il aedere .i ;;;t; richiesto molto tempo e molta fatica. si interessballa scenadel campo arato e a ogni dettaglio che riuscivo a ricordare sull'uomo. "Quell'alleato ti faceva segno", disse. "Ti ho fatto voltare la testa quand-o b venuto verso di te-non perch6 fosse pericoloso ma p.;;ha i meglio aspettare.Non devi aver fretta. un g.rerriero non a o,ri ozioso e non ha mai fretta. Incontrare un alleato senza .rr"." p..p"rato d come attaccareun leone a scoregge". La metafora mi, piacque. scoppiammo tutti e due a ridere di gusto. "che cosa sarebbe successoii voi non mi aveste fatto volti're la testa?". "Avresti dovuto voltarla da solo". "E se non lo avessifatto?". "L'alleato sarebbevenuto da te e ti avrebbe spaventato a morte. Se tu fossi stato solo avrebbe potuto ucciderti. Non i *ntieli.bile restare -deserto solo montag-neo nel finchd non ti rai dif-enJere da te. -nelle Un alleat-o potrebbe sorprenderti li da solo e ridurti in polpette". "Qual era il significato degli atti che eseguiva?". "Quando.ti guardava voleva dire che ti iava il benvenuto. Ti ha mostrato che hai bisogn_odi un 'accalappiaspiriti'e di una sacca,ma non di questa zona; la sua borsa era di uJalto purt. del paese. Hai sulla tua strada tre pietre di inciampo che ti fanno fermare; quelli erano i macigni._Ed b chiaro che otterrai i poteri migriori nei 'canvon e nelle gole;- I'alleato ti ha indicato la gola. il terto d"ellascena aiutarti a individuare il luogo esatto d6ve lo puoi trovare. ota "ot'.ur io so dove B il posto_e ti ci porterb molto presto". "volete dire che lo scenatio che ho visto esiste veramente?o. oCettoo, 'Dove? ". "Non te lo posso dire". "Come farb a trovare quella zona?". "Non ti posso dire neanche questo, e non perchâ‚Ź non voglia ma semplicemente perchd non so come faie a dirtilo". volli sapere che cosa significava aver visto la stessa scena menre

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ero nella sua stanza. Don luan rise e mi fece il verso afferrandosi la gamba. "E stata una conferma del fatto che I'alleato ti vuole", disse. "Si c\ voluto accertareche tu o io sapessimoche lui ti dava il benvenuto". "E la faccia che ho visto?". "E una faccia che ti b familiare perchâ‚Ź lo conosci. L'hai gi) vista prima. Forse b la faccia della tua morte. Ti sei spaventato, ma cib era dovuto alla tua ttascut^tezz. L'alleato ti aspettava e quando ti si b mosttato hai ceduto alla paura; fortunatamente c'ero ib per colpirti sulla testa, altrimenti si sarebbe siustamente rivoltato contro di te. Quando un uomo vuole incontt".."nn alleato deve essere un guerriero senzamacchia,altrimenti I'alleato si rivolta contro di lui e lo diitrugge". Don Juan mi dissuasedal far ritorno a Los Angeles la mattina dopo, evidentemente sapeva che_ancora non ero compleiamente guarito. Insistd prr blc per Jarmi rarml seclere sedere neua nella sua stanza rlvolto rivolto^ verso sud_est, sud-Est, per preservare la mia forza. Si mise a sedere alla mia sinistra, porgendomi :l ! il mio taccuino per appunti, e disse che questa volta lo avevo inchiodato; non solo doveva stare con me, doveva anche oadarmi. "Devo portarti di nuovo all'acqua al crepuscolo",'disse. "Non sei ancora.compatto e non dovresti restate solo oggi. Ti terrb compagnia tutta la mattina; nel pomeriggio sarai in forria' migliore". La,sua preoccupazionemi fece sentire molto apprensivo. "Che c'b che non va in me?". chiesi. "Hai fatto uscire un alleato". "Che cosa intendete dire?". "Oggi non dobbiamo parlare degli alleati. Parliamo di qualsiasi alra cosa'. In realtd non volevo parlare aft.atto, incominciavo a sentirmi ansioso e imequieto. Evidentemente don Juan ffovava invece la situazione estremamente comica; rise fino a farsi venire le lacrime. "Non mi vorrai dire che proprio la volta che dovresti parlare non puoi rovare niente da dire", disse, con una luce maliziosa negli occhi. Il suo umore era molto confortante. Una sola cosa mi interessavain quel momento: I'alleato. La sua faccia mi era cosl familiare; non era cbme ,. lo conoscessi o lo avessi gii visto prima, era qualcos'altro. Ogni volta che pensavo alla sua faccia altri pensieri mi assalivanola mente, come se una parte di me stesso conoscesseil segreto ma non permettesse al resto di me di avuicinarcisi. La sensazioneche la faccia dell'alleato fosse familiare era cosl fantastica da spingermi in uno stato di morbosa malinconia. Don Juan aveva detto che avrebbe potuto essere la faccia della mia morte. Pen-


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sai che. guella affermazione mi avessebloccato. Volevo disperatamente saperne di pin e avevo la chiara sensazioneche don Tuan mi respin. gesse.Tirai due profondi respiri e buttai fuori una domanda: "Che cosa b la morte, don Juan?". "Non lo so', mi rispose sorridendo. "Voglio dire, come descrivereste la morte? Voglio le vosfte opinioni. Penso che tutti abbiano delle opinioni definite sulla morte". "Non so di che cosa parli". Nel baule della macchina avevo il Libro tibetano dei morti e mi venne in mente di usarlo come arsomento di conversazione.dal mo. mento che trattava della morte. Diisi a don Trranche slielo avrei letto e mi alzai per andare a prenderlo. ma lui mi' fece rimettere a sedere e andd a prendere il libro lui stesso. "La mattina E un brutto momento per gli stregoni", disse come spiegazioneper avermi fatto rimanere al riparo. "Sei troppo debole per lasciarela mia staDza.Qui denmo sei protetto. Se dovessi andartene in giro ora, potresti incaopare in un terribile disastro. Un alleato potrebbe uccideiti sulla strada oin mezzoai cespugli,e pii tardi, trourndo il tuo corpo, direbbero che sei morto misteriosamenie o che hai avuto un incidente". Non ero in una nosizione o in uno stato d'animo tale da discutere Ie sue decisioni, percib rimasi al riparo per quasi tutta la mattina leggendogli e spiegandogli alcune parti del libro. Don Juan ascoltb attentamente e non mi interruppe mai. Due volte dovetti fermarmi per brevi momenti mentre lui portava dell'acqua e del cibo. ma appena era di nuovo libero mi esortava a continuare Ia lettura. Sembrava molto interessato. Quando ebbi finito mi guardd. "Non capisco perchd quella gente parli della morte come se fosse simile alla vita", disse dolcemente. "Forse d ouesto il modo in cui la intendono. Pensate che i tibetani uedano?". "Non credo. Quando un uomo impara a aedere, non una sola cosa che conosceprevale. Non una sola cosa. Se i tibetani potessero uedere potrebbero dire subito che qualsiasi cosa non b mai piil la stessa.Una volta che uediamo, nulla b conosciuto; nulla rimane come siamo abituati a conoscerlo quando non uediamo". 'Forse, don Juan, oedere non b lo stesso per tutti". "E vero. Non b lo stesso. Eppure non vuol dire che il significato della vita prevalga. Quando si impara a uedere, non una sola cosa E la stessa".

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"Ovviamente i tibetani pensano che la morte sia come la vita, Ma voi a cosa pensateche sia simile la morte?", chiesi io. "Non penso che la morte sia simile a nulla e penso che probabilmente i tibetani parlino di qualcos'altro.In ogni caso, quello di cui parlano non b la morte". "Di che cosa pensateche parlino?". "Forse me lo sai dire tu. Sei tu quello che legge". Cercai di dire qualcos'altro ma don Juan scoppib a ridere. "Forse i tibetani vcdono dauuero", continub, "nel qual caso devono essersi resi conto che quello che aedono non ha alcun significato e hanno scritto quel mucchio di stupidaggini perch6 per loro non fa differenza; nel qual caso le cose che hanno scritto non sono afrAtto stupidaggini". "Dawero non mi importa di quello che vogliono dire i tibetani", dissi io, "perb mi importa di quello che dite voi. Vorrei sapore che cosa Densatevoi della morte". Don Juan mi fissb per un istante e poi ridacchib. Apd gli occhi e sollevb le sopracciglia in un comico atteggiamento di sorpresa. ula morte d la faccia dell'alleato; "La morte E unaipirale", disse. sull'orizzonte; la morte B il susnuvola risplendente morte una la d surro di Mescalito nelle tui orecchie; la morte b la bocca senza denti del guardiano; la morte b Genaro seduto sulla sua testa; la morte sono io che pado; la morte sei tu e il tuo taccuino; la morte non b nulla. Nulla! E qui eppure non b aflatto qui". Rise con grande piacere. La sua risata era come una canzone,aveva una soecie di ritmo di danza. "Non ha senso, eh?', riprese. "Non ti posso dire a che cosa b simile la morte. Ma forse ti posso dire della tua morte. Non c'E modo di sapere con sicurezzacome sar); tuttavia potrei dirti a che cosa pud ". assomigliare A quel punto mi spaventai e sostenni che volevo soltanto sapere come appariva la morte a lui; insistei che mi interessavanole sue opi' nioni sulla morte in sensogenerale,ma che non mi curavo di conoscere i patticolari della morte personale di nessuno, specialmentedella mia. 'Non ti posso parlare della morte tranne che in termini personali", disse. "Volevi che ti parlassi della morte. Benissimo! Allora non aver paura di sentire della tua morte'. ' Ammisi di essere troppo nervoso per padarne. Dissi che volevo parlare della morte in termini generali, _comeaveva fatto lui stesso quando mi aveva detto che al momento della morte di suo figlio Eulalio li vita e la morte si erano mischiate come una nebbia di cristalli. "Ti ho detto che la vita di mio figlio si espandeva al momento


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della sua,m,ortepersonale",disse. "Non parlavo della morte in generale ma della morte di mio figlio. La mo;te, qualunque cosa sia,-fece espanderela sua vita". Nel tentativo di distogliere la conversazionedal caso particolare, dissi di aver letto resoconti di persone morte per qualchJ minuto e poi fatte rivivere per mezzo di iecniche mediche. In tutti i casi che a-vevoletto le persone avevano osservato al risveglio di non poter ricor-una dare assolutamente nulla; che morire era semplicemente sensazione di oscuramento. , "E perfettamente comprensibile", disse don Juan. "La morte ha due- stadi. Il primo d un oscuramento. E uno stadio senza significato, molto simile al primo efletto di Mescalito, in cui si prova unaleggerezza che ci fa sentire felici, completi, e che tutto nel mondo b tranquillo, facile. Ma E solo uno stato superficiale; ben presto svaniscee si entra in un nuovo regno, un regno di asptuza e di potere. Questo secondo stadio b il vero incontro con Mescalito. Il primo stadio b un osoramento superficiale.Invece il secondo I il vero stadio in cui si incontra Ia morte; B un breve momento, dopo il primo oscuramento, in cui scopriamo di essere,in certo modo, di nuovo noi stessi. E allora che la morte si scaglia contro di noi con tranquilla furia e potenza fino a dissolvere la nostra vita in nulla". "Come potete esseresicuro di parlarc della morte?". "Ho il mio alleato. Il piccolo fumo mi ha mostrato inequivocabilmente la mia morte con grande chiarezza. E per questo che posso parlare sottanto di morte personale". Le parole di don Juan avevano risvegliato in me una profonda apprensione e una drammatica ambivalenza; avevo la sensazione che avrebbe continuato a descrivere i dettagli manifesti e comuni della rhia morte e a dirmi come o quando sarei morto. Il semplice pensiero di conoscere quei dettagli mi rendeva disperato e allo stesso tempo provocava la mia curiosid. Naturalmente avrei potuto chiedergli di descrivere la sua morte, ma sentivo che una simile dchiesta sarebbe stata alquanto inappropriata e la esclusi senz'altro. Don Juan sembrava godere del mio conflitto. Il suo corpo si scuoteva dal ddere. "Vuoi sapere a che cosa assomiglieri la tua morte?", mi chiese con un piacere infantile sulla faccia. Il gusto malizioso che provava nello stuzzicarmi mi confortb un poco. Placd quasi la mia apprensione. "O.K., ditemi", dissi, e la voce mi si incrinb. Don Juan ebbe una formidabile esplosione di ilariti. Si tenne lo stomaco e rotolb sul fianco ridendo e ripetendo in tono canzonatorio

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"O.K., ditemi", con un'incrinatura nella voce. Poi si raddrizzb, si rimise a sedere assumendo una rigidit) artefatta e disse con voce tremula: "Il secondo stadio della tua morte potrebbe essere benissimo come segue", I suoi occhi mi esaminavanocon una curiositi evidentemente genuina. Risi. Comprendevo chiaramente che il suo tono canzonatorio era il solo espedienteche potesse attenuare l'idea della morte. : "Tu guidi molto", riprlse, "percib ti potresti ritrovare, a un certo rno-.nto] dietro il volante. Saiebbe una sensazionerapidlssima che non ti lascerebbeil tempo di pensare. Improwisamente, diciamo, ti troveresti a guidare, come hai'fatto migliaia di volte. Ma prima di poterti stupire noteresti una strana formazione davanti al tuo para^guarderai pit attentamente capirai che b una nuvola che Lrrrr^. Se assomiglia a una spirale risplendente. Assomiglierebbe,diciamo, a una faccia,'proprio in mezzo al^cielo di fronte a-te. Mentre la osservi la vedresti arietrare fino a essete solo un punto brillante in lontananza, e poi ti accorgerestiche incomincia di nuovo a muoversi verso di te; acquisterebbevelocit) e in un batter d'occhio si schianterebbeconffo 1l parabrezza della tua automobile. Tu sei forte; sono. sicuro che la morte dovri impiegare un paio di assalti per prenderti. "Allora ."pr.tti dove sei e che cosa ti sta succedendo;la faccia .t \.,. ' retrocederebbeancora fino a una posizione sull'orizzonte, acquisterebbe ''" velocit) e si schianterebbecontto-di te. La faccia entrerebbe dentro di te e allora tu sapresti: era sempre la faccia dell'alleato, oppure ero io che parlo, opprrre tu che scrivi. La morte era sempre utnulla. Nulla. Era un puntino sperduto nelle pagine del tuo taccuino' -EPPure e.,trerebbe in te con fbrza incontrollablle e ti farebbe espandere; ti renderebbe piatto e ti estenderebbesul cielo e sulla terra e al di li. E tu saresti come una nebbia di piccoli cristalli che si allontanano, si allontanano", Fui molto preso dalla descrizione della mia morte. Mi ero asp-ettato di udire qualcosa di ben diverso. Non potei dire nulla per molto tempo. i'L, entra attraverso il ventre", continub don Juan. "Dritto -orte la fessura della volontl. Quella zona b la parte pit imporattraverso tante e sensibile dell'uomo. E la regione della volonti e anche quella attraverso cui tutti noi moriamo. Lo so perchd il mio alleato mi ha guidato fino a quello stadio. Uno sregone accorda la proptia volonti lasciandosi raggiungere dalla morte, e quando b piatto e comincia a espandersi, allbla la sua volonti impeccabile prende il soprawento e condensa nuovamente la nebbia in una persona". T)on frran fece uno nno strano gesto. sesto. Apif Aorl le mani man a ventaglio, le solDon Juan


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levb a!'altezza dei gomiti, le girb fino a toccarsi i fianchi coi. pollici e poi le riportb lentamente al centro del corpo, sopra al venhe. k tenne ll per un momento, le braccia gli vibravano per lo sforzo. Poi le riportb in alto, fino a toccarsi la fronte con le punie dei medi, infine Ie sospinse in giil nella stessa posizione al centro del corpo. Era stato un gesto magnifico, lo aveva eseguito con tale forza e bellezza da lasciarmi afiascinato. "E la volonti a tenere insieme uno stfegone", disse, "ma quando la vecchiaia lo rende debole la volonti svanisce e giunge il momento inevitabile in cui lo sffegone non E pit capace di comandare alla sua volond. Allora non ha nulla con cui opporsi alla silenziosa fona della sua morte, e la sua vita diventa come le vite di tutti i suoi simili, una nebbia che si espandeal di l) dei propri limiti". Don Juan mi fissb e si alzb. Io rabbrividivo. "Ora puoi andare nei cespugli", disse. "E pomeriggio". Avevo bisogno di andare ma non osai. Mi sentivo forse pit nervoso che spaventato. Ma non ero piil apprensivo per quel che riguardava l'alleato. Don Juan disse che non importava come mi sentivo, purchd fossi 'compatto'. Mi assicurb che ero in forma perfetta e che potevo andare tranquillamente nei cespugli purchâ‚Ź non mi avvicinassi all'acqua. "Quella b un'alffa faccenda", disse. "Ti devo lavare ancora una volta, petcib stai lontano dall'acqua". Piil tardi volle che lo conducessicon I'automobile alla citti vicina. Risposi che guidare sarebbe stato un gradito diversivo perch6 ancora tremavo; I'idea che uno stregone giocasseveramente con la propria morte era raccapricciante. "Essere uno snegone b un fardello terribile", disse don Juan in tono rassicurante."Ti ho detto che d molto meglio imparare a uedere. Un uomo che uede b tutto; al suo confronto uno stregone E un poveretto'. "Che cosa b la stregoneria,don Juan?". Don Juan mi guardb a lungo scuotendo il capo quasi impercettibilmente. "La stregoneria b applicare la propria volonti a un punto chiave", disse poi. "La sttegoneria b interferenza. Lo sffegone cerca e trova il punto chiave di tutto cib su cui wole agire e poi vi applica la sua volonti. Lo stregone non ha bisogno di aedere per essere sffegone, tutto quello che deve sapere i come usate la sua volonti". Gli chiesi di spiegare che cosa intendeva per punto chiave. Don Juan rimase pensieroso per qualche istante, poi disse che sapeva che cosa era la mia automobile.

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"Ovviamente E una macchina", dissi io. "Voglio dire che la tua automobile E le candele. Quello b per me il punto chiave. Posso applicare la mia volonti alle candele e la tua automobile non partirebbe". Sall sull'automobile e si mise a sedere. Mi fece segno di imitarlo mentre si sistemava comodamente sul sedile. "Osserva quello che faccio", disse. "Sono un corvo, percib per prima cosa libero le mie penne'. Fece fremere tutto il corpo. f suoi movimenti mi facevano pensare a un passeto che si bagnasse le penne in una pozzanghen Abbassb la testa come un uccello che tuffi il becco nell'acqua. "Questo fa sentire veramente bene", disse, e^si mise a ridere. La sua risata era stiana. Aveva su di me un Darticolare efietto ipnotico. Ricordai di averlo udito ridere cosl molte altre volte. Forse non me ne ero mai reso apertamente conto perchd non aveva mai riso cosl a lungo in mia presenza. "Poi un corvo si scioglie il collo", disse, e incomincib a torcere il collo e a strofinarsi le guance sulle spalle. "Poi guarda il mondo prima con un occhio e poi con I'alffo". La sua testa si scuotevacome se spostassela sua visione del mondo da un occhio all'altro. La sua risata sali di tono. Ebbi I'assurda sensazione che stesse Der trasformarsi in un corvo davanti ai miei occhi. Volli ridere .. ..o quasi paralizzato. Sentivo davvero intorno a me un qualche tipo di forza che mi awiluppava. Non ero spaventato, n6 avevo le vertigini o sonno. Le mie facolti erano inalterate, al meglio del mio giudizio. "Ora metti in moto". mi disse. Girai la chiavetta e spinsi automaticamente il pedale dell'acceleratore. Il motorino d'awiamento incomincib a girare senza accendere il motore. La risata di don Juan era un crepitio dolce e ritmico. Provai ancora; ancora. Feci girare il motorino per forse dieci minuti. Don Juan ridacchid per tutto il tempo. Poi mi arresi e mi lasciai ricadere seduto con la testa pesante. Don Juan smise di ridere e mi scrutb, e io 'seppi' allora che la sua tisata mi aveva gettato in una specie di rance ipnotica. Sebbene fossi stato pienamente consapevoledi quello che accadeva,sentivo di non essereme sresso.Nei momenti in cui avevo tentato inutilmente di mettete in moto il motore ero stato molto docile, quasi parulizzato. Era come se don Juan facessequalcosa non solo alla macchina ma anche a me. Quando ebbe smessodi ridacchiare fui convinto che I'incantesimo fosse finito e impetuosamente girai di nuovo la chiavetta. Avevo la certezza che don Tuan con la sua risata mi avesse soltanto


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ipnotizzato facendomi credere di non poter mettere in moto. Io vidi con la coda dell'occhio che mi guardava curiosamente mentre facevo girare il motorino e pompavo furiosamente il gas. Don Juan mi diede un leggero colpetto e mi disse che la furia mi avrebbe reso 'compatto' e che forse non c'era pii bisogno che fossi lavato nell'acqua. Pit furioso potevo diventare, piil presto potevo guarire dal mio inconmo con I'alleato. "Non essere imbarazzato", sentii che mi diceva. "Metti in moto". La sua risata naturale di tutti i giorni esplose, mi sentii ridicolo e risi timidamente. Dopo un po' don Juan disse di aver liberato la macchina. Il mq, tore part)!

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28 settembre 1969 Nella casa di don Juan c'eta qualcosa di misterioso. Per un momento pensai che se ne stesse nascosto da qualche parte ll intotno per spaventarmi. Lo chiamai ad alta voce e quindi taccolsi il coraggio sufficiente per entrare. Don Juan non c'era; posai i due sacchi con i miei acquisti su una pila di legna da ardere e mi misi a sedere per aspettarlo, come avevo fatto dozzine di alte volte. Ma per la prima volta nei miei anni di sodalizio con don Juan avevo paura a rimanere solo in casa sua. Sentivo una presenza,come se 1l con me ci fosse qualcosa di invisibile. Ricordai allora che anni prima avevo avuto la stessavaga sensazione di qualcosa di sconosciuto che si aggirasse intorno a me quando ero solo. Balzai in piedi e uscii dalla casa di corsa. Ero venuto da don Juan per dirgli che gli efietti cumulativi del compito del 'vedere' stavano ormai prendendo il soprawearto su di me. fncominciavo a sentirmi a disagio, vagamente apprensivo senza alcuna ragione apparente; stanco senza essermi afraticato. Poi la mia reazione nel rimanere solo in casa di don Juan mi aveva riportato tutto il ricordo di come si era montata la mia paura. La paura risaliva ad alcuni anni prima, quando don Juan mi aveva costretto a quello stranissimo confronto tra una strega, unda'donna che lui chiamava 'la Catalina', e me. Era cominciato I 23 novembre del 1961, quando lo avevo ffovato a casa sua con una caviglia slogata. Mi spiegb che aveva un nemico, una strega che poteva ttasformarsi in un medo e che aveva tentato di ucciderlo. "Appena sarb di nuovo in grado di camminare ti mostrerb chi ts la donna", mi disse. "Devi saperechi b". "Perchd vi vuole uccidere?". Don Juan si strinse nelle spalle con impazienza e rifiutb di dire altto.

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Tornai a faryli visita dieci giorni dopo e lo trovai in perfetta salute. Ruotd la caviglia per mosmarmi che stava bene e attribul la sua pronta guarigione alla natura dell'ingessaturache si era fatto da solo. "E bene che tu sia qui", disse. "Oggi ti porterb a fare un viaggetto". Poi mi fece guidare fino a una zona desolata dove mi disse di fermare la macchina.Distesele gambee si sistembcomodamentesul sedile come per schiacciareun pisolino. Mi disse di rilassarmi e di rimanere molto tanquillo; aggiunie cl-'e dovevamo farci notare il meno possibile fino al ramonto perch6 il tardo pomeriggio era un momento assai pericoloso per il lavoro che dovevamo fare. "Che tipo di lavoro stiamo per fare?", chiesi. "Siamo qui per bloccare Ia Catalina", mi rispose. Quando fu abbastanzabuio scivolammo giil dalla macchina e ci incamminammo lentamente e senza rumore tra i cespugli del deserto. Dal punto in cui ci fermammo potevo distinguere il profilo oscuro delle colline sui due lati. Eravamo ln un canyon pianeggiante e abba, stanza ampio. Don Tuan mi diede istruzioni dettasliate sul come rimanere confuso con la-vegetazione del deserto e mi'insegnb un modo di sedere'all'erta', come lui diceva. Mi disse di flettere la samba destra sotto la coscia sinistra e di tenere la gamba sinistra acioccolata. Mi spiegd che la gamba flessa serviva da molla per balzare in piedi con grande rapidita, se fosse stato necessario.Mi disse poi di sedere guardando verso ovest, perch6 era quella la direzione della casadella donna. Si mise a sedere vicino a me, alla mia destra, e mi sussurrb di tenere gli occhi a fuoco sul terreno, cercando, o piuttosto aspettando, una speciedi ondata di vento che avrebbe agitato i cespugli. Ogni volta che i cespugli ondeggiavanoavrei dovuto guardare in alto e vedere la strega in tutto il suo 'magnifico splendore malvagio'. Don Juan usb proprio queste parole. Quando gli chiesi di spiegarsi rispose che se vedevo un ondeggiamento dovevo semplicemente guardare in alto e vedere per conto mio, perchd 'una strefJain volo' era uno spettacolo cosl unico da sfidare ogni spiegazione. Soffiava un vento abbastanzacostante e molte volte pensai di aver visto i cespugli ondeggiare. Ogni volta guardai in alto, preparato a un'esperienzatrascendente,ma non vidi nulla. Ogni volta che il vento agitava i cespugli don Juan colpiva il suolo con forza, ruotando su se stessoe muovendo Ie braccia come fruste. La forza dei suoi movimenti era straordinaria. Dopo che per alcune volte non ero riuscito a vedere la strega 'in volo' fui certo che non avrei assistito a nessun awenimento trascen-

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dente, eppure I'esibizione di 'potere' di don Juan era cosl mirabile che f idea di passarela notte ll non mi turbava. AII'alba don Tuan si mise a sedere accanto a me. Sembrava totalnlente esausto. Riusciva appena a muoversi. Si distese sulla schiena e rnormord di non essere riuscito a 'bucare la donna'. Fui molto incuriosito dalla sua affermazione; la ripeteva diverse volte e ogni volta il suo tono si faceva piil deprcsso, piil disperato. Cominciai a provare un'insolita angoscia.Mi era molto facile proiettare i miei sentimenri nello stato d'animo di don Juan. Per alcuni mesi don Juan non parlb piil dell'episodio n6 della donna. Pensai che avessedimenticato o risolto tutta la faccenda.Ma un gtomo lo trovai molto agitato e, in un tono concitato che contrastava completamente con la sua naturale calma, mi disse che la notte prima il 'meilo' si era piazzato davanti a lui, quasi toccandolo, e che lui non si era nemmeno svegliato. La destezza della donna era stata tale che non ne avcva assolutamentesentito la oresenza. Disse di aver avuto la fortuna di svegliarsi proprio all'ultimo istante, in tempo per combattere una terribile battaglia per la sua vita. Il suo tono era commovente, quasi.patetico. Sentii un prepotente impeto di compassionee di preoccupazrone. Con voce tetra e drammatica don Tuan rialTermbdi non aver avuto rnodo di fermare la donna e che la orossima volta che eli si fosse avvicinata screbbestato il suo ultimo gi<trnosulla terra. Mi'lasciai prendere dallo scoraggiamentoe quasi scoppiai in lacrime. Don Juan- sembrd essersi accorto della mia preoccupazionee rise, pensai io, coraggiosamente. Mi diede un colpetto sulla schiena dicendomi di non angustiarmi, che ancora non era completamenteperduto perchi aveva un'ultima carta, una carta vincente. "Un guerriero vive strategicamente",disse somidendo."Un guerriero non porta mai dei pesi che non possa maneggiare". Il suo sorriso riuscl a dissipare le nuvole funeste del senso di fato ineluttabile. Mi sentii improwiiamente sollevato e tutti e due scoppiammo a ridere. Don Juan mi diede un colpetto sulla testa. "Sai, di tutte le cose sulla terra tu sei la mia ultima carta", disse all'improvviso guardandomi 6sso negli occhi. " C osa?" . "Tu sei la mia carta vincente nella mia battaglia contro quella stregat. Non capivo quello che voleva dire e allora lui mi spiegd che la donna non mi conoscevae che se seguivo le sue istruzioni avrei avuto un'occasionenii che buona di 'bucarla'. "Che cosa vuol dire 'bucarla'?".


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'Non la puoi uccidere ma la devi bucare come un pallone. Se lo fai mi lasceri in pace. Ma ora non pensarci. Ti dirb quello che dovrai fare quando verri il momento". Passaronoi mesi. Io avevo dimenticato I'episodio e un giorno, arrivando a casa sua, fui colto di sorpresa; don Juan usci di iorsa e non mi lascib scendere dalla macchina"Devi partire subito", mi sussurrb con spaventosaurgenza. "Ascolta attentamente. Compra un fucile, oppure procuratene uno come puoi; non portarmi il tuo fucile, capisci? Procurati un qualsiasi fucile, tranne il tuo, e portalo subito qui". "Perch6 volete un fucile?". "Vai subito!". Tornai con un fucile. Non avevo abbastanzadenaro per comprarne uno ma un amico mi aveva dato il suo vecchio fucile. Don Juan non lo gu_ardb; rt4endo mi spiegb di essere stato brusco perch6 il merlo era sul tetto della casa e lui non voleva che mi vedesse. "Quando ho scoperto il merlo sul tetto mi b venuta I'idea che tu avresti potuto portare un fucile e bucarlo con quellon, mi disse con enfasi. "Non voglio che ti capiti nulla e percid ti ho suggerito di comprare il fucile o di procurartene uno in qualsiasi altro modo. Vedi, una volta completato il compito dovrai distruggere I'arma". "Di che genere di compito parlate?". "Devi cercare di bucare la donna col fucile". Mi fece pulire I'arma strofinandola con le foglie fresche e i ramoscelli di una pianta dal profumo particolare. Lui stesso strofinb due cartucce e le insed nelle canne. Poi disse che mi dovevo nasconderedavanti alla casa e aspettare finch6 il medo si posasse sul tetto e quindi, dopo aver pfeso la mira con cura, avrei dovuto far fuoco con tutte e due le canne. L'efietto della sorpresa, piil che Ie pallottole, avrebbe bucato la donna, e se fossi stato abbastanzapotente e deciso avrei potuto costringetla a lasciare don Juan in pace. Percib la mia mira doveva essere impeccabile e altrettanto doveva essere la mia volonti di bucare la donna. "Nell'istante in cui fai fuoco devi udare". mi disse don fuan. "Deve essefeun urlo potente e lacerante". Poi don Juan accumulb fasci di bambil e fascine a circa tre metri di distanza dalla ramada della casa e mi fece appoggiare contro la legna ammonticchiata. La posizione era molto comoda. Ero semisdraiato con Ia schiena ben appoggiata e potevo vedere bene il tetto. Don Juan disse che era toppo presto perchd la strega uscisse e che aveva!'to tempo fino all'imbrunire per terminare tutti i preparacivi; al calare dell-'oscuriti lui avrebbe iatto frnta di chiudersi^in casa pet attirare la donna e suscitareun altro attacco contro la sua persona.

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Mi disse di rilassarmi e di trovare una comoda posizione da cui potessi sparare senza muovermi. Mi fece prendere di mira il tetto un paio di volte e concluse che ero roppo impacciato nel portare il fucile alla spalla e nel prendere la mira. Fece in terra due buchi profondi con una sbarra di ferro appuntita, piantb nei buchi due rami forcuti e tra lo due biforcazioni legb un lungo palo. La struttura cosl ottenuta mi dava un appoggio per sparare e mi consentiva di tenere il fucile puntato verso il tetto. Don .Juan guardb il cielo e disse che per lui era ora di entrare in casa.Si alzb e andb dentro calmo calmo, dicendomi come ultimo ammonimento che il mio sforzo non era uno scherzo e che dovevo colpire I'uccello al primo colpo. Dopo che don fuan se ne fu andato ebbi ancora qualche minuto di crepuscolo e poi il buio fu completo. Sembrava che I'oscurit) avesse atteso che fossi solo oer discendereimorowisamente su di me. Cercai di mettere gli occhi a f.roco sul tetto che si stagliava contro il cielo; per un po' ci fu ancora luce sufficiente all'ofizzonte e la forma del tetto fu ancora visibile, ma poi il cielo diventb nero e a stento riuscivo a vedere la casa. Tenni eii occhi a fuoco sul tetto per ore senza notare assolutamentenulla. Vidi due gufi volare verso il nord; la loro apertura alare era assai notevole e non potevano esserescambiati per merli. Ma a un certo momento notai distintamente la forma nera di un piccolo uccello che atterrava sul tetto. Era chiaramente un merlo! Il cuore incomincib a battermi forte; sentivo un ronzio nelle orecchie. Mirai al buio e tirai tutti e due i grilletti. Ci fu una fortissimadetonazione.Sentii il forte rinculo del calcio del fucile sulla spalla e nello stesso tempo udii un grido umano lacerante e orribile. Era forte e soprannaturalee sembrava provenire dal tetto. Provai un momento di totale confusione, poi ricordai che don Juan mi aveva ammonito di urlare mentre facevo fuoco e io me lo ero dimenticato. Pensavo di ricaricare il fucile quando don Juan apri la porta e uscl di corsa. Aveva in mano la lanterna a cherosenee appariva alquanto nervoso. "Penso che tu I'abbia presa", disse. "Ora dobbiamo cercare I'uccello morto". Portb una scala e mi fece arrampicare sul tetto e guardare sulla ramada, ma non riuscii a trovare nulla. Don Juan si arrampicb e guardd anche lui per un po', con risultati ugualmente negativi. "Forse I'hai fatto pezzetti", disse, "nel qual caso dobbiamo trovare almeno una piuma", ^ Ci mettemmo a cercare prima intorno aTla rantada e poi intomo alla casa. Cercammo alla luce della lanterna fino al mattino. Poi riprendemmo a cercare.,intutta I'area che avevamo coperto durante la notte.


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Verso le undici del matrino don Juan mi disse di interrompere la ricerca. Si mise a sedere scoraggiato,mi sorrise timidamente e disse che non ero riuscito a fermare il suo nemico e che ora, pii che mai, la sua vita non valeva un soldo perchd la donna era senza dubbio ofiesa e moriva dalla voglia di vendicarsi. "Perb tu sei salvon, mi disse in tono rassicurante."La donna non ti conosce". Menffe mi awiavo verso I'automobile per tornare a casagli chiesi se dovevo distruggere il fucile, ma lui mi rispose che il fucile non aveva fatto nulla e che dovevo restituirlo al propiietario. Notai nei suoi occhi una profonda atia di disperazione. i.ie fui cosl commosso che quasi scoppiai a piangere. "Che posso fare per aiutarvi?", chiesi. "Non c'b nulla che tu possa fare", mi rispose. Rimanemmo in silenzio per un momento. Volevo andarmenesubito. Sentivo un'angoscia oppriminte. Ero a disagio. "Dawero votresti cercare di aiutarmi?", chiese a un certo punto don Juan in tono infantile. Gli ripetei che tutta la mia persona era a sua disposizione, che il mio afletto per lui era cosl grande che avrei fatto qualsiasi cosa pur di aiutarlo. Don Juan sorrise e mi chiese ancora se parlavo sinceramente, io riaflermai con veemenza il mio desiderio di aiutarlo. 'Se dawero ne hai I'intenzione", disse, spotrei avere ancora un'opportuniti". Sembrava felice. Fece un largo soniso e battd le mani, come faceva quando voleva esprimereun sentimento di piacere.Questo cambiemento di umore fu cosl notevole che trascind anche me. Sentii svanire improvvisamente il mio stato d'animo opprimente e la mia angoscia, sentii che la vita era di nuovo inesplicabilmente stimolante. Don Juan si mise a sedere e io lo imitai. Mi guardb a lungo e poi incomincib a spiegarmi in tono molto calmo e deciso che io ero efiettivamente la sola persona che potesse aiutarlo in quel momento, e quindi mi avrebbe chiesto di fare qualcosa di molto pericoloso e particolare. Smise per un momento di parlare come se aspettasseuna conferrna & parte mia, e io proclamai di nuovo il mio fermo desiderio di fare qualcosa pet lui. "Sto per darti un'arma per bucada", disse. Tolse dalla sua sacca un oggetto allungato e me lo porse. Lo presi e lo esaminai. Per Doco non lo lasciai cadere. "E un cinghiale;, continub lui. "Devi bucarla con questo". L'oggetto che avevo in mano en la zampa anteriore essiccatadi un

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cinghiale. La pelle era orribile e le setole repellenti al tatto. Lo zoccolo era intatto con le due met) divaricate, come se la zampa fosse protesa. Era una cosa orribile da guardare, mi dava quasi il voltastomaco. Don fuan la riprese rapidamente. "Le devi conficcare il cinghiale dritto nell'ombelico", disse. "Cosa?", dissi io con voce flebile. "Devi tenere il cinghiale nella mano sinistra e pugnalarla. E una stresa e il cinghiale Ie entrer) nel ventre e nessuno al mondo, tranne un altro stregone,glielo vedr) conficcato in pancia. Non ts una battaglia normale ma una questione ra sregoni. Il maggior pericolo lo correrai se non riesci a bucaila; Iei ti pub far cadere morto sull'istante, oppure i suoi compagni e i suoi parenti ti sparerannoo ti accoltelleranno.D'alfta parte puoi uscirne senzaun graffio. "Se riesci la smega si trover) maledettamente a mal partito con il cinghiale nel corpo e mi lasceri in pace". Fui di nuovo preso da un'angosciaopprimente. Sentivo un profondo afietto per don Juan, lo ammiravo. Al momento della sua sconvolgente richiesta avevo gii imparato a considerare il suo modo di vita e Ia sua conosctnza come un'imDortantissima rcalizzazione. Chi mai avrebbe potuto lasciar morire un uomo mme quello? Eppure chi mai avrebbevoluto rischiare deliberatamente la propria vita? Ero cosl immerso nelle mie considerazioni che non mi accorsi che don luan si er^ alzato e stava in piedi davanti a me finchd lui non mi diede un colpetto sulla spalla. Guardai in su, mi sorrideva con benevolenza. "Ouando sentirai di volermi veramente aiutare, ritornerai", disse. 'ma fi'lo ad allora non tornare. Se ritorni saprb quello che dovremo fare. Ora vai! Se non vorrai ritornare anch'io ti capirb". Mi alzai automaticamente, salii in macchina e mi allontanai. Don Juan mi aveva veramente portato a un punto di esasperazione.Avrei potuto andarmenee non tomare mai pii. ma il pensiero di esserelibero di andarmenenon mi confortava molto. Proseguii ancora un po', quindi girai impulsivamâ‚Źnte I'automobile e tornai indietro. Don Juan era ancora seduto sotto la ranada e non sembrava sorpreso di vedermi. 'Siediti", mi disse. "l,e nuvole a ovest sono bellissime. Presto sarl buio. Siediti tranquillo e lasciati riempire dal crepuscolo. Ora fai tutto quello che vuoi, ma quando te lo dirb io guarda fisso quelle nuvole risplendenti e chiedi al crepuscolo di darti forza e calma". Rimasi seduto un paio d'ore rivolto verso le nuvole a ovest. Don Juan entrb in casa e rimase dentro. Ritomb all'imbrunire. 'Il crepuscolo d attivato", disse. "Alzati! Non chiudere gli occhi


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ma.guarda fisso le 4uy9le; tieni le braccia in alto con le mani aperte o le dita distese, e saltella sul posto". . Seguii le sue istruzioni; sollevai le braccia al di sopra della testa e incominciai a trotterellare. Don Juan venne al mio fi-.o . .o...rr" i miei movimenti. Mise lazampa del cinghiarecontro il palmo deila mia mano sinistra e me la fece reggere con il poilic., poi mi abbassd le braccia a nuntarle nella direzione delle'nuvole arancions. grigio {Lo scuro sull-orizzonte, verso ovest. Mi distese Ie dita come ventigli" e mi disse di non ripiegarle sul palmo delle mani. Tenere le dita distese era-importantissimo perchd se li chiudevo non avrei chiesto al creDuscolo.torza e calma, ma lo avrei minacciato. Don Juan corresse ,nih. il mio trotterellare; disse che doveva essere tranq,tillo . uniforme, come se stessi dawero correndo verso I'orizzonte con l. brrcci, iirt;; Quella notte non riuscii ad addormentarmi.Era come se il crepuscolo invece di calmarmi mi avesse agitato fino alla frenesia. "Ho ancora tante di quelle_cose in sospesonella mia vita", dissi. "Tante di quelle cose irdiolte". Don Juan ridacchid dolcemente. nel mondo',, disse, "Nulla E finito, eppure nulla . . ".\lla E_in so-speso b irrisolto. Va a dormire". le sue parole erano stranamente confortanti. La ma\tina.dopo, verso le dieci, don Juan mi diede qualcosa da mangiare e subito dopo partimmo. Mi sussuirb che avremmo awicinato Ia do.nnaverso me2zogiorno,_oprima di mezzogiornose possibire.Disse che il momento ideale sarebbe stato nelle priml ore del^giorno, perchd al m.attino una strega i_ sempre rn"no pot.nre o meno pronta. ma in quelle ore non lascerebbemai la protelione della sua iasa. Non feci nessunadomanda. Don Juan mi diresse fino all'autosffada e a un certo momento mi fece fermare e parcheggiaresul lato della strada. Disse che dovevamo aspettare li. . Guardai I'orologio; mancavano cinque minuti alle undici. Sbadigliai flpetutamente. Avevo veramente sonno; Ia mia mente vagabondavasenza meta, Improwisamente don Juan si taddrizz| e mi diede una gomitata. Io sobbalzai nel mio sedile. "Eccola! ", disse. Vidi una donna camminare verso l,autostrada sul mareine di un campo coltivato. Portava un cesto infilato aI braccio destro. "solo allora mi accorsi che eravamo parcheggiati vicino a un incrocio. c'erano due stretd sentieri che correvano paralleli ai due lati dell'autostrada e un altto sentiero pit largo e pitr Eattuto che correva perpendicolare all'au-

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tostrada; ovviamente le persone che usavano quel sentiero dovevano attraversarela strada asfaltata. La donna era ancora sulla strada bianca quando don Tuan mi fece scenderedalla macchina. "Adesso", disse fermamente. Obbedii. La donna eta quasi all'autostrada. Mi misi a cor^rrivata rere e la raggiunsi. Le ero cosl vicino da sentire i suoi abiti sulla mia faccia. Tolsi lo zoccolo di cinehiale dalla camicia e Io spinsi contro la donna. Non sentii opporre .r.ir,r.r" resistenzaall'oggetto smussato che avevo in mano. Vidi un'ombra fugace davanti a me, come un drappo sventolato. Voltai automa.ticamentela testa a sinistra e vidi la donna a quindici metri di distanza sul lato opposto della strada. Era una donna bruna abbastanza giovane, dal corpo forte e tarchiato. Mi sorrideva. I suoi denti etano bianchi e grossi e il suo sorriso placido. Aveva gli occhi chiusi a meta, come per proteggerli dal vento. Portav^ ancota il cestino infilato al braccio destro. Provai un attimo di confusione senzapari. Mi voltai a guardare don .Juanche gesticolavafreneticamenteper richiamarmi indietro. Corsi via. C'erano tre o quattro uomini che venivano verso di me. Salii in macchina e fuggii nella direzione opposta. Cercai di chiedere a don Tuan che cosa era successoma non Dorevo parlare; le orecchie mi scoppiavanoper una pressioneopprimenti; r".ttivo che stavo sofiocando. Don Juan sembrava contento e si mise a ridere. Era come se il mio fallimento non Io preoccupasse.Avevo stretto il volante con tanta fotza che non potevo muovere le mani; erano irrigidite; anche le braccia e le gambe erano rigide. Non potevo nemmeno togliere il piede dall'acceleratore. Don Juan mi diede un colpetto sulla schienae mi disse di rilassarmi. A poco a poco la pressione nelle orecchie diminul. "Che cosa b successolaggii?", chiesi alla fine. Don Juan ridacchib come un bambino senzarispondere. Poi mi domandd se avevo notato il modo in cui la donna mi aveva schivato. Ne elogib I'eccellente rapiditi. Le sue parole mi sembravano cosl assurde che non riuscivo dawero a seguirlo. Elogiava la donna! Diceva che il suo potere era impeccabile e che era una nemica implacabile. Chiesi a don Juan se non gli importava del mio insuccesso.Ero davvero sorpreso e infastidito dal suo cambiamento di umore. Sembrava veramente contento. Mi disse di fermarmi. Io parcheggiai sul fianco della strada e lui mi mise una mano sulla spalle guardandomi penetrantemente negli occhi. "Tutto quello che ti ho fatto oggi era un trucco', disse bruscamente. "La regola b che un uomo di conoscenzadeve intrappolare il


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suo novizio. Oggi io ti ho intrappolato e ti ho spinto con I'inganno nell apprencumento--. Ero estemefatto. Non riuscivo a darc ordine ai miei pensieri. Don Juan spiegd che tutta la questione della donna era una irappola; che non era mai stata una minaccia per lui, e che suo compito era stato mettermi in contatto con lei, sotto le specifichecondizioni di abbandono e di potere che avevo provato quando avevo cercato di bucarla. I-odb la mia risolutezzae la definl ,rn rtto di potere con il quale avevo dimostrato alla donna di esserecapacedi un-grande sforzo. Disse che anche se non me ne rendevo conto, non avevo fatto altro che esibirmi davanti a quella donna. "Non avresti mai potuto toccarla", disse, "ma lc hai mostrato gli artigli. Ora lei sa che tu non hai paura. L'hai sfidata. Io I'ho usata per ingannarti perchC E potente e implacabile e non dimentica mai.'Di solito gli uomini sono troppo indaflarati per poter esserenemici implacabili". Provai una collera temibile. Gli dissi che non si dovrebbe scherzare con i sentimenti pit intimi di una persona. rise fino a farsi scoriere Ie lacrime giil per le guance, e -Don_Juan io lo odiai. Sentivo un prepotente desiderio di mollaigli un pugno e andarmene; ma nella sua risata c'era un ritmo cosl strano che mi tineva quasi parCizzato. "Non essere cosl arrabbiato", mi disse in tono confortante. Aggiunse che i suoi atti non erano mai stati una farsa. che anche lui aveva buttato allo sbaraglio la sua vita molto tempo prima, quando il zuo benefattore lo avwa ingannato, proprio come lui aveva'ingannato me. Disse che il suo benefattore era un uomo crudele che non oenr"v" al suo discepolo come lui, don Juan, pensavaa me. Aggiunse molto seccamente che la donna aveva misurato la propria forza contro di lui e aveva veramente tentato di ucciderlo. "Adesso sa che io stavo giocando con lei", disse ridendo, "e per questo ri odier). A me non pud fare nulla, ma si rivan) su di te. Ancora non sa quanto potere tu hai, percib verri a metterti alla prova, a poao a- poco. Ora non hai altra scelta, devi imparare per poterti difendere, altrimenti cadrai preda di quella signora, quella non scherza". Don Juan mi ricordb il modo in cui la donna era volata via. "Non essere arrabbiato", disse "Non E stato un trucco qualsiasi. Era la regola". Nel modo in cui la donna si era allontanata d,a me c'era <rualcosa che veramente mi faceva ii,mpazzbe.L'avevo visto coi miei occhi: aveva saltato in un batter d'occhio per tutta la larghezza dell'autostrada. Non potevo sfuggire a quella certer;L^.Da allora in poi concentrai la mia

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attenzione su quell'episodio e a poco a poco accumulai 'prove' del fatto che la donna mi seguiva veramente. Alla fine fui costretto ad abbandonare il noviziato sotto la pressionedella mia paura irrazionale. Tornai a casa di don Juan ore dopo nel primo pomeriggio. Eviden' temente mi stava aspettando.Mi venne incontro mentre scendevodalI'automobile e mi esaminb con occhi curiosi, girandomi intorno un paio di volte. "Perchi questo nervosismo?", chieseprima che avessiavuto il tempo di dire nulla. Gli spiegai che qualcosami aveva spaventoto quella mattina e che avevo incorninciato a sentire, come in passato.qualcosache mi insidiava' Don Juan si era messo a sedere e sembrava immerso nei suoi pensieri. Aveva sul volto un'esDressioneinsolitamente seria. Sembravastanco.Mi misi a sedere accanto a lui e riordinai i miei anpunti. Dopo una pausa molto lunga la sua faccia si illuminb e sorise. "Quello che hai sentito questa mattina era lo spirito della pozza d'acqua", disse. "Ti avevo detto che devi essere preparato a incontri inattesi con queste forze. Pensavo che lo avessi capito". "Lo avevo capito'. 'Allora perchC questa paura?". Non potei rispondere. "Quello spirito b sulle tue tracce", disse. "Ti ha gi} toccato nelI'acqua. Ti assicuro che ti toccher) ancora e probabilmente non sarai preparato e quell'incontro sara la tua fine". - -Le parole di don Juan mi preoccupavanomolto, ma i miei,sentimenti erano sirani; efo preoccupato ma non spaventato. Tutto quellolhe mi stava accadendo non riusciva a evocare i miei antic-hi istinti di ciece paura. "Cosa dovrei fare?", chiesi. "Dimentichi troppo facilmente", mi rispose. "La via della conoscenza d una via imposta. Per imparare dobbiamo essere spronati. Lungo la via della co"cr.enra combattiamo sempre qualcosa, evitiamo qualcosa, siamo preparati per qualcosa; e quel qualcosa & sempre inesplicabile, p'ii grandi e pii potente di noi. Ir fone inesplicabili verjanno da te. t)r" i lo spiriio dillapozza d'acqua, pit tardi sari il tuo alleato, percib non c'b niente che tu possa farelranne prepararti alla lotta. Anni fa ti ha spronato la Catalina, ma era solo una strega e quello ts stato un trucco & principianti. 'Il mondo E dawero pieno di cose spaventose e noi siamo creature impotenti circondate da forze inesplicabili e ostinate. L'uomo comune, per ignotanza, crede che quelle forze possano essere spiegate o cam'


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biate; non sa come farlo realmente, ma si aspetta che presto o tardi le azioni dell'umaniti le spiegheranno o le cambieranno. Lo smegone, d'altra parte, non pensa di spiegarle o di cambiarle; impara invece a usare quelle fotze dando una nuova direzione a se stesso e adattandosi alla loro direzione. E questo il suo trucco. Nella stregoneria c? molto poco quando ne hai scopetto il trucco. Lo stregone sta solo leggermente meglio dell'uomo comune. La stregonerianon lo aiuta a vivereluna vita migliore; in elfetti dovrei dire che la stregoneria lo ostacola; gli rende la vita scomoda e precaria. Aprendosi alla conoscenza1o stregone di. venta piil vulnerabile dell'uomo comune. Da una parte i suoi simili lo odiano e lo temono e cercherannodi mettere fine alla sua vita; dall'altta le {orze inesplicabili e ostinate che circondano tutti noi, in virtr) del nostro esserevivi, sono per lo stregoneuna fonte di pericolo ancora maggiore. Essere ammazz to da un proprio simile b efiettivamente doloroso, ma non ts nulla in confronto all'esseretoccato da un'alleato. Lo stregone, aprendosi alla conoscenza,cadepreda di quelle forze e ha un solo mezzo per mantenersi in equilibrio, la sua volonti. Te lo ripeto ancora una volta: Solo chi si comporta come un guerriero pub sopravvivere sulla via della conoscenza.Cib che aiuta lo stregone a vivere una vita migliore d la forza che viene dall'essere un guerriero. "E mio impegno insegnarti a uedere.Non perchâ‚Źio lo voglia personalmente ma perchd tu sei stato scelto; mi sei stato indicato da Mescalito. Ma io sono stato spinto dal mio desiderio personale a insegnarti a sentire e ad agire come un guerriero. Io personalmente credo che essere un guerriero sia meglio di ogni altra cosa. Percid mi sono sforzato di mostrarti quelle forze che lo stregone percepisce,perch6 solo sotto il loro urto terrificante I'uomo pud diventare un guerriero. Vedere senza essereprima un guerriero ti renderebbe debole; ti darebbe una falsa mitezzu un desiderio di ritrarti; il tuo corpo deperirebbe perchd diventeresti indifierente. E mio impegno personale {are di te un guerriero cosl che tu non ti sgretoli. "Ti ho sentito ripetere molte volte che sei preparato a morire. Non considero che tale sentimento sia necessario.Penso che sia un inutile lasciarsi andare. Un guerriero deve essere preparato solo alla lotta. Ti ho anche sentito dire che i tuoi genitori hanno ferito il tuo spirito. fo penso che lo spirito dell'uomo possa essereferito molto facilmente, sebbene non dagli stessi atti che tu stesso definisci lesivi. Credo che i tuoi genitori ti abbiano ferito facendo di te una persona che si lascia andare, molle e propensa a indugiare. "Lo spitito di un guerriero non conosce n6 il lasciarsi andare n6 il lagnarsi, n6 conosce il vincere o il perdere. Lo spirito di un guerriero conosce solo il lottare, e ogni lotta b l'ultima battaglia del guer-

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riero sulla terra. Quindi il risultato conta per lui molto poco. Nella sua ultima battaglia sulla terra il guerriero lascia che il proprio spirito scorra libero e limpido. E mentre combatte la sua battaglia, sapendo che la sua volonti E impeccabile, il g:eniero ride e ride". Smisi di scrivere e guardai in su. Don Juan mi stava fissando. Scosse la testa da una parte all'alma e sorrise. "Scrivi dawero tutto?". mi chiese in tono incredulo. "Genaro dice che non riesce mai a rimanere serio con te perchd scdvi sempre. Ha ragione; chi mai pub rimanere serio se scrivi sempre?". Fece una risatina chioccia e io tentai di difendere la mia posizione. "Non importa", mi rispose, "se mai imparerai a aedere, suppongo che dovtai farlo nel tuo bizzarro modo". Si alzb in piedi e guardb il cielo. Era circa mezzogiorno.Disse che eravamo ancora in tempo per andare a caccia in un posto sulle montagne. "Che cosa cacceremo?', chiesi. "Un animale speciale,un cervo o un cinghiale o anche un leone di montagna". Mi alzai e lo seguii fino all'automobile. Disse che questa volta avremmo osservato soltanto e avremmo scoperto quale animale dovevamo cacciare.Stava oer salire in macchina ouando sembrd ricordarsi di qualcosa. Sorrise e'disse che il viaggio d&eva essere rimandato fino a che non avessi imparato una cosa senza la quale la nostra caccia sarebbe stata impossibile; Tornammo indietro e ci rimettemmo a sedere sotto la rcmada. l* domande che volevo fare erano moltissime, ma don Juan non mi lascib il tempo di dire nulla e incomincib subito a parlare. "Questo ci riconduce all'ultimo punto che devi sapere su un guerdero", disse, "un guerriero sceglie gli elementi che compongono iI suo mondo. "Sai che cosa non andava in te il giorno in cui hai visto l'alleato e ti ho dovuto lavare due volte?". ttN ot.

"Avevi perduto i tuoi scudi". "Quali scudi? Di che cosa parlate?". "Ho detto che il guerriero sceglie gli elementi che compongono il suo mondo. Sceglie deliberatamente, perchd ogni elemento che sceglie t uno scudo che Io protegge dagli assalti delle forze che cerca di usare. Per esempio, il guertiero usetebbe i suoi scudi per proteggersi dal suo alleato. "L'uomo comune che d ugualmente circondato da guelle fone ine-


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splicabili, ne E ignaro perch6 possiedealtri tipi di scudi speciali che lo proteggono'. Smise di parlare e mi guardb con aria indagatrice. Io non avevo capito quello che voleva dire. "Che cosa sono quegli scudi?", insistei. "Quello che la gente fa", ripet6. " Che c os a f a?" . "Bene, guardari intorno. La gente b indaflarata a fare quello che la gente fa. Sono questi gli scudi.Ogni volta che lo stregoneha rrn incontro con una di quelle forze inesplicabili e ostinate di cr_ricbbiamo parlato, la sua fessura si apre, rendendolo suscettibile alla morte pit di quanto lo sia ordinariamente; ti ho detto che si muore arrraverso q-uellafessura, percib se E aperta dobbiamo avere la volont) pronra a chiuderla; ciod, se si d un guerriero. Se non si E un guerriero, come te, allora non si ha altra risorsa se non I'uso delle attivit) della vita quotidiana per distogliere la mente dalla paura dell'incontro e permertere cosl alla fessura di chiudersi. Sei andato in collere corr me quel giorno quando hai incontrato I'alleato. Ti ho fatto and3re in collera quando ti ho fermato I'automobile e ti ho fatto sentire frccldo quando ti ho tufiato nell'acqua.L'esserti tenuto i vestiti addossoti hi fatro sentire ancora pir\ freddo. L'essere arrabbiato e I'avere freddo ti ha aiutato a chiudeie la fessurae sei stato protetto. Ma in questo momento della tua vita non puoi pir) usare quegli scudi con la stessaefficaciadi un uomo comune. Sai troppo di quelle {otze e ora sei finalmente sul punto di sentire e di agire come un guerriero. I tuoi vecchi scudi non sono oii sicuri". "Che dovrei fare?". "Agisci come un guerriero e scegli gli elementi del tuo mondo. Non puoi circondarti di cose alla rinfusa. Te lo dico molto seriamente.Ora per la prima volta non sei sicuro nel tuo vecchio modo di vita". "Che cosa intendete per scegliere gli elementi del mio mondo?". "Un guerriero incontra quelle forze inesplicabili e ostinate perchd le cerca deliberatamente. percid d sempre preparato all'incontro. Tu, d'altra parte, non ci sei mai preparato. Di fatto se quelle forze vengono a te possonoprenderti di sorpresa;la paura apriri la tua fessurae attraverso di essa la tua vita fuggir) imesistibilmente. Quindi la prima cosa che devi fare b essere preparato. Pensa che I'alleato ti oub sDuntare davanti agli occhi in qualsiasi momento e ru devi .rr.r" pt.par"to. L'incontro con un alleato non e una festa o una scampagnatadbmenicale e il guerriero ha la responsabiliti di proteggere la propria vita. Quindi se una qualsiasi di queste forze ti tocca e apre la tua fessura, devi cercare deliberatamente di chiudeda tu stesso. A tale scopo devi

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avere un certo numero di cose che ti diano grande pace e piacere, cose che tu possa usare deliberatamenteper distogliere i tuoi pensieri dalla paura e per chiudere la tua fessura e renderti compatto'. "Che genere di cose?". "Anni or sono ti ho detto che il guerriero nella sua vita quotidiana sceglie il sentiero che ha un arore. E la scelta coerente del sentiero che ha un cuore a rendere il guerriero diverso Call'uomo comune. Il guerriero sa che un sentiero ha un cuore quando b una sola cosa con lui, quando prova una grande pace e un grande piacere nell'attraversarlo in tutta la sua larghezza. Le cose che il gueniero sceglie per farne i suoi scudi sono gli elementi di un sentiero che ha un cuore". 'Ma voi avete detto che io non sono un guerriero, allora come posso scegliere un sentiero che ha un cuore?". "Ora sei a una svolta. Diciamo che prima non avevi veramente bisogno di vivere come un guerriero. Ora d difierente, ora ti devi circondare degli elementi di un sentiero che ha un cuore e devi rifiutare il resto, altrimenti perirai nel tuo prossimo incontro. Devo aggiungereche non hai pit bisogno di chiedete I'incontro. Un alleato prrb venire da te mentre dormi, menfie parli con i tuoi amici, mentre scrivi". "Per anni ho creduto veramente di vivere conformemente ai vostri insegnamenti", dissi io. "Owiamente non ho agito bene. C-omepotrei fare meglio ora?". "Pensi e parli troppo. Devi smettere di parlare a te stesso". "Che cosa intendete dire?". "Parli troppo a te stesso. Non sei il solo in questo. Tutti noi lo facciamo. Tutti noi conduciamo un discorso interiore. Pensaci. Che cosa fai ogni volta che sei solo?". "Patlo a me stesso'. "Di che cosa oarli a te stesso?". "Non so; di qualsiasicosa, immagino". "Ora ti dirb di che cosa padiamo a noi stessi.Parliamo del nostro mondo. Di fatto manteniamo il nostro mondo nel nostro discorso interiore ". "Come facciano?". "Ogni volta che smettiamo di parlare a noi stessi il mondo b sempre come dovtebbe essere. Noi Io rinnoviamo, lo accendiamo di vita, lo sosteniamo nel nostro discorso interiore. Non solo, ma mentre parliamo a noi stessi scegliamo anche i nostri sentieti. Percib ripetiamo continuamente le stessescelte fino al giorno della nostta morte, perchd continuiamo a ripetere sempre lo stesso discorso interiore fino al giomo della nostra morte. "Il guerriero ne b consapevolee cerca di smertere di parlare. Que-


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sto d I'ultimo punto che d6vi conoscere se vuoi vivere come un guerriero". "Come posso smettere di parlare a me stesso?". "Prima di tutto devi usare le orecchie per togliere ai tuoi occhi una parte del loro fardello. Abbiamo sempre usato gli occhi per giu-e dicare il mondo fin dal giorno della nosra nascita. Agli altri a noi stessi parliamo pdncipalmente di cib che vediamo. Il guerriero ne B consapevolee ascolta il mondo; il guerriero ascolta i suoni del mondo". Misi via i miei appunti. Don Juan osservb ridendo che non intendeva dire che io dovessi portare le cose 6no a quel punto, che i suoni del mondo dovevano essereascoltati armoniosamentee con grande pazienza. "Il guerriero si rende conto che il mondo cambieri non appena smette di parlare a se stesso", disse, "e deve essere preparato a quel colpo formidabile". "Che intendete dire, don fuan?". " Il mondo d questo e quello o cosl e cosl solo perchd noi diciamo a noi stessi che quello b il modo in cui b. Se cessassimodi dire a noi stessi che il mondo b cosl e cosl, il mondo cesserebbedi essere cosl e cosl. In questo momento non penso che tu sia pronto per un colpo cos) grave, percib devi incominciare lentamente a disfare il mondo". 'Davvero non vi capisco!". " Il tuo problema B che confondi il mondo con quello che la gente fa. Anche in questo non sei il solo. Tutti noi lo facciamo. Le cose che la gente fa sono scudi contro le cose che ci circondano; quello che facciamo come persone ci di conforto e ci fa sentire sicuri; quello che la gente fa E giustamente molto importante, ma soltanto come scudo. Non impariamo mai che Ie cose che facciamo come persone sono soltanto scudi e permettiamo che dominino e faccianocadere Ia nosffa vita. In efietti potrei dire che cib che Ia gente fa b per I'umaniti piil grande e imDortante del mondo stesso". "Che cosa ts che chiamateil mondo?". "Il mondo b tutto quello che d racchiusoqui dentro", disse, e battâ‚Ź al suolo col piede. "La vita, la morte, la gente, gli alleati e tutte le altre cose che ci circondano. Il mondo b incomprensibile. Non lo capiremo mai; non sveleremo mai i suoi segreti. Percib dobbiamo rattarlo per quello che t, un puro mistero! "Ma l'uomo comune non fa cosl; per lui il mondo non b mai un mistero, e quando aniva alla vecchiaia b convinto di non avere pit nulla per cui vivere. Un vecchio non ha esaurito il mondo, ha soltanto esaurito cib che la gente fa; ma nella sua stupida confusione crede che il

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mondo non. abbia.pii misteri per lui. che prezzo miserabile dobbiamo pagare per i nostri scudi! "Il guerriero si rende conto di questa confusione e impara a ttattare le cose appropriatamente.Le coie che la gente fa norr^poirono in nessun.caso essere pit importanti del mondo. E quindi il guerriero tratta il mondo come un mistero senza fine e cib che la gente"fa come una follia senza fine".


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fncominciai a esercitarmi ad ascoltare 'i suoni del mondo' e continuai per due mesi, come aveva raccomandatodon Juan. Da principio era un tormento ascoltare e non guardare, ma lo era ancor piil non dover parlare a me stesso.Alla fine dei due mesi riuscivo a interrompere il mio dialogo interiore per brevi periodi di tempo ed ero anche capace di prestare attenzione ai suoni. Arrivai a casa di don Tuan alle nove di mattina del dieci dicembr e 1969. "Dobbiamo partire subito per quella spedizione', mi disse appena fui arrivato. Mi riposai per un'ora e poi ci avviammo con l'automobile verso i dolci oendii delle montasne orientali. Affidammo I'automobile a un amico di don ]uan che viv-eva in quella zona perchd la custodissedurante la nostra escursionesulle montagne. Don Juan aveva messo per me in un tascapane dei crockers e delle focacce. C'erano prowiste a suficienza per un giorno o due. Gli avevo chiesto se avevamo bisogno di altro, lui aveva scosso la testa negativamente. Camminammo per tutta la mattina. Era una giornata piuttosto calda. Avevo portato una borraccia piena e bevvi io quasi tutta I'acqua, don Juan bewe solo due volte; quando non ci fu piil acqua mi assicurb che avremmo potuto benissimo bere ai ruscelli che avremmo inconrato nel nostro cammino. Rise della mia riluttanza e dopo un poco la sete fu piil forte delle mie paure. Nelle prime ore del pomeriggio ci fermammo in una piccola valle ai piedi di alcune colline di un verde lussureggiante. Diero le colline, vetso est, le alte montagne si stagliavanocontro il cielo nuvoloso. "Puoi pensare, puoi scrivere di quello che diciamo o di cib che percepisci, non puoi pensare nâ‚Ź scrivere nulla del posto dove siamo", mi disse don Juan. Ci riposammo per un po' e quindi don Juan tirb fuori un fagotto

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da sotto la camicia. Lo svolse e mi mosfib la sua pipa. Ne riempl il fornello con la mistura da fumo, acceseun fiammifeto e diede fuoco a un ramoscello secco. mise il ramoscello ardente nel fornello e mi disse di fumare. Era dificile accendere la pipa senza un pezzetto di carbone nel fornello: dovemmo continuare ad accendereramoscelli fino a che la mistura prese fuoco. Quando ebbi finito di fumare don Juan mi disse che eravamo ll per poter scoprire che genere di selvaggina avrei dovuto cacciare. Ripetd con cura tre o quattro volte che I'aspetto pii importante del mio tentativo consisteva nel trovare certi 'buchi'. Diede risalto alla pamla 'buchi' e disse che in essi uno stregone pub trovare ogni sorta di messaggi e direzioni. Volli chiedere che genere di buchi fossero, ma sembrava che don Juan avesse indovinato la mia domanda perchd disse che era impossibile descriverli e che appartenevano al campo del 'vedere'. Ripetd varie volte che dovevo concentrare la mia attenzione sull'ascolto dei suoni e che dovevo fare del mio meglio per scoprire i buchi tra i suoni. Disse che avrebbe suonato il suo accalappiaspiriti per quattro volte. Dovevo usare quei richiami soprannaturali come guida per arrivare all'alleato che mi aveva accolto; quell'alleato mi avrebbe allora dato il messaggio che cercavo. Don .Iuan mi raccomandbdi stare completamente all'erta, dal momento che lui non aveva nessuna idea di come l'alleato mi si sarebbe manifestato. Ascoltai attentamente. Ero seduto con la schiena appggiata al fianco roccioso della collina. Provavo un leggero tolpore e don Juan mi avverti di non chiudere gli occhi. Incominciai ad ascoltare e potei distinguere il cinguettio degli uccelli, lo stormire delle foglie al vento e il ronaio degli insetti. Applicando la mia attenzione a quei suoni riuscii a distinguere quattro differenti tipi di cinguettio. Riuscivo a distinguere le velociti del vento in termini di lento o di forte; riuscivo anche a udire il differente stormire di tre tipi di foglie. Il ronzio degli insetti mi stordiva, il loro numero era tale che non potevo contarli n6 distinguerli esattamente. Ero immerso in uno strano mondo di suono. come non lo ero mai stato nella mia vita. fncominciai a scivolare verso Ia mia destra, don Juan fece un movimento per fermarmi, ma mi ripresi prima che mi toccasse, mi raddrizzai e mi rimisi a sedere diritto. Don Juan mi fece spostare il coryo fino a farmi appoggiate a una fenditura nella parete rocciosa. Spazzd via i sassolini da sotto le mie gambe e mi fece appoggiarc la nuca contro la roccia. Mi ordinb imperiosamente di guatdare le montagne a sud-est. Fissai lo sguardo in lontananza m^ lui mi corresse dicendo che nirn dovevo


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fissare ma guardare, quasi scrutare, le colline davanti a me e la vege. tazione che cresceva su di esse. Ripet6 piil volte che dovevo concentrare tutta I'attenzione sull'udito. I suoni tornarono a essereimportanti. Non era tanto che io li volessi udire, era piuttosto che avevano un modo di costringermi a concentratmi su di essi. Il vento faceva stormire le foglie. A un certo punto il vento sall in alto sopra agli alberi e poi ricadde nella valle dove eravamo noi. Nel ricadere toccb prima le foglie degli alberi alti, che produssero uno sftano suono che immaginai dovesse essere una specie di suono ticco, aspro e lussureggiante.Poi il vento colpl i cespugli, le cui foglie emisero un suono come di una folla di piccole cosei era un suono quasi melodioso e molto prepotente, che mi assorbiva; sembrava potesse sommergere tutto. Lo rovai sgradevole. Mi sentivo imbanzzato perchâ‚Ź mi era venuto in mente che io ero come lo stormire dei cespugli, fastidioso e insistente. Il suono mi era cosl affine che lo odiai. Poi udii il vento rotolare sul terreno. Non era uno stormire ma sembrava pit un sibilo, quasi un suono acuto o un ronzio. Ascoltando i suoni prodotti dal vento mi accorsi che erano tutti e re contemporanei. Mi domandavo come avessi potuto isoladi uno per uno quando di nuovo divenni consapevole del cinguettio degli uccelli e del ronzio degli insetti. A un certo momento ci furono solo i suoni del vento e l'istante successivo un'ondata gigantesca di alri suoni afflul improvvisamente alla mia coscienza.Logicamente, tutti i suoni esistenti dovevano essere stati emessi in continuazione mentre udivo solo il vento. Non potevo contare tutti i cinguettii degli uccelli o i ronzii degli insetti, eppure ero convinto di ascoltare ciascun suono separato mentre era prodotto. Creavano insieme un ordine quanto mai straordinario. Non posso dargli altro nome se non 'ordine'. Era un ordine di suoni che aveva un disegno; vale a dire. ciascun suono si presentava in successione. Poi udii un gemito prolungato. Mi fece rabbdvidire. Ogni alro rumote cessb per un istante, e la valle rimase mortalmente immobile mentre il lamento riecheggiava raggiungendo i limiti esterni della valle; poi i rumori ricominciarono. C,olsi immediatamente il loro disegno. Dopo aver ascoltato con attenzione pet un momento pensai di aver compreso la raccomandazione di don Juan di osservare i buchi tra i suoni. Il disegno dei rumori presentavadegli spazi tra i suoni! Per esempio, gli specifici cinguettii degli uccelli erano sincronizzati e avevano tra loro delle pause, e lo stesso tutti gli altri suoni che percepivo. Lo stormire delle foglie era come un amalgama che fondeva tutti i suoni in un brusio omogeneo. L'aspetto pii evidente era che il tempo di ciascun suono formava un'uniti ngl disegno totale dei suoni. Quindi gli

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spazi o Ie pause ua i suoni erano, se facevo attenzione, dei buchi rn una struttuta. Udii ancora il lacerante lamento dell'accalappiaspiriti di don Juan. Non mi fece sussultare, ma i suoni cessarono ancoia per un istante e ne percepii la cessazionecome un buco, un buco grandissimo. In quel preciso momento spostai la mia attenzione dall'udire al guardare. Stavo guardando un gruppo di collinette coperte da una ver-de veget azione lpssureggiante. Il profilo delle colline si presentava in modo-tale che dal punto in cui ero mi sembrava di vedeie un buco sul fi.anco di una di esse. Era uno spazio tra due colline attraverso il quale potevo vedere I'intenso colore grigio sflrro delle montagne in lontananza. Per un momento non seppi cosa fosse. Era come se il buco che guardavo fosse il 'buco' del suono. Poi i rumori ripresero ma I'immaglne visiva del grande buco rimase. Poco dopo divinni ancor pit vivamente consapevole del disegno dei suoni, del loro ordine e della disposizione delle pause. Potevo distinguere e discriminare con la mente ffa un enorme numero di singoli suoni. Potevo realmente tener dietro a tutti i suoni, quindi ogni pausa tra i suoni era un buco ben determinato. A un certo momento Ie pause si cristallizzarono nella mia mente formando una specie di griglia compatta, una struttura. Non la vedevo n6 la udivo. La sentivo con una parte sconosciutadi me stesso. Don Juan suond ancora una volta la sua cordicella: i suoni cessarono come pfima, creando un ampio buco nella stntttura sonora. Ma questa volta quella grande pausa si mescolb con il buco che stavo guardando nelle colline; si sovrapposero. L'effetto del percepire i due buchi durb cosl a lungo che potei vedere-udire i loro coniorni mentre si amalgamavano. Poi gli altri suoni ricominciarono e la loro struttura {atta dt pause divenne straordinariamente percettibile, quasi visibile. Incominciai a vedere i suoni che creavano disegni e poi quei disegni si sovrapposero all'ambiente nello stesso modo in cui avevo percepito il sovrapporsi dei due grandi buchi. Non guardavo nd udivo come ero abituato a farc. Facevo qualcosa di interamente diverso, ma combinavo aspetti del guardare e dell'udire. Per qualche ragione la mia attenzione era concenffata sul grande buco nelle colline. Sentivo di udirlo e nello stesso tempo di guardado. C'era in esso qualcosa che quasi mi adescava.Dominava il mio campo di percezione e ogni singolo disegno sonoto che coincideva con un aspetto dell'ambiente dipendeva da quel buco. Udii ancora una volta il lamento soprannaturale dell'accalappiaspiritj di don Juan; tutti gli altri suoni cessarono; i due grandi buchi sembrarono accendersi e subito dopo mi rinovai a guardare di nuovo il campo arato; I'alleato era in piedi li dove lo avevo visto la volta prima,


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La luce di tutta la scenadivenne molto chiara. Potevo vedere I'alleato distintamente, come se fosse a cinquanta metri di distanza. ma non ne potevo vedere la faccia perch6 .ra narcort, dal cappello. Poi I'alleato si incamminb verso di me, sollevando lentamente il capo mentre camminava; potei quasi vedere la sua faccia e questo mi atlerrl. Sapevo di dovetlo fermare senza indugi. Ebbi nel corpo una strana fluttuazione; sentii un flusso di 'potere'. Volli spostars la testa di lato Der arrestare la visione ma non riuscii a farlo.In quell'istante cruciale .i *,.rrn. i! mente un pensiero. Compresi cosa aveva inteso don Juan dicendo che gli elementi di un 'sentiero che ha un cuore' sono eli scudi. C'era qualcosa che volevo fare nella mia vita, qualcosa di molto struggente e_aflascinante,qualcosache mi riempiva di grande pace e gioia.-Seppi che I'alleato non mi poteva vincere. Distolsi il capo renza nessuna dificolt) prima di poter vedere tutto il suo viso. Incominciai a udire tutti gli altri suoni; divennero improvvisamente altissimi e molto striduli, come se fossero stati davvero in collera con me. Persero il loro disegno e si trasformarono in un conglomerato amorfo di smilli acuti e doLrosi. Le orecchiemi incominciaronJa tonzare sotto la pressione di quegli urli. Sentii che la testa mi stava quasi per scoppiare. Mi alzai e mi coprii le orecchie con le palme delle mani. Don Juan mi aiutb a camminare fino a un piccolo ruscello, mi fece togliere i vestiti e mi sospinse in acqua; mi fece stendere sul fondo quasi asciutto, poi raccolse dell'acqua nel cappello e mi spruzzb. La ptessione nelle orecchie si attenub molto rapidamente e bastaro.to solo pochi minuti per 'lavarmi'. Don Juan rni guardb, scosseil capo in segno di approvazione, e disse che mi ero reso 'compatto' in brevissimo tempo. Mi rivestii e don Tuan mi ricondusse nel luogo dove ero stato a sedere. Mi sentivo estiemamente pieno di vigorej ailegro e col cuore leggero. Don Juan volle sapere rutti i dettagli della mia visione. Disse che i 'buchi' nei suoni erano usati dagli stregoni per scoprire determinate cose. L'alleato di uno stregone rivelerebbe questioni complicate attraverso i buchi dei suoni. Rifiutb di esserepii specificoper quanto riguardava i 'buchi' ed eluse le mie domande col dire che. non avendo un alleato, tali informazioni mi sarebbero state soltanto dannose. "Tutto ha un significato per uno stregone", disse. "I suoni hanno dei buchi e cosl pure tutte le cose intorno a te. Normalmente un uomo non ha la rapiditi suficiente per cogliere i buchi, e quindi passaattraverso la vita senza protezione. I vermi, gli uccelli, gli alberi, possono tutti raccontarci cose inimmaginabili se soltanto potessimo avere la mpidita sufficiente per aflerrare il loro messaggio.Il fumo pub darci

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tale velociti, ma dobbiamo essere in buoni termini con tutte le cose viventi di questo mondo. E questa la ragione per cui dobbiamo parlare alle piante che siamo in procinto di uccidere e dobbiamo chiedere scusa se faremo loro del male; lo stesso dobbiamo fare con gli animali a cui fatemo del male. Dovremmo ptendere solo quanto basta per i nostri bisogni, alrimenti le piante e gli animali e i vermi che abbiamo ucciso si rivolterebbero conmo di noi causandoci malattie e sfortuna. Il guerriero ne b consapwole e si sforza di placarli, cosi, quando guarda atffaverso i buchi, gli alberi, gli uccelli e i vermi gli danno messaggiveritieri. "Ma tutto cib non ha importanza or^. Quel che b importante b che hai visto I'alleato. E, quella la tua selvaggina! Ti avevo detto che saremmo andati a cacctadi oualcosa. Pensavo che sarebbe stato un animale. Mi immaginavo che aviesti visto I'animale che dovevamo cacciare' Io ho visto un cinghiale; il mio accalappiaspiriti E un cinghiale". "Intendete dire che il vostro accalappiaspiriti b stato fatto con un cinghiale? -"No! ". Nella vita di uno stregone nessunacosa t fatta di nessun'altra cosa. Se una cosa deve essere.qualcosa,B la cosa stessa.Se tu conoscessi i cinghiali capiresti che il mio accalappiaspiriti b un cinghiale". "Perchd siamo venuti a cacciaqui?". ol'alleato ti ha mostrato un accalappiasoiriti che ha tolto dalla sua sacca.Tu dovrai averne uno se lo votrai chiamare". "Che cosa b un accalappiaspiriti?". "E una fibta, con cui possb chiamare gli alleati, o il mio alleato, oppure gli spiriti delle pozze d'acqua, dei fiumi, delle montagne. Il mio B-un cinghiale e grida iome un cinghiale. Con te I'ho usato due volte per chiamare lo spirito delTapozza d'acqua perch6 ti aiutasse.Io spirito B venuto a te come oggi b venuto a te I'alleato, ma tu non 1o hai potuto vedere perch6 non avevi la rapiditi richiesta; quel giorno, perb,- in cui ti ho portato al canyon dell?cqua e ti ho messo su una toccia, hai saputo che lo spirito era quasi sopra di te senza vederlo veramente. Quegli spiriti sono degli aiutanti, sono dificili da ttattare e un p-oco plricolosi; bisogna poisedete una volonti impeccabile per tenerli a bada". "A che cosa assomigliano?". "Sono diversi per ogni uomo, e lo stesso sono gli alTeati. Per te un alleato assomiglietebbe evidentemente a un uomo che hai conosciuto una volta, oppure assomiglierebbea un uomo che sarai sempre sul punto di conoscere; b questa I'inclinazione della tua natura. Sei portato,per i misteri e pet i segreti. Io non sono come te, quindi per me un alleato b qualcosa di molto preciso. -"Gli spiriti delle pozze d'acqua sono ptopri di specifici luoghi. Quello


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che ho chiamato perchi ti aiutasse B uno spirito che ho conosciuto io -dimora s_tesso;Ti ha aiutato molte volte; la sua E in quel canyon. Quando I'ho chiamato per aiutarti, tu non eri forte e lo spirito E stato duro con te. Non era sua intenzione - gli spiriti non ne iranno - ma tu eri l) disteso e molto debole, piil deSole'di qnanto sospettassi. pii tardi lo- spirito ti ha quasi adescato fino alla morte. Nell'acqua del -di canale di irrigazione tu eri fosforescente, lo spirito ti ha preso sorpresa-e stavi quasi per soccombere. Uno spirito torna sempre a prendere la--suapreda, sono sicuro che ritorneri per te. Purtroppo hai bisogno dell'acqua per ritornare compatto quando hai usato il piicolo fumo, e qle_stg a per te uno svantaggio terribile. Se tu non usassi I'acqua probabilmente morresti, ma se la usi lo spirito ti prenderi". "Posso usare I'acqua in un altro luogo?". "Non farebbe nessuna diflerenza. Lo spirito della pozza d'acqua nei pressi della mia casa ti pub seguire dovunque, a meno che tu non abbia un accalappiaspiriti. E per questo che l'alleato te lo ha mostrato. Ti ha detto che te ne serve uno. Se lo B awolto intorno alla mano sinisra ed b venuto verso di te dopo aver indicato il canyon nell'acqua. Oggi ha voluto mostrarti nuovamente l'accalappiaspiriti, come ha fatto-la prima volta in cui lo hai incontrato. Hai fatto bene a fermarti, l'alleato era troppo superiore alla tua fotza e uno scontro diretto con lui ti sarebbe stato dannosissimo'. "Come posso proorarmi un accalappiaspiriti?". "Evidentemente I'alleato te ne dard uno lui stesso'. "Come?". "Non lo so. Dovrai andare a lui. Ti ha gii detto dove lo devi cercate". "Dove? ". "Lassil, su quelle colline dove hai visto il buco". "Dovrei cercare I'alleato in persona?". "No. Ma lui ti ha gi) dato il benvenuto. Il piccolo fumo ti ha aperto la strada fino a lui. Poi, piil tardi, lo incontrerai a faccia a Laccia. Ma questo avverrA solo dopo che lo avrai conosciuto molto bene".

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Arrivammo nella stessavalle nel tardo pomeriggio del 15 dicembre 1969. Mentre camminavamo attraverso i cespugli don Juan disse ripetutamente che le direzioni o i punti di orientamento erano di fondamentale importanza per il compito cui mi accingevo. "Devi determinare immediatamente la direzione giusta non appena arrivi sulla cima di una collina", disse. "Appena sei sulla cima, voltati in quella direzione". Indicb verso sud-ovest. "Quella b la tua direzione buona e dovresti sempre guardare in quella direzione, specialmente quando sei in difrcolti. Ricordalo". Ci fermammo ai piedi delle colline dove avevo percepito il buco. Don Juan mi indicd un posto particolare per sedermi; lui si mise accanto a me e con voce molto ialma mi diede istruzioni particolareggiate. Disse che non appena avessi raggiunto la sommiti della collina dovevo stendere il braccio destro davanti a me, col palmo della mano rivolto verso tranne il pollice che doveva essere il basso e le dita distese a ventaglio, -dovevo e voltare il capo verso ripiegato contro il palmo. Poi -nord pGg"i. il btaccio sul petto, puntando anche la mano verso il nord; poidou.uo danzare, mittendo il piede sinistro dietro a quello destro, Lutt.ndo il terreno'con la punta del piede sinistro. Dsse che quando avessi sentito un senso di calore salirmi su per la gamba sinistra dovevo far scivolare lentamente il braccio da nord a sud e poi di nuovo a nord. " Il punto nel quale senti caldo al palmo della mano mentre muovi il bracci,o b il postb dove devi sedere, ed b anche la direzione in cui devi guardare", disse. "Se il punto b verso est,-o se t in quella-dire2i611s-- indicb di n,rouo .uerso sud-est - i risultati saranno eccellenti. Se il punto in cui senti caldo alla mano e verso nord, passerai un brutto quart; d'ora ma potrai capovolgere la situazione in tuo favore. Se il pnnto b u.rro ,ud dovrai iombittere una dura battaglia. ' "D" principio dovrai muovere il braccio per quattro volte, ma a mano a h"no- che acquisterai una maggiore familiarit) con il movi-


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mento ti basteri muovere il braccio una sola volta per saDere se Ia mano ti diventa calda o no. "una volta stabilito un punto in cui la tua mano si scalda, siediti ll; quello b-il tuo primo punto. Se stai guardando verso sud o verso nord, devi decidere se ti senti abbastanzi{orte Der restare. se hai dei dubbi su te stesso, alzati e vattene; non c'i bisoeno di resrare se non hai fiducia. se decidi di rimanere, pulisci ,r.r" p"it. di terreno grande abbastanzaper preparare un fuoco a circa ,rn e mezzo di diitanza dal tuo primo punto. Il fuoco dwe essere in -.tro linea retta nella direzione in cui stgi guardando. Il luogo in cui prepari il fuoco E il tuo secondo punto. Quindi raccogli tutti i ramoscelli,che puoi rovare tra questi e guaid" il 9u. punti e accendi un fuoco. Siedi sul ruo pii-o punto fuoco. Prima o poi lo spirito verri e tu lo vedrai. "Se la mano non ti si scalda afratto dopo quattro movimenti, fai passare lentamente il braccio da nord a sud e poi gira su te stesso e fai muovere il braccio verso ovest. Se Ia mano ti si riscalda in un qu-alsiasi-punto verso ovest, lascia perdere tutto e scappa. Fuggi git dalla collina verso il terreno pianeggiante,e non voltarti,-qualsiasi cosa tu oda o senta diero di te. Appen'a arrivato sul terreno iianeggiante, per quanto spaventato tu sia non continuare a correre, lasciati cadere a terta, togliti Ia giacca, mettitela intorno all'ombelico e rannicchiati come una palla, serrando le ginocchia contro lo stomaco. Devi anche coprirti gli occhi con le mani e devi rimanere in quella posizione fino al mattino. Se seguirai queste semplici indicazioni non ti capiterl nulla di male. 'Nel caso tu non riesca ad arrivare in tempo al terreno pianeggiante,,lasciati cadere tefia dove ti uovi. Li passerai dei mbmenii ^ molto brutti. Sarai attaccato, ma se mantetai la calma, non ti muoverai e non guarderai, ne uscirai senza un graffo. "Se Ia tua mano non si scalda afiatto mentre Ia muovi verso ovest, guarda di nuovo verso est e corri in quella direzione fino a che ti manca il fiato. Fermati e ripeti le stessemanour.. Devi continuare a correre verso est, ripetendo questi movimenti, fino a che non ti si scalda la mano". Dopo avermi impartito queste istruzioni don Juan mi fece ripetere i movimenti fino a farmeli imparare a memoria. Poi rimanemmo ieduti in silenzio a lungo. Per un paio di volte tentai di rawivare la conver. sazione, ma ogni volta don Juan mi costrinse al silenzio con un gesto rmperroso. Stava calando I'oscurit) quando don Juan si alzd senza una parola e incomincib a salire su per ia collina. Gii andai dieto. Sulla sommiti della collina eseguii tutti i movimenti che mi aveva prescritto, mentre

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Iui rimaneva in piedi a breve distanza continuando a guardarmi fissamente. Mi muovevo molto attentamente e con deliberata lentezza. Cercai di sentire qualsiasi cambiamento percettibile di tempetatura, ma non riuscii a scoorire se il oalmo della mia mano diventava caldo o no. Era ormai abbasianzabuio. eppure riuscii ancora a correre in direzione est senza inciampare nei cespugli. Smisi di correre quando fui senza fiato, non troppo lontano dal mi<.1punto di pertenza.Ero estremamente stanco e teso. Gli avambraccimi dolevano e anche i polpacci mi facevano male. Ripetei tutti i movimenti ottenendo ancora una volta gli stessi risultati neeativi. Corsi nel buio due volte ancorae a un certo momento, mentre m.to.reuo il braccio per la quama volta, la mano diventd calda in un punto verso est. Fu un cambiamento di temperatura cosl netto da farmi sussultare. Mi misi a sedere e aspettai don Juan. Gli dissi che avevo scoperto un cambiamento di temperatura nella mia mano. Don Juan mi disse di continuare e io raccolii tutti i ramoscelli secchi che riuscii a trovare e accesi un fuoco. Don Juan si mise a sedere alla mia sinistra a una sessantinadi centimetri di distanza da me. Il fuoco disegnava delle strane figure danzanti. A volte le fiamme diventavano iridescenti; prima azztrre e poi di un bianco btillante. Mi spiegavo quell'insolito gioco di colori attribuendolo a una qualche proptiet) chimica dei particolari ramoscelli e rami secchi che avevo raccolto. Un altro asoetto molto insolito del fuoco era dato dalle scintille. I nuovi tamoscelli-che continuavo ad aggiungerecreavanoscintille estremamente grandi. Pensai che sembravanopalle da tennis che esplodessero a mqz'atia. Guardai fissamenteil fuoco, come credevo che don Juan mi avesse raccomandatodi fare, e mi sentii prendere dal capogiro. Don Juan mi porse la sua zucca piena d'acqua facendomi segno di bere. L'acqua mi rilassb e mi diede un delizioso senso di fteschezza. Don Juan si piegb in avanti e mi sussurrb all'orecchio che non dovevo fissare le fiamme, che dovevo solo guardare nella direzione del fuoco. Dopo aver guardato per circa un'ora incominciai ad avere molto freddo e a sentirmi umido. A un certo punto, mentre stavo pet piegarmi in avanti e raccogliereun ramoscello,qualcosache sembrava una falena o una macchia nella mia retina passd rapido da destra verso sinisffa tta me e il fuoco. Mi ritrassi immediatamente. Guardai don Juan e lui mi fece segno col mento di tornare a goatdarc le fiamme. Un momento dopo la stessa ombra attraversb rapidamente nella direzione opposta. Don Tuan si alzb in fretta e incomincib ad accumulare terriccio sui ramoscelli ardenti fino a estinguerecompletamentele fiamme. Esegul la manovra di spegnimento del fuoco con grandissima rapiditi. Quando mi


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mo-s-9iger aiutarlo aveva gD finito. calpestb il terriccio sopra ai ramoscelli che ancora bruciavano e poi quasi mi trascinb giir dalla collina e fuori della valle. cammind molto'rapidamente senzl voltarsi indietro e non mi lascid dire una sola parola. Quando arrivammo all'automobile qualche ora dopo gli chiesi cosa avessi visto. scosse la testa imperiosament. . prot.g,riirmo in completo silenzio. _ Quando arrivammo,- nelle prime, ore del mattino, don Juan entrb direttamente in casa e di nuovo mi fece cenno di t".... .ercai di parlare. "llo'r.h6 . Don Juan.era seduto fuori, dietro Ia casa.Sembravache avessearreso il mio d"tt" .risveglio-, perchi .prese a padare non appena r"i casa. Disse che I'ombra che avevo visto la notte prima era "r.ito uno spirito, una forza appartenenre al particolare luogo in cui l'avevo visia, un essere di nessuna utilita. "Si limita a esistere li", disse. "Non ha segreti di potere, percib non c'era motivo di rimanere. Avresti solo viJto una iapida ombra fyqac.gpassare e indietro per tutta la notte. ci sono, perb, altri -avanti tipi di- esseri che ti possono dare segreti di potere, se sei ianto fortunato da trovarli'. Mangiammo qualcosacome prima colazione e rimanemmo a lungo senza parlare. Dopo aver mangiato ci mettemmo a sedere davanti aiia casa. "Ci sono tre tipi di-esseri", disse a un tratto don Juan, ,,quelli , che non po-ssonodare nulla perchd non hanno nulla da daie, quelli che possono solo spaventare,e quelli che recano doni. Quello cheiai visto ieri notte era un esseresilenzioso; non ha nulla da dare; E solo un'ombra' Il piil delle volte, tuttavia, allo spirito silenziosoE associatoun'altro tipo, uno spirito sgradevolela cui sola qualiti consistenel far oaura e che spesso si libra intorno alla dimora ii uno spirito silenzioio. E per questo che_ho deciso che dovevamo andarcene alia svelta. euel tipo di spirito sgradevole segue le persone fin nelle loro abitazioni-e renie lgry I-" vita impossibile. conoJco persone che hanno dovuto andarsene dalle loro case per colpS di que_sti;piriti. C'b sempre chi crede di poter ottenere molto da quel tipo di essere,ma il semplice fatto che uno spirito sia intorno all,a casa non significa nulla. si pub cercare di adescarâ‚ŹqJrestotipo di spirito, oppure lo si pud seguiie intorno alla casa credendo che possa rivelare dei segreti, ma la sola cosa che si ottiene E un'esperienza spaventevole. conosco persone che si sono date il turno per spiare _uno di questi esseri sgradevoli che le aveva seguite fin nella loro casa. Hanno continuato a spiare lo spirito per mesi; alla fine qual-

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cuno da fuori doveva enrare e trascinarle via dalla casa; erano indebolite e deperivano. Percib la sola cosa saggia da fare con quel tipo di spirito sgradevole E dimenticarlo e lasciarlo perdere'. Gli chiesi come si potesse adescareuno spirito. Rispose che c'era chi si faceva in quattro per immaginare per prima cosa dove lo spirito sarebbe apparso pit probabilmente e quindi metteva delle armi sul suo cammino, sperando che lo spirito potesse toccarle, essendo noto che gli spiriti amano gli strumenti di guerra. Don Juan disse che qualsiasi tipo di meccanismo, o qualunque oggetto, che fosse stato toccato da uno spirito sarebbe diventato immediatamente un oggetto di potere. Si sapeva, tuttavia, che il tipo di spirito sgradevole non toccava mai nulla, ma produceva soltanto I'illusione sonora del rumore. Chiesi allora a don Juan in che modo questi spiriti facevano paura. Rispose che il loro modo piil comune di spaventare la gente consisteva nell'apparire come un'ombra scura in forma di uomo e girando per la casa con un fracasso spaventevole o producendo il suono di voci, o sbucando improwisamente da un angolo buio come un'ombra oscura. Don Juan disse che il teno tipo di spirito era un vero alleato, capace di svelate segreti; quel tipo speciale esisteva nei luoghi solitari e abbandonati, in luoghi quasi inaccessibili. Disse che un uomo che voleva trovare uno di quegli esseri doveva f.are un lungo viaggio e andare da solo. In un luogo lontano e solitario I'uomo doveva da solo compiere tutti i passi necessari. Doveva sedere accanto al suo fuoco e se vedeva I'ombra andarsene immediatamente. Doveva perb rimanere se incontrava altre condizioni, come un forte vento che avrebbe spento il fuoco impedendogli di riaccenderlo per quattro tentativi, o se si rompeva un ramo di un albero vicino. Il ramo doveva rompersi dawero e I'uomo doveva accertarsi che non fosse stato soltanto il rumore di un ramo che si spezzava. Le altre condizioni di cui doveva tener conto erano pietre che rotolavano, o sassolini scagliati nel suo fuoco, o qualsiasi altro rumore costante; allora doveva incamminarsi nella direzione in cui si producevano questi fenomeni, fino a che lo spirito si rivelava. Un essere di quel tipo metteva alla prova un guerriero in molti modi. Poteva balzargli davanti all'improwiso, nell'aspetto piir orrendo, oppure poteva afierrare I'uomo da dietro e non lasciarlo libero ma tenerlo inchiodato per ore. Poteva anche fargli cadere addosso un albero. Don Juan disse che erano forze veramente pericolose, e sebbene non potessero uccidere direttamente un uomo, potevano tuttavia farlo morire di spavento, oppure potevano ucciderlo lasciando cadere su di lui degli oggetti o apparendogli improvvisamente e facendolo inciampare, facendogli mancare un piede e piombare in un precipizio.


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Mi disse che se avessiincontrato uno di quegli esseri in circostanze inadatte non dovevo mai tentare di lottare cbn'lui perchd mi avrebbe ucciso. Mi avrebbe portato via l'anima. Percib dovevo gettarmi a terra e resistere fino al mattino. "Quando un uomo fronteggia I'alleato, quello che rivela i segreti, deve chiamare a raccolta tutto il suo coraggio e afierrare I'alleato irima di'essere afferrato da lui, oppure deve inilguirlo prima di .r..t i.,r.guito. deve essere r.nzr tregoa e quindi incomincia la -L'inseguimento battaglia. L'rlomo deve lottare con lo spirito e tenerlo fermo a terra fino ai che gli dl il potere". Gli domandai se quelle forze erano dotate di sostanza.se si ootevano toccare veramente. Dissi che I'idea stessadi 'spirito, indicava per me qualcosadi eterco. "Non chiamarli spiriti", mi rispose. "Chiamali alleati; chiamali forze inesplicabili". Rimase in silenzio per qualche minuto, poi si distese sulla schiena appoggiando la testa sulle braccia ripiegate. Io insistei pâ‚Źr sapere se quegli esseri avevano sostanza. "Hai maledettamenteragione a dire che hanno sostanza",disse dopo un altro minuto di silenzio. "Quando si lotta con loro sono solidi, ma quella sensazionedura solo un istante. Quegli esseri si basano sulla paura dell'uomo; percib, se I'uomo che lotta con uno di essi B un guerriero, I'essereperde molto presto Ia sua tensione mentre I'uomo diventa piil vigoroso. Si pud veramente assorbire Ia tensione dello spirito". "Che tipo di tensione b?", chiesi. "Potere. Quando li si tocca, vibrano come se fossero sul punto di spaccatsiin due. Ma b solo una finta. La tensione finisce quando I'uomo conserva la sua presa", "Che cosa accade quando perdono la loro tensione? Diventano simili all'aria?". "No, diventano soltanto flaccidi. Perd hanno ancora sostanza.Ma non E uguale a nulla che nessuno abbia mai toccato". Pii tardi, durante la sera, dissi a don Juan che forse guello che avevo visto la sera prima era soltanto una falena. Don Juan rise e mi spiegb con molta pazienza che le falene volano avanti e indietro solo intorno a una lampadina, perchâ‚Ź la lampadina non pud bruciare le loro ali. Un fuoco, d'altra parte, le brucia la prima volta che ci si awicinano. Mi fece anche osservare che l'ombra copriva tutto il fuoco. Le sue parole mi fecero ricordare che in realti si era trattato di un essere estremamente grande che per un istante bloccava la vista del fuoco.

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Tuttavia cib era accaduto cosl in fretta che quando lo avevo ricordato Ia prima volta non gli avevo dato importanza. Poi don Juan mi fece osseware che le scintille erano state molto qrandi e che volavano verso la mia sinistra. Lo avevo notato anch'io. Dissi che probabilmente il vento stava soffrando in quella direzione. Don Juan replicb che non c'era afiatto vento. Era vero. Rievocando la mia esperienza potei ricordare che la notte era calma. Un'altra cosa che avevo completamente trascufato era una strana luminositi verdastra nelle fiamme, che avevo individuato solo quando don Juan mi aveva fatto segno di continuare a guardare il fuoco, dopo che I'ombra aveva attraversato per la prima volta il mio campo visivo. Don Juan me lo rammentd. Obiettd anche a che Ia chiamassi ombra; disse che era rotonda e che assomigliavapii a una bolla. Due giorni dopo, il 17 dicembre 1969, don Juan disse in tono molto casualeche ormai conoscevotutti i dettagli e le tecniche necessarieper andare sulle colline da solo e ottenere un oggetto di potere, I'accalappiaspiriti. Mi esortd a procedere da solo e afiermb che la sua compagnia mi sarebbe stata soltanto di ostacolo. Ero pronto a partite quando sembrd cambiare opinione. "Non sei ancora abbastanzaforte', disse. "Verrb con te fino ai piedi delle colline". Quando arrivammo nella piccola valle in cui avevo visto I'alleato, don .|uan esaminb da lontano la formazione sul terreno che io avevo defnito un buco nelle colline, e disse che dovevamo andare ancora pit a sud verso le montagne. La dimora dell'alleato era il punto pii lontano che potevamo vedere atffaverso il buco. Guardai la formazione e tutto quello che potei distinguere fu la mass^ aznJftastradelle montagne lontane. Tuttavia don Juan mi guidb in direzione sud-est e dopo alcune ore di cammino raggiungemmo un punto che disse essere'abbastanzaprofondo' nella dimora dell'alleato. Quando ci fermammo era pomeriggio inoltrato. Ci mettemmo a sedere sulle rocce. Io ero stanco e avevo fame; durante il giorno avevo mangiato soltanto qualche tortilla e bevuto un po' d'acqua. Don .Juan si alzb in piedi tutto d'un tratto, guardb il cielo, e in tono imperioso mi disse di awiarmi verso la direzione migliore per me e di assicurarmi di saper ricordare il punto in cui eravamo in quel momento per poter ritornare quando avessi finito. Aggiunse in tono rassicurante che mi avrebbe atteso anche per sempre. Gli chiesi con appiensione se credeva che procurarsi un accalappiaspiriti avrebbe richiesto molto tempo.


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"Chissi?", rispose sorridendo misteriosamente. Mi avviai verso sud-est, voltandomi un paio di volte per 'molto suardare "oiporr". l.trtr,,'.nti aii.riJ* !9n Juan che camminava ""il" Mi arrampicai fino sulla cima di grande ..ilin.-;-;;;idri-'rn.o." _una una volta don_Juan; era lontano buoni duecento metri e non si voltb a guardarmi. corsi.giil dalla collina 6no a una piccola depressione a torma dr conca e improvvisamente mi resi conto di essere solo. Mi misi a un momento e incominciai a domandu*i .t. .o." tacessi-sedere-per Ii. Andare in cerca di un accalappiaspiritimi sembrava ridicolo. 'd"i'1""r, Tornai di corsa sulla cima della collina' p.. u.J... ma non riuscii a scorgerloda nessunapaite. Volevo ^.eli" rinunciare -a turta Ia faccenda e tornarmene a casa. Mi sentivo stupido,.;;;. "Don Juan!", urlai ripetutamente. Non era visibile da nessuna parte. Salii ancora di coma sulla cima di un'altra ripida collina: anche di l) non riuscii a vederlo. Cotri p., molto tempo cercandolo,ma era scomparso.Ripercorsi it .".o,ino f"tto e. tornai al punto di origine dove don Juan mi aveva lasciato. Avevo |assurda certezzache lo avrei trovato seduto ^!re rideva delle mie con_ traddizioni. "In che razza di pas-ticciomi sono cacciato?", dissi ad alta voce. .. .Allora seppi che, qualunque cosa stessi facendo'li, no., u.r.rro *odo di termarmi. Davvero non sapevo come ritornare alla mia automobile. -o.i.ntaDon Juan aveva cambiato diiezione molte volte e il g*..i.o mento,dei quattro punti cardinali non mi era sufficienie. Avevo paura ctl perdermi nelle montagne. Mi misi a sederee per la prima volta-nella mia vita ebbi Ia strana sensazioneche non esistesse,o.r^rn.rrt. un modo di tornare a un punto di p-artenzaoriginario. D"n J"^n Ji..u.'-.h. io insis.tevosempre a partire da un punto che chiamavo il principio, men_ tre in realt).-il principio non esisieva. E la, in mezzo a'qrrerL *o.r,ugne, sentii di aver capito cid che intendeva. Era.or'. .. il punto di pilterlza fosse sempre srato me stesso; era come se don l,r"n non forra mai veramente esistito; e quando lo cercavo diventava quello che era veramente: un'immagine fugace che svaniva dietro una -collina. udii il dolce stormire delle foglie e fui aworto da uno strano profumo' sentii il vento come una'pressione nelle ot"..hi", '.rn timido ronzio. Il sole stava per rrgginnge.. le nuvole .o-frt* "o-.,op." I'orizzonte che sembravano una ttiiicia -o-og.ne" di color'arancione, quando scomparvediero una pesante c_ortina"di nuvole pii basse; riapparve un momento dopo, come una palla cremisi galleggiantenella netbia. Per un po' sembrb lottare pe_rraggiungereun iratt6ti cielo azzu*o, ma era' come se Ie nuvole lgl tti desserotempo, e poi la striscia arancione e il profilo oscuro delle montagne sembraronb inghiottirlo.

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Mi sdraiai sulla schiena.Il mondo intorno a me era cosl immobile, cosl sereno e nello stesso tempo cosl estianeo, mi sentivo soprafiatto. Non volevo piangere, ma Ie lacrime mi sgorgarono liberamenie. _ Rimasi per, ore in quella posizione. Ero quasi incapace di alzarmi. I sassi sotto di me efano duri, e proprio dove mi ero messo disteso non c'era vegetazione, in contrasto con il verde lussureggiante -quasi d-ei ce-spugli Da dove ero potevo vedere una frangia di -tutto,inrorno. alti alberi sulle colline a est. -AIla fine fu abbastanzabuio. Mi sentii meglio; in realti mi sentivo quasi {e-lice. Per ,me la semioscurit) era molto pit materna e protetrice della cruda luce del giorno. Mi alzai in piedi, mi arrampicai sulla cima di una piccola collina e mi accinsi a ripetere i movimenti insegnatimi da don Tuan. Mi misi a correre vefso est per sette volte. e quindi notai nella mia mano un cambiamento di temperatura. Preparai un fuoco e mi disposi per un'attenta veglia, come don Juan mi aveva raccomandato,osservando ogni dettaglio. Le ore passavanoe ormai mi sentivo molto stanco e avevo freddo. Avevo raccolto un bel mucchio di ramoscelli secchi: alimentai il fuoco e mi accostai di piil alle fiamme. La veglia era stara faticosa e intensa e mi aveva esaurito. Per due volte fui colto dal sonno e mi svegliai solo quando la testa mi cadde da un lato. Ero cosl assonnaro da non riuscire piil a guardare il fuoco. Bevvi dell'acqua e me ne spruzzai anche un po' in faccia per tenermi sveglio. Per qualche breve momento riuscii a combattere la sonnolenza.Mi sentivo in certo modo scoraggiatoe irritabile; mi sembrava del tutto stupido essereli, e questo mi dava un senso irrazionale di frustrazione e di abbattimento. Ero stanco, afFamato,assonnatoe assurdamenteirritato con me stesso.Alla fine rinunciai alla lotta contro il sonno. Aggiunsi al fuoco una buona quantit) di ramoscelli secchi e mi distesi a"Jormire. In quel momento la ricetca di un alleato e di un accalappiaspiritimi sembravaun'impresa quanto mai ridicola e assurda.Avevo tanto sonno che non riuscivo nemmeno a pensare o a parlare a me stesso. Mi addormentai. . Fui - risvegliato impro_vvisamenteda uno schianto fragoroso. Sembrava che-il rumore, qualunque cosa fosse, venisse propriS da sopra il mio orecchio sinistro, perchd ero disteso sul fiancb i.rt.o. Mi tirai s' a sed-erecompletamentesveglio L'orecchio sinistro mi ronzava, assordato dalla vicinanza e dalla forza del rumore. Dovevo aver dormito solo per breve tempo, a giudicare dalla quandta di ramoscelli secchi che ancora bruciavano. Non udii altri rumori ma rimasi all'erta e continuai ad alimentare il fuoco. Mi venne in mente che forse ero stato svegliato da uno sparo; forse c'era ll intorno qualcuno che mi spiava, prendendomi a fucilate. Il pen-


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siero divenne angosciosoe scatenbuna valangadi paure razionari. Ero sicuro che quel terreno.fossedi propriet) d'i quar'cuno,e se era cosr avrebberopotuto scambiarmi.perun ladrO.e uccidermi,oppurâ‚Źporevano-uccidermiper derubarmi,non sapendo.h;-;;;-;;"u5"nuitu .o., me. Provai un momen'odi te-rribilepreoccupazione per l, sentivo Ia tensione rlelle spalle e ner coilo. Mossi ia t.rt"-l.r-r., -i"-Ju"rrr. . rn cin; l. vertebre scricchiolarono.continuai a gu.rd^r. f;;; L" non ci vidi nulla di insolito e non udii piil rum6ri. ";i un po' mi rilassai alquanto'e mi vennein menteche forse al . Fp.g tondo di tutto questo c'era don luan. Mi convinsi rapidamenteche quel pensieromi fece ridere.Fui_travoltoa, ,A.oj. :y-:o-rJr" dr conclusionirazionali,questavolta conclusionifelici. "ir'"tt., Don Juan,.pensai,doveva aver sospettatoche avrei cambiatoidea e.non avrei pit voluto rimaneresulle montagne,oppure do"-""" visto mentregli correvodietro e si era riparaltoin ,rna cavernanascosra ""..-i o dretro a un cespuglio.Poi mi avevaseguitoe, accorgendosi che mi ero aooormentato,rnl aveva svegliato spezzando uD ramo vicino al mio orecchio-Aggiunsi al'i ramoielli al fuoco e presi , gu-d"i-i ii-,.orno con indifterenzae di sottecchi per vedere se riuscivo a individuarlo, sebbenesapessiche se si nascondev"li intorno non sarei riuscito a scorgerlo. calmo: i grilli, il vento che agitavagli .. Tut,g era-completamente alberisui p.ldii delle.collineche mi circondavano, il dolce*-%.. ,.oppiettante delle scintille cie prendevanofuoco. Le scintille intorno, ma etano solo comuni scintille. ""t""*o Improwi_samenteudii il rumore seccoe forte di un ramo che si spdzzava in due. II suonoveniva dalla mia sinistra. r.utt"nnili respiro ascoltandocon Ia massimaattenzione.un istante d"d ;it -l.n t^mo sF,ezzarsi alla mia destra. "ltro Poi udii un debole rumore lontano di rami che si spezzavano. Era come se qualcuno li spezzassecalpestandoli.I suoni ;u;; ii*ti i pieni, avevanouna tonalitavigorosa.sembravaancheche ,i-r*i.inarsero a dove ero io. Le mie r.-ioni erano molto i.;;; ;-;"; ,"p."" ,. ascoltareo alzarmi in piedi. Ero ancora incerto t" qu.iio .h'.dovuto fare quando improwisamentei rumori di r"m'i.[e ,i-,.ti"n"ur.i tavanoscoppiaronotutto into_rnoa me; ne fui avvolto cosl in ftetta da il tempo bal",aresu e spe-gnere il fuoco-.." i-pi*1i.. .di "t.L,t!,q.la il0r mrsr a correregir) per Ia collina al buio. Mentre .orr.uo'atrra_ verso i cesp^uglimi venne in mente che non c'era nessunterreno pianeggiante.continuai a trotterellarecercandodi proteggermi-!1i-oi"ti dai..cespugli.. Ero a meta strada nella mia .orrr^ u"rrlo-il pie?e della collina quando sentii dietro di me qualcosache quasi mi toccava.Mo

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Zll

era,un ramo; era qualcosa che intuitivamente sentii che stava Der sopratJarmr. Questo.pensiero mi fece sentire freddo. Mi tolsi la^giacca, me la appallottolai sullo stomaco, rannicchiai le gambe e mi cop"rii gli

le mani,comeavevapreicdttodonJuanli.i*i-i" Scchl zrone1n per breve

qJiu poii-

tempo e quindi mi accorsiche intorno u m. t.rtto .." mortalmenteimmobile. Non c'erano rumori di nessungenere.Ero straordinariamente spaventato,i muscorid.llo tiotn..o-ri'.o*i..u*o e tremevanoritmicamente.Poi udii un alt'o rumore secco.Sembtava che.fossestato prodotto molto l,ontano,ma era estremamente chiaro e nltrdo. .51siFetd ancof-auna volta, pit vicino a me. Ci fu un intervaro dl srlenzroe qurndrqualcosaesploseproprio sopraalla mia testa. rr rumore ru cosl rmprovvisoche sussultaiinvolontariamente e quasi rotolai sul fianco.Era chiaramente il rumore& *-" lt.-liri."rru, in due. Il suono era stato cosl vicino che udii "" t. rt"rt"i*-a.ff1"gri. del ramo mentre si spezzava. Poi ci.fu una .graln,roladi esplosionisecche;i rami si spezzavano tragoreinrorno a me. La mia reazionea tutto il fenomeno, qfr :oi a. quel punto,,.fu aszurda;invecedi essereatterrito, ridevo. p.nr.uo slnceramente di aver indovinatola causadi quello che'stava,.r...J.ndo. Ero convinto che don Juan stesse iirgu"nurdo;. fu ,i.utezza era corroboratada una serie"rr.o* di conclu"sioni6si;h., ;i-intivo -i" euforico. Ero sicuro di poter coglilre q;;i & do., ";;;hf^;;i;.;; Juan in un altro dei suoi trucchil Era ri inrorno r. .h. spezzava e,.sapendoche non avrei osato alzarelo sg,_ruido, " ;;; ;i;ro . f4mi, di tare turto quello che voleva. Immaginaich. dou"rr. esserci Itq..o, rur solo tra Ie montagne,perch6in tutti quei giorni ero rimasto costantemente con lui. Non aveva av,uto,il ,..*po "ng-t'o.""rion. ;g.g;; giare dei collaboratori.Se era lr che si nur.ond"ur,-.r,n"-p'.rr"r";;i da solo,*e-Iogicamentepoteva f.Jurr. ,o-r" i"'rirrn.ro lasgondelg rmlrato dl rumorl. poichd _erasolo, i suoni dovevanoessereprodotti in una successione temp-oralelineare; vare a iii., *rTr] a "r" "ll" " ,massimodue o tre. Inolne anchela varieti d.i i.u-oti'dou.*-lrr.r. -ii*r".uo limitata alla meccanicadi un singolo i"auia"o rr"ni* accucciatoe immobile ero assolutairentecerto che ,"ir.-l,.ro.ri.*" *Jiu"^rgu.fosse un gioco.e che il solo modo di n"-?;;i:;p;r+;r; -ii ciarmeneemozionalmente. Mi sorpresia ridacchiare'rifiJ* oo,.. Ia prossimamossadel mio antagonista. crrcai di immaginare ll:vedere cne cosaavrer tatto io se fossi stato don Tuan. . un rumore gorgogliantemi riscossedal irio eserciziomentale.Ascolral attentamente;^ilsuonosi di nuovo. Non riuscivo a decidere che cosa tosse' sembravail-produsse rumore prodotto da un animareche si abbevera.Si ripetd ancoramolto vicino. E.u ,rn suono fastidio* .h.


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mi faceva venire in mente un'adolescente mascelluta che masticassegomma americana. Mi chiedevo come facessedon Juan a produrte un simile nrmore quando il suono si ripet6 ancora, provenendo da destra. Ci fu prima un singolo suono e poi udii una serie di rumori gorgoglianti e schioccanti, come se qu,alcunocamminassenel fango. Era ui sioio quasi sensuale,esasperante,di piedi che pesticciavanonEl fango alto. f rumori cessaronoper un momento e ripresero ancora una volta verso la mia destra,,molto vicino, forse a soli tre metri. Adesso sembravano prodotti da una persona corpulenta che trotterellasse nel fango con le galosce. Mi meravigliai della ricchezzadel suono; non riuscivo a immaginare nessuno strumento primitivo che io stesso avrei potuto urur. p"i produrlo. Udii un'altra serie di rumori trotterellanti-e gorgoglianti diatro le mie spalle e poi i suoni scoppiarono contemporaneamente da ogni patte. Sembrava che qualcuno cimminasse, trotterellasse e conesse nel fango tutto intorno a me. Mi venne in mente un dubbio logico. Se era don Juan a fare tutto cid, doveva comere in tondo a una velociti incredibile. La raoiditi ^dopo dei suoni rendeva impossibile tale alternativa. Allora pensai che tutto don Juan doveva avere dei compagni. Volli mettermi a pensare chi potessero esserei suoi complici, ma I'intensiti dei rumori mi impediva completamente di concentrarmi. Dawero non riuscivo a pensaie con chiarczza, eppure non avevo paura, forse ero soltanto confuso dalla strana qualiti dei suoni. I suoni vibravano veramente. In effetti le loro particolari vibrazioni sembravano dirette al mio stomaco, o forse avevo percepito le loro vibrazioni nel basso ventre. , Questo pensiero produsse la perdita istantanea del mio senso di obiettiviti e di distacco. I suoni mi afiacc v^no allo stomaco. "E se non- fosse don Jqal che succederebbe?",pensai. Fui preso dal panico. Tesi i muscoli addominali e spinsi con forza le cosci contro la' giacca appallottolata. f rumori crescevanodi numero e di rapiditi, come se sapesseroche avevo perso la mia sicurezza; le loro vibrazioni erano cosl intense che volevo vomitare. Combattei la sensazionedi nausea. Respirai profondamente e incominciai a cantare le mie canzoni del peyole. Diedi di stomaco e i rumori gorgoglianti cessaronoimmediatamente, e subentratono i rumori dei grilli e del vento e il lontano latrato dei coyote. La brusca cessazionedei rumori mi permise di prendere fiato e volli fare i^l Solo poco prima ero stato nelle migliori condizioni di spirito, -punto. ftducioso e distaccato; owiamente avevo miseramente fallito non riuscendo a giudicare la situazione. Anche se don Juan avesseavuto complici, sarebbe stato per loro meccanicamenteimpossibile produrre suoni che agisserosul mio stomaco. Per produrre suoni di una simile intensiti

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avrebbero dovuto impiegare congegni superiori ai loro mezzi e alla loro immaginazione. Evidentemente il fenomeno di cui facevo l'esperienza non era un gioco e la mia teoria che fosse "un alffo dei ffucchi di don Juan" era solo una mia spiegazionegrossolana. Avevo i crampi e sentivo un desiderio Drepotente di rovesciarmi e di allungare le gambe. Decisi di spostarmi ,rerso destra per togliere la faccia dal punto in cui avevo dato di stomaco. Nell'istante in cui incominciai a strisciare udii un debolissimo cigolio al di sopra del mro orecchio sinistro. Rimasi pietrificato. Il cigolio si ripet6 dall'alua parte della mia testa. Era un solo suono. Pensai che assomisliasseal cisolio di una porta. Aspettai, ma non udii altro, percid decisi di muov"ermi ancora. Avevo appena mosso la testa di un centimetro verso desfta quando fui quasi costretto a balzarc in piedi. Una marea di cigolii mi awolse immediatamente. A volte parevano cigolii di porte, altre volte squittii di topi e porcellini d'India. Non erano forti n6 intensi ma molto tenui e insidiosi e mi producevano tormentosi spasimi di nausea. Cessaronocome etano cominciati, diminuendo gradualmente fino a che potei udirne solo uno o due per volta. Poi udii qualcosa come le ali di un grosso uccello che sfiorasse Ie cime dei cespugli. Sembrava che volasse in tondo sopra alla mia testa. I tenui cigolii aumentaronodi nuovo, e altrettanto il battito delle ali. Mi sembravadi avere uno stormo di uccelli giganteschiche volassero sulla mia testa battendo dolcemente le ali. I due suoni si fondevano, creandomi intorno un'onda che mi avvolgeva. Sentivo di galleggiare sospesoin un'enorme vibrazione ondeggiante. Gli squittii e il battito delle ali erano cosl omogenei che li potevo sentire in tutto il corpo. Sembrava che il battito delle ali di uno stormo di uccelli mi tirasse in su dall'alto, mentre lo squittire di un esercito di topi sembrava tirarmi in git dal di sotto e da tutto intorno al mio corpo. Sapevosenzaombra di dubbio che la mia grossolanastupidit) aveva scatenatosu di me qualcosadi terribile. Srinsi i denti e respirai profondamente, poi mi misi a cantare le mie canzoni del peyote. f rumori durarono molto a lungo e mi opposi loro con tutte le mie forze. Quando cessarono,ci fu di nuovo un 'silenzio' ininterrotto, come sono abituato a percepirlo; riuscivo, ciob, a udire soltanto i rumori naturali degli insetti e del vento. Il silenzio era per me pit deleterio del rumore. Incominciai a pensare e a valutare la mia posizione, e la mia meditazione mi gettd in preda al panico. Sapevodi essereperduto; non avevo nd la conoscenzan6.laforza di difendermi da cib che si awicinava a me, qualunque cosa fosse. Ero del tutto impotente, accovacciato nel mio stesso vomito. Pensai che fosse siunta la mia ultima ora e scoppiai a piangere. Volli pensare alla miivita rna non sapeve


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dove incominciare. Nulla di quanto avevo fatto nella vita era veramente degno^di enfasi finale, percib non avevo nulla a cui pen-quell'ultima sare. Quella fu un'intuizione eccellente. Ero cambiato dall'ultima volta in cui aveyq provato una paura simile. Questa volta ero piil vuoto. Avevo meno sensazioni personali da portare con me. ' Mi chiesi che cosa avrebbe fatto .rn guerriero in quella situazione, e arrivai a varie conclusioni. Nella mia regione ombelicale c'era qualcosa di unicamente importante; nei suoni- c'era qualcosa di ultraterreno, miravano al mio stomaco; e I'idea che don luan mi stesse insannando era del tutto insostenibile Avevo i muscoli dello stomaco molto tesi. sebbene non avessi oit crampi. Ripresi di nuovo a cantare e a respirare profondamente e sintii un consolante calore inondarmi tutto il corpo. Mi era ormai chiaro che_sevolevo soprawivere dovevo procedere secondo gli insegnamenti di don Juan. Ripetei mentalmente le sue istruzioni. Ric"ordavo"ilpunto esatto in cui il sole era scomparso dietro le montagne in relazionl alla coliina su cui ero e al posto in cui mi ero accuciiato. Mi orientai e quando fui convinto che Ia mia valutazione dei punti cardinali fosse giusta incominciai a cambiare di posizione, cosl avrei avuto la testa rivolta verso una direzione nuova e 'migliore': sud-est. Presi a muovere lentamente i piedi, centimetro dopo centimetro, fino a piegarli sotto ai polpacci. Poi mi accinsi a mettere il corpo in linea con i piedi, ma avevo appena incominciato a strisciare lateralmente che sentii uno strano colpetto; ebbi la vera e propria sensazione fisica di qualcosa che mi toccasse la parte scoperta della nuca. Accadde cosi rapidamente che urlai senza volere e mi immobilizzai di nuovo. Irrigidii i muscoli addominali e presi a respirare profondamente e a cantare le mie canzoni del peyote. Un secondo dopo sentii di nuovo lo stesso leggero colpetto sulla nuca. Mi feci piccolo piccolo. Avevo la nuca scoperta e non potevo fare nulla per proteggermi. Mi sentii toccare ancora. Quello che mi toccava la nuca era un oggetto molto morbido, quasi setoso, come la zampa pelosa di un coniglio gigantesco. Mi toccb ancora una volta e poi prese a scorrermi avanti e indietro sul collo fino a che scoppiai in lacrime. Era come se sulla nuca mi passeggiasseun gregge di canguri silenziosi, tranquilli e senza peso. Potevo udire il morbido tonfo delle loro zampe mentre camminavano dolcemente su di me. Non en afratto una sensazione dolorosa e tuttavia mi faceva impazzite. Sapevo che se non avessi fatto qualcosa sarei impazzito e mi sarei alzato in piedi e messo a comere. Percib ripresi a manovrare per spostare il corpo in una nuova posizione. Il tentativo sembrb accrescere i colpetti sulla mia nuca. Alla fine fui preso da una tale frenesia che feci uno scatto col corpo e nello stesso tempo lo allineai in una nuova direzione. Non

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avevo idea di quale sarebbe stato il risultato del mio atto. Mi stavo solo muovendo per non scoppiare, per non diventate p^zzo. Non appenacambiai direzione i colpetti sulla nuca cessarono.Dopo una pausa lunga e angosciosa udii dei rami spezzarsi in lontananza. I rumori non erano piil ll vicinoi era come se si fossero ritirati in un'altra posizione lontano da me. Il suono dei rami che si spezzavanosi fuse dopo un istante con un rumore scrosciantedi foglie smosse.come se un forte vento flagellassetutta la collina. Tutti i cespugli intorno a me sembrarono rabbrividire, eppure non c'era vento. Lo stormire delle foelie e lo scoppiettare dei rami mi diedero la sensazioneche tutta la collina fosse in fiamme. Avevo il coroo duro come un macisno. Sudavo copiosamente.Incominciai a sentire r..pr" piil caldo. Per un momento fui assolutamenteconvinto che la collina bruciasse.Non balzai in piedi e non mi misi a correre perch6 ero cosl intorpidito da essere pamlizz^to; in efletti non poteuo nemmeno aprire gli- occhi. Tutto q.rello che contava per me in quel momento eru alzatmi e sfuggire al fuoco. Avevo nello stomaco dei crampi terribili che gii mi ostacolavanola respirazione. Mi impegnai a fondo nel tentativo di respirare e dopo molti sforzi riuscii a respirare profondamente e potei anche notare che lo stormire si eta placato; c'era solo qua e li qualche rumore scoppiettante. Il rumore dei rami che si spezzavanodivenne sempre pii lontano e sporadico fino a cessaredel tutto. Riuscii ad aprire gli occhi e attraverso le palpebre semichiuseguardai il tetreno sotto di me. Era eih giorno. Aspettai ancora un po' senza muovermi e poi incominciai a distendere il corpo. Rotolai sulla schiena. Il sole era soDra alle colline a est. Mi ci vollero ore per nddrizzare le gambe e trascinarmi giil dalla collina. fncominciai a camminare dirigendomi verso il luogo dove don Juan mi aveva lasciato, che era lontano forse soltanto un chilometro e mezzo; a metA del pomeriggio ero arrivato fin quasi al margine di un bosco. lontano ancora un buon mezzo chilometro. Non potevo piil camminare, per nessuna ragione. Pensai ai leoni di montagna e cercai di arrampicarmi su un albero, ma le mie braccia non potevano sostenere il peso del corpo. Mi appoggiai contro Lrna toccia e mi rassegnaia morire 11.Ero convinto che sarei stato divorato da un leone di montasna o da un altro animale da oreda. Non avevo nemmeno la forza di siagliare un sasso.Non avevo fame n6 sete. Verso mezzogiorno avevo incontrato un piccolo ruscello e avevo bevuto molta acqua, ma I'acqua non mi aveva aiutato a recuperare le forze. Sedevo completamente indifeso e sentendomi piil abbattuto che spaventato. Ero cosl stanco che non mi preoccupavo del mio destino e mi 'addormentai.


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Mi svegliai sentendomi scuotere. Don Juan era chino su di me. Mi aiutb a tirarmi su a sederee mi diede acqua e fatinata. Rise e disse che sâ‚Źmbravo proprio malridotto. Cercai di raccontargli quello che mi era successoma lui mi fece segno di tacere e disse che avevo mancato il bersaglio, che il luogo in cui avrei dovuto incontrarlo era lontano un centinaio di metri. Poi quasi mi rasportb git per la collina. Spiegd che mi stava portando fino a un largo ruscello dove mi avrebbe lavato, e strada facendo mi tappb le orecchie con delle foqlie che aveva in tasca, quindi mi chiuse gli occhi mettendomi una foglia su ciascun occhio e assicurandolecon un pezzo di stoffa. Mi fece togliere i vestiti e mettere le mani sugli occhi e sulle orecchieper esseresicuro che non potessi vedere n6 udire nulla. Poi don |uan mi strofinb tutto il corpo con foglie e mi tuffb in un fiume. Sentii che era un srande fiume. Era ptofondo. Stavo in piedi dentro I'acqua e non notevo toccare il fondo. Don Jrran mi sosteneva per il gomito destro. Da principio non sentii il freddo dell'acqua ma a poco a Doco incominciai a sentirmi gelato, e poi il freddo diventb intollerabile. Don Tuan mi tirb fuori e mi asciugb con foglie dal profumo particolare. Mi rivestii e don Juan mi condusselontano; percorremmo una buona distanza prima che mi togliesse le foglie dalle orecchie e dagli occhi. Mi chiese se mi sentivo abbastanzaforte per camminare fino all'automobile. La cosa strana era che mi sentivo benissimo. Per dimostrarlo mi misi addirittura a correre su per il fianco di una rioida collina. Lungo il cammino per arrivare all'automobile rimasi molto vicino a don Juan. Inciampai diverse volte e lui rise. Mi accorsi che Ia sua risata mi dava un particolare vigore, e divenne il punto focale della mia ripresa; pit rideva meglio mi sentivo. Il giorno dopo narrai a don Juan la successionedegli awenimenti dal momento in cui mi aveva lasciato solo. Rise durante tutto il mio resoconto, specialmente quando gli dissi che avevo pensato che fosse uno dei suoi trucchi. "Pensi sempre che ti si stia ingannando", disse. "Ti fidi uoppo di te stesso.Ti comporti come se conoscessitutte le risposte. Tu non sai nulla, mio piccolo amico, nulla". Erala prima volta che don Juan mi chiamava 'mio piccolo amico"' Questo mi prese alla sprowista. Don Juan se ne accorsee sorrise. La sua voce eri piena di un grande calore, e mi fece sentire molto triste. Gli dissi che ero stato sventato e incompetente perch6 quella era l'inclinazione intrinseca della mia personalit), e che non avrei mai capito il suo mondo. Mi sentivo profondamente commosso. Don Juan

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fu molto incoraggiante e sostenne che mi ero comportato bene. Gli chiesi quale fosse il significato della mia esperienza. "Non ha significato", tispose. "Lo stessopoffebbe accaderea chiunque, specialmentea qualcuno come te che ha la fessura gii aperta. E una cosa molto comune, qualsiasi guerriero che sia andato in cerca di alleati potrebbe raccontarti delle loro azioni. Quello che ti hanno fatto b stato blando. Tuttavia la tua fessura b aperta ed b per questo che sei cosl nervoso. Non ci si pud rasformare in un guerriero nel giro di una notte. Ora devi andartene a casa e non devi tornare fino a che la tua fessura non si b chiusa e finchd non sei guarito".


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Non ritornai in Messico per mesi; passaiil tempo a lavotate ai miei appunti e per la prima volta in dieci anni, dall'inizio del mio noviziato, gli insegnamenti di don Juan incominciavano ad avere veramente un significato. Sentivo che i lunghi periodi di tempo in cui ero dovuto rimanere lontano dal mio noviziato avevano avuto un efietto assai moderatore e benefico; mi avevano dato I'opportuniti di passarein rassegna le mie scoperte e disporle in un ordine intellettuale appropriato alla mia formazione e ai miei interessi. Tuttavia, quanto era accaduto nella mia ultima visita sul campo metteva in evidenza un errore nel mio ottimismo circa la comorensionedella conoscenzadi don Tuan. Il 16 ottobre 1970 mi'dedicai per I'ultima volta ai miei appunti sul campo. Quanto awenne in quella circostanza segnb un punto di transizione. Non solo chiuse un ciclo di istruzione, ma ne aprl anche uno nuovo. talmente diverso da quanto avevo fatto fino ad allora da farmi sentire che questo t il punio in cui devo mettere fine al mio reportage. Mentte mi awicinavo alla casa di don Juan lo vidi seduto al suo solito posto sotto la ramada davanti alla porta. Parcheggiaiall'ombra di un albero, tolsi dalla macchina la mia cartella e un borsa piena di provviste e mi awiai verso di lui salutandolo ad alta voce. Mi accorsi allora che non era solo. C'era un altro uomo seduto dietro un'alta catasta di legna da ardere. Tutti e due mi stavano guardando. Don Juan mi salutb con la mano e lo stessofece I'altro uomo. A giudicare dal suo abbigliamenro non era un indiano ma un messicano del sud-ovest. Portava i blue-ieans,una camicia beige, un cappello da cowboy texano e stivali da coubo,t. Mi rivolsi a don Juan e poi guardai I'uomol mi sorrideva. Lo fissai per un momento. "Ecco qui il piccolo Carlos", disse I'uomo rivolto a don Juan,'e non mi parla pit. Non dirmi che E in collera con me'.

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Prima che potessi dire qualcosa tutti e due erano scoppiati a ridere, e solo allora capii che quello strano uomo era don Genaro."Non mi avevi riconosciuto, non b vero?", chiese, sempre ridendo. Dovetti amnrâ‚Źttere che il suo abbigliamento mi aveva ingannato. "Che cosa fate in questa parte del mondo, don Genaro?", domandai. "E venuto qui a godersi il vento caldo", disse don Juan. 'Non E vero? ". "E veroo, fece eco don Genaro. "Non immagini che cosa possa farc il vento caldo a un vecchio corpo come il mio". Mi misi a sedere ma loro due. "Che cose fa al vostro corpo?", domandai. "Il vento caldo racconta al mio corpo cose straordinarie", riqloss. Si voltd verso don Juan. Gli occhi gli scintillavano. "Non b vero?". Don Juan scosseil capo affermativamente. Dissi loro che per rne il periodo dei venti caldi di Santa Anna era il momento peggiore dell'anno, e che mi sembravaben strano che don Genaro venisse a cercare il vento caldo mentre io lo fuggivo. oQuan"Carlos non sopporta il caldo", dissedon Juan a don Genaro. do fa caldo diventa come un bambino e sofioca'. "Sofio cosa?'. "Sofio...ca". "Santo cielo", esclamb don Genaro fingendo di esserepreoccupato, e fece un gesto di disperazione incredibilmente bufio. Poi don Juan gli spiegb che io ero rimasto lontano per mesi a causa di un disgraziato incidente con gli alleati. "Allora hai finalmente inconnato un alleato?', disse don Genaro. "Penso di sl", risposi prudentemente. Tutti e due risero forte. Don Genaro mi battd due o tre volte con la mano sulla sdriena. Erano colpetti molto leggeri che interpretai come un gesto amichevole di comprensione. Mi lascib la mano sulla spalla continuando a guardarmi e io provai un sensodi placida contentezzo,che durb un solo istante perch6 subito don Genaro fece qualcosa di inesplicabile per me. Sentii improwisamente che mi aveva messo sulla sc-hiena il peso di un macigno. Sentivo che stava aumentando il peso della sua rnano, che poggiava sulla mia spalla destra, fino a farmi piegare completgmente in avanti e battere la testa al suolo. "Dobbiamo aiutare il piccolo Carloso, esclamb don Genaro e lancib a don Juan un'occhiata di intesa. Mi tirai nuovatrlente su a sedere e mi voltai verso don Juan, ma lui aveva distolto l,o sguardo. Esitai un mo.mento e pensai con dispetto che


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si comportava come se fosse lontano, distaccato da me. Don Genaio ddeva; sembrava aspettarela mia reazione. Gli chiesi di mettermi Ia mano sulla spalla un'altra volta. ma lui non volle. Insistei che per lo meno mi dicesseche cosa mi aveva fatto. Ridacchid. Mi volsi nuovamente verso don Juan e gli dissi che il peso della mano di don Genaro mi aveva quasi schiacciato. "Non ne so nulla", rispose don Juan in tono comicamentepositivo. "Non ha messo la mano sulla spalla mia". Al che tutti e due scoppiaronoa ridere. "Che cosa mi avete fatto, don Genaro?", domandai. "Ti ho soltanto messo la mano sulla spalla", mi dspose con aria innocente. "Fatelo di nuovo", dissi. Rifiutb. A quel punto don Juan si interpose e mi chiese di descdvere quello che a_vevopercepito nella mia ultima esperienza.pensavo che volesse una descrizione in buona fede di quanto'mi era accaduto. ma pit seria diventava Ia mia descrizionepiir-loro due ridevano. Mi fermai due o fte volte ma mi esortarono a iontinuare. "L'alleato verr) da te indipendentemente dai tuoi sentimenti", mi disse don Juan quando ebbi terminato il mio racconto. "Voelio dire. tu non devi fare nulla-per attirarlo. Puoi startene seduto a girire i pollici_o a pensare alle donne e poi, improvvisamente,r.r.t colp.tto s,tlla spalla, ti volti e I'alleato b ll accanto a te". "Che posso fare se succedequalcosadel genere?", chiesi. "Ehi! Ehi! Aspetta un momento!", esclambdon Genaro. "Questa non b una buona domanda. Non devi chiedere che cosa Dotresti fare tu. E owio che tu non puoi fare niente. Dovresti chiedere che cosa pub fare un guerriero". Si voltd verso di me strizzando I'occhio. Aveva il capo leggermente inclinato verso destra e la bocca atteggiatain una smorfia. , Guardai don Juan per capire se la situazione fosse uno scherzo,ma lui conservavaun'esDressionesolenne. "Benissimo!", diisi. "Che cosa pub fare un gueriero?". "dei Don Genaro ammiccd ed emise ion la bocca suoni schioccanti. come per cercare le parole giuste. Mi guardd fissamente, tenendosi il mento. . "Un guerriero se la fa nei pantaloni", disse con indiana solenniti. Don Juan si coprl la faccia e don Genaro battd un colpo al suolo scoppiando in una risata ululante. "I.a paura E una-cosache nessunopub mai vincere", dissedon Juan quando la risata si fu placata. "Quando un guerriero si trova in una situazione cosi brutta volta semplicemente le spalle all'alleato senza

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pensarci due volte. Il guerriero non pub lasciarsi andare, percib non pub morire di paura. Solo quando sta bene ed b pronto il guerriero permette all'alleato di venire. Quando d abbastanzaforte per lottare con I'alleato apre la fessura e si mette in agguato, afrstra I'alleato, lo tiene inchiodato al suolo e continua a fissarlo esattamenteper il tempo che deve, poi distoglie gli occhi e libera I'alleato e lo lascia andare. Il guerriero, mio piccolo amico, b sempre il padrone". "Che cosa succedese si fissa I'alleato troppo a lungo?", domandai. "Chissi?", disse don Juan.'Forse Genaro ti diri quello che b successoa lui". "Forse", disse don Genaro e ridacchib. "Ditemelo, per favore". Don Genaro si alzb, si fece scricchiolarele ossa stirando le braccia e spalancb gli occhi fino a farli diventare rotondi, prendendo un'aria da pazzo. "Genaro v^ tremare il deserto", disse e si inoltrb nei cespugli. ^f$ ad aiutarti", mi disse don Tuan in tono con6den"Genaro b deciso ziale. "Ha fatto Ia stessacosa per te a casa sua e quella volta tu hai quasi aisto". Pensai che si riferisse a quanto era accaduto alla cascata,ma parlava invece di certi boati ultraterrini che avevo udito alla casadi don i'e.ru.o. "A proposito, che cosa era?", chiesi. "Ne abbiamo riso, ma voi non mi avete mai spiegato che cosa fosse". "Non lo hai mai chiesto". " L' ho fat t o". "No. Tu mi hai chiesto di tutto tranne che di quello". Don .Tuanmi guardd con aria di accusa. , "Quella era I'arte di Genaro", disse. "Solo Genaro lo sa fare. Quella volta tu hai quasi oisto". Gli dissi che non mi era mai venuto in mente di associareil 'vedere' con gli strani rumori che avevo udito quella volta. "E perch6 no?", mi chiese direttamente. "Per me oedere significa gli occhi", dissi. Mi scrutb per un momento come se in me ci fosse qualcosa che non andava. "Io non ho mai detto che il oedere riguardassesoltanro gli occhi", disse, scuotendola testa con increduliti. "Come fa don Genaro a farlo?", insistei. "Ti ha gii detto come fa", mi rispose ironicamente. Proprio in quel momento udii un rombo smaordinario. Sobbalzai e don Juan scoppid a ridere. Il rombo era come il boato di una fragorosa valanga. Mentre lo ascoltavo mi venne la bufia idea


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che il mio inventario di esperienze sonore derivava chiaramente dal cinema. Il tuono profondo che avevo udito sembrava la colonna sonora di un 6lm quando tutto il fianco di una montagna precipita in una valle. Don Juan si teneva i fianchi come se gli facessero male dal ridere. Il boato tonante scuoteva il terreno sotto i miei piedi. udii distintamente il tonfo di quello che sernbrava un macigno monumentale che rotolava su se stesso. Udii una serie di tonf schiaccianti che mi diedero I'impressione che il macigno stesse rotolando verso di me. Provai un momento di estrema confusione. Avevo i muscoli tesi e tutto il corpo pronto alla fuga. Guardai don Juan. Mi stava fissando. Poi udii il piil spaventevole tonfo che avessi mai udito nella mia vita. Era come se un macigno gigantesco fosse atterrato proprio dietro la casa. Tutto tremb, e in qull momento ebbi una stranissima Dercezione. Per un istante 'vidi' veramente un macigno delle dimensioni di una montagna proprio diero alla casa. Non era un'immagine sovrapposta alla scena della casa che stavo guardando. Non era nemmeno la visione di un vero macigno. Era piuttosto come se il rumore creasseI'immagine di un macigno monumentde che rotolava su se stesso. 'Vedevo' veramente il rumore, fl carattere inesplicabile della mia percezione mi sprofondb nella disperazione e nella confusione. Mai nella vita avevo pensato che i miei senii potessero percepire a quel modo. Ebbi un attacco di paura nzionale e decisi di fuggire per salvarmi la vita. Don Juan mi tenne per il braccio e mi ordinb imperiosamente di non fuggire e di non voltarmi nemmeno intorno, ma di guardare verso la direzione in cui era andato don Genaro. Poi udii una serie di rumori rimbombanti. sembravano rocce che cadesseroe si accumulasserole une sulle altre, e poi tutto fu di nuovo calmo. Qualche minuto dopo don Genaro fece ritoino e si mise a sedere. Mi chiese se avevo 'visto'. Non sapevo che cosa rispondere, mi voltai interrogativamente verso don Juan che mi stava fissando. "Penso di sl", disse e ridacchib. Volevo dire che non sapevodi che cosa stesseroparlando. Mi sentivo terribilmente frustrato. Provavo una sensazionefisica di furore. di totale sconforto. "Penso che dovremmo lasciarlo aui solo a sedere", dissedon Juan. Si alzarono e si allontanarono da me. Sentii don Juan che diceva a voce molto alta: "Carlos si sta la. sciando andare alla sua confusione".

Ri+asi solo,per ore ed ebbi il tempo di scriverei miei appunti e - meditare di sull'assurditi della mia esperienza.Ripensandocimi fu ovvio che fin dal primo momento in cui avevo visto don Genaro sotto la

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lamada la situazione aveva assunto un tono farsesco.Pit ci Densavoe piir mi convincevo che don Juan aveva ceduto il controllo a don Genaro, e quel pensiero mi riempiva di apprensione. Don Juan e don Genaro ritornarono al crepuscolo. Si sedettero vicino a me afiancandomi. Don Genaro venne pii vicino e quasi si appoggib a me. La sua spalla esile e fragile mi toccava leggermente e io provai la stessa sensazionedi quando mi aveva battuto sulla schiena. Un peso schiacciante mi fece vacillare e caddi nelle braccia di don Tuan che mi aiutb a rimettermi seduto, chiedendomi in tono scherzoso le stavo cercando di mettermi a dormire in braccio a lui. Don Genaro sembrava deliziato; gli occhi gli risplendevano.fo volevo piangere. Mi sentivo come un animale preso in trappola. "Ti faccio paura, piccolo Carlos?", mi chiese e sembiava veramente preocorpato. "Sembri un cavallo selvaggio". "Raccontagli una storia", disse donluan. "E la sola cosa che 1o calma". Si scostarono mettendosi a sedere di fronte a me. Tutti e due mi esaminavano con cutiositi. Nella semioscuriti i loro occhi sembravano vittei, come enormi buie pozze d'acqua; incutevano soggezione: non erano simili a occhi umani. Ci fissammo per un momento e poi distolsi lo sguardo. Notai che non avevo paura di loro, eppure i loro occhi mi avevano spaventato a tal punto da farmi rabbrividire. Provavo uno sgradevolissimo senso di confusione. Dopo un momento di silenzio don Juan esortb don Genaro a raccontarmi quel che gli era successoquando aveva cercato di fissare ffoppo a lungo il suo alleato. Don Genaro era seduto a un paio di metri di dist^nza, rivolto vetso di me; non disse nulla. Lo guardai; i suoi occhi sembravano quattro o cinque volte pit grandi del normale; risplendevano ed esercitavano un'atttazione irresistibile. La luce che sembrava emanare dagli occhi dominava tutte le cose intorno. Il corpo sembrava essersi rattrappito assomigliando piil a quello di un felino. Notai un movimento del suo corpo da gatto e fui preso dalla paura. Automaticamente, come se lo avessi fatto per tutta la vita, assunsi una 'posizione da combattimento' e presi a battere ritmicamente la mano sul polpaccio. Quando mi resi conto dei miei atti mi sentii imbanzzato e guardai don Juan. Mi scrutava come faceva normaftnente; i suoi occhi erano dolci e confonanti. Rise forte. Don Genaro emise un rumore come di un gatto che fa le fusa, si alzb in piedi ed entrb in casa. Don Juan mi spiegb che don Genaro era molto energico e non va petdere tempo, e che mi aveva provocato con i suoi occhi. Disse ^m come al solito, ne sapevo pit di quanto io stesso mi aspettassi. che, Commentb che tutti coloro che avevano a che fare con la stregoneria


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erano tâ‚Źrribilmente pericolosidurante le ore del crepuscoloe che stregoni come don Genaro potevano operare meraviglie in quell'ora del giorno. Rimanemmo in silenzio per qualche minuto. Mi sentivo meglio. Parlare con don Juan mi tilassava e mi ridava la mia sicurezza.Poi don Juan disse che avrebbe mangiato qualcosae che quindi saremmo andati a fare una passeggiatacosl che don Genaro potessemostrarmi una tecnica per nascondersi. Gli chiesi di spiegareche cosa intendeva per tecnica per nascondersi. Rispose che ne aveva abbastanzadi spiegarmi le cose perchd le spiegazioni non facevano altro che spingermi a lasciarmi andare. Entrammo in casa. Don Genaro aveva accesola lampada a cherosenee masticavaun po'di cibo. Dopo aver mangiato ci inoltrammo tutti e tre nei fitti cespugli del deserto. Don Juan camminava quasi accanto a me. Don Genaro era in testa, qualche metro avanti. Era una notte limpida, c'erano nuvole pesanti ma la luce lunare illuminava a sufficienzai dintorni. A un ceito momento don Juan si fermb e mi disse di continuare a seguire don Genaro. Esitai; don Juan mi spinse dolcemente assicurandomiche andava tutto bene. Disse che avrei dovuto essere sempre pronto e fidarmi sempre della mia fotza. Seguii don Genaro e per le due ore successivecercai di raggiungerlo, ma per quanto mi sforzassinon ci riuscii. La figura di don Genaro era sempre davanti a me. Qualche volta scompariva come se fosse balzato a lato del sentiero, solo per riapparirmi davanti. Pef quanto mi riguardava, mi sembrava una camminata al buio molto strana e senza senso. Seguivo don Genaro perchâ‚Ź non sapevo come tornare a casa, ma non riuscivo a capire che cosa facesse.Pensavo che mi stesseguidando fino a qualche posto lontano tra i cespugli del deserto per mostrarmi la tecnica di cui mi aveva parlato don Tuan. Ma a un cerro momento ebbi Ia strana sensazionechi don Genarb fosse dietro di me. Mi voltai e riuscii a cogliere pâ‚Źr un attimo I'immagine di una persona a una certa distanza dietro di me. L'effetto era sorprendente.Mi sforzai di vedere nel buio e crcdetti di aver individuato i contorni di un uomo in piedi a circa quindici metri da me. La figura si confondeva quasi con i cespugli; era come se volessenascondetsi.La guardai fisso per un momento e potei veramente osservare I'immagine dell'uomo nel mio campo di percezione,anche se la figura cetcava di nascondersidietro alle forme nere dei cespugli. Poi mi venne in mente un pensiero logico. Mi venne in mente che I'uomo doveva esser don Juan, che doveva averci seguito tutto il tempo. Nell'istante in cui mi convinsi di cib mi resi anche conto di non riuscire piil a isolare la sua figura; tutto quello che avevo davanti era la massa scura indiffercnziata della vegetazione del deserto.

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Mi awiai verso il punto in cui avevo visto I'uomo ma non riuscii a scoprire nessuno.Neppute don Genaro era visibile da nessunaparte, e siccomenon conoscevoIa via del ritorno mi misi seduto ad aspettare. Mezz'ora dopo arrivarono don Juan e don Genaro. Mi chiamatono pet nome ad alta voce. Mi alzaie mi unii a loro. Ci dirigemmo verso la casa in completo silenzio. Accolsi con piacere quell'intermezzo silenzioso, perchd mi sentivo completamente disorientato. In effetti. mi sentivo sconosciutoa me stesso.Don Genaro mi faceva qualcosa,qualcosache mi impediva di formulare i miei pensieri come ero abituato. Questo mi eta parso evidente quando mi ero seduto sul sentiero. Avevo controllato automaticamenteI'ora quando mi ero messo a sedere e poi ero rimasto ftanquillo come se la mia mente fosse stata tagliata fuori. Eppure ero rimasto seduto in uno stato di vigilanza mai provato prima. Era uno stato di irtiflessione, forse paragonabile al non curarsi di nulla. In quei momenti il mondo mi era sembrato in uno strano equilibrio; non c'era nulla che potessi aggiungergli e nulla che potessi sottrargli. Quando atrivammo alla casa don Genaro tirb fuori una stuoia di paglia e si mise a dormire. Mi sentii costretto a riferire a don Juan le esperienzedella giornata, ma lui non mi lascib parlare.

L8 ottobre 1,970 "Penso di aver caoito che cosa cercava di fare don Genaro I'altra notte", dissi a don Juan. Lo dissi sperando di fargli dire qualcosa.Il suo continuo rifiuto di parlare mi snervava. Don Tuan sorrise e scossela testa lentamente come se fosse d'accordo con quello che avevo detto. Avrei preso il suo gesto come un assensose non fosse stato per la strana luce nei suoi occhi. Era come se i suoi occhi ridessero di me. "Voi non pensate che abbia capito, non b vero?", domandai impetuosamearte. "suppongo di st... efiettivamente capisci. Capisci che don Genaro era sempre rimasto dietro di te. Perb quel cbe conta veramente non A capire ". La sua affermazione che don Genaro era sempre timasto dietro di me fu un colpo. Gli chiesi di spiegare. "La tu^ mente b dispostain modo da cercaresolo un lato di questo", disse. Prese un ramoscello seccoe Io agitb nell'aria. Non stava disegnando


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Il comoito del 'uedere'

Il compt'c del 'uedere'

nell'aria nd racciava una figura; quello che faceva rassomigliava ai movimenti che fa con le dita quando pulisce un mucchio di semi. Muoveva il ramoscello come se pungolassedolcemente o grattasse l'atia., Si voltb, e mi guaidb e io mi strinsi automaticamentenelle spalle con un'espressioneiconceft^t^.Don Juan si awicinb e rip-etâ‚Źi suoi movimenti, iegnando otto punti sul terieno. Traccib un cerchio intorno al primo punto "Tu sei qui", disse. "Tutti noi siamo qui; questo b sentire, e noi ci muoviamo da qui a qui". Traccib un lerchio intorno al secondo punto che aveva disegnato proprio sopra al primo. Poi mosse il ramosiello avaDti e indiero tra i due punti per descrivere un trafEco intenso. r'Etitto.to, perb, altri sei punti che un uomo pub trattare", disse' "La maggior parte degli uomini non ne-sa nulla". Col l'amoscello diJde dei piccoli colpi sul terreno tra i punti uno e due. "Tu chiami comprendere il muoversi tra questi due punti' Lo hai fatto per tutta la viia. Se dici di comprendere la mia conoscenza,non hai fatto nulla di nuovo'. Quindi traccib delle linee con cui unl alcuni degli otto punti agli altri; il risultato fu una 6gura trapezoidale allungata che aveva otto punti di irradiazione irregolare. ^ "Ciascuno di questi aftri sei punti b un mondo, proprio come sentire e capire sono per te due mondi", disse. aPerchâ‚Ź otto punti? Perchd non un numero infinito, come in un cerchio?", chiesi. Disegnai per terra un cerchio. Don Juan rise' "Per-quanlo ne so ci sono solo otto punti che r4r uomo pub trattare. Forse gli uomini non possono andare pit oltre. E io ho detto ffattare, non comprendere,lo hai notato?". Aveva pariato in tono cosi bufio che scoppiai a ridere. Imitava o piuttosto piendeva in giro la mia insistenzasull'uso esatto delle parole. "Il tuo problema b che vuoi capire tutto, e questo non b possibile' Se insisti a voler capire non puoi considerare tutta la tua sorte di essere umano. La tua pietra di inciampo b intatta. Dun-que, tu non hai {atto ouasi nulla in rutti questi anni. Ti sei riscosso dal tuo totale torpore, e potuto essere compiuto da- altre circostanze". ul.ro, ,n" questo "utibb" don iuan mi disse di ilzatmi che satemmo andati Dopo una pausa al canyon dell;acqua. Mentre salivamo in macchina don Genaro uscl da dieiro la casai si unl a noi. Parte della strada la percorremmo in automobile e poi ci inoltrammo a piedi in un profondo- bu-lrone. Don grande albero' Juan scelse .r.ipotto dove riposare all'ombra di un

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"Una volta hai osservato", incomincib, "che un tuo amico aveva detto, una volta che voi due avevate visto una foglia cadere dalla cima di un sicomoro, che quella foglia non sarebbe mai pit caduta dallo stessosicomoro per tutta l'eterniti, ricordi?". Ricordavo di avergli raccontato di quell'episodio. "Siamo ai piedi di un grossoalbero", continub, 'e se ora guardiamo quell'almo albero di fronte a noi possiamo vedere una foglia cadere proprio dalla sua cima". Mi fece segno di guardare. C'eta un grande albero sull'alro lato del burrone; le foglie erano giallastre e secche.Con un movimento del capo don fuan mi esortb a guardare l'albero. Dopo qualche minuto di attesa una foglia si staccb dalla cima e incomincib a cadere al suolo; urtb tre volte Ie altre foglie e i rami prima di atterrare tra i cespugli che crescevano alti ai piedi dell'albero. "L'hai vista?".

" si".

"Tu diresti che la stessa foglia non cadr) mai piil dallo stesso albero, vero?". "Vero". "Questo B vero al meglio della tua comprensione.Ma lo b solo al meglio della tua comprensione.Guarda ancota". Guardai automaticamente e vidi una foglia che cadeva. Urtd contro le stesse foglie e gli stessi rami della foglia precedente. Eta come se stessi â‚Źruardandouna ripetizione televisiva istantanea. Seguii la caduta ondeggiante della foglia fino a che atterrb al suolo. Mi alzai in piedi per vedere se c'etano due foglie, ma gli alti cespugli intorno all'albero mi impedivano di vedere dove la foglia fosse atterrata veramente. Don Juan rise e mi disse di-mettermi a sedere. "Guarda", continub, indicando con il capo la cima dell'albero. "Riecco Ia stessa foglia". Ancora una volta vidi una foglia cadere esattamente come erano cadute le altrc due. Quando fu atteff^t^ seppi che don Juan stava per farmi di nuovo segno di guardare Ia cima dell'albero, ma prima che lo facesse guardai in su. La foglia stava cadendo di nuovo. Allota compresi che avevo visto staccarsisoltanto la prima foglia, o, piuttosto, la prima volta che la foglia era caduta I'avevo vista dall'istante in cui si era distaccatadal ramo; le altre tre volte la foglia stava gii cadendo quando avevo alzato la testa pet guardare. Lo dissi a don Juan e gli chiesi di spiegarmi cosa stessefacendo. "Non capisco come facciate a farmi vedere una ripetizione di quello che ho visto prima. Che cosa mi avete fatto, don Juan?".


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Il compito del 'aedere'

Don Juan rise-ma_non rispose, e io insistei che mi spiegassecome potevo vedere quella foglia cadere ripetutamente. Dissi c6e in base alla mia ragione era una cosa impossibile. Don Juan rispose che anche la sua ragione gli diceva la stessacosa, eppure io avevo visto la foglia cadere ripetutamente. Poi si volse a don Genaro. "Non b cosi?", chiese. Don Genaro non rispose. I suoi occhi erano fissi su di me. " E impossibile!". dissi. "Tu sei incatenato!".esclamddon Tuan."Tu sei incatenatoalla tua ragione". Spiegd che la foglia era caduta ripetutamente da quello stesso albero- e percid dovevo smettere di cercare di capire. Aggiunse in tono confidenzialeche mi era tutto palese eppure alla fine Ia-mia mania mi accecavasempre. "Non c'd niente da capire. Capire d solo una cosa molto piccola, cosl piccola", disse. A quel punto don Genaro si alzd in piedi. Lancid a don Juan una rapida occhiata; i loro occhi si incontrarono e don Juan guardb il terreno davanti a lui. Don Genaro mi si piazzd davanti e prese a oscillare le braccia ai due lati, in su e in giri all'unisono. "Guarda, piccolo Carlos", disse. "Guarda! Guarda!". Emise un suono sibilante straordinariamenteacuto. Era il suono di qualcosache si lacerava.Nel preciso istante in cui si produceva il suono sentii una sensazionedi vuoto nel basso ventre. Era la sensazioneterribilmente angosciosadi cadere, non dolorosa, ma piuttosto sgradevolee corrosiva. Durb qualche secondo e poi cessb, lasciandomi uno sffano prurito nelle ginocchia. Ma mentre la sensazionedurava sperimentai un altro fenomeno incredibile. Vi& don Genaro sulla cima di un gruppo di montagne lontane forse quindici chilomemi. Quella percezionedurb solo pochi secondie fu cosl inaspettatada non lasciarmi dawero il tempo di analizzarla. Non posso ricordare se ho visto una fisura delle dimensioni di un uomo sulla cima delle montagne, o un'imiragine rimpicciolita di don Genaro. Non oosso nemmeno ricordare se fosse o no don Genaro. Eppure in quel momento fui certo oltre ogni dubbio di vededo sulla cima delle montagne. Ma nel momento in cui pensai che non potevo vedere un uomo a quindici chilomeffi di distanza la percezione svani. Mi voltai intorno per cercaredon Genaro, ma non c'era. Il senso di confusione che provavo era unico. unico come tutto quanto mi era accaduto.La mente si piegava sotto lo sforzo. Mi sentivo totalmente disorientato.

Il compito del 'uederc'

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Don Juan si alzb in piedi e mi fece coprire il basso ventre con Ie mani e premere strettamente le gambe contro il corpo in posizione accovacciata. Rimanemmo per un po' seduti in silenzio, quindi don Juan disse che certamente si sarebbeastenuto dallo spiegarmi qualsiasi cosa, perchd si poteva diventare uno stregone solo con le azioni, Mi raccomandb di partire immediatamente, altrimenti don Genaro mi avrebbe probabilmente ucciso nel suo sforzo di aiutarmi. "Stai per cambiaredirezione", disse, "e romperai Ie tue catene". Disse che nelle sue azioni o in quelle di don Genaro non c'era nulla da capire, e che gli stregoni erano capacissimidi compiere gesta sraorolnatle. "Genaro e io siamo qui", disse, e indicb uno dei cenri di radiazione del suo diagramma. "E non B il centro della comprensione,eppure tu sai che cosae'. Volli dire che dawero non sapevo di che cosa parlava, ma lui non mi lascib il tempo e si alzd in piedi facendomi segno di seguirlo. Prese a camminare in fretta e dopo pochi passi io ansimavo e sudavo cercando di tenergli dietro. Quando salimmo in macchina mi guardai intorno cercando don Genaro. uDov'b? ", chiesi. "Sai dov'E", don Juan ribatt6 seccamente. Prima di partire mi misi a sedere vicino a lui, come faccio sempre. Sentivo un bisogno prepotente di spiegazioni.Come dice don Juan, le spiegazionisono dawero il mio debole. "Dov'b don Genaro?". chiesi con circosoezione. "Sai dove", mi rispose. "Tu fallisci ogni volta perch6 insisti a voler capire. Per esempio,l'altta sera sapevi che don Genaro era stato sempre dietro di te; ti sei anche voltato e lo hai visto". "No", pfotestai. "No, non lo sapevo". Ero sincero. La mia mente si rifiutava di accettarecome'reali' quel genere di stimoli, eppure, dopo dieci anni di noviziato con don -fuan, non poteva pit appoggiare i miei antichi comuni criteri su cib che b reale. Ma tutte le speculazioni che avevo 6no ad allora prodotto sulla natura della realti erano state mere manipolazioni intellettuali; prova ne era che sotto la pressionedegli atti di don Juan e di don Genaro la mia mente si era ritrovata in un vicolo cieco. Don Juan mi guardb e nei suoi occhi c'era una tale tristezza che scoppiai a piangere.Le lacrime mi scorrevanoliberamente. Per la ptima volta nella vita sentivo il peso opprimente della mia ragione. Fui preso da un'angosciaindescrivibile. Gemetti involontariamentee abbracciaidon


Il compito del ,aedere,

Juan. r-ui mi diede con le nocche un colpo secco sulla sommitl del c1po. Io sentii come una vibrazione git per la spina dorsale. Ebbe un efietto temperante. "Ti lasci andaretroppo', mi dissedolcemente.

Epilogo

C::*

Don Juan mi passeggiavaintorno lentamente. Sembrava indeciso se dirmi o no qualcosa. Per due volte si fetmb e sembrb cambiare intenzione. "Che tu ritorni o no b del tutto senza importanzd.', disse alla fine. "Tuttavia ora hai bisogno di vivere come un guerriero. Io hai sempre saputo, ora sei semplicemente in posizione tale da dover far uso di qualcosa di cui prima non tenevi conto. Ma per ottenere questa conoscenza hai dovuto lottare; non ti b stata semplicemente data; non ti E stata semplicemente trasmessa. Hai dovuto esftada a fotza da solo. Eppure sei ancora un essere luminoso. Morirai ancora come tutti gli altri. Una volta ti ho detto che in un uovo luminoso non c'B niente da cambiate". Rimase per un momento in silenzio. Sapevo che mi stava guatdando, ma evitai i suoi occhi. "Nulla b veramente cambiato in te". disse.


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