Lattoneria gennaio 2018

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Numero 6 - GENNAIO 2018

Cantiere del mese

Storie

Il lattoniere con la valigia

Quando il tetto è una montagna

Prodotti

Prezzi

Quanto costeranno i metalli nel 2018

Mxxxx

Le novitĂ viste al Klimahouse

Nicola Tresoldi Enrico Tresoldi

Tomasz Lewicki

I SEGRETI DEI MAESTRI DEL SIGILLO


SCAGLIA 44

SISTEMI PER COPERTURE E FACCIATE DISTINGUITI E SCEGLI LA QUALITÀ

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Anno 3 - Numero 6 - gennaio 2018 Direzione, Redazione, Abbonamenti, Amministrazione e Pubblicità Head office, Editorial office, Subscription, Administration and Advertising Virginia Gambino Editore S.r.l. Viale Monte Ceneri, 60 - 20155 Milano - Italy Tel. +039 02 47761275 r.a. info@vgambinoeditore.it

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Direttore responsabile / Publisher Virginia Gambino virginia@vgambinoeditore.it Ufficio commerciale - Vendita Spazi pubblicitari Commercial department - Sale of advertising Spaces Viale Monte Ceneri 60 - Milano Tel. 02 47761275 - cell. 340 1761951 info@vgambinoeditore.it Collaboratori / Contributors Valentina Anghinoni, Federico Della Puppa, Fabio Franchini, Giuseppe Rossi, Selene Maestri (fotografa), Franco Saro, Veronica Monaco Impaginazione e grafica Layout and graphics Raffaella Sesia

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editoriale

C’È UNA LUCE IN FONDO AL TUNNEL

I

l 2017 si è chiuso, secondo i dati Istat, con una crescita del Pil pari all’1,5%, dato in progressiva crescita rispetto agli anni precedenti, ma pur sempre più basso della media europea, attorno al 2,4%. In questo contesto, però, il comparto delle costruzioni non riesce a vedere segnali di una chiara ripresa. Infatti, il nostro settore, secondo i dati Ance, ha segnato una flessione degli investimenti dello 0,1% rispetto al già negativo 2016, per un totale di 122 miliardi di euro. Nella fattispecie, gli investimenti nella nuova edilizia residenziale sono negativi e pari allo -0,7% rispetto al 2016. Questo dato, però, è nettamente migliorato dagli investimenti nella riqualificazione del patrimonio abitativo, che continuano a crescere, forse anche grazie ai decreti di sgravio fiscale attuati fin qui dai vari governi, che rappresentano il 38% del valore complessivo degli investimenti nel mondo delle costruzioni (valore che si attesta intorno a 46 miliardi di euro). Nonostante le costruzioni contribuiscano a più dell’8% del Pil annuo, la luce in fondo al tunnel sembra avvicinarsi, ma rimanendo sempre un po’ lontana. In generale, però, vari organismi previsionali, tra cui Ance, vedono una possibile crescita nel 2018 dei livelli produttivi pari a +2,4%, valore trainato ancora dalla riqualificazione del patrimonio abitativo e dalla previsione di un sostanziale aumento delle opere pubbliche. Sarà quindi il 2018 l’anno della rivalsa del comparto edilizio? Naturalmente è quello che tutti noi ci auguriamo e chiediamo al futuro nuovo governo. Fabio Montagnoli

Fabio Montagnoli, presidente di Pile

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Nuovo Sottocoppo metallico l’innovazione che rompe con il passato

Sottocoppo metallico nasce dall’esigenza di abbattere i limiti di tutti i sistemi di sottocopertura presenti fino a oggi sul mercato: l’utilizzo del laterizio infatti è ancora fortemente legato all’uso di supporti inferiori pesanti, poco duraturi e con limiti dimensionali. Sfruttando il know how del metallo abbiamo rivoluzionato il mercato con questa nuova soluzione applicativa.

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sommario

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gennaio 2018

3 Editoriale C’è una luce in fondo al tunnel 7 GLI ASSOCIATI PILE STORIA DI COPERTINA 10 Selena Un sigillo è per sempre ATTUALITÀ 14 Trend 2018 Si chiama economia dei piccoli passi 18 Economia Chi fa da sé fa per tre 22 Accredia Una trappola negli appalti 24 Logistica - 1 2018, odissea nel magazzino 26 Logistica - 2 Rivit, sistema hi-tech per 40mila referenze 30 Logistica - 3 Ma non tutti devono cambiare scaffali 32 Mercati In altalena con il metal detector 36 Il cantiere del mese La montagna incantata con Prefa

Rame, alluminio, ferrosi: le previsioni per il 2018

In un paese del Trentino un tetto sorprendente

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LATTONIERE DEL MESE 42 Tecno Rame Siamo lattonieri con la valigia in mano IMPRESE 46 Klimahouse Rimanere al verde può essere bello

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Economia da cambiare, ma poco a poco

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Associazione Nazionale tra Produttori e Installatori Lattoneria Edile CONSIGLIO DIRETTIVO 2016-2018

Costituita nel 1993, l’Associazione P.I.L.E. riunisce i principali Produttori e Installatori di Lattoneria Edile con lo scopo di diffondere la conoscenza dello stato dell’arte del settore. L’Associazione è unica a livello nazionale e costituisce il punto di riferimento dei prescrittori, delle imprese, degli operatori e degli applicatori. L’Associazione collabora con l’UNI, l’Ente di Unificazione Nazionale, partecipando alle riunioni per la stesura delle norme che riguardano il settore della lattoneria pluviale, delle coperture discontinue, dei sistemi di smaltimento delle acque meteoriche. È presente alle principali manifestazioni fieristiche nazionali dell’edilizia. Dà impulso a studi, ricerche di mercato ed organizza corsi di formazione professionale mirati a favorire l’innalzamento della professionalità e dello sviluppo tecnologico, manageriale e gestionale degli associati. In collaborazione con Gambino Editore dal 2016 pubblica la rivista specializzata del settore “LATTONERIA”.

Presidente Fabio Montagnoli 2016-2018 Vicepresidente Nicola Tresoldi Segretario e tesoriere Palmiro Bartoli Consiglio direttivo Manuele Avanzolini Palmiro Bartoli Luca Ielapi Giordano Mazzonetto Nicola Tresoldi

Le pubblicazioni P.I.L.E. LATTONERIA Per le imprese di lattoneria, i coperturisti e i tecnici specializzati Lattoneria, dal 2016 edita da Virginia Gambino Editore, si rivolge alle imprese di lattoneria, ai coperturisti e ai tecnici, anche progettisti, che operano in questo specifico settore. Vengono presentate realizzazioni significative e descrizioni tecnico-prestazionali dei materiali e dei prodotti innovativi. Grande attenzione per la normativa, la sicurezza e per i dettagli costruttivi. Particolare cura viene dedicata agli aspetti applicativi, alle attrezzature, alle macchine per la preparazione e la posa dei diversi manufatti. È organo ufficiale del P.I.L.E. (Produttori Installatori Lattoneria Edile).

MANUALE DI PROGETTAZIONE E POSA È l’unico manuale completo che affronta tutti gli aspetti di progettazione ed esecuzione delle coperture metalliche e dei sistemi di raccolta e smaltimento delle acque meteoriche. Uno strumento di lavoro pratico con soluzioni, materiali e suggerimenti illustrati attraverso oltre duecento disegni di dettaglio, trecento immagini e cinquanta tabelle. 210 pagine a colori, formato 20x28cm

VOCI DI CAPITOLATO Una raccolta organica e precisa di tutte le Voci di Capitolato per l’esecuzione delle opere di lattoneria metallica e copertura a falde. Oltre duecentocinquanta voci suddivise in trentotto capitoli vengono descritte e illustrate attraverso disegni e particolari costruttivi. 136 pagine a colori, formato 20x28cm

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TERMICA DELLE COPERTURE METALLICHE Il volume è dedicato alle coperture e ai pacchetti di isolamento termico. Tredici soluzioni con quattro diversi tipi di isolante con una descrizione degli strati e soprattutto con il calcolo dei valori di trasmittanza termica e del potere fono isolante. 72 pagine a colori, formato 20x28 cm.




Storia di copertina

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Selena

Un sigillo È PER SEMPRE

Oltre a schiume, siliconi e sigillanti, utili per ogni lattoniere che deve installare le lamiere, c’è molto di più. Come sigillanti elastici, customizzati e soprattutto certificati che nascono da materie prime green. Questi ultimi grazie a Uniflex Spa


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a oltre un quarto di secolo il Gruppo Selena, presente oggi in 70 Paesi, si dedica alla produzione e distribuzione su scala globale di una ampia gamma di prodotti chimici per le costruzioni, con soluzioni innovative per un’edilizia più sostenibile. Nata in Polonia nel 1992, nel 2003 ha aperto a Padova il suo distaccamento italiano e nella primavera dello scorso anno ha acquisito Uniflex SpA, azienda di Mezzocorona (Trento) specializzata in sigillanti acrilici e siliconi. Sono ormai 16 anni che il Gruppo conferma in Italia il suo impegno nel guidare l’evoluzione del settore delle costruzioni, anche facendo leva su soluzioni ecologiche, tecnologie avanzate, professionalità, servizi e qualità. Grazie a una politica attenta alle realtà locali, l’impresa si è fatta gruppo: oggi detiene in Italia il 70% di market share nel comparto degli acrilici, nonché una posizione di leadership nelle schiume poliuretaniche, sigillanti e adesivi. E tanto per i lattonieri, come spiega Tomasz Lewicki,

presidente del consiglio amministrazione Uniflex e Selena Italia: «Un tempo questi professionisti si servivano principalmente di chiodi e viti, ma adesso si lavora moltissimo a incastro, chiudendo tutto con i sigillanti, ormai strumenti di lavoro indispensabili per la lattoneria». Domanda. Selena offre le sue soluzioni in 70 Paesi: quali sono i prodotti destinati ai lattonieri? Risposta. I lattonieri sono nostri interlocutori preziosi e offriamo loro, sostanzialmente, tre tipologie di prodotti. Anzitutto, abbiamo sviluppato un silicone ad hoc per la lamiera, che si rivolge proprio alle categorie che lavorano e installano le lamiere, disponibile negli otto colori più richiesti dal mercato. Poi, le schiume elastiche per tetti e un collante poliuretanico con proprietà di isolamento anche termico per le coperture. Inoltre, un sigillante poliuretanico elastico capace di aderire fortemente. D. Sono cambiate le esigenze dei lattonieri rispetto a venti o trenta anni fa?

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«Un tempo i lattonieri si servivano principalmente di chiodi e viti, ma adesso si lavora moltissimo a incastro, con i sigillanti»

I dipendenti di Selena Italia. Al centro, da sinistra, Tomasz Lewicki, Primaldo Paglialonga, Franco Berlanda


Storia di copertina

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Sotto, a sinistra, Tomasz Lewicki. A destra, Primaldo Paglialonga e Franco Berlanda, fondatori della Uniflex

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R. Sì, eccome. Ed è proprio grazie ai cambiamenti nelle richieste, e alla nostra capacità di fornire sempre soluzioni performanti, che siamo cresciuti nel tempo. Ecco, prima i lattonieri facevano lavori in maniera più semplice, servendosi essenzialmente di chiodi e viti. Oggi non è più così: si lavora moltissimo a incastro, chiudendo tutto con i sigillanti. Perciò il sigillante è diventato uno strumento di lavoro indispensabile per il lattoniere e per qualsiasi tipo di chiusura: tetti, finestre e grondaie. In passato si usava soprattutto lo stucco non elastico che si portava appresso il problema del passaggio di acqua e aria, oltre ai deficit di resistenza e di durabilità negli anni. D. Come si è evoluta la vostra offerta merceologica? Cioè, da dove siete partiti e quali sono stati gli step successivi? R. Per tracciare la linea cronologica della nostra gamma, abbiamo iniziato con le schiume per poi aggiungere il silicone per lamiera e dunque i sigillanti poliuretanici. Si tratta di tre passaggi che fanno parte di una più ampia evoluzione tecnologica delle tecniche di sigillatura. Ormai tutti vogliono lavorare più velocemente e in modo più semplice, usando meno prodotto

possibile e guadagnando di più, risparmiando prodotto e accorciando proprio le tempistiche dell’intervento. D. C’è sufficiente conoscenza delle possibilità offerte dai vostri prodotti da parte dei lattonieri? R. C’è, ma si può fare di più. Però è un discorso che va al di là della figura del lattoniere. D. Ovvero? R. Per esempio, se parliamo di tetto, e dunque di un tipico intervento da lattoniere, i progettisti e gli architetti danno storicamente meno attenzione alla copertura. E sa perché? Semplicemente perché non si vede. Perciò il tetto, spesso e volentieri, purtroppo, è soggetto di eventuali risparmi in fase di costruzione. Ma la copertura è una parte fondamentale dell’edificio: è la zona maggiormente esposta e soggetta a pioggia, grandine, neve e sole. Quindi, chi risparmia sul tetto sbaglia di grosso. Urge un salto di qualità culturale. D. Da parte di chi? R. Attenzione: il lattoniere in Italia è una categoria storica e molto ben preparata. Perciò, più che da parte di qualcuno, il passo in avanti deve essere comportamentale: serve maggior formazione e collaborazione con i progettisti e non solo con i proprietari dell’immobile. Questi ultimi, poi, commissionano un lavoro solo quando c’è un problema da risolvere: non fanno prevenzione perché è vista come una spesa inutile. Ma non è così. D. Offrite soluzioni personalizzate? R. Sì, è una nostra prerogativa. Un esempio di offerta cucita su misura è il colore: diamo il tono più consono all’intervento che è da realizzare.


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Per esempio, abbiamo dato vita a un colore rosso cotto molto utilizzato in Toscana, mentre il verde muschio va per la maggiore in Lombardia e in Veneto. Inoltre, per i clienti prepariamo anche dei lotti molto piccoli, mentre a livello commerciale presentiamo i prodotti in otto colori: una sorta di kit con due cartucce per ogni tipologia di tinta. D. Selena si presenta con marchi diversi: Tytan Professional, Quilosa, Artelit. Quali sono le differenze tra queste gamme? R. Iniziamo da Quilosa: si tratta di un brand spagnolo con 75 anni di storia che deriva, appunto, da un’acquisizione fatta anni fa in Spagna. Qui abbiamo deciso di mantenere il marchio e la Penisola iberica è l’unica zona dove il prodotto viene venduto. Artelit, invece, è una linea per pavimenti, soprattutto in legno. Tytan Professional è il nostro marchio più forte, declinato in tante linee di prodotti: rappresenta l’80% del fatturato del gruppo e spazia in tanti settori dell’edilizia. Ecco, possiamo dire che è il nostro core business. D. Può spiegare l’importanza di servirsi di prodotti di marca e certificati rispetto a quelli a basso prezzo e poco noti? R. La certificazione interna (curata dal produttore) ed esterna (da un ente preposto) è essenziale, indispensabile: è una garanzia di qualità e affidamento per l’utilizzatore che certifica per l’appunto l’affidabilità del prodotto in sé e delle sue prestazioni. Dal 1 Luglio 2014 tutti i sigillanti devono obbligatoriamente esibire la marcatura CE, come previsto dal Regolamento Europeo EU 305/2011 sulla certificazione dei prodotti da costruzione. La marcatura CE è obbligatoria per i sigillanti destinati agli ambiti d’uso descritti nelle prime 4 parti della norma EN 15651, che si riferiscono alle diverse applicazioni dei prodotti: EN 15651 Parte 1 – Sigillanti per elementi di facciata; EN 15651 Parte 2 – Sigillanti per vetrate; EN 15651 Parte 3 – Sigillanti per giunti per impieghi sanitari; EN 15651 Parte 4 – Sigillanti per camminamenti pedonali. Ciò detto, è bene sottolineare una cosa: chi distribuisce un prodotto non certificato deve risponderne a chi di dovere. Ed è proprio il rivenditore il primo responsabile, ancor prima del produttore, essendo in prima fila. La marcatura CE non è uno scherzo: è una legge europea. Ah, un’ultima cosa… D. Quale? R. Sfruttando l’unità produttiva di Uniflex SpA, che abbiamo acquisito la scorsa primavera, tutti i sigillanti che produciamo e proponiamo sul mer-

cato italiano sono di natura ecologica e forti della certificazione EC1 PLUS, che garantisce il più basso possibile contenuto di sostanze volatili. Ecco, non sono commestibili, ma amici sia della salute dell’operatore che applica il prodotto, sia di quella di chi poi andrà a vivere quotidianamente l’ambiente costruito/ristrutturato. Noi pensiamo al futuro e anche l’edilizia deve fare la sua parte verso un orizzonte green e di sostenibilità. D. Avete la sensazione che il mercato sia in ripresa o in galleggiamento? R. Sì, più che di una ripresa vera e propria, parlerei appunto di galleggiamento. Però c’è da dire una cosa: il mercato galleggia con meno affari rispetto al 2016, quindi gli spiragli ci sono. D. Quali obiettivi vi siete prefissati per il 2018? R. Vogliamo continuare a crescere: la produzione è salita del 18% e se l’anno scorso abbiamo aumentato il fatturato in Italia del 23%, quest’anno puntiamo a una crescita del 30%: non ci vogliamo fermare, siamo ambiziosi. Fabio Franchini

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«Il tetto, spesso e volentieri è soggetto di eventuali risparmi in fase di costruzione. Eppure la copertura è una parte fondamentale dell’edificio»


AttualitÃ

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Trend Xxx 2018

Xxx Si chiama economia XXXPICCOLI PASSI DEI Xxx

Xxx

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Le previsioni indicano un anno ancora all’insegna della ripresa. Ma, anche se il Prodotto interno lordo centrerà l’obiettivo di +1,4%, non tutti i comparti marceranno alla stessa velocità. Per esempio, l’edilizia...

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ome sarà il 2018 delle costruzioni? E, più in generale, dell’economia? Quali sono i trend dell’anno che comincia? Dato che le previsioni si dimostrano puntualmente e totalmente sbagliate, c’è una sola strada da battere: far parlare i numeri certi, i fatti acquisiti, e prospettare tendenze, possibili prospettive per quello che attende le imprese nel prossimo anno. Partiamo, quindi, dai dati di fatto. GEOPOLITICA. Inutile fare previsioni sull’esito delle elezioni italiane che si terranno a marzo. Di sicuro una fase di instabilità non è gradita all’economia reale e neppure al mondo della finanza. Se i partiti troveranno una squadra in fretta si potranno evitare le tensioni sui tassi, che come primo risultato fanno salire il costo del finanziamento del debito pubblico e, di conseguenza, la spesa dello Stato. L’aspetto negativo più immediato, in questo caso, sarebbe una minore disponibilità di cassa per il prossimo governo, di qualunque colore sia. Per esempio, sarebbe difficile evitare l’aumento dell’Iva rinviato per la secon-

da volta quest’anno con la legge di Bilancio. Aumenterebbero anche il costo del finanziamento delle imprese e quello per le famiglie, per esempio i tassi sui mutui. Alle difficoltà italiane, naturalmente, si possono aggiungere i riverberi della situazione internazionale, dal Medio Oriente alle spesso imprevedibili mosse della Casa Bianca: tutti fattori di cui non si può prevedere nulla. INDUSTRIA ITALIANA. Il 2017 si è chiuso con un aumento del Pil, il Prodotto interno lordo, attorno a 1,5%, circa il doppio di quanto era stato previsto un anno fa (a dimostrazione che fissarsi con i numeri serve a poco). Che cosa succederà nel 2018? Il Fondo monetario internazionale ha appena alzato le stime, puntando su un aumento dell’1,4% del Pil. E i grafici elaborati da Confindustria testimoniano due aspetti: aumenta il valore aggiunto per ora di lavoro, ma allo stesso tempo, l’occupazione nel settore manifatturiero è crollata, anche se negli ultimi due anni c’è stata una micro ripresa dei posti di lavoro. Difficile pensare che il 2018 inverta radicalmente la

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Attualità

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Le attese dell’Ance sono di un aumento complessivo per il settore dell’edilizia

tendenza. «Il calo della quota di occupazione manifatturiera è il prodotto di evoluzioni del valore aggiunto (peso nell’economia) e della produttività (rispetto a quella dell’economia). Se quest’ultima migliora, il peso dell’occupazione manifatturiera cade dando luogo a una deindustrializzazione virtuosa: il 2003 è la linea di demarcazione, accelerazione della produttività manifatturiera, a fronte di stagnazione/declino negli altri settori. È alla base della deindustrializzazione dopo quella data (salvo lo scalino della prima recessione)», spiega l’analisi più recente di Confindustria. Insomma, mentre i leader politici impegnati nella campagna elettorale si affannano a promettere migliaia, anzi, centinaia di migliaia di posti di lavoro, le statistiche indicano che molto difficilmente questo avverrà, anche perché a far diminuire le possibilità di impiego è la tecnologia. Macchine che sostituiscono gli uomini: anche questo è un trend in atto, probabilmente non modificabile, a dispetto di chi ritiene che la tecnologia sia sempre e comun-

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que positiva. Invece, tagliare i costi significa anche ridurre le spese per il personale e quindi i posti di lavoro. Ma non è questo l’unico macro trend con cui fare i conti nei prossimi mesi e negli anni a venire. C’è, prima di tutto, l’impatto delle nuove potenze manifatturiere di taglia continentale, prima di tutto la Cina, con lo spostamento del baricentro produttivo verso l’Asia. Inoltre, è sempre più stretta l’interdipendenza dei diversi sistemi economici: l’Italia non è, che piaccia o meno l’euro, una economia chiusa, come testimonia il peso dell’export sulla bilancia commerciale (in particolare con Germania e Francia). L’export italiano va a gonfie vele: nel 2017 il valore delle esportazioni è valutato in 450 miliardi di euro, il 7% in più rispetto al 2016. Insomma, per le aziende che fanno affari all’estero, comprese quelle del settore costruzioni, è un momento d’oro: per il «sistema casa», il surplus commerciale indica +4% con la Germania e addirittura +18,3% con la Francia.


17 COSTRUZIONI. Prendiamo per buona l’analisi dell’Ance: l’indice Istat della produzione nelle costruzioni, corretto per gli effetti di calendario, ha visto a settembre 2017 un aumento del 2,1% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Un risultato positivo, dunque, ma insufficiente a invertire il segno dei primi nove mesi dell’anno. Nel complesso, il bilancio del 2017 del comparto delle costruzioni, infatti, segna ancora un calo dello 0,1%. È però ancora tutto da scoprire l’andamento degli ultimi tre mesi dell’anno, anche se difficilmente potrà essere in grado di mostrare exploit clamorosi: le attese sono di un aumento complessivo dello 0,2%. Secondo l’Ance, il 2018 potrebbe però andare un po’ meglio, con un aumento degli investimenti in costruzioni dell’1,5%. Ma sono previsioni che si basano sull’ipotesi di una «effettiva realizzazione degli effetti degli incentivi fiscali del sismabonus ed ecobonus, che possono dare concreto avvio a un diffuso piano di prevenzione del rischio sismico e di ammodernamento del patrimonio edilizio italiano, e dei piani infrastrutturali decisi in questi mesi». Insomma, siamo più alla speranza che all’analisi basata su dati attendibili. Non è detto, comunque, che sia impossibile. TECNOLOGIA. Sul 2018 impatteranno alcune innovazioni hi-tech già ampiamente note, come la trasmissione dati in mobilità, con l’utilizzo sempre più massiccio dell’e-commerce anche dallo smartphone. Secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, l’e-commerce in Italia ha un valore di 23,6 miliardi nel 2017 (+17% rispetto al 2016). E il valore degli acquisti dei prodotti supera per la prima volta quello dei servizi. Tradotto: fino allo scorso anno sul fatturato complessivo pesava di più l’acquisto di biglietti di treno e aereo. Oggi, invece, conta di più lo shopping di prodotti materiali, di qualsiasi tipo. Nel 2017, il mercato legato ai prodotti ha raggiunto i 12,2 miliardi di euro (52% del totale), grazie principalmente alla crescita di Informatica ed Elettronica (+28%), Abbigliamento (+28%), Food & Grocery (+43%) e Arredamento e home living (+31%). Nulla fa presagire un trend differente nel 2018. La tecnologia del 2018 offrirà, inoltre, spunti per capire che cosa vi aspetta nella vita privata e in azienda. Uno di questi interessa anche l’edilizia: il massiccio intervento del digitale nella organizzazione quotidiana. Case che sono sempre più automatizzate ma, soprattutto, connesse con il mondo esterno. L’implementazione delle strutture tecniche (broadband, antenne, sensori) di un edificio sarà sempre di più uno degli aspetti capaci di

far acquistare o perdere valore a un immobile. È probabile che i rivenditori di materiali edili, per esempio, dovranno iniziare a considerare in magazzino anche ciò che è necessario per soddisfare questa esigenza. Ci sono, infine, nuove tecnologie come la realtà aumentata (augmented reality) e la blockchain che sono solo ai primi passi, ma potrebbero avere grande impatto in un vicino futuro. La prima, la realtà aumentata, permette di visualizzare informazioni, figure o animazioni su un dispositivo digitale, per esempio uno smartphone di ultima generazione (come iPhone 8 o iPhone X) o iPad. Iniziano già a essere proposte le prime app dedicate. La maggior parte riguarda il mondo dei giochi, ma non mancano quelle professionali, per esempio, quelle che trasformano uno smartphone in un misuratore di distanza. Un sistema comodo per un architetto, geometra o carpentiere. La blockchain, invece, fa parlare di sé (in negativo) perché è stata utilizzata per gestire i Bitcoin, la criptomoneta virtuale che ha sconvolto il mondo della finanza in una enorme bolla speculativa. In realtà, proprio l’applicazione al Bitcoin dimostra la solidità del sistema blockchain. In estrema sintesi, questa architettura consente di scambiare dati (per esempio, un rogito, uno scontrino di acquisto, il passaggio di denaro) con la sicurezza che la transazione sia trasparente e tracciabile. Il sistema blockchain è ora adottato, in via sperimentale, da grandi aziende come Nexi (il nuovo nome di Cartasì), e colossi bancari come Intesa Sanpaolo e Unicredit, ma anche dalle prime imprese manifatturiere con l’intento di tenere sotto controllo la filiera produttiva. Giuseppe Rossi

L’e-commerce in Italia ha un valore di 23,6 miliardi nel 2017 (+17% rispetto al 2016). E il valore degli acquisti dei prodotti ha superato per la prima volta quello dei servizi


Attualità

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Economia Xxx

Xxx fa da sé Chi

XXXPER TUTTI FA Troppe aziende si sono abituate alla pratica degli incentivi. Xxx Richiedere aiuto può essere utile in caso di emergenza, ma se diventa un’abitudine si scoraggia la sana competizione

A

volte basta spostare Xxx un accento per spostare un concetto, un significato, un senso. E ci sono parole che esprimono più di altre una immagine e una situazione. Quella della nostra economia e soprattutto quella del sistema delle costruzioni è condensata e condensabile nella parola «aiutino». È una parola che dovrebbe ricondurre alla terza persona plurale del congiuntivo presente di aiutare («speriamo che ci aiutino»), ma che con un semplice spostamento di accento da «aiùtino» diventa «aiutìno». La televisione ha sdoganato, negli anni, moltissime parole d’uso comune, ma utilizzate nel gergo e alcune le ha imposte come veri e propri tormentoni. Aiutino (con l’accento sulla «i») è una di quelle. I quiz televisivi sono diventati il luogo nel quale al posto di persone esperte messe in gara contro se stesse (come accadeva con il Rischiatutto) ci sono persone normali, ovvero quelle con le quali ogni spettatore si può identificare, e a questi concorrenti sono poste domande con quattro opzioni tra cui scegliere

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19 (un primo aiutino non da poco). Poi, gli si dà il tempo di ragionare e di escludere alcune opzioni e, se la logica non è particolarmente semplice, allora si chiede l’aiutino vero. E non ce n’è solo uno a disposizione, ce ne sono molti. Dipende se usarli, oppure rischiare. Ma la parola rischio in questi giochi è molto relativa. La televisione è così, deve far spettacolo, deve intrattenere. L’aiutino è un fattore di gioco, è «il» fattore di gioco. A CHE GIOCO GIOCHIAMO Dal gioco alla realtà il passo è stato breve. Non sappiamo prendere decisioni adeguate e allora non speriamo più che gli altri ci aiutino, ma speriamo nell’aiutino. Così diamo per scontato che sostenere la ripresa economica con manovre straordinarie sia un sistema adeguato per tornare a competere con gli altri Paesi europei, così come pensiamo che sostenere la ripresa del settore delle costruzioni possa avvenire con iniezioni straordinarie di investimenti pubblici in programmi straordinari per progetti altrettanto straordinari. Miliardi annunciati per interventi di vario tipo in vari campi, aiutini non da poco sulla carta che non si traducono in interventi strutturali nei tempi adeguati alle dinamiche economiche e di settore. Al punto che questi aiutini annunciati tornano a essere una speranza espressa nel verbo al congiuntivo. L’annuncio sposta l’accento che poi si risposta per mancanza di concretezza. Eppure siamo sempre e ancora lì a sperare che l’accento sia piano e non sdrucciolo. Forse perché associamo alle parole sdrucciole l’idea che siano scivolose, rischiose, pericolose. AIUTATI CHE IL CIEL TI AIUTA L’unico rischio è continuare a pensare che qualcun altro risolva per noi i nostri problemi e soprattutto che ciò avvenga in forma leggera. Posso avere un aiutino? Questa frase è diventata il mantra dei giochi televisivi e una frase spesso utilizzata perfino dagli studenti sotto interrogazione. Come se una domanda alla quale dobbiamo dare risposta e per la quale abbiamo studiato implicasse una assunzione di responsabilità tale e un rischio di errore così grande che non ci sentiamo di assumerci da soli. E allora chiediamo l’aiutino. Chiediamo nuove norme al Governo che agevolino certi settori e mettano alcuni comparti produttivi al riparo dai rischi. Dalla concorrenza, per esempio, come è stato moltissimi anni fa per l’industria automobilistica italiana di fronte alla concorrenza giapponese, fatta di qualità e garanzie sulle autovetture. Aiutini che nel gergo tecnico poi si sono tradotti

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Attualità

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favorevoli sono difficili da avere tutte assieme, ma non le sfruttiamo abbastanza, ancorati alla logica tutta nazionale dell’aiutino. Speriamo che ci aiutino di più e chiediamo aiutini ulteriori. Mai come oggi nella storia delle costruzioni il settore ha avuto un tavolo da gioco economicamente così favorevole, con aiutini di breve e medio-lungo periodo così ampi, basti pensare a tutto il sistema dei bonus fiscali, ai quali si associano le risorse pubbliche messe in campo per gli interventi sul patrimonio pubblico, oltre ai programmi straordinari di intervento nelle periferie o nei piccoli comuni. Certo, molti di questi sono programmi annunciati, ma comunque sono aiuti concreti, ancorché da concretizzare.

Xxx

Negli aiuti speriamo sempre, inevitabilmente, e anche l’Europa ce li concede, per esempio rimandando di sei mesi il giudizio sulla nuova legge di Bilancio

in Europa in direttive per limitare gli aiuti di Stato. La concorrenza e l’economia non possono giocarsi sugli aiutini, ma devono fondarsi sulle capacità dei sistemi produttivi di rispondere alla domanda di mercato in modo efficiente ed efficace. Non ci sono aiuti che tengano in questo gioco. Eppure negli aiuti speriamo sempre, inevitabilmente, e pure l’Europa ce li concede, per esempio rimandando di sei mesi il giudizio sulla nuova legge di Bilancio. Invece di essere giudicati a novembre, Bruxelles ha deciso di rimandarci a maggio 2018. Avremo più tempo, speriamo di non sprecarlo. TUTTI GLI SCIVOLI Eppure di aiuti, o di aiutini se preferite, il nostro sistema produttivo oggi ne è pieno zeppo, non servirebbe neppure un ulteriore aiuto esterno di Bruxelles. Mai nella nostra storia abbiamo avuto come in questo momento un costo del denaro così basso, un’inflazione così contenuta, una liquidità bancaria così elevata, condizioni favorevoli dei nostri prodotti sui mercati esteri, una moneta solida e governi che negli ultimi anni hanno tutto sommato potuto realizzare alcune manovre ridando fiducia a imprese e mercati. I dati Istat sulla fiducia delle imprese sono molto significativi, ma quanto dipendono dalla speranza dell’aiutino? Condizioni di gioco così

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TROPPA PIGRIZIA Ma dove il meccanismo si inceppa è nell’uso dell’aiutino. Siamo ancora convinti che sia qualcun altro a doverci chiamare, stimolare, suggerire. Perché siamo stati abituati così, siamo stati educati ad aspettare una domanda per dare una risposta. Ma oggi il mercato non chiede, siamo noi che dobbiamo andare a proporre, siamo noi che dobbiamo stimolare, siamo noi che dobbiamo prendere gli aiutini e tradurli in proposte e modalità di intervento. Non possiamo più attendere e aspettare che, come nelle migliori tragedie greche, alla fine a risolvere una situazione intricata giunga dall’alto un deus ex machina che con un coup de théâtre sistemi tutto e faccia vivere tutti felici e contenti. La nuova economia circolare e non più lineare presuppone una modalità proattiva delle imprese che, molto più di un tempo, devono farsi soggetti non solo attivi ma appunto pro-attivi nel mercato. Servono nuovi modi di avvicinare domanda e offerta, nuove modalità di interazione e di stimolo agli investimenti privati e non bastano più gli aiutini da soli. Serve che le imprese spieghino come usare gli aiutini, serve diventare meno concorrenti e più presentatori. Il vero passo strategico per il settore delle costruzioni e per le imprese avverrà quando dalla logica del concorrente, seduto in attesa dell’aiutino e del premio, si passerà alla logica del presentatore, del soggetto che illustra agli altri le opportunità e magari le fornisce anche sotto forma di prodotti e soluzioni innovative, nella gestione come nella fornitura e organizzazione di prodotti e servizi, compresi quelli finanziari. Perché le imprese non sono i concorrenti, devono essere i presentatori. I concorrenti sono il mercato ed è al mercato che va spiegato l’aiutino, come usarlo e quando conviene usarlo. Che dice dottor Scotti, l’accendiamo? Federico Della Puppa


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Attualità

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Accredia

Una trappola

NEGLI APPALTI Secondo l’ente unico nazionale di accreditamento designato dal governo italiano, sono circa 200mila le aziende che devono ancora rinnovare le certificazioni dei sistemi di gestione ambientale (Iso 14001) e della qualità (Iso 9001), obbligatorie da settembre

L

e certificazioni sono indispensabili per costruire in regola e quindi in sicurezza. E una filiera certificata è una garanzia oltre che vantaggio competitivo per tutti: dagli addetti ai lavori fino agli utilizzatori finali. Però, anche se rispettare le regole del gioco conviene, secondo una stima di Accredia, l’ente unico nazionale di accreditamento designato dal governo italiano, sono circa 200mila le aziende italiane che devono ancora rinnovare le certificazioni dei sistemi di gestione ambientale (Iso 14001) e della qualità (Iso 9001), adeguandosi ai nuovi standard stabiliti dall’International organizaEmanuele Riva tion for standardization.

Il tempo, volendo, c’è: per farlo le società hanno a disposizione nove mesi, al termine dei quali non sarà prevista alcuna proroga, tipico e abusato malcostume tutto italiano. Parola di Emanuele Riva, direttore del dipartimento Certificazione e Ispezione di Accredia: «Numeri così importanti richiedono una gestione accurata della transizione per evitare di arrivare tutti insieme all’ultimo minuto. Per questo è bene fare presto, fin da subito». Già, perché è il 15 settembre 2018 il termine ultimo per la transizione delle due norme alle nuove versioni diramate nel 2015 da Iso e la conformità delle stesse è valutata dagli organismi di certificazione

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QUALITÀ SICURA NEGLI APPALTI Il mondo degli appalti pubblici sta

la Pa, le imprese e i privati cittadini:

codice prevede novità anche in materia

l’organismo che effettua la certificazione o

laddove

amministrazione

così come il laboratorio che si occupa

acquisti. A tal proposito, Accredia ha

indipendenti e imparziali. Sono queste le

corretto uso delle suddette valutazioni di

lo

vivendo una svolta radicale. Il nuovo

«L’accreditamento

di valutazioni di conformità accreditate

l’ispezione per la validazione dei progetti,

richieda garanzie per la qualità dei propri

di tarature o prove, siano competenti,

presentato le proprie linee guida circa un

caratteristiche che Accredia, attraverso

conformità, oltre che il nuovo regolamento

assicura e garantisce». Nello specifico,

tecnico

la

pubblica

Rt05

applicabile

dal

primo

gennaio 2018 in fase di accreditamento

dell’

che

accreditamento,

come aggiunto da Rossi, «il settore delle

Giuseppe Rossi

degli organismi che certificano Iso 9001

strumento

assicura

certificazioni dei sistemi di gestione sta

vivendo

un’evoluzione

costante

per il settore di accreditamento Iaf 28 (quello delle

verso forme sempre più specialistiche; se un tempo la

certificati, che vogliono sia partecipare ad appalti pubblici

generali di miglioramento dei processi, oggi occorrono

per lavori privati. Giuseppe Rossi, presidente di Accredia,

l’ambiente, la sicurezza sugli ambienti di lavoro, la gestione

costruzioni) e che va ad incidere sugli operatori da questi

certificazione Uni En Iso 9001 poteva soddisfare esigenze

per opere di valore elevato, sia operare in regime di qualità

nuove tipologie di certificazioni meglio finalizzate per

ha ben spiegato l’importanza dell’accreditamento per

delle informazioni o del fenomeno della corruzione».

(verificati a loro volta dagli enti di accreditamento, come per l’appunto Accredia in Italia). È a questi che le imprese e anche le pubbliche amministrazioni devono rivolgersi quanto prima: forti dell’attestato della propria competenza, indipendenza e imparzialità sono in grado di offrire un più alto grado di affidabilità. ATTENTI ALLE SANZIONI Ma cosa succederà alle imprese che non si adegueranno in tempo alle nuove norme bucando la scadenza? «Dovranno sostenere costi maggiori per il rinnovo, che avverrà per di più in tempi più dilatati», precisa Riva. «Dal 15 marzo 2018 gli organismi di certificazione dovranno svolgere tutte le verifiche per la prima certificazione, le sorveglianze o i rinnovi, secondo le nuove edizioni delle due norme. A deciderlo è stata la Iaf (International Accreditation Forum) in occasione dell’assemblea generale te-

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nutasi a Vancouver lo scorso ottobre». Dunque, sarebbe bene fare un passo in avanti, anche culturale, e far capire che possedere una certificazione valida rappresenta un’arma strategica per la competitività della propria azienda sul mercato nazionale e globale. Senza contare che, se si vuole partecipare a bandi di gara pubblici, in alcuni casi, diventa addirittura un requisito obbligatorio possedere tali attestati. Già in diversi, comunque, lo hanno capito: infatti, negli anni della crisi le certificazioni sono cresciute. Un segno evidente che le imprese credono che questo sia un reale strumento competitivo sul mercato. Attualmente il 25% delle aziende mondiali ha effettuato la transizione e l’Italia è più o meno in linea: una società su quattro si è adeguata. Manca però il restante 75% che deve fare in fretta e recepire le nuove indicazioni. A buon intenditor poche parole. Fabio Franchini


Attualità

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Xxx LOGISTICA -1

2018, Xxx ODISSEA NEL XXX MAGAZZINO Xxx

Per decenni è rimasto uno spazio in cui accumulare prodotti in modo più o meno ordinato sugli scaffali. Ora piccole e grandi aziende considerano la gestione e la consegna degli articoli ai clienti un vantaggio competitivo. Grazie alle nuove tecnologie digitali

O

«

Xxx

gni cosa al suo posto, un posto per ogni cosa»: era il motto di Benjamin Franklin, scienziato e padre fondatore degli Stati Uniti. Ed è anche il principio su cui si fonda la logistica, che secondo la definizione dell’associazione italiana che riunisce le imprese del settore, l’Ailog, è «l’insieme delle attività organizzative, gestionali e strategiche che governano nell’azienda i flussi di materiali e delle relative informazioni dalle origini presso i fornitori, fino alla consegna dei prodotti finiti ai clienti e al servizio post-vendita». Ma a questa definizione si potrebbe aggiungere una postilla: la logistica è quella organizzazione che può far guadagnare, ma anche perdere un sacco di soldi alle imprese. E, in particolare, a chi gestisce un magazzino con grandi dimensioni, grandi volumi, e grandi proble-

mi. È il caso, per esempio, dei rivenditori di materiali edili: partiti, ormai tanti anni fa, da spiazzi in gran parte a cielo aperto dove erano accumulati mattoni, sacchi e attrezzatura pesante, nel tempo hanno aggiunto scaffali con prodotti di qualità, strumenti, showroom di arredobagno, cucine e, in qualche caso, persino dispositivi elettronici (un settore in grande crescita). Come gestire questo bazar che comprende commodity e oggetti di design? E qual è la soluzione migliore per chiudere il cerchio, cioè mettere a disposizione dei clienti tutto il possibile e, allo stesso tempo, snellire magazzino e consegne? DUE CASI A CONFRONTO È bene dirlo subito: una ricetta universale non c’è. L’organizzazione migliore dipende dalle dimensioni dell’impresa, dal suo giro d’affari, dalla consistenza del magazzino, dall’area su cui si svolge l’attività del rivenditore. Inoltre, conta anche la logistica della logistica, cioè

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25 quello che è legato alle caratteristiche specifiche di ogni singolo sito o negozio. Al contrario, resta certa la disponibilità di tecnologie per giungere a un processo logistico che sia il più conveniente possibile. Prendiamo due casi limite, al bordo del settore dell’edilizia, per comprendere quali sono i poli in cui ragionare. La Rubinetterie Bresciane è un’azienda di Gussago, vicino alla città della Leonessa. L’azienda gestisce un magazzino di 2mila metri quadri, con una nutrita varietà di prodotti per il bagno ordinata su scaffali alti 15 metri. A gestire questo grande spazio sono solo quattro addetti. Pochi? Per nulla: anche perché non devono neppure entrare nel magazzino, che è completamente robotizzato. Anzi, l’area è proprio inaccessibile all’uomo, per evitare rischi. I bracci meccanici sono comandati a distanza e l’addetto di turno controlla le operazioni con una pulsantiera. A ottimizzare lo stoccaggio o il ritiro della merce è, invece, il sistema gestionale dedicato alla logistica: detta tempi, priorità, esegue gli ordini, muove i robot. E gli addetti? Inseriscono gli ordini, controllano che non ci siano prodotti difettosi e che nulla si inceppi. Insomma, il lavoro del magazziniere, un tempo ai gradini più bassi della scala gerarchica aziendale, si è trasformato in un impiego qualificato. Il vero capo, però, non è più un collega con una stelletta in più cucita sulle mostrine, ma il software. IL MAXI MAGAZZINO Con un viaggio di 112 chilometri da Giussago, al numero 2 di Strada Dogana Po, a Castel San Giovanni, Piacenza, si trova il moloch della grande distribuzione: Amazon. È forse l’esempio-icona di come è organizzata la logistica del più grande gruppo mondiale dell’e-commerce: il polo piacentino è grande come quattro campi da calcio, su circa 25mila metri quadrati, con 3 chilometri di scaffali e 3mila posti pallet per un numero imprecisato (ma astronomico) di prodotti. Come gestire questo inferno? Risposta: con un’organizzazione hi-tech e quasi militare. Tutti gli addetti girano con un dispositivo palmare, una specie di pistola, che detta gli ordini e, allo stesso tempo, è anche un lettore ottico che legge i codici dei prodotti da impacchettare. Non solo: indica all’addetto anche il percorso più veloce da compiere per raggiungere l’articolo e, ultimo ma non meno importante (perché ha causato le proteste dei dipendenti prima di Natale) suggerisce persino il tempo in cui l’ordine deve essere eseguito. Appena il dipen-

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dente ha raggiunto il prodotto e lo ha inscatolato, anche in questo caso secondo una tabella di marcia dettata dal dispositivo, passa all’articolo successivo. Otto ore al giorno, pausa di mezz’ora. Anche qui, insomma, a comandare è un generale inflessibile e invisibile, il sistema software. IL TRAGUARDO Che piaccia o meno, insomma, le aziende dovranno confrontarsi sempre di più con modelli aziendali che hanno fatto dell’efficienza una religione che ha un algoritmo come papa. E la spinta a ottimizzare il proprio magazzino sembra sempre più inevitabile con la grande rivoluzione dell’e-commerce. L’Italia, indietro per molti anni rispetto agli altri Paesi più industrializzati, sta recuperando: le vendite online sono stimate in crescita di oltre il 17% nell’anno che si è appena concluso. E per raggiungere il cliente con l’e-commerce è necessaria la massima efficienza, se non si vuole correre il rischio di rendere l’attività digitale un boomerang, con costi che superano i ricavi. LA TERZIARIZZAZIONE Proprio per questo è in crescita il settore della Contract Logistics, cioè l’affidamento del proprio magazzino ad aziende esterne. Nel 2017 il fatturato previsto per il settore è di 80 miliardi di euro, con un aumento dell’1,8% rispetto ai 12 mesi precedenti: un trend in crescita ormai da anni. È un settore che comprende autotrasportatori, corrieri, gestori di magazzino, operatori logistici, spedizionieri, gestori di interporti-terminal intermodali e operatori del trasporto ferroviario-combinato strada-rotaia e che è stato stimato in 95mila operatori, ma tendenzialmente in calo a causa della concentrazione delle aziende e dell’uso sempre più intenso di tecnologie e automazione. Secondo l’Osservatorio Contract Logistics della School of Management del Politecnico di Milano, l’incidenza della logistica per conto di terzi è comunque in continua crescita, con una quota del 40,1% sul totale delle attività logistiche, su un valore complessivo del comparto logistico pari a 110,8 miliardi. Può essere questa la soluzione per i rivenditori di materiali edili? Difficile. Ma, pur senza la pretesa di imitare Rubinetterie Bresciane o Amazon, il ventaglio di soluzioni tecniche per gestire in modo più efficiente e rapido il magazzino è ormai molto ampio. Si tratta solo di trovare lo scaffale giusto in cui si trovano. Giuseppe Rossi


Attualità

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LOGISTICA - 2

Rivit, sistema hi-tech

PER 40MILA REFERENZE L’azienda è un esempio di efficienza: radiofrequenza (Rfid), personale specializzato e macchine che movimentano anche piccoli quantitativi di merce. Una rivoluzione in magazzino e un importante investimento, che ha contribuito ad aumentare il fatturato del 100%

Sotto, Manuele Avanzolini, amministratore delegato di Rivit. Nella pagina a destra, il magazzino automatizzato

M

anuele Avanzolini, amministratore delegato Rivit, spiega perché l’azienda emiliana, tra i leader mondiali nella produzione e distribuzione di utensili e sistemi per il fissaggio, ha scelto di implementare un magazzino completamente automatizzato. Domanda. Quando e perché avete riorganizzato il magazzino? Risposta. Nel 2006 Rivit si è trasferita nella nuova sede di Ozzano dell’Emilia (Bologna). Abbiamo approfittato di questo trasferimento per riorganizzare la logistica e il magazzino. Oggi gestiamo più di 40mila referenze in maniera comple-

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tamente automatizzata. La prima necessità era quella di garantire sempre la rintracciabilità dei nostri prodotti. Per questo abbiamo adottato la tecnologia a radiofrequenza (Rfid): ogni prodotto viene identificato con codice a barre che consente di risalire alle sue caratteristiche e al suo lotto di produzione. Il magazzino è stato inoltre progettato per dialogare in maniera integrata con il gestionale aziendale e con il servizio e-commerce B2B che abbiamo introdotto nel 2014. L’e-commerce collega 70 venditori presenti su tutto il territorio nazionale, 60 distributori all’estero e i clienti che, grazie a una password, possono effettuare gli ordini direttamente dal portale. D. In pratica, che cosa è stato fatto? Che cosa è cambiato rispetto al passato? R. Abbiamo realizzato un magazzino automatizzato a vassoi multireferenza per ottimizzare le attività di picking,


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Attualità

28 Xxx

ospitato in una torre di 18 metri di altezza e 90 metri di lunghezza dove operano due trasloelevatori. All’interno sono collocati 24mila vassoi, suddivisi in due corridoi, che possono contenere fino a 100mila referenze, pronte per essere spedite. Anche il confezionamento è completamente automatizzato. Mentre in passato il personale movimentava fisicamente i muletti per prelevare i prodotti a scaffale,

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oggi la macchina ritira il prodotto e lo deposita nelle baie di spedizione. Il magazzino automatizzato è oggi il cuore dell’azienda e non possiamo permetterci problemi tecnici o interruzioni. Per questo, ad agosto 2018 è in programma un revamping del sistema robotico che gestisce il magazzino. Andremo quindi a sostituire tutti i componenti obsoleti e soggetti a usura con nuove tecnologie all’avanguardia. D. Vi siete rivolti a fornitori esterni oppure avete gestito tutto internamente? R. Tutta la fase di progettazione dei processi è stata gestita internamente in azienda. Ci siamo poi rivolti a fornitori esterni per realizzare fisicamente il magazzino, per i dispositivi a radiofrequenza e per l’installazione dei software gestionali. D. Qual è stato il costo dell’investimento fatto? R. Si è trattato di un importante investimento che però ci ha permesso, dal 2006, di aumentare il fatturato del 100%, a fronte di un aumento occupazionale del 15%, e affrontare in maniera positiva anche i momenti di crisi del mercato, soprattutto nel biennio di maggiore flessione (2008-2009). D. Quali vantaggi avete riscontrato? R. Oggi i clienti non fanno più scorte, ma chiedono spesso in un solo ordine molte referenze in piccole quantità. Per questo preferiscono fornitori in grado di offrire contemporaneamente una ampia gamma di prodotti e un servizio veloce. Il magazzino automatizzato ci consente di rispondere a questa esigenza, oltre a essere sempre aggiornati in tempo reale sulla disponibilità dei prodotti. Ogni volta che un vassoio arriva nella baia di spedizione, il sistema esegue un controllo direttamente sulla giacenza. In questo modo non siamo più costretti a tenere chiusa l’azienda a fine anno per l’inventario, come invece avveniva in passato. D. Come è stata gestita la conseguente riorganizzazione interna? R. Quando si implementa un sistema automatizzato, i primi sei mesi sono sempre di rodaggio. In ogni caso per assicurare il successo del passaggio dal vecchio al nuovo modello, il personale deve avere una mentalità nuova e accettare l’utilizzo di sistemi e dispositivi elettronici. Inoltre, lo stesso hardware del magazzino ha bisogno ogni tanto di interventi tecnici, e proprio per questo abbiamo organizzato una squadra interna di giovani dipendenti, in grado di intervenire in maniera veloce ed efficace per risolvere eventuali problematiche. Veronica Monaco


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Attualità

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LOGISITCA - 3 Strategie

Ma non tutti devono

CAMBIARE SCAFFALI Riorganizzare magazzino e distribuzione può essere una chiave vincente. A patto che serva davvero all’azienda. Fabrizio Dallari, direttore del Center for Supply Chain della Liuc, spiega perché, come e quando è necessario investire. E quando non è il caso

Fabrizio Dallari

O

rdine e disciplina. No, non siamo tra soldati, ma in magazzino, dove per avere una logistica efficiente nulla deve essere lasciato al caso. Oltre a tenere d’occhio attento costi e controllo dei dati. Come? Lo spiega a YouTrade Fabrizio Dallari, direttore del Center for Supply Chain, Operations & Logistics presso la Liuc - Università Cattaneo di Castellanza (Varese). Domanda. La logistica di solito è associata a grandi volumi, grandi imprese, grandi quantità di prodotti: è proprio così? Risposta. La logistica comprende tutto ciò che si riferisce all’organizzazione dei flussi di materiali all’interno di un’azienda. È quindi un processo chiave, che dovrebbe essere applicato a tutte le imprese, qualsiasi siano le loro dimensioni e il loro fatturato. È vero anche che esistono aziende di grandi dimensioni e più strutturate che possono permettersi risorse dedicate. Tuttavia, non ha senso parlare di dimensioni, ma di complessità. Infatti, un’azienda può essere anche molto grande, ma se vende direttamente in loco i prodotti, non ha bisogno di una grande logistica perché il complesso di flusso delle merci è piuttosto semplice. Al contrario, una piccola azienda con un flusso complesso, se non possiede una logistica efficiente, è soggetta a costi che rischiano di ridurre marginalità e utili, soprattutto quando la logistica ha un’incidenza sul fatturato che va oltre il più 10-20%. Insomma, nel caso in cui la logistica abbia un’incidenza e un peso ponderale elevato, l’organizzazione del magazzino e dei trasporti è fondamentale. D. Quali sono gli elementi utili per organizzare la logistica di una piccola impresa?

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R. Nella logistica esistono alcuni principi fondamentali che si applicano con diversi gradi di complessità a tutte le aziende, da quella grande alla più piccola: ordine e disciplina, soprattutto in magazzino. Mutuando le regole dei campi militari, per avere una logistica di successo, occorre seguire metodi e regole scritte preventivamente, che riguardano l’organizzazione degli spazi, la gestione delle scorte e dei prodotti secondo la loro rotazione. Per esempio, i materiali ad alto tasso di rotazione andranno posizionati nei punti di ingresso e di uscita del magazzino. D. Che tipo di investimenti sono necessari? R. Una logistica efficiente comporta investimenti. Il primo è in risorse umane: è necessario inserire personale che abbia già esperienza pregressa in aziende dalla logistica strutturata. Il secondo investimento fondamentale è nel gestionale: serve, infatti, un sistema a supporto dei processi di tracciabilità e delle attività di picking e di inventario. Una volta organizzato il personale e il flusso informativo, un altro investimento riguarda l’organizzazione degli spazi, che può essere affrontato in prima persona o in conto terzi, per esempio, affittando il magazzino, noleggiando i carrelli, assumendo magazzinieri in outsourcing tramite cooperative o società interinali. In questo caso però bisogna anche considerare i costi. D. Quali sono le tecnologie da adottare? R. Una logistica che non ha sotto controllo i dati non può essere ottimizzata. Fondamentale è quindi l’introduzione del sistema gestionale che consenta di tenere conto del flusso di entrata e uscita dei materiali, delle scorte, degli ordini. Le tecnologie sono in continua evoluzione, le più avanzate riguardano i magazzini coperti con


forme di automazione e azzeratori di peso che consentono di semplificare le attività. Oggi si parla tanto di robotizzazione, tuttavia al momento il settore edile è molto indietro, anche perché per queste aziende la logistica ha un costo molto elevato e impedisce grossi investimenti in automazione. D. È sufficiente implementare un sistema informatico in magazzino o è necessario integrarlo nel sistema gestionale dell’azienda? R. Dipende sempre dalla complessità dell’azienda: ad alcune basta integrare il modulo Wms (Warehouse management system) per tenere tutto sotto controllo. Altre, invece, hanno bisogno di un software dedicato. Rimane il fatto che avere un software gestionale del magazzino e delle scorte è ormai imprescindibile. D. In quanto tempo si può trasformare un magazzino analogico in digitale? R. Per un’azienda complessa ci vogliono almeno sei-nove mesi, per un’azienda di piccole dimensioni bastano pochi mesi, di norma tre-quattro. Dipende però anche da quanto tempo si dedica al progetto. D. Si può introdurre il commercio online online contemporaneamente alla trasformazione digitale del magazzino? R. Meglio di no, è preferibile inserire l’e-commerce successivamente all’implementazione del nuovo gestionale per il magazzino. Anche se la soluzione migliore sarebbe inserire il nuovo gestionale, strutturandolo già in previsione del canale di commercio online. D. Si deve adeguare anche il trasporto della merce? R. Il trasporto è il problema numero uno della logistica. In Italia è sempre stato l’anello debole: non ci sono molte grandi società di trasporto, ma più che altro padroncini che limitano servizi e investimenti, non solo nel settore edile. Ho qualche perplessità nel vedere come il settore possa rispondere adeguatamente alla trasformazione digitale in corso. Veronica Monaco

Xxx

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Attualità

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Mercati

In altalena

CON IL METAL DETECTOR

Il rame ha messo a segno un rialzo durato quattro anni. Per l’alluminio la domanda resta sostanziosa, eppure le scorte non mancano. E per i ferrosi... Ecco la fotografia (e le prospettive 2018) per i prezzi delle materie prime

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ualcuno sostiene che per individuare il prezzo dei ferro, rame e alluminio sul mercato delle commodity quest’anno bisognerà utilizzare un metal detector. Insomma, mai come nel 2018 è difficile individuare dei parametri davvero credibili. E le grandi aziende che ne acquistano in quantità, per la lavorazione e trasformazione, si sono attrezzate rivolgendosi ancora di più a strumenti finanziari in grado di attutire un percorso che sembra disseminato di profonde buche. Cioè di incertezze capaci di far lievitare o precipi-

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tare in pochi minuti le quotazioni sul mercato dell’ingrosso. I motivi di tanta incertezza sono la situazione della finanza mondiale e il trend dell’economia reale. Iniziamo dal primo fattore. BORSE E QUOTAZIONI Il prezzo dei metalli si stabilisce, a grandi linee, quando si incontrano domanda e offerta. Ovvio. Meno scontato è che quello che sembra il meccanismo perfetto dell’economia di mercato sia in realtà condizionato da fattori che non c’entrano nulla, almeno direttamente. Le


33 quotazioni di Borsa, per esempio. La grande volatilità dei prezzi sui listini mondiali si riflette sulla ripartizione degli investimenti. Un eccessivo rapporto tra il prezzo delle aziende quotate e la media dei loro utili (price-earning), per esempio, spinge in una zona sempre più critica gli investimenti sul mercato azionario fino a provocare una bolla e il successivo crollo. Lo insegna la storia, anche se poi tutti se ne dimenticano. Premesso questo e aggiunto che l’ex governatore della Federal Reserve americana, Janet Yellen, prima di andarsene e lasciare il posto a Jerome Powell ha avvertito che il livello tra prezzi e utili di Wall Street ha raggiunto la media più alta, ecco perché un numero maggiore di investitori internazionali ha messo nel mirino le materie prime come alternativa nelle proprie strategie. Non solo. A pesare sulle quotazioni e sulla volatilità dei mercati delle commodity quest’anno si è aggiunto il terremoto dei tassi. Dopo anni di tranquillità, secondo alcuni di torpore, in cui le banche centrali hanno acquistato montagne di titoli di Stato e corporate, siamo arrivati alla svolta. Com’è noto, Fed, Bce e BoJ (Bank of Japan) sono intervenute per evitare un crack mondiale in seguito alla crisi finanziaria del 20072008. L’acquisto di ingenti quantitativi di obbligazioni ha salvato il sistema internazionale e ha mantenuto per anni i tassi di interesse a zero o quasi. Ancora oggi, e almeno fino a settembre, la Bce acquista 30 miliardi al mese di titoli di Stato e obbligazioni di aziende private. Ma negli Usa la pacchia è già finita e la Fed ha iniziato ad aumentare il costo del denaro, che veleggia sul 3%. Questo è bastato perché crollasse il prezzo delle obbligazioni sul mercato e che si innescasse un’inversione di rotta: molti hanno iniziato a preferire l’acquisto di Treasury bond (i Btp americani) piuttosto che puntare sull’ondivago mercato azionario. E lo tsunami è appena iniziato: quando anche la Bce porrà termine agli acquisti saranno guai anche per l’Europa e, in particolare, per l’Italia.

TORNA L’INFLAZIONE? Qualcuno si è spinto a pronosticare un ritorno dell’inflazione. Il governatore della Bce, Mario Draghi, ha però smorzato le attese: secondo lui i prezzi resteranno a lungo sotto la soglia fatidica del 2%. Ma bisogna aggiungere che se avesse detto qualcosa di diverso i mercati avrebbero reagito in modo scomposto. Insomma, forse ci attende ancora un periodo di inflazione bassa, ma la mano sul fuoco è difficile mettercela. Basti considerare il fattore petrolio. Con il nuovo anno è tornato sopra 60 dollari, poi 70 e c’è chi pronostica quota 80 dollari al barile entro la fine dell’anno. Ora, petrolio e gas naturale sono ancora la fonte di più del 50% dell’energia consumata. E prezzi dell’energia determinano quasi il 10% dell’inflazione della zona euro. Se ne deduce che se i tassi tendono ad aumentare, con il conseguente ricarico dei prezzi da parte delle aziende, e il costo dei carburanti lievita, anche i listini dei prodotti subiranno un ritocco al rialzo. ECONOMIA REALE E ferro, alluminio e rame? Occorre fare un altro passo indietro. Certo, la finanza mondiale influisce pesantemente sulle quotazioni, che oltretutto sono influenzate da strumenti complessi, come future, swap e via complicando. Ma, dopotutto, i metalli sono qualcosa di concreto, che alla fine è impiegata nell’economia reale. Ecco, allora, che per capire dove andranno i prezzi di ferro & co., è bene tenere d’occhio i trend dell’industria e dell’edilizia. E qui le notizie sono buone, almeno dal punto di vista generale. Secondo il Fondo Monetario Internazio-

Bisogna tornare agli anni Ottanta per trovare una corsa simile del metallo rosso. Ma allora le cause andavano ricercate nella manipolazione dei prezzi


Attualità

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Sopra, la corsa dei prezzi del rame alla Borsa di Londra. Le quotazioni sono tornate a livello del 2014

nale, l’economia mondiale nel 2018 segnerà un rialzo. Il World Economic Outlook, cioè il documento previsionale sfornato ogni anno dal Fmi, vede una crescita dell’economia mondiale a +3,9% quest’anno e nel 2019, dopo il +3,7% del 2017. Le nuove previsioni sono di 0,2 punti percentuali superiori a quelle indicate in ottobre. Il motivo di tanto ottimismo? «Il miglioramento della spinta globale e l’impatto atteso dalle recenti riforme fiscali approvate negli Usa». Le buone notizie coinvolgono anche l’Italia, per la quale il Fondo prevede un aumento del Pil di 1,4% per il 2018 dopo il +1,6% del 2017. Insomma, se l’economia va, anche la richiesta di prodotti e della materia prima per produrli sarà consistente. IL PREZZO DEI METALLI Ed eccoci, dopo la lunga premessa, a considerare nel concreto il mercato dei metalli. In Italia, per quanto riguarda i rottami ferrosi, la tendenza da

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inizio anno è stata quella di un aumento della richiesta e dei prezzi, anche grazie alla richiesta maggiore di acciaio sul mercato internazionale. La Cina che continua a crescere, nonostante tutto, ha mantenuto alta la tensione sul mercato, anche se con alcune pause di riflessione. A questo si aggiunge il comparto automotive, in particolare quello tedesco, che è in buona salute e provoca quindi una forte domanda. E il rame? Il metallo rosso ha messo a segno un rialzo lungo quattro anni. Un exploit che è davvero straordinario: bisogna tornare agli anni Ottanta per trovare una corsa simile, ma allora le cause della corsa dei prezzi andavano anche ricercate nella speculazione o, meglio, nella manipolazione dei prezzi operata da Yasuo Hamanaka, detto Mister Copper, un operatore giapponese che era riuscito a controllare fino al 5% dell’intero mercato. Il trader, però, a un certo punto è stato scoperto ed è rimasto un buco di 2,8 miliardi di dollari. Ora la situazione è diversa. O, perlomeno, nessuno sospetta manovre illecite per far lievitare il prezzo del rame, che nel solo 2017 è salito del 30%. Il piano di infrastrutture ipotizzato da Donald Trump, lo sviluppo delle reti e del mercato delle automobili elettriche ha alimentato la domanda e, soprattutto, il ricorso a strumenti finanziari che puntano su un rialzo del metallo. Gli operatori fanno notare che gran parte della richiesta arriva dalla Cina e, in particolare, dalla Jiangxi Copper, il maggior produttore del Paese. Fatto sta che, partito a quota 5400 dollari a tonnellata a inizio dello scorso anno, a inizio febbraio la quotazione sul mercato di Londra ha superato il prezzo di 7100. Si può fare un discorso diverso per l’alluminio. Anche in questo caso il mercato mondiale ha registrato un rally, cioè una corsa al rialzo. Ma secondo gli analisti il prezzo dell’alluminio è ancora più pesantemente condizionato dalla strategia della Cina. Il piano anti-smog deciso dal governo cinese, infatti, ha avuto come prima conseguenza la chiusura di molte fonderie di alluminio. Il mercato, quindi, ha registrato una ancora maggiore tensione sui prezzi, ma gli esperti fanno anche notare che del metallo leggero e duttile ci sono scorte elevate e, comunque, in Cina c’è ancora una capacità produttiva in eccesso. Fatto sta che il prezzo dell’allumino era sotto quota 1700 dollari a tonnellata a inizio 2017 e un anno dopo (inizio febbraio) era a quota 1850. In aumento, dunque, ma sotto la quota 2250 toccata a dicembre 2017. Forse per questo metallo la corsa dei prezzi per il 2018 è terminata. Giuseppe Rossi


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Attualità

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Il cantiere del mese

La montagna

INCANTATA CON PREFA L’architetto Claudio Conter racconta come è arrivato a concepire un grande edificio in un minuscolo paese trentino. E perché ha utilizzato Scaglia 44 per un tetto che si integra nel territorio

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Sotto, Claudio Conter, fondatore dello studio di architettura e design Atelier o7. A fianco, Arianna Hair & Beauty, centro estetico di Livo, in Trentino con la copertura di Prefa

laudio Conter, fondatore dello studio di architettura e design Atelier o7 a Milano, ha aperto una filiale a New York due anni fa. E lo stile di Oltreoceano ha influito anche sulle opere che l’architetto realizza oggi in Italia. È il caso, per esempio, di un edificio progettato da Conter a Livo, un piccolo villaggio del Trentino con appena 170 abitanti. È Arianna Hair & Beauty, un centro estetico, la cui architettura fuori dall’ordinario si irradia e si fonde con il paesaggio, come se ne fosse sempre stato parte integrante. «Sono i tanti piccoli dettagli che abbiamo progettato a fare la differenza. Per noi era fondamentale che l’architettura si adattasse al paesaggio», spiega Conter, che entra nei particolari costruttivi di questa opera.


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Attualità

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«Abbiamo sviluppato le pendenze del tetto in maniera diversa tra loro, prendendo a modello il Monte Pin sullo sfondo»

Domanda. Da Milano a New York: dieci anni dopo aver aperto il suo studio di architettura e design a Milano, nel 2005, ha fatto il grande passo Oltreoceano. Come è successo? Risposta. Il punto di partenza è stato il nostro studio a Milano, dove abbiamo sostenuto e realizzato grandi progetti architettonici. Quello è stato il punto di partenza anche delle nostre attività internazionali. A New York lavoriamo insieme a due architetti italiani, ma anche con professionisti locali. D. I nostri architetti e designer possono imparare qualcosa dai loro colleghi newyorchesi? R. Sì e no. Per quanto riguarda i settori di interior design e architettura di interni il metodo di lavoro dei newyorchesi è molto più strutturato. I processi sono sviluppati in modo da essere condivisibili. Negli Stati Uniti, i processi standardizzati fanno parte della gestione della qualità, in Italia ognuno lavora con il proprio metodo. Il lato negativo è che i newyorchesi sono meno flessibili rispetto agli italiani. L’ideale sarebbe combinare insieme questi due punti di forza e modi di lavorare. Bisognerebbe trovare una via di mezzo, che permetta processi più trasparenti, ma lasci allo stesso tempo abbastanza spazio per la creatività.

D. L’edificio che ha progettato a Livo, un villaggio di montagna con 170 abitanti, è un vero e proprio punto di riferimento. Come è nato questo straordinario progetto? R. Mia cugina, Arianna Conter, desiderava per il suo centro estetico uno stile architettonico unico e stravagante, qualcosa di moderno. Per questo mi ha chiesto di curarne la realizzazione. L’idea l’abbiamo sviluppata insieme. D. Qual è stata la parte più impegnativa? R. Era già presente un edificio, un garage, che doveva essere ampliato. In un primo momento abbiamo pensato di dover realizzare qualcosa di minimalista, che non fosse troppo appariscente e non desse troppo nell’occhio, dato che l’edificio era già di per sé imponente. Questa è stata una grande sfida. Ma poi tutto è cambiato e abbiamo utilizzato il garage come fondamenta e costruito una struttura più grande, simile a un guscio, sull’edificio già esistente. Il problema ci ha portato alla soluzione e ha dato maggiore profondità alla pianificazione e all’architettura. D. L’edificio è in armonia con il paesaggio e con le catene montuose adiacenti, come se fosse parte del territorio… R. Questo era un aspetto fondamentale per noi.



Attualità

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«Prefa 44 era la copertura ideale per il tetto e le facciate, non avremmo potuto realizzare il nostro progetto in nessun altro modo»

Abbiamo sviluppato le pendenze del tetto in maniera diversa tra loro, prendendo a modello il Monte Pin sullo sfondo. In questo modo l’edificio si inserisce perfettamente sia nel centro storico, sia nel paesaggio montano del Trentino. La struttura dell’edificio si basa sulla sua semplicità e presenta, nella parte anteriore, una grande vetrata

SCHEDA PRODOTTO SCAGLIA 44 MATERIALE: alluminio preverniciato, spessore 0,7 mm LATO A VISTA: Doppio strato di verniciatura poliammidica poliuretanica di alta qualità in Coil Coating DIMENSIONE: 437 × 437 mm utile coperto PESO: 1 m² = ca. 2,6 kg = 5 scaglie 44 PENDENZA: A partire da 12° POSA: su tavolato pieno (spessore min. 24 mm) FISSAGGIO: diretto con 4 viti Prefa

che si affaccia sul paese e sull’intera valle. D. Non c’è una parete che abbia un angolo di 90 gradi. Non sceglie mai la strada più semplice, vero? R. Sono i tanti piccoli dettagli che abbiamo progettato a fare la differenza. Per noi era fondamentale che l’architettura si adattasse al paesaggio, per questo non vi sono pareti con un angolo di 90 gradi, perché nemmeno le montagne le hanno. Come si può vedere, non vi è alcuna linearità. Il tetto diventa sempre più stretto procedendo verso la parte posteriore e più largo verso la parte anteriore e ciò conferisce maggiore spazio alla vetrata frontale. Per il tetto e la facciata abbiamo scelto un colore grigio pietra, il colore delle catene montuose. D. Perché ha scelto le scaglie 44 di Prefa per il suo progetto architettonico? R. Era la copertura ideale per il tetto e le facciate, non avremmo potuto realizzare il nostro progetto in nessun altro modo. A causa della non linearità dell’edificio la posa delle scaglie ha rappresentato una grande sfida, perché il tetto e la facciata dovevano essere un tutt’uno. E questa unità poteva essere realizzata solo attraverso un’installazione senza saldature delle scaglie, possibile solo con il sistema Prefa. Ora sembra quasi una seconda pelle, come un guscio che si estende sul dorso delle montagne. D. Questa era la prima volta che lavorava con Prefa. Tornerà a farlo? R. Sì, Prefa è un’azienda molto interessante. Mi sono innamorato del materiale perché è possibile mettere insieme diversi piccoli elementi. In questo modo, il guscio dell’edificio risulta molto naturale e sempre più particolare. Franco Saro


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Lattoniere del mese

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Tecno Rame

Siamo lattonieri

CON LA VALIGIA IN MANO L’impresa produttrice e installatrice toscana è nata negli anni Novanta, ma ha alle spalle una storia artigianale ancora più lunga e un’anima d’avanguardia. Da realtà di riferimento per il mercato della Versilia ha allargato l’orizzonte ad altre zone d’Italia. Ed è arrivata fino in Olanda

Sotto, Rossano Pucci, titolare della Tecno Rame. A destra, ex Macelli pubblici, Lucca

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e fai il lattoniere a Viareggio e sei chiamato per fare il tuo lavoro ad Amsterdam significa che sei un bravo lattoniere. È il caso di Rossano Pucci, titolare della Tecno Rame, una delle tante piccole imprese italiane che rappresentano il tessuto economico del Paese e che esportano in tutto il mondo il valore artigianale del Made in Italy. Come tanti, ha iniziato questo lavoro seguendo le orme del padre e oggi si ritrova a pianificare il futuro e il passaggio di testimone al figlio, da poco entrato in azienda. Una realtà che oggi conta sette dipendenti e un fatturato che tiene, nonostante gli anni difficili dell’edilizia. Il segreto? «Fare tutto: produrre, installare e vendere articoli di qualità. La nostra forza è essere un’azienda flessibile, forte di uno staff qualificato in grado di realizzare lavorazioni particolari, fuori dagli schemi». Domanda. Andiamo a ritroso e ripercorriamo la storia dell’azienda: quando ha iniziato questo lavoro? Risposta. Era il 1993 e ho iniziato come tanti, affiancando il padre. Ma è stato mio nonno a dare il «la» alla famiglia di lattonieri: è stato uno dei primi qui in zona, nel dopoguerra, ad avere il macchinario per realizzare grondaie. Più che una macchina è una reliquia preziosa, che custodisco gelosamente qui in ditta. Poi,


43 da circa un anno, è entrato in azienda anche mio figlio e, quindi, siamo arrivati alla quarta generazione di lattonieri. D. Qual è il campo di azione della sua impresa: che cosa fa e quali servizi offre? R. Facciamo tutto, siamo i factotum della lattoneria. Produciamo, installiamo e vendiamo gronde, scossaline, converse, coperture e via così. Ci siamo evoluti costantemente nel corso del tempo nel nome di una manodopera di grande esperienza e di un continuo adeguamento tecnologico: ci avvaliamo di macchinari prestazionali di ultima generazione per lavorare qualsiasi tipo di lamiera per dare ai nostri clienti un prodotto finito il più possibile perfetto, qualitativo e duraturo. D. Quindi producete anche? R. Certo, è una nostra peculiarità. Trasformiamo il coils secondo le esigenze del cliente e forniamo tutte le sagome che il mercato richiede. D. Dove operate? R. In materia di installazione operiamo ovunque ci chiamano, quindi in tutta Italia e anche all’estero. Ci chiamano dall’Olanda? Benissimo, facciamo le valigie e andiamo.

D. Immagino che abbia citato l’Olanda non a caso: che lavoro vi hanno commissionato lì? R. Un bell’intervento in una grossa gelateria di Amsterdam, dove abbiamo rifatto la facciata e la copertura. Una grande soddisfazione. D. Per il resto, tolte le puntate all’estero, vi muovete prettamente sul territorio locale? R. Esatto, a Lucca e dintorni soprattutto, perché siamo molto conosciuti. Per esempio, oltre a Viareggio, Forte dei Marmi rappresenta per noi un bel polmone di mercato: le più belle ville portano la nostra firma. Lo stesso vale per Firenze. Ma provincia e regione a parte, ci spingiamo spesso a Roma, dove abbiamo sempre eseguito tanti lavori. D. Quanto sono cambiati i materiali negli ultimi anni causa l’impatto della tecnologia nel settore? R. Qui c’è da fare un bel discorso. A differenza di altre attività la lattoneria non si è evoluta moltissimo, perché comunque in materia di installazione servono sempre le medesime attrezzature: forbici, trapani, rivetti e affini. Ecco, diciamo che quello del lattoniere è un lavoro strettamente artigianale e in larghissima parte è rimasto tale. Ciò detto, i materia-

«Facciamo tutto, siamo i factotum della lattoneria. Produciamo, installiamo e vendiamo gronde, scossaline, converse, coperture»

Sotto, a sinistra, chiesa S. Antonio a Marina di Pietrasanta. Sotto, Esselunga a Galluzzo (Firenze)


Lattoniere del mese

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«Fino al 1970 andava per la maggiore la lamiera zincata, poi è subentrato il rame»

li sono però cambiati tantissimo e oggi c’è il boom dell’alluminio. Fino al 1970 andava per la maggiore la lamiera zincata, poi è subentrato il rame, mentre negli ultimi anni, direi una decina, è saltato fuori con forza l’alluminio, grazie al suo prezzo più contenuto: l’incidenza di costo rispetto al rame è di circa il 40% in meno. Ma l’alluminio è anche disponibile in una vasta gamma di colori, che accontentano la vena creativa degli architetti e dei progettisti, più estrosi oggi che in passato. Ma il rame rimane il materiale principe per prestazioni e durata: da lattoniere dico che è e rimane il top. D. Passiamo al capitolo clientela: qual è il vostro cliente tipo? R. Non abbiamo una tipologia definita. Serviamo sia gli installatori sia i privati cittadini tramite gli architetti e i progettisti, così come

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le imprese e i magazzini edili della zona. Certo, oggi sta un po’ cambiando la situazione e ci confrontiamo sempre più con architetti e studi tecnici. Per dare delle percentuali, 30% installatori, 40% studi tecnici e il rimanente 30% rivenditori edili. D. Secondo lei c’è abbastanza formazione e preparazione professionale nel vostro settore? R. Questo è un tema delicato, molto sentito da noi lattonieri. Proprio per questo ci siamo battuti insieme all’associazione Pile per ottenere un riconoscimento professionale ufficiale, che ci distingua da quei tanti (troppi) che si improvvisano lattonieri, pur non essendolo affatto. E ce ne sono parecchi. Vogliamo percorsi di formazione e corsi riconosciuti per dare un attestato abilitante così come è già per tante altre categorie. Il nostro è un lavoro importante e un patentino ufficiale di specializzazione sarebbe davvero il benvenuto. D. Quali sono le difficoltà principali del lavoro quotidiano del lattoniere? R. Beh, la crisi degli ultimi anni l’hanno sentita tutti, noi compresi. Tuttora il mercato rimane balbettante, ma nonostante il contesto non sia d’aiuto, noi siamo sempre riusciti a lavorare bene e a rimanere a galla. Grazie alla nostra storia e alla nostra esperienza siamo rimasti sempre in auge, perché siamo bravi e facciamo lavorazioni particolari, anche su disegno. D. È questa la marcia in più rispetto alla concorrenza? R. Il segreto è essere un’azienda flessibile e poter contare su uno staff in grado di uscire dagli stampini e dagli standard, e lavorare in maniera flessibile, realizzando lavori particolari fuori da schemi predefiniti, accontentando così le richieste che ci arrivano dagli studi tecnici. D. Insomma, come vanno gli affari? R. Tutto sommato, bene. Tant’è che nel 2017 abbiamo incrementato il fatturato. E il 2018 è iniziato egregiamente, meglio rispetto al solito: abbiamo lavorato tanto e stilato diversi preventivi. Di solito l’inizio d’anno è un periodo poco simpatico per gli affari, causa il tempo atmosferico avverso, invece quest’anno si è partiti con il vento in poppa. Siamo molti soddisfatti e speriamo che il trend rimanga invariato. D. In rampa di lancio c’è qualche progetto che sta scaldando i motori? R. Più di uno. Abbiamo in agenda lavori importanti, come quello sulla passeggiata di Viareggio e uno a Forte dei Marmi. Ora dobbiamo solo rimboccarci le maniche e metterci al lavoro. Fabio Franchini


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Le novità dalle imprese

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Klimahouse 2018

Rimanere al verde

PUÒ ESSERE BELLO Alla Fiera Bolzano specializzata nelle soluzioni per la sostenibilità sono state tante le soluzioni e i prodotti innovativi presentati dalle aziende. Che sono interessanti anche per i settori di lattoneria e coperture

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al 24 al 27 gennaio Bolzano si è fatta capitale dell’edilizia sostenibile: l’appuntamento di inizio anno con Klimahouse è ormai un must per tutti gli operatori impegnati nel campo delle costruzioni, del risanamento edilizio e dell’efficientamento energetico. La fiera, nel corso degli anni, ha saputo rinnovarsi e modernizzarsi per tenere il passo dei (tanti) cambiamenti in atto nel mon-

do delle costruzioni. Sono stati quattro giorni ricchi di convegni, tour (in)formativi, partecipazione diretta e, soprattutto, molti prodotti. E nell’offerta merceologica portata dalle 400 aziende espositrici non sono mancati anche articoli di interesse in materia di coperture, passaggio tetto e lattoneria. Come quelle di Tegola Canadese, Schiedel Italia e Alpewa. Veronica Monaco

Alla rassegna hanno partecipato 400 aziende della filiera dell’edilizia BRILLA LA RIQUALIFICAZIONE CLAUDIO PEDERZANI area manager di Tegola Canadese

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Notiamo un risveglio del mondo dell’edilizia e ci aspettiamo un mercato più brillante e più attento alla riqualificazione degli edifici. In particolare vogliamo focalizzarci sulla proposta di sistemi completi e ottimizzati dal punto di vista delle prestazioni tecniche e del rapporto qualità-prezzo. Desideriamo inoltre diffondere anche in Italia le nostre soluzioni per il tetto verde, che all’estero proponiamo con successo già da anni».

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ella vallXumani.

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Fabio Franchini

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48 REFRATTARI IN CRESCITA ALBERTO PIROTTA direttore generale Schiedel Italia

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Bisogna fare una distinzione tra mercato idrotermosanitario ed edilizia. Mentre nel primo i prodotti in plastica stanno cannibalizzando quelli in acciaio, comportando un ulteriore calo dei fatturati, per quanto riguarda il settore edile ci sarà una tenuta maggiore grazie a prodotti di nicchia come i sistemi camino in refrattario ceramico. La canna fumaria in acciaio è ormai scomparsa da quasi tutte le rivendite edili. Schiedel si pone importanti obiettivi di crescita investendo su nuovi prodotti e sulla comunicazione, coinvolgendo sia i progettisti che i privati. A Klimahouse abbiamo voluto riproporre Schiedel ICS Zero in acciaio e Schiedel Absolut GZero in refrattario ceramico, le uniche soluzioni per il passaggio tetto che possono essere messe a contatto con materiali combustibili senza intercapedini d’aria. Inoltre abbiamo presentato in anteprima per l’Italia i nuovi sistemi integrati Kingfire, Absolut e Living, studiati per l’alta efficienza energetica e adatti anche nelle case passive. Sono soluzioni tre in uno, composte da una stufa/camino di design, il canale da fumo e la canna fumaria, che coniugano l’estetica con le esigenze di prefabbricatori e progettisti».

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NUOVO MARCHIO DALLA GERMANIA MARTINA STIZZOLI responsabile marketing Alpewa

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I nostri marchi acquisiti vantano una presenza molto forte sul mercato, quindi per il 2018 intendiamo concentrarci maggiormente sul marchio Alpewa, comunicando in maniera più capillare i servizi dedicati non solo a lattonieri e caldaisti, ma anche agli architetti. Notiamo segnali di crescita sul mercato e siamo molto contenti dei risultati. In più, a partire da quest’anno abbiamo importato dalla Germania il nuovo marchio Fielitz, specializzato in elementi metallici deformati a olio caratterizzati da forme fluide e ondulate, che ricordano l’acqua o le dune di sabbia, molto interessanti anche per gli interni. Un mondo inesplorato per noi, che però ci dà molte possibilità di sviluppo, soprattutto nelle spa e negli alberghi».

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