E cadde la neve

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E CADDE LA NEVE Titolo originale: Swimmer in the Secret Sea Copyright © 1975 by William Kotzwinkle TUTTI I DIRITTI RISERVATI

© 2012 zero91 s.r.l., Milano This edition is published in agreement with the author, c/o BAROR INTERNATIONAL, INC., Armonk, New York, U.S.A. Prima edizione: marzo 2012 Traduzione di Costantino Margiotta Realizzazione editoriale: Simone Bertelegni Copertina © Mark Owen /Arcangel Images ISBN 978–88–95381–48-0 La riproduzione di parti di questo testo, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma senza autorizzazione scritta è severamente vietata, fatta eccezione per brevi citazioni in articoli o saggi. Stampato in Italia nel mese di marzo 2012 presso GECA S.p.A. – Cesano Boscone (MI) www.gecaonline.it

Questo libro è stampato su carta FSC amica delle foreste. Il logo FSC identifica prodotti che contengono carta proveniente da foreste gestite secondo i rigorosi standard ambientali, economici e sociali definiti dal Forest Stewardship Council. La casa editrice è impegnata contro l’editoria a pagamento.

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WILLIAM KOTZWINKLE

E CADDE LA NEVE romanzo

traduzione di Costantino Margiotta

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«Johnny, mi si sono rotte le acque!» Laski emerse da un mare fatto di sogni, cercando la superficie. Il mare era scuro e alcune creature iridescenti avanzavano verso di lui. Improvvisamente una di esse esplose emanando un bagliore accecante. Laski si svegliò e si mise a sedere sul letto. Diane aveva la mano poggiata sull’abat-jour e stava fissando la macchia che si spandeva sulle lenzuola. «Ci siamo» disse. «Preparati.» Era già stato colto dalla prima ondata di panico, che gli aveva accelerato il battito e provocato pelle d’oca e brividi. «Sarebbe meglio se mi mettessi un assorbente» disse Diana. «Sto bagnando dappertutto.» Lui la sorresse per un braccio e l’aiutò a scendere le scale. Anche lei iniziò a tremare; tremarono en3


trambi quando passarono davanti alla finestra e osservarono la foresta coperta di neve. L’immobilità degli alberi lo rasserenò, e si fermò insieme alla moglie sul pianerottolo per dissetarsi del bianco nettare sprigionato dalla luna. Il suo tremore si attenuò, ma non quello di Diana, così l’accompagnò al bagno. Camminava ricurva, con le braccia a cingere il ventre rigonfio, l’epicentro di quel terremoto. Lui l’aiutò a sedersi sul water, quindi aprì uno stipetto e prese una coperta. Gliel’avvolse intorno e iniziò a sfregarle le mani e le braccia, cercando di generare calore. Lei lo guardò, le battevano i denti. Laski non si aspettava che sarebbe andata così, loro due sorpresi e sballottati come bambole di pezza. Avevano studiato attentamente i manuali sulla gravidanza ed eseguito con regolarità gli esercizi, e lui pensava che quello che sarebbe accaduto dopo sarebbe stato un naturale proseguimento di quanto avevano letto. Invece non c’era stata nessuna progressione. Improvvisamente si erano ritrovati trascinati sopra un letto di pietre. Gli occhi di sua moglie assomigliavano a quelli di un bambino, stupiti e terrorizzati, ma la voce di lei rimaneva calma e questo gli fece capire che era pronta, nonostante la paura e il battere dei denti. 4


«Adesso posso controllare il flusso delle acque» disse. «Riesco a fermarle.» «Vado a riscaldare il motore del pick-up.» Uscì nella neve. Oltre le cime offuscate degli alberi brillava l’enorme volta celeste e il pick-up, illuminato dalla luna, era ricoperto da un sottile strato di ghiaccio luccicante. Aprì la portiera e si sedette, tirando l’aria e girando la chiave. L’accensione emise un gemito che venne raccolto dalla fredda mano del vento del Nord. «Andiamo» disse Laski in modo sommesso, facendo appello all’animo buono del veicolo, quel bestione da mezza tonnellata che non lo aveva mai tradito. Cercò di cogliere un segnale di vita in quel gemito, e quando lo percepì pigiò di colpo l’acceleratore, risvegliando del tutto il mezzo. «Posso sempre contare su di te.» In un posto così a nord, qualunque motore poteva congelarsi, qualsiasi batteria scaricarsi, ed erano nel fitto della foresta, a una ventina di chilometri dall’altro veicolo più vicino. Aveva visto qualcuno accendere un fuoco sotto il motore, e udito imprecazioni fluttuare nell’aria durante le notti del Nord, a mano a mano che il tempo passava e ogni idea finiva in un nulla di fatto e nessuno andava da nessuna 5


parte. Mantenne l’aria tirata per far salire di giri il motore più in fretta, accese il riscaldamento e uscì dal veicolo ritrovandosi nella neve. I fumi di scarico del pick-up erano l’unica nuvola a stagliarsi contro la luna splendente. Lui l’attraversò e rientrò nella baita, poggiata sulla neve come una piccola lanterna nell’immensità della natura selvaggia e inaccessibile. Diane stava ancora tremando nel bagno, il ventre prominente sotto la camicia da notte. L’aiutò a salire le scale per ritornare in camera da letto, dove lei iniziò a vestirsi, con movimenti regolari, ma sempre tremante. A Laski sembrava che ci fossero due Diane distinte: una che tremava come una foglia, e un’altra calma e risoluta come un’anziana levatrice. Lui percepì la stessa doppia personalità anche in se stesso mentre afferrava la valigia e scendeva le scale. La sua mano tremava e il cuore rullava nel petto, ma un’altra parte di lui era calma e salda come un vecchio albero. La sua parte tranquilla sembrava dimorare in alcune zone del corpo che Laski non sapeva identificare. Le budella gli si attorcigliavano, il cervello correva a tutta velocità, le gambe tremavano, ma da qualche parte dentro di lui regnava la pace. Iniziò a calpestare la neve. Il pick-up era anco6


ra acceso. Chiuse lentamente l’aria fino a quando il motore iniziò a girare normalmente. Voltandosi, vide Diane attraverso la finestra che dava sulla stanza da letto, la sua pancia enorme che la precedeva. Si muoveva lentamente e prestando attenzione. Lui sapeva che lei avrebbe indossato i vestiti che aveva scelto per l’occasione, che li avrebbe trovati proprio dove voleva che fossero. La vita di Laski era un groviglio di vestiti lanciati in ogni direzione, di scarpe che danzavano in angoli improbabili, niente era dove avrebbe dovuto essere. Ritornò in casa, raggiungendola nel bagno. «Come ti senti?» «Le contrazioni sono ricominciate.» «Cosa provi?» «Non posso descriverlo.» L’aiutò a scendere le scale fino all’uscio, si fermò e lanciò uno sguardo verso la cucina. Lei aveva rassettato tutto, non c’era nient’altro da fare. Si chiuse le porte alle spalle e l’aiutò a raggiungere il pick-up. Diane si sedette e lui l’avvolse in una coperta. Il veicolo era tiepido e percorreva con facilità il sentiero ricoperto di neve, che fendeva gli alti pini. Arrivato alla cima del viottolo svoltò, immettendo7


si in una strada stretta. L’avevano percorsa a piedi molte volte durante l’inverno, facendo finta che il bambino fosse già nato e dondolasse in mezzo a loro, come un trapezista, afferrando le mani di entrambi, mentre lo facevano oscillare su e giù lungo il sentiero. La strada attraversò un enorme campo ricoperto di neve nel quale si intravedeva un carro che aveva intrapreso il suo viaggio verso il nulla, che stava marcendo, con le ruote sommerse a metà nella neve. «Mi sentirei più al sicuro se non andassi così veloce.» Lui rallentò. Un minuto, dieci minuti in più non avrebbero fatto la differenza. Sapevano quanto sarebbe durata la prima fase del travaglio. C’era il ghiaccio sotto la neve e le ruote del pickup non avevano una perfetta aderenza, ma lui sapeva come guidare su quelle strade, rallentando in curva e non sollecitando troppo i freni. Su entrambi i lati della carreggiata c’erano fossi per il deflusso dell’acqua durante il disgelo primaverile, ma in quel momento erano colmi di neve e sarebbe stato facile scivolarvi dentro e rimare bloccati per tutta la notte. Ogni inverno Laski aveva aiutato forestieri a uscire 8


dai fossati, sudando, slittando, ansimando e trainando. Era divertente, ma non quella notte. Lungo una curva c’era la vecchia scuola fatta di una sola stanza, dimenticata sotto la luna. Scalò la marcia, affrontando la curva in seconda, pensando ai bambini con i cappellini e i pantaloncini e le bambine vestite di percalle, molto tempo prima, quando scendevano dalla collina per dirigersi verso la scuola. Superò la curva, lasciandosi i fantasmi alle spalle, con il loro infinito incedere attraverso un secolo sepolto. La strada si snodava tra i pini, che formavano un’alta muraglia ai lati della carreggiata. «Il vecchio Ben è sveglio» disse Laski, indicando con un cenno del capo una fattoria malandata in mezzo agli alberi. Molte delle finestre avevano i vetri in frantumi e il complesso assomigliava a tutte le altre fattorie abbandonate della zona, fatta eccezione per una piccola luce tremolante che proveniva dall’unica stanza che il vecchio taglialegna aveva sigillato per proteggersi dagli elementi naturali. Diane lanciò uno sguardo in direzione della luce. Anche lei era un’eremita e le piaceva il vecchio Ben. Aveva una brutta reputazione in 9


paese vivendo in quel modo, così distante dall’ordine costituito della civiltà. Ma il vecchio, avendo vissuto tutta la vita tra i boschi, era capace di costruire – con il legno – qualunque oggetto: violini, barche, racchette da neve. Laski vide un’ombra muoversi nell’oscurità: il cane del vecchio Ben, che fiutava tra la neve. Il pick-up arrivò a un’altra curva, vicino al fiume che sgorgava dall’oscurità, con il suo manto ghiacciato che risplendeva sotto la luna. Laski seguì l’ansa del fiume fino a quando questa scivolò tra gli alberi, a intrecciare un filo argentato attraverso i rami scuri. Apparvero un’altra radura e una piccola baracca di legno. Era un capanno per “sportivi”, era così che i canadesi che abitavano nei boschi chiamavano gli americani che utilizzavano quelle casette per un’intera settimana per pescare, cacciare e vivere in modo spartano. Laski si ricordò di quando, molto tempo prima, lui e suo padre stavano pescando, pilotando una barca a motore durante un luminoso mattino lungo un fiume ampio e serpeggiante. Laski ebbe subito la sensazione di essere lui stesso il fiume, gli alberi, il sole e il vento. 10


Sfiorò una spalla di Diane. Stava tremando dentro il suo pesante cappotto, e lui sapeva che non era il caso di chiederle nuovamente come si sentiva. Si lasciarono alle spalle, nel buio, il capanno per “sportivi” americani. Gli abitanti del paese avevano pensato che anche lui e Diane fossero degli “sportivi”, fino a quando scoprirono che, invece, erano artisti. Non avendo mai ospitato dalle loro parti personaggi così estrosi, fatta eccezione per il vecchio Coleman Johns – l’inventore pazzo che aveva costruito tutto da solo una mungitrice automatica e che aveva promesso di fare un viaggio sulla luna grazie ad alcuni magneti inseriti nei pantaloni – la gente del paese li aveva lasciati in pace. Qualcuno sosteneva che Laski, con la barba fitta e gli occhiali di metallo, assomigliasse così tanto al vecchio Coleman da poter essere benissimo suo fratello gemello. Ogni volta che Laski passava accanto alle fondamenta in rovina di quella che una volta era stata la casa di Coleman, veniva sopraffatto da una strana nostalgia, come se lui e l’inventore pazzo avessero condiviso la stessa percezione di questa terra vasta, che faceva costruire agli uomini oggetti strani sotto la luna. 11


Le sculture di Laski erano incontestabilmente singolari. La foresta era piena di raffigurazioni di Diane, il suo volto di inconsueta bellezza appariva gradualmente su ceppi di legno o sulle rocce. Vecchi alberi morti dai rami ingrigiti e spogli erano divenuti Diane danzanti, come ninfe dei boschi. Alla fine, l’asfissiante intreccio delle erbacce aveva rivestito le statue di un abito verde; luminose perle e bottoni di bacche si incastonavano sulle braccia e sulle gambe, impreziosendole per renderle parte del sogno infinito degli immensi cipressi. «Ho contrazioni a intervalli di dieci minuti.» Laski pigiò ancora più forte il piede sull’acceleratore. Il bambino stava per nascere. Una luce spettrale saettò di fronte a Laski, sbucando dall’oscurità vicino al cimitero di campagna dove era sepolto Coleman Johns e dove i fari del pick-up avevano illuminato la sommità di una vecchia lapide. Le ruote posteriori sterzarono bruscamente in curva facendo sferzare il veicolo come una frusta prima di rimettersi in carreggiata. Poi le tenebre rivendicarono ancora una volta il cimitero e la strada si infilò nel bosco.

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«Ostetricia?» domandò sorridendo l’impiegata dell’accettazione. «Posso avere i vostri documenti?» Diane li estrasse dalla borsa. Un inserviente attraversò la sala d’aspetto con una sedia a rotelle e Diane ci si sedette sopra, l’ispida coperta di lana sempre addosso. Laski guardò l’impiegata. «Adesso l’infermiere si prenderà cura di sua moglie, lei la potrà raggiungere tra qualche minuto, signore. Ho dei moduli da farle compilare.» Laski toccò la mano di Diane, lei lo guardò sorridente ma distante, mentre l’infermiere girava la sedia e la portava via. L’impiegata dell’accettazione infilò una scheda nella macchina da scrivere e domandò a Laski alcune informazioni riguardanti l’età, l’indirizzo e l’as13


sicurazione – cose insignificanti che lo trattennero in sala d’aspetto. Un giovane ubriaco, un taglio sul viso e zuppo di pioggia, fece il suo ingresso, impettito, nella sala d’aspetto. Si diresse verso il banco dell’accettazione, gli occhi vitrei. L’impiegata alzò lo sguardo. «La prego di accomodarsi» disse con freddezza. Il giovane si sporse sul bancone, ma la ragazza lo ignorò, anche se stava sanguinando da una ferita sopra un occhio. Laski incrociò lo sguardo del ragazzo, aspettandosi un atteggiamento ostile. Ma vide un bambino spaventato che faceva il duro. “Le infermiere gli faranno passare dei brutti momenti” pensò Laski, “poi il dottore gli darà dei punti e lui ritornerà nella notte da dove è venuto. Anche lui è stato un bambino appena nato attorno al quale si sono radunati tutti. Tempo prima il lieto evento è stato lui.” Un vecchio entrò nella sala d’aspetto guardandosi intorno per alcuni istanti, fino a quando i suoi occhi si posarono sul ragazzo. Si avvicinò lentamente, con l’andatura e l’atteggiamento simili a quelle del giovane. «Cos’è successo?» 14


«Niente» rispose il ragazzo, sprezzante. «Non ti vedo da un bel po’.» «Ho avuto da fare.» «Ti interesserebbe lavorare?» «Sì, certo.» «Puoi iniziare domani.» «Oh, no» rispose il ragazzo, scuotendo la testa e toccandosi la ferita. «Non sarò in grado di fare nulla domani.» I moduli vennero compilati. L’infermiere ritornò e Laski lo seguì lungo il corridoio, verso un ascensore. Proseguirono fianco a fianco, in silenzio, fino a raggiungere un piano contrassegnato dalla scritta REPARTO DI OSTETRICIA. L’atrio era arredato con un divano e due sedie in pelle. Dietro di essi c’era una porta con sopra scritto SALA PARTO – INGRESSO VIETATO AI NON ADDETTI AI LAVORI. L’infermiere se ne andò. Laski si sedette. “Questo è il posto dove aspettano tutti i padri.” Si alzò e iniziò a camminare lentamente, avanti e indietro. “Adesso anch’io sto camminando come un padre in attesa.” Il rumore di una lucidatrice per pavimenti arrivò dal fondo del corridoio, da qualche parte fuori dal 15


suo campo visivo: un fruscio e uno stridio di ruote, in avvicinamento. Laski rimase all’ascolto fino a quando la vide. Era spinta da un uomo delle pulizie in divisa. «Questa è la sua grande notte, non è vero?» «Sì.» L’addetto annuì e proseguì oltre. “Lui li aveva visti tutti” pensò Laski “li aveva visti arrivare e andarsene, ogni notte… camminando avanti e indietro sul suo pavimento incerato.” Un’anziana infermiera uscì dalla sala parto. Laski la guardò, ma in risposta lei gli scoccò un’occhiata gelida che gli strozzò nella gola tutte le domande che aveva. Ascoltò il rumore dei passi di lei dissolversi lungo il corridoio. Laski si avvicinò alla porta della sala parto e sbirciò dentro attraverso un oblò. La stanza dietro la piccola apertura era illuminata da una luce fioca ed era vuota. Ritornò verso le due sedie in pelle. Il classico odore da ospedale di disinfettante e medicinali riempiva l’aria. Il pavimento era formato da mattonelle quadrate; lui iniziò a camminare lungo le fughe ponendo un piede esattamente davanti all’altro. I suoi stivali erano ancora fradici di neve. Le punte 16


annerite lo guardavano, consumate e segnate dalle cicatrici del bosco. Si rimise a camminare, facendo il percorso al contrario lungo la stanza. La porta si aprì di nuovo di scatto. Una giovane infermiera entrò nella sala, sorridendo. «Stiamo preparando sua moglie» disse. «Potrà raggiungerla tra qualche minuto.»

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Diane era seduta sul letto. Lui le si avvicinò rapidamente, cercando i suoi occhi, che mostravano la stessa miscela di paura e calma che aveva già visto nel corso di quella notte. «Il bambino è in posizione podalica» disse. Tutto sembrava surreale, un sogno che si poteva plasmare a piacimento. Ma Laski si trovava dentro una stanza di ospedale e il loro bambino era podalico. «Andrà tutto bene» disse, sfiorandole le mani richiuse. «Il dottor Barker dice che non ti vuole nella stanza durante il parto. Gli ho detto che capisco le sue ragioni e che spero che cambi idea.» La sua espressione mutò di scatto con il ritorno delle contrazioni e lei iniziò a respirare come le ave18


vano insegnato, inspirando rapidamente e profondamente. Chiuse gli occhi, la fronte si increspò di dolore. Lui stava in piedi, inerme, mentre osservava la mano di lei serrarsi con fermezza, fino a quando il volto di Diane assunse un’espressione che non aveva mai visto prima, una maschera nervosa colma di disperazione che all’improvviso e lentamente si distese, le rughe sparirono, gli occhi si schiusero e le contrazioni cessarono. Lei lo guardò e sorrise. «Si sarà girato la settimana scorsa. Ti ricordi la protuberanza che sentivamo sopra lo stomaco? Era la sua testa.» «Presto lo faremo dondolare lungo la strada» disse Laski. Il sorriso di lei all’improvviso scomparve, in concomitanza con un’altra contrazione. Lei iniziò a respirare rapidamente mentre lui voleva infonderle la sua forza, cercando di strapparla via dal suo corpo per farla entrare in quello di Diane. L’infermiera entrò nella stanza mentre le contrazioni cessavano. «Come va?» «Tutto a posto.» «Mi faccia dare un’occhiata.» L’infermiera sollevò per un istante la vestaglia di Diane, poi la riabbassò. «Sta dilatando alla perfezione.» 19


Il sorriso di Diane fu nuovamente spento dal ritorno delle contrazioni. Un giovane specializzando entrò nella stanza e si mise ai piedi del letto, aspettando che le contrazioni raggiungessero il picco. Guardò Laski e chiese gentilmente: «Le dispiace uscire solo un momento mentre la visito?» Laski andò nel corridoio. “Cosa le stanno facendo che io non posso vedere? Pensa che non abbia mai visto il corpo di mia moglie prima di adesso? Non mandare cattive vibrazioni. Sono loro a condurre questo spettacolo.” Camminò avanti e indietro lungo il corridoio, sentendosi sciocco. La porta si aprì. Lo specializzando entrò nel corridoio e fece un cenno a Laski, il quale ritornò nella stanza e si mise accanto all’infermiera ai piedi del letto. «Ha raggiunto il massimo della dilatazione» disse l’infermiera a Diane. «Può iniziare a spingere quando vuole.» Diane annuì mentre arrivava un’altra contrazione. Laski andò dietro di lei per alzarla, come si erano allenati a fare. La sollevò e lei si lasciò andare all’indietro reggendosi con le mani alle ginocchia, 20


piegò e divaricò le gambe, e spinse. Lui la sorresse per tutta la durata della contrazione e poi la lasciò andare, lentamente. «Molto bene» disse l’infermiera. «Continuate a fare questo lavoro.» Sorrise e lasciò la stanza. «Potresti inumidire un asciugamano e appoggiarmelo sulla fronte?» Laski prese un asciugamano della valigia di lei e lo inzuppò sotto il rubinetto del bagno. Le deterse la fronte, le guance e il collo. «Dov’è il dottore?» «Sta dormendo in una stanza lungo il corridoio. Lo sveglieranno quando arriverà il momento.» «Come ti senti?» «Sono felice di essere sotto pressione.» Le contrazioni ripresero e lui la sollevò nuovamente, i volti si sfioravano. La fronte corrugata e gli occhi serrati formavano un’espressione che lui non aveva mai immaginato di vedere. Tutta la bellezza di lei era svanita, sembrava una creatura asessuata che lottava con tutta se stessa, vittima del travaglio all’origine del mondo. Le loro risate, le loro gioie, i loro piani, tutto quello che avevano fatto veniva inghiottito dal travaglio, un lavoro che improvvisamente lui desiderò non fosse mai iniziato. Lei era così contratta dal do21


lore da risultargli irriconoscibile. Il volto paonazzo, le tempie pulsanti, sembrava un uomo di mezza età sul punto di morire per lo sforzo di defecare. Questa è l’umanità, pensò Laski, domandandosi quale fosse lo scopo della specie umana, che cercava di perpetuare se stessa con l’agonia, ma prima che arrivasse la risposta le contrazioni cessarono e adagiò dolcemente Diane sul cuscino. Laski prese l’asciugamani, lo inumidì di nuovo e le pulì il viso. «Riposati adesso. Riprendi le forze. Distendi le gambe e rilassa le braccia.» Le parlava con dolcezza mentre le lisciava i fianchi ancora tremolanti fino a quando, finalmente, lei si distese e chiuse gli occhi. L’ondata arrivò di nuovo e li trascinò in un mare di dolore, in cui lui si chiese perché mai la vita era comparsa sulla terra. La grazia del cielo notturno, quando tutte le stelle sembravano guardarci, adesso era annegata nel sudore. Il viso più bello che avesse mai visto sembrava bulboso, rosso e scialbo. La marea che li aveva trasportati in acque agitate ancora una volta si affievolì e li lasciò galleggiare dolcemente fino alla riva, facendoli riposare per qualche minuto, solo per tornare, poco dopo, a trascinarli 22


dentro. Lui la sollevò di nuovo fino a quando cessarono le contrazioni e Diane finì di spingere, come se cercasse di schiudere i petali di un corpo pronto a sbocciare. Lui pensò che un evento così miracoloso sarebbe dovuto accadere in un modo più sublime. Ma lei stava sudando come il cavallo di un taglialegna dopo avere trasportato tronchi durante una giornata estiva. Laski la sollevò di nuovo, cercando di liberarla dal peso con cui stava lottando, ma lei si stava imponendo di seguire il suo percorso, che non portava da nessuna parte, con gli occhi iniettati di sangue come quelli di un mulo da soma – confusi, colmi di tristezza e sottomessi. Poteva vedere le vene sulla fronte di lei pulsare proprio come quelle che aveva osservato nei cavalli da tiro, pensando che sarebbero sicuramente morti di infarto, con tutto quel correre attraverso i boschi trascinando enormi tronchi e inciampando improvvisamente nelle radici degli alberi, le briglie che quasi si spezzavano e i possenti muscoli che si contraevano contro l’ostacolo. “Chi sceglierebbe tutto questo?” pensò Laski “questo lavoro e questo dolore? La vita ci rende schiavi, vuole che facciamo 23


dei figli, ci illude riguardo all’amore e fa tutto questo per continuare a esistere.” Percepì la supremazia della vita, il cui potere era immensamente più forte della sua volontà. “Io volevo solo stare con te, Diane, solo noi due. Trascorrere la vita insieme, tranquilli, e invece siamo qui e tu sei in pericolo.” Lei scendeva la scalinata di un edificio di pietra scura. Indossava una lunga mantellina viola con il bavero sollevato intorno al collo. La mantellina si sollevò quando lei raggiunse il marciapiede e lui rimase fermo, inchiodato sul posto come uno stupido, incapace di parlare. Lei doveva averlo percepito, perché si voltò e guardò nella sua direzione. Il volto di lei si contrasse di nuovo, gli occhi serrati e la bocca ripiegata in una maschera di dolore che la sopraffaceva. Lui la sollevò ancora, percependo lo sforzo dei muscoli di Diane e la sua pelle febbricitante. I piccoli riccioli che le ricadevano sul collo erano fradici e luccicanti. Una chiazza di sudore le si stava allargando lungo la schiena.

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Lo specializzando e l’infermiera ritornarono mentre Laski e Diane venivano trasportati dalle onde, lottando a fatica, spingendo insieme, sudando insieme per portare a compimento l’opera a cui avevano dato inizio, e quando le contrazioni cessarono il tirocinante non chiese a Laski di uscire dalla stanza per potere visitare Diane. «Sta facendo dei progressi.» «Può vedere il bambino » disse l’infermiera. Laski guardò in basso, e nell’apertura rasata e madida di sudore vide qualcosa di indefinito di colore rosa, un piccolo pezzo di carne, ma non sapeva dire a quale parte del feto appartenesse. Tutto quello che sentiva erano le onde che li trasportavano ancora una volta alla deriva, dove si sarebbero trovati da soli, intrappolati tra l’amore e la tristezza senza 25


poterle condividere con nessuno, soli e avvinghiati l’uno all’altra in quella realtà che si erano preparati a vivere da tempo, ma per la quale nessuna preparazione era mai sufficiente. «Ti ho già vista prima» disse, fermandola sulla Broadway. «Davvero?» rispose lei, con un tono che mostrava un leggero interesse, abbastanza palese per dargli la forza di continuare a farsi avanti, sconfiggendo la sua naturale timidezza. Ritornarono, trasportati dalla corrente, nella stanza verde di un ospedale addormentato.

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Dello stesso autore L’ORSO CHE VENNE DALLA MONTAGNA

La favola più divertente di sempre. – Los Angeles Times – Una fiaba incantevole... ilare... Kotzwinkle ha creato una vera star. – Publisher Weekly –

Attraverso una galleria di personaggi tanto ridicola quanto improbabile, William Kotzwinkle ci consegna una storia a metà strada fra la satira e la favola per adulti, una commedia degli equivoci che traccia un ritratto irriverente, impietoso e irresistibilmente comico del mondo dell’editoria, della politica e dello star system.



LE STORIE

Camilla Morgan-Davis, Il canto delle ombre Alessandro Zaltron, Manuale per i(n)felici amanti Miriam Mastrovito, Il mistero dei libri perduti Miguel Ruiz Montáñez, La tomba di Colombo Joshilyn Jackson, La ragazza che parlava agli angeli Daniele Vecchiotti, La signorina cuorinfranti Giambattista Passarelli, Di sabbia e di vento (2a edizione) Alessandro Camilletti, La guerra di Dio Amy Greene, La magia dei petali sparsi Marin Ledun, Quasi innocenti William Kotzwinkle, L’orso che venne dalla montagna Tiffany Baker, La ragazza gigante della contea di Aberdeen Camilla Morgan-Davis, Il canto della notte Kevin J. Anderson, Gli ultimi giorni di Krypton Vitobenicio Zingales, Da mezzanotte a zero


Alessandro Esposito, Manuale del perfetto venditore di droga Stefano Ceccarelli, Camilla Portafortuna (2a edizione) Miguel Ruiz Montáñez, Il Papa Mago Paolo De Lazzaro, Quello che manca (2a edizione) Pedro Ugarte, Un padre Erika Moak, Eudeamon Luigi Pelazza, Un mondo quasi perfetto (2a edizione) Dario D’Amato, Morire in fondo è trendy Jesús Moncada, Amore fatale Imogen Edwards-Jones, Fashion Babylon Imogen Edwards-Jones, Air Babylon Corrado Farina, L’invasione degli Ultragay Ariëlla Kornmehl, Il mese delle farfalle Diego Astori, Vengo e mi spiego Imogen Edwards-Jones, Hotel Babylon Pierfrancesco Diliberto, Piffettopoli, le fatiche di un quasi vip Pieter Toussaint, La biciletta volante Costantino Margiotta, Mafia, dalla mattanza a Provenzano



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