Theun Mares - III - Le Nebbie della Tradizione del Drago

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Le nebbie della TRADIZIONE DEL DRAGO ThĂŠun Mares

Insegnamenti Toltechi volume tre


traduzione dall’inglese ad uso non commerciale

L’autore Theun Mares nasce in Zimbabwe da padre minatore e madre veggente naturale. Cresce in mezzo alla natura e il suo apprendistato comincia a cinque anni. Il suo insegnante, un formidabile guerriero chiamato il Nagual J, gli insegna che la sua tradizione non è una pratica spirituale, ma una via pratica e universale verso la vera conoscenza. Così Theun impara fin da piccolo che per diventare un vero guerriero occorre diventare un Tolteco, che significa “uomo o donna di conoscenza” e che la vera conoscenza si guadagna sul campo, attraverso le esperienze della vita. Dal 1992 Theun dedica il suo tempo al suo ruolo di nagual (o leader di guerrieri), insegnando ai suoi apprendisti e dedicandosi a comunicare la vera natura e portata della tradizione Tolteca attraverso questa serie di libri. Ad assisterlo in questo compito c’è Marianne, la donna nagual, che gli fornisce la guida per il necessario bilanciamento fra maschile e femminile. I 40 anni di formazione gli concedono un grande ottimismo. Nella sua visione, le attuali sfide dell’umanità offrono agli uomini e alle donne che ci vogliono provare, una sana opportunità per farsi carico delle proprie vite e realizzare una grande libertà e autodeterminazione. Theun risiede a Cape Town in Sudafrica assieme a Marianne, dove insegna personalmente ai suoi apprendisti e guida corsi e seminari. n.d.t. Al momento della traduzione in italiano Theun Mares non è più in vita.

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SOMMARIO Prefazione Introduzione

Parte uno: Il Sogno Capitolo 1.

I quattro postulati dell’agguato

Capitolo 2.

La follia controllata

Parte due: La regola dell’Agguato Capitolo 3.

Svegliarsi nel sogno

Capitolo 4.

L’onore del guerriero

Capitolo 5.

Entrare nell’ignoto

Capitolo 6.

Cambiare la messa a fuoco

Capitolo 7.

Pettinare le ombre

Capitolo 8.

Oltre il velo del tempo

Capitolo 9.

La follia dell’identità

Parte tre: Il Mondo degli Stregoni Capitolo 10. Anteprima della quarta dimensione Capitolo 11. i 21 gioielli

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PREFAZIONE Avendo ricevuto delle osservazioni dai lettori dei primi due libri, ritengo necessario evidenziare che non tutti i Toltechi sono uguali e nemmeno che ogni persona che percorre la Via del Guerriero è necessariamente un Tolteco. D’altronde, considerando che i Toltechi sono stati uccelli solitari per lunghissimo tempo, non sorprende vedere che la gente sappia così poco sulle nostre attività. Alcuni, che hanno sentito parlare di noi, pensano a noi come ad un mito. Altri, che hanno scoperto la nostra esistenza attraverso i libri di Castaneda, tendono a vederci come stregoni. Certamente è innegabile che Carlos Castaneda, così come altri scrittori che in qualche modo gli si associano, descrive la tradizione Tolteca in termini di pratiche di stregoneria. Eppure, il vero Tolteco non è un uomo o una donna che indulge in questi giochini di stregoneria che oggi suscitano così tanta curiosità. I Toltechi sono uomini e donne di conoscenza e, sebbene la nostra conoscenza non sarebbe completa se non avessimo anche la conoscenza della stregoneria, ci tengo a sottolineare che le pratiche di stregoneria occupano solo una piccola parte dell’intera estensione della nostra conoscenza. Inoltre, i veri toltechi sanno che la stregoneria non conduce le persone alla libertà, ma al proseguimento in altre forme della stessa schiavitù. Dalla distruzione di Atlantide, la fratellanza Tolteca si è divisa in due gruppi principali: quelli che si dedicano all’accumulo di potere personale allo scopo di ottenere la libertà; e quelli che sono interessati all’evoluzione della consapevolezza solo per guadagno personale. Al primo gruppo appartengono quelli che camminano sulla Via della Libertà. Al secondo gruppo appartengono i fratelli che percorrono il Sentiero della Grande Avventura. Inoltre questi due gruppi si suddividono in vari ordini e gradi di competenze e capacità. In generale, ci sono solo due modi di percorrere il Sentiero della Grande Avventura; quello chiamato del Guerriero della Prima Attenzione e quello del Guerriero della Seconda Attenzione. In poche parole, la Prima Attenzione è il pieno potenziale di ciò che potremmo chiamare razionale o normale consapevolezza – il cui potenziale non è stato ancora esplorato pienamente dalla media degli uomini e donne. La Seconda Attenzione, d’altra parte, è un livello di consapevolezza completamente irrazionale e in generale solo vagamente compreso da uomini e donne lasciati da soli nell’esplorazione. Quest’ultima è una vastissima area della consapevolezza che trascende completamente i piccoli e limitati scopi della mente razionale ed è il punto di forza dei fratelli che percorrono il Sentiero della Grande Avventura. In questo sentiero si trovano tutti quegli aspetti affascinanti della tradizione Tolteca che non conducono alla libertà e che hanno pertinenza con fenomeni misteriosi e meravigliosi definiti comunemente stregoneria e magia. I Toltechi che hanno scelto questo sentiero hanno sviluppato le loro abilità solamente entro i confini della Prima e Seconda Attenzione, e nella competenza in quelle due aree di consapevolezza che sono chiamate rispettivamente il Primo Anello del Potere e il Secondo Anello del Potere. Comunque, veramente pochi sono interessati alle antiche pratiche della tradizione Tolteca e chi ha cercato in qualche modo di mettere in pratica questi insegnamenti si è fermato a considerare che una piccola conoscenza è invariabilmente una pericolosa conoscenza. Questo è specialmente vero per le pratiche connesse con la stregoneria, per quei pochi che si sentono attratti da questa particolare ricerca e che non mettono in discussione l’efficacia delle pratiche, che per loro natura, incoraggiano ad usare il potere per manipolare altre persone o esseri viventi. Come può una tale pratica condurre alla libertà? Eppure è sorprendente notare quante anime fuorviate persistono ancora nell’aderire a pratiche obsolete, come per esempio quelle di cercare l’aiuto di esseri inorganici, di evocare le energie attraverso l’uso di rituali e l’uso di droghe allucinogene. Nel credere che tali pratiche accrescono il loro potere o, più precisamente, accrescono il loro potere sugli altri uomini, questi praticanti sono del tutto inconsapevoli che sia il Primo che il Secondo Anello del Potere non sono degli obiettivi in sé. Esse sono solo tappe che conducono l’uomo al dispiegamento del suo pieno potenziale, chiamato Terza Attenzione, una forma di 4


consapevolezza che trascende la Seconda Attenzione e che è accessibile solo a coloro che sono addestrati sulla Via della Libertà. Cercare di spiegare la Terza Attenzione in poche parole è pressoché impossibile, ma per ora è sufficiente dire che la Terza Attenzione è quel punto nell’universo manifesto, quel livello di consapevolezza, in cui la consapevolezza del non manifesto e del manifesto sono assemblati in un mutuo atto di cooperazione. Possiamo anche considerarlo l’ultimo paradosso, ma un paradosso che garantisce l’accesso alla matrice dell’universo e che è chiamato il Terzo Anello del Potere - un tipo di potere totalmente sconosciuto a coloro che sono addestrati solo nelle arti della stregoneria. Chi ha accesso al Terzo Anello del Potere non deve ricorrere alle piccole pratiche di stregoneria e neanche agli affascinanti poteri offerti dal Sentiero della Grande Avventura, perché tale persona detiene le chiavi della creazione e della distruzione. Chiaramente, non c’è nulla di più magico di questo. Pertanto un guerriero della Terza Attenzione non ha bisogno di lanciare fulmini al suo nemico, non ha nemmeno la necessità di chiedere aiuto agli esseri inorganici, perché generalmente tutto ciò che gli necessita è solo un semplice pensiero focalizzato, diretto ai meandri nascosti della coscienza umana. E’ per questa ragione che questo tipo di potere non è disponibile a coloro che non hanno ancora acquisito la necessaria visione onnicomprensiva, la quale impedisce di usare il potere per guadagno egoistico. Il compito dei guerrieri della Terza Attenzione è quello di usare il potere per distruggere le modalità che imprigionano e riducono il potere, e di fornire all’umanità la necessaria conoscenza così che ogni individuo possa elevarsi e così facendo possa elevare anche le persone che lo circondano, perché tutte le forme viventi sono interconnesse e quindi interattive e interdipendenti. Pertanto, i guerrieri della Terza Attenzione sono capaci e vogliono sfidare chiunque e ogni cosa che ostacola l’individuo che è in grado di reclamare il proprio potere e di conseguenza la propria libertà. Relativamente a quanto finora esposto occorre che tu lettore, seriamente impegnato a percorrere la Via del Guerriero, discrimini fra la Via della Libertà e il Sentiero della Grande Avventura. La domanda che ci si pone spesso è, libertà da cosa? Per ora è sufficiente dire, libertà dalle grandi e molte illusioni nate dalla perdita della conoscenza dell’uomo, libertà dai suoi condizionamenti sociali e libertà dall’ignoranza della propria natura divina. A questo proposito, poche persone hanno realmente compreso che l’uomo non è una creatura confinata nel piano fisico, ma uno stupendo essere che ha sia magia che potere. Perciò i guerrieri della Terza Attenzione lavorano in stretta collaborazione col loro nagual nel condurre le persone alla realizzazione del loro vero potenziale, anzi, al loro patrimonio come esseri magici dell’universo. Io sono un Tolteco della Terza Attenzione, e il mio mandato ufficiale fra i Toltechi è un servizio che ho espletato periodicamente attraverso molte vite, un servizio detto del Drago Lupo. Brevemente, lo scopo del Drago Lupo è quello di portare nel mondo le forze della discriminazione, così che la luce della sobrietà possa illuminare la via verso l’evoluzione della consapevolezza. Quindi, il lavoro del Drago Lupo consiste nel separare la luce dall’oscurità, nel separare ciò che eleva da ciò che deprime, separare ciò che ha sostanza da ciò che non ha significato, separare ciò che nutre da ciò che distrugge, separare ciò che conduce alla libertà da ciò che conduce alla schiavitù e, in breve, separare ciò che supporta la vita da ciò che la distrugge. Tuttavia, il potere, la pace e la libertà non possono essere donati e nemmeno conferiti. Il potere, la pace e la libertà devono essere reclamati da e per se stessi. Ne risulta che il Drago Lupo è un essere che insegna alle persone: primo, in che modo tengono se stesse in schiavitù; secondo, che nessun uomo può essere intrappolato senza il suo consenso; e terzo, che uomini e donne possono reclamare il proprio potere lottando per la libertà. Conseguentemente, nel risveglio del Drago Lupo c’è sempre un largo sentiero di separazione e lotta, ma anche un ugualmente largo sentiero di speranza e rinnovato coraggio, che nasce dal rispetto per se stessi. La ragione per cui io, ancora una volta, mi dedico al servizio del Drago Lupo in questa vita è che sento la necessità di mettere in evidenza all’umanità le grandi opportunità di cambiamento e libertà insite nell’attuale situazione mondiale. A questo proposito è opportuno notare che dappertutto, uomini e donne, si disperano nel vedere il loro vecchio e confortevole mondo cadere in 5


pezzi. L’aumento della violenza, la situazione economica insicura, il deterioramento dei valori etici, il deterioramento delle relazioni e in particolare all’interno delle famiglie, la deformazione della verità per ottenere guadagno personale, la grande manipolazione della consapevolezza attraverso azioni senza scrupoli dei politici, dei media di notizie, dei guaritori, profeti e guru, stanno tutti assieme spingendo l’umanità in un angolo di disperazione in cui l’essere umano si trova con le spalle al muro. Finalmente, non sapendo più a chi credere e chi ascoltare, dappertutto si trovano uomini e donne così disperati da voler combattere per la propria libertà. Nel mondo c’è un gran numero di persone così in ansia che coltivano la forza muscolare e tendono a mettere il loro marchio sul mondo, ma ciò che li tiene indietro è la perdita di visione, la perdita della conoscenza sulla vera natura della vita e l’ignoranza del loro magico retaggio. Aggiungendo anche i vincoli debilitanti del condizionamento sociale, non sorprende vedere che nel mondo ci sono così tante persone frustrate– persone che vorrebbero portare un vero cambiamento nelle loro vite e nel mondo, se solo sapessero come, e se solo non si sentissero così impotenti. D’altra parte, per quanto concerne i Toltechi, questa è una situazione ottimale, perché solo quando l’uomo si trova con le spalle al muro comincia a considerare che potrebbe esserci un modo diverso di pensare, di sentire e di fare le cose. Solo allora l’uomo è sufficientemente carico di emozioni per cominciare a lottare per ciò in cui crede e ciò che brama. E’ principalmente per questa ragione che i Guerrieri della Libertà hanno scelto ancora una volta di prendere il loro posto di diritto come Toltechi. Inoltre, noi che ci dedichiamo alla Via della Libertà, siamo pienamente preparati e pronti ad approfittare del desiderio di cambiamento degli uomini, del loro profondo desiderio di pace, dell’intensa ricerca di prosperità e soprattutto del loro crescente desiderio di trovare quella conoscenza che gli consente di reclamare il loro potere, in quanto individui che hanno il diritto di pensare ed agire da se stessi e per se stessi. Ma per fare questo, l’uomo deve affrontare e smantellare il suo passato, e questo include la lotta per liberarsi dai depotenzianti vincoli del condizionamento sociale. Oggi c’è una gran quantità di speculazioni sulla fine del mondo e sull’avvento della nuova era. Da una prospettiva Tolteca la fine dell’attuale mondo conosciuto è una cosa inevitabile, semplicemente perché l’uomo ha raggiunto l’età adulta. Quindi invece di continuare a costruire castelli di sabbia per poi distruggerli con infantile abbandono, ora l’uomo deve prendersi la responsabilità da persona adulta e cominciare a svolgere un ruolo veramente significativo all'interno delle più ampie implicazioni insite nell’evoluzione della consapevolezza. A tale riguardo occorre anche prendersi la responsabilità di essere essenzialmente un essere magico che ha il potere di creare e di distruggere. Quando l’uomo si sarà preso la responsabilità del proprio retaggio, allora vedremo comparire nell’esistenza un’era totalmente nuova e un nuovo mondo – una nuova era e un nuovo mondo che non scende giù dal cielo, ma una nuova era basata sulla responsabile accettazione dell’uomo del proprio ruolo nell’universo. Rivolgendomi ai Guerrieri della Libertà, rendiamoci conto che, a differenza dei fratelli che percorrono il Sentiero della Grande Avventura e di coloro che dedicano il loro tempo alle pratiche della stregoneria, noi siamo pienamente impegnati nella libertà e intenti ad usare questo tempo e la situazione attuale a pieno vantaggio degli esseri viventi. Quindi il nostro impegno è verso la libertà, verso l’auto potenziamento, verso l’auto rispetto e verso il benessere di ogni individuo. Anch’io sto facendo la mia parte verso questo fine, restituendo all’umanità la sua eredità Tolteca.

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INTRODUZIONE Il Grande Capo a Washington ci manda a dire che desidererebbe acquistare la nostra terra. Il Grande Capo bianco ci manda anche parole di amicizia e buona volontà. Questo è gentile da parte sua, perché sappiamo per certo che ha poco bisogno della nostra amicizia in cambio. Ma noi prenderemo in considerazione la sua offerta. Perché sappiamo che se non vendiamo, l’uomo bianco potrebbe arrivare qui con le pistole e prendersi la nostra terra. Come si può compare o vendere il cielo o il calore della terra? L’idea è veramente strana per noi. Se non facciamo nostra la freschezza dell’aria e lo scintillio dell’acqua, come potremo mai comprarle? Ogni parte di questa terra è sacra per il mio popolo. Ogni brillante ago di pino, ogni spiaggia, ogni nebbia nel bosco, ogni radura e ronzio d’insetti è sacro nella memoria e nell’esperienza del mio popolo. La linfa che scorre negli alberi porta in sé la memoria dell’uomo rosso. La morte dell’uomo bianco dimentica i luoghi della nascita quando va a camminare fra le stelle. La nostra morte non dimentica mai questa bellissima terra, perché è la madre dell’uomo rosso. Noi siamo parte della terra ed essa è parte di noi. I fiori profumati sono le nostre sorelle; i cervi, i cavalli, la grande aquila, sono tutti nostri fratelli. Le creste rocciose, le pozze d’acqua, il corpo bollente del pony, e l’uomo – tutto appartiene alla stessa famiglia. Così, quando il Grande Capo a Washington ci fa sapere che vuole comprare la nostra terra, ci chiede molto. Il Grande Capo ci manda parole che vuole riservarci un posto per vivere confortevolmente fra di noi. Egli vorrebbe essere il nostro padre e noi i suoi figli. Così prenderemo in considerazione la sua offerta di comprare la nostra terra. Ma non sarà facile. Perché questa terra è sacra per noi. Quest’acqua brillante che scorre nei ruscelli e nei fiumi non è solo acqua, ma il sangue dei nostri antenati. Se ti venderemo la nostra terra, devi ricordare che essa è sacra, e devi insegnare ai tuoi figli che è sacra e che ogni riflesso nell’acqua limpida dei laghi ci racconta eventi e memorie della vita del mio popolo. Il mormorio dell’acqua è la voce di mio nonno. I fiumi sono nostri fratelli, essi placano la nostra sete. I fiumi portano le nostre canoe e sfamano i nostri bambini. Se ti vendiamo la nostra terra, devi ricordare ed insegnare ai tuoi figli che i fiumi sono nostri fratelli e anche tuoi, e quindi devi trattare i fiumi con la stessa gentilezza con cui tratti ogni fratello. L’uomo rosso si è già ritirato prima dell’avanzata dell’uomo bianco, come le nebbie della montagna prima del sole nascente. Ma le ceneri dei nostri padri sono sacre. Le loro tombe sono luoghi sacri e allo stesso modo le colline, gli alberi, questa porzione di terra è consacrata a noi. Sappiamo che l’uomo bianco non capisce i nostri modi. Per lui una porzione di terra è pressoché uguale a quella vicina, perché lui è un estraneo che arriva nella notte e prende dalla terra ciò che gli serve. La terra non è suo fratello, ma il suo 7


nemico, e quando l’ha conquistata prosegue oltre. Egli lascia alle spalle la tomba di suo padre e non se ne cura più. Egli rapina la terra dai suoi figli e non se ne cura. Dimentica le tombe dei suoi padri e i diritti di nascita dei suoi figli. Egli tratta sua madre, la terra, e suo padre, il cielo, come cose da comprare, saccheggiare, vendere come pecore o luminose perle. Il suo appetito divorerà la terra e lascerà alle spalle solo deserto. Io non so. I nostri modi sono diversi dai vostri. La vista delle vostre città procura dolore agli occhi del popolo rosso. Ma forse è perché l’uomo rosso è un selvaggio e non capisce. Non c’è alcun luogo di quiete nelle città dell’uomo bianco. Nessun luogo in cui sentire il frusciare delle foglie in primavera o il ronzio delle ali degli insetti. Ma forse è perché sono un selvaggio e non capisco. Il rumore insulta le orecchie. E cosa c’è di vivo se un uomo non può sentire il grido solitario dell’upupa o le argomentazioni delle rane attorno allo stagno di notte? Io sono un uomo rosso e non capisco. L’Indiano preferisce il tenue suono del vento che soffia sulla superficie dello stagno e l’odore del vento pulito dalla pioggia di mezzogiorno o profumato dai pini. L’aria è preziosa per l’uomo rosso, perché tutte le cose condividono il medesimo respiro – la bestia, l’albero, l’uomo, tutti condividono lo stesso respiro. L’uomo bianco non sembra notare l’aria che respira. Come un uomo morto da giorni egli è insensibile alla puzza. Ma se noi ti venderemo la nostra terra, devi ricordare che l’aria è preziosa per noi, che l’aria condivide il suo spirito con tutte le forme viventi. Il vento che diede a nostro nonno il suo primo respiro ricevette anche la sua ultima visione. E il vento deve anche dare ai nostri bambini lo spirito della vita. E se noi ti vendiamo la nostra terra, tu devi tenerla separata e sacra, come un posto in cui anche l’uomo bianco può assaggiare il vento addolcito dai fiori dei prati. Così prenderemo in considerazione la tua offerta di comprare la nostra terra. Se decideremo di accettare, porrò una condizione: L’uomo bianco deve trattare le bestie della sua terra come suoi fratelli. Io sono un selvaggio e non capisco nessun altro modo di trattare la terra. Ho visto migliaia di bisonti putrefatti nella prateria, lasciati dall’uomo bianco che ha sparato loro da un treno in corsa. Io sono un selvaggio e non capisco come il cavallo fumante di ferro possa essere più importante del bisonte che noi uccidiamo solo per rimanere vivi. Cos’è l’uomo senza le bestie? Se tutte le bestie non esistessero più l’uomo morirebbe in grande solitudine di spirito. Perché qualsiasi cosa accade alle bestie, presto accadrà anche all’uomo. Tutte le cose sono connesse. Tu devi insegnare ai tuoi bambini che la terra sotto i piedi è la cenere dei nostri nonni. Devi dire ai tuoi bambini che la terra è ricca delle vite dei nostri parenti, così che rispettino la terra. Insegna ai tuoi bambini ciò che noi abbiamo insegnato ai nostri bambini, che la terra è nostra madre. Qualunque cosa accada alla terra, accade ai figli della terra. Se gli uomini sputano sulla terra, essi sputano su se stessi. Questo sappiamo. La terra non appartiene all’uomo; l’uomo appartiene alla terra. Questo sappiamo. Tutte le cose sono connesse come il sangue che unisce una famiglia. Tutte le cose sono connesse. Qualunque cosa 8


accade alla terra, accade anche ai figli della terra. L’uomo non tesse la rete della vita; egli è solo un filo della rete. Qualunque cosa faccia alla rete, la fa a se stesso. Ma noi prenderemo in considerazione la vostra offerta di andare alla riserva che hai preparato per il mio popolo. Vivremo separati e in pace. Poco importa dove passeremo il resto dei nostri giorni. I nostri bambini hanno visto i loro padri umiliati nella sconfitta. I nostri guerrieri hanno provato vergogna, e dopo la sconfitta essi passano le giornate oziando e contaminando i loro corpi con alimenti dolci e bevande alcoliche. Poco importa dove passeremo il resto dei nostri giorni. Non sono molti. Poche ore, pochi inverni, e nessuno dei bambini delle grandi tribù che una volta amavano questa terra o che gironzolano ora in piccole bande nei boschi, potrà piangere sulle tombe di un popolo che una volta era potente e pieno di speranza come lo è ora il vostro. Ma perché dovrei piangere il trapasso del mio popolo? Le tribù sono fatte da uomini, niente di più. Gli uomini vanno e vengono, come le onde del mare. Anche l’uomo bianco, il cui Dio cammina e parla con lui da amico ad amico, non può essere esente dal comune destino. Dopotutto potremo essere fratelli; vedremo. Una cosa sappiamo, e l’uomo bianco un giorno la scoprirà – il nostro Dio è lo stesso Dio. Ora potresti pensare di poterlo possedere come desideri possedere la nostra terra; ma non puoi. Egli è il Dio dell’uomo, e la sua compassione è uguale per l’uomo rosso come per l’uomo bianco. Questa terra gli è preziosa e ferire la terra è ferire il suo Creatore. I bianchi passeranno; forse più presto di altre tribù. Continua a contaminare il tuo letto e una notte soffocherai nei tuoi rifiuti. Ma nel tuo perire risplenderai, bruciato dalla forza del Dio che ti ha portato in questa terra e per qualche scopo speciale ti ha dato il dominio su questa terra e sul popolo rosso. Questo destino è un mistero per noi, perché non comprendiamo quando vediamo i bisonti tutti macellati, i cavalli selvaggi domati, la preoccupazione segreta della foresta alla presenza di così tanti uomini e la vista delle colline spazzata via dai fili parlanti. Prenderemo in considerazione la vostra offerta di comprare la nostra terra. Se accetteremo dovrà essere assicurata la riserva promessa. Lì, forse, potremo vivere la nostra breve esistenza come desideriamo. Quando l’ultimo uomo rosso sarà svanito da questa terra e la sua memoria sarà solo un’ombra di nuvola sulla prateria, queste rive e queste foreste conserveranno lo spirito della mia gente. Perché essi amano questa terra come un neonato ama il battito del cuore di sua madre. Così se vi venderemo la nostra terra, amatela come l’abbiamo amata noi. Prendetevi cura di essa come noi abbiamo fatto con lei. Quando la prenderete, conservate la memoria della terra così com’è adesso. E con tutta la forza, con tutta la mente, con tutto il cuore, preservatela per i vostri figli, ed amatela….. come Dio ama tutti noi. Una cosa sappiamo. Il nostro Dio è lo stesso Dio. Questa terra è preziosa per Lui. Anche l’uomo bianco non può essere esente dal comune destino. Forse saremo fratelli. Vedremo.

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Questo comunicato fu rilasciato nel 1854 dal capo indiano Seattle. Non fu un tentativo di cambiare l’irrevocabile, perché Seattle comprendeva pienamente che era troppo tardi. Invece Seattle offrì la sua lettera come un intenso avviso di attenzione contro i pericoli dell’ignoranza umana e la sua totale mancanza di rispetto per ogni altra cosa che non fosse la propria avidità. Comunque, il motivo che ha portato ad inserire questo scritto non è solo quello di portare l’attenzione sull’insaziabile avidità dell’uomo, ma mostrare che dove c’è una vera comprensione dell’interrelazione nella vita, là non c’è colpa, per il semplice motivo che non ci sono vere vittime o veri vittoriosi in questo mondo. Seattle mostra chiaramente nel suo scritto di comprendere la interrelazione all’interno della vita. Pertanto, mentre egli non condona né capisce le azioni dei suoi conquistatori, non si rifugia nel suo sentirsi nel giusto a lanciare giudizi sugli americani bianchi. Invece, ripetutamente ribadisce che c’è solo una vita e una verità e che l’unica causa delle separazioni e divisioni è il comportamento. Così Seattle non condanna gli americani bianchi, ma descrive loro che cosa lui e il suo popolo rappresentano, e facendo ciò rende chiaro ai bianchi che il loro comportamento è sbagliato, perché non tiene conto del fatto che tutta la vita è interrelata. Seattle sa che lui e il suo popolo non sono vittime, anche se il destino ha decretato una sorte diversa da quella che avrebbero preferito. Attraverso quest’approccio egli dimostra che, anche se sarebbe stato facile per lui cadere nella trappola di pensare che l’uomo rosso è stato reso vittima, lo spirito del guerriero impeccabile sceglie di riconoscere che il suo popolo ha perso la battaglia e sa che, proprio come nelle regole della caccia, il vincitore prende tutto. Inoltre Seattle accetta le sfide che gli pone il destino con grande impeccabilità e con tutta la dignità e grazia del vero guerriero, che crede nell’invincibilità del suo spirito. L’unico rammarico di Seattle è che qualche suo guerriero sembra che non abbia la stessa misura di onore e permette loro di indulgere in un senso di vergogna e autocommiserazione. Dal discorso di Seattle si vede chiaramente che lui non vede gli americani bianchi come vincitori, perché sa che le loro azioni sbagliate hanno già cominciato a minare il loro temporaneo trionfo. Seattle sottolinea l’importanza del comportamento, perché se non siamo totalmente bigotti, nessuno di noi può negare che noi e il mondo in cui viviamo è il prodotto delle nostre azioni. Se siamo vittime, allora è perché siamo diventati vittime delle nostre azioni, fisiche, emotive e mentali. A questo riguardo notate che Seattle e il suo popolo hanno semplicemente perso una battaglia, ma in questa lotta gli americani bianchi sono diventati vittime del loro senso di superiorità, avidità e disprezzo per la vita. Infatti, se è vero che Seattle e il suo popolo hanno dovuto abbandonare tutto ciò che gli era caro, è anche vero che i bianchi non hanno mai smesso di pagare il prezzo per essere stati i cosiddetti vincitori. Quindi la vera vittima di quei giorni non era l’uomo rosso, ma l’uomo bianco. NULLA E’ PER NULLA IN QUESTO UNIVERSO; OGNI COSA HA IL SUO PREZZO. Perdere una battaglia ha un prezzo. Vincere una battaglia ha un prezzo. E’ quindi ridicolo credere di essere vittime quando siamo chiamati a pagare il prezzo per aver perso una battaglia. Com’è già stato detto, per il vero guerriero che riconosce e pratica l’interrelazione della vita, il concetto di vincitore contro vittima ha poco senso. L’unica cosa che ha senso per il guerriero è il fatto che possiamo agire impeccabilmente o non-impeccabilmente. Questa è l’unica preoccupazione del guerriero e quindi anche la sua sola battaglia. Il guerriero tratta ogni battaglia come una battaglia per essere impeccabile, e a condizione che rimanga impeccabile, egli non può mai essere sconfitto, anche se perde qualcuna delle sue battaglie. Il guerriero non può vedere se stesso come vittimizzato dagli oppressori, perché capisce monto bene che può essere reso vittima solo se sceglie di credere e comportarsi come se le azioni dei suoi compagni uomini abbiano il potere di renderlo vittima. Ma insistere in tale credenza e indulgere in tale comportamento è totalmente inaccettabile per il guerriero. Invece il guerriero sceglie di guardare alle azioni dei suoi compagni uomini come fossero tante opportunità per praticare la sua impeccabilità. 10


Se il lettore sta cercando di trarre beneficio da ciò che segue in questo libro, questo è un importantissimo punto che deve essere ben compreso. E’ vero che un gran numero di individui, di tutte le razze e di tutte le età, hanno dovuto soffrire tutti i tipi di atrocità, inflitte loro da altri. Eppure, come abbiamo visto dall’esempio di Seattle e del suo popolo, noi abbiamo sempre la scelta su dove posare la focalizzazione, abbiamo la scelta del modo in cui guardare gli eventi. Possiamo guardare le cose per sentirci vittime, oppure guardare le cose per l’impeccabilità dello spirito del guerriero. In ogni caso, non possiamo imparare la modalità del guerriero se insistiamo a vederci come vittime o se continuiamo a credere di essere impotenti di fronte alle avversità. Le sfide che la vita ci propone sono lì perché noi possiamo imparare il vero valore dell’inestimabile regalo della vita e, così facendo, imparare anche che cosa comporta farsi carico dell’enorme responsabilità insita nella conoscenza. Questo vale sempre, sia che siamo chiamati vincitori e sia che siamo chiamati vittime. Quindi, se desideriamo acquisire l’impeccabilità dello spirito guerriero, non possiamo permetterci di prendere le circostanze della vita per il loro valore apparente, ma dobbiamo lottare per trovare i doni di potere che esse ci portano. Oggi, centoquarant’anni dopo che Seattle rilasciò quel discorso, sembra che non sia cambiato molto o almeno non al valore apparente. L’uomo è ancora totalmente autocentrato e la sua avidità è insaziabile come mai prima. Guidato dalla sua avidità, l’uomo continua a saccheggiare le risorse naturali del pianeta e continua a sfruttare i suoi simili ed altre creature, incurante delle conseguenze. Eppure le conseguenze ci sono, e non solo stanno aumentando rapidamente, ma sono anche terribili e vicine al punto di diventare critiche. Quando si raggiungerà un punto critico, queste conseguenze si ripercuoteranno sull’uomo senza mezzi termini, come avvertì Seattle “continua a contaminare il tuo letto e una notte soffocherai nei tuoi rifiuti”. Non è possibile mantenere sconvolto il delicato equilibrio della vita senza doverne sopportare le conseguenze. Ogni Tolteco lo ricorda fin troppo bene dai tempi di Atlantide. In quell’era dimenticata, gli Atlantidi sbilanciarono le forze della natura così tanto che un cataclisma naturale distrusse Atlantide. Oggi, l’uomo moderno sta sbilanciando le forze della vita ad un livello tale da rendere imminenti grandi cataclismi nell’interrelazione della vita. L’uomo ha completato un ciclo e quindi ciò che iniziò ai tempi di Atlantide deve essere portato a conclusione. Comunque, nonostante il valore apparente della situazione illustrata sopra, io non sono un profeta del destino. Al contrario, vedo questo tempo come portatore della più eccitante sfida che l’umanità abbia dovuto mai affrontare. Se l’umanità non avesse percorso questa triste strada di autodistruzione e se non avesse costretto se stessa all’angolo, le meravigliose opportunità che ci si presentano non sarebbero emerse. La natura dell’uomo è tale che evita costantemente di cambiare la sua mentalità, a meno che non sia minacciata la sua sopravvivenza. Questo tratto umano è il risultato del necessario sviluppo della mente razionale, uno sviluppo che ha anche condotto l’uomo nel graduale riconoscimento del suo divino potenziale, sia per creare che per distruggere, e la conseguente tentazione di provarle con le proprie mani entrambe. Ed è da tener presente che non si può fare granchè, perché siamo come un bambino che cade e si ferisce molte volte mentre impara a camminare, così per l’umanità era necessario realizzare i tristi eventi che culminano nell’attuale situazione mondiale. E’ il prezzo che ha dovuto pagare perché l’uomo imparasse a pensare da sé e comprendere il suo potenziale. Quindi, la paralisi del pianeta, la terribile devastazione delle risorse naturali, il crudele sfruttamento degli animali e la disumanità dell’uomo, sono tutte risultato del progresso dell’uomo nel percorso evolutivo, così come la distruzione operata nelle due guerre mondiali. Sebbene i Guardiani della Razza umana abbiano sempre avuto il potere di prevenire queste atrocità, essi hanno scelto di non interferire, ma stare dietro le quinte e permettere all’infante umanità di crescere. A questo proposito, nonostante i Toltechi non possano giustificare queste azioni, scelgono ugualmente di restare sereni, sapendo che questa era l’unica strada percorribile. Sebbene ogni Tolteco sapesse bene che la decisione dei Guardiani fosse orrenda, sapeva anche che le conseguenze alternative sarebbero forse state peggiori.

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L’evoluzione della consapevolezza ha raggiunto un punto in cui l’uomo ha imparato a pensare da sé e quindi ha iniziato a scoprire il proprio potenziale. Da qui in poi, l’evoluzione della consapevolezza è accelerata oltre le aspettative, e improvvisamente i Guardiani e i Toltechi si son trovati ad affrontare le sfide insite nel raggiungimento dell’uomo dell’età adulta. La più grande sfida è stata la questione su come preparare al meglio l’umanità nel farsi carico del suo meraviglioso retaggio, una volta che fosse giunto il momento di farlo. Ovviamente in questo farsi carico del retaggio, l’uomo avrebbe dovuto farsi carico anche della completa responsabilità delle sue innate capacità, sia di creare che di distruggere. Proprio perché conoscevano queste implicazioni, i Guardiani sapevano di non avere altra valida alternativa a quella che scelsero. La conseguenza terribile di questa decisione è stata che i Guardiani della Razza non avevano neanche la capacità di cambiare la natura istintiva dell’uomo. E anche se avessero avuto questo potere, i Guardiani non avrebbero preso in considerazione la possibilità di questa arrogante interferenza o grave violazione dei diritti umani, perché ognuno di essi era sulla Via della Libertà. Tutto ciò che i Guardiani hanno potuto fare nell’affrontare questo esito inevitabile dell’evoluzione umana è stato di fare un passo indietro e permettere all’evoluzione di fare il suo corso naturale. La saggezza della decisione dei Guardiani è chiara nel vedere l’effetto che ha avuto sull’evoluzione della consapevolezza in generale. Oggi, per com’è la situazione mondiale, gli uomini e le donne stanno iniziando a mettere in discussione ogni cosa che prima prendevano per il valore apparente o che avevano accettato senza domande. Lentamente ma sicuramente, le persone comuni stanno iniziando a svegliarsi al fatto che l’essere umano ha evitato per lungo tempo di prendersi la responsabilità della propria vita. A causa di questo l’uomo è stato felicissimo di consegnare il suo potere al Grande Fratello, che chiaramente non ha interesse per le persone. In ogni settore dell’attività umana, la corruzione è diventata così comune che le persone hanno cominciato a considerarla normale. I sistemi politici sono tristemente famosi per il grande abuso del potere e delle finanze che non gli appartengono. I sistemi giudiziari hanno da tempo abbandonato ogni senso di vera giustizia nella loro super inflazionata importanza personale e potere supremo. Le autorità del sistema dell’istruzione sono più interessate alla reputazione delle loro scuole e insegnanti che alla vera educazione e benessere degli studenti. Anche i leader religiosi hanno molto da rispondere per le loro interpretazioni forzate e le loro filosofie che sembrano dedurre che tutti gli uomini nascono idioti. Anche nei settori della scienza e medicina ci sono troppi praticanti che hanno permesso alla loro ambizione di pilotare le loro attività. In tutto questo, l’uomo comune sta cominciando a capire che il Grande Fratello è più oppressore che guardiano. Ma cosa si può fare? La risposta a questa domanda è veramente semplice e lineare. Noi esseri umani, così come il mondo in cui viviamo, siamo il prodotto delle nostre azioni, e se ci consideriamo vittime, allora è solo perché siamo diventati vittime delle nostre azioni. Quindi, se non ci piace ciò che ci accade, allora dobbiamo cambiare le nostre azioni – qualcosa che ogni uomo e donna può fare facilmente. Sebbene sembri che il singolo individuo non abbia il potere di cambiare il governo o il sistema giudiziario di un paese, anche il singolo individuo è potente oltre ogni immaginazione. L’unica cosa che rende un individuo impotente è il suo credere di essere impotente. Ciò che depotenzia le persone è l’insistere a credere di non avere il potere di combattere un sistema che è semplicemente una manifestazione delle proprie azioni. Di conseguenza, gli uomini e donne comuni sono troppo inclini ad indulgere in un senso di apatia, e così facendo, continuano a potenziare i loro oppressori. Se l’individuo smettesse di credere di essere impotente e cominciasse a farsi carico della propria vita, la situazione mondiale odierna potrebbe cambiare anche solo nel giro di una notte. Consentitemi di usare un’analogia per chiarire questo punto. Pensa al potere di un individuo come alla fiamma di una candela. E’ ovvio che la piccola fiamma di una candela è pateticamente piccola se confrontata per esempio col potere del potere giudiziario. D’altronde, se tutti gli individui del mondo, che sentono che il sistema giudiziario è ingiusto, stessero assieme, ci sarebbero milioni di milioni di candele e la somma totale di questo potere combinato sarebbe astronomica. Ma, come 12


ben sappiamo, le persone non stanno mai assieme e quindi indirettamente continuano a favorire la cosa che li affligge di più. Perché è così? Semplicemente perché l’uomo pensa, sente e agisce in termini di separazione e dove c’è separazione non ci può essere unione, non si può essere veramente insieme. Così vediamo ancora una volta che sono le azioni individuali a rendere l’individuo impotente e suscettibile di essere vittimizzato. Questo è un punto dalle enormi implicazioni, specialmente in questo momento in cui l’umanità intera ha raggiunto l’età adulta, a causa dell’abilità dell’individuo di pensare con la propria testa. Se non fosse stato per lo sviluppo della mente razionale, gli individui non sarebbero stati capaci di pensare da se stessi e per se stessi. Ora che l’individuo ha questa abilità, la qualità di separazione della mente deve essere trasformata in discriminazione. La vera discriminazione però, non ha nulla a che fare col significato usato comunemente, e cioè con pratiche ingiuste basate sul pregiudizio; ha a che fare invece con l’abilità dell’uomo di distinguere chiaramente tra valori diversi. Ciò che l’uomo ha chiamato finora discriminazione, non è per niente discriminazione, ma piuttosto separazione o separatezza. Se l’umanità vuole affrontare le sfide che gli propone il suo retaggio è vitale che avvii la trasformazione dalla separatezza alla discriminazione. Se l’uomo non comincia a discriminare saggiamente, in modo da distinguere il reale dall’irreale, la verità dalla falsità e ciò che potenzia da ciò che opprime, il retaggio umano cadrà senza dubbio nelle mani del Grande Fratello. Se accade questo, il mondo vedrà emergere un abuso di potere e un’oppressione come mai prima, e gli insegnamenti toltechi, come ogni altro sistema, potranno essere orrendamente distorti per rispondere alle esigenze del male. Se ora che sono stati rivelati gli insegnamenti, l’uomo continua ad indulgere nel suo senso di apatia e impotenza, il suo retaggio sarà usato come un’arma contro di lui dalle stesse istituzioni che dovrebbero proteggerlo. Il lettore si renderà conto che le istituzioni sono composte da individui – individui che non solo hanno i loro personali sistemi di credenze, ma anche le proprie ambizioni e agende nascoste, per cui la loro particolare istituzione è per loro un mezzo per raggiungere i loro scopi. Non bisogna dimenticare che molte istituzioni ortodosse in passato sono state colpevoli di negare apertamente di avere degli interessi in qualche particolare area, per poi dover ammettere in seguito che la negazione era un tentativo di coprire missioni segrete ed esperimenti in quell’area. In tutto questo, i Toltechi fanno quanto è in loro potere per cercare di garantire che il retaggio dell’uomo non cada in mani sbagliate e che questo rimanga il divino diritto di ogni persona. Ciò che possiamo fare come Toltechi riguarda il modo in cui impartire gli insegnamenti, ma c’è un limite in questo. I Toltechi non possono essere considerati responsabili per il senso di apatia degli uomini. A meno che l’individuo cominci a credere in se stesso e sia disposto ad elevarsi, non c’è nulla che possiamo fare per forzarlo a reclamare il suo potere. A questo proposito, molto di ciò che si poteva fare si è già realizzato nel momento in cui i Guardiani della Razza presero la decisione di fare un passo indietro, per permettere all’uomo di crescere, e in questo processo, consentire il precipitare della situazione mondiale che ora costituisce la cosiddetta spada sulla testa. Il terreno è pronto e ciò che manca ora è che le persone diventino così disperate da cominciare a credere di poter reclamare il proprio potere e farlo. Se l’individuo raccoglierà questa sfida, i politici, i religiosi e i razzisti crolleranno in breve tempo. Perché quando uomini e donne cominciano a stare insieme nel vero spirito di democrazia e dicono “Basta! Noi ci riprendiamo il nostro potere e determineremo noi il corso degli eventi per preparare un nuovo mondo e una nuova era.” Questo è il bivio citato nel libro Il Ritorno dei Guerrieri – un’occasione davvero mozzafiato perché uomini e donne reclamino il loro potere, la loro libertà e il loro diritto naturale. Sia i Guardiani che noi Toltechi crediamo che l’uomo comune sia pronto a ricevere la propria eredità spirituale e a reclamare il proprio potere. Questo è il momento per il quale i Guerrieri della Libertà hanno sperato, pregato e lavorato da tempo immemore. Questa è l’ora del potere dell’umanità, è il Grido dell’Aquila – una chance che dura un fuggevole momento e che l’uomo non può mancare. 13


I Toltechi sono pronti a fare la loro parte nel dare ogni assistenza possibile, ma la sfida che lancio a te che leggi è: Sei pronto a prendere ciò che ti offriamo e ad usarlo? Sei pronto a rinunciare ad una vita di schiavitù e reclamare la tua libertà? Vuoi cambiare la tua impotenza e renderla potere? Vuoi essere vincitore invece che vittima? Vuoi cambiare una vita di routine in una avventura luminosa? Sei disposto a vivere anziché limitarti ad esistere? Sei disposto a farti carico della tua vita o preferisci continuare a delegare il tuo potere a qualcun altro? Sei disposto a credere in te stesso? Sei disposto a credere che come individuo hai il potere come diritto naturale? E soprattutto, sei disposto a cambiare le tue azioni, a smettere di sentirti separato e unire le mani con coloro che lottano per la libertà? Se senti di avere ciò che serve, allora fatti sentire. Smetti di indulgere in sentimenti di debolezza e apatia. Ogni persona ha qualcosa da offrire, non importa quanto sia piccola, e in questo momento di estremo bisogno posso assicurare che ogni bit conta ed è di enorme valore. Nella sfida che l’umanità sta affrontando, c’è bisogno di ogni uomo e donna, senza riguardo a talenti e abilità, e quindi per ognuno è un’opportunità senza precedenti. Il limite non è il cielo, ma il credere in te stesso. Non ti stiamo invitando a diventare anti-sistema o a prendere le armi, ma ti stiamo invitando a diventare anti-condizionamento-sociale e ad armare te stesso della sobrietà, del coraggio e dello spirito del guerriero. Non serve un altro mondo, serve una rivoluzione mondiale in termini di modi di pensare e nel proprio sistema di credenze. Non è che occorra rovesciare i governi, piuttosto occorre che le persone reclamino il proprio potere e smettano di delegarlo a persone senza scrupoli che sono interessate alle proprie ambizioni e a farlo in nome della democrazia. Non è che il sistema giudiziario debba essere paralizzato, perché allora sorgerebbe l’anarchia, ma ciò che è necessario è che uomini e donne comincino a mettere in discussione i principi legali terribilmente obsoleti su cui si basa il condizionamento sociale. E’ necessario che riconosciamo e aderiamo alla legge universale e nessuna persona deve essere oggetto di grosse ingiustizie e umiliazioni a causa di leggi basate sull’ignoranza e sul pregiudizio, e in special modo non nei casi in cui delle cosiddette leggi comuni violano la costituzione di un paese e le leggi per i diritti umani. Dovrebbe essere applicato questo stesso metro di misura ad ogni altro settore delle attività umane; religioso, scientifico, educativo e medico, perché le pratiche politiche e giudiziarie sono un riflesso di esso. E’ ora di smetterla di lasciare le nostre vite e in nostro futuro nelle mani dei cosiddetti esperti e cominciare a usare la nostra abilità di pensare e discriminare per noi stessi. Tutto ciò è l’un per cento di responsabilità di ogni individuo, perché solo l’individuo può reclamare il proprio potere da sé e per sé. Nessuno può reclamare il nostro potere al posto nostro o a nome nostro. Se gli individui del mondo risponderanno all’opportunità offerta da questa situazione, allora vedremo sorgere ciò che i Toltechi chiamano la Tradizione del Drago. La Tradizione del Drago non è per niente facile da spiegare in termini razionali, ma per ora è sufficiente dire che essa è il prodotto di essere iniziati agli aspetti della consapevolezza chiamati discriminazione. La Tradizione del Drago comincia con la sobrietà ma finisce con la vera espressione del potenziale umano come magica creatura dell’universo. Le superstizioni e i vecchi racconti hanno lasciato credere all’uomo che la magia si acquisisce attraverso qualche processo sovrannaturale, ma non è vero. La magia dell’uomo si acquisisce attraverso un atto di sobrietà, che in seguito si trasformerà in un atto di intento. Quindi ciò che appare magico a un non iniziato è in realtà un puro atto d’intento, un potenziale che è comune ad ogni uomo, donna o bambino. La Tradizione del Drago è espressione della vera natura umana. Tuttavia, così come occorre tanto tempo dedicato alla formazione e all’allenamento per diventare un abile esperto in un qualsiasi campo, allo stesso modo occorrono molte vite di un uguale duro allenamento per cominciare a far emergere la vera natura dell’uomo. Inoltre possiamo cominciare solo dal punto in cui siamo e se mai cominciamo, mai arriveremo. Nonostante al momento la vera natura dell’uomo appaia come una vaga nebulosa, come “qualcosa la fuori”, è tuttavia l’inizio del vero uomo, così com’è la formazione di una nuova stella.

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Quelle grandi intelligenze che periodicamente si manifestano in corpi che noi chiamiamo stelle, cominciano la loro esistenza fisica usando l’intento per radunare attorno a sé fredde polveri e inconsistenti gas. Allora, con un atto del loro focalizzato intento, un aspetto che è conosciuto dalla scienza come gravità, questi esseri cominciano a materializzare dai gas il corpo di ciò che diventerà una stella. Il vero uomo, il microcosmo del macrocosmo, è in verità un essere solare e quando nella sua evoluzione raggiunge un punto in cui la sua vera natura può cominciare a manifestarsi come vita nel piano fisico, allora come il suo progenitore, il nucleo interno dell’essere umano comincia a focalizzare il suo intento e inizia a radunare attorno a sè quelle che vengono chiamate le Nebbie della Tradizione del Drago. Questo è l’inizio del vero uomo, quella magica creatura che ha il potenziale e il potere di una vera stella. Come ho già detto, tutto è pronto, e le persone sono pronte ad iniziare le loro carriere, non più come esseri umani, ma come veri uomini, come stelle dell’universo. Le nebbie hanno già cominciato ad aggregarsi e crescere insieme, in risposta all’intento dell’umanità, e la marea non può essere arginata. Proprio come la nascita di una stella è instabile e potenzialmente pericolosa, così l’attuale situazione nella storia dell’umanità segna un punto di crisi. E’ per questa ragione che ora è di vitale importanza la discriminazione, perché il successo di questa nascita dipende interamente dall’essere umano. Per comprenderlo pienamente non bisogna mai dimenticare che c’è solo una vita e una consapevolezza. Ogni individuo è un’unità dell’unica vita e unica consapevolezza. In altre parole, ogni individuo è come una particella di gas. E una particella di gas non può diventare una stella, per il motivo che la meccanica della formazione di una stella richiede un indicibile numero di particelle. Questo è vero anche per l’uomo ed è per questa ragione che i sognatori dell’umanità si radunano in gruppi di coscienza. Il gruppo di coscienza ha le sue basi nell’intelligente cooperazione, fondata sull’interdipendenza, l’interazione, e pertanto sull’interrelazione di tutta la vita. Questo non implica che l’individuo non possa mai diventare un vero uomo, com’è invece in suo diritto, ma implica che per diventare tale deve cessare di essere e di sentirsi separato e deve fare il salto verso la coscienza di gruppo. Quindi, in questo libro si porrà l’accento sui passi preliminari che conducono alla coscienza di gruppo, che è il prerequisito per diventare uomo e il prerequisito per tutte le forme di vera magia. Dopo aver spiegato questo, sono ora nella posizione per chiarire cosa intendo dire quando dichiaro che i Toltechi fanno ciò che è in loro potere affinchè gli insegnamenti non vengano usati come armi contro qualcuno o contro qualche gruppo, ma rimangano di proprietà di ogni uomo e donna. Ogni individuo ha la possibilità di scatenare il proprio vero potenziale, ma quando è realizzato singolarmente come capacità individuale, c’è sempre la tentazione di abusare del potere acquisito. Anche se è vero che per realizzare il proprio potenziale occorre anche acquisire una coscienza di gruppo, occorre tener presente che possono esserci vari tipi di coscienze di gruppo, così come ci sono più motivi per desiderare di avere potere. In altre parole, la coscienza di gruppo in sé non garantisce l’altruismo e nemmeno conferisce l’innocuità. L’unica forma di coscienza di gruppo che garantisce queste cose è quella che proviene dall’unificazione col proprio essere interiore. I sognatori dell’umanità sono consapevoli dei pericoli insiti nell’egoismo ed è nel riconoscere questo che i Guerrieri della Libertà oggi rifiutano ogni aspetto della vasta eredità di pratiche che sostengono il senso di separazione. Per cui il modo in cui impartisco gli insegnamenti è finalizzato a dare i maggiori benefici al lettore e contemporaneamente forzarlo a lottare per acquisire la coscienza di gruppo dei sognatori dell’umanità. Farlo in qualsiasi altro modo potrebbe rivelarsi stupido come dare ad un gruppo di bambini una bomba atomica per giocare ai fuochi d’artificio. Il Grido dell’Aquila è già stato inviato, e quindi ora per ogni individuo ci sono opportunità illimitate. Le Nebbie della Tradizione del Drago hanno cominciato a coagularsi, e in questo libro mostrerò i passi preliminari per cominciare a sbloccare il vero potenziale. Per rendere utili questi insegnamenti, devi essere disposto almeno a provare a realizzare tre requisiti. 15


Il primo è che devi cominciare a credere in te stesso; il secondo è che devi provare a lasciar andare il tuo senso di separazione; e il terzo è devi essere disposto a cimentarti, con coraggio, nel salto di coscienza, da quella individuale separata alla coscienza di gruppo, usando l’intelligente cooperazione che sta alla base dell’interrelazione della vita. Se sei capace di realizzare questi tre requisiti, anche solo parzialmente, ma con la ferma intenzione di padroneggiarli impeccabilmente, allora questi insegnamenti lavoreranno per te in modi che non hai mai osato sperare. La mia più sincero desiderio per te è che tu possa trovare il coraggio di osare e che tu possa trovare nel cuore il credere nel tuo divino potenziale.

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PARTE UNO

IL

SOGNO

I FIGLI DELL’UOMO ANDRANNO ALLA DERIVA IN UN PROFONDO SONNO, TALVOLTA TOCCANDO BREVEMENTE L’UNICO POTERE, TALVOLTA SFIORANDO LA LANCIA, MA LA MAGGIORANZA SENZA SAPERE COS’E’ CHE BRILLA PER BREVI ISTANTI NEL LORO NUCLEO PIU’ PROFONDO. SENZA MEMORIA DI COSA SIA ESSERE UOMO, QUESTI FIGLI FIGLI DELL’UOMO DEVONO COSTRUIRE NUOVAMENTE L’ABILITA’ DI FARE INCANTESIMI. PER EONI I CIELI SUI FIGLI DELL’UOMO RIMANGONO SERENI E FREDDI, LA FORMA DEL SOGNO NOIOSAMENTE GRIGIO OPACO, MOSTRANDO SOLO QUI E LA’ UNA TENUE SCINDILLA DI LUCE OGNI VOLTA CHE UN SINGOLO INDIVIDUO SI SVEGLIA SUFFICIENTEMENTE PER RICHIAMARE LA FOLLIA DEL SOGNO. MA… NEL RICHIAMARE LA FOLLIA, LA PICCOLA LUCE CRESCE FORTE… IMPROVVISAMENTE AVVAMPA FIERAMENTE… UNA PICCOLA FIAMMA… SI… PICCOLA… MINUTA… MA PUR SEMPRE FIAMMA…UNA PICCOLA SPERANZA CHE IL SOGNO NON ASSORBA TUTTO PER SEMPRE. PIANO… PIANO… CON OGNI SCINTILLA CHE BRILLA, PICCOLE CHIAZZE DI NEBBIA COMINCIANO A FORMARSI… E VEDIAMO!… I SOGNATORI DIVENTANO IRREQUIETI ALLA VISTA DI QUELLE PICCOLE CHIAZZE DI NEBBIA! Dalle profezie dell’Uno Senza Nome

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CAPITOLO UNO

I QUATTRO POSTULATI DELL’AGGUATO LA MENTE LIMITATA DELL’UOMO LO FORZA A CONSIDERARE IL MISTERO DELL’ESSERE, COME UN NOIOSO EVENTO BANALE, SENZA PARTICOLARE SIGNIFICATO.

Il fatto che le Nebbie della Tradizione del Drago abbiano iniziato a coagularsi è la prova che l’uomo comincia ad essere consapevole del suo vero potenziale, anche se ancora a livello inconscio. Comunque, se l’uomo vuole dispiegare il suo pieno potenziale, è imperativo che cominci a riconoscere questi profondi movimenti interiori in modo consapevole, perché così diventa possibile vedere che possiamo usare ogni sfida, inclusi gli attuali eventi mondiali, per far emergere il nostro potenziale nascosto. Dopo avere gettato nei due precedenti volumi le basi per i concetti più avanzati degli insegnamenti Toltechi, ora è possibile rivelare queste pratiche. Per farlo dobbiamo tornare alle tecniche già insegnate, in modo da vedere le profonde implicazioni che conducono a quelle più avanzate della Via del Guerriero. Rispetto alle cose dette nell’introduzione di questo libro, occorre comprendere che se l’umanità vuole afferrare il suo fugace momento di chance, allora diventa vitale spezzare il suo approccio razionale alla vita e abbracciare il mistero della sua essenza, con piena consapevolezza e in modo sensato. L’essenza dell’afferrare il fugace momento di chance consiste nel vedere le opportunità insite in una sfida e nell’usare nel miglior modo possibile quelle opportunità. Afferrare il fugace momento di chance implica sia azione che materializzazione, e siccome è necessaria la forza per attuare entrambe, mi sembra appropriato cominciare questo volume nel Nord, il luogo della forza, dell’azione, e in ultima analisi, della materializzazione. Inoltre, a causa della sua natura, il Nord è anche il campo di battaglia. Qualsiasi approccio al Nord comporta l’entrare in battaglia – un atto che richiede l’uso dello scudo del guerriero. Ho già illustrato la natura e l’uso dello scudo del guerriero ne Il Ritorno dei Guerrieri, ma dato che era una semplice introduzione, ritengo necessario tornare a questo importante concetto e considerare le sue implicazioni più profonde. Si tenga presente che usare lo scudo del guerriero non è come appare, perché qualsiasi cosa un guerriero fa è di natura strategica. Tutte le strategie sono in realtà delle tecniche e ognuna di queste è uno strumento versatile, utile per molte applicazioni. Questo punto è di particolare rilevanza nel considerare lo scudo del guerriero perché, sebbene nel Il ritorno dei Guerrieri sia descritto l’uso evidente di queste tecniche, una delle più profonde implicazioni risulta nell’atto del non-fare, che riguarda l’arte dell’agguato. L’arte dell’agguato è l’enigma del cuore, e considerando il suo significato, diventa palese il motivo per cui si considera questa tecnica una delle tre aree di specializzazione richieste nella Via del Guerriero. Guardando più da vicino l’agguato, è importante sapere che ha le sue basi nell’atto di percepire, uno dei più grandi misteri dell’uomo. Nonostante la maggior parte delle persone considerino l’atto di percepire come una cosa scontata, i Toltechi sono sempre rimasti affascinati da questo stupendo fenomeno, sapendo che esso è la chiave ultima che conduce agli atti di vero potere. Il perché diverse persone possano percepire lo stesso evento in modo diverso e il perché qualche persona sia capace di percepire qualcosa che altre ignorano, sono due delle grandi domande che hanno tenuto occupate intere generazioni di abili veggenti Toltechi. Eppure, a dispetto di tutte le ricerche effettuate nel tempo, i Toltechi ancora oggi non concordano pienamente nel decifrare il mistero della percezione. Fino ad oggi, il loro unico successo consiste nell’essere diventati ancora più abili nell’atto di percepire e quindi di aver 18


accumulato molta esperienza e molta conoscenza; ma il grande segreto custodito nel fondamentale atto di percepire ancora ci sfugge. SICCOME L’ATTO DI PERCEPIRE CONTIENE IN SE’ IL MISTERO DELL’INTENTO, ANCH’ESSO E’ UN MISTERO, E QUESTI DUE MISTERI INTERAGISCONO PER PRODURRE LE NEBBIE DELLA TRADIZIONE DEL DRAGO. Come mostra l’aforisma qua sopra, la ragione per cui i veggenti Toltechi non sono stati ancora capaci di decifrare il mistero della percezione è perché esso comporta l’uso di quella misteriosa forza chiamata intento. Quindi ci troviamo davanti ad un caso di mistero dentro un altro mistero; l’uno interagisce con l’altro per produrre ancora un altro mistero, che i Toltechi hanno chiamato le Nebbie della Tradizione del Drago. La Tradizione del Drago, come ho già detto, non è un concetto facile da esprimere nei termini della logica mente razionale. Infatti, esistono molti modi per razionalizzare l’atto della percezione e la forza dell’intento che pochi modi per razionalizzare le Nebbie della Tradizione del Drago. Il motivo di questo è che il concetto di Tradizione del Drago è uno dei più strani paradossi che sorgono dalla mente razionale in sé. Quando gli si applica la logica, sembra che questo concetto abbia molto senso, ma poi improvvisamente esso appare completamente irrazionale. Tuttavia, per quanto si è detto sull’arte dell’agguato, non dovrebbe essere difficile capire perché è considerato un enigma. L’atto del percepire, che sembra un atto logico e banale, in realtà consiste di tre misteri in uno, e se l’agguato ha le sue basi in questo triplice mistero, non può essere preso per il suo valore apparente, ma vi si deve avvicinare trattandolo come mistero in sé. NON POSSIAMO TRATTARE UN MISTERO DA FUORI. SE VOGLIAMO RISOLVERE UN MISTERO DOBBIAMO IMMERGERE NOI STESSI NEL MISTERO. SOLO IN QUESTO MODO ABBIAMO LA POSSIBILITA’ DI MAPPARE L’IGNOTO. Il valore apparente dell’aforisma qui sopra parla da sé; esso allude al fatto che un mistero implica l’ignoto e che l’ignoto non può mai diventare conosciuto, a meno che non lo esploriamo. Questo è lo stesso principio richiesto per mappare un territorio sconosciuto. Per disegnare una mappa, il cartografo deve fisicamente entrare nel territorio. Se entrare ed esplorare fisicamente un territorio sconosciuto è un’operazione relativamente semplice, non è altrettanto semplice entrare in regioni sconosciute della psiche umana, e questo è ciò che da origine alle più profonde implicazioni dell’aforisma. La chiave di questo significato sta nella frase “dobbiamo immergere noi stessi nel mistero”. Questo è uno dei concetti più difficili per un apprendista, perché non è possibile verbalizzare il suo vero significato. Così, ogni apprendista all’inizio fa l’errore di assumere che immergersi nel mistero sia solo un’immagine figurata, un modo di dire. Tuttavia, l’apprendista attento comprende che cacciare o tendere l’agguato non è una metafora; e che anche quando un cacciatore è costretto ad usare una metafora, essa è sempre espressione di una realtà astratta che trascende le limitazioni della mente. Inoltre “essere immersi nel mistero” è una dichiarazione che trascende il normale significato di “essere assorbiti in” o “affascinati da” o “ossessionati da”. Anzi, questa dichiarazione contiene la chiave della vera arte dell’agguato, specialmente il tendere l’agguato a se stessi o, in altre parole, il non-fare. E’ particolarmente evidente quando si arriva al non-fare, come gli apprendisti spesso prendono gli insegnamenti per il loro valore apparente e cadono così nella trappola del credere di comprendere. L’unico modo per insegnare il non-fare, così come tutti gli altri concetti e tecniche, è quello di farlo in termini razionali. Tutti noi cominciamo dal punto in cui siamo, e siccome ogni apprendista parte completamente preso nella logica mentale, è normale che egli si avvicini agli insegnamenti con un approccio razionale. Questo è particolarmente vero per le tecniche dedicate al lato destro della consapevolezza, perché l’apprendista inconsciamente presume che egli debba 19


applicare solo la mente razionale a queste pratiche. Agli apprendisti non viene neanche in mente che possano non ancora cogliere la vera natura della consapevolezza del lato destro, così automaticamente presumono che la loro particolare percezione del lato destro sia corretta. Perciò si prendono le tecniche del non-fare per il loro valore apparente. E’ vero che l’agguato e il non-fare sono tecniche che si applicano al lato destro della consapevolezza, ma questo non significa che possiamo permetterci di prenderle per il valore apparente. Il vero motivo per cui queste tecniche si applicano al lato destro della consapevolezza diventerà chiaro solo se continueremo a considerare le implicazioni più profonde, ma per ora basti dire che il reale valore di entrambe le tecniche sta nell’applicarle alla percezione, che la maggior parte delle persone registra solo nella consapevolezza normale. Comunque, a differenza delle persone comuni, i guerrieri non fanno l’errore di presumere che la loro percezione di qualcosa sia l’unica realtà. Siccome i guerrieri imparano con l’esperienza che la percezione è sempre relativa al nostro punto di vista, non prendono la percezione per il valore apparente, perché sanno che quando cambia il punto di vista del mondo, cambia anche la percezione della vita e di se stessi. Così i guerrieri accettano ciò che percepiscono senza accettarlo e credono a ciò che percepiscono senza crederci. Questo è il non-fare del guerriero e, con la pratica, egli evita di ossessionarsi col valore apparente di qualunque cosa; senza preoccuparsi se è un problema, un’esperienza gioiosa, un’affermazione di qualcun altro, il comportamento di una persona, oppure un concetto o tecnica della tradizione Tolteca. Ne consegue che, quando giunge all’affermazione che dobbiamo immergere noi stessi nel mistero, il guerriero sa di avere a che fare con una metafora di una realtà che non può essere verbalizzata. Il guerriero sa anche che sarebbe stupido chiedersi come occorra realizzarlo, perché se fosse stato possibile spiegarlo, non ci sarebbe stato bisogno di usare una metafora. Invece il guerriero pratica il non-fare, tendendo l’agguato alla percezione di questa affermazione. Ed è esattamente a questo punto, che la mente razionale dell’apprendista fa una capriola all’indietro, e senza nemmeno pensarci, sentirà la propria voce fare la domanda incongruente “Come?”

Tendere l’agguato alla propria percezione non è così difficile come spiegarlo, tant’è che i guerrieri lo praticano in qualsiasi cosa essi facciano. Fino a che non si sa come farlo, sembra molto difficile, ma solo perché la mente razionale insiste a complicare le cose. Quando sai come fare qualcosa, scopri che la cosa difficile non è farla, ma è difficile spiegare l’azione a una persona presa dalle complicazioni della mente. Per superare questa difficoltà, i Toltechi elaborarono alcune linee guida per gli apprendisti, in modo che imparino da soli ciò che non può essere messo in parole. Queste linee guida sono chiamate postulati o premesse e sono date in forma di insieme o gruppo. Si da questo insieme all’apprendista per aiutarlo ad imparare cos’è il tendere l’agguato alla propria percezione, col nome di “i quattro postulati dell’agguato”, e tradizionalmente hanno la forma dei seguenti aforismi. PRIMO, DOVRESTI SAPERE CHE L’INTERO MONDO E OGNI COSA IN ESSO E’ UN INFINITO MISTERO. SECONDO, CHE E’ NOSTRO COMPITO COME GUERRIERI TENTARE DI RISOLVERE QUESTO MISTERO, MA SENZA SPERARE DI RISOLVERLO MAI. 20


TERZO, CHE SICCOME I GUERRIERI SONO CONSAPEVOLI DELL’INFINITO MISTERO CHE LI CIRCONDA, RICONOSCONO CHE LORO STESSI SONO PARTE DI QUESTO MISTERO, E SICCOME SANNO CHE E’ LORO COMPITO TENTARE DI RISOLVERE QUESTO MISTERO, ESSI DIVENTANO UNO COL MISTERO. QUARTO, CHE ESSENDO UNO COL MISTERO, IL GUERRIERO ARRIVA A COMPRENDERE CHE IL PUNTO CRUCIALE DI QUESTO MISTERO E’ L’INFINITO MISTERO DELL’ESSERE, NON CURANDOSI SE L’ESSERE E’ UN ATOMO, UN MINERALE, UNA PIANTA, UN ANIMALE, UN UOMO O ANCHE UN’ENTITA’ SOVRUMANA. ESSENDO GIUNTO A QUESTA COMPRENSIONE, IL GUERRIERO ENTRA IN UNO STATO DI VERA UMILTA’, PERCHE’ ALL’INTERNO DEL MISTERO, TUTTO E’ UGUALE. All’inizio ogni apprendista ha difficoltà a mettere in pratica queste linee guida nella vita quotidiana. Non è così semplice guardare il mondo come ad un mistero, quando ci hanno insegnato che c’è una spiegazione razionale per ogni cosa; e non è semplice pensare a se stessi come ad un essere misterioso quando uno passa la maggior parte della vita a credere di conoscere se stesso. Ugualmente non è semplice considerare un insetto come un essere uguale a se stessi quando siamo stati educati a credere che l’essere umano è la forma di vita superiore alle altre. Ed è proprio per questo che i Toltechi hanno ideato questi postulati. Sapendo che gli apprendisti come persone comuni sono incapaci di vivere in queste linee guida, i nagual di tutti i tempi hanno teso l’agguato ai loro apprendisti dando loro questi postulati e attirandoli così nel vero apprendimento. Nella lotta per mettere in pratica questi postulati, l’apprendista si ritrova a non avere altre opzioni che cominciare a chiedersi come mai fallisce continuamente. Per cui, quando un apprendista va dal suo nagual a chiedergli come mai non riesce a mettere in pratica queste linee guida, normalmente il nagual suggerisce che forse l’apprendista non vuole veramente cambiare o che forse la Via del Guerriero non è per lui una via con un cuore. Sentendosi sfidato in questo modo, l’apprendista è immediatamente riportato a se stesso, e nella completa frustrazione farà del suo meglio per convincere il nagual che La Via del Guerriero è la sua via con il cuore e che vuole veramente cambiare. Certamente non è il nagual che ha bisogno di essere convinto, ma l’apprendista che si ritrova di fronte il vero nodo della questione. Se non fosse convinto della sincerità dell’apprendista, il nagual interromperebbe subito gli insegnamenti e l’apprendista questo lo sa. Rigettando l’apprendista a se stesso è chiaro che il nagual sta facendo un agguato all’apprendista. La bellezza di questa manovra è che anche se l’apprendista è consapevole della manovra del nagual, sa anche che un cacciatore non mente mai, così si ritrova nella scomoda posizione di essere vittima della sua invalida domanda. Costretto in questa posizione, l’apprendista ha ora solo due opzioni; la prima è che se accetta l’affermazione del nagual per il suo valore apparente, allora deve riconoscere che non si sta dando da fare a sufficienza, la seconda è che se riconosce di essere sotto l’agguato del nagual, allora sa che nella guida del nagual c’è una verità che non ha ancora capito. Indipendentemente da quale opzione scelga, l’apprendista deve rivedere sia le sue motivazioni che i suoi sforzi. Nel fare questo, da sé o con l’assistenza del nagual, l’apprendista automaticamente comincia a tendere l’agguato alla percezione di sé e alla percezione delle circostanze. Infine, realizzando di non poter affrontare la percezione per il suo valore apparente, l’apprendista comincia ad osservare le sue convinzioni e i suoi comportamenti in una luce diversa. Non più sicuro della propria conoscenza di sé, l’apprendista inizia a mettere in discussione in modo spietato ogni cosa su stesso. Il reale valore di questa manovra va molto oltre questa spiegazione. Nel dare i quattro postulati o linee guida, pur sapendo che l’apprendista non sarà in grado di applicarle, il nagual porta in primo luogo l’apprendista a tendere l’agguato alla sua percezione, in secondo luogo a cominciare a considerare se stesso come un mistero e terzo a cominciare a condensare le Nebbie della Tradizione del Drago. Questo triplice effetto si realizza, sia che l’apprendista non sappia nulla, sia 21


che sia consapevole dell’agguato. Questa è la meraviglia della mente razionale. Essendo molto intelligente, è molto facile far scattare la sua furbizia. La mente razionale è così intelligente che se le si spiegano le cose, coopererà nell’operazione, questo accade perché la mente razionale può essere sempre ingannata usando il suo senso di logica, la sua paura o la sua ambizione, anche se lo sa già! In ultima analisi, ciò che rivela l’arte del vero cacciatore è la sua abilità nell’attirare la mente razionale nella sua intelligenza, nella sua ambizione e nella sua paura. Ma, ancora una volta, non possiamo permetterci di prendere queste cose per il loro valore apparente, perché l’arte del cacciare o del tendere l’agguato si acquisisce solo praticandola su se stessi. Se non si tende l’agguato a se stessi, è impossibile imparare a tendere l’agguato ad altri, e quindi si impara a cacciare gli altri solo una volta che l’apprendista comincia a vedere come funziona la propria mente e com’è facile ingannarla nella sua noiosa insistenza ad avere tutto sotto controllo. Ancora più importante è che, avendo cominciato a vedere come può essere limitata la percezione e quanto si è creduto alla sua ristrettezza, l’apprendista è ora nella posizione di tendere l’agguato alla propria percezione e alla sua razionalità. Smettendo di considerare inviolabile la percezione, l'apprendista scopre ben presto che i frutti di questa libertà superano di gran lunga lo sforzo fatto per arrivare a questo punto. Primo, inizia a cadere il desiderio di giustificare le proprie azioni e di conseguenza l’apprendista non spreca tempo e potere personale nel cercare di difendere o giustificare le proprie azioni o opinioni. Invece, l’apprendista comincia a vedere la propria follia e comincia a ridere di se stesso. Secondo, nel vedere con la propria esperienza che è una creatura misteriosa, l’apprendista impara a smettere di preoccuparsi di non avere ancora ottenuto la comprensione. Nel realizzare lentamente che questa vita non basterà a risolvere il mistero della sua essenza, l’apprendista acquisisce gradualmente uno stato mentale conosciuto dai toltechi come pazienza. Terzo, nel vedere i benefici del tendere l’agguato a se stesso, l’apprendista cessa di praticare il non-fare e invece comincia a vivere il nonfare, imparando così di potere applicare questo principio a qualsiasi altra cosa sulla Via del Guerriero.

Vivere gli insegnamenti anziché praticare gli insegnamenti è un concetto che l’apprendista può prendere anche per il suo valore apparente, perché gli effetti cumulati del vivere gli insegnamenti sono quel misterioso fenomeno chiamato Tradizione del Drago, e il lettore sensibile avrà notato che questo è un concetto sul quale continuo a girarci intorno. Provate a considerare il seguente aforisma. ALL’INIZIO, IL CONCETTO DI ESSERE UN GUERRIERO E’ PER L’APPRENDISTA NIENTE PIU’ CHE UN IDEALE ROMANTICO. COSI’ QUANDO COMINCIA AD IMPARARE, SI MERAVIGLIA CHE I COMPITI CHE GLI SI ASSEGNANO POSSANO REALMENTE REALIZZARSI E NE DERIVA CHE NON E’ PIU’ CONVINTO SU CIO’ CHE ERA QUANDO HA COMINCIATO, E PERDENDO QUESTA CONVINZIONE, L’APPRENDISTA CADE NELLA TRAPPOLA TESA PER LUI DAL NAGUAL. SENZA NEANCHE ACCORGERSENE, L’APPRENDISTA COMINCIA A GUARDARE ALLA VIA DEL GUERRIERO COME AD UN MITO. QUANDO IL NAGUAL SE NE RENDE CONTO, COMINCIA A SFIDARE LA CONVINZIONE DELL’APPRENDISTA IN OGNI MODO POSSIBILE, E NON AVENDO ALTRO MODO CHE TORNARE A SE STESSO, L’APPRENDISTA FA DEL SUO MEGLIO PER CONVINCERE IL NAGUAL CHE STA DANDO IL MEGLIO DI SE’. COSI’ FACENDO, 22


L’APPRENDISTA CADE NELLA TRAPPOLA DEL MITO CREATA DA SE STESSO E INCONSCIAMENTE COMINCIA A VIVERE IL MITO E A SOSTENERLO PER COSI’ TANTO TEMPO DA DIVENTARE EGLI STESSO IL MITO. Tutti noi arriviamo alla Via del Guerriero col nostro bagaglio, che non è molto diverso da una persona all’altra, perché i contenuti di questo bagaglio sono i pregiudizi e le idee preconcette che tutti noi abbiamo acquisito dai condizionamenti sociali. La peggiore idea in tutta questa spazzatura è l’aspettativa che qualcuno ci insegnerà ad essere guerrieri. Se l’apprendista continua a rimanere in quest’idea, impara molto poco, perché i veri insegnamenti non si possono mettere in parole e perché il potere è conoscenza di sé e si può acquisire solo con la propria esperienza. Per di più, se l’apprendista si aspetta che qualcuno gli insegni, non potrà suscitare da sé il contenuto degli insegnamenti, ma starà ad aspettare che il nagual gli dia altri insegnamenti. Perciò rendetevi conto che noi non possiamo dare conoscenza agli altri; non possiamo dare potere agli altri. Se vogliamo avere potere, allora dobbiamo reclamare il potere che è già in noi attraverso l’esperienza personale. Quindi, l’unico insegnamento che un nagual può offrire è la sua guida nell’indicarci il modo migliore per affrontare le nostre sfide e il modo per estrarre da esse i nostri doni di potere. Questo è il punto più difficile che incontra ogni apprendista, perché molto raramente gli apprendisti sono disposti a credere che tutta la conoscenza e il potere a cui possono ambire si trova nel modo di affrontare la vita quotidiana. In un modo o nell’altro, gli apprendisti vanno dal nagual aspettandosi che egli abbia la bacchetta magica e che quando senta che l’apprendista è pronto, il nagual tiri fuori la bacchetta, la agiti in modo teatrale e trasformi l’apprendista in un formidabile guerriero. Purtroppo ci sono alcuni personaggi senza scrupoli che perpetuano questa superstizione per tenere in sudditanza i loro apprendisti. Gli stessi Toltechi, nonostante la loro conoscenza e potere, ancora non sono riusciti a trovare o costruire una tale bacchetta magica. Non la bacchetta, ma il nagual è un essere potente e a seconda del suo particolare addestramento, può essere straordinariamente potente. Ma indipendentemente da quanto possa essere potente un nagual, egli non può usare il suo potere per trasformare un apprendista che non crede in se stesso. Un nagual può, se vuole, mettere in piedi una specie di spettacolo teatrale, nella speranza che l’apprendista impari. Può spingere l’apprendista dentro e fuori la consapevolezza intensa come fosse uno yoyò. Può affascinarlo o terrorizzarlo con impressionanti rituali uno dietro l’altro. Può muovere il punto di assemblaggio dell’apprendista con il solo suono della voce, fino a fargli venire le vertigini oppure ridere o piangere. Può alterare la percezione dell’apprendista catturandone l’attenzione coi suoi occhi. E se tutto questo dovesse fallire, il nagual può risorgere usando le sue abilità di veggente per mettere una paura del diavolo all’apprendista. Ma dopo tutto questo, anche se l’apprendista ne viene molto impressionato, anche se si mette in un angolo ansimando per tutte le meraviglie a cui ha assistito, nonostante ciò, non sarà più saggio e sarà ancora impotente come è sempre stato. Ciò che il nagual può fare per i suoi apprendisti è guidarli nella scoperta della loro forza e spiegargli come usare quella forza per reclamare il loro potere. Tuttavia, questo diventa possibile solo una volta che l’apprendista decide di cominciare a lavorare con le proprie sfide e in questo modo evocare gli aspetti degli insegnamenti rilevanti nel momento. Per poter ottenere benefici deve essere messo in pratica ogni frammento d’insegnamento, ma per coloro che non vedono l’utilità di affrontare le sfide è impossibile praticare gli insegnamenti. Questa è la più grande difficoltà, perché invariabilmente l’apprendista non vede l’utilità nella sfida e anche se la vede, preferisce che sia il nagual a fare qualche trucco magico per lui, piuttosto che affrontare la sfida ed estrarne i propri doni di potere. La prima cosa che un nagual deve fare con un nuovo apprendista è scuoterlo e smuoverlo dalla convinzione che il nagual faccia le cose per lui e al posto suo. Se il nagual non fa questo, l’apprendista diventerà un nagual-dipendente che non reclamerà il proprio potere. Ma se il nagual scuote troppo vigorosamente l’apprendista dalle sue aspettative, corre il rischio che l’apprendista perda ogni fiducia in se stesso e finisca per diventare dipendente. In altre parole, 23


occorre portare l’apprendista al punto in cui possa vedere da sé che le sue convinzioni non sono altro che aspettative basate su una visione del mondo in parte non vera e allo stesso tempo occorre avere cura che l’apprendista non cada in pezzi vedendo che la sua vita è basata su bugie e idee sbagliate. Il nagual può guidare l’apprendista con trucchi e manovre, in modo che l’apprendista inconsciamente cominci a considerare gli insegnamenti come un mito da vivere. Teniamo conto che la maggior parte delle persone prende il mito come qualcosa di folcloristico ma di nessuna importanza nella vita normale. Quando l’apprendista comincia a considerare gli insegnamenti come un modo per vivere un mito allora, anche inconsciamente, si ritrova gettato fuori dalle aspettative, ma siccome ancora non è sicuro se credere oppure no a ciò che gli accade, non perde la fiducia in se stesso e nel proprio giudizio. Nonostante non sia più sicuro se sta imparando qualcosa di reale valore o se sia il caso di tornare al vecchio modo di vivere, l’apprendista si ritrova catturato nel mito da lui stesso creato, anche se con qualche sottile aiutino del nagual. A questo proposito, il nagual consegna i quattro postulati dell’agguato all’apprendista dal primo giorno, per inserirlo nella corretta prospettiva. Questa manovra è un agguato in sé, tanto più che all’inizio i postulati sono dati in modo dissimulato e solo più avanti nell’apprendistato saranno dati in modo formale. Quando l’apprendista è catturato nel mito, il nagual continua a sfidarlo in ogni modo, col risultato che l’apprendista si sente obbligato ad iniziare a lottare per la propria autostima. Inoltre, nel cerare continuamente di convincere il nagual che vuole veramente diventare un guerriero, l’apprendista afferma costantemente a se stesso di essere capace e degno di diventare un guerriero e che farà qualsiasi cosa per riuscirci. Questo è uno stato particolare della mente e l’unico che assicura che l’apprendista farà lo sforzo richiesto per vivere come un guerriero. Mettere in pratica gli insegnamenti è in sostanza il vivere da guerriero. Ed è proprio il praticare gli insegnamenti piuttosto che tornare al vecchio modo di vivere che materializza il non-fare dell’apprendista, anche se quasi mai ne è consapevole. A questo riguardo, tutti i non-fare consapevoli dell’apprendista non hanno altro valore che aiutarlo nello sforzo di praticare il vivere da guerriero. A questo punto del percorso, l’apprendista è consapevole del fatto che sta cercando disperatamente di vivere da guerriero, ma anche che è ben lungi dal poter affermare questo status – un fatto che gli verrà costantemente ricordato dal nagual. In altre parole, l’apprendista sa di vivere un mito, ma essendo catturato nel mito, sa anche che non può permettersi di uscirne, e quindi non ha altre opzioni che quella di fare del suo meglio per vivere il mito del guerriero impeccabilmente. Questo significa che l’apprendista non sta più cercando di praticare il non-fare inseguendo un romantico ideale, ma che è così coinvolto nei suoi tentativi di sopravvivere agli assalti del nagual, che veramente comincia a vivere il non-fare. Dal momento in cui l’apprendista comincia a vivere la sua vita come un non-fare, si innesca dentro di sé una reazione a catena che non si può fermare. Da quel momento in poi tenderà l’agguato alla sua percezione in ogni occasione e non sentirà più la necessità di fare domande sciocche, ma formulerà quelle domande che istintivamente sente che lo condurranno alla comprensione più profonda del suo potenziale. Ora che ha smesso di stare da una parte, scontento perché il nagual non soddisfa le sue aspettative, ma si prende la piena responsabilità della sua vita, della sua conoscenza e quindi del suo potere, l’apprendista fa ogni sforzo possibile per vivere impeccabilmente da guerriero e così comprende che può farlo nel contesto della vita quotidiana. Questo cambiamento totale di atteggiamento segna il punto di inizio del processo di trasformazione e non perché il nagual abbia agitato la sua bacchetta magica, ma perché il nagual ha ingannato l’apprendista forzandolo a lottare per la sua sopravvivenza, il suo senso di salute mentale e la sua autostima. Questo è un grande dono di potere del nagual al suo apprendista. L’essere scossi dalle debilitanti limitazioni dei condizionamenti sociali e riportati alla fiducia nella propria stima e potenziale è un grande dono, che però impallidisce davanti al dono della trasformazione che l’apprendista fa a se stesso, nel processo per arrivare a questo punto.

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Il più importante aspetto dell’atto della trasformazione è quell’elusivo fenomeno conosciuto come le Nebbie della Tradizione del Drago. Dopo questo necessario preambolo, si spera che il lettore non sia più tentato di prendere questo concetto per il suo valore apparente, ma si sforzi per vedere le intricate implicazioni che ogni nagual trova così difficile da mettere in parole.

Cercando di verbalizzare la Tradizione del drago, la questione più importante è che l’uomo ha la capacità di materializzare un sogno. Per la maggior parte delle persone questo non è difficile da accettare nel senso di materializzare oggetti. Per esempio, molti sarebbero d’accordo nel dire che se il tuo sogno è quello di avere un giorno un’attività commerciale in proprio, o una macchina sportiva, o una bella casa, allora col dovuto sforzo puoi realizzare il tuo sogno. Molti potrebbero anche essere d’accordo che se il tuo sogno è inventare un nuovo tipo di trasporto aereo o un nuovo tipo di viaggio spaziale, allora puoi realizzarlo se sei pronto a fare di questo l’ambizione della tua vita. Ma quando si affronta il concetto di materializzare il proprio vero potenziale come essere magico dell’universo, la maggior parte delle persone stanno zitte e cominciano a guardare con sospetto chi sta provando a dire loro che possono farlo. Eppure, questo è il vero potenziale dell’uomo, essere un essere magico. Nonostante possa sembrare incredibile, ogni uomo e donna ha l’abilità di materializzare i propri sogni, nel senso di evocarli, di portarli in essere. L’uomo è una creatura magica, e quindi è un diritto di nascita esserlo e viverlo, così come gli insegnamenti Toltechi. Nella vita l’uomo ha due opzioni. La prima è che può continuare a credere che è vittima della sua nascita e delle circostanze, che è impotente a cambiare qualsiasi cosa e che non c’è vita prima della nascita o dopo la morte. Se questo è vero, allora la vita sul piano fisico è un esercizio senza senso, né particolare significato o reale valore. La seconda opzione è credere che l’uomo esiste anche oltre i confini del piano fisico, e che la ragione per entrare periodicamente nell’esistenza fisica è quella di imparare a materializzare il proprio pieno potenziale nel piano fisico, affrontando le moltissime sfide che l’esistenza ci offre. Se questo è vero, allora non possiamo considerarci vittime, e se non siamo vittime allora abbiamo l’abilità di cambiare noi stessi e le nostre vite. Tuttavia, quest’abilità comporta l’evocazione nel vero senso della parola, sia che usiamo la bacchetta magica o la magia della trasmutazione, trasfigurazione e trasformazione. Il motivo per cui uomini e donne non credono nelle loro magiche abilità è sia perché stanno cercando la bacchetta magica dando retta alle superstizioni o alle storie da vecchie comari, e sia perché credono che ogni cosa possa essere spiegata in termini razionali. Alla fine però, non è l’abilità di tirare fuori un coniglio dal cilindro, o l’abilità di materializzare un paio di orecchini a mezz’aria, che costituisce il vero evocare, ma la magica abilità di creare e di distruggere – l’abilità di trasmutare i nostri difetti in potere, l’abilità di trasformare noi stessi in un impeccabile guerriero dello spirito dell’uomo, e l’abilità di trasfigurare noi stessi in un vero uomo, il microcosmo del macrocosmo. Sta qui il più grande potere dell’uomo, come magica creatura dell’universo. Come ho spiegato nel Il ritorno dei Guerrieri, ci sono due fondamentali tipi di magia, chiamate il primo anello del potere e il secondo anello del potere. Entrambe queste forme di magia sono parte della Tradizione Tolteca, ma i Guerrieri della Libertà non insegnano più il primo anello del potere, per il semplice motivo che questa forma di magia non conduce alla libertà.

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E’ ancora prematuro spiegare le reali differenze fra queste due forme di magia, ma forse per ora è sufficiente un’analogia. Pensa al primo anello del potere come ad una fissione atomica e al secondo anello del potere come ad una fusione atomica. La prima forma di magia ha una qualità sottrattiva, perché separa, divide, rimuove qualcosa e, in poche parole, distrugge. La seconda forma di magia, d’altro canto, ha una qualità additiva, perché unisce, guarisce, aggiunge qualcosa che non c’era prima e, in poche parole, sostiene, eleva e crea. La prima forma di magia è il potere del tonal o l’aspetto materiale, mentre la seconda forma di magia è il potere del nagual, o aspetto spirituale. Quando queste due forme di magia sono unite fanno nascere una terza forma di magia – la Tradizione del Drago – il vero potere dell’uomo. Da quanto esposto dovrebbe essere chiaro che non è un caso che i Guerrieri della Libertà abbiano respinto il primo anello del potere; non perché la distruzione non trovi posto nel più grande schema delle cose, ma piuttosto perché non è opportuno permettere a se stessi o agli apprendisti di rimanere intrappolati in questo tipo di magia. Inoltre, il primo anello del potere si sviluppa prima del secondo anello, per cui, a causa della sua natura separativa, il potere di questa prima forma di magia impedisce all’apprendista di imparare il secondo anello del potere. Eppure, siccome è la volontà dello spirito dell’uomo a materializzare il suo pieno potenziale nel piano fisico, che significa l’abilità di creare e distruggere, l’acquisizione del secondo anello del potere automaticamente permette anche l’uso del primo anello. E’ veramente una stranezza umana che la gente creda facilmente al negativo, ma non altrettanto facilmente al positivo. Così, se dici a qualcuno, che non è mai stato capace di evocare alcunché, che ha l’abilità di farlo, non ti crederà o, peggio ancora, ti guarderà con gli occhi spalancati aspettando che glielo insegni, almeno fino al momento in cui sarà coinvolto nel mito. Paradossalmente, se sfidi qualcuno, provochi in quella persona il suo spirito ribelle. Tuttavia, se qualcuno è coinvolto in un’idea e tu gli dici che dubiti che avrà successo, è probabile che quella persona porti se stesso ad incredibili livelli, pur di dimostrarti che hai torto. Un nagual che percorre il Sentiero della Libertà riconosce queste bizzarrie della mente umana e guida l’apprendista nella lotta per le cose che percepisce come suoi diritti. Attraverso questa lotta l’apprendista comincia a materializzare il suo potenziale. In altre parole, nello sforzo per sopravvivere agli assalti del nagual o nello sforzo per provargli che ha torto, l’apprendista comincia a condensare le Nebbie della Tradizione del Drago. In entrambi i casi, anche se non consapevole, l’apprendista è avviato a materializzare qualche-cosa da ciò che prima era nessunacosa (in inglese some-thing e no-thing). Questo è il modo in cui riesco a mettere in parole questo elusivo concetto, ma non vuol dire che non ci sono le basi da cui partire, perché il potenziale dell’apprendista è sempre stato lì. Tuttavia, un potenziale non realizzato vale quanto un nulla, almeno finché non sia portato a diventare qualcosa. Questo qualcosa ha ancora le sembianze vaghe della Nebbia, che col tempo diventerà la Tradizione del Drago, il vero potere dell’uomo

. Il lettore probabilmente si meraviglierà, chiedendosi perché ho scelto di rivelare il modo in cui il nagual tende l’agguato all’apprendista per portarlo a questo punto, ma a dire il vero, fa poca o nessuna differenza se il lettore o l’apprendista lo sa in anticipo. Il motivo per cui ho scelto di rivelare questa tattica è duplice. Primo, siccome è molto probabile che i lettori del libro non stiano lavorando con un nagual, magari solo qualcuno, l’unico modo in cui posso rendere utile al lettore l’uso dei libri è quello di rivelare 26


questa tattica. Questo perché, i lettori di questi libri sono prevalentemente uomini e donne che hanno già deciso di lavorare per se stessi e con se stessi. Se così non fosse, il lettore non starebbe leggendo, ma impiegando il tempo a cercare un nagual qualificato. Quindi non è importante che il lettore conosca l’intera tattica in anticipo, perché l’insegnamento funzionerà bene come se non si conoscesse la tattica. Secondo, nel rivelare questa tattica, non solo sono in grado di spiegare il significato delle nebbie della Tradizione del Drago, ma posso iniziare a mostrare le profonde implicazioni sia dell’agguato che del non-fare, e in relazione a questi, anche due punti finali che hanno bisogno di essere chiariti. Il primo punto riguarda quello che ho chiamato l’estrarre un coniglio dal cilindro o il materializzare un paio di orecchini. A parte il gioco di prestigio, questa magia esiste, ma le persone che sono capaci di tali prodezze sono molto poche e distanti fra loro, e normalmente non accettano apprendisti. Questo perché l’umanità è ancora molto, molto distante dal poter usare tale potere saggiamente e di conseguenza sono i sognatori dell’umanità stessi che ne bloccano il flusso e l’uso. Questo tipo di magia non può essere insegnato, anzi è il risultato dell’aver vissuto una vita impeccabile, da esperto guerriero e per molte vite. Sfortunatamente, o forse fortunatamente, non c’è altro modo per acquisire un tale potere. Se ci fosse, oggi il mondo sarebbe così denso di personaggi naif occupati a soddisfare la loro avidità per le ricchezze materiali che l’evoluzione della consapevolezza cesserebbe; oppure questi personaggi sarebbero così impegnati a cercare di liberare il mondo dagli esseri viventi che reputano non degni o inutili, che non ci sarebbero più forme di vita per l’evoluzione della consapevolezza. Il secondo punto ha a che fare col dare prematuramente all’apprendista i quattro postulati dell’agguato – una cosa che non poteva essere spiegata prima. All’inizio l’apprendista non ha i requisiti richiesti dai quattro postulati, ma quando ha cominciato a vivere gli insegnamenti e quindi a coagulare le nebbie della Tradizione del Drago, arriva un momento in cui l’apprendista inizia a soddisfare i requisiti richiesti. Evidenzio questo punto così che il lettore non cada nell’erronea conclusione che i quattro postulati non sono altro che una tattica del cacciatore, e questo lo condurrebbe lontano dalla verità. I quattro postulati dell’agguato non solo sono vitali per il ruolo del cacciatore, che vedremo meglio nel prossimo capitolo, ma sono anche l’essenza delle Nebbie della Tradizione del Drago. Il modo migliore per comprenderlo è dare uno sguardo al sommario dell’apprendistato. Nel progredire sulla Via del Guerriero, l’apprendista passa dal perseguire un romantico ideale, al vedere un mito, a vivere il mito e infine a diventare quel mito. In altri termini, quando l’apprendista vede il mito, ha abbastanza sobrietà per lasciar cadere il romanticismo e riconoscere il fatto che lo attende una gran quantità di lavoro. Questo è il punto in cui l’apprendista comincia a vivere gli insegnamenti, piuttosto che praticare esercizi ad ore prestabilite e limitarsi solo a parlare della via del guerriero. Nel cominciare a vivere il mito, l’apprendista non solo avvia il processo di trasformazione, ma comincia a condensare le Nebbie della Tradizione del Drago. Ed infine, vivendo così a lungo da guerriero, l’apprendista incontra un’invisibile soglia, oltre la quale la sua intera vita si trasforma in un non-fare, e le ultime vestigia della sua storia personale si fondono nella nebbia. A questo punto si può dire che l’apprendista è veramente diventato il mito, e se continua a vivere da guerriero impeccabile, il risultato inevitabile è la trasfigurazione. Ormai il potere è al suo comando e l’apprendista ha a tutti gli effetti completato l’apprendistato. Essendo giunto alla fine del viaggio come essere umano, è ora solo una questione di tempo perché l’apprendista si liberi della forma umana entrando in quello stato di consapevolezza conosciuto come la totalità di sé. Questo è un atto che segna l’inizio di un nuovo viaggio – il viaggio definitivo del guerriero. In questo nuovo viaggio, che è il vero viaggio dell’uomo, il guerriero impara che siamo tutti creature dell’universo che hanno due anelli del potere e che la nostra natura divina è la magia della Tradizione del Drago.

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L’INDICIBILE MANIFESTA I DUE ANELLI DEL POTERE NELL’INCOMPRENSIBILE DUALITA’ CHIAMATA TONAL E NAGUAL. FRA QUESTI DUE ANELLI C’E’ L’UOMO – QUEL PUNTO UNIVERSALE IN CUI SI ASSEMBLANO LA PERCEZIONE DEL TONAL E DEL NAGUAL. ALL’INIZIO L’INTENTO DELL’UOMO E’ COSI’ VAGO E INCONSISTENTE DA ESSERE NIENTE PIU’ CHE UNA NEBBIOLINA CHE INTERAGISCE CON I DUE ANELLI. MA NEL FOCALIZZARE IL SUO INTENTO L’UOMO DIVENTA UN TERZO ANELLO CHE UNISCE GLI ALTRI DUE. QUESTI TRE ANELLI FORMANO LA TOTALITA’ DEL SE’, UNA COALIZIONE DI FORZE FONDATA SULLA TRADIZIONE DEL DRAGO.

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CAPITOLO DUE

LA FOLLIA CONTROLLATA NOI SIAMO INTRAPPOLATI IN UN SOGNO. SE CREDI CHE IL SOGNO SIA LA REALTA’ LE TUE AZIONI SARANNO PURA FOLLIA. Dopo aver toccato, anche se brevemente, i quattro postulati dell’agguato, ora andiamo avanti verso gli insegnamenti intermedi che riguardano l’arte dell’agguato, perché solo mettendo in pratica questi insegnamenti diventa possibile cominciare a comprendere la vera importanza di queste premesse. Pertanto, tenendo a mente che torneremo più volte ai quattro postulati dell’agguato per intuire sempre più in profondità il loro reale significato, questa intuizione a sua volta rivela una più profonda comprensione della regola dell’agguato e quindi in ultima analisi dell’arte dell’agguato in sé. Nel frattempo ricorda che i quattro postulati dell’agguato e la regola dell’agguato sono interdipendenti. In altre parole, senza i quattro postulati non c’è regola, e viceversa. Il punto citato sopra è vitale in questa sezione degli insegnamenti, ma prima di chiarirli ulteriormente, occorre spiegare un’altra questione, ossia che per mettere la regola dell’agguato nella corretta prospettiva occorre sapere che i quattro postulati dell’agguato sono determinati dalle quattro direzioni. (fig. 1) E anche le tecniche principali dell’agguato sono determinate dalle quattro direzioni del potere. (fig. 2)

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Prendiamo ora in considerazione l’interdipendenza fra i quattro postulati e la regola dell’agguato. Pensa ai quattro postulati dell’agguato come al tessuto utilizzato per fare un ricamo, e pensa ai sette aspetti della regola dell’agguato come ai diversi tipi di punti utilizzati in tale ricamo. (fig. 3) I fili utilizzati nel ricamo sono i fili della vita, mentre lo schema o il disegno è determinato dalle molte sfide, piccole e grandi, incontrate durante la vita. Il prodotto finale è certamente il ricamo in sé che, in questa analogia, è la vita impeccabile di un guerriero, creata sulla base dei quattro postulati dell’agguato. Inoltre, la qualità complessiva della vita del guerriero dipende ovviamente dall’abilità con cui egli usa i sette aspetti della regola dell’agguato, che a sua volta è proporzionale a quanto il guerriero comprende i quattro postulati dell’agguato. Sebbene i quattro postulati, la regola, le sfide della vita e le possibilità inerenti alla vita, siano quattro inseparabili unità, ogni unità riflette le profonde implicazioni di uno dei quattro postulati dell’agguato. Queste quattro unità sono chiamate tradizionalmente i quattro componenti del sogno.

Dall’analogia sopra, si vede che la vita non è ciò che si crede comunemente. Come indica l’aforisma all’inizio del capitolo, la vita dell’uomo comune non è altro che un sogno e le sue azioni niente più che follia. Questo non implica che la vita non è reale e nemmeno che le nostre azioni sono inutili. L’aforisma implica che la vita non è ciò che uomini e donne credono che sia, e che se basiamo le nostre azioni su questo falso senso di realtà, necessariamente le nostre azioni sono pura follia. LA VITA E’ NULLA. LA VITA E’ UN CAOS SENZA FINE DI POSSIBILITA’. SCEGLIENDO ALCUNE DI QUESTE POSSIBILITA’, NOI TESSIAMO UNA TELA CON UN DISEGNO CHE NON POSSIAMO CONOSCERE IN ANTICIPO. E’ QUESTA SELEZIONE DI POSSIBILITA’ CHE LE PERSONE CONSIDERANO ERRONEAMENTE COME VITA. NONOSTANTE CIO’ LA VITA RIMANE SEMPRE INTOCCATA DALLA TESSITURA DELL’UOMO. NOI COMPRENDIAMO LA VITA 31


COME VOGLIAMO, MA LA VITA IN SE’ E’ UNO STATO TRASCENDENTE DI FLUSSO SENZA FORMA, CHE DA ORIGINE A TUTTE LE FORME. L’aforisma sopra descrive bene la vita, anche se forse è l’affermazione più radicale che l’apprendista ha da decifrare. Le persone sono così condizionate nel credere di sapere cosa sia la vita, che non è facile mettere da parte le idee preconcette, i giudizi erronei e i pregiudizi con cui siamo cresciuti. Un modo per comprendere la natura della vita è quello di fare riferimento all’analogia fatta prima. In questa analogia “i fili della vita” rappresentano l’infinito numero di possibilità esistenti in ogni momento, e fra queste, quelle che ci attirano di più come individui. E’ ovvio che tale scelta sarà influenzata dal tipo di sfida che fronteggiamo nel momento. Possiamo rappresentare in modo figurato la “possibilità scelta” come il filo che abbiamo scelto di inserire nella cruna del nostro ago e con cui “cuciremo”, ossia attueremo quelle azioni che chiamiamo “la nostra vita”. Tuttavia, tieni presente che la sfida in sé è determinata dal fato e dal destino, e quindi la sfida è parte dello schema che non possiamo conoscere in anticipo, ma che si rivela gradualmente con ogni sfida successiva. Il risultato finale sarà impeccabile oppure un pasticcio, a seconda di come seguiremo questo schema. Come si è visto dall’aforisma che ritrae la natura della vita, il modo tradizionale di spiegare questo processo è quello di riferirsi ad essa come al tessere una tela, ma personalmente preferisco usare l’analogia del ricamo. Il concetto del ricamo è più facile da comprendere in relazione alla regola dell’agguato e convoglia la differenza fra i quattro postulati dell’agguato, rappresentati dalla tela usata per il ricamo, e la regola dell’agguato, rappresentata dagli intricati punti che vengono usati per seguire lo schema del destino.

Sebbene l’arte dell’agguato sia giustamente assegnata al lato destro della consapevolezza, non bisogna dimenticare che stiamo trattando l’enigma del cuore, e che il cuore ha a che fare coi sentimenti, non con la razionalità. Questo comporta che l’arte dell’agguato ci consente di lavorare col lato sinistro nella consapevolezza normale e quindi delineare l’ignoto, rendendolo pratico sul piano fisico. Tuttavia, nel prendere in considerazione il lato sinistro nella consapevolezza normale, ci ritroviamo pesantemente limitati dall’inadeguatezza delle parole. Non è tanto una questione di non essere capaci a trovare le parole giuste per descrivere adeguatamente i movimenti del lato sinistro della consapevolezza, quanto una questione di vastità di implicazioni; le parole falliscono miseramente nell’esprimere l’estensione della vastità del lato sinistro. Da ciò diventa chiara la trappola in cui possiamo cadere prendendo le parole per il loro valore apparente e diventa chiaro anche il dilemma in cui si ritrova ogni nagual che vuole esprimere in parole i movimenti del lato sinistro. Il meglio che possiamo fare è mettere in parole dei frammenti quì e là, se non vogliamo perderci nella vastità del lato sinistro. Ma verbalizzare solo frammenti è come mettere le cose fuori contesto e quindi renderle soggette a fraintendimenti. Per minimizzare i fraintendimenti, un nagual cerca di dare quanti più frammenti possibili, ma così si presta ad essere accusato di essere vago. Nessun nagual è vago, ma tentando di dare quanti più frammenti possibile da diverse prospettive, spesso apparirà vago e sembrerà che gira intorno al nocciolo in modo tortuoso. La natura degli insegnamenti, da questo punto in poi, è tale che dovremo prendere in considerazione dei concetti che ci porteranno molto addentro nel lato sinistro, e voglio avvertire il lettore che spesso gli sembrerà che io stia vagolando e girandoci attorno. Comprendere il lato 32


sinistro è un’abilità che può essere padroneggiata da chiunque, ma ci vuole tempo, pazienza e soprattutto l’abilità di sentire con il cuore, piuttosto che capire con la mente razionale. Il lettore dovrà tenere presente che la vita è un sentire, e non un esercizio intellettuale.

Generalmente le persone occupano le loro vite, invece di vivere le loro vite, non considerando che ciò che considerano vita non é per niente vita. Le persone tendono a credere che le circostanze o le condizioni in cui si trovano siano vita, ma queste sono solo le sfide che formano lo schema sul quale struttureremo la vita. Le persone tendono anche a credere che le loro azioni e comportamenti, proprie o degli altri, siano vita, ma le nostre azioni sono solo la materializzazione della possibilità che abbiamo scelto di usare e il nostro comportamento è solo la re-azione a questa materializzazione. In tutto questo, la peggiore convinzione è credere che la vita sia un processo intellettuale che può essere trattato razionalmente. Questa disastrosa convinzione non tiene conto del mistero della percezione e del mistero dell’esistenza, per questo motivo le vite delle persone spesso non hanno reale significato. Non riconoscendo che la vita è un sentire, piuttosto che un processo intellettuale, le persone non basano le loro vite sul mistero della loro vera essenza, e nemmeno fondano le loro vite sui quattro postulati dell’agguato. Invece le persone basano le loro vite su un intellettualismo che è privo di vero sentimento, privo di conoscenza irrazionale. Così per queste persone, la vita non deve essere “tessuta” o “ricamata” e perciò non c’è niente da unire con un intreccio o un punto di ricamo – non ci sono basi per l’azione – non c’è base per supportare l’azione. Non c’è da sorprendersi se le persone si accontentano di astrazioni intellettuali, di chiacchiere senza fine e di erudite elucubrazioni che non hanno basi nell’azione e nell’esperienza. Sostenere ognuna delle convinzioni citate sopra significa essere intrappolati in un sogno – un sogno che per molte persone è un incubo o quasi. Nel credere che il sogno sia realtà, le persone sono impotenti ad agire, nel vero senso della parola, perché non è possibile portare l’azione in uno stato di non realtà. Quando si è intrappolati in un’illusione, ogni azione sarà determinata dall’illusione, e quindi l’azione in sé è da considerare pura follia. Incapaci di vera azione, le persone non hanno altra risorsa che perpetuare la loro follia tramite la reazione costante ad ognuno e ad ogni cosa. Questo si riduce al reiterare i comportamenti acquisiti col condizionamento sociale, e questo è sicuramente prodotto dal comune sogno dell’umanità e quindi della comune illusione. Così vediamo che non è la vita ad essere un’illusione, ma la percezione della vita è l’illusione. La vita è nulla, nessuna-cosa, e quindi non è possibile che sia un’illusione, perché per definizione un’illusione è qualche-cosa che è presa per qualcos’altro. Ancora una volta vediamo quanto possa essere erronea la percezione umana e quanto spesso le persone presumano di capire invece di controllare ciò che pensano di aver percepito. Molte persone considerano l’illusione come fosse nulla, niente di cui occuparsi, mostrando la loro ignoranza e mancanza di rispetto per il valore delle parole. Un’illusione è basata su qualche-cosa. Per esempio, se sto scendendo a piedi in un sentiero nell’oscurità e noto qualcosa che si muove fra i cespugli, potrei presumere di aver incontrato un’altra persona o un animale o un fantasma. Se ora ispeziono più da vicino ciò che ho visto e scopro che è solo un vecchio sacchetto di plastica agganciato al cespuglio e sventolante alla brezza, potrei concludere che ciò che ho pensato che fosse una persona o un animale o un fantasma era solo una mera illusione. Ma questo ragionamento non fila, perché il sacchetto di 33


plastica è reale e certamente non è un’illusione. Invece l’illusione consiste nella mia percezione iniziale del sacchetto di plastica. Ma tieni conto che questa illusione è basata sulla mia percezione di qualche-cosa, che in questo caso è il sacchetto di plastica. Sebbene l’esempio riguardi un’illusione materiale, si applica lo stesso principio alle illusioni mentali. Tenendo presente che il mondo non è ciò che appare, notiamo che le persone saltano troppo facilmente a conclusioni affrettate, e soprattutto basate sulla presunzione di sapere cosa sta accadendo. Intrappolati nelle presunzioni razionali, le persone sono incapaci di agire nella realtà della vita, ma reagiscono reiterando vecchi schemi comportamentali. Queste persone non stanno vivendo, nel vero senso della parola, ma stanno utilizzando le opportunità per reiterare la loro follia.

Tutti noi siamo intrappolati in un sogno comune, la comune illusione, e la conseguenza è che le nostre azioni sono solo follia. Questo è lo strano modo in cui usiamo il potere, perché se da un lato siamo impotenti a cambiarlo, dall’altro abbiamo il potere e la libertà di cambiare completamente questa modalità. Questo è un paradosso così complesso da essere sconcertante, ma nasconde una verità altrettanto stupefacente nella sua semplicità. La verità nascosta in questo paradosso è il nucleo centrale della Tradizione Tolteca – un nucleo che è la vera sorgente del potere – un nucleo che può essere la chiave verso la libertà, o la chiave verso la stregoneria, o la chiave verso la creazione, o la chiave verso la distruzione. Questo nucleo è Azoth, il grande segreto di Ermete Trismegisto. E’ anche il mitico elisir di lunga vita, e anche la tanto ricercata Pietra Filosofale. E’ il miracoloso bastone di Mosé, e anche Excalibur, la spada soprannaturale di Artù. E’ il Miolnir, il martello di Thor, e anche il Serpente Piumato, il grande bastone del Tolteco Quetzocohuatl. Queste sono le leggende e i miti nati attorno alla verità nascosta dallo strano paradosso, e considerando la sua natura, non sorprende vedere quante leggende e miti ne siano sorti. La ragione per cui i Toltechi collocano questa verità nel nucleo della loro tradizione è che quando è compresa nella sua interezza e messa in pratica, questa verità produce una duplice forza, chiamata metaforicamente l’antica Lancia del Destino quando è tenuta con la mano sinistra, e l’invincibile Spada del Potere quando è tenuta con la mano destra. Molte persone, nelle varie ere, ebbero come unico scopo di vita quello di trovare questo nucleo, proprio perché è la chiave della creazione e della distruzione. Tuttavia molti di questi ricercatori erano animati da motivazioni non pure. Di questi, quelli fortunati morirono senza trovare il nucleo nascosto, mentre quelli sfortunati sono quelli che lo trovarono, ma a causa della loro avidità e ambizione poterono toccarlo solo brevemente. Tuttavia, per questo breve tocco, per quei pochi momenti di benedizione, questi sfortunati pagarono un prezzo enorme in termini di salute mentale. Questa è la natura di questo nucleo. E’ veramente la sorgente di tutto il potere – un potere antico che costantemente si rinnova sotto la forza della consapevolezza e il suo sbalorditivo slancio evolutivo. Toccare questo nucleo è come viaggiare al centro del mondo; e questo stato di consapevolezza è conosciuto come il centro dei tre anelli, che sono i tre anelli del potere. Questo livello di consapevolezza è definito lo spirito dell’uomo e richiede la totalità del sé, pertanto per 34


sopravvivere al viaggio in questo centro ci vuole un’impeccabilità di cui veramente poche persone sono capaci. E’ per questo motivo che i Guerrieri della Libertà sono stati costretti a rompere con la tradizione ereditata e a cercare quella conoscenza che sviluppa l’impeccabilità sopra ogni altra cosa. Dal nostro punto di vista, non ha alcun senso acquisire potere se quel potere mi distruggerà. Nel perseguire quel livello d’impeccabilità, i Guerrieri della Libertà scoprirono le profonde implicazioni inerenti alla Terza Attenzione. Queste implicazioni rivelarono degli aspetti dell’insegnamento che non erano stati ancora considerati, degli aspetti che sembravano così semplicistici che gli Antichi Veggenti li rinnegarono considerandoli banali e insignificanti. Eppure, furono proprio questi aspetti “semplicistici” che catapultarono i Guerrieri della Libertà in una dimensione della conoscenza completamente nuova. In seguito a questa nuova conoscenza, i Guerrieri della Libertà ristrutturarono tutti gli insegnamenti, questa volta mettendo l’accento, non tanto sull’acquisizione del potere, quanto nell’acquisire il necessario livello di impeccabilità, che automaticamente conduce ad un alto livello di potere personale. Questo cambio di enfasi sancisce la nascita di un nuovo metodo di insegnamento, e il modo in cui si impartiscono gli insegnamenti in questo libro è in accordo con questo nuovo metodo. Il lettore sensibile avrà sicuramente notato che in ogni aspetto esaminato si pone continuamente l’accento sull’impeccabilità, perché il nucleo centrale della Tradizione Tolteca può essere affrontato senza danno, solo con l’adeguato livello d’impeccabilità. Solo allora può emergere la totalità del sé; solo allora il guerriero può prendere la Lancia del Destino senza perdere la salute mentale e brandire la Spada del Potere senza esserne distrutto. Questo ci riporta alla considerazione del nucleo, ma non è così facile comprenderlo nel contesto dei nostri condizionamenti sociali. Dire che tutti noi siamo intrappolati in un sogno comune e che le nostre azioni sono perciò follia, è una cosa, ma dire che la risposta è semplice come risvegliarsi da un sogno, è una cosa completamente diversa. Queste affermazioni hanno poco senso per la mente razionale, anche se queste due affermazioni assieme rivelano la verità di tutte le verità. Tuttavia, se vogliamo comprendere questo concetto è importante tenere a mente i seguenti due aforismi. TU SEI IL SOGNO DEL TUO SOGNATORE. NON SEI IL TUO CORPO, O LA MENTE, E NEANCHE IL TUO UOVO LUMINOSO. QUESTE SONO LE UNITA’ ELEMENTALI SOGNATE DALL’AQUILA, E CHE SONO COAGULATE DAL SOGNATORE CON LA FOCALIZZAZIONE DEL SUO INTENTO. QUESTA COALIZIONE E’ MANTENUTA IN VITA DALL’INTENSITA’ CON CUI IL SOGNATORE FISSA LA SUA ATTENZIONE SUL SOGGETTO DEL SUO SOGNO – TU. TUTTE LE QUALITA’ DEL TUO TONAL, INCLUSE LE ABILITA’ ACCADEMICHE E I TALENTI, SONO UNA QUESTIONE DI FOCUS E DI INTENSITA’. NEL MOMENTO IN CUI CAMBIA IL FOCUS O CAMBIA L’INTENSITA’, IL TUO TONAL CAMBIA. Le implicazioni di questi due aforismi sono così vaste che non basterebbe un intero volume a render loro giustizia. Sebbene alcune implicazioni siano già state esaminate nei primi due volumi e altre le prendiamo in considerazione in questo volume, ce ne sono ancora molte che saranno esaminate nei successivi volumi. Una che è già stata esaminata, ma non approfondita e che ci interessa di più ora, è il concetto di intelligente cooperazione, citato ne Il Grido Dell’aquila. Prima di andare oltre, è importante chiarire cosa significa Il Sognatore dell’Uomo. Parte dell’illusione in cui l’uomo è intrappolato si basa sul fatto che le persone comuni non conoscono la loro vera natura e quindi credono di essere il loro corpo fisico o la mente o entrambi. Come evidenzia il primo aforisma, l’uomo non è il suo corpo e nemmeno la sua mente. E’ invece un essere spirituale dell’universo, chiamato spirito dell’uomo, o il nagual. Occorre prestare molta attenzione nel considerare questo concetto, perché gli apprendisti fanno spesso l’errore di 35


presumere che la frase Lo Spirito dell’Uomo significa che ogni uomo e ogni donna ha il suo nagual. Se tengo conto che la supposizione è fatta da un comune apprendista direi che è sufficientemente vera, ma non del tutto corretta, perché c’è una-vita che evolve unaconsapevolezza, attraverso il mezzo dell’universo materiale. In altre parole, c’è un solo nagual, uno spirito, che ha molte diverse sfaccettature nella sua consapevolezza, una di queste è quella creatura che chiamiamo uomo. Tecnicamente, la consapevolezza del nagual si manifesta in innumerevoli campi di energia disposti in varie sequenze di ammassi. Uno di questi ammassi forma quella banda macrocosmica chiamata uomo. Questa macrocosmica banda dell’uomo, che chiamiamo liberamente spirito dell’uomo è una replica esatta della manifestazione del macrocosmico nagual. In ultima analisi c’è un solo spirito dell’uomo, che contiene milioni di milioni di campi energetici, ognuno dei quali ha il potere di assemblare consapevolezza in termini di un sé individuale. Quindi, ciò che l’apprendista considera il nagual personale è un campo energetico all’interno del più grande Spirito dell’Uomo ed è chiamato il Sognatore. E’ questo campo energetico che assembla la consapevolezza di sé come individuo. In altre parole, il Sognatore è la manifestazione della consapevolezza del nagual. Questi campi energetici individuali, al proprio livello, rimangono sempre un tutto coerente, perché sono totalmente interdipendenti e interattivi e formano le basi dell’interrelazione della vita. Il senso di separazione esiste solamente al livello del piano fisico. I motivi di ciò sono diversi e complessi, ma si può dire che il senso di essere un individuo separato arriva in parte dalla qualità separativa della mente e in parte perchè l’uovo luminoso dell’uomo è un’esatta replica dello spirito dell’uomo, che sicuramente è uno. Ognuno dei campi energetici che costituiscono lo spirito dell’uomo ha la sua specifica vibrazione, determinata dalla consapevolezza innata. Questi campi energetici sono agglomerati nelle stesse sequenze dei campi dell’universo manifesto, ma siccome ognuno ha la propria vibrazione, questa colora la vibrazione dell’agglomerato. Nello spirito dell’uomo ci sono sette colori prodotti in questo modo, ognuno dei quali con numerose sfumature. Questi colori esistono come risultato dell’agglomeramento, ed ognuno denota una specifica vibrazione complessiva della natura in un accordo di risonanza. Sono questi sette colori che determinano i sette tipi di sognatori e la risonanza con ogni sfumatura determina il destino, finanche le azioni dell’individuo. Così diventa chiaro che non è corretto pensare in termini del mio nagual o tuo nagual, oppure del mio sognatore, opposto al tuo sognatore. Tuttavia, quando usiamo le parole, siamo costretti ad usare queste separazioni. E comunque ciò che segue è solo una pallida approssimazione di una realtà che trascende completamente i limiti delle parole. Cos’è il sognatore? Detta in modo semplice, il sognatore è la consapevolezza di una unità di nagual – la consapevolezza dell’individuo. La vibrazione complessiva del sognatore è determinata dal potenziale della sua consapevolezza e determina il suo allinearsi in uno dei sette spettri visti come colori. La sfumatura di colore attuale è determinata dall’evoluzione della consapevolezza e cambia col progressivo evolvere. Per evolvere la consapevolezza, l’unita individuale del nagual esplora il proprio potenziale attraverso l’atto di sognare, ed è per questo che è chiamato il Sognatore. Così, per tutte le forme organiche del pianeta, la sfida immediata consiste nel materializzare il proprio potenziale sul piano fisico. Per fare ciò, il sognatore fissa la sua attenzione focalizzando l’intento sul piano fisico, ed avviene così l’incarnazione fisica. Tuttavia, l’incarnazione fisica diventa possibile solo se il sognatore trova nella vita sul piano fisico le condizioni che possono aiutarlo nell’evoluzione della propria consapevolezza. Quindi, ogni incarnazione dipende dal costante cambiamento di possibilità determinate dal destino di tutta la vita. Ne deriva che in natura, l’incarnazione avviene cogliendo un momento fortunato.

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Perciò, l’incarnazione fisica sarebbe pressoché impossibile, se non fosse che c’è solo un nagual, che la vita è completamente interrelata e che il sognatore dell’uomo ha anche la consapevolezza di gruppo. Nonostante ciò, per le persone comuni è ancora estremamente difficile l’incarnazione fisica, a dispetto della coscienza di gruppo dei sognatori, perché in questo momento evolutivo, l’evoluzione della consapevolezza comporta lo sviluppo di aspetti della consapevolezza che hanno una qualità separativa e non sostengono l’interrelazione della vita. Da quanto esposto risulta evidente che la cooperazione non solo è intelligente perché è vitale, ma perché forma le basi per l’interrelazione della vita, che sono le fondamenta dell’evoluzione. La cooperazione intelligente esiste in molte differenti forme, ma quella che ci riguarda qui è la nostra cooperazione col nostro sognatore. Per comprendere come questo si realizza partiamo dalla base che noi non siamo il nostro corpo fisico o la mente. Usando la tecnica che segue abbiamo la possibilità di corroborare quest’affermazione. Siediti tranquillo, mettiti comodo e poi chiudi gli occhi. Ora sperimenta ognuno dei cinque sensi, con l’eccezione della vista fisica. Senti i suoni del mondo attorno a te. Odora l’aria che respiri. Sii consapevole del gusto nella bocca. Senti il tocco degli abiti sulla pelle e la pressione del corpo sulla sedia e dei piedi sul pavimento. Realizza che ognuna di queste sensazioni viene a te attraverso il corpo fisico e che tu non sei il corpo. Ora concentrati sulla tua mente. Osserva i pensieri come se scorressero sullo schermo di una televisione. Permetti ai tuoi pensieri di girovagare per conto proprio, ma renditi conto che puoi osservarli e quindi tu non sei i tuoi pensieri, ma essi sono il prodotto della mente. Ora attivati consapevolmente e cambia i tuoi pensieri a volontà, tutte le volte che vuoi, e realizza che attraverso questa tua abilità tu controlli la mente, e quindi non sei la tua mente. Se non sei il corpo o la mente, chiediti chi sei. Non troverai risposta, solo pensieri su pensieri. Ma dietro questi pensieri sentirai un’intelligenza che osserva silente – un’intelligenza che sei tu. Ora nota che, se non sei il corpo o la mente, allora non sei un’entità fisica, e perciò la vita non può essere ciò che hai sempre creduto che fosse. Il tuo nome, gli avvenimenti della tua vita, la tua carriera, la tua posizione sociale, la tua condizione materiale, di fatto ogni cosa, dipende dal fatto che hai un corpo fisico controllato dalla mente. E’ il corpo fisico che ha un’età, che ha una posizione sociale e che si può sposare e avere figli, avere una carriera, avere soldi, avere una casa, un’assicurazione sulla vita e così via. Tutto questo è possibile perché hai un corpo fisico e una mente che controlla e dirige – diventa possibile la vita nel piano fisico. Ma dietro questo, dietro il corpo e la mente ci sei tu, l’intelligenza che vi dimora. Questo è quanto concede questa semplice tecnica, ma per ora è sufficiente. Sapendo che sei l’intelligenza dentro il corpo e che puoi controllare e dirigere la mente, poniti la domanda, “Sono io che controllo la mia mente o sono vittima della mia mente?” Questa tecnica è semplice in sé, tuttavia gli apprendisti che la usano per la prima volta, rimangono ammutoliti dalla presa di coscienza che non solo sono identificati al cento per cento col corpo e la mente, ma peggio ancora, che sono sempre vittime dei loro pensieri, della loro mente! Ne consegue che indulgere nel credere di essere una vittima equivale ad ammettere che sei il tuo peggior nemico, e che se la vita non è ciò che vorresti che fosse, dipende dal fatto che non stai facendo nulla di costruttivo per cambiarla. Inoltre, renditi conto che l’unica ragione per cui le persone credono di essere intrappolate nelle circostanze della vita, è perché indulgono nel credere di poter vivere le loro vite solo secondo i dettami delle circostanze. In ultima analisi, il corpo può essere intrappolato nel vero senso della parola e la mente in una certa misura, indulgendo nel credere di essere limitato dalle circostanze. Tu, l’intelligenza dimorante, non puoi essere intrappolato, ma se credi di essere intrappolato ti rendi così debole da metterti veramente in trappola da solo. La comune illusione dell’umanità è proprio questo: credere di essere vittime e limitate dalle circostanze. Tutti gli uomini e donne sono catturati da questo sogno, a meno che non abbiano riconosciuto di non essere il corpo, né la mente, e che vivere non significa avere un nome o una 37


posizione sociale. E’ veramente così semplice come risvegliarsi, e anche una piccolissima riflessione rivelerà velocemente le astronomiche implicazioni di questo risveglio. Torniamo a considerare il sognatore. Sebbene, dal punto di vista del lettore, il concetto del sognatore non sia niente più che una teoria, serve come ipotesi di lavoro, almeno finché non é corroborata dall’esperienza di prima mano. Tutti gli apprendisti devono mettere in pratica gli insegnamenti se vogliono validarne la verità con l’esperienza, e la stessa regola vale per il lettore. Come ho già detto, il sognatore evolve la sua consapevolezza, o piuttosto scopre il suo potenziale attraverso l’atto di sognare, e in questo atto fissa periodicamente l’attenzione sul piano fisico. Questo fissare che tende a determinare l’incarnazione fisica, si realizza quando il sognatore focalizza il suo intento su certi aspetti del suo sogno. Questi aspetti riguardano il manifestare il pieno potenziale sul piano fisico – un atto che richiede non solo la vita nel denso piano fisico, ma richiede anche delle sfide che possono arrivare solo con l’incarnazione fisica. Comunque, si tenga conto che come risultato dell’agglomeramento, il denso mondo fisico ha una vibrazione molto più bassa di quella del sognatore. Inoltre, l’incarnazione fisica fa sì che il sogno del sognatore diventi più profondo e quindi anche più intenso. Questo approfondirsi del sogno, e il suo diventare più intenso nelle lente vibrazioni del piano fisico, accoppiato con la fissazione dell’attenzione del sognatore, è ciò che crea l’illusione di essere intrappolati. Tuttavia si deve ricordare che l’incarnazione è soltanto una materializzazione parziale dell’intera consapevolezza del sognatore. La porzione di consapevolezza che si incarna è composta da quegli aspetti di sé su cui il sognatore ha focalizzato l’intento e dei quali sogna nell’esistenza fisica. Questa materializzazione parziale della consapevolezza causa all’esser umano il non conoscere la sua vera natura e la sua perdita di conoscenza è ulteriormente aggravata dal fatto che c’è sempre un’eclisse di coscienza all’atto della nascita. Di conseguenza, l’essere umano si identifica completamente con il corpo e la mente condizionata socialmente, e non sorprende che l’illusione di sentirsi intrappolati sia così potente. Finché persiste questa identificazione con corpo e mente, il sognatore non può controllare pienamente il suo sogno e ne deriva che la sua controparte umana, che è il sognato, temporaneamente ha una sua volontà propria. Tuttavia, la volontà del sognato non è proprio volontà nel vero senso della parola, piuttosto è un insieme di effetti casuali determinati dal sognatore che ha solo un controllo parziale del sognato. Questa perdita di controllo somiglia molto alla paralisi psichica cerebrale, perché il sognato si comporta in maniera spastica come un cerebroleso, almeno finché il sognatore recupererà il pieno controllo. Inoltre, la parte fuori controllo non è sul piano del sognatore, ma sul piano della sua controparte fisica, che a causa dell’identificazione resiste al controllo. Per il sognatore, il primo passo verso il dispiegamento del pieno potenziale sul piano fisico è quello di cercare il controllo della controparte fisica ed è quindi il motivo per coinvolgersi nell’incarnazione fisica. TU SEI IL TUO SOGNATORE E QUINDI RESISTERE AL TUO SOGNATORE E’ RESISTERE AL TUO SE’ – UN ATTO SENZA SENSO.

Ora dovrebbe essere chiaro quanto è importante la cooperazione fra il sognatore e il sognato. Comunque, questa cooperazione deve essere intelligente, perché non bisogna dimenticare che 38


sebbene il sognatore focalizzi il suo intento sull’evoluzione della consapevolezza, è il sognato che deve agire nel piano fisico, fisicamente, emotivamente e mentalmente. In altri termini, il sognatore tiene il suo intento focalizzato sugli obiettivi, ma è il sognato che deve capire qual è il modo migliore per raggiungere gli obiettivi. Invece che resistere al suo fato, il sognato deve abbracciarlo pienamente, che equivale a prendere il controllo del sogno, a prendere il controllo della propria vita. Prendere il controllo del sogno non significa controllare il sognatore, ma riprendere il controllo di ciò che accade nel sogno. Questo comporta che, anziché sentirti una vittima dentro il sogno, ma permettendo che la vita ti accada, determini il modo in cui si dispiegano gli eventi nel sogno. Finché siamo incarnati, l’attenzione del sognatore è fissa, e quindi non possiamo alterare gli obiettivi desiderati nel sogno, perché costituiscono il nostro fato in questa vita, ma possiamo determinare il modo in cui raggiungere quegli obiettivi e quindi controllare i contenuti del sogno. I contenuti del sogno sono ciò che sperimentiamo come le sfide della vita, e sono progettate dal sognatore attorno alle azioni del sognato. Ovvero, la natura e la forma di ogni sfida dipende dalla cooperazione, o assenza di cooperazione, fra il sognatore e il sognato. Questo mostra ancora una volta la futilità di credere di essere vittime delle circostanze. Per di più, risulta chiaro che più cooperiamo col sognatore, più controlleremo i contenuti del sogno, e più intelligente sarà questa cooperazione, più potente sarà il controllo. Il controllo dei contenuti del sogno è conosciuto come follia controllata. La follia consiste nel credere nell’illusione di essere vittime delle circostanze e nel non poter alterare gli obiettivi del sogno durante l’incarnazione. Non importa se abbiamo il controllo delle nostre vite oppure no, in entrambi i casi non possiamo evitare il prodotto del sogno e quindi dobbiamo riconoscere che le nostre azioni equivalgono a follia e tuttavia c’è una differenza. Se cerchiamo di evitare il nostro fato, scappando continuamente dalle nostre sfide, non facciamo altro che attirarci più sfide ed aggravare la nostra follia. D’altra parte, se affrontiamo le sfide prendendo il controllo delle nostre vite, non solo controlliamo la follia, ma la diminuiamo. INTELLIGENTE COOPERAZIONE SIGNIFICA CONTROLLARE LA TUA FOLLIA. QUESTO FATTO E’ LA CHIAVE DI TUTTE LE FORME DI MAGIA, E CONDUCE ALLA COMPRENSIONE DELLA TRADIZIONE DEL DRAGO. – UNA COMPRENSIONE CHE CONCEDE L’ABILITA’ DI LANCIARE LA LANCIA DEL DESTINO ED IMPUGNARE LA SPADA DEL POTERE. La follia controllata è anche il nucleo della tradizione Tolteca. Sebbene essa sia diffusamente praticata fra i guerrieri, solo all’interno della Via della Libertà la si può comprendere interamente. Questo perché l’atto di controllare la follia è sostenuto dall’abilità di manipolare la forza dell’intento. Ne Il Ritorno dei Guerrieri spiegai che i fatti che a un non iniziato sembrano magia, sono in realtà dei miracoli provocati dalla manipolazione dell’intento. Sebbene non si possa negare che la manipolazione dell’intento è così formidabile da apparire magica, si può dire che non esiste nessuna magia in quanto tale. L’intento è una qualità della consapevolezza del sognatore e quindi dove non c’è intelligente cooperazione e dove c’è follia non controllata, non può esserci manipolazione dell’intento. La manipolazione dell’intento può avvenire solo dove c’è pieno e consapevole controllo della follia; un atto che implica riconoscere l’interrelazione della vita; e non bisogna dimenticare che c’è un solo nagual e che tutti i sognatori dell’umanità hanno piena consapevolezza di gruppo. Ora occorre spiegare la differenza fra la mente e la mente razionale. L’apprendista fa spesso l’errore di presumere che siano la stessa cosa, ma si ricorderà da Il Grido dell’Aquila che la mente è una polarità della consapevolezza del sognatore, e l’intento è l’altra polarità. D’altra parte, la mente razionale è un’espressione dell’abilità del sognatore di elaborare, nel senso di elaborare dettagli pratici sul piano fisico. In altre parole, la mente razionale è l’espressione di una frazione della mente totale. 39


La funzione della mente è quella di separare e dividere per gli scopi dell’evoluzione, mentre la funzione dell’intento è quella di esercitare pressione sulla mente per separare e anche quella di unire, sempre a scopo evolutivo. In ultima analisi la mente e l’intento sono la stessa cosa, conosciuta come la consapevolezza del sognatore. Quindi, ciò che chiamiamo il primo anello del potere è l’aspetto della consapevolezza del sognatore che chiamiamo mente, mentre il secondo anello del potere è quell’aspetto chiamato intento e nel quale vi è quell’aspetto che tende a separare e discriminare. E’ per questo motivo che il primo anello del potere ha qualità sottrattiva e si afferma che il vero intento diventa operativo solo usando il secondo anello del potere. Siccome l’intento unisce e ha una qualità additiva, è evidente che per manipolare l’intento è necessario praticare l’interrelazione della vita. Tutto ciò significa che, l’unica forma di intento che è possibile usare senza praticare l’interrelazione della vita è il riflesso dell’intento, che ha qualità separativa e sottrattiva. Questo può essere chiamato giustamente il potere della mente, opposto alla mente razionale che non ha potere in sé. Il potere della mente è certamente il primo anello del potere, ed è questo riflesso di intento che è usato dai guerrieri del sentiero della Grande Avventura. E’ questo il motivo per cui si afferma che questo sentiero non conduce alla libertà, perché si dedica solo all’acquisizione di potere per guadagno personale, qualsiasi uso dell’intento evoca la qualità separativa della mente. Non è una critica a questa qualità, ma occorre riconoscere che questa alimenta la divisione, così questi guerrieri diventano più separativi e non sostengono l’interdipendenza della vita. La trappola del Sentiero della Grande Avventura è sottile, perché è possibile esercitare questo potere realizzando solo in parte l’intelligente cooperazione. D’altro canto, i sognatori hanno innegabilmente una coscienza di gruppo e allo stesso tempo anche la qualità mentale della separazione, divisione e discernimento, che gioca un ruolo vitale nell’evoluzione della consapevolezza. Perciò i guerrieri della Grande Avventura, essendo separativi, non si oppongono direttamente alla volontà dei loro sognatori. Al contrario, essendo separativi, stanno aiutando l’evoluzione della consapevolezza nello sviluppare la facoltà della discriminazione, in se stessi e nelle persone attorno. Inoltre, siccome la legge universale dell’economia governa le azioni dell’individuo, incurante del bene o del male, questi guerrieri sono in grado di manipolare sia l’aspetto mentale dei loro sognatori e sia la legge universale dell’economia a proprio vantaggio, andando a caccia del potere per realizzare le loro ambizioni; le quali nulla hanno a che fare con l’interrelazione della vita. D’altra parte, siccome i sognatori hanno la coscienza di gruppo, questa situazione di prevalente separazione non può durare per sempre. Presto o tardi emergerà la necessità di unire, è inevitabile. Se qualche volta accade che il senso di separazione in una particolare incarnazione diventa troppo grande, il sognatore può perdere il controllo al punto di comprometterlo seriamente. Tale sognatore è a tutti gli effetti intrappolato nella sua fissazione dalle azioni del sognato, e l’illusione del sogno lo destabilizza confinandolo nella polarità della sua consapevolezza chiamata mente. Un sognatore intrappolato in questo modo viene denominato una stella perduta, perché ci vorranno eoni per districarsi da questa trappola. Nella scala umana, questo periodo di tempo sembra un’eternità, e quindi ecco il termine stella perduta. Ora dovrebbe essere più chiaro perché si afferma che il sentiero della Grande Avventura non conduce alla libertà, e perché la Via della Libertà mette così tanta enfasi sull’interrelazione della vita. La chiave è l’intelligente cooperazione, da usare per separare e unire; la chiave di entrambi gli anelli del potere, il primo e il secondo; e infine la chiave per la creazione e la distruzione. Ciò che rende questa chiave sicura è che bilancia la creazione con la distruzione e quindi unisce assieme il primo e il secondo anello del potere, creando così il terzo anello del potere. Questo terzo anello emerge gradualmente nel praticare l’intelligente cooperazione, ciò comporta che controlliamo la nostra follia nella misura in cui prendiamo controllo del sogno. Prendere il controllo del sogno non è così semplice come può sembrare a prima vista, perché per prima cosa implica che dobbiamo svegliarci dentro sogno. Non riusciamo a svegliarci dal sogno perché durante l’incarnazione fisica l’attenzione del sognatore è fissa; quando la fissazione cessa, 40


significa che il sognatore ha ritirato il suo intento e avviene la morte fisica. Tuttavia ciò che si intende con l’affermazione svegliarsi nel sogno è che il sognatore diventa consapevole di star sognando, che ciò che gli accade è solo un sogno e che può controllare i contenuti del sogno. Ogni apprendista trova questo punto molto astratto, perché l’apprendista tende a dimenticare che il sogno non è solo ciò che il condizionamento sociale lo ha portato a credere, ma che qualsiasi sogno è in realtà un stato alterato di percezione. E’ a causa di questa incomprensione che spesso l’apprendista fa una domanda tipo questa: “Vuoi dire che questa roccia è solo un sogno?” “ Vuoi dire che è solo un’illusione? Che non esiste realmente?” La roccia è reale, tanto quanto lo è un sogno, e nessuno dei due è un’illusione in quanto tale, ma la nostra percezione di entrambi cambia radicalmente quando provochiamo un diverso allineamento della percezione. Quindi, non è che la roccia o il sogno sono un’illusione, ma l’illusione consiste nel fatto che crediamo che la percezione che abbiamo della roccia sia la sola ed unica realtà. Da quanto sopra ne segue che per prendere il controllo del sogno dobbiamo essere capaci a spostare il focus della percezione, che a sua volta comporta l’avere un punto di assemblaggio fluido, in modo da provocare stati alterati di percezione. Se non riusciamo a spostare il focus, ovviamente restiamo “vittime” del sogno. A questo proposito, il primo spostamento di focus avviene quando l’apprendista comincia a realizzare che se non muove almeno di un poco il proprio punto di assemblaggio, non è proprio possibile percepire la vita in modo diverso. Questo è un grande risultato, l’apprendista è avviato a risvegliarsi nel sogno, e quando è sufficientemente sveglio, comincia a prendere il controllo del sogno. La tecnica dell’intelligente cooperazione diventa importante solo quando l’apprendista ha iniziato a svegliarsi. Per realizzare la libertà ed evitare le tentazioni del sentiero della Grande Avventura è imperativo che l’apprendista realizzi che la sua vita è perfetta così com’è, e che anziché contrastare il fato, occorre una piena e intelligente cooperazione col proprio sognatore. L’atto di risvegliarsi consiste nel riconoscere che la vita, con le sue sfide, non è qualcosa da cui scappare, ma qualcosa che ci regala delle opportunità per realizzare il nostro potenziale nel piano fisico. Il vero scopo del sogno è quello di materializzare il nostro potenziale e una volta che ci imbarchiamo in questa impresa, diventiamo uno col sognatore e automaticamente cominciamo a controllare la nostra follia, in modo da determinare solo le sfide e gli effetti che ci aiutano nel processo di materializzazione delle potenzialità. E’ per questo motivo che il risvegliarsi nel sogno si può anche dire “aver imparato a sognare veramente”; ossia, sognare veramente il nostro fato. Per sognare veramente, abbiamo bisogno di raffinare la nostra abilità nell’arte del sognare – abbiamo bisogno di raffinare la nostra abilità di provocare stati alterati di percezione. Tuttavia, come abbiamo visto nell’esempio dell’illusione, non ha senso realizzare stati alterati di percezione se l’interpretazione di ciò che stiamo percependo è inaccurata. Il sognare provocherà sempre degli stati alterati di percezione, ma l’unico modo per essere sicuri che la nostra interpretazione della percezione è corretta, è quello di tendere l’agguato alla percezione di noi stessi e del mondo che ci circonda. Per rendere giustizia ai fondamentali insegnamenti dell’arte del sognare, citati ne Il Grido dell’Aquila, è necessario mettere in pratica gli insegnamenti dell’agguato che ci sono in questo libro. Similmente, per comprendere gli insegnamenti di questo libro, il lettore avrà bisogno di familiarizzare con i fondamenti dell’agguato che ci sono ne Il Ritorno dei Guerrieri. L’arte del sognare e l’arte dell’agguato sono due tecniche inseparabili, entrambe sono inestricabilmente legate l’una all’altra nella Maestria della Consapevolezza. Essenzialmente, la Maestria della Consapevolezza è ciò che implicano le parole stesse, e nella competenza di quest’area, si usa il sogno per mappare aspetti ignoti della consapevolezza. Ma siccome l’evoluzione della consapevolezza emerge in modo pratico nel piano fisico, si usa l’arte dell’agguato per rendere pratico ciò che l’arte del sognare produce. Perciò non bisogna dimenticare che l’efficacia di qualcosa consiste nella praticabilità di una nuova conoscenza, così come la sua autenticità. Non c'è mai stato un assioma più vero del vecchio proverbio, "la prova del budino sta nel mangiarlo". 41


Ne Il ritorno dei Guerrieri si considera l’arte dell’agguato come una delle tre aree di competenza in cui l’apprendista deve diventare esperto, se spera di diventare un vero guerriero. Non è facile spiegare in poche parole perché in questo libro si esamina in modo particolare l’arte dell’agguato, piuttosto che l’arte del sognare, ma si spera che diverrà chiaro al lettore nel prosieguo della lettura. Per ora basti dire che sognare è sognare, e non c’è altro da fare col sogno, tranne che sognare e diventare esperti nell’arte del sognare. La ragione di ciò è che il sogno del sognatore è fisso, e non possiamo fare nulla nel sogno per rompere la fissazione del sognatore. Quindi non possiamo cambiare il sogno in nessun modo. Dopotutto, questa è la nostra follia. Possiamo controllarla e manipolare i contenuti del sogno. Il controllo della follia e la manipolazione dei contenuti del sogno, sono il vero scopo e significato dell’arte dell’agguato. Per cui definiamo il tendere l’agguato come la maestria della follia controllata e il cacciatore come il maestro della follia controllata. Per controllare la follia è necessario svegliarsi al fatto che siamo catturati in un sogno. L’atto di svegliarsi comporta sobrietà, una qualità di consapevolezza assegnata giustamente all’est, per la quale si richiede la ricapitolazione. Non c’è modo migliore per svegliarsi che ricapitolare la nostra vita, così che diventiamo capaci di vedere ciò che è. Ma la sobrietà è molto più di questo, perché appena realizziamo un minimo di sobrietà, comprendiamo rapidamente che né noi, né il mondo attorno sono quel che abbiamo sempre creduto. In altri termini, la ricapitolazione consente la sobrietà e rivela il primo postulato dell’agguato – il fatto che il mondo ed ogni cosa sono un mistero senza fine. Da questo momento è impossibile guardare alla vita come la si guardava prima. Tendere l’agguato è un’abilità che s’impara seguendo i dettami del potere, perciò non siamo noi a dettare le regole, ma il potere. L’evoluzione della consapevolezza è un gioco del potere ed è quindi il potere che ne detta le regole. Come accade sempre quando si ha a che fare col potere, le regole sono ingannevolmente semplici, ma le implicazioni sono enormi. Nella figura 3, dei quattro componenti del sogno, a sinistra ci sono le regole della caccia e a destra le sfide della vita; è come la tavola di un gioco di solitario, i quattro quadranti sono interdipendenti e interattivi e per ogni mossa che facciamo, il potere insito nella tavola reagisce. Se la nostra mossa è nella direzione dell’evoluzione della consapevolezza, allora aggiungiamo un punto al potere personale e questo punto ci garantisce una maggiore libertà nella scelta della mossa successiva. Ma se facciamo una mossa che è contraria all’evoluzione della consapevolezza, perdiamo un punto, che diminuisce il potere personale e limita la libertà. L’obiettivo del gioco del solitario è quello di eliminare tutte le carte, rimanendo con una sola carta; similmente nel gioco della vita dobbiamo combattere, vincere ed eliminare tutti i tipi di sfide, una per una, per conquistare la totalità del sé. Il gioco della vita richiede azione e forza, entrambe di pertinenza del nord. Ma per acquisire forza e agire con saggezza, dobbiamo essere capaci a tendere l’agguato efficacemente e per impararlo, abbiamo bisogno di usare le regole applicando ogni aspetto delle sette combinazioni. Usando le regole dell’agguato cominciamo a comprendere le implicazioni del secondo postulato dell’agguato. Queste implicazioni ci conducono direttamente alla Tradizione del Drago che, essendo il terzo anello del potere, sorge necessariamente al sud, il luogo del potere e del sogno.

In questo volume, non è possibile trattare tutti gli aspetti coinvolti nei quattro postulati dell’agguato, nella regola dell’agguato e nella Tradizione del Drago, ma questi concetti sono così inestricabilmente legati che è d’obbligo introdurli come un tutt’uno. 42


DOPO AVER IMPARATO A TENDERE L’AGGUATO AL PROPRIO SOGNO E AL SOGNO DEGLI ALTRI, IL GUERRIERO IMPARA LA TRADIZIONE DEL DRAGO. LA TRADIZIONE DEL DRAGO CONSENTE AL GUERRIERO DI ENTRARE NEL SOGNO DELL’AQUILA E POI IMPARARE A CREARE POSSIBILITA’ CHE NON C’ERANO PRIMA. AVENDO A CHE FARE CON I CAPRICCI DEL POTERE, IL VANTAGGIO PER IL GUERRIERO CONSISTE NEL POTER CREARE ALL’OCCORRENZA IL PROPRIO ASSO NELLA MANICA. QUINDI, LA TRADIZIONE DEL DRAGO E’ LA CONOSCENZA DELL’ARTE DELL’AGGUATO – L’ABILITA’ DI SCIVOLARE VIA DA QUALSIASI TRAPPOLA. Non è possibile comprendere la Tradizione del Drago senza prendere in considerazione la realtà di mondi alternativi, perciò la Tradizione del Drago rivela molto più di quanto riveli il mondo degli stregoni. I guerrieri della Libertà non aderiscono più alle pratiche della stregoneria, perché non portano alla libertà, e tuttavia il nome di questo mondo è rimasto intatto, per la semplice ragione che è il nome più adatto a definire questo particolare mondo. Ci sono molte porte d’ingresso al mondo della stregoneria. Una di queste si apre verso un labirinto in cui è facile perdersi e che produce un’illusione dopo l’altra. C’è solo una porta, che sembra simile alle altre, che conduce al cuore di questo mondo. E’ qui, al centro di questo mondo, che la verità della Tradizione del Drago si rivela e in cui è possibile guardare il perno dei tre anelli del potere, e i riflessi della Lancia del Destino e la Spada del Potere. Guiderò il lettore attraverso questa porta e non le altre, conosciute come quelle degli stregoni moderni.

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Le Regole dell’Agguato

1. IL GUERRIERO SCEGLIE LA SUA BATTAGLIA, E VALUTA LE CIRCOSTANZE E LE CONDIZIONI DI OGNI BATTAGLIA CON LA MASSIMA CURA. 2. IL GUERRIERO SI SFORZA DI ESSERE SEMPLICE, COSI’ SCARTA TUTTE LE AZIONI NON NECESSARIE. 3. IL GUERRIERO E’ SEMPRE PRONTO A FARE DEL QUI E ORA LA SUA ULTIMA BATTAGLIA SULLA TERRA. 4. DENTRO LA BATTAGLIA, IL GUERIERO SI ABBANDONA ALLE AZIONI, PERMETTENDO ALLO SPIRITO DI FLUIRE LIBERO E CHIARO. SOLO COSI’ IL POTERE DEL DESTINO LO PUO’ GUIDARE. 5. QUANDO INCONTRA SITUAZIONI CHE NON RIESCE A GESTIRE, IL GUERRIERO SI APRE AL MONDO E PERMETTE ALLA MENTE DI OCCUPARSI DEI PICCOLI DETTAGLI DELLA VITA. 6. IL GUERRIERO COMPRIME IL TEMPO. OGNI BATTAGLIA, NON IMPORTA SE GRANDE O PICCOLA, E’ UNA BATTAGLIA PER LA VITA. E IN UNA BATTAGLIA PER LA VITA UN ISTANTE DIVENTA UN’ETERNITA’ – UN’ETERNITA’ CHE DETERMINA L’ESITO DELLA BATTAGLIA. 7. UN CACCIATORE NON RIVELA LA SUA IDENTITA’, NEANCHE A SE STESSO.

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CAPITOLO TRE

SVEGLIARSI NEL SOGNO SE NON SEI SVEGLIO, NON PUOI PRENDERE IL CONTROLLO DEL SOGNO. ESSERE SVEGLI SIGNIFICA CHE CONOSCI OGNI SFACCETTATURA DELLA TUA VITA PER CIO’ CHE REALMENTE E’. PER AVERE QUESTA SOBRIETA’, DEVI RICAPITOLARE LA TUA INTERA VITA, DAL MOMENTO PRESENTE, INDIETRO FINO ALLA NASCITA. SENZA QUESTA SOBRIETA’ TI COMPORTERAI SEMPRE COME UN CLOWN CHE REITERA LA SUA FOLLIA. Se vogliamo cooperare col nostro sognatore è necessario riconoscere che il sogno che abbiamo alimentato per così tanto tempo non è reale, ma un’illusione perpetuata attraverso il condizionamento sociale. Tuttavia, è proprio a questo punto che molte persone desiderose di diventare guerrieri, improvvisamente fanno dietro front e scappano via dalla sfida. Effettivamente, per la maggior parte delle persone è inaccettabile prendere in considerazione, anche solo come ipotesi, che tutto ciò che hanno creduto, sperato e sul quale hanno lavorato, sia un’illusione. Ma anche di quei pochi che decidono di accettare la sfida, solo un manipolo di essi dimostrerà di avere ciò che serve per sostenere la Via del Guerriero. Il motivo di ciò è piuttosto semplice – le persone non vogliono realmente cambiare. D’altronde, perché mai qualcuno dovrebbe cambiare? Solo perché un uomo che si dichiara nagual ha detto che dobbiamo farlo? SI PUO’ PADRONEGGIARE LA VIA DEL GUERRIERO SOLO SE QUESTA PADRONANZA SIGNIFICA SOPRAVVIVERE. Rendetevi conto che se le persone sono ragionevolmente felici con la vita così com'è, allora non vi è alcuna reale motivazione a cambiare nulla. Piuttosto che cambiare qualcosa, molte persone preferiscono aggiungere qualche forma di ricchezza alla loro vita. Così ci sono moltissime persone che vorrebbero avere il potere e l’abilità del guerriero, ma solo come un extra che arricchisce le loro vite. Purtroppo, non è possibile avere il potere di un guerriero senza diventare un guerriero, e per diventarlo è richiesta una totale trasformazione dell’isola del tonal. In generale, solo le persone che sentono onestamente di non avere nulla da perdere, si sottomettono volentieri ad una totale trasformazione. Se rimane ancora qualcosa da perdere, l’apprendista resisterà al cambiamento, aggrappandosi alla vecchia vita. Per questo motivo un nagual non è mai pronto a prendere chiunque come apprendista, e specialmente perché l’apprendistato ha una durata media fra i quindici e i vent’anni. Per cui, prima che un nagual investa questa quantità di tempo ed energia in un apprendista, dev’essere convinto che quell’apprendista abbia ciò che serve per essere accettato. La ragione per cui spiego queste cose è che hanno molta rilevanza in questa sezione degli insegnamenti e in special modo in questo periodo storico. In passato, quando il principale compito del nagual era di custodire gli insegnamenti, era vitale per il nagual assicurarsi la continuità del proprio lignaggio. Il fallimento nel trovare l’adeguato successore, significava per lui che la conoscenza si sarebbe perduta. In questo contesto, la domanda più frequente è perché i Toltechi non hanno mai messo per iscritto i loro insegnamenti. A questo punto il lettore dovrebbe avere almeno un’idea del perché questa idea non sia mai stata considerata praticabile. Non è possibile verbalizzare adeguatamente una grandissima parte dell’insegnamento, perché la Via del Guerriero è una via pratica. Se gli insegnamenti fossero scritti, diventerebbero 45


congelati nel tempo e antiquati. L’unico modo per tenere gli insegnamenti vivi e praticabili, come pure al passo con l’evoluzione, era quello di passare la conoscenza da una generazione all’altra, assicurandosi che ogni generazione evolvesse la conoscenza vivendo da guerrieri, e a loro volta preparasse una nuova generazione. Se gli insegnamenti fossero stati scritti, senza dubbio sarebbero andati perduti migliaia d’anni fa, non esisterebbero più Toltechi e l’umanità non avrebbe mai saputo di avere un retaggio magico. Oggi, siccome l’uomo è diventato adulto, ed è pronto a ricevere il suo retaggio, tutto ciò è cambiato drammaticamente. Oggi è possibile mettere per iscritto gli insegnamenti, perché nel mondo c’è un numero sufficiente di persone che può e vuole farsi carico degli insegnamenti. Per cui non è più necessario che i nagual tengano vivi i loro lignaggi, perché lo scopo di base dei lignaggi si è realizzato. I Toltechi hanno mantenuto fede alla fiducia che gli è stata accordata, e in questo tempo stanno realizzando il compito finale verso l’umanità consegnando all’uomo il suo retaggio. Il ruolo dei Toltechi, come custodi del retaggio dell’uomo, è stato svolto per lungo tempo ed ora non è più necessario, quindi non ci saranno più lignaggi. Le implicazioni di questo momento di cambiamento emergeranno quanto più saranno diffusi gli insegnamenti. L’unica implicazione che ha a che fare con questa sezione degli insegnamenti, è che i Toltechi hanno di nuovo ripreso il loro ruolo all’interno dell’umanità, ma questa volta solo nel senso di mentori e consulenti. Con la maturità arriva l’ora del potere dell’umanità, e se l’uomo reclama il suo potere, allora ha la responsabilità di essere adulto e portare avanti l’azione da sé. I Toltechi continueranno a fare la loro parte mostrando all’uomo la via, ma spetterà all’uomo cercare da sé la guida. I giorni in cui i Toltechi erano costretti a mantenere intatta l’eredità dell’uomo, sono ormai andati. Se l’uomo sciupa il patrimonio che gli è stato consegnato, non mettendolo in pratica e quindi perdendo la conoscenza, o non cercando guida per meglio utilizzare il suo retaggio e quindi corrompendolo, allora la responsabilità sarà sua e solo sua. Questo punto è importante, specialmente per gli insegnamenti che seguono. In passato un nagual si assicurava che un apprendista avesse ciò che gli serviva per diventare guerriero, soprattutto in modo che gli insegnamenti si conservassero nella continuazione del lignaggio; bene, oggi non è più il caso. Oggi i nagual non hanno più quest’obbligo, né la pressione per trovare l’adeguato successore. In altri termini, sebbene i nagual abbiano ancora l’obbligo di guidare altri verso la libertà, non sono più costretti ad insegnare ad apprendisti personali, nemmeno devono preoccuparsi se le persone che vengono a loro avranno successo oppure no. Questo significa che un nagual ora può permettersi di essere ancora più selettivo nella scelta degli apprendisti, perché non ha più importanza se ne trova pochissimi o addirittura neanche uno. Per quanto riguarda questi libri, in nessun modo è mia responsabilità cosa farà il lettore degli insegnamenti. Ora c’è un’opportunità che prima non c’era. Con gli insegnamenti messi per iscritto nei libri, chiunque voglia può avvalersi da sé degli insegnamenti. E comunque, le condizioni per diventare un guerriero non sono cambiate, eccetto che ora è possibile lavorare anche partendo da questi manuali e non solo ricevendo istruzioni orali da un nagual. Questo va proprio bene, ed è meraviglioso che gli insegnamenti siano disponibili a chiunque, senza alcuna discriminazione; ma farei un torto al lettore se non mettessi in evidenza l’insidia insita in questo nuovo modo di procedere. Il pericolo sta nel credere che si possano piegare le regole per i propri scopi. Indulgere in questo credere è una stupida perdita di tempo ed energia, perché non c’è alcun modo di acquisire la maestria, le abilità e il potere di un guerriero senza diventare un guerriero e vivere da guerriero. Pensare che sia possibile aggiungere la via del guerriero come una cosa in più all’attuale vita che si conduce è come pensare di diventare un campione mondiale di tennis, senza dedicare la carriera, la vita e ogni cosa al tennis. Oggi è possibile per chiunque diventare un guerriero, ma solo se si realizzano gli antichi requisiti. Questo non impedisce alle persone di prendere solo gli insegnamenti che trovano utili e arricchenti. Non c’è nulla di sbagliato in questo, va anche incoraggiato; purché sia chiaro e si prenda la responsabilità, che se non si é disposti a cambiare e si vuole solo prendere gli insegnamenti che fanno comodo, non si diventerà mai un guerriero. Questo principio vale anche per 46


le persone che vogliono imparare a giocare a tennis, non per diventare campione del mondo, ma per divertimento e arricchimento personale. Sapendo di essere un giocatore di tennis dilettante, sai benissimo che sarebbe una sciocchezza voler competere con un campione di tennis; allo stesso modo sarebbe una sciocchezza pensare di poter fare le cose che fa un guerriero, se non sei un guerriero. Saresti anche non onesto con te stesso se ti dichiarassi un guerriero; non c’è alcun modo per falsificare l’impeccabilità dello spirito di un guerriero, e nemmeno c’è modo di imitare il suo potere. Presto o tardi le tue azioni riveleranno la tua farsa. Questo ci riporta alla regola dell’agguato, perché se tu lettore intendi reclamare il tuo potere come fa un guerriero, e non solo arricchire la tua vita con questi insegnamenti, allora dovrai imparare come tendere l’agguato a te stesso in modo impeccabile. A questo proposito chiediti: “Voglio veramente diventare un guerriero? Onestamente, sono pronto a sopportare una totale trasformazione?” Se ogni fibra del tuo essere urla che non c’è altro modo o altra via, allora farai ogni sforzo per mettere in pratica gli insegnamenti, non importa quante volte proverai e fallirai. Ricorda che non importa se fallisci ripetutamente, perché impariamo più con i fallimenti che non con la fortuna dei principianti. Nell’imparare a giocare a tennis, mancherai la palla innumerevoli volte, ma ogni volta che la mancherai, imparerai qualcosa per correggere il tiro. Questo è innegabile per ogni tipo di apprendimento, compreso l’imparare a diventare un guerriero, e specialmente per tendere l’agguato a se stessi. Inoltre anche questo paragone, che sembra molto logico, non va preso per il suo valore apparente. Imparare a giocare a tennis è una cosa, ma imparare ad essere un guerriero è una cosa completamente diversa, per il semplice motivo che possiamo diventare guerrieri solo mettendo in pratica gli insegnamenti nella vita quotidiana, anziché solo nel campo d’allenamento. Se manchi la palla nel campo da tennis, la cosa peggiore che può accaderti è quella di perdere il set, ma ogni volta che manchi la palla nel gioco della vita, ci saranno ripercussioni su di te e anche sulle persone che ti stanno attorno. Di conseguenza, nessuno di noi ha licenza di indulgere negli sbagli della vita, perché ogni pratica è un evento reale con effetti reali, sia che stiamo imparando ad essere guerrieri o no. Anzi, per una persona che sta imparando a diventare guerriero, ogni pratica, ogni evento, è una vera battaglia per la vita. E chiaramente in una battaglia per la vita non possiamo permetterci di fare degli sbagli. Eppure, farete degli sbagli ed imparerete dagli sbagli e alla fine tutti noi pagheremo per ogni lezione con qualcosa della nostra vita. Una delle prime cose che si imparano quando ci si incammina nella via del guerriero è il primo aspetto della regola dell’agguato: un guerriero sceglie la sua battaglia e valuta le circostanze e le condizioni di ogni battaglia con la massima cura. La frase “sceglie la sua battaglia” non va presa per il suo significato apparente, perché coloro che ignorano questo primo aspetto della regola dell’agguato e ostinatamente persistono nel vecchio modo di pensare e comportarsi, sono condannati al fallimento, perché rifiutano di svegliarsi. Tali apprendisti non diventeranno mai guerrieri, perché persistono nella follia del sogno. Il punto è che l’atto iniziale per svegliarsi nel sogno non è tanto una tecnica o un’abilità acquisita, ma un atto di sopravvivenza. Perché mai dovresti desiderare di svegliarti se il tuo sogno ti piace? Una persona desidererà uscire dai contenuti del sogno, solo quando il sogno comincia a diventare un incubo. Inoltre, ciò che per una persona è un incubo, non necessariamente è un incubo anche per un’altra persona. Ognuno di noi è diverso. Per esempio, per una persona la povertà è un incubo, mentre per un’altra è un incubo la costante corsa per sostenere ed incrementare il proprio enorme impero finanziario. Similmente, per una coppia di genitori sarebbe un incubo avere un figlio delinquente e non lo sarebbe avere un figlio mentalmente ritardato, mentre per un’altra coppia sarebbe un incubo avere un figlio ritardato e non lo sarebbe avere un figlio delinquente. In ogni caso, ciò che fa di un sogno un incubo è il fatto che la persona coinvolta comincia a sentire che la propria salute mentale e forse anche la propria vita comincia ad essere seriamente minacciata e che

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nel sogno non c’è luogo in cui scappare, non c’è un posto in cui nascondersi. E’ allora e solo allora che la persona comincerà a lottare per svegliarsi. Notate che prima ho usato le parole l’atto iniziale per svegliarsi. Queste parole le ho scelte attentamente per un motivo, ossia che svegliarsi non è così semplice come ottenere un istante di sobrietà durante la notte. Svegliarsi nel sogno comincia con l’importante decisione di cambiare, ma acquisire la vera sobrietà o essere completamente svegli comporta un lungo processo di lotta per vedere i contenuti del sogno per quello che sono. La decisione iniziale è veramente un cambiamento catastrofico, ma a quella decisione devono seguire le azioni richieste e tutte le azioni hanno un tempo di svolgimento a cui seguono i frutti. E’ impossibile piantare un seme oggi ed avere un albero adulto domani. Tradizionalmente un nagual accetta un apprendista solo se vede che sta già lottando per svegliarsi. Quando l’apprendista è a questo punto, non ha bisogno di essere convinto che ogni evento è una battaglia per la vita. Di questo, l’apprendista ne è già convinto, ciò che ora ha bisogno è sapere come fare. Il modo per procedere è imparare come tendere l’agguato alla percezione o in altre parole come tendere l’agguato al sogno. Tuttavia, siccome tale apprendista è una nuova recluta, non ha ancora la sobrietà per comprendere la reale importanza della regola dell’agguato o dei quattro postulati dell’agguato. Vediamo per esempio un mio apprendista di cui ho cambiato il nome e il suo approccio per tendere l’agguato al sogno.

Sean e suo fratello Willis sono assieme in affari. Siccome l’azienda è stata fondata da Sean, per tacito accordo tra fratelli, il direttore è sempre stato lui. Tutto ad un tratto le correnti sotterranee del loro rapporto giungono ad un culmine ed emergono, col risultato che Willis dice al fratello Sean che sta rilevando l’azienda e che da quel momento si farà a modo suo. Willis inoltre mette in chiaro che se Sean ha qualche problema, è libero di andarsene, a condizione che vada via senza portarsi via nulla. In questa svolta degli eventi, Sean si ritrova ad affrontare un vero dilemma, perché sta per perdere il lavoro di una vita e perché ha fornito alle banche garanzie personali per tutte le passività dell’azienda. Se Sean rimane in azienda, sarà in una scomoda posizione perché dovrà rispondere a suo fratello di ogni cosa e primariamente di se stesso! D’altra parte, se Sean lascia l’azienda e il fratello, in ogni caso continuerà ad essere responsabile e garante delle eventuali passività d’azienda. Cosa deve fare Sean? Per rispondere a questa domanda bisogna mettere in conto che Sean è un apprendista nella via del guerriero, per cui questo determina quali sono le sue opzioni. Se Sean non fosse stato apprendista le sue opzioni sarebbero state molto diverse, ed è per questo che ho spiegato all’inizio del capitolo la differenza fra uno che vuole seriamente diventare guerriero ed uno che vuole usare solo gli insegnamenti che gli fanno comodo. Poiché si insegna questa conoscenza nella sua purezza, l’onere di implementare gli insegnamenti della dovuta considerazione e discriminazione grava interamente sulle spalle del lettore. In altre parole, se tu lettore ti metti nei pasticci perché non hai mai voluto diventare seriamente un guerriero, allora sappi che non avrai diritto di dare la colpa agli insegnamenti o a me. Se vuoi sguazzare negli insegnamenti Toltechi, sei libero di farlo, ma stai attento a non bruciarti le dita, o peggio ancora il braccio intero! Tornando a Sean, vediamo che nessuna delle due opzioni è praticabile per una persona comune che non è apprendista, e che entrambe conducono Sean a perpetuare l’illusione del sogno e reiterare la sua follia. Siccome Sean sta imparando a diventare un guerriero, non ha altra scelta che fare del suo meglio per agire come un vero impeccabile guerriero. Questo è un punto importante, 48


perché gli apprendisti tendono troppo spesso a dimenticare che l’unico modo per imparare a reclamare il potere si trova nelle sfide che propone il potere, ed è proprio ciò che accadde a Sean. Eppure, quando questo accade, l’apprendista coinvolto farà di tutto per sottrarsi alla sfida, protestando selvaggiamente e magari dicendosi di non essere ancora pronto a trattare la sfida come fa un guerriero. Vediamo quindi che non stiamo parlando del tipo di coinvolgimento che comporta una partita di tennis – qui abbiamo a che fare con una vera sfida del potere – una sfida che per Sean è una vera battaglia, il cui esito avrà delle conseguenze nella sua vita, in quella del fratello, in quella dei genitori e chiunque altro è coinvolto. Questa è la natura della Via del Guerriero. Se vuoi diventare un guerriero, devi essere disposto a lottare al meglio delle tue abilità, che tu sia pronto oppure no. Se Sean vuole trattare la sfida come un vero guerriero, la prima cosa che deve fare è applicare il primo aspetto della regola dell’agguato, ossia, un guerriero sceglie la sua battaglia. Scegliere la battaglia non significa che un guerriero sceglie di combattere alcune battaglie e di ignorarne altre. Ogni sfida è importante perché porta un dono di potere, e quindi non possiamo permetterci di ignorare nessuna battaglia. Quest’affermazione significa che ci deve essere chiaro che cosa costituisce la vera battaglia. A seconda del nostro livello di percezione, possiamo vedere la battaglia in modi diversi, ed ognuna delle diverse prospettive equivale a una battaglia. Generalmente le persone non si rendono conto di concentrarsi sulla prospettiva sbagliata della sfida e di conseguenza combattono la battaglia sbagliata. Ora, se Sean vuole accertarsi di qual è la sua vera battaglia nella sfida col fratello, allora non può scegliere una prospettiva a caso e combattere questa battaglia, ma deve valutare le circostanze e le condizioni della battaglia con la massima cura, che è ancora il primo aspetto della regola dell’agguato. E’ importante che Sean ricordi che il mondo non è ciò che sembra. Così deve stare attento a non cadere nella trappola di prendere le cose per il loro valore apparente e quindi combattere la battaglia sbagliata. Inoltre ha bisogno di usare tutte le volte lo scudo del guerriero, perché se non è completamente sveglio e se non tratta la battaglia con timore, con rispetto e assoluta sicurezza, allora sta solo chiedendo una batosta. Dopo aver visto più chiaramente cosa sta affrontando, Sean ora deve discernere qual è per lui la vera battaglia in questa situazione. Se non si ferma al valore apparente (forse occorre dirlo, il valore apparente potrebbe essere che Willis vuole fregare e sottomettere il fratello, mettendo Sean in una devastante posizione di vittima), è vitale per Sean uscire dal focus dell’apparenza in modo da far emergere la vera natura della sfida per lui. Questo significa che deve tendere l’agguato alla sua percezione della situazione, altrimenti le abitudini di una vita lo terranno inchiodato alla normale percezione. Per farlo deve lottare per usare la regola dell’agguato e può farlo solo prendendo in considerazione tutti i componenti del sogno. Siccome i quattro componenti del sogno sono interattivi, è l’interazione fra essi che determina per prima la percezione della sfida per Sean, per seconda la strategia, terzo, l’esito della battaglia. Ogni uso della regola dell’agguato innescherà sempre una reazione a catena, il cui esito è imprevedibile a causa dell’imprevedibilità del potere. In altre parole, usare la regola dell’agguato è un salto nell’ignoto, ma saltarci dentro non deliberatamente è suprema follia. Chiunque sia così folle da usare la regola dell’agguato in tale modo va incontro a più problemi di quanti ne possa gestire. L’arte del maestro agguatista sta nell’abilità di improvvisare, ma tale improvvisazione non può consistere nel prendere una qualsiasi roba vecchia, tirata fuori sul momento. Ricorda che stiamo trattando con la vita reale, e perciò dobbiamo evitare le frecce dei tiratori scelti dell’universo, quindi ogni improvvisazione deve essere altamente qualificata, estremamente accurata e soprattutto fondata sulla verità. Nell’agguato il punto sta nell’acquisire vantaggio per sopravvivere, ma se qualcuno indulgesse in una sciatta performance basata sulle bugie, non sopravviverebbe a lungo, specialmente se stesse cercando di usare la regola dell’agguato. L’arte dell’improvvisazione è un’abilità che si acquisisce seguendo attentamente delle precise linee guida. Nota che ho detto linee guida e non regole. Le regole non vanno bene per improvvisare, perché ogni situazione è diversa e quindi è un’eccezione alla regola. L’unico 49


suggerimento che possiamo dare per tendere l’agguato è la strategia, e le linee guida attengono alla strategia. Le linee guida di cui stiamo trattando non sono linee guida nel senso comune del termine, ma hanno a che vedere col sentire la tua via nell’oscurità. Tradizionalmente si verbalizzano queste linee guida nel seguente aforisma che, anche se molto accurato, è difficile da comprendere con la mente razionale. OGNI MANOVRA DI AGGUATO E’ ESSENZIALMENTE IMPROVVISAZIONE. QUESTA IMPROVVISAZIONE SI BASA SULLA CONSIDERAZIONE DELLE POSSIBILI INTERAZIONI FRA I QUATTRO COMPONENTI DEL SOGNO, CHE EMERGONO AUTOMATICAMENTE IN OGNI AZIONE, MENTALE, EMOZIONALE E FISICA. L’UNICO MODO PER FARLO E’ QUELLO DI VALUTARE LE TENSIONI PRESENTI NELLA RETE DELLA VITA. QUESTE TENSIONI SI PERCEPISCONO OGNI VOLTA CHE SONO CHIAMATI IN CAUSA I QUATTRO POSTULATI DELL’AGGUATO. Vediamo le implicazioni di questo aforisma e cosa significa al riguardo delle linee guida. “Valutare le tensioni presenti nella rete della vita” non è così facile da spiegare senza diventare troppo tecnico, ma per gli scopi di questo libro cercherò di tenere al minimo le teorie tecniche. Siccome la vita è tutta interconnessa, ogni sfida che emerge nella vita di ognuno non è che il risultato di energie interattive portate dagli effetti del potere. In parole più semplici, ma meno accurate, nell’esempio significa che Sean non è la vittima dell’aggressione di suo fratello. Invece Sean è la persona sfidata dal potere e questa sfida è il risultato cumulativo d’innumerevoli percezioni, presenti e passate. Per comprendere meglio, tieni conto che queste percezioni non sono solo quelle di Sean, ma anche quelle del fratello Willis, dei genitori, di tutti i parenti, degli insegnanti, degli amici, conoscenti, clienti dell’impresa e così via. Tutte queste percezioni sono interattive, in quanto il potere generato da ognuna di queste percezioni da origine al potere universale. Inoltre, ricorda che l’impulso secondario nell’atto di percepire è l’emozione e anche queste emozioni sono interattive. E’ inutile dire che tutte queste percezioni sorgono da un bacino ancora più grande di percezioni, così che otteniamo onde su onde di percezione. Queste onde percettive danno luogo ad effetti nelle vite delle persone coinvolte – effetti che l’individuo esprime in termini di azioni, mentali, emozionali e fisiche. Tali azioni sono determinate dall’intensità dell’onda percettiva, che a sua volta emerge quando il potere personale e le emozioni generate dalla percezione di una persona interagiscono con un’altra persona. Ovviamente, più persone sono coinvolte, più l’intensità dell’onda percettiva sarà determinata dalle interazioni fra le percezioni di ognuno. La qualità di questa intensità è riconosciuta normalmente come un tipo di umore ed è direttamente proporzionale all’attuale grado di percezione. Per esempio, se due persone parlano assieme, ed ognuna ha una percezione molto offuscata dal condizionamento sociale, esse non percepiranno molto bene. Come risultato ci saranno un mucchio di fraintendimenti fra di loro, e la distorsione interpretativa di ciò che dicono porterà la conversazione ad un definito tipo di umore. Questo è vero, non solo per le persone che parlano assieme, ma per tutte le forme di percezione, a tutti i livelli, anche a livello di razza, di nazione e di pianeta. Quindi, a seconda del grado di percezione prevalente in un dato momento, la qualità complessiva o stato d'animo, può essere di aggressione, di malinconia, di pace, di agitazione, eccetera. Queste qualità generano sempre una sorta di tensione e, siccome la vita è interconnessa, sono sempre presenti nella rete della vita e sono percepite e sentite da ognuno. Queste sono le tensioni che un maestro dell’agguato usa come linee guida nell’improvvisazione, ed è ovvio che la sua abilità nell'improvvisazione dipende da quanto sa leggere e valutare la natura di tali tensioni. Questo implica che il maestro dell’agguato è altamente sensibile ai sottili cambiamenti di tensione e sa anche leggere con precisione ogni sfumatura di questa tensione, valutando il suo potenziale da un momento all’altro. 50


Queste tensioni sono delle energie che interessano gli individui e la rete della vita stessa. Esse tendono a interagire in modo tale che materializzano ciò che la gente riconosce come le sfide nella loro vita. Qui sta la verità delle affermazioni quali: “Stai attento che ciò che desideri potrebbe avverarsi”; “Stai attento che materializzi le tue peggiori paure”; e “Sei tu che richiami le sfide nella tua vita”. Dovrebbe essere evidente che se vogliamo vedere una battaglia per ciò che realmente è, piuttosto che rimanere ossessionati dal suo valore apparente, abbiamo bisogno di accertare quali tensioni abbiamo richiamato con la sfida. Torniamo all’esempio di Sean. Se Sean vuole capire cosa sta traspirando nella sua vita, deve sforzarsi di usare i quattro postulati dell’agguato, in modo da accertare quali tensioni emergono assieme alla sua sfida. Il flusso del potere nei quattro postulati segue l’ordine est, nord, sud, ovest e quindi ogni sfida va vista in quest’ordine. Siccome l’Est è il luogo della sobrietà, è chiaro che il primo requisito per andare incontro a una sfida è quello di avere chiarezza sulle cose che ci si presentano. Tuttavia, il primo postulato dice che ogni cosa nel mondo è un mistero senza fine, e quindi anche le nostre sfide. Quindi, Sean non può approcciare la sfida razionalmente, perché quest’approccio non permette il mistero, e di conseguenza gli darebbe solo la chiarezza del valore apparente della sfida. Sean non può nemmeno scappare via dalla sfida, per via del secondo postulato è nostro compito risolvere questo mistero. Così Sean sa già che non può lasciare il fratello. Il secondo postulato appartiene al nord, il luogo dell’azione, e perciò Sean sa che deve agire in qualche modo e che l’azione deve tendere a risolvere il mistero insito nella sfida. Ancora, la seconda parte del postulato dice che non possiamo sperare di riuscire a svelare del tutto il mistero. Questo significa che ogni sfida è una materializzazione parziale del mistero complessivo. In altre parole, ciò che traspira fra Sean e il fratello non è un capriccio del momento, ma il prodotto di qualcosa che ha infuso per lungo tempo; probabilmente per tutta la vita fino a quel momento, e il cui esito influenzerà il resto della sua vita. Questo punto lo vedremo meglio nel prossimo capitolo. Andando al terzo postulato, se Sean vuole risolvere il mistero prendendo la sfida per il verso giusto, deve riconoscere che anch’egli è una parte di questo mistero, e deve lottare per diventare uno col mistero. Non c’è nient’altro negli insegnamenti che evidenzi più chiaramente del terzo postulato, il fatto che non possiamo indulgere nel credere di essere vittime. Detto in un altro modo, Sean deve riconoscere di essere in parte responsabile per il cambiamento di atteggiamento e comportamento del fratello. Siccome la percezione e i suoi prodotti sono interattivi, continua a sorprendere quanto spesso le persone insistano a considerarsi vittime innocenti. Vorrei sottolineare ancora una volta che non ci sono vittime in questo mondo, ed anche se ci fossero, non potrebbero essere innocenti. So bene che le persone che credono di essere vittime metteranno in discussione questo punto, ma con questo genere di persone non ho proprio argomenti. Se tu scegli di credere di essere vittima, allora sei vittima della tua scelta, e non posso fare a meno di essere d’accordo con te; sei una vittima. Per cui, non c’è più nulla da discutere. Se, d’altra parte, scegli di essere un guerriero, piuttosto che vittima, allora considera che sei responsabile per tutto ciò che accade nella tua vita. Se attraversi a piedi la strada nelle strisce pedonali e qualcuno ti travolge con la sua auto, allora ne sei responsabile tanto quanto colui che ti ha travolto. Prima di tutto, hai deciso tu di attraversare la strada in quel particolare momento. Avresti anche potuto scegliere di attraversare da qualche altra parte, oppure di attraversare più tardi, o di attraversare più velocemente o più lentamente. In breve, avresti potuto essere più attento. Similmente, se sei stata violentata, è perché avevi bisogno di questa esperienza. Forse doveva insegnarti l’umiltà. Forse doveva insegnarti cosa si sente ad essere umiliati. Forse doveva insegnarti qualcosa sul tuo comportamento. In altre parole, cosa hai fatto per attirare lo stupro? Se sei estremamente sexy o incline a pubblicizzare il tuo sex appeal, allora prenditi la responsabilità delle eventuali conseguenze. Se, d’altra parte, il tuo atteggiamento verso gli altri è così altezzoso che qualcuno ha sentito la necessità di umiliarti con lo stupro, allora devi accettare la responsabilità di ciò. Inoltre, accetta il fatto che se lo stupratore finisce in prigione, o magari condannato a morte, 51


tu sei responsabile della condanna di quell’uomo, anche se migliaia di persone acclamassero la giustizia del tribunale e si schierassero in tua difesa. Quelli che vogliono credere nel vittimismo, spesso sostengono che i bambini che nascono con un handicap fisico sono vittime dalla nascita, e per lo stesso motivo queste persone scelgono di dimenticare esempi meravigliosi come quello di Helen Keller. Sorda, cieca e muta, Helen ha rifiutato di vegetare in una casa per bambini portatori di handicap, anche se avrebbe potuto farlo se avesse voluto considerarsi una vittima. Tuttavia, dopo aver detto questo, devo in tutta onestà sottolineare che ci sono anche casi che possono essere visti come eccezioni alla regola. Un esempio di eccezione sono i bambini nati con ritardo mentale o qualche altra forma di grave handicap mentale. Questi bambini non possono condurre una vita normale nel vero senso della parola, e di conseguenza il loro vero valore nella vita è il dono di esperienza che portano ai loro genitori e ai parenti. Non posso fare giustizia adeguata per casi come questi in questo libro, per la verità dietro questi amorevoli e amabili orfani del mondo c’è una lunga storia e un pò tragica, ma per ora basti dire che il mio argomento non è rivolto a questi bambini. Bambini come questi non potranno mai diventare guerrieri in questa vita. Il mio argomento, in questi casi, è rivolto ai genitori di questi bambini, che potrebbero utilizzare la sfida posta dal loro bambino per il massimo vantaggio, invece di fuggire da essa e, come spesso accade, confinare questi bambini in una casa per malati mentali portatori di handicap. Già sento le arrabbiate rimostranze delle “vittime”. Comunque, ricorda che non ho detto che uno stupratore sia giustificato nel violentare un altro essere, e non ho nemmeno detto che un autista abbia il diritto di guidare in modo sconsiderato. Ma, per lo stesso motivo, nessuno ha il diritto di rendere un’altra persona colpevole di stupro, attraendo uno stupro; oppure di rendere colpevole un autista di guida negligente, attirando qualcuno che guida mezzo addormentato o solo in modo sconsiderato. Ricorda anche che ho riconosciuto le vere vittime e a questo proposito ringrazio il sistema giudiziario che le protegge. Ma ricorda che questi libri non sono stati scritti per le vittime, ma per coloro che hanno la possibilità di rifiutare di essere vittime, e che invece vogliono reclamare il loro potere come guerrieri. Per persone come queste non possono esserci finzioni o bugie. Dobbiamo affrontare i fatti nudi e crudi con ogni briciola d’onestà che possiamo mettere in campo, perché senza questa onestà, non ci potrà mai essere vera sobrietà. Noi tutti giochiamo il nostro ruolo nelle cose che ci accadono nella vita, e quindi siamo responsabili tanto quanto la persona che commette uno sbaglio contro di noi. Questo vale anche per i genitori che generano un figlio ritardato mentale, perché non è solo il bambino ad aver bisogno di questa esperienza, ma anche i genitori. Pertanto, se Sean vuole avere chiarezza su ciò che sta realmente accadendo nella sua vita, deve iniziare a chiedersi qual è il suo ruolo in questa faccenda e come ha provocato ciò che è accaduto. In altre parole, Sean non può permettersi di tirarsi indietro, sentendosi vittima, e lamentarsi del comportamento di suo fratello, ma deve invece diventare uno col mistero, perché solo in questo modo sarà in grado di vedere il proprio contributo in ciò che è emerso. Nel considerare il quarto postulato, si ricorda a Sean che il perno del mistero è il mistero infinito dell’essere. Questa è una guida più preziosa, perché, in ultima analisi, ogni sfida che ci viene incontro è lì perchè vogliamo sperimentarla e superarla, perché potremo imparare di più su chi e che cosa siamo veramente. Se Sean vuole spostare il focus, al fine di raggiungere la sobrietà, non può guardare le azioni di suo fratello in termini di ciò che suo fratello sta facendo a lui, ma invece deve visualizzare il comportamento di suo fratello in termini di ciò che sta facendo per lui. Ancora una volta cade il concetto di essere una vittima, e al posto dell’autocommiserazione arriva la meravigliosa comprensione che commettendo un'ingiustizia contro Sean, Willis sta in realtà aiutando suo fratello a diventare un guerriero. Questo fatto non esonera Willis dalle sue responsabilità, ma fa notare che sia Willis che Sean hanno bisogno di questa sfida per poter andare avanti nella vita. A questo proposito, ricordate sempre che non possiamo condannare un'altra persona, per la semplice ragione che non sappiamo chi o che cosa quella persona è. Ma possiamo, e ne abbiamo tutto il diritto, condannare le azioni e il comportamento di un'altra persona, a 52


condizione che tale condanna sia giustificabile. Quindi non è che Willis è “cattivo" per quello che sta facendo, o in qualche modo meno “cattivo” di Sean, ma che le azioni di Willis e i comportamenti nei confronti di Sean sono cattivi. Tuttavia, il comportamento di Sean verso Willis non è molto meglio; dato che ha bisogno di questa particolare sfida, Sean provoca l’emergere di questo cattivo comportamento in suo fratello, e quindi è indirettamente crudele quanto Willis. Voglio far notare che non sto giustificando in alcun modo le azioni di Willis. Ciò che Willis ha fatto è sbagliato, e attraverso questo errore imparerà tutto ciò che deve imparare. Ma il fatto che Willis ha commesso un errore, non significa automaticamente che Sean è innocente. Infatti, dal momento in cui Sean comprende, può iniziare a vedere come, con le migliori intenzioni, ha continuato a fare e dire delle cose che hanno fatto sentire suo fratello terribilmente inferiore a lui. Sean finalmente comincia a vedere come lui stesso ha evocato questa sfida, e qual’è stato il suo ruolo nel portare il rapporto tra lui e Willis a questo punto. Usando il concetto di specchio, Sean può vedere che la linea di fondo è che sia lui che suo fratello hanno sempre lottato per sentirsi bene con se stessi, e per credere nel proprio valore. Sean ha cercato di sentirsi bene con se stesso giocando il ruolo del proverbiale "buon pastore" nei confronti di suo fratello, mentre Willis ha cercato di sentirsi bene con se stesso attraverso l'essere un ribelle, che è un ruolo sempre in contrasto con il mondo, e ora, finalmente, nel frenare le azioni del buon pastore. Anche se i due fratelli sono così diversi nel comportamento, nel profondo sono identici come due gemelli e, in ultima analisi, non vi è alcuna reale differenza tra loro. Nell’accettazione di questo, Sean è costretto ad ammettere che nel mistero dell’essere, siamo tutti uguali. Ora Sean ha chiuso il cerchio, ed ha da ricapitolare il suo rapporto col fratello; questo lo porta subito indietro a Est, il luogo della ricapitolazione. Nonostante questo uso solo preliminare dei quattro postulati dell’agguato, Sean ha già acquisito molta più sobrietà di quanta ne abbia normalmente. Questo è un punto di enorme rilevanza, perchè per ricapitolare appieno il rapporto con suo fratello è probabile che gli occorrano anni, anni che non ha. Pertanto, qualsiasi goccia di sobrietà è estremamente preziosa per Sean, e da quella che ha già ottenuta finora, può vedere chiaramente che lui e suo fratello non stanno lottando per l’azienda, ma che entrambi, a modo loro, stanno lottando per la propria autostima. Sta qui la vera sfida e la vera battaglia, e quindi le tensioni su cui Sean dovrebbe concentrarsi non sono quelle che hanno a che fare con i beni materiali o con la lotta di potere, ma quelle che riguardano l'immagine di sé e di suo fratello. A questo punto, Sean ha tutta la sobrietà di cui ha bisogno al momento. Ora sa ciò che costituisce per lui la vera battaglia, e in questo senso conosce anche quali tensioni gli faranno da linee guida. Ora, Sean ha soddisfatto il primo aspetto della regola dell’agguato, vale a dire, che un guerriero sceglie la sua battaglia, e con questo ha iniziato ad attuare la regola dell’agguato. Ciò che Sean deve fare ora, è mettere a punto una strategia che gli permetterà di utilizzare tali tensioni nella lotta in questa battaglia con suo fratello. Tuttavia, prima di entrare nel merito della strategia di Sean, non dimentichiamo il motivo più importante per cui ci attiriamo le sfide. Gli apprendisti di solito si entusiasmano di come funziona una tecnica, e possono esserne trascinati, così che tendono a dimenticare di assorbire ciò che hanno imparato dall'esercizio. Pertanto, prima di tutto dobbiamo dare un'occhiata a ciò che Sean ha imparato finora dalla sua sfida.

Forse la cosa più importante che Sean ha imparato da questa sfida è che Willis non lo sta perseguitando, ma gli fornisce una meravigliosa opportunità di lavorare a migliorare la sua scarsa 53


immagine di sé. Basta già questa poca ricapitolazione sul suo rapporto con il fratello, e Sean può già vedere che questa sfida è emersa solo a causa della bassa immagine di sé. Per quanto riguarda la ricapitolazione, occorre tener presente che la ricapitolazione fatta da Sean fino ad oggi, per quanto riguarda Willis, è stata una briciola di ricapitolazione spontanea, come accennavo prima. E tuttavia, siccome la spontanea ricapitolazione è stata fatta nel contesto della sua attuale sfida, la sobrietà che ha prodotto ha un valore inestimabile per Sean. Spesso, gli apprendisti si disperano per il fatto che devono ricapitolare tutto quanto e, di conseguenza, inconsciamente fanno del loro meglio per dimenticare che esiste tale tecnica. Sembra che tali apprendisti credano che se si riesce a dimenticare, allora in qualche modo lo dimenticherà anche il Nagual. Eppure tutto questo sarebbe inutile se solo gli apprendisti ricordassero uno dei primi aforismi di base: L’UNICO VERO APPRENDIMENTO SI OTTIENE CON L’ESPERIENZA PRATICA, E QUINDI OGNI COSA CHE FAI DEVE ESSERE NEL CONTESTO DEL MOMENTO PRESENTE. Ripeto questo, più e più volte in molti modi diversi, e invariabilmente gli apprendisti annuiscono con la testa, scribacchiano nei loro quaderni, e poi tre mesi dopo, quando gli chiedo come va la loro ricapitolazione, dalle loro facce traspare il senso di colpa che dice tutto. Quando il punto di assemblaggio è ancora saldamente fissato, non possiamo ricapitolare il passato con vero successo. Perché? Semplicemente perché il punto di assemblaggio è bloccato. Non ho bisogno di ripetere ciò che ho detto ne Il Ritorno dei Guerrieri, se non per sottolineare ancora una volta che i ricordi intellettuali del passato non sono molto buoni, e certamente non sono ciò che s’intende per ricapitolazione. Tuttavia, se si tiene a mente che tutto ciò che ti sta accadendo in questo momento non è che il risultato del passato, allora i sentimenti e le emozioni generate dal presente ti guideranno indietro nel tempo. E’ esattamente per questo motivo che si dice agli apprendisti di ricapitolare all’indietro. Partiamo sempre dal momento presente e poi lavoriamo procedendo a ritroso, passo dopo passo, verso il momento della nascita, mai viceversa, perchè per la maggior parte delle persone sarebbe impossibile. Abbiamo già visto come funziona nell’esempio di Sean. Il motivo per cui Sean ha un bit di ricapitolazione spontanea della relazione col fratello, è che ha una sfida nel momento presente. Pertanto, per Sean questo è il momento più vantaggioso per ricapitolare il rapporto, perché, nella lotta in questa battaglia, sperimenta molte emozioni e sentimenti che sorgono da sempre nel suo rapporto con Willis. Se Sean è consapevole di questo, e quindi rimane alla ricerca di queste emozioni e sentimenti, quando questi emergono, questi gli consentono di muovere temporaneamente o addirittura spostare il suo punto di assemblaggio, per riallineare i campi di energia che contengono nitidi ricordi di eventi dimenticati e questioni ancora aperte relative a Willis. Ma questo può accadere solo se Sean vuole essere consapevole del reale valore di queste emozioni e sentimenti. Altrimenti, quando emergono, li ignora, diventando ossessionato dal valore apparente della sua sfida e indulgendo nel continuo dialogo interno, stimolato dalla mente razionale. Non sottolineerò mai abbastanza questo punto. In questo momento sarebbe assolutamente inutile per Sean cercare di ricapitolare una storia d'amore passata, perché non ha nulla a che fare con la sua sfida attuale. Invece, se Sean sta cercando di ricapitolare la sua relazione con Willis, e questa storia d'amore passata continua a venire in mente, allora Sean deve mettere in conto anche questa, perché è ovvio che questa vicenda d’amore deve essere collegata in qualche modo al suo rapporto con Willis. Il punto è che qualsiasi cosa l'apprendista cerchi di mettere in pratica, deve riguardare il momento presente. In particolar modo per quanto riguarda la ricapitolazione, perché altrimenti l'apprendista si scoraggerà per la difficoltà di questa pratica. Lo stesso principio vale per tutte le pratiche e le tecniche. Ad esempio, non si può praticare il non-fare avendo nella testa una conversazione con un'altra persona. Eppure, quante volte succede così? Le persone passano ore a pensare a quello che avrebbe dovuto dire, ma non hanno detto. 54


Oppure, si perdono pensando a ciò che diranno, tranne che quando arriverà il momento, non diranno ciò che avevano pensato di dire. Allo stesso modo, nel tentativo di analizzare un sogno, o nell'interpretare un presagio, è fondamentale lavorare dalle basi che hanno rilevanza in ciò che sta accadendo in questo momento. Questo è particolarmente vero per i sogni profetici, perché quello che sta avvenendo in questo momento è il fondamento per domani. Il potere si trova sempre nel momento, e quindi dobbiamo sempre iniziare a lavorare da dove ci troviamo nel momento. Il motivo per cui gli apprendisti trovano così difficile ricordare questo, è duplice. In primo luogo, l'umanità oggi ha un pensiero molto separativo e gli apprendisti non fanno eccezione. Di conseguenza, all'inizio della formazione, gli apprendisti non vedono la relazione tra ciò che sta accadendo nella loro vita e ogni altra cosa. In secondo luogo, presi nel condizionamento sociale, gli apprendisti vedono la vita come tutti gli altri, e come risultato di questa visione comune del mondo, ogni volta cadono nella trappola di prendere le cose per il loro valore apparente. Questo è vero soprattutto per l’importanza personale, perchè gli apprendisti sono così ben consapevoli di non essere importanti, che la maggior parte delle volte è piuttosto divertente vedere quanto è personalmente importante per loro diventare e mostrare di essere più santi, più saggi o più guerrieri di te. Essendo separativi nel modo di pensare e prendendo la maggior parte delle cose per il valore apparente, all’inizio gli apprendisti sono così impegnati a cercare di essere guerrieri, ovviamente nella loro interpretazione del guerriero, che si dimenticano completamente che possono diventare guerrieri solo nel contesto della vita quotidiana. Così, questi apprendisti cadono preda della tentazione di voler misurare la propria prestazione con quella degli altri. Questo in sé è un esercizio eccellente, a condizione che gli apprendisti ricordino, e quasi mai lo ricordano, che è la prestazione da giudicare, e non la persona. Senza nemmeno rendersene conto, di volta in volta gli apprendisti fanno l'errore fatale di confrontare se stessi con gli altri. Col risultato che inevitabilmente cominciano a vedere i loro difetti, ma nel tentativo di sentirsi meglio con se stessi, dimenticano che i nostri difetti sono la nostra strada verso il potere. Così cercano di coprire le lacune facendo finta che siano già guerrieri impeccabili, o almeno meglio di altri. Senza rendersene conto, l'autoimportanza è montata a colpire tali apprendisti, esattamente sulla parte posteriore della testa! Quando l'importanza personale è ancora intatta, la ricapitolazione non si approfondisce granché, perché porta con sé enormi dosi di autocommiserazione ogni volta che l'apprendista in questione ricorda quanto sia stata difficile per lui o per lei la vita nel passato. La vera ricapitolazione può iniziare ad avere effetto solo quando gli apprendisti fanno lo sforzo cosciente di smettere di indulgere nella convinzione di essere vittime, e quindi, possono comprendere che è solo la loro auto-importanza che li fa sentire vittime. Questo è un punto d’enorme importanza, perché dove c'è vera umiltà, non potrà mai esserci alcun senso di vittimismo - ci può essere solo la certezza di essere chiamati ad una sfida. Sentirsi chiamati ad una sfida è molto diverso dal sentirsi vittima. Ma siccome le persone soccombono troppo spesso alla loro paura, scelgono di non ammettere a se stesse la loro codardia, la coprono diventando moraliste, e si lamentano che non è giusto che altre persone le mettano in difficoltà. Nell'esempio di Sean si vede come, se si abbandonasse al condizionamento sociale, potrebbe facilmente credere che Willis lo voglia sopraffare ingiustamente. In questo caso, Sean si sentirebbe giustificato nel sentirsi indignato, e andrebbe in giro con uno sguardo ferito sul volto, in modo che il mondo intero sappia quanto sta soffrendo. Tuttavia, indulgere in tale comportamento è sintomo di grande arroganza, é l'epitome stessa dell’importanza personale, perché implica che la tua santità è intoccabile, e la tua perfezione è completa, e che sei l'unica persona al mondo che non ha bisogno dei doni di potere che le sfide ci portano. Quindi, come può qualcuno osare sfidarti? O, più precisamente, come può qualcuno essere così bestiale nei tuoi confronti?

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Sradicare l'importanza personale è molto simile a disfare il nostro condizionamento sociale, in quanto non esiste una tecnica specifica per farlo. Invece, se non siamo mai riusciti ad eliminare la nostra importanza personale, né a disfare il nostro condizionamento sociale, abbiamo bisogno di mettere in pratica tutti gli insegnamenti e tutte le tecniche. Tuttavia, è utile ricordare che il modo più rapido e più sicuro per dare una colpo mortale all’importanza personale è quello di utilizzare i quattro postulati dell’agguato e la regola dell’agguato per imparare a tendere l’agguato alla percezione. Come abbiamo visto nel caso di Sean, ogni volta che mettiamo in pratica queste tecniche, diventa possibile la vera e preziosa ricapitolazione, e quando riusciamo a vedere la nostra vita per quello che è veramente, la sensazione di essere stati resi vittima, e quindi tutto il senso della propria importanza, comincia a cadere con naturalezza e semplicità. A questo proposito, abbiamo sempre delle persone che ci sfidano e che dobbiamo ringraziare, perché ci danno l'opportunità di acquisire la necessaria sobrietà con la quale sradicare l'importanza personale. In termini Toltechi queste persone sono chiamate piccoli tiranni, ma siccome il vero e grande meschino tiranno è un dono raro, i Toltechi hanno classificato i piccoli tiranni in quattro categorie. Nella prima categoria si trovano i veri meschini tiranni, uomini o donne che non si fermano davanti a nulla per arrivare a te. Queste persone sono crudeli e capricciose e, essendo abbastanza astute da rimanere sempre appena fuori dalla portata della giustizia, sono assolutamente ambigue e subdole. Un tale uomo non esita a violentarti, "solo per darti una lezione", e una tale donna non si tira indietro se c’è da scuoiarti vivo. Con queste persone è meglio non stare dalla parte sbagliata, perché potrebbero diventare veramente pericolose e potrebbero ucciderti senza nessun motivo. Nella seconda categoria ci sono uomini e donne che sono essenzialmente gli stessi di quelli della prima categoria, salvo che evitano la crudeltà fisica, ma utilizzano tutte le forme di abuso emotivo e mentale per minare la forza di una persona e spezzare il suo spirito. Questo tipo di persone si incontrano più spesso nei luoghi di lavoro, e riescono sempre a farla franca con il loro comportamento perchè instillano la paura nei loro dipendenti. La terza categoria è composta da persone che normalmente non si comportano come piccoli tiranni ma, quando si arrabbiano, faranno ogni cosa in loro potere per rendere la tua vita una miseria totale. Non essendo così astuti ad evitare la giustizia come il primo e il secondo tipo, queste persone di solito portano la legge dalla loro parte per tormentarti. Quando sono arrabbiati, questi uomini e donne si rivoltano su di te quando meno te lo aspetti. Se in qualche modo ti ribelli o ti vendichi, partono subito a farti causa, e se serve ai loro scopi, corrono a riferire alle autorità anche la tua più piccola mancanza. Prova a mettere la tua spazzatura per strada il giorno precedente a quello della raccolta, e ti farà rapporto al consiglio comunale. Prova a parcheggiare l'auto sul marciapiede di fronte a casa tua per cinque minuti soltanto, e chiameranno i vigili urbani per farti portar via la macchina. Tali persone si riscontrano più comunemente tra i vicini di casa, e molto spesso tra i parenti o tra gli amanti o coniugi abbandonati. La quarta categoria comprende i fastidiosi e brontoloni. Queste persone hanno da ridire per tutto quello che fai, e ti infastidiscono fino distrarti. Non faranno rapporto a nessuno, ma verranno costantemente da te a lamentarsi. Se lavi l'auto di domenica, si lamenteranno perché disturbi la loro pace. Se rasi il prato con un tosaerba a benzina, si lamenteranno per il rumore e le esalazioni malsane. Se tagli il prato con un tosaerba elettrico, ti diranno che abbiamo la responsabilità e il dovere di risparmiare sul consumo di energia elettrica! Quando un apprendista trova da sé un piccolo tiranno, il Nagual incoraggerà l'apprendista a considerare quella persona come un prezioso tesoro, perché imparando a tendere l’agguato a un 56


piccolo tiranno, impariamo molto di più, e più rapidamente, che senza il piccolo tiranno. Questo è vero per tutti i tipi di tiranni, e in special modo per quelli della prima e seconda categoria. Lottando per sopravvivere agli assalti di queste persone, impariamo a far cadere in fretta il nostro senso di auto-importanza, e richiamiamo in noi stessi una gran quantità di potere in termini di fiducia e autostima. Quindi, non servirebbe dirlo, i piccoli tiranni della prima e seconda categoria devono essere trattati con molta attenzione perché, se gli dai mezza occasione, il primo tipo ti uccide e il secondo tipo ti distrugge la vita. A questo proposito, devo avvertirti che gli apprendisti possono gestire il vero piccolo tiranno con relativa sicurezza, solo quando sono sotto la guida di un addestrato nagual. Pertanto, il mio consiglio al lettore che non lavora con un nagual, è che se trovate un vero piccolo tiranno, lasciatelo perdere e se è possibile girate i tacchi e correte, mandandolo all'inferno e ricordando che in tutti i casi di inesperienza, la discrezione è la parte migliore del coraggio. D’altronde, se avete intenzione di diventare un guerriero avete bisogno di rimanere vivi e integri. Se fosse necessario correre per salvarti la vita, sappi che questo non significa necessariamente che stai scappando da una sfida. Questo è un punto molto importante che merita una certa attenzione, perché non dobbiamo mai accettare sfide che non possiamo gestire. Se ci arriva una sfida, è perché abbiamo bisogno di quella sfida, e siamo in grado di gestirla, ma ricorda anche che un guerriero sceglie la sua battaglia. Perciò, quando d’un tratto ci troviamo di fronte ad una sfida che richiede un intervento immediato, ma scopriamo di non essere in grado in quel momento di accertare qual’é la vera battaglia, allora è sempre meglio adottare un atteggiamento di auto-conservazione, fino al momento in cui riusciamo a capire perché ci trovavamo di fronte a quella sfida. A questo proposito un’analogia ci aiuterà a chiarire questo punto importante. Se non sei un medico, ma ti trovassi improvvisamente a dover curare una persona che è gravemente ferita, sarebbe un’assoluta follia presumere di essere stati sfidati a curare questa persona. Se non sai nulla di pronto soccorso o di guarigione, allora corri a cercare aiuto competente per quella persona, il più velocemente possibile. Dopo che hai fatto tutto il possibile per trovare l’aiuto per quella persona, puoi cercare di capire perché era necessario per te essere sfidato in questo modo. Lo stesso principio vale nei rapporti con piccoli tiranni, in particolare quelli del primo e secondo tipo. In questi casi, la prima battaglia da combattere è quella di rimanere in vita, o mantenere il posto di lavoro, per la semplice ragione che i morti non diventano mai guerrieri, e se vieni licenziato avrai perso il piccolo tiranno e i relativi doni di potere. Nel prossimo capitolo torneremo brevemente alla nostra discussione sui piccoli tiranni, perchè oggi c’è un numero crescente di genitori che abusano dei bambini, come espressione di questo tipo di comportamento. Nell'esempio di Sean vediamo che Willis ha temporaneamente il ruolo del piccolo tiranno. Willis in questo caso rientra nella terza categoria di piccoli tiranni, cioè le persone che normalmente non si comportano come piccoli tiranni, a meno che non siano provocati. Sean, come ogni apprendista, dovrebbe gestire suo fratello come un guerriero gestisce un piccolo tiranno. Questo è ciò che ci insegna la regola dell’agguato, perché solo imparando a tendere l’agguato a noi stessi e agli altri, possiamo liberarci finalmente della sensazione di essere vittima. Osservando ciò che Sean ha imparato fino ad ora dalla sua sfida, possiamo vedere quanto questa situazione con Willis lo sta aiutando, non solo per ricapitolare e quindi per acquisire la sobrietà, ma anche per eliminare la sua auto-importanza, per diventare abile ad utilizzare lo scudo del guerriero e, cosa più importante di tutti, per imparare a tendere l’agguato a se stesso e agli altri. Quello che Sean ha imparato fino a questo momento, lo aiuterà a capire come può elaborare una strategia per entrare in battaglia con Willis - un concetto che vedremo nel capitolo seguente.

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CAPITOLO QUATTRO

L’ONORE DEL GUERRIERO PER AVERE L’ONORE DEL GUERRIERO SERVE UN ADEGUATO TONAL Nel capitolo precedente abbiamo visto che se Sean vuole gestire in maniera impeccabile la sua sfida, è necessario che metta a punto una sorta di strategia, basata su ciò che ha imparato. Per capire come si fa, è importante ricordare che Sean si sta impegnando per diventare un guerriero e che tutte le sue sfide sono in essenza delle opportunità per reclamare il suo potere come guerriero. Tuttavia, per diventare un guerriero serve una totale trasformazione dell'isola del tonal, e quindi possiamo ben dire che ogni sfida è un’occasione per trasformare gradualmente l'isola del tonal. Nei volumi uno e due l’ho espresso nei termini di acquisizione di ciò che è noto come un adeguato tonal, un atto che comporta il risparmio di potere personale e l'acquisizione dell’autostima e della fiducia in se stessi, ognuna delle quali aggiunge una reale conoscenza di ciò che significa essere un essere umano pienamente responsabile, il cui onore si riflette in ogni sua azione, mentale, emotiva e fisica. Di conseguenza, qualsiasi strategia Sean decida di adottare sarà un riflesso del suo onore o della mancanza di onore, e sarà anche misura della sua impeccabilità, in quanto la condizione presente nel suo tonal, determina la qualità delle sue azioni. Da quanto sopra è evidente che un approccio da agguatista nel formulare una strategia è molto diverso dall’approccio di chi non è guerriero. Le persone, normalmente, vogliono vincere ogni loro battaglia, ogni volta, e vogliono anche avere ragione. Eppure, paradossalmente, la maggior parte delle persone trascorrono la vita cercando di fuggire dalle battaglie e, quando sono costrette, finiscono per combattere le battaglie sbagliate, col risultato che, anche se vincono le loro battaglie , hanno ottenuto molto poco, se non nulla. Dalla prospettiva del cacciatore all’agguato tale comportamento è idiozia pura, perché è una perdita di tempo e di potere personale, ed è anche poco onorevole. La questione dell’onore è fondamentale nella vita del guerriero, perché senza un senso molto reale dell'onore non ci può essere rispetto di sé, né fiducia in se stessi, e certamente non si crede in sé. Senza queste caratteristiche è impossibile pensare e ad agire da guerriero. Pertanto, se intendiamo diventare guerrieri, ogni sfida dovrebbe essere vista come un'opportunità per migliorare, o per sostenere il nostro onore. Eppure pochissime persone agiscono in modo onorevole, per la semplice ragione che pochissime persone sanno davvero che cosa comporta il significato della parola. La maggior parte delle persone suppone che l'onore implica il sostenere la loro immagine sociale, o sostenere il senso di orgoglio, ma, purtroppo, questo non ha nulla a che fare con onore. La nostra immagine sociale non è che il prodotto del sogno comune, mentre l'orgoglio è di solito basato sul senso di superiorità, e difendendo queste due illusioni non facciamo altro che sostenere il condizionamento sociale, e non l'onore. L'onore del guerriero sta nel fatto che ogni suo pensiero, sentimento e azione è impeccabile, così come la sua abilità nel gestire le emozioni. Ma ricordate che essere impeccabili significa che agisci al meglio delle tue capacità in qualunque circostanza. In altre parole, essere impeccabili significa che ti prendi la piena responsabilità di te stesso, della tua vita, e della tua conoscenza, perchè è questa responsabilità, o la mancanza di essa, che influenza tutte le nostre azioni, mentali, emotive e fisiche. E’ importante tenere a mente che la parola "responsabilità" significa la capacità di rispondere, cioè la capacità di rispondere non solo alla vita, ma anche a se stessi, la tua vita, e la tua conoscenza. Le persone sono normalmente così impegnate a cercare di sostenere la loro immagine

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sociale e il loro condizionamento sociale, che solo raramente hanno il tempo o l'energia per rispondere a se stessi. Di conseguenza, la maggior parte delle persone conducono una vita non impeccabile, nel sostenere le idee di qualcun altro o, più precisamente, i pregiudizi di qualcun altro, piuttosto che agire secondo la propria conoscenza. L'esempio di Sean mostra bene questo punto; se Sean non stesse percorrendo la Via del Guerriero avrebbe adottato una di queste tre opzioni. O sarebbe diventato un mendicante, accettando l’iniqua proposta del fratello, o avrebbe scelto la codardia, fuggendo senza lottare, oppure sarebbe andato in giro a screditare il fratello e a invocare la legge per mettere Willis al suo posto. Ma dov'è l'onore in queste opzioni? Cosa avrebbe ottenuto Sean adottando una di queste opzioni? Nel caso delle prime due opzioni, l'unica cosa che Sean avrebbe ottenuto sarebbe stata la perdita del rispetto di sé; e nel caso della terza opzione, se avesse vinto la causa, avrebbe solo dimostrato a se stesso di essere nel giusto e suo fratello sbagliato – che è qualcosa che rafforza la convinzione idiota che per essere qualcuno o qualcosa devi dimostrare di essere giusto e gli altri sbagliati! La strategia di Sean invece deve essere progettata in modo da accrescere il suo senso dell'onore e aiutarlo a trasformare la sua isola del tonal. Sean sa già che la trasformazione che gli occorre riguarda la sua immagine di sé e la sua convinzione sul proprio valore. In effetti, dopo aver dato la dovuta considerazione ai suoi difetti, a Sean diventa chiaro che la scarsa immagine di sé e la conseguente mancanza di fiducia in se stesso, sono centrali e determinanti in tutti i suoi difetti e, quindi, se riesce a cambiare l’immagine di sé, sarà molto più facile cambiare tutto il resto nell'isola del tonal. Questo è vero per ognuno di noi perché, in generale, è sempre la bassa autostima delle persone a causare la maggior parte dei difetti e a creare intralcio in ogni cosa che fanno. Comunque, il motivo per cui la maggior parte delle persone oggi soffrono di una scarsa immagine di sé è perché non hanno alcun senso reale di ciò che significa essere onorevole. L'onore del guerriero si riassume in poche parole nel seguente aforisma. UN GUERRIERO E’ UN ESSERE ONOREVOLE PERCHE’ LA SUA UMILTA’ NON GLI PERMETTE NESSUNA AZIONE CHE NON SOSTENGA L’INTERRELAZIONE DELLA VITA. Le implicazioni di questo aforisma hanno una vasta portata, ma la più importante che ci riguarda é che per avere l'onore di un guerriero si richiede non solo il riconoscimento dell'interrelazione di tutta la vita, ma anche un consapevole sostegno di questa legge. In altre parole, il vero guerriero non può sostenere l'interrelazione della vita limitandosi alle parole, ma deve viverla in tutti i sensi. Questo significa che il guerriero riconosce il fatto che elevando se stessi, poi attraverso l'interazione di vita, si elevano anche le altre persone attorno. Da quanto sopra è evidente che ogni strategia messa a punto da un guerriero deve essere necessariamente di tale natura, in modo da favorire se stessi, ma anche il resto della vita, di cui egli stesso è una unità. Pertanto, il vero guerriero non potrà mai reagire di rabbia, o reagire adottando ritorsioni per essere stato trascurato o offeso. Né può reagire per un senso di vendetta o dispetto. Questo genere di reazioni avvantaggiano solo il senso di auto-importanza della persona, e certamente non fanno bene a nessuno. A causa dell’interrelazione della vita, qualunque azione il guerriero decida di adottare, deve beneficiare tutti i soggetti interessati, compreso se stesso. Questo significa anche, che il guerriero non può permettersi di interpretare il ruolo del martire o della vittima, perché un tale ruolo non darà alcun beneficio al guerriero, e se non da beneficio al guerriero, allora non potrà beneficiare le persone intorno a lui o lei. Tale è la Legge della Luce e del Riflesso, riassunta nel concetto Tolteco conosciuto come gli specchi dell'anima. Sebbene il concetto degli specchi sia già stato trattato ne il Ritorno dei Guerrieri, è necessario ampliare questo concetto, per comprendere come un guerriero elabora una strategia adeguata. A questo proposito, rendetevi conto che tutte le persone, tutti gli esseri, e il mondo in 59


generale, riflettono come uno specchio ciò che abbiamo bisogno di conoscere su noi stessi. Questa è una legge immutabile, universale, a cui nessuno può sfuggire o permettersi di ignorare. E’ impossibile stare di fronte a uno specchio tenendo una rosa in mano e vedere riflesso nello specchio che con la mano teniamo un tulipano. Quindi, se dalle persone intorno a noi vediamo riflessa l'aggressione contro di noi, allora è perché già siamo aggressivi con noi stessi. Se nelle persone intorno vediamo riflessa la disonestà, allora vuol dire che anche noi in qualche circostanza siamo disonesti, e abbiamo bisogno di vedere come e quando attuiamo la disonestà. Se, d’altra parte, vediamo riflessa la bellezza e l'armonia, allora dobbiamo cercare in noi stessi quelle aree nelle nostre vite in cui attuiamo la bellezza e l'armonia, e darci onesto credito per questo. Se stiamo guardando lo specchio del mondo in generale, e se in quello specchio vediamo la violenza, allora è perché noi, come comunità o razza, attuiamo la violenza fra di noi. Sebbene le persone siano così coinvolte nel giocare al darsi la colpa da non voler riconoscere questa fondamentale legge universale, resta il fatto che i nostri specchi sono incapaci di mentire, e il lettore farebbe bene a rileggere ciò che è stato detto su questo concetto ne Il Ritorno dei Guerrieri. Inoltre, il lettore dovrà tenere a mente che gli specchi sono di tre tipi, vale a dire, passato, presente e futuro. In altre parole, anche se la maggior parte degli specchi riflette generalmente ciò che abbiamo bisogno di conoscere sul nostro comportamento attuale o sulle nostre convinzioni personali, succede che alcuni dei nostri specchi riflettano un comportamento passato, o un comportamento potenziale di cui non siamo ancora consapevoli. Tuttavia, il punto da sottolineare è che è necessario essere assolutamente onesti con se stessi, perché è facilissimo spazzare via il riflesso di uno specchio considerandolo irrilevante per noi e per il momento attuale. Fare così, però, è pura e semplice idiozia per chiunque voglia diventare un guerriero, e normalmente ne risulta un senso di superiorità o inferiorità, oppure, la persona in questione crede che non vada bene e non sia opportuno riconoscere i propri difetti. Tale convinzione deriva inevitabilmente dai condizionamenti sociali, e chiunque aderisca ad essi non riconosce il fatto che i nostri difetti sono il nostro biglietto per la libertà e il nostro passaggio verso il potere. A volte in uno specchio è riflesso un comportamento del passato; per due motivi. Il primo e il più comune, è perché ci sono ancora sottigliezze o sfumature relative a questo comportamento passato che richiedono la nostra attenzione. Il secondo motivo riguarda il fatto che gli apprendisti nella Via del Guerriero tendono spesso ad oscillare fra l’essere disonesti e il polo opposto, in cui sono ossessionati dall’essere onesti, che di solito diventano distruttivamente autocritici. Presi in questo processo, tali apprendisti si dimenticano di darsi onesto credito, e quindi cadono preda dell’erronea supposizione che l’autocritica è segno di umiltà. Nulla potrebbe essere più lontano dalla verità, perché l'auto-critica comporta una dose piuttosto pesante, anche se in una forma sottile, di auto-importanza. Tali apprendisti commettono l'errore fatale di credere d’essere impotenti a cambiare il proprio comportamento, oppure semplicemente troppo buoni per sopportare l'imbarazzo e la responsabilità di tale comportamento. Di conseguenza, invece di prendersi la responsabilità del loro comportamento, e riconoscere il valore intrinseco nei loro difetti, tali apprendisti indulgono nell’autocritica, credendo che questo in qualche modo risolverà il problema. Lo scopo del riflesso dello specchio che appartiene al futuro possibile è molto simile a quello riguardante gli specchi del passato, ma rendetevi conto che, siccome ci viene mostrato un potenziale comportamento, diventa imperativo vigilare. E’ un errore fatale per chiunque presumere che il comportamento riflesso dallo specchio non esiste ancora. Se non avessimo bisogno di guida o di vedere qualche potenzialità nascosta, ma già presente in noi, nessuno specchio rifletterebbe questa cosa. Il fatto stesso che ci si mostri nello specchio un riflesso del futuro è un'indicazione sufficiente che questo comportamento sta già cominciando a manifestarsi, anche se in modi così piccoli e sottili da sembrare del tutto insignificanti. Questo potenziale forse ora é solo un piccolo rivolo, ma diventerà un torrente in piena. La ghianda è piccola e bella, ma ha comunque il potenziale per diventare una massiccia quercia, se la piantiamo in un terreno fertile.

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Per i nostri potenziali difetti vale lo stesso ragionamento, solo perché i difetti sono il nostro passaggio verso il potere non significa che abbiamo licenza di sviluppare ogni sorta di vizi. Ad esempio, se una persona ha il potenziale per diventare un alcolizzato, allora gli bastano solo due o tre drink di tanto in tanto per sviluppare questo potenziale e portarlo a una terribile dipendenza. Tuttavia, se tale persona è sufficientemente consapevole e abbastanza onesta da riconoscere che si sta ossessionando con l'idea di bere, allora questa persona utilizzerà tale difetto come una sfida, per essere sveglio e impeccabile ogni volta che c’è alcool a portata di mano. Se tale persona è un apprendista nella Via del Guerriero, non gli si chiederà di evitare di bere, ma sarà incoraggiata ad utilizzare questa sfida, al fine di sviluppare un raffinato senso di auto-disciplina e auto-rispetto. Questo apprendista dovrebbe concedersi di partecipare ad una o due feste dove si beve, e sempre col preciso intento di sviluppare l’autodisciplina e l’autorispetto. Riguardo agli specchi, il punto che ci interessa di più, è il fatto che ogni strategia messa a punto da un guerriero, a prescindere dalla forma che assume, è orientata interamente verso l'elevazione di sé e del mondo intorno a lui o lei. Questa è un'affermazione che sembra paradossale, se presa per il valore apparente. Dal lato del valore apparente, la teoria del concetto si appella al senso comune della morale, nel senso di fare qualcosa che è di reciproco vantaggio per tutti. D'altra parte, la pratica di questo concetto è qualcosa che la maggior parte delle persone disapprovano e considerano molto egoista. A causa dei condizionamenti sociali, alle persone non piace essere viste come egoiste, e veramente poche persone riescono a rendersi conto che la vita è un processo egoista, e che c'è anche una grande differenza tra essere egoisti ed essere centrati su di sé. Come risultato, la maggior parte delle persone che non vogliono essere viste come egoiste, invariabilmente finiscono per manifestare il comportamento per il quale non vogliono essere accusate di egoismo. Non c'è niente di male ad essere egoista, perché se accettiamo il fatto che le persone rispecchiano per noi, il nostro comportamento, allora, di volta in volta, saremo sempre rigettati a noi stessi. Se pratichiamo il concetto di specchio, l'unico lavoro che c'è da fare, è un lavoro su noi stessi. Il guerriero è un essere che non spreca il suo tempo o il suo potere personale indulgendo del gioco di dare la colpa, perché sa bene che se non gli piace il riflesso che sta vedendo, allora non è colpa dello specchio, ma qualcosa dentro di sé che egli non approva. Pertanto, se non ti piace quello che stai vedendo allo specchio, se non ti piace quello che vedi nelle altre persone, allora fai qualcosa per cambiare te stesso, e non solo sederti a piagnucolare e lamentarti del comportamento altrui. Noi non possiamo cambiare gli altri e non abbiamo neanche il diritto di pretendere che esse cambino, ma possiamo cambiare noi stessi, e se cambiamo noi stessi, allora anche i nostri specchi cambiano. A volte accade che la persona che sta riflettendo per noi è incapace di cambiare, o semplicemente non vuole cambiare, allora una volta che cambiamo noi, quella persona lascerà la nostra vita, in un modo o nell’altro. La semplice verità che ne viene fuori è che uno specchio non può riflettere nulla che non è vero; perché tutti gli specchi, noi compresi, sono soggetti alla legge della Luce e Riflesso. Ad esempio, se sei un persona totalmente onesta, allora non attrarrai mai persone disoneste, e se non sei una persona violenta, non ti ritroverai mai in una situazione di violenza. Ma, se ti ritrovi ad aver a che fare con una persona che dice continuamente bugie, allora chiediti in che modo anche tu stai mentendo. Ricordatevi di non prendere uno specchio per il valore apparente, ma cercate la linea di fondo del vostro caso, indipendentemente dalla forma esteriore che assume. Rendetevi conto che le forme possono essere estremamente sottili, e anche oscure, ma se si accetta il fatto che uno specchio non può riflettere ciò che non c'è, allora si andrà a cercare il significato, anche se nebuloso, e se cercate troverete. Ad esempio, potrebbe essere così sottile che nel cercare di mantenere la tua immagine sociale, scendi a compromessi con te stesso, e quindi non sei più vero con te stesso. Se questo è il caso, allora stai letteralmente vivendo una bugia, che è anche peggio del raccontare bugie. Quando si guarda nello specchio del mondo, di solito gli apprendisti trovano difficile trovare la linea o il significato di fondo, anche se il principio è esattamente lo stesso dello specchio 61


personale. Per esempio, se in un paese il tasso di criminalità diventa un problema, gli apprendisti tendono a scrollarsi di dosso questo fatto, ritenendo di non essere personalmente colpevoli di crimini. Uso questo particolare esempio perché la criminalità è diffusa in quasi tutti i paesi del mondo. Perché è così diffusa? Semplicemente perché l'uomo ha raggiunto l'età adulta, e ora deve assumersi la piena responsabilità di essere un adulto. Contrastare la criminalità non è più responsabilità delle sole autorità sociali, ma è anche responsabilità di ogni uomo o donna adulta. Questo non significa che le persone debbano andare in giro a fermare i crimini, ma significa che le persone dovrebbero guardare nello specchio e prendersi la piena responsabilità di ciò che stanno vedendo. Quindi, a proposito del crimine, un apprendista si pone la seguente domanda: "Cosa sto facendo per perpetuare il crimine nella mia vita?" Non esistono due persone identiche, perciò ogni persona manifesta il crimine in modo diverso. Ad esempio, dando la colpa al governo o alle autorità sociali per non essere in grado di frenare il crimine, non ci si assume la responsabilità di essere un adulto, ma si sta presumendo di essere impotenti, come individuo, a fare qualcosa per abbassare il tasso di criminalità. Tuttavia, tale deduzione equivale a dire che sei una vittima, alla mercé di ogni criminale. Se è questo ciò che credi, allora senza dubbio attirerai nella tua vita quelle persone che riflettono per te la convinzione che sei una vittima, ossia i criminali. Nell’aver attirato queste persone, come abbiamo già visto in questo libro, sei colpevole dei loro crimini tanto quanto lo sono loro nel perpetuarli. Se, d’altra parte, scegli di reclamare il tuo potere come fa un guerriero, e smetti di credere di essere vittima di tutti quanti, allora non attirerai il crimine, ma inizierai ad attirare persone che sono forti e volenterose di rivendicare il loro potere. Se in un quartiere un numero sufficiente di persone facesse ciò, il quartiere sarebbe libero dalla criminalità, e ciò che è vero per un quartiere è altrettanto vero per un intero stato. Il crimine può avvenire solo dove le persone lo provocano e lo richiamano, e prospererà in un ambiente di paura e tolleranza, innescato dalla mentalità di essere vittime. In ultima analisi, vediamo quindi che la vita è un processo egoista, perché riporta sempre l'attenzione su noi stessi; e prendendoci la piena responsabilità per la nostra conoscenza e il nostro stato d'essere, possiamo cambiare il mondo intorno a noi. Tuttavia, non si può dire la stessa cosa essendo egocentrici. Essere egocentrici significa che non crediamo o sosteniamo l'interrelazione della vita, perché è questo il significato del termine. Essere egocentrico implica che vedi te stesso come il centro attorno al quale ruota il resto del mondo, ed è un'idea che esprime un pesante senso di auto-importanza. Le persone egocentriche, considerando se stesse così importanti, non potranno mai capire perché gli altri non vivono secondo i loro canoni. Queste persone si ritrovano spesso ai ferri corti con gli altri, perché pretendono che gli altri si inchinino alla loro volontà ed accettino il loro “giusto” punto di vista. Rifiutando di accettare il concetto che gli altri non sono altro che i nostri specchi, le persone egocentriche sostengono inconsapevolmente la mentalità vittimista. Queste persone stanno sempre difendendo una "buona" causa in nome della giustizia; invece di assumersi la responsabilità per il loro stato d’essere, danno la colpa a qualcun altro, e invariabilmente cadono nella trappola del cercare di "salvare" gli altri dalle grinfie dei crudeli carnefici. Di conseguenza, le persone egocentriche sono i “benefattori” di questo mondo. Queste persone formano la stragrande maggioranza di quelle anime fuorviate, sempre in lotta per qualche buona causa, che sia una marcia di protesta per frenare la violenza, o una marcia per salvare i pinguini dalla minaccia dell’inquinamento. Eppure queste persone non considerano mai il proprio ruolo nel perpetuare la violenza e il tasso spaventoso di inquinamento. La vera base dell’umiltà sta nell’evitare di dare la colpa agli altri, nell’accettare la piena responsabilità per chi e cosa siamo e nell’accettare la responsabilità per la nostra conoscenza e il nostro stato d’essere. Adottando un approccio egoistico alla vita, riconosciamo che l'unico lavoro da fare è su di sé, e che attraverso l'interazione della vita, ne beneficeranno anche gli altri attorno a noi. L’egocentrismo è l’esatto opposto, perché non c'è nulla di umile nell’essere egocentrico. Anzi, essere egocentrici è alimentare l’importanza personale ed è anche il massimo dell’arroganza e 62


presunzione. Sebbene i cosiddetti “benefattori” di questo mondo urlino e gridino a difesa delle loro azioni, la verità della questione è che la carità comincia a casa. Se non riesci a risolvere il disordine nella tua vita, allora come diavolo sarai in grado di risolvere il pasticcio nella vita di qualcun altro? Allo stesso modo, se non riesci a smettere di richiamare persone che ti perseguitano, allora chi ti dà il diritto di esigere che le autorità sociali facciano un lavoro migliore per proteggerti? Questo modo di ragionare non ha assolutamente senso per il guerriero, perché sei tu stesso che provochi, richiami e attiri i persecutori, ed in pratica stai chiedendo alle autorità di proteggerti dal tuo comportamento.

In relazione a ciò che abbiamo discusso, ci sono ancora tre punti da trattare. Il primo di questi è che se uno mette in conto che i piccoli tiranni esistono, poi, ovviamente, si dovrà considerare ciò che abbiamo detto su di loro e vedere quanto va in contraddizione con il concetto degli specchi. Ma, se si va oltre il valore apparente dei piccoli tiranni, ci si rende conto che non c'è contraddizione. L'unica ragione per cui sembra una contraddizione è perché non tutti noi siamo apertamente piccoli tiranni. Tuttavia, renditi conto che se nella tua vita hai un piccolo tiranno, allora è solo perché hai richiamato le esperienze che ti permetteranno di reclamare i tuoi doni di potere, attraverso la relazione con quella persona. Inoltre, tenendo presente che non dovresti mai restare agganciato al valore apparente dello specchio, dovresti osservare molto onestamente te stesso, prima di concludere che non sei un piccolo tiranno. Questa è la stessa prescrizione che é data ad ogni apprendista che ha trovato in se stesso un piccolo tiranno, e quando tale apprendista l’ha trovato dentro di sé, invariabilmente si rende conto di essere effettivamente un piccolo tiranno, nel senso di aver vittimizzato se stesso col proprio tirannico comportamento interiore! L'ironia di attrarre un piccolo tiranno nella propria vita sta nel fatto che la nostra immagine di noi stessi e l’autostima che ne deriva è così bassa che nei nostri sentimenti noi non abbiamo alcun valore. Se abbiamo una scarsa immagine di noi stessi, non c'è da stupirsi se finiamo per richiamare un piccolo tiranno, che riflette per noi il nostro senso di indegnità e la nostra mancanza di valore. Il secondo punto é che quando noi cambiamo, allora cambiano anche i nostri specchi. Sebbene questo sia vero, però a volte succede che ci ritroviamo ad avere degli specchi che sono incapaci di cambiare, perché per loro non è ancora tempo di cambiare, perché hanno ancora bisogno di imparare dal loro comportamento; oppure abbiamo degli specchi che non sono disposti a cambiare per un altro motivo qualsiasi. Quando capita questo caso, generalmente queste persone sono costrette a lasciare le nostre vite, sia perché scelgono di farlo volontariamente, o perché le circostanze glielo impongono. Per esempio, supponiamo che il tuo specchio sia stato il tuo capo, e che hai affrontato ogni cosa dentro di te che doveva essere affrontata. Tuttavia, nonostante tu abbia trattato ogni singola sfumatura, anche quelle inizialmente trascurate, il tuo capo continua a non mostrare alcun segno di cambiamento nell’atteggiamento verso di te. Quando accade così, o sarai trasferito a un altro ufficio, o il tuo capo sarà trasferito, o sarai promosso a qualche altra posizione, o accadrà qualcos’altro che produrrà l’effetto di separarvi. Ma in un modo o nell'altro, lo specchio del tuo capo lascerà la tua vita. Fermo restando quanto detto finora, tieni conto che ci sono specchi che non cambieranno, e che semplicemente non lasceranno la tua vita per ancora un bel pò di tempo. Tipici esempi di tali specchi si trovano spesso nei genitori o nei figli, ma anche in questi casi non vi è alcuna contraddizione nel concetto degli specchi. Se uno specchio è incapace di cambiare o non vuole cambiare, e ci ritroviamo incapaci di liberarci di quello specchio, è ovvio che abbiamo ancora bisogno di quello specchio, a prescindere da ciò che sentiamo o crediamo su di esso. Ad esempio, se i tuoi genitori continuano a riflettere per te un comportamento che hai già trattato in te stesso e 63


conosci senza dubbi, non sei più colpevole, quindi prendilo come un fatto che in qualche oscuro modo è ancora necessario come specchio. Quando accade così è perché la persona in questione ha bisogno di questo specchio per ricordarsi che un guerriero deve imparare a rimanere libero e distaccato dal mondo attorno a lui, e senza giudicare. In altre parole, il guerriero deve imparare che tutta la vita è interattiva, e che quindi, tutto il comportamento deriva dalla nostra interazione con gli altri. Pertanto, se hai integrato in te stesso il comportamento riflesso dai genitori o dai figli, allora ciò che resta ancora da fare è lavorare sull’interazione e sul rapporto con i genitori o col figlio, e anche col mondo in generale. Se l’hai già fatto, e se i tuoi genitori o il tuo bambino persistono con il loro comportamento verso gli altri, dovranno comunque cambiare il loro comportamento verso di te, per la semplice ragione che nessuno può sfuggire alla legge della Luce e del Riflesso. L'ultimo punto da trattare è che se abbiamo fatto ogni cosa in nostro potere per trattare i riflessi dei nostri specchi in maniera impeccabile, ma lo specchio persiste, allora possiamo tranquillamente dedurre che ciò che all’inizio era uno specchio si è tramutato in una sfida. Quando è questo il caso, normalmente la sfida consiste nell’essere costretti a prendere una ferma posizione su ciò che stiamo combattendo. Di solito questo ruoterà attorno a un compromesso. Per esempio, gli apprendisti sulla Via del Guerriero spesso fanno l’errore di non terminare una relazione, sono disposti a fare compromessi con se stessi e col partner, pur di rimanere nel rapporto. Tale rapporto può essere d’amore, o d'affari, o con un amico, o con un genitore, o anche con i figli. Tuttavia, rendetevi conto che se avete intenzione di reclamare il vostro potere come guerriero, prima o poi dovrete prendere una ferma decisione su chi siete, e ciò in cui credete. Spesso è sufficiente rimanere determinati nelle nostre decisioni per risolvere una simile sfida, ma a volte succede che la sfida consiste nel dover scegliere tra la Via del Guerriero e un particolare rapporto. Quand’è così non c’è altra scelta che porre fine a tale rapporto, non importa quanto possa essere difficile per sé stessi o per l'altra persona coinvolta. E’ evidente che questa scelta risulta particolarmente difficile quando l'altra persona è il proprio figlio, ed è ancora minorenne. Tuttavia, anche col proprio figlio è necessario essere spietati, perché se non lottate per i vostri diritti, non sarete mai in grado di rivendicare il vostro potere, e non sarete buono per nessuno, meno che mai per il vostro bambino o per voi stessi. Non sto dicendo che i genitori di bambini delinquenti dovrebbero rifiutare la loro responsabilità semplicemente abbandonando il figlio delinquente, ma sto affermando che se hai un figlio delinquente devi fare ogni azione necessaria per imprimere nella mente del bambino che il suo comportamento è totalmente inaccettabile. Come occorra farlo dipende esclusivamente dalle circostanze della vostra vita, ma si potrebbe, ad esempio, mandare il bambino in un collegio per bambini ribelli o, se necessario, anche in un riformatorio. Agendo in questo modo si sta a tutti gli effetti terminando o diradando il rapporto col bambino, senza sottrarvi alla responsabilità verso il bambino. Queste sfide non sono mai facili da gestire, e sarebbero necessari molti più chiarimenti su questo argomento di quanti se ne diano qui; ma se non avessimo almeno toccato questo tipo di sfida, questa sezione degli insegnamenti non sarebbe completa. Da quanto detto, dovrebbe essere chiaro che non avendo nessuno da incolpare, e venendo ributtato ogni volta a sé stesso, il guerriero non ha altra scelta che adottare un approccio umile alla vita. Lavorando col concetto dello specchio giorno per giorno, ogni apprendista, attraverso le esperienze, prima o poi deve riconoscere di non essere meglio, né peggio di chiunque altro, né più importante o meno importante di qualsiasi altra cosa. In ultima analisi siamo uguali ad ogni altra forma di vita su questo pianeta. Le uniche vere differenze tra un essere e un altro sono i modi diversi in cui materializziamo le nostre sfide nella vita. Anche se ci sono tante persone che si ritengono migliori degli altri, il guerriero è un essere che ha riconosciuto, lavorando con gli specchi, di non essere un angelo e, dopo aver imparato ad accettare se stesso per chi e cosa è, non ha paura di appropriarsi di ogni cosa che si trova sulla sua isola del tonal. Avendo avuto modo di conoscere ogni aspetto del suo essere, dal peggiore fino al migliore, il guerriero è incapace di giudicare un'altra persona, e qui sta il suo più grande onore. 64


Senza vergognarsi di non essere migliore di un criminale, e senza essere timido riguardo al riconoscere di avere dentro di sé anche le qualità del santo, il guerriero è in grado di affrontare ogni aspetto della vita, stando ritto e a testa alta. Il guerriero può fare questo, non per arroganza, non per presunzione, non per falso orgoglio, ma perché ha acquisito quell’umiltà che nasce dalla certezza che, in primo luogo, nessuno è migliore o peggiore di noi, e in secondo luogo, che egli è un essere onorevole in quanto è abbastanza onesto da riconoscere ogni aspetto della sua isola del tonal e ha il coraggio di combattere per l'impeccabilità. Onestà e coraggio sono le due qualità che danno il marchio all’onore del vero guerriero, perché in ultima analisi, l'onestà e il coraggio sono le due facce della medaglia che chiamiamo onore. Ci vuole coraggio per essere onesto con te stesso, e senza onestà non ci può essere vero coraggio, solo una falsa bravata per coprire la profonda paura che qualcuno possa scoprire qualcosa su di te che preferiresti che nessuno sapesse, compreso te stesso. Ma dov'è l'onore nel vivere una vita che si basa sulle menzogne, sulle finzioni, e sulla viltà che nasce dalla paura? Come potremo reclamare il nostro potere come guerrieri se non abbiamo onestà, né coraggio? Per avere il potere bisogna avere conoscenza, ma dal momento che la conoscenza può essere acquisita solo attraverso le esperienze della vita, come possiamo accedere al potere, se ci rifiutiamo di riconoscere chi e cosa siamo veramente? Eppure, riconoscere il peggio di sé stessi, senza odiarsi per questo, e riconoscere il meglio di sé stessi, senza credersi meglio di altri, richiede indubbia onestà e incrollabile coraggio. L'unico modo per acquisire l'onestà è accettare il fatto che il mondo intorno a noi è il nostro specchio, e l'unico modo per acquisire coraggio è quello di sostenere la conoscenza che se non ci piacciono i riflessi che vediamo, allora abbiamo il potere e la capacità di modificare tali riflessi, cambiando noi stessi. Pertanto, anche se un guerriero è incapace di giudicare un altro essere, sa anche che non deve tollerare un comportamento disonorevole. Non accettando tale comportamento in se stesso, il guerriero non ha alcun obbligo di accettarlo negli altri. Di conseguenza, il guerriero non giudica mai la persona in questione, ma guarda con discriminazione il comportamento di quella persona. Questo comportamento porta alla libertà o alla schiavitù? Questo comportamento è un atto che eleva o che avvilisce? In breve, tale comportamento è onorevole o disonorevole? Tuttavia, anche in questo senso il guerriero non è mai così arrogante da incolpare un'altra persona per il suo comportamento, perché nel riconoscere la sua responsabilità nell’aver suscitato questo riflesso dello specchio, il guerriero ricerca quel particolare comportamento dentro di sé, o in alternativa, la sfida che il comportamento di quella persona porta. In altre parole, questo comportamento sta riflettendo aspetti interni del guerriero che sostengono il suo onore?

Al momento di formulare qualsiasi tipo di strategia, è importante prendere in considerazione ciò che abbiamo visto in relazione agli specchi, perché la strategia del guerriero non è orientata a cambiare gli altri, imponendo su di loro la sua volontà, ma è progettata in modo da consentire al guerriero di elevare se stesso, e così facendo elevare gli altri esseri. Il guerriero si sforza di fare questo, non perché é la cosa morale da fare, o perché il guerriero è una persona altruista, ma perché il suo senso dell'onore è tale da riconoscere che ogni cosa riguarda se stesso e perciò non si preoccupa di altri se non di se stesso. Pertanto, anche se deve scegliere tra la sua relazione con una persona particolare e la Via del Guerriero, il guerriero ancora una volta metterà prima se stesso e la propria evoluzione, e nel fare ciò che è meglio per lui, automaticamente fa ciò che è meglio per l'altra persona interessata. 65


Questa pratica è la base stessa dell’agguato, ed è proprio questa pratica che ha dato luogo all’affermazione che il guerriero controlla tutto senza controllare nulla, perché nel cambiare noi stessi, cambiamo il mondo attorno a noi, e quindi non abbiamo bisogno di ricorrere alla meschinità della dittatura. Semplicemente utilizzando la legge della Luce e del Riflesso, e praticando l’interrelazione della vita, col tempo il guerriero diventa un vero e proprio essere invincibile, con un considerevole potere al suo comando. Tuttavia, questa è un’affermazione che ogni apprendista all’inizio interpreta in modo ingenuo o eccessivamente semplicistico. Ma è tipico di ciò che appare relativamente alle azioni dei guerrieri. Sebbene le loro azioni siano apparentemente semplici e sembrino essere banali e innocue, tuttavia contengono un potere inimmaginabile. Ciò è particolarmente vero per le strategie messe a punto dai guerrieri, perché sebbene sembrino sempre innocue a causa della loro estrema semplicità, in realtà sono letali. Ma per vedere come funziona, torniamo al nostro esempio di Sean e suo fratello Willis. Nel dover elaborare una strategia per gestire la battaglia col fratello, Sean deve tener conto del secondo aspetto della regola dell’agguato, ossia, lottando per semplificare, un guerriero scarta tutti le azioni non necessarie. Da ciò che abbiamo imparato sugli specchi, non dovrebbe essere così difficile afferrare questo aspetto della regola dell’agguato. Semplicemente riportando tutto a se stesso e al proprio progresso sul Sentiero della Conoscenza, il guerriero elimina una grande quantità di azioni, emozioni, sentimenti e pensieri che possono sorgere a causa dell’importanza personale e dell'egocentrismo . La stragrande maggioranza delle azioni della gente, il loro stato emotivo, i loro pensieri infiniti che circondano alla rinfusa il disordine dei sentimenti, provengono tutti dall’approccio egocentrico alla vita e dalla mentalità vittimistica. Pertanto, dal punto di vista del guerriero, ogni battaglia è così semplice come lo è lottare per il proprio onore di guerriero. Non essendo coinvolto nel perpetuare il condizionamento sociale nel non voler riconoscere i propri difetti o nel cercare di difendere il proprio comportamento giustificando le azioni che egli stesso non approva, il guerriero non si cura d’altro che cercare il modo migliore per elevare se stesso e diventare un essere ancora più onorevole. Nulla é più semplice di questo; anche se compiere una tale impresa non è affatto semplice, perché tutti noi siamo creature misteriose e tendiamo ad operare con una complessità veramente sorprendente. A questo proposito, c’è da notare che le persone in genere fanno l'errore di presumere di conoscere se stesse, mentre in effetti conoscono solo il loro comportamento. Ma anche nella conoscenza del comportamento, normalmente le persone non hanno la più vaga comprensione di ciò che causa il comportamento, o del perché hanno i difetti che hanno. Se anche le persone avessero la pretesa di comprendere se stessi, un piccolo sondaggio mostrerebbe presto che quella che viene definita come comprensione non è altro che una versione personale del gioco del dare le colpe. Questo ci riporta dritti ai quattro postulati dell’agguato. Per quanto riguarda Sean, ora deve prendere in considerazione il secondo postulato dell’agguato, perché è questo il postulato che ha a che fare con l’azione, e la prima azione da compiere nella sua battaglia con Willis è quella di elaborare una strategia. Il secondo postulato ci dice che è nostro dovere come guerrieri risolvere il mistero, senza sperare mai di risolverlo. Abbiamo già accertato che per Sean la vera battaglia consiste nel rivedere la sua scarsa immagine di sé, sforzandosi di riconoscere a se stesso il suo valore come individuo. A questo proposito, Sean dovrà in primo luogo stabilire quali convinzioni causano la sua bassa immagine di sé, utilizzando la tecnica della ricapitolazione. Tuttavia, la ricapitolazione rivelerà solo la causa della sua scarsa immagine di sé, ma non rivelerà la ragione per cui il combattere per la sua autostima dovrebbe costituire per Sean una delle sue grandi sfide della vita. Ovviamente la risposta a quest’ultima domanda si trova saldamente nel regno del destino, ma ciò che ci importa qui è che la ragione per cui Sean deve lottare per ribaltare la bassa immagine di sé rimane parte del mistero del suo essere. Questo è il vero significato della seconda parte del postulato in esame, per ricordare che tutto ciò che sta nella nostra isola del tonal è lì per una 66


ragione, e che, anche se col tempo trasmutiamo le nostre mancanze in beni di valore, quelle mancanze staranno con noi per tutta la vita. In altre parole, anche se Sean col tempo conquisterà la sua scarsa immagine di sé imparando ad usarla costruttivamente, Sean avrà sempre un’immagine di sé bassa, perché quella bassa immagine di sé è una caratteristica della sua isola del tonal. Questo è vero per tutti i nostri difetti, perché trasmutare le nostre mancanze significa che abbiamo imparato a farle lavorare per noi, piuttosto che contro di noi. Tuttavia, nel processo di trasmutazione non perdiamo o eliminiamo mai i nostri difetti in quanto tali, e non è nemmeno opportuno farlo, perché i nostri difetti sono il nostro biglietto per la libertà e il nostro passaggio verso il potere. Senza i nostri difetti non saremmo mai in grado di trasformarci in guerrieri, perché solo combattendo per trasmutare le nostre lacune riusciamo ad eliminare il comportamento che ne derivava. E' attraverso la trasmutazione dei nostri difetti che riusciamo a trasformarci in guerrieri, e di conseguenza è il comportamento che deriva dalle nostre carenze che viene eliminato, e non i difetti stessi - un fatto che viene spesso dimenticato dall’apprendista distratto. I nostri difetti esistono e servono per poter svelare il mistero del nostro essere, ma non potremo mai eliminarli, quindi risolvere quel mistero è chiaramente il vero lavoro di questa vita. In altre parole, il meglio che ognuno di noi può fare è quello di partire da dove si trova e cercare di risolvere il più possibile il mistero del proprio essere, quanto è possibile fare nello spazio di questa vita. Solo il folle arrogante può nutrire la speranza di svelare il mistero dell’essere nei pochi anni di una sola vita. Per quanto riguarda Sean, la sua strategia dovrebbe essere tale da permettergli di trasmutare la sua scarsa immagine di sé, e risolvere quella parte del mistero del suo essere che gli è concesso in questa vita. Questo è ciò che intende la prima parte del secondo postulato, e cioè, è nostro dovere come guerrieri risolvere il mistero. La parola "dovere" implica, inoltre, che risolvere il mistero del nostro essere non è solo qualcosa che dobbiamo a noi stessi, ma in un senso molto reale è anche il nostro dovere a causa dell'interdipendenza della vita. Tuttavia, questo dovere non va preso nel senso comune e apparente, perché il senso del dovere di un guerriero non è lo stesso di quello dell'uomo comune. Il senso del dovere di un guerriero deriva dal riconoscere che non è prerogativa di alcuni sedersi e aspettare, mentre altri si fanno carico dei doveri, nel senso di dover servire. Ognuno di noi ha il dovere di elevare se stesso, in modo che ne possa beneficiare a titolo personale, e anche in modo che possiamo beneficiarne universalmente, in quanto tutti siamo delle unità della vita una. Pertanto, ogni volta che un guerriero riesce a risolvere qualche aspetto del mistero del proprio essere, risolve anche un piccolo frammento del grande mistero che coinvolge la vita più grande, di cui lui è una unità. In ultima analisi, questo è ciò che significa la frase mappare l'ignoto, ed è questo che i guerrieri assumono come loro dovere, ma anche come unica giustificazione per il dono inestimabile della vita.

A questo punto, dovrebbe essere abbastanza chiaro che Sean deve ora fare riferimento al terzo postulato, al fine di procedere per elaborare la sua strategia. Ricordate che questo postulato ci dice che anche noi siamo parte di questo mistero, un fatto che abbiamo già accertato nella nostra considerazione sugli specchi. Ma questo postulato ci dice anche che dovremmo diventare uno col mistero. Questo è un punto importante perché solo immergendoci nel mistero possiamo avere qualche speranza di essere in grado di risolverlo. La ragione di ciò è che nel trattare col mistero del nostro essere, il pensiero razionale è di scarsa utilità, e quindi sono necessari il sentimento e la sensazione, ma è praticamente impossibile avere la sensazione di qualcosa senza immergerci in essa. L'importanza di accedere al sentire, è indicata dal fatto che, lavorando col terzo postulato, ci 67


troviamo di fronte al Sud che, come sappiamo dal Grido dell'Aquila, è irrazionale, e quindi dobbiamo affrontarla con la sensazione, piuttosto che con la razionalità. Sean non trova per niente facile mettere da parte la sua normale razionalità per accedere ai propri sentimenti, perché è sempre stato una persona accademica grazie soprattutto alla sua razionalità. L’accesso ai nostri sentimenti è quello che è chiamato ascoltare col cuore – un’abilità complessa che non s’impara né rapidamente né facilmente, ma fortunatamente abbiamo il terzo aspetto della regola dell’agguato che ci aiuta. Questo è un concetto che analizzeremo in maniera più approfondita nel capitolo successivo, ma che dobbiamo brevemente prendere in considerazione per capire come un guerriero escogita la sua strategia. Il terzo aspetto della regola dell’agguato afferma che un guerriero è sempre pronto a fare la sua ultima battaglia sulla terra, proprio qui e ora. Considerando ciò, Sean scopre che non è poi così difficile mettere da parte i pensieri razionali sul modo migliore per gestire la situazione col fratello. L'unica cosa che ha da fare é focalizzare la sua attenzione sul fatto che nessuno di noi ha alcuna garanzia sulla vita, e perciò è solo il momento presente che ha qualche conseguenza reale. Pertanto, non appena Sean si chiede cosa gli piacerebbe di più se questo fosse il suo momento finale sulla terra, subito è sopraffatto da una strana sensazione, che innesca in lui un bruciante desiderio di essere libero da questa stretta collaborazione col fratello. In un primo momento Sean non riesce a capire esattamente ciò che significa la sensazione che sperimenta, ma l'unica cosa di cui è certo è che vuole essere libero dall’associazione con Willis. Tuttavia, se Sean vuole liberarsi del rapporto col fratello, dovrà in qualche modo rivendicare il suo potere. Questo non dovrebbe sorprendere, perché lavorando col terzo postulato egli è esposto a sud, che non è solo il luogo del calore, ma anche il luogo del potere. Questa caratteristica è fondamentale in tutte le strategie escogitate da guerrieri, perché alla fine, il solo scopo di tutte le sfide è quello di fornirci l'opportunità di reclamare il nostro potere e, così facendo, elevare noi stessi. Nel considerare il modo migliore per reclamare il suo potere in questa particolare battaglia, Sean ricorda che la vera battaglia per lui sta nel modo migliore di usare questa opportunità per cominciare a trasmutare la sua scarsa immagine di sé. Tuttavia, ancora una volta il pensiero razionale non è molto d’aiuto, perché la razionalità può guidare Sean solo nel contesto di ciò che già conosce, che in questo caso sarebbe quello di adottare una delle opzioni note, e abbiamo già visto che queste non porterebbero alcun beneficio a Sean. Questo è quanto Sean può prendere per il momento dal terzo postulato, ma per mettere a punto la sua strategia Sean deve trovare un’opzione che attualmente gli è sconosciuta. Di fronte all'ignoto, ancora una volta è necessaria la sensazione, che indica a Sean di voltarsi ad affrontare l'Occidente, il luogo del sentimento, e a cui si riferisce il quarto postulato dell’agguato. Dopo essersi voltato a Occidente, Sean si rende conto che, siccome questo è il quadrante a cui è assegnata la cancellazione della storia personale, questo implica che la sua strategia dovrebbe essere un esercizio di cancellazione della sua storia personale. Questa intuizione sembra molto sensata a Sean, perché sa che è sempre la nostra storia personale, la nostra immagine di sé, che tende ad essere la bestia nera della nostra vita. Ciò è particolarmente vero per Sean in questo momento della sua vita, perché egli soffre degli effetti di una scarsa immagine di sé. Tuttavia, rendetevi conto che la storia personale mantiene anche le persone che hanno una buona immagine di sé, saldamente bloccate nella loro visione del mondo e che può essere alla radice di tutti i loro problemi. L'unico modo in cui possiamo superare le nostre sfide e risolvere il mistero del nostro essere, è quello di cancellare la nostra storia personale, al fine di fermare il mondo. Fino a che non fermiamo il mondo, il mistero del nostro essere rimane elusivo e inafferrabile, le nostre sfide appaiono come un peso, e la vita in generale è un evento noioso e triste in un mondo molto banale. Pensando a cancellare la sua storia personale e sapendo che questo significa che deve trasmutare la sua scarsa immagine di sé, Sean ricorda che un guerriero utilizza come guida le tensioni che sono rilevanti in una battaglia. In questo caso particolare, queste tensioni sono quelle che circondano la sua scarsa immagine di sé e quella di suo fratello. Ora tenete a mente che queste

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tensioni sono generate dalla qualità dell’intensità e che l’intensità è il prodotto dell'interazione tra la percezione di due persone. Nel considerare questo fatto, improvvisamente a Sean appare chiaro che, se ha un così intenso desiderio di essere libero dalla collaborazione col fratello, allora questo desiderio inespresso deve aver generato tensione tra lui e Willis per un lungo, lungo tempo. Inoltre, siccome è stato Willis ad avviare la battaglia, è probabile che Willis abbia più o meno lo stesso desiderio di Sean, e forse Willis intendeva realizzare proprio questo desiderio, agendo per impadronirsi della società. Sean l’ha già intravisto quando ha elaborato ciò che costituisce per lui la vera battaglia, ma l'unica cosa di cui era certo a quel punto era il fatto che sia lui che Willis erano costretti a lottare per la loro autostima. Ora, considerando le tensioni che circondano questa battaglia, Sean ricorda ancora la strana sensazione che sentiva prima, ma che non era in grado di capire, ossia, il sentimento che ha innescato il suo desiderio di liberarsi di Willis. Finalmente le cose cominciano a quadrare. Ora Sean può vedere che la tensione prevalente nella relazione di lavoro con Willis è sempre stata quella di dover mantenere il fratello, per essersi lasciato trascinare dai loro desideri e visioni comuni per il futuro. Ora che può vedere questo, Sean può anche cogliere il significato della strana sensazione che ha avuto, e a cui può finalmente dare un nome - la sensazione di co-dipendenza! Siccome Sean e Willis hanno sempre avuto una bassa immagine di sé, hanno sempre fatto affidamento sulla reciproca assistenza in tutto ciò che hanno fatto, col risultato che hanno sviluppato una co-dipendenza. Dopo aver capito questo, Sean sa che la cosa più importante è quella di rompere col fratello e trovare la propria identità. Di conseguenza non ha più senso collaborare con Willis e nemmeno cercare di mantenere in piedi la società, perché era diventata un riflesso della loro co-dipendenza. L'intera operazione della società, il tipo di clienti che hanno attratto e la natura dei lavori che hanno contratto, era tutto basato sulla co-dipendenza dei due fratelli. Pertanto, se Sean vuole trovare la propria identità, deve liberarsi di ogni cosa che possa sostenere la co-dipendenza. In breve, Sean ora sa che deve lasciare che Willis prenda in consegna l'azienda, non perché è troppo codardo per combattere, ma semplicemente perché questo è ciò che esige il suo destino. Prendendo in considerazione le tensioni, Sean vede chiaramente la linea di fondo di questa lotta: sia lui che Willis devono liberarsi della rispettiva co-dipendenza. Per Willis il voler prendere in consegna l'azienda era solo un modo di esprimere il desiderio di liberarsi dell'influenza di Sean. In altre parole, dal punto di vista di Willis, essendo amministratore delegato della società gli avrebbe permesso di sentirsi meglio con se stesso e molto più sicuro di sé, nel qual caso sarebbe stato molto meno dipendente da Sean. In quel momento di chiarezza Sean rimane a bocca aperta nel vedere che le persone sono davvero solo i nostri specchi e, attraverso questa personale esperienza, capisce da sé quanto si afferma nel quarto postulato, il punto cruciale di questo mistero è l’infinito mistero dell’esistenza, e all'interno del mistero dell’esistenza tutti siamo uguali. Di conseguenza, Sean non può sentire rabbia verso il fratello, ma vedendo il proprio ruolo in tutto questo, sperimenta in modo profondo ciò che s’intende con la frase, il guerriero entra in uno stato di vera umiltà. Sean capisce anche che se vuole reclamare il suo potere come guerriero, allora è obbligato a farlo in un modo che gli permetta di migliorare l’immagine di sé. A questo proposito, Sean sa, per la prima volta nella sua vita, di essere disposto a prendere in considerazione i suoi desideri, riconoscendo il suo prepotente desiderio di essere libero da suo fratello. Pertanto, tutto ciò che deve fare è discutere con Willis gli aspetti pratici del trasferimento dell’azienda a nome di Willis. A questo punto, Sean sa di volere tre mesi di stipendio, per avere il tempo di avviare una nuova attività propria – una richiesta molto ragionevole a cui neanche Willis potrebbe obiettare. Dopo aver formulato la sua strategia, che è semplice come richiesto, Sean ora deve metterla in pratica, e nel farlo userà di nuovo come linee guida le tensioni riguardanti la scarsa immagine di sé e di suo fratello. Cioè, sapendo che è probabile che suo fratello si metta sulla difensiva e si senta imbarazzato per le sue ingiuste richieste, Sean dovrà far capire a suo fratello che la sua decisione gli 69


va proprio bene. Oppure si può dire che Sean dovrà convincere Willis che ha fatto la scelta giusta per entrambi e che quindi non c’è motivo per tenergli rancore. E’ evidente che la strategia di Sean è molto diversa da quella che avrebbe adottato la maggior parte delle persone, ma è anche micidiale. L'ultima cosa che Willis si aspetta è che la sua decisione sia considerata da Sean piacevole e utile, e quindi quando Sean gli si avvicina, Willis si sente totalmente sbilanciato. Guardando l’esito della faccenda per il valore apparente a Willis sembrerà di aver vinto la battaglia, ma in realtà Sean ha teso l’agguato a se stesso e a suo fratello in una battaglia occulta, e ci vorrà del tempo prima che sia conclusa. In effetti, i ruoli si sono invertiti; Sean doveva essere la preda e invece è il cacciatore, e né lui né Willis sanno ancora quale prezzo pagherà Willis per aver apparentemente "vinto" la battaglia. Inoltre, notate che la strategia di Sean non è solamente a suo beneficio, ma anche a beneficio di Willis. Pertanto, anche se Sean agisce egoisticamente, non è egocentrico. Un ulteriore punto da sottolineare è che anche se un guerriero può sembrare molto ordinario e innocuo, in realtà è un mortale avversario. Come è si vede in questo esempio di Sean e Willis, il guerriero può apparire sconfitto, ma cosa si cela dietro la sua strategia? Quali colpi invisibili ha già inferto, e quali saranno i prossimi? Al momento, non lo sa neppure Sean, ma una cosa è certa, attraverso le sue azioni Willis ha dato a Sean il varco per la libertà e Sean non si lascia scappare questo fugace momento di possibilità. Vedendo finalmente la possibilità di essere libero dall’associazione col fratello, Sean ha tutte le intenzioni di utilizzare questa opportunità per il suo massimo vantaggio. Ha già reclamato una quantità enorme di potere nel rendersi conto di non dover più giocare il ruolo del buon pastore con Willis per sentirsi bene con se stesso, e nemmeno dipenderà più da Willis la conduzione con successo di un'attività in proprio. A questo proposito, Sean ha veramente spostato il focus, dall’essere vittima all’essere vincitore, e così si è fatto carico dell’intensità generata dalla bassa immagine di sé e ha già cominciato a manipolarla. Manipolare l'intensità è il primo passo naturale per trasformare il tonal in un adeguato tonal, ma questo non è tutto, perché è anche il primo passo per imparare la maestria della Tradizione del Drago – la suprema magia. Nei capitoli seguenti vedremo più in profondità che cosa implica. A proposito della Tradizione del Drago, vale la pena citare un ultimo punto. Nell'esempio di Sean ho volutamente mantenuto l'uso delle tensioni a un livello di basso. L’ho fatto perché il vero uso delle tensioni comporta pratiche che sono in anticipo per questo libro; pratiche che possono legittimamente essere classificate come appartenenti agli insegnamenti avanzati sull'arte dell’agguato. Tuttavia, non è possibile praticare gli insegnamenti intermedi senza avere almeno una conoscenza rudimentale dell'uso delle tensioni. Ancora una volta il lettore è invitato a ricordare di non considerare completo qualsiasi insegnamento impartito.

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CAPITOLO CINQUE

ENTRARE NELL’IGNOTO

PER ENTRARE NELL’IGNOTO OCCORRE MANIPOLARE L’INTENSITA’. SE L’INTENSITA’ RIMANE INTATTA, IL PUNTO DI ASSEMBLAGGIO RESTA FISSO E QUINDI E’ IMPOSSIBILE INTRARE NEL LATO SINISTRO DELLA CONSAPEVOLEZZA E NELL’IGNOTO. Una volta che il guerriero ha messo a punto una strategia, è ovvio che la strategia deve essere attuata, se si vuole ottenere un qualsiasi risultato. Tuttavia, come abbiamo già visto, una strategia d’agguato è in sostanza niente più che la definizione dei parametri per una linea d’improvvisazione. Questo è un punto da non dimenticare, perché nel trattare con il potere non si può mai determinare in anticipo l'effettivo dispiegarsi della battaglia, né quale sarà l'esito di tale svolgimento. L'unica cosa di cui possiamo essere certi è che la battaglia verrà, prima o poi, come un'onda nel mare della vita, e quando arriva, la strategia che abbiamo elaborato dovrebbe permetterci di cavalcare quell’onda. Cosa succederà quando cavalcheremo l'onda e dove l'onda ci porterà, si trova saldamente nel regno dell'ignoto. I Toltechi perciò intendono l’attuazione di una strategia, come l'atto di entrare nell'ignoto. Notate quanto è diverso l'approccio del guerriero da quello della persona comune. Generalmente, le persone pianificano una serie di azioni come se fossero in grado di determinare il corso degli eventi, e nel momento in cui questi eventi iniziano a dispiegarsi in modo diverso da come hanno previsto o sperato, immediatamente cercano il modo per forzare l'esito a conformarsi ai loro desideri. Queste persone scelgono quest’approccio perché offre l’apparente sicurezza di avere la vita sotto controllo, ma dal punto di vista del guerriero, forzare la mano del potere è un gioco folle, basato sull’illusione di controllare le correnti nell'oceano della vita. Sostenere questa convinzione è assolutamente demenziale. Noi non possiamo controllare il potere, che è il potere universale; ma siccome il potere è il prodotto della percezione, possiamo controllare il nostro livello di percezione o l'allineamento di tale percezione, che ovviamente determina il nostro potere personale. Di conseguenza, sebbene non possiamo controllare il potere in quanto tale, possiamo scegliere di percepire gli eventi della nostra vita nel modo che vogliamo. Questo è esattamente ciò che fanno le persone, ed è questo l’atto che è alla base di ogni condizionamento sociale. A dispetto del grossolano senso di separazione dell'uomo, tutti gli esseri umani hanno istintivamente la coscienza di gruppo e, di conseguenza, le persone amano conformarsi al consenso del gruppo per ricevere l'approvazione delle altre persone. Ne risulta che le persone aderiscono al sogno comune come se fosse l’unica realtà, e quindi regolano sempre la loro percezione per conformarla alle limitazioni di quel sogno. Le persone quindi, non solo limitano la loro percezione, e quindi cadono preda di una vita di illusioni, ma peggio ancora, limitano anche il loro potere personale, e di conseguenza indeboliscono se stessi. Sostenere il sogno comune e mantenere intatto il condizionamento sociale, richiede che il punto d’assemblaggio di ognuno sia mantenuto relativamente fisso a un determinato livello di percezione. Inoltre, poiché l'uomo è costantemente impegnato a sentirsi al sicuro in ogni esperienza di vita, il punto di assemblaggio deve essere necessariamente ancorato entro i confini del conosciuto. Questo implica che il sogno comune, e quindi anche il condizionamento sociale, dipende da un’intensità che è mantenuta fissa dalla maggioranza degli esseri umani. 71


Questo è il motivo per cui uomini e donne tendono normalmente ad ignorare e a non curarsi dell’ignoto, e ogni volta che lo incontrano, lo considerano e lo trattano come se fosse qualcosa di conosciuto, che in qualche modo è andato storto, e pertanto deve essere portato sotto controllo o scartato, il più rapidamente possibile. Ovviamente con un simile atteggiamento, le persone si trattengono costantemente dall’entrare consapevolmente nell'ignoto, e le loro vite diventano un affare solamente razionale, in cui gli effetti casuali dell'ignoto vengono percepiti come un disordinato caos di "fortuna" e "sfortuna". Il guerriero non è un essere che sta cercando di aderire al sogno comune o al condizionamento sociale, perciò disegna ogni strategia per consentirgli di cooperare con le forze della sua vita, in modo da cavalcare le onde verso l’ignoto del suo potenziale e del suo destino. Di conseguenza, per il guerriero che sta cercando di entrare nell'ignoto, il primo scopo è quello di alterare in qualche modo la sua intensità. A questo proposito si deve ricordare che l'obiettivo del guerriero è quello di cooperare in modo intelligente con lo scopo del suo sognatore. Siccome il sognatore sta concentrando l’intento per i fini dell’attuale incarnazione, è ovvio che si richiede al guerriero di rendere la percezione abbastanza fluida da renderlo capace di gestire in maniera impeccabile ogni sfida che incontra. Ancora più importante è che noi richiamiamo le nostre sfide attraverso le tensioni nella la rete della vita, a causa dell’intensità che generiamo nell’interazione con gli altri, durante l’atto di percepire. Pertanto, anche se non possiamo evitare il nostro destino perchè non possiamo alterare l'intento del nostro sognatore, possiamo dettare la qualità delle nostre sfide, imparando a controllare l'intensità che generiamo. Dettare la qualità delle nostre sfide non è come cercare di dettare il corso della nostra vita. L'analogia, che uso spesso per spiegare questo punto, è quella di paragonare il destino ad un viaggio. Se è tuo destino in questa vita fare un viaggio a Roma, andrai di sicuro a Roma, in un modo o nell'altro; ma come ci andrai dipende solo da te. Che ne sia consapevole o no, al fine di andare a Roma, provocherai tutti i tipi di sfide che ti guideranno nella giusta direzione. Alcune di queste sfide le percepirai come "buone", perché ti rendono il viaggio gioioso e piacevole, mentre altre le percepirai come "cattive", nel senso che rendono il tuo viaggio sgradevole e triste. In breve, puoi rendere il tuo viaggio verso Roma emozionante e pieno d’avventura, oppure puoi trasformarlo in un incubo vivente, nel quale ti senti come se fossi trascinato per i capelli. Questo è il significato di dettare la qualità delle nostre sfide. Comunque, tenete conto che l'intensità non è che il risultato di un livello particolare della percezione. Pertanto, se vogliamo modificare la nostra intensità e imparare a controllarla, allora dobbiamo cercare di alterare il nostro livello di percezione e imparare a controllare anche questo. Questo ci riporta alla necessità di avere un punto di assemblaggio fluido, perché senza la fluidità non possiamo controllare il nostro livello di percezione e la nostra intensità. Il modo per dare fluidità alla posizione del punto di assemblaggio è quello di imparare a tendere l’agguato alla nostra percezione, e il modo migliore per tendere l’agguato alla percezione è quello di imparare a leggere le tensioni insite nella vita quotidiana, perché queste tensioni sono il prodotto dell’intensità. Quando riusciamo a leggere queste tensioni, possiamo cominciare a cambiare il nostro livello di percezione e la nostra intensità utilizzando lo scudo del guerriero e praticando il non-fare. In altre parole, se cerchiamo di leggere le tensioni nella nostra vita quotidiana, invece di lasciarsi catturare dal valore apparente degli eventi, allora iniziano ad accettare senza accettare, e iniziamo a credere senza credere e, come risultato, la nostra percezione non è più fissata dall’ossessione e il punto di assemblaggio è libero di muoversi. Tuttavia, per diventare consapevoli delle tensioni nella propria vita quotidiana, per non parlare di leggerli, è necessario che uno sia sveglio, timoroso, rispettoso e assolutamente sicuro. Ciò implica certamente di utilizzare lo scudo del guerriero, ma ci riporta anche al concetto che un guerriero vive ai margini, e in tal senso basa tutta la sua vita sul terzo aspetto della regola dell’agguato, e cioè che un guerriero è sempre pronto a fare la sua ultima battaglia proprio qui e proprio ora. Questo terzo aspetto della regola dell’agguato ha implicazioni che superano la portata

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di questo libro, ma quelle che ci interessano qui, riguardano principalmente il concetto di entrare nell’ignoto, e vivere nel momento, che sono entrambi completamente correlati.

Nell'esempio, quando entrerà nell’attuazione pratica della strategia, Sean sa che entrerà nell’ignoto nel vero senso della parola, semplicemente perché l’esito dell’azione non può essere previsto. L'unica cosa di cui Sean può essere certo è che la sua vita cambierà per sempre a seguito della sua azione, e così anche la percezione di se stesso e della sua vita. Per le persone comuni una situazione imprevedibile equivale a un incubo, ma non così per un guerriero. Per il guerriero che vive di sfide, questa è una situazione allettante, che gli conferma di essere diventato abbastanza fluido da poter vivere sul bordo del conosciuto, e di essere abbastanza forte da resistere ai rigori del mappare l'ignoto. Nel caso di Sean questo momento rappresenta per lui il varco per la libertà, ma per attraversare il varco Sean deve considerare le implicazioni insite nel terzo postulato dell’agguato. Il terzo postulato dell’agguato indica che il mondo e gli eventi della nostra vita, non sono quello che sembrano, ma sono un mistero infinito; e siccome la nostra esperienza di questo mistero cambia mentre cambia la nostra percezione, siamo quindi anche noi una parte di tale mistero, in virtù del fatto che l'atto di percepire in sé rimane un mistero. Di conseguenza, per uno come Sean, l'unica via praticabile per affrontare la vita, è quella di accettare senza accettare e di credere senza credere. Sean non può più permettersi di prendere le cose per il loro valore apparente e lasciarle così come sono. Per lui, d'ora in avanti, è di vitale importanza vivere con la certezza che ogni giorno della sua vita, ogni istante della sua vita, sarà percorso su un terreno sconosciuto, e che ogni alba gli rivelerà un nuovo orizzonte, ancora sconosciuto. Entrare nell’ignoto non è come decidere di andare a fare una passeggiata in un luogo mai visitato prima, come spesso è considerato, perché entrare nell'ignoto è un atto irrevocabile che cambia la propria vita per sempre. Solo quelle anime fuorviate che vorrebbero avere il potere del guerriero, ma che non hanno l'auto-disciplina, il rispetto di sé o l'onore necessario per diventare guerrieri, pensano di poter entrare ed uscire a piacimento dall'ignoto. In altre parole, queste persone cercano di entrare nell’ignoto rimanendo nel contesto delle loro vite attuali; cercano di imparare quello che possono nell'ignoto e poi tornano alle loro vite normali con le conoscenze acquisite mentre erano lì nell'ignoto. Sebbene tali pratiche esistono, esse sono potenzialmente pericolose perché non sono supportate dalla sobrietà e dall'impeccabilità. Entrare nell'ignoto non è molto diverso da entrare in un reattore atomico, perché quando una persona entra nell'ignoto, subito l'intero essere della persona si carica di un’energia che avvia una reazione a catena, che non può essere fermata. L'unico modo per gestire tale reazione a catena è quello di fluire con essa e impostare l’intento sulla totale trasformazione. Attraverso questa trasformazione si diventa immuni agli effetti distruttivi della "radiazione", ma dove non vi è alcun desiderio di cambiare, nessun desiderio di diventare un guerriero veramente impeccabile, il praticante espone se stesso ad un’energia altamente distruttiva, come quella delle radiazioni atomiche. Il lettore farebbe bene a rivedere gli insegnamenti ne Il Grido dell'Aquila sulle tentazioni poste da uno dei quattro nemici naturali dell’uomo: il potere. Bisogna saperlo da prima, che entrare nell'ignoto è un atto che avvia un processo di morte, e l'unico modo per farlo ed uscirne vivi è quello di abbracciare la morte. In altre parole, a questo punto della formazione, il guerriero deve essere pronto a morire alla sua vecchia vita, al fine di ospitare il processo di trasformazione. E' per questo motivo che si ribadisce sempre che il guerriero deve venire alla conoscenza pronto a morire, e che solo se il diventare un guerriero è un atto di sopravvivenza, l'apprendista sarà pronto a fare ciò che serve per diventare un guerriero. 73


Il concetto di abbracciare la morte non dovrebbe essere preso per il significato apparente, perché non è affatto ciò che si immagina la persona comune. L’atteggiamento di abbracciare la morte è vitale per il processo di trasformazione ed è anche essenziale per realizzare la libertà. In ultima analisi, abbracciare la morte non è altro che il naturale risultato di aver imparato a vivere al limite del conosciuto e oltre, ed è spesso indicato come ballare sull’orlo del precipizio. Tuttavia, vivere sul limite del conosciuto e ballare sull’orlo del precipizio non sono la stessa cosa. Vivere sul limite vuol dire che il guerriero ha raggiunto un punto nella sua vita in cui egli è stato catapultato verso l'ignoto, sia attraverso gli sforzi personali o in conseguenza delle circostanze della sua vita. Una volta nell’ignoto, al guerriero si presentano da tutte le direzioni delle sfide sconosciute che richiedono l'acquisizione di nuove conoscenze e in cui si rende conto che qualsiasi comportamento che non sia un impeccabile sortilegio fisico, mentale e emotivo, lo condurrebbe all’annientamento. D'altra parte, ballare sull’orlo del precipizio, è l’acquisita capacità del guerriero di bilanciare la sua paura dell’annientamento con la sobrietà, ed è quest’abilità che gli permette di cavalcare e navigare ogni onda che gli capita, perché non cavalcare quelle onde equivale ad effettuare il sortilegio dell’annientamento, in un modo o nell'altro. In altre parole, ballare sull’orlo del precipizio è la capacità che un guerriero acquisisce come risultato di avere accettato la morte come il suo miglior consigliere, perché il guerriero sa bene che non farlo vuol dire rifiutarsi di riconoscere le azioni dei tiratori scelti dell'universo, e nel qual caso potrebbe essere annientato in qualsiasi momento. Quindi, accettare la morte come il miglior consigliere si riduce ad accettare il fatto che non si ha altra opzione che imparare la danza della morte, al fine di ballare sull’orlo del precipizio. Una delle implicazioni più profonde insite nel concetto di vivere sul limite è il fatto che qui la vita è sempre nuova, sempre nascente. Di conseguenza, per il guerriero che vive sul limite, la vita non è mai stagnante o ripetitiva o noioso. Invece ogni momento della sua vita è pieno di stupore ed eccitazione mozzafiato. Gli apprendisti trovano questo punto non facile da capire, perché in generale, la maggior parte degli apprendisti tende a pensare al limite del conosciuto come simile ai "bordi esterni della vita", se mi è consentito l'uso di una frase così strana. L'unico modo in cui posso chiarire questo punto è quello di usare un'analogia, utilizzata da tempo immemorabile. Pertanto, pensa alla vita come ad un'enorme ruota - la ruota della vita. Oltre al suo ampio cerchio, la ruota della vita ha anche molti raggi che si diramano verso l'esterno dal suo perno centrale. La maggior parte dell'umanità si trova sul cerchio della ruota, mentre coloro che sono un po’ più liberi dell’uomo comune si trovano sui raggi della ruota, quelli meno avanguardia sono più vicini al cerchio, quelli più avanguardia sono più vicini al perno. I lettori che sono stati su dispositivi simili nei luna park sanno che la forza centrifuga generata sul bordo esterno di una ruota che gira è sufficiente a far venire a chiunque le vertigini, ed è normalmente così grande che letteralmente ti immobilizza al tuo posto. In altre parole, stare sul cerchio non solo genera confusione, ma mantiene anche saldamente ancorati in un punto. Tuttavia, ciò che fa girare la maggior parte delle ruote è la forza circolare emanata dal perno della ruota, e quindi ciò che i Toltechi chiamano il bordo o l’orlo del precipizio è letteralmente il bordo più interno del perno della ruota, che è il bordo più vicino all'albero motore, che in questa analogia corrisponde alla sorgente della vita manifesta. Qui, al centro della ruota, con la messa a fuoco tenuta costantemente sull’albero motore, la vita non sembra girare a un ritmo così allarmante. Infatti, rispetto al bordo esterno e anche rispetto ai raggi, il bordo più interno del mozzo sembra relativamente fermo e in pace. La forza centrifuga attorno al perno della ruota, invece, sembra un vento impetuoso che toglie anche il respiro, e l'unico modo per sopravvivere a questa forza è quello di contrastarla con una adeguata forza centripeta, così come è espresso nel seguente aforisma. DAL CENTRO DELLA RUOTA DELLA VITA SI IRRAGGIA UN VENTO ONNIPOTENTE, PER IL QUALE L’UNICA DIFESA DEL GUERRIERO E’ IL SUO INTENTO INFLESSIBILE DI RAGGIUNGERE E MANTENERE LA TOTALITA’ DEL SE’, PERCHE’ LA FORZA MOTRICE DELLA RUOTA E’ LO SPIRITO DELL’UOMO.

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Come indica l'aforisma, ciò che consente al guerriero di allontanarsi dal cerchio della ruota, di procedere verso il mozzo e di mantenere la sua posizione al centro della ruota, è impostare il suo intento al raggiungimento della totalità del sé. Va ricordato che la totalità del sé implica quello stato di consapevolezza in cui il nagual, il sognatore e il tonal, sono sperimentati come un tutt’uno integro, oppure, quel livello di consapevolezza che può essere descritto come diventare uno. Ma, come abbiamo già visto, diventare uno o la totalità del sé, ci riporta subito indietro al concetto di coscienza di gruppo, perché tutti i sognatori dell'umanità hanno la coscienza di gruppo ed esiste un solo Nagual, un solo spirito dell'uomo. Nel secondo capitolo dicevo che la totalità del sé consente al guerriero di viaggiare verso il perno dei tre anelli e accedere al terzo anello del potere. Tutto sommato dovrebbe essere chiaro perché è così importante per il vero guerriero lottare per l'impeccabilità e per la libertà; perché si possono acquisire entrambi realizzando la totalità del sé. Non è facile, né veloce, raggiungere la totalità del sé, ma se si mettono in pratica nella vita quotidiana gli insegnamenti impartiti, si otterrà una quantità sempre maggiore di impeccabilità e di potere personale, che porterà il guerriero più vicino alla totalità del sé e a perdere la forma umana. Quindi continuiamo ad espandere la considerazione dell’esperienza del vivere sull’orlo del conosciuto. Poiché la vita sull’orlo è sempre nuova, il guerriero vive in un costante flusso e cambiamento, quindi è in continuo adeguamento della percezione della vita e del mondo. Questo è il significato di essere un guerriero fluido e di avere un fluido punto di assemblaggio; la fluidità però non è un obiettivo di per sé, ma il mezzo per un fine più grande, cioè il raggiungimento della totalità del sé. Tuttavia, come sappiamo dal terzo postulato dell’agguato, noi siamo un mistero e anche se sappiamo dal secondo postulato che è nostro dovere risolvere quel mistero, non dobbiamo alimentare la speranza di riuscire a svelarlo definitivamente. Le implicazioni sono abbastanza chiare, ma anche sconcertanti, cioè che la totalità del sé non è l’obiettivo finale, ma un necessario trampolino di lancio verso un viaggio più grande, verso un'avventura di auto-scoperta ancora più grande. E' per questo motivo che dal punto di vista del tolteco, il vero viaggio, cioè il viaggio definitivo del guerriero, inizia solo quando il guerriero raggiunge la totalità del sé e vive quasi stabilmente usando la terza attenzione. Prima di questo punto, il viaggio consiste nell’imparare a diventare uomo. Una volta che l’essere umano si è fatto uomo, allora e solo allora, sarà in grado di iniziare il viaggio definitivo del guerriero, cercando di imparare che cosa vuol dire e cosa comporta vivere da essere magico quale é, diverso dal vivere da essere umano. Solo allora è possibile per lui o lei diventare Tolteco, cioè, un uomo o donna di conoscenza. Gli apprendisti spesso trascurano questo fatto, dimenticando che il vero uomo, l’uomo magico, è un essere umano che ha perso la forma umana, e quindi presumono erroneamente che sia possibile diventare Tolteco continuando a tenere la forma umana. Il motivo per cui sto battendo molto su questo punto è che non c'è altro modo di imprimere nella mente dell'apprendista che diventare un guerriero non è un obiettivo finale, e che chiunque arrivi alla Via del Guerriero volendo sapere da prima quanto tempo gli ci vorrà per raggiungere "l'obiettivo", è destinato a fallire. Il vero stato di guerriero può essere raggiunto solo imparando a ballare sul bordo del precipizio in modo impeccabile, vivendo su quel bordo. Il vero guerriero è un livello di consapevolezza che comporta abilità e competenza nel gestire quella consapevolezza che si acquisisce solo attraverso una prolungata esperienza pratica. Non c'è altro modo per acquisire la conoscenza e il potere personale del guerriero. Quanto tempo ci voglia per acquisire questo livello di consapevolezza e di abilità, dipende interamente dal singolo individuo; ma in tutti i casi, solo quando l'apprendista smette di preoccuparsi dell'obiettivo immaginato, diventa possibile il vero progresso.

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LA VERA CONOSCENZA E’ SPERIMENTARE IL SE’ INTERIORE. IL COSTO DELLA VERA CONOSCENZA E’ LA TUA VITA. LA CONOSCENZA CHE CERCHI PUOI ACQUISIRLA DEDICANDO LA TUA VITA AD ESSA. Questi due aforismi sono fra i primi ad essere insegnati ad ogni apprendista e ciononostante occorre un tempo terribilmente lungo prima di iniziare a coglierne il significato, per non parlare di vivere secondo le indicazioni contenute in questi aforismi. Anche se un nagual ricorda ripetutamente ai suoi apprendisti che l’importante è il viaggio, e non la meta, gli apprendisti ogni tanto fanno l'errore fatale di lottare per raggiungere "l'obiettivo", e di conseguenza si sentono scoraggiati nel vedere che questo “traguardo” non sembra arrivare mai. Eppure, paradossalmente, dopo che l'apprendista ha abbandonato l'idea che egli vedrà mai il traguardo, dopo poco tempo egli si trova a scivolare verso la consapevolezza del vero guerriero, semplicemente perché non è più orientato al traguardo, ma è invece concentrato a vivere una vita impeccabile. L’AUTO-IMPORTANZA CONDUCE ALL’IMPAZIENZA, E L’IMPAZIENZA PORTA A PREOCCUPARSI DI DOVER RAGGIUNGERE LO STATO DI GUERRIERO AL PIU’ PRESTO. PREOCCUPANDOTI CON IMPAZIENZA, CONTINUI A MUOVERTI NELL’IGNORANZA DELLA TUA VITA QUOTIDIANA, E IN QUESTA IGNORANZA PERDERAI I FUGACI MOMENTI DI OPPORTUNITA’. SOLO DOPO AVER ACQUISITO LA VERA UMILTA’ E PAZIENZA, IL POTERE VERRA’ A TE SPONTANEAMENTE. L'aforisma sopra è abbastanza semplice, eppure è anche il più difficile da mettere in pratica, perché il condizionamento sociale di ogni persona rende quasi impensabile lavorare per qualcosa che sembra essere nulla. Tuttavia, l'apprendista attento è normalmente abbastanza veloce nel rendersi conto che “nulla” non implica nessuna-cosa, nel senso del Nagual, lo spirito dell'uomo. Quindi non è che l'apprendista lavora per nessun guadagno, ma piuttosto che lui o lei sta lavorando per entrare nella consapevolezza del vero guerriero, che naturalmente, è la consapevolezza del suo Nagual, che per definizione è nulla. Questo è un punto importante con enormi implicazioni pratiche, quindi cerchiamo di prendere in considerazione almeno alcune di queste implicazioni in maggior dettaglio. La prima è che, non avendo un obiettivo prefissato verso cui lavorare, l'apprendista impara a notare e apprezzare anche le piccole cose della sua vita. Di conseguenza, anziché preoccuparsi di quando diventerà un vero guerriero, l'apprendista comincia a prestare attenzione ad ogni passo del cammino e, così facendo, accelera il suo progresso, oltre ogni immaginazione. Normalmente, la maggior parte della nostra vita consiste nell’eseguire ciò che gli apprendisti tendono a considerare come atti molto mondani e banali, richiesti dalla vita sul piano fisico. Eppure, se siamo riusciti ad acquisire lo status di guerriero, è imperativo che dedichiamo a questi atti tutta la nostra attenzione e la nostra vita. Ciò implica che ogni singolo momento della nostra vita deve essere impiegato vivendo come un guerriero, e questo include lavarsi i denti, pelare le patate, i nostri doveri sul lavoro e fare la spesa! Se proviamo a diventare guerrieri lottando per l'impeccabilità solo praticando le varie tecniche, come ricapitolare o sognare, e poi passando il resto della giornata facendo le cose nel modo comune e normale, non c’é da stupirsi se il progresso degli apprendisti è lento e limitato, quando sono ancora convinti che la loro ricerca del guerriero è separata dalla vita quotidiana.

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Questo punto è importante e non sarà mai ribadito abbastanza. La causa prevalente del fallimento sulla Via del Guerriero e la forza che tiene indietro un apprendista, è il suo senso di separatezza, nonché l'idea errata che diventare un guerriero richiede di stare "fuori in qualche luogo speciale". Purtroppo oggi ci sono troppe anime fuorviate che sostengono questi miti, e di conseguenza molti apprendisti attendono l’arrivo del nagual per ottenere i veri insegnamenti, piuttosto che imparare come sbucciare le patate o cercare il motivo per cui hanno imprecato contro qualcuno che ha rubato il loro parcheggio di fronte al centro commerciale. E però, quando l'apprendista comincia a vedere l'interrelazione della vita e a comprendere che praticare le tecniche porta ad essere in grado di pelare le patate in maniera impeccabile, che la vita assume una dimensione completamente diversa e quindi, mentre cerca di alterare la sua percezione e la sua intensità, anche il punto di assemblaggio diventa più fluido. La seconda implicazione da considerare è che siccome la vita sul bordo è sempre nascente, il guerriero vive in uno stato di continuo mutamento e cambiamento. Dove c'è continuo cambiamento non ci può essere senso di sicurezza, col vantaggio che l'apprendista, così come il guerriero, è costantemente all'erta. Poiché non vi è alcuna possibilità di diventare compiacenti e adagiarsi, l'apprendista non ha altra scelta che iniziare a lottare per ottenere la sobrietà nel momento presente, in modo da non rimanere sommerso da un cumulo crescente di eventi incerti. Sebbene agli apprendisti si insegni dal primo giorno che il tempo è l’essenza dell’impeccabilità, ci vuole del tempo perché capiscano da soli che nessuno può permettersi di accumulare le percezioni della vita e del mondo, come fosse lavoro arretrato sulla scrivania dell’ufficio. Troppo spesso, gli apprendisti fanno l'errore di credere che domani è abbastanza presto per esaminare ciò che hanno percepito oggi. Il potere si trova in questo esatto momento, e se non si prende al volo questa fugace possibilità nel momento in cui si presenta, "proprio ora", allora domani o la prossima settimana, sarà sempre troppo tardi. Anche l'apprendista impegnato spesso cade nella trappola di dubitare della sua percezione nel momento presente, e quindi ritarda l’azione finché non ha avuto il tempo di "pensarci su". Anche se è vero che non è saggio lanciarsi in un’azione qualsiasi come su uno scivolo del parco acquatico, è altrettanto vero che l'unico modo in cui possiamo vivere sul bordo è quello di provare. Tuttavia, provare tanto per provare non va abbastanza bene, perché tentare per tentare significa che abbiamo licenza di commettere errori, ma vivendo sull’orlo del precipizio ogni errore ci costa caro. Perciò, quando i Toltechi usano il termine "tenta", intendono che occorre attuare l’azione nuova o non familiare come se dal successo in questa sfida ne dipendesse la nostra vita. Torneremo a questo concetto quando considereremo il quinto e sesto aspetto della regola dell’agguato, ma dobbiamo accennarlo qui, in modo da cogliere appieno ciò che comporta l’entrare nell'ignoto. Va ribadito che nell’essere costretto a lottare per la sobrietà nel momento presente, l'apprendista, consapevolmente o no, forza costantemente se stesso a spostare il suo punto di assemblaggio. Questa forzatura ha un grande valore nel costruire l’edificio dell’intento e aiuta l'apprendista a diventare sempre più consapevole delle profonde implicazioni insite negli insegnamenti. Dopo aver iniziato a vedere da sé che può perdere occasioni d'oro a causa della poca attenzione alla percezione o a causa di un'azione rimandata, l’apprendista comincia a compiere ogni sforzo per essere ben sveglio nel momento presente e per tendere l’agguato alla sua percezione, in ogni minuto di ogni giorno. La terza implicazione nasce dalle due precedenti. Quando l'apprendista comincia a praticare assiduamente il tendere l’agguato alla sua percezione, la tecnica della ricapitolazione improvvisamente assume un significato completamente nuovo. Poiché l'apprendista si sta adoperando per essere sobrio nel momento presente e per portare l’attenzione anche ai dettagli apparentemente insignificanti delle cose della vita, la ricapitolazione spontanea migliora notevolmente, e in più, l'apprendista comincia a rendersi conto di numerose sottili sensazioni, suscitate dalle piccole cose, come una parola, una melodia di una vecchia canzone o anche solo il modo in cui qualcuno sorride. In queste sottili sensazioni, l'apprendista sta contattando la conoscenza silenziosa o in altri termini, le tensioni all'interno della rete della vita. Inoltre, essendo 77


consapevole di tali tensioni, l'apprendista ricapitola rapidamente gli eventi che hanno provocato tali tensioni. Ora l’apprendista è molto più consapevole di prima, comincia a vedere le sue azioni normali per quello che realmente sono e diventa più distaccato e obiettivo verso il mondo che lo circonda. Quindi, gli viene più facile tendere l’agguato alla percezione del momento, e riesce a controllare ogni azione, fisica, emotiva e mentale, prima che scatti l’azione. In altre parole, un tale apprendista ha acquisito quello che i Toltechi chiamano velocità, e invece di cadere goffamente nelle trappole delle sue vecchie azioni, senza nemmeno accorgersene, l'apprendista ha ora la necessaria velocità per sentire e registrare i movimenti interiori che danno origine ad ogni atto, a prescindere che tale atto sia fisico, emozionale o mentale. Con questa velocità, un apprendista non trova più difficoltà a praticare il non-fare, e di conseguenza non manca molto a che cominci a vivere la sua vita in termini di non-fare. Uno dei maggiori vantaggi nel vivere la vita in termini di non-fare, è che l'apprendista diventa sempre più distaccato dalla mente razionale. Come risultato, il dialogo interno comincia a spegnersi e, soprattutto, l'apprendista comincia ad ascoltare di più il cuore. Inoltre, ancora una volta, la vita assume un significato completamente nuovo. Invece di restare continuamente coinvolto nel pensare ad ogni cosa, l'apprendista comincia a sentire il mondo e tutto intorno a lui, e in un attimo si rende conto che sente il mondo in modo molto più accurato, molto più veloce e molto più divertente. Nell’ascoltare il cuore non è che il guerriero smetta del tutto di pensare, ma piuttosto che la mente razionale viene messa nella giusta prospettiva, e quindi viene utilizzata solo quando è necessario, invece di permetterle di girare per moto proprio, con il suo incessante dialogo interno. Qui il lettore farebbe bene a ricordare che la mente razionale è solo una piccola parte della mente totale dell'uomo e che non è altro che un computer interno. La mente razionale usa il programma del condizionamento sociale, ed è quindi di vitale importanza mettere la mente razionale nella sua giusta prospettiva il più rapidamente possibile, perché solo allora diventa possibile riprogrammare il computer. La riprogrammazione del computer si fa solo riconsiderando e rivalutando il mondo e la nostra vita, e non c'è modo migliore di farlo che imparare ad ascoltare il cuore. Ascoltare il cuore è un’abilità che si perfeziona col tempo, perché il condizionamento sociale non ci insegna come sentire – invece mette l’enfasi sull’imparare a pensare, a pensare razionalmente. Spesso gli apprendisti non capiscono il concetto di ascoltare il cuore, perché cercano di capire il concetto con la mente razionale, piuttosto che imparare attraverso l'esperienza che cosa comporta realmente il sentire. Cerchiamo dunque di vedere più da vicino questo concetto, così facciamo chiarezza ed eliminiamo alcuni malintesi che sono sorti attorno a questo argomento. Questo comporta la necessità di prendere in considerazione i sette centri elettromagnetici che si trovano all'interno del bozzolo luminoso e che si trovano nel corpo fisico, lungo la colonna vertebrale. Questi centri ci portano in aspetti tecnici degli insegnamenti che in realtà non riguardano la portata di questo libro, ma se non li toccassimo almeno brevemente, non riusciremmo a cogliere ciò che comporta l’ascolto del cuore. Prima di tutto, occorre chiarire che il termine "cuore" non si riferisce al cuore fisico, ma piuttosto ad uno dei sette centri elettromagnetici principali. Tutti questi centri controllano parti del sistema nervoso e di alcuni organi. Quello che ci interessa qui è un centro che si trova all’interno, tra le scapole, e la sua manifestazione fisica è la ghiandola del timo. Questo centro controlla non solo il cuore fisico ma, attraverso la ghiandola del timo, dispone anche di varie altre funzioni, di cui la scienza medica è ancora inconsapevole. La frequenza di vibrazione di questo centro corrisponde a quello stato di consapevolezza in cui l'interrelazione della vita è chiaramente visibile, e quindi è considerato dai Toltechi come il centro di fusione o di coscienza di gruppo. Dato che i sognatori dell'umanità sono allineati alla coscienza di gruppo, il centro del cuore è il centro principale di comunicazione tra il sognatore e il sognato e, di conseguenza, i Toltechi dicono che il sognatore parla al sognato attraverso il cuore. (Figura 4). Pertanto l'atto di ascoltare il cuore è l’atto di ascoltare le comunicazioni del sognatore. 78


I SETTE MAGGIORI CENTRI ELETTROMAGNETICI E LE LORO MANIFESTAZIONI CENTRO TESTA FRONTE CUORE GOLA

ORGANO Ghiandola pineale Ghiandola pituitaria Ghiandola del timo Ghiandola tiroidea

PLESSO SOLARE SACRALE BASE

Pancreas Gonadi Ghiandole surrenali

ESPRESSIONE Intento Mente / discriminazione Sentimento/Fusione/Inclusività Mente razionale/Fissione/Separatezza Emozioni Riflesso dell’Intento Tradizione del Drago/ Potere dell’Uomo

FIGURA 4 Va ricordato che la mente razionale è un pallido riflesso della vera mente, e si esprime attraverso il centro della gola, di cui la manifestazione fisica è la ghiandola tiroidea. E' questo centro il responsabile principale del senso di separatezza, e quindi anche dello stato di consapevolezza che dà origine alla sensazione di essere un individuo. Di conseguenza, i Toltechi considerano il centro della gola come il centro attraverso il quale il sognato, o l'imperfetto tonal, percepisce la vita e il mondo che lo circonda. E a causa della sua natura separativa, è definito il centro di fissione. La vera mente, che è una polarità della consapevolezza del sognatore, si esprime attraverso il secondo centro della testa, di cui la manifestazione fisica è la ghiandola pituitaria. Poiché questa ghiandola si trova all’interno del capo, dietro il centro della fronte, gli esoteristi si riferiscono ad essa come il terzo occhio, ed è questo il centro che è espressione del corretto tonal dell'uomo. Questo centro è anche la fonte della facoltà discriminatoria, che ha il suo riflesso nel senso di separatezza della mente razionale. Tuttavia, può essere attivato solo attraverso il centro del cuore, e quindi é necessario che il guerriero apra il suo cuore. Continuando le nostre considerazioni sul cuore, ricorda che l'intento è una facoltà del sognatore, e siccome il centro principale di comunicazione tra il sognatore e il sognato è il centro del cuore, il cuore è anche il centro principale attraverso il quale si attiva l’intento. Tuttavia, si deve notare che il puro intento si esprime attraverso il centro della testa connesso alla ghiandola pineale. Poiché è solo attraverso il centro del cuore che può essere attivata la ghiandola pineale, i Toltechi considerano l’attivazione dell’intento come originante dal cuore, allo stesso modo in cui alla vera mente si può accedere solo attraverso il cuore. Ancora una volta, vediamo quanto sia importante per il guerriero imparare ad aprire il suo cuore. Per quanto sopra, è opportuno sottolineare che il riflesso dell’intento, citato nel secondo capitolo, si esprime attraverso il centro sacrale, connesso con le gonadi. E' a causa di questo fatto che gli stregoni e i guerrieri sul Sentiero della Grande Avventura, fanno l'errore di presumere che la volontà, o il potere personale, emani dal basso ventre. Poiché il cuore è il principale centro di comunicazione tra il sognatore e il sognato, e poiché l'intento è attivato attraverso il cuore, non c'è da stupirsi che il punto di assemblaggio dell’uomo sia posizionato sulla superficie luminosa del bozzolo, all’altezza delle scapole e in direzione del cuore. Questo significa che quando un apprendista comincia a prendere coscienza dell’interrelazione della vita, in effetti sta iniziando a lavorare con la vibrazione che corrisponde al centro del cuore, e pertanto si può affermare che l’apprendista ha iniziato ad aprire il cuore. Nel prendere le distanze dalla mente razionale e nell’aprire il cuore, l'apprendista sposta il fuoco dell'attenzione, e invece di percepire il mondo attraverso il centro della gola che controlla la mente razionale, egli percepisce il mondo attraverso il centro del cuore. In altre parole, l'apprendista sta 79


cominciando a percepire il vero scopo del suo sognatore, ed è proprio questo il vero significato del termine imparare a sognare. Quando l'apprendista è in contatto col suo cuore, diventa possibile il corretto pensare, perché invece di razionalizzare su tutto, che finisce sempre nel pensiero circolare o col dialogo interno, l'apprendista percepisce ora il mondo e la vita in termini di sentire o sentimento. Il sentire è sempre percepito come un istantaneo sapere con ogni fibra del proprio essere. La ragione di questo deriva dal fatto che l’apprendista ora non percepisce più in termini di separazione gli eventi e le situazioni, né li considera separati tra loro, ma li vede come i fili connessi, interattivi e interdipendenti della vita totale, e poiché l'apprendista è una unità di questa vita, egli può percepire, o sentire, dove lo porterebbe ognuno di quei fili, se lo seguisse. Il risultato di questa nuova capacità di sentire è che l'apprendista comincia ad agire d'istinto sulla base di questo sentire, più o meno come quando sentiamo il calore del fuoco e allontaniamo istintivamente la mano prima che bruci. E’ per questo motivo che si afferma che il corretto pensare non comporta il dialogo interno e non serve nemmeno del tempo per pensare. Basta notare com’è istantanea l’elaborazione del pensiero che serve ad allontanare la mano dal fuoco, e com’é lenta e laboriosa, la logica elaborazione che nasce nel dialogo interno. In ultima analisi, ascoltare il cuore è l'atto del vero e corretto pensare, a differenza delle razionalizzazioni nate dal dialogo interno. Quando si acquisisce quest’abilità, diventando possibile riprogrammare la mente razionale, si spiana la strada per imparare a fermare il mondo e si è in grado di cancellare completamente la propria storia personale. Sebbene, dal punto di vista di questo libro possa sembrare relativamente semplice accedere alla vera mente, farei un torto al lettore se non sottolineassi che non è così semplice. Ci vuole tempo, pazienza e, soprattutto, una grande quantità di duro lavoro per imparare ad ascoltare accuratamente il cuore, senza la costante interferenza della mente razionale; ed è per questo motivo che la dedizione di un apprendista sulla Via del Guerriero deve essere assolutamente impeccabile. Eppure, dove c'è impegno totale, dove c'è pazienza, diligenza e perseveranza, un passo tira l'altro, e ogni passo porta ricompense e porta l'apprendista un passo più vicino a padroneggiare con maestria questa importante tecnica. Da quanto detto finora, emerge spontaneamente che ascoltare il cuore è il primo passo per imparare a vedere. Parlando tecnicamente, l'arte del vero veggente comporta l'attivazione e l'utilizzo integrato di tutti e tre i centri della testa, di cui ne abbiamo considerati qui solo due. Tuttavia, poiché questo libro è stato scritto per le persone comuni che stanno cominciando ad imparare a rivendicare il loro potere come guerrieri, non c’è bisogno di considerare la formazione di un veggente. Mi limito a citare questo fatto in modo da dare al lettore la prospettiva d’insieme che consente di vedere dove sfociano gli insegnamenti.

Così vediamo che entrare nell'ignoto riguarda principalmente il quarto postulato dell’agguato, posto ad Ovest, il luogo del sentire, e perciò anche il terzo aspetto della regola dell’agguato che porta il guerriero a dover accettare la morte come il suo miglior consigliere. L'Occidente, il luogo del sole al tramonto, non è solo il Tempio della Morte, ma è anche il luogo in cui il guerriero comprende pienamente l'interrelazione della vita e che il punto cruciale del mistero della vita è il mistero infinito dell’essenza. Abbiamo già visto che ogni strategia del guerriero è progettata in modo da metterlo in contatto con quel mistero, e che l'attuazione di una di queste strategie è entrare nell'ignoto. Ovviamente, una volta dentro l'ignoto, il guerriero non può entrare di nuovo nell’ignoto, a meno che non torni al mondo conosciuto delle sue normali azioni, e questo, come abbiamo visto, non solo è pericoloso, ma anche indesiderabile, nel senso che arresta la vera trasformazione. Per i 80


guerrieri che si dedicano alla Via della Libertà, entrare nell’ignoto è una via senza ritorno. Una volta entrati nell’ignoto, questi guerrieri non tornano più alle loro vite precedenti, e questi guerrieri sono a tutti gli effetti morti ai loro vecchi fare e al loro vecchio sé. Ogni volta che un guerriero implementa una nuova strategia d’agguato, non è che rientra nell'ignoto, ma la nuova strategia lo porta invece ad un altro percorso ancora inesplorato, all'interno di una diversa regione dell’ignoto. Pertanto, per i guerrieri della libertà, entrare nell'ignoto avviene solo una volta nella vita e segna il varco verso la libertà, la loro offerta, per il potere. I guerrieri della libertà non desiderano più ritornare alla loro vita precedente. Dopo aver assaggiato ciò che significa vivere sul bordo, e dopo aver visto anche solo alcune delle meraviglie contenute all'interno del Tempio della Morte, a questi guerrieri sembra davvero impensabile tornare agli stretti e debilitanti confini della mente razionale. In possesso dell’esperienza di prima mano di cosa significhi essere liberi nelle vaste distese dell'ignoto, l'unico desiderio dei Guerrieri della libertà è quello di rimanere liberi, di restare sulla frontiera dove la vita è sempre nascente. Questo lo fanno imparando la danza della morte, in modo da riuscire a ballare sul bordo, e in questa continua danza di innovazione gioiscono della creatività del sognatore che li attraversa dal cuore, aperto all'interrelazione, all'interdipendenza e all'interazione di tutta la vita. E’ necessario precisare che rimanere nell’ignoto non deve essere considerato letteralmente, nel senso che questi guerrieri rimangono nella consapevolezza del lato sinistro. Fare ciò sarebbe impraticabile e quindi indesiderabile. Il motivo per cui si dice così è perché nell'ignoto in quanto tale si può accedere solo spostando direttamente il punto di assemblaggio nella consapevolezza lato sinistro. Tuttavia, non ci stiamo riferendo a questo. Rendetevi conto che, anche mentre siamo nella normale consapevolezza, contattiamo l'ignoto ogni volta che pratichiamo il non-fare e ogni volta che affrontiamo una sfida che ci è poco familiare, perché in tutti questi casi non possiamo sapere in anticipo quale sarà il risultato. Possiamo azzardare un'ipotesi su ciò che accadrà o possiamo fare una previsione basata su casi simili, ma se la sfida è molto diversa da tutto ciò che abbiamo conosciuto prima, allora il risultato rimane sconosciuto fino a quando non comincia a trasparire, e lo stesso vale per un non-fare. Pertanto, l'ignoto a cui ci riferiamo qui è l'innovazione del pioniere che mappa l'ignoto, piuttosto che l'ignoto incontrato nella consapevolezza del lato sinistro. In ultima analisi, vi è ovviamente solo un ignoto, ma vi è differenza fra approcciarlo dalla consapevolezza normale o approcciarlo dall'interno del lato sinistro. I guerrieri della libertà che vivono con la morte come consigliere e che ballano sull’orlo della vita conosciuta, non riescono a guardare alla vita allo stesso modo delle persone comuni e secondo i canoni del condizionamento sociale. Per il Guerriero della Libertà la morte non è qualcosa di vago là fuori che si può contattare solo in vecchiaia, ma è invece una forza reale e vitale che guida ogni suo passo, ogni sua decisione, emozione e sentimento. Sapendo che la morte lo può toccare in qualsiasi momento, il Guerriero della Libertà non spreca neanche un attimo del suo tempo o del suo potere personale, ma si sforza di rendere ogni momento e ogni atto più significativo e più piacevole possibile. Tali guerrieri sono sempre pronti a fare la loro ultima danza, proprio qui e proprio ora, perché ognuno dei loro atti è assolutamente impeccabile e espressione della loro intima predilezione. Per questi guerrieri non ci sono rimpianti, solo un senso d’entusiasmo e d’euforia mozzafiato. Da quanto sopra è ovvio che il vero guerriero vive nel momento, un concetto che fa da ponte verso il quarto aspetto della regola dell’agguato. Vivendo nel momento, la vita del guerriero si trasforma, perché invece di preoccuparsi del futuro e delle aspirazioni future, il guerriero soddisfa se stesso godendo di ogni atto, non importa quanto sia grande o piccolo. Il godimento è uno di quei concetti su cui gli uomini e donne comuni tendono ad avere una comprensione sbagliata, a causa dell’ignoranza del significato delle parole. Il termine "godere" letteralmente significa “sentire viva e totale soddisfazione in ogni fibra del corpo”. Perciò, non ci vuole molto a capire che non è possibile godere nel vero senso della parola, rimanendo entro i limiti della mente razionale e ridotti in schiavitù dal condizionamento sociale. Solo coloro che sono liberi possono godere nel vero senso della parola, ed è a causa di 81


questo che gli uomini e le donne comuni sono spesso alla ricerca di una qualche forma di evasione, che tendono a considerare come una forma di godimento. L’evasione è molto diversa dalla libertà e indulgere nell’evasione è altrettanto diverso dal vero godimento. Il vero guerriero non cerca evasioni di nessun tipo, perché vorrebbe dire che sta cercando di sfuggire alle sfide della vita o cercando di prendere tempo - due azioni che da sole o congiuntamente, annientano la possibilità di vera libertà. Invece il guerriero cerca di trarre il dono di potere da ogni situazione della sua vita e, per farlo, deve vivere nel momento. Quindi, piuttosto che cercare di sfuggire alla vita, il guerriero partecipa pienamente al processo della vita che, come si ricorderà dal Grido dell'Aquila, è la definizione tecnica dell’amore incondizionato. L'implicazione in tutto questo è che il vero guerriero può, e fa godere se stesso in ogni momento della sua vita, perché il suo cuore è così aperto che abbraccia tutta la vita con un amore che è completamente incondizionato. Io non so davvero in quale altro modo esprimerlo, perché è uno di quei concetti così addentro nel lato sinistro, che verbalizzarlo è quasi impossibile. Chiedo pertanto al lettore di considerare attentamente quanto è stato detto sul vivere nel momento, sul godere, e anche di considerare le implicazioni del seguente aforisma. ALL’INIZIO OGNI GUERRIERO HA BISOGNO DEI SUOI SCUDI PER SOPRAVVIVERE ALLE FRECCE DEI TIRATORI SCELTI DELL’UNIVERSO, E QUINDI SONO VERI E PROPRI SCUDI. MA QUANDO ENTRA NEL TEMPIO DELLA MORTE E DANZA SUL BORDO, GLI SERVONO SOLO I PASSI DELLA DANZA E LA RAPIDITA’ DEI MOVIMENTI. DA QUESTO MOMENTO IN POI, IL GUERRIERO USA I SUOI SCUDI NON PER PROTEGGERSI DAI TIRATORI SCELTI, MA COME MEZZO DA USARE NELLA LOTTA PER ACCOGLIERE SEMPRE PIU’ VITA NEL SUO CUORE. COL TEMPO, QUESTA LOTTA DIVENTA PASSIONE – UNA PASSIONE PERVASIVA E TOTALMENTE INCLUSIVA. Partecipando pienamente al processo della vita, il vero guerriero non ha più alcun desiderio di evitare qualsiasi sfida o qualsiasi aspetto della vita. Pertanto, il guerriero abbraccia con uguale gioia e in completa umiltà, sia le lacrime che le risate, sia la felicità che il dolore, sia la buona salute che la cattiva salute, sia la ricchezza che la povertà, sia la luce che le tenebre, sia gli uomini che le bestie, sia le piante che gli insetti, perché nel cuore del suo cuore sa per esperienza che nel mistero dell’essere siamo tutti uguali. Tuttavia, il guerriero della libertà non esita a combattere ferocemente qualsiasi cosa induca alla schiavitù e ogni essere umano che cerchi di schiavizzare se stesso o i compagni. Tale è la gioia del guerriero e tale è la sua passione per la libertà. Nel senso che la libertà del guerriero è una vita di costante cambiamento, di costante innovazione, ed è quindi sempre nuova, e ogni atto conduce lui o lei a un'altra emozionante avventura nelle regioni sconosciute del mistero dell’essere.

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CAPITOLO SEI

SPOSTARE IL FOCUS SPOSTARE IL FOCUS DALLA FISSAZIONE AL FLUIDO ABBANDONO E’ LA PIU’ GRANDE REALIZZAZIONE DEL GUERRIERO. Spostare il focus, o spostare il centro dell'attenzione, è un concetto che finora abbiamo solo sfiorato, ma ora abbiamo bisogno di entrare un po’ più in dettaglio perché, come dice l'aforisma sopra, la capacità di spostare l'attenzione è per molti versi forse la più grande arte del guerriero. Eppure, come tutti gli atti di vero potere, quando un guerriero sposta l'attenzione, le implicazioni e l'impatto di ciò che fa tendono a passare inosservati, o se notati, ricevono al massimo un tiepido interesse. Per comprendere questo importantissimo concetto dobbiamo metterlo nel suo giusto contesto, perché questo concetto va in direzione opposta al condizionamento sociale, soprattutto nel pensiero occidentale. Tant’è che la maggior parte degli apprendisti scopre che mettere in pratica questo aspetto degli insegnamenti è incredibilmente impegnativo. Eppure l'unico motivo per cui sembra così difficile è perché troppo spesso viene preso fuori contesto, e tutto ciò che viene preso fuori dal contesto, o tende ad essere impreciso o quasi impossibile da realizzare. Spostare l'attenzione, se preso fuori contesto, è come scattare la fotografia di una sola porta e poi cercare di capire a quale casa appartiene, fra un centinaio di case, senza avere una fotografia completa di tutte le case e delle loro porte. Chiaramente tale compito apparirà sempre impossibile. La causa principale che porta gli apprendisti a tentare di spostare l'attenzione, ma fuori dal contesto, è la natura separativa della mente razionale. In altre parole, tali apprendisti dimenticano che tutti gli insegnamenti sono al cento per cento interdipendenti, interattivi, e quindi completamente interconnessi. Se non si tiene presente questo, poi di volta in volta l'apprendista farà l'errore di cercare di spostare l'attenzione solo quando ogni altro metodo ha fallito. Così, si finisce per entrare in un regno di totale confusione e caos, e l'apprendista si chiede perché spostare l'attenzione non ha funzionato. Spostare il focus è la prima cosa pratica che si insegna a un apprendista, ma siccome ha pertinenza con gli insegnamenti per il lato sinistro, un Nagual non può parlare di questo all'apprendista, se non molto più avanti nel cammino. Tuttavia, se l'apprendista è seriamente intenzionato a voler procedere sulla Via del Guerriero, lui o lei noterà alla prima sessione che qualcosa di straordinario è accaduto. L'apprendista potrebbe non essere in grado di definire con precisione ciò che è accaduto, ma avrà notato abbastanza per sapere senza dubbio che non ha altra scelta che imparare a percorrere la Via del Guerriero. La ragione di questo è che, in ogni caso, il nagual ha aiutato l'apprendista a spostare abbastanza il focus da farlo entrare in contatto con il cuore. Una volta fatto questo, non importa quanto sia stato breve l'incontro, l'apprendista non ha dubbi, perché dentro di noi sappiamo tutti che il cuore non mente. Spostare l'attenzione o il focus non è qualcosa da afferrare con la mente razionale, perché questo è un atto del cuore, e l'impatto di tale atto può essere compreso solo nel contesto di una via con un cuore. Forse un modo migliore per chiarire questo punto è dire che spostare il focus significa pensare con il cuore, al contrario del pensare con la mente razionale. In altre parole, spostare l'attenzione riguarda le più profonde implicazioni inerenti alla tecnica del non-fare. Anche se non è il massimo nel tendere l’agguato alla percezione, spostare il focus è comunque centrale anche nella Tradizione del Drago. Senza la capacità di spostare il focus dell’attenzione correttamente e a piacimento, il guerriero sarebbe debole e indifeso come qualsiasi uomo o donna comune.

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SE VUOI VINCERE, ANCHE SE TI SENTI PERSO, DEVI SPOSTARE IL FOCUS APPLICANDO IL QUARTO ASPETTO DELLA REGOLA DELL’AGGUATO, NEL CONTESTO DEL PRIMO POSTULATO DELL’AGGUATO. Questo aforisma definisce la formula per spostare il focus, vediamo cosa comporta questa formula. Prima di tutto, il quarto aspetto della regola dell’agguato ci dice che una volta entrato in battaglia, un guerriero si abbandona alle sue azioni, consentendo al suo spirito di fluire libero e chiaro, perché solo allora i poteri del destino ci guidano spianando la strada. Entrare in battaglia, anche se con un'altra persona, non significa che il guerriero combatte la persona in quanto tale, ma è invece una battaglia per risolvere il mistero della sua essenza. Questo è un punto importante per due motivi. Primo: il guerriero non combatte una battaglia “contro” qualcuno o qualcosa, perché non lo considera un oppressore in quanto tale, ma solo uno specchio del suo ignoto interiore. Secondo: siccome sa già dal secondo postulato dell’agguato che non risolverà mai completamente questo mistero, il guerriero non è ossessionato dall'idea di vincere, e quindi può rilassarsi completamente nella battaglia. Tuttavia non bisogna prendere questi due punti per il loro valore apparente, e quindi ora li consideriamo in modo più approfondito. Per quanto riguarda il primo punto, rendetevi conto che nello scegliere la sua battaglia, un guerriero non potrà mai scegliere una battaglia dalla quale non ha nulla da imparare, perché sarebbe uno stupido spreco di tempo e di potere personale. Pertanto, le sole battaglie che un guerriero combatterà saranno quelle che gli porteranno una maggiore comprensione del mistero della sua essenza. Questo punto è importante perché c'è una grande differenza tra una vera battaglia, e quella che viene chiamata discriminazione. Anche questo è un concetto che porta spesso gli apprendisti in confusione, e di conseguenza considerano una sfida quel che in realtà è un semplice atto di discriminazione trasformato in una sorta di battaglia o, più precisamente, in una zuffa nel buio; e quella che avrebbe dovuto essere una vera battaglia, sarà scrollata di dosso con noncuranza. Questo punto ci riporta al concetto degli specchi e al fatto che ogni persona, ogni evento della nostra vita e anche ogni oggetto inanimato, riflette per noi un aspetto sconosciuto del nostro mondo interiore. Ad esempio, se stai cercando di scavare una roccia in giardino e questa si rifiuta semplicemente di muoversi, puoi essere sicuro che stai affrontando la tua testardaggine, che potrebbe essere persistente come la Rocca di Gibilterra. Allo stesso modo, se stai guidando l’auto e questa comincia improvvisamente ad andare a singhiozzo, puoi desumere che il tuo stato di coscienza va in modo irregolare in quel periodo. Similmente, se hai appena litigato con il tuo capo, e uscendo dal suo ufficio, un colpo di vento sbatte la porta dietro di te, dovrai prendere atto che il tuo intellettualismo potrebbe portarti a farti licenziare. Pertanto, quando un guerriero viene sfidato in qualche modo da uno specchio da cui si sa per certo che non ha nulla da imparare, allora la sfida per il guerriero non sta nell’andare in battaglia, ma nell'esercizio della sua discriminazione e comprensione. Ad esempio, stai tentando di scavare una roccia nel tuo giardino, non importa quanto in profondità dovrai scavare o quanta forza di leva dovrai applicare, ma la roccia proprio non si muove. In questo caso particolare, puoi discriminare, puoi vedere con chiarezza la tua inamovibilità, la tua testardaggine, e allora puoi essere abbastanza certo che la sfida posta per te dalla roccia immobile consiste nell’atto di discriminare e riconoscere la tua testardaggine. Magari, per qualche motivo che hai trascurato, non è una buona idea spostare la roccia. O forse c'è qualcosa nella tua vita, simboleggiata da quella roccia, che non dovresti cercare di spostare o modificare in alcun modo. Ma in tutti questi casi, renditi conto che questo si riduce a prendere una decisione basata sulla discriminazione, e come tale non implica una battaglia nel vero senso della parola. Pertanto, sarebbe uno spreco di tempo e di potere personale attaccare la roccia con tutto quello che hai. Se lo specchio non è rappresentato da un oggetto come una roccia, ma da una persona nella nostra vita, la discriminazione spesso comporta il dover scegliere tra scendere in compromesso con noi stessi per mantenere il vecchio specchio nella nostra vita, o rimuovere noi stessi dall'influenza di questa persona. Quando ci troviamo di fronte ad una tale sfida, è probabile che dovremo entrare 84


in battaglia, nel senso che può rivelarsi difficile liberarci di questa persona. Tuttavia, il punto da cogliere è che se anche si presenta una tale battaglia, non sarà una battaglia rivolta a quello specchio particolare, ma avrà invece il carattere di una lotta per discriminare con saggezza. E’ bene ricordare che non è opportuno fare battaglia a se stessi, anche se a volte può rivelarsi una vera e propria battaglia mettere in pratica qualcosa che sappiamo di dover fare. Possiamo entrare realmente in battaglia solo con un avversario, indipendentemente dal fatto che un tale avversario sia un'altra persona, un animale, un oggetto inanimato o il potere. Inoltre, come sappiamo, l'unica legittima ragione per entrare in battaglia è che nella battaglia con l'avversario possiamo imparare qualcosa su noi stessi, che ci è ancora sconosciuta. Pertanto il criterio per verificare se abbiamo sottomano una battaglia, o se sia un caso in cui dobbiamo esercitare la discriminazione, è la semplice domanda: "Che cosa sta riflettendo per me questo specchio?" Se è un vecchio specchio, allora è chiamata in causa la discriminazione. Se si tratta di uno specchio che riflette il comportamento attuale, allora serve una battaglia. Se si tratta di uno specchio del futuro che riflette il comportamento potenziale, allora è un avvertimento di una battaglia in arrivo. Il secondo punto accennato in precedenza, di non farsi ossessionare dalla vittoria, è un punto che causa dolore inutile a tanti apprendisti. La ragione principale di questo è il condizionamento sociale, e quindi anche se un apprendista ha combattuto una battaglia impeccabile, ma perde la battaglia, lui o lei è inevitabilmente sopraffatto da un senso di fallimento e, peggio ancora, imbarazzo o persino vergogna per aver fallito. Tale indulgenza, tuttavia, è una delle peggiori forme di autoimportanza, perché ha il sapore dell’arroganza. Non c'è proprio nulla di vergognoso nel perdere, per il semplice motivo che anche il fallimento è un’esperienza, e l'esperienza è conoscenza. Che cosa c’è di vergognoso nella conoscenza? Anche se la persona in questione ha perso, ma ha combattuto impeccabilmente, quell'esperienza è certamente conoscenza, che è stata acquisita ad un certo costo e perciò non può esserci alcun motivo di vergogna o imbarazzo. È per questo motivo che i Toltechi dicono che non c’è fallimento nel vero senso della parola. La cosa peggiore che può accadere in tutti i casi di cosiddetto fallimento è che l’auto-importanza dell'apprendista si becca un bel colpo sulla testa - qualcosa che un nagual trova normalmente molto divertente e degno di essere applaudito, piuttosto che lamentarsene! Di conseguenza, gli apprendisti che cercano di suscitare l’empatia di un Nagual per aver fallito, di solito vanno via ribollendo dal disappunto, perché l'unica cosa che sono riusciti ad estrarre dal nagual sono risate. Vale la pena fare una piccola digressione per sottolineare ciò che per il guerriero costituisce la vera e propria vergogna. L'unica volta che un guerriero ha motivo di sentire vera vergogna è quando volontariamente e deliberatamente si abbandona ad un comportamento non impeccabile. Sebbene ci siano milioni di atti che possono essere non impeccabili, gli unici che sono considerati assolutamente tabù sul Sentiero della Libertà sono: in primo luogo, l'abuso di potere, in secondo luogo, disprezzare l'interrelazione della vita per la sete di guadagno, e in terzo luogo, insultare la madre terra ignorando la cooperazione intelligente. Questi sono le tre trasgressioni cardinali considerate dai guerrieri della libertà come l'antitesi totale della libertà, e ogni guerriero che viene trovato colpevole di una qualsiasi di queste infrazioni, troverà la spada affilata del vero guerriero, e sarà ostracizzato dalla fratellanza. Inoltre, se il guerriero che sbaglia ha accesso al collegamento mentale, questo collegamento verrà senza dubbio reciso, e un tale guerriero diventa un emarginato, con gravi conseguenze per la sua vita. In questa sezione degli insegnamenti ci concentreremo sulla profonda implicazione di questo secondo punto. Il guerriero può abbandonarsi alla battaglia in corso, solo se non é ossessionato dalla vittoria. Il primo punto da prendere in considerazione é il vero significato della parola "abbandonare". Il significato comune del termine è quello di rinunciare al proprio controllo, una definizione che è molto adatta allo standard tolteco. Tuttavia, dal punto di vista tolteco, abbandonarsi non significa diventare negligenti o imprudenti, oppure perdere il proprio controllo, nel senso di diventare impotente. Al contrario, il controllo di un guerriero è sempre impeccabile. Quindi diamo un'occhiata a che cosa intende davvero un guerriero quando si abbandona. 85


Il significato che i Toltechi attribuiscono al termine "abbandonarsi" è che il guerriero si immerge completamente nella battaglia sotto mano. Prendendo in considerazione tutti gli insegnamenti impartiti finora, ci si rende conto che tale immersione non può essere considerata nel senso di diventare preoccupati o fissati o ossessionati dalla battaglia. Immergersi completamente nella battaglia in corso, rimanendo sveglio, timoroso, rispettoso e assolutamente sicuro, è un atto che richiede di entrare completamente in uno stato di consapevolezza in cui si è uno con tutto. Chiaramente, questo non è uno stato di consapevolezza che si trova all'interno della normale consapevolezza, perché entro i confini della coscienza normale, c'è sempre la percezione di me, separato dal mondo là fuori, a prescindere da quanto sia inclusiva la consapevolezza del guerriero. Pertanto, un tale stato di consapevolezza deve appartenere al lato sinistro. L’apprendista distratto trascura che, mentre si è nella consapevolezza del lato sinistro, la consapevolezza normale è sospesa, ed a tutti gli effetti il guerriero è temporaneamente "anormale". Sebbene ci siano enormi benefici nell’essere in grado di accedere alla consapevolezza del lato sinistro a volontà, questo non è un tipo di consapevolezza favorevole alle attività pratiche della vita sul piano fisico, e certamente non per qualcosa di pratico come una battaglia. Di conseguenza, anche se il vero guerriero può entrare e uscire a volontà nella consapevolezza del lato sinistro, lui o lei sceglie di operare principalmente dal livello della consapevolezza normale, per la semplice ragione che il guerriero è, prima di tutto, un essere pratico. A questo proposito, l'unica volta in cui un guerriero entrerà completamente nella consapevolezza del lato sinistro è quando si impegna nell'atto di sognare, o si accinge ad entrare in battaglia. Dobbiamo quindi stare molto attenti a ciò che comporta entrare nel lato sinistro quando il guerriero sta per entrare in battaglia, perché una battaglia è una faccenda molto pratica, e quindi molto diversa dalla faccenda privata del sognare. I punti più importanti da ricordare sono che la consapevolezza del lato sinistro riguarda l'ignoto, e l'ignoto è così vasto che possiamo facilmente "uscire dalla nostra profondità", nel senso che diventiamo impotenti nel gestire sfide che ci sono completamente sconosciute e di cui non sappiamo assolutamente nulla. Questo è sia il vantaggio che lo scoglio dell’ignoto, e quindi anche della consapevolezza del lato sinistro. In altre parole, saltare dentro l'ignoto alla rinfusa è un modo a dir poco sciocco, e dato che il controllo del guerriero deve essere impeccabile in ogni momento, non è neanche da prendere in considerazione. Perciò, quando il guerriero entra nella consapevolezza del lato sinistro per immergersi nella battaglia, è ovvio che sceglierà la posizione all'interno dell’ignoto in cui trasportare la sua consapevolezza, perché non può permettersi di finire da qualche parte nell’ignoto, in cui la sua condizione e le cose che trova lì non sono appropriate alla battaglia che intende fare. Per il guerriero addestrato e con esperienza ci sono molti luoghi all'interno dell'ignoto che gli sono familiari, ma nel caso di dover entrare in battaglia, c'è una specifica posizione del punto d'assemblaggio che è favorita da tutti i veri guerrieri. Questa particolare posizione è definita il luogo della non pietà, e il motivo per cui è favorita è perché ha caratteristiche che sono più adatte per entrare in battaglia. Il punto della non pietà non è come ci si potrebbe aspettare, a giudicare dal suo nome, anche se in qualche modo il nome descrive bene questo allineamento particolare della percezione. Il motivo principale che lo rende favorito per entrare in battaglia è perché il senso di inclusione di questo particolare allineamento è così immanente e pressante, che si è completamente immersi nella totale interdipendenza, interazione e l'interrelazione fra tutti. Inoltre, siccome è un allineamento che è abbastanza lontano nel lato sinistro, vi è una totale mancanza di riflessione e di pensieri, e quindi invece di percepire le cose in modo lineare e sequenziale, tutto sembra accadere tutto in una volta, in modo tale che è quasi impossibile discriminare ciò che è passato, presente o futuro. Il modo migliore in cui posso spiegare quel che, dal punto di vista della consapevolezza normale, sembra essere uno stato di caos totale, è quello di utilizzare l'antica analogia paragonando il punto della non pietà a una sorta di vuoto. Il motivo per cui i Toltechi paragonano il punto della non pietà al vuoto è perché ha la peculiarità di isolare apparentemente qualunque cosa sulla quale il guerriero si concentri, e in modo tale da essere consapevole di ogni minimo dettaglio relativo a quel particolare evento e di nient'altro. A causa della completa mancanza di pensiero, il punto della non 86


pietà ha la qualità di un silenzio assoluto, nel quale il tempo non ha alcun significato, ed é quindi come stare sospesi in un vuoto di silenzio e senza tempo in cui non vi è nulla, tranne i dettagli della battaglia in corso. Poiché non vi è la consapevolezza del tempo lineare, il guerriero percepisce solo in termini d’interrelazione, e quindi il senso di tempo dipende solo dalla velocità della percezione. In altre parole, se il guerriero è veloce ad assimilare l'interrelazione fra tutte le cose, le cose sembrano accadere in fretta, ma se è lento nel percepire, tutto sembra accadere al rallentatore. Il vantaggio di questo strano effetto sul senso del tempo è che il guerriero può scegliere volontariamente di far accadere le cose più velocemente o più lentamente. Ad esempio, se un avversario sta attaccando fisicamente il guerriero, il guerriero può scegliere di percepire le azioni dell’avversario al rallentatore, e ha quindi tutto il tempo per contrastarle. Questa tattica si può utilizzare anche per valutare le attività mentali o emotive dell’avversario. Però tutto questo si applica solo quando ci si trova nel punto della non pietà, che va ricordato è un particolare stato di consapevolezza, e quindi dal punto di vista di un eventuale testimone esterno alla battaglia, le azioni del guerriero appariranno del tutto normali, così come il senso di tempo. Il più grande vantaggio che si ottiene operando dal punto della non pietà è che, nonostante la consapevolezza normale sia sospesa mentre si sta sul lato sinistro, il guerriero è esposto a una così intensa vibrazione di inclusività, che è come se avesse raggiunto un livello molto elevato di sobrietà, anche se quel particolare allineamento è lontano dalla vera sobrietà. Inoltre, essendo esposto all’interrelazione delle cose, e con la mente razionale in stato di sospensione, il guerriero non si percepisce come qualcosa di separato dalle cose o dalle persone intorno a lui. Al contrario, diventa uno con tutto, compreso il suo avversario e, di conseguenza, sente ogni movimento interiore dell’avversario come se fosse suo; così che, se l'avversario sta combattendo dal livello di consapevolezza normale, il guerriero sarà uno anche coi pensieri, sentimenti ed emozioni dell’avversario. In questo stato, nel qui e ora del guerriero, esiste solo la battaglia in corso, ed è ignaro di tutto il resto. Di conseguenza, egli stesso non è soggetto ad alcun pensiero o emozione e quindi fluisce con i movimenti dell’avversario, col preciso scopo di vincerlo. Un guerriero che conduce la battaglia dal punto della non pietà è senza dubbio un essere assolutamente spietato; eppure, nel non avere alcun pensiero e alcuna emozione, il guerriero non reagirà neanche una volta con rabbia, o odio, o vendetta, o dispetto, o qualunque altra emozione, a causa dei pregiudizi. E' per questo motivo che il punto della non pietà, anche se assolutamente spietato, non è quello che si crede comunemente, a causa del condizionamento sociale. Ora dovrebbe essere più chiaro cosa comporta l’abbandonarsi del guerriero. Essendo nel punto della non pietà e non avendo nessun pensiero e nessuna emozione, ma essendo uno con tutto ciò che concerne la sua battaglia, il guerriero non sente di dover o di voler controllare alcunché, a causa del senso di unità. Eppure, anche se il guerriero sperimenta la sensazione di essere sospeso in un vuoto, il profondo senso di inclusività che sente nel punto della non pietà, tiene il guerriero in contatto con i minimi dettagli all'interno del vuoto, e anche con le più estese implicazioni della battaglia, al di là dei confini del vuoto. In altre parole, anche se il guerriero è immerso completamente nella battaglia in corso, diventando un tutt'uno con essa, rimane ancora sveglio, nel senso più profondo della parola. Le vere implicazioni della parola "abbandono" stanno nel non sentire il bisogno di controllare nulla, ed è qui che si trova il significato della frase "permette al suo spirito di fluire libero e chiaro", cioè libero dalla necessità di controllare, e chiaro, nel senso di non essere inquinato dalle influenze dei pensieri e delle emozioni. Inoltre, a causa del profondo senso di inclusività, il guerriero è molto in contatto col suo destino e quindi anche con lo scopo del suo sognatore, perché a quel livello di consapevolezza, il guerriero percepisce tutto in termini di progressivo dispiegarsi del suo destino. Ne risulta che il guerriero automaticamente percepisce e sperimenta la sua battaglia solo in termini di ciò che lo aiuta a dispiegare il suo destino. Pertanto, indipendentemente dall'esito della battaglia, il guerriero avrà sempre imparato molte cose su se stesso e sul suo destino, e come 87


tale avrà vinto la vera battaglia, che infatti consiste nel risolvere un aspetto del mistero della sua essenza. Questo è vero anche se, da un punto di vista comune, il guerriero ha perso la battaglia, nel senso che non è stato in grado di vincere l’avversario. E’ questo che si intende quando si dice che il guerriero vince la battaglia anche se perde la battaglia. Un altro punto da cogliere è che siccome il guerriero è così tanto in contatto con lo scopo del suo sognatore, è ovvio che il potere che guida il guerriero nella sua battaglia è il potere del destino; perché mentre opera dal punto della non pietà, il guerriero non ha pensieri o emozioni che possano distoglierlo. Finora, abbiamo preso in considerazione il punto della non pietà prevalentemente dal punto di vista dell'azione fisica, ma a dir la verità, il vero guerriero ha raramente bisogno di combattere battaglie fisiche. Ho descritto il punto della non pietà da un punto di vista fisico, semplicemente perché è molto più facile coglierne la natura e utilizzarlo all'interno del contesto fisico. Nella maggior parte dei casi, il guerriero deve combattere battaglie non-fisiche, ma anche in queste battaglie, il guerriero utilizza il punto della non pietà esattamente come farebbe per una battaglia fisica. L'unica differenza è che nell’usare il punto della non pietà per una battaglia non-fisica, il guerriero rimane in quello stato per il tempo necessario ad accertare le mosse e le intenzioni dell’avversario. A questo proposito, il guerriero può naturalmente rientrare nel punto della non pietà ogni volta che dovesse sorgere la necessità e, in generale, a causa del suo senso di atemporalità, anche solo pochi secondi sono sufficienti per cogliere ciò che deve essere conosciuto. Nella battaglie non fisiche, il guerriero non ha bisogno di rimanere stabile nel punto della spietatezza, ed è meglio così, perché altrimenti ci sarebbe un serio svantaggio. Tale inconveniente si verifica perché la consapevolezza del lato sinistro, e più in particolare il punto della spietatezza, non ha un senso lineare del tempo, e quindi la logica sequenza lineare che è richiesta per fare un discorso coerente è difficile da ottenere. Ne risulta che il punto della spietatezza non è favorevole alla verbalizzazione. Ovviamente quest’inconveniente non è grave quando si combatte una battaglia fisica, in cui è l'azione fisica importante e non le parole; ma quando si combatte una battaglia nonfisica, rimanere nel punto della spietatezza per un periodo prolungato di tempo può portare a serie difficoltà. Per superare questo svantaggio i Toltechi hanno imparato che è possibile accedere al punto della non pietà a diversi livelli d’intensità. Quindi, il guerriero esperto può entrare completamente nel punto della non pietà, oppure può semplicemente "toccare" con leggerezza quell'allineamento. Naturalmente, queste sono le due polarità estreme, ma tra queste due c’è tutta una serie di allineamenti intermedi, con gradi d’intensità diversi. Se il guerriero "tocca" il punto della non pietà con leggerezza, può attingere alla natura di tale allineamento pur mantenendo la consapevolezza abbastanza normale, in modo che il suo discorso rimanga coerente, ma i benefici di non avere pensieri o emozioni, naturalmente, vanno persi. D'altra parte, se il guerriero si allinea pienamente alla spietatezza, la sua capacità di verbalizzare è temporaneamente compromessa, nel senso che, anche se può ancora parlare, il suo discorso è più adatto a brevi comandi o brevi istruzioni. Il discorso di un guerriero che è immerso nel lato sinistro tende a diventare estremamente incoerente, perché nel lato sinistro manca sia la logica che la sequenza derivata dal senso lineare del tempo. A questo proposito, anche il suono della voce del guerriero cambia drammaticamente, diventando più profonda e più dura, e se egli è totalmente immerso nel punto della spietatezza, la sua voce diventa piatta e priva di emozioni. Per onor di completezza, occorre dire che in realtà ci sono due punti della non pietà, vale a dire quello che abbiamo preso in considerazione qui, e che appartiene al lato sinistro, e un altro che si trova all'interno della consapevolezza normale del lato destro. Io personalmente preferisco definire questo secondo punto della non pietà, nel lato destro, il punto della crudeltà. Questo non è un allineamento nel quale indulge il vero guerriero, perché è esattamente ciò che ho definito: crudeltà. In totale contrasto con la sua controparte, questo secondo punto non è privo di pensieri o emozioni, ma, al contrario, vi si può accedere solo da una mancanza di rispetto per la vita, o da un’intensa emozione come l'odio, come il senso di vendetta, o da un maligno intento nato dal desiderio di far 88


soffrire gli altri. Non è un punto sul quale ho voglia di soffermarmi perché, dal punto di vista dei Guerrieri della Libertà, allineare volutamente questo punto è un atto spregevole per infliggere deliberatamente sofferenze agli altri. Mi limito ad accennarne solamente, in modo che al lettore sia chiara l’enorme differenza tra il punto della non pietà e il punto della crudeltà. Il lettore potrà constatare da sé, che il punto della non pietà è un allineamento che molte persone comuni hanno sperimentato spontaneamente almeno una volta nella loro vita. In caso di terribili emergenze, succede spesso che le persone spostano inconsciamente i loro punti di assemblaggio nel punto della non pietà, con il risultato che agiscono con una velocità mozzafiato e di solito finiscono per diventare gli eroi del giorno. Tuttavia, se li si interroga, queste persone diventeranno impacciate e ammetteranno di non sapere cosa sia successo in realtà, se non che improvvisamente hanno percepito tutto come al rallentatore, e poi hanno agito senza alcun pensiero o emozione. Infine, è utile ricordare che, sebbene non vi sia alcun vero sostituto del vedere, la possibilità di accedere al punto della non pietà risulta un buon sostituto del vedere, se uno non ne ha ancora la capacità. Non c’è bisogno di soffermarci su questo punto, perché se il lettore considera attentamente ciò che abbiamo detto rispetto al punto della non pietà, questo fatto parlerà da sé.

Dopo aver visto cosa comporta il quarto aspetto della regola dell’agguato, ora dobbiamo considerare che cosa significhi applicarlo nel contesto del primo postulato dell’agguato. Qui devo far notare al lettore che la maestria dell’agguato sta nella capacità di applicare ogni aspetto della regola dell’agguato al contesto di uno qualsiasi dei quattro postulati dell’agguato. Come ci si può aspettare, l'effetto di questa operazione è che ciascuno degli aspetti della regola dell’agguato produrrà risultati diversi a seconda del contesto in cui viene applicata. In relazione a ciò, divago brevemente per spiegare che cosa sono i cinque elementi del Potere dell’Uno. Tradizionalmente, questi cinque elementi sono conosciuti come terra, fuoco, acqua, aria e spirito, ed oggi è noto, sia all’esoterismo che nei lavori di Fantasy, che il cosiddetto mago attua la magia attraverso la manipolazione di uno, o una combinazione, di questi cinque elementi. La mancanza di conoscenza di queste procedure interiori porta alle tipiche storie da vecchie comari, e questi racconti portano alla superstizione. I quattro elementi di base sono una forma simbolica dei quattro attributi del guerriero - un tipo di scorciatoia che la dice lunga al guerriero completamente addestrato, e che elimina la necessità di ore di verbalizzazione tra il nagual e l’apprendista. L’aria è il simbolo della sobrietà; la terra è il simbolo della forza, l'acqua è il simbolo sentimento, il fuoco è il simbolo del calore, e lo spirito è il simbolo del puro intento. (Figura 5). Per la maggior parte delle azioni si ha bisogno di uno solo degli elementi, ma ci sono interventi che richiedono una combinazione di elementi. Per esempio, se si ha bisogno di discriminare qualcosa, allora è necessaria solo l’aria. Tuttavia, se un atleta ha bisogno di competere in una gara, allora servono sia la terra che lo spirito. Analogamente, se il guerriero vuole curare una persona, allora a seconda della natura della malattia, è richiesta una combinazione di aria, acqua e spirito o, in alcuni casi, una combinazione di tutti e cinque gli elementi.

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I CINQUE ELEMENTI DEL POTERE DELL’UNO E I QUATTRO ATTRIBUTI DEL GUERRIERO ELEMENTO ARIA TERRA ACQUA FUOCO SPIRITO

ATTRIBUTO Sobrietà Forza Sentimento Calore Intento

COLLOCAZIONE Est Nord Ovest Sud dappertutto

FIGURA 5 Questi cinque elementi hanno anche quattro diverse qualità che si riferiscono alle quattro dimensioni principali del M.E.S.T. (Materia – Energia – Spazio – Tempo), che sono stati illustrati ne Il Grido dell'Aquila, e sono queste quattro diverse qualità che vengono rivelate dai quattro postulati dell’agguato. (Figura 6). Ad esempio, la sobrietà ha una qualità molto diversa se è nella dimensione del tempo o se è nella dimensione dell’energia. Perciò, sebbene abbiamo solo cinque elementi, ciascuno di questi cinque ha una qualità leggermente diversa a seconda della dimensione o del postulato dell’agguato in cui è operativo. Esattamente lo stesso vale per i sette aspetti della regola dell’agguato, perché questi sette aspetti servono solo come necessario dettaglio per rivelare le implicazioni più profonde di ciascuno dei quattro attributi del guerriero. In altre parole, la regola dell’agguato può essere applicata ad ognuno dei quattro attributi del guerriero, nel qual caso i sette aspetti della regola riveleranno sette caratteristiche distinte per ciascuno degli attributi. A questo proposito occorre ricordare che c'è solo una regola, che si mostra in sette aspetti.

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Dal disegno si capisce che non è possibile esaminare tutte le implicazioni dei quattro postulati dell’agguato e della regola dell’agguato in un solo libro. Ciò che sto cercando di comunicare al lettore in questo volume, sono i fondamenti di base che sono necessari per comprendere gli insegnamenti intermedi sull'arte dell’agguato. Di conseguenza, stiamo guardando solo il quadro generale complessivo, e lasciando i dettagli ad una fase successiva. In relazione a questo, mi riferisco solo a quei particolari dettagli che oggi sono all’origine di tanta inutile confusione, o che attirano tanta attenzione, e favoriscono la diffusione della superstizione, a causa della mancanza delle necessarie informazioni. Tornando al nostro punto in esame. Il primo postulato dell’agguato si riferisce alla sobrietà nel contesto della dimensione del tempo, e quindi ciò che dobbiamo fare è applicare il quarto aspetto della regola lo agguato nel contesto della sobrietà, che si esprime nella dimensione del tempo. Quindi vediamo un pò che cosa comporta. Prima di tutto, abbiamo bisogno di sapere che la sobrietà nel contesto del tempo implica quel livello di sobrietà nel quale si vede tutto nella sua progressione logica, attraverso la sequenza lineare generata dal tempo. In altre parole, un certo evento compare nella nostra vita, e tale evento porta con sé tutta una serie di increspature nell'ambito del processo della vita, ogni increspatura da origine a quella successiva. Così siamo stati avvertiti della necessità, anche durante una battaglia, di prendere in considerazione l'intera catena di eventi che ci porta fino al momento della battaglia, e anche che un'altra serie di eventi sta già emergendo a seguito della battaglia. Per dirla in poche parole, ogni battaglia dovrebbe essere un atto basato su una sobria deliberazione, e non una reazione scomposta basata sulle emozioni che girano per moto proprio o sul pensiero impulsivo. Questo ci porta al concetto che i Toltechi chiamano sopportazione. Il significato che i Toltechi attribuiscono a questa parola è molto diverso da quello attribuito normalmente dall'uomo comune. 91


Con la parola sopportazione, i Toltechi non intendono dire che il guerriero deve diventare uno zerbino; al contrario, la sopportazione richiede una notevole quantità di vera pazienza e forza, e nulla edifica l’intento più rapidamente o efficacemente dell'esercizio della sopportazione. Questo rivela la definizione che i Toltechi danno a questa parola, vale a dire, la sopportazione è un atto di forza in cui il guerriero sfrutta la pazienza finché non è diventato come un arco teso che è espressione di leggerezza, ma che possiede una tensione intrinseca che è mortale. Quello che gli uomini e donne comuni chiamano pazienza non è come la pazienza del guerriero, perché la cosiddetta pazienza della maggior parte delle persone è semplicemente una passiva accettazione nell’attesa, imposta su di loro da un'altra persona o dalle circostanze. La pazienza del guerriero, d'altra parte, non è una passiva accettazione del dover aspettare, ma è invece un atto consapevole e deliberato di attesa del momento giusto, ed è una decisione presa dallo stesso guerriero, non imposta da altri. Il motivo per cui il guerriero eserciterà la sopportazione è sempre ai fini dell’agguato, non solo verso la sua preda, ma anche verso la sua percezione della situazione. Esercitando la sopportazione il guerriero ha l'opportunità e, soprattutto, il necessario distacco per valutare completamente e accuratamente la situazione sotto mano, anche in mezzo all’azione e alla battaglia. Questo è un punto di tale importanza che l'apprendista non può permettersi di prenderlo per il valore apparente, né del resto, può farlo il lettore. A questo proposito il lettore dovrebbe rileggere l'esempio del soldato in fuga attraverso un campo di mine antiuomo citato ne Il Ritorno dei Guerrieri, per tutti gli insegnamenti che si riferiscono a ciò che stiamo discutendo qui. Non essendo ossessionato dal vincere o perdere la battaglia, il guerriero non va in battaglia con la normale frenesia dell'uomo comune, che vuole solo vincere il più rapidamente possibile. Il guerriero che esercita la sopportazione non sente il bisogno di correre, perché mentre è impegnato in battaglia, il tempo non ha nessuna conseguenza. Invece, il guerriero assapora ogni istante, e in questa valutazione completa di una frazione di secondo, egli percepisce una tale quantità di dettagli, così come le implicazioni del dettaglio, che ogni istante gli sembra un’eternità – un’eternità che ha un senso di atemporalità, anche se il guerriero è in azione nel contesto del tempo. Un tale guerriero scorre semplicemente con i movimenti e le intenzioni del suo avversario in un’azione che paradossalmente non sembra una battaglia, ma somiglia ai movimenti di due superbi ballerini che eseguono un pas de deux che contiene tutti gli elementi dell’intelligente cooperazione. Il guerriero, dopo tutto, non è entrato in battaglia a causa del suo senso di vendetta, o a causa del desiderio di annientare l’avversario, ma perché vuole estrarre dalla battaglia il dono del potere che l'avversario gli può dare. Qui sta il significato più profondo dei seguenti due aforismi. IL CACCIATORE E’ INTIMAMENTE CONNESSO AL SUO MONDO, TUTTAVIA RIMANE DISTACCATO DA ESSO. IL CACCIATORE NON SACCHEGGIA IL SUO MONDO, PRENDE SOLO CIO’ CHE GLI SERVE VERAMENTE. Nell'esercizio della sopportazione e quindi senza alcuna fretta di porre fine alla battaglia, il guerriero usa la pazienza per costruire il suo intento che, naturalmente, è necessario per estrarre dalla battaglia il dono di potere che cerca. A seguito delle restrizioni che il guerriero impone deliberatamente alle sue azioni per rimanere paziente, il suo intento comincia a raccogliere le forze, e mentre aumenta di forza, l'intento comincia a muovere e spostare il punto di assemblaggio del guerriero. Questo a sua volta, determina gli allineamenti necessari della percezione che consentono al guerriero di percepire con chiarezza assoluta ciò che è emerso nel processo per arrivare a questa battaglia, e anche qual’é il dono di potere. A questo proposito, vediamo ancora una volta come il guerriero, invece di essere fissato sul vincere o perdere, può abbandonarsi alla battaglia e consentire in tal modo ai poteri del destino di guidarlo. Questo è il vero significato di ciò che si intende per spostare l'attenzione o cambiare focus. 92


Attraverso il distacco acquisito esercitando la sopportazione, le azioni del guerriero hanno una qualità di "leggerezza" che si può ottenere solo in assenza di intensità. Tuttavia, poiché l'intento del guerriero guadagna progressivamente forza mentre la battaglia progredisce, le azioni del guerriero diventando sempre più letali, non solo a causa dell’intento, ma anche perché la chiarezza che aumenta di secondo in secondo potenzia la precisione di ogni sua mossa. E’ chiaro che se si applica la regola del quarto aspetto dell’agguato nell'ambito del primo postulato, allora è necessario toccare il punto della non pietà anche solo leggermente. Come abbiamo già notato, una piena identificazione col punto della non pietà annullerà l'elemento del tempo, ma per condurre la battaglia in questo modo, l'elemento del tempo è necessario. Così vediamo quant’é importante poter accedere al punto della non pietà e anche poterne controllare l’interazione. Un punto da chiarire è che la sopportazione non è utilizzata solo in battaglia, ma è spesso attuata prima di entrare in battaglia. Comunque, l'effetto dell'esercitare la sopportazione è sempre lo stesso, indipendentemente dal fatto che la si eserciti prima di una battaglia o durante. Il vantaggio di esercitarla prima di una battaglia è che permette al guerriero di elaborare la sua strategia in modo più rapido ed efficiente di quanto avrebbe potuto fare senza la sopportazione. Questo è particolarmente vero nell’aver a che fare con un piccolo tiranno. In ultima analisi, il guerriero che esercita la sopportazione, applicando il quarto aspetto della regola dell’agguato nel contesto del primo postulato, uscirà dalla battaglia avendo raggiunto il suo obiettivo, vale a dire con il guadagno del dono di potere che si era proposto di vincere. Tale guerriero non può perdere, nel vero senso della parola, anche se visto dall’esterno può sembrare che ha perso la battaglia. Questo è chiaro nell'esempio di Sean e Willis perché, sebbene possa sembrare che Sean ha perso la battaglia con Willis, il dono del potere che Sean ha vinto in conoscenze acquisite su se stesso e, soprattutto, in fiducia in se stesso e rispetto di sé, non può essere misurato in termini di benefici finanziari. Questo è un dono di potere che Sean non avrebbe potuto comprare neanche con tutto l'oro del mondo, né avrebbe potuto acquisirlo senza entrare in questa battaglia, e per questo deve ringraziare Willis.

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CAPITOLO SETTE

PETTINARE LE OMBRE PER IL GUERRIERO ESPERTO LE OMBRE SONO IL COLLEGAMENTO FRA IL CONOSCIUTO E L’IGNOTO – LE OMBRE SONO UN’APERTURA ATTRAVERSO CUI VEDERE L’IGNOTO NEL CONTESTO DEL CONOSCIUTO. Ora consideriamo il quinto aspetto della regola dell’agguato. Esaminando le implicazioni di questo aspetto particolare, ci imbattiamo in uno dei concetti mistici peculiari della Via del Guerriero, che raramente viene colto correttamente da coloro che non si dedicano alla Via della Libertà. Il concetto in questione è denominato dagli stregoni fissare le ombre, ed è una tecnica impiegata per imparare ad accedere a stati alterati di percezione. I Guerrieri della Libertà utilizzano questa tecnica in modo diverso e la chiamano pettinare le ombre. Il guerriero, come qualsiasi altro uomo o donna, nella sua vita s’imbatte in situazioni in cui le avversità sembrano essere schiaccianti, in quanto sembra che il guerriero non possa andare avanti. Tuttavia, queste situazioni sono effetto dell'illusione, e tale illusione deriva sempre dall’essere intrappolato entro i confini di una particolare visione del mondo. A prima vista sembra strano, perché se un guerriero non ha una visione fissa del mondo, come può rimanere intrappolato in una qualsiasi interpretazione del mondo? Eppure è importante ricordare che, sebbene lo stesso guerriero non abbia una visione fissa del mondo, le persone attorno a lui sono il più delle volte intrappolate all'interno dei propri punti di vista del mondo, e nell’interagire con loro il guerriero è costretto ad adottare il punto di vista del mondo che usano le altre persone, quanto meno per poter comunicare. Di conseguenza, anche se il guerriero ha la libertà di scegliere qualsiasi visione del mondo che si adatta alla sua strategia, ci sono alcune battaglie che richiedono di utilizzare la stessa visione del mondo dell’avversario. Tuttavia, qualsiasi visione del mondo ha i suoi limiti, e sono queste limitazioni che spesso ostacolano anche il guerriero, perché se è costretto a operare solo entro i confini di quella particolare visione del mondo, poi, ovviamente, il guerriero è obbligato ad operare entro i parametri definiti dalle limitazioni imposte da tale visione del mondo. Pertanto, nonostante il guerriero sia contro le illusioni inerenti ad un qualsiasi punto di vista del mondo, tali illusioni non sono così facile o semplici da superare, nel contesto della visione del mondo a cui appartengono. Per renderlo un pò più chiaro, pensa di nuovo all'esempio di Sean e suo fratello Willis. Nel combattere la battaglia con Willis, Sean non ha altra scelta che prendere in considerazione la visione del mondo di Willis, perché Sean non ha altro modo di combattere questa battaglia, se non incontrando Willis dentro i confini del suo punto di vista del mondo. Ciò significa automaticamente che Sean deve comunicare con Willis, e personalizzare le sue azioni esterne verso Willis, secondo i dettami del punto di vista del mondo di Willis. Qualsiasi altro approccio farebbe sentire Willis ancora più minacciato da Sean, nel qual caso diventerebbe ancora più nervoso, sospettoso, bellicoso e non cooperante, di quanto lo sia già. Chiaramente, se Sean vuole "vincere" questa battaglia contro il fratello, allora è indispensabile tendere l’agguato a Willis portandolo in uno stato di cooperazione. L'unico modo per farlo è far credere a Willis di avere il sopravvento su Sean, e così Sean deve svolgere il suo ruolo in base ai parametri che definiscono il punto di vista del mondo di Willis. Da quanto sopra si evince che, sebbene un guerriero non abbia una visione fissa del mondo, quando è impegnato in battaglia può comunque diventare temporaneamente intrappolato all'interno dei ristretti confini del punto di vista di qualcun altro. Per il guerriero esperto, ogni trappola come questa é solo un temporaneo fastidio, che non sempre conviene evitare. Così il guerriero spesso entra volutamente e deliberatamente in una simile trappola, per rafforzare la sua strategia, soprattutto se una parte della sua strategia è quella di calmare l’avversario mettendolo in un falso 94


senso di sicurezza. Inoltre, se il guerriero si trovasse in una simile trappola, dovrà immediatamente mettere in pratica il quinto aspetto della regola dell’agguato, vale a dire, ogni volta che si trova di fronte a ostacoli impossibili da superare, un guerriero si apre al mondo che lo circonda permettendo alla sua mente di occuparsi dei piccoli dettagli della vita. Mettere in pratica il quinto aspetto della regola dell’agguato è in sé una tattica fuorviante, in quanto darà sempre all'avversario l'impressione di aver superato in astuzia il guerriero. Per comprendere come funziona, occorre notare che quando il guerriero si "intrappola", fa qualcosa di inaspettato, interrompendo qualsiasi ulteriore resistenza. Questa, naturalmente, è solo un'illusione, perché quello che in effetti sta facendo il guerriero é sospendere temporaneamente il combattimento, in modo da avere la possibilità di osservare la situazione in modo approfondito. In altre parole, revocando temporaneamente il confronto diretto, il guerriero rivaluta la situazione e le sue tattiche, in modo da ottenere vantaggio sul suo avversario. Di conseguenza, lungi dall'essere sconfitto, il guerriero, ritirandosi dalla lotta, guadagna in forza, e tornerà all'attacco improvvisamente con più forza e potere di prima. Per chiarire meglio, diamo un'occhiata a questa sinossi da vicino e in dettaglio. In primo luogo, tieni conto che quando il guerriero si trova a fronteggiare eventi che sembrano impossibili da superare e si ritira temporaneamente dalla battaglia, il guerriero utilizza la discriminazione per distaccarsi dalla situazione. Tuttavia, nel distaccarsi dalla situazione, il guerriero non sta in alcun modo rinunciando al suo controllo, ma al contrario sta ampliando il suo controllo. Pertanto, nella definizione Tolteca, la parola "ritiro" non vuol dire scappare, ma ha il significato letterale di “tirare ancora una volta”, cioè, riattaccare di nuovo con un'altra tattica. Così, anche se può sembrare che il guerriero abbia fatto un passo indietro e abbassato la spada, egli in realtà sta cercando un'altra modalità d’azione. Questo ci porta automaticamente a considerare i termini di azione, reazione e risposta. Questi tre termini non sono sinonimi nel vocabolario del guerriero, perché hanno implicazioni molto diverse e comunque interattive. Anziché definire queste tre parole, considereremo le loro implicazioni dal punto di vista del seguente aforisma. L’AZIONE E’ LA RISPOSTA DEL GUERRIERO ALLO SCOPO DEL SUO SOGNATORE, MENTRE LA REAZIONE E’ IL MODO IN CUI L’UOMO COMUNE AGGANCIA SE STESSO ALLA FOLLIA DEGLI ALTRI. Azione implica l’elaborazione di qualcosa di nuovo e originale, non importa se si tratta di un nuovo livello di percezione, un nuovo modo di sentire, un nuovo tipo di emozione, un nuovo modo di bere, o un nuovo modo di parlare, mangiare, condurre gli affari o un nuovo modo di relazionarsi con gli altri. Azione implica vivere nel momento presente, e quindi implica anche ballare il bordo. Di conseguenza, l'azione è possibile solo interrompendo la fissazione dell’unico punto di vista del mondo, che si riduce a svegliarsi nel sogno e prendere il controllo del contenuto del sogno. Il guerriero che prende il controllo del contenuto del suo sogno, prende anche possesso della sua vita, e questo significa che egli è uno con lo scopo del suo sognatore. Tutto questo equivale a dire che il guerriero risponde in maniera impeccabile allo scopo del suo sognatore, grazie ad una costante azione sul piano fisico. E siccome ognuna delle sue azioni è sempre nuova, ognuna lo porta in nuove aree di esperienza e ogni nuova esperienza fornisce una nuova dimensione del potere. Come abbiamo già visto nel secondo capitolo, la reazione è una rievocazione della propria follia – una cosa che dal punto di vista del guerriero è uno stupido spreco di tempo e di potere personale, e il modo più sicuro per rimanere saldamente agganciato alla follia degli altri. Pertanto, quando il guerriero si ritira temporaneamente dalla battaglia, non sta reagendo alla situazione, ma sta adottando un’azione che lo porterà a nuove conoscenze. Questo punto è così importante che non lo ripeterò mai abbastanza. Ogni volta che le persone comuni si scontrano con qualcosa che credono impossibile, mettono immediatamente da parte le loro spade e cercano di sfuggire alla situazione, oppure si arrendono 95


docilmente nei termini del loro avversario. In altre parole, l'uomo comune fa sempre l'errore di credere che le circostanze impossibili contro di lui mostrano che in qualche modo non è riuscito a fare qualcosa e pertanto deve sottomettersi alla volontà del suo avversario, non importa se tale avversario è un'altra persona o un insieme di circostanze nella sua vita. Tuttavia, continuare a fare lo stesso errore vuol dire reagire alla propria follia.

Pettinare le ombre è un'azione che di per sé è un esercizio di sopportazione, la cui importanza è stata chiarita nel capitolo precedente. Dal momento che pettinare le ombre è una tecnica che deriva dall'atto di sopportazione, per comprendere correttamente questo concetto abbiamo bisogno prima di comprendere appieno cosa si intende con le parole contenute in questa frase mistica. Dobbiamo quindi esplorare il significato del termine "ombra". I fratelli che percorrono il Sentiero della Grande Avventura prendono il termine "ombra" in senso letterale, e quindi usano la tecnica del fissare lo sguardo direttamente sulle bizzarre qualità delle ombre fisiche. La logica che sta dietro la tecnica del fissare le ombre sta nel fatto che gli oggetti ostruiscono il flusso naturale e la distribuzione della luce e le ombre fisiche ne sono il risultato. Gli antichi Toltechi consideravano questo fenomeno in termini di resistenza. In altre parole, un oggetto getta un'ombra perché assorbe, riflette o resiste ai raggi luminosi che colpiscono la sua superficie. Ma indipendentemente dal fatto che la luce sia riflessa, assorbita o resistita, resta il fatto che la luce non può passare attraverso l'oggetto, ed è questo blocco del libero passaggio di luce che i Toltechi considerano come resistenza. Ora, tenendo presente che i Toltechi considerano ogni cosa un’espressione di vita, e anche tenendo presente che tutte le forme di vita hanno bisogno delle proprietà fisiche della luce solare per sviluppare la vita, non é così strano che nella loro ricerca della conoscenza i veggenti toltechi si interessassero al perché le forme di vita fisiche a volte riflettono, oppure assorbono, oppure resistono completamente alla luce. Usando la loro capacità di vedere il processo della vita, i Toltechi presto si resero conto che il fenomeno chiamato resistenza non è tanto il risultato della densità, ma piuttosto è uno stato di consapevolezza che esiste a tutti i possibili livelli di esistenza, compresi anche i livelli che, da un punto di vista scientifico, sono considerati come non-fisici, e che danno luogo alla densità e al raggruppamento. Dopo questa scoperta, ai Toltechi non ci volle molto per capire che le ombre hanno qualità specifiche direttamente collegate alla consapevolezza. In altre parole, la resistenza, essendo espressione di un particolare stato di coscienza, ha diversi gradi di intensità, ed è questo grado di intensità della resistenza che determina la qualità dell’ombra. Pertanto, anche se all'occhio fisico tutte le ombre sembrano uguali, il veggente esperto può distinguere diverse caratteristiche tra un’ombra e un’altra, ed è questa caratteristica che ha portato i Toltechi alla pratica di fissare le ombre, perché in ultima analisi, le ombre non sono solo ombre. Le ombre, se sono correttamente interpretate dall’esperta visione interiore, rivelano una ricchezza di informazioni relative al prevalente stato di consapevolezza dell'oggetto che proietta l'ombra, indipendentemente dal fatto che tale oggetto sia umano, animale, vegetale o minerale. Di conseguenza, utilizzando la tecnica del fissare le ombre, uno stregone può muovere e spostare il suo punto d’assemblaggio utilizzando le qualità delle ombre come guida. Tuttavia, questa tecnica si basa sull’identificazione, che i guerrieri della libertà evitano come la peste, perché non porta alla libertà. Comunque, sono costretto a spiegare questa tecnica perché non c'è modo di capire il pettinare le ombre, se non capiamo la tecnica del fissare le ombre. Nell’esercizio di fissare le ombre, il praticante sceglie l’ombra che vuole esaminare, e quindi "si apre" alla qualità vibrazionale di quella particolare ombra. Aprirsi presuppone il completo 96


silenzio interiore, e questo è possibile solo in assenza di dialogo interno, che agisce come uno scudo tra noi e il mondo "là fuori". Quando si raggiunge questo stato di silenzio interiore, e quindi non vi è uno schermo che blocca il flusso proveniente dal mondo esterno, è relativamente facile entrare in uno stato di completa identificazione con qualunque cosa ci si concentri. Pertanto, per esempio, se uno si concentra sull'ombra di un albero, dopo un pò inizierà a identificarsi con la qualità intrinseca di quell'ombra. La prolungata identificazione con quella qualità alla fine porterà il punto di assemblaggio a muoversi o a spostarsi, al fine di portare quella qualità in allineamento totale. Tale allineamento costituisce uno stato di percezione alternativo, in cui è possibile sperimentare quella parte della consapevolezza dell'albero che origina la sua resistenza. Si noti che tale allineamento si basa interamente sull’identificazione, che manca di obiettività, perché l'identificazione è priva di sobrietà ed è quindi l’antitesi del distacco. Si noti inoltre che non è un allineamento con la totale consapevolezza dell'albero, ma solo con quella porzione della sua consapevolezza che dà luogo alla resistenza.

Per cogliere il pieno significato di ciò che abbiamo imparato, ricordate che nell’interconnessione fra i dieci punti dell’uomo, ci sono ventidue aspetti di consapevolezza chiamati gioielli. Tuttavia, a parte questi ventidue gioielli, che chiamiamo gioielli di luce, ci sono altri undici gioielli conosciuti come i gioielli oscuri, nel senso che hanno una proprietà che riflette, assorbe o resiste alla luce. Ora, sebbene tutti i gioielli oscuri abbiano la proprietà della resistenza, ce n’è uno in particolare, chiamato resistenza, perché è l'incarnazione stessa della resistenza. E 'quasi impossibile spiegare i gioielli oscuri, prima di aver affrontato e capito i gioielli di luce. Pertanto basti per ora affermare che i gioielli oscuri sono caratteristiche di consapevolezza e, come tali, non devono essere confuse col concetto di male, o con ciò che potrebbe essere definito le forze delle tenebre. I gioielli oscuri sono una parte dell’ignoto, ma costituiscono quegli aspetti dell’ignoto che sono così ingannevoli e sfuggenti che sembrano resistere ad essere assorbiti nella luce del conosciuto. Quindi, facciamo riferimento ai gioielli oscuri come appartenenti al lato oscuro della consapevolezza, ma il lato oscuro della consapevolezza non ha assolutamente nulla a che fare con le cosiddette forze delle tenebre. Potrebbe essere fruttuoso, a questo punto, fare una digressione per comprendere meglio ciò che in genere si considera come il male, il diavolo e Satana. Dal punto di vista Tolteco, tali concetti non hanno alcun senso, perché i Toltechi sanno fin troppo bene che ogni cosa nell'universo manifesto ha uno scopo preciso, e poiché tutti gli scopi confluiscono nello sviluppo della consapevolezza, come può un qualsiasi scopo, essere visto come il male? Eppure, come dice bene il vecchio proverbio, c'è un diavolo in ogni cosa che non capiamo. Gli ignoranti, le persone che ignorano certe cose, spesso considerano le azioni di un altro come il male, o ispirate dal demonio o addirittura da Satana in persona; tutte le azioni viste come il male possono essere fatte risalire all'uso inappropriato di uno qualsiasi degli undici gioielli oscuri. Quando non si comprendono questi gioielli per ciò che realmente sono, è inevitabile che siano trattati senza impeccabilità, e di conseguenza gli effetti di tale gestione inappropriata si manifesteranno in una sorta di modo distruttivo o demoniaco. Tuttavia, poiché l'uomo comune ha l’abitudine di giocare a dare la colpa, piuttosto che assumersi la responsabilità delle sue azioni, il diavolo è diventato un capro espiatorio molto conveniente, e di conseguenza, le persone sono fin troppo ansiose di dare la colpa di qualcosa al diavolo o a Satana. Non esiste nessun Satana. In ultima analisi, il diavolo è solo la personificazione della mancanza d’impeccabilità dell'uomo comune, derivante dall’ignorare il suo lato oscuro. Nel concetto di Satana, è ironico notare che le persone comuni non considerano le azioni dei loro simili come un riflesso speculare del proprio comportamento. Ne risulta che la maggior parte 97


delle persone é così occupata a identificare gli altri come malefici, diabolici o satanisti che non si rende nemmeno conto che quello che percepisce in un'altra persona come il male o diabolico, non è altro che il riflesso del proprio comportamento passato o presente, o, in alternativa, il riflesso di qualche potenziale nascosto dentro di sé! Giocando a dare la colpa e giudicando malvagie le altre persone, le persone comuni cercano continuamente di separarsi da coloro che essi considerano come il male, e tramano la fine, la rovina o l'eliminazione di Satana e dei suoi seguaci. Ma l'ironia vera in tutto questo sta nel fatto che il termine "satana" significa colui che trama, o anche tramare contro. Pertanto, i satanisti veri e propri sono quelle anime fuorviate che sono così separative nel loro falso senso di santità che hanno sempre voglia di perseguitare coloro che non si conformano ai loro valori separativi. Questo ridicolo stato di cose è la dimostrazione di cosa si intende per darsi la zappa sui piedi, perché tutti coloro che credono in un diavolo, o Satana, sono i veri devoti satanisti! La domanda che viene spontanea è: "Questo implica che non c'è il male?" La risposta è molto semplice, e tuttavia, piuttosto difficile da esprimere in poche parole. Pertanto basti dire che l'unico vero male in questo mondo è il peccato di separatività, e quindi qualsiasi azione o reazione che si basa sull’ignoranza dell’interrelazione della vita una, deve necessariamente essere vista come potenzialmente malefica. Si noti che ho detto "potenzialmente" malefica, perché non tutti gli atti di separatività sono necessariamente “male”. Ad esempio, l'atto di discriminazione è innegabilmente un atto di separatività, e tuttavia senza discriminazioni o discernimento l'evoluzione della consapevolezza cesserebbe. Ciò che rende l'atto di discriminazione "bene" o "male", è il motivo della discriminazione. In altre parole, se noi esercitiamo la discriminazione per ottenere chiarezza in una qualsiasi questione, allora è "bene". Se, d'altra parte, noi discriminiamo contro un'altra persona per motivi di razza, colore, cultura, religione o qualsiasi altra cosa, e lo facciamo per sentirci separati da altri, allora tale discriminazione può a buon diritto essere definita "male". Anche un'altra domanda ricorre spesso, riguarda quello che la Chiesa cristiana chiama Lucifero, l'angelo caduto. Anche se tale domanda è sincera, a questo punto degli insegnamenti è quasi impossibile rispondere in modo soddisfacente, a meno che l'interrogante abbia una profonda comprensione della cosmologia. E' come chiedere ad un matematico di spiegare certi calcoli quando ancora non si è capita l’algebra di base. Pertanto, il meglio che posso fare è dire che Lucifero non è un essere in quanto tale, ma piuttosto la coscienza collettiva di tutta una schiera di antichi esseri appartenenti alla vita inorganica. Inoltre, l'apprendista Guerriero non deve commettere l'errore di credere che Lucifero é l'incarnazione del male. Anche se in un certo senso è corretto, i Toltechi stessi non considerano Lucifero più male del nostro potenziale non sviluppato. Ancora una volta vale il proverbio c’é un diavolo in ogni cosa che non comprendiamo. Il nome Lucifero significa Portatore di Luce, le cui implicazioni difficilmente possono essere definite “male”. A questo punto non è possibile dire più di questo, eccetto proporre il seguente l'aforisma, che, per chi ha occhi per vedere, darà qualche suggerimento sulla vera natura e sullo scopo di Lucifero. ALL’INIZIO DELLA FORMAZIONE DEL SISTEMA SOLARE, LO SPIRITO DI ATL SI INCARNO’ ASSUMENTO PER ESPRESSIONE FISICA L’INTERA ESTENSIONE DEI DETRITI. QUESTI DETRITI ERANO IL RISULTATO DI UNA IRRISOLTA SFIDA, LASCIATI DA UN PRECEDENTE SISTEMA SOLARE. PERCHE’ E’ NELLA NATURA DI UN CERTO TIPO DI RADIOATTIVITA’ AVERE IL POTENZIALE DI ESPLODERE IN PURA RADIANZA OPPURE DI IMPLODERE NELL’OSCURITA’. QUESTI DETRITI SOLARI, INCORPORATI NELL’UOVO LUMINOSO DEL PIANETA TERRA, DANNO ALLE FORME DI VITA DEL PIANETA LA PECULIARE TENDENZA ALL’INERZIA, E ALLO STESSO TEMPO DANNO IL POTENZIALE DI DIVENTARE UNA SORGENTE RADIANTE DI LUCE. LA SOMMA TOTALE DI QUESTI DETRITI E’ CONSIDERATA COME LUCIFERO, IL PORTATORE DI LUCE.

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Tornando ad esaminare la resistenza, vediamo che sebbene i gioielli oscuri non sono in sé malefici, o cattivi, tutte le forme di resistenza sono essenzialmente espressione di separatività e, quindi, se si tratta in modo improprio, produrrà inevitabilmente una sorta di male. Questo è un punto da comprendere nella nostra considerazione del fissare le ombre, perché se ci identifichiamo solamente con la resistenza, è ovvio che una tale resistenza sarà fuori luogo, in quanto non è considerata nel contesto più grande, di cui dovrebbe essere parte integrante. Per chiarire questo punto, dobbiamo ancora una volta guardare l'esempio della discriminazione. Se non fossimo stati in grado di distinguere tra giorno e notte, luce e buio, estate e inverno, maschio e femmina, positivo e negativo, credito e debito, e così via, l'umanità non sarebbe mai stata in grado di sviluppare la mente razionale, e senza le qualità separative della mente razionale, non ci sarebbe la matematica, nessuna scienza e nessuna tecnologia, e per lo stesso motivo non ci sarebbe la religione, l'istruzione o anche la politica. Di conseguenza, il mondo sarebbe un caotico pasticcio e gli esseri umani sarebbero ancora degli animali che vivono solo per istinto. Eppure, come possiamo vedere chiaramente nel mondo che ci circonda, anche se la facoltà di discriminare è di vitale importanza per l'evoluzione della consapevolezza, non possiamo permetterci di usarla fuori contesto, perché se lo facciamo, invece di discriminare tra ciò che per noi é "giusto" o "sbagliato", cominciamo a discriminare contro qualcosa o qualcuno, sulla base della separatività. Le persone prendono la discriminazione fuori contesto, proprio perché non hanno capito ciò che realmente è. Ne deriva che le persone vogliono che sia estate tutto l'anno, vogliono che il vento non soffi mai, vogliono che il sole splenda sempre, senza nuvole e pioggia che rovinano il divertimento e, soprattutto, vogliono che tutti abbiano lo stesso colore, la stessa cultura, la stessa lingua e la stessa religione. In breve, avendo imparato a discriminare contro, piuttosto che discriminare tra, le persone comuni professano di lottare per l'uguaglianza, ma nei fatti sono così tanto separativi e discriminanti, che non c'è nessuna vera uguaglianza nel mondo. Invece, c'è divisione e odio, sospetto e paura e, in generale, una costante tendenza verso una sterile uniformità, in cui sta diventando sempre più difficile capire chi è maschio o femmina, ciò che ha vero valore e ciò che non ha nessun valore, ciò che è "giusto" e ciò che è "sbagliato" e, soprattutto, ciò che è legge universale e ciò che è legge fatta dall'uomo. La resistenza, come la discriminazione, deve essere vista e praticata nel suo contesto, se vogliamo evitare di usarla in modo distruttivo. Chiunque si allinei con la resistenza, volente o nolente, diventa inevitabilmente un ribelle antisociale, che neanche capisce perché si vuole ribellare, e nemmeno gli è chiaro contro chi si ribella. Per cui identificarsi con la resistenza di un albero è del tutto stupido, non ha importanza il motivo per cui lo si fa, perché in ultima analisi, tutte le persone sono esseri umani e non alberi, e così, qual’è il senso nel tentare di resistere alla vita nei termini di un albero? Anche se questo può sembrare semplice e comprensibile se visto in questa luce, rendetevi conto che nel Sentiero della Grande Avventura il fascino del potere è così forte, che coloro che percorrono questa strada diventano volentieri sempre più separativi. Inoltre vogliono identificarsi con qualsiasi cosa e chiunque, purché possano accedere ad abilità che li elevano al di sopra dei loro simili e delle altre creature. Così come la via con un cuore domina la Via della Libertà, allo stesso modo l'avidità di potere domina il Sentiero della Grande Avventura. Di conseguenza, la Via della Libertà produce le qualità di accoglienza, inclusione e umiltà attraverso il corretto uso della discriminazione, mentre il percorso della Grande Avventura produce le qualità di separatività ed egoismo attraverso l'abuso della discriminazione. A questo proposito è utile notare che l'egoismo è un altro dei gioielli oscuri, e l'avidità è la manifestazione più comune di questo gioiello. La 99


discriminazione, d'altra parte, è un gioiello luminoso, e siccome abbiamo visto che si può abusare anche di un gioiello di luce, non dovrebbe essere difficile valutare quanto possono essere pericolosi i gioielli oscuri, che per loro natura tentano il praticante e lo incoraggiano all’abuso. Questo ci porta alla dovuta considerazione della vera natura e dello scopo della resistenza, perché senza la corretta comprensione di questo aspetto della consapevolezza, non possiamo capire cosa comporta il pettinare le ombre. Partirei dall’esempio di una delle sue manifestazioni più comuni, vale a dire la forza di attrito. Tenete conto che se non ci fosse attrito, non saremmo in grado di camminare, di guidare una macchina o di condurre una barca, neanche saremmo in grado di mantenere un mobile ancorato in un punto senza doverlo fissare in qualche modo al pavimento. L'uomo dà così per scontata la forza di attrito che non ne riconosce l’enorme portata in campo universale a tutti i livelli. Tecnicamente, la forza di attrito è solo una delle tante manifestazioni della resistenza, mentre la resistenza in sé, come abbiamo già visto, è una delle undici diverse espressioni di quella forza universale nota come inerzia - un aspetto più antico della consapevolezza solare. La resistenza esiste a tutti i livelli nell'universo manifesto e senza resistenza l'evoluzione della consapevolezza non sarebbe possibile, per la semplice ragione che anche il dispiegarsi della consapevolezza dipende interamente da attriti di ogni tipo. Per esempio, se non avessimo delle sfide nella nostra vita, non avremmo mai delle opportunità per reclamare il nostro potere. Allo stesso modo, se non affrontassimo dei conflitti, non impareremmo mai a discernere o discriminare. Pertanto l'intero processo della resistenza è centrale in quella legge universale nota come Armonia attraverso il Conflitto, perché dove non c'è conflitto non ci può essere nessuna resistenza, nessun attrito, e in assenza di resistenza non ci sarebbe alcuna necessità di discriminare, e quindi non si potrebbe mai ottenere l'armonia, dal momento che l'universo manifesto rimarrebbe in uno stato indifferenziato di caos. Non ci occupiamo qui di altre forme di vita diverse dall'essere umano, e per rendere questo concetto più semplice possibile ci limitiamo a considerare solo la resistenza alla consapevolezza umana. A questo proposito il lettore attento si ricorderà che i Toltechi definiscono tutto l'universo manifesto in termini di intelligenza, che presuppone l’esistenza della consapevolezza e l'evoluzione di questa consapevolezza. Pertanto anche le piante e i minerali utilizzano la resistenza al fine di sviluppare la loro consapevolezza, ma per gli scopi di questo libro è impossibile fare una digressione sull'evoluzione della consapevolezza, come si verifica negli altri regni della natura, diversi da quella umana. Lo si accenna qui, solo per ricordare al lettore che deve coltivare l'abitudine a pensare in termini di inclusività e d'interrelazione della vita, se desidera padroneggiare gli insegnamenti più avanzati sulla Via del Guerriero. Tecnicamente, tutti i gioielli della consapevolezza, cioè, i gioielli di luce, i gioielli oscuri, che sono talvolta indicati come i gioielli nascosti, così come quei particolari gioielli chiamati i gioielli proibiti, hanno un comportamento molto simile a quello degli atomi, nel senso che proprio come gli atomi sono ioni instabili che si combinano con altri atomi per formare molecole, anche tutti gli aspetti di ioni instabili della consapevolezza si combinano con altri atomi per formare molecole di consapevolezza. Inoltre, queste molecole di consapevolezza possono essere cristallizzate in schemi di pensiero rigidi, o essere mantenute nel loro stato d'essere naturalmente fluido, in cui gli atomi di consapevolezza si toccano continuamente con altri atomi in modo fantastico e caleidoscopico. Ogni volta che un atomo di consapevolezza tocca i bordi di un altro atomo, i due atomi interessati si legano temporaneamente per formare ciò che può essere definita una molecola di percezione, che nella mente del veggente crea l'impatto visivo di bolle di percezione. Pertanto, nel caso di una persona che ha una struttura di consapevolezza non fluida, ma cristallizzata, queste bolle di percezione sono così compresse che quasi non vi è alcun movimento nella consapevolezza di quella persona, e ogni piccolo movimento che c'è, è così lento da essere praticamente impercettibile. D'altra parte, più la persona diventa fluida, più liberamente e rapidamente si muovono queste bolle percezione, in modo che nel vero fluido guerriero, la consapevolezza assomiglia a una fontana di effervescenza, in contrapposizione al "solido" cristallo della consapevolezza dell'uomo comune. 100


Dopo aver visto questo contesto, possiamo comprendere meglio cosa si intende per riflessione, assorbimento e resistenza. Tuttavia, quando si parla in termini di consapevolezza, la luce è sinonimo di percezione, e quindi quando una persona riflette la luce, significa che sta riflettendo la percezione. Ora, da un punto di vista puramente logico, sembra che questo abbia molto senso, tranne che ancora non sappiamo bene cosa significa riflettere, assorbire o resistere alla percezione. Per comprendere tutto questo con chiarezza, diamo un'occhiata ad alcuni semplici esempi. Prima di tutto, consideriamo un uomo che si sente minacciato dalle parole o dalle azioni di un altro. Normalmente, le persone che si sentono minacciate sentono anche il bisogno di proteggersi, sia diventando molto loquaci nel tentativo di giustificare verbalmente le loro azioni, o anche diventando aggressive al punto di volersi avvicinare fisicamente alla persona che percepiscono minacciosa. La linea di fondo di tale comportamento è inevitabilmente una qualche forma di insicurezza. Ora, quando un uomo, che chiamiamo John, si sente insicuro di sé, interagisce con un'altra persona, che chiameremo Peter, il senso di insicurezza di John sarà riflesso, assorbito o resistito da parte di Peter, a seconda del livello di percezione di Peter. Se anche Peter è insicuro di se stesso, egli rifletterà l'insicurezza di John, il che significa che egli si comporterà nei confronti John in modo da giustificare le sue azioni, o in alternativa diventare aggressivo nei confronti di John. In entrambi i casi, però, John inizierà ad arrabbiarsi, o perché le giustificazioni di Peter lo irritano e lo fanno sentire sbagliato, o perché Peter sta diventando aggressivo verso di lui senza nessuna ragione apparente. In questo caso, sia John che Peter stanno riflettendo la reciproca percezione e, naturalmente, stanno manifestando il concetto degli specchi. Tuttavia, se Peter é una persona che crede di avere sempre ragione, allora si adopera per dimostrare subito la sua superiorità su John, ancora una volta verbalmente, fisicamente o in combinazione. Ora, a seconda di quanto sia convincente la forza di Peter, John si arrabbierà o si sentirà ancora più insicuro di sé, il risultato normale è che se la svigni come un animale punito. In questo caso particolare, Peter ha evidentemente resistito la percezione di John. D’altra parte, se, Peter non è così rigidamente fissato nella sua visione del mondo, avrà anche un livello più fluido di percezione e non reagirà così velocemente nell’interazione con John, ma valuterà con attenzione l'interazione nei termini della sua conoscenza. In questo caso Peter starà assorbendo la percezione di John, in modo da assimilarla e digerirla secondo il suo livello di percezione. Da questi semplici esempi, ora dovrebbe essere chiaro cosa si intende per riflettere, resistere o assorbire la percezione, ma in tutti e tre i casi stiamo considerando varie forme di resistenza, perché anche l'assorbimento è una caratteristica della resistenza. In generale, per un apprendista non è difficile capire perché sia riflettere che resistere la percezione sono classificati come resistenza, ma é un po’ più difficile capire come l'assorbimento può essere una caratteristica della resistenza. La chiave sta nel fatto che ogni volta che avviene l'assorbimento, si attiva il gioiello della discriminazione o discernimento, ma siccome la discriminazione è per natura separativa, l'atto di assorbimento ha sempre la qualità della separatività. In altre parole, anche se Peter è un guerriero fluido che non pratica alcuna forma di separatività, non può assorbire indiscriminatamente la sua interazione con John. Peter deve ancora discriminare tra la propria conoscenza e la conoscenza di John. Pertanto, indipendentemente da quanto Peter sia impeccabile, e anche se in cuor suo sa di essere una unità della vita una, proprio come anche John è una unità di questa stessa vita, egli non può evitare l'atto di discriminare. L'unica cosa che Peter può evitare è quello di abusare della discriminazione discriminando contro John. Alla fine, non importa quanto sia vitale la discriminazione, in essenza rimane separativa. Questo è il modo in cui il potere ha sistemato le cose, e quindi anche il guerriero più impeccabile e inclusivo non può evitare di impiegare la resistenza se deve discriminare saggiamente nell’atto di assorbire.

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Ho deliberatamente trattato la resistenza nel modo più semplice possibile, ma il lettore deve capire che se vuole avere successo sulla Via del Guerriero è importante cogliere ogni bit di insegnamento ed esplorare ogni sua implicazione, così come ogni sua sfumatura. Nessun nagual potrà mai impartire gli insegnamenti nella loro interezza, per la semplice ragione che una vita è troppo breve per verbalizzare tutto. Di conseguenza, un nagual impartisce solo l’insegnamento sufficiente di un determinato concetto, per permettere all'apprendista di mettere in pratica questo aspetto degli insegnamenti; quindi l’apprendista, attraverso la sua esperienza personale, riempirà da sé i vuoti lasciati con tutti i dettagli omessi, che a verbalizzarli ci vorrebbe una quantità eccessiva di tempo. Il lettore dovrebbe tenere a mente in ogni momento l'aforisma che segue. UN APPRENDISTA PUO’ ACCUMULARE PIU’ CONOSCENZA IN POCHI MINUTI DI ESPERIENZA PERSONALE CHE DA UNA MONTAGNA DI INFORMAZIONI RICEVUTA IN MOLTE SETTIMANE. Nonostante ciò, i lettori non devono pensare che ora sto prendendo scorciatoie negli insegnamenti. Continuerò a impartire insegnamenti in ogni libro per quanto è umanamente possibile fare, ma farei un torto al lettore se non sottolineassi che l'onere di mettere diligentemente in pratica gli insegnamenti è completamente a carico di ogni apprendista, perché solo attraverso l'esperienza personale è possibile conoscere la piena portata degli insegnamenti. Rendetevi conto che non importa quanti libri scriverò fino al giorno in cui morirò, non sarò in grado di esaurire l'intera gamma degli insegnamenti toltechi, solo la vostra esperienza potrà farlo. Se questa vi sembra un’esagerazione, prendetevi una pausa per considerare quanto abbiamo imparato finora sul solo gioiello oscuro della resistenza. Ricordate che abbiamo considerato la resistenza solo in termini di consapevolezza umana, e anche in questo ho volutamente solo sfiorato la superficie per motivi di chiarezza. Ora, che dire di tutti gli altri gioielli, che ce ne sono altri trentanove? E per quanto riguarda l'interazione tra un gioiello e un altro? Eppure in tutto questo, non abbiamo ancora neanche parlato delle dieci dimensioni, né abbiamo accennato all'interazione tra le dimensioni e i gioielli, per non parlare di considerare tutto questo in termini di MEST (Materia-Energia-Spazio-Tempo). Spero che questo esempio mostri chiaramente l'estensione degli insegnamenti Toltechi, e perché è così importante che ogni apprendista impari, attraverso l'esperienza personale, il più possibile da se stesso o da se stessa.

Questo chiarisce il significato della resistenza, ma sottolinea anche quanto sia interattivo e interdipendente ogni aspetto della consapevolezza. Inoltre, è ora più comprensibile perché i Toltechi definiscono ombra il prodotto della resistenza. LA RESISTENZA E’ FONDAMENTALE NELL’ATTO DELLA PERCEZIONE, COSI’ COME L’ATTRITO E’ FONDAMENTALE PER IL MOVIMENTO. SENZA LA RESISTENZA, LA PERCEZIONE SAREBBE UN ESERCIZIO SENZA SENSO E L’ESPERIENZA SAREBBE UN VUOTO DI CONOSCENZA. 102


In ultima analisi, tutte le ombre sono ciò che chiamiamo difetti, perché non importa quali siano i nostri difetti, ognuno è il risultato della resistenza entrata in gioco in una forma o nell'altra. In altre parole, i nostri difetti nascono ogni volta che riflettiamo, resistiamo o assorbiamo la percezione. Inoltre, i nostri difetti sono il nostro potenziale non realizzato, e naturalmente questo implica che le nostre ombre hanno in sé un potenziale che è nostro dovere esplorare, perché sono il nostro passaggio verso il potere e anche il nostro biglietto per la libertà. Le nostre ombre hanno il loro potenziale, ma anche le ombre di ogni altra persona e essere vivente, perciò il guerriero addestrato, anche se non è un veggente, è in grado di leggere queste ombre come se fosse un libro aperto. Quindi, non è difficile vedere che pettinare le ombre significa "leggere" i difetti di noi stessi o di un'altra persona. Però, una tale "lettura" implica la percezione, e dal momento che ogni percezione significativa dipende dall'uso corretto della resistenza, pettinare le ombre è tecnicamente definito come uno stato di distacco provocato dalla resistenza positiva. Ora dovrebbe essere più chiaro perché all'inizio di questo capitolo ho cercato di trasmettere al lettore che quando un guerriero si ritira da una battaglia in corso, non sta scappando, né cedendo le armi. Ogni tale ritirata è solo l'apparenza esteriore del guerriero che ha adottato uno stato di distacco provocato dalla resistenza positiva. Il termine "resistenza positiva" si usa per indicare l'aspetto assorbente della resistenza, a differenza della resistenza negativa che si riferisce all’aspetto resistente, e della resistenza neutra che riguarda l'aspetto riflettente. Pertanto, anche se il guerriero si è staccato dalla situazione sotto mano, egli è completamente assorbente, il che significa che è ben consapevole anche del più piccolo dettaglio di tutto ciò che sta avvenendo. Sebbene il guerriero impeccabile sia sempre pienamente consapevole, l'atto di pettinare le ombre è comunque un livello di consapevolezza che trascende la normale consapevolezza, e quindi la percezione è più acuta rispetto a quella della normale consapevolezza. In generale, l'uomo comune salterà in questo tipo di consapevolezza solo quando è seriamente minacciata la sua sopravvivenza fisica, e anche allora è raro che egli sia in grado di staccarsi dalla situazione in modo da non rimanere invischiato nella paura o nel panico. Il guerriero, d'altro canto, può e deve staccarsi completamente da ogni aspetto della situazione, comprese le proprie emozioni, in modo da poter vedere la situazione come un testimone oggettivo, e di conseguenza è in grado di percepire minuzie che altrimenti sarebbero state impercettibili. Per renderne più agevole la comprensione ricorriamo ad un esempio tipico nella vita di una persona comune. Prendiamo un uomo di nome Allan che viene rimproverato dal datore di lavoro con la motivazione che Allan è incompetente nel suo lavoro. Ogni volta che si trova di fronte ad una tale situazione, la maggior parte delle persone ricorre ad una delle due reazioni fondamentali. La prima è che Allan é colto alla sprovvista, e nel qual caso è probabile che inizi ad andare in panico. Tuttavia, nel sentirsi in panico, Allan non ascolta correttamente il datore di lavoro, perché o lo interrompe continuamente, tutto preso nel desiderio di giustificare le sue azioni, altrimenti é così preso nel pensare alle giustificazioni che presenterà, che continua a non ascoltare correttamente. La seconda è che, essendo stato convocato nell'ufficio del datore di lavoro, Allan potrebbe sospettare che sta per essere licenziato, nel qual caso camminerebbe verso l’ufficio del capo con la mente piena di ogni sorta di ipotesi, assieme ad una miscela di emozioni incontrollate, portando con sé il sospetto e la confusione. Essendo in tale stato, Allan non ascolterà correttamente il suo capo, e le sue idee preconcette assieme alle emozioni incontrollate coloreranno il confronto in modo tale che da non consentire ad Allan alcun grado di vera sobrietà. In entrambi i casi la linea di fondo è che Allan reagisce al confronto con una ridotta capacità di ascoltare e, di conseguenza, sente solo ciò che vuole sentire o, più precisamente, egli percepisce le cose che gli dice il capo nei termini della sua visione del mondo del momento, piuttosto che ciò che il suo datore di lavoro intende comunicargli. A questo proposito, il lettore deve prendere nota del modo in cui la parola "sentire" viene usata in questo particolare contesto. I Toltechi non limitano l'atto di sentire solo al senso dell'udito, ma lo definiscono come la capacità di percepire con ogni fibra dell'essere luminoso. In altre parole, il guerriero è più interessato al suono, che è 103


connesso con la fisicità, piuttosto che alle parole o altri effetti audio, perché il suono è la base stessa del sentimento, e nel seguire il suo cuore, il guerriero sceglie di sentire il mondo con ogni parte del suo essere, inclusi i sensi fisici. Non sentendo veramente il suo datore di lavoro, Allan non presta neanche attenzione ai suoi sentimenti sulla situazione, ma é completamente coinvolto nel tentativo di convincere il capo che in realtà egli è un impiegato competente, oppure sta già pensando a cosa farà dopo che é licenziato. Comunque, a prescindere da quale sarà la reazione di Alan, resta il fatto che egli ha permesso a se stesso di sottomettersi alla situazione e in ciò sta già ammettendo la sua sconfitta. Se cerca di convincere il suo capo di non licenziarlo, Allan in effetti lo sta implorando di dargli un'altra possibilità, il che è come ammettere che forse non ha fatto del suo meglio. Se, d'altra parte, ha già ammesso che sta per essere licenziato, è probabile che Allan non ascolti nemmeno, ma tiene la mente occupata pensando dove troverà un altro lavoro, che equivale a stabilirne le modalità per poter fuggire rapidamente dalla sua attuale sfida. Se Allan fosse stato un guerriero, avrebbe approcciato il confronto col capo come una sfida in cui, al valore apparente, le probabilità di successo erano scarse. In altre parole, essendo un impeccabile guerriero, Allan sa per certo di non essere incompetente nel suo lavoro, ma se è stato accusato di questo, allora vuol dire che il datore di lavoro gli sta trasmettendo la sua percezione del lavoro di Allan, nel contesto della percezione del mondo del datore di lavoro. Chiaramente, in una tale situazione, al guerriero non conviene affrontare la sfida in modo incompatibile con la visione del mondo dell’avversario, almeno temporaneamente, perché il suo avversario sta affilando le armi partendo dal suo supposto vantaggio. In una tale situazione il guerriero immediatamente si rilassa nel pettinare le ombre. Da notare che dico “si rilassa nel”, il che implica che il guerriero sta entrando in un’azione che gli permetterà di ottenere vantaggio sul suo avversario, e quindi non c'è bisogno di preoccuparsi. Naturalmente, questo è diverso dal rilassarsi nel senso di non avere nulla da fare. Rilassandosi nel pettinare le ombre, il guerriero é completamente assorbito in una superba manovra di agguato - una manovra così straordinariamente potente, eppure così sottile, che nessun avversario si rende conto di cosa sta facendo il guerriero, fino a che non si ritrova improvvisamente la punta della spada del guerriero sul proprio petto. Colto di sorpresa in una sconcertante altalena di potere, qualsiasi avversario capitolerà in totale confusione, oppure entrerà in una folle corsa di giustificazioni che, inevitabilmente, rivelano le debolezze del suo ragionamento. In entrambi i casi è sempre l'avversario del guerriero che finisce per ammettere la sconfitta, o per scavarsi la fossa da solo nel frenetico tentativo di giustificarsi. E comunque, l'unica cosa che il guerriero fa nel pettinare le ombre è quello di aprirsi a quei piccoli dettagli che rivelano il potenziale inerente ai difetti del suo avversario. Qui è importante ricordare che finché non abbiamo trasmutato i nostri difetti, essi costituiscono punti deboli che ci rendono estremamente vulnerabili al mondo esterno. Ciò è particolarmente evidente quando un'altra persona deliberatamente o involontariamente innesca in qualche modo i nostri difetti, che è come se spingesse i nostri bottoni critici. Pertanto, nel pettinare le ombre, il guerriero sta prendendo nota del comportamento dell’avversario, perché tale comportamento rivela le carenze di quella persona, e anche ogni sfumatura di queste carenze. Inoltre, siccome il guerriero è obiettivo nel suo senso di distacco, egli percepisce le carenze del suo avversario, sullo sfondo di ciò che per il suo avversario è l'ignoto dentro di sé. Come risultato, il guerriero può sempre vedere chiaramente come manipolare le carenze del suo avversario in modo da cogliere l’avversario alla sprovvista e sconvolgerne l'equilibrio. Questo è implicito nell’aforisma all'inizio di questo capitolo, ossia, per il guerriero esperto, le ombre sono il legame tra il noto e l'ignoto - una specie di porta attraverso la quale l'ignoto può essere visto nel contesto del conosciuto. In altre parole, confrontando le carenze dell’avversario, sullo sfondo di ciò che il suo avversario realmente conosce e capisce di se stesso, il guerriero può immediatamente vedere la debolezza del suo avversario per quanto riguarda il suo potenziale non realizzato. Dopo aver 104


valutato l'ignoto a confronto col conosciuto dell’avversario, al guerriero non rimane che affrontarlo nelle proprie debolezze, e il suo avversario è costretto a capitolare o a scavarsi la fossa. Inoltre, poiché l'ignoto ispira sempre un senso di paura nella persona interessata, l'avversario del guerriero si sentirà molto insicuro nel confrontarsi in questo modo. Come risultato, l’avversario oscillerà fra il sentimento di fiducia nella sua apparente vittoria e il sentimento di panico che lo costringe a cercare una via di fuga. Per chiarire meglio questo punto, vediamo l'esempio di Allan. Il datore di lavoro di Allan, Errol, che gestisce una grande azienda all'ingrosso di abbigliamento, inizia il confronto lamentandosi del fatto che Allan sembra che passi un sacco di tempo ridendo e scherzando con i clienti, invece di assistere semplicemente in modo rapido e cortese. Nel suo discorso di apertura, Errol ha già rivelato la natura della sua lamentela, ma invece di contrastarlo immediatamente, Allan si rilassa nel pettinare le ombre, ammettendo che effettivamente gli piace ridere e scherzare, ma chiede a Errol di essere così gentile da chiarire meglio il suo punto di vista. Sentendosi agevolato da Allan, ora Errol si sente sicuro di poter mettere sul tavolo tutte le sue rimostranze, anche quelle che segretamente sa che sono infantili e meschine. Durante la lamentela di Errol, Allan ascolta e sente l’intensità, annuendo con la testa di tanto in tanto, come se fosse d'accordo con tutto ciò che Errol sta dicendo. Avendo la piena attenzione di Allan e la mancanza di resistenza, Errol comincia a rilassarsi e, così facendo, si apre sempre di più ad Allan, permettendo ad Allan di vedere un lato di lui che di solito tiene accuratamente nascosto. Allan ascolta attentamente ogni implicazione delle parole di Errol, il suono della voce, il linguaggio del corpo, e capisce che il vero problema sta nell’invidia di Errol per la sua apertura e mancanza di inibizione nei rapporti coi clienti, anche quelli difficili. Accertato questo, Allan inizia a pettinare le ombre per ogni cosa che possa essere messa in relazione con l’invidia di Errol, e quindi sente che, nonostante mostri disinvolta spavalderia, Errol è in realtà un uomo molto timido e introverso, che preferisce la relativa sicurezza del suo ufficio privato. Inoltre, percepisce che Errol stesso non è a consapevole della sua invidia per Allan, ma sceglie di vedere il comportamento amichevole di Allan come una perdita di tempo in inutili battute. Pertanto per Allan non è conveniente affrontare l’avversario direttamente nel suo problema, perché Errol lo negherebbe ed é probabile che si arrabbierebbe nel confrontarsi con la verità. Invece, Allan valuta Errol nei termini di ciò che Errol non sa di se stesso. Per comprendere come ciò avviene, ricordate che Allan può vedere come Errol nasconde la sua timidezza anche a se stesso, comportandosi in modo disinvolto. Le implicazioni di tale comportamento sono che Errol non solo si imbarazza facilmente, ma siccome é introverso, si spaventata anche facilmente ogni volta che si espone. Questo è quanto Errol conosce di se stesso, ma ciò che non sa è che tutto questo deriva dal fatto che egli crede di non avere nulla di valore da offrire. Come risultato di questa paura repressa, Errol è raramente aperto e cordiale con gli altri, preferendo rimanere in disparte, e mantenendo le persone a distanza, spera che nessuno si avvicinarsi abbastanza da notare che non è l'uomo che vorrebbe essere. Pertanto, dando l'impressione di essere un uomo molto forte, Errol riesce a nascondere anche a se stesso la sua paura più profonda, ma così facendo, si rende vulnerabile. Vedendo dove Errol è vulnerabile, Allan deve solo portare Errol faccia a faccia con quella paura, per fargli perdere l’equilibrio. A questo proposito, Allan in passato si era spesso chiesto perché Errol sembrasse così ansioso di evitare il contatto coi clienti e pronto ad indirizzarli ad Allan, ma sempre con gentilezza per dare il miglior servizio possibile. A causa di questo comportamento, Errol ha sempre dato ai clienti l'impressione di essere messi nelle mani di una persona molto competente, garantendo così ai clienti l'attenzione e la cura che meritano. Ora, è chiaro ad Allan che questo spettacolo di gentilezza e di preoccupazione è per Errol l’unico modo per fuggire da ciò che percepisce come una pericolosa esposizione. Quando Errol ha finito di parlare, Allan gli sorride, e poi porta Errol faccia a faccia con la sua paura, chiedendo "ingenuamente" ad Errol di lavorare con lui nei prossimi giorni con la clientela, in modo che possa imparare dall’esempio di Errol. Improvvisamente terrorizzato, Errol inizia a 105


tirare fuori ogni sorta di scuse, dicendo che non ha il tempo per stragli vicino, e che Allan deve trovare da sé il modo per fare meglio il suo lavoro. Tuttavia, fingendo di essere senza altra risorsa, Allan risponde dicendo di essere confuso, perché ha sempre rispettato il fatto che Errol è molto occupato, e ha quindi sempre cercato di fare del suo meglio, cercando di non essere una seccatura per Errol. Preso alla sprovvista, Errol non ha altra scelta che essere d'accordo con Allan che, avendo recuperato terreno, rinfodera la spada chiedendo ad Errol se è insoddisfatto della sua prestazione in termini di volumi di vendite. Di nuovo colto alla sprovvista, Errol è costretto ad ammettere che le prestazioni di Allan sono buone, ma che è solo preoccupato per la reputazione della sua azienda, a causa dei modi scherzosi di Allan coi clienti. Questa volta Allan semplicemente sostiene lo sguardo, finché Errol diventa imbarazzato ed è costretto a distogliere lo sguardo; poi chiede ad Errol se ha ricevuto lamentele da parte dei clienti. Ammettendo apertamente ad Allan che non ci sono state lamentele, e sapendo in cuor suo che i clienti hanno sempre sottolineato il piacere di fare affari con Allan, Errol finalmente affronta la verità dentro di sé. Errol avvampa furiosamente e ordina ad Allan di uscire dal suo ufficio, mormorando che Allan deve ripensare a quello che gli ha detto il capo, ma dentro di sé, sa già che Allan lo ha sconfitto, rivelando la sua invidia per l’amichevolezza che non riesce ad avere. Allan nasconde un sorriso e prima di lasciare l'ufficio, educatamente riconosce ad Errol il suo ruolo di "guida". Durante il confronto con Errol, Allan rimane fermo nella sua conoscenza, e tuttavia non compromettere in alcun modo la sua carriera. Incontrando Errol nel bel mezzo della sua follia e non dimostrandogli apertamente che ha torto, guadagna il rispetto di Errol, anche se lo ha costretto a confrontarsi con la propria meschinità, nata dall’invidia. In tutto questo Allan ha dato ad Errol materiale su cui riflettere, e l'invidia di Errol per Allan sta già diventando ammirazione per il coraggio e la brillantezza di Allan. Tuttavia, rendetevi conto che l'unica cosa che Allan ha fatto è stato portare Errol faccia a faccia con la propria paura, e se Errol sarà abbastanza onesto da riconoscere ciò che è realmente accaduto, allora non solo riconoscerà ad Allan di averlo messo nel sacco, ma lo ringrazierà per averlo aiutato ad essere consapevole della propria paura nascosta. Se Errol è disposto ad affrontare la sua paura, otterrà una più profonda comprensione di se stesso, e quindi potrebbe comprendere il potenziale insito nella sua timidezza e introversione. Tuttavia, nel trattare con i guerrieri, è raro trovare una persona capace di riconoscere il servizio reso dal guerriero nell’avergli teso l’agguato in questo modo. Per lo più, dopo aver incontrato in questo modo il potere di un guerriero, le persone comuni archiviano l'intero incidente il più rapidamente possibile, e continuano la loro solita vita come se non fosse successo nulla. Nel considerare le implicazioni insite nel pettinare le ombre, mi corre l’obbligo di invitare alla cautela. Nell'esempio di Allan ed Errol, il lettore non deve presumere che pettinare le ombre sia così semplice o facile come sembra da questo particolare esempio. La semplicità degli esempi è solo per motivi di chiarezza, perché per la verità, non c'è niente di semplice nel modo contorto in cui opera la mente umana. Ci vuole tempo, pazienza e una notevole pratica per acquisire la capacità di pettinare le ombre. Non si deve mai dimenticare che non esistono due persone uguali e che non esistono due incidenti identici, non importa quanto possano sembrare simili. Pertanto, alla fine, l'arte dell’agguato rimane sempre una questione di avere competenza nella capacità di improvvisare in modo efficiente e professionale nel momento, e ovviamente questa non è un'abilità che si acquisisce dall'oggi al domani. Nelle mani del cacciatore esperto, pettinare le ombre è uno strumento così potente, così poco appariscente e così sottile che l'avversario del guerriero si ritroverà con la strana sensazione che il guerriero ha a sua disposizione una sorta di potere “soprannaturale”, qualunque siano le implicazioni di questa parola senza senso. Eppure, non c'è niente di soprannaturale nel pettinare le ombre, né il guerriero ha alcun potere che non sia alla portata di chiunque voglia dedicare tempo e sforzo necessario per padroneggiare l'arte dell’agguato. In conclusione, il lettore attento avrà notato che, a differenza dei primi quattro aspetti della regola dell’agguato, non ho affrontato questo quinto aspetto in relazione ai quattro postulati 106


dell’agguato. La ragione di questo è duplice. In primo luogo, come ho già spiegato in precedenza in questo libro, tutti e sette gli aspetti della regola dell’agguato possono essere applicati nel contesto di uno o più dei quattro postulati dell’agguato. A questo proposito non ci sono regole ferree su quale aspetto della regola dell’agguato deve essere applicato nel contesto di un certo postulato. In una determinata situazione, sapere quale aspetto della regola dell’agguato è rilevante, e sapere in quale postulato contestualizzarlo per una corretta applicazione, è un’abilità di discriminazione che si acquisisce solo con la continua pratica. Quindi, lavorando attraverso gli esempi relativi ai primi quattro aspetti della regola dello agguato, ho solo cercato di dare al lettore una visione di come funziona tutto questo, in modo che possa almeno iniziare a tentare di governare la regola dell’agguato in modo efficace. Più di questo non è possibile fare, perché solo la pratica darà al lettore una vera comprensione di come utilizzare la regola dell’agguato nel contesto dei quattro postulati dell’agguato. Il secondo motivo per cui ho omesso di spiegare il quinto aspetto nel contesto di un qualsiasi postulato, è stato per ragioni di semplicità. E 'importante sapere che le implicazioni insite nel quinto, sesto e settimo aspetto sono così vaste che, a seconda del contesto in cui devono essere applicate, invariabilmente si estendono su due o anche tutti e quattro i postulati. Per quanto riguarda il quinto aspetto, questo è evidente se si nota che riguarda quasi interamente l’azione, in opposizione alla reazione. L’azione appartiene al Nord, così come non reagire nel solito modo abitudinario è un non-fare che appartiene al Nord. Quindi non c'è dubbio che questo aspetto particolare deve essere considerato nel contesto del secondo postulato. Tuttavia, considerando che l'intero scopo del pettinare le ombre è quello di raggiungere un livello di sobrietà, che normalmente non si realizza, è evidente che dobbiamo inquadrare il pettinare le ombre nei termini del primo postulato dell’agguato. Pertanto, nel guardare l'esempio di Allan e di Errol, vediamo che Allan è in condizioni di svantaggio nel confronto con la visione del mondo del suo datore di lavoro, e per questo deve cercare di utilizzare il quinto aspetto della regola. Questo, come sappiamo, significa esercitare il non-fare, nel senso di non reagire alla situazione prendendo le cose per il valore apparente, ed esercitare l'azione definita come pettinare le ombre. Se Allan vuole riuscire a non reagire, allora deve affrontare il confronto con Errol nei termini del primo postulato, perché solo in quei termini può prendere la situazione per un valore non apparente. Ma così facendo, Allan deve anche agire nei termini del pettinare le ombre - un atto che porta immediatamente in funzione il secondo postulato. Sebbene nel pettinare le ombre Allan raggiunga una chiarezza di visione che gli permette di guadagnare vantaggio su Errol, questa chiarezza è applicabile solo a quel confronto particolare. Domani, o dopodomani, Allan si troverà ancora una volta di fronte a una sfida simile con un'altra persona; per cui è necessario riconoscere la follia insita nello sperare di risolvere il mistero della condizione dell’essere, che ovviamente, lo getta a capofitto nel quarto postulato.

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CAPITOLO OTTO

OLTRE IL VELO DEL TEMPO

IL TEMPO E’ CIO’ CHE ESPRIME IL FATTORE INTELLIGENZA NEL QUADRUPLICE SCOPO DELL’INDICIBILE. CIO’ CHE PERCEPIAMO COME TEMPO E’ IN REALTA’ IL MOVIMENTO DELLA CONSAPEVOLEZZA INTRINSECA – LA VERA ESPRESSIONE DELL’INTENTO E DELLA MENTE DELL’INDICIBILE. QUINDI POSSIAMO GIUSTAMENTE CONSIDERARE IL TEMPO COME L’ESSENZA DI TUTTA LA CREAZIONE, E LE ALTRE TRE ESPRESSIONI DEL QUADRUPLICE SCOPO, MATERIA , ENERGIA E SPAZIO, COME IL RIFLESSO DELL’INDICIBILE NELL’ESSENZA DELLA CREAZIONE, IL TEMPO. PER CUI, NON ABBIAMO UN PUNTO DI RIFERIMENTO, SE NON RICONOSCIAMO IL TEMPO COME LA PRIMORDIALE ESSENZA DELL’UNIVERSO MANIFESTO – UN ESSENZA CHE E’ SACRA PER TUTTI, TRANNE CHE PER IL PROFANO.

Prima di considerare ciò che comporta il sesto aspetto della regola dell’agguato, vale a dire, un guerriero comprime sempre tempo, abbiamo bisogno di comprendere meglio la vera natura del tempo. Nei primi due volumi il tempo è stato definito come il prodotto del percepire il processo della vita; una buona definizione dal punto di vista del profano e per quelli che hanno occhi per vedere. Tuttavia, è importante che cerchiamo di capire, almeno in parte, la definizione tecnica del tempo data nell'aforisma d’apertura di questo capitolo. La vera natura del MEST (Materia-Energia-Spazio-Tempo) non è facile da capire con la mente razionale. E delle quattro espressioni del quadruplice scopo dell’indicibile, il tempo è l’espressione più astratta e difficile da afferrare. Allo stesso modo, cercare di verbalizzare la natura del MEST è l'impresa più frustrante per ogni Nagual, ma poiché l'uomo è costretto ad usare la parola parlata e scritta, non abbiamo altra scelta che tentare l'impossibile. Per cui chiedo al lettore di non prendere le parole seguenti per il valore apparente, ma di provare a cogliere l’essenza di ciò che non può essere messo in parole. Nel cercare di spiegare il tempo, sono costretto ad usare parole così limitanti e ridicolmente inadeguate che al massimo posso cercare di dare al lettore un senso, un sentire o un sentimento e poi sperare che il lettore faccia lo sforzo per fluire con quel sentimento fino all’essenza del tempo e possa tradurre quel sentimento in esperienza, perché solo quando si sperimenta direttamente la natura del tempo ci può essere un certo grado di comprensione del reale significato del tempo. Il tempo è nulla, eppure è tutto, proprio come lo spazio è vuoto, eppure pieno di capacità. Ciò che l'uomo misura con l’orologio non è il tempo, proprio come ciò che l'uomo percepisce come il vuoto tra due atomi, o il vuoto tra due pianeti, non è lo spazio. Tempo e spazio sono le due polarità che rendono possibile la manifestazione dell'universo, e di conseguenza sono entrambi espressioni della consapevolezza intrinseca, cioè la consapevolezza intrinseca nell’Indicibile. Pertanto il tempo e lo spazio sono specifici stati di consapevolezza, ciascuno dei quali è la polarità opposta dell'altro, e in questo senso sono inseparabili e interdipendenti, perché senza questa consapevolezza definita tempo non potrebbe esistere la consapevolezza dello spazio, e senza la consapevolezza definita spazio non potrebbe esistere alcuna consapevolezza del tempo.

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Matematicamente il termine "consapevolezza del tempo" significa "consapevolezza moltiplicata dal tempo" e il termine "consapevolezza dello spazio" significa "consapevolezza moltiplicato dallo spazio". E tuttavia, sia il tempo che lo spazio sono in sé degli stati di consapevolezza intrinseca, e quindi indipendentemente dal fatto che ci si riferisca alla "consapevolezza del tempo" o alla "consapevolezza dello spazio", entrambi i termini equivalgono a dire "consapevolezza della consapevolezza", "consapevolezza moltiplicata dalla consapevolezza” o più precisamente, "consapevolezza moltiplicata dalla consapevolezza intrinseca". Tuttavia, che cosa è questa consapevolezza che moltiplichiamo con la consapevolezza intrinseca? Nella breve panoramica della cosmologia in Il Grido dell’Aquila, abbiamo imparato che non ci sono due tipi di consapevolezza, cioè, la consapevolezza intrinseca e la consapevolezza in evoluzione, ma che entrambi i tipi di consapevolezza sono due polarità, un polo separativo, e l'altro inclusivo. Il polo che separa, è la mente, il principio pensante, mentre il polo che unisce, è l'intento, il principio del sentimento. Pertanto il tempo e lo spazio sono le due polarità della consapevolezza intrinseca, e in questo contesto lo spazio è espressione della mente, il principio pensante, che separa e quindi determina l'elemento che chiamiamo spazio; mentre il tempo, essendo l'espressione dell’intento, il principio del sentimento, è ciò che unisce e quindi determina l'elemento della progressione, cioè, l'inserimento sequenziale o progressivo dello sconosciuto nel conosciuto, ed è pertanto ciò che dà luogo al cosiddetto tempo. Eppure, con tempo e spazio, ci riferiamo a quella parte dell’Indicibile che chiamiamo Movimento. Vediamo allora, che il termine "consapevolezza moltiplicata dal tempo", in effetti significa "spazio moltiplicato dal tempo", e "consapevolezza moltiplicata dallo spazio" significa "tempo moltiplicato dallo spazio", che naturalmente sono la stessa cosa, mostrando che il tempo e lo spazio sono le due polarità della consapevolezza intrinseca, e anche che il prodotto di entrambe è identico, vale a dire, il Movimento, cioè, l’intelligenza attiva come è stata definita ne Il Grido dell’Aquila. Tuttavia, in termini profani, lo spazio è definito come il prodotto del percepire lo scopo della vita, mentre il tempo è definito come il prodotto del percepire il processo della vita. In altre parole, lo spazio ha a che fare con lo scopo della vita, mentre il tempo ha a che fare con il processo della vita. Ciò significa che lo spazio è una consapevolezza dello scopo dell’Indicibile, e il tempo è una consapevolezza del processo attraverso il quale lo scopo può e deve essere realizzato. Da questo è ovvio che il tempo non è solo espressione della volontà di manifestare, ma è anche un'espressione dell’intento, e poiché l'intento è la sola e unica forza presente in tutto l'universo manifesto, e poiché l’universo manifesto è di per sé il prodotto dell’intento, (Secondo Volume), diventa chiaro il perché i Toltechi considerano il tempo come l'essenza primordiale dell'universo manifesto. Pertanto, anche se tempo e spazio sono le polarità della consapevolezza intrinseca, il tempo precede comunque lo spazio. Questo non è facile da capire, ma è utile pensare in questo modo. Rendetevi conto che fino a quando qualche-cosa, nel vuoto che segna l’Indicibile, si agita o si muove, non vi è nessuna-cosa che segna il vuoto, ma una volta che c'è movimento, ciò che segna il vuoto diventa percettibile. Pertanto, quando si implica l'elemento tempo, ovviamente si rende immediatamente percepibile il vuoto come spazio o, più precisamente, uno spazio. Vediamo quindi l'interdipendenza del tempo e dello spazio, e anche la loro interrelazione. Inoltre, come abbiamo già imparato ne Il Grido dell'Aquila, è a causa della cooperazione intelligente tra queste due polarità della consapevolezza intrinseca che la manifestazione e l'evoluzione della consapevolezza possono aver luogo. Infatti, è solo a causa della costante interazione tra queste due polarità che l'universo manifesto può esistere, perché nel momento in cui queste due polarità si fondono, l'interazione cessa, e quindi il Movimento non c’è più, questo significa che l’Indicibile è diventato nuovamente uno vuoto immobile. Questa interazione costante tra le due polarità della consapevolezza intrinseca, tra tempo e spazio, è la vera costante che è sfuggita al Dr. Albert Einstein nella sua teoria della relatività, e che ha cercato di definire in termini di velocità della luce. Di conseguenza dall'equazione del Dr. Einstein E = mc2, si vede che e / m = c2, cioè il rapporto fra l'energia e la materia è uguale al prodotto del tempo moltiplicato per lo spazio (c2), il che significa che quando i due poli della 109


consapevolezza intrinseca iniziano ad interagire, si crea la divisione della coscienza indifferenziata da parte della coscienza differenziata, (Il Grido dell'Aquila), ed è questa divisione della coscienza indifferenziata, che viene definita clustering o raggruppamento. Ma ricorda che l'energia è il prodotto del potere, e poiché il potere è il prodotto della percezione, vediamo che l'equazione e = mc2 si legge come energia (e, il prodotto del potere) = coscienza differenziata (m) moltiplicato per spazio moltiplicata per il tempo (c2, la costante d'interazione tra le due polarità della consapevolezza intrinseca). In ciò che ho scritto sopra, ho cercato di dare al lettore un sentimento di ciò che si intende per tempo, e anche della sua relazione con lo spazio, energia, materia e potere. Tuttavia, come ho già detto, ciò che ho detto qui è soltanto un sentire, e non dovrebbe essere preso per oro colato, perché se si prende questa spiegazione per il valore apparente, il lettore non verrà a capo di nulla, ma la percepirà come spazzatura, senza alcun senso. Se, d’altra parte, si prendono queste informazioni come aiuto per generare una sensazione su cosa s’intende per il tempo, ma anche MEST e potere, allora la sensazione guiderà il lettore in qualche esperienza. Ribadisco ancora una volta che l'esperienza diretta di prima mano è la sola e reale conoscenza. Il lettore avrà notato quanto ci siamo spostati verso l'ignoto nel considerare il tempo, come sempre quando si ha a che fare con l'ignoto, la mente razionale non serve a niente. Noi possiamo trattare direttamente con l'ignoto solo nel contesto della consapevolezza del lato sinistro, ma finché il lettore non entra ed esce a volontà nella consapevolezza del lato sinistro, il modo migliore di procedere è quello di cercare e osservare tutte le sensazioni che emergono durante l'esperienza. Le informazioni non potranno mai sostituire l'esperienza personale diretta, ma le informazioni, se sapientemente utilizzate, permettono di ottenere almeno una vaga idea di che tipo di sensazione si sta cercando all'interno di ogni esperienza. Quando uno ha una qualche idea su cosa sta cercando, allora può cogliere la sensazione rilevante che emerge nell’esperienza, ed è questo sentimento che è la manifestazione della consapevolezza del lato sinistro. In un primo momento tali sentimenti non illuminano granché, ma se si notano e si aggiungono altre sensazioni simili, allora gradualmente si comincia a formare un quadro molto reale, un quadro che in un primo momento è nebuloso, ma che progressivamente tende a solidificare in sostanza che può essere colta dalla mente razionale. A questo proposito si auspica che le informazioni qui impartite diano al lettore almeno un’indicazione sul tipo di sensazioni che sorgono durante le esperienze di vita quotidiana, in modo che portino a una migliore comprensione di ciò che si intende non solo per il tempo, ma anche il MEST in generale, e di come il potere si inserisce in questo grande schema. Dopo aver visto che il tempo è l'essenza primordiale dell'universo manifesto, e che in questo contesto è anche espressione dell’intento, è più semplice capire perché i Toltechi considerano sacro il tempo. In ultima analisi, nulla può essere creato in mancanza dell'essenza primordiale, ed è solo a causa della sostanza primordiale che la creazione diventa un'opzione praticabile. In altre parole, tutta la creazione dipende sia dall'esistenza e dall'uso del tempo. Ma tenete anche conto che ciò che l'uomo capisce del tempo è solo la comprensione dell'uomo di come il tempo si manifesta sul piano fisico. Quando l'uomo coglie le più profonde implicazioni del calcolo, si rende conto che può capire queste implicazioni solo attraverso la scienza dimenticata della numerologia, vedremo che entra in scena un nuovo tipo di matematica - una forma di matematica che avrà peculiari connotazioni psicologiche, e che quindi terrà conto dell'interrelazione della vita e della necessità di includere l'elemento tempo in di tutte le equazioni matematiche. A causa dell'elemento tempo, noi non viviamo in un universo assoluto. L'intero universo è relativo al tempo, relativo all’intento dell’Indicibile, e quando lo si comprende per quello che significa veramente, la scienza si renderà conto che l'universo manifesto ha una qualità emotiva che non può essere ignorata. Così come l'emozione è espressione dell’intento sul piano fisico, così il tempo universale è espressione dell’intento nell'universo manifesto, di cui l'universo fisico visibile è solo una piccola parte. Pertanto, per quanto possa sembrare strano, il tempo è l'espressione primordiale di ciò che può essere definita emozione universale. Il tempo è letteralmente l’emozione dell'Indicibile, qualunque cosa significhi o implichi, perché dal nostro punto di vista umano, 110


conosciamo così poco di noi stessi, che è veramente un azzardo anche solo provare ad indovinare quali sono le emozioni dell’Indicibile. Oggi i Toltechi sanno che il tempo non è solo una parte della quarta dimensione, ma che è anche la natura della pura emozione. Eppure, quest’emozione si estende nell'eternità ed è quindi così incomprensibile nella sua vastità che possiamo solo ottenere qualche indizio di essa attraverso i millenni della storia. Gli studiosi Toltechi hanno lavorato assiduamente per un numero incalcolabile di secoli, aggiungendo ad ogni generazione il loro lavoro a quello dei loro predecessori, in modo che lentamente, molto lentamente, i cicli universali del tempo sono diventati visibili – manifestando inequivocabilmente che ogni ciclo é espressione di una specifica vibrazione emotiva. Di conseguenza, noi oggi sappiamo che non ci sono coincidenze o incidenti, ma che ogni cosa nella storia è il risultato di ciò che può legittimamente essere indicato come tempo o, più precisamente, il risultato dell’intento universale che si manifesta prima come potere e poi come energia carica di impeto emozionale. Pertanto, per il guerriero tolteco, la gestione impeccabile del tempo è di fondamentale importanza. Nessun vero guerriero può considerare il tempo come qualcosa che può essere sprecato con noncuranza in ogni sorta di banalità o di meschinità. Per il guerriero è impensabile sprecare tempo, in qualsiasi modo, perché equivale a sprecare un’occasione per partecipare ai lavori in corso della creazione universale. Di conseguenza, per il vero guerriero, la vita sulla terra non ha vero significato se la si impiega solamente per l'acquisizione di un buon lavoro, una macchina, una casa, una famiglia e un sacco di soldi in banca. Per il guerriero, la vita sulla terra ha un vero significato quando la impiega per lasciare il suo segno nell'universo, di cui esso stesso è creatore e creatura. Ovviamente l'unico modo in cui il guerriero può farlo, è nel contesto del tempo, e il modo per gestire il tempo in modo efficiente è quello di prendere il pieno controllo della sua consapevolezza, perché, come sappiamo dall’equazione del tempo data nei volumi uno e due, il tempo è inversamente proporzionale alla consapevolezza. Siccome il tempo è espressione dell’intento universale, non possiamo manipolarlo in alcun modo. Tuttavia, poiché è inversamente proporzionale alla consapevolezza, possiamo, per modo di dire, manipolare il tempo manipolando la nostra consapevolezza. In altre parole, anche se non possiamo influire sul tempo nel vero senso della parola, possiamo comunque variare la nostra percezione del tempo, sia accelerandola che rallentandola. Tuttavia, tale modifica della velocità è solo nel regno della percezione, e non nel regno della manifestazione fisica in quanto tale. Così, essendo in grado di regolare la velocità del tempo nel regno della percezione, il guerriero riesce ad eseguire le imprese più incredibili, che dal punto di vista l'uomo comune possono sembrare anche miracolose. Per chiarire cosa s’intende per accelerare o rallentare il tempo, vediamo brevemente l'esempio del veggente tolteco. L'arte del veggente risiede nella capacità di allineare la propria percezione in modo preciso con quella della persona che sta vedendo, così che la consapevolezza del veggente si fonde temporaneamente con la consapevolezza dell’altra persona. Tale fusione di consapevolezza è in essenza una completa identificazione con il soggetto, in modo che a tutti gli effetti il veggente diventa temporaneamente l'altra persona. Nel momento in cui avviene l'identificazione, il veggente regola rapidamente la sua percezione del tempo in modo da accelerarla o rallentarla, a seconda del suo scopo nel vedere. Se, per esempio, il veggente vuole vedere la ragione di un particolare comportamento dell'altra persona, il veggente accelera il tempo. E comunque, non è il tempo fisico che è stato accelerato, ma solo la percezione del tempo del veggente. Questo significa che attraverso la completa identificazione con l’altra persona, il veggente può guardare indietro lungo tutta la sequenza di percezioni all'interno di quella persona, che culminano nello schema di comportamento attuale. In altre parole, è come se il veggente andasse indietro nel tempo per pochi decimi di secondo, mentre in realtà non è andato da nessuna parte, ma ha portato il passato nel presente comprimendo il tempo nel regno della percezione, che in quanto tale non è vincolata da tempo o spazio. Ogni percezione,

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passata, presente e futura, è il risultato di un allineamento, e ogni allineamento è sempre presente all'interno del bozzolo luminoso. Altrimenti, se il veggente intende accertare i motivi di una persona, allora, dopo aver allineato quella persona farà rallentare il tempo della sua percezione. Questo rallentamento del tempo è molto simile al disegno accurato del momento presente, in modo tale che ogni più piccolo dettaglio ed ogni sfumatura, diventa percepibile. Assomiglia molto a rallentare a tal punto una pellicola cinematografica che si può visualizzare ogni singolo fotogramma. L'effetto di vedere così tanti dettagli è che ogni dettaglio ha una sua storia da raccontare, e mettendo insieme queste piccole storie, il veggente può vedere ciò che l'altra persona cerca di nascondere. In altre parole, rallentando il tempo, il veggente espande il tempo nel regno della percezione, così da poter visualizzare le intenzioni dell'altra persona come attraverso un microscopio. Queste osservazioni a proposito del veggente Tolteco, sono solo un aspetto della sua arte, perché le abilità del veggente non sono confinate agli esseri animati, ma comprendono anche oggetti inanimati e perciò anche il MEST in sé. Tuttavia, poiché l'arte del veggente comporta una completa identificazione, il vero veggente non è una persona che ha interesse ad usare le sue abilità per spiare gli altri. La completa identificazione è raramente piacevole, perché identificarsi con la paura, i dubbi, le preoccupazioni, gli schemi di pensiero perversi o le emozioni caotiche di qualcun altro, e viverli come propri, anche solo temporaneamente, è la maggior parte delle volte un’esperienza a dir poco spiacevole. Dopo aver considerato cosa significa regolare la velocità del tempo, tenete conto che anche il guerriero che non è un veggente può trattare il tempo in questo modo, anche se, fino a quando non riesce ad allineare con precisione la propria consapevolezza con quella di un'altra persona, un guerriero non avrà accesso alla conoscenza disponibile per il veggente. Tuttavia, avendo imparato a prendere il controllo della propria consapevolezza, il guerriero può regolare la velocità del tempo e quindi può fare miracoli. Diamo dunque uno sguardo a ciò che questo comporta nella vita del guerriero che non è veggente.

Il sesto aspetto della regola dell’agguato ci dice che un guerriero comprime sempre il tempo. Ogni battaglia, non importa quanto sia grande o piccola, è una battaglia per la vita, e in una battaglia per la vita un attimo diventa un’eternità – un’eternità che determina l'esito della battaglia. Il primo punto è che un guerriero comprime sempre il tempo. Tuttavia, questa affermazione non va presa solo per il valore apparente, il termine 'comprime' è usato qui nella più ampia connotazione possibile, e non nel senso che abbiamo visto prima, quando abbiamo esaminato la regolazione della velocità del tempo. Questa affermazione significa che, indipendentemente dal fatto che comprima il tempo o espanda il tempo, il guerriero non sta sprecando il tempo. Non sprecare tempo non significa che il guerriero corre freneticamente da un’attività all’altra, ma significa che il guerriero usa il suo tempo con parsimonia e in modo efficiente in tutto ciò che affronta. In altre parole, se il guerriero è al lavoro, allora è completamente assorbito dal suo lavoro. Se il guerriero dorme, allora è completamente a riposo. Se il guerriero si rilassa, allora si sta godendo appieno il relax. Ma a prescindere dall'attività in cui il guerriero è impegnato, lui è sempre, ma sempre, pienamente consapevole di ogni piccolo dettaglio relativo a tale attività; la sua risposta a tale attività è globale. Ciò significa che il guerriero è presente e sveglio al suo proposito, anche durante le ore di sonno, perché per il guerriero esperto, il sonno è solo uno stato alterato di percezione in cui la normale attività fisica è temporaneamente sospesa. Si può dire la stessa cosa per il rilassamento del guerriero, perché il relax non significa parcheggiarsi da qualche parte come una 112


patata lessa che è scivolata in uno stato di semicoscienza. Per il guerriero il rilassamento è l'opportunità di rivalutare il suo scopo in relazione al momento presente, ma nel contesto del sentire, piuttosto che in attività mentale, emotiva o fisica. Nell’essere sempre consapevole di ogni suo movimento interiore, e di ogni movimento nel mondo che lo circonda, il guerriero sente costantemente come si sta dispiegando il suo senso di scopo, così come sente come può materializzarlo meglio nel contesto della vita una di cui è un’unità. A questo riguardo il guerriero è consapevole del fatto che non ci sono incidenti e nemmeno coincidenze, e che ogni evento ed ogni atto nella sua vita contribuisce a formare un piccolo frammento nello scopo dell'Indicibile. Pertanto, solo compiendo il suo destino e il suo senso di scopo, il guerriero può lasciare il suo segno nell'universo e può quindi dichiarare di vivere una vita impeccabile. Vivere la vita impeccabile del guerriero comporta la lotta di una vita o, più precisamente, una continua lotta per rimanere pienamente vigile e percettivo in ogni momento, per la vita intera. Una tale lotta equivale a una battaglia, perché in ultima analisi, combattere continuamente la propria tendenza all’inerzia è una vera e propria battaglia. Soccombere all’inerzia equivale a percorrere una spirale verso il basso - una spirale che tende verso la completa cessazione del movimento, che termina nel decadimento e nella morte finale. A questo proposito è importante notare che ci sono modi più sottili di morire che la semplice morte del corpo fisico. Pertanto, quando si afferma che ogni battaglia è una battaglia per la vita, è implicito che il guerriero non sta combattendo solo per mantenersi in vita sul piano fisico, ma sta lottando anche per rimanere in vita nel senso di vivere una vita impeccabile. Solo vivendo una vita impeccabile, il guerriero può lasciare il segno nell'universo, ed è in questo segno che si trova il suo futuro, e quindi anche la sua immortalità. In relazione a ciò, è importante sapere che si perde ciò che non si usa, e in questo senso ci sono oggi molti esseri disincarnati che non possono più incarnarsi, perchè non hanno tenuto il passo coi tempi. Essendo rimasti indietro nello sviluppo della loro consapevolezza, questi esseri non possono più svolgere un ruolo significativo nel contribuire a realizzare lo scopo dell’Indicibile, e quindi sono diventati superflui per il processo della vita. Quindi la frase "una battaglia per la vita" ha implicazioni che trascendono molto il valore apparente della frase, e il guerriero ne è pienamente consapevole. Le azioni in un piccolo istante nel tempo, in qualunque vita, hanno un impatto duraturo sulla vita del guerriero, più di quanto le persone comuni sono disposte ad accettare o credere, e gli effetti a catena di quell'istante viaggiano nel tempo attraversando i confini fra un’incarnazione e la successiva. Di conseguenza, l'affermazione "un attimo diventa un’eternità", non è semplice metafora, e l'affermazione "l'eternità che determina l'esito della battaglia", non è anch’essa metafora, perché ogni azione di oggi costituisce la base per il futuro , proprio come ogni sfida di oggi è un effetto delle azioni del passato. In generale gli uomini e le donne sono così condizionati a credere che ci sia solo questa vita, isolata nel contesto del tempo, che sono portati a credere che ogni giorno della loro vita è in qualche modo un evento isolato all'interno del loro ciclo di vita totale. Come risultato, gli uomini e le donne si comportano come se il tempo fosse ininfluente e si scrollano di dosso le loro azioni come se avessero poca o nessuna rilevanza per il presente o per il futuro. Chiaramente, un tale approccio alla vita non è solo segno di follia, ma è anche la strada più sicura verso l'autodistruzione. Eppure, nonostante questo, l'umanità ha così poco rispetto per la vita, o per il tempo, che la stragrande maggioranza delle persone continua a vivere alimentando l’autodistruzione e l’auto-sabotaggio. Il vero guerriero, d’altra parte, non spreca neanche un istante del suo tempo sulla terra. Egli considera il tempo non solo prezioso, ma anche sacro, e cerca di imparare il modo migliore per comprimere il tempo. A questo scopo, non esiste una tecnica in quanto tale da utilizzare, perché in ultima analisi, solo vivendo gli insegnamenti nel loro insieme il guerriero impara a comprimere il tempo. Comunque, rendetevi conto che comprimere il tempo non è una questione di essere più economici con il proprio tempo, di tanto in tanto. Comprimere il tempo significa che uno è completamente sveglio in ogni momento, nel senso di sapere ciò che comporta il proprio destino in 113


questa vita e di essere costantemente all'erta, in modo da essere in grado di cogliere l’opportunità dell'attimo fuggente. Non importa in quanti modi diversi un nagual cerca di spiegare cosa significa comprimere il tempo, gli apprendisti, come chiunque altro, scoprono sempre che in pratica non è facile afferrare cosa comporta questo modo. La ragione di questo è che comprimere il tempo non è tanto un'azione, ma è piuttosto come un umore. Questo fatto è espresso nell'aforisma seguente. COMPRIMERE IL TEMPO E’ ESPANDERSI NELLA VASTITA’ DEL PROCESSO DELLA VITA, COSI’ CHE IL PROPRIO DESTINO DIVENTI VISIBILE. TESTIMONIARE IL DESTINO NEL GRANDE UNO LASCIA UN INEFFABILE SENSO DI SCOPO, CHE SUBITO DIVENTA UN UMORE. UN UMORE CHE GRADUALMENTE TRASMUTA IN INTENTO.

Poiché il tempo è l'espressione dell’emozione universale, non c'è da stupirsi che cercando di lavorare con il tempo o entrando in contatto col nostro destino, si scatenino emozioni di ogni genere. Tuttavia, poiché l'emozione universale è molto superiore alla portata dell’emozione umana, ogni contatto con essa lascia un vago senso di qualcosa che "manca" nella nostra vita. Naturalmente, quel qualcosa che sembra mancare è il nostro destino incompiuto, ed è solo quando conosciamo il nostro destino e cominciamo a realizzarlo, che il senso di qualcosa che manca comincia a cambiare. Il punto da cogliere è che finché non sappiamo qual’é il nostro destino, l'elemento tempo lavorerà nella nostra vita in modo tale da provocare in noi un particolare tipo di umore che continua a crescere col passare del tempo. Ciò vale indipendentemente dal fatto che stiamo cercando di percorrere la Via del Guerriero oppure no. Inoltre, anche dopo che uno ha riconosciuto il proprio destino e sta consapevolmente cercando di realizzarlo, quell'umore persiste ancora, anche se cambia dalla sensazione che manca qualcosa, alla sensazione che qualcosa è incompleto. Per comprendere ciò che questo comporta, è importante ricordare che tutti noi siamo unità di vita che hanno la nostra parte da svolgere nell'ambito dell’evoluzione del grande uno. Questo è ciò che si chiama destino, e al fine di adempiere il nostro destino noi ci incarniamo periodicamente sul piano fisico per acquisire le conoscenze e l’esperienza necessaria con cui adempiere tale destino. Ora, la conoscenza che stiamo cercando possiamo acquisirla solo attraverso l'esperienza sul piano fisico, e perciò abbiamo bisogno di specifiche sfide che ci consentiranno di imparare ogni cosa che dobbiamo imparare. Quindi, ciò che definiamo fato, è letteralmente la conoscenza che stiamo cercando per soddisfare il nostro destino. Come acquisire questa conoscenza, e come le sfide ci condurranno a concretizzare la conoscenza, dipende interamente da noi durante l’incarnazione fisica. Inoltre, mentre i sognatori cercano costantemente di guidare i sognati nella direzione giusta, le persone tendono a considerare questa direzione come il proprio destino, piuttosto che considerare come il proprio destino l’acquisizione della conoscenza e i doni di potere portati dalle sfide. Come risultato, le persone si sentono spesso vittime delle circostanze della loro vita, invece di vedere i veri doni di potere che gli porta il destino dentro le sfide. Il motivo per cui l'uomo trova difficile vedere il suo destino per quello che è realmente, è principalmente l'eclissi della coscienza che avviene al momento della nascita. A causa di questa eclissi, nessuno di noi ricorda perché ci siamo incarnati o quale conoscenza stiamo cercando. Perciò, i nostri sognatori non hanno altra risorsa che tentare di imprimere su di noi il fatto che non abbiamo tempo, cioè, non abbiamo scopo, o più precisamente, non abbiamo alcun scopo perché siamo temporaneamente fuori contatto con lo scopo di questa incarnazione. A questo proposito,

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ricordiamo che il nostro unico vero scopo è il nostro destino, o la parte che dobbiamo svolgere all'interno dell'evoluzione del grande uno. Il senso di non avere tempo si manifesterà per ogni individuo in modo diverso, ma prima o poi ogni persona comincia a diventare consapevole di correre fuori dal tempo e, di conseguenza, comincia a rivalutare il tempo e anche lo scopo della vita. Tale rivalutazione porta alla persona in questione un vero e proprio stato d’animo - uno stato d'animo che ancora una volta varia da un individuo all'altro, ma che comunque infonde in tutti la sensazione che manca qualcosa. Dal momento in cui si avvia questo processo, accadrà una delle due cose: o la persona in questione rimarrà con quello stato d'animo e farà tutto il possibile per scoprire che cosa manca, altrimenti, l'interessato inizierà ad indulgere sempre più in varie forme di fuga, per tentare di alleviare la sensazione di vuoto che proviene dall'aver intuito che manca qualcosa. Se cominciamo a cercare ciò che manca, automaticamente diventiamo più consapevoli di ogni cosa e, di conseguenza, anche se non siamo sulla Via del Guerriero, la vita comincia ad assumere un diverso significato, che gradualmente ci conduce ad una maggiore comprensione di ciò che dovremmo fare col nostro tempo. Da questo momento in poi l'apprendista comincia a cogliere le implicazioni più profonde insite all'interno di uno dei primi aforismi dati ad ogni apprendista all’inizio della formazione. IL TEMPO E’ L’ESSENZA DELL’IMPECCABILITA’; ED E’ LA SENSAZIONE DI ESSERE MORTALE CHE PRODUCE NELL’UOMO IL DESIDERIO DI AGIRE IMPECCABILMENTE. Vediamo quindi che il tempo funziona in due modi: in primo luogo, ci fa rendere conto che non possiamo permetterci di sprecare la nostra vita sulla terra; e dopo questa realizzazione, cominciamo a sentire che c'è uno scopo nella nostra vita e che tutti noi abbiamo qualcosa di specifico da realizzare. Tuttavia, sia che ne siamo consapevoli o no, ogni volta che ci rendiamo conto dell'importanza del tempo, entriamo in contatto con l’emozione universale, che provoca in noi un indescrivibile stato d'animo o umore. Poi, a causa di questo stato d'animo, cominciamo a cercare il nostro destino e in seguito realizziamo quel destino. In questo modo stiamo rispondendo all’intento universale, nel senso che stiamo iniziando a cooperare in modo intelligente coi nostri sognatori, e così anche noi cominciamo ad impostare il nostro intento nel compimento del destino. Tuttavia, rendiamoci conto che tutto questo è semplice e profondo come il seguente aforisma. QUANDO ARRIVA IL MOMENTO, DEVI AVERE ABBASTANZA POTERE PERSONALE PER DISPIEGARE LE ALI DELLA PERCEZIONE ED ENTRARE IN CONTATTO SIMULTANEO COL TONAL E COL NAGUAL, COSI’ CHE TU POSSA CONOSCERE IL SIGNIFICATO DELL’ETERNITA’. IN QUESTO VOLO OLTRE IL TEMPO E LO SPAZIO, COGLIERAI IL SIGNIFICATO DELL’INTENTO, E QUINDI ANCHE LO SCOPO DI TUTTO. In questo capitolo abbiamo fatto solo una breve panoramica sul tempo, ma per gli scopi di questo libro per il momento è sufficiente. Come ho avvertito all'inizio di questo capitolo, il MEST è un argomento davvero vasto, e finché il lettore non ha una più profonda comprensione degli insegnamenti, vi è ben poco da aggiungere. Nella terminologia comune, il tempo può solo passare o venire, ma il punto cruciale di qualsiasi battaglia, grande o piccola che sia, è la battaglia per comprimere il tempo. A tal fine, il lettore ha già l'unica cosa di cui ha bisogno, cioè lo scudo del guerriero.

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Se si affronta ogni sfida come una battaglia per la vita, e se la si approccia dal punto di vista del tempo, allora istintivamente indossiamo lo scudo del guerriero. Indossare lo scudo del guerriero significa essere sveglio, cauto, rispettoso e totalmente sicuro; che altro potrebbe servire? Tutto ciò che è veramente necessario è l'azione. Pertanto, nel comprimere il tempo, il guerriero prende posizione al Nord, il luogo dell'azione, e lavorando nel contesto del secondo postulato dell’agguato, ricorda che è suo dovere risolvere il mistero, sia il mistero del tempo o il mistero della sua essenza. Per cui il guerriero si sforza di ottenere la sobrietà nella dimensione del tempo, sapendo che la sobrietà che cerca, si acquisisce solo tramite la compressione del tempo, in ogni possibile aspetto. Se stai ancora aspettando, cosa aspetti? Hai già il tuo scudo e il tempo passa. L'unica scelta che devi fare è iniziare il tuo viaggio in questo momento. Puoi scegliere di appoggiare questo libro e perdere ancora un po’ di tempo, oppure puoi metter giù questo libro e cominciare a vivere subito la vita impeccabile del guerriero. La scelta è tua, ma ricorda che il tempo non è tuo. Puoi scegliere di aspettare, ma il tempo non aspetterà te.

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CAPITOLO NOVE

LA FOLLIA DELL’IDENTITA’ UN CACCIATORE NON RIVELA MAI LA SUA IDENTITA’, NEANCHE A SE STESSO. Nel considerare il settimo aspetto della regola dell’agguato ci imbattiamo in quello che, per la maggior parte degli apprendisti, è uno dei concetti più interessanti sulla Via del Guerriero, e cioè che il cacciatore ha molte facce. Alla luce dell'arte dell’agguato, questo fatto non dovrebbe essere sorprendente, e tuttavia, a dispetto di quanto sembra ovvio, questo concetto in un primo momento ispira in ogni apprendista un forte senso di stupore, mescolato ad un pò di trepidazione e di sospetto. Così, gli apprendisti stessi giocano direttamente il ruolo del cacciatore, dando al cacciatore molte delle loro facce. Le diverse facce di un cacciatore non sono come le maschere indossate dagli attori, ma sono i diversi i modi in cui gli altri tendono a inquadrarli. Di conseguenza, il cacciatore ride e ride della follia di tutto questo, perché, in fin dei conti lui o lei non ha fatto "nulla", eccetto che godere degli effetti della percezione di qualcun altro. A questo proposito i cacciatori sono davvero le persone più cooperative che si possano trovare, perché saranno sempre d'accordo a giocare qualsiasi gioco secondo le vostre regole. Un gioco è dopo tutto solo un gioco, e tutti i giochi sono divertenti, anche quelli che ci fanno piangere. Quindi nessun cacciatore si farà sfuggire l'occasione di divertirsi un pò, perché anche se vengono le lacrime, quelle lacrime non sono lacrime di autocommiserazione e di miseria, ma sono lacrime di gioia nell’intensità della vita. Per il cacciatore tutta la vita è un gioco - un gioco che ha il più grande potenziale per produrre divertimento, a condizione che la trattiamo con la massima impeccabilità. Perciò, quando il cacciatore ride e scherza, non è mai in senso irriverente o irrispettoso, ma col senso di gioia del dono meraviglioso della vita. Il cacciatore vede sempre la bellezza insita in ogni cosa, comprese le sue sfide, e quindi prende seriamente le sue lacrime, o quelle di chiunque altro, solo quando sceglie di vedere in loro la bellezza. Eppure, vedendo la bellezza insita nelle lacrime, l'amore del cacciatore affiorerà sempre e così una grande risata può interrompere improvvisamente anche le lacrime più sentite. Questo è il senso del divertimento del cacciatore, e in questo senso di divertimento si trova la sua arte e il suo potere che, francamente, fa sentire a disagio molte persone. Dopo tutto, non è considerato normale ridere al funerale di qualcuno, ed è considerato terribilmente irrispettoso ridere davanti alla serietà di un sermone in chiesa. Per il cacciatore, la vita è un'avventura di divertimento, e che ci siano risate o lacrime, c'è sempre così tanto da fare, che non c'è mai tempo, né voglia, di sentirsi infelice o cupo, depresso o mortificato. Se accade un tale momento, come accade a tutte le persone, allora lo si riconosce per quello che è, e quindi lo si analizza immediatamente per il suo potenziale di divertimento, perché tale è la predilezione del cacciatore. Eppure, trattare la vita in questo modo non è un arte che si acquisisce così facilmente. Come per ogni altra arte, occorrono lacrime, sangue e sudore prima di padroneggiare l’arte dell’agguato. Occorre vivere tutti gli insegnamenti in modo impeccabile e in particolar modo il cacciatore, deve cancellare la storia personale con cura meticolosa. Finché rimane anche solo una nicchia in cui si annida un po’ di storia personale, non sarà possibile padroneggiare le tecniche più avanzate, perché la vera arte dell’agguato non consiste nell’ingannare gli altri, ma nel non avere alcuna specifica identità da difendere o proteggere. Non avendo alcuna particolare identità, al provetto cacciatore non dispiace giocare ad esser folle con se stesso e con gli altri, per cui può far impazzire un’altra persona con una facilità incredibile. 117


Questo ci porta all’aspetto cruciale delle Nebbie della Tradizione del Drago; ossia che nel non avere alcuna identità, neanche con se stessi, il cacciatore diventa maestro della follia controllata. Abbiamo toccato brevemente questo concetto nel secondo capitolo e abbiamo detto che la follia controllata è essenzialmente l’atto di intelligente cooperazione. Ora ci addentriamo in questo concetto perché la follia implica il controllo dei contenuti del nostro sogno, che chiamiamo vita. Cosa significa realmente l’affermazione il cacciatore ha molte facce? Per afferrare questo concetto occorre ricordare che tutti noi siamo catturati e intrappolati in un sogno e che nel contesto di questo sogno, ogni cosa è pura follia. Solo quando ci risvegliamo dentro questo sogno possiamo cominciare a prendere il controllo della nostra follia o, in altre parole, prendere il controllo dei contenuti del sogno, cooperando intelligentemente col nostro sognatore. Finché siamo intrappolati nel sogno, tutti noi abbiamo un senso d’identità, ma siccome questa identità si basa sul condizionamento sociale che ci porta a credere che questa è l’unica realtà che esiste, allora anche questa identità è pura follia. Inoltre, dal quarto postulato dell’agguato, l’essenza del mistero della vita è il mistero dell’essere e quindi ogni senso d’identità è il prodotto della storia personale. Come possiamo conoscere chi o cosa siamo, se siamo un mistero anche per noi stessi? Pertanto, per il guerriero ogni forma d’identità è una parte della nostra follia. In termini toltechi, l’unica identità da coltivare è l’identità con la totalità del sé. Eppure, c’è solo una vita, c’è solo una consapevolezza, e per cui in ultima analisi c’è solo un sé; così, sebbene noi tutti siamo unità della vita una, al livello del vero Sé c’è solo un essere uno col tutto. Questo è un punto molto astratto e veramente difficile da verbalizzare, ma potrebbe essere d’aiuto vederlo nel seguente modo. Solo nel piano fisico c’è un senso di individualità in termini di separatezza. Al livello del sognatore c’è solo coscienza collettiva, e quindi ogni senso di individualità a questo libello si basa interamente sulla intelligente cooperazione. In altre parole, al livello del sognatore il senso d’individualità esiste solo nei termini della relazione, e tale senso del sé è una questione di riflesso. Questa è la base del concetto dello specchio e quindi la coscienza collettiva dei sognatori non è una questione di etica o di moralità, ma una necessità che emerge dalla legge universale della Luce e del Riflesso. Tuttavia, al livello del Nagual, che è lo spirito dell’uomo, non c’è nessun senso di separatezza, nemmeno nella coscienza collettiva, perché anche la coscienza collettiva ha delle implicazioni di separatezza. L’unico modo in cui posso esprimere il senso di separatezza a questo livello è di paragonarlo alla mente di gruppo. Chiunque abbia mai sperimentato gli effetti della mente di gruppo sa esattamente a cosa mi riferisco. E’ come quando un insieme di persone pensa ed agisce come se fosse una persona sola, eppure se si chiede ad ognuna di queste persone, diranno che sebbene un senso di unità li abbia sopraffatti, mantenevano un senso di individualità di singola mente. Sebbene quest’analogia non sia accurata rispetto allo spirito dell’uomo, come approssimazione, serve a dimostrare le profonde implicazioni del termine “totalità del sé”. A questo riguardo è importante notare che l’uomo è così condizionato a pensare a se stesso in termini di separatezza che trova estremamente difficile immaginare un’identità che si basa sulla coscienza collettiva, in contrasto con quel tipo di consapevolezza che porta con sé il senso di separatezza. Ne consegue che le persone comuni non riescono a concepire un sé in termini di un insieme intero o di una totalità. Eppure questo è proprio ciò che si intende e che si implica col termine “la totalità del sé”. Pensala in questo modo. C’è solo un sé, chiamato lo spirito dell’uomo, il Nagual, che si manifesta in miliardi di unità individuali. All’inizio, la manifestazione di questo Sé totale non conosce se stessa (se stesse) come un’unità totale, e quindi ogni unità vede se stessa come isolata dalle altre unità. Perciò ogni unità sviluppa un’identità individuale che si basa sul senso di separatezza, così che dal punto di vista della manifestazione dell’unità (non l’uno totale in sé) non c’è senso di scopo unificante, ma solo apparente caos. Ma, nel tempo, un’unità dopo l’altra comincia a realizzare che c’è solo uno scopo e che è comune a tutti, e che questo scopo è lo scopo 118


dell’Unità. Quando tutte le unità risponderanno a quell’unico scopo, si potrà giustamente dire che l’Unità riconosce se stessa (se stesse) come Uno con lo spirito dell’uomo. In altre parole, dal punto di vista umano, all’inizio la manifestazione dell’Uno è così inconsapevole da non riconoscere che tutte le sue parti appartengono e formano l’Uno. E’ come se qualcuno non riconoscesse che i suoi arti o i suoi organi gli appartengono, ma, nel processo evolutivo, la manifestazione dell’Uno diventa gradualmente consapevole che i suoi arti, come i suoi organi, gli appartengono come un’unità coerente e formano la totalità del sé. Ovviamente, questo graduale dispiegarsi della consapevolezza nella manifestazione dell’Uno potrà accadere solo quando un’unità dopo l’altra diventano consapevoli della totalità del sé. Il punto da cogliere in tutto questo è che lottando per realizzare la totalità del sé, tutte le sensazioni di separazione devono essere abbandonate, a favore di una sensazione di inclusione, perché senza l’inclusione totale non può esserci Uno, la sensazione di unione totale. Quindi, per coltivare la totalità del sé, il guerriero deve aprire il suo cuore, e l’unico modo per farlo è vivere una via con un cuore.

Le implicazioni del vivere una via con un cuore sono così vaste che nessun nagual le ha mai verbalizzate tutte, almeno che io sappia. In passato, piuttosto che cercare di verbalizzare l’inesprimibile, i nagual davano agli apprendisti dei compiti che li conducevano alla comprensione di cosa comporti vivere una via con un cuore. Questi compiti sembravano apparentemente senza senso o banalissimi, ma se erano accuratamente calibrati per l’apprendista, attentamente monitorati dal nagual ed impeccabilmente eseguiti dall’apprendista, essi conducevano inevitabilmente ad un livello di consapevolezza che altrimenti sarebbe stato impossibile raggiungere. Tuttavia, è necessario che questi compiti siano disegnati sulle personali necessità e sul temperamento dell’apprendista, così il nagual dovrà conoscere e “vedere” le esperienze quotidiane dell’apprendista per disegnare i compiti necessari. Dal punto di vista del lettore, qualsiasi esercizio descritto in questo libro sarebbe totalmente inutile, almeno finché non lavorerà personalmente con un nagual. D’altronde io non ho altra scelta che tentare ciò che finora è stato impossibile. Quindi buttiamoci dentro e usiamo il seguente aforisma come punto di partenza. ARRIVA UN MOMENTO NELLA VITA DEL GUERRIERO, IN CUI NON BASTA PIU’ SEGUIRE MERAMENTE LA VIA DEL GUERRIERO. QUANDO ARRIVA QUESTO MOMENTO, IL GUERRIERO SA SENZA OMBRA DI DUBBIO CHE LA VIA DEL GUERRIERO, COME TUTTE LE VIE, NON CONDUCE DA NESSUNA PARTE. E CHE L’UNICO VANTAGGIO NEL SEGUIRE LA PIU’ DIFFICILE DELLE VIE, CONSISTE NEL FATTO CHE E’ UNA VIA CON UN CUORE E CHE CONDUCE AL SIGNIFICATO DELL’INCLUSIVITA’. Di volta in volta, il nagual ricorda agli apprendisti che la via del guerriero non conduce da nessuna parte e che essere un guerriero non è un obiettivo. Di volta in volta, il nagual li indirizza ad immergersi totalmente nel viaggio e a dimenticare gli obiettivi. Ma la natura umana è tale che gli apprendisti annuiranno d’accordo con la saggezza di queste parole, e immediatamente procederanno a perseguire gli obiettivi desiderati! Come se non avessero mai sentito le parole di guida del nagual, porranno domande come: “Cosa devo fare perché la mia vita funzioni?” “ Cosa dovrei fare per sistemare le mie relazioni?” “Dovrei accettare questa offerta di lavoro?” “Dovrei comprare quest’auto?” “Dovrei comprare questa casa?” “Cosa pensi?” “Cosa senti?” “Cosa suggerisci?”. E così le domande fuori luogo si susseguono, mancando totalmente il punto. 119


Quelli che diventano saggi, non sono quelli che continuano a raccogliere informazioni, ma quelli che riescono a porre le giuste domande. La maggior parte delle persone non pone domande perché vuole comprendere, ma perché vuole conferme a ciò che sa già. Per questo genere di persone, le domande non sono delle vere domande, ma un modo interessante di chiacchierare. Molte persone pongono domande, semplicemente per dimostrare di aver ragione, contestando qualsiasi risposta arrivi. Per altri, non rispondere alle domande è la scusa per un impeccabile comportamento e quindi per queste persone le risposte oneste sono un tabù. Ma per la maggior parte delle persone, il porre delle domande deriva dal non volersi prendere la responsabilità delle proprie azioni e delle proprie vite. Veramente poche persone pongono le giuste domande. Porre la giusta domanda significa prendersi la responsabilità di se stessi, del proprio voler conoscere o del non voler conoscere, significa prendersi la responsabilità delle proprie sfide e soprattutto della propria vita. Ogni nagual impegnato nella Via del Guerriero rifiuterà decisamente di prendersi la responsabilità della vita di qualsiasi apprendista. Lo farà solamente se si accorgerà che l’apprendista sta cadendo in una trappola pericolosa a causa di una genuina insufficiente conoscenza, ma se sa che l’apprendista ha la conoscenza necessaria, farà semplicemente un passo indietro e aspetterà che l’apprendista si dia la zappa sui piedi. Personalmente descrivo questo fatto dicendo all’apprendista in questione, “Io so che tu sai, e so che tu sai che io so. Perciò, perché chiedi a me?” Pertanto, quando un apprendista mi chiede cosa deve fare perché la sua vita funzioni, io deliberatamente non gli do la risposta che vorrebbe, ma gli chiedo di dirmi cosa sta facendo, perché è ovvio che il motivo per cui la sua vita non funziona deriva da qualcosa di sbagliato che sta facendo. Quando l’apprendista comincia a descrivere cosa sta facendo, l’unica cosa che devo fare è guidarlo ad ottenere più chiarezza nelle zone confuse. Di solito pongo all'apprendista una serie di domande fino a quando arriva da solo alla risposta giusta. Se, d'altra parte, vedo che l'apprendista parla con chiarezza, mi limito ad ascoltare e confermare all'apprendista la sua analisi della situazione. Guidandolo in questo modo, l'apprendista impara rapidamente a porre il giusto tipo di domanda, che in ultima analisi, significa che pone la domanda in modo tale da potersi rispondere da sé. L'apprendista deve imparare a porre le domande giuste, perché senza questa capacità l'apprendista non impara mai a pensare per se stesso, non impara mai a raggiungere la sobrietà, non impara a prendersi la responsabilità della propria conoscenza, non impara a credere in se stesso, non ottiene il rispetto di sé e l’autostima e, in breve, diventa semplicemente dipendente dagli altri, senza alcuna libertà. A questo proposito sono spesso spietato con un apprendista che deliberatamente sta cercando di agire in modo stupido. Le domande stupide meritano risposte stupide, e se un apprendista vuole giocare ad essere stupido, non esito a riflettere tale stupidità sull’apprendista. Se vedo che l'apprendista sa già perché la sua vita non funziona, ma mi chiede comunque, gli do una risposta ridicola del tipo "Penso che dovresti fare un po’ più di sesso" o "diventa vegetariano" o "compra una macchina nuova". Tuttavia, anche considerando che gli apprendisti, a volte, si comportano da stupidi nel tentativo di coprire la loro mancanza di azione, occorre tener presente che imparare a porre la giusta domanda può risultare di difficile applicazione, quando si è stati condizionati ad essere ignoranti e stupidi come tutti gli altri. Eppure, imparare a fare la domanda giusta non è così difficile, a condizione che si tenga a mente che ciò che rende una domanda giusta é che uno deve essere in grado di rispondersi da sé, o, in alternativa, deve essere in grado di accertare oltre ogni dubbio di essere per il momento incapace a rispondere da sé. Per cogliere pienamente questo punto, vediamo le domande citate prima. La prima di queste domande, e anche una che in un modo o nell'altro arriva quasi sempre, è "Che cosa devo fare per far funzionare la mia vita?" Per rendere questa domanda valida o giusta, sarebbe meglio riformularla in questi termini: "Che cosa sto facendo che mi impedisce di essere felice e appagato?" Nel momento in cui si esprime la domanda in questo modo, diventa subito

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evidente che la domanda è una domanda a sé stessi, perché nessuno è in grado di valutare cosa si sta facendo, meglio di se stessi. Pertanto l'apprendista saggio non sprecherà il suo tempo con il nagual, sapendo che gli farà notare ciò che è in grado di notare da solo, ma farà immediatamente una valutazione completa della sua vita attuale. È qui che un quaderno delle riflessioni diventa prezioso, perché sedendosi a scrivere tale valutazione o facendo una semplice lista delle azioni, si può ottenere un’enorme chiarezza che non è ottenibile in mezzo al caos mentale o emotivo, derivante da un’interminabile dialogo interno. Una volta completata questa valutazione, l'apprendista trova nuove domande che nascono dalla valutazione. Ad esempio, l'apprendista può notare che tende ad essere molto distante nelle sue interazioni con le altre persone, ma se si chiede perché è così distaccato è probabile che trovi un vuoto. Invece, dovrebbe chiedersi in che modo egli si tiene distante; elencando ancora una volta i molti modi in cui tende a manifestarsi il suo distacco, egli ottiene chiarezza da sé. Se si esercita questa procedura di trovare le domande giuste e lo si fa regolarmente, l'apprendista scoprirà che la sua lista di domande per il nagual é piuttosto breve e, ancora più importante, estremamente concisa. Nell’essere chiaro con se stesso su che cosa gli manca in termini di guida, l'apprendista sarà molto aperto alla guida del nagual e non avrà nessuna difficoltà a capire le indicazioni guida. Questo è ciò che è implica l'affermazione che l'apprendista deve suscitare gli insegnamenti. Dopo aver esaminato la questione in profondità, non abbiamo più bisogno di scaricare addosso agli altri le nostre domande compulsive, perché sarà sufficiente trovare il modo più preciso di riformulare queste domande, in modo da trasformarle in domande valide. Quindi, come dobbiamo riformulare la domanda: "Cosa devo fare per il mio rapporto?" Osservando questa domanda è chiaro che non ci si é mai chiesto in primo luogo se le due persone coinvolte hanno una relazione significativa. Quindi la vera domanda è: "Ho una relazione con 'Lui o Lei'?”, e quindi, “Che rapporto è veramente?" Allo stesso modo, osserviamo la domanda successiva: "Devo accettare questa nuova offerta di lavoro?" Perché mai la persona dovrebbe porre questa domanda se fosse soddisfatta dell’attuale occupazione? Chiaramente la domanda dovrebbe essere: "Cosa mi offre questo nuovo lavoro, più di quanto mi offre quello che ho già?" Ora guardate, "Devo comprare questa macchina?" Siccome le auto sono costose, nessuno sano di mente prenderebbe in considerazione l'acquisto di un'altra auto se non avesse bisogno di comprare una macchina. Pertanto, la domanda operativa è: "Ho bisogno di comprare un’auto?” e in caso affermativo, “Quest’auto soddisferà le mie esigenze?" Si consideri la domanda: "Devo comprare questa casa?" Se qualcuno vi ponesse questa domanda, cosa rispondereste? La mia risposta a tale domanda sarebbe: "Cosa mi stai chiedendo veramente?" "Mi stai chiedendo se a te piace la casa, oppure mi stai chiedendo se a me piace la casa?" "Mi stai chiedendo se tu puoi permetterti di acquistare la casa? Se è così, allora come diavolo faccio a sapere se puoi permetterti di comprare questa casa o no, quando io non sono né il tuo commercialista, né il tuo banchiere?" "Cosa pensi?" "Che cosa senti?" "Che cosa mi consigli?" Sono tre domande frequenti, e che di per sé sono domande valide, a condizione che siano chieste, con la corretta motivazione. A questo proposito, le persone amano sentirsi dire cosa fare, ma se le indicazioni fornite non funzionano nel modo desiderato, allora mandano a quel paese la persona che ha fornito le indicazioni. Se poniamo una qualsiasi di queste tre domande, allora dovrebbero essere solo nel senso di cercare conferma di qualcosa che già conosciamo, o, in alternativa, nel senso di cercare un'altra prospettiva che forse abbiamo trascurato. A questo proposito, si deve fare stare attenti nel chiedere il parere di qualcun altro, se non ci fidiamo della nostra conoscenza, perché questo mina la nostra autostima e la fiducia in noi stessi. Non vi è nulla di male nel chiedere il parere di qualcun altro, a patto che diamo anche uguale rispetto alla nostra conoscenza su quella particolare questione. Questo non significa che dobbiamo dogmaticamente rispettare solo la nostra visione del mondo, ma vuol dire che nel chiedere il punto di vista di un'altra persona dovremo confrontare le indicazioni ricevute con la 121


nostra conoscenza, col nostro personale sentire, e così facendo, arriveremo sempre ad una prospettiva diversa da quella che avevamo prima. Ciò che porta l’apprendista a porre le domande sbagliate è che è focalizzato sull’obiettivo, invece di focalizzarsi su ogni singolo passo e farlo impeccabilmente. Perciò l’impazienza prende il sopravvento, il diario vola contro il muro, la sedia si becca un calcio, il piede tumefatto è accudito rabbiosamente e il cane si prende delle parolacce che erano destinate al nagual. Eppure l’unico responsabile è l’apprendista. Poche persone si fermano a considerare che la loro intera vita si basa sulle domande sbagliate e sulle motivazioni non impeccabili delle loro domande. Pertanto, invece di usare ogni situazione per ottenere consapevolezza, conoscenza e potere, le persone passano la vita giocando a dare la colpa a qualcuno e fermamente determinate ad essere più stupide degli altri. Per certi versi, l’ignoranza dovrebbe essere considerata benedetta, ma la stessa ignoranza è alla base del gioco di dare la colpa a qualcuno. Tuttavia, è sempre una questione di, “Non vedi che sto facendo sforzi inauditi? Perché non mi aiuti?” “Qual’è il tuo problema? Non capisci ciò che dico?” “Perché mi guardi così? Cos’ho fatto di sbagliato?” Quando è in azione questa attitudine di ignoranza non è mai una questione di, “Qual’è il dono di potere se lo faccio da me?” “Se non mi capiscono, non dipenderà dal fatto che non è chiaro neanche a me stesso ciò che voglio esprimere?” “Quale mio comportamento determina che le persone mi trattino in modo accusatorio?” Simili comportamenti inducono gli apprendisti a rincorrere degli obiettivi che esistono solo nella loro mente. Determinati a diventare guerrieri continuano a frustrarsi chiedendosi, “Perché non vado bene?” Ogni volta che l’apprendista si pone questa domanda non fa altro che confermare a se stesso che è stupido, incapace e immeritevole. Invece, per confermare la sua intelligenza, la sua capacità e merito, dovrebbe chiedersi, “Cosa sto imparando proprio ora?” Questo è un semplice cambio di focus o approccio, un atto così straordinariamente potente che dovrebbe essere la parte più facile della formazione. Eppure, in pratica, ogni apprendista lotta strenuamente per spostare il focus in questo modo, e solo perché sembra troppo semplice per essere preso seriamente. Intrappolato nell’andar bene o nel voler far bene, tali apprendisti continuano ad invalidare il loro apprendimento del momento, e di conseguenza non materializzano l’idea di cos’è essere e vivere come un guerriero. Volta per volta, il nagual chiederà cosa hanno imparato e se si danno credito per ciò che hanno fatto, ma ogni volta l’apprendista in questione si chiederà se il nagual è impazzito. Comunque, la linea di fondo di questi comportamenti è che l’apprendista considera primariamente di non aver ancora raggiunto il suo obiettivo, perciò, qualsiasi cosa abbia batto, anche benissimo, come può avere qualche valore? Da questo punto di vista non è possibile che il pelare patate impeccabilmente possa condurre alla conoscenza del Mondo degli Stregoni e non è possibile che si possa imparare veramente da esperienze che sembrano dei veri fallimenti. Il vero guerriero vede la follia insita in tutti questi comportamenti, richiama il suo intento ad imparare a spostare il focus, e va tranquillamente a pelare patate. Un tale guerriero sa per esperienza personale che solo quando si smette di inseguire l’obiettivo, si può imparare a vivere da guerriero, invece di cercare di diventare un guerriero. Eppure, paradossalmente, è proprio qui che sta la più grande difficoltà sulla Via del Guerriero. Come ho detto ne Il Ritorno dei Guerrieri, la vera difficoltà non consiste nella complessità accademica, ma nella sua disarmante semplicità. Sebbene nella Via del Guerriero ci sia molto materiale che può confondere anche le menti più acute, ogni difficoltà accademica esiste solo perché la mente razionale è totalmente orientata all’obiettivo e quindi lotta verso un avanzamento lineare, che nasce dal senso di separatezza, a discapito dell’espansione circolare che nasce dall’inclusività. Lottando per avanzare linearmente, gli apprendisti si ritrovano sempre in conflitto con qualcosa o qualcuno, perché il loro pensare è ancora separativo e quindi sentono che dovrebbero essere altrove, con qualcun altro, facendo qualcos’altro. Difficilmente vedono il potere insito nel momento presente e quindi, nel loro modo di pensare, non possono essere nel posto giusto, con la persona giusta a fare la cosa giusta. Per tali apprendisti, il presente non ha conseguenze, e nel tentativo di 122


fuggire da ciò che sta accadendo proprio qui e ora, fanno domande tipo, “Perché sta accadendo proprio a me?” La risposta è semplice. Ciò che sta accadendo qui e ora è il tuo biglietto per la libertà e il tuo passaggio verso il potere, ma se vuoi beneficiare di questi doni di potere, li devi reclamare, invece di lamentarti. Reclamare i propri doni di potere significa innanzitutto riconoscerli come doni; poi riconoscere che sono lì per essere presi. Questa chiarezza richiede di vivere il momento e anche la volontà di essere inclusivi, piuttosto che esclusivi. In altre parole, invece di cercare di evitare o fuggire da ciò che sta accadendo, essendo così esclusivi, occorre essere inclusivi in modo da imparare il più possibile da ogni accadimento, perché solo in questo modo è possibile andare oltre questo tipo di esperienze. Quando abbiamo ottenuto la necessaria conoscenza o potere insito in ogni situazione, allora non è più necessario continuare ad attrarre e sperimentare le stesse vecchie cose. Sebbene questo appaia molto logico, le persone scansano spesso le loro sfide, anche se conoscono quanto abbiamo detto finora. Nella maggior parte dei casi non dipende dal non voler imparare, ma piuttosto dal non voler essere inclusivi – un concetto con cui alcuni apprendisti lottano per lunghissimo tempo, e solo perché non hanno la sufficiente sobrietà. Mancando in sobrietà, un tale apprendista non discrimina fra il fare qualcosa perché desidera farlo e fare qualcosa semplicemente perché è una via con un cuore. DESIDERARE DI FARE QUALCOSA IMPLICA UN MOTIVO, E SE IL MOTIVO E’ PURO, L’AZIONE SARA’ BUONA. MA OGNI MOTIVAZIONE E’ UN SURROGATO DEL CUORE. UN ATTO CHE SORGE DAL CUORE E’ INCONDIZIONATO, E PERCIO’ NON HA BISOGNO DI MOTIVAZIONE.

Tutti gli apprendisti arrivano alla Via del Guerriero con un motivo, che proviene dal proprio bagaglio. Alcuni di questi motivi sono puri, altri sono terrificanti! Ciononostante, il potere non discrimina un apprendista con motivi impuri. Quali che siano i motivi con cui partiamo, noi tutti lavoriamo per realizzare il nostro potenziale e reclamare il nostro potere sulla Via del Guerriero. Tuttavia, durante il percorso di formazione, arriva un momento in cui il potere ci sfida a scegliere fra il Sentiero della Grande Avventura e la Via della Libertà. Se l’apprendista in questione è arrivato alla Via del Guerriero con il puro motivo di ottenere la libertà, allora non avrà difficoltà a fare le scelte che lo collocano automaticamente sulla Via della Libertà. Se, d’altra parte, l’apprendista è arrivato alla Via del Guerriero con un motivo impuro, e non riesce a cambiarlo, si ritroverà a dover affrontare una grave crisi – una crisi che terminerà con l’abbandono della vecchia motivazione o con l’abbandono dell’apprendistato. Nessuno di noi può ottenere la libertà solo desiderandolo. Desiderare implica un motivo, e anche se può apparire paradossale, ogni motivo, anche il più puro, è un handicap. Come possiamo essere liberi se siamo andicappati? La vera libertà deve essere incondizionata, altrimenti non è libertà. Invece ogni motivo è una condizione, ed è per questo che si insegna dal primo giorno che la decisione di percorrere la Via del Guerriero deve essere libera dalla paura e anche dall’ambizione, perché è evidente che ogni motivazione deriva da una paura o da una ambizione. Anche quando cerchiamo la libertà con la più pura motivazione, se andiamo a vedere in profondità, scopriremo sempre che è fondata o sulla paura o sull’ambizione. Per ottenere la libertà occorre non avere alcuna motivazione, e qui sta la differenza fra il Sentiero della Grande Avventura e la Via della Libertà. I nostri fratelli che percorrono il Sentiero della Grande Avventura sono tutti partiti con pure motivazioni, ma non avendo avuto l’abilità o la volontà di rinnegare queste motivazioni, di fatto hanno rinnegato la loro libertà. 123


Rinnegare le proprie motivazioni è da un lato eccessivamente difficile e dall’altro estremamente facile. Il segreto sta nell’avere la sufficiente sobrietà per distinguere la differenza fra il percorrere il Sentiero della Grande Avventura per un motivo e il vivere la Via del Guerriero perché per noi è una via con un cuore. Quando percorriamo il Sentiero della Grande Avventura per un motivo, questo motivo ci terrà fissati sull’obiettivo, perché l’obiettivo o la meta è sempre più importante del viaggio, e di conseguenza siamo costretti a stare in uno stato di consapevolezza separativo ed esclusivo, perché nulla è importante, tranne l’obiettivo. Per un tale apprendista il fine giustifica sempre i mezzi e quindi non aprirà mai il suo cuore. Stando fisso nel raggiungimento del proprio obiettivo, lo sviluppo della consapevolezza diventa progressivamente sempre meno importante, mentre acquisisce forza nel contesto della consapevolezza intrinseca, e quando si impadronisce della consapevolezza intrinseca, l’apprendista è guidato dall’irresistibile forza dell’avanzamento lineare. Tecnicamente, tale apprendista, maschio o femmina, eleva la sua mascolinità a discapito della sua femminilità, perché la consapevolezza intrinseca è di tipo maschile in relazione all’evoluzione della consapevolezza. In altre parole, in un tale apprendista non vi è intelligente cooperazione fra maschile e femminile, fra consapevolezza intrinseca ed evoluzione consapevole, ma la mascolinità sta uccidendo la femminilità. Ne Il Grido dell’Aquila abbiamo ricordato che la forza evolutiva della consapevolezza rivolge la consapevolezza intrinseca su se stessa per portare l’elemento dell’inclusività, che è espressione dell’intento universale, dello scopo del Nagual e anche di ciò che le scritture cristiane chiamano principio Cristico e che i Toltechi chiamano cuore. Per cui è ovvio che lo scopo del Nagual non è quello di annientare il femminile, ma di creare un’intelligente cooperazione fra il maschile e il femminile, fra la consapevolezza intrinseca e l’evoluzione della consapevolezza, in modo che l’evoluzione della consapevolezza totale proceda nella progressiva inclusione, perché solo in questo modo si incorpora l’ignoto nel conosciuto per ottenere la totalità del sé. Pertanto, l'apprendista che persegue l'inclusività, non può permettersi di rimanere orientato all’obiettivo. Prima o poi si deve abbandonare l'obiettivo e dedicarsi al viaggio, e perciò occorre imparare a portare dentro di sé la cooperazione intelligente tra la consapevolezza intrinseca e l’evoluzione della consapevolezza; tra maschile e femminile. Solo quando l'apprendista sceglie e decide di rimanere esattamente dov’è, tentando di integrare appieno ogni cosa che sta accadendo proprio qui e proprio ora, la forza dell’inclusione può operare la liberazione attraverso l'intento, tramite l'espansione circolare. Perciò, invece di fuggire inorriditi dalle sfide e dai doni di potere che portano, che è ciò che accade quando l'apprendista è impostato sull’avanzamento lineare, l'apprendista deve affrontare queste sfide completamente e assimilare tutti i doni di potere. Poi, attraverso l'espansione circolare causata dalla forza dell’inclusività, l’uovo luminoso dell’apprendista diventa letteralmente troppo grande per queste sfide. Se ci si muove in questo modo, tutte le motivazioni cadranno automaticamente, perché i motivi possono esistere solo dove c'è un obiettivo. Per comprenderlo chiaramente, occorre capire che lottare per la libertà è di per sé un obiettivo, che a sua volta presuppone un motivo. In altre parole, ogni apprendista comincerà il percorso con un determinato obiettivo, ma anche quando l’obiettivo è quello di raggiungere la libertà, rimane pur sempre un movente, e quindi anche gli apprendisti con un motivo così puro sono ancora orientati all’obiettivo. Questo stato di cose può cambiare solo quando l'apprendista vede la follia dell’avere motivazioni e di essere orientato all’obiettivo. Per avere tale sobrietà, l'apprendista deve essere portato a un punto in cui può vedere chiaramente la differenza tra percorrere la Via del Guerriero, a prescindere da quanto sia percorsa in maniera impeccabile, e vivere la via con un cuore. All’inizio, nessun apprendista ha la sobrietà che serve per cogliere questa differenza, e quindi ognuno comincia la formazione percorrendo la Via del Guerriero, con uno zelo davvero ammirevole e una determinazione che a volte può essere anche triste. Tuttavia, prima o poi, ogni apprendista comincia a stancarsi dalla lotta senza fine per raggiungere un obiettivo che si allontana ad ogni passo. E’ sempre a questo punto, quando l'apprendista si sta avvicinando all’esaurimento, 124


che comincerà a chiedersi se gli insegnamenti toltechi non siano solo un mito. Questo è il punto di crisi che ho accennato prima, e che ogni apprendista deve affrontare, prima o poi. Quando si raggiunge questo punto di crisi, e a condizione che l'apprendista abbia abbastanza sobrietà da sapere per certo che non può tornare al suo vecchio stile di vita, l’apprendista viene coinvolto nel mito, che lo voglia o no. L'apprendista è costretto a lasciare andare tutti gli obiettivi di realizzazione proprio perché ha iniziato a considerare l'insegnamento come nient'altro che un mito. Non avendo aspettative, non dovendo andare da nessuna parte e non aspettandosi alcun tipo di ricompensa, l'apprendista raggiunge finalmente le frange esterne del potere. Stando sulla soglia di una nuova vita, l’apprendista farà una di queste due cose. O cederà alla mancanza di sobrietà e rinuncerà in un modo qualsiasi; nel qual caso, se è stato addestrato da un nagual che si dedica alla Via della Libertà, l’apprendista avrà terminato l’apprendistato. Oppure, l'apprendista si rende conto che, siccome non sta andando da nessuna parte, potrebbe anche provare, al meglio delle sue capacità, a vivere la via con un cuore, per quel che può valere la pena. In quel momento, anche se l'apprendista non ne è consapevole, non solo perde la motivazione che lo ha condotto alla Via del Guerriero, ma, paradossalmente, è anche premiato con la sua libertà! Quando l'apprendista arriva a questo punto, nella sua formazione non vi è più nulla che possa trattenerlo dal progredire. Facendo ogni sforzo per vivere la vita impeccabile del guerriero, l'apprendista si coinvolge completamente nella pratica costantemente e diligente degli insegnamenti, tanto che nel tempo la pratica diventa un modo d’essere naturale, e quindi invece di cercare di vivere come un guerriero, l'apprendista semplicemente inizia a vivere come un guerriero e senza neanche accorgersene. In altre parole, ciò che nasce come un consapevole non-fare diventa una realtà inconscia, e non avendo più aspettative o obiettivi, l'apprendista fa l'unica cosa che può comincia ad aprirsi al mondo che lo circonda. Senza rendersene conto, l'apprendista inizia ad aprire il suo cuore e pone in essere la forza dell’inclusione; così facendo, diventa inconsciamente il mito - diventa il guerriero! Eppure lo stesso apprendista è ancora inconsapevole della trasformazione, e quando il potere comincia ad arrivare a lui spontaneamente, improvvisamente il suo apprendistato è finito, egli è finalmente un guerriero, e il potere è al suo comando. Quando arriva questo momento l'apprendista è sempre sopraffatto dall’intensa sensazione di assoluta umiltà - un'umiltà, che può essere espressa solo aprendo il cuore più che mai. E' allora che il guerriero fa un passo indietro ed abbassa la testa, perché in quel momento arriva la consapevolezza che nessuno sforzo come essere umano potrà mai portare più vicino alla libertà, e solo cominciando ad accettare le limitazioni della nostra umanità troveremo la chiave per essere un guerriero, ossia, la forza dell’inclusività. Non c'è nulla di più devastante di quell’umiliante realizzazione, e in quel momento ogni guerriero perde per sempre il desiderio di lottare per qualcosa di diverso dalla completa libertà - la libertà da ogni cosa che lo trattiene dal gettare via anche i più segreti e gelosamente custoditi recessi del cuore. Così è la vera natura della Via della Libertà, e così è la natura del vivere la via con un cuore. Per ottenere la libertà è necessario arrivare al punto in cui rinunciamo alla nostra idea di cosa significhi essere liberi, ed è per questa ragione che nessuno può semplicemente, o fraudolentemente, dichiararsi guerriero. Non é possibile far finta di essere un guerriero. Perché essere un guerriero è un vero atto del cuore, e implica vivere la via con un cuore. Amare in modo condizionato é la cosa più facile del mondo, ma amare incondizionatamente è qualcosa che solo un guerriero è capace di fare. In questo amore incondizionato per tutti gli esseri viventi, il guerriero incontra i suoi simili esattamente nel mezzo della loro follia, e anche se il guerriero non supporta la follia, sa anche che non c'è colpa alcuna nell’esser folli. Ora, essendo capace di vedere la follia del sogno per quello che realmente è, il guerriero sa anche, senza ombra di dubbio, che le sue creature sono tutte parte integrante dell’unico sogno, dell’unica follia, e dell’unica vita. Così il guerriero non sente più la necessità di forzare la sua volontà sugli altri, nel tentativo di elevarsi al di sopra di loro, invece si

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pone il compito di trasformare il mondo elevando se stesso, in modo che chi gli sta intorno sia in condizioni migliori per elevare se stesso. Nel suo sforzo per andare oltre i confini della follia che delimitano i confini del sogno, il guerriero gradualmente include dentro di sé una quantità sempre maggiore di questa follia, e più follia include dentro di sé, più la follia si trasforma in bellezza, pace e, in ultima analisi, armonia. In parole povere, il guerriero, nella sua inclusività, diventa qualsiasi cosa per chiunque e, di conseguenza, non ha più un'identità basata sulla separatività, ma acquisisce i rudimenti iniziali di ciò che col tempo diventerà la totalità del sé. Non avendo più un'identità fissa e diventando il personaggio che vuole, a seconda della persona che ha di fronte, il guerriero acquisisce anche molte facce diverse. Il vero guerriero ha un volto per chiunque e per ogni occasione, perché non ci sono due persone o due occasioni uguali, perché tutte le persone e tutte le circostanze della vita del guerriero hanno pari importanza, ognuna merita di essere trattata per ciò che è sul momento. Pertanto le diverse facce del guerriero non sono maschere dietro cui si nasconde, ma sono espressioni della sua intima predilezione per l’umiltà e per l’amore incondizionato. A causa della follia dell’umanità, i volti diversi del guerriero faranno emergere preziose reazioni dalle altre persone - delle reazioni che indurranno nel guerriero una risata sincera. Tuttavia, la risata non è mai a scapito dell'altra persona, ma è il risultato dell'amore incondizionato del guerriero. A questo proposito, ricorda che sono state versate così tante lacrime nello sforzo di diventare guerriero, che alla fine quelle lacrime versate hanno creato un vuoto all'interno del guerriero, un vuoto di motivazione, un vuoto di aspettative - un vuoto che è diventato pieno della forza dell’inclusività e della forza dell'amore incondizionato. Tale guerriero può permettersi di ridere, perché nella sua risata non c'è malizia, non ci sono cattive intenzioni; solo il cameratismo nella follia del sogno. Nel vedere la follia di tutto questo, il guerriero può anche vedere la follia di avere un'identità da proteggere e da difendere. Di conseguenza diventa sempre più inclusivo nel perseguimento della totalità del sé, non perché è un motivo per progredire, ma semplicemente perché ha così tanto cuore che è il più bel divertimento nel mondo. Quando uno si diverte così tanto, costi quel che costi, che siano lacrime o risate, chi se ne frega dell’obiettivo? Proprio qui e ora c’è tanto da divertirsi. E’ il viaggio la parte divertente, perché qualsiasi scopo, una volta raggiunto, comporta sempre una delusione. Per il guerriero che conosce la follia di avere un'identità fissa, il più grande mistero è il mistero della sua essenza che, naturalmente, lo riporta ogni volta al quarto postulato dell’agguato. Così, non avendo altra risorsa che tendere continuamente l’agguato alla percezione di se stesso, il vero guerriero si ritrova coinvolto in un gioco senza fine. Ah! Quanto divertimento c’è nel giocare il gioco della vita più e più volte, e ogni volta rimanere senza fiato per la pura gioia di testimoniare la meraviglia di tutto questo!

IL GUERRIERO E’ UNA PERSONA CHE HA IMPARATO AD AMARE LA VITA E LA RICCHEZZA CHE GLI PORTA – PIU’ DI TUTTE LA VIA CHE PERCORRE. PER IL GUERRIERO NON C’E’ GIOIA PIU’ GRANDE CHE VIVERE LA VIA CON UN CUORE NEL SENTIERO CHE PERCORRE, RABBRIVIDENDO PER LA MERAVIGLIA. E IN CUOR SUO RINGRAZIA PER QUESTO MERAVIGLIOSO PRIVILEGIO DI ABBRACCIARE OGNI COSA CHE INCONTRA CON AMORE E GRATITUDINE.

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PARTE TERZA

IL MONDO DEGLI STREGONI

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CAPITOLO DIECI

ANTEPRIMA DELLA QUARTA DIMENSIONE

C’E’ UN MONDO MERAVIGLIOSO OLTRE QUESTO MONDO, CONOSCIUTO COME IL MONDO DEGLI STREGONI – ABBAGLIANTE NEL SUO SPLENDORE E PERMEATO DA UN MAESTOSO POTERE. MA ENTRARE IN QUESTO MONDO E’ UN’AZIONE FOLLE PER CHIUNQUE NON ABBIA LE CHIAVI, NONOSTANTE NELLE ERE PASSATE MOLTI STREGONI SIANO ENTRATI IN QUESTO MONDO SENZA AVERE LE CHIAVI NECESSARIE E GLI ABBIANO DATO IL LORO NOME. Per la maggior parte degli apprendisti, nella tradizione tolteca non c'è niente di più affascinante del concetto di mondi alternativi. La sola idea che i Toltechi siano in grado di accedere a mondi invisibili, oltre questo mondo materiale, costituisce la materia di cui sono fatte le favole, e i racconti dei guerrieri di quei mondi affascinano sempre. Eppure queste storie, pur ispirando nell'apprendista un senso di avventura eroica, spesso inducono un profondo senso di malinconia - un senso di avventura innescato dal riconoscere intuitivamente la natura divina dell'uomo, e una malinconia che sembra testimoniare l’oppressione che porta il senso di apatia e di impotenza dell'umanità attuale. Molti apprendisti non riescono a concepire di poter mai avere abbastanza potere personale per percepire mondi alternativi, e tanto meno per accedere a tali mondi. Saldamente convinti che non hanno ciò che serve per rivendicare la loro eredità divina, tali apprendisti spesso perdono una grande quantità di tempo prezioso nel fantasticare di trovare un modo facile o miracoloso per acquisire il potere. Tuttavia, nonostante sia diritto divino dell'uomo, avere potere ed esercitare la magia di quel potere, non esiste un modo facile o miracoloso per acquisire potere. La superstizione potrebbe aver indotto molti a credere all'esistenza del cosiddetto potere soprannaturale, e l'uso di rituali e droghe allucinogene a volte può concedere al praticante una rapida visione di stati alternativi di realtà, ma alla fine c'è solo un vero potere definito il Potere dell’Uno, che, lungi dall'essere soprannaturale, è naturale come qualsiasi altra cosa in natura. Essendo totalmente naturale, il Potere dell’Uno non si materializza all'improvviso come un fulmine in una nuvola di fumo, ma deve essere accuratamente coltivato e sfruttato come qualsiasi altro prodotto della natura. Anche se ci sono Toltechi che hanno così tanto potere da poter operare miracoli, quel potere non è stato acquisito tramite un processo soprannaturale, ma è il prodotto di un grande lavoro attraverso un numero incalcolabile di vite. Chiunque lo desideri può avere il potere, a patto che sia disposto a lavorare per ottenerlo e a pagare il prezzo per averlo - un prezzo che pochi apprendisti mettono in conto di pagare, nel loro desiderio di avere potere. Il raggiungimento di stati alterati della percezione e l'accesso volontario a mondi alternativi sono, dal punto di vista Tolteco, solo due dei premi minori per aver reclamato il proprio potere. I Guerrieri della Libertà non sono innamorati del fascino insito in questi atti di potere, perciò li considerano come niente di più che strumenti utili per l'acquisizione della vera libertà. Essi sanno bene per esperienza personale che avere il potere per il gusto di avere potere è uno dei quattro nemici naturali degli uomini, per cui i Toltechi guidano con cautela i loro apprendisti consigliando loro di indulgere pochissimo in qualsiasi fantasia basata sul fascino della spettacolarità, e spesso ricordano agli apprendisti che il vero guerriero non è un animale da circo, e quindi non si é tenuti a comportarsi come tali. 128


Nell'uomo comune, il senso d’essere vittima, il suo senso di autocommiserazione e il suo senso di auto-importanza sono tali che, sebbene la maggior parte degli apprendisti non lo ammetterà mai, molti arrivano alla Via del Guerriero con il segreto motivo di volere acquisire potere sui propri simili. Il Potere dell’Uno può essere un concetto impressionante, come lanciare la Lancia del Destino e brandire la Spada del Potere possono essere un ideale glorioso, ma è quasi sempre l'idea ingenua di poter controllare gli altri con le pratiche di stregoneria che emoziona veramente ed eccita l'apprendista comune. Infatti, solo pochi apprendisti sono sinceramente disposti a subire le difficoltà dell’apprendimento che comporta l'acquisizione del vero potere. La maggioranza degli uomini e donne, anche se vorrebbero avere il Potere dell’Uno, non sono disposti a pagare il prezzo richiesto per tale potere. Nel corso dei secoli, molti uomini e donne hanno scelto la via dello sciamano, per via dell’apparente convenienza e del facile accesso alle pratiche della stregoneria. Essi credevano che questo percorso li avrebbe liberati dall'oppressione e gli avrebbe garantito il successo in tutte le aree della loro vita. Eppure, ironia della sorte, per aver fatto questo "acquisto" a buon mercato, questi uomini e queste donne hanno finito per rinunciare al secondo e al terzo anello del potere, così come hanno sacrificato la loro vera libertà - un prezzo assolutamente esorbitante, che non giustifica i guadagni piuttosto scarsi offerti dal potere dello sciamano. Il costo della vera conoscenza è davvero alto, ma in confronto al prezzo pagato dallo sciamano, il prezzo che pagano le persone che si dedicano alla Via della Libertà è trascurabile, mentre i premi sono infinitamente più grandi. Tuttavia, il prezzo da pagare dipende completamente da dove si sceglie di posizionare il focus. Il prezzo per il vero potere è la propria vita e, a seconda di come vediamo la nostra vita, il costo può sembrare terribilmente alto. Ma per coloro che giungono alla conclusione che la loro vita attuale non ha più alcun valore, il costo, anche se rimane alto, non è così alto come per coloro che non sono disposti a sacrificare la loro vita attuale. E' per questa ragione che si afferma che solo coloro che vengono alla Via del Guerriero pronti a morire possono sperare di aver successo, perché reggere il potere dell’Uno richiede una totale trasformazione, una trasformazione che richiede la morte del vecchio nella totale ristrutturazione dell'isola del tonal. Eppure la maggior parte delle persone trova troppo alto il prezzo da pagare, proprio perché il cammino della libertà richiede la morte del vecchio, anche se il vecchio stile di vita è infelice e poco efficace. Solo quando un apprendista è costretto a scegliere la libertà come un atto di sopravvivenza sarà disposto a rinunciare all’unica vita che ha conosciuto. Di conseguenza, non sorprende che ancora oggi ci siano così poche persone che reggono ed esercitano il Potere dell’Uno in modo efficace, anche se migliaia e migliaia di persone hanno cercato di acquisire il potere in modo "facile e veloce". Anche se so che molti di coloro che leggono questi libri cercheranno di acquisire potere in modo "veloce" tentando di accedere al Mondo degli Stregoni per la via "facile", non posso fare altro che evidenziare l'enorme pericolo che si corre nel dilettarsi in questo genere di attività. Il pericolo sta nel fatto che l'umanità non ha la minima idea della potenza insita nell'atto della percezione. Molte persone semplicemente trovano troppo difficile credere che il mondo è letteralmente ciò che percepiamo che é, e quindi quando occasionalmente entrano in contatto con una persona che sperimenta il mondo in modo diverso dal loro, invariabilmente evitano tale persona, classificandolo come matto, fuori di testa o eccentrico, in ogni caso da non prendere in considerazione. E tuttavia, ben pochi di coloro che sono classificati dal punto di vista medico come mentalmente instabili sono veramente malati, anche se alcune di queste persone sono davvero instabili, molti sono soltanto figliastri di una società che teme gli stati alterati della percezione. La cruda verità della questione è che molte persone veramente pazze non si trovano nelle cliniche psichiatriche e nei manicomi, ma sono spesso le persone che la società considera come onesti e affidabili cittadini e leader dal pensiero profondo. In un tale stato di cose non sorprende che così tante persone vogliano mantenere dogmaticamente la loro idea di ciò che é sano, ragionevole e pratico. E sorprende ancora meno che tante persone che cercano il potere abbiano l'idea demenziale che sacrificando la propria libertà si 129


ottenga il potere. Eppure, anche se tale ragionamento non ha alcun senso, ci sono, e ci sono sempre stati, migliaia e migliaia di persone che credono seriamente che il fine giustifica i mezzi, e quindi ci saranno sempre quelli pronti a cogliere la possibilità di avere anche solo un pò di potere a qualunque costo, a condizione che gli si prometta un rapido e facile accesso a tale potere. Il fatto che tali promesse tendano a non concretizzarsi quasi mai sembra essere abbastanza marginale. E' ancora sorprendente vedere quanti uomini e donne intelligenti possono essere indotti a pratiche di stregoneria, semplicemente perché appare o, più correttamente, promette di dare loro potere sui propri simili. Invece di lottare per raggiungere quel tipo di potere che garantisce la libertà dalle convinzioni e dogmi della società in cui vivono, queste persone desiderano dominare i loro simili nel contesto del condizionamento sociale - un fenomeno definito dai Toltechi, come la follia del sogno. Nei giorni di Atlantide l'adesione alla follia del sogno causò la scissione tra le fila del Fratellanza Tolteca, e sicuramente fu questa follia che determinò la distruzione di quel continente. Eppure, nonostante le lezioni della storia, questa stessa follia persiste ancora, e anche se l'umanità ha vissuto due guerre mondiali dalla distruzione di Atlantide, oggi ci sono ancora molte persone nel mondo che persistono nell’aderire alla follia originale. Di conseguenza, anno dopo anno, generazione dopo generazione, e millennio dopo millennio, migliaia di persone cercano di acquisire potere in modo "rapido", tentando di accedere al mondo degli stregoni per la via "facile", nonostante il fatto che la maggior parte di questi miserabili finisca per pagare prezzi grotteschi per i loro folli tentativi. Da quanto sopra dovrebbe essere chiaro che il Mondo degli Stregoni è molte cose per molte persone, perché è letteralmente l'altro, anche per coloro che non hanno mai sentito parlare del Mondo degli Stregoni. Quindi, se sei povero, l'altro è ricchezza in abbondanza; se soffri di problemi di salute, l'altro è perfetta salute; se ti manca la conoscenza, l’altro abbonda di apprendimento e conoscenza; se sei una vittima, l'altro è essere un vincitore; se desideri il potere temporale, l'altro offre una serie di poteri che eccitano la mente nell'impatto con così tanto potere; se cerchi la visione del mistico, l'altro è pieno di vasti reami di indicibile estasi; se cerchi i segreti dello sciamano, l'altro è popolato da un gran numero di esseri di ogni tipo che offrono i segreti più stuzzicanti. Infatti, l'altro è tutto ciò che uno può immaginare o sperare, e qui si trovano le trappole mortali di questo mondo mozzafiato di magia fiabesca. Come si fa a spiegare a coloro che hanno una visione fissa del mondo che la fantasia non è fantasia, ma che appare come fantasia perché é in contrasto con una concezione fissa della realtà? Come si fa a spiegare a queste persone che la cosiddetta fantasia può essere resa reale col magico potere insito nella percezione? Quando i fratelli Wright concepirono per primi l’aeroplano, molti lo considerarono una fantasticheria. Prima che Armstrong facesse i primi passi sulla luna, i viaggi nello spazio erano considerati come una fantasia della scienza. Eppure oggi, gli aerei e i viaggi nello spazio non sono più soltanto un glorioso sogno ad occhi aperti, o la fantasia di un pazzo, ma non fanno neanche più notizia, perché sono abbastanza comuni. Anche se oggi molte persone hanno la capacità di allineare correttamente e a loro vantaggio il Mondo degli Stregoni, ciò che gli impedisce di farlo è il non credere in se stessi. A questo proposito è di vitale importanza rendersi conto che se i fratelli Wright non avessero creduto nella loro capacità di costruire e far volare una macchina più pesante dell'aria, non avrebbero mai potuto realizzare l’aereo. Allo stesso modo, se gli scienziati avessero continuato a credere che fosse impossibile volare e guidare un razzo oltre l'atmosfera terrestre, oggi i viaggi nello spazio sarebbero ancora solo una fantasia. NON ESISTE ATTO PIU’ POTENTE DELL’ATTO DEL CREDERE. IL GUERRIERO E’ UN ESSERE CHE CREDE NELLE SUE DIVINE ABILITA’ COME ESSERE MAGICO DELL’UNIVERSO. LO STREGONE, D’ALTRA PARTE, NON CREDE NEL SUO POTENZIALE DIVINO, E QUINDI SENTE IL BISOGNO DI CERCARE IL SOTITUTO DEL POTERE CHE GLI MANCA. 130


L'aforisma sopra mostra chiaramente la grande differenza tra il vero guerriero e lo stregone, ma anche se la fratellanza Tolteca è sempre stata chiara su questo punto, per uno strano scherzo della ragione umana è molto più facile credere in negativo piuttosto che credere in positivo. Come risultato, ci sono sempre stati i fratelli che, non essendo in grado di credere nelle potenzialità divine dell'uomo, non riescono a credere che sia possibile accumulare potere senza l'aiuto delle pratiche di stregoneria. Ed é questa mancanza di convinzione che ha tenuto divisa la fratellanza Tolteca per tanto tempo, perché tutte le pratiche di stregoneria sono basate sul principio della manipolazione forzata - un concetto e una pratica ripugnanti per i guerrieri della libertà. Molte persone, anche i devoti cristiani, non si rendono conto che la stregoneria non è altro che un insieme di pratiche volte a manipolare gli altri per indurle ai propri voleri. Questo è vero, sia che un cosiddetto sciamano utilizzi un rito per lanciare un incantesimo di sventura sull’avversario, o sia che un uomo d'affari cerchi di manipolare finanziariamente un avversario per estrometterlo dal mercato; sia che uno stregone utilizzi le erbe per guarire un paziente o sia che l'avvocato di un criminale usi le parole con astuzia per gettare fumo negli occhi della giuria. La manipolazione forzata resta la base di tutte le pratiche di stregoneria, non importa se il praticante si presenti come uno stregone o no, e non importa come il praticante vuole travestire le sue azioni. E' da ingenui credere che sia l'abito di uno stregone a renderlo uno stregone, o che sia l’uso di strane parole dall'aspetto rituale a dargli il suo potere. Ciò che rende uno stregone uno stregone sono le sue azioni, e la sua motivazione per tali azioni. Pertanto rendetevi conto che un giudice in un tribunale indossa abiti altrettanto strani, così come il gergo tecnico-legale può sembrare strano ai non iniziati, ma tale vestito e tale gergo non indicano che tutti i giudici sono stregoni. Tuttavia, qualora un giudice usasse la sua conoscenza del diritto per manipolare un procedimento giudiziario ed adattarlo al proprio senso di giustizia, allora sarebbe uno stregone, forse più di quelli che professano apertamente di essere stregoni. Da questo esempio si vede ancora una volta come l'ignoranza dell'uomo causi la superstizione nelle menti degli stolti. Il Mondo degli Stregoni è molto più accessibile di quanto la gente crede, e ci sono oggi molti più stregoni potenti nelle discipline ortodosse dell'umanità rispetto ai pochi che ancora si attribuiscono il titolo tradizionale di stregone, l’armamentario, il rituale, la pompa magna e la cerimonia. Che cos’é allora il Mondo degli Stregoni? Come ho già accennato, il Mondo degli Stregoni è molte cose per molte persone, ma in sostanza è il mondo del completamento - un mondo in cui ogni cosa è possibile semplicemente perché non vi è alcuna distinzione tra ciò che era, ciò che è, e ciò che può essere. In questo mondo il concetto di potenziale non ha alcun significato, perché qui tutto il potenziale è una realtà in virtù della sua non-materialità - una caratteristica che lo rende il polo opposto al mondo fisico denso, e da cui il suo nome, L’Altro. Tuttavia, il Mondo degli Stregoni non è solo l'esatto contrario del mondo fisico denso, ma essendo il potenziale di Ogni-Cosa, è anche il progetto del mondo fisico denso. Pertanto nel Mondo degli Stregoni esiste letteralmente ogni cosa conosciuta, ogni cosa che è stata conosciuta, e ogni cosa che potrà mai essere conosciuta; da cui discende l'affermazione che il Mondo degli Stregoni è uno sconcertante labirinto. Ogni parte del labirinto essendo completa in sé, nel senso che Ogni-Cosa, per essere ogni cosa, non ha né inizio né fine, né fluidità né definizione, rende questo mondo in continuo rivolgimento su se stesso per diventare qualsiasi altra cosa. Pertanto, il qui è sempre proprio qui, ma anche il lì, e poi improvvisamente dappertutto, in modo che a prescindere da dove ci si trovi nel labirinto, è possibile essere in molti luoghi contemporaneamente, eppure da nessuna parte, ma essendo ancora qui. Lo stesso vale per l'adesso che è sempre adesso, ma anche prima, e poi improvvisamente senza tempo, col risultato che questo completamento, che è la caratteristica distintiva del Mondo degli Stregoni, è assolutamente impossibile da comprendere nel contesto della sua non -materialità.

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Per capire il Mondo degli Stregoni e per trovare la propria strada attraverso il labirinto delle sue mutevoli forme, bisogna essere in possesso di determinate chiavi, chiamate dai Toltechi i ventuno gioielli della consapevolezza. Queste chiavi, che sono immateriali come il Mondo degli Stregoni, a causa della loro natura amorfa, sono note anche con il termine di ventuno nuclei astratti. Tuttavia, anche se tradizionalmente i Toltechi hanno sempre fatto riferimento solo a ventuno gioielli, in realtà sono ventidue, un fatto che nasconde uno dei più profondi misteri riguardanti la consapevolezza e l'atto della percezione. Infatti, il mistero che circonda i ventuno gioielli della consapevolezza ha la natura di una ventiduesima situazione, perché è quasi impossibile ottenere una qualsiasi comprensione del Mondo degli Stregoni senza una comprensione di queste chiavi, e senza un comprensione del Mondo degli Stregoni è estremamente difficile cogliere il significato delle chiavi che non sono realmente delle chiavi. Tuttavia, è così enigmatica la natura di gran parte del cammino del guerriero, che l'unico modo per cogliere il significato intrinseco di ogni enigma è quello di sperimentare e conoscere ciò che costituisce l'enigma stesso. Rendetevi conto che non ci sono enigmi in quanto tali, allo stesso modo in cui non ci sono incidenti o coincidenze. Ogni enigma sembra un enigma a causa di una lacuna nella conoscenza. Inutile dire che, una simile lacuna costituisce il rapporto tra quelli che sembrano inconciliabili paradigmi. In altre parole, l'assurdità e l'insondabilità di un enigma è solo l'illusione che i paradigmi sono inconciliabili. Tuttavia, basta poco per comprendere che nulla nell'universo può essere davvero inconciliabile, perché un tale concetto implicherebbe che l'universo è un caos di frammenti non collegati - un concetto che sarebbe assurdo. Pertanto non è mai l'enigma in quanto tale ad essere insondabile, invece è assurda l’insistenza dell'uomo nel credere che qualsiasi paradigma che non sia riconciliabile con l’unico e solo paradigma razionale, deve essere necessariamente una sciocchezza, una fantasia o, nella migliore delle ipotesi, un enigma insondabile. A questo proposito è sorprendente vedere quante volte un uomo comune si confonde da solo con la propria mente razionale, perchè quasi mai viene in mente che tutte le 22 situazioni sono semplicemente il prodotto del pensiero razionale entrato in un loop, e che poiché è se stesso che ha avviato il loop, può anche annullare il loop se sceglie di farlo. n.d.t. loop: giro circolare che torna al punto di partenza

Quindi, lavorando con l’apparente l'enigma che circonda il Mondo degli Stregoni e con le sue chiavi, è importante capire se non siamo intrappolati in loop razionali, ed è indispensabile che ci sforziamo di comprendere il più possibile il rapporto tra il Mondo degli Stregoni e le sue chiavi. È inoltre fondamentale tenere a mente che qualsiasi cosa facciano i guerrieri è sempre basata sulla relazione, perché in ultima analisi, c'è solo una vita, le cui unità sono tutte completamente collegate, interattive e quindi interdipendenti. Non c'è assolutamente nulla nell'universo che non sia legato a qualcos'altro, che non interagisce con qualcos'altro, e che quindi non dipende da qualcosa d'altro per la sua esistenza, per il suo scopo e il suo significato. Ripeto, non vi è nient’altro che un vuoto che contiene ogni cosa, e siccome il mondo degli stregoni è il potenziale di ogni cosa, è ovvio che è il potenziale dell’universo manifesto, il potenziale del tonal cosmico. Ricordate, però, le vaste implicazioni insite nella natura del Mondo degli Stregoni. Essendo il potenziale del tonal cosmico, il Mondo degli Stregoni è quella parte del potenziale dell’Indicibile che è attualmente in azione come universo manifesto. In altre parole, il Mondo degli Stregoni è ciò che l’Indicibile vuole dispiegare nella sua attuale incarnazione, e quindi nel Mondo degli Stregoni è riflesso il quadruplice scopo dell'indicibile, compreso il vero scopo e significato dell'uomo, il microcosmo del macrocosmo. Comincia a chiarirsi il perché, fra tutti i mondi possibili che possono essere assemblati, gli stregoni sono così intenti a concentrare i loro sforzi per padroneggiare l'Altro. Il Mondo degli 132


Stregoni, contrariamente a quanto si potrebbe credere, non prende il suo nome dalla sua popolarità tra gli stregoni, ma piuttosto dal fatto che innumerevoli aspiranti stregoni hanno alimentato nel corso dei secoli questo mondo con la loro consapevolezza, con il loro potere personale, e infine con la loro essenza vitale. Il Mondo degli Stregoni è stato alimentato così a lungo che oggi è permeato da un caotico accumulo di potere umano che sembra aver acquisito vita propria, indipendente dal potere insito nel Mondo degli Stregoni stesso. Questo caos di potere umano pervade l'intero Mondo degli Stregoni e ha raccolto una tale forza nel corso dei millenni che è diventato molto simile al leggendario fuoco fatuo, che naturalmente aggiunge pericolo a questo mondo già di per sé pericoloso. In effetti, molti racconti del mistero: sui fuochi fatui, sulla sfinge, sulle arpie, sugli esseri malvagi che custodiscono i crocevia e altri racconti analoghi, hanno il loro fondamento nei letali inganni nati dai cumuli di lasciti umani che infestano il labirinto del Mondo degli Stregoni. Nei termini Toltechi, questo cumulo di lasciti umani, che esistono dappertutto e contemporaneamente nel Mondo degli Stregoni, è conosciuto come lo specchio della giustizia. La contemplazione del riflesso di questo specchio conduce alla pazzia o alla morte di coloro che non hanno le chiavi del Mondo degli Stregoni, oppure conduce alla luce attraverso l'oscurità e alla liberazione attraverso il potere dell’intento di coloro che hanno il potere necessario per utilizzare le chiavi. Dato che il Mondo degli Stregoni riflette il quadruplice scopo dell’Indicibile, è in questo mondo che i segreti della materia, dell’energia, dello spazio e del tempo possono essere risolti più facilmente che in uno qualunque degli altri mondi. In effetti, solo cogliendo il significato e lo scopo del MEST (Materia-Energia-Spazio-Tempo) è possibile sopravvivere al Mondo degli Stregoni. Tuttavia, per capire questo concetto, è importante tenere a mente che MEST non è affatto ciò che l'uomo comune pensa che sia, e siccome è già stato spiegato parzialmente nel Il Grido dell'Aquila, il lettore farebbe bene a rivedere a fondo quella sezione degli insegnamenti, perché ciò che segue non è facile da afferrare, senza aver ottenuto una buona comprensione dei fondamenti della cosmologia impartiti in quel precedente volume. Anche se il tempo è stato spiegato più in dettaglio nel capitolo ottavo, non è ancora possibile a questo punto degli insegnamenti spiegare pienamente il MEST, ma per i nostri attuali scopi dobbiamo almeno tentare di ottenere una migliore prospettiva sulle implicazioni del MEST nel contesto del Mondo degli Stregoni. Si deve ricordare che tutti i dieci mondi sono in realtà dimensioni di consapevolezza esistenti nelle quattro direzioni. In altre parole, il Mondo degli Stregoni non è un mondo là fuori da qualche parte, ma è uno specifico stato di consapevolezza che è parte di questo mondo, eppure allo stesso tempo esiste anche oltre questo mondo. Questo è un concetto difficile da verbalizzare, ma sarà di grande aiuto pensarlo come un atomo, anche se in tal modo sarà onere del lettore tenere a mente che l'atomo è solo un'analogia per una realtà che sfida la verbalizzazione. Pensate al mondo fisico denso, che è l'intero universo manifesto, come a un atomo gigantesco. Ora pensate alla materia come agli inerti neutroni contenuti nel nucleo dell'atomo, e pensate all’energia come ai protoni carichi positivamente, che sono anch’essi nel nucleo. Ora pensate allo spazio con carica negativa definito dagli elettroni che orbitano nell'atomo e incapsulano il nucleo, e per tenere la nostra analogia lasceremo che questo spazio rappresenti lo spazio universale, nel qual caso gli elettroni rappresentano il tempo. Ma tenete conto che a differenza dell'atomo, in cui i neutroni attenuano i protoni, l'energia circonda e permea tutta la materia, così come lo spazio non è un nulla vuoto, ma è una forza tangibile che circonda e permea sia l’energia che la materia. Allo stesso modo il tempo non è come tanti elettroni che orbitano intorno al nucleo, ma è una forza che definisce i parametri dello spazio, e che comunque esiste anche nello spazio, nell’energia e nella materia. Anche se questa analogia aiuta vagamente a spiegare la quarta dimensione, essa distorce anche la realtà perché siamo ancora in un modello tridimensionale. In termini pratici non è possibile verbalizzare, o addirittura rappresentare graficamente la quarta dimensione, per la semplice ragione che la quarta dimensione è una sfera dinamica che non ha un centro fisso. Non so in quale altro 133


modo dirlo, ma il lettore può immaginare una sfera nei termini dell’analogia, e poi visualizzare il centro di questa sfera in continuo movimento, in modo che, quando il centro si muove, la sfera si ridefinisce essendo attirata verso l'interno dal movimento del centro. Così ogni posizione del centro segna una definizione della sfera dell’essere e come tale non può essere persa. Pertanto tutte le posizioni del centro, passato, presente e futuro, esistono simultaneamente nel contesto del tempo. E’ il costante movimento del centro che costituisce la quarta dimensione, perché se il centro fosse fisso, ci sarebbero solo tre dimensioni, e nel qual caso la quarta dimensione e l'evoluzione della consapevolezza, non sarebbero possibili. Nel considerare il Mondo degli Stregoni, pensa a tutto il mondo fisico denso, cioè all'universo manifesto, come se fosse i neutroni di un atomo ancora più grande. In altre parole, il MEST nell'universo manifesto è nella sua totalità solo la parte materiale del Mondo degli Stregoni, motivo per cui si afferma che il Mondo degli Stregoni fa parte di questo mondo, ma esiste anche oltre di esso. Questo è vero per tutti i mondi, perché progredendo verso l’alto nell’Albero della Vita ogni mondo incapsula quello precedente in termini di materia, fino a che finalmente il primo mondo, a sua volta, é incapsulato dal vuoto che segna il Nagual, cioè il Nulla, Nessuna-Cosa, che segna l’Indicibile. Questa, naturalmente, è la sfera finale dell’essere, il cui centro è la decima dimensione, cioè, l'universo fisico denso, e che, come abbiamo già notato, è in costante movimento a causa dell’evoluzione della consapevolezza. Ora che abbiamo un'idea più chiara di come i quattro componenti del MEST co-esistono, siamo più equipaggiati per iniziare a capire perché sono chiamate le quattro direzioni. L'interrelazione degli insegnamenti Toltechi è tale che dobbiamo approfondire di più gli insegnamenti prima che diventi chiaro il motivo per cui il MEST é definito le quattro direzioni e perché si tratta di direzioni.

Dalla lettura del Il Grido dell'Aquila si ricorda che la materializzazione, cioè la materializzazione del desiderio del Nagual di incorporare l'ignoto nel noto, è l'obiettivo generale della manifestazione, e poiché questa deve necessariamente nascere attraverso l'esperienza pratica, è ovvio che questa materializzazione può essere realizzata solo nel contesto della vita all'interno della manifestazione. Se così non fosse, allora non ci sarebbe alcun bisogno che l’Indicibile si manifestasse. La Materializzazione è quindi centrale nello scopo del Nagual, e può quindi a buon diritto essere definito il centro della sfera dell’essere, che non è per niente strano se si considera che l'universo manifesto, come abbiamo già notato, è il nucleo più interno del tonal cosmico. Tuttavia, la materializzazione è posizionata al Nord, ma per ora non è possibile spiegarne le ragioni, se non per dire che la consapevolezza intrinseca ha una predilezione per la progressione lineare, e che la progressione lineare è il nord magnetico dell'universo manifesto. Inoltre, poiché la materializzazione costituisce la battaglia dell’Indicibile, i Toltechi fanno riferimento al Nord anche come campo di battaglia. Tuttavia, ricordate che la materializzazione è il centro della sfera dell’essere, e quindi questo significa che il Nord, nel contesto della quarta dimensione, è in realtà al centro della sfera dell’essere – da cui provengono affermazioni come la vera battaglia si combatte all'interno e non all’esterno, e tutta la conoscenza viene da dentro. Vediamo quindi che la materializzazione non è solo il centro della sfera dell’essere, ma poiché questo centro è anche il campo di battaglia, il Nord deve necessariamente essere il luogo dell'azione, e dal momento che ogni azione comporta il movimento, non c'è da stupirsi che il centro della sfera dell’essere sia in costante movimento. Però, poiché tutta la materializzazione tende all’inerzia, questo movimento continuo del centro è il principale atto di non-fare, che è, il non-fare dell’Indicibile e, di conseguenza, il Nord è anche il luogo assegnato al non-fare, che, come sappiamo, è l’essenza dell'arte dell’agguato. Da questo se ne deduce che l’Indicibile tendendo

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l’agguato alla percezione di sé materializza il suo scopo, e poiché questo avviene al centro della sua essenza manifesta, chiamiamo il Nord il centro del mondo. Con una migliore prospettiva sul significato del Nord, ricordate che la materializzazione è solo una trasfigurazione dell’energia, e quindi parlando del movimento in quanto tale, ciò a cui si riferiscono effettivamente i Toltechi non è tanto il movimento del centro della sfera dell’essere, ma piuttosto la trasfigurazione dell’energia in materia a seguito del movimento o, più correttamente, l'azione definita il non-fare dell’Indicibile. Pertanto il vero movimento è l'atto di nutrire il sogno dell’Indicibile, che come sappiamo da Il Grido dell'Aquila, viene assegnato al sud. Ancora una volta ora non è possibile spiegare le ragioni di questo, se non per dire che se il Nord è il luogo dell’azione e della realizzazione; quindi il suo polo opposto, il Sud, deve essere l'energia necessaria per tale azione, ma poiché l'energia è il prodotto del potere personale, l'unico modo per sfruttare l'energia è sognare, cioè, accedere quanto più possibile a diversi allineamenti della percezione. Se ora torniamo alla nostra analogia con l'atomo, vediamo che nel contesto della quarta dimensione, la materia e l’energia formano il nucleo, che naturalmente, è movimento. Tuttavia, tutto questo movimento é incapsulato nello scopo che da origine a quel movimento. In altre parole, lo scopo della vita manifesta è ciò che dà origine al movimento: ciò che dà origine all’energia e alla materia. Tale scopo può essere percepito solamente allineandosi allo scopo manifesto dell’Indicibile. Mentre, il vero scopo alla base dell’Indicibile si trova nel regno dell'Inconoscibile. Di conseguenza, nel tentativo di capire lo scopo della vita, al massimo possiamo sentire la nostra via nell’oscurità, che naturalmente, è l'atto di mappare l'ignoto e, come tale, richiede la cancellazione della storia personale. La cancellazione della storia personale è assegnata all’Ovest, il luogo del sentimento, ossia, sentire la nostra via nell’oscurità, che equivale ad aprire il cuore, ma poiché questo comporta l'ascoltare come è definito dai Toltechi, è subito chiaro che ci si riferisce all’Ovest come al suono. Inoltre, poiché cancellare la storia personale rivela a poco a poco la totalità del sé, è ovvio che questo deve dar luogo ad una maggiore comprensione dello scopo della vita o, più precisamente, una maggiore sensazione dello scopo della vita. Tuttavia, abbiamo appreso che lo spazio è definito come il prodotto del testimoniare lo scopo della vita, implicando che lo spazio è in realtà un'espressione dello scopo dell’essenza, e che é gradualmente rivelato dall’emergere della totalità del sé. Questo è quanto si può dire qui riguardo la vera natura dello spazio; a questo punto non è possibile spiegare di più. Infine veniamo agli "elettroni" del nostro modello di atomo, per i quali abbiamo deciso che rappresentano il tempo. Da Il Grido dell'Aquila sappiamo che il tempo è il primo componente del MEST che si materializza nella manifestazione dell'universo, e poiché il tempo è l'espressione universale dell’intento, (capitolo ottavo), non sorprende affatto. Quello che il più delle volte confonde gli apprendisti, è che essendo l'espressione universale dell’intento, il tempo è, naturalmente, l’emozione dell’Indicibile, ma il tempo é assegnato ad est, che è il luogo della sobrietà, un facoltà della mente; sembra che ci troviamo di fronte a una enorme contraddizione negli insegnamenti. Tuttavia, non vi è alcuna contraddizione in quanto tale, se si ricorda che l'intento e la mente sono le due polarità della consapevolezza, e siccome la consapevolezza stessa precede la manifestazione, ne deve conseguire che l'unico motivo perché l’Indicibile si manifesti è che l’Indicibile ha iniziato a ricapitolare, e per via della ricapitolazione ha acquisito la sobrietà sufficiente a riconoscere la necessità di manifestarsi. Una volta che è stata acquisita la sobrietà necessaria, l'intento dell’Indicibile inizia a manifestarsi in termini di desiderio, che come sappiamo dai volumi uno e due non è solo ciò che i Toltechi chiamano colore, ma è anche il fondamento di ogni emozione e in definitiva anche del tempo. I motivi per cui l'emozione è chiamata colore, e perché il tempo é assegnato ad est, sono purtroppo troppo complessi per i nostri attuali scopi. A questo punto, tutti noi stiamo cercando di avere un’idea di ciò che comporta la quarta dimensione, in modo che possiamo avere almeno una conoscenza operativa del Mondo degli Stregoni. L'essenza che produce ogni cosa, incluso il

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quadruplice scopo dell’Indicibile, è il MEST. Quindi ancora una volta devo chiedere al lettore di essere paziente. Non è possibile comprendere il MEST nella sua interezza senza una base approfondita in tutti gli aspetti degli insegnamenti Toltechi, e proprio ora ci accingiamo a scoprire i fondamenti della cosmologia che non potevano essere trattati ne Il Grido dell'aquila. Ora abbiamo una migliore prospettiva sulle quattro direzioni che costituiscono la quarta dimensione, e quindi nel capitolo seguente ci accingiamo a guardare in queste direzioni in termini di consapevolezza, perchĂŠ non bisogna dimenticare che, in ultima analisi, le quattro direzioni sono specifici stati di consapevolezza, e dobbiamo fare i conti con questi primi quattro stati di consapevolezza per cogliere il significato e la natura del Mondo degli Stregoni.

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CAPITOLO UNDICI

I VENTUNO GIOIELLI LE CHIAVI DEL MONDO DEGLI STREGONI SONO VENTUNO GIOIELLI CHE RIFLETTONO UNA LUCE LETALE PER LA PERSONA IGNORANTE. MA CHIUNQUE ABBIA IL POTERE DI TENERE QUESTE CHIAVI E’ MAESTRO DEL MONDO DEGLI STREGONI E POTRA’ ENTRARE ED USCIRE DA QUEL MONDO IN SICUREZZA E A VOLONTA’.

Nel considerare le quattro direzioni in termini di consapevolezza, abbiamo diverse opzioni a nostra disposizione, a seconda di dove abbiamo scelto di posizionare il focus. Per i nostri scopi, adotto il metodo che utilizzo per spiegare agli apprendisti cosa comporta il loro specifico ruolo all'interno dell'unità tolteca. Anche se questo metodo lascia aperte molte questioni, è più facile da seguire nei termini delle quattro direzioni. Col tempo tutte le domande troveranno risposta, ma per ora dobbiamo optare per il metodo più semplice. L'unità Tolteca si basa sulle leggi dell'evoluzione, che non sono leggi concepite dall’uomo, ma leggi scoperte dai Toltechi in numerose generazioni di veggenti. Faccio notare questo punto perché nella sezione che segue faccio una dichiarazione dopo l'altra senza giustificare queste affermazioni, perché se vogliamo ottenere chiarezza su questo materiale, i dettagli devono per forza venire solo più tardi. Se cercassi di spiegare ogni dichiarazione, il lettore si confonderebbe perdendosi nei dettagli e non sarebbe in grado di vedere l’insieme. Se osserviamo l'unità tolteca, vediamo che il modo in cui il potere ha sistemato l’unità ha delle implicazioni impressionanti. Prima di tutto, tutte le unità Toltechi sono composte da uomini e da donne, e tutti gli uomini e le donne si dividono naturalmente in quattro gruppi ben definiti. In altre parole, anche se ogni individuo è unico, in ultima analisi, ci sono solo quattro tipi di uomini e quattro tipi di donne corrispondenti al quadruplice scopo dell’Indicibile. Come risultato, questi quattro tipi di uomini e quattro tipi di donne sono assegnati alle quattro direzioni. In relazione a quanto sopra, è importante ricordare che il maschile è positivo rispetto al femminile, (Il Grido dell'Aquila), il che in pratica significa che il maschile equivale al conosciuto, mentre il femminile equivale all'ignoto. Inoltre, il maschio ha lo scopo di ancorare tutta la conoscenza, nel senso che il maschio deve rendere pratica la conoscenza, nella vita sul piano fisico. Lo scopo della femmina, invece, è di aiutare il maschio nel mappare l’ignoto facendo emergere frammenti dell’ignoto che sente necessari ad un particolare compito o una particolare impresa. Come abbiamo visto ne Il Grido dell'Aquila, ciò richiede l'atto di intelligente cooperazione tra maschio e femmina, che implica e produce l'elemento dell’integrazione o dell’inclusività. Pertanto, anche se è la donna che assume l’iniziativa nell’entrare nell'ignoto, è comunque il maschio che guida sul piano fisico. Tutta l’operazione si regge sull’apertura del cuore, in modo che si realizzi l’intelligente cooperazione e si metta in pratica l'elemento dell’inclusione o integrazione, perché senza l'inclusione non è possibile incorporare l'ignoto nel conosciuto. Di conseguenza, ognuna delle quattro direzioni all'interno dell'unità Tolteca ha come minimo un maschio e una femmina, il cui scopo è la cooperazione intelligente portando avanti l’inclusività. Il modo in cui sono posti i guerrieri maschi e femmine all'interno di un’unità Tolteca non è difficile da afferrare, una volta che abbiamo capito quali sono i quattro tipi di uomini e quattro tipi di donne. In questa fase non spiegherò i quattro tipi diversi, se non per dire che i quattro tipi si distinguono fra loro perché tutti gli uomini e le donne hanno una predilezione naturale per una delle 137


quattro direzioni. Tuttavia, tale predilezione non è scelta a caso dal singolo, ma è determinata in primo luogo dal destino e in secondo luogo dal fato. Quindi non compete al singolo decidere in quale direzione vuole essere, né per lo stesso motivo compete al nagual. Il ruolo del nagual qui è semplicemente quello di usare la sua abilità di veggente per segnalare agli apprendisti che nel tempo diventeranno guerrieri della sua unità, quali sono le loro rispettive direzioni e le loro funzioni. Un altro punto da specificare è che, poiché l'ignoto è il parente femminile del conosciuto, e poiché la femmina ha una duplice natura, cioè madre e donna, ciascuna delle direzioni femminili all'interno dell'unità Tolteca riflette questa dualità. Di conseguenza, l’aspetto femminile di ciascuna delle direzioni è costituito da due donne, una canalizza il potere della madre, e l'altra canalizza il potere della donna. Per capire come funziona, è importante sapere che tutti gli uomini e le donne hanno anche una naturale predilezione o per l'arte del sognare, e nel qual caso sono chiamati sognatori, o per l'arte dell’agguato, e nel qual caso sono chiamati cacciatori. I sognatori sono uomini e donne naturalmente introspettivi, che dunque tendono ad essere relativamente tranquilli e ritirati. I cacciatori, d'altro canto, sono uomini e donne naturalmente estroversi, e quindi tendono ad essere relativamente autoritari e socialmente attivi. Nel caso delle donne, questa predilezione si manifesta in modo tale che la sognatrice sarà quella che naturalmente canalizzerà il potere della donna, mentre la cacciatrice canalizzerà naturalmente il potere della madre. Di conseguenza, le cacciatrici sono sempre le più prepotenti, mentre le sognatrici sono quelle più tranquille e introverse. Prima di esaminare la struttura del gruppo tolteco, dobbiamo elencare i quattro tipi di uomini e i quattro tipi di donne. I tipi di donne sono tradizionalmente indicati con i quattro venti principali, le cui caratteristiche ricordano le qualità di consapevolezza che contraddistinguono le quattro direzioni. Di conseguenza, abbiamo le donne orientali, chiamate semplicemente donne dell’Est, che sono quelle donne che hanno una naturale predilezione per la sobrietà. Di conseguenza queste donne hanno la tendenza ad essere leggere e ariose, e sono perciò paragonate alla brezza del mattino. Poi abbiamo il Nord, con la loro naturale predilezione per la forza, e che sono quindi paragonate al vento del Nord, perché quando soffia il vento del Nord, verso mezzogiorno, può avere una forza ed una spietatezza implacabili. L'Ovest è puro sentimento, perché come il persistente vento pomeridiano proveniente da ovest, le donne occidentali tendono ad essere chiocce e malinconiche. Infine abbiamo il Sud, che, avendo una predilezione per il calore e per il nutrimento, sono paragonate al vento caldo della notte che soffia da sud. I quattro tipi di uomini sono tradizionalmente indicati con la loro naturale predilezione. Di conseguenza, a Est abbiamo lo studioso che si occupa della sobrietà e quindi della Maestria della Consapevolezza. Al Nord abbiamo l'Uomo d'Azione, che, come dice il suo nome, si occupa dell’azione e quindi anche della materializzazione. A Ovest abbiamo l'Uomo Dietro le Quinte, perché è l'uomo che si occupa prevalentemente di cancellare la storia personale, quindi del sentimento e in ultima analisi, della Maestria dell’Intento. Poi abbiamo il Messaggero, che, non avendo una direzione specifica in quanto tale, può essere collegato a una qualsiasi delle direzioni, sia maschile che femminile. Per capire che cosa implica il quarto tipo di uomo, cioè il Messaggero, va ricordato che la direzione a cui un individuo appartiene è una questione di destino, e quindi non cambia mai. In altre parole, se è tuo destino essere uno studioso in una incarnazione maschile, e una donna del Nord in una incarnazione femminile, allora ogni volta che ti incarni come maschio sarai automaticamente uno studioso, e ogni volta che ti incarni come donna, sarai una donna del Nord. Tuttavia, poiché lo scopo dell'incarnazione è quello di evolvere la consapevolezza, sarebbe estremamente limitante incarnarsi sempre e solo come studioso o come donna del Nord. Per superare questo problema il potere ha impostato le cose in modo che possiamo incarnarci anche come Messaggeri, a causa del fatto che un Messaggero non ha per sua natura una direzione specifica. Ciò significa che un Messaggero è molto simile a un jolly, e poiché può essere collegato a qualsiasi direzione maschile o

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femminile, possiamo acquisire esperienze e conoscenze in una qualsiasi delle posizioni maschili o femminili e in tutte le quattro le direzioni. Pertanto il Messaggero è l’aiutante dell’uomo o della donna in una qualsiasi direzione, e la posizione esatta è ancora una volta determinata dal fato. Quindi, se ti incarni come Messaggero, la direzione a cui sarai associato dipende da cosa devi imparare in questa vita. Ad esempio, se hai bisogno di conoscere la forza femminile, graviterai verso il Nord femminile, ma se hai bisogno di conoscere l'azione maschile, in un modo o nell'altro ti troverai a lavorare con un Uomo d'Azione. Lo vedremo in seguito più in dettaglio, ma propongo questo particolare esempio solo per cercare di chiarire la natura del Messaggero, e in questo senso, occorre chiarire un ultimo punto. Anche se il Messaggero è prevalentemente uno dei quattro tipi di uomini, ci sono casi molto rari, in cui un Messaggero può incarnarsi anche come donna. Faccio notare questo fatto, perché le donne Messaggere esistono. Dopo aver esaminato i quattro tipi di uomini, il lettore avrà notato che, poiché il Messaggero non ha una direzione specifica, la posizione del maschio del Sud sembra essere vacante. La ragione di ciò è che il posto dell’uomo del sud, il luogo del calore, del nutrimento, e del potere, è sempre occupato da un nagual; quel tipo di uomo che, a causa della sua particolare configurazione energetica, può svolgere uno qualsiasi dei ruoli maschili e, quando é completamente formato, anche uno qualsiasi dei ruoli femminili. Di conseguenza, un nagual non è un tipo di uomo come tale, perché in un senso più esoterico è una miscela di tutti i tipi maschili e femminili. Di conseguenza, è ovvio che sia un nagual a condurre verso lo scopo e a dare la direzione all'unità tolteca, perché il suo compito principale è in primo luogo quello di formare gli apprendisti che nel tempo diventeranno la sua unità di guerrieri e in secondo luogo quello di portare tale unità alla libertà. Oltre all'uomo nagual, vi è anche una donna nagual, che ha quasi la stessa configurazione energetica dell'uomo nagual, tranne che contiene in sé le caratteristiche dei soli quattro tipi di donna. A causa di questa profonda differenza di costituzione energetica, l’addestramento formativo di una donna nagual è diverso da quello del maschio; perché non è suo compito insegnare, né condurre il gruppo, ma aiutare il nagual nella guida dell’unità Tolteca verso libertà. Per chiarire questo punto uso sempre la seguente analogia. Pensate all'unità Tolteca come a una nave, presidiata dai guerrieri che compongono tale unità, e il capitano è il nagual. L'obiettivo del capitano, il nagual, è quello di dirigere la nave verso la libertà, attraverso l'oscurità dell’ignoto, sull’oceano della vita. Tuttavia, essendo a bordo della nave in mezzo all’oscurità dell'ignoto, è difficile per il capitano vedere tutte le insidie nascoste nell'ignoto, e che possiamo assimilare agli scogli affioranti che insidiano lo scafo. Per navigare in sicurezza, il nagual utilizza le indicazioni della donna nagual, che non è a bordo della nave, ma è in una piccola barca che conduce da sé con facilità e competenza, fra gli scogli insidiosi che sono invisibili dall'alto bordo della nave. In questo modo la donna Nagual precede la nave e, nell’indicare al nagual dove si trova il pericolo, assiste il nagual nel tracciare la rotta migliore. Da questa analogia è evidente che la donna nagual è parte integrante dell'unità Tolteca, ma a causa della natura delle sue funzioni, è anche distante dall'unità, non fisicamente, ma in termini di consapevolezza. Di conseguenza la donna nagual non ha una direzione preponderante, diversamente dalle altre femmine, ma a causa della sua predilezione per il potere e per la libertà, e a causa della sua stretta associazione con il nagual, lei è sicuramente posizionata al Sud. Ora siamo in grado di prendere in considerazione ciascuna delle quattro direzioni in termini di consapevolezza, e andiamo dritti verso i ventuno gioielli della consapevolezza. Tuttavia, è necessaria una parola di cautela, perché anche se per ora stiamo andando a vedere la consapevolezza nei termini dei ventuno gioielli, tenete conto che, anche se ogni individuo ha la sua predilezione per aspetti specifici della consapevolezza, comunque tutti noi abbiamo tutti i ventuno aspetti della consapevolezza all'interno della nostra costituzione. Qualsiasi predilezione è solo una questione di approccio naturale, e quindi non implica che si ignorino gli altri aspetti della consapevolezza, oppure che in qualche modo li si escluda.

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La predilezione per uno degli aspetti della consapevolezza è tecnicamente un approccio specializzato verso il grande tutto dell'individuo che, naturalmente, è la quarta dimensione. Inoltre, nel definire le quattro direzioni nei termini degli aspetti di consapevolezza che le costituiscono, noi aderiremo al flusso del potere, come accade durante la manifestazione, anziché entro la manifestazione. La ragione di questo è che il flusso di potere durante la manifestazione è più facile da mettere in relazione alla quarta dimensione, mentre il flusso di potere all'interno della manifestazione riguarda l'evoluzione della consapevolezza nel processo della vita sul piano fisico. Aggiungo brevemente solo un altro punto, per capire cosa s’intende con il termine di ventuno gioielli di consapevolezza. Questo punto riguarda ciò che è noto come la scienza della numerologia. La scienza della numerologia comprende, tra le altre cose, il fatto che i numeri indicano specifici allineamenti della percezione. Sebbene i veggenti Toltechi hanno faticosamente rivelato le leggi di questa scienza attraverso un gran numero di generazioni di ricercatori, le leggi che governano questa scienza non sono state formulate dai Toltechi, ma sono basate su leggi e principi universali che sono molto più precisi di quanto l'uomo avrebbe potuto inventare o calcolare. Pertanto, osservando la struttura del gruppo tolteco, vediamo che all’Est, il luogo del sole nascente, troviamo lo Studioso, e dal momento che quest’uomo si occupa prevalentemente della sobrietà, questo aspetto della consapevolezza, o questo gioiello della consapevolezza che è fondamentale nel suo approccio per l'evoluzione della consapevolezza, è il gioiello chiamato conoscenza, a cui é assegnato il numero 14. Nell'unità Tolteca, associato alla posizione di quest'uomo c’è un Messaggero, chiamato semplicemente come il Messaggero dello Studioso, e la cui predilezione è per quel gioiello chiamato discriminazione, a cui viene assegnato il numero 17. Ora, quando questi due uomini lavorano insieme, cioè, se cooperano intelligentemente l’uno con l'altro, l'effetto dello sforzo comune è uguale alla somma dei loro gioielli. In altre parole, se lo studioso e il suo Messaggero esercitano tra loro la cooperazione intelligente, il risultato sarà conoscenza più discriminazione, cioè l'acquisizione di nuove conoscenze attraverso l'atto della discriminazione. Però, la nuova conoscenza può sorgere solo quando c'è la volontà di sviluppare la conoscenza precedente e la volontà di abbandonare il nostro precedente livello di percezione. Tuttavia, rinunciare a un livello di percezione è un atto che implica la morte del vecchio, per la semplice ragione che ogni nuova conoscenza deve necessariamente comprendere un nuovo livello di percezione. In questo caso particolare è evidente che la nuova conoscenza si realizza attraverso la discriminazione sulla conoscenza esistente, e questo porta alla morte del vecchio. In termini numerologici lo esprimiamo come 17 + 14 = 13. Per comprendere questa matematica piuttosto strana, si deve notare che, secondo le leggi della numerologia, i numeri da sommare di regola devono essere prima scomposti e ridotti a singole cifre, e solo allora si sommano le singole cifre. Se dopo la somma il totale è maggiore di 33, tale totale va ridotto tramite addizione di cifre finché il numero non superi 33. Quindi in questo esempio particolare, l'intero processo è il seguente: 17 + 14 = (1 + 7) + (1 + 4) = 8 + 5 = 13. Se il totale fosse stato più grande di 33, per esempio 67, allora occorreva ridurlo sommando le singole cifre, cioè 67= 6+7=13. Si esegue la stessa operazione anche con numeri come 96875, così 96875 = 9+6+8+7+5 = 35 = 3 + 5 = 8. A questo punto è opportuno fare una breve digressione per sottolineare che i Messaggeri, come tutti i maschi, possono essere sia sognatori che cacciatori, e che non importa quale dei due sono. A questo proposito soltanto le coppie femminili devono avere una sognatrice e una cacciatrice in ciascuna delle direzioni, e quindi non possono esserci due donne dello stesso tipo nella stessa direzione. Anche il nagual, come gli altri maschi, può essere un sognatore o un cacciatore. E anche la donna nagual, in virtù del fatto che è l'unica donna nel suo ruolo, e perché in un certo senso non è parte del gruppo, può essere sia cacciatrice che sognatrice. Anche i Messaggeri femminili possono essere sia sognatrici che cacciatrici, perché il Messaggero donna non influisce sulla qualità femminile di una direzione. 140


Tornando ora al gruppo tolteco, vediamo che l’uomo dell’Est produce nuova conoscenza per mezzo della discriminazione, e che questo provoca la morte del vecchio. Tuttavia, in numerologia un numero doppio è il prodotto della relazione tra le cifre che compongono il numero. Pertanto la conoscenza, cioè il gioiello 14, è una specifica vibrazione di consapevolezza che è unica nella sua configurazione, cioè, 1 e 4. Si noti che ho detto 1 e 4, e non 1 più 4 che ha un significato diverso. Ovviamente possono esserci tanti tipi diversi di conoscenza, ma questi altri tipi di conoscenza non sono considerati come il gioiello chiamato conoscenza, per il semplice fatto che non hanno la stessa configurazione del gioiello 14. Per comprendere questo punto, tenete conto che il gioiello 14 è essenzialmente il prodotto della relazione tra 1 e 4, cioé 14 è in realtà 10 + 4, a differenza, per esempio di 7 + 7, o 6 + 3 + 5, che totalizzano ugualmente 14. Tuttavia, 14 da 7 + 7, e 14 da 3 + 5 + 6, hanno configurazioni energetiche diverse dal 14 da 10 + 4, anche se tutti e tre possono essere visti come conoscenza. Inoltre, 10 è in sé un numero doppio, il che significa che 10 è in realtà il prodotto della relazione tra la fluidità (1) e l'assoluta libertà (0). L'implicazione numerologica di questo è che 10, che è il gioiello dell'impeccabilità, può essere ottenuto solo attraverso la fluidità in assoluta libertà. In termini più precisi significa che dove non c'è fluidità di percezione nel contesto di una completa libertà dai condizionamenti sociali, l'impeccabilità sarà per forza distorta. Da quanto sopra dovrebbe essere chiaro che, sebbene ogni 14 è in sé la relazione tra la fluidità e la stabilità, in base alle cifre che lo hanno determinato (p.es. 9+5=14), gli altri 14 hanno qualità di consapevolezza diverse dal gioiello 14 che ha la sua base in 10 + 4. Le implicazioni insite nel gioiello 14 sono che, quando la percezione è fluida e tuttavia stabile nonostante la fluidità, allora il risultato è la vera conoscenza. Ma la fluidità richiesta deve essere acquisita attraverso l'impeccabilità nella vita sul piano fisico, perché non si deve dimenticare che il piano fisico è il decimo mondo e il mezzo attraverso il quale si evolverà il gioiello dell’impeccabilità. In altre parole, la vera conoscenza, o potere personale, è in realtà l'impeccabilità (10) più la stabilità (4). Inoltre, tenete conto che la vera conoscenza (14), che é il potere personale acquisito attraverso l'esperienza pratica, condurrà sempre alla libertà e al cambiamento (5), per la semplice ragione che 1 + 4 = 5. La discriminazione, il gioiello 17, è anche il prodotto della relazione tra la fluidità (1) e la guida (7), ma come tutti i numeri doppi, quella fluidità deve fondarsi sull'impeccabilità (10) nel contesto della vita sul piano fisico. In termini più semplici questo significa che impeccabilità (10) più guida (7) producono la discriminazione. Pertanto il gioiello discriminazione implica essere abbastanza fluidi da ricevere guida dalle sfide poste dalla vita sul piano fisico, e in questo senso, la vera discriminazione porterà sempre armonia ed equilibrio (8), perché 1 + 7 = 8, opposto per esempio alla discriminazione razziale che ha il suo fondamento nella configurazione 1 + 25. A questo proposito, vorrei utilizzare l'esempio del discriminare contro, per dimostrare come gli aspetti della consapevolezza possono interagire nei termini delle quattro direzioni, per produrre non solo i risultati positivi che chiamiamo gioielli, ma anche quei risultati negativi come la discriminazione razziale. Pertanto, in caso di discriminazione razziale, che si basa sulla natura separativa della mente razionale, vediamo che essa appartiene propriamente all’Est, in virtù del fatto che essa appartiene alla sobrietà, anche se rappresenta il lato negativo della sobrietà. Il motivo di questa negatività è perché, in primo luogo, la consapevolezza è centrata all’Est, e in secondo luogo, abbiamo pura fluidità (1) che, non essendo fondata sull'impeccabilità raggiunta attraverso l'esperienza della vita, tende a manifestarsi in termini individualistici che non hanno il necessario potere personale per pensare e decidere per se stessi. Di conseguenza, una tale persona dimostrerà la sua fluidità nei termini del semplice "seguire la corrente" di ciò che sembra un presupposto molto logico. Inoltre, non avendo ancora acquisito l'impeccabilità, tale persona non accetterà le sfide della vita nei termini di ricevere guida (7), ma tenterà di evitare queste sfide in modo da manifestare il gioiello oscuro la tentazione (25). In altre parole, nel discriminare contro, sia che si tratti di discriminazione razziale o di qualsiasi altra forma di discriminazione contro qualcosa o qualcuno, 141


l'individuo sta praticando una forma di discriminazione che ha il suo fondamento nella fluidità (1) accoppiata alla tentazione (25). Come risultato, sebbene 25 si riduca ancora a 7, tale 7, la cui origine è nel 25, si manifesterà nella sua forma negativa, cioè, nella necessità di guida, e quindi l'equazione totale si leggerà, "il prodotto della relazione tra la fluidità e la necessità di guida ", cioè, 1 + (-7) = (-6). La forma negativa del gioiello 6 è la necessità di scegliere tra il vecchio e il nuovo, che si manifesterà come una forma di discriminazione, anche se tale discriminazione, ovviamente, non porta all'armonia e all'equilibrio (8). Nell'esempio precedente, vediamo chiaramente che riducendo i numeri ad una sola cifra, dovremmo anche fare attenzione a cambiare il segno se dovesse cadere un numero doppio nella gamma dei numeri dal 22 al 32, per questi numeri particolari, che tecnicamente sono conosciuti come i gioielli oscuri, sono numerologicamente positivi solo nella loro forma in numero doppio. Si noti che ho detto "numerologicamente positivo", perché in sostanza i gioielli oscuri non si manifestano mai in senso positivo, se non nel contesto del grande Tutto, di cui fanno parte. In altre parole, nel processo della vita nel suo complesso, i gioielli oscuri forniscono l'attrito necessario che rende possibile l'evoluzione della consapevolezza, e in tal senso sono considerati positivi. Allo stesso modo, nella vita dell'individuo, è a causa del rapporto tra i gioielli di luce e i gioielli oscuri che emerge il nostro lato ombra, e dato che le nostre ombre sono i nostri difetti, e dal momento che i nostri difetti sono il nostro biglietto per la libertà e il nostro passaggio verso il potere, i gioielli oscuri ancora una volta rendono possibile l'evoluzione della consapevolezza. Se ora osserviamo il gioiello 13, la morte del vecchio, non si deve dimenticare che ci riferiamo a quell’aspetto della consapevolezza che procura la morte del vecchio, e non la morte come forza universale. Pertanto il gioiello 13 implica che la morte del vecchio è il prodotto della relazione tra la fluidità e l’abbondanza variegata. Tuttavia, siccome questo è un numero doppio, possiamo anche dire che l’impeccabilità (10) più l’abbondanza portano alla morte del vecchio. Le implicazioni sono che la morte del vecchio dovrebbe consistere nella giudiziosa "potatura", o giudiziosa eliminazione dell’indesiderabile, nel contesto dell’abbondanza variegata. Inoltre, quando c'è una giudiziosa eliminazione dell’indesiderabile, che è necessaria quando si tratta di abbondanza variegata, il risultato sarà sempre la stabilità (4), da 1 + 3 = 4. Da ciò che abbiamo imparato sull’uomo dell’Est, dovrebbe essere più chiaro come le nuove conoscenze siano acquisite per mezzo della discriminazione, e ciò che questo comporta. Inoltre, è chiaro che la morte del vecchio ad Est avviene come risultato di una cooperazione intelligente tra lo Studioso e il suo Messaggero, una cooperazione che produce libertà e cambiamento (5) più armonia ed equilibrio (8); due qualità che sono in perfetta sincronia con la qualità della giudiziosa eliminazione di tutto ciò che è indesiderabile. I guerrieri maschi dell’Est usano la loro predilezione per i loro specifici gioielli per acquisire sobrietà e per continuare con l’evoluzione della consapevolezza. Non bisogna dimenticare che è dovere di un guerriero dispiegare il suo pieno potenziale e anche evolvere questo potenziale secondo i dettami del suo fato.

Nell’aspetto femminile dell’Est abbiamo la Sognatrice dell’Est, la Cacciatrice dell’Est e il Messaggero associato ad Est. La predilezione della Sognatrice dell’Est è il gioiello di 13, la morte del vecchio. Tuttavia, come abbiamo già visto, poiché è a Est, questa donna raggiunge il suo pieno potenziale attraverso l'acquisizione di una fluidità fondata sull’impeccabilità. Poi, esercitando questa fluidità sull’abbondanza variegata (3), essa elimina giudiziosamente tutto ciò che è

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indesiderabile nell’abbondanza, in modo da realizzare la qualità della stabilità (4) attraverso la morte del vecchio (13). La Cacciatrice dell’Est, d’altra parte, essendo prevalentemente coinvolta nell'evoluzione della consapevolezza nella vita sul piano fisico, ha una predilezione naturale per il gioiello 12, la tolleranza. La vera tolleranza è il prodotto della relazione tra fluidità e destino. Le implicazioni sono davvero sottili, perché 2 non è solo il numero del destino, ma anche il numero della umiltà e della comprensione. In altre parole, è solo attraverso l’acquisizione dell’umiltà e della comprensione che la forza del destino può essere dispiegata consapevolmente e in maniera impeccabile. Inoltre, poiché 12 è un numero doppio, possiamo ben dire che la tolleranza (12) è la somma dell’impeccabilità e della forza del destino, oppure la somma dell’impeccabilità, dell’umiltà e della comprensione. Tuttavia, la vera tolleranza (12), vale a dire, l'impeccabilità più la forza del destino, inevitabilmente produce la creatività e la gioia (3), e dove c'è la creatività e la gioia, il risultato sarà sempre un’abbondanza variegata (3) . Il Messaggero dell’Est ha una predilezione naturale per il gioiello 2, per quest'uomo è di fondamentale importanza la forza del destino, come anche l’umiltà e la comprensione. Essendo un numero primo, il gioiello 2 non sembra avere la complessità dei numeri doppi, ma questo dimostra solo che il mondo non è ciò che sembra. Per cogliere le implicazioni del gioiello 2, occorre tener conto che il 2 rappresenta la basilare dualità fra Nagual e Tonal, e che la forza del destino è inestricabilmente intrecciata con questa dualità. Il gioiello 2 riguarda la relazione tra Nagual e Tonal, ed è quindi l'essenza stessa della cooperazione intelligente. Quando questi tre guerrieri ad Est cooperano in modo intelligente, il risultato è ancora una volta la somma delle loro gioielli, vale a dire: 2 + 12 + 13 = 9. Le implicazioni sono che quando le forze del destino, della tolleranza e della morte del vecchio si combinano ad Est il risultato é il completamento. Tuttavia, il gioiello 9, come tutti i numeri singoli, non è semplice come sembra, perché in questo gioiello c’è la riconciliazione di due qualità che sembrano opposte l'una all'altra, ossia la stabilità (4), più la libertà e il cambiamento (5). In questo libro non è possibile spiegare in profondità i numeri singoli, ma per ora basti dire che tutti i numeri singoli riguardano la consapevolezza del Nagual, cioè la consapevolezza intrinseca, mentre tutti i numeri doppi si riferiscono alla consapevolezza del sognatore, cioè all'evoluzione della consapevolezza. Tutti gli altri numeri sono semplicemente complesse combinazioni che interessano la vita sul piano fisico, cioè, il sognato. Pertanto nel considerare il gioiello 9, che è il completamento, risulta evidente che il 9 in qualche modo definisce i parametri esterni della consapevolezza intrinseca, e che quindi indica quel particolare raggruppamento di vibrazioni note come Il Mondo degli Stregoni e che, come abbiamo già imparato, è un'espressione del quadruplice scopo dell'Indicibile, e quindi anche l'espressione del Suo potenziale nell’attuale manifestazione. È soprattutto a causa di questo fatto, che questa materializzazione, che in sostanza è stabilità (4), tende sempre all’inerzia e deve quindi essere costantemente contrastata dalle forze della libertà e cambiamento (5). Come risultato, il gioiello 9 è in senso più esoterico l'espressione primordiale del non-fare, e come sappiamo dal capitolo precedente, è questo primordiale non-fare, che dà luogo alla quarta dimensione. Pertanto, in ultima analisi, si vede che la somma dei gioielli dell’Est produce una resistenza alla forza d’inerzia in modo che lo scopo dell’Indicibile possa essere portato al completamento, e non sia solo parziale. Come risultato, la donna dell’Est ha la complessiva qualità dell’impulso al completamento per mezzo dell’umiltà e della comprensione, nate dalla tolleranza e dalla morte del vecchio. Quando la componente maschile dell’Est coopera in modo intelligente con la componente femminile dell’Est, il risultato è la somma dei rispettivi totali, e cioè: (14 + 17) + (2 + 12 +13) = 13 + 9 = 13. In altre parole, la qualità predominante che emerge ad Est è la morte del vecchio progettato dall’uomo dell’Est in risposta all’impulso al completamento portato avanti dalla parte femminile dell’Est. In poche parole ciò equivale alla tecnica della ricapitolazione, ed è per questo motivo che 143


l’Est eccelle sempre in sobrietà. Inoltre, poiché l'Oriente è anche l'origine del tempo, è utile sottolineare che i guerrieri dell’Est lavorano costantemente in un modo o nell'altro con le profonde implicazioni del tempo e, di conseguenza, sono tradizionalmente e collettivamente chiamati i cacciatori del tempo, indipendentemente dal fatto che alcuni sono cacciatori e altri sono sognatori. Anche se non è possibile spiegare questo punto dei cacciatori del tempo, lo cito soltanto per dare corpo a questa sezione degli insegnamenti.

Seguendo il flusso del potere, come accade durante la manifestazione, ora veniamo all’Ovest, il luogo della morte e del sole al tramonto. Qui troviamo l'Uomo dietro le quinte, che ha una naturale predilezione per lavorare con la forza dell’intento, e quindi é attratto dal gioiello 16, conosciuto come la liberazione attraverso il potere dell’intento. Il Messaggero di quest'uomo, d'altra parte, ha più o meno la stessa disposizione, e quindi si sente a suo agio nell’oscurità dell'ignoto. Di conseguenza, il Messaggero dell’Uomo dietro le quinte ama lavorare col gioiello 15, vale a dire, la luce attraverso l'oscurità. Essendo sullo stesso asse dell’Est, e poiché l'Ovest è anche il luogo della morte, non c'è da stupirsi che la cooperazione intelligente tra questi due uomini produca la morte del vecchio, e cioè: 15 + 16 = 13. Tuttavia, le implicazioni a Ovest sono molto diverse da quelle ad Est, come è giusto che sia, perché l'Ovest è il polo opposto dell’Est. Prima di tutto, nel vedere il gioiello dell’Uomo dietro le quinte, vediamo che 16 è in realtà 10 + 6, il che significa la somma dell’impeccabilità (10) e dell'atto di scegliere tra il vecchio e il nuovo (6) , che producono la liberazione attraverso il potere dell’intento (16). In alternativa, possiamo vedere che la liberazione attraverso il potere dell’intento è il prodotto della relazione tra la fluidità (1) e l'atto di scegliere tra il vecchio e il nuovo (6), tenendo presente, naturalmente, che qui la fluidità deve essere basata sull’impeccabilità. Tutto questo comporta che la scelta tra il vecchio e il nuovo è strettamente legata alla discriminazione, in quanto tale scelta deve essere fatta con giudizio o in modo impeccabile. La ragione di ciò è che il 6 è non solo un aspetto della consapevolezza intrinseca, in quanto è un numero singolo, ma indica anche la dualità dell’aspetto femminile. In altre parole, il 6 è l'espressione primaria della discriminazione, perché riguarda l'atto vitale di discriminare con l'ispirazione divina tra la madre e la donna, entrambe necessarie ai fini dell'evoluzione. In termini Toltechi la madre è quell'aspetto della mente che si concede alla forza d'inerzia, perché la sua tendenza è verso la conservazione, l'unità e la stabilità. La donna, d’altra parte, è quell’aspetto della mente che si concede alla forza della separatività, perché vuole dividere e separare il noto dall’ignoto a sostegno dello scopo del maschio, cioè a sostegno del fatto che prima che l’ignoto possa essere incorporato nel noto in modo intelligente e significativo, i due devono essere prima separati in due polarità. Da quanto sopra dovrebbe essere chiaro che la frase tolteca "discriminare con l'ispirazione divina", implica che scegliendo tra il vecchio, cioè la madre, e il nuovo, cioè la donna, il guerriero non può basare tale discriminazione su un qualsiasi pregiudizio o su un’assunzione casuale, ma ha bisogno invece di contare sull’ispirazione divina, un termine usato per indicare l'atto di ascoltare il cuore. E’ ovvio quindi che il gioiello 16 ha in sé la qualità della guida, perché 1 + 6 è uguale a 7. Inoltre emerge il motivo per cui si assegna all’Ovest la qualità del sentimento, perché sia per la componente maschile che per quella femminile Occidentale, è di vitale importanza ascoltare il cuore per sentire la propria via nell’oscurità dell’ignoto - l'ignoto segnalato dal sole al tramonto, in contrapposizione al noto segnalato dal sorgere del sole. Di conseguenza, l'Uomo dietro le Quinte è l'uomo che lavora direttamente con il cuore e con il sentire o sentimento, in contrapposizione al suo opposto, lo Studioso, che lavora direttamente con la mente e con la sobrietà. 144


Il Messaggero dell’Uomo dietro le Quinte è prevalentemente interessato a mappare l'ignoto, e da cui la sua predilezione per il gioiello chiamato la luce attraverso l'oscurità. Il gioiello 15 è il prodotto della relazione tra la fluidità (1) e la libertà e cambiamento (5), oppure la somma dell’impeccabilità (10) più la libertà e cambiamento (5), perché non si deve dimenticare che, riferendoci alla fluidità derivata dal 10, ci riferiamo a quel tipo di fluidità che deriva dall'esperienza della vita sul piano fisico, e che, in ultima analisi, equivale all’impeccabilità. Pertanto, la luce attraverso l'oscurità può emergere solo quando la libertà e il cambiamento si esercitano nel contesto dell’impeccabilità. Questo comporta che non potrà sorgere luce dall’oscurità di una sfida, se cerchiamo in tutti i modi la libertà evitando questa sfida, o se tentiamo di cambiare il nostro destino. Solo affrontando le nostre sfide in modo corretto può arrivare la luce attraverso l'oscurità. La vera libertà e cambiamento è la libertà dai debilitanti vincoli del condizionamento sociale e un conseguente cambiamento della nostra immagine di noi stessi. Da questo è facile vedere che la luce attraverso l’oscurità (15) deve produrre l’abilità di scegliere tra il vecchio e il nuovo (6), perché 1 + 5 = 6. Vediamo quindi che l'enfasi prevalente nell’uomo dell’Ovest è nel portare la stabilità (4) all'interno del regno dell’irrazionale ignoto, avviando la morte del vecchio (13) per mezzo della liberazione attraverso il potere dell’intento (16), accoppiato all'acquisizione della luce attraverso l’oscurità (15). Questo risultato si ottiene per mezzo della guida (7 da 16) ricevuta ascoltando il cuore, in collaborazione con la capacità acquisita di ricevere la divina ispirazione nella scelta tra il vecchio e il nuovo (6 da 15), sempre attraverso l'ascolto del cuore.

L'Ovest femminile, essendo costituito interamente da gioielli con numeri singoli, non ha la tranquilla stabilità che si trova nelle altre tre direzioni femminili, che hanno tutte una maggioranza di numeri doppi. Perciò, le donne dell’Ovest, compresa la loro Messaggera, sono affettuosamente considerate matte, dai loro compagni guerrieri. A questo proposito gli uomini dell'Ovest impiegano davvero la maggior parte del tempo nel contenere le donne dell’Ovest, perché ogni volta che queste donne entrano in una fase "folle", e che accade spesso, la loro Messaggera, la cui predilezione è per l'abbondanza variegata, tende ad unirsi a loro, col risultato che si scatena l'inferno! Eppure, questo fatto dimostra ancora una volta la necessità della polarità, perché per molti versi è la focosa "follia" della donna dell’Ovest, assieme alla cupa malinconia dell’uomo dell’Ovest, che tende a bilanciare la piuttosto fredda e un po’ patologica sobrietà del gruppo dell’Est. La Sognatrice dell’Ovest è la più "folle" delle due donne occidentali, nel senso che non avendo molta pazienza con le ipotesi logiche, la sua naturale predilezione è per la pura fluidità (1). Essendo coinvolta col Potere dell’Uno, questa donna non si prende il disturbo di notare i piccoli errori degli esseri umani, e quindi ha la sorprendente capacità di andare direttamente al cuore di ogni sfida, saltando d’un balzo tutte le piccole meschinità. Essendo così fluida nella sua naturale avversione per le piccolezze umane, la Sognatrice dell’Ovest "rimbalza" da una situazione di vita ad un’altra, perché non ha riguardo per nessuna forma d’importanza personale, e tanto meno per l’autocommiserazione. Queste mancanze di riguardo tendono a manifestarsi in modo selvaggio nel dispiegarsi del Potere dell’Uno (1). Con una tale inclinazione, la Sognatrice dell’Ovest non ha alcun riguardo per l’importanza personale o l’autocommiserazione di nessuno. Come risultato, a meno che non sia contenuta, questa donna può letteralmente mettere sottosopra una nazione intera, quando improvvisamente le salta in testa di andare su tutte le furie, contro tutto ciò che ostacola la libertà di acquisire l’eredità divina dell'uomo. A questo proposito è interessante notare che la maggior parte delle cosiddette martiri, come Giovanna d'Arco, erano Sognatrici dell’Ovest. 145


In relazione a quanto sopra, si deve comprendere che il gioiello 1, essendo un aspetto di consapevolezza intrinseca, ha una tendenza naturale verso la progressione lineare. Quindi se la pura fluidità non è contenuta, nel senso di essere fondata sull'impeccabilità raggiunta attraverso l'esperienza pratica nella vita sul piano fisico, tornerà sempre alla sua naturale tendenza ad andare dritta nonostante le avversità. Questo non significa che la Sognatrice dell’Ovest non è impeccabile nelle sue azioni. Al contrario, quando è coinvolta nella "follia" della sua visione, la sua comprensione del vero scopo della Vita Una è estremamente impeccabile, nel senso che è assolutamente libera da ogni senso di autoimportanza e autocommiserazione. Tuttavia, non avendo alcun senso di auto-importanza, a questa donna non importa un fico secco di ciò che gli altri possono o non possono pensare delle sue azioni, e quindi, a meno che non ci sia qualcuno che la contenga e la diriga, quando è colta dalla "follia", andrà dritta di testa sua perseguendo il suo scopo, con modi e azioni che possono far pensare a un folle o a un pagliaccio, in virtù della sua totale noncuranza per l'opinione degli altri. La Cacciatrice dell’Ovest, d'altra parte, essendo molto più interessata della Sognatrice agli aspetti pratici della vita sul piano fisico, è un po’ meno "matta" della sua controparte, e tuttavia, avendo una predilezione per il gioiello 5, questa donna ha anche la tendenza ad andare in missione punitiva. Il gioiello 5 è, naturalmente, libertà e cambiamento, e nonostante ciò che abbiamo già visto su questo gioiello, occorre tener conto che è anche un aspetto della consapevolezza intrinseca, e anche affine al gioiello 1, perché intrinseco al 5 c’è il Potere dell’Uno e la sua quadruplice espressione, cioè, la sobrietà, la forza, il sentire e il calore. Come risultato, quando la Cacciatrice dell’Ovest entra in una delle sue fasi "folli", di solito è una miscela piuttosto strana di tutte e quattro le espressioni del Potere dell’Uno, e quindi c'è sempre un’incredibile chiarezza nell’apparente "follia" - una chiarezza che esprime con un calore e una forza che sfortunatamente manifesta come una strana azione "benigna", alla stregua di un bulldozer che spazza tutto con le "buone" intenzioni di imprimere una prezioso e appassionato sentimento. Ogni guerriero potrà testimoniare che se dovesse trovare difficoltà ad imparare il vero significato di libertà e cambiamento, allora è necessario mobilitare l’assistenza della Cacciatrice dell’Ovest. Questa donna semplicemente demolirà senza tanti complimenti la tua visione del mondo, e se dopo questo, ancora non sai cos’é la libertà, ti dimostrerà il cambiamento cambiando senza mezzi termini la tua immagine di te stesso, e probabilmente lo farà in modo da farti capire chiaramente che ti considera un idiota senza cervello. Dopo una tale lezione, a scapito della vanità, senza dubbio questa donna ti abbraccerà con tutto l'amore e il calore della proverbiale matrona, ti darà una pacca sulla testa come fossi l’animale domestico preferito, e se non sei abbastanza veloce a trovare una via di scampo, ti tenderà subito l’agguato per la prossima lezione! Da una parte, mentre sei sotto l’agguato della Cacciatrice dell’Est sai senza dubbio di essere sotto agguato, invece quando sei sotto l’agguato della Cacciatrice dell’Ovest non lo sai, e ti chiedi con sospetto se questa donna non ti stia manipolando seriamente! Eppure, nonostante ciò che abbiamo annotato sulle due donne dell’Ovest, queste due donne in realtà sono il cuore e l'anima del gruppo Tolteco. Sebbene anche i loro compagni guerrieri dell'unità Tolteca debbano imparare, attraverso molte ardue prove e molti dolorosi errori, ad apprezzare pienamente le donne dell’Ovest, una volta che la loro apparente "pazzia" è intesa per quello che è veramente, queste due donne sono la personificazione del cuore! Spietate all’ennesima potenza nella loro naturale tendenza ad andare dritto, e assolutamente senza paura nel loro profondo senso di semplicità senza complicazioni, queste due donne sono davvero formidabili avversari per chiunque e in ogni battaglia. Inoltre, a causa della loro totale incapacità ad essere influenzate, il coraggio delle due donne dell’Ovest è tale che il loro senso di lealtà alla causa, e quindi anche la loro lealtà verso i loro compagni guerrieri, è qualcosa di insuperabile e anche straziantemente bello a vedersi. A questo proposito, nessuna di queste due donne batte ciglio nel sacrificarsi a difesa di un compagno guerriero, ma siate certi che non lo farà senza fare la dovuta ramanzina a quel guerriero. Eppure, anche se questa ramanzina sarà concepita per fare a strisce l’ego, sarà anche sempre pregnante di un 146


tale profondo significato che invariabilmente verranno spontanee le lacrime agli occhi del testimone. Questa è la vera bellezza interiore di queste due donne molto speciali - una bellezza interiore che deriva da un intrinseco altruismo, e che è di gran lunga la loro caratteristica più distintiva. L’aiutante delle due donne dell’Ovest è il Messaggero dell'Ovest che, come abbiamo già notato, ha una predilezione per l'abbondanza variegata. Nel gioiello 3 è implicita la triplicità fondamentale dell'universo manifesto. Di conseguenza, nel 3 incontriamo la relazione tra la consapevolezza intrinseca e la consapevolezza in evoluzione, ma nel contesto dello scopo dell’Indicibile. Pertanto il gioiello 3 riguarda principalmente il modo migliore per nutrire e mantenere intatto il risultato dell'interazione tra la progressione lineare della consapevolezza intrinseca e l'inclusione circolare dell’evoluzione della consapevolezza, fissata al suo centro. I risultati di quest’interazione, poiché riguardano sia l’evoluzione che l’intrinseca consapevolezza sono, ovviamente, ciò che viene denominato come abbondanza variegata. Tuttavia, gioiello 3 è indicato anche come gioia e creatività, perché in questo gioiello c’è il fanciullesco, opposto all’infantilismo, desiderio di circondarsi di abbondanza variegata per la pura gioia di raccogliere e per la gioia di creare qualcosa dai pezzi raccolti, a prescindere che siano cose materiali o semplicemente informazioni interessanti. In questo senso sappiamo tutti quanto un bambino sia in grado di piangere in un momento e poi ridere di cuore nel momento successivo; di costruire con gioia un castello di sabbia e di distruggerlo con uguale gioia; di raccogliere conchiglie marine con grande entusiasmo e poi dimenticarsene totalmente, seguendo con altrettanto entusiasmo un improvviso nuovo interesse. Da quanto sopra è ovvio che il Messaggero dell’Ovest, siccome il suo gioiello è a una sola cifra e quindi ha una naturale tendenza verso la consapevolezza intrinseca, è molto più incline a ad andare dritto (progressione lineare), piuttosto che cercare di mettere ordine nell'abbondanza variegata (integrazione circolare). Il risultato finale è che il Messaggero dell’Ovest è il migliore collezionista, poiché nel suo amore per l’abbondanza variegata, raccoglie letteralmente ogni cosa che gli capita, sia che si tratti di pettegolezzi, di oggetti d'arte, di strumenti musicali, di poesia, di libri, di fotografie e, in breve, tutto ciò che può o non può essere utile. Tuttavia, anche se il talento di quest'uomo per la gioiosa creatività non smette mai di stupire, il suo entusiasmo infantile per la vita non gli consente di indugiare con qualsiasi libro abbastanza a lungo per finire di leggerlo, anche se bisogna ammettere che la sua spontanea apertura del cuore gli consente di cogliere intuitivamente i contenuti del libro, anche se non l'ha letto completamente. Allo stesso modo riterrà che occorre troppo tempo per imparare a padroneggiare uno qualsiasi degli strumenti musicali che raccoglie, anche se ancora una volta, la sua comprensione intuitiva di ogni cosa è tale che di solito ha una strana capacità di improvvisare superbamente con qualsiasi strumento musicale. Quando questi tre guerrieri dall’aspetto femminile dell’Ovest cooperano con intelligenza, vediamo ancora una volta che il risultato è la somma totale dei loro rispettivi gioielli, vale a dire: 1 + 5 + 3 = 9. Il significato è che nell’aspetto femminile dell’Ovest, il completamento (9) si ottiene per mezzo della pura fluidità (1) accoppiata con la libertà e il cambiamento (5) nella ricerca infantile di quella creatività e gioia (3) che produce abbondanza variegata (3 ). Questo tipo di completamento è molto diverso dal completamento generato a Est, vale a dire, la necessità di completamento per mezzo dell’umiltà e della comprensione, nato dalla pazienza e dalla morte del vecchio. Il completamento ad Est, fedele ai dettami della sobrietà, significa terminato, nel senso che tutto è risolto e non restano cose in sospeso. Pertanto l'Est ha sempre la qualità di essere pulito e ordinato, e ogni cosa ben rappresentata. Ma il completamento nell’Ovest non ha la qualità di essere terminato nel vero senso della parola, ma ha il senso piuttosto infantile ma veramente piacevole dell’ordine alla rinfusa, che può essere definito solo ispirato caos! In relazione al femminile dell’Ovest, il lettore troverà interessante una breve digressione per dimostrare l'universalità della Verità Una. L'esempio che vorrei usare è uno descritto nella Bibbia Cristiana, vale a dire, il ben noto episodio in cui Cristo, tornato da un viaggio per trovare i suoi 147


discepoli a pesca sul mare di Galilea. Dopo essere stato informato dai suoi discepoli che la loro pesca non aveva avuto fortuna per tutta la notte, Cristo li incaricò di issare la rete e gettarla in acqua all'altro lato della barca. Anche se tale incarico aveva poco senso per i discepoli, comunque obbedirono, e quando tirarono su la rete, gettata dalla parte opposta come da istruzioni, videro un miracolo, perché nella rete c’erano 153 pesci. Questo episodio è uno dei più begli esempi di irrazionalità contro la razionalità. Per chiarire, se non c’era nessun pesce da un lato della barca, allora perché esattamente nello stesso posto ci sarebbe dovuto essere del pesce dall'altro lato della barca? Eppure, ciò che Cristo ha insegnato ai suoi discepoli era l'importanza di spostare l'attenzione o il focus in modo da non diventare ossessionati da un’assunzione razionale. Inoltre, indicando di gettare la rete dal altro (9) lato della barca, Cristo stava indicando ai suoi discepoli l'importanza di allineare Il Mondo degli Stregoni e, così facendo, diventare capaci di compiere il miracolo. In questo episodio, Cristo mostrò ai suoi discepoli come allineare Il mondo degli Stregoni; prima spostando il focus e poi essendo fluidi (1) a sufficienza per cambiare (5) la loro visione del mondo, così come l’immagine di sé, acquisendo in tal modo la libertà (5) necessaria per diventare veramente creativi (3). Il risultato, come già sappiamo, fu la gioia (3), nel vedere quanti pesci erano finiti nella loro rete - 153 per l'esattezza - i gioielli assegnati alle donne dell’Ovest, 1, 5 e 3. Più avanti daremo un'occhiata a come impostare l'allineamento del Mondo degli Stregoni, ma ho voluto dare questo esempio solo perché è molto appropriato per dimostrare il fatto che dove c'è vera conoscenza c'è solo l'Unica Verità. Ciò che separa e divide, ciò che rende una persona sospettosa di un altra, e ciò che porta una setta religiosa a condannare qualcuno, si riduce sempre ad una mancanza di vera conoscenza e a una visione limitata dagli stretti e imprecisi confini delle assunzioni razionali. Per tornare ora al nostro esame dell’Ovest, troviamo che, quando i guerrieri nell’aspetto maschile occidentale cooperano in modo intelligente con le guerriere Occidentali, il risultato è, come sempre, la somma dei loro rispettivi totali, vale a dire: (15 + 16) + (1 + 5 + 3) = 13 + 9 = 13. Qui le implicazioni sono molto diverse da quelle ad Est, perché, anche se il risultato finale è ugualmente la stabilità (4) per mezzo della morte del vecchio (13), si deve ricordare che, secondo le leggi della numerologia, questi due tipi di stabilità sono completamente differenti, in virtù dei diversi costituenti. Pertanto la stabilità Occidentale è basata sul puro sentire, ed è quindi del tutto irrazionale, mentre la stabilità Orientale si basa interamente sulla sobrietà, ed è quindi l'incarnazione stessa di quella sobria chiarezza, nata dall'uso impeccabile della mente razionale. Di conseguenza abbiamo da un lato l’Est, stabile nell’aver portato la morte del vecchio per mezzo della sobrietà, e dall'altro abbiamo l’Ovest, ugualmente stabile aver portato la morte del vecchio per mezzo del sentimento. Questo è l'asse orizzontale indicato da un uomo in piedi con le braccia aperte lateralmente, abbracciando sia il sole che sorge che il sole al tramonto, l'Oriente e l'Occidente. In quest'abbraccio, l'uomo incorpora nella sua essenza, non solo il noto e l'ignoto, ma anche il vero significato e scopo della vita sull'asse orizzontale, cioè, la vita sul piano fisico. Abbracciando sia l'Oriente che l'Occidente, abbracciando entrambe le polarità della vita sul piano fisico, cioè il sorgere del sole, la vita, e il sole al tramonto, la morte, l'uomo acquista la vera stabilità, portando la morte del vecchio o la morte di tutto ciò che ostacola il suo progresso lungo la Via della Libertà, e questo lo fa sia con sobrietà che con sentimento, con la mente e con il cuore. Infine, poiché i guerrieri e le guerriere Occidentali sono prevalentemente occupati a sentire se stessi e il mondo, per via di quest'apertura di cuore, sono anche acutamente consapevoli del dovere del guerriero di contribuire a realizzare lo scopo dell’Indicibile. A causa di questo fatto, e tenendo conto che lo spazio è definito come il prodotto della percezione dello scopo della vita, i guerrieri Occidentali sono tradizionalmente e collettivamente denominati i sognatori nello spazio. Quindi sull'asse orizzontale, o nella vita sul piano fisico, si vede la necessità di utilizzare da un lato l'arte dell’agguato nella Maestria della Consapevolezza e, dall'altro, l'arte di sognare nella Maestria dell’Intento. Come accennato in precedenza, ciò non implica che tutti i guerrieri orientali siano cacciatori, e che tutti i guerrieri occidentali siano sognatori, ma implica che lavorando con sobrietà 148


è di vitale importanza tendere l’agguato costantemente alla nostra percezione; mentre nelle lavorare con il sentimento dobbiamo coltivare un'apertura di cuore che può essere acquisita solo attraverso il sognare.

La prossima direzione è il Sud, che, come si ricorderà dal Grido dell'Aquila è conosciuto come l'ingresso al mondo del nagual. Pertanto nel Sud maschile troviamo sia il nagual che il suo Messaggero. Il nagual, non essendo un tipo specifico di uomo, a differenza degli altri, non ha una particolare predilezione per alcun gioiello, perché il suo dovere come nagual esige da lui un’uguale efficienza con tutti i gioielli, maschili e femminili, così come con i gioielli oscuri e i gioielli proibiti. Ciononostante, a causa di ciò che gli é richiesto per guidare gli altri alla libertà, il gioiello che viene normalmente assegnato al destino del nagual è il gioiello 18, che è principalmente incentrato sul coraggio. Coraggio significa molte cose per molte persone, ma in sostanza è il prodotto della relazione tra la fluidità (1) e l’armonia ed equilibrio (8), che è uguale alla somma fra impeccabilità (10) e armonia ed equilibrio (8). Tuttavia, implicito nel gioiello 8 c’è l'armonioso equilibrio esistente tra il decimo e il nono al mondo, cioè tra il mondo fisico denso e Il Mondo degli Stregoni. Tale equilibrio, esistente e mantenuto dall’armonia, è per sua natura estremamente fragile e quindi può essere facilmente sconvolto. Inoltre, poiché ogni armonia dipende dall’interrelazione della vita, è sempre l'uomo che tende a sconvolgere l'equilibrio, ogni volta che ignora l'interrelazione della vita attraverso le sue azioni, fisiche, emotive o mentali. Di conseguenza, è ovvio che non può esserci vera libertà dove non c'è armonia ed equilibrio tra il nono e il decimo mondo, perché il nono mondo è il progetto del decimo mondo, ed è anche lo specchio in cui si riflette lo scopo dell’Indicibile. Pertanto ogni volta che l'equilibrio tra il nono e il decimo mondo è disturbato, la conseguente disarmonia riflessa nel Mondo degli Stregoni, distorce tutta la vita sul piano fisico. Da quanto sopra ne consegue che il vero significato del coraggio è quello di cercare di ripristinare e mantenere l'armonia e l'equilibrio, un compito che, a causa dell'ignoranza generale dell'umanità dell’interrelazione della vita, il più delle volte è davvero formidabile. Eppure, nonostante questo, ciò che si chiede al nagual in ogni momento, è la speranza di fronte a tutte le avversità, e la persistenza anche nelle ripetute sconfitte. Per sperare, quando tutto sembra senza speranza, e per persistere quando non si vede alcuna luce alla fine del tunnel, serve un tipo di coraggio impossibile da verbalizzare. Tuttavia, occorre rendersi conto che se il nagual rinunciasse alla speranza e smettesse di tentare, quale speranza ci sarebbe per coloro che è suo dovere condurre alla libertà? L'unico modo in cui ogni nagual può sperare di realizzare il suo destino è quello di conciliare i due aspetti della consapevolezza che costituiscono il suo gioiello. In altre parole, il nagual lotta per conciliare la fluidità (1) con l’armonia ed equilibrio (8) - due aspetti che per loro natura sono fortunatamente compatibili. In pratica, il nagual deve fare ogni sforzo possibile per essere così impeccabile nella sua percezione, da trovare modi e mezzi che consentano di realizzare almeno un certo grado di libertà, in mezzo alla costante agitazione e turbolenza creata dall'umanità nel nono e decimo mondo. Ogni volta che un nagual realizza anche solo questo piccolo grado di libertà, allora una minuscola parte dello scopo dell’Indicibile si concretizza per mezzo del completamento, perché il coraggio si riduce al completamento, 1 + 8 = 9. Ad assistere il nagual nel suo erculeo compito c’è la donna nagual. A questo punto vorrei spiegare il ruolo della donna nagual, perché anche se tecnicamente non è parte del resto del gruppo, a causa della sua stretta collaborazione con il nagual, lei fa parte dell’aspetto maschile del Sud, piuttosto che del Sud femminile. 149


Il gioiello della donna nagual è il 9, il completamento, un fatto che di per sé la dice lunga all'apprendista percettivo. Non solo tutte e quattro le direzioni femminili nell'unità Tolteca danno come somma 9, ma anche il gioiello della donna nagual è 9 - che non sorprende affatto se si ricorda che la donna nagual ha le caratteristiche di tutti e quattro i tipi di donne. Tuttavia, nel gioiello 9 c’è implicito uno dei più grandi paradossi che si trovano negli insegnamenti toltechi, vale a dire la riconciliazione fra i gioielli 4 e 5, perché 9 è, secondo le leggi della numerologia, 4 + 5. La spiegazione del perché riguarda 4 + 5, invece che per esempio 6 + 3, o 2 + 7, o anche 3 + 3 + 3, non rientra fra gli scopi di questo libro, ma per ora basti solo sottolineare il significato di questo fatto. Ricordate che lo scopo dell’Indicibile é di incorporare l'ignoto nel noto, ma che questo si può fare solo attraverso l'esperienza pratica nella vita sul piano fisico. Ora, come già sappiamo, la realizzazione di questo scopo è ciò che chiamiamo materializzazione, ma dal momento che tutta la materializzazione tende naturalmente all’inerzia, c'è sempre il pericolo che il processo dell’evoluzione si arresti prima di raggiungere il vero completamento dello scopo dell’Indicibile. Inoltre, la forza d'inerzia è la manifestazione negativa della stessa forza che chiamiamo stabilità (4). Questo è necessariamente così, perché per ogni atto per essere veramente significativo, tra cui l'inserimento dello sconosciuto nel conosciuto, deve essere un atto basato sulla stabilità, ed è esattamente qui che sta il pericolo già citato. Pertanto a contrastare la forza di inerzia (-4), che è implicita nella stabilità (+4), c’è l’aspetto della consapevolezza definito libertà e cambiamento (5), ed è questo il paradosso, per chiarezza (-4) + 5 = 1, e non 9. Questo paradosso si basa sulla questione di come si possa mai raggiungere il completamento se ogni cosa é in uno stato di perenne fluidità (1). In realtà, abbiamo già parzialmente risposto a questa domanda nel capitolo precedente, quando abbiamo dato un’occhiata alla natura della quarta dimensione e, nel farlo, abbiamo visto che il centro della sfera dell'essere è in costante movimento, cioè, in uno stato di perpetua fluidità (1). Questa fluidità (1) del centro della sfera dell’essere avviene a causa del fatto che la libertà e il cambiamento (5) contrastano la forza di inerzia (-4). Tuttavia, nonostante la naturale tendenza della materializzazione verso l’inerzia, la materializzazione può avvenire solo perché la stabilità (+4) implicita nel MEST la rende possibile, affinché l’Indicibile realizzi il suo scopo. In altre parole, da un lato abbiamo la somma della stabilità (4) del MEST e la spinta verso la libertà e cambiamento (5) che determinano il completamento (9), e dall'altro, abbiamo la somma della forza di inerzia (-4) e la spinta verso la libertà e il cambiamento (5) che determinano la perpetua fluidità (1) della materializzazione. Tuttavia, la sorprendente intelligenza in tutto questo, sta nel fatto che la forza di inerzia e la stabilità non sono due forze separate, ma sono la stessa forza che si manifesta in due aspetti diversi simultaneamente, che lavorano insieme in perfetta armonia con la libertà e il cambiamento. Il risultato di questo strano paradosso è che, sebbene lo scopo dell’Indicibile si materializzi continuamente, tutta questa materializzazione é in uno stato di perpetua fluidità, in modo che non sia mai possibile la prematura stagnazione. Ed è per questa ragione che si afferma che Il Mondo degli Stregoni è il mondo del completamento, in quanto si ripiega costantemente su se stesso per diventare qualsiasi altra cosa. Rendetevi conto che qui stiamo osservando uno dei fenomeni più spettacolari dell'universo, cioé a come sia possibile giungere ad un completamento, che in realtà è così fluido che non smette mai di continuare a giungere a completamento. E' in questo fantastico fenomeno che si trova la vera natura dell’eterno ora, perché nel Mondo degli Stregoni, e quindi implicito nel gioiello 9, il passato, il presente e il futuro coesistono come uno potenziale. Ogni aspetto di questo potenziale è in grado di essere materializzato, eppure nell'essere tenuto in uno stato di perpetua fluidità non ha né inizio né fine, non ha né un passato né un futuro, perché nel regno del potenziale, ciò che era, è e può essere, coesiste come un tutto unico correlato, le cui parti sono completamente interdipendenti, e interagiscono costantemente in modo tale che ogni momento è ora, e nell’ora ogni evento è un completamento.

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Perciò, nell’avere una predilezione per gioiello 9, la donna nagual, in un senso più esoterico, incarna in sé la natura e lo scopo del Mondo degli Stregoni. Inoltre, poiché tutte le direzioni femminili danno come somma 9, si capisce perché la donna nagual debba avere le caratteristiche di tutti i quattro tipi di donne. E anche, poiché la donna nagual incarna in sé la natura e lo scopo del Mondo degli Stregoni, il nagual addestrato non ha nessuna difficoltà a "leggere" nell’essenza della donna nagual i riflessioni nel Mondo degli Stregoni determinati dalle azioni dell'umanità. E' per questo motivo che si dice che la donna nagual assiste il nagual nel “vedere” dove si trova la minaccia o il pericolo nella situazione del momento, e per via di questa sua capacità, la donna nagual è tradizionalmente indicata come la luce del faro che aiuta il nagual a dare la direzione alla nave, formata dalla sua unità di guerrieri. L’intelligente cooperazione tra il nagual e la donna nagual è la somma dei loro gioielli, vale a dire: 18 + 9 = 18. Questo comporta che la donna nagual, quando sta compiendo il suo destino nel lavorare assieme ad un nagual, è al massimo del suo coraggio e al massimo della sua completezza, perché 18 si riduce a 9. Inversamente, come si vede dall’equazione qua sopra, il nagual trae doppiamente coraggio dalla sua collaborazione con la donna nagual, e poiché il coraggio che gli si richiede é maggiore di quello che riesce ad avere l’uomo comune, questo sovrappiù di coraggio è qualcosa che ogni nagual considera di estremo valore sopra ogni cosa. Questi due esseri si danno coraggio l’uno con l’altra, e insieme lottano per il completamento, ma sapendo nel profondo del loro cuore che nessuno dei due potrà mai veramente vincere. La donna nagual può, nella migliore delle ipotesi, come il suo progenitore Il Mondo degli Stregoni, continuare a rivoltarsi su se stessa in un continuo divenire ogni altra cosa, nel perseguimento dello scopo dell’Indicibile. Il nagual può al massimo continuare a sperare che ad ogni piccolo pezzo di libertà ottenuta, il suo sforzo per cercare di ripristinare e mantenere l'armonia e l'equilibrio non sia vano, anche se affronta la sconfitta in ogni momento di ogni giorno. Ma tale è la natura di questi due esseri, e tale è la loro predilezione, che non sono mai veramente felici e soddisfatti, a meno che non stiano lottando per trovare un modo per vincere, anche se solo in parte, una battaglia che sembra impossibile vincere. Ed arriviamo al Messaggero del nagual, un uomo la cui predilezione è giustamente per il gioiello 20, vale a dire, l'onore, perché al centro del cuore di ogni guerriero c’è proprio l’onore. Eppure, come abbiamo già visto prima, il senso dell'onore del guerriero è molto diverso da quello dell'uomo comune. Il vero onore è il prodotto della relazione tra umiltà e comprensione (2) e la assoluta libertà (0). Anche se abbiamo già affrontato questi due gioielli, 2 e 0, espandiamo ulteriormente le profonde implicazioni di quel gioiello misterioso che non ha numero, anche se gli assegniamo il numero zero. Questo comporta che è nulla, cioè, Nessuna-Cosa. E’ subito chiaro che è pressoché impossibile rendere giustizia al gioiello 0 in questo libro, perché si potrebbero dedicare molti volumi a questo singolo gioiello, e il lettore non avrebbe la sensazione di sentirsi più saggio, perché non è possibile spiegare ciò che per sua natura è NessunaCosa. Pertanto basti dire che il gioiello 0, siccome è Nessuna-Cosa, è l'origine di tutti i gioielli e li permea tutti quanti. Come il suo progenitore, lo spirito dell'uomo, il Nagual, il gioiello 0 è il vuoto che contiene ogni cosa. Per quanto possa sembrare paradossale, il vuoto è il massimo in termini di consapevolezza, perché in quel vuoto, la natura, il significato e lo scopo di tutto, si rivela in un eterno adesso. Dentro il vuoto, cioè, dentro quell’aspetto della consapevolezza a cui è assegnato il numero 0, non ci sono domande, perché c'è Nessuna-Cosa da capire. Allo stesso modo, nel vuoto non c'è libertà, perché c'è Nessuna-Cosa da cui liberarsi, ed è per questo che lo si ritiene libertà assoluta. Tuttavia, occorre stare attenti a non prendere queste affermazioni alla lettera, perché Nessuna-Cosa non implica il vuoto. Quando diciamo che nel vuoto non c’è nulla significa semplicemente che non c’è alcuna cosa che possiamo verbalizzare. Nel vuoto c’è una sostanza, ma è ineffabile, Indicibile. Il vero onore è il prodotto della relazione tra umiltà e comprensione (2) e il vuoto (0). Le implicazioni sono talmente vaste che verbalizzarle è veramente difficile, ma è utile riflettere sulle 151


più profonde parole mai pronunciate dal filosofo Socrate, quando disse: "Io sono l'uomo più saggio del mondo intero, perché solo io so di non sapere nulla". In questa brillante affermazione, Socrate fece del suo meglio per verbalizzare la natura dell’onore, e per il guerriero Tolteco che é abile a comprendere le proprietà delle parole, quelle poche parole sono davvero eloquenti. Tuttavia, non è semplice spiegare le sfumature di queste parole e, a questo proposito, personalmente sono sempre stato invidioso di Socrate. Anche se sono addestrato nelle proprietà delle parole e posso verbalizzare ogni cosa che può essere verbalizzata, mi imbatto spesso nel problema che gli apprendisti non arrivano alla Via del Guerriero già avvezzi ai concetti astratti. A giudicare dagli insegnamenti di Socrate, i suoi studenti erano tutti già letterati, quando vennero da lui! Tuttavia, l'importanza dell’affermazione di Socrate consiste nell’essere una vera dichiarazione di umiltà, perché Socrate capiva abbastanza della vita per sapere che, rispetto alla Vita Una di cui siamo unità, nessuno di noi sa granché. Solo lo stolto ignorante che vive nel bozzolo della sua piccola visione del mondo tende a credere che la sua mente razionale sia in grado di fornire le risposte a tutto. Quindi, quando Socrate diceva di sapere di non sapere nulla, in realtà faceva un passo indietro abbassando la testa in assoluta umiltà, perché egli era disposto ad ammettere che tutta la sua conoscenza di filosofo, era nulla in confronto a tutto ciò che ancora non sapeva. Avere una tale comprensione porta automaticamente l’umiltà, che di per sé indica già il vero saggio. Inoltre, riferendosi a se stesso come "Io solo", Socrate si riferiva all’Io, il Tutto-Uno, cioè la totalità del sé, e nel dire "Io solo so", in realtà diceva: "Io, il Tutto-Uno so". E 'ovvio che l'unica vera conoscenza che può esistere, è la conoscenza del sé, cioè, la conoscenza della totalità del sé - il Tutto-Uno - e quando questa conoscenza è pienamente consapevole, si può dire "Io, Tutto-Uno so ", o in alternativa,"io conosco il Tutto-Uno (che sono io)". Socrate non si limita a riferire che conosce la totalità del sé, perché continua a dire " solo io so che", che significa "Io, il Tutto-Uno so che". Che cos’è questo che? Lo chiarisce lo stesso Socrate dicendo "niente", che significa Nessuna-Cosa, quell’aspetto della consapevolezza chiamato il vuoto. Socrate sottolinea il fatto che questa conoscenza del vuoto è consapevole, perché premette la risposta con "Io so (niente)". In altre parole, ciò che Socrate sta dicendo è : "io mi conosco come Tutto-Uno che conosce ciò che è definito Nessuna-Cosa, ma sono pienamente cosciente di quello che so". Con questa conoscenza, e con l'umiltà che arriva dalla comprensione di ciò che sa, Socrate ha tutto il diritto di proclamarsi un uomo saggio. Inoltre, poiché egli pone la sua saggezza nella prospettiva de "il mondo intero", intendendo che sa bene che c'è solo una vita, la Vita-Una, e quindi anche solo una totalità del sé, egli è davvero l'uomo più saggio, perché solo il più saggio dei saggi ha l'onore necessario per non rivendicare la conoscenza al sé personale. Pertanto in questa brillante affermazione, Socrate non solo descrive la relazione tra identità individuale, la totalità del sé e il vuoto, ma definisce anche il vero significato dell'onore nel contesto dell’interrelazione della Vita-Una. Questa è il meglio che posso fare per dare almeno il senso di ciò che comporta l’onore. Se dovessi descriverlo in poche parole, direi che il vero onore è quell’umiltà che annienta un guerriero nel momento in cui arriva a comprendere le implicazioni profonde di cosa comporta l’essere assolutamente liberi. Sapere di essere uno con tutti i sé, è comprendere il significato di essere umile; e rimanere libero dalla necessità di giudicare, e rimanere libero dall’essere giudicati, è la vera libertà. In questa libertà assoluta non esiste altro che un senso di assoluta essenza, e, in ultima analisi, che altro può essere l'onore se non essenza? Quando il nagual e il suo Messaggero cooperano con intelligenza il risultato è: 18 + 20 = 11. In altre parole, la relazione tra il nagual e il suo Messaggero produce forza, una qualità di cui entrambi hanno bisogno per svolgere le rispettive funzioni. Da ciò che abbiamo imparato sulla numerologia, è chiaro che la forza a cui si riferisce qui è qui la somma dell’impeccabilità e della pura fluidità. In senso esoterico, il nagual rappresenta il Nagual, cioè lo spirito dell'uomo, e per via della natura delle sue funzioni, al nagual è spesso richiesto di agire con una assoluta fluidità che non è stata ancora testata nella vita sul piano fisico. Questo, naturalmente, equivale a dover improvvisare sul momento e, di conseguenza, il nagual si trova spesso a percorrere una esile ed 152


incerta linea fra il condurre gli altri alla libertà e l’essere completamente folle. Naturalmente, nella sua stretta collaborazione con il nagual, il Messaggero del nagual corre un rischio molto simile, come del resto fa la donna nagual, perché il risultato della cooperazione intelligente tra questi tre esseri è ancora la forza: 18 + 20 + 9 = 11.

Tenendo presente che il Sud è l'ingresso al mondo del nagual, non sorprendente affatto scoprire che nel Sud femminile abbiamo i tre gioielli, impeccabilità (10), vitalità (19), e guida (7). La Sognatrice del Sud, essendo una guerriera che si occupa principalmente di nutrire lo scopo dell'unità tolteca, ha la predilezione naturale per il gioiello 10, perché senza l'impeccabilità questa donna non saprebbe discriminare con sapienza tra ciò che dovrebbe nutrire e ciò che dovrebbe eliminare. Per comprendere questo, ricordate che 10 è in realtà il prodotto della relazione tra la fluidità (1) e l'assoluta libertà (0), il che implica che dove non c'è fluidità di percezione nel contesto della completa libertà dal condizionamento sociale, l'impeccabilità sarà per forza distorta. Inoltre, da quello che abbiamo visto sulla libertà assoluta, vediamo anche che la Sognatrice del Sud è profondamente coinvolta nella fluidità in relazione al vuoto, ma in modo molto più diretto di tutti gli altri guerrieri che hanno gioielli col numero doppio, per la semplice ragione che il suo gioiello è il 10. Riguardo a questo, devo far notare al lettore che è compito suo prendere le informazioni di questo capitolo, e anche altrove in altri libri, per compilare i propri appunti su ognuno dei gioielli di consapevolezza. Non posso continuare a ripetermi per mettere assieme le affermazioni in un tutto unico. Ogni apprendista è tenuto a fare tale correlazione da e per se stesso, perché solo in questo modo l'apprendista comprenderà gli insegnamenti, e solo in questo modo il nagual può continuare ad esplorare nuovi territori, senza sprecare tempo nello spronare l'apprendista a fare i suoi "compiti a casa". Detto questo, non c’è bisogno di esporre altro sul gioiello 10. La Cacciatrice del Sud ha una predilezione per gioiello 19, la vitalità, perché non bisogna dimenticare che il Sud è il luogo del potere personale, e questa vitalità è un aspetto dell’energia prodotto dal potere personale. Inoltre, poiché tutte le cacciatrici sono principalmente interessate alla vita sul piano fisico, questa donna è consapevole del fatto che la vera vitalità è la somma dell’impeccabilità (10) e del completamento (9), perché tutta la sua vitalità nasce da un lavoro impeccabilmente compiuto. In altre parole, la sciatta prestazione tende a drenare vitalità, mentre l'impeccabilità tende a rivitalizzare, nel senso che riempie di potere personale. Come è facile capire da questo gioiello, il prodotto della relazione tra la fluidità (1) e il completamento (9), è l’impeccabilità (10), che implica che per portare qualsiasi cosa a impeccabile compimento è necessario essere fluidi.

Nell'ultima frase del paragrafo precedente ho scelto deliberatamente le parole per mostrare un punto che, per semplicità, non ho ancora detto, ma che debbo menzionare, perché l'apprendista distratto spesso tende a trascurare questo punto importante. Una parte dell'utilità della numerologia consiste nel fatto che, in primo luogo, tutti i numeri di un’equazione possono essere trattati come in matematica, e nel qual caso si ottengono definizioni utili; e in secondo luogo, dove i numeri non sono messi in equazione, ma solo in relazione, questi numeri possono essere sostituiti senza 153


inficiare la validità del loro rapporto, in questo caso possiamo vedere chiaramente l'interdipendenza delle qualità rappresentate da questi numeri. Guardando l’esempio precedente, si vede che il gioiello 19 è il prodotto della relazione tra fluidità (1) e completamento (9), ma, come sappiamo, occorre ricordare che il tipo di fluidità a cui ci si riferisce qui è quella fluidità di percezione nel contesto della completa libertà dal condizionamento sociale che, in ultima analisi, costituisce l'impeccabilità (10). Pertanto ha altrettanto senso dire che il gioiello 19 è anche la somma dell’impeccabilità (10) e del completamento (9). Ora, con questa equazione, vediamo che impeccabilità più completamento è pari a vitalità: 10 + 9 = 19. In altre parole, abbiamo subito una definizione utile su cosa significa la vitalità. Da questa equazione si vede che l'impeccabilità è uguale alla vitalità meno il completamento, (10 = 19 - 9), un'equazione che mostra un’implicazione molto sottile, ma estremamente importante, e cioè che, per essere impeccabile un guerriero deve avere la vitalità sufficiente per completare ciò che gli é richiesto. Non avere abbastanza vitalità significherebbe che il guerriero si trova in un deficit di energia, nel qual caso egli si esaurirà e non sarà d’aiuto a nessuno, neanche a se stesso, o, in alternativa, dovrà rinunciare anzitempo senza aver completato il compito. Da ciò, in questa equazione otteniamo anche un'altra definizione di impeccabilità. Possiamo anche vedere che il completamento è uguale a vitalità meno impeccabilità, (9 = 19 10), il che significa che per portare qualcosa a compimento, il guerriero deve avere la vitalità sufficiente per sostenere l'impeccabilità, perché è ovvio che se il guerriero non ha sufficiente vitalità, le sue azioni, fisiche, emotive e mentali saranno meno impeccabili, e quindi il compito completato sarebbe di qualità inferiore. Se ora consideriamo la relazione esistente tra le cifre del gioiello 19, diventa evidente che la vitalità emerge ogni volta che siamo abbastanza fluidi da portare la nostra percezione alla sua naturale conclusione, cioè, al suo completamento. Inoltre, per portare qualcosa a compimento dobbiamo essere abbastanza fluidi nella nostra percezione per acquisire la necessaria vitalità. Allo stesso modo, essere fluidi nella nostra percezione implica che dobbiamo avere la sufficiente vitalità per portare a compimento l’agguato alla percezione, in quanto non intendiamo prendere la percezione per il suo valore apparente e lasciare le cose come stanno. In relazione a questo e come esercizio per imparare a lavorare con la numerologia, il lettore dovrebbe provare a trovare da sé le implicazioni e le definizioni che possono essere ricavate dalle diverse equazioni che si vogliono impostare con i diversi aspetti della consapevolezza. Ovunque vi sia mancanza di qualcosa, questa è indicata dal segno negativo. Ad esempio, se un individuo non gestisce un compito in maniera impeccabile, quale potrebbe essere la qualità del prodotto finale? Se vogliamo vedere quale sarà il prodotto finale, cioé il completamento, in mancanza di impeccabilità, dobbiamo impostare la mancanza di impeccabilità col suo numero al negativo (-10) e sommarla al completamento (9). Pertanto l'equazione andrebbe letta come: -10 + 9 = - 1. Pertanto, quando un compito viene eseguito con mancanza di impeccabilità, ma è comunque portato a completamento, il risultato sarà la fluidità negativa, il che significa che il prodotto finale non sarà né qui né là, nel senso che avrà una chiara definizione, non servirà a nessuno scopo definito e non avrà alcun valore reale.

Dopo aver esaminato le due donne del Sud, dobbiamo ancora considerare il Messaggero del Sud, che ha una predilezione per il gioiello 7, vale a dire, la guida. Per cogliere le implicazioni insite in questo numero singolo, occorre sapere che il sette riguarda la relazione tra la triplicità del 154


sognatore e la quaternarietà del sognato. In verità, questo è un soggetto abbastanza astruso che va ben oltre lo scopo di questo libro, così ci basti dire che insito nel 7 c’è l'essenza dell’intelligente cooperazione. Affinché ogni incarnazione abbia un reale significato e scopo, ci deve essere una piena intelligente cooperazione tra il sognatore e il sognato. Si noti che il sognatore coopera sempre pienamente e in modo intelligente con il sognato, ma non è sempre vero il contrario. Pertanto la guida implica che il sognato deve essere disposto ad accettare le sfide che gli si pone il sognatore, nella vita sul piano fisico, perché solo in questo modo ci può essere una collaborazione intelligente tra il sognatore e il sognato. Perciò, non è sbagliato dire che il 7 è anche il numero della intelligente cooperazione. Quando tutti e tre i guerrieri nel Sud femminile cooperano intelligentemente l’uno con l'altro, il risultato è: 10 + 19 + 7 = 9 Questa volta vediamo che sebbene il Sud femminile realizzi così il completamento, questo completamento è la somma dell’impeccabilità, della vitalità e dell’orientamento o guida, che è un totale che parla da sé. Dove c'è l'impeccabilità e la vitalità, assieme alla disponibilità a ricevere la guida del sognatore, ogni cosa può essere risolta, cioé, ogni sfida può essere portata a compimento. Ora è più chiaro perché il Sud é definito l'ingresso al mondo del nagual, perché come abbiamo già notato, il nagual non solo ha bisogno di forza (11) dentro di sé, ma, allo stesso modo richiede forza dalla sua unità di guerrieri, affinché tutte le sfide siano portate a compimento (9). Quando tutti i guerrieri del Sud, sia nell’aspetto maschile che in quello femminile, cooperano in modo intelligente, il risultato è: (18 + 20) + (10 + 19 + 7) = 11 + 9 = 11 Ancora una volta le implicazioni parlano da sé, perché è evidente che dove la forza (11) del Sud maschile si aggiunge al completamento (9) del sud femminile, cioè, impeccabilità e vitalità, accoppiate alla disponibilità ad ricevere la guida del sognatore, può esserci solo un risultato, vale a dire, una forza che ha il potenziale di muovere le montagne. Ora aggiungendo a questa forza il gioiello della donna nagual, che è il completamento, vediamo che la forza diventa ancora più forte. Inoltre, se si guarda di nuovo la somma dei gioielli del Sud, il coraggio, l'onore, l'impeccabilità, la vitalità e la guida, non è difficile capire perché la qualità del calore é assegnata a questa direzione, il luogo del nutrimento e della cura, e se a questo calore e nutrimento aggiungiamo il completamento fornito dalla donna nagual, è ovvio il Sud è il luogo del potere.

Infine giungiamo al Nord, il luogo della materializzazione, e quel luogo mistico in cui si condensano Le nebbie della Tradizione del Drago. Questo è il centro del mondo, noto anche come il perno dei tre anelli, il luogo dell’azione, e il campo di battaglia del guerriero. Nel Nord maschile, come ci si può aspettare, troviamo l'Uomo d'Azione, la cui naturale predilezione è per il gioiello 6, cioé, scegliere tra il vecchio e il nuovo. Dal momento che abbiamo già esaminato il significato di questo numero singolo, non abbiamo bisogno di soffermarci ulteriormente, se non per dire che tutte le azioni, per essere vera azione, e non reazione, devono basarsi sull’atto della discriminazione. Se non fosse così, allora tutte le azioni sarebbero nient’altro che follia. Solo dove c'è un’accurata scelta tra ciò che è già servito a uno scopo e ciò che è necessario ora, l'azione può essere follia controllata. Di conseguenza, l'Uomo d'Azione è considerato il vero maestro della follia controllata, e a causa dell'umorismo insito in ogni follia, quest’uomo può sempre trovare qualcosa per cui ridere, non importa quale sia la situazione. Come risultato, l'Uomo d'Azione è tradizionalmente definito dai i suoi compagni guerrieri come Il Clown, perché, anche quando tutto quanto fallisce, il suo innato senso dell'umorismo non fallisce mai. Inoltre, poiché il dovere principale del nagual è quello di guidare la sua unità di guerrieri verso la libertà, egli osserva costantemente le necessità attuali del gruppo e, di conseguenza, c'è sempre 155


un legame molto stretto tra il nagual e l'Uomo d’Azione. Questo legame è la somma dei loro gioielli, vale a dire: 18 + 6 = 15 Il coraggio più l’abilità di scegliere tra il vecchio e il nuovo manda spesso questi due uomini in profondità nell’ignoto, per cercare la luce che deve venire dall'oscurità, implicita in ogni sfida. In momenti come questo, l'umorismo dell’Uomo d'Azione trasformerà anche la sfida più grave in una faccenda istericamente divertente, e attraverso questa rara capacità di vedere il lato leggero della vita, potrà sempre trovare la luce anche nel buio più buio. Ad aiutare l'Uomo d'Azione c’è il suo Messaggero. A causa della sua stretta associazione con l'Uomo d'Azione, che predilige scegliere tra il vecchio e il nuovo, quest’uomo, come ci si può aspettare, ha una predilezione per gioiello 8, armonia ed equilibrio. Anche in questo caso, non è necessario insistere su questo gioiello, perché abbiamo già esaminato il suo significato. L’intelligente cooperazione tra questi due guerrieri produce conoscenza, che é nuova conoscenza (14): 6 + 8 = 14 Siccome che abbiamo già discusso le implicazioni di questo concetto, abbiamo solo bisogno di sottolineare come questa conoscenza é molto diversa dalla conoscenza dello studioso. La ragione di questo è evidente, perché i componenti sono completamente diversi, ed ora daremo un'occhiata più da vicino alle implicazioni più profonde. Naturalmente, poiché il Messaggero dell'Uomo d'Azione ha una predilezione per gioiello 8, questo favorisce in lui un legame molto stretto con il nagual, col risultato che non solo c'è uno stretto legame tra il nagual e l'Uomo d'Azione, ma anche tra i loro rispettivi Messaggeri. Ancora una volta questo legame è la somma dei gioielli: 18 + 20 + 6 + 8 = 16. In altre parole, dove ci sono il coraggio, l'onore, l’abilità di scegliere tra il vecchio e il nuovo, così come l'armonia e l'equilibrio, il risultato inevitabile è la liberazione attraverso il potere dell’intento (16).

Nel prendere in considerazione il Nord femminile, questa volta esamineremo per prima la Cacciatrice del Nord. Questa guerriera ha una predilezione per il gioiello 4, cioé la stabilità. Anche questo è un numero singolo che abbiamo già esaminato, ma in relazione alla Cacciatrice settentrionale è importante sapere che questo numero è il più direttamente coinvolto col quadruplice scopo dell'Indicibile, e quindi col Mondo degli Stregoni. Di conseguenza questa donna si affanna a scoprire quanto più possibile sui modi in cui tale scopo tende a manifestarsi in termini di potenziale, nella vita sul piano fisico. In altre parole, la Cacciatrice del Nord è all'interno dell'unità tolteca il guerriero più abile a lavorare con le tensioni nella rete della vita. Tuttavia, essendo consapevole che il suo gioiello ha la duplice qualità di stabilità e di inerzia, la Cacciatrice del Nord lavora con la tensione, nel senso di mantenere queste tensioni più stabili possibile, perché, per quanto possa sembrare paradossale, solo in questo modo si può contrastare l'inerzia. Non è così facile comprendere appieno questo concetto, ma è utile pensare in termini di movimento. Rendetevi conto che ogni azione sorge da una tensione. Quindi, se lo paragoniamo al pendolo di un orologio, vediamo che il perpetuo movimento del pendolo dipende dalla tensione della molla che spinge il pendolo. Chiaramente, se questa tensione interna viene a mancare, il movimento del pendolo tenderà all’inerzia. Anche se questo esempio è troppo semplicistico per quanto riguarda il lavorare con le tensioni nella rete della vita, serve comunque ragionevolmente bene ai nostri attuali scopi. Molto più avanti negli insegnamenti, quando torneremo al concetto di tensione, saremo in grado di vedere questo concetto in modo più dettagliato. La Cacciatrice settentrionale, lavorando così direttamente con le tensioni, non solo tende ad indirizzarle con la sua abilità di cacciatrice, ma il più delle volte tende ad alimentarle! 156


Questa è un’occupazione che ha fatto guadagnare alla Cacciatrice del Nord il soprannome tradizionale Il Mestolo, perché in effetti passa la maggior parte del tempo agitando e rimestando la situazione! Anche la Sognatrice del Nord è molto sensibile alle tensioni, ma siccome la sua predilezione è per la forza, il gioiello 11, lei tende ad esplorare le tensioni molto di più dal punto di vista del come possono essere usate per mettere uno contro l'altro. Per comprendere questo aspetto, tenete conto che 11 è la somma dell’impeccabilità (10) e della pura fluidità (1). In altre parole, questa guerriera si occupa soprattutto di come possa conciliare l’impeccabilità con la pura fluidità delle tensioni esistenti nella rete della vita. Si tratta di un atto che richiede una notevole abilità di negoziare un sottile compromesso tra il rimanere impeccabile, e l’essere una " totale svitata ", come spesso si autodefinisce la Sognatrice settentrionale del mio gruppo. Nell’avere questa predilezione per giocare la sua partita su una linea sottile, questa donna ha una naturale attitudine per la politica, e quindi se la sua controparte è Il Mestolo, allora tradizionalmente questa guerriera è Il Calderone. Quindi tra il rimestare della Cacciatrice, e il cucinare complotti della Sognatrice, il Nord, come ogni campo di battaglia, è a dir poco infido, per usare un eufemismo! Eppure, così come serve potere per incontrare il potere, così ci vuole perfidia per sopravvivere agli stratagemmi dello spirito. Assieme alle due donne c’è il loro Messaggero del Nord, un tipo d’uomo che non ci si aspetterebbe di trovare in compagnia di queste due guerriere, perché la sua predilezione è per il gioiello 21, la pace. E tuttavia, anche questo è un buon esempio per mostrare l’importanza di non prendere le parole per il loro valore apparente. La vera pace è in realtà onore (20) più pura fluidità (1), e da ciò che abbiamo visto in relazione alla Sognatrice del Nord, è chiaro che anche quest’uomo ha anche un naturale amore per pericolo. Conciliare l'onore con la fluidità, che è una fluidità non ancora testata sul piano fisico, è un’operazione delicata che comporta il muoversi su sottili compromessi, ed è per questo che ogni successo in un un'operazione pericolosa non può che portare la pace alla persona interessata. Non c'è nulla di più soddisfacente che ottenere il successo in un’operazione in cui c’era il rischio di finire in totale disgrazia, il rischio ha dato ancora più onore al successo, almeno per il momento. La prossima volta, chi lo sa? Potrebbe essere molto diversa, ma per ora c'è solo la dolcezza di quella pace che deriva dal sapere che si è usciti incolumi da un’operazione pericolosa ben manovrata. L’intelligente collaborazione tra i tre guerrieri del Nord femminile produce: 4 + 11 + 21 = 9. Da ciò si vede che il completamento del Nord ha una qualità ancora diversa da ognuna delle altre direzioni. Qui, nel luogo dell'azione, il completamento è un affare rischioso, perché per sua natura è basato su un tenue e delicato approccio - un approccio che può forse essere meglio descritto come una fragile tregua. Con la duplice natura della stabilità, con le incertezze politiche implicite nella forza e con l’incerto futuro di pace e successo, il completamento del Nord tutt'al più può essere considerato come un’area di sosta breve che è solo la calma prima della tempesta. La materializzazione deve essere tenuta fluida, il centro del mondo non può mai diventare inerte, perché se diventasse inerte, la quarta dimensione collasserebbe e l'evoluzione della consapevolezza cesserebbe. Quindi ad ogni passo, la stasi dell’area di sosta precedente si dissolve entrando nel flusso della vita. Questo è il modo in cui il potere ha sistemato le cose, e pertanto l’amore per il pericolo di questi tre guerrieri del Nord femminile fa sì che il loro gioco prediletto si chiami pericolo o precarietà. L’audacia di questi tre guerrieri è tale che non esitano a tuffarsi dove gli angeli invece temono di cadere. L’intelligente collaborazione tra i guerrieri del Nord maschile e del Nord femminile è: (6 + 8) + (4 +11 +21) = 14 Qui possiamo scegliere come vogliamo, se rendere le implicazioni complicate o semplici. La mia preferenza è per la semplicità, perché quando si è impegnati nella lotta per la sopravvivenza sul campo di battaglia della vita, invariabilmente sono le cose semplici che diventano le più profonde, e che contengono il significato più pregnante. Pertanto, dal mio punto di vista, il modo più piacevole per entrare in battaglia è con la conoscenza, con audacia e, naturalmente, con umorismo.

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Di fronte a incredibili avversità, come si fa a non avere senso dell'umorismo? Non avere senso dell'umorismo vorrebbe dire che ci prendiamo sul serio, e in questo caso le probabilità contro di noi sono tali che un senso di opprimente apatia ci schiaccerebbe ancora prima che la battaglia cominci. D'altra parte, mantenere il senso dell'umorismo di fronte alle circostanze avverse, significa che non ci prendiamo sul serio, ma ci addentriamo nel pericolo e diamo il meglio di noi stessi. E qualora ci sentissimo come se non avessimo nulla da dare, allora ricordiamo che l’unico fallimento nella vita è quello di fallire nell’accettare la sfida di combattere. In quel momento, l'impeccabilità dello spirito del guerriero ci sprona ad un rinnovato impegno, e ci infonde il senso di scopo con più forza di prima. Pertanto, prenderci sul serio equivale a soccombere alla nostra follia, laddove non prenderci sul serio consiste nel sapere, con ogni fibra del nostro essere, che l’unica cosa che possiamo fare é controllare la nostra follia. NOI NON CONTROLLIAMO LA VITA. CIO’ CHE POSSIAMO FARE E’ CONTROLLARE IL MODO IN CUI CAVALCHIAMO LE ONDE NELL’OCEANO DELLA VITA. Se entreremo lì con conoscenza, con audacia e con umorismo, e daremo tutto ciò che abbiamo, allora, sia che vinciamo la battaglia oppure no, usciremo dall'altro lato avendo imparato molto. Quindi ancora una volta avremo acquisito nuove conoscenze attraverso l'esperienza pratica, e quel potere è per noi - quel potere personale che il guerriero utilizza per rivendicare la sua libertà, perché il numero 14 (la conoscenza) si riduce a 5 (libertà e cambiamento).

Nell’esaminare tutti e 21 gioielli, che di fatto, sono ventidue aspetti della consapevolezza, abbiamo anche visto come questi interagiscono uno con l'altro. Così dovrebbe essere più chiaro come il guerriero utilizza i diversi aspetti della consapevolezza nella sua ricerca del potere e della libertà, perché sebbene abbiamo preso in considerazione gli aspetti della consapevolezza in relazione al gruppo Tolteco, rendetevi conto che l'unità Tolteca è solo un modello sul piano fisico del vero Uomo - quella creatura magica dell'universo che è essenzialmente un essere della quarta dimensione. Di conseguenza, quando guardiamo il risultato di una intelligente cooperazione tra tutti i guerrieri dell’unità tolteca, vediamo che questo risultato è, come ci si può aspettare, la somma dei totali di ogni direzione, vale a dire: 13 + 13 + 11 + 14 = 15. Attraverso i loro sforzi congiunti, l'unità di guerrieri Toltechi produce luce dalle tenebre, che, in ultima analisi, si riduce alla possibilità di scegliere tra il vecchio e il nuovo, perché il 15 si riduce a 6. Questo è lo scopo del vero uomo, in posizione eretta lungo l'asse verticale Nord-Sud, e con le braccia aperte lateralmente lungo l'asse orizzontale Est-Ovest. Abbracciando sia la vita che la morte, l’uomo unisce le facoltà della mente e del cuore per giungere ad una stabilità acquisita attraverso la morte del vecchio. Poi basando questa stabilità sulla forza acquisita attraverso la predilezione per il calore, per il nutrimento e per il potere, egli trionfa nel conseguire nuova conoscenza attraverso l’azione audace, che gli permette di trasmutare l’oscurità in luce - una conoscenza che è vero potere, e una conoscenza che lo colloca saldamente nel regno delle creature magiche. Questa è la natura del vero uomo, e questo è il suo destino divino. Avendo l’abilità di esercitare il potere intrinseco ad ognuno dei ventuno aspetti della consapevolezza, l’uomo è maestro del Mondo degli Stregoni - un mondo nel quale si sente a casa quanto si sente a casa sul piano fisico denso, che è la sua naturale dimora chiamata MEST. In tutto ciò abbiamo acquisito almeno una certa prospettiva su cosa si intende nell’utilizzare le 21 chiavi nel Mondo degli Stregoni, e quali sono i risultati nell’usare tali chiavi. Se osserviamo con 158


attenzione tutto quello che abbiamo imparato, vediamo che le quattro direzioni femminili, incarnate nella donna nagual, tutte danno come somma il completamento, il gioiello 9. Tuttavia, quando questo completamento si aggiunge ad una qualsiasi delle direzioni maschili, la qualità della particolare direzione maschile non è in alcun modo modificata, ossia, la qualità rimane intatta, sebbene sia stata migliorata dall'aggiunta del completamento. Questa è la natura del completamento, e questa è la natura del Mondo degli Stregoni, perché in sostanza è il mondo del completamento. Se non sei già uno stregone o una strega, il Mondo degli Stregoni è nulla! E poiché è nulla non può fare di te uno stregone. Eppure diventare uno stregone per accedere al Mondo degli Stregoni è un errore fatale, perché così facendo non si impara mai ad usare le ventuno chiavi necessarie per entrare e uscire da quel mondo. Si impara a padroneggiare l’uso di queste chiavi solo sulla Via della Libertà, ed entrare nel Mondo degli Stregoni senza le chiavi è impresa da sciocchi – un’impresa da cui potresti non tornare a raccontarne la storia. Spesso mi chiedono perché non si può accedere al Mondo degli Stregoni in modo sicuro senza le ventuno chiavi, e ogni volta sono costretto a scuotere la testa in silenzio, perché come si fa a verbalizzare l'ineffabile? L'unica cosa che posso fare è sottolineare più e più volte che il mondo degli stregoni è una fantasia che non è una fantasia, che é un potenziale più reale della realtà a causa della sua immaterialità, che è il quadruplice scopo dell’Indicibile che non ha né inizio né fine, né definizione, né sostanza nel senso comune. Entrare in un tale mondo senza le appropriate chiavi che permettono di uscire indenni dal contatto col potere di quel mondo, è come perdersi in un labirinto senza fine o senza inizio, a seconda di quale messa a fuoco scegliamo. Eppure, quando si padroneggiano i ventuno aspetti della consapevolezza, ogni guerriero può tranquillamente entrare e uscire dal mondo degli stregoni a volontà, perché con quelle chiavi è padrone delle quattro direzioni, e con le quattro direzioni a disposizione, nessun guerriero può mai perdersi, nemmeno nell’ingannevole labirinto che costituisce il Mondo degli Stregoni. Ricordate che il Mondo degli Stregoni, come tutti i mondi, esiste in quattro diverse dimensioni, denominate collettivamente MEST, la quarta dimensione. Tuttavia, poiché ogni espressione del MEST è una particolare espressione del quadruplice scopo dell’Indicibile, è ovvio che il Mondo degli Stregoni è un posto molto diverso, che potete identificare col termine tempo, diversamente dal termine energia. Anche se questo è vero per tutti i dieci mondi, è particolarmente pertinente per quanto riguarda il Mondo degli Stregoni. Siccome é il riflesso del quadruplice scopo dell’Indicibile, è impossibile distinguere in quale dimensione ci si trovi, quando si è dentro questo mondo. Eppure, padroneggiando abilmente le ventuno chiavi, si può trovare un modo per esplorarlo e, soprattutto, per uscire fuori dal Mondo degli Stregoni. In futuro, quando sarà possibile dare la Spiegazione degli Stregoni, tutto questo dovrebbe acquistare senso, molto più di quanto non ne abbia ora. E tu, lettore, ti sono già state date informazioni più che sufficienti per iniziare a lavorare e "raccogliere" le ventuno chiavi del Mondo degli Stregoni, e per cominciare ad imparare come usare queste chiavi con abilità, così ad ogni abilità padroneggiata, ci sarà un allineamento consapevole del Mondo degli Stregoni. In conclusione, ricorda che in ciò che hai imparato da questo libro, stai facendo i primi passi verso la condensazione delle nebbie di ciò che nel tempo diventerà la Tradizione del Drago - la capacità divina dell'uomo di evocare e di lavorare con la vera magia - la magia della vita. A questo proposito, allineare il Mondo degli Stregoni è solo una di queste fasi. Già in questo libro, e nei precedenti due libri, hai imparato molto. Sta a te mettere in pratica questi passaggi e cominciare a camminare. Sta a te accendere i tuoi passi di impeto. E se riuscirai a prendere slancio sufficiente per riuscire a volare, anche questo dipenderà da te. Che tu possa trovare la tua via, e nel trovare la via, che tu possa prendere il volo. Questo è il mio desiderio più profondo per tutti voi, perché alla fine, non c'è gioia più grande di quando si scende in campo, per dare via ogni cosa, ogni cosa! Ricorda sempre questo, perché seguendo la Via del Guerriero, le avversità sono veramente tante. Dico questo, non perché voglia scoraggiarvi, ma per sottolineare che spesso anche un apprendista di grande talento si allontanerà dalla Via del

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Guerriero solo perché ha ceduto alla sua follia. In momenti come questo, se dovessi sentire che è troppo per te, qualora dovessi sentire che non ce la fai, ricorda le mie parole: COME GUERRIERI ENTRIAMO DENTRO LA BATTAGLIA E DIAMO IL MEGLIO. E QUANDO SENTIAMO CHE NON ABBIAMO NULLA DA DARE, ALLORA RICORDIAMO CHE L’UNICO FALLIMENTO NELLA VITA E’ NON VOLER COMBATTERE. IN QUEL MOMENTO L’IMPECCABILITA’ DELLO SPIRITO DEL GUERRIERO RISORGE A SPRONARCI IN UN RINNOVATO SFORZO, E A INFONDERCI COSI TANTA FORZA NELLO SCOPO, COME MAI PRIMA.

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VARIE DEFINIZIONI GERARCHICHE NELLA TRADIZIONE TOLTECA DEFINIZIONE

DESCRIZIONE

Apprendista

Iniziato alla tradizione

Cacciatore

Un apprendista che ha una conoscenza operativa per andare a caccia del potere.

Guerriero

Un cacciatore che ha conoscenza operativa nella prima e seconda attenzione.

Guerriero della prima attenzione

Un cacciatore che padroneggia la prima attenzione e ha conoscenza operativa della seconda attenzione

Guerriero della seconda attenzione

Un guerriero della prima attenzione che ha un alto livello di abilità nelle tre principali tecniche.

Tolteco (della prima attenzione)

Un guerriero della seconda attenzione che è veggente e che si è preso la responsabilità di guidare la sua gente.

A questo punto ogni Tolteco ha da scegliere tra seguire Il Sentiero della Grande Avventura o La Via della Libertà. Per coloro che scelgono di seguire il Sentiero della Grande Avventura il più alto rango concesso è quello di Tolteco, ma per coloro che scelgono la Via della Libertà, ci sono i seguenti altri tre ranghi: Guerriero della terza attenzione Un guerriero della seconda attenzione che ha scelto la Via della Libertà e che quindi ha il rango di Ad’aman. Tolteco della seconda attenzione

Un guerriero della terza attenzione che è un veggente con sufficiente conoscenza della seconda attenzione da essere capace a condurre saggiamente la sua gente nell’ignoto.

Tolteco della terza attenzione

Un Tolteco della seconda attenzione che ha notevole conoscenza della seconda attenzione, e che è attivamente impegnato nel lavoro esplorativo o pionieristico.

Atl’aman

Questo rango è accordato ad ogni guerriero o Tolteco quando ha dimostrato di dedicarsi allo scopo dello spirito di Ad.

Ai nagual e alle donne nagual che sono Toltechi della terza attenzione è dato un nome ad honorem dai loro compagni Toltechi che serve come titolo ufficiale per le vite successive. Questo nome indica sia la loro formazione che il loro lignaggio a partire dal momento in cui gli è stato accordato il rango di Atl'aman. 162


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