Zürichsee-Oberland Unità Pastorale Zürichsee-Oberland comprende le parrocchie di Herrliberg, Hinwil, Hombrechtikon, Küsnacht ZH, Erlenbach, Männedorf, Meilen, Stäfa, Rüti-Tann, Wald ZH, Zollikerberg, Zumikon e Zollikon. Sede Bahnhofstrasse 48, 8712 Stäfa Internet www.lemissioni.net Missionario don Cesare Naumowicz, 076 247 82 70 Segreteria Elena Bartholet, 044 926 59 46, staefa@missioni.ch Orari di apertura dal lunedì al venerdì mattina ore 8.30-12.30
LA RICCHEZZA DELL’INCONTRO don Cesare
Già Aristotele affermava che l’uomo è un animale sociale, cioè realizza la sua natura in relazione agli altri. Nella società di oggi, sempre più interconnessa, grazie ad Internet e ai social media, i contatti e gli incontri con le vite degli altri avvengono in continuazione. Paradossalmente, la maggior parte degli scambi sociali è volatile e superficiale. Non di rado, infatti, si rimane con il senso amaro del vuoto e della solitudine. Se si vive fluttuando nella ventosa superficie si perde l’occasione di trarci fuori da noi stessi e quindi spiccare coraggiosamente voli che ci dischiudono il senso della nostra esistenza permettendoci di avvicinare e incontrare l’altro. Il celebre filosofo contemporaneo François Jullien ha analizzato il tema dell’incontro, arrivando addirittura ad affermare che incontrare vuol dire esistere (cfr. libro L’apparizione dell’altro. Lo scarto e l’incontro). Jullien sottolinea che l’uomo passa la vita intera in attesa e in ricerca dell’alterità. Questa ricerca stimola il nostro pensiero e la nostra vita. L’alterità non va cercata necessariamente nell’opposto a noi, ma spesso in chi ci è vicino. Ad esempio, si può passare una vita intera accanto a una persona senza incontrarla mai veramente. L’incontro, inoltre, in virtù della sua imprevedibilità, conserva sempre dentro di sé la possibilità del confronto e persino dello scontro.
«La vita è l’arte dell’incontro, anche se tanti scontri ci sono nella vita.» Questa è una celebre frase, tratta dalla canzone «Samba della benedizione» del poeta e cantautore brasiliano Vinicius de Moraes. Questa frase viene citata, a sorpresa, nell’enciclica di papa Francesco «Fratelli tutti». Il Papa prosegue affermando: «Tante volte ho invitato a far crescere una cultura dell’incontro, che vada oltre le dialettiche che mettono l’uno contro l’altro. È uno stile di vita che tende a formare quel poliedro che ha molte facce, moltissimi lati, ma tutti compongono un’unità ricca di sfumature, perché il tutto è superiore alla parte. Il poliedro rappresenta una società in cui le differenze convivono integrandosi, arricchendosi e illuminandosi a vicenda, benché ciò comporti discussioni e diffidenze. Da tutti, infatti, si può imparare qualcosa, nessuno è inutile, nessuno è superfluo» (Fratelli tutti, 215). La cultura dell’incontro, nella sua fase iniziale, nasce e cresce specialmente tra le mura domestiche, in famiglia. Non a caso una delle diocesi italiane – di fronte alla dura sfida del nostro tempo segnato dalla pandemia, e in conseguenza dalla triste limitazione degli incontri e impoverimento delle relazioni – ha proposto alle famiglie, alle coppie e ai fedeli un articolato itinerario di riflessione per aiutare ciascuno a generare relazioni nuove vivendo e incarnando il Vangelo. Secondo gli autori dei sussidi, le relazioni familiari, dentro e fuori il recinto di casa, rappresentano «la prima e più generativa realtà poliedrica per uno stile di vita che sa comporre in armonica unità le sfaccettate differenze e i molteplici lati dell’esistenza». L’orizzonte qui si potrebbe allargare con una domanda strategica: quali passi significativi compiere per essere e diventare ancora di più persone, famiglie e gruppi «ricchi» di buone relazioni, attenti al bene comune e accoglienti verso gli altri, specialmente verso i poveri e gli esclusi, avviando processi di incontro capaci di raccogliere e integrare le differenze (cfr. Fratelli tutti, 217)?