I QUATTRO NEMICI NATURALI DELL'UOMO DON JUAN: «Quando un uomo comincia a imparare, non sa mai con chiarezza quali sono i suoi obiettivi. Il suo scopo è imperfetto; il suo intento è vago. Spera in una ricompensa che non si concreterà mai, perché non sa nulla delle difficoltà dell'imparare. Comincia lentamente a imparare, dapprima a poco a poco, poi a grandi passi. E presto i suoi pensieri entrano in conflitto. Quello che impara non è mai quello che ha sperato o immaginato, e così incomincia ad aver paura. Imparare non è mai quello che ci si aspetta. Ogni passo dell'imparare è un compito nuovo, e la paura che l'uomo prova comincia a salire implacabilmente, inflessibilmente. Il suo scopo diventa un campo di battaglia. E così si è imbattuto nel primo dei suoi nemici naturali: LA PAURA! Un nemico terribile, traditore, e difficile da superare. Si tiene nascosto a ogni svolta della strada, in agguato, aspettando. E se l'uomo, atterrito dalla sua presenza, fugge, il nemico avrà messo fine alla sua ricerca.» CARLOS CASTANEDA: «Che cosa accadrà all'uomo che fugge per il terrore?» DON JUAN: «Non gli accadrà nulla, tranne che non imparerà mai. Non diventerà mai un Uomo di Conoscenza. Sarà forse un uomo borioso, o innocuo, o spaventato; in ogni caso, sarà un uomo sconfitto. Il suo primo nemico avrà messo fine ai suoi desideri.» CARLOS CASTANEDA: «E che cosa può fare per vincere la paura?» DON JUAN: «La risposta è semplicissima. Non deve fuggire. Deve sfidare la sua paura, e a dispetto di essa deve compiere il passo successivo nell'imparare, e il successivo e ancora il successivo. La sua paura deve essere completa, e tuttavia non si deve fermare. Questa è la regola! E verrà il momento in cui il suo primo nemico volgerà in ritirata. L'uomo comincia a sentirsi sicuro di sé. Il suo intento diviene più forte. Imparare non è più un compito terrificante. Quando arriva questo lieto momento, l'uomo può dire senza esitazione di aver sconfitto il suo primo nemico naturale.» CARLOS CASTANEDA: «Ciò avviene tutto in una volta, don Juan, oppure a poco a poco?» DON JUAN: «Avviene a poco a poco, e tuttavia la paura è vinta improvvisamente e rapidamente.» CARLOS CASTANEDA: «Ma l'uomo non avrà ancora paura se gli succederà qualcosa di nuovo?» DON JUAN: «No. Una volta che un uomo ha vinto la paura, ne è libero per tutto il resto della sua vita perché, invece della paura, ha acquistato la lucidità: una lucidità mentale che cancella la paura. A questo punto l'uomo conosce i suoi desideri; sa come soddisfare tali desideri. Può anticipare i nuovi passi dell'imparare, e una limpida lucidità circonda ogni cosa. L'uomo sente che nulla è nascosto. E così ha incontrato il suo secondo nemico: LA LUCIDITA'! Quella lucidità mentale, che è così difficile da ottenere, scaccia la paura, ma acceca anche. Costringe l'uomo a non dubitare mai di se stesso. Gli dà la sicurezza di poter fare tutto quel che gli piace, perché vede chiaramente in tutto. Ed è coraggioso perché è lucido, e non si ferma davanti a nulla perché è lucido. Ma tutto questo è un errore; è come qualcosa di incompleto. Se l'uomo si arrende a questo falso potere, ha ceduto al suo secondo nemico e sarà maldestro nell'imparare. Si affretterà quando dovrà essere paziente, o sarà paziente quando dovrebbe affrettarsi..»E sarà maldestro Dell'imparare finché non cederà, incapace di imparare più nulla.» CARLOS CASTANEDA: «Che ne è di un uomo sconfitto in tal modo, don Juan? Muore come risultato?» DON JUAN: «No, non muore. Il suo secondo nemico lo ha semplicemente bloccato impedendogli di diventare un uomo di conoscenza; l'uomo può, invece, trasformarsi in un allegro guerriero o in un pagliaccio. Tuttavia la lucidità pagata a così caro prezzo non si trasformerà mai più nella tenebra e nella paura. Avrà la lucidità finché vivrà, ma non imparerà, o bramerà, più nulla.» CARLOS CASTANEDA: «Ma che cosa deve fare per evitare di essere sconfitto?» DON JUAN: «Deve fare quello che ha fatto con la paura: deve sfidare la sua lucidità e usarla solo per vedere, e aspettare con pazienza e misurare cori cura prima di fare nuovi passi; deve pensare,
dopo tutto, che la sua lucidità è quasi un errore. E verrà un momento in cui comprenderà che la sua lucidità era solo un punto davanti ai suoi occhi. E così avrà superato il suo secondo nemico, e sarà in una posizione in cui nulla potrà mai nuocergli. Questo non sarà un errore. Non sarà solamente un punto davanti ai suoi occhi. Sarà vero potere. A questo punto saprà che il potere che ha inseguito così a lungo è finalmente suo. Può fare tutto quel che vuole. Il suo alleato è al suo comando. Il suo desiderio è la regola. Vede tutto quel che è intorno a lui. Ma si è anche imbattuto nel terzo dei suoi nemici: IL POTERE! Il potere è il più forte di tutti i nemici. E naturalmente la cosa più facile è arrendersi; dopo tutto, un uomo a questo punto è veramente invincibile. Comanda; comincia col correre rischi calcolati e finisce col creare regole, perché è un padrone. A questo stadio difficilmente l'uomo si rende conto che il nemico lo sta circondando. E improvvisamente, senza saperlo, avrà certamente perduto la battaglia. Il suo nemico lo avrà trasformato in un uomo crudele e capriccioso.» CARLOS CASTANEDA: «Perderà il suo potere?» DON JUAN: «No, non perderà mai la sua lucidità o il suo potere.» CARLOS CASTANEDA: «Allora che cosa lo distinguerà da un uomo di conoscenza?» DON JUAN: «Un uomo che è sconfitto dal potere muore senza sapere veramente come tenerlo in pugno. Il potere è solo un fardello sul suo destino. Un tale uomo non ha il comando su se stesso, e non può sapere quando o come usare il suo potere.» CARLOS CASTANEDA: «La sconfitta da parte di uno qualsiasi di questi nemici è una sconfitta definitiva?» DON JUAN: «Certo che è definitiva. Una volta che uno di questi nemici ha avuto il sopravvento su di un uomo non c'è nulla che questi possa fare.» CARLOS CASTANEDA: «È possibile, per esempio, che l'uomo sconfitto dal potere possa vedere il proprio errore e correggersi?» DON JUAN: «No. Quando un uomo cede è spacciato.» CARLOS CASTANEDA: «Ma che cosa accadrebbe se fosse accecato temporaneamente dal potere e poi lo rifiutasse?» DON JUAN: «Significherebbe che la sua battaglia ancora continua. Significherebbe che sta ancora cercando di diventare un Uomo di Conoscenza. Un uomo è sconfitto solo quando non tenta più, e si lascia andare.» CARLOS CASTANEDA: «Ma allora è possibile, don Juan, che un uomo possa abbandonarsi per anni alla paura, ma alla fine vincerla?» DON JUAN: «No. Questo non è vero. Se cede alla paura non la vincerà mai, perché avrà paura di imparare e non tenterà più. Ma se cerca per anni di imparare, pur in mezzo alla sua paura, alla fine la vincerà perché non si è mai veramente abbandonato a essa.» CARLOS CASTANEDA: «Come può sconfiggere il suo terzo nemico, don Juan?» DON JUAN: «Deve sfidarlo, deliberatamente. Deve arrivare a rendersi conto che il potere da lui apparentemente conquistato in realtà non è mai suo. Deve stare sempre in guardia, tenendo in pugno con cura e con fede tutto ciò che ha imparato. Se riuscirà a vedere che la lucidità e il potere, quando manca il suo proprio controllo su di sé, sono peggio ancora di errori, raggiungerà un punto in cui tutto è tenuto sotto controllo. Saprà allora come e quando usare il suo potere. E in questo modo avrà sconfitto il suo terzo nemico. L'uomo sarà, ormai, alla fine del suo viaggio di apprendimento, e si imbatterà, quasi senza esserne stato avvertito, nell'ultimo dei suoi nemici: LA VECCHIAIA! Questo nemico è il più crudele di tutti, il solo che non potrà essere sconfitto completamente, ma solo scacciato. Questo è il momento in cui l'uomo non ha più paure, non più un'impaziente lucidità mentale; un momento in cui il suo potere è tutto sotto controllo, ma anche il momento in cui prova
un irresistibile desiderio di riposare. Se si arrende totalmente al desiderio di lasciarsi andare e dimenticare, se si adagia nella stanchezza, avrà perduto l'ultimo combattimento, e il suo nemico lo ridurrà a una creatura debole e vecchia. Il suo desiderio di ritirarsi annullerà tutta la sua lucidità, il suo potere, e la sua conoscenza. Ma se l'uomo si spoglia della sua stanchezza, e affronta il proprio destino, può allora essere detto uomo di conoscenza, pur se soltanto per il breve momento in cui riesce a sconfiggere il suo ultimo e invincibile nemico. Quel momento di lucidità, di potere e di conoscenza, è sufficiente.» Carlos Castaneda, Gli Insegnamenti di don Juan, pagg. 68-70
SORCERYFILES.COM Nella vita ci sono molti percorsi diversi tra cui scegliere, troppi per nominarli tutti. Tuttavia c'è un percorso, come una corrente sottomarina, che potenzialmente può mostrare a un cercatore di conoscenza, non solo molti dei segreti della vita, ma in ultima analisi può concedergli la possibilità di uscirne vivo. Questo percorso ha diversi nomi, nonostante sia principalmente conosciuto come "la via del guerriero". Il cammino di un apprendista sulla "via del guerriero" viene suddiviso in 4 fasi, rispetto al loro potere personale, abilità, e sviluppo delle arti guerriere. In origine, la specie umana aveva una struttura inorganica (energetica), molto tempo fa coloro che si trovarono in quello stato scelsero di incarnarsi come una miscela di organico e di inorganico in questo mondo. Questo è il motivo per cui gli esseri umani hanno un piede in entrambi gli stati dell'essere. La “via del guerriero” è il metodo con cui un individuo può tentare di evolversi nel primitivo stato inorganico, sciogliendo e portando con sé il loro essere totale e la conoscenza del mondo organico. Questo non è uno stato paradisiaco o il nirvana, è invece un passo avanti nel cammino dell'evoluzione. L'insieme di tecniche utilizzate da un apprendista guerriero per rendersi libero fa parte della “via del guerriero”, per liberarsi dalla prima e dalla seconda attenzione (questa realtà, e l'insieme delle infinite realtà del sogno e della realtà non ordinaria). Un apprendista deve padroneggiare le 4 fasi del percorso denominate: il Cacciatore, il Guerriero, lo Stregone e il Veggente. Ne consegue che queste 4 tappe riguardano anche i 4 nemici principali che un apprendista deve affrontare e padroneggiare, secondo il livello in cui si trovi sulla “via del guerriero”. Il Cacciatore affronta la Paura Il Guerriero affronta la Lucidità Lo Stregone affronta il Potere Il Veggente affronta la Vecchiaia Tutti questi nemici o sfide di un Uomo di Conoscenza non potranno mai essere veramente padroneggiati totalmente. Essi si mostreranno in forme diverse lungo la “via del guerriero”. Quello che avviene è che l'apprendista impara ad affrontare e comprendere la natura di ogni sfida. Quando una sfida che è stata compresa si presenta, viene riconosciuta e quindi affrontata come si fa con qualsiasi altra cosa. Il miglioramento dell'apprendista nell'affrontare queste sfide dipende da quanta pratica fa. Il padroneggiare la paura è la fase del cacciatore. Un apprendista si propone in primo luogo di conoscere la paura, come disinserirla in sé stesso, come usarla nelle sue battaglie, come identificarla quando viene usata su di sé e su gli altri nel mondo che li circonda. La paura è un importante strumento di controllo nella vita di una persona comune. La paura della violenza, della fame, della perdita di occupazione e di ricchezza, del rifiuto sociale, dell'imbarazzo, degli animali e degli insetti, di base c'è una lista infinita di possibilità. Queste paure vengono usate per controllare e manipolare tutti coloro che ne sono soggetti, fino a quando non padroneggiano la capacità di trasformare la paura in uno strumento. Senza padronanza della sfida della paura, una persona sarà soggetta alla pressione costante del mondo della prima e della seconda attenzione, che aumenterà con il passare degli anni e il suo livello di energia personale diminuirà. Molte persone non hanno mai oltrepassato la prima sfida, anche se essi sono profondamente convinti che ce l'hanno fatta. La maggior parte della popolazione del mondo (95-97%) non ha mai
superato la sfida della paura, è per questo motivo che così tante persone della nostra razza mostra tali reazioni di paura in diverse situazioni, anche quando sanno di agire in questo modo. Nota come le libertà legali delle persone in molti dei paesi del mondo sono state eliminate dai governi utilizzando la paura del 'terrorismo' come strumento. Nei paesi in cui una volta il processo legale era un diritto se si era sospettati di un reato, ora è possibile detenere legalmente le persone a tempo indeterminato senza alcun ricorso o difesa. Questo è un esempio del nemico Paura al lavoro su due parti diverse. Entrambe sono collettive, entrambi sono soggetti alla paura, da una parte si teme la perdita del potere sull'individuo e dall'altra si teme l'uso del potere su di sé. La padronanza della lucidità è lo Stadio del Guerriero. La lucidità si manifesta quando osserviamo una situazione o un avvenimento e sentiamo di conoscere il quadro completo di ciò che avviene. Un individuo non può davvero percepire il mondo in questa fase, anche se è sicuro di poterlo fare. Di base significa dare giudizi e compiere azioni in base a delle conclusioni sbagliate tratte delle informazioni presenti. Verrà padroneggiata comprendendo che in tutte le azioni vi sono profondità e i motivi per percepirle come tali. Un guerriero impara a capire che il mondo non è quello che pensa che sia. È un fatto che tutta la conoscenza è in continua evoluzione, anche se sembra essere 'un fatto concreto'. La natura della conoscenza è fluida. Un esempio di questo potrebbe essere tratto dalla trama di un film per famiglie con intrighi, dove due persone che collaborano come eroi (ma che diffidano l'uno dell'altro) sono a caccia del cattivo, improvvisamente un eroe estrae la sua pistola e mira alla testa del suo partner e spara un colpo. L'altro eroe estrae la sua pistola e mira alla testa del suo compagno, pronto a piantargli una pallottola nel cranio, per poi rendersi conto che il suo partner ha colpito un nemico nascosto prima che li attaccasse. La lucidità è ingannevole, perché, anche se spesso vi sono delle prove inconfutabili, vi è anche una maggiore comprensione dietro una situazione che ne cambierà il suo significato. La tua raccolta di conoscenza sarà in costante cambiamento dal momento che le tue azioni e apprendimenti evolvono rimuovendo conoscenze obsolete Comprendere i diversi livelli di conoscenza dietro le situazioni, la storia, i flussi di energia, le parti in causa permette una percezione più profonda di quella situazione. I guerrieri utilizzano lo strumento del vedere (la percezione dell'energia) e le arti dell'agguato e del sogno per capire la natura delle realtà nella quale vivono. Quando l'apprendista deve affrontare la sfida del potere è la fase dello Stregone. Il potere si mostra in molte forme, molte sono evidenti nella nostra vita. In questa realtà, ad esempio, tutti sappiamo che gli individui, le persone giuridiche e i governi sono capaci di grandi atti di cambiamento, di sviluppo e di distruzione, soprattutto con grandi quantità di denaro a loro disposizione. Abbiamo visto cosa succede quando le cose vanno male, o se ne è abusato. Abbiamo anche visto il bene che alcune di queste azioni possono creare nel mondo in cui viviamo. La comprensione e l'esecuzione finanziaria è una forma di energia che si manifesta come una sfida a questa realtà (prima attenzione). Ci vuole allenamento per imparare la natura della moneta, e capire che il denaro è più di un scambio per il tempo, i servizi o i beni, ma che è una forma di energia che origina dal pensiero reso manifesto. Imparare ad usare il denaro, capirne la sua natura, come viene percepito da voi stessi e dagli altri nel vostro ambiente è una forma della sfida del potere. Quelli che si adattano ad esso imparano a creare, produrre, e far crescere la ricchezza, imparano anche come il potere incide su di loro e sulla loro
realtà. Il successo nel padroneggiare la sfida del potere dipende anche dalla padronanza della paura e della lucidità. Un apprendista impara che il potere non appartiene veramente a lui, sebbene impari come e quando usarlo. Il pericolo con il potere è che può deformare le opinioni di coloro che lo cercano, o che lo hanno e non vogliono perderlo. Errori fatti a questo livello possono avere risultati molto tragici su un individuo e sull'ambiente circostante. Questo è anche il motivo per cui è essenziale essere abili nel padroneggiare i primi due nemici. Con la sfida al potere, uno stregone sviluppa le proprie abilità nella volontà e nell'intento di avere successo o di ottenere tutto ciò che vuole, anche se ciò può non essere quello di cui ha bisogno, o essere in contrasto al loro successo sulla via del guerriero. Potrebbe significare, ad esempio, che un apprendista può finire per sabotare i suoi compagni apprendisti. Semplicemente perché facendolo al momento giusto può esaurire il potere personale dei suoi compagni apprendisti aggiungendolo al proprio nel processo. Potrebbe significare dover pagare un grande debito all'universo, prendendo troppo o attingendo dall'ambiente circostante. Un guerriero impara che solo perché si può fare qualcosa, non significa che debba essere fatto. Il colpo di frusta dovuto all'abuso del potere nelle sue molteplici forme risulta abbastanza estremo, in questa fase di sviluppo. Potrebbe anche causare la morte del partecipante, o anche farlo diventare l'opposto di quello che cerca, invece di diventare un guerriero sulla via della libertà, può diventare un tiranno o un despota. Quando un guerriero è abbastanza erudito nei confronti delle altre 3 e affronta la sfida finale si ha la fase del Veggente. La Morte. In definitiva, la forza della morte è la chiave per la libertà di un guerriero, persino, forse, ancora più seducente del potere. A causa della nostra limitata aspettativa di vita in questa realtà, abbiamo, in effetti, solo un breve periodo di tempo in cui sviluppare le competenze e il potere personale necessario per liberarci. L'effetto del tempo su di un guerriero può essere nascosto in tanti modi, ma con l'aumentare dell'età il guerriero può diventare compiacente, rilassato in modo tale da non essere di alcun beneficio per la sua formazione. In un certo senso questo nemico è il primo e l'ultimo nemico di un guerriero, in quanto è lì di fronte a noi dalla prima alla nostra ultima azione. Mentre combattiamo per la nostra libertà ci guarda. Si presenta con delicato movimento impercettibile, cullando il guerriero ad arrendersi alla sua morte. Questo è forse quando una vita di intento inflessibile per raggiungere la libertà si mette maggiormente in gioco, aiutando il guerriero nella sfida più grande. Pochi consigli possono aiutare un guerriero in questa fase, semplicemente perché sanno già tutto quello di cui hanno bisogno per vincerla. Ciò che è più importante è scegliere di farlo in modo tempestivo. Tutti gli apprendisti, durante la vita, affronteranno tutte le fasi a livelli diversi. A volte si trovano ad affrontare la sfida del potere, sebbene non abbiano superato quella della paura. L'apprendista dovrebbe concentrarsi sulla padronanza della propria paura, anche se un'altra sfida parrebbe presentarsi. In un certo senso scoprirete che è più semplice mostrare allo studente che le sfide precedenti devono essere padroneggiate prima di cercare i successivi nemici. Un apprendista, che affronti veramente la sfida del potere, ha anche a che fare costantemente con la paura e la lucidità durante la sfida. Quindi è possibile che possa presto fallire, se non è ragionevolmente edotto per queste sfide. Siatene consapevoli e pronti.
È possibile per una persona padroneggiare la sfida della paura e non andare oltre. Molti di coloro che si occupano di sport estremi, come il base jumping, l'alpinismo, e gli stuntmen sono ottimi esempi di questo. Identificare tali individui è interessante per la pratica dell'arte dell'agguato. Di norma gli altri possono reagire prevedibilmente alla paura quando vengono spaventati, ma quelli che non sottostanno a tale nemico reagiscono in modo diverso. Le interazioni tra due individui (per esempio), uno che ha dominato la sfida della paura e l'altro che ha dominato sia la paura che la lucidità risultano spesso in molte conclusioni diverse. Una persona che ha padroneggiato la paura può affrontare aggressivamente ed inutilmente una situazione, l'altra persona, nello stesso avvenimento, può sembrare soccombere alla paura, ma in realtà non avere paura, può semplicemente usarla come parte di un piano. Un individuo che può utilizzare la terza sfida del potere può reagire in modo ancora diverso da coloro che hanno padroneggiato le altre due sfide. A causa di questo, siate consapevoli delle vostre azioni e piani quando praticate attivamente l'arte dell'agguato sugli altri. Non tutte le cose sono come sembrano, e anche se il mondo della prima attenzione può essere percepito come un mondo controllato dalla paura, o carente di lucidità, vi accorgerete che ci sono molte persone là fuori che hanno imparato ad affrontare con successo tutte queste sfide, anche se solo in un modo o metodo e sembra che non riescano ad affrontare queste sfide in altre situazioni. Una persona che ha padroneggiato la paura e non la lucidità diventa un tipo di individuo interessante. Non ha alcun timore a fare ciò che percepisce come corrette, ma dal momento che non ha padroneggiato la lucidità le sue azioni possono condurlo lungo un percorso alquanto sbagliato. Coloro che padroneggiano la paura e la lucidità tendono a livellare o ristagnare. C'è poco che, alla fine, essi non percepiscano, anche se a volte questo può richiedere del tempo, tuttavia, invece di non agire per paura si può scegliere di non agire per capire, aspettando pazientemente che la situazione si riveli. Il potere può spesso mostrarsi nella vita di un individuo in modo tale che quell'individuo può scegliere di non rispondere a tale sfida. Si può finire con una persona che non ha paura di affrontare le paure, che ha una profonda comprensione di ciò che sta accadendo e che sceglie di ristagnare in quella posizione non affrontando il terzo nemico. Dal momento in cui un apprendista affronta il potere, usa la sua conoscenza, la lucidità e la mancanza di paura, per imparare a sfruttare il potere nella vita nelle sue molteplici forme. Coloro che non hanno mai padroneggiato il potere ma che continuano ancora a ricercarlo e utilizzarlo possono trasformarsi nei mostri che ci sono familiari, spargendo avidità, distruzione e corruzione a molti livelli della vita. In ultima analisi, il potere di solito distrugge le persone che lo usano in questo modo, poiché è la sua natura intrinseca. Purtroppo il prezzo per coloro e per l'ambiente intorno a tali individui può essere estremo, dal momento che l'effetto leva di tale potere può influenzare così tante persone e ambienti in molti paesi e realtà diverse. Coloro che padroneggiano le prime tre sfide possono spesso dubitare o non essere a conoscenza dell'esistenza di un ulteriore livello di vita. Possono diventare compiacenti, rilassati e semplicemente invecchiare e morire. Possono anche diventare vittime di incidenti e disavventure, come coloro che padroneggiano la sfida del potere, tendono a comprendere il funzionamento della seconda attenzione, o realtà non ordinaria, e possono immergersi profondamente nella sua meraviglia senza fine, scegliendola al posto della terza attenzione. Questa è la differenza tra il percorso della somma avventura e il sentiero della libertà. Coloro che scelgono la somma
avventura immergendosi nella seconda attenzione, anche se possono prolungare notevolmente la loro vita, alla fine muoiono. Il sentiero della libertà si evolve dal percorso della somma avventura, coloro che scelgono di raccogliere la sfida del quarto nemico: la morte, percorrono questa via. È anche possibile, pur se raro e molto difficile, per un guerriero passare dal percorso della somma avventura al percorso della libertà. I guerrieri che hanno combattuto il quarto nemico nel corso dei secoli cercarono di capire come rendersi liberi, molti senza successo. Il metodo fu scoperto quasi per caso laddove uno sciamano del vecchio mondo riuscì a farlo. Da allora continuarono singoli individui dotati di incredibile forza e intento, poi piccoli gruppi, poi gruppi sempre più grandi di stregoni. Tante più persone riescono a raggiungere la padronanza del 4° nemico possono spianare la strada ad altri per poter affrontare e padroneggiare le prime 3 sfide. Noi tendiamo a chiamare, coloro che sono usciti dalla vita vivi, i veggenti della terza attenzione. E così chiamiamo i più recenti di questi individui, (coloro che hanno raggiunto la libertà negli ultimi 500 anni o giù di li) i nuovi veggenti. La realtà in cui essi esistono viene chiamata la terza attenzione, a differenza della prima attenzione (questa realtà) e della seconda attenzione (realtà non ordinaria e il sognare). La Terza Attenzione non è la fine dello sviluppo di un guerriero. È l'inizio di una nuova fase evolutiva. laddove il vero viaggio inizia dal momento che un guerriero viene liberato da questa culla e può iniziare a cercare la sua libertà e il grande sconosciuto. Un'ultima parola Impariamo dal fallimento, a volte da quello degli altri, a volte dal nostro. Tutti i guerrieri pasticciano sul loro percorso. Il tempo sembra esaurirsi, il mondo sembra ammassarsi contro di loro, ma il vero apprendista deve fortificarsi e avere fiducia nella riuscita. Finché si è vivi, si ha la possibilità, spetta a voi di approfittare di quella possibilità. Ci si può trovare lungo il cammino in un momento in cui pare che tutto sia perduto. Fermatevi fate il punto su ciò che avete realizzato e poi archiviatelo. Scoprirete che, a causa dei vostri fallimenti, si diventa più forti e più intelligenti; semplicemente scegliendo di non rinunciare, a volte è sufficiente per ottenere il successo.
Theun Mares – Il Grido dell'Aquila CAPITOLO TRE
I QUATTRO NEMICI NATURALI PER AVERE POTERE, DEVI RECLAMARLO. E QUESTO COMPORTA AFFRONTARE E SCONFIGGERE I QUATTRO NEMICI NATURALI. Nel capitolo precedente abbiamo trattato i quattro attributi del guerriero, e abbiamo visto quanto sono importanti nella vita del guerriero. Tuttavia, dobbiamo lavorare per ciò che desideriamo, perché fare in modo che il nostro comando diventi il comando dell'Aquila non è semplice come desiderarlo, ma è un processo di apprendimento per reclamare il nostro potere, il nostro retaggio. Il potere non ci può essere conferito, per la semplice ragione che il potere è conoscenza acquisita attraverso l'esperienza personale. Pertanto, per ottenere potere, dobbiamo essere capaci di sostenere una battaglia per il potere, ed è a questo scopo che il potere sfida ogni volta il guerriero. Nella vita incontriamo quattro diverse categorie di battaglie, conosciute come i quattro nemici naturali, che dobbiamo affrontare e conquistare da guerrieri in ogni vita successiva. Nella vita, ogni qualità ha due effetti possibili - positivo o negativo - e l'effetto che risalta dipende dall’intento dell'individuo. I quattro nemici naturali in effetti sono solo gli aspetti negativi, o gli effetti dei quattro attributi del guerriero. In altre parole, i nemici e gli attributi sono la stessa forza, che si manifesta prima come i quattro nemici naturali e, quando sono conquistati, come i quattro attributi del guerriero. IN NATURA TUTTE LE FORZE SONO NEUTRE. ESSE SI MANIFESTANO POSITIVAMENTE O NEGATIVAMENTE A SECONDA DELL’INTENTO DELL’INDIVIDUO. LA NON CORRETTA INTERPRETAZIONE DI QUESTO FATTO DA ORIGINE ALL’ERRONEO CONCETTO DI LIBERO ARBITRIO. I GUERRIERI NON HANNO UN LIBERO ARBITRIO; PER ESSI C’È SOLO LA SCELTA DI AGIRE IN MODO IMPECCABILE OPPURE NO. PER I GUERRIERI AGIRE IN MODO NON IMPECCABILE NON È UNA SCELTA DEGNA DI ESSERE PRESA IN CONSIDERAZIONE; PERTANTO IL LIBERO ARBITRIO E’ UNA CONTRADDIZIONE IN TERMINI. Nel trattare coi quattro nemici naturali, consigliamo all'apprendista di annotare ogni sfida nel suo diario, e di fare lo sforzo di distinguere a quale categoria appartiene. E’ un’azione abbastanza semplice, ma ha il vantaggio di dare all'apprendista un senso di controllo e di disciplina che è necessario per coltivare la corretta impostazione mentale. Ricorda che la vita di un guerriero è rigorosamente ordinata e non un miscuglio caotico di pensieri incoerenti ed emozioni intricate. Ogni pensiero e ogni emozione ha uno scopo, ma lo scopo non sarà mai chiaro se i pensieri e le emozioni sono mischiati e confusi. ALL’INIZIO L’APPRENDIMENTO E’ LENTO; MA COL TEMPO ACCUMULA L’IMPULSO PER CREARE L’EFFETTO VALANGA. TUTTAVIA, IL VERO APPRENDIMENTO E’ DIVERSO DA CIO’ CHE NORMALMENTE SI CREDE, E CONSEGUENTEMENTE L’APPRENDISTA SI RITROVA PRESTO AD AFFRONTARE I PROPRI PENSIERI E LE PROPRIE EMOZIONI. NON OTTENENDO QUELLO CHE SI ASPETTAVA DI IMPARARE, L’APPRENDISTA CADE PREDA DEI PROPRI DUBBI E SOSPETTI E PRESTO E’ SOPRAFFATTO DA UN DEBILITANTE SENSO DI PAURA – UNA PAURA CHE MONTA CON ALLARMANTE RAPIDITA’ QUANTO PIU’ SI SFORZA DI CAPIRNE LE CAUSE. SENZA RENDERSENE CONTO, L’APPRENDISTA HA INCONTRATO IL PRIMO NEMICO NATURALE – LA PAURA.
SOTTO L’IMPATTO DELLA PAURA, IL SENSO DI SCOPO E DIREZIONE DELL’APPRENDISTA COMINCIA A SGRETOLARSI, LASCIANDOGLI LA SCOMODA SENSAZIONE CHE LA SUA RAGIONE SIA MINACCIATA E SOTTO ASSEDIO. La paura è un nemico terrificante che non è facile superare, per il semplice motivo che può assumere un gran numero di forme. Non appena viene superato un aspetto della paura, se ne presenta un altro più orribile. Se in qualsiasi momento gli apprendisti cedessero anche di poco alla paura, ne sarebbero inevitabilmente sopraffatti, e il panico o qualcosa di molto simile metterebbe immediatamente fine alla loro lotta. E’ ironico che ogni volta che si affaccia la paura, gli apprendisti sentono che la loro razionalità è stata aggredita, non rendendosi conto che sono i loro dubbi e sospetti che li hanno aggrediti. In altre parole, la mente razionale si da la zappa sui piedi e la registra come aggressione dall’esterno! PER LA MENTE RAZIONALE PRODURRE PAURA E’ UNA TENTAZIONE IRRESISTIBILE; MA INDULGENDO IN QUESTA TENTAZIONE, LA MENTE UCCIDE SE STESSA. A volte la paura può essere così sottile che non è facile identificarla. Le persone temono ogni genere di cose. Ma è importante rendersi conto che non sempre sono le paure evidenti a sconfiggere qualcuno. Il più delle volte è la paura accuratamente nascosta che finisce per debilitare la persona. E’ per questa ragione che si dice che negare qualcosa è la peggiore forma di auto-indulgenza. Per spiegare questo, esaminiamo due esempi diversi su come si presenta la paura e come affrontarla. Un giovane dalla voce soave e gentile, di nome Simone, quand’era adolescente cominciò a dubitare della propria mascolinità, a causa della sua natura sensibile. Temendo di essere omosessuale, inconsciamente cercava di evitare gli omosessuali e reagiva in modo aggressivo quando si ritrovava in loro compagnia. Sempre inconsciamente Simone cominciò a praticare la boxe, non perché gli piaceva lo sport, ma perché aveva un profondo desiderio di dimostrare a sé stesso e al mondo che era un vero uomo. Col tempo, Simone riuscì a convincersi di essere eterosessuale e si sforzò anche di essere abbastanza civile nei confronti degli omosessuali. Simone doveva 'superare' a tutti gli effetti la paura di essere omosessuale ed essendo felicemente sposato, decise di aiutare la moglie ad allevare il loro figlio neonato. Simone amava il figlio, e stravedeva al punto di sacrificarsi per lui senza vergogna ogni volta che ne aveva l'opportunità. Tutto andò bene, fino a quando il figlio fu abbastanza grande e cominciò a mostrare di avere la stessa sensibilità del padre. Simone era riuscito a soffocare la sua paura così bene e così a lungo, che a questo punto nemmeno se ne ricordava più. Eppure, improvvisamente e senza motivo apparente, il rapporto col figlio cominciò a cambiare. Simone diventò impaziente e irascibile col figlio, lo respingeva duramente ogni volta che il ragazzo cercava di avere un contatto fisico con lui. Di conseguenza, la relazione tra i due si rovinò rapidamente al punto che il ragazzo non fu più in grado di accontentare il padre, qualsiasi cosa facesse. Vedendo quello che stava accadendo, la moglie di Simone non riusciva a capire il cambiamento di sentimenti del marito verso il figlio e, di conseguenza, diventò molto protettiva nei confronti del ragazzo. Questo a sua volta diede luogo a litigi senza fine tra Simone e la moglie, mentre il figlio diventava ipersensibile e si ritirava sempre più. Il nocciolo della questione era che Simone non aveva mai affrontato la sua paura, ma l'aveva nascosta, anche a se stesso. Solo molti anni dopo, riemerse a minacciare Simone, la sua famiglia e tutto ciò a cui teneva. Eppure, se qualcuno gli avesse chiesto, è improbabile che Simone sarebbe stato capace di identificare la causa dei suoi problemi. In effetti, Simone aveva chiuso gli occhi davanti alla paura di non essere normale, e anche se la paura ora gli stava distruggendo la vita, Simone non riconosceva la paura per quello che era. Lasciamo per il momento Simone e vediamo un altro esempio: questa volta di una donna di mezza età di nome Giovanna. Giovanna ha sviluppato una grave forma di agorafobia. Anche dopo un adeguato trattamento psichiatrico, non trova più il coraggio di uscire di casa. Sebbene riconosca chiaramente la sua paura di lasciare i confini sicuri della casa, lei non si rende conto che la causa di
questa paura ha origine nella sua infanzia. Da bambina, un suo cugino le ha detto che era una ragazza bruttina. Al momento Giovanna si era molto turbata e, andando in camera della madre, si era guardata nello specchio a figura intera con occhio molto critico. Così Giovanna decise che forse il cugino aveva ragione, ma determinata a trovare un modo per compensare le sue imperfette caratteristiche, Giovanna iniziò a prestare la massima cura a ogni piccolo dettaglio del suo aspetto. A tempo debito, cominciò a ricevere tanti complimenti sulla sua bellezza e sul suo portamento. Tuttavia, nonostante ricevesse tanti complimenti, Giovanna non era ancora in pace col suo aspetto. La sua bellezza fisica era diventata un'ossessione, tanto che intraprese la carriera come consulente di bellezza. Giovanna ebbe così successo che avviò la propria società di consulenza e aprì diversi saloni di bellezza, che continuarono a funzionare anche dopo che si sposò con un uomo che sembrava adorarla. Giovanna stava appena iniziando a sentire di aver finalmente trovato la felicità, quando di punto in bianco, scoprì che il marito aveva una relazione. Giovanna reagì a questa scoperta con freddezza non comune e, rifiutando perfino di discutere la situazione col marito ribelle, divorziò da lui, senza mostrare nessuna emozione. Pochi mesi dopo il divorzio Giovanna sviluppò una lieve forma di eczema sulle mani, ma non volendo che nei saloni di bellezza qualcuno vedesse la sua condizione, si ritirò dalla scena pubblica. Questo fu l'inizio dell’agorafobia di Giovanna, e anche se l'eczema sparì abbastanza velocemente, trovava sempre più difficile tornare al lavoro. Alla fine Giovanna vendette le sue imprese e, non avendo più alcun vero motivo per uscire, iniziò a stare a casa sempre di più. Non uscendo di casa, e non avendo l'incentivo per apparire bella, per il marito e per i clienti, l'interesse di Giovanna al suo aspetto fisico cominciò a sgretolarsi. Nei due anni successivi al divorzio, Giovanna diventò una totale reclusa, e per aver trascurato il suo aspetto fisico, sviluppò anche una debilitante paura di ricevere visite. La paura di essere brutta aveva finalmente catturato Giovanna, e anche se ancora non riconosceva la causa della sua agorafobia, la paura di essere brutta le causò tanto dolore. Senza rendersene conto, Giovanna incolpò la sua bruttezza del fatto che suo marito aveva avuto una relazione. Questa fu la ragione di fondo per cui non fu capace di reagire emotivamente all’infedeltà del marito. Inoltre, sotto il peso della sua immaginaria bruttezza, Giovanna si sentì costretta a vendere la sua attività. Non essendo in grado di guardare le donne che sentiva che erano più belle di lei, Giovanna non poté più tollerare di aiutarle ad avere un aspetto ancora più attraente. I due esempi che abbiamo visto sono tipici delle paure nascoste, che tendono a riaffacciarsi prima o poi per azzoppare la vita delle persone. Perciò dobbiamo vedere come queste paure nascoste possono far fallire un apprendista nel suo cercare di diventare guerriero. Cerchiamo quindi di rivedere gli esempi di Simone e Giovanna - ma questa volta supponiamo che entrambi siano apprendisti nella Via del Guerriero. Dopo una consistente ricapitolazione, Simone cominciò a ricordare la sua paura di essere omosessuale. Lavorando con questa paura, pensava al suo problema in ogni modo pensabile, ma non avendolo mai realmente affrontato, per Simone era impossibile pensare la sua paura in termini diversi dalla sua esperienza. Tuttavia, dalle sue esperienze fino a quel momento, non c'era mai stato nulla nella sua vita che potesse giustificare questa paura. Di conseguenza, Simone era costretto a giungere alla conclusione che la sua paura era sempre stata infondata, e che pur essendo sensibile, aveva sufficienti prove che gli confermavano di non essere omosessuale. Anche se era giunto a questa conclusione, Simone non poteva ancora tollerare i tentativi del figlio di stabilire un rapporto fisico con lui. Osservando questo fatto più profondamente e più onestamente possibile, Simone fu costretto ad ammettere a se stesso di avere effettivamente paura del contatto fisico con un maschio. Dopo averlo ammesso a se stesso, Simone poté infine affrontare la sua paura. Tale confronto è cruciale, perché se Simone soccombesse alla paura, a questo punto, sarebbe sconfitto per il resto della vita. Venendo fuori con ogni scusa immaginabile per non affrontare la paura, Simone continuerebbe a nasconderla anche a se stesso. L’UNICO MODO DI TRATTARE LA PAURA E’ QUELLO DI AFFRONTARLA
DELIBERATAMENTE. ANDARE VERSO LA PAURA E NON SOCCOMBERE AD ESSA COMPORTA RICONOSCERLA PIENAMENTE, E CIONONOSTANTE PROCEDERE NEL COMPITO DI IMPARARE, COME SE NON TI DISPIACESSE. SE FAI QUESTO, VERRA’ UN MOMENTO IN CUI TI RENDERAI CONTO CHE SEI STATO COSI’ A LUNGO ASSIEME ALLA PAURA CHE NON TI TERRORIZZA PIU’. DA QUEL MOMENTO SARAI LIBERO DALLA PAURA PER IL RESTO DELLA VITA. LA REALIZZAZIONE DI ESSERE LIBERO DALLA PAURA ARRIVA NEL LAMPO DI UNA VISIONE, MA IL PROCESSO PER SCONFIGGERLA E’ UNA LUNGA ESPERIENZA DA INCUBO, ESERCITANDO LA VOLONTA’ DI RIMANERE STABILE, QUALSIASI COSA ACCADA. Dopo aver ricapitolato la sua paura di adolescente, ora la sfida di Simone era quella di lottare per ottenere più sobrietà, perché anche se vedeva chiaramente che la sua innata sensibilità era stata causa della sua paura, tuttavia gli veniva estremamente difficile cambiare le abitudini di una vita. Per Simone l'unica opzione disponibile era quello di praticare il non-fare. In passato, il fare di Simone era stato quello di rifuggire dal contatto fisico con i maschi, tranne che sul ring, dove il contatto era puramente aggressivo. Ora, per lui il non-fare consiste nell’aprirsi volontariamente ad un'interazione imparziale coi maschi, sia emotivamente che fisicamente. Ovviamente per Simone non è un compito facile, ed è quindi abbastanza comprensibile che preferirebbe scappare piuttosto che affrontare questa sfida. Ben sapendo che doveva vincere la paura, invece che scappare da essa, Simone cominciò a sforzarsi di avere un contatto fisico col figlio. La sera incoraggiava il ragazzo a sedersi accanto a lui sul divano, per guardare assieme la televisione, mettendo il braccio attorno al figlio per tenerlo vicino. In un primo momento Simone era incredibilmente a disagio, e quando dopo un pò il figlio d'impulso gli dava il bacio della buonanotte, Simone si doveva far forza per non retrocedere e per non sottrarsi al contatto fisico col ragazzo. Inaspettatamente a lavoro Simone trovò un nuovo collega di nome Filippo, che era omosessuale dichiarato. Questo è il modo tipico in cui il potere sfida ogni guerriero che sta tentando di reclamare il proprio potere personale. Simone riconobbe velocemente la sfida e alla prima occasione affrontò deliberatamente Filippo. Sforzandosi di essere aperto e amichevole verso il collega, e cercando di mostrare un interesse casuale, Simone strinse amicizia con Filippo. Trascorrendo tanto tempo a lavoro con Filippo, Simone presto scoprì che, nonostante la sua paura, Filippo cominciava a piacergli. In lui trovava un ascoltatore attento e una persona con cui era facile parlare, così Simone notò che anche Filippo era un uomo sensibile. Allo stesso tempo, questa realizzazione innescò in Simone una crescente sensazione di allarme, ma si rifiutò di cedere alla paura, e stoicamente continuò a coltivare l'amicizia di Filippo. Sforzandosi di essere aperto con Filippo, Simone si confidò con lui, raccontandogli il difficile rapporto tra lui e suo figlio, e come questo influenzasse anche il suo matrimonio. Da persona sensibile, Filippo sentì Simone insicuro sul suo essere eterosessuale e, non sapendo che Simone stava praticando il non-fare, saltò alle proprie conclusioni. Decidendo che Simone aveva troppa paura di ammettere di essere omosessuale, Filippo cominciò a cogliere ogni occasione per convincere Simone ad avere un incontro sessuale. Simone d'altra parte, si rese conto che, nonostante la sua avversione per gli inviti di Filippo, si sentiva stranamente attratto dall'uomo, e la paura già presente cominciò a trasformarsi in panico. Anche se Simone riteneva di sentirsi attratto da Filippo solo perché aveva una pazienza infinita con lui e coi suoi problemi, ancora non riusciva a scrollarsi di dosso il terrificante sospetto che dopo tutto potesse essere anche lui omosessuale. Non avendo mai avuto un amico maschio così tollerante, il dilemma di Simone si aggravò ulteriormente quando cominciò a sentirsi in colpa perché usava Filippo per praticare il suo non-fare. Naturalmente, questo senso di colpa aggravò l’intero problema, e di conseguenza non passò molto tempo che Simone si ritrovò terrorizzato e terribilmente confuso sulla sua amicizia con Filippo. Simone, tuttavia, rimase determinato a proseguire la sua battaglia, rifiutandosi di cedere alla paura. Ma, quando un giorno inaspettatamente Filippo gli mise un braccio attorno alle spalle,
Simone si sorprese a non reagire aggressivamente come avrebbe fatto in passato. Decidendo di rispondere mettendo un braccio attorno alla vita dell’amico, Simone abbracciò calorosamente Filippo prima di sottrarsi da lui gentilmente ma con fermezza. Questo incidente, però, convinse Filippo di aver ragione sulla presunta omosessualità di Simone, e poco tempo dopo, Simone si ritrovò a dover respingere le avances di Filippo, che andavano ben oltre la semplice amicizia. A questo punto Simone era quasi fuori di sé dalla paura. Dovendo riconoscere a se stesso di aver preso in considerazione l’amicizia di Filippo, ora inorridiva nel dover ammettere che l’aver flirtato con un altro maschio non era così ripugnante come immaginava. L'impatto della paura raggiunse proporzioni insopportabili, e Simone dovette lottare con spietata determinazione per mantenere la presa sugli ultimi brandelli di coraggio. Un giorno, mentre Simone con suo figlio e con Filippo erano in escursione in montagna, il ragazzo scivolò da una roccia e si ruppe un braccio. Immediatamente, Simone corse in suo aiuto e cadendo in ginocchio ai piedi del ragazzo che urlava di dolore, lo cullò teneramente tra le braccia. Senza pensare alle sue azioni, Simone confortò il figlio baciandolo sulla fronte e rassicurandolo con una tenerezza a lungo dimenticata, invitandolo poi a sedersi su una roccia per poter vedere il braccio. Vedendo che il braccio era rotto, Simone si tolse la maglietta e gli preparò una fascia a tracolla. Preoccupato per il figlio ferito, Simone aveva momentaneamente dimenticato la presenza di Filippo, ma quando ebbe assicurato il braccio del ragazzo alla tracolla, Simone si ricordò dell’amico. Quando si voltò per dire a Filippo che dovevano portare velocemente il figlio all’ospedale, Simone rimase ammutolito nel vedere Filippo che lo stava fissando in modo sfacciato. Negli anni in cui praticava la boxe, Simone aveva sviluppato dei muscoli ben scolpiti e ora, per la prima volta nella sua vita, arrossiva d'imbarazzo sotto lo sguardo ammirato di un altro maschio. Gli evidenti segni di approvazione negli occhi dell’amico fecero sperimentare a Simone una sensazione molto reale di panico, che fece correre il suo cuore. Ma poi tutto ad un tratto, rapidamente come era venuto, il panico scomparve, e Simone si sentì ridere del suo imbarazzo. Ancora ridacchiando tra sé e sé, Simone si allontanò da Filippo, prese suo figlio, e cominciò a scendere giù dalla montagna. Poi, in un impulso improvviso, voltandosi gridò a Filippo di approfittare per rifarsi gli occhi, perché difficilmente avrebbe rivisto una bel torace maschile come il suo. Mentre Simone scendeva lentamente lungo il fianco della montagna, tenendo teneramente il figlio ferito tra le braccia, sentiva che la paura che era stata con lui per così tanto tempo, ora miracolosamente scompariva ad ogni passo. Simone si rese conto che oltre al non-fare, non aveva fatto nulla di specifico per sradicare la paura, ed era incuriosito da quanto era improvvisamente aumentata sotto l'impatto dell’ammirazione di Filippo. Al posto della paura, Simone ora sentiva un genuino amore per il figlio, e una calda eccitazione al pensiero dei bei momenti che avrebbero trascorso assieme, ora che la sua paura era stata sconfitta. Riflettendo su come aveva confortato il figlio dopo l'incidente, gli discese una sensazione di pace quando si rese conto che, per la prima volta nella sua vita, ora era completamente a suo agio con la sua natura sensibile. Proprio in quel momento sentì i passi di Filippo dietro di lui e dovette reprimere un sorriso malizioso ricordando quante volte in passato, si era trattenuto dall’aggredire fisicamente Filippo a causa del suo continuo tormento. Ricordando il suo estremo disagio e la rabbia ribollente, Simone ridacchiò fra sé ricordando quante volte si era immaginato di prenderlo a pugni e calci. Ora che era in grado di vedere quale dono di potere era stato Filippo nell’aiutarlo a vincere la sfida, Simone non poteva più nutrire alcuna animosità verso Filippo, ma sentì il calore che dovrebbe esserci tra due amici. Ricapitolando brevemente la sua amicizia con Filippo, Simone era divertito alla consapevolezza che, nonostante la sua cronica aggressività nei confronti degli omosessuali, ora si sentiva segretamente lusingato che un altro maschio lo trovasse attraente. Simone seppe che, avendo accettato la propria sensibilità, e non temendo più che fosse segno di omosessualità, sarebbe sempre stato capace di godere della compagnia di un amico come Filippo. Comunque, ora sapeva senza ombra di dubbio di non avere alcuna inclinazione omosessuale.
Assieme ad un senso di gratitudine nei confronti di Filippo, Simone sentì una momentanea fitta di dolore nel rendersi conto che se in passato per lui era stato difficile, allora anche per il suo amico doveva essere stato altrettanto difficile. In quel breve momento Simone sentì empatia per Filippo per tutte le volte in cui si era sentito respinto e confuso dal comportamento di Simone. Ma neanche una volta Filippo aveva tentato di interrompere l'amicizia, e ora avrebbe dovuto convivere con la delusione che Simone non sarebbe stato l'uomo che avrebbe ricambiato il suo affetto. Sentendosi triste per l’amico, Simone decise che comunque sarebbe sempre stato lì per Filippo se mai avesse avuto bisogno di un vero amico. Sorridendo a Filippo che li seguiva, Simone provò un profondo timore reverenziale per l’imprevedibile potere – per come ogni sfida nella nostra vita è lì per costringerci ad elevare non solo noi stessi, ma anche coloro che stanno intorno a noi. Da quel giorno, il rapporto di Simone col figlio fiorì in un reciproco amore e rispetto, e la relazione con la moglie ridiventò rapidamente felice e spensierata com’era prima che il problema di Simone riemergesse. Inoltre Filippo ora accettava pienamente che Simone fosse un maschio eterosessuale felicemente sposato, ed era contento di essere per Simone niente di più che un amico fidato. Simone è riuscito a vincere la sua paura, semplicemente perché era stato disposto ad affrontarla direttamente, e ha ripetutamente rifiutato di fuggire da essa. Anche nei momenti più strazianti di dubbio e di sospetto sulla sua sessualità, e anche sapendo che se avesse insistito, avrebbe potuto provare a se stesso di essere omosessuale, Simone aveva continuato a combattere la sua battaglia nel modo più impeccabile che poteva. In quei giorni bui, quando i sentimenti travolgenti di panico spesso minacciavano di cancellare ogni senso di sanità mentale, l'unica cosa che ha trattenuto Simone dall’abbandonare la battaglia era il pensiero incerto che avrebbe dovuto essere abbastanza uomo da affrontare la verità su se stesso, anche se questa si fosse rivelata pietrificante. A questo punto è opportuno notare che il nemico paura non è la stessa paura a cui si fa riferimento nello scudo del guerriero. La paura che fa parte dello scudo del guerriero è implicita in ogni essere vivente sulla terra, ed è l'istinto di auto-conservazione. A questo proposito, nessun essere vivente sulla terra è completamente libero dalla paura. Né, d’altronde, sarebbe opportuno eliminare la paura generata dall’istinto di auto-conservazione, perché è questa paura che ci inculca la necessità di rimanere pienamente svegli e integri. Al contrario, il nemico paura è una sfida che ci spinge 'in avanti e verso l'alto' alla ricerca di conoscenza e potere, ma se non la affrontiamo e vinciamo, ci debilita e, in ultima analisi, ci distrugge. E’ importante sapere che la paura è una forza che appartiene propriamente al Nord. Sebbene le quattro direzioni saranno trattate in dettaglio in una fase successiva, è essenziale ripetere che quando si fa riferimento ad una qualsiasi direzione, il riferimento è alla specifica qualità che denota quella particolare direzione, e non alla direzione fisica com’è indicata su una bussola. A questo proposito il Nord è il campo di battaglia del guerriero, e la paura è il risultato di un fare che deve essere affrontato e vinto attraverso il non-fare. Possiamo riformulare questa frase dicendo che la paura è il risultato del dover affrontare una battaglia che in passato abbiamo ignorata. Simone, da vero guerriero, ha affrontato e vinto la sua paura, a differenza di Giovanna, che, come abbiamo già notato, non se la cavava affatto bene. Avendo trattato in dettaglio l'esempio di Simone, sarebbe superfluo trattare l’esempio di Giovanna allo stesso modo, ma per chiarezza dobbiamo almeno osservare i principali fattori che hanno portato al suo fallimento. Giovanna, come Simone, ha usato la tecnica della ricapitolazione anche per ricordare l'incidente in cui il cugino le aveva detto che era una ragazza bruttina. A quel tempo, Giovanna rivisse l'evento in dettaglio, ricordando chiaramente come si sentì devastata, ma invece di utilizzare l'esperienza per ottenere sobrietà, Giovanna indulse in una pericolosa autocommiserazione. Di conseguenza, Giovanna non fu in grado di vedere come le parole del cugino l'avevano spinta ad elevarsi al di sopra del suo aspetto e fare di tutto per ottenere il successo nella vita. Per essersi soffermata sul fatto che aveva caratteristiche fisiche imperfette e un corpo che aveva bisogno di costante attenzione per rimanere attraente, Giovanna non riuscì a vedere altro che la lunga e difficile battaglia che aveva condotto per tutta la vita per tenere alto il suo valore estetico.
Non riconoscendo a se stessa i successi che aveva ottenuto, Giovanna si sentiva un’ipocrita nei confronti dei clienti dei suoi saloni di bellezza. Sentendo di non avere il diritto di dire alle donne più belle di lei cosa dovessero fare per apparire al meglio, Giovanna cominciò a cercare rifugio sicuro a casa sua. Il problema di Giovanna fu aggravato ulteriormente dal fatto che aveva ebbe cura di selezionare come dipendenti solo ragazze molto belle, ritenendo che ciò fosse essenziale per l'immagine dei suoi saloni di bellezza. Però, ad un certo punto, Giovanna cominciò a guardare queste ragazze con crescente sospetto fino a starne male. Convinta che queste ragazze ridessero di lei a sua insaputa, Giovanna fuggì da loro, non appena sviluppò l'eczema sulle mani. La decisione di Giovanna di rimanere a casa fino a quando il suo eczema fosse sparito, sembrava innocua, e in effetti anche logica, perché l'eczema non era certo una buona pubblicità per la sua attività. Tuttavia, la linea di fondo in questa situazione è che Giovanna alimentò i suoi sentimenti di indegnità e di sospetto, ed in tal modo scappò via dalla sua battaglia. Una volta che Giovanna aveva iniziato a scappare, non poteva più fermarsi. La sua paura continuava ad aumentare, assieme ai sospetti e ai sentimenti di indegnità. Interpretando il fallimento del suo matrimonio come una prova del fatto che era troppo poco attraente per trattenere il marito dalle distrazioni delle altre donne, Giovanna cominciò a sospettare che forse il marito non l’aveva mai amata veramente, ma l’aveva sposata solo per pietà. Mentre i sospetti e i dubbi di Giovanna aumentavano, la sua sobrietà si allontanava sempre più. Invece di praticare il non-fare, Giovanna cedette alla tentazione di rimanere a casa a 'riflettere sulle cose'. Tuttavia, dal momento che non ebbe la necessaria sobrietà per vedere che stava semplicemente scappando dalla sua battaglia, Giovanna iniziò a sentirsi sempre meno a suo agio nel mondo esterno. Anche coloro che un tempo era stati gli amici più stretti e più fidati di Giovanna, ora per lei erano una minaccia. Sospettando che anche queste persone la prendessero in giro in sua assenza, Giovanna sentì che non poteva più affrontarli. Rendendosi conto finalmente che era davvero in brutte acque, Giovanna diede la colpa della sua condizione alla Via del Guerriero, credendo che sarebbe stato molto meglio se non avesse mai incontrato gli insegnamenti Toltechi o la tecnica della ricapitolazione. Arrabbiata e sconvolta, Giovanna abbandonò sia la sua battaglia che la Via del Guerriero. Tuttavia, Giovanna sapeva che aveva ancora molto bisogno d’aiuto, e così si rivolse a uno psichiatra. Ma neanche lo psichiatra poteva aiutarla, per la semplice ragione che, senza rendersene conto, aveva ceduto alla sua paura la paura di essere brutta. Simone era determinato a superare la sua paura, anche se questo significava dover riconoscere di essere omosessuale. Giovanna, d'altra parte, troppo spaventata per accettare la possibilità di essere meno attraente di quanto le piacesse credere, scappò dalla sua battaglia, e di conseguenza finì per credere di essere troppo brutta per continuare ad affrontare la vita. Abbandonando la sua battaglia, ironicamente Giovanna aveva concretizzato il suo peggior incubo. Questo vale per qualsiasi battaglia per il potere. Se scappiamo dalla battaglia, il potere ci falcia inevitabilmente e senza pietà. ALLE PERSONE PIACE CREDERE DI AVERE PARECCHIE OPZIONI DISPONIBILI, MA QUESTA E’ SOLO UNA GIUSTIFICAZIONE NEL TENTATIVO DI EVITARE LE PROPRIE BATTAGLIE. UN GUERRIERO RICONOSCE LA FOLLIA DEL CERCARE DI FUGGIRE, PERCHE’ SA CHE IL MONDO E’ PERVASO DAL POTERE, CHE ARRIVA COME LE ONDE DEL MARE. SIA CHE CAVALCHI LE ONDE DEL POTERE O CHE SI FACCIA TRAVOLGERE DA ESSE. Se Giovanna si fosse concentrata ad acquisire sobrietà, sarebbe stata in grado di darsi il merito di ciò che aveva realizzato nella vita. Questo le avrebbe dato l'incentivo per praticare il non-fare, che a sua volta le avrebbe dato la forza necessaria per sostenere la sua battaglia. Col tempo avrebbe imparato ad accettare il suo aspetto per quello che era, e a smettere di immaginarsi più brutta di quello che realmente era. In altre parole, Giovanna sarebbe giunta a comprendere che se fosse stata veramente così brutta come credeva, non avrebbe avuto tanto successo come consulente di bellezza. In effetti, anche se fosse stata brutta come si immaginava, i suoi risultati sarebbero stati valutati come molto più notevoli e degni di rispetto.
Purtroppo, Giovanna non si rese mai conto che il rispetto di sé è molto più grande e più potente dell'esito di una battaglia. Se fosse stata capace di darsi il merito di ciò che aveva realizzato nella sua vita, nonostante il suo immaginato handicap, Giovanna sarebbe stata in grado di combattere la sua battaglia in maniera impeccabile, e non avrebbe fallito. Nel trattare gli altri tre nemici naturali, è necessario ribadire che tutti gli insegnamenti sono correlati, e quindi si sovrappongono l'un l'altro. Spesso gli apprendisti fanno l'errore di credere che, poiché stanno lavorando su un aspetto particolare degli insegnamenti, non devono occuparsi degli altri aspetti. Questa assunzione è particolarmente pericolosa per quanto riguarda i quattro nemici naturali, perché spesso gli apprendisti si ritroveranno a combatterne più di uno contemporaneamente. Come abbiamo visto negli esempi di Simone e Giovanna, la ricapitolazione non produce solo sobrietà nell’Est, ma anche la paura nel Nord. In altre parole, la pratica della ricapitolazione produce un grado iniziale di sobrietà, ma questa sobrietà iniziale evoca inevitabilmente anche qualche tipo di paura. L'unico modo per superare questa paura è quello di praticare il non-fare, in combinazione con la ricapitolazione. In questo modo si può acquisire la forza necessaria per tirar fuori ancor più sobrietà quando emerge la paura, perché in ultima analisi, la paura viene sradicata dalla sobrietà. Pertanto, se gli apprendisti non sono svegli, saranno attaccati alle spalle da un avversario mentre sono concentrati su quello che hanno davanti. UNA BATTAGLIA PER IL POTERE E’ UNA BATTAGLIA PER LA SOPRAVVIVENZA, E IN UNA TALE BATTAGLIA NON CI SONO REGOLE DI COMPORTAMENTO. IL POTERE USERA’ QUALSIASI MEZZO DISPONIBILE PER SFIDARE IL GUERRIERO. Il lettore non deve presumere che una volta trattati, i nemici naturali non riappariranno più. Anche se leggendo questo libro potrebbe sembrare così, occorre tenere a mente che i vari concetti sono trattati separatamente e in sequenza solo per motivi di esposizione. In pratica ogni apprendimento avviene in modo spiraliforme - ogni giro della spirale copre l'intero ambito degli insegnamenti, e al tempo stesso rivela il maggiore dettaglio e la complessità intrinseca alle proprie sfide. Questo non implica che si continuano a ripetere le stesse battaglie, ma piuttosto che le sfide si ripetono continuamente. Questo è il carattere della pratica costante che, essendo parte integrante della nostra vita, ci dà l'opportunità di aumentare i dettagli e affinare le nostre abilità. Ad esempio, tutti dobbiamo imparare con l'esperienza come legare i lacci delle scarpe. Tuttavia, anche se combattiamo questa battaglia una sola volta, continuiamo a legare i lacci delle scarpe per il resto della vita, e così col tempo scopriamo che ci sono modi diversi per legare una scarpa. Questo è vero per tutte le sfide della vita, anche se diventiamo competenti in una determinata attività, se non la usiamo la perdiamo. I quattro nemici naturali non fanno eccezione - li sconfiggiamo una sola volta nella vita, ma ci vuole la pratica di una vita per tenerli a bada e sconfitti. Veniamo ora al secondo nemico naturale, cioè la sobrietà, a volte chiamata anche chiarezza. Questo è un nemico più insidioso, per la semplice ragione che elimina la paura. LA PAURA PREVALE IN ASSENZA DI SUFFICIENTE SOBRIETA’. NELLA PIENA LUCE DELLA SOBRIETA’ LA PAURA EVAPORA COME NEBBIA AL SOLE. Sebbene la sobrietà sia un requisito essenziale per percorrere la Via del Guerriero, essa può essere anche fuorviante se non se ne comprende il vero scopo. Un apprendista è in grado di vincere la paura acquisendo la sobrietà sufficiente per praticare il non-fare. Tuttavia, l’apprendista scopre presto che questa alleata è in realtà una perfida nemica, che può essere di inestimabile aiuto se controllata attentamente, oppure assolutamente letale. In assenza di paura, l'apprendista si sente rilassato e in pace, e in questo stato spesso guarda il nuovo nemico, la sobrietà, con eccessiva tolleranza, e anche con affetto. E’ per questa ragione che la sobrietà è un’astuta avversaria, perché gioca sempre sulla sensazione di pace e benessere dell'apprendista, deliziandosi nel presentarsi come consulente più che affidabile. QUANDO UN APPRENDISTA HA ELIMINATO LA PAURA, SI ASSESTA IN UNO STATO DI COMPLETA SOBRIETA’, IN CUI OGNI COSA E’ CHIARA E NITIDA. SOTTO L’IMPATTO DI QUESTA CHIAREZZA, L’APPRENDISTA
DISCERNE CHIARAMENTE LA SUA VITA E DETERMINA CON GRANDE ACCURATEZZA IL MODO DI PROCEDERE. QUESTA NUOVA ABILITA’ DI DISCERNERE ACCURATAMENTE LO SCOPO DELLA SUA VITA GENERA NELL’APPRENDISTA UNA SENSAZIONE DI INVINCIBILITA’, E SE NON E’ SUFFICIENTEMENTE CONSAPEVOLE CHE E’ APPENA ENTRATO IN BATTAGLIA CONTRO LA SOBRIETA’, SARA’ ABBATTUTO DALLA SOBRIETA’ NEL MOMENTO STESSO IN CUI FESTEGGIA IN ANTICIPO IL PROPRIO SUCCESSO. E’ una bella sensazione sentirsi liberi dalla paura, ma è anche uno stato molto vulnerabile, se non si è costantemente attenti agli imprevedibili capricci del potere. Le persone comuni difficilmente sono libere dalla paura, e quindi raramente devono fare i conti col nemico sobrietà. Quando gli apprendisti sono in grado di vedere chiaramente lo scopo di ogni cosa nella loro vita, c'è sempre la tentazione di presumere di capire tutto quello che c'è da capire. Sentendosi sollevato dagli effetti debilitanti della paura, e sentendosi coraggioso anziché timido, l'apprendista si carica di una nuova vibrante energia che gli ispira un desiderio di sfide. Sotto l'influenza della sobrietà, si è sempre portati e pronti ad affrontare qualsiasi cosa. Pertanto, le persone che cedono alla sobrietà non si fermano a considerare il possibile esito delle loro azioni, ma reagiscono in ogni situazione in modo impulsivo. Il coraggio prende il posto della saggezza, e la discriminazione è relegata ad una funzione minore, mentre l’imprudenza e spesso il folle abbandono prendono la precedenza. Queste persone diventano giocatori d'azzardo nel vero senso della parola - ma chi gioca con il potere scopre rapidamente, ma sempre troppo tardi, che nessuno potrà mai vincere contro il potere. Giocare d’azzardo col potere è un gioco folle, e chiunque si impegni in tale follia finisce per perdere tutto. NON E’ MAI FACILE CONQUISTARE LA SOBRIETA’, EPPURE QUANDO LA SI CONQUISTA, NON LE SI PUO’ DARE BRIGLIA SCIOLTA. PIUTTOSTO OCCORRE METTERLA NELLA SUA GIUSTA PROSPETTIVA. SE L’APPRENDISTA FA L’ERRORE DI INDULGERE NELLA SOBRIETA’, NON IMPARERA’ MAI A DISCRIMINARE CON SAGGEZZA, MA PRESUMERA’ CHE ALLA LUCE DELLA SOBRIETA’ LE SUE DECISIONI SIANO INFALLIBILI. INVISCHIATO NELL’AUTO-IMPORTANZA E CREDENDO CHE ORA OGNI COSA GLI SIA STATA RIVELATA, L’APPRENDISTA INCONSCIAMENTE COMINCIA A FORZARE LA VERITA’ VERSO CIO’ CHE SENTE CHE DOVREBBE ESSERE, PIUTTOSTO CHE VEDERLA PER CIO’ CHE REALMENTE E’. PERTANTO TALE APPRENDISTA DIVENTA VITTIMA DEL PROPRIO SENSO DI INFALLIBILITA’. L’arroganza è sempre un problema, ma quando l’apprendista raggiunge la sobrietà, l’arroganza rappresenta un grosso problema. Se sta lavorando sotto la guida di un nagual, a questo punto, l'apprendista si sente spesso abbastanza coraggioso anche per sfidare il nagual, mettendo in dubbio la sua autorità e la sua visione. Confondendo la propria sobrietà per la capacità di vedere ogni cosa per quello che è veramente, questo apprendista non si rende conto che la sua visione è ancora estremamente limitata e, come tale, fuorviante. Se, in questo momento, non è disposto a riconoscere di aver incontrato il secondo nemico naturale, la sobrietà, l’apprendista diventerà estremamente sicuro di sé e distaccato, e questa mentalità a sua volta, lo condurrà ad una inflessibilità che nasce dall’auto-importanza. La sobrietà è infatti la vera funzione della mente razionale. È il prodotto di poter spostare il punto d’assemblaggio in modo da allineare diverse combinazioni di quei campi di energia compresi nella consapevolezza del lato destro. Si ricorderà dal primo volume che l'uomo comune ha un punto d’assemblaggio fisso, ed è quindi capace di un solo allineamento specifico che, naturalmente, è la sua visione del mondo. Pertanto, una volta che gli apprendisti possono muovere il loro punto di unione in modo da realizzare diversi allineamenti, questo automaticamente ispira in loro un senso di potere e di infallibilità, soprattutto perché questa capacità è un potere di tipo limitato. Di
conseguenza, non c’è modo di discutere con queste persone. Ora, avendo la capacità di allineare ogni visione del mondo e quella che più gli conviene, possono contrastare qualsiasi confronto verbale. La razionalizzazione non deve essere confusa per sobrietà, perché la razionalizzazione è il futile tentativo dell’uomo comune, che ha un punto di assemblaggio fisso, di afferrare qualcosa che trascende la sua visione del mondo. La sobrietà, invece, è l’abilità di muovere il punto di assemblaggio nell’ambito del lato destro della consapevolezza, in modo da afferrare qualcosa nel corretto contesto. Ovviamente questo fa della sobrietà una capacità preziosa, ma è comunque limitata al lato destro della consapevolezza. È importante ricordarlo, perché un guerriero deve essere in grado di muoversi con la stessa facilità nella consapevolezza del lato sinistro come in quella del lato destro. Solo allora ha quella visione onnicomprensiva che gli permette di discriminare con saggezza, senza l'ingombro e la limitazione di una visione del mondo. Ogni visione del mondo, per quanto possa essere buona, rimane un limite, perché non permette di operare indipendentemente da essa. A questo proposito la sobrietà è un vero limite, semplicemente perché appartiene alla mente razionale e, come tale, si limita alla consapevolezza del lato destro. In altre parole, la sobrietà non lascia spazio all'imprevisto o all'irrazionale. Uno dei maggiori pericoli del soccombere alla sobrietà è che elimina non solo la paura, ma anche la pietà. A questo proposito, rendetevi conto che, anche se un guerriero non si abbandona certamente alla pietà, essa tuttavia serve a contenere, almeno in una certa misura, gli atti di un uomo o di una donna. Pertanto, le persone che hanno la sobrietà al loro comando diventano spesso distruttivamente spietate. Essendo in grado di vedere l'inutilità della pietà, ma non avendo ancora la necessaria ampiezza di visione, queste persone ora non hanno nulla che freni le loro azioni. Un guerriero, d'altra parte, anche se spietato, ha comunque una visione onnicomprensiva, e quindi non permette alla sua spietatezza di estendersi oltre i confini delle leggi universali e dell'interrelazione della vita. La spietatezza e la sobrietà sono strumenti essenziali per il guerriero, proprio come la sega e lo scalpello sono essenziali per il falegname. Ma il fatto che possegga questi strumenti non da al guerriero il diritto di abusare delle persone intorno a lui, non più di quanto il falegname ha il diritto di segare il braccio di qualcuno o di riscolpire il viso di una persona! Un altro pericolo insito nella sobrietà è la tendenza già accennata prima, di ritenere che la sobrietà riveli tutto quello che c'è da sapere. Questa tendenza nasce dalla ritrovata capacità di realizzare qualsiasi allineamento dei campi di energia all'interno della consapevolezza del lato destro. Non riconoscendo che la maggior parte dell’universo interiore, come l'universo esterno, è aldilà di ogni comprensione razionale, si è indotti a fare l'errore di formulare intricate astrazioni, basate su presunte naturali deduzioni. Pertanto, invece di ottenere una conoscenza di prima mano del lato sinistro attraverso l'esperienza pratica, queste persone si sostengono con teorie astratte che, pur apparendo molto logiche e sensate, li intrappolano in un pantano di ipotesi non dimostrate. LA SOBRIETA’ NON E’ IL VERO VEDERE E NON E’ NEMMENO UN VERO POTERE – E’ SOLO UN AIUTO NEL PERCORSO PER RAGGIUNGERE IL POTERE E L’ABILITA’ DI VEDERE. PERTANTO DOVREBBE ESSERE USATA SOLO COME STRUMENTO, E COSI’ L’APPRENDISTA COL TEMPO CAPIRA’ CHE LA SOBRIETA’ NON E’ ALTRO CHE LA COSTRUZIONE DEL MICROSCOPIO INTERIORE DELLA MENTE. QUALSIASI COSA SI METTA SOTTO LA LENTE DI QUESTO MICROSCOPIO, LA SI VEDE NEI MINUTI DETTAGLI. PERTANTO, NEL FOCALIZZARE SOTTO LA LUCE DELLA SOBRIETA’, INEVITABILMENTE SI ESCLUDE LA VISIONE GLOBALE. OVVIAMENTE IL GUERRIERO NON PUO’ AGIRE CON VISIONE LIMITATA E SPERARE DI SOPRAVVIVERE AGLI ASSALTI DEL POTERE. PER SOPRAVVIVERE IN QUESTO MONDO, IL GUERRIERO HA BISOGNO DEI DETTAGLI, MA ANCHE DELLA VISIONE ONNICOMPRENSIVA DELL’INTERO. Poiché il guerriero è sempre attento, specialmente alla vera natura e all'utilità di un suo
nuovo potenziale appena scoperto, non cade nella trappola di credere che la sobrietà per cui ha tanto lottato sia ciò che appare. Ben sapendo che siamo creature misteriose con un insondabile potenziale, il guerriero procede con cautela. Questo è il modo saggio di gestire la sobrietà, perché è veramente la più astuta dei quattro nemici naturali. Siccome per il guerriero è uno strumento di vitale importanza, è anche il più veloce ad attirarlo in trappola. Tuttavia, se è correttamente gestita e a tempo debito, la sobrietà porterà il guerriero al vero potere. Infatti, senza la sobrietà, un guerriero si perde, proprio come una barca senza timone. Pertanto, se non mette la sobrietà nella giusta prospettiva, il guerriero sarà fuorviato come con un fuoco fatuo, e condotto irrimediabilmente fuori strada. L'unico modo sicuro di trattare con la sobrietà è quello di trattarla come un nemico e, come tale, non può essere totalmente attendibile. In effetti questo comporta il mettere in discussione costantemente la saggezza della sobrietà, e ricordare che la sobrietà non può comprendere l'irrazionale e l'imprevisto. In altre parole, la sobrietà è eccellente per affrontare il passato e il presente, ma è inutile per affrontare il futuro. Il guerriero non sa cosa gli riserva il futuro, né può anticipare i movimenti del potere, pertanto non può contare solo sulla sobrietà per prendere decisioni. La sobrietà permette ai guerrieri di vedere in modo chiaro il passato, e di valutare il presente con un’accuratezza inquietante, ma l'utilità della sobrietà si ferma qui. Quando si tratta di prendere una decisione, i guerrieri devono basare tale decisione, non solo sulla conoscenza del passato e del presente, ma anche sull’imprevedibile futuro. IL PASSATO E’ LA SOMMA TOTALE DEGLI EVENTI CHE TI HANNO PORTATO ALLE SFIDE CHE STAI AFFRONTANDO IN QUESTO MOMENTO. TUTTAVIA L’ESITO DI QUESTE SFIDE STA NELL’IMPREVEDIBILE FUTURO. PERTANTO RENDITI CONTO CHE DEVI VIVERE NELL’ETERNO PRESENTE, E CHE LE TUE DECISIONI DEVONO COMPRENDERE L’IMPREVEDIBILE. Il concetto di eterno ora può essere spiegato pienamente solo ad un livello molto più avanzato degli insegnamenti, ma ora occorre toccarlo brevemente. L'uomo fa sempre l'errore di credere che il passato, il presente e il futuro sono in qualche modo separati e, quindi, non collegati. E’ un'idea che ha poco senso, eppure le persone reagiscono costantemente alla vita in questo modo. Un guerriero non può permettersi di fare questo errore, e così vede il suo passato, presente e futuro come un continuum, definito eterno ora. In questo continuum non ci sono lacune o deviazioni dal sequenziale svolgersi del destino. Assomiglia ai milioni di singoli fotogrammi che compongono un film. Ogni fotogramma è necessario per creare un film coerente, e ogni fotogramma è un qui-e-ora, se mi è consentito usare una frase così strana. Con questa analogia, non è difficile vedere come gli spettatori, dopo aver visto l'intera sequenza degli eventi fino a un certo punto, possano anticipare il possibile finale della storia. Gli spettatori, in qualità di testimoni imparziali di ciò che sta accadendo sullo schermo, hanno naturalmente la necessaria sobrietà per discernere la trama reale della storia. Infatti, il vero divertimento nel guardare un film ben fatto sta nel contrapporre la conoscenza degli spettatori contro il capriccio imprevedibile dello sceneggiatore. Questo è analogo alla sobrietà che ottiene un guerriero ricapitolando la sua vita. Vedendo la sua vita nella vera prospettiva, il guerriero raggiunge la necessaria sobrietà per discernere la vera trama della propria storia personale. In questo modo il guerriero può anticipare con molta precisione le possibili future mosse del potere, ma certamente non fa l'errore di credere che le sue previsioni siano infallibili. Il vero guerriero baserà sempre le decisioni su tutta la conoscenza disponibile al momento, ma metterà sempre in conto anche l'imprevisto. Alla fine, ogni guerriero confermerà il fatto che il potere è un maestro insuperabile nel creare dei veri misteri, e nessuno scriverà un giallo migliore di quello che scrive lo spirito dell'uomo. Forse bisogna toccare il concetto delle predizioni e delle profezie. Oggi nel mondo vi è una quantità enorme di sciocchezze inventate che vanno sotto il nome di predizioni, ma ormai al lettore dovrebbe essere chiaro che non è un compito facile predire il futuro di una persona, o il futuro
dell'umanità, o del pianeta. Per prevedere il futuro occorrono le capacità di un esperto veggente – di uno che è capace di vedere tutte le intricate complessità e dettagli della vita di una persona nella corretta prospettiva. Solo un tale veggente può, con un certo grado di accuratezza, guidare saggiamente verso il possibile futuro di quella persona. Ma anche tale veggente non può prevedere il corso degli eventi che si dispiegheranno durante il processo per raggiungere quella possibilità. Il meglio che può fare tale veggente è utilizzare la propria conoscenza di ciò che ha visto del passato e del presente, per scegliere, fra le innumerevoli possibilità insite nel futuro, il più probabile corso degli eventi. Qui si deve tenere presente che l'abilità di un veggente dipende ovviamente dalla misura della sua conoscenza ed esperienza. La formidabile precisione con cui alcuni veggenti sono in grado di prevedere il futuro è il risultato non solo di una profonda conoscenza della vita, ma anche dell’esperienza acquisita nel corso di molte vite. A questo proposito si deve anche notare che è molto più facile prevedere il lontano futuro che predire gli eventi della prossima ora. Questo perché, nella visione a lungo termine, il veggente deve seguire solo le tendenze di carattere generale, che naturalmente escludono le piccole sconcertanti complessità che accadranno nella prossima ora. QUANDO L’APPRENDISTA HA VINTO LA PAURA E HA MESSO LA SOBRIETA’ NELLA GIUSTA PROSPETTIVA, IL SUO PROGRESSO SULLA VIA DEL GUERRIERO ACCELERA NOTEVOLMENTE. IL SUO APPRENDIMENTO ORA PROCEDE CON I PASSI FACILI E SICURI DI UN UNA PERSONA CHE SA SENZA DUBBI COSA COMPRENDE IL SUO SCOPO IN QUESTA VITA. NE CONSEGUE UNA VITA QUIETA, UNO STATO DI SERENITA’ IN CUI NON E’ DIFFICILE RISPARMIARE E CONSERVARE IL POTERE PERSONALE. AVENDO ACQUISITO LA PAZIENZA, E NON COSTRUENDO IMPOSSIBILI ASPETTATIVE, L’APPRENDISTA ORA CONTINUA A LAVORARE CON CALMA, SENZA FRETTA, MA ANCHE SENZA SPRECARE TEMPO PREZIOSO E POTERE PERSONALE. UN GIORNO, MENTRE E’ OCCUPATO IN UN ATTO MOLTO MONDANO, IMPROVVISAMENTE L’APPRENDISTA DIVIENE CONSAPEVOLE CHE LE SUE AZIONI IN QUALCHE MODO SONO IMBEVUTE DI UNA QUALITA’ CHE NON C’E’ MAI STATA PRIMA. IN QUEL MOMENTO SA, SENZA CHE NESSUNO GLIELO DICA, CHE IL POTERE PER IL QUALE HA TANTO LOTTATO COSI’ A LUNGO, E’ FINALMENTE AL SUO COMANDO. Il potere è veramente un mistero, le cui complessità sfidano anche le capacità dei veggenti più esperti. Ciò è particolarmente vero per il modo stupefacente in cui il potere trasforma tutti coloro che lo cercano. Un giorno, un apprendista è ancora solo un uomo comune, e poi improvvisamente, il giorno dopo, si è trasformato in un guerriero formidabile che ha il potere al suo comando. A posteriori, nessun guerriero può dire esattamente come questo è accaduto, o che cosa ha innescato la magica trasformazione. Tutto quello che sappiamo è che la chiave è l'intento, ma è proprio questo che è così sconcertante, perché quando indaghiamo sull'intento, questo diventa invisibile, con la peculiarità di apparire nulla ogni volta che lo esaminiamo. Oggi i Toltechi sanno molto sul potere, ma sappiamo anche che molte funzioni di questa forza sono ancora un mistero incomprensibile. A questo riguardo il lettore farebbe bene a ricordare che il potere non è Dio o qualsiasi altra entità simile, ma è il prodotto della percezione. In altre parole, A percepisce B, e il risultato o il prodotto di questa percezione è la conoscenza acquisita con la propria esperienza; ossia il potere personale. Tuttavia, B percepisce A in modo analogo, con identico effetto. Poi, a causa dell'interazione, anche se solo momentanea, A irradia il suo potere personale verso B, e B fa lo stesso verso A, e il risultato o il prodotto di queste due forze mescolate è una forza secondaria che viene definita emozione. Ora, questa risposta emotiva tra A e B, a sua volta, innescherà più percezione, che produce più potere personale per A o per B o per entrambi. Rendetevi conto che l'interazione descritta accade a tutti i livelli di esistenza, tra ogni cosa e ogni essere, nel mondo conosciuto e simultaneamente nell'ignoto universo. Gli individui coinvolti sperimentano il proprio potere personale, ma poiché tutta la vita è interrelata, qualsiasi potere
personale guadagnato o perduto ha un effetto sul più grande tutto. Pertanto questo effetto complessivo viene definito potere universale o semplicemente potere, contrapposto al potere personale dell'individuo. E’ importante capire che i livelli di potere personale così generati possono essere relativamente piccoli, come in una formica, o enormi, come in un essere solare, ma il potere complessivo generato universalmente ogni secondo di ogni giorno è vasto oltre ogni immaginazione, e il suo risultato è del tutto imprevedibile. Il potere comprende letteralmente un infinito che sfugge ad ogni speculazione - il suo campo di applicazione è incredibilmente impressionante. Eppure, la meraviglia più grande di tutte è che noi esseri umani siamo parte integrante di questo magnifico mistero, di questo ineffabile infinito. Gli esseri umani non sono quindi soltanto creature fisiche che lottano per brandelli di esistenza mondana sulla terra, ma esseri magici dell'universo che hanno un glorioso e illimitato potenziale, le cui implicazioni ci intimidiscono. Anche se il condizionamento sociale e la comune visione del mondo hanno tenuto l'umanità nella schiavitù dell'ignoranza per così tanto tempo, l'uomo oggi è sulla soglia per scoprire quello che realmente è. Così, nel mondo, ci sono già molte persone in grado di percepire l'esistenza di un nucleo interno al proprio essere, che è troppo grande, troppo potente, per essere tenuto sotto controllo dai ristretti confini del condizionamento sociale. Sta arrivando il giorno in cui molte di queste persone partiranno alla ricerca del loro vero retaggio, che sentono che non è di schiavitù e sottomissione, ma di potere e autorevolezza. DAL MOMENTO IN CUI UN APPRENDISTA SCOPRE IL PROPRIO POTERE NON E’ PIU’ UN APPRENDISTA, MA DIVENTA DI DIRITTO UN MAESTRO, DEGNO DI ESSERE CHIAMATO GUERRIERO. NON ESSENDO PIU’ UNA PERSONA ORDINARIA ALLA MERCE’ DEL MONDO CHE LO CIRCONDA, IL GUERRIERO PROCEDE LEGGERO CON LA PIENA AUTOREVOLEZZA E POTERE DI UN CAPO. LE PERSONE RICONOSCONO ISTINTIVAMENTE IL SUO COMANDO E OBBEDISCONO. LA SUA VITALITA’ GENERA ATTORNO A SE’ UNA SENSAZIONE DI SPERANZA ED ECCITAZIONE, MENTRE LE SUE MOSSE AUDACI ALIMENTANO UN’ISPIRAZIONE E UN RISPETTO CHE PRESTO TRASFORMANO LE SUE PAROLE IN LEGGE. A QUESTO PUNTO, IL POTERE DEL GUERRIERO E’ TALE CHE GLI CONSENTE DI FARE QUALSIASI COSA GLI SEMBRI OPPORTUNO, MA E’ ANCHE IN QUESTO MOMENTO CHE IL GUERRIERO SI RITROVA FACCIA A FACCIA CON LE SFIDE DEL TERZO NEMICO NATURALE – IL POTERE. Purtroppo non c'è altro modo per imparare se non attraverso l'esperienza, e proprio come i Toltechi che hanno dovuto bere dall'amaro calice dell’esperienza, allo stesso modo l'umanità deve imparare che la parola 'autorità' non significa spadroneggiare sugli altri. Al contrario, significa essere un esperto maestro della conoscenza, che accetta l’enorme responsabilità della leadership come un dovere degno del più raffinato senso dell'onore. Tutta la vera conoscenza si fonda sulle verità intrinseche nell’interrelazione della vita; ma ci sono sempre individui, e anche gruppi, che si assumono l'onere di sfidare le leggi universali, nello sfrenato desiderio di diventare dittatori. L’attuale mentalità dell'uomo non gli permette di capire che siamo tutti leader e tutti seguaci. Ci sono quelli più avanti di noi che impostano il ritmo e ci sono quelli dietro di noi che seguono, ma non ci sono individui che definiscono il corso degli eventi o dettano legge. Solo lo spirito dell'uomo conduce veramente, porgendo la luce; ogni individuo è un piccolo frammento di quel tutto più grande, chiamato Spirito. Le persone che impostano il ritmo saranno ovviamente leader, ma anche questi non fanno altro che seguire i loro leader che, a loro volta, stanno impostando il ritmo per loro. Questo è un punto importante da capire quando si tratta di gestire il potere anziché solo il potere personale. L'uomo comune anela alla libertà che porta il potere, e perciò lotta per secoli nell’esistenza terrena, sognando il giorno in cui avrà potere. In questo sogno ogni individuo ha la propria particolare interpretazione del potere, e non importa se per quell’individuo il potere è potere finanziario, potere politico, potere magico, o semplicemente potere fisico, perché avrà
sempre il motivo nascosto di voler essere superiore. Eppure, nessuno di noi è più importante o meno importante di qualsiasi altra cosa nell'universo o di chiunque altro. L'uomo è sì un essere magico dell'universo, ma lo è anche una formica, e perfino una roccia. Così come la piccola formica è soggetta all'influenza della conoscenza dell'uomo, anche l'uomo è soggetto a quella grande intelligenza che è percepita come la collettiva famiglia degli insetti. E’ solo la visione limitata dell’uomo, che gli fa confrontare se stesso col resto del mondo. In questo confronto l'uomo si vede superiore alla minuscola formica, semplicemente perché ancora non si rende conto che così come il suo essere senza forma si manifesta nella forma fisica di uomo, ci sono altri esseri senza forma che si manifestano in una miriade di forme fisiche, ogni piccola forma appare come un individuo. A questo punto un apprendista dovrebbe ricordare l'ammonimento che il mondo non è ciò che appare. I guerrieri che seguono la Via della Libertà sanno per esperienza che la vera libertà comporta l’abilità di essere liberi da tutto e da tutti. Ma ironicamente, sembra sempre che sia vero il contrario. Le persone pensano che solo avendo potere sugli altri possono essere liberi, e quindi stanno sempre cercando di dominare un'altra persona, un altro gruppo, o anche un'altra razza o un’altra nazione. Un dittatore, tuttavia, non è mai libero, perché per mantenere la sua autorità deve costantemente tenere sotto controllo i suoi sudditi e a bada i suoi avversari. Allo stesso modo, se ami qualcuno per guadagno egoistico, anche tu non sei mai libero, perché diventi ossessionato dal mantenere l'amore di quella persona e nel combattere contro ogni minaccia alla tua relazione. Questo principio vale anche per i guerrieri, perché a meno che non si distacchino dal mondo che li circonda e dal potere che è loro destino esercitare, non potranno mai essere liberi. Nessuna cosa e nessun essere in questo universo può essere rivendicato come proprietà personale, perché c’è una sola vita, un solo Spirito, che si manifesta in miriadi di forme differenti. Quando cerchiamo di rivendicare qualcuno o qualcosa per noi stessi, in effetti stiamo separando noi stessi e la nostra pretesa dal resto della vita. Se due persone si dedicano l’uno all’altra e scelgono di trascorrere la vita insieme, non è perché uno è proprietà dell'altro, ma è il risultato di un mutuo consenso. Allo stesso modo, se un uomo ha enormi ricchezze, questa ricchezza in realtà non è mai sua, dal momento che non è altro che la manifestazione della sua sfida nella vita, vale a dire, imparare a gestire la ricchezza. In questo universo ogni cosa, ogni essere, è di proprietà esclusiva della vita, dello Spirito, e tutti noi li abbiamo in prestito perché dobbiamo lavorarci in ogni particolare incarnazione. Questo è vero per ogni cosa nella nostra vita, che si tratti di relazioni, di talenti, di aspetti fisici, di caratteristiche emotive e mentali, di ricchezza, o più importante di tutti, del potere. I guerrieri che percorrono la Via della Libertà sanno che, proprio come qualsiasi altra cosa della loro vita, il potere che esercitano in realtà non è mai loro. Il potere, se lo abbiamo, ci è dato in prestito solo per imparare a gestirlo impeccabilmente. Di conseguenza, possiamo usare il nostro potere in qualsiasi modo lo riteniamo necessario, ma non abbiamo il diritto di abusarne trasgredendo la legge universale. Non è il caso di fare una digressione nella vasta tematica di quella legge conosciuta come la legge di causa ed effetto, ma occorre farne cenno molto brevemente. E’ vero che tutti noi raccogliamo ciò che seminiamo, ma questo vale sia per le azioni positive che per le azioni negative, sia per il bene che per il male. E’ un peccato che l'uomo abbia interpretato la legge di causa ed effetto come la legge del castigo, perché questo ha causato una notevole confusione e un malinteso riguardante il concetto di causa ed effetto. Il castigo è il fattore di correzione o di regolazione intrinseco alla legge di causa ed effetto e, come tale, è solo una piccola parte dell'effetto totale di questa legge cosmica. L'effetto più importante della legge di causa ed effetto, e quella che ci interessa qui, è che sotto l'impatto di questa legge impariamo che non siamo delle vittime, ma esseri magici dell'universo, che hanno la capacità di definire il proprio sviluppo. Il fattore di regolazione è lì solo per permetterci di ricalibrare il corso delle nostre azioni. Ad esempio, se una nave s’incaglia in una roccia sommersa, l’ufficiale di rotta sarebbe molto ingenuo se considerasse questo incidente come una punizione per essere stato un ragazzo cattivo. Un approccio molto più intelligente e prezioso
sarebbe quello di vederlo nel senso che ha bisogno di migliorare le sue abilità come navigatore. Questo è vero per tutti i cosiddetti sbagli nella vita. Quando facciamo un errore riceviamo la punizione, ma non è una punizione in quanto tale, piuttosto è una guida per regolarci o correggerci. Nel trattare col potere, la responsabilità di gestirlo in maniera impeccabile è di gran lunga una sfida più grande di quella di non avere potere, perché quando si ha il potere c'è sempre la tentazione di indulgere ed abusarne. Questo non è un concetto difficile da afferrare intellettualmente, ma forse è il più difficile da mettere in pratica, specialmente perché le persone si sentono sempre vittime o punite. La ragione principale di questo è che, in generale, la maggior parte delle persone soffre di un complesso di inferiorità, derivante da una sensazione di indegnità. Anche quando una persona agisce in modo estremamente arrogante e distaccato, di solito è solo un tentativo per sentirsi in qualche modo più degno. Una persona che si sente inferiore non può essere affidabile per usare il potere in maniera impeccabile. Sentendosi vittima, una tale persona è naturalmente diffidente e difensiva, e di conseguenza è anche veloce a sentirsi offesa o attaccata. Ogni volta che ci sentiamo attaccati, la forza di auto-conservazione insorge spontaneamente e, senza nemmeno pensarci, ci ingaggiamo automaticamente in qualche forma di battaglia per l’auto-difesa. Questo di per sé non è sbagliato, ma l'uomo ha bisogno di rivedere attentamente la sua definizione di attacco e autodifesa, non tanto a livello fisico perché in genere è molto evidente, ma ai livelli più sottili di emozione e di pensiero. Ciò che molte persone considerano un attacco, di solito non è altro che il riflesso del proprio senso di inferiorità, ma, sentendosi sconvolti e offesi, queste persone impulsivamente attivano delle ritorsioni. Ovviamente in un caso del genere la rappresaglia è del tutto fuori luogo. Tuttavia la persona che si sente attaccata giustificherà le proprie azioni invocando la legittima difesa. In tale caso, la ritorsione non solo è illegittima, ma il più delle volte è anche molto superiore a quanto sarebbe giustificato da un vero attacco. Ogni persona che si sente sotto attacco utilizzerà ogni potere a sua disposizione per difendersi, ma fortunatamente per le persone coinvolte, normalmente l'uomo comune può usare solo qualche tipo di ritorsione fisica o verbale, e il danno che produce non è così grave come nel caso di una persona che ha il vero potere al suo comando. Ciò che preclude a molte persone di avere il potere al proprio comando è che non hanno ancora sufficiente potere personale per sostenersi nella battaglia contro il potere. Allo stesso modo, l'unica ragione per cui un guerriero perderà la battaglia contro il potere, è che anche se ha risparmiato abbastanza potere personale per avviare la battaglia, tuttavia non ne ha abbastanza per poter superare i propri sentimenti di inferiorità e di indegnità. Tale guerriero sarà lieto di arrendersi al nemico, pensando che con ciò renderà il potere suo alleato, e che assieme annienteranno tutte le opposizioni, e otterrà la libertà dalle vittimizzazioni. Purtroppo questo è molto, molto lontano dalla verità, perché i guerrieri che si arrendono al potere sono, in realtà, creature infelici che non riescono ad accettare il proprio innato valore e dignità. Questi guerrieri scoprono presto che, pur con tutto il potere che credono di avere, ci sarà sempre qualcuno che vorrà sfidarli, o il cui potere è più grande del loro. Di conseguenza, devono lottare per accrescere il proprio potere, o annientare le opposizioni. Per questi guerrieri, il potere non è un alleato, ma uno svantaggio terribile. Nella battaglia per la supremazia, la vera libertà rimane un’idea vaga ed elusiva, e col tempo i guerrieri cominciano a perdere il senso di equilibrio e di prospettiva, mentre aumenteranno i dubbi e i sospetti. IL POTERE E’ UN FORMIDABILE NEMICO, E UN UOMO O UNA DONNA DEVONO ESSERE DEI RAFFINATI GUERRIERI PER RIUSCIRE A DOMINARLO. MOLTI GUERRIERI HANNO PERSO LA BATTAGLIA CONTRO IL POTERE, MA PERDERE QUESTA BATTAGLIA SIGNIFICA PERDERE LA PROPRIA LIBERTA’. UN GUERRIERO CHE HA PERSO LA BATTAGLIA CONTRO IL POTERE NON IMPARERA’ MAI COME GESTIRE IL PROPRIO POTERE IMPECCABILMENTE, E DI CONSEGUENZA DIVERRA’ UN IMPLACABILE DITTATORE CHE SI SCAGLIA CON BRUTALE CRUDELTA’ SOLO PER SODDISFARE UN CAPRICCIO. PER TALE PERSONA IL POTERE NON E’ PIU’ SUO ALLEATO, MA UN FORTE MANIPOLATORE CHE LO DISTRUGGE POCO A POCO, FINCHE’ PERDE OGNI
SENSO DI UMANITA’. PERDENDO IL SENSO DI UMANITA’ QUESTA PERSONA PERDE RAPIDAMENTE ANCHE IL SENSO DI GIUSTIZIA, E QUINDI NON DISTINGUE PIU’ IL BENE DAL MALE. DA QUESTO MOMENTO IN POI IL POTERE CANCELLERA’ LA CONSAPEVOLEZZA DELL’UOMO, FINCHE’ RIMARRA’ SOLO UNA COMPLESSATA AMARA CARICATURA – UN GUSCIO BRUCIATO DALLA VILE CORRUZIONE, CHE VOMITA IL VELENO MORTALE DEI DUBBI E DEI SOSPETTI. Fra le persone che desiderano avere potere, poche si fermano a considerare le incredibili implicazioni del fatto che il potere, una volta acquisito, non sarà mai veramente loro, nel senso personale della parola. Per molti è del tutto incomprensibile che si lavori così duramente per qualcosa, solo per lottare contro di essa una volta che è stata ottenuta. D'altra parte, per i guerrieri che l’hanno capito nella battaglia contro il potere, questo è un fatto naturale della vita, che è indicibilmente profondo e serenamente bello. Avere il potere al proprio comando, eppure restarne liberi, è un concetto che va al di là dello scopo di questo libro; ma questo capitolo non sarebbe completo senza almeno menzionarlo. Il vero grande guerriero percorre la Via della Libertà, tenendo il proprio potere sotto controllo, e così si eleva per diventare innocuo e umile, ma comunque invincibile in ogni aspetto. Tali guerrieri vanno incontro ai loro simili nella loro follia e, rimanendo liberi da tutto, possono abbracciare chiunque e ogni cosa, senza paura e senza aspettative. Avendo il potere al loro comando, e rimanendo distaccati da tutto mentre abbracciano tutto, i guerrieri che percorrono la Via della Libertà permettono al loro spirito di fluire libero, di partecipare a tutte le ricchezze della vita. E’ questa la vera libertà - il magnifico dono che l’Aquila concede a tutti coloro che percorrono impeccabilmente la Via del Guerriero. I guerrieri che hanno raggiunto questo punto del loro addestramento, vanno avanti, senza falsa modestia, ad accettare la loro giusta ricompensa, perché sanno che hanno lavorato duramente per questo momento, e onestamente meritano la libertà. Tuttavia, dopo aver ricevuto la loro ricompensa, questi guerrieri se la gustano, ma solo per un momento, per poi riversarla di nuovo nel mondo - come unico dono che hanno da offrire in cambio del fantastico privilegio di percorrere la Via del Guerriero. I veri guerrieri non sono accaparratori, perché durante la lotta per diventare guerrieri hanno imparato che dopo tutto, la vita non è una punizione, ma un dono prezioso. Pertanto non possono voltare le spalle alla vita senza esprimere in qualche modo la loro profonda gratitudine. Conquistare il potere e scegliere il Sentiero della Libertà è da una parte molto difficile e, paradossalmente, molto semplice dall’altra. La chiave sta nell’umiltà, una qualità naturale in ogni essere umano, ma anche un potenziale che va nutrito e coltivato, come qualsiasi altro talento che va scoperto e sviluppato. La vera umiltà non è sottomissione, ma un atto spontaneo del cuore, che nasce dall’apprezzamento intelligente dell’interrelazione della vita. IL GUERRIERO PUO’ SPERARE DI TENERE A BADA IL POTERE SOLO ASCOLTANDO OGNI COMANDO CHE GLI SGORGA DAL CUORE. NON C’E’ ALTRO MODO PER SOPRAVVIVERE AGLI IMPLACABILI ATTACCHI DEL POTERE CONTRO IL GUERRIERO CHE LOTTA PER ASSERVIRLO AL PROPRIO COMANDO. IL GUERRIERO NON DEVE MAI, NEANCHE PER UN MOMENTO, PERDERE DI VISTA CHE IL POTERE NON E’ PROPRIETA’ DELL’INDIVIDUO PER VANTAGGIO EGOISTICO – IL POTERE DOVREBBE ESSERE USATO SOLO A BENEFICIO DI TUTTA LA VITA, PERCHE’ L’UNITA’ INDIVIDUALE NON E’ CHE UN FRAMMENTO DELL’INTERO TUTTO. SE IL GUERRIERO MANTIENE L’INTENTO INFLESSIBILE IN OGNI FASE DELLA BATTAGLIA, ALLORA VERRA’ UN MOMENTO IN CUI SCIVOLERA’ IN UNO STATO SECONDARIO DI SERENITA’ E IN QUESTA QUIETE COMPRENDERA’ LO SCOPO DELL’AQUILA. SOLO ALLORA IL COMANDO DEL GUERRIERO DIVERRA’ IL COMANDO DELL’AQUILA, E DA QUEL MOMENTO IN POI IL GUERRIERO E’ LIBERO DALLE ORRENDE TENTAZIONI POSTE DAL POTERE. FINALMENTE LA BATTAGLIA E’ CONCLUSA, E IL POTERE ORA E’ SOTTOMESSO QUIETAMENTE ALLA SUA
VOLONTA’. QUESTO E’ IL VERO COMANDO DEL POTERE, CHE TRASFORMA IL GUERRIERO CHE PERCORRE LA VIA DELLA LIBERTA’ IN UN ESSERE INVINCIBILE. L'uomo ha molto da imparare sull’ascoltare il cuore. Tuttavia, nel mondo d’oggi c’è la tendenza a deridere il sentimento, e questo porta l'uomo ancora più lontano dal suo cuore. Per secoli si è messo l'accento sullo sviluppo della mente razionale, ed è in gran parte a causa di questo che l'uomo ha dimenticato il vero significato dell’umiltà. Ciò che l'uomo ha finito per accettare come umiltà è in realtà più un senso di sottomissione imposto sull'individuo dagli effetti del condizionamento sociale. Come abbiamo già sottolineato, la vera umiltà è un atto del cuore, e come tale è un sentimento, non un atto forzato fondato sul bisogno di essere sottomessi. Questo è un punto importante, e deve essere colto in tutte le sue implicazioni se il guerriero vuole sopravvivere alla battaglia contro il potere. Nel progressivo dispiegamento degli insegnamenti, torneremo più volte sul concetto di umiltà - cogliendo volta per volta dei risvolti sempre più profondi; ma per ora limitiamoci solo al significato più ampio di questo concetto. Per capire il concetto di umiltà, si deve ricordare che in questo punto della formazione, il guerriero ha già conquistato sia la paura che la sobrietà. Pertanto ha la necessaria sobrietà per vedere la sua vita per quello che è, ed ora è nella posizione per accettare se stesso totalmente, nel vero senso della parola. In teoria, il guerriero avrebbe dovuto essere capace di farlo fin da quando ha superato la paura, ma occorre ricordare che nella pratica gli insegnamenti si sovrappongono l'un l'altro. Questo fatto è analogo a quello di un bambino che va a scuola, dal quale non ci si aspetta che ottenga il massimo dei voti in ogni classe, ma con una sufficiente padronanza delle materie in quella specifica classe, sarà promosso alla successiva. Questo è esattamente ciò che accade nella vita; a causa dell’interdipendenza della vita, non possiamo progredire oltre un certo livello di competenza senza aver prima acquisito le abilità del livello superiore. Pertanto, sebbene il guerriero abbia fatto grandi passi in avanti nell’accettarsi per quello che è, può accettare se stesso in modo inequivocabile solo quando si ritrova ad affrontare il potere in battaglia. Il pericolo che il potere pone al guerriero sta nel fatto che, avendo potere, il guerriero è ora in grado di fare tutto ciò che desidera. Così la tentazione più grande di tutte è quella di usare il potere per mascherare il senso di inferiorità. Di conseguenza, il vero punto cruciale nella battaglia contro il potere è la lotta del guerriero per superare i suoi sentimenti di inferiorità e di indegnità. Per superare il senso di indegnità occorre acquisire quella profonda e sincera umiltà in cui non vi è alcun giudizio, a dispetto di tutte le condizioni che si rivelano alla luce della sobrietà. In altre parole, il guerriero deve vedere se stesso onestamente, come egli è veramente, senza tentare di mascherare le proprie mancanze, o giustificare le sue azioni, fisiche, emotive o mentali. Questa è la cosa più difficile da fare e richiede un atto di suprema spietatezza, perché nella cruda luce della sobrietà restiamo sempre scioccati da quello che vediamo. Nessuno di noi è un angelo, e osservandoci attentamente nello specchio della cruda realtà è inevitabile che ci sentiamo sopraffatti da un devastante senso di colpa per le nostre mancanze e lacune. Eppure, proprio in questo momento abbiamo la possibilità di acquisire la vera umiltà, a condizione che percepiamo l'interrelazione di tutta la vita. Se, in questo momento, il guerriero si guarda con onestà e, senza odiarsi, accetta il fatto che egli è veramente degno della vita, visto che è ancora vivo, allora la sensazione di vergogna e di colpa sarà sostituita da un vero senso di umiltà. Non è che il guerriero giustifica in qualche modo il suo passato, ma piuttosto vede, in quel momento di verità, che proprio a causa del suo passato è riuscito a diventare guerriero. La vergogna non cancella nemmeno una virgola della nostra colpa, e nemmeno il rammarico farà tornare indietro l’orologio del tempo, ma se voltiamo le spalle con orrore al nostro passato, lo rendiamo inutile e irrilevante. Un vero guerriero non può permettersi di fare così, per il semplice motivo che il suo rispetto per la vita è troppo grande. Ad esempio, se dobbiamo uccidere per mangiare, allora dobbiamo almeno onorare lo spirito della pianta o dell’animale che ha dato la sua vita per permetterci di vivere. Allo stesso modo, se possiamo imparare il valore della vita solo calpestando coloro che ci circondano, allora è nostro dovere onorare gli spiriti di coloro che hanno sofferto perché potessimo imparare. Pertanto rifiutare di riconoscere la verità sulle nostre azioni
passate equivale a disprezzare i sacrifici di coloro che ci hanno aiutato nel nostro cammino - un ingrato atto di crudeltà, che deriva da un vergognoso senso di auto-importanza. Le persone che si considerano spirituali sono fuorviate come quelle che si considerano indegne. Elevarsi ad una posizione di superiorità è altrettanto inutile che adottare un senso di inferiorità. Cercare di essere un dittatore è tanto folle quanto cercare di essere un mendicante, a prescindere se si mendica per soldi, per riconoscimento o per amore. Tutti questi atti si basano sul fatto che le persone interessate non si accettano per quello che sono. Queste persone non riconoscono a se stesse la loro vera natura e il loro scopo nella vita, ma credono di dover essere qualcos’altro o qualcun altro. Nel fare questo voltano le spalle alla vita e al loro vero destino. Queste persone non imparano mai il senso di umiltà, perché scelgono di indulgere nell’autoimportanza, che è ben radicata nell’autocommiserazione. L'unico modo per imparare ad accettare noi stessi è vedere la vita nella sua vera prospettiva, e riconoscere che nell’aver scelto di camminare su questa terra ci siamo presi anche l’onere di ferire, di mutilare e di uccidere, in modo che possiamo imparare il valore della vita. Questo è il modo in cui il potere ha disposto le cose – in effetti è una scioccante e cruda realtà, ma ha in sé anche una bellezza struggente. Il guerriero che ha scoperto questa verità, e che l’ha vista da sé, si riempie di stupore, perché in quella conoscenza comprende con ogni fibra del suo essere il significato stesso e lo scopo della vita. Vedendo chiaramente l'interdipendenza, l'interazione, e l'interrelazione di tutta la vita, il guerriero ora può percepire tutti gli esseri che hanno toccato in qualche modo la sua vita. E’ come se ognuno di quegli esseri si protenda su di lui per toccare nuovamente il nucleo più intimo del proprio essere. I ricordi a lungo dimenticati di coloro che hanno dato la vita perché egli potesse vivere, e di coloro che hanno patito le sue azioni mentre cercava di imparare, si mescolano nell’esistenza in un tutt’uno. Nella piena consapevolezza dell’interrelazione della vita, non vi è alcun senso di critica o giudizio - solo una profonda comprensione del fatto che tutte le forme di vita devono fare questo percorso. Nel riconoscere questo il guerriero sa senza dubbi che non ci può essere colpa nel riconoscimento dovuto, e per la prima volta nella sua vita, sperimenta la vera pace. In quel momento di pace e armonia, il guerriero vede chiaramente che gli è stato dato molto. E’ un momento toccante - un momento così bello che nessun guerriero sarà mai più lo stesso dopo questa esperienza. Considerando il dono incredibile di partecipare alla vita, che cosa può dare il guerriero in cambio di un tale ineffabile dono – in cambio di un tale onore? Non bastano tutti i soldi del mondo. Nemmeno il miglior servizio potrà mai giustificare un tale onore. Allora, che cosa da in cambio il guerriero? E’ in questo momento che al guerriero cadono le braccia, e non può fare altro che un passo indietro e abbassare la testa in vera umiltà. Stando con le mani vuote e il capo chino, il guerriero è sopraffatto dalla povertà delle sue risorse umane. Eppure, come può in tutta onestà voltare le spalle a quel momento, senza prima esprimere in qualche modo la sua gratitudine? Perché se il guerriero a questo punto andasse via, senza dare un segno del suo apprezzamento, renderebbe privo di senso l'intero concetto di percorrere la Via con un Cuore. Non avendo nient’altro da dare e sapendo che non è richiesto nulla, il guerriero dà volentieri l'unica cosa che può dare - il suo cuore, e con questo, dà anche la sua libertà. Aprendo il cuore, il guerriero riversa sul mondo ogni goccia di sentimento, di calore e d’amore che possiede. Non trattiene nulla, perché sa che nemmeno tutto quello che c’è nel cuore potrà mai essere sufficiente a saldare il debito. Non gli importa nemmeno delle possibili conseguenze dello spalancare il cuore, perché cosa gli si può portar via che non abbia già dato in abbondanza? Tuttavia, nel dare il cuore al mondo, il guerriero sa che ha sacrificato per sempre anche la sua libertà. Nel contesto della sua umanità il guerriero rimarrà sempre un essere libero - libero dal rimanere agganciato ai suoi simili, libero dai condizionamenti sociali, e libero di pensare, di sentire e di agire secondo il quadro di riferimento che preferisce. Ma, nel contesto del guerriero, ora si ritrova confinato per il resto della vita. Nel momento stesso in cui avrebbe potuto accettare la piena libertà, il guerriero sceglie invece di usarla a beneficio di tutta la vita. Non sarà mai più capace di separarsi dai suoi simili, per la semplice ragione che non ha più il desiderio di farlo. Invece il
guerriero sceglie di condividere la sorte con loro. E così, di volta in volta, vita dopo vita, prende posto tra i suoi simili, non solo per andargli incontro nella loro follia, ma anche per stare in mezzo a loro come un pilastro di forza e di conforto, come leader e come amico. Questa è la vera natura dell’umiltà, quello stato di coscienza che è l'essenza stessa del guerriero, e il vero significato di essere Atl'aman (Antico titolo di riconoscimento dato ai Guerrieri dello Spirito). Ma va sottolineato che è impossibile ottenere questo stato a meno che non vi sia una piena accettazione di se stessi. Quando un uomo o una donna sguazza continuamente nell’auto-importanza o nell'autocommiserazione, in sentimenti di superiorità o di inferiorità, nel sentirsi spirituale o nel sentirsi indegno, non riconosce il dono inestimabile della vita, o del privilegio di poter percorrere una via con un cuore. Pertanto, per il vero guerriero, lo stato di umiltà non è uno status da indossare come distintivo, ma piuttosto l'espressione dei suoi sentimenti più intimi, nati dalla consapevolezza che non è più grande, né più piccolo di qualsiasi altra cosa o chiunque altro nell'universo. Alla fine, in verità c’è proprio poca differenza fra l’umiltà e il vero amore, sono solo due diverse espressioni dell’unica forza. L’UMILTA’ E’ UNA ACCETTAZIONE PASSIVA DEL PROCESSO DELLA VITA; L’AMORE E’ UNA PARTECIPAZIONE ATTIVA IN QUESTO PROCESSO. Possiamo riformulare questo aforisma dicendo che l'umiltà è l’abilità di saper accettare se stessi per chi e ciò che si è veramente, mentre l'amore è il dono del guerriero in cambio di tutto ciò che ha ricevuto. L'umiltà e l'amore sono entrambi semplici, ma anche molto profondi. Però non è per niente facile ottenerli, se ancora non si sa amare se stessi. Inoltre, in ogni lingua, queste due parole sono fra le più fraintese, e quindi anche orrendamente distorte. Tuttavia, né l'umiltà, né l'amore, si possono evitare per sempre, semplicemente perché sono implicite nel destino di tutti gli esseri umani. Prima o poi, ogni uomo e ogni donna deve percorrere la via con un cuore, e durante il percorso arriva un momento in cui ci s’imbatte nel leggendario Santo Graal. Considerando che quell’oggetto di indicibile bellezza è di per sé un'esperienza veramente umiliante, in quel momento di pura magia, la persona in questione finalmente comprende che questo luminoso e raggiante ricettacolo non è un mito, ma è in realtà il bozzolo luminoso dell'uomo, nella cui profonda luminosità si riflette il vero significato e il vero scopo dell’amore. Quindi, se un guerriero esce sconfitto dalla sua battaglia contro il potere, è solo perché non ha raggiunto l'umiltà che gli consente di vedere l'interrelazione della vita. Perciò, non riesce ad accettarsi per quello che è veramente, semplicemente perché non ha mai saputo amare se stesso. Vediamo un ultimo punto, almeno qualche accenno, giusto per completare l’argomento. La direzione assegnata al potere è il Sud - il luogo del calore. Il Sud è descritto come l'ingresso al mondo del nagual, e in questo senso si deve tenere presente che il principale dovere e scopo di ogni nagual è quello di condurre gli esseri alla libertà. Da quanto abbiamo detto finora sui quattro nemici naturali, ma specialmente sul potere, per il lettore non dovrebbe essere difficile capire perché il Sud è definito l’ingresso al mondo del nagual. In ultima analisi, tutti i veri guerrieri percorrono il Sentiero della Libertà, semplicemente perché per loro, questa è l'unica via con un cuore. Pertanto, non è così strano che l’ingresso al mondo del nagual sia il calore. Arriviamo dunque all'ultimo dei quattro nemici naturali, cioè la vecchiaia, situato giustamente all’Ovest - il luogo della morte. Sebbene gli uomini o le donne comuni raramente debbano fare i conti con la sobrietà o il potere, la vecchiaia, come la paura, è inevitabile, dal momento che entrambe sono parte integrante della vita. Tuttavia, per il guerriero la vecchiaia non è la stessa esperienza della persona comune, anche se in un certo senso è molto simile. DOPO AVER BATTUTO LA PAURA, DOPO AVER INQUADRATO BENE LA SOBRIETA’, ED ESSENDO CAPACE DI TENERE SOTTO CONTROLLO IL POTERE, IL GUERRIERO ARRIVA INFINE AD UN BIVIO CONOSCIUTO COME IL QUARTO NEMICO NATURALE – LA VECCHIAIA. QUANDO IL GUERRIERO DOVRA’ AFFRONTARE QUESTO NEMICO, DIPENDE MOLTO DAL LIVELLO DEL POTERE PERSONALE. PER QUALCUNO QUESTO MOMENTO ARRIVA SOLO ALLA FINE
DELLA VITA, PERCHE’ CI HA MESSO MOLTO TEMPO A SCONFIGGERE GLI ALTRI TRE NEMICI. MA PER COLORO CHE HANNO SCONFITTO ABBASTANZA VELOCEMENTE I PRIMI TRE NEMICI, QUESTO MOMENTO POTREBBE ARRIVARE IN ETA’ RELATIVAMENTE GIOVANE. L'aforisma sopra descrive schematicamente la vecchiaia, ma indica chiaramente anche il fatto che la Via del Guerriero non porta da nessuna parte. Alla fine, per quanto sia stato incredibile ed emozionante il viaggio del guerriero, lui o lei deve affrontare anche l’inevitabile fine di tutti i mortali. In passato ci sono stati molti Toltechi che, nell’ignoranza della vera natura della vita, hanno cercato il modo per sconfiggere la vecchiaia. Oggi i Toltechi conoscono diversi modi, ma anche se queste tecniche funzionano egregiamente e danno ai praticanti una relativa immortalità, queste non portano alla libertà. Per quanto possa sembrare incredibile, ci sono ancora Toltechi che tutt’ora vivono sulla terra e hanno più di diecimila anni d’età. Eppure questi uomini e donne sono creature infelici – sono aberrazioni della natura, che si sono messe in trappola da sole e da cui non osano uscire. Anche se queste persone vedono la follia dell’aver scelto l'immortalità ad ogni costo, non possono porre fine alla loro precarie e miserabili esistenze, per la semplice ragione che temono le conseguenze dell’essere uscite dalla corrente principale della vita. Le conseguenze sono infatti terribili e veramente orrende, ma per gli scopi di questo libro non occorre che le consideriamo. Il guerriero che percorre il Sentiero della Libertà capisce il vero scopo della vita, e quindi non farà nulla che possa deviarlo dal suo destino. In effetti, perché dovrebbe deviare, quando il suo destino, una volta compreso, è sempre più grande, migliore e più bello di quanto avrebbe potuto immaginare? Lo stesso principio si applica anche alla vecchiaia e alla morte, ed è per questo motivo che il guerriero che cammina lungo il Sentiero della Libertà non interferirà in alcun modo col naturale processo di invecchiamento, né vedrà alcun beneficio nel lottare per l'immortalità. Tuttavia, la trappola della vecchiaia esiste proprio in questa accettazione del destino. Per capire questo bisogna rendersi conto che, per quanto possa sembrare inconcepibile, non è importante l'obiettivo, ma solo il viaggio. Ogni obiettivo, una volta raggiunto, presto fa sorgere la pigrizia e un senso di infallibilità, che rapidamente genera quel disastroso atteggiamento mentale che possiamo definire come l’essere troppo sicuri di sé. In generale, l'uomo comune sta sempre rincorrendo obiettivi impossibili, che non potrà mai raggiungere veramente. Per cui non sperimenta mai veramente il proverbiale incrocio che segna la vecchiaia, ma invecchia semplicemente in età, nel senso condiviso della parola. LA VECCHIAIA E’ UN INCROCIO, NEL SENSO CHE E’ IL PUNTO IN CUI SI INCROCIANO DUE FORZE AD ANGOLO RETTO. UNA E’ L’INESORABILE TENTAZIONE DI RIPOSARE; E L’ALTRA E’ LA DETERMINAZIONE AD ANDARE AVANTI. SE IL GUERRIERO SI ARRENDE ALLA TENTAZIONE DI RIPOSARE, IL PROCESSO DI INVECCHIAMENTO DEL CORPO TOGLIE IL TAPPO AL POTERE PERSONALE, E IN BREVE TEMPO DIVERRA’ DEBOLE COME QUALSIASI UOMO ANZIANO. SE, D’ALTRA PARTE, IL GUERRIERO RESPINGE LA TENTAZIONE DI RIPOSARE, OPERA ANCORA UN ALTRO MIRACOLO, E COSI’ RUOTA LA CONSAPEVOLEZZA DI NOVANTA GRADI CHE GLI PERMETTE DI ENTRARE IN QUEL PECULIARE STATO CHIAMATO IL VIAGGIO DEFINITIVO DEL GUERRIERO. A differenza dell’uomo comune, il guerriero è uno che ha seguito fedelmente il cuore ricercando la vera conoscenza e il potere, ma dopo averli acquisiti, in effetti ha anche raggiunto la fine del viaggio. Per un tale guerriero ora non c'è più nulla da fare, se non vivere il resto della vita in quella che può a buon diritto essere chiamata pensione. Per il guerriero, questo pensionamento è una terribile tentazione, semplicemente perché ha vissuto per così tanto tempo fra le sfide e sempre ai margini della vita, che come essere umano vorrebbe solo sedersi e godersi la vittoria. In questo senso, la vecchiaia è più o meno la stessa, sia per il guerriero che per l'uomo comune. Se la vita è stata ben vissuta, è naturale che qualsiasi essere umano voglia assaporare pienamente i propri successi. Sebbene essenzialmente non vi sia nulla di sbagliato in questo, rimane comunque un lusso che il guerriero non può permettersi. Se lo fa, viene sconfitto nel momento
stesso del suo trionfo, e la vecchiaia lo spoglia di ogni cosa per cui ha combattuto e che ha conquistato. Sedendosi a godersi la meritata pensione, e i frutti delle numerose battaglie, il guerriero, senza nemmeno rendersene conto, comincia a diventare pigro e sciatto. Non più totalmente vigile, una cosa tira l'altra, e alla fine, troppo tardi, il guerriero scopre che è diventato solo un uomo debole e vecchio, che non ha nulla del suo antico splendore. Dipende dal guerriero, quando incontrerà il nemico vecchiaia. Ovviamente, l’uomo comune non incontrerà mai la vecchiaia prima della fine della sua vita. In generale, capita così anche alla maggior parte dei guerrieri, semplicemente perché è proprio nella lotta di un’intera vita che si diventa un guerriero impeccabile. Tuttavia, come si ricorderà da Il ritorno dei Guerrieri, non tutti i guerrieri hanno avuto la stessa quantità di formazione o di esperienza, e questo farà la differenza nel momento in cui si incontrerà la vecchiaia. I guerrieri che sono più avanti lungo il percorso affronteranno i primi tre nemici in età relativamente giovane, ed avendo avuto in passato la necessaria esperienza, combatteranno queste battaglie un po' più velocemente del solito. Di conseguenza, questi guerrieri incontrano la vecchiaia abbastanza presto nella vita. Questo non implica che la vita del guerriero venga accorciata, ma semplicemente che incontrerà gli effetti della vecchiaia prima di quanto avviene normalmente. Alla fine, indipendentemente da quando un guerriero la incontra, la vecchiaia rimane un nemico letale, e deve essere trattato in modo impeccabile come i primi tre. La regola per gestire la vecchiaia è molto simile a quella per gestire la paura, nel senso che il guerriero deve fluire con la vecchiaia ma mai cedere ad essa. Così facendo, il guerriero mette in atto uno strano fenomeno. Sebbene il naturale processo d’invecchiamento del corpo fisico non sia alterato da questo fenomeno, la vitalità del guerriero rallenta il processo a tal punto che l’aspetto esteriore del guerriero spesso non corrisponderà alla vitalità che trasmette, traendo in inganno chiunque sulla sua vera età. Comunque, non sono importanti gli effetti esteriori di questo fenomeno, ma il fenomeno stesso, e gli effetti psicologici sul guerriero. Il fenomeno è chiamato la svolta di 90 gradi, e gli effetti psicologici sono chiamati il viaggio definitivo. Entrambi questi termini necessitano di una certa attenzione, perché rivelino le loro profonde implicazioni. Non è facile descrivere a parole La svolta di 90 gradi, per cui dovremo ricorrere ad un’analogia. Considerate la vita dell'uomo come una linea di lunghezza predeterminata. Questa linea comincia alla nascita e termina con la morte. Ora vedete questa linea come il diametro di un cerchio. La circonferenza del cerchio descrive il fato (A differenza del destino, il fato è il termine tecnico che si usa per indicare quella parte di destino che occorre dispiegare in una particolare incarnazione) dell'uomo. (Figura 3)
All'interno di questo cerchio c’è tutto ciò di cui l'uomo ha bisogno, e che quindi incontra in una particolare vita. Questo cerchio rappresenta le potenzialità dell'uomo in una incarnazione, che sono sconosciute al momento della nascita, ma che poco a poco vengono esplorate, sperimentate e sequenzialmente dispiegate durante il corso della vita. Tecnicamente è definito il cerchio dell’essere. Il diametro del cerchio incontra la circonferenza sia alla nascita che alla morte - il che significa che al momento della nascita e al momento della morte, l'uomo è pienamente in contatto col suo fato. Però è raro l'uomo che durante la vita veramente “tocca i lati” in tutta l’estensione del fato. Per capire come funziona, pensate all'uomo come se andasse avanti lungo la linea, giorno dopo giorno. Naturalmente i movimenti giornalieri costituiscono piccolissimi spostamenti nell’intera lunghezza della linea (Figura 4).
Ora, andando avanti, l'uomo ricerca il proprio potenziale dirigendo l’attenzione verso l'esterno dalla linea. Ricercando il proprio potenziale o protendendosi verso di esso, l'uomo entra in contatto con campi energetici all'interno del suo bozzolo luminoso che corrispondono con l'ignoto. Quanto la persona si inoltrerà in profondità nell'ignoto, dipende dall’individuo, ma nel caso della persona normale non si spinge mai troppo lontano dalla linea, perché questa linea è in effetti la base del suo condizionamento sociale. Tuttavia, il punto raggiunto all'interno dell’ignoto traccerà una linea proveniente dal condizionamento sociale sul diametro del cerchio che formerà il raggio di un cerchio più piccolo, anch’esso centrato sul diametro. Questo piccolo cerchio costituisce la visione del mondo dell'uomo, ed è la somma totale della sua conoscenza in quel particolare momento. Nel corso della vita, l'uomo riaggiusta costantemente la sua visione del mondo e, di conseguenza, descrive cerchi di varie dimensioni a seconda dei raggi, cioè a seconda dell'estensione delle sue escursioni nell'ignoto. In pratica, vediamo che accade una cosa veramente incredibile nella vita dell’uomo comune, perchè sebbene ci aspettiamo che questi cerchi all’inizio siano piccoli e poi crescano progressivamente, in realtà tende ad accadere il contrario. Questo perché un bambino non ha tanta paura di vagare nell’ignoto, ed quindi spesso "tocca i lati" del suo pieno potenziale. Pertanto, quando il condizionamento sociale comincia a fare effetto, il bambino aderisce di più alle limitazioni del diametro del cerchio dell’essere. E ne consegue che i cerchi descritti sul diametro diventano sempre più piccoli. Per cui si vede chiaramente che l'uomo comune non sperimenta mai tutto il suo potenziale, ed è per questo motivo che la tecnica della ricapitolazione è così importante. Attraverso la ricapitolazione il guerriero è in grado di colmare tutte le lacune e di esplorare il potenziale mancato in passato. Quando ha raggiunto la fine della vita, il guerriero ha coperto l'intero ambito del suo cerchio dell’essere o, in altre parole, l'intero ambito del suo fato. Ora rendetevi conto che tutto ciò che accade nell'arena della vita sul piano fisico può essere visto come traspirante sull’asse orizzontale. Tuttavia, quando il guerriero si confronta con la vecchiaia, spontaneamente provoca quel fenomeno sorprendente chiamato la svolta di 90 gradi.
Combattendo gli effetti della vecchiaia che lo tirano verso la morte, o verso 'la fine della linea', il guerriero non ha altra risorsa che rivolgersi all’indietro. In altre parole, il guerriero, del tutto involontariamente, inizia a rivedere o ricapitolare ancora una volta tutta la sua vita, ma questa volta da una prospettiva completamente diversa. Fino a questo momento, il coinvolgimento del guerriero con l'ignoto è stato dal punto di vista della vita sul piano fisico, cioè sul piano orizzontale. Non potrebbe essere altrimenti, semplicemente perché il guerriero è un essere pratico, che percorre un sentiero pratico. Pertanto, dopo aver percorso la piena portata del cerchio dell’essere sul piano orizzontale, il guerriero ora inizia a rivedere il cerchio lungo l’asse verticale. Laddove il guerriero ha vissuto la vita dal punto di vista del sognato o del tonal, ora entra in quel livello di consapevolezza in cui rivive la sua vita dal punto di vista del suo vero io interiore - il sognatore. Così il guerriero da una svolta di 90 gradi alla sua consapevolezza, da orizzontale a verticale, e con questa manovra trasforma il suo cerchio dell’essere in una sfera. Questo significa che ora il guerriero sa di essere il suo sognatore, o in altre parole, ha raggiunto l’unione col suo vero sé. L'effetto psicologico di questa svolta è conosciuto come il viaggio definitivo del guerriero. Questo secondo e nuovo viaggio non è altro che la ricapitolazione completa di tutta la vita dal punto di vista della nuova consapevolezza. Non ci avventureremo nella descrizione di questo viaggio, perché va oltre lo scopo di questo libro, ma per ora basti dire che in questo viaggio il guerriero assume un ruolo attivo nella definizione del proprio destino. In altre parole, il guerriero ora comincia a definire da sé i dettagli del proprio destino. Le implicazioni di questo sono enormi, dato che il destino si estende su tutte le incarnazioni passate e future, inclusa quella attuale. Tenete presente che l’informazione trasmessa qui è un'analogia del reale processo. Perciò non c'è nessun cerchio, diametro, raggio, o alcunché di simile - è solo una metafora di un processo reale, ma che va molto oltre la portata delle parole. LA SVOLTA A NOVANTA GRADI NON CANCELLA GLI EFFETTI DELLA VECCHIAIA SUL CORPO FISICO, MA PERMETTE AI GUERRIERI DI MANTENERE IL CONTROLLO SULLE LORO FACOLTA’, SULLA CONOSCENZA, SULLA SOBRIETA’ E SUL POTERE, FINO AL MOMENTO DELLA MORTE FISICA E ANCHE OLTRE. QUESTA E’ LA RICOMPENSA PER OGNI GUERRIERO CHE HA COMBATTUTO IMPECCABILMENTE FINO ALL’ULTIMO RESPIRO. Come si vede dall’aforisma sopra, la svolta a 90 gradi non interferisce in alcun modo col naturale processo dell’invecchiamento, ma permette al guerriero di operare un meraviglioso miracolo. Poiché l'effetto di questa svolta è molto vitalizzante, in effetti fa rallentare il processo di invecchiamento del corpo fisico. Tuttavia, il cambiamento non aggiunge anni alla vita del guerriero, ma lo aiuta a combattere i debilitanti effetti sul corpo fisico, che altrimenti diventerebbe sempre più debole con l'età. Questo, a sua volta, permette al guerriero di tenere la mente, le emozioni e il corpo fisico forte, in forma e sani, cosa che è ovviamente vitale per qualsiasi guerriero. IL GUERRIERO PUO’ ACCETTARE IN TUTTA ONESTA’ IL TITOLO DI TOLTECO, SOLO DOPO AVER EFFETTUATO LA SVOLTA A NOVANTA GRADI. PERCIO’ LA CARRIERA DEI TOLTECHI PUROSANGUE È BREVE SOTTO TUTTI I PUNTI DI VISTA, EPPURE È IL TEMPO SUFFICIENTE PER GIOIRE DEL POTERE. AVENDO SCELTO DI PERCORRERE IL SENTIERO DELLA LIBERTÀ I GUERRIERI SANNO CHE NON POSSONO SCONFIGGERE LA VECCHIAIA, MA SOLO COMBATTERLA IN MANIERA IMPECCABILE FINO ALLA MORTE. In questo aforisma c’è la vera definizione di Tolteco. Da questa definizione risulta chiaro che il termine 'tolteco' si da di diritto solo ai guerrieri che hanno scelto il Sentiero della Libertà Totale. Il Sentiero della Libertà Totale non consente ai guerrieri di usare il loro potere per guadagno personale. Essendo uniti ai loro sognatori, dopo aver fatto la svolta a novanta gradi, i guerrieri utilizzano il loro potere solo per il bene di tutti, perché i sognatori dell’umanità hanno per natura una coscienza di gruppo. Qui, la verità è che per essere un vero uomo o donna di conoscenza, il guerriero deve aver
combattuto e sconfitto tutti e quattro i nemici naturali - solo allora potrà rivendicare di diritto il titolo di Tolteco. In altre parole, il guerriero può e deve vivere la sua vita da Tolteco, e anche se qualcuno talvolta si autodefinisce Tolteco, non è mai così vanitoso da dimenticare che ciò che sta dicendo è che è erede della tradizione Tolteca. L'umiltà del guerriero è tale che non cerca di rivendicare per sé il titolo di Tolteco finché che non sa dal profondo del cuore di aver vissuto tutta la vita impeccabilmente - solo allora sarà disposto ad accettare l’onorificenza più alta di tutte. A questo proposito tenete presente che il titolo di Tolteco non si può conferire, piuttosto è una conoscenza interiore che non si indossa come una mostrina o come una targhetta. Tutti i veri Toltechi sanno, e per loro è sufficiente che lo sappiano solo loro, perché qui sta il loro vero onore. Nel titolo di Tolteco c’è la pregnante verità che riguarda la battaglia del guerriero contro la vecchiaia. Scegliendo il Sentiero della Libertà Totale, il guerriero ha anche abbandonato la volontà di ritardare il processo di invecchiamento e anche il momento della morte. Di conseguenza, il guerriero sa che sta combattendo una battaglia persa, eppure l'impeccabilità del suo spirito è tale che non dispera, né si risente del fatto che non potrà mai sconfiggere il suo nemico finale. Invece il guerriero dà tutto in questa battaglia, e permette al suo spirito di fluire libero e chiaro per godere delle meraviglie del viaggio definitivo. Per quanto possa apparire incomprensibile dal punto di vista della normale consapevolezza dell'uomo comune, il guerriero che sta combattendo la battaglia contro la vecchiaia, in effetti sta andando al suo canto finale con la morte! Anche se la carriera del vero Tolteco è molto breve, è sempre più che sufficiente. Quando il guerriero sa di essere uno col suo vero sé, il tempo diventa irrilevante. In questa conoscenza il guerriero vede chiaramente la via da seguire e, avendo vissuto una vita piena e impeccabile, che importa quando morirà? Tuttavia, nonostante questo, il guerriero non è uno che va alla morte volontariamente, perché il suo amore per la vita e il suo rispetto per essa è troppo grande. Dopo tutto, è esattamente questo il motivo per cui il guerriero accetta la sfida col nemico vecchiaia, e finisce per combattere una battaglia persa. Eppure, per la stessa ragione, la morte non è che la porta sul retro del flusso della vita - una vita piena di così tante avventure, di così tanti tesori dello spirito. Perché mai il guerriero Tolteco non dovrebbe cantare e gioire? E’ vero che sta combattendo una battaglia che non può vincere, ma per il guerriero quello che conta non è vincere o perdere - ma la gioia di sapere che sta combattendo una battaglia impeccabile.