“Tutti quanti conoscono la storia della nascita di Superman... Kevin J. Andreson è andato ben al di là di quello che noi conosciamo per forgiare una storia epica.” - Houston Chronicle -
KEVIN J. ANDERSON Kevin J. Anderson
GLI ULTIMI GIORNI DI KRYPTON
morte di quella stessa civiltà che sta cercando di governare. Attraverso tutto questo, l’amore reciproco di Jor-El e Lara, la loro storia e il loro figlio permettono a Krypton di continuare a vivere anche se il pianeta si sta consumando intorno a loro. Per questo, nella fuga del loro bambino giace il più grande dono di Kripton e il più grande eroe della Terra.
Kevin J. Anderson uno dei più noti scrittori di questi anni è l’autore del prequel di Dune (scritto a quattro mani con Brian Herbert), best-seller internazionale e vincitore di molti premi, numerosi romanzi di Star Wars e ha scolpito un’indiscutibile nicchia per se stesso con una fantascienza epica rappresentando la sua Saga dei sette soli, di grandissimo successo. Il suo lavoro, acclamato dalla critica, ha vinto ed è stato nominato in numerosi premi importanti. Vive in Colorado.
Copertina © 2008, Lott • Reps. all rights reserved
GLI ULTIMI GIORNI DI
KRYPTON
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Superman, il logo della DC, e tutti i nomi a essi collegati compresi i personaggi e tutti gli elementi della storia so no marchi registrati della DC Comics©2010. Tutti i diritti riservati.
ISBN 978-889538115-2
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788895 381152
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Prima che ci fosse Superman... c’era Kripton, un mondo condannato, e due genitori che ci diedero il loro unico figlio... Tutti sanno come Kal-El – Superman – venne mandato sulla Terra appena prima che il suo pianeta esplodesse. Ma cosa causò un disastro di quella portata? Ora, ne Gli ultimi giorni di Krypton, Kevin J. Anderson presenta un ampio racconto del fasto e della grandezza, dell’intrigo e della passione, della politica e dei tradimenti di un mondo condannato ricco di impavidi eroi e crudeli traditori. Sullo sfondo spettacolare degli ultimi giorni felici di Krypton avviene il corteggiamento e il matrimonio dei genitori di Kal-El, il brillante scienziato Jor-El e sua moglie, una storica, Lara. Insieme combattono per convincere una società stagnante e incredula che il loro mondo sta per scomparire. Il fratello di Jor-El, Zor-El, capo della leggendaria città di Argo, si unisce alla lotta, non solo per salvare il pianeta, ma anche per combattere contro la minaccia dello spietato e astuto Generale Zod. Il diabolico Zod, futuro nemico numero uno di Superman, si avvale di un’opportunità d’oro per impossessarsi del potere quando l’androide Brainiac cattura la capitale Kandor. Nel momento stesso in cui l’influenza di Zod sulla popolazione si rafforza e il suo potere cresce, anche lui diventa cieco a tutti i segnali che indicano la
KEVIN J. ANDERSON
GLI ULTIMI GIORNI DI
KRYPTON Traduzione di Laura Margiotta
Superman è un personaggio creato da Jerry Siegel e Joe Shuster
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Titolo originale: The last days of Krypton Traduzione dall’inglese di Laura Margiotta Copyright © 2007 DC Comics SUPERMAN il logo della DC e tutti i nomi a essi collegati compresi i personaggi e tutti gli elementi della storia sono marchi registrati della DC Comics. Tutti i diritti riservati. THE LAST DAYS OF KRYPTON © 2007 Kevin J. Anderson Tutti i diritti riservati. La risproduzione di parti di questo testo, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma, è severamente vietata, fatta eccezione, previa autorizzazione scritta, per brevi citazioni in articoli o saggi. Copyright © 2007 HarperEntertainment, an Imprint of HarperCollins Publisher. HarperCollins® and Haper® are registered trademarks of HarperCollins Publisher. Copyright © 2010 zero91 s.r.l. Viale Molise 51 20137 – Milano Tutti i diritti riservati Prima edizione: novembre 2010 Cover: © 2008, Lott • Reps. all rights reserved Stampato in Italia ISBN 978–88–95381–15–2
Questo libro è stampato su carta FSC amica delle foreste. Il logo FSC identifica prodotti che contengono carta proveniente da foreste gestite secondo i rigorosi standard ambientali, economici e sociali definiti dal Forest Stewardship Council. WWW.ZERO91.COM WWW.HARPERCOLLINS.COM WWW.WORDFIRE.COM WWW.DCCOMICS.COM
A Julius Schwartz
Ho sempre considerato Julius Schwartz, o Julie, come lo chiamavano i suoi amici, il “padrino” delle storie di Superman. Ha lavorato per la DC Comics per quarantadue anni, occupandosi della serie a fumetti di Superman dal 1971 fino al 1985. Dopo quel periodo era diventato ospite fisso di molti convegni e incontri. Alcuni anni fa mi diede una spilla d’oro a forma di S di Superman al San Diego Comic Con, e quando mi rincontrò dopo alcuni mesi mi rimproverò duramente per non averla indosso. Avevo imparato la lezione e da allora la indossavo a ogni convegno quando le nostre strade s’incrociavano (e lui faceva di tutto per assicurarsi di incontrarmi). Julie morì nel 2004. Dal momento che non potrò mai dargli una copia firmata de Gli ultimi giorni di Krypton, posso solamente inserire qui il suo nome. Grazie di tutto Julie!
RINGRAZIAMENTI RINGRAZIAMENTI
Distruggere un mondo non è un lavoro facile (anche se mia moglie dice che ho «raggiunto un alto numero di vittime» nei miei romanzi). Tra tutte le persone che mi hanno aiutato per Gli ultimi giorni di Krypton vorrei ringraziare in particolar modo Paul Levitz, John Nee e Steve Korté della DC Comics, che hanno intravisto le potenzialità di questo progetto non appena gliel’ho sottoposto. Chris Cerasi della DC Comics e Mauro DiPreta della Harper Entertainment hanno fatto un magnifico lavoro come squadra di redazione, usando la loro esperienza sia fumettistica che letteraria per aiutarmi a “ripulire” questo libro fino alla sua forma finale. Il mio agente, John Silbersack del Triden Media Group, che ha fatto da intermediario con le persone che detenevano contratti e licenze. Un grazie alla WordFire Inc., al gruppo di Diana Jones, Louis Moesta e Catherine Sidor che mi hanno assistito egregiamente nella preparazione, nello sviluppo e nella correzione del manoscritto e a mia moglie, Rebecca Moesta, che ha fatto quello che fa sempre... che è molto di più di quello che potrei elencare qui.
PREFAZIONE PREFAZIONE
Il genere science fiction ha iniziato a raccogliere appassionati nel 1930 e due di questi fan erano Jerry Siegel e Joe Shuster, scrittore il primo, artista il secondo. La loro singolare passione ha prodotto un contributo decisivo per la science fiction, Superman, lo strano visitatore proveniente da un altro pianeta arrivato sulla terra con poteri e capacità molto al di là di... Non c’è bisogno di continuare, conoscete già il seguito. Tutti conoscono il seguito. Superman è frutto dall’amore per la science fiction, quindi non ci dovrebbe essere nessuna sorpresa nel vedere che la storia di Krypton, il pianeta di Superman destinato a esplodere, è stata affidata a Kevin J. Anderson, uno dei maggiori scrittori di science fiction tutt’ora in attività. A Kevin è stato affidato un compito scoraggiante come tutte le gesta di Superman. Ha dovuto mettere assieme la storia di un pianeta che negli ultimi sessantotto anni ha avuto un numero infinito di vicende conflittuali create appositamente per esso. Krypton è stato distrutto da un terremoto? È stato colpito da una cometa? Forse il suo sole è diventato una supernova e l’ha incenerito con la sua scia infuocata? Com’erano gli abitanti di Krypton? Erano benevoli, indulgenti con se stessi, impassibili o affettuosi? Com’era Brainiac... e Argo... com’era... com’era...?
Queste sono le domande che si sono posti e a cui hanno risposto milioni di fan innumerevoli volte. Ma adesso è il momento di una nuova storia che raggruppa tutti i racconti precedenti e che tuttavia trova un proprio percorso individuale. Tutti noi conosciamo il destino di Krypton, ma Kevin ce ne fornisce una nuova interessante versione, completamente differente da quelle che abbiamo visto finora. È allo stesso tempo conosciuta e sorprendente. Ricreare una ricca, reale e complessa storia da questa contorta mancanza di continuità è un’impresa che non ho mai voluto affrontare. Ma Kevin l’ha fatto e c’è riuscito, e ci ha raccontato la storia di un mondo con cui molti di noi sono cresciuti e di cui si sono preoccupati. E in qualche modo, con la stessa fiamma dell’ispirazione con cui Siegel e Shuster hanno creato Superman tanti anni addietro, lui ha racchiuso tutto quanto in un libro molto scorrevole che ha qualcosa da dire a ogni fan di Superman, indipendentemente da quale periodo ami, con quale Krypton sia cresciuto o quale Superman abbia idolatrato. Mary Wolfman, autrice di Crisis on Infinite Earths, scrittrice e creatrice di New Teen Titans e Blade the Vampire Hunter.
ELENCO DE I PE R SONAG GI ELENCO DEI PERSONAGGI
PERSONAGGI PRINCIPALI JOR-EL: Il più rispettato scienziato di Krypton. ZOR-EL: Fratello di Jor-El, scienziato molto dotato e leader della città di Argo. ALURA: Moglie di Zor-El, esperta in botanica. YAR-EL: Padre di Jor-El e Zor-El, un genio che soffre della Malattia dell’Oblio. CHARYS: Madre di Jor-El e Zor-El, ricercatrice in psicologia. FRO-DA: Cuoco di Jor-El nella sua tenuta. LOR-VAN: Rispettato artista e pittore di murali. ORA: Moglie di Lor-Van. LARA: Figlia di Lor-Van, anche lei un’artista affermata e inoltre storica e aspirante scrittrice. KI-VAN: Figlio minore di Lor-Van. DRU-ZOD: Direttore della Commissione per l’Accoglienza della Tecnologia di Kandor. COR-ZOD: Padre di Dru-Zod, il primo presidente del Consiglio di governo kryptoniano e politico leggendario. NAM-EK: Guardia del corpo di Dru-Zod, muto e tutto muscoli. BEL-EK: Padre di Nam-Ek, ucciso delle guardie zaffiro.
AETHYR-KA: Ragazza intraprendente, estromessa dalla sua nobile famiglia, una delle prima compagne di scuola di Lara. BUR-AL: Assistente di quarto livello nella Commissione per l’Accoglienza della Tecnologia. VOR-ON: Giovane proveniente da una famiglia nobile di secondo piano. HOPK-INS: Impiegato nella Commissione per l’Accoglienza della Tecnologia. GUR-VA: Criminale conosciuto come il Macellaio di Kandor. SHOR-EM: Leader della città di Borga. DONODON: Visitatore alieno su Krypton. KIRANA-TU: Ginecologa noiosa e priva di senso dell’umorismo.
IL CONSIGLIO DI GOVERNO KRYPTONIANO JUL-US: Presidente del Consiglio
MAURO-JI
CERA-SI
POL-EV
KOR-TE
SILBER-ZA
AL-AN
BARY-ON
SOR-AY
RUL-AR
JUN-DO
PERSONAGGI STORICI JAX-UR: Antico signore della guerra, considerato il più terribile tiranno di Krypton. LOTH-UR: Crudele padre di Jax-Ur. SOR-EL: Antenato di Jor-El, leader dei Sette Eserciti.
KOL-AR: Leader dei Sette Eserciti. POL-US: Leader dei Sette Eserciti. NOK: Antico condottiero. KAL-IK: Consigliere di Nok, che ha sacrificato la sua vita per la verità. HUR-OM: Amante leggendario raffigurato in un arazzo di Kandor. FRA-JO: Amante leggendaria raffigurata in un arazzo di Kandor.
DISSIDENTI Gil-Ex: Leader di Orvai nella regione dei laghi. TYR-US: Leader della città mineraria di Corril, sulle montagne. Gal-Eth: Vicesindaco di Orvai. OR-OM: Industriale minerario. KORTH-OR: Profugo della città di Borga.
ANELLO DELLA FORZA DI ZOD Koll-Em: Fratello minore di Shor-Em, capo dell’Anello della Forza. NO-TON: Nobiluomo e scienziato. MON-RA
RAN-AR
DA-ES
ZHON-ZA
FRER-SI
CREN-TE
OEL-AY
POEL-OR
BAL-UN
WRI-VO
MIR-XA
NAER-ZED
YRI-RI
TRES-OK
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CAPITOLO 1 CAPITOLO 1
Il sole rosso di Krypton era un gigante inquieto che incombeva sul cielo. Con i suoi strati gassosi e cellule di convezione grandi come pianeti produceva grandi bolle, come un calderone infernale visto al rallentatore. Le vaporose fiamme della corona danzavano attraverso l’abisso dello spazio, interferendo con le comunicazioni planetarie. Jor-El attendeva da molto tempo una tempesta solare come quella. Nel suo laboratorio isolato aveva monitorato le sonde solari, mentre effettuava con zelo tutti i preparativi. Il momento era arrivato. Lo scienziato visionario aveva preparato il suo equipaggiamento nel grande laboratorio di ricerca della sua tenuta. Jor-El non aveva assistenti perché nessuno su Krypton capiva esattamente che cosa aveva in programma di fare; infatti, solamente pochi sembravano interessati ai suoi esperimenti. I kryptoniani erano appagati. Troppo. A differenza loro, Jor-El raramente si sentiva compiaciuto o soddisfatto. Come esserlo, se poteva facilmente immaginare mille modi per migliorare il mondo? Lui era una vera anomalia nella “società perfetta”. Lavorando da solo aveva calibrato la traiettoria dei raggi attraverso i concentratori di cristallo, aveva usato degli strumenti per l’allineamento laser al fine di aggiustare l’angolo d’interse-
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zione dei dischi riflettenti, aveva controllato e ricontrollato il suo prisma brillante per evitare qualsiasi malfunzionamento. Dato che il suo lavoro era innovativo rispetto ai banali standard della scienza di Krypton, Jor-El aveva dovuto sviluppare e costruire da sé molti degli strumenti. Quando aprì la schiera di pannelli in lega posti sul soffitto del suo laboratorio di ricerca, una luce scarlatta filtrò all’interno. Presto il flusso solare avrebbe raggiunto il livello di cui aveva bisogno. La bramosia della curiosità scientifica lo aveva incentivato a dispetto del suo timore per il gigante rosso, che i sacerdoti avevano chiamato Rao. Monitorò i livelli di potenza visualizzati negli indicatori di cristallo. Nel frattempo, la luce solare era sempre più fulgida. Le fiammate continuavano ad aumentare. Anche se era giovane, i capelli folti di Jor-El erano bianchi come avorio e gli conferivano un aspetto regale. I dolci lineamenti classici del suo viso sembravano essere stati modellati direttamente dal busto di un antico nobile kryptoniano, come quello del suo illustre antenato Sor-El. Alcuni avrebbero potuto pensare che i suoi occhi azzurri guardassero fissi in lontananza, preoccupati, ma in verità Jor-El vedeva grandi cose che gli altri non potevano nemmeno immaginare. Attivò i suoi cristalli di regolazione disposti con cura e diede inizio a una melodia armonica di lunghezze d’onda. Sul tetto, i pannelli a specchio inclinati fecero collidere e concentrare i loro riflessi in un prisma centrale. I cristalli prendevano solamente un preciso segmento dello spettro, quindi deviavano il raggio filtrato dentro una vasca parabolica di specchi di mercurio semitrasparente. Al crescere dell’intensità della tempesta solare, gli specchi di mercurio iniziarono a ondeggiare e bollire. Come prevedeva il progetto, Jor-El prelevò velocemente un cristallo d’ambra e lo inserì nel suo alloggiamento nella griglia. Sentiva le sfaccettature lucide già calde sulla punta delle dita. Il raggio primario si divise in una ragnatela luminosa che mise
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in connessione il labirinto di specchi e cristalli. Dopo alcuni istanti, se il suo esperimento avesse funzionato, Jor-El avrebbe aperto una porta su un’altra dimensione, un universo parallelo – e forse su più di uno. Il grande edificio isolato situato a molti chilometri da Kandor era adatto a Jor-El. Il suo laboratorio di ricerca era grande come una sala ricevimenti. Mentre altre famiglie kryptoniane avrebbero usato quel grande spazio per balli in maschera, festini o rappresentazioni, il padre di Jor-El aveva costruito quell’edificio come celebrazione della scoperta, un posto dove ogni quesito poteva essere esaminato senza badare alle restrizioni tecnofobiche imposte dal Consiglio di governo kryptoniano. Jor-El aveva saputo far buon uso di quelle attrezzature. Per un esperimento di tale portata, aveva preso in considerazione l’idea di chiamare suo fratello da Argo. Benché poche persone potessero vantare una genialità pari a quella di Jor-El, il fratello dai capelli scuri Zor-El, nonostante i suoi occasionali scatti d’ira, sentiva il suo stesso bisogno bruciante di scoprire ciò che ancora era ignoto. Nella loro cordiale rivalità di vecchia data, i due figli di Yar-El cercavano spesso di superarsi a vicenda. Se quell’esperimento avesse avuto successo, lui e Zor-El avrebbero avuto a disposizione un nuovo universo da studiare. Jor-El prelevò un altro cristallo dalla griglia di controllo, lo ruotò e lo reinserì. Mentre la luce brillava più luminosa e i colori s’intensificavano, diventò sempre più assorto nel fenomeno che stava accadendo. Segregati nelle loro soffocanti stanze nella capitale, gli undici membri del Consiglio di Krypton avevano vietato lo sviluppo d’ogni sorta di navicella spaziale, eliminando qualsiasi possibilità di esplorare l’universo. Grazie ai documenti antichi, i kryptoniani erano ben consapevoli che ci fossero altre civiltà nelle ventotto galassie allora conosciute, ma il restrittivo governo aveva insistito nel tenere il pianeta isolato, «per la loro protezione». Quella regola era stata osservata per così tante
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generazioni, che molte persone ormai l’accettavano come dato di fatto. Nonostante ciò, il mistero di altre stelle e pianeti aveva da sempre incuriosito Jor-El. Non era uno che infrangeva le leggi, non aveva importanza quanto potessero essere frivole le restrizioni, tuttavia era disposto a trovare delle soluzioni per aggirarle. Loro non potevano impedirgli di viaggiare con l’immaginazione. Certo, il Consiglio aveva proibito la costruzione di navicelle spaziali, ma secondo i calcoli di Jor-El, ci poteva essere un numero infinito di universi paralleli, innumerevoli Krypton alternative nelle quali ogni società poteva essere leggermente differente. Jor-El avrebbe potuto quindi viaggiare in un modo nuovo – se solo avesse saputo aprire la porta di quegli universi. Non era necessaria nessuna navicella spaziale. Tecnicamente, non avrebbe infranto nessuna legge. Nel mezzo dello spazioso laboratorio dispose un paio di anelli argentati, del diametro di due metri, che giravano così da poter stabilire un campo di contenimento per l’evento singolare che sperava di creare. Monitorò i livelli di potenza. E aspettò. Quando l’energia solare si intensificò e raggiunse il suo picco massimo, un raggio della luce raccolta penetrò attraverso le lenti sul soffitto fino al centro del laboratorio di Jor-El, come una colonna di fuoco. I molteplici raggi si unirono in un unico punto, quindi rimbalzarono nel tessuto dello spazio. L’esplosione concentrata colpì come un pugno la realtà stessa aprendo un varco da qualche altra parte... o in nessun posto. Gli anelli argentati di contenimento si intersecarono, girarono più velocemente e mantennero aperta una punta di spillo che si espanse in un equilibrio di energia positiva e negativa. Appena la luce abbagliante si riversò dentro il piccolo granello di vuoto, lo strappo diventò grande come una mano, poi delle dimensioni di un braccio, fino a quando si stabilizzò su un diametro di due metri, estendendosi fino al bordo degli anelli.
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Un portale circolare si librò a mezz’aria, perpendicolare al pavimento... qualcosa che una persona curiosa poteva semplicemente varcare. Jor-El sapeva che dietro a quell’apertura avrebbe potuto trovare nuovi mondi da esplorare, infinite possibilità. Su un piedistallo di fronte alla porta sospesa, il dispositivo di controllo di cristallo emise una luce rossa e intensa. Per stabilizzare il sistema volatile tirò via il cristallo energetico secondario, quindi inclinò le parabole di mercurio per deviare il raggio solare principale. L’energia si disperse, ma il varco dimensionale restò aperto. Stupefatto, Jor-El si avvicinò. Molte volte aveva sentito il delizioso brivido della scoperta, l’ansia del successo quando un esperimento aveva prodotto i risultati che aveva previsto o, cosa altrettanto eccitante, risultati inaspettati. Quella porta aveva le potenziali caratteristiche di entrambe le situazioni. Quando lo strano portale smise di oscillare, rallentò cautamente il moto dei cerchi argentati rotanti, in modo che stessero fermi in aria in posizione verticale. Anche se l’ansia lo spingeva a muoversi con rapidità, la sua mente analitica ebbe la meglio. Dette inizio alla procedura di controllo. Per prima cosa, come un bambino che lancia un sassolino in uno stagno, prese una penna dal suo tavolo da lavoro e la lanciò dentro l’apertura con delicatezza. Non appena il sottile strumento toccò la barriera invisibile, s’illuminò e svanì completamente per ricomparire dall’altra parte, nell’altro universo. Jor-El poteva intravedere appena un riflesso sfuocato dell’oggetto fluttuare fuori dalla sua portata. Ma non poteva percepire nessun dettaglio dello strano posto che aveva scoperto. Desiderava sapere che cosa ci fosse dall’altra parte. Pieno di stupore, Jor-El si avvicinò al passaggio. Non vedeva nulla, letteralmente nulla; un pozzo senza fondo. Avrebbe voluto avere qualcuno al suo fianco. Un momento così importante avrebbe dovuto essere condiviso. Per il suo secondo test, Jor-El attaccò una lente di cristallo
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per la ripresa di immagini a un’asta telescopica non utilizzata, posta su una parete dell’edificio. Avrebbe esteso con attenzione l’asta attraverso la barriera, in modo da consentirgli di registrare ciò che racchiudeva, quindi avrebbe ritirato l’attrezzo. Avrebbe rivisto le immagini e deciso i prossimi passi da compiere. Avrebbe analizzato l’aria, la temperatura e l’ambiente dell’altro universo. Sapeva di essere destinato a esplorarlo prima o poi. Trattenendo il respiro Jor-El allungò l’asta telescopica e spinse il cristallo dentro i confini del vuoto con il movimento più lento e delicato di cui era capace. Improvvisamente, come se un turbine l’avesse inghiottita, si sentì tirare di colpo dall’altro lato, e venne risucchiato attraverso l’apertura insieme all’asta e al cristallo. In un battito di ciglia si trovò in mezzo al nulla, sospeso in un vuoto nero, non riusciva a sentire il suo corpo. Non percepiva nessuna gravità, nessuna temperatura, nessuna luce. Non gli sembrava nemmeno di respirare, non ne aveva bisogno. Era semplicemente un’entità fluttuante, completamente cosciente e staccata dalla realtà. Come se guardasse attraverso una finestra sporca, poteva intravedere degli scorci del suo universo. Ma non vi poteva fare ritorno. Jor-El urlò, ma subito capì che nessun altro poteva udirlo in quella strana dimensione. Gridò di nuovo, ma invano. Provò a muoversi ma non notò nessun cambiamento. Era disperso laggiù, così vicino a Krypton, eppure così lontano.
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CAPITOLO 2 capitolo 2
Mentre lavorava con il suo allievo apprendista intorno alla bizzarra struttura, Lara non riusciva a decidere se il progetto dell’edificio di Jor-El fosse il risultato di genialità o pazzia. Forse le due cose erano troppo simili per poter essere distinte. Rao risplendeva su “campane di luce”, finissime fasce di metallo pendevano da sottili fili metallici che giravano sotto la pressione dei fotoni, producendo un turbinio di arcobaleni. Una torre a forma di spirale, lattescente, senza porte né finestre, sorgeva al centro della costruzione, come il corno di un gigantesco animale mitologico, che si assottigliava in cima fino a diventare una punta affilata. Le altre costruzioni annesse erano strutture geometriche uniche che si innalzavano da cristalli concavi ricoperti da interessanti disegni botanici. Il maniero dello scienziato solitario era un labirinto che si estendeva irregolarmente, ricco di archi e cupole; i muri interni si incontravano in angoli irregolari, intersecandosi in punti inaspettati. Un visitatore che avesse passeggiato attraverso quella caotica disposizione avrebbe potuto perdersi facilmente. Anche se Jor-El spendeva gran parte del suo tempo nel disordinato laboratorio, sembrava aver capito che mancava qualcosa all’edificio che il padre gli aveva lasciato. I muri esterni di pietra lucida color calce richiedevano, come fossero tele
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intonse, la presenza di opere d’arte. Il grande scienziato aveva deciso di rimediare e aveva incaricato un gruppo di artisti talentuosi guidati dai famosi genitori di Lara, Ora e Lor-Van. Lara voleva lasciare il suo segno, separato da quello dei suoi genitori. Era una persona adulta, indipendente e piena di idee. Avendone la possibilità, immaginava di creare un’opera unica e particolare che forse anche Jor-El avrebbe notato (se l’affascinante ed enigmatico uomo si fosse mai preso la briga di uscire dal suo laboratorio). Un giorno Krypton l’avrebbe riconosciuta come un’artista fantasiosa, ma quello non era tutto ciò che desiderava. Lara sperava di andare oltre, non voleva limitare le proprie possibilità. Non solo un’artista. Si considerava anche una narratrice molto creativa, una storica, una poetessa e una compositrice di storie che evocavano la grandiosità di Krypton e la sua eterna età dell’oro. I suoi lunghi capelli terminavano in boccoli che le cadevano lungo le spalle; ognuno virava verso il colore dell’ambra. Per esercizio, Lara aveva cercato di dipingere un autoritratto (per la precisione tre volte), ma non era mai riuscita a riprodurre i propri occhi verdi, sconvolgenti, e nemmeno il mento affusolato o le labbra come boccioli di rosa che curvavano all’insù in un frequente sorriso. Suo fratello dodicenne, Ki-Van, dal naso lentigginoso, gli occhi curiosi e i capelli scompigliati color paglierino, si era recato alla tenuta, che trovava molto più interessante di qualunque mostra di Kandor. Intorno all’edificio principale, squadre di giovani artisti si raggruppavano attorno ai genitori di Lara. Più che subalterni o assistenti, erano veri e propri apprendisti che imparavano da Ora e Lor-Van sperando di potere un giorno aggiungere il loro genio alla biblioteca culturale di Krypton. Il loro compito era di miscelare i colori, innalzare i ponteggi, collocare le lenti di proiezione in modo da trasferire i disegni che il maestro aveva tracciato la notte precedente.
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Se i genitori di Lara avessero fatto bene il loro lavoro, i kryptoniani non si sarebbero più concentrati sul tragico declino di Yar-El e sui disturbi mentali che avevano marcato gli ultimi anni di vita del povero vecchio, sopraffatto dalla Malattia dell’Oblio. Avrebbero invece ricordato la grandezza visionaria di Yar-El. Certamente, Jor-El sarebbe stato grato ai genitori di Lara per questo. Che cosa avrebbe potuto chiedere loro di più? Con l’agilità della gioventù, Lara si sedette a gambe incrociate su un rigoglioso pezzo di terra ricoperto di prato viola, una varietà d’erba scoperta nelle pianure selvagge che circondavano Kandor. Fissava quello che considerava essere il più inspiegabile oggetto sul terreno: dodici lastre levigate di roccia venata color marrone-rossiccio che si innalzavano intorno al giardino della costruzione, ognuna larga due metri e alta tre, tutte coi bordi irregolari. Obelischi che sembravano mani appiattite che spuntavano dal terreno, vuote e immacolate. Undici lastre erano disposte a intervalli regolari, ma la dodicesima era sorprendentemente fuori asse rispetto alle altre. Che cosa voleva comunicare il vecchio Yar-El? Era intenzionato a coprire gli obelischi con messaggi incomprensibili? Lara non l’avrebbe mai saputo. Anche se era ancora vivo, Yar-El aveva smesso da tempo di spiegare le visioni chiuse dentro la sua testa. Lara appoggiò il suo album per schizzi sulle ginocchia. Utilizzava uno stilo con punte intercambiabili per variare il colore dello strato di alghe elettromagnetiche, in modo da disegnare quello che aveva già dipinto nella sua immaginazione. Mentre sua madre e suo padre raffiguravano su murali gesta epiche che narravano la storia di Krypton, Lara aveva deciso di usare quei dodici obelischi lisci per un fine più simbolico, se Jor-El glielo avesse permesso. Era sempre più eccitata mentre pianificava quello che avrebbe realizzato su ogni lastra. Soddisfatta delle proprie idee, Lara congelò le immagini sull’album e si rialzò spazzolandosi via le chiazze di erba viola dalla gonna. Esuberante e determinata, si diresse in fretta verso
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le impalcature dove i suoi genitori stavano discutendo del miglior ritratto dell’Adunanza dei Sette Eserciti, che aveva avuto luogo secoli prima cambiando la società di Krypton per sempre. Lara, orgogliosa, alzò l’album. «Madre, padre, guardate questo. Vorrei avere la vostra approvazione per un nuovo progetto.» Era piena di energia, pronta a mettersi al lavoro. Lor-Van aveva legato i suoi lunghi capelli biondo rame in una ordinata coda di cavallo, per tenerli lontano dagli occhi espressivi e marroni, che mostravano il suo amore verso la figlia – così come la sua infinita pazienza. Cercava di accontentare Lara ogni volta che gli mostrava uno dei suoi nuovi (e spesso poco pratici) progetti, ma a lui sembrava ancora una bambina piuttosto che una donna con una propria volontà. Sua madre, tuttavia, era difficile da persuadere. Aveva capelli corti, color ambra proprio come Lara, ma chiazzati di grigio; come sempre, alcuni sbaffi di vernice punteggiavano le guance e le mani di Ora. «Che cosa hai fatto adesso, Lara?» «Ha realizzato un lavoro di perizia tecnica, nessun dubbio» suo padre la prese in giro «ma che va oltre la capacità di comprensione di miseri mortali come noi.» «Quei dodici obelischi» disse Lara trattenendo il respiro e indicando il più vicino. Si sforzò di parlare con forza e determinazione. «Voglio dipingerli, ognuno diverso dall’altro.» Senza nemmeno guardare gli schizzi, sua madre si girò dall’altra parte. «Questo va oltre lo scopo del nostro progetto. Jor-El non ci ha dato il permesso di toccarli.» Lara ritornò sull’argomento. «Ma qualcuno gliel’ha chiesto?» «È nel suo laboratorio, sta lavorando. Nessuno dovrebbe disturbarlo. Ho dovuto far allontanare tuo fratello perché stava facendo troppo chiasso.» Guardò suo marito. «Forse Ki dovrebbe seguire le lezioni nella scuola di Kandor come i ragazzi della sua età.» Lor-Van sbuffò. «Sta imparando molto di più con noi. Quando potrà capitare al ragazzo un’altra opportunità come questa?»
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Lara insistette con il suo progetto, non accettando la semplice risposta. «Jor-El ha mai detto espressamente di non disturbarlo mentre sta lavorando, oppure state solo facendo delle supposizioni?» «Lara, mia cara, lui è uno scienziato molto rispettato e noi siamo qui su sua richiesta. Non vogliamo essere invadenti.» «Perché hai paura di lui? Sembra una persona gentile e simpatica.» «Vedi Lara» disse suo padre con un sorriso bonario «noi non abbiamo paura di Jor-El. Noi lo rispettiamo.» «Bene, allora glielo andrò a chiedere io. Qualcuno deve chiarire quali sono i nostri limiti.» Si voltò determinata, ignorando gli ammonimenti dei genitori. Lara bussò alla porta del laboratorio, che era grande e decorata quasi come quella del tempio di Rao. Quando vide che nessuno rispondeva, bussò con maggiore insistenza. «Jor-El? Disturbo? Devo farti una domanda.» Aveva scelto le parole con cura. Quale vero scienziato si può negare a qualcuno in cerca di conoscenza? «Permesso?» Anche se sapeva che lui si trovava all’interno del laboratorio illuminato, sentiva solo l’eco del ronzio che proveniva dagli strumenti. «Sono una degli artisti, la figlia di Ora e Lor-Van.» Si soffermò su ogni parola, addentrandosi sempre di più, e aspettando una risposta. Lo spazioso laboratorio di Jor-El era pieno di cristalli che brillavano come banchi di luce. La grande stanza era un luogo magnifico, pieno di macchinari insoliti, esperimenti lasciati incompiuti, attrezzi distrutti e oggetti vari. Sembrava che quell’uomo perdesse interesse per un progetto una volta portato a compimento, pensò Lara. Non poteva capire un simile atteggiamento. Non riusciva a trovare lo scienziato. Era forse uscito di nascosto dalla tenuta? «Jor-El? C’è qualcuno qui?» Al centro del laboratorio si libravano immobili due anelli argentati che contenevano un... buco. E, avvicinandosi alla
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superficie intangibile del varco, vide Jor-El che fluttuava gesticolando confusamente, la sua figura sfocata e appiattita. Anche se le sue labbra si muovevano, non emettevano alcun suono. Lara avanzò in fretta, dimenticandosi il suo album per schizzi e i disegni. Alzò la voce. «Sei intrappolato?» Anche se lui cercava di risponderle, non riusciva a sentire cosa le diceva. Accigliata, andò sul lato posteriore dei cerchi argentati, e vi trovò Jor-El che la fissava nuovamente, come se fosse stato sigillato dentro un piano bidimensionale. La sua curiosità crebbe. «Questo è un esperimento? Non l’hai fatto apposta, non è vero?» L’espressione disperata sul suo bellissimo viso era l’unica risposta di cui aveva bisogno. «Non ti preoccupare. Troverò il modo di farti uscire da lì.»
Mentre fluttuava, intorpidito, nel vuoto sterile, Jor-El ebbe la consapevolezza di quel momento di amara ironia. Per anni aveva sognato un posto di quiete assoluta dove non potesse essere disturbato, un posto dove poter fare vagare i suoi pensieri e seguirli fino alla loro conclusione. Adesso, intrappolato in quel surreale e mortale silenzio, voleva solamente uscirne. Nel momento iniziale in cui era stato intrappolato aveva perso l’asta telescopica e il cristallo per le riprese. Infatti, appena era riuscito a orientarsi, si era girato verso il varco che dava sul suo universo, aveva spinto l’asta, ancora nella sua mano, verso l’apertura, ma la barriera l’aveva fatta rinculare, come se ci fosse una polarità differente nel lato in cui si trovava. Il cristallo era andato in frantumi, il bastone si era piegato ed era sfuggito alla sua presa, rotolando verso il nulla. Jor-El era sospeso come uno spettro. Dopo un po’ di tempo, quasi come un premio di consolazione, la sua penna ritornò lentamente a portata di mano.
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Jor-El l’afferrò, non sapendo come potesse tornargli utile. Non aveva modo di sapere quanto tempo fosse trascorso. Si calmò e cercò di concentrarsi sulla sfida, invece di soccombere al panico. In una situazione normale, se si fosse trovato di fronte un problema insormontabile, Jor-El avrebbe usato il suo migliore dispositivo di calcolo, avrebbe lavorato con equazioni di stringhe infinite, avrebbe seguito i suoi ragionamenti matematici fino a conclusioni spesso sconvolgenti. Adesso, pensò, aveva solo la sua mente. Per sua fortuna, la sua mente era sufficiente. Era tempo di pensare! Rifletté sulla spiegazione fisica di quel buco nello spazio, cercando di capire come era stato trasportato in quel luogo e perché non poteva tornare indietro in modo altrettanto semplice. Una volta creato, il portale si sarebbe mantenuto da solo, non credeva di poterlo richiudere se avesse voluto farlo. Rifletté sui dati del suo dispositivo di controllo di cristallo, sul conseguente raggio di luce solare rossa e le parabole di mercurio, fino a che non escogitò una tecnica che poteva funzionare per uscire da lì. Ma dal suo lato della barriera Jor-El era completamente impotente. Aveva bisogno di qualcuno che lo aiutasse dalla parte opposta. Mentre osservava il laboratorio, individuò un volto, un viso bellissimo come quello di un’eterea ninfa dei boschi. Le sue labbra si muovevano, ma non poteva sentire le sue parole attraverso la barriera. Quando Jor-El le urlò una risposta, capì che anche lei non poteva sentirlo. Erano entrambi tagliati fuori, separati da uno spazio tra gli universi. A Jor-El parve di riconoscere la giovane donna, avendola vista un paio di volte fuori dall’edificio. Ma certo, era la muralista che aveva invitato per abbellire le strutture del suo palazzo. Forse stava pensando di chiamare qualcuno per aiutarlo – ma chi poteva farlo? Nessuno, a parte forse Zor-El, che poteva usare le sue apparecchiature per capire che cosa fosse successo. Ma ci sarebbero voluti dei giorni per far arrivare suo fratello da Argo.
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La giovane donna camminò avanti e indietro nel suo campo visivo, immersa in profondi pensieri. Jor-El trovò esasperante il fatto di avere escogitato una possibile soluzione, ma che non fosse possibile spiegarla a lei. Se solo avesse potuto far invertire alla ragazza la polarità del cristallo centrale, sarebbe potuto uscire. Ma Jor-El non sapeva come comunicarle le sue istruzioni. Dimostrando una sorprendente pazienza, la donna pulì il suo album per schizzi e iniziò a scrivere l’alfabeto kryptoniano. Lui capì subito cosa stava cercando di fare. Sarebbe stato metodo lento, ma dato che lei poteva vedere la sua faccia, avrebbe cercato di scrivere le parole un simbolo alla volta. Jor-El si aggrappò a quel filo di speranza e iniziò a comporre il suo messaggio.
Lara salvò i suoi disegni nell’album, pulì lo schermo e iniziò a lavorare al problema. All’inizio scrisse delle domande a cui lui poteva rispondere con un semplice movimento del capo. Era in difficoltà? Sì. Stava soffrendo? No. Si trovava in imminente pericolo? Un’esitazione, quindi rispose con un no. Voleva che lei lo aiutasse? Sì. Sapeva come tornare indietro? Una pausa, poi un sì. Presto lei si rese conto che non poteva attingere informazioni sufficienti in questo modo. Alla fine, picchiettando meticolosamente su una lettera alla volta con lo stilo e aspettando che lui scegliesse quella giusta, trascrisse il suo messaggio. Invertire polarità. Cristallo principale. Griglia principale. Con sguardo costernato, Lara scrisse: «Che cos’è lo schieramento principale?», «Cos’è il cristallo principale?», «Come faccio a invertire la polarità?».
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Ma poteva ottenere solo una risposta alla volta. Era luogo comune dire che spesso Jor-El parlava di cose incomprensibili per la maggior parte dei kryptoniani. Aveva creato un divario tra se stesso e la stragrande maggioranza dei cittadini, i quali erano contenti di accettare quello status quo. Nel tempo che ci volle per sillabare la sua incomprensibile seconda risposta, lei non sapeva ancora che cosa fare. Centro sperimentale. Griglia di focalizzazione solare. Nel laboratorio. Lara si guardò intorno, ma tutta la stanza era piena di strani strumenti, nessuno dei quali le era familiare. A quale domanda lui stava cercando di rispondere? Trovò molti pannelli di cristallo, fasci di luce riflettente e strumentazioni che emettevano un ronzio. Alla fine decise di fare quello che sapeva far meglio, una forma di comunicazione che non dipendeva dalla matematica o da termini tecnici. Lara schizzò dei tratti veloci con il suo stilo e disegnò tutto ciò che c’era nella stanza. Di nuovo, nonostante il processo meticoloso, alzò l’album davanti allo sguardo di Jor-El, mostrandogli le immagini. Indicando ogni apparecchiatura con lo stilo, gradatamente restrinse il campo di ricerca a quegli elementi che lui le indicò. Alla fine, seguendo con precisione le istruzioni dello scienziato (per quanto potesse capirci) localizzò il gruppo dei cristalli di controllo. Jor-El era teso, mentre Lara si sentiva adrenalinica. Si chiedeva se il pover’uomo stesse iniziando a dubitare della sua teoria, ma lei non nutriva nessuna riserva. Credeva in lui. Lara individuò quello che Jor-El chiamava “cristallo principale”, che brillava di una chiara luce verde smeraldo. Quando lo fece scivolare fuori dal suo alloggiamento, la luce del cristallo si spense immediatamente; lo capovolse e lo reintrodusse di nuovo dal lato opposto.
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Improvvisamente, l’oggetto vitreo emise un bagliore scarlatto. Gli anelli argentati galleggianti che incorniciavano il buco dimensionale iniziarono a girare come sottili lame di un rasoio, quindi ruotarono in senso inverso ed espulsero Jor-El di testa dall’altro universo. Disteso sul pavimento dove era caduto, si spazzolò i suoi pratici pantaloni bianchi e la tunica – rimasti immacolati dalla dura prova – e scosse la testa per riprendersi. Lei gli corse incontro e lo prese per le braccia tremanti, aiutandolo a rialzarsi. «Jor-El! Stai bene?» Trovava a stento le parole. Prima arrossì, poi sorrise. «Che esperienza affascinante.» Quando la guardò, i suoi occhi azzurri scintillarono, gli sembrava di vedere in Lara qualcosa che nessun altro aveva mai visto. «Mi hai salvato la vita. Ma soprattutto, mi hai salvato dal rimanere intrappolato per sempre in quella... zona fantasma.» Lei continuò a sorreggerlo. «Mi chiamo Lara. Mi dispiace per il modo poco ortodosso di fare la tua conoscenza.» Decise di aspettare ancora un po’ prima di chiedergli il permesso di dipingere i dodici obelischi.
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CAPITOLO 3 capitolo 3
Quella notte, la tempesta solare creò un silente gioco luminoso di aurore. Veli eterei e colorati si stendevano e ripiegavano nel cielo di Krypton. Dato che Lara era diventata la sua salvatrice, Jor-El la invitò a cenare con lui sul terrazzo della sua dimora. Quel gesto di gratitudine non era una semplice formalità, era la cosa giusta da fare. Lui aveva riso quando i genitori della ragazza si erano scusati del fatto che la loro figlia si era comportata in modo sfrontato, disturbandolo mentre era al lavoro. Se Lara non l’avesse cercato nel laboratorio, chi poteva sapere per quanto tempo sarebbe rimasto intrappolato in quello spazio vuoto? Lui voleva davvero cenare con Lara, e conoscerla meglio. Adesso tutti e due sedevano insieme in quella calda notte tranquilla, mangiando da molti piccoli piatti, ognuno dei quali conteneva una leccornia saporita. Jor-El era un tipo solitario, non era fatto per le conversazioni occasionali, ma parlare con Lara gli risultò sorprendentemente semplice. Con i denti di una raffinata forchetta dalla punta di perla, Lara prese un pezzetto speziato di lucuma da un piatto con i bordi dorati, lasciando a lui l’ultimo boccone. «Quando partecipo ai banchetti a Kandor, il cibo è sempre così attraente che di solito il gusto non è all’altezza dell’estetica.» Sollevò
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il coperchio di un piccolo vaso smaltato, inspirando profondamente il caldo vapore piccante che sprigionava da carnose foglie stufate, arrotolate intorno a spiedini di funghi. «Qui è tutto squisito.» «Ho dato istruzioni al mio cuoco, Fro-Da, di preparare dei piatti speciali, io di solito non do tanta importanza al cibo. Sono troppo occupato con altre cose.» Con le dita prese un piccolo involtino triangolare. Non aveva idea di che tipo di carne ci fosse o di quali ingredienti Fro-Da avesse usato per la salsa. «Sono stato ad alcuni banchetti dove la cena era più uno spettacolo che un pasto.» Lara si illuminò. «Non c’è nulla di male nello spettacolo, se è davvero quello che vuoi. Mi sono divertita ai balletti levitanti della città di Borga e anche alla mostra di arazzi animati di Kandor, ma quando sono affamata voglio solamente mangiare.» Tutti e due scoppiarono a ridere. Dato che stava origliando la conversazione, il corpulento cuoco entrò e presentò il coloratissimo piatto del dessert con un piccolo accompagnamento di fanfara. «Permettiamo al nostro cibo di essere la celebrazione di se stesso» disse Fro-Da. Jor-El cercò di ringraziarlo, ma il cuoco scomparve seguito da una coda di aiutanti che sparecchiarono la tavola. I due guardarono in alto verso il cielo scuro sfumato di colori pastello. Negli anni precedenti, Jor-El aveva ideato e costruito sul tetto del suo palazzo quattro telescopi con diversi ingrandimenti. Anche se il Consiglio non avrebbe mai «perso del tempo» a scrutare i cieli, Jor-El li aveva utilizzati per tracciare una mappa dettagliata del firmamento. Si mise a osservare le stelle, catalogandone i diversi tipi, e a cercare altri pianeti, consapevole della loro esistenza. Non poteva viaggiare attraverso quei mondi fantastici, ma almeno poteva osservarli. Forse, un giorno avrebbe mostrato a Lara alcune delle remote meraviglie attraverso il suo telescopio più grande. Ma per adesso stava passando un momento piacevole rimanendo semplicemente seduto.
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Sopra le loro teste galleggiava ciò che rimaneva di Koron, una delle tre lune di Krypton, un tempo culla di una fiorente civiltà simile alla loro. Nessun kryptoniano poteva osservare il cielo senza sentire quella perdita importante. Jor-El meditò mentre osservava lo sguardo di Lara. «Hai mai provato a pensare a quanto potere sarebbe necessario per distruggere una luna? Che tipo di scienza stava dietro tutto questo?» «Scienza? La scienza non è responsabile di tutte quelle morti e quella distruzione, la colpa è solamente di Jax-Ur. Ho letto qualcosa sul tiranno nei cicli epici. Nessuno è riuscito a cambiare la storia di Krypton più di lui.» Fu sorpreso dalla veemenza della sua reazione. Lara non aveva certo timore di esprimere le proprie opinioni. L’unico interesse di Jor-El era quello di decifrare la scienza che stava dietro quelle armi straordinarie. Giavellotti-nova, così vennero chiamate. Che tipo di dispositivo poteva fratturare il nucleo di un pianeta e causarne l’immane distruzione? Più di mille anni prima, Jax-Ur aveva tentato di conquistare Krypton, così come gli altri pianeti colonizzati e i satelliti del sistema solare. La gente di Koron si oppose ai suoi voleri, così il signore della guerra minacciò di usare la sua arma sterminatrice su di loro. Quando essi si rifiutarono nuovamente di capitolare, Jax-Ur lanciò tre giavellotti-nova. Dopo aver colpito la luna, il signore della guerra dichiarò che ne possedeva altri quindici, custoditi in un luogo segreto. Ma Jax-Ur aveva sfiancato le sue truppe; le sue conquiste erano troppo rapide e in luoghi troppo distanti tra loro. Sette generali ribelli radunarono enormi eserciti dalle città-stato indipendenti che erano sopravvissute alla depredazione del signore della guerra. I Sette Eserciti si riunirono presso il grande delta del fiume nella Valle degli Anziani, rischiando tutto per sconfiggere Jax-Ur. Uno dei suoi più fidati consiglieri lo tradì – nessuno seppe mai se per nobili ragioni o per salvarsi la vita. Il traditore avvelenò Jax-Ur prima che potesse lanciare le
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proprie armi, e il disprezzato signore della guerra morì senza rivelare dove era nascosto l’arsenale. Jor-El lasciò che la sua immaginazione viaggiasse. «Se riuscissi a trovare almeno uno di quei giavellotti, potrei capire come funzionano.» «Speriamo che nessuno scopra mai quell’arsenale. Nessuno dovrebbe avere accesso ad armi di quel genere. Questo è il motivo per cui la tecnologia pericolosa è proibita su Krypton.» Lui accennò un sorriso. «Oh, sì, ne sono fin troppo a conoscenza. Sono stato troppe volte un bersaglio per quelli della Commissione per l’Accoglienza della Tecnologia.» Dopo la disfatta di Jax-Ur, i comandanti dei Sette Eserciti stabilirono una pace duratura e i kryptoniani focalizzarono la loro attenzione su altri modi in cui poter mettere in salvo la loro civiltà. Poiché Jax-Ur aveva imparato i metodi di costruzione dei suoi giavellotti-nova da un visitatore alieno, i leader di Krypton scelsero di separarsi da qualsiasi influenza esterna. L’Adunanza dei Sette Eserciti aveva bandito tutti i viaggi interstellari, tutti i contatti con i potenziali popoli bellicosi e tutte le tecnologie pericolose. Lara fissò la luna distrutta. «Amavo leggere epopee storiche. In quei giorni la vita faceva parte di un ciclo epico. I kryptoniani avevano passioni e sogni.» Le sue sopracciglia si aggrottarono disegnando un delicato solco sulla fronte. I suoi meravigliosi occhi verdi scintillavano. Sembrava così viva. «Ma se non aspiriamo a migliorarci, viene meno il senso della vita.» Jor-Er la guardò e sorrise. «Non avrei saputo dirlo in un modo migliore. Sono bramoso di conoscere tutti i differenti tipi di scienza – fisica, chimica, architettura, ottica. L’astronomia, poi, è la mia passione.» Lara appoggiò le dita sul suo braccio, sorprendendolo. «Guarda noi, un’artista e uno scienziato. A prima vista sembriamo completamente differenti, ma siamo molto più simili di
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quanto immaginavo. I miei genitori vogliono che mi specializzi nella pittura muraria, come loro, ma a me piaccciono anche la musica, la storia, l’epica. Non voglio limitarmi a una sola area di competenze.» «Sì, lo capisco. Be’, non proprio queste cose, se entriamo nello specifico. Non sono mai stato capace di capire la tonalità di una sinfonia o il principio compositivo di un arazzo. Col mio occhio da scienziato, riconosco che richiedono grande lavoro e immaginazione, e una certa perizia. A ogni modo, tutto quello che posso fare è grattarmi la testa e sforzarmi di capirne il significato.» La sua risata era come musica. «Ah! Adesso capisci come si sentono molte persone quando si parla della tua scienza. È tutto un mistero per loro.» «Non l’ho mai concepita in questi termini.» «Ti dico una cosa che non sai, Jor-El: ho insistito per poter prendere parte a questo progetto con i miei genitori per colpa tua. Tu mi hai sempre affascinato – tu e tutto quello che rappresenti. Io voglio essere dove si fa la Storia.» «Storia?» «La Storia non è sempre fatta di vecchie leggende o documenti. La Storia viene creata ogni giorno, e tu stai creando più di ogni kryptoniano vivente. Tu potresti essere il più grande genio nato su questo pianeta.» Jor-El aveva già sentito affermazioni come quella, ma non aveva mai dato loro importanza. Adesso si sentiva imbarazzato, avendole udite da lei. Lara sorrise quando lo vide arrossire. Si girò di scatto verso il cielo. «Guarda, sta iniziando la pioggia di meteore.» Era troppo timido per volgere lo sguardo verso di lei, ma sapeva che lei lo stava osservando con quella calda espressione sul viso. Ogni mese, quando i detriti della luna entravano nell’orbita di Krypton, la forza di gravità attirava le macerie.
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Lampi di fuoco solcavano il cielo notturno, irradiandosi da Koron come se la luna stesse ancora esplodendo. Lara era affascinata dall’intensità della pioggia di luce. Scia dopo scia, le meteore graffiavano il cielo come grandi artigli. Le stelle cadenti ardevano per poi svanire. «Non ne avevo mai viste così tante.» «Questo è il vantaggio di vivere fuori dalla città, dove i cieli sono ancora scuri. Le luci di Kandor rendono impossibile vedere la maggior parte delle meteore. Le code sono costituite da gas ionizzati che si formano dal calore causato dalla frizione di...» Lara fermò le parole che stava pronunciando con una sonora risata. Lui non capiva cosa ci fosse di divertente, ma lei continuava a sorridere. «Qualche volta, Jor-El, una spiegazione scientifica serve solo a diluire la bellezza. Guarda e goditi questo spettacolo.» Seduto vicino a lei, si sforzò di appoggiarsi allo schienale e osservare la notte. «Per te ci proverò.» Si rilassò e osservò la bellezza della pioggia di meteoriti per il gusto di farlo, provando una piacevole euforia nel guardarla insieme a lei. Mentre Lara continuava a meravigliarsi delle sfere infuocate, i pensieri di Jor-El tornarono alla Zona Fantasma. Anche in quella piacevole circostanza non poteva distogliere la sua mente analitica dal lavoro. Aveva creato una porta verso un’altra dimensione, anche se non era quello che si aspettava. Non aveva costruito un passaggio verso nuovi e meravigliosi mondi, ma una trappola. Aveva sperato di avventurarsi in numerosi universi paralleli, ma adesso non riusciva a vedere nessun lato positivo in quel posto vuoto dove era stato intrappolato, vagando alla deriva da solo. Prima che la Commissione per l’Accoglienza della Tecnologia gli permettesse di rimanere in possesso della propria scoperta, avrebbe dovuto dimostrare alcune incontrovertibili applicazioni pratiche. Quando lo spettacolo delle meteore finì, Lara si stiracchiò. «È tardi.» Jor-El vide che gli scintillanti resti di Koron erano
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vicini all’orizzonte occidentale; era rimasto immerso nei suoi pensieri per troppo tempo. «Grazie Jor-El, è stata una serata indimenticabile.» «Una giornata indimenticabile. E domani porterò la Zona Fantasma a Kandor.» Si alzò per riaccompagnarla nella stanza riservata agli ospiti, dove alloggiavano i suoi genitori, il fratellino e tutti gli altri apprendisti. «Ho bisogno di incontrare il commissario Zod.»
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CAPITOLO 4 CAPITOLO 4
La grande arena di Kandor era un’ellisse perfetta con pareti molto alte, colonnati e archi maestosi. I membri di tutte le diverse classi sociali kryptoniane attendevano la corsa delle hrakka, stando seduti spalla contro spalla su sedili scolpiti in calcedonio lucido. I vessilli con gli emblemi delle più importanti famiglie nobiliari di Krypton adornavano i parapetti del grande stadio, gli spettatori sedevano all’interno di settori riservati in modo da acclamare gli aurighi preferiti. Urlavano e fischiavano per qualunque squadra ritenevano essere la più entusiasmante, e le loro incostanti simpatie cambiavano durante il corso della competizione. Le scale di ganga incrostate di polvere di cristallo conducevano da una fila di sedili all’altra come una cascata di pietra. I grandiosi palchi privati erano riservati agli invitati di riguardo. Gli undici membri del Consiglio sedevano nella tribuna centrale e godevano della visuale migliore. Sotto di loro, la ghiaia rossiccia della pista era stata rastrellata e resa liscia per fare correre le bestie non appena fossero uscite. Il commissario Dru-Zod trovava l’evento al tempo stesso imbarazzante e noioso. La luce vermiglia del pomeriggio era troppo chiara e troppo calda. Anche se il sistema di ventilazione diffondeva aria fredda nel suo palco, Zod continuava a sudare.
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All’esterno l’ambiente era troppo difficile da controllare, e a lui non piacevano le cose che sfuggivano al suo controllo. Le gradinate erano affollatissime e poteva sentire il sudore degli spettatori anche dal suo palco riservato. Tuttavia, il commissario fingeva di divertirsi. La leadership era tutta una questione di apparenze. La grande corsa delle hrakka era un evento culturale, uno spettacolo entusiasmante per chi non aveva nulla di meglio da fare. Zod aveva molte cose più importanti della gara di cui occuparsi, ma non poteva realizzarle senza prima adempiere alle aspettative della gente. Moltissime persone si radunavano nella capitale per quell’importante spettacolo, che aveva cadenza mensile. Li rendeva felici. Li calmava. Li teneva sotto controllo. Il palco designato a Zod era collocato su una gradinata impolverata, due livelli più in basso rispetto ai palchi fastosi dei membri del Consiglio, e la sua visuale non era buona quanto la loro, ma a Zod non importava nulla dello spettacolo. Da quando aveva ottenuto il comando della Commissione per l’Accoglienza della Tecnologia, gli undici membri del Consiglio consideravano la sua posizione subordinata alla loro. Pensavano che Zod sottostasse felicemente ai loro ordini. Erano dei pazzi. Il sorriso sul suo viso era perfetto; i capelli scuri tagliati con stile, insieme alla barba e ai baffi curati, gli davano una parvenza di persona distinta. Per l’evento del giorno era accompagnato da Vor-On, il figlio più giovane di una nobile famiglia senza alcuna prospettiva futura. «I tuoi aurighi vinceranno oggi, commissario Zod? Devo piazzare un’altra scommessa?» Puzzava di troppo profumo che mascherava l’abbondante sudore. Vor-On era poco più di un lecchino, felicemente imbarazzato di avere l’attenzione di Zod. Dopo molti anni di pratica, Zod riusciva a tenere il tono di voce sotto controllo. «Mi aspetto che vinca Nam-Ek, ma queste cose non possono essere garantite.»
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Vor-On si contorse, contenendo a stento il suo entusiasmo. I capelli color ruggine erano tagliati dritti, precisi e pareggiati sul retro; il taglio, molto in voga quell’anno, era stato eseguito in maniera così poco fine che sembrava una parrucca da quattro soldi. «Stai progettando qualcosa, non è vero? Hai la vittoria in pugno. Quale sarà la sorpresa Zod, ti prego, dimmelo.» «Se te lo dicessi non sarebbe più una sorpresa.» Zod non aveva scommesso, non era venuto per il mero profitto. Lui era certo, a ogni modo, che il suo uomo, Nam-Ek, avrebbe soddisfatto se non superato le sue aspettative; nel fare questo, il muscoloso muto era quasi prevedibile. Zod si sporse, annoiato. Le signore nebulizzavano una nebbiolina rinfrescante in aria. I venditori di cibo cercavano di smerciare bibite fresche. Buffi attori con appariscenti vestiti trasportavano festoni e nastri colorati, danzando lungo la pista affollata sotto di lui, e sovraintendevano alla preparazione finale, mentre fingevano delle imbarazzanti cadute per divertire il pubblico. L’attesa cresceva istante dopo istante. Nel mezzo della tediosa baraonda Zod vide qualcosa di interessante. Sopra l’appariscente palco della nobile famiglia dei Ka, gli ospiti portavano vestiti ornati in modo stravagante e assolutamente poco pratici, dettati dalla moda e non dal senso comune. Uomini e donne sedevano con alti baveri, maniche appuntite, cinte strette e vestiti spiegazzati pieni di borchie e così tanti gioielli che non si sarebbero nemmeno potuti piegare se un assassino li avesse attaccati con un pugnale. Lo trovò al tempo stesso divertente e disgustoso. Ma chi catturò l’attenzione di Zod fu una giovane ragazza che sembrava non avere nulla in comune con loro. I suoi capelli scuri tagliati in modo diseguale erano disordinati invece di essere acconciati. Non indossava nessun gioiello. I suoi occhi erano come pozze scure, le sue fattezze ancora più incantevoli perché non assecondavano lo standard di bellezza kryptoniano. I suoi pantaloni aderenti di pelle nera e il suo largo gilet erano stati
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disegnati più per la comodità e la praticità che per l’ostentazione. Sedeva sul sedile di pietra in modo rilassato invece di tenere una postura controllata. Zod capì subito che quella donna era diversa da tutti gli ottusi nobili con cui aveva a che fare ogni giorno. «Vor-On, chi è quella creatura intrigante laggiù?» Lo zelante giovane nobile seguì lo sguardo di Zod, e un cipiglio di disgusto apparve sul suo viso. «Non ti può interessare una come lei, commissario!» «Perché ti devo dare delle spiegazioni? Ti ho fatto una semplice domanda.» «Sì commissario. Naturalmente commissario. Lei è la terza figlia della casata dei Ka, quasi una reietta, un impiccio. Quando i suoi genitori cercarono di ripudiarla, lei si vendicò rinnegando il suo cognome. Insiste a farsi chiamare semplicemente Aethyr.» «Meraviglioso.» «Vergognoso! Ha intenzionalmente rifiutato di condurre un’esistenza all’altezza del lignaggio della sua famiglia.» Zod si grattò la barba, in contemplazione. «Perché, lei fa cose che loro disapprovano?» «Ma certo commissario. A lei non piace la sua famiglia, e a loro non piace lei. Non so perché insista a venire alla corsa delle bighe, e perché voglia essere vista con la sua famiglia nel suo palco.» Zod controllò il sorriso. Anche se il compagno era così stupido da non riuscire a comprenderne la ragione, lui la capì molto bene. Probabilmente Aethyr si gustava il grosso disagio di cui era causa, e lo faceva apposta. Lo trovò incantevole. Guardandosi intorno, vide altri membri di nobili famiglie nei loro palchi che lanciavano occhiate verso le poltroncine della famiglia Ka, aggrottando le ciglia per poi velocemente voltarsi dall’altra parte. Così penosamente ovvio e così artificiale. I kryptoniani erano degli attori di una rappresentazione già vista. «Non lo capisci? Questo è il suo modo di ribellarsi, e lo fa sfoggiandolo in faccia alla sua famiglia.» Sorrise. «Guarda
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come sta vicina a loro, e più lei si avvicina più loro si spostano. È tutto un gioco per lei. Aethyr è più furba di qualunque membro della sua famiglia. È un diamante grezzo, Vor-On. Per questo motivo è molto attraente.» Vor-On rispose pieno di orrore: «Forse... se tu potessi vedere attraverso lo sporco e i suoi difetti... E quei... vestiti!» «Se lo desiderasse, Aethyr potrebbe mettersi i vestiti che altre persone le imporrebbero di indossare, ma nulla d’artificiale può creare quel carisma diafano.» I corni suonarono per annunciare i preparativi. Le fanfare echeggiarono attraverso sistemi di amplificazione azzittendo il brusio di sottofondo della folla. Anche sotto gli infuocati raggi del sole rosso le luci ornamentali brillavano dalla sommità delle affusolate colonne di ossidiana che si ergevano intorno alla tribuna riservata al Consiglio. Vor-On si girò immediatamente verso la pista, felice di potersi concentrare su qualcosa di più consono rispetto ad Aethyr. I cancelli si aprirono e le bestie emersero dall’ombra delle loro oscure gabbie. Gruppi di hrakka – muscolose lucertole delle zampe corte con creste dentellate sul muso – avanzarono con passo pesante, legate a gruppi di tre a ogni veicolo fluttuante. Le creature verde oro davano strattoni ai loro gioghi mentre ogni squadra trascinava la propria biga all’aperto. La pelle squamosa riproduceva il simbolo della nobile famiglia che la sponsorizzava. Zod socchiuse gli occhi per poter inquadrare il suo uomo. Con una barba cespugliosa e ampie spalle, Nam-Ek stava dritto alla guida del suo veicolo, tenendo le redini con mano ben salda. Zod nascose il suo sorriso compiaciuto quando il pubblico iniziò a lamentarsi riguardo alle insolite bestie aggiogate alla biga di Nam-Ek. Il muto aveva domato lucertole dalla pelle nera provenienti dalle selvagge terre meridionali di Krypton. Adornate con corni e spine lungo tutto il corpo, squame color ebano e creste
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scarlatte, quelle creature selvagge erano abituate a cacciare e smembrare le loro prede. Come ammaestratore, Nam-Ek poteva essere fiero tanto quanto le proprie bestie e le schierò tutte e tre in linea. Il muscoloso conducente sembrava completamente sicuro di sé. Quando tutte le bighe furono allineate sulla linea di partenza, Jul-Us, capo del Consiglio, calvo e dall’atteggiamento rassicurante, salì sul podio principale. Tra le ovazioni, Zod non riuscì a produrre che un applauso di cortesia. Anche se il vecchio Jul-Us era ben voluto a Kandor, Zod disprezzava quell’uomo per l’alta carica che ricopriva. Lui sarebbe dovuto essere il capo del Consiglio, ma a causa di pugnalate alle spalle e «alleanze» infide, era stato tagliato fuori dai giochi e messo a capo della Commissione secondaria come premio di consolazione. Anche se aveva raccolto più potere con la sua carica rispetto a quello che aveva ottenuto ogni singolo membro del Consiglio, Zod non avrebbe mai dimenticato di essere stato ingiustamente disprezzato. Tutti gli occhi erano puntati su Jul-Us nel momento in cui questi alzò un lungo cristallo scarlatto sopra la sua testa, un frammento simbolico contenente delle fiammate di luce. Sotto di lui, tutti i conducenti delle bighe misero ai loro posti le loro hrakka scalpitanti, pronte alla corsa nel momento in cui avrebbero ricevuto il segnale. A onor del vero, bisogna dire che il capo del Consiglio non era un uomo che chiedeva attenzioni e lodi dalle persone di Kandor. Diceva semplicemente: «Lasciate che la corsa abbia inizio!» e spezzava in due il cristallo scarlatto che rilasciava un lampo abbagliante. Le hrakka si scagliarono in avanti, strattonando i loro finimenti mentre caricavano la pista affollata. Con i muscoli asciutti e i lunghi artigli che affondavano nella ghiaia, le lucertole nere di Nam-Ek si portarono subito in testa. Ai lati del muscoloso muto, le squadre rivali aizzavano le loro hrakka cercando di mantenere il passo delle bestie selvatiche. La folla acclamava le
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proprie squadre preferite, sventolando bandiere e facendo le ultime scommesse. Alcuni fischiavano, altri invece lanciavano urla di disapprovazione. In piedi, statuario come una divinità davanti al proprio palco, Jul-Us guardava la grande corsa. Una voce esile mista a un accenno di timore interruppe la concentrazione di Zod. «Commissario, chiedo il permesso di parlarle!» Cercando a tutti i costi di restare calmo, Zod si voltò. Dietro di lui, vestito con una cappa rosso chiaro con le maniche gonfie, stava Bur-Al, il suo quarto in comando alla Commissione per l’Accoglienza della Tecnologia. L’uomo era un amministratore, un funzionario senza spina dorsale e prospettive. «Perché stai interrompendo il mio divertimento? Il mio uomo, Nam-Ek, è in testa.» Bur-Al incrociò le sue maniche paffute intorno al petto. «Commissario, questo argomento andrebbe discusso in privato.» Zod gli lanciò uno sguardo fulminante. «Allora perché vieni in un posto in cui ci sono migliaia di persone?» L’altro sembrò essere stato preso in contropiede dalla domanda, quindi disse a bassa voce: «Ho scoperto il suo segreto. So che cosa ha fatto con tutti i macchinari tecnologici che consideri pericolosi, gli oggetti che ha bandito». «Per favore tieni i tuoi vaneggiamenti per un luogo più appropriato.» La folla strillava e applaudiva. Vor-On non aveva ancora notato l’insignificante visitatore. Alla fine il commissario sospirò. «Molto bene, incontriamoci giù nelle scuderie private alla fine della corsa, dove non saremo disturbati dalla folla. Nam-Ek si prende cura delle sue hrakka laggiù, e sai benissimo che non può parlare. Adesso lasciami solo.» Rapito dallo spettacolo, Vor-On alzò le mani. «Lo hai visto commissario? È stato stupefacente!» Sulla pista una delle bighe si ruppe. Nam-Ek, tirando le redini, incalzava le sue creature senza il bisogno di usare la frusta. Le bestie nere si lanciarono sulla pista, calpestando la
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ghiaia, correndo sempre più veloci. Zod avvertiva la presenza di Bur-Al dietro di lui, sbuffante e agitato, ma lo ignorò. Alla fine l’amministratore andò via. Alcune nobili famiglie che avevano investito sulle altre squadre iniziarono a lamentarsi con toni sempre più accesi riguardo l’utilizzo di quelle hrakka scure. A porte chiuse, prima dell’inizio della gara, due giudici di gara avevano messo in dubbio la legalità dell’utilizzo di quella nuova specie. Nam-Ek sembrava non avere più speranze ed era visibilmente agitato, impossibilitato a esprimere verbalmente i suoi timori, ma Zod, come sempre, era stato la voce della ragione, dicendo ai giudici di leggere bene il regolamento. Nella polverosa documentazione, nessuno aveva mai fornito una definizione esatta di cosa fosse una hrakka. In assenza di una qualsiasi regola che le definisse, i giudici inflessibili avevano acconsentito alla squadra di NamEk di poter partecipare alla corsa. Quando gli aurighi stavano iniziando il terzo giro, due squadre avversarie ridussero il loro distacco, spingendo le creature verde oro oltre i propri limiti di resistenza. Zod pensava che quelle hrakka sarebbero probabilmente morte alla fine della corsa, il che senza alcun dubbio sarebbe stato causa di scandalo a Kandor. Quando una delle hrakka dorate si affiancò alla biga di Nam-Ek, la vicinissima bestia scura girò la testa e la attaccò con un colpo di lingua violento come una frustata, che ridusse in poltiglia l’occhio della hrakka rivale. La creatura ferita si impennò impazzita e diede un colpo d’artiglio alla creatura imbrigliata al suo fianco. La biga improvvisamente si rovesciò e si ruppe rotolando. L’auriga, che indossava una tuta protettiva e una cintura antigravitazionale, venne scagliato fuori dai rottami, illeso, mentre le bestie giacevano ferite e moribonde. Con gli occhi sbarrati Vor-On guardò Zod come se avesse la risposta a tutte le sue domande. «Ma è consentito?» «Non è vietato dalle regole.»
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«Come è possibile che non sia vietato? Questo è... orribile.» «Un’altra persona potrebbe definirlo innovativo.» Zod sentì un brivido mentre osservava la scena. Le hrakka di Nam-Ek attaccarono con le loro lunghe lingue la squadra alla loro destra, causandone la rovina. Adesso il muto muscoloso aveva acquisito un indiscutibile vantaggio. Zod non ebbe nemmeno bisogno di vedere il resto della gara; il risultato finale sarebbe stato un’inevitabile vittoria. Lasciò che Vor-On finisse il rinfresco che gli inservienti avevano lasciato nel palco del commissario. Mentre tutti gli occhi erano attratti da quello che stava succedendo sulla pista, nessuno notò Zod dileguarsi lentamente. Doveva recarsi nelle scuderie per prepararsi prima dell’arrivo di Bur-Al.
Le nere hrakka secernevano un sudore untuoso dalle ghiandole sudoripare situate dietro le fauci, ma la puzza della scuderia non infastidiva Zod. Aveva fatto costruire quei recinti adiacenti alla grande arena; erano nella penombra e freschi e, cosa più importante, molto riservati. Agli occhi dei nobili, le scuderie mostravano che il commissario non badava a spese per mantenere Nam-Ek, la sua biga e le sue hrakka in splendida forma. Per Zod, invece, le scuderie servivano per gli incontri segreti. Dopo la combattuta corsa, Zod incontrò il suo auriga nella confortevole penombra, facendosi da parte quando il muto vittorioso spinse le tre hrakka scure nei loro recinti per incatenarle al muro con spessi ceppi. Sudato e felice, Nam-Ek ingurgitò dell’acqua fresca direttamente da un secchio. Il muto sorrise a Zod, il quale gli diede dei buffetti sulle spalle massicce in segno di congratulazione. Anche se doveva essere affamato, il muto non avrebbe mangiato fino a quando non avesse finito
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di occuparsi delle hrakka. Anche le lucertole nere dovevano essere affamate dopo tutte quelle energie bruciate per la corsa, ma Nam-Ek prudentemente non avrebbe dato subito loro del cibo. Nelle loro condizioni si sarebbero ingozzate e ammalate. Il grosso auriga sfregò dell’olio sulla pelle delle hrakka, rendendo le loro squame lucenti come ossidiana. Lavorò meticolosamente, massaggiando i muscoli delle bestie. Le hrakka grugnivano, sibilavano e facevano le fusa, ma non cercavano mai di attaccare Nam-Ek. Erano abituate anche alla presenza di Zod, che spesso si recava nelle scuderie per riflettere, usando Nam-Ek come silente cassa di risonanza delle proprie idee. Trovava rilassante poter dire quello che pensava senza essere interrotto da stupidi commenti. Dopo aver spiegato al suo compagno muscoloso di cosa aveva bisogno, Nam-Ek rispose con un brusco cenno d’assenso. Zod poteva ancora sentire l’eco dei rumori provenienti dalla folla all’esterno mentre le persone uscivano dallo stadio, conversando tra di loro, eccitate dall’esito della corsa. Guardò in alto e vide un’esile figura sulla soglia della porta. Bur-Al era arrivato alle scuderie seguendo le istruzioni di Zod. Il commissario si appoggiò contro il muro di pietra accanto al recinto mentre guardava il suo assistente di quarto livello. «Speravo che avresti fatto uso del tuo buon senso, Bur-Al. Hai avanzato delle accuse preoccupanti.» «Non sono solo accuse. Io ho le prove, e lei sa di cosa sto parlando. E non cerchi di corrompermi!» «Chi ha parlato di corruzione? Non me lo sognerei nemmeno.» Non saresti degno di un tale investimento, pensò. Bur-Al raccolse tutto il suo coraggio. «Ero un grande ammiratore di suo padre, e mi vergogno di vedere che non segue i suoi passi. Ha anteposto la sua ambizione personale al perfezionamento di Krypton.» «Penso che Krypton sia già perfetta. E non parlare più di mio padre. Lui era una guida grande e visionaria.»
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«Su questo, almeno, siamo d’accordo. Ma lei ha infranto la legge! Tutte le invenzioni pericolose sottoposte alla Commissione devono essere distrutte. Ma non è questo il suo caso, non è vero?» Bur-Al iniziava a pensare di aver preso il sopravvento. «Se tu sei convito di quello che stai dicendo, e se insisti nel sostenere che io non ti possa corrompere, perché mai al mondo stai intavolando questa discussione quaggiù? Perché cerchi di sfidarmi con questi argomenti? Mi sembra una pazzia e un’ingenuità.» Bur-Al si agitò, poiché non aveva considerato le conseguenze. «Voglio guardarla in faccia quando le rivolgo le mie accuse. E mi ha dimostrato che quello che dico è vero.» Zod sospirò. Quell’uomo era un idiota. «Perché hai bisogno di tutto questo se hai delle prove incontrovertibili? Non ci hai riflettuto abbastanza, Bur-Al.» Il giovane tirò su col naso, prendendo l’insulto come un’onorificenza. «Chiedo scusa di non essere molto pratico nell’arte dell’inganno e nelle macchinazioni come lei, commissario.» Zod si diresse verso l’angolo dove Nam-Ek aveva appena finito di passare l’olio sulla terza hrakka e si era fermato per asciugarsi le mani con uno straccio. «Non hai detto nulla, e cosa ancora più grave, mi hai fatto perdere tempo. Questi pochi minuti di cose senza senso passati con te sono minuti che non potrò mai più riavere. Sei stato molto inefficiente.» Bur-Al chiuse i suoi piccoli pugni lungo i fianchi. Zod si girò in direzione di Nam-Ek. «L’unica consolazione è che posso trasformare questo incontro in qualcosa di gradevole.» L’auriga impugnò le grosse catene a mani nude, le arrotolò e sradicò il perno che le agganciava al muro. La scura hrakka si alzò, infastidita e ringhiosa. Nam-Ek ruppe la seconda catena, e poi la terza. «Sono sempre molto affamate dopo una corsa» disse Zod. «Potresti farti perdonare per avermi fatto perdere del tempo facendomi risparmiare i soldi del cibo.»
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Le hrakka balzarono fuori dai loro recinti prima che Bur-Al si rendesse conto di quello che stava per accadere. Le lucertole nere si gettarono sull’uomo indifeso, rapide e violente. Sventrarono il giovane amministratore macchiando l’aria di sangue. Dallo stadio si sentirono arrivare le note di una fanfara che suonava la musica finale, che soffocava le urla. Gli ultimi spettatori rimasti applaudivano e ridevano. Forse i saltimbanchi erano apparsi di nuovo sulla pista, per rastrellare la ghiaia. Bur-Al giaceva in preda agli spasmi sul suolo sabbioso pieno di polvere, mentre le tre hrakka continuavano il loro pasto nella scuderia oscura. Zod disse con un tono di voce impassibile: «Per il cuore rosso di Rao, è terribile. Non so spiegarmi come abbiano potuto rompere le catene». Nam-Ek non poteva distogliere i suoi occhi pieni di lacrime dal frenetico pasto. Zod poteva avvertire l’infelicità del muto, e il cuore si aprì al possente uomo. «Andrà tutto bene, Nam-Ek. Non lascerò che ti facciano del male.» Poiché il delitto era un avvenimento molto raro su Krypton, nessuno avrebbe sospettato nulla di sinistro. Le micidiali bestie si erano semplicemente liberate. Un incidente. Le hrakka erano predatrici, dopo tutto, e avevano dimostrato la loro inclinazione alla violenza durante la corsa. Erano pericolose. Nam-Ek puntò il dito rozzo verso le tre lucertole, e Zod capì che il suo amico muto era affranto per il fatto che gli animali sarebbero stati soppressi. «Mi dispiace, Nam-Ek. Non c’è nulla che possa fare.» Si scervellò per cercare una possibilità, ma non ce n’erano. «Ti procurerò altri animali, te lo prometto.» Rassegnato, Nam-Ek annuì e Zod sentì un leggero rimorso di coscienza. Gli era sembrato il modo migliore per togliere di mezzo Bur-Al, ma forse avrebbe dovuto essere più prudente, avrebbe dovuto escogitare un modo più ingegnoso che non avrebbe messo in pericolo le amate hrakka di Nam-Ek. «Ti prometto che farò meglio la prossima volta.»
“Tutti quanti conoscono la storia della nascita di Superman... Kevin J. Andreson è andato ben al di là di quello che noi conosciamo per forgiare una storia epica.” - Houston Chronicle -
KEVIN J. ANDERSON Kevin J. Anderson
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morte di quella stessa civiltà che sta cercando di governare. Attraverso tutto questo, l’amore reciproco di Jor-El e Lara, la loro storia e il loro figlio permettono a Krypton di continuare a vivere anche se il pianeta si sta consumando intorno a loro. Per questo, nella fuga del loro bambino giace il più grande dono di Kripton e il più grande eroe della Terra.
Kevin J. Anderson uno dei più noti scrittori di questi anni è l’autore del prequel di Dune (scritto a quattro mani con Brian Herbert), best-seller internazionale e vincitore di molti premi, numerosi romanzi di Star Wars e ha scolpito un’indiscutibile nicchia per se stesso con una fantascienza epica rappresentando la sua Saga dei sette soli, di grandissimo successo. Il suo lavoro, acclamato dalla critica, ha vinto ed è stato nominato in numerosi premi importanti. Vive in Colorado.
Copertina © 2008, Lott • Reps. all rights reserved
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Superman, il logo della DC, e tutti i nomi a essi collegati compresi i personaggi e tutti gli elementi della storia so no marchi registrati della DC Comics©2010. Tutti i diritti riservati.
ISBN 978-889538115-2
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788895 381152
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Prima che ci fosse Superman... c’era Kripton, un mondo condannato, e due genitori che ci diedero il loro unico figlio... Tutti sanno come Kal-El – Superman – venne mandato sulla Terra appena prima che il suo pianeta esplodesse. Ma cosa causò un disastro di quella portata? Ora, ne Gli ultimi giorni di Krypton, Kevin J. Anderson presenta un ampio racconto del fasto e della grandezza, dell’intrigo e della passione, della politica e dei tradimenti di un mondo condannato ricco di impavidi eroi e crudeli traditori. Sullo sfondo spettacolare degli ultimi giorni felici di Krypton avviene il corteggiamento e il matrimonio dei genitori di Kal-El, il brillante scienziato Jor-El e sua moglie, una storica, Lara. Insieme combattono per convincere una società stagnante e incredula che il loro mondo sta per scomparire. Il fratello di Jor-El, Zor-El, capo della leggendaria città di Argo, si unisce alla lotta, non solo per salvare il pianeta, ma anche per combattere contro la minaccia dello spietato e astuto Generale Zod. Il diabolico Zod, futuro nemico numero uno di Superman, si avvale di un’opportunità d’oro per impossessarsi del potere quando l’androide Brainiac cattura la capitale Kandor. Nel momento stesso in cui l’influenza di Zod sulla popolazione si rafforza e il suo potere cresce, anche lui diventa cieco a tutti i segnali che indicano la