Manuale per i(n)felici amanti

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MANUALE PER I ( N ) FELICI AMANTI

{zeroI91} Sopravvivere in coppia

AMANTI PER I(N)FELICI

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ALESSANDRO ZALTRON

MANUALE PER I(N)FELICI AMANTI Sopravvivere senza coppia

ISBN 978-88-95381-47-3

€ 12,00

alessandro zaltron

MANUALE ALESSANDRO ZALTRON


Manuale per i(n)felici amanti Copyright © 2012 by Alessandro Zaltron tutti i diritti riservati © 2012 zero91 s.r.l., Milano www.zero91.com Prima edizione: febbraio 2012 Copertina © Dave Wall /Arcangel Images ISBN 978–88–95381–47-3 La riproduzione di parti di questo testo, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma senza autorizzazione scritta è severamente vietata, fatta eccezione per brevi citazioni in articoli o saggi. Stampato in Italia nel mese di gennaio 2012 presso GECA S.p.A. – Cesano Boscone (MI) www.gecaonline.it

Questo libro è stampato su carta FSC amica delle foreste. Il logo FSC identifica prodotti che contengono carta proveniente da foreste gestite secondo i rigorosi standard ambientali, economici e sociali definiti dal Forest Stewardship Council.

La casa editrice è impegnata contro l’editoria a pagamento. La realizzazione di questo libro non ha richiesto nessun tipo di contributo né l’acquisto di copie da parte dell’autore.


ALESSANDRO ZALTRON

MANUALE PER I(N)FELICI AMANTI Sopravvivere in coppia

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SOPRAVVIVERE IN COPPIA

Sono stato innamorato della stessa donna per 49 anni… Se mia moglie lo scoprisse, mi ucciderebbe! Henry Youngman

Love is L’amore è singolare La grande differenza Colpo di fulmine e amore platonico L’innamoramento Vivere con passione Il corteggiamento Conquistare le donne Buona la prima La persona giusta Grandi donne (g.d.) vs vere donne (v.d.) I piccoli segreti L’erotismo La trappola del sesso Gelosia sempreverde Alto tradimento Potere alla parola

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Ti lascio perché

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LOVE IS

Forse l’amore non salverà il mondo, ma cos’altro può salvare il mondo se non l’amore?

L’amore non si domanda se è giusto o sbagliato; ti chiede se te la senti di viverlo. L’amore è decidere per sé, ma ragionando al plurale. È realizzazione massima di sé, perché non è sacrificando te stesso che puoi giovare all’altro. È giocare d’anticipo per fare quello che all’altro piace o comincerà a piacere. È far evolvere un linguaggio che accomuna e crea codici esclusivi. È un grado di prevedibilità che dia conto della conoscenza reciproca, non fossilizzata negli standard – bassi – della vita-standard. È dire che entrambi abbiamo bisogno di noi, non lei di me o io di lei. Non porsi nemmeno il problema se sia lui la persona giusta: è talmente evidente, traspare perfino. È sapere che per lei non esistono confronti, sei tu la pietra di paragone. L’amore è una costruzione che costa sangue e sudore: è forte volontà, è lotta. Contiene ben poco romanticismo inteso come mera contemplazione: ha piuttosto la poesia ruvida delle mani callose, del fiato pesante, delle braccia stanche. 1


Il mondo è pieno di persone la cui residua bellezza va cercata nel panorama celato oltre le rughe. E l’amore dev’essere proprio quello: felici di invecchiare, fianco a fianco. Felici di pensare che fra vent’anni le spalmerò ancora la crema solare in riva al lago e lei spierà dagli auricolari che cavolo di musica io stia ascoltando. Consapevoli delle ossa che scricchiolano, delle orecchie che non sentono le parole lontane, degli occhi che – forse – confondono le ombre. Amore è sopportare le paturnie, i limiti, fidarsi anche quando l’apparenza le dà contro o lo smentisce. È non costringerli a chiedere comprensione, perché sarebbe come ammettere che non ne hanno diritto. È sapere che potresti sempre non bastarle; che il mondo è pieno d’amore e, se non ne diventi collettore tanto da saziarla, perdi anche quello che credevi intangibile, nel tuo angolo protetto di giardino. L ’ AMORE È SINGOLARE

Quando la passione sconfina dal calcolo e dal tornaconto personale diventa ragione di vita

L’amore forse non è la cosa più importante del mondo ma è sicuramente quella di cui nel mondo si parla di più. Qualsiasi questione umana ruota attorno a un amore, o almeno a una passione: le scelte di vita, il lavoro, la cerchia degli amici, addirittura l’umore quotidiano. 2


Perché l’amore è considerato tanto importante? Perché, quando in una tavolata (o in un blog) il contraddittorio langue, tutti si animano discorrendo di sentimenti? Perché parlano di se stessi, si esibiscono, vogliono essere ammirati o compatiti. L’amore è la commedia tragica dell’egoismo individuale, della felicità o infelicità in relazione a una persona. Se nell’amore trionfasse l’abnegazione, ti premerebbe comunque l’altro. E ti appagherebbe anche se tu non ne ricambiassi il sentimento – invece non ti appaga: tutt’al più ti lusinga, però finisce per diventare uno scocciatore o un patetico ammiratore, che cerchi in tutti i modi di scaricare. Quando il tuo ex si riaccasa, dovresti gioire per generosità altruista (amare = volere il suo bene). Ma non succede mai. Sei contento per l’altro da quando non lo ami più. Ti sembra di non poter vivere scisso dall’amato in quanto custode della quota di te che gli affidi. Perdendolo, sei disperato perché perdi il te stesso che si porta via. Quasi mai si piange un’assenza. Si piange la propria condizione nei confronti di quell’assenza. L’amore è una proiezione dell’individuo. Il portato di tutti gli imprinting e le sollecitazioni che incameriamo ed elaboriamo. Il processo che porta all’accoppiamento equivale a sfogliare un catalogo di aspiranti partner avendo già trat3


teggiato mentalmente l’identikit. Il compagno corona le nostre aspettative – non solo estetiche; e, più esse sono elevate, più siamo disposti a patteggiare con la realtà per far sì che l’una e le altre collimino. Un compromesso val bene la felicità, perbacco! In coppia viviamo tutto nella testa: nostre azioni, reazioni altrui, illazioni e nevrosi. Siamo convinti che ogni malumore dell’amato dipenda da noi, ruoti attorno a noi. Ci carichiamo di sensi di colpa. Magari lui ha solo un callo che lo infastidisce. Ci persuadiamo che a qualsiasi suo problema corrisponda il nostro apporto risolutore. E invece lui è dotato di difese immunitarie autonome. L’amore è un moto individuale fino alle estreme conseguenze: l’amante non ricambiato si uccide per annullare la propria angoscia. Il parossismo dell’amore-proiezione si chiama suicidio: «Colpisco me e non l’altro, poiché riconosco che la fonte dell’infelicità sono io.» LA GRANDE DIFFERENZA

Il maschio fa lo spaccone ma precipita senza la rete delle omonime calze. Il celebrato romanticismo femminile preferisce la carta gold, per tutto il resto c’è il “due cuori e una capanna”

È falso che uomo e donna si caratterizzino per il pianeta di riferimento, Marte o Venere che sia. Ambedue stanno 4


sulla Terra, sebbene con nature antitetiche (complementari, per gli ottimisti). Ogni individuo maschile e ogni individuo femminile sono – fortunatamente – diversi dagli altri individui maschi e femmine. Ma la vera differenza è di genere, fra maschile e femminile – con tutte le approssimazioni che la generalizzazione comporta. La donna è radicamento, concretezza, cuore e materia. L’uomo è speculazione, astrattezza, cervello e spirito. Per l’uomo, tutto è risolvibile, perché tutto ha una causa che si può disinnescare. «Qual è il problema?»: formula lineare che srotola la passatoia rossa verso la felicità (del maschio). L’uomo è elementare, crede che ogni fattore determini una e una sola reazione – evidente, ampiamente sperimentata, dotata di rimedio: appropriato e, spesso, a portata di mano. È privo di fantasia e insensibile. LUI: «Sono tornato, lanciami le pantofole, quelle con lo stemma dell’Inter.» LEI: «Caro, ho spadellato tutto il giorno per prepararti una cenetta a lume di candela.» LUI: «Ah, per quello è buio, pensavo ci fosse stato un blackout elettrico.» LEI: «Prima o dopo il tuo blackout cerebrale?» La donna agisce guidata da impulsi meno meccanicistici. È stato suggerito, con un tocco di ingenerosità, che per definirla sia sufficiente «pensare a un uomo e togliergli razionalità e affidabilità». 5


Le donne istintualizzano perché antepongono il sentire al ragionare. Il loro apparato logico è concentrato nella pancia. E questa caratteristica, oltre a spiegare perché soffrono di colite quando sono confuse e diventano intrattabili “in quei giorni”, accentua il vigore nell’esternare le emozioni. Tale abisso renderà sempre accidentata la comprensione donne/uomini, andata e ritorno. Succede così che, di fronte alla più trascurabile difficoltà, ciascuno dei partner enunci affermazioni centrate su di sé, tali da innescare reazioni stonate. Hanno ragione entrambi, ma non riescono a immedesimarsi nell’altro abbastanza da riconoscere la sua parte di ragione. LEI: «Dovresti saperlo.» LUI: «Se me lo dici, capirò.» LEI: «Be’, se mi tocca spiegartelo non abbiamo più niente da dirci.» Alternativa all’ultimo passaggio: LEI: «Un tempo queste cose le afferravi al volo; sei cambiato, non mi ami più come prima.» Come si vede, l’eloquio femminile ha di solito il privilegio dell’ultima parola. Il maschio resta basito, in ritardo come i titoli di testa di un film quando sia già comparsa sullo schermo la scritta “the end”. Le frasi delle donne sono equiparabili alle sorgenti che sgorgano qua e là, senza svelare quale corso sotterraneo abbia seguito l’acqua del loro pensiero. La sfida, per l’uo6


mo, è ricostruire a ritroso, arrancando: la risalita muscolare e sgraziata dei salmoni. La diversità strutturale fra uomini e donne determina una distonia visuale che provoca immani fraintendimenti. L’uomo opera secondo un procedimento sintetico che focalizza alcuni concetti generali, lasciando sul bordo della retina una miriade di dettagli, ritenuti superflui. È limitato, deve condensare per non smarrirsi. La donna adora soffermarsi su ogni particolare, sviscerarlo per ore, rigirarlo con la perizia certosina con cui spolvererebbe un prezioso oggettino di ceramica. È puntigliosa e ama ripassare le sfumature. L’uomo è abile nell’operare distinguo per giustificarsi ed esperto nell’arrampicata libera sugli specchi. Ma fondamentalmente rozzo. Riporta tutto ai minimi termini, col rischio di banalizzare: l’estrema riduzione di complessità, si sa, sconfina nel semplicismo. La donna seziona, considera ciascuna particella, e, nella prospettiva dell’infinitamente piccolo, perde contatto con le proporzioni. La mente femminile opera accumulando dati, dimenticandosi di graduarli lungo una scala d’importanza, fino ad attribuire – nei casi estremi – pari valenza emotiva alle catastrofi planetarie e a piccoli drammi domestici. Un minestrone cosmico passato nel frullatore. La donna, a dispetto delle accuse che le muove il suo 7


compagno, è coerente, ma in riferimento ai propri strumenti di analisi della realtà; che sono sì diffusi nella maggioranza della popolazione mondiale, ma escludono l’intero genere maschile. La donna ha l’inquietante vizietto di considerare questione personale tutto ciò di cui venga a conoscenza. Se l’uomo si trova con gli amici, la donna non gioisce per lui ma lo accusa di preferirli a lei. Persino affermare che il cielo è nuvoloso costituisce un intollerabile affronto: «Se tu mi amassi, caro mio, vedresti splendere il sole.» LUI: «Sono triste.» LEI: «Ma come? Hai me!» LUI: «Ahimè.» Accade perché la donna considera l’uomo un’appendice del proprio progetto di realizzazione, mentre all’uomo, anche in coppia, sono ben chiari i confini. Per la donna innamorata l’uomo diventa come la nazione da annettere nel gioco del Risiko: porzione di un unico impero più vasto. La donna empatica mira all’invasione, ad annullare le separazioni, perché persuasa che una forte dipendenza reciproca determinerà un legame altrettanto forte. Fare tutto insieme è un mito femminile – perfino i sogni sono a due piazze. Secondo la filosofia maschile, invece, la convivenza meglio riuscita è quella a distanza (di sicurezza). 8


Quando le donne intendono mettere la testa a posto, o vanno dalla parrucchiera o si sposano – a volte entrambe le cose. Col matrimonio, pensano di porre fuori commercio l’uomo e nel contempo lo costringono a non economizzare sui sentimenti. Gli uomini si sentono gratificati di appartenere, e santificati dall’aureola della possessività femminile, dal timbro di proprietà che imprime su di loro. L’adorazione che pretendono dalle donne, però, quando la ottengono la chiamano appiccicosità. La donna sbandiera la ratifica matrimoniale come requisito per escludere qualunque pretendente (del marito); mentre l’uomo espone la vera nuziale – e i figli a ruota – per rendersi appetibile ad altre. Uno degli argomenti più gettonati nelle uscite fra maschi è il «quante me ne sono fatto». E i compagni di merende annuiscono perché, quando toccherà a loro gonfiare il petto delle conquiste, chiederanno ugualmente complicità assertiva e incondizionata. È una scena che si perpetua per stanco retaggio biologico. L’atavica suddivisione di compiti, infatti, è delegittimata dall’emancipazione delle donne, che eguagliano il maschio nel giocare ai maschiacci. I batticuore del primo approccio e la rapacità sessuale tenuta a bada sono vaghi ricordi: mentre l’uomo proclama le sue prede al bar o in osteria, la donna sta accalappiando le proprie in palestra. 9


L’uomo moderno è chiamato a fare i conti con gli aumentati margini di manovra della donna e, se vuole imbrigliarla, deve dedicarle ogni energia. In tal modo non gli avanza tempo per pescare in acque protette – e nemmeno avrebbe la certezza di trovarla a rassettare la casa la prossima volta che vi farà ritorno. Tuttavia il maschio si trastulla a fare, per slogan, colui che non deve chiedere mai. Preferisce dare per assodato il proprio ruolo dominante, per non trovarsi a implorare. È indotto ad atteggiarsi perché la sua virilità necessita di continuo alimento – quantomeno virtuale. Il numero di tacche da incidere sul cuore o nel basso ventre è dunque direttamente proporzionale al tasso di insicurezza, e alla fedeltà della donna che resta nella caverna, pronta ad accoglierlo. Lei, se le farà comodo crederlo, potrà fingere che la stanchezza maschile sia quella della caccia grossa per mantenere la famiglia, e i graffi sulla schiena la firma di una bestia feroce, non di una tigre in minigonna e autoreggenti. Il maschio millanta credito – e talora miete successi in trasferta –, ma non osa mollare tutto e gettarsi: se poi la rete (delle calze) non regge, chi lo consola, gli medica le sbucciature, gli coccola la nuca? Trova coraggio per cedere a legami effimeri solo a patto di una retrostante garanzia affettiva. La donna ha certezze incrollabili come la costanza di un 10


segnavento. Annusa l’aria alla ricerca di sicurezza, corre dove il fiuto le indica potere. E denaro, cioè potere (d’acquisto) convertibile in borsette di coccodrillo. Caduto il mito virile dei capelli – smantellato prima dalla buonanima con la pelata lucida e ora dalla moda del cranio rasato – e dei peli sul petto – si è passati dalla camicia spalancata sullo zerbino all’epilazione laser –, rimane la potenza materiale, socialmente quantificabile in un estrattoconto con molte cifre prima della virgola, la carta di credito cromata, un congruo numero di cavalli (sotto il cofano o nel maneggio). Provate a indagare sulla virata repentina con cui lo stesso uomo insignificante diventa attraentissimo se facoltoso di famiglia, dotato di lussuosi mezzi di locomozione (barca, moto, elicottero), o candidato a una qualche carica di rilievo. Le donne sono esperte nei giochi di ruolo: dell’uomo conta lo status. Il terminale del piacere è la fama, la posizione, il prestigio della persona con cui si accompagnano. Le donne ricercano l’uomo che trasuda ambizione: potrebbe trattarsi di un contapalle e, pazienza, se ne accorgeranno più tardi. Magari è un trafficone, o nutre mire spropositate rispetto alle capacità. Non importa. Quando lo accalappiano o lo sposano, però, misteriosamente tutte le sue ragioni di fascino svaniscono. Sembra quasi che il modo di essere che lo rendeva precisamente attraente sia un intoppo, da rettificare senza indugio. Il ma11


schio allora, per rendersi amabile, finisce consensualmente telecomandato dalla magnanimità femminile. Le proprie energie deve immolarle prevalentemente alla donna. Non può dedicarsi troppo alla realizzazione professionale, ché altrimenti trascura la famiglia. Gli gli artisti e gli intellettuali godono il loro bel fascino; se però non dimostrano di saper monetizzare i talenti, vengono abbandonati a se stessi. È così: banale, stereotipato, meschino, triste a dirsi. La formula all inclusive dei due cuori e una capanna l’hanno coniata i pubblicitari delle creme abbronzanti. Opinione priva di consistenza è che le donne sbavino per uomini onesti e rispettosi. Provato: al massimo conquisti le nonne o le zie. Comportandoti così, puoi suggellare una casta amicizia con tanto di insulto camuffato da complimento: «La do a tutti ma non a te, perché rischieremmo di rovinare il nostro rapporto speciale.» Le donne apprezzano le facce pulite… per potersi innamorare dei dannati. Le storie che inconsciamente ricercano sono con chi le maltratta, abbandona, umilia, considera oggetti di spasso – l’uomo si atteggia da fascista proprio perché le donne non hanno ancora inventato la resistenza. Razionalmente, l’antitesi di ogni aspirazione; ma, ricordiamolo, in amore è raro che ci si faccia influenzare dalla ragionevolezza. 12


Molte appartenenti al gentil sesso vivono una vita romantica, si nutrono di elegia melensa; cercano consolazione ai loro perduti e infelici amori dopo averli liquidati; rimpiangono vecchi fidanzati tanto affidabili quanto poco trasgressivi, cui prima ambivano per poterli senza scrupoli tradire. «Gli uomini deliziosi ci sono», confessa una donna, «il fatto è che sono poco interessanti. Gli amori facili, quelli che ci prospettano una vita serena, quelli da pizza assieme agli amici, quelli che possiamo urlare, li ricordiamo con dolcezza, non certo con passione. E le grandi lettere d’amore, che a rileggerle fanno salire il magone? Amori non corrisposti o extraconiugali, uomini con cui mai siamo riuscite a stare o che abbiamo inseguito per mesi, sfinendoci in salite interminabili e discese paurose.» Il mito del bravo ragazzo è l’utopia dei vecchi che, come canta il poeta, offrono buoni consigli non potendo più dare il cattivo esempio. COLPO DI FULMINE E AMORE PLATONICO

Gli uomini scambiano Lolita per l’amore della vita

Il colpo di fulmine? Una chimera. Dai, rifletti: come puoi innamorarti di chi hai visto per trenta secondi? È un’infatuazione, questo sì, un’attrazione terribile, quella carica erotica che, spinta dall’empatia, può caratterizzare tutti gli incontri iniziali. 13



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ISBN 978-88-95381-47-3

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MANUALE PER I ( N ) FELICI AMANTI

ALESSANDRO ZALTRON

Sopravvivere in coppia

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© 2012 zero91 s.r.l., Milano www.zero91.com Prima edizione: febbraio 2012 Copertina © Dave Wall /Arcangel Images ISBN 978–88–95381–47-3 La riproduzione di parti di questo testo, con qualsiasi mezzo e in qualsiasi forma senza autorizzazione scritta è severamente vietata, fatta eccezione per brevi citazioni in articoli o saggi. Stampato in Italia nel mese di gennaio 2012 presso GECA S.p.A. – Cesano Boscone (MI) www.gecaonline.it

Questo libro è stampato su carta FSC amica delle foreste. Il logo FSC identifica prodotti che contengono carta proveniente da foreste gestite secondo i rigorosi standard ambientali, economici e sociali definiti dal Forest Stewardship Council.

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ALESSANDRO ZALTRON

MANUALE PER I(N)FELICI AMANTI Sopravvivere senza coppia

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SOPRAVVIVERE SENZA COPPIA

Cerca di essere uomo, reagisci. La tua ragazza ti ha lasciato? E lasciala anche tu! Tiziano Sclavi

L’ideale Pausa di riflessione Quando un amore finisce… le cose che fai Parlami d’amore Restiamo amici La perdita L’infelicità come droga La colpa non è di uno solo I tentativi di recupero Dalla passione alla pazienza (alla rinuncia) Ansia di abbinamento Alla stazione del tempo Disillusione e scandalo Bon ton Siate logici Giochi (di ottimismo) senza frontiere Teoria dei coni d’ombra Pompe di benzina e ritorni di fiamma La distrazione del pensiero Imparare dagli altri

1 2 4 9 11 14 17 19 22 27 29 33 34 38 42 44 46 53 57 61


Catarsi degli atti gratuiti Le giuste vendette

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Alcune fonti ispiratrici

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Grazie

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L ’ IDEALE

L’amore è un’illusione. Però irrinunciabile

Non so quale sia la domanda; l’unica risposta, dicono, è l’amore. Inesperto, la prima volta non lo riconosci; in seguito ti confonde, manifestandosi sempre in forme diverse – Passi la vita a cercare di definire sensazioni che mutano restando omogenee. L’innamoramento non si desume dalla somma algebrica dei pregi del partner, è una formula magica, strana, indimostrabile, lieve. Un inafferrabile concentrato di vita. Autoevidente, non si può instillare mediante persuasione. Non si lascia recintare, soppesare o centellinare. L’amore, al pari della giovinezza, è dissipazione. Si palesa in sembianze da fiaba: la donna angelo, il principe azzurro. Magari, un’icona pop. Arriva non cercato, quando meno l’aspetti, se sei pronto ad accoglierlo. Se ne va a sorpresa, in maniera micidiale. Non potremmo sopportare la fine delle storie d’amore se in realtà non fossimo innamorati dell’ideale, nelle sue singole incarnazioni. L’astrazione abbraccia un numero indefinito di destinatari: per questo riusciamo a superare la perdita di una specifica persona. In attesa della prossima, che l’ideale d’amore incoronerà. 1


PAUSA DI RIFLESSIONE

Le pause di riflessione si basano sul principio statistico che, più passa il tempo, e meno un dolore ti torce le budella

Le storie d’amore finiscono secondo due modalità principali: il troncamento e l’asfissia. Troncare significa lasciarsi da un momento all’altro, senza troppe discussioni. Uno sparo di pistola quasi a freddo. È la soluzione apparentemente più facile perché lo choc paralizza chi non se l’aspettava – o si raccontava che andasse tutto benone – impedendo nell’immediato reazioni strazianti; ma apre nel periodo seguente uno stillicidio di richieste di chiarimento e recriminazioni per supplire alla mancata metabolizzazione preventiva del lutto. La fine brusca si verifica perlopiù quando uno dei partner coltivava già una new entry oppure quando la crisi era stata consumata individualmente e non condivisa in modo esplicito con l’altro. La morte per asfissia è invece più lenta, a volte mooolto lenta. Si nutre di tensioni continue, di urla, pianti, dispetti, indifferenza. La morte del rapporto si sconta vivendo(la). È un funerale a dosi omeopatiche. Un’agonia che logora i componenti della coppia fino al punto in cui anche il più tenace è costretto ad ammettere che «così non si può andare avanti». Il finale in cui l’amore viene soffocato un po’ alla volta deriva di solito da incompatibilità col partner 2


e dall’imporsi con evidenza di suoi difetti inizialmente considerati irrilevanti o addirittura fascinosi. Entrambi i casi si caratterizzano spesso per una frase topica di suggello. LEI: «Voglio stare per conto mio, ho bisogno di tempo.» O, in alternativa. LUI: «Non ce la faccio più, mi manca l’aria.» LEI: «Prendiamoci una pausa.» Accantonate, per il rispetto che vi dovete, la pietosa bugia sulla pausa di riflessione, istituzione che nel 99 per cento dei casi funge solo da pretesto ritardante o da cuscinetto per attutire un colpo che per sua natura va invece vissuto, con strazio, sino in fondo, per poterne uscire e pensare di ripartire. Sapete benissimo entrambi che stare lontani alcuni giorni o settimane non può funzionare, perché nella maggioranza dei casi la crisi finale indica che è già operativo il disamore e che forse c’è un altro o un’altra in pole position (sequestrare il telefonino serve solo ad accertarne l’identità, e il relativo nomignolo memorizzato). È frequente difatti che alla proclamazione dello stato di pausa non seguano comunicazioni reciproche: gradualmente ciascuno imbocca la propria strada a prescindere dall’altro. La pausa di riflessione non fa che congelare uno stato patologico destinato a mutare, ma non si sa verso cosa, lasciando aperte precarietà destabilizzanti. Chi sta peggio spera invano in un ripristino improbabile della 3


situazione antecedente (ma l’amore non è una tubatura che se aggiusti la perdita torna tutto come prima), e così spreca tempo che dovrebbe dedicare a prepararsi psicologicamente per assorbire la botta definitiva; chi sta meglio inizia a vivere una nuova vita col peso del cordone ombelicale sfilacciato che lo richiama al passato da cui si sente peraltro smarcato. L’allontanamento dilatorio non riveste alcuna utilità. I nodi coniugali non possono essere sciolti stando ciascuno per conto proprio: solo la coppia aiuta a risolvere quei problemi che non sussisterebbero se non si fosse accoppiati. Ammesso infine che la storia riprenda – una delle due soluzioni insite nella temporaneità della pausa; l’altra è lo stop definitivo –, si sperimenterà che dopo il microonde la minestra quasi mai è gustosa come alla prima cucchiaiata. Riciclando elementi scaduti e scartati, si ottiene al massimo un insipido brodino riscaldato. QUANDO UN AMORE FINISCE… LE COSE CHE FAI

La costruzione di un amore è lenta e laboriosa, la distruzione praticamente istantanea

Come capire quando la storia zoppica? Un sentore di falsità suggerisce che qualcosa non funziona – perché prima non era così, perché con altri non è mai stato così. 4


Il malessere è il primo segno indicatore, anche se non rivela automaticamente la propria origine. Può essere uno sconforto passeggero, l’affievolirsi dell’attrazione fisica, un debole nei riguardi di qualcuno. All’inizio, però, facciamo resistenza, ci neghiamo verità che agli osservatori esterni risultano lampanti. L’inconscio attiva meccanismi di rimozione, fuorviato dall’ammirazione verso la persona che si rischia di perdere, dalla bassa stima di sé, da condizionamenti sociali: il legame affettivo instaurato con la famiglia del partner, la disapprovazione di amici e confidenti. Sussiste altresì la componente di paura da incertezza. Ricominciare da capo è tanto un’esperienza coinvolgente, quanto una prospettiva spaventosa. A svelare la crisi non sempre è chi ha il coraggio di certificarla. E a dichiarare la fine non è necessariamente il meno innamorato: anzi, spesso prende l’iniziativa chi per troppo amore continuerebbe a macerarsi senza essere corrisposto adeguatamente. Scatta l’istinto omicida: «Ti amo, perciò devo ucciderti (dentro di me).» Ed è un omicidio veniale dimenticare chi si professava di amare. A trascinarsi per le lunghe sono le storie in cui si disamora l’uomo. Il maschio è lento a comprendere e titubante ad ammettere, anche quando la compagna lo sollecita. In genere deve aver smarrito tutti i connettori prima di prendere l’iniziativa fatale, a meno che la sbandata verso 5


un’altra non lo induca ad accelerare i tempi per potersi tempestivamente unire a lei. La donna, invece, agisce in maniera coraggiosa e spietata: puntualizza subito il disagio e passa a recidere il cordone (e taglia la corda) se non sopravviene una reazione rapida e consapevole del partner. Difficilmente, poi, le femmine che lasciano – a differenza dei maschi – tornano sui propri passi. In quanto depositarie della continuazione della specie, dispongono dell’immunità preventiva contro i frangenti che non diano sicurezza a loro e, di conseguenza, alla prole. Evitano le situazioni incerte o pericolose. Quasi mai provocano incidenti stradali gravi, tutt’al più li subiscono. Commettono pochi reati, come confermano le statistiche sulla popolazione carceraria. Si uccidono in percentuale inferiore ai maschi e in misura minima intraprendono pratiche distruttive come l’abuso di alcolici e droghe. Istinto materno di salvaguardia a oltranza, per conto terzi. Le cose che fai, quando va in frantumi un amore! Irrazionali, commoventi, abiette. Aver perso la testa contribuisce indubbiamente a esaltare lati dormienti della propria indole. Galleggiando in uno stato di levità emotiva e creativa, che riesce a purificare il disprezzo nei confronti dell’altro, si diventa capaci di imprese difficilmente ripetibili da disamorati. 6


Tutti conoscono, per averle composte o ricevute, poesie deliranti secondo le quali l’uomo e la donna amati diventano esseri angelici, in cui si identifica la perfezione e di cui si proclama l’irrinunciabilità. ESEMPIO DI DELIRIO LIRICO

Unica quell’andatura leggermente ancheggiante e non è provocazione ma bilanciamento di emozioni unico il “cosa c’è” svelto e affermativo unico l’odore di pelle inalato a un millimetro dal collo accaldato unico il profilo che nascondi con una scossa di capelli unica l’aria soddisfatta: la carriola di popcorn sottobraccio e due cannucce nella coca da litro unico il “chi è?” come se temessi di esserti persa qualcosa unica la stizza per la musica dal cd “troppo dura troppo assurda 7


che voce da schifo” unico l’incrocio di spalline e lacci sulle caviglie abbronzate unico il movimento veloce della gonna che cade dove capita unica e basta – tu per me Il lirismo si associa a regali e colpi di scena i più fantasiosi, diretti a stupire l’amato nel tentativo di convincerlo che si sta scioccamente perdendo qualcosa di inestimabile – il dono è sfarzoso in proporzione inversa alla probabilità che vada a segno. Confidando di bilanciare i presentimenti avversi, si fa massiccio ricorso a oroscopi, per anticipare un futuro benigno, e a vaticini prezzolati, per assicurarsi gli auspici favorevoli di fattucchiere, cartomanti, indovini. Nei (lunghi) momenti di massimo sconforto si riscopre il valore delle relazioni sociali – senza rimorso ripudiate durante l’immersione nella totalizzante relazione d’amore –, tediando chiunque capiti a tiro della propria infelicità. Si costringono gli amici più disponibili (e ignari di ciò che li attende incoraggiando il malcapitato) a subire sessioni di sfoghi monotematici e a uscire in continuazione: per distrarsi o nel malcelato intento di incontrare “casualmente” l’ex. 8


Contestuale parte la perlustrazione. Caccia grossa, mappa in mano, labili indizi. Passare e ripassare col cuore in gola nei luoghi consueti, smaniosi di non sorprendere l’amato in colloquio intimo, a riprodurre quegli intrecci di corpi che così familiari erano. La tecnica dell’arrembaggio è una delle più praticate dai maniaci sentimentali, che non si fanno scrupolo di pedinare l’amato, di contattarlo in maniera fastidiosa, di appostarsi dove si recherà o di aggregarsi alle persone che lui potrebbe frequentare. Attenzione a non indagare troppo: sta per scattare la martellata sui denti. Sono arrivato – incautamente – a interrogare il padre confessore di colei che mi aveva piantato in asso. Con la scusa di capirne di più, in realtà per convincere il prete a intercedere. Non è stato edificante scoprire che lei, nonostante le sue ardenti dichiarazioni nell’intimità, mi considerava appena un bell’amico da pizza e cinema. PARLAMI D’AMORE

Gli eufemismi sono stati inventati per consentire a coloro che vengono mollati di sentirsi meno bastonati

1) Nelle parole c’è vita ma le parole non sono la vita. 2) Nelle parole c’è la verità, ma è solo la loro verità. Alla luce di questi due assiomi, diventa interessante analizzare il linguaggio che contraddistingue i passaggi salienti 9


di un amore. Se il debutto è segnato dall’esagerazione – di entusiasmo, lodi, valutazioni –, giustificabile con l’effettonovità, l’abbandono della scena è caratterizzato dalla confusione verbale. La volontà di ferire, che sgorga da un cuore sanguinante, carica le espressioni di accenti distorti rispetto al reale stato d’animo. La decifrazione interessata porta a sminuire i proclami palesemente ostili e a enfatizzare ogni flebile lusinga – zuccherino di un discorso velenoso. Le parole sono parassite d’amore: sottraggono senza aggiungere nulla. FRASI DA NON TENERE IN ALCUNA CONSIDERAZIONE , SPECIE SE PRONUNCIATE POST

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Prima di te non avevo mai usato la parola amore. Sei l’unica che mi capisce veramente. Mi hai stregato? Sei diventato una parte di me. Ti amerò per sempre [Si può amare per sempre solo una persona con cui non si sta (più) insieme, nda]. • Sei l’uomo più dolce che abbia incontrato. • Non ho mai raggiunto l’estasi come con te. • Il nostro rapporto è/è stato un miracolo. • Sei una prova dell’esistenza di Dio [In seguito ho scoperto che a dirmelo era un’atea, nda]. 10


È poco produttivo applicare alle frasi amorose gli stessi rigidi criteri filologici che gli studiosi dedicano alle scritture sacre. Lo stress violenta le parole e confonde la ragione. E, non dimentichiamolo, c’è chi soffre di più nonostante in precedenza fosse in posizione di forza, dato che intervengono dinamiche come la rivalsa, l’ira impotente, il senso della sconfitta. Intimiditi dal valore del rapporto che hanno interrotto, i protagonisti tendono ad alternare affermazioni di cesura e di repentino riavvicinamento. Potrebbe essere un espediente per verificare la propria fermezza o la serietà di intenzioni dell’ex partner, ma in genere non riesce a inficiare l’assunto primo e inamovibile: qualcosa si è irrimediabilmente spezzato. La storia è finita. Andate in pace. RESTIAMO AMICI

Restare amici del vostro ex è possibile solo a condizione che continuiate a scoparvelo

Il trauma della scissione è talmente forte da rallentare la taratura dei nuovi rapporti fra ex partner e la riscrittura critica dei rispettivi stati d’animo. Oltre che dallo squilibrio di sentimenti, questo limbo 11


dipende dallo stato di ebetudine e irrealtà del non essere più coppia senza ancora essere altro. Risulta naturale proseguire come prima, un po’ per automatismo, un po’ per convinzione, un po’ per timore di perdere inesorabilmente il filo. Esistono coppie separate che mantengono un comune ménage sessuale anche se entrambi escono con altri. Altrettanto comprensibile appare l’interruzione completa di qualsiasi contatto. È l’epilogo che dipende dall’essere stati abbandonati per un motivo interpretabile come offesa o dall’aver abbandonato per azzeramento della stima verso l’altro. Oppure si tronca se uno dei due non si è ancora ripreso e l’incombenza dell’amato imprimerebbe una micidiale circolarità ai suoi pensieri. La quasi totalità degli ex, anche se non subito, opta per una continuità in versione sbiadita che prevede il rituale degli auguri per compleanni e feste comandate e il non rifiuto di incontri occasionali. Una cortese freddezza. Il famigerato «restiamo amici» è sempre auspicabile una volta sbollito il calore della passione e seppellite le ragioni di recriminazione. In realtà, spesso è una formula truffaldina che cela due intenti opposti e ugualmente malsani. 1) Instaurare o ripristinare un rapporto amicale – o almeno provarci – è utile a chi lascia per lavarsi la coscienza. LEI: «Se siamo amici, allora non mi odia per quello che ho fatto, non mi sentirò in colpa e non gli avrò rovinato la vita.» 12


LUI:

«Se siamo amici, hai visto mai che qualche volta non si possa anche scopare, visto che su quello, niente da dire.» 2) Per chi viene lasciato, la prospettiva di un’amicizia serve invece a non precludere potenziali riconquiste. LEI: «Restando amici, potrò frequentarlo e riconquistarlo. Non saprà resistermi se mantengo un contatto continuativo.» LUI: «Restando amici, hai visto mai che qualche volta non si possa anche scopare, visto che su quello, niente da dire.» Raramente, fra ex, si concretizza il subentro dell’amicizia all’amore, e le buone intenzioni vengono poco alla volta disattese. Per varie ragioni. Come insegna la saggezza cinese, la porta che è stata meglio chiusa si può lasciare aperta. A precluderne l’apertura, però, sono i nuovi partner che vi leggono un contatto privilegiato: precede il loro avvento e ne insidia l’esclusività. Talora la gelosia colpisce l’ex, il quale non regge il riaccasamento dell’altro perché la verità è che non si accontenta di essergli amico: conosco solo un caso di coniugi divorziati che continuano a frequentarsi assieme alla nuova compagna di lui. Ma, del resto, è davvero così significativa e interessante da perseguire l’amicizia postuma? Molti ritengono, e io con loro, che la fine di un amore si porta via quello spirito delicato e irripetibile che tiene insieme due perso13


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