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Architettura e design/Architecture and Design Cesare Maria Casati

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vrete notato come in questi ultimi numeri della rivista abbiamo cominciato a documentare e analizzare gli straordinari progetti di ricerca proposti da alcuni architetti nel mondo che, oltre a svolgere il loro lavoro professionale con successo nei propri studi, riescono a dedicarsi con entusiasmo coraggioso, generosa intelligenza e applicazione all’innovazione del progetto. Non si tratta di utopie futuribili ma di pensieri attuali tutti orientati a una nuova figurazione dello spazio vivibile dall’uomo partendo sempre dal presupposto che i volumi determinati dallo scheletro e dalla “pelle” dell’architettura siano ancora tutti da innovare e che il progresso scientifico nel campo informatico della graficizzazione del progetto solo ora ci consente di elaborare immagini mai affrontate prima. John Johansen da decenni teorizza queste ricerche sia nel campo biomorfico che nel controllo genetico della formazione organica e naturale di alcune strutture marine. Ricerche che spero prossimamente di documentare. Lo studio approfondito di strutture a membrana e di spazi e volumi dilatabili e comprimibili, con metodologie organiche, apriranno prospettive incredibili al prossimo futuro delle tecniche costruttive. E’ un momento particolare in cui i ricercatori impegnati vanno seguiti con molta attenzione, forse è veramente in atto quella svolta decisiva di linguaggio del progetto grazie alla quale si abbandonano tutti i canoni compositivi e costruttivi, scolasticamente appresi per secoli nella formazione professionale, a favore di una maggior presa di coscienza del velocissimo progresso della tecnologia e dei mezzi conseguenti che consentono idee e proposte prima impensabili. Il cosiddetto “futuro”, che negli anni Sessanta vedevamo lontano, sembra giunto, anche se tutto ciò avviene nella distrazione ufficiale di chi non dovrebbe distrarsi, come l’università e i media. Vincere la conservazione dei concetti appresi e la ripetitività dei linguaggi già affermati non è facile. Una dimostrazione palese si evince dalla visita al Salone del Mobile di Milano, esposizione internazionale unica per dimensione e qualità che ogni anno espone i migliori prodotti di arredo del mondo progettati da designer famosi e prodotti dalle più illustri industrie di arredo. Proposte che storicamente hanno sempre consentito di riscontrare, anche se in un ambito diverso, il livello di coerenza tra design e architettura. Adeguatezza culturale ed estetica che anche quest’anno non si riscontra al punto che, oltre a riproporre forme e soluzioni già viste, innovative alcuni decenni fa, vede persino scendere in campo, con proposte romanticamente banali e di decoro nazional-popolare, persino le “griffe” famose della moda italiana. Persino i giovani designer, a cui è destinato un grande spazio espositivo, rinunciano all’invenzione e timidamente si propongono solo come bravi artigiani e non, come dovrebbero, come “rivoluzionari” progettisti che finalmente reinventano lo spazio domestico e provocano l’industria a riscoprire la via della ricerca coraggiosa e avventurosa. Il design, soprattutto quello italiano, deve riprendere entusiasmo e non ignorare le ricerche in atto nel campo dell’architettura per affiancarsi e possibilmente integrarsi in gruppi progettuali per ideare con metodo e con scientificità i nuovi progetti che dovrebbero vedere sempre più coinvolte, anche al momento del concepimento dell’idea, le migliori industrie della costruzione e degli arredi sempre impegnate con nuove materie e nuove tecnologie.

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ou will have noticed that in recent issues we have started outlining and analysing a number of extraordinary research projects designed by some of the world’s leading architects, who, in addition to their own successful careers with their design firms, also manage to dedicate themselves with bold enthusiasm and generous intelligence to innovating architectural design. This is not utopian dreaming into the future, but topical thoughts aimed at looking at the space in which we live in a fresh way, always working on the assumption that the structures formed out of architecture’s skeleton and “skin” all need updating and that scientific progress in computer design graphics now allows us to work on images that have never tackled before. For decades John Johansen has been laying the theoretical foundations for these experiments in biomorphism and the genetic control of the organic/natural formation of certain marine structures. Research I hope to examine in the near future. This is a key moment in which committed researchers need to be followed with close attention, perhaps we have actually reached that decisive turn-around in the language of design, thanks to which all those stylistic and structural guidelines spoon fed to architects in their professional training down the centuries will be abandoned in favour of a greater awareness of rapid progress in technology and the means it provides for realising previously unthinkable ideas and suggestions. The so-called “future” which seemed so far away in the 1960s seems to already be with us, although those who should pay most careful attention seem quite oblivious to it all, viz., universities and the media. Making people loosen their grip on winning concepts and stop acting as mere mouthpieces for wellestablished idioms is no easy matter. This can clearly be seen from visiting the Milan Furniture Show, an international exhibition unique for its size and standards, displaying the world’s leading furniture products created by famous designers and manufactured by the most celebrated furniture-makers. Designs which, in the past, have always provided a yardstick for gauging how design relates to architecture, only in a different realm. Cultural/aesthetic pretensions which once again this year have not been met, to such an extent that not only are the same old forms and designs on display, that might have been innovative a few decades ago, but even Italy’s famous fashion designers have contributed with their own romantically bland pieces of national-popular ornamentation. Even young designers, who have been allocated plenty of exhibition space, show no sign of invention and shyly present themselves as competent craftsmen and not, as the case should be, “revolutionary” designers, capable of finally reinventing the home environment and forcing industry to rediscover a sense of bold and adventurous experimentation. Design, particularly Italian design, must regain that old enthusiasm and not ignore the experimentation under way in architecture, ready to join forces and perhaps even form design teams working methodically on creating new scientifically-based projects. Right from when the original idea is first thought-up, leading construction and furnishing firms should be more closely involved with their new materials and new technologies.

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RiA: ARTEinformaticaARCHITETTURA

aria: leggera, insostituibile e vitale. Abbiamo pensato non solo a un acronimo che richiamasse le sue intrinseche qualità, ma anche a una sintesi che descriL’ vesse il nostro programma di ricerca progettuale esplicitandone le intenzioni. L’arte astratta del secolo scorso attraverso una metamorfosi tridimensionale e informatica diventa architettura e assumendo un linguaggio definito si inserisce in un contesto naturale tentando, talvolta riuscendovi, di ottenere una mimetizzazione materica e cromatica. I blocchi cromatici e bidimensionali assumono la terza dimensione, diventano volumi e quindi fluttuano nel cupo universo informatico che si illumina tuttavia attraverso la luce dei programmi di disegno automatico che rubano realtà alla realtà. E’ indubbio che l’analisi delle opere di Mies Van Der Rohe e del loro rapporto con le Avanguardie del Novecento ha rappresentato un punto di riferimento e una possibile via interpretativa. L’incontro dell’autore nel 1922 con Theo van Doesburg e con El Lissitzky e l’esperienza del Bauhaus, prima dell’esilio statunitense, lo resero partecipe delle esperienze di Mondrian, Kandinsky, Malevitch e Klee maturate nello stesso ambiente culturale. Sono state queste le tracce artistiche indagate e sviluppate dagli studenti nel Laboratorio di Progettazione Architettonica. Ci si è mossi in questo ambito, rileggendo compositivamente i plastici elaborati nel 1920 da Theo Van Doesburg o gli “Architectonen” Suprematisti di Kasimir Malevitch del 1920/23, cercando di individuarne le valenze; nella fase immediatamente successiva ogni opera, adottata secondo criteri riguardanti la reale traduzione progettuale, diveniva poi una sorta di “tabula rasa” su cui innestare nuove sperimentazioni. L’opera scelta da paradigma ideale è diventata quasi immediatamente pianta architettonica, o, forse, l’Architettura era sottesa quasi fosse una sintesi immediata, pronta alla lettura e/o alla metamorfosi tridimensionale. Già nella scelta dell’opera da trasformare vi era una sorta di intenzione progettuale dal momento che nell’atto della rielaborazione in planimetria venivano rispettati i rapporti dimensionali e le espressioni cromatiche esistenti. Le forme geometriche si sviluppavano a poco a poco tridimensionalmente nei primi istanti di lettura e fin da questa prima fase era evidente la scelta progettuale che si andava delineando. In tale logica era proprio dall’opera del “referente” artistico che scaturiva la scelta del linguaggio architettonico di riferimento. Ne nasceva un’architettura solo apparentemente più rigida ma che consentiva tuttavia molteplici traduzioni; i cromatismi e le stesse forme euclidee determinavano una molteplicità di codici attraverso i quali diventavano possibili sia la lettura che la traduzione. La sperimentazione didattica I progetti illustrati rappresentano solo una piccola parte dei lavori ultimati dagli studenti negli ultimi due anni accademici, in un Laboratorio al 1° anno della Seconda Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, su un tema concordato con gli altri docenti dei Laboratori di progettazione: la progettazione di una casa unifamiliare in un contesto naturale o urbano.

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di/by Roberto Apostolo

Si è richiesto agli studenti di analizzare un’opera d’arte astratta, di coglierne i significati e le valenze sottese e di reinterpretarla, tridimensionalizzandola in una residenza unifamiliare in un luogo prescelto: le “Calanques de Maubois”, situate fra Cannes e S. Raphael. La trasposizione doveva seguire il linguaggio architettonico di un autore scelto in accordo con la docenza. Si è trattato di un tema inserito in una località europea, così da spingere l’allievo a pensare e a progettare, seguendo le nuove logiche politiche ed economiche di tale realtà. Si è creato un collegamento con il comune di S. Raphael e quindi si è iniziata la sperimentazione nell’ottobre del 1999. Il riferimento artistico Ogni allievo ha assunto un’opera d’arte astratta, scelta autonomamente come pianta per le coperture di una residenza unifamiliare, dopo aver studiato la biografia dell’artista di riferimento, le opere coeve e le potenzialità formali intrinseche che già attendevano da tempo un’elevazione tridimensionale. La scelta dell’autore architettonico e del suo linguaggio compositivo scaturiva proprio dalle potenzialità possedute dall’opera. In ciascuno dei due anni del Laboratorio sono state proiettate e commentate innumerevoli immagini di residenze unifamiliari d’autore e a ciò è seguita una fase denominata “lettura compositiva” che prevedeva un’immediata restituzione attraverso schizzi a mano libera . Quest’operazione ha portato gli allievi a intuire quasi simultaneamente i linguaggi artistici e compositivi a partire da un segno astratto, inteso come sintesi estrema degli assunti distributivi ed espressivi dell’autore. All’obiettivo primario, la creazione di un ponte fra l’Arte, i linguaggi architettonici della Storia dell’Architettura moderna e contemporanea e il Progetto, si è giunti tramite l’apporto espressivo ormai insostituibile dell’Informatica. Si è creato quindi, parallelamente al Laboratorio di Progettazione, un supporto didattico denominato Architettura&Informatica. In tale forma di sussidio didattico sono stati insegnati i principali programmi adottati negli studi d’architettura, diventati i capisaldi di questo percorso informatico vista la loro diffusione e conoscenza da parte degli allievi. Le verifiche, le sperimentazioni bidimensionali e soprattutto tridimensionali hanno creato nuove possibilità per la lettura delle esperienze delle Avanguardie Architettoniche. Il programma così enunciato potrebbe sembrare troppo complesso per degli allievi del 1° anno della Facoltà di Architettura, ma ora alla luce dei risultati confortanti bisogna ammettere che così non è stato. Tutti gli allievi che hanno già sostenuto l’esame di Laboratorio hanno certamente compreso le richieste della docenza e la necessità di affinare fin da subito le proprie conoscenze artistiche, architettoniche e informatiche in modo che esse costituiscano la base della loro cultura architettonica. Questo ponte che il Laboratorio ha voluto creare con il mondo artistico ha permesso agli allievi di riscoprire (e talvolta scoprire) le opere delle più emblemati-


Laboratorio di Progettazione architettonica 1a annualità della 2a Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino Professor: Roberto Apostolo Lab Collaborators: Luisa Amico, Michela Buzzi Langhi Informatics Lab Collaborators: Roberto Cauda, Fabrizio Gili, Pierluigi Gianfreda Scholarship Holders: Fabrizio Gili, Gianfranco Negro

Exhibition Collaborators: Isabel Kollhofell and the Lab Collaborators Hanno partecipato alla Mostra ARiA gli studenti/The following students took part in the exhibition: Anna Caretto Buffo, Marco Calcagno, Helene Canepa, Nicoletta Carbotti, Carla Carenzo, Sofia Castagneti, Silvia Cauda, Francesco Causone, Rossella Cebrero, Monica Chiesa, Simona Coglilo, Vito Colacicco, Daniele Colalella, Veronica

Comba, Eugenia Comparetto, Fabiana Coraggio, Serena Coraglia, Cristina Cigliuti, Davide Cocca, Lorenza Croce, Massimiliano De Leo, Davide Del Giudice, Lea Paola Enrico, Rossella Enrico, Elena Fasan, Claudia Furlan, Alberto Fussotto, Elisa Dorigo, Angela Falco, Paolo Giordana, Elena Gagnor, Elena Galli, Luca Giacobini, Francesca Pianola, Giovanna Greco

che personalità dell’Arte Figurativa. Analizzando le produzioni degli artisti, usandole e rielaborandole gli studenti hanno compiuto il loro percorso, per poi tradurlo in un’architettura che apparteneva, a poco a poco, a una propria sensibilità progettuale. Ed è questo l’obiettivo finale: incanalare lo studente in una libera scelta autonoma della tematica artistica ma rigida nei suoi contenuti formali per poi fargli scoprire il (possibile) valore della propria proposta. E per meglio approfondire la conoscenza delle tematiche artistiche e architettoniche sono stati compiuti per analizzare alcune delle opere prescelte per la traduzione architettonica con gli studenti diversi viaggi d’istruzione: ai musei Guggenheim di Bilbao e Venezia e ai musei d’arte Moderna di Lisbona e Barcellona. Da tempo, negli esami e nelle tesi di laurea proponiamo tematiche progettuali e Concorsi d’Architettura in città europee. Riteniamo infatti necessario che gli allievi affrontino questa nuova realtà geo-politica. E i programmi Erasmus e similari sono stati utili in questo senso poiché hanno permesso a molti studenti di confrontarsi con metodologie e siti progettuali alternativi al contesto italiano. E’ probabile che, per una parte delle prossime generazioni di architetti, vi sarà nell’Europa Unita un campo d’azione tale da creare nuove prospettive di lavoro. Va sottolineato che le tavole illustrate sono solo una sintesi rispetto a quelle presentate in sede d’esame. Esse vorrebbero fornire un campo di possibile sperimentazione non solo per l’intrinseca tematica progettuale, ma anche per l’impaginazione e la rappresentazione, che si avvalgono in qualche caso, anche delle nuove possibilità offerte dall’uso dei programmi informatici. Il riferimento architettonico In questa parte dell’esercitazione essi avrebbero dovuto interpretare il tema del Laboratorio seguendo la logica distributiva, formale ed espressiva di un grande autore dell’architettura Contemporanea, scelto nella più piena e autonoma libertà. Gli studenti ne avrebbero analizzato tutte le opere, compreso i significati sottesi, tradotti in un alfabeto formale e quindi, come se fossero stati parte integrante dell’atelier progettuale dell’autore, li avrebbero proposti nel loro progetto, risolvendone le tematiche distributive e compositive. Sarebbero giunti, quindi, quasi a una sorta di emulazione e/o a una possibile identificazione con il progettista, per poi abbandonare la protettiva e utile “crisalide formale” iniziale così da trovare negli anni successivi e nella piena maturità progettuale una propria via, un proprio lessico architettonico. Questa sorta di tutor doveva essere mentalmente presente in ognuno degli allievi nelle varie fasi del progetto, quasi un’ancora di salvezza espressiva. Essi chiaramente avrebbero seguito una logica manieristica, che era però solo un punto di partenza. Si trattava di un percorso di “lettura” e di traduzione del Linguaggio analogo al Neorazionalismo mutuato da Richard Meier (e dai Five Architects) nei confronti di Le Corbusier. Lettura, analisi, adozione, proposta che poi con la sedimentazione temporale diventano un personale linguaggio formale, fonte di autonoma sperimentazione, insomma: una propria e personale architettura.

Naturalmente questa è stata la tesi e l’aspettativa iniziale di questo percorso didattico: spetta al lettore e al visitatore giudicare fino a che punto vi sia stato un processo d’identificazione fedele e di corretta restituzione da parte degli allievi. Tutto ciò è stato creato per permettere agli studenti di conoscere a fondo almeno uno o più linguaggi architettonici attraverso analisi, studi, parallelismi e confronti. Una sorta di possibile ponte fra la Progettazione e la Storia dell’architettura, non sempre praticato per naturali incomprensioni reciproche da parte dei due schieramenti culturali. L’inserimento nel territorio e nell’ambiente Particolare cura è stata posta nella verifica dell’area con una visita sui luoghi del progetto, l’analisi diretta dei materiali esistenti, della natura e dei cromatismi da rispettare. Le aree scelte sono in un contesto naturale nell’Esterel e questa non vuole essere solo una proposta per quell’area che vive del resto della propria architettura naturale ma un’esercitazione progettuale che è incentrata sul progetto in una località mediterranea a bassa o nulla densità edilizia e con un forte valore paesaggistico e naturale. Una tematica questa molto presente anche lungo le coste italiane e su cui si è ritenuto importante riflettere assieme agli allievi. s Davide Cocca Artista di riferimento Selected artist: Alexander Rodchenko Linguaggio di riferimento Selected style: John Lautner ■ L’intera

idea progettuale ha inizio dalla base planimetrica bidimensionale derivante dal quadro astratto di Alexander Rodchenko Untitled, del 1917, scelto perché costituito da forme semplici che si articolano però in complesse geometrie. Queste si protendono verso l’esterno ruotando intorno a un comune fulcro. Tale centro è l’unica figura semplice nettamente distinguibile nell’opera: un

cerchio. Da qui prende forma l’intera residenza, perché è proprio nei pressi di questa figura che si trovano i due ingressi delle due principali zone della casa: la zona abitata e la zona espositiva per opere d’arte. La residenza è infatti pensata come seconda residenza della famiglia di un collezionista di opere d’arte moderna, il quale riesce a coltivare i suoi interessi anche in vacanza con la famiglia. ■ The entire design concept is based on a two-dimensional site base deriving from Alexander Rodchenko’s Untitled abstract square from 1917, chosen because it is constructed out of simple

forms creating intricate geometric patterns. These patterns project out as they rotate around a common hub. This centre is the work’s only clearly distinguishable simple figure: a circle. The rest of the house is shaped around it, because it is near this figure that the two entrances to the two main areas of the house are located: the living quarters and exhibition area for displaying works of art. The house is actually designed as the second family home of a collector of modern works of art, who manages to follow his hobby even when on holiday with the family.

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Didactic Experimentation

ir: light, irreplaceable and vital. We have not just thought up an acronym that evokes its intrinsic qualities, but also a synthesis describing and outliA ning the basic goals of our design research programme. Last century’s abstract art is turned into architecture through a three-dimensional, computer-controlled metamorphosis and then incorporated in a natural context by taking on its own definite vocabulary, trying and at times succeeding in camouflaging its own colours and materials. Two-dimensional colour blocks move into the third dimension, turning into structures and fluttering through the dark universe of computer technology lit up by the light of automatic design programmes that rob reality of reality. There can be no doubt that an analysis of the works of Mies Van Der Rohe and their relation to the 20th-century avant-gardes provided a sort of yardstick or possible means of interpretation. The great architect’s meeting with Theo van Doesburg and El Lissitzky in 1922 and the Bauhaus experience before emigrating to the United States got him involved with Mondrian, Kandinsky, Malevitch and Klee, who all grew up in the same cultural environment. These are the artistic traces examined and developed by students at the Architectural Design Workshop. This is how the plastic models designed by Theo Van Doesburg in 1920 or Kasimir Malevitch’s Suprematist “Architectonen” from 1920/23 have been given a fresh stylistic reading in an attempt to focus on their merits; the phase just after each new work of art, chosen for its genuine stylistic potential, is taken a sort of “tabula rasa” on which to carry out new experiments. Initially a sort of ideal paradigm, the chosen work was almost instantly transformed into an architectural plan or perhaps Architecture was taken as a sort of immediate synthesis ready for interpretation and/or three-dimensional metamorphosis. Even the choice of work to be transformed included a sort of design intention, since its existing dimensional relations and colour schemes were respected during the re-rendering process. Geometric forms were gradually developed three-dimensionally at the very start of the interpretation process and right from this very stage the design approach was already quite clear. According to this way of thinking, the artistic “referent” was the real source of the chosen architectural idiom. The resulting architecture was only apparently more rigid, whereas in fact it opened up to multiple interpretations: the colour schemes and Euclidean forms created a multiplicity of codes for both reading and interpreting a given work.

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di/by Roberto Apostolo

Didactic Experimentation The projects illustrated represent only a small part of the works completed by students in their final two academic years at a Workshop for the 1st year of the Second Faculty of Architecture at Turin Polytechnic, working on a topic decided in conjunction with other teachers at the Design Workshops: the design of a detached house in a natural or urban setting. Students were asked to analyse an abstract work of art, trying to grasp its meanings and underlying significance and then reinterpret the work three-dimensionally into a detached house in a special setting: “Calanques de Maubois” between Cannes and S. Raphael. The transposition had to be carried out in the architectural idiom of an artist chosen with the teacher’s help. The decision to choose a European location was supposed to force students to think and design along the new political/economic lines of the old continent. S. Raphael City Council helped with the project and experimentation actually began in October 1999. Artistic Reference Each pupil took a work of abstract art of his own choosing as the plan for the roofs on a detached house, after first studying the chosen artist’s biography, other works from the same period and the intrinsic stylistic potential just waiting to be raised to three-dimensional status. The architect’s choice of work and idiom derived from the potential lying in the chosen work. Lots of pictures of detached “designer” houses were projected and commented on during the two years of study at the Workshop. This was then followed by a period of “stylistic reading” calling for an immediate rendering in the form of freehand sketches. This let students almost simultaneously sense both the artistic and stylistic idioms working from an abstract sign taken as an extreme synthesis of the artist’s distributional/expressive premises. Computer technology provided an indispensable hand in achieving the main goal of creating a bridge between Art and the architectural idioms characterising the History of modern and modern-day Architecture and Design. A teaching support called Architecture&Computing was set up in conjunction with the Design Workshop. The main programmes used in architectural firms were taught as a sort of teaching aid. These programmes were a key part of the computer procedures, seeing as all the students were quite familiar with them.


■ Tutti

i principali affacci delle stanze sono rivolti a est verso la costa, schermati dal sole. L’unica ala che si protende verso ovest è occupata da uno studio appartato con ingresso secondario. L’intero complesso è pensato come struttura in materiale misto: la zona abitativa ha una copertura

in cemento, posta su di un solaio di forma curva complessa a orditura composta da travi curve in legno lamellare, il tutto poggiato su pilastri in cemento armato nascosti nei muri interni. Le ali che si protendono verso l’esterno sono costituite da blocchi lavorati di roccia locale, che assicura una buona

tenuta al caldo esterno. Con la stessa tecnica è pensata la camera blindata della galleria d’arte, prevista all’interno del triangolo che, nell’opera di Rodchenko, s’incunea nel cerchio. La parte espositiva esterna è ombreggiata da coperture in c.a.. rette da travi legno lamellare che poggiano su pilastri in c.a. circolari a vista.

Tests, two-dimensional and, most importantly, three-dimensional experiments have opened up new possibilities for reading the experiments carried out by the Architectural Avant-gardes. This kind of programme might seem too complicated for the 1st year of the Faculty of Architecture, but in light of the comforting results attained this turns out not to be the case. All the students who took the Workshop exam have certainly understood the teaching staff’s requirements and the need to immediately develop their own artistic, architectural and computer skills, so that they form the basis of their own architectural culture. This bridge the Workshop has tried to create with the art world has enabled pupils to rediscover (or sometimes discover for the first time) the works of the leading exponents of Figurative Art. By analysing the artists’ work and then using and elaborating on them, students followed their own path, eventually translating all this into architecture that gradually takes on their own artistic touch. This is the ultimate goal: to guide students to make their own free artistic choices with their own strictly gauged stylistic contents, so that they can then discover the (possible) value of their own work. Various educational trips were also arranged with students to gain greater insight into the artistic/architectural aspects of some of the works chosen to be translated into architecture: to the Guggeneheim Museum in Bilbao, Venice Museum and the modern art galleries of Lisbon and Barcelona. For some time now we have been proposing design themes for university exams and theses, as well as Architecture Competitions in various European cities. We firmly believe that students need to embrace this new geo-political state of affairs. Erasmus programmes and the like have been useful in this respect, because they have allowed plenty of students to come to terms with design methods and locations quite different from those in Italy. It is likely that United Europe will provide the setting for quite new work prospects for some of the forthcoming generations of architects. It needs to be pointed out that the illustrated tables are just a summary of those used in the exams. They are merely supposed to provide a range of possible experimentation for designs and how they are developed and represented, drawing in some cases on the possibilities opened up by the use of computer programmes.

■ All

the main fronts of the rooms face east towards the coast, suitably sheltered from the sun. The only wing extending towards the west houses a separate study with a back entrance. The entire complex is designed out of a structure made of different materials: the living quarters have a concrete roof built on a

intricately curved-shaped ceiling made of curved laminated wooden beams, all resting on reinforced concrete columns concealed inside the interior walls. The wings extending towards the outside are made of local rock that provide shelter against the heat. The same technique is used for the art gallery’s

armoured room, envisaged being placed inside the triangle slotted inside the circle in Rodchenko’s work. The outside exhibition section is sheltered reinforced concrete roofs held up by laminated wooden beams resting on exposed circular reinforced concrete columns.

The Architectural Reference At this stage in the exercise, students ought to have tackled the Workshop theme following the stylistic/expressive thinking of a leading contemporary architect they were left to choose on their own. They were supposed to analyse all their works, including their hidden meanings, translated into a stylistic alphabet, and then incorporate them in their own projects as if they were an integral part of the architect’s own design workshop, thereby solving certain distributional/stylistic issues. This would allow them to emulate and/or even identify with the architect in question, so that they could cast off the useful old protective “stylistic shell” they once had and find their own mature architectural idiom. This sort of guidance was supposed to be mentally present in each student’s mind during the various stages of design, as a sort of stylistic life line. Of course this inevitably meant they adopted a sort of mannerism as a starting point. This kind of “reading” and translation of Language is reminiscent of Richard Meier’s (and Five Architects’) Neo-rationalist adaptation of Le Corbusier. A reading, analysis, adoption and rendering process, which, in time, turns into a personal stylistic vocabulary, a source of experimental autonomy: their own private architectural style. Of course this was the theory and initial expectations lying behind this teaching method: it is up to the reader and visitor to decide just how far the students have matched up to these expectations. All this is really supposed to let students gain a deeper insight into at least one or more architectural idioms by carrying out analyses and studies and drawing parallels and comparisons. A sort of possible bridge between Design and the History of Architecture, that usually goes unbuilt due to reciprocal misunderstandings on both sides. Setting in Environmental/Territorial Context Special care was taken over inspecting the design locations and directly analysing the old materials, natural setting and colour schemes to be incorporated. The chosen areas are in a natural setting in Esterel. This does not make this a custom-made design for this particular area, which incidentally already has its own natural architecture, but an exercise in design focusing around a project for a Mediterranean setting with very little or no existing buildings and picturesque natural environment. This kind of situation is quite familiar along Italian coasts and hence was thought to be worth studying with the students.

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Monica Chiesa Artista di riferimento Selected artist: Atanasio Soldati Linguaggio di riferimento Selected style: Eric Owen Moss ■ L’accostamento

tra Atanasio Soldati ed Eric Owen Moss non è stato casuale, infatti, si può vedere nelle opere di entrambi una ricerca della forma che sembra andare nella stessa direzione, nonostante vi sia mezzo secolo a dividere le loro opere, e sicuramente una contestualizzazione differente. Atanasio Soldati è guidato nelle sue opere da una chiara memoria architettonica, che lo portano all’individuazione di ritmi che animano lo spazio, utilizzando anche virtuosismi prospettici. Allo stesso modo Moss scompone i volumi che costituiscono le sue architetture, utilizzando poi le intersezioni ottenute dalla sua decomposizione come linee di forza per l’intero progetto. Sintesi formale per entrambi potrebbe quindi essere

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proprio la presenza delle linee che animano lo spazio, creando dei “ritmi logici” all’interno della composizione. ■ It is no coincidence that Atanasio Soldati has been matched with Eric Owen Moss, since they are both interested in experimenting with form along the same basic lines, despite half-acentury between their works and the quite different artistic settings in which they worked. Atanasio Soldati’s work has a distinctly architectural vein, encouraging him to use patterns to enliven space and draw on virtuoso perspective touches. Similarly, Moss breaks down the structures out of which his architecture is built, then using the intersections resulting from its decomposition as lines of force for the entire design. The leit-motif summing up their style might be the presence of lines to enliven space, creating “logical patterns” inside the composition.


■ Punto

di partenza per l’analisi di questa casa è il soggiorno, centro attorno a cui ruota il resto dell’abitazione, e, ne è differenziato sia dai materiali utilizzati, sia dalla forma e tipologia dei rivestimenti e delle aperture. Questa parte si collega con la sala da pranzo senza divisioni ed è il luogo di ingresso, raggiungibile attraverso una zona porticata. La sala da pranzo si collega con la cucina, creando una sorta di continuità. Da questa sala è poi possibile l’accesso a un patio interno, situato in una posizione abbastanza centrale rispetto all’intera abitazione, e a un magazzino-dispensa, adiacente a sua volta al garage. Al piano terra è ancora presente una sala

proiezione. Anche il primo piano dell’abitazione è collegato al soggiorno da una scala e, visivamente da un soppalco. Questo accade anche nel caso dello studio, in cui è presente una finestra scorrevole che permette anche in questo caso l’affaccio sul soggiorno. Dal soppalco, un corridoio porta alla zona notte, costituita da tre camere da letto con i relativi servizi igienici. I materiali della casa si differenziano a seconda della disposizione: il soggiorno è rivestito da lastre quadrate di pietra; il resto della casa è rivestito nella parte bassa da pietra locale, mentre la parte superiore è intonacata. Le coperture sono realizzate con lastre di rame.

■ The

starting point for analysing this house is the living room, the centre around which the rest of the home rotates and which stands out for both the materials used and the shape and style of the claddings and openings. This part connects to the dining rooms without partitions and is also the entrance area which can be reached through a porticoed area. The dining room is connected to the kitchen to create a sense of continuity. This room then leads through to an inside patio, situated relatively centrally in relation to the entire house, and to a storeroom-larder next to the garage. There is still a projection room on the

ground floor. The first floor of the house is also connected to the living room by stairs and, visually, by a sort of intermediate level. This also applies to the study, which contains a sliding window facing towards the living room. A corridor leads from the intermediate level to the sleeping quarters consisting of three bedrooms and bathrooms. The different areas of the house are made out of different materials: the living room is clad with square slabs of stone; the rest of the house is clad around the bottom with local stone, while the upper part is plastered. The roofs are made of copper sheets.

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Luca Giacomini Artista di riferimento Selected artist: Jean Peyrissac Linguaggio di riferimento Selected style: John Lautner ■ La

forma originale della residenza, materializzata dall’ opera astratta Construction del 1925 del pittore Jean Peyrissac, è stata elaborata seguendo la poetica dell’architetto californiano John Lautner. All’ interno i vari ambienti offrono “citazioni” architettoniche lautneriane estrapolate e parafrasate in un nuovo contesto quale quello della Costa Azzurra. L’ospite non appena

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lasciata la sua vettura sotto l’ampio portico a nord, oltrepassati i locali di servizio, raggiunge l’ingresso dell’abitazione vera e propria inserito tra due ampi aggetti che ombreggiano la piscina e parte del giardino. La zona d’ingresso divide in due parti la zona notte: a destra, l’appartamento dei genitori accogliente e riservato; a sinistra la zona notte dei figli, ospiti e collaboratori familiari. Una galleria che costeggia la zona notte dei figli e si affaccia su un patio conduce al soggiorno. Questo ambiente non solo è il “comunicatore” con tutti gli altri ambienti della

zona giorno, ma anche il luogo espositivo per mostre temporanee “protette” da un’unica grande luce realizzata con una travatura a reticolo in legno lamellare. Dal soggiorno si accede alla biblioteca-studio illuminata da un’ampia vetrata a tutt’altezza. La sala da pranzo e la cucina sono caratterizzate dal focolare in pietra locale e legno lamellare. La natura è vera padrona della residenza; penetra, dall’esterno verso l’interno, in ogni ambiente e permette così un continuum tra mare, ambiente mediterraneo e la residenza.


■ The

original house design, based on the painter John Lautner’s abstract work entitled Construction from 1925, is elaborated through the poetics of the Californian architect John Lautner. The various inside premises are “citations” of Lautner’s architecture extrapolated and paraphrased in a new context like the French Riviera. As soon as guests leave their cars beneath the wide portico to the north and walk past the utilities rooms, they come to the main entrance inserted between two large overhangs shading the pool and part of the garden. The entrance area divides the sleeping quarters into two parts:

the warm and private parents’ flat to the right and children’s, guests’ and home helpers’ quarters to the left. A corridor skirting around the children’s sleeping quarters and facing onto the patio leads through to the living room. This area is not just supposed to “communicate” with all the other rooms in the living quarters, it is also designed for hosting temporary exhibitions “protected” beneath one single bay made out of reticulated laminated

wooden beams. The living quarters lead to the library-study, illuminated through a full-height wide glass window. A fireplace made of local stone and laminated wood is the most distinctive feature of the dining room and kitchen. Nature is the real master of the house; it penetrates inside every room and creates a continuum between the sea, Mediterranean setting and house.

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Rossella Cebrero Artista di riferimento Selected artist: Laszlo Moholy Nagy Linguaggio di riferimento Selected style: Richard Meier

elementi rettangolari di forma molto allungata suggeriscono la pensilina di accesso pedonale alla villa, sottolineato da un basso muretto, che permette di raggiungere l’edificio ipotizzato nell’area con la vista. ■ The reference to Richard Meier’s design ideas and methods preceded even the choice of a 1924 painting by Moholy-Nagy. Just as Meier explores space and structures using Cartesian schemes to use light to forge the non-colour white characterising his designs, the painting is translated into a mathematicalproportional grid of transparencies and

■ L’accostamento

alle idee e alle metodologie progettuali di Richard Meier avviene ancor prima della scelta del quadro, una tela del 1924 di Moholy-Nagy. Così come Meier indaga secondo schemi cartesiani lo spazio, i volumi, per forgiare con la luce il non-colore bianco che caratterizza le sue opere, il quadro si traduce in una griglia matematico-proporzionale di trasparenze e gerarchie tra i vari colori. Proprio dalla considerazione dei colori e delle trasparenze avviene la scelta della destinazione degli spazi, della tipologia delle coperture, degli aggetti, delle grandi vetrate e di elementi come la quinta scenica-lucernario che si eleva dalla unica diagonale nera presente nel quadro. Così i due

hierarchical relations between different colours. The choice of how the spaces are to be put to use, the style of the roofs, overhangs, large glass windows and other features like the ornamental-skylight curtain section rising up from the one single black diagonal in the painting, all derive from working with colours and transparencies. The two extremely elongated rectangular elements evoke the pedestrian entrance canopy to the house, emphasised by a low wall providing access to the building planned to be built in the area with a panoramic view.

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■ Il

luminoso ingresso è coperto da un gioco di vetrate piane, le cui misure derivano direttamente dalle intersezioni del quadro. Il lungo corridoio vetrato, partendo dall’ingresso e percorrendo in diagonale la casa, distribuisce luce e divide gli ambienti privati, rivolte verso la montagna, dagli ambienti collettivi, quali sala da pranzo e soggiorno, rivolti verso il mare. La cucina è grande e abitabile, in quanto funge da sala da pranzo, e vi si può accedere anche dall’autorimessa porticata. In questa zona si trovano i servizi di deposito e

centrale termica, connotata dalla presenza esteriore delle due alte canne fumarie metalliche. Dalla sala da pranzo si può accedere all’esterno per il pranzo all’aperto. Il salone si sviluppa in doppia altezza e è il centro vitale della casa da cui si può accedere, attraverso un passaggio in legno, a una delle tre vasche d’acqua. Nella zona a giorno vi è ancora lo studio, illuminato da un ampio lucernario e lo spogliatoio. Le camere da letto sono riparate dai raggi zenitali del sole per la loro collocazione e per la presenza di pensiline esterne.

■The

tall metal chimneys on the outside. The dining rooms also extends outdoors for lunches outside. The double-height lounge is

the heart of the house, leading through a wooden corridor to one of the three pools. The living quarters also contain a study lit through

a wide skylight and locker room. The bedrooms are sheltered from strong sunlight by their position and the presence of outside canopies.

brightly lit entrance is covered by an interplay of glass planes, whose sizes are taken directly from the painting’s intersections. The long glass corridor starting at the entrance and running right across the house distributes light and separates the private quarters facing the mountainside from the communal areas, such as the dining and living rooms, which face the sea. The large kitchen also acts as a dining room and can be entered through the porticoed garage. This is the area holding the storage space and central heating, as can be seen from the two

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Commercio e territorio M-Preis in Tyrol

Roland Halbe

Credits Project: Dominique Perrault Rolf Reichert Site Manager: Bernhard Schiendl Assistance: Hans Efferl, Bernd Greger, Mathias Frisch, Cyril Lancelin, Gaëlle Lauriot-Prévost, Ralf Levedag Structural Consultant: Guy Morisseau, Alfred Brunnsteiner Lighting Planning: HG Engineering Client: M-Preis Warenvertriebs

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ra le sue altre innumerevoli e abbastanza note difficoltà che si trascina irrimediabilmente dietro da sempre, l’architetF tura ha questo suo carattere di fondo ibrido, da una parte l’arte e l’apparente purezza del suo procedere, dall’altra le mani sporche dei cantieri, e l’ininterrotto fuoco incrociato del dispotismo delle norme e dei loro gestori, della opacità del calcolo, della bizzosità delle tecnologie, della voracità spiccia degli impresari, dell’intreccio oscuro degli interessi immobiliari e non. Grandi pesi veramente; e grandi conseguenze di vario genere, la prima delle quali consiste nella dilapidazione rapida di interi patrimoni di gioielli. Che non finiscono ovviamente in Paesi lontani o in forzieri segreti, data in questo caso la loro intrasportabilità fisica, e la non trafugabilità; ma che vengono semplicemente distrutti. L’elenco dei crimini è sterminato. Può accadere, per esempio, che un piccolo lavoro trascurato vada all’asta per un dollaro, e che l’asta vada deserta: e la casa e lo studio di Robert Motherwell a East Hampton, inarrivabile prodotto distillato dall’intelligenza di Pierre Chareau scompaia, per sempre il mattino seguente. O che un drappello di ruspe inviate dal Comune di Torino rada al suolo, sul far dei Sessanta del ventesimo secolo, il complesso della Società Ippica, costruito da Carlo Mollino non molto più di venti anni prima, e poi venerato, nei libri, come l’architettura probabilmente più valorosa e origina-

Progetto: Domique Perrault

le della modernità italiana. Mollino, architetto di spazi quanto soltanto Ponti forse, nel nostro Paese, lo è stato, è d’altra parte proprio un caso emblematico: succhiato via l’interno dell’Auditorium, cancellato quello del Teatro Regio, sempre nel cuore del capoluogo subalpino. Insomma, colpire al cuore. Proprio come, con esecrata brutalità cieca accadeva nel Belgio degli anni bui, nei confronti di Horta e innumerevoli altri, un modo di fare che si credeva, a torto, ormai morto e sepolto: e invece eccolo qui tale e quale e riapplicato alla lettera, ora in piena Milano, nei confronti di uno degli ultimi capolavori italiani costruiti, l’edificio del “Corriere della Sera”, fra via San Marco e via della Moscova, di Alberto Rosselli, anche in barba a raccolte di firme e appelli. Episodi fra i mille citabili, particolarmente dolorosi intanto perché a casa propria, e soprattutto perché del tutto privi di una ragione seppur minimamente sostenibile. Stando così le cose, inevitabilmente sorge spontaneo il desiderio di un collezionismo illuminato. Miraggio di unica possibile autodifesa. Come legittima rivendicazione di parità con le altre arti. E anche per giusta coerenza con la natura stessa dell’architettura, come si diceva. Non è questione di dare maggiori poteri alle soprintendenze, per carità. Per di là non si va certo lontano. Data la corporeità intrasportabile di quanto già esiste, su questo versante non rimane che da sperare in una rigogliosa


M-Preis, Wattens

■ La

facciata principale del supermercato della catena austriaca M-Preis realizzato a Wattens. L’edificio, esteso su una superficie di 1.665 mq e realizzato in soli 5 mesi di cantiere (agostodicembre 2000), si

fioritura di schiere di proprietari illuminati, privati e pubblici. Nuovi landlords coltissimi, attenti intenditori, emotivamente reattivi nei confronti della bellezza? Consapevoli dell’inestimabile valore civile, sociale, complessivo, di quanto da loro posseduto? Dannatamente improbabile, purtroppo, è evidente. E allora? Magari si potrebbe puntare sul nuovo, su quanto è appena stato costruito, o si sta costruendo, o lo si farà prossimamente. Con garbo, sapendo limitarsi e non alzare troppo il tiro, fin da subito, almeno. Delimitando con intelligenza gli ambiti, perfino geografici. Piccole collezioni. A réaction poétique, e per ciò stesso, aggiungeremo, sociale, e dotate di identità culturali riconoscibili. Un po’ come da una decina d’anni sta facendo M-Preis Warenvertriebs GmbH, non proprio un anonimo gruppo finanziario (quelli per ora non danno segno di vita in questo senso, cercando piuttosto, e invano, margini di riconoscibilità e cosmesi a posteriori, dopo avere cosparso il mondo di capannoni senza volto e perfettamente equivalenti per totale nullità), quanto un’impresa ancora di famiglia. Famiglia tirolese, di Innsbruck, attiva nel settore della grocery dal 1933, anno nel quale la signora Therese Mölk lanciò sul mercato locale una inedita formula di distribuzione. In seguito, sempre tempestivamente e sapientemente modificando grandezza e profilo, senza mai abbandonare il proprio ter-

inserisce discretamente nel paesaggio montagnoso con una struttura leggera e trasparente. ■ The main facade of the supermarket belonging to the Austrian M-Preis chain in Wattens.

The building, covering a surface area of 1,665 square metres and built in just 15 months (AugustDecember 2000) knits neatly into the mountainscape through its light and transparent structure.

reno economico e sociale di riferimento, molto coeso e in grado di assorbire senza grossi traumi i processi di modernizzazione, MPreis ha saputo espandersi senza nulla cedere a seduzioni dei gran cambiamenti di scala o della finanza atopica. Dieci e più supermercati di scala media, disseminati nella regione; uno diversissimo dall’altro, con soltanto la ricorrenza discreta di un cubo-logo, affidati, per ora tutti, meno uno, come vedremo, ad architetti dei dintorni, giovani e ben aggiornati, per nulla inclini a tentazioni vernacolari di sorta o a enfasi localistiche, attentissimi invece agli sviluppi in corso fra le punte avanzate della cultura architettonica contemporanea. Registrato il ruolo protagonista assunto dai luoghi commerciali, in ogni senso, compreso quello della aggregazione, la scelta della diversità fisica supportante molte altre attività, mixate caso per caso, si rivela centralissima e felice anche sotto il profilo della tenuta fisica di un territorio in rapida trasformazione e quindi particolarmente fragile. E questo si può fare soltanto attraverso l’architettura, che giunge a controllare, sostenere, e parzialmente inglobare un paesaggio prezioso senza sottrarlo alle necessarie modificazioni, assumendo ruoli infrastrutturali veri e propri, evitando sul nascere le anodine soluzioni parassite purtroppo sempre più diffuse. Che lo riconosca un committente, lui per primo, è cosa rara e preziosa; per il nostro fare così spesso umiliato e tartassato è motivo di speranza.

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principale e sotto la facciata laterale con lo spiazzo destinato ai parcheggi. Nella pagina a fianco, sezione longitudinale, vista della facciata retrostante e un particolare dell’isola verde antistante la facciata principale e racchiusa in un recinto dalla forma sinuosa e trasparente. ■ Main elevation and, below, the side facade with the clearing designed for car parks. Opposite page, longitudinal section, view of the rear facade and detail of the green island in front of the main facade and set in a winding, transparent enclosure.

Roland Halbe

■ Prospetto

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Qui ne vediamo due pezzi. A Telfs, Peter Lorenz srotola una lastrona di calcestruzzo armato in una geometria ardita e senza soluzioni di continuità, ciò che è fuori e copre dalle intemperie poi è dentro e sorregge una piattaforma panoramica rivolta verso lo spazio della vendita, con bar per i clienti, dopo essersi sporto a proteggere una possibile piccola piazza. L’esito compositivo è slanciato, declinando i toni di un controllato espressionismo; lo spazio interno è molto ben giocato, di consistenza e varietà veramente insolita nei supermercati. Un’altezza media di sette metri garantisce una compressione iniziale, poi una esplosione, e infine una sorpresa quando, voltandosi, si scopre un belvedere che attira subito e si raggiunge con facilità, dove, da una posizione nuovamente molto protetta, si può, chiacchierando e bevendo qualcosa, lasciar scorrere lo sguardo sulla distesa delle merci e su chi vi si aggira: uno spettacolo molto urbano, nuova cultura, nuova esperienza iniettata in un paese molto piccolo. Unico progettista non tirolese, Dominique Perrault ha costruito a Wattens, altra minuta località nei medesimi dintorni, un edificio completamente diverso. Sempre molto land nell’approccio al tema e nella sua declinazione, l’architettura consiste in un parallelepipedo con tre lati vetrati, poggianti sul quarto lungo rimanente, in calcestruzzo. Di fronte, giusto al di là della strada, sorge una famosa fabbrica di cristallo; intorno

belle montagne, abbastanza dolci. Mettere un cristallo in un pezzo di natura: questa l’idea dichiarata del progetto. Interamente riuscita: il nitore della composizione non deve però trarre in inganno. La semplicità apparente è tutto fuorché ingenua: le grandi e nette specchiature di vetro non permettono dal fuori di vedere il dentro, se non come chiarore diffuso; né alla luce esterna di penetrare con troppa forza, salvo nella parte centrale, dove un boschetto recintato, parte integrante della facciata su strada, popolato dalle medesime essenze dei dintorni, si incorpora nell’architettura e fa da filtro naturale e panorama interno, che completa quello garantito dall’Okalux, che dal dentro diviene assai trasparente. Limite ambiguo fra natura e architettura, recinto nel paesaggio e di paesaggio, questo MPreis viene lasciato open-spaced, a disposizione di assetti mutevoli; a differenza di quanto fatto da Lorenz, che fissa i dettagli e i colori degli arredi. La partita viene giocata in chiave di ombre e luci, chiaro nel giorno e buio nella notte, colori della vegetazione che mutano nelle stagioni, colori delle merci che si avvicendano nel tempo. In comune c’è una cosa fondamentale: undici mesi per progettare, sette per costruire nel caso di Telfs; rispettivamente sette e cinque nel caso di Wattens. Il collezionismo ha le sue urgenze: ma questi sono, per davvero, oggi, i tempi giusti dell’architettura. Maurizio Vogliazzo


Roland Halbe

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■ Pianta

del piano terreno e, nella pagina a fianco, particolare del blocco vetrato che individua il volume principale dell’edificio e si relazione a un’importante fabbrica di cristalli, limitrofa al supermercato, e fonte di notevoli flussi turistici. ■ Plan of the ground floor and, opposite page, detail of the glass block marking the main building section and interacting with an important glass factory adjacent to the supermarket that attracts plenty of tourists.

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mong all the rather well-known and apparently innumerable problems that architecture has always carried in its wake, A there can be no ignoring its hybrid nature as, on one hand, an apparently pure form of art and, on the other, the nitty-gritty of the building process, as well as the non-stop cross-fire between the despotic nature of its rules and regulations and those who enforce them, the obscurity of its computations, the bizzareness of technology, and the rather shady cross-interests of real estate developers and other businesses. Major players and major consequences of various kinds, first and foremost the rapid dilapidation of a whole host of real architectural gems. Which, of course, do not end up in faraway countries or secret hideaways, due to the fact they cannot be physically sneaked away; in the end they are quite simply destroyed. There is an almost endless list of crimes. For instance, it is not unusual for a small and overlooked work to be auctioned off for a dollar and for nobody to turn up at the auction: as in the case of Robert Motherwell’s house and studio in East Hampton, an incomparable piece of design expertise bearing Pierre Chareau’s signature that literally disappeared overnight. Or a team of bulldozers sent in by the Turin City Council to raze to the ground the Società Ippica complex built by Carlo Mollino just over twenty years earlier and quoted in all the literature as probably the most outstanding and original work of architecture in Italian modernity. Mollino, who could architecture space in a way that perhaps only Ponti could in this country, really is emblematic in this respect: the insides of his Auditorium have been sucked out, as have the interiors of Teatro Regio, again in Turin. All this really strikes the heart. Reminiscent of the sheer brutality of the blind fury inflicted on Horta and numerous others in Belgium back in the dark ages, a line of action that we wrongly thought was no dead and buried: yet here it is raising its ugly head again right in the heart of Milan, the target this time being one of the last masterpieces to be built in Italy, the “Corriere della Sera” building between Via Moscova and Via San Marco designed by Alberto Rosselli, despite all the petitions and signatures collected. Just a couple of the thousands of such instances, but a particularly painful event because it is happening right here in Italy

and because it is completely unjustified. As things stand, we cannot help hoping that some sort of enlightened collecting of valuable buildings might suddenly start up. This might be the only means of self-defences, rightly placing architecture on a par with the rest of the arts. And, as we have already said, this would fit in nicely with the very nature of architecture. Of course, this certainly does not mean extending the jurisdiction of the Monuments and Fine Arts Service. This certainly would not get us very far. Bearing in mind the untransportable nature of our existing building heritage, all we can do is hope for a sudden blossoming of hoards of enlightened private and public property owners. So are we talking about new and highly erudite landlords, genuine connoisseurs with a real sense of beauty and a keen awareness of the invaluable civil, social and overall status of what they own? All highly unlikely of course. So what’s to be done? Perhaps we could focus on the new, on what has just been built or is currently under construction (or about to be set under way). Working cautiously, at least at first, and not setting our sights too high. Setting careful boundaries, perhaps even in geographic terms. Small collections. A réaction poétique, which, we might add, would give them social value and their own clear cultural identity. Rather as M-Preis Warenvertriebs GmbH has been doing for the last ten years or so, not so much an anonymous financial group (which so far are not showing signs of life in this respect, preferring for the moment to revamp their images after covering the globe with faceless warehouses all sharing the fact that they are totally insignificant), as a family business. A family from Innsbruck in the Tyrol, which has been working in the groceries industry since 1933, the year when Mrs. Therese Mölk launched a novel distribution process on the local market. Then, punctually and cleverly adapting in size and profile, without ever leaving its own socio-economic terrain, running a tightly knit business capable of smoothly adjusting to modernisation, M-Preis managed to expand without falling into the temptation of major changes in scale or in the range of its financial operations. Ten or so medium-size supermarkets all over the region; all very


different with nothing in common except the company logo-cube, all commissioned, except one as we will see, to young and well-informed architects definitely not inclined towards the vernacular or excessive references to the local environment, but extremely attentive to the latest developments under way at the cutting-edge of modern-day architectural design. Although, at first sight, there seem to be certain affinities with the road taken by the American chain BEST a few years ago with the design support of SITE, this is something quite different and original. Having taken note of the leading role now taken by retail places, as meeting places or spaces for non-commercial exchanges (after all, goods are a key part of cultural updatement and information) or even as a way of, in a certain sense, bonding together the different strands of the local community in a framework of balanced co-existence between even slightly different identities, the decision to adopt different physical means of supporting lots of other activities randomly mixed together has turned out to be a key and successful way of physically holding together a territory undergoing rapid transformation and hence particularly fragile. And this can only be done by means of architecture, that manages to control, support and partly engulf a precious landscape without preventing it from making the necessary changes, taking on authentic infrastructural roles and nipping in the bud any danger of those increasingly popular rather bland and parasitic solutions from taking root. It is very unusual for a contractor to be the first to recognise this; it is a very hopeful sign for a business like our. This is the sense in which we might talk about architectural collections, which, by their very nature as a community service, feature the kind of openness and utility that other arts probably cannot offer. Let’s take a look at two examples. Peter Lorenz has unrolled a huge strip of reinforced concrete here in Telfs in a bold and seamless geometric pattern, what is outside and provides shelter against the bad weather is also inside and holds up a sort of observation deck facing the sales area and cafeteria for customers and protecting a sort of tiny plaza. The final design is streamlined through a controlled form of expressionism; the interior space plays cleverly on a variety of forms quite unusual for supermarkets. An average height of seven metres produces an initial sense of compression, then

there is a explosion of space followed by a sudden surprise as, turning round, we come across an attractive observation deck that is easy to reach and where, from a highly sheltered position, you can look across at all the goods on display and people out shopping as you chat and have a drink: a very urban spectacle, a new cultural experience injected into a tiny little town. The only architect not from the Tyrol, Dominique Perrault, has designed a totally different kind of building here in Wattens, another tiny place in the same vicinity. Drawing on his favourite land-art approach to both the building theme and design, the architecture is constructed out of a parallelepiped with three glass sides resting on a fourth side made of concrete. Opposite, just beyond the road, there is a famous glass factory, surrounding by picturesque rolling hills. Incorporating glass in a piece of nature: this is the underlying design theme. It is a real success: the clarity of the design should not fool us though. Its apparent simplicity is anything but naive: the wide sheets of reflective glass means you cannot see what is going on inside from the outside, except the sensation of diffused light; likewise, not much outside light flows inside, except in the central section, where an enclosed wood (an integral part of the road facade) with the same kind of trees as outside knits into the architecture and acts as a natural filter and inside panorama completing that of the Okalux, which, on the inside, turns rather transparent. An ambiguous boundary between nature and architecture, enclosed in and by landscaping, M-Preis is left with an open-space design with various different layouts; in contrast with Lorenz’s approach, that focuses on the details and colour schemes of the furnishing. The whole design plays on light and shade, clarity in the daytime and darkness at night, the colours of the landscape changing with the seasons and alternating colours of the goods. They all have one key thing in common: they took eleven months to design, seven to build in the case of Telfs, and seven and five months for the buildings in Wattens. Collecting architecture has its own tight schedule: but, nowadays, this is the right kind of deadline for architecture. Maurizio Vogliazzo

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■ Particolari

dell’involucro vetrato che lascia penetrare la luce naturale, filtrando dall’esterno la vista degli spazi commerciali e lascia dall’interno, grande libertà di vedute verso il paesaggio circostante.

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■ Details

of the glass shell that lets in natural light, revealing the retail spaces and, vice-versa, providing great views of the surrounding landscape from the inside.


■ Rendering

dell’ambiente dove sono organizzati i diversi settori commerciali e la zona bar-caffetteria.

■ Rendering

of the environment where the various retail sectors and bar-cafeteria are located.

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Thomas Jantscher

M-Preis, Telfs

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Credits Projet: Peter Lorenz + Partners Site Manager: Johannes Varges Collaborators: Michael Smoly, Karin Leitner, Wolfang Rzehak Engineering: Alfred Brunnsteiner Lighting: HG-Engineering Client: M-Preis Warenvertriebs


■ In

queste pagine viste del supermercato M-Preis a Telfs, in Tirolo, 1.795 mq realizzati in sette mesi di cantiere (maggionovembre 2001). L’edificio rappresenta la prima concretizzazione del progetto di costruzione del nuovo insediamento abitativo Telfs-Puite. In basso, planimetria generale con i futuri

edifici che completeranno il nuovo insediamento, una piazza, una chiesa, una scuola, abitazioni e servizi; pianta del piano terra, del primo piano e sezione longitudinale. ■ These pages, views of the M-Preis supermarket in Telfs in the Tyrol, 1,795 square metres built in seven months (MayNovember 2001). The

building is the first concrete construction in a project for a new settlement in Telfs-Puite. Bottom, site plan showing the buildings that will complete the new settlement, a square, church, school, houses and services; plans of the ground floor and first floor, and longitudinal section.

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La sfida economica di M-Preis La ditta M-Preis appartiene alla famiglia tirolese Mölk, che guida l´azienda dall’inizio degli anni Venti. Nel 1974 i Mölk, per incentivare lo sviluppo della loro impresa, decisero di seguire una precisa strategia, una scelta di non uniformità ma di continua ricerca e innovazione, che ha condotto alla fondazione dell’attuale catena di vendita M-Preis. Il connubio con l’architettura è nato quasi per caso, se non addirittura per divertimento, come sostiene Hansjörg Mölk, direttore della catena insieme al cugino Anton. Per Mölk è stato e continua a essere fondamentale porsi di continuo di fronte alla domanda: “cosa può offrire ancora un supermercato?”. Sarebbe stato probabilmente più semplice per questa famiglia dare vita a una catena di negozi, uno uguale all’altro, facilmente riconoscibili ma ciò non sarebbe corrisposto alla loro idea di base. Importante era capire in ogni luogo le esigenze specifiche dei fruitori, cercare di soddisfarle nel migliore dei modi e mettere questi sempre in contatto con i risultati delle nuove ricerche in campo di marketing. Con questi ragionamenti la famiglia Mölk si è avvicinata all’architettura e si è resa conto di quanto uno spazio può influenzare i clienti e incidere positivamente sugli affari. Da qui la sfida a realizzare spazi sempre differenti, ogni volta innovativi e unici. La gente ha ovunque ben recepito i nuovi interventi e anche la parte politica ha sempre ben visto, e in un certo senso incoraggiato, i nuovi insediamenti M-Preis essendo consapevoli dei benefici influssi che questi interventi andavano a portare all’intero contesto. I negozi M-Preis, moderni e di alta qualità architettonica, s’inseriscono armoniosamente nell’esistente e anche per quest’aspetto sono ormai numerosi i premi di architettura conferiti loro e i riconoscimenti ricevuti. Nel 1999, per esempio, M-Preis è stato premiato per l’architettura dei suoi supermercati col premio austriaco per i committenti di costruzioni (Österreichische Bauherrenpreis). Comunicazione tra spazi diversi, tra interno ed esterno e vie di collegamento sono gli aspetti che Hansjörg Mölk ritiene più importanti nella progettazione dei nuovi centri M-Preis e attorno ai quali tutti gli architetti chiamati si trovano letteralmente obbligati dalla committenza a ricercare soluzioni nuove e innovative, con un budget limitato e una pretesa di altissima qualità di costruzione. Insomma, più che di una commissione si tratta di una vera è propria sfida lanciata agli incaricati. Costruire un proprio M-Preis sta diventando per gli architetti d’oltralpe, ma dopo l’edificazione di Dominique Perrault non solo tra loro, una moda. Perrault, che sta proprio in questi giorni sta progettando il suo secondo MPreis, ha saputo A Wattens mettere poeticamente in relazione il suo nuovo oggetto urbano con la natura circostante. Nell’ultimo nato della catena, invece, Peter Lorenz ha creato un oggetto dalla forma poco usuale con il quale gli abitanti del nuovo paese in costruzione potessero facilmente identificarsi. Qui, in un’unica grande sala spazi diversi con funzioni differenti a vari livelli sono sempre in continua comunicazione tra loro ed elementi espositivi curvi, forme morbide, femminili, isole all’interno del singolo spazio generano automaticamente una nuova e voluttuosa atmosfera. Hansjörg Mölk è ben cosciente di come con gli anni le abitudini e le pretese dei clienti sono cambiate e di conseguenza anche la funzione stessa del supermercato. Per questo la catena M-Preis ha cercato di soddisfare le esigenze degli utilizzatori cercando di conciliarle con proposte moderne e adatte ai tempi: circa 30 negozi a Innsbruck, circa 80 filiali in Tirolo, ampia offerta di circa 9.000 articoli, attrattivo rapporto prezzo-guadagno-qualità, facile raggiungibilità e comodità d’acquisto grazie ad ampi parcheggi e offerta di servizi differenti all’interno del supermercato stesso. Questa è stata la via: continua ricerca verso il nuovo. Ed è proprio ponendosi questo obiettivo come principio che la ditta M-Preis sta pensando a una sua possibile espansione al di là dei confini tirolesi. Giulia Decorti M-Preis oggi 110 filiali M-Preis (delle quali 11 SuperM) 90 filiali Baguette (catena di panetterie - una filiale per supermercato) 3 T&Gmärkte (negozi che, all’interno del supermercato, offrono prodotti freschi e bevande a prezzi molto bassi) 1 panificio 1 centro carni 2.800 collaboratori (orario pieno o part- time, tra cui circa 100 apprendisti, tra le più alte percentuali di apprendisti per singola impresa del Tirolo) Nel 1999 giro d’affari di circa 4 miliardi ATS.

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■ L’edificio

si caratterizza per la maestosa curva in cemento antracite che si proietta sullo spiazzo antistante l’edificio dove è organizzato il parcheggio.

■ The

building stands out for its magnificent concrete curve projecting into the clearing in front of the building where the car park is located.

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M-Preis Economic Challenge The M-Preis firm belongs to the Mölk family from Tyrol, who have been running the firm since the early-1920s. In 1974 the Mölk family decided to adopt a definite strategy to help boost their business, a decision not to go with the flow but to carry out constant research and innovation that led to the founding of what is now the M-Preis sales chain. As Hansjörg Mölk points out, the joint manager of the chain together with his cousin Anton, architecture was brought in by sheer chance or even just for fun. The Mölk firm realises the importance of insisting on asking itself the following question: “what does a supermarket have to offer today?”. It would probably have been easier for the family to just set up a chain of identical shops that were easy to identify, but that would have clashed with their basic philosophy. The important thing was to understand the users’ specific requirements in different places and then try and meet these demands in the best way possible, in line with the latest developments in the field of marketing. This was the line of thinking that brought the Mölk family closer to architecture, making it aware of just how much a space can influence customers and boost business. This then led to the challenge to create constantly different spaces, all unique of their kind. People welcomed these designs everywhere and even politicians have taken a positive view of and even encouraged new M-Preis outlets, well aware of the overall benefits they bring with them. Modern, architecturally-appealing M-Preis shops knit smoothly into the existing fabric, which is one of the reasons why they have already won so many architectural prizes and awards. In 1999, for instance, M-Preis received the Austrian prize for building clients (Österreichische Bauherrenpreis) for the architectural design of its supermarkets. Interaction between different spaces, between the inside and outside, and connection links, are the aspects Hansjörg Mölk believes to be most important in the design of new M-Preis centres; the features for which all the commissioned architects find themselves literally forced by their clients to find new and innovative solutions, working on tight budgets and striving to achieve extremely high-quality designs. In other words, these are not so much commissions as real architectural challenges. Designing your own M-Preis store is turning into quite a trend for architects in France and even elsewhere (remembering that Dominique Perrault has also been called into play). Perrault, who is actually working on his second M-Preis design at the moment, managed to place his own architectural object neatly into its surroundings in the town of Wattens. The latest design by Peter Lorenz, on the other hand, features a rather unusual object that the local community will struggle to identify with. One single huge hall contains various spaces serving different functions that constantly interact together. A new and voluptuous atmosphere is automatically created by soft, curved “female” display elements, islands inside one single space. Hansjörg Mölk realises just how much clients’ habits and expectations have changed down the years and with them the very purpose of a supermarket. This is why the M-Preis chain has tried to meet users’ requirements, trying to reconcile them with modern up-to-date designs: 30 shops in Innsbruck, 80 branches in the Tyrol, a wide variety of about 9,000 articles, an attractive price/profit/quality ratio, easy to reach and shop at, thanks to spacious car parks and various facilities inside the supermarkets themselves. The approach adopted was constant research into what’s new. And it is by adopting this principle that the M-Preis firm is planning to expand beyond the horizons of the Tyrol. Giulia Decorti M-Preis Today 110 M-Preis branches (including 11 SuperM stores) 90 Baguette branches (a chain of bread shops - one branch in each supermarket) 3 T&Gmärkte (shops inside the supermarket selling fresh products and drinks at very low prices) 1 bread factory 1 meat centre 2.800 members of staff (full or part- time, including about 100 apprentices, one of the highest number of apprentices for any single company in the Tyrol) A turn-over of about 4 billion ATS in 1999.

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■ Vista

prospettica dello spazio commerciale illuminato dalla lunghe vetrate laterali che proiettano l’ambiente interno nel paesaggio circostante, quasi a suo prolungamento naturale.

■ Perspective

view of the retail space lit by the long lateral glass windows projecting the inside environment into the surrounding landscape, almost a sort of natural extension.

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Qui Nuova York A New Hotel in Broadway

Progetto: Atelier Jean Nouvel

rchitettura in abito da sera, come si conviene alle ambizioni A di un albergo sulla Broadway, in

a tall, long and narrow bar, stands out and rests, as if it were coming to grips with an interplay of life-size constructions, on the first five-storey block, which is 23 metres wide and has a large terrace at the end, sheltered behind glass to make its space and structure felt. The main facade, in turn, follows the principle of a composition of parts and is cut (with a taste for asymmetric balances) by the slit running at the same height as the stairs facing the road and, in the upper block which is set back, as the equally prominent lifts. This division, marked in the building plan by vertical connection links, corresponds to the interiors, particularly at ground zero and in the two lower floors, all carefully positioned to leave as much room for the guests’ comfort as possible. At pool level, an open-air terrace is suspended between two tree-lined patios standing alongside the lobby and partly overlapping with the restaurant. Here the building section slopes to let in as much natural light as possible. Interior design for rooms and suites of different floor sizes according to the space available in the building, a sort of reflection on modern-day hotel life here flatteringly sheltered behind the ambiguity of glass. And it is glass, in all its changing appearances, that provides those powerful variations in the building’s material form throughout the day and at different times of year. From transparency to translucence, from opacity to colour, dark red backgrounds that actually look black when viewed from outside and dictate the pattern of facades. But it is the striking clarity of steel that inspires each section of the main structure, from the minor details to the rectangular partitions. All in exchange for the forty-million dollar budget allocated for the 15,000 square metres and 180 hotel rooms, designed in a nation with a very “materialistic” culture and completed in record time: initial studies in January 2001, building grants in April, building work in July, and expected to be finished by the year 2002. While awaiting the final outcome, this is yet another chance to come to grips in very practical terms with the issues on the agenda of architecture and busy city life.

quella Manhattan disposta, per quanto orba, a condividere, una volta di più e a dispetto di qualsiasi ground zero, la definizione prestata da Louis Ferdinand Céline al deterritorializzato Bardamu che stupendosene la scopriva, al contrario delle nostre città distese, in piedi, e assolutamente dritta. È dello Studio Atelier Jean Nouvel il disegno in tutta nitidezza di questo edificio a tre stadi che, per come si divide, prosegue, al primo rientrare all’altezza di 24 metri, l’inatteso allineamento dei vicini sulla Grand Street a Soho. Anche da queste parti protezionismo ambientale, giudicato addirittura più rigido di quello al momento in esercizio a Parigi, inaggirabili regolamenti e temibili commissioni assicurano d’autorità ai progetti la necessaria intonazione d’insieme per evitare così la decadenza dei costumi edilizi in un quartiere dai caratteri tanto spiccati e vetrina d’America. Problema in questo caso declinato in positivo - e con negoziati a convincere o persuadere chi di dovere - per restituire a questa architettura di là da venire il ricercato e mondano clima industriale di acciaio e vetro e, noblesse oblige, nemmeno trascurare nell’impresa l’epica e le gesta da grandi costruttori alla Delirious New York. Fisicamente egualmente vicini, solo a nominare tre cose, ai 197 metri cubi di terra al chiuso della Earth Room di Walter De Maria, all’ultra addestrata boutique di Prada o alla Cina parallela e ubiqua di Canal Street. Al posto di un parcheggio prossimo a uno di quei marché aux puces di qui, allestiti di quando in quando nei vuoti tra gli isolati. Il terreno designato ha l’apprezzata prerogativa di affacciarsi in libertà su tre lati: prospetto di 60 metri rivolto a sud sulla Grand Street, ingresso e accoglienza sistemati a ovest sulla Mercer Street, spazi commerciali in esposizione anche sulla Broadway con l’intramontabile segnaletica costruttivista a incombere sulla strada da + 45 metri - un po’ come, a ricordarsene, nello Sphinx Hotel degli OMA del lontano 1975. Mano ferma e mentale mannaia per il magistrale taglio inaugurale che stacca per il lungo, in pianta e sezione, il nuovo albergo dagli edifici retrostanti. Operazione segnata e amplificata al massimo dalla piscina illuminata dall’alto che, al secondo livello sottoterra, traversa il lotto da parte a parte. Sui cinque piani del primo blocco,

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largo 23 metri e con una grande terrazza al termine, schermata in vetro per farne sentire spazialità e volume, si posa e staglia, come si fosse alle prese con un gioco di costruzioni in scala al vero, il terzo e ultimo stadio con gli altri cinque piani e le proporzioni di una barra alta, lunga e stretta. La facciata principale, a sua volta, segue i principi della composizione per parti staccate ed è scissa, con la predilezione degli equilibri asimmetrici, dalla fenditura che corre in altezza prima con le scale a vista sulla strada e poi, nel blocco superiore arretrato, con gli ascensori altrettanto evidenti. A questa divisione, segnata anche in pianta dai servizi di collegamento verticale, corrispondono gli interni, specie a quota zero e nei due piani inferiori dove sono organizzati in modo da liberare gli spazi per il confort degli ospiti. Con tanto di cura termale delle acque a livello della piscina, su cui si sospende, tra due patii alberati, una terrazza en plein air che è contigua alla lobby e parzialmente sovrapposta al ristorante. Qui la sezione dell’edificio si inclina in modo da far scivolare quanta più luce naturale possibile. Architettura da camera per stanze e suites di diversa superficie a seconda delle condizioni particolari degli spazi dell’edificio e riflessione sulla natura contemporanea della vita d’albergo qui lusingata dal trovarsi all’ambiguo riparo del vetro. Ed è proprio al vetro, nelle sue mutevoli manifestazioni, che si affida il variare ben temperato della materialità dell’edificio nel corso di giornate e stagioni. Dalla trasparenza al traslucido, dall’opaco al colorato, campiture di un rosso scurissimo, da sembrare persin nero a uno sguardo da fuori, scandiscono le facciate. È la chiarezza spietata propria dell’acciaio a ispirare la struttura, profilo per profilo, dal dettaglio fino alle partizioni rettangolari sull’orizzonte forse ancor più esatte che auree. Tutto in cambio dei quaranta milioni di dollari previsti dal budget per i 15.000 metri quadri e le 180 camere di questo albergo, pianificato in un Paese dalla cultura materiale heavy quant’altre mai, secondo una tempistica record: primi studi nel gennaio 2001, permessi in aprile, cantiere in luglio, consegna prevista entro la fine di quest’anno. In attesa di scoprirne il definitivo esito si registra questa ulteriore occasione di poter riprendere pragmaticamente, dal vivo e con forza, le questioni sempre all’ordine del giorno su architettura e intensificazione della vita metropolitana. Decio Guardigli

rchitecture in evening dress as is only fitting for the ambiA tions of a hotel on Broadway in the district of Manhattan, a neighbourhood as keen as ever (despite Ground Zero) to match the description Louis Ferdinand Céline gave to de-territorialised Bardamu, which, to his astonishment, he discovered to be standing up on its feet, unlike our sprawling cities. The Atelier Jean Nouvel is responsible for this neatly designed threestep building, which, by how it is divided up, fits in with the unexpected alignment of adjacent buildings along Grand Street in Soho at the point here its first set-back is located at a height of 24 metres. Even in these parts environmental protectionism, judged to be even stricter than those in force in Paris, rules and regulations that are impossible to get round and formidable commissions, all combine to ensure that everything is up to the building standards in a highly characteristic neighbourhood that is a sort of showcase of America. In this instance, the problem has been exploited to good effect (after negotiations to persuade the relative authorities), restoring through this architecture a certain elaborate, high-society industrial climate of steel and glass and, noblesse oblige, remaining faithful to the epic gestures of the great builders of Delirious New York. Confining ourselves to just three comparisons, it is physically just as close to the 197 cubic metres of enclosed soil in Walter De Maria’s Earth Room, the ultra-furbished Prada Store, and familiar China town buildings in Canal Street. It has taken the place of a car park next to one of those flea markets set up every now and again in the gaps between different blocks. The design lot has the notable prerogative of facing out freely along three sides: a 60-metre elevation facing south onto Grand Street, an entrance and reception over on the west side along Mercer Street, and retail spaces on display along Broadway featuring timeless constructivist signposting looming over the street at +45 metres, rather like in OMA’s Sphinx Hotel dating back to 1975. A steady hand and mental axe for making the magnificent opening cut separating the new hotel from the rear buildings, in both the plan and section. A gesture marked and underlined with great force by the swimming pool lit from above which runs right across the lot at the second underground level. The third and final section, five stories high and looking rather like


Consultants: Higgins & Quasebarth Jerome S. Gillman Consulting Project Architect: Brigitte Metra Projet team: J. Thornill, D. Faraut, G.L. Ferrarini, T. Kubota, A. Lamiable, M. Schleiss Client: Hotel AB, Hines, EMJ Development

■ Fotomontaggio

del particolare della facciata in vetro color rosso scuro che caratterizza il volume del Broadway Hotel a Soho. L’albergo dotato di 180 camere, spazi commerciali e spazio termale e di cui si prevede la realizzazione entro la fine di quest’anno, si

inserisce in un lotto all’angolo tra la Broadway, Mercier Street e Grand Street, precedentemente occupato da un parcheggio. ■ Photo-montage of a detail of the dark red glass facade characterising the main structure of

Broadway Hotel in Soho. The 180-room hotel furbished with retail spaces and a spa facility is planned to be built by the end of the year. The hotel slots into a corner lot between Broadway, Mercier Street and Grand Street that used to house a car park.

Artefactory

Credits Project: Atelier Jean Nouvel Associate: Hobert Tonka Local Architect: Perkins Eastman Architects Engineers: Gilsanz Murray Steficek (structure) Jaros Baum Bolles (Hydraulic plans)

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■A

destra, dal basso in alto, piante del piano interrato, del primo piano, prospetto est sulla Broadway e sezione trasversale. Sotto, dal basso in alto, piante del quarto e del settimo piano, prospetto ovest su Grand Street e particolari costruttivi del sistema di facciata. Nella pagina a

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fianco, rendering dell’edificio con i volumi vetrati ingabbiati in una struttura metallica che si ispira allo stile industriale proprio dell’architettura di Soho. ■ Right, from bottom up, plans of the basement and first floor, east elevation along Broadway and cross section. Below,

from bottom up, plans of the fourth and seventh floors, west elevation along Grand Street and construction details of the facade system. Opposite page, renderings of the building with its glazed volumes wrapped by a metal net, insipired to the industrial style of Soho architecture.


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Magia in piazza New Urban Identity Credits Project: Luisa Fontana Collaborators: Edoardo Danzi, Franco Vergeat (site manager) Project Team: Roberto Dal Lago, Francesco De Pretto, Giulia Munaro, Davide Varotto Structures: Donatella Peron Plants Project: Studio Tecnico Bruno Frinzi Survey: Pierangelo Schiralli Astronomy Consultant: Luisa Pigatto-Osservatorio di Astronomia di Padova Touch Maps Consultant: Lorenzo Turatello/Istituto Configliachi Steel Consultant: Fausto Capelli/Centro Inox Main Contractor: Mu.Bre Costruzioni Steel Structures: For-Metal di Sandro Bucco Stainless Steel Surface Treatment: Ricerca Chimica Electrical Plants: Elettrorosà Client: Comune di Rosà (Vicenza) ■ Sotto,

vista prospettica della rinnovata Piazza della Chiesa di Rosà (Vicenza). Nella pagina a fianco, particolare di uno degli alberi stilizzati in acciaio inox che punteggiano la nuova piazza. Nelle pagine successive, planimetria generale e particolari degli elementi che costituisco l’intervento di Luisa Fontana che da un lato sostanzia il richiamo metaforico allo scorrimento artificiosamente naturale delle rogge e dall’altro aggiorna lo schema geometrico lasciato dalle centuriazioni romane attraverso lo slittamento delle maglie ortogonali. Il progetto è arricchito da una serie di elementi di arredo urbano e di caratterizzazione formale del suolo della piazza tutti disposti in chiave funzionale per la definizione dei diversi utilizzi dello spazio pubblico. ■ Below, perspective view of the newly refurbished Piazza della Chiesa di Rosà (Vicenza). Opposite page, detail of one of the stylised stainless steel trees embellishing the new square. Following pages, site plan and details of the elements forming Luisa Fontana’s project, which, on one hand, reinforces the metaphorical allusion to the artificially natural running water of manmade canals and, on the other, updates the old Roman plot layout through sliding orthogonal grids. The project is embellished by the urban furbishing and stylistic square design, all serving the various purposes for which this public space is to be used.

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Progetto: Luisa Fontana

n piccolo centro del Veneto, il paese di Rosà, racconta una he village of Rosà in the Veneto region has the same tale storia comune a molte località che, abbandonata l’antica vocato tell as lots of other places which, having abandoned U T zione agricola, cercano il senso di una nuova identità urbana. their old farm vocation, are now looking for a new urban idenNaturalmente il luogo è denso di memorie e di tracce che, seppur scomparse fisicamente, permangono nella memoria degli abitanti come ricordi spezzati in molteplici frammenti appena ricondotti a una vaga unità d’insieme. Segni dell’antica centuriazione romana che, nei suoi tracciati, svela l’antico schema geometrico di fondazione. Ricordi di filari di gelsi, quando l’albero che alimentava i bachi da seta era integrazione economica alla coltivazione dei campi. Rogge che attraversavano il borgo in una rete vitale di canali che sostenevano orti e lavatoi. Di tutto questo, sono rimasti molti indizi nascosti sotto l’irruenza del più recente sviluppo economico e produttivo. In questi luoghi, tutto questo lo si capisce quasi sempre dall’antica piazza e dalle sue gerarchie: il municipio, la chiesa, la strada commerciale che improvvisamente, proiettate nelle nuove dimensioni del traffico cittadino, faticano a sopravvivere come unità urbana, come centro che è anche rappresentazione di una comunità. Muovendosi entro un processo ricco di provocazioni e contraddizioni, Luisa Fontana, con questo progetto, rinuncia alla ricomposizione di un’unità infranta: la chiesa, la statua della Madonna, il municipio, il monumento ai caduti, ma anche la strada carrabile, il mercato, i parcheggi e il verde sono ricomposti tramite lievi sussulti che manipolano il suolo accentuando i domini topografici dei distinti elementi. Ne nasce un dialogo concitato che prende forma di piani, argini, incisioni, rotture in cui i materiali, marmo, cemento , acciaio e terra assumono il ruolo di commentare le diverse funzioni e le nuove gerarchie. La debolezza formale di alcuni edifici a margine della piazza, la necessità di parcheggi, l’agibilità a tutti i luoghi, la fluidità spaziale dell’invaso urbano, sono alla fine dei pretesti che producono unità e separazioni allo stesso tempo del principio del suolo come piano su cui si misurano i grandi eventi pubblici. Qui la discontinuità diventa tema di progetto come atto doloroso che ricompone i frammenti del tempo e della contemporaneità disponendo nello spazio un elenco di occasioni sognate, un collage di forme ritrovate e di materie sperimentate dentro cui si mescola quello che c’è e quello che invece è il desiderio di nuove urbane spazialità. La composizione surreale viene svelata da un canale-roggia che scorre nel verso opposto con getti d’acqua fatti da tubi in ferro che escono come animali inquieti dalla terra, oppure da quella scacchiera in pietra bianca e rossa che, cambiando di scala, rende vano il gioco e scarta subito l’idea di unità non appena si sia intuito un barlume di ordine, oppure da quei dispositivi per produrre ombra che sembrano irridere della naturale frescura degli alberi. Ma è con la notte che questo spazio denuncia la sua natura di magica astrazione e di rottura con le tradizionali regole dell’arredo urbano. La luce artificiale non segna lo spazio tramite l’esaltazione delle facciate che delimitano l’invaso ma al contrario essa è autoreferenziale poiché afferma un suo ruolo retto dalle nuove tracce del suolo. Essa segna percorsi, trame e giochi che non negano l’ombra cara agli amanti. E così, quelle luci sul suolo ordinate secondo le relazioni che legano alcune costellazioni, non cercano certamente quel nesso profondo della cultura medioevale che ambiva a proiettare sul mondo terreno i principi della città celeste, ma solo un gioco, un ingenuo pretesto che spiazza felicemente l’osservatore. Remo Dorigati

tity. Of course the place is full of memories and traces which, even though they have physically disappeared, are still ingrained in the inhabitants’ minds as memories broken into tiny fragments with some vague sense of overall unity. Signs of old Rome plots of land whose old geometric foundation scheme can still be made out. Recollections of rows of mulberry-trees, when the trees nourishing silkworms helped boost the local farm economy. Artificial canals running through the village in a vital network of channels supplying the vegetable allotments and washing-troughs. All that is left of all this are plenty of hidden clues buried away by the latest boom in economic-production growth. In places like this, it can almost always be seen in the old square and its various features: the town hall, church and main shopping street, which, when suddenly forced to cope with traffic, struggle to survive as an urban unit, a town centre representing the entire community. Moving through a process full of provocations and contradictions, Luisa Fontana’s design does not even attempt to stick all these broken pieces back together: the church, statue of the Holy Mother, town hall, war memorial and also the main road, market, car parks and landscaping have actually been redesigned as a number of separate episodes that play with the ground to bring out the topographic features of the various elements. This creates dynamic interaction taking the form of planes, banks, incisions and interruptions, as materials like marble, concrete, steel and earth act as a sort of commentary on the various functions and hierarchical arrangements. In the end, the stylistic weakness of certain buildings on the edge of the square, the need for car parks and access to all the places, and the spatial fluidity of this urban environment are all excuses producing unity and separation at the same time, as the ground is taken as the level on which major public events are gauged. Here discontinuity turns into a design theme, a painful way of stitching back together fragments of time and the present moment itself, setting a list of pipe dreams in space, a collage of rediscovered forms and tried and tested materials, inside which there is a mixture of what there is and how we would like the urban environment to actually look. This urban composition is unveiled by a channel-trench running in the opposite direction with jets of water made of iron pipes emerging like weird animals from the ground, by the red and white stone chequerboard which, in a sudden change of scale, makes this game seem rather pointless and instantly rejects the idea of unity as soon as glimmer of order is sensed, or even by those shadow-casting devices that appear to mock the natural freshness of the trees. But it is at night that this space displays its sense of magical abstraction and rupture with the conventional rules of urban furbishing. Artificial light does not mark space by exalting the facades surrounding the urban space, on the contrary it is self-referential, highlighting its own role dictated by the new traces in the ground. It marks paths, patterns and tricks that are careful not to eliminate the shadows so dear to lovers. The lights set out on the ground in relations creating new constellations do not try and find those deep bonds with Medieval culture, which once aimed to project the principles of the heavenly city down here on earth, they just create a game, a sort of naive excuse to cleverly surprise onlookers.


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Cesare Gerolimetto


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Adriano Pecchio


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Sonia Fontana

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due giovani architetti François Roche (1961) e Stephanie Lavaux (1966), fin dalla scelta del loro acronimo che pronun-

I

ciato si legge eresie1 optano per una architetDreams and Visions

tura legata all’avventura e al rischio: quel rischio che nasce da altre maniere di vedere, di pensare, di costruire senza (o quasi) riferimenti a una qualsivoglia storia dell’architettura; eresia è l’esatto contrario di ortodossia, dogma, verità. E questo fa pensare per l’appunto a un tipo di ricerca che non parte dai dogmi del Moderno, ma che cerca di emanciparsene il più possibile.

R&Sie...

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Fanno parte di quella generazione di architetti francesi “figli adottivi” di Jean Nouvel, che hanno partecipato alle ultime Biennali di Venezia (quinta, 1991; sesta; 1996; settima, 2000) facendosi portatori di un linguaggio autonomo, per cui niente permette di assimilarli sotto la specie di una supposta scuola francese; nondimeno il principio di un’architettura critica, di un’interrogazione permanente sulla singolarità del costruito si riscontra in tutti loro e in particolare innerva la ricerca sul contesto e sulle relazioni di François Roche. Le tecnologie sono comprese a pieno titolo, integrate in modo naturale e la dimensione estetica non è intesa come finalità o mezzo di espressione, ma come risultante quasi aleatoria; è in effetti una delle componenti dell’architettura. La personalità di Nouvel si iscrive a volte come in filigrana, dietro le loro esperienze, ma senza mai imporsi; i quarantenni di adesso, troppo giovani nel ‘68 per capirne il senso e la portata, non hanno angosce metafisiche, vivono pienamente la loro epoca ed evolvono innocentemente in un ambiente che è dominato dalla virtualità dei fatti e degli oggetti, in un mondo senza limiti, in cui tutto è tecnicamente, filosoficamente, formalmente possibile; i mezzi, le facilità di cui oggi si dispone permettono loro delle libertà apparentemente senza limiti. Sapranno approfittarne ? Il gruppo R&Sie sembra proprio di sì. La loro ricerca comprende tutte le sfere culturali: medica, scientifica, artistica, sessuale. L’integrità definita dalla modernità è implosa; basta con il discorso rassicurante sull’etica: credono al “reale così com’è” che contiene la propria potenza offensiva. Nessuna etica, nessuna estetica, nessun storicismo, bensì genetica: questo slogan che si trova in apertura di una delle pagine del loro raffinatissimo sito web dal nome new territories ci invita a riflettere sulla dimensione nuova della loro ricerca, che parla di iperlocalismo, ibridazione, genetica, topologia “qui e adesso”. Come dei sismografi sensibili alle mutazioni, spostano le categorie convenzionali dell’esercizio architettonico per progettare i loro concetti a partire da una sorta di immaginario assistito dal computer e per elaborare immagini di un’architettura significativa, sperimentale, un’opera aperta, con la volontà sempre presente di farne un atto culturale e uno strumento di produzione critica. Se nella prima età della macchina la metafora preferita per la casa fu di carattere industriale - una “macchina dentro cui vivere” - nella seconda si potrebbe pensare di favorire una metafora diversa; nella “casa dell’uomo” di Le Corbusier, la linea divisoria tra natura e macchina, tra organico e inorganico, appariva ben delineata. Oggi tali confini sono resi più indistinti dalla cibernetica e dalle biotecnologie; il corpo stesso è contagiato e rimodellato dalla tecnologia. Il corpo - afferma R&Sie - non è negato, ma esacerbato, ipertrofizzato, e la pelle non è più un elemento ma una superficie che reagisce all’ambiente circostante. Le funzioni e i corpi sarebbero così diventati gli attributi fisici di una scelta individuale, e non come disse Darwin, un adattamento evolutivo alle circostanze. Le conseguenze che una simile metamorfosi potrebbe avere in campo architettonico sono radicali, e un esempio è offerto dal progetto di R&Sie per Venezia, Aspiration, in cui gli architetti progettano un centro culturale mettendo in atto un processo di distorsione, originato da un morphing. A differenza dei normali strumenti di rappresentazione, il morphing rivela fino a che punto le ipotesi sono decontestualizzate, in un processo che va avanti e dietro tra deduzione e induzione, un po’come un chimico che deve rifare un esperimento per capirlo; è un processo empirico costruito sulla reazione e le pieghe del supporto. Le manipolazioni innescate, “come immagini di un piercing sottocutaneo” operano su diversi registri, su diverse identificazioni; si può trattare di “un processo di degenerazione, di una ciste topologica, di un codice di riconoscimento tribale, di un inasprimento dell’iperlocalismo nel quale la città è assimilata ad un organismo”2. In tale ottica il contesto non è storicizzato o idealizzato, ma

diventa in qualche modo il substrato della sua stessa mutazione, appunto un “iperlocalismo genetico” e ciò è evidente in alcuni progetti come (Un)-Plug eseguito su committenza della EDF per un edificio per uffici La Défense di Parigi, in cui viene studiata una facciata reattiva alle energie rinnovabili: sensori termici che danno alla facciata un aspetto peloso, irsuto; e protuberanze dell’involucro di vetro per le cellule fotoelettriche. O ancora Scrambled Flat, per il villaggio svizzero di Evolene, un progetto “autofago” e combustibile, in cui i flussi sono gli elementi dell’architettura: tre appartamenti ottenuti mediante un involucro digitalizzato, un accumulo di materiali vegetali (fieno e legno), uno scavo all’interno di questi materiali per ricavare spazi domestici e per procreare, una installazione di cibo e di flussi di energia, e infine l’integrazione di uomo, mucche, e api sotto le facciate. Qui il tema della fattoria mutante è ottenuto attraverso un intreccio equilibrato tra umano e animale. Fino ad arrivare al progetto voluto dalla Nasa per una capsula spaziale da realizzarsi su Marte nel 2010 (Unflatable Ice, ovvero Ghiaccio gonfiabile) in cui non si può parlare di contesto, e per cui i progettisti realizzeranno un prototipo di 150 mq basato sull’idea di uno speciale involucro trasparente fatto di ghiaccio, trattato in modo da proteggere dalle radiazioni cosmiche, dal sole e dal vento, gonfiabile in situ. Osservando la planimetria, viscosa e viscerale, si notano tre accessi che consentono l’ingresso alle diverse funzioni, dal living ai laboratori, ai reparti produttivi e culturali. Il tutto prevedendo di estrarre acqua dal suolo di Marte, (mediante un processo basato sul calore) e creando quindi tale involucro direttamente in loco. Tutti questi progetti hanno in comune il motivo della mutuazione di sostanze e il suo opposto, il meccanismo della separazione; un’architettura intesa come un organismo trasformabile, concetto questo già rintracciabile, anche se in termini meno evidenti, in alcuni progetti dei primi anni Novanta di François Roche, come ad esempio la Scuola Materna per il XV arrondissement a Parigi. Qui già l’architetto dichiarava che l’architettura “...dimentica la sua vocazione di eternità per piegarsi alle variazioni dei climi e delle atmosfere...” e progetta un involucro fotosensibile al contesto, ai territori di cui si appropria. L’indagine di R&Sie è andata molto avanti dagli anni Novanta sino ad oggi, e si potrebbe forse dire che se dal punto di vista più squisitamente architettonico, essi sono i figli adottivi di Nouvel, dal punto di vista filosofico essi rappresentano una filiazione di Breton, di Dalì, di Jean Arp, di Tristan Tzara. “...Comprendere insieme Breton e Le Corbusier sarebbe come tendere lo spirito della Francia contemporanea come un arco, col quale la conoscenza colpisce al cuore il presente”3 scriveva Benjamin sottolineando la ben nota simpatia di Breton per Le Corbusier che rifletteva il più ampio contrasto tra Surrealismo e Modernismo. Per Breton il funzionalismo modernista rappresentava “il più disgraziato sogno dell’inconscio collettivo”; questa posizione venne poi elaborata da altri surrealisti quali Salvador Dalì nella sua esaltazione dell’Art Nouveau e della sua “bellezza terrificante e commestibile”; Jean Arp che caldeggiava lo “elephant style” contro il “bidet style”; Tristan Tzara che condannava l’architettura moderna come la “negazione assoluta dell’immagine della dimora”; l’esigenza da parte dei surrealisti di ciò che Tristan Tzara chiamava “architettua intrauterina” veniva concepita come una critica radicale della casa tipica del razionalismo di Le Corbusier o di Mies. Alla Maison Domino di Le Corbusier, Tzara oppone l’immagine materna e protettiva delle costruzioni “uterine”, dalla caverna, alla grotta, alla tenda, sostenendo che da sempre l’abitazione simboleggia il confort prenatale4. Matrici surrealiste da un lato e il passaggio dal “paradigma meccanico al paradigma elettronico”5 dall’altro potrebbero essere i riferimenti della ricerca progettuale di R&Sie che in una continua sfida, definiscono la realtà attraverso i media e la simulazione, privilegiando l’apparenza rispetto all’esistenza, ciò che si vede rispetto a ciò che è. Se prima l’architettura era regolata dal paradigma meccanico, manifestazione del superamento delle forze naturali, come la gravità, il tempo atmosferico, grazie ai mezzi meccanici e dava inoltre interpretazione ai valori della società, in quest’ultimo decennio il paradigma elettronico ha proposto una difficile sfida all’architettura e all’interpretazione dei valori della società, provocazione per l’appunto raccolta da alcuni artisti e architetti stanno andando molto al di là di quanto persino Reyner Banham avrebbe mai potuto immaginare: “non ci facciamo più far prendere in giro dalla promessa di una casa intesa come una bolla capace di mettere al sicuro il suo contenuto umano dalle traversie imposte dall’ambiente esterno; né la cupola Dymaxion, né la tuta spaziale sono in grado di rispecchiare l’enorme permeabilità assunta dalla pelle dell’uomo contemporaneo - l’intercambiabilità fra parti del corpo e loro sostituti meccanici - o la ricostruzione mentale e spaziale implicita nel concetto di spazio cibernetico”6. In un mondo basato sul potere della tecnica, e dell’immagine, la metafora stilistica è sospetta quanto la soluzione funzionale; al loro posto i rapporti reciproci tra corpo e macchina, e per l’appunto così come declama il volto artificiale ricomposto del sito di R&Sie: “no aesthetic, no ethics, no historic, but genetic”2. Nicoletta Trasi


E

ven the choice of acronym of the two young architects François Roche

(1961) and Stephanie Lavaux (1966), pronounced like the word heresy1 in French, suggests a kind of risky, adventurous architecture: the kind of risk deriving from a different way of

seeing, thinking and building without (or almost) any references to the history of architecture; heresy is the exact opposite of orthodoxy, dogma and truth. And this suggests a line of experimentation that is not based on the dogmas of the Modern Movement, striving instead to break as free from it as possible. They belong to a generation of French architects who might be described as the “adopted children” of Jean Nouvel and who took part in recent editions of the Venice Biennial (firth, 1991; sixth, 1996; seventh, 2000) bringing with them their own independent idiom, so that there is no way they can be pigeon-holed in some alleged French school; all of their work contains an element of critical architecture permanently assessing the singularity of the builtscape, but it is particularly evident in François Roche’s research into context and relations. Technology is used as naturally as possible and aesthetics is not an end in itself or means of expression, but almost a sort of chance effect; it really is just part of the architecture. Nouvel’s personality sometimes seems to loom in the background like some sort of watermark, underpinning their experimentation without ever imposing on it; today’s forty-year-olds, too young in ‘68 to really understand what it was all about, do not suffer from metaphysical angst, they just live happily in their own age and innocently evolve in an environment dominated by virtual reality and objects, in a boundless world in which anything is technically, philosophically and stylistically possible; the means now at their disposal offer them seemingly boundless freedom. But will they make good use of it? The R&Sie team certainly appear to. Their research touches on every aspect of culture: medicine, science, art and sex. Modernity’s integrity has imploded; no more reassuring discourse on ethics: they believe in “the real as it is” containing its own fire power. No ethics, no aesthetics, no historicism, just genetics: this slogan found at the top of one of the pages of their fancy web site called “new territories” invites us to reflect on the novelty of their research, that speaks of hyper-localism, hybridisation, genetics, and topology “here and now”. Like seismographs sensitive to changes, they shift the conventional categories of architectural practice to devise their own concepts based on a form of computer-assisted imagination and to develop images of meaningful, experimental architecture, open work always striving to turn into a cultural act and critical means of production. Whereas in the original machine age, the favourite metaphor for the home was of an industrial nature - a “machine for living in” - in the second machine age a different kind of metaphor might be more appropriate; in Le Corbusier’s “home for man”, the dividing line between nature and machine, the organic and inorganic, seemed to be carefully set down. Nowadays, boundaries are blurred by cybernetics and biotechnology; the body itself is contaminated and reshaped by technology. The body - so R&Sie tell us - is not negated but rather exacerbated and hypertrophied, and the skin is not just an a surface reacting to the surrounding environment. This means that bodies and functions have turned into physical attributes of a personal choice and not, as Darwin claimed, an evolutionary adapting to the circumstances. The consequences this kind of metamorphosis might have on architecture are radical, as can be seen in R&Sie’s project for Venice called Aspiration. Here architects have designed a centre for the arts by activating a process of distortion originating from morphing. Unlike ordinary means of representation, morphing shows just how far ideas can be taken out of context in a toing-andfroing between deduction and induction, rather like a chemist who has to repeat an experiment to understand it properly; this is an empirical process constructed around the reaction and folds of the support. The manipulations triggered off, “like pictures of piercing under the skin”, operate in different keys and through different forms of identification; this may be “a process of degeneration, a topological cyst, a tribal code of recognition, an accentuating of a form of hyper-localism in which the city is treated like an organism.”2 In this light, context is neither historicised or idealised but turns into some sort of sub-stratum of its own mutation (viz., “genetic hyper-localism”) and this clearly emerges in certain projects like (Un)-plug commissioned by EDF who wanted an offi-

ce block in the la Défense neighbourhood of Paris with its own special facade reactive to renewable energy resources: heat sensors making the facade look rough and hairy; and bulges in the glass shell hold photo-electric cells. Or the Scrambled Flat project for the Swiss village of Evolene, a combustible “autophageous” design whose flows are actually part of the architecture: three apartments constructed out of a digital shell, a build-up of vegetable materials (hay and wood), an excavating into these materials to create homely spaces and procreate, an installation of food and energy flows, and finally an integrating of man, cows and bees under the facades. A sort of mutant farm is created out of a balanced intertwining of human being and animal. Finally, there is the Nasa project for a space capsule to be built on Mars in the year 2010 (Unflatable Ice), where context is simply out of the question. The designers will be building a 150-square-metre prototype based on the idea of a special transparent skin made of ice, specially treated to provide shelter against cosmic radiation, sunshine and wind, and inflated on site. Noting the viscous and viscid site plan, three entrances can be seen that let in various functions: ranging from a living room to laboratories and production/cultural facilities. All designed for extracting water from Mars’s soil (through a process based on heat) and thereby creating this shell directly on site. All these projects share the idea of mutating substances and its exact opposite, the process of separation; architecture seen as a transformable organism, a concept that already appeared, although less explicitly, in certain projects designed in the 1990s by François Roche, such as the Primary School in the 15th arrondissement of Paris. Here Roche was already claiming that architecture “...forgets it vocation for eternity to bend to changes in climate and atmosphere...” and actually designed a shell which was photosensitive to its context or surroundings. R&Sie’s inquiries have progressed a lot since the 1990s, and although in strictly architectural terms these architects might be described as Nouvel’s adoptive children, philosophically speaking they are more in the line of Breton, Dali, Jean Arp, and Tristan Tzara. “.....Breton and Le Corbusier could only be brought together if the spirit of France was stretched like a bow, shooting knowledge into the very heart of the present”3, as Benjamin wrote underlining Breton’s well-known admiration for Le Corbusier despite the striking contrast between Surrealism and Modernism. For Breton, modernist functionalism represented “the most horrendous dream of the collective subconscious”; this position was then further developed by other surrealists like Salvador Dali in the way he exalted Art Nouveau for its “terrifying, edible beauty”; Jean Arp who advocated the “elephant style” rather than the “bidet style”; Tristan Tzara, who condemned modern architecture for being the “absolute negation of the image of a home”; the surrealists’ need for what Tristan Tzara called “intrauterine architecture” was seen as a radical critique of the typical rationalism of Le Corbusier or Mies. Tzara contrasted Le Corbusier’s Maison Domino with the protective, maternal image of “uterine” constructions like caves, caverns and tents, claiming that homes have always symbolised pre-natal comfort.4 Surrealist connotations on one hand and the transition from the “mechanical paradigm to the electronic paradigm”5 on the other might be the guidelines behind R&Sie’s design experimentation, which, never shying the challenge, define reality through the media and simulation, putting appearance before existence, what can be seen before what is. Whereas architecture was once governed by the mechanical paradigm, a manifestation of how to overcome natural forces like gravity and the weather by mechanical means, and also provided its own interpretation of a society’s values, over the last decade or so the electronic paradigm has thrown down a tough challenge to architecture and to the way in which we interpret the values of society. This provocative challenge has been taken up by certain artists and architects who have explored its infinite ways to go even further than even Reyner Banham could have imagined: “let’s make sure we are no longer fooled by the promise of a home like a bubble capable of protecting its human inhabitants from the harsh outside environment; neither the Dymaxion dome or space suit can reflect the incredible permeability of modern-day people’s skin - the interchangeability of different body parts and their mechanical replacements - or the mental/spatial reconstruction implicit in the idea of cyberspace”.6 In a world based on the power of technology and image, the metaphor of style is just as suspect as some final solution; they are replaced by the reciprocal relations between body and machine and as the artificial face in R&Sie’s site claims: “no aesthetic, no ethics, no history, just genetics”.2

Dreams and Visions

R&Sie...

1 E’ opportuno specificare che la sigla R&Sie, è nata solamente nel 2001; l’evoluzione avvenuta in funzione degli scambi e delle sette associazioni man mano create negli anni, è la seguente/It is worth point out that the name R&Sie was only coined in 2001; the following process of exchanges and seven associations gradually developed down the years:: BoyeRoche 89/Roche*90/Roche&François 91/Roche.François, Lewis.Huber.Roubaud.Perrin 92/ Roche.DSV & Sie 93-97/ R.DSV & Sie.P 98/ R&Sie.D/B:L 99. 2 www.new-territories.com 3 Walter Benjamin, Gesammelte Schriften (Das Passagen-Werk), vol. 5, Berlin, 1982 4 Tristan Tzara, in Minotaure, n. 3,4, dic. 1933 5 Peter Eisenman, Oltre lo sguardo. L’architettura nell’epoca dei media elettronici. “Domus”, 734, 1992. 6 Anthony Vidler, Case per cyborg, “Ottagono”, n. 96, 1990.

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Scrambled Flat Evolene, Switzerland

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Credits Project: R&Sie... (name of the agency at this time: R&Sie.D/B:L) Creative Team: François Roche, Stephanie Lavaux, Alexandre Boulin, Olivier Legrand, Gilles Desevedavy; Collaborators: Benoît Durandin, Etienne Feher, David Topanni Client: City of Evolene


â– In

queste pagine, rendering e sezioni del progetto Scrambled Flat, un complesso di edifici rurali di 450 mq composto da tre appartamenti di 100 mq ciascuno, una stalla per 12 mucche di 120 mq, un magazzino per fieno e legna, e un locale per arnie. Il progetto si sviluppa attraverso la digitalizzazione di un habitat tipico degli alpeggi svizzeri, per trasformarlo in un ambiente

polifunzionale e integrato dove alloggiare persone, animali e materiali vegetali e in grado di sfruttare il ciclo energetico per i propri fabbisogni. â– These pages, rendering and sections of the Scrambled Flat project, a 450-square-metre complex of country buildings consisting of three 100-square-metre apartments, a 120-squaremetre cow shed for 12

cows, a warehouse for hay and wood, and a room for bee hives. The project is actually a digital elaboration on a standard habitat of Swiss mountain pasture lands, which has been converted into a furbished multi-purpose environment for housing people, animals and vegetables, also capable of exploiting the energy cycle to meet its own needs.

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Unflatable Ice Mars Planet, 2010 Credits Project: R&Sie... (name of the agency at this time: R&Sie.D/B:L) Creative Team: François Roche, Stephanie Lavaux, Alexandre Boulin

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■ Questo

progetto, sviluppato in collaborazione con la Earth-Bioplex Unit della NASA di Houston e con la Future Home Exhibition 2002 di Malmö, studia le possibilità di trasportare e realizzare un prototipo di abitazione gonfiabile su Marte. Il progetto è collegato col seminario “Mission to Ice” di Spitzberg Island, redatto in collaborazione con Atelier A.I.R./ENSBA School/Paris e con la collaborazione artistica di J. Van Aerden. Tra le caratteristiche del prototipo, la leggerezza e la trasportabilità dell’involucro gonfiabile realizzato con un materiale trasparente resistente alle radiazioni cosmiche e la possibilità di estrarre acqua dal suolo con un processo che sfrutta il fenomeno del Permafrost. ■ This project, developed in conjunction with NASA’s Earth-Bioplex Unit in Houston and the Future Home Exhibition 2002 in Malmo, studies the possibility of moving and constructing a prototype of an inflatable home on Mars. The project is linked with the “Mission to Ice” seminar on Spitzberg Island devised in conjunction with Atelier A.I.R./ENSBA School/Paris and the artistic collaboration of J. Van Aerden. The prototype’s main features include the lightness and ease-ofmovement of its inflatable shell made of a transparent material that can withstand cosmic radiation, and the possibility of extracting water from the ground by means of a process exploiting the Permafrost phenomenon.

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(Un)Plug La Défense, Paris Credits Project: R&Sie... (name of the agency at this time: R&Sie.D/B:L) Creative Team: François Roche, Stephanie Lavaux, Alexandre Boulin, Olivier Legrand, Gilles Desevedavy Collaborators: Benoît Durandin, Etienne Feher, David Topanni Client: EDF

■ Il

progetto di questo grattacielo stato commissionato dal dipartimento per la ricerca della Società Pubblica dell’Elettricità francese per sviluppare un edificio in grado di raccogliere energia dal sole. Le deformazioni in facciata accolgono le cellule fotoelettriche (nelle bolle di vetro) e i sensori termici (segmenti). L’edificio è staccato dal suolo (un-plug) e non sfrutta la rete energetica urbana.

■ The

project for this skyscraper was commissioned by the French Energy Board’s Research Department to develop a building capable of collecting solar energy. The deformations in the facade are designed to hold photoelectric cells (in glass bubbles) and heat sensors (segments). The building is detached from the ground (unplugged) and is not connected to the urban energy network.

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Aspiration Venice, Italy, 1998 Credits Project: R&Sie... (name of the agency at this time: Roche, DSV & Sie) Creative Team and Associates Partner: François Roche, Stephanie Lavaux, François Perrin, Ammar Eloueini Collaborators: Martial Vieille, David Topanni Client: International Competition, City of Venice

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■ In

queste pagine, piante e rendering del Centro Culturale a Venezia di 4100 mq progettato come ampliamento della Scuola di Architettura e contenente auditorium, libreria, anfiteatri, ristorante e galleria espositiva. Dopo l’abbattimento dei magazzini in cemento esistenti si procede con una aspirazione digitale delle acque della laguna e alla determinazione dei diversi strati dell’edificio sul modello del movimento delle onde lagunari. Gli interni e gli esterni sono avvolti in una doppia membrana di PVC in grado di controllare le variazioni dell’acqua alta. ■ These pages, plans and renderings of the 4100square-metre Cultural Centre designed as an extension to the School of Architecture and holding an auditorium, book shop, amphitheatres, restaurant and exhibition gallery. After the old concrete warehouses were knocked down, the lagoon water is sucked in digitally and the various building levels are determined based on a model of the lagoon waves. The interiors and exteriors are wrapped in a double PVC membrane capable of controlling variations in high water.


Shearing Sommiéres Credits Project: R&Sie... Clients: Judith and Ami Barak

■ Questa

casa realizzata nel 2001 nel sud della Francia si integra all’andamento del terreno quasi mimetizzandosi col territorio circostante. Tutto l’edificio è avvolto da un materiale tessile verde a protezione termica. ■ This house built in 2001 in the south of France fits into the lie of the land, almost camouflaged into its surroundings. The entire building is wrapped in a green textile material serving heat protection purposes.

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Furtive Paris, 1998 Credits Project: R&Sie...

■ Questa

installazione mobile accoglie al suo interno uno spazio abitabile” di 2 mq. Ha circolato per il 10th distretto parigino tra Ottobre e Dicembre 1998

ed è stata realizzata con specchi deformanti che riproducevano l’ambiente urbano circostante in costante mutazione mimetica.

■ This

mobile installation holds within in a 2-squaremetre “inhabitable” space. It travelled around the 10th district of Paris from October-December 1998 and was made out of

deforming mirrors reproducing the surrounding cityscape in constantly changing camouflaging.

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Poesia metropolitana Sport Complex, Marseilles Progetto: Rémy Marciano

della facciata lungo rue Melchior Guinot del complesso sportivo Ruffi realizzato a Marsiglia a La Joliette, un’area che fa parte del progetto Euroméditerranée. ■ Detail of the facade of Ruffi sports complex along Rue Melchior Guinot in the La Joliette neighbourhood of Marseilles, an area belonging to the Euroméditerranée.

Credits Projet: Rémy Marciano Engineering: SP21 Consultants: ART’M Architecture (Matthieu Poitevin, Pascal Reynaud) Landscaping: Jérôme Mazas Quantity Surveyor: Apave Client: Ville de Marseille, Euroméditerranée

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n “bruto” ricco di fascino, proprio come i personaggi di JeanClaude Izzo, l’amaro e sottile romanziere noir della Marsiglia U malavitosa e portuale; così la giuria degli Albums de la jeune architecture ha acutamente tratteggiato il profilo di Rémy Marciano in occasione dell’assegnazione del premio nell’ultima edizione 20002001. E concreta, e convincente senza essere per questo esente da suggestivi slanci poetici, è questa recente realizzazione con cui Marciano, marsigliese, classe 1968, dal 1994 titolare un proprio studio professionale, ha conquistato il Prix de la Première oeuvre nel premio d’architettura Le Moniteur 2001. Il centro sportivo Ruffi nel quartiere de La Joliette a Marsiglia fa parte del progetto Euroméditerranée, un vasto programma di rilancio economico-terziario della città promosso dallo Stato Francese e che coinvolge la riqualificazione delle zone degradate lungo il porto, tra cui appunto La Joliette ne costituisce una futura promessa. La commistione e la sinergia tra attività portuali e urbane sono i punti fondamentali su cui si regge questa operazione che dopo cinque anni, oggi comincia a vedere la nascita dei primi cantieri. La palestra municipale Ruffi è il primo esempio costruito nel perimetro del porto che va da La Joliette alla stazione di Saint Clair dove sono previsti altri consistenti interventi, dalla risistemazione urbana del waterfront alla costruzione degli archivi dipartimentali e di un immobile per uffici. Realtà ricca e contraddittoria, quindi, dove degrado e attività disparate convivono con un clima di fermento e di spinte positive al rinnovamento. E queste sono le considerazioni da cui muove il progetto di Marciano che con un atteggiamento concreto e legato alla realtà si è confrontato con il contesto rispondendo con un segno forte e coraggioso, non definito a aprioristicamente ma elaborato sulla storia e la memoria del luogo, sulla sua realtà politica e sociale, sulle potenzialità e i condizionamenti geografici e morfologici propri del territorio. “Nessuno concepisce nulla. Viene elaborato semplicemente un percorso: si mette in opera attorno a un programma una linea di condotta, non sottoforma di regole ma come tema di lavoro...”. Nulla è precluso, quindi, nell’approccio di Marciano, che diviene personaggio e interprete della realtà di progetto, ne assorbe la dimensione, il colori, i sapori e li traduce in segno, referente, punto fermo e partecipe al divenire luogo. Di un rigore “attraente” è la scatola in cemento grezzo che come una carcassa industriale si erge all’angolo tra le due vie che delimitano il lotto interamente occupato dal centro sportivo, un oggetto che fa propria la memoria del quartiere e la cristallizza in un volume “nervoso” e minerale definito lungo tutto il suo perimetro da un involucro completamente cieco animato da un gioco di geometrie sfumate ottenute con vernici antigraffiti e stampi colati nella massa e disposti in modo aleatorio alla base dei casseri. Non solo, il confronto del volume della palestra con la chiesa di St. Martin diviene lo spunto per integrare un altro elemento della storia e della cultura di Marsiglia “città bagnata dalla cultura latina dove la storia delle credenze si affianca sovente al mondo dello sport”. Per rafforzare e sottolineare il dialogo tra i due edifici, religioso e sportivo, Marciano, non senza una sottile e velata nota di humor, organizza l’entrata del complesso sportivo sull’asse della chiesa tagliando una faglia tra il corpo degli spogliatoi e quello della palestra e facendo proseguire questa promenade con i campi all’aperto che inquadrano la vista dell’edificio religioso. Entrambi gli edifici segnano il loro territorio, la chiesa con la sua tradizione e il nuovo edificio con il coraggio di un giovane atleta che mostra una pelle contratta sotto lo sforzo di “muscoli tesi”. La massa dello zoccolo perimetrale si alleggerisce e illumina di una nuova trasparenza nell’elemento di copertura, una fascia a moduli sfalsati in policarbonato trasparente che lascia penetrare la luce naturale e si accende la notte per non disperdere la presenza dell’edificio. Alle suggestioni scenografiche si coniugano gli aspetti funzionali, il blocco di cemento posato sul terreno diviene una garanzia contro i vandalismi e offre un’adeguata resistenza ai lanci del pallone, d’altronde l’innalzamento della fascia trasparente al di sopra della “portata di tiro” soddisfa le condizioni di illuminazione dei campi coperti senza per questo condizionare le attività sportive. Un luogo conviviale, un brano di vita nel quartiere che Marciano ha orchestrato in modo intelligente e colto, condivisibile da un pubblico eterogeneo e da una città proiettata verso un rinnovato slancio economico e culturale. Elena Cardani

Philippe Ruault

■ Particolare


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■ Particolare

delle facciata lungo rue de Ruffi. Lo zoccolo in cemento lasciato al grezzo che definisce l’attacco a terra dell’edificio si illumina nella fascia di copertura in policarbonato che lascia penetrare la luce naturale e di notte segnala la presenza del complesso. ■ Detail of the facade along Rue de Ruffi. The rough concrete block where the building is attached to the ground is lit up in the polycarbonate strip roof that lets natural light in and makes the complex stand out at nighttime.

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gly” but intriguing, just like the character’s in Jean“U Claude Izzo’s bitter yet subtle detective stories set in the crime-ridden port of Marseilles; this is the profile of Rémy Marciano that the jury of the Albums de la jeune architecture gave when awarding the 2000-2001 edition of the award. This recent construction designed by Marciano, born in Marseilles in 1968 and now in charge of his own firm, is a convincing work of solid architecture that certainly is not lacking in artistic flair and actually won the Prix de la Premier Oeuvre at the 2001 Le Moniteur Architectural Awards. The Ruffi Sports Centre in the La Joliette neighbourhood of Marseilles is part of the Euroméditerranée project, a huge economic-services programme to relaunch the city promoted by the French Government and involving the redevelopment of dilapidated areas along the port, including of course the promising La Joliette neighbourhood. A combination and synergy of port and urban activities are the key points underpinning this operation, which, after five years, is now actually moving onto the construction stage. The Ruffi City Gym is the first actual construction in the port area running from La Joliette to Saint Clair Station, where other major operations are also being planned, from the urban redevelopment of the waterfront to the construction of departmental archives and an office block. A rich and contradictory landscape, where decay and a variety of different activities co-exist in a climate of feverish action and a positive drive towards renovation. These are the factors underlying Marciano’s project which has tackled the context in highly practical and realistic terms, producing a powerful and courageous landmark that has been designed in relation to history and site location, sociopolitical reality, and the geographic/morphological constraints and potential of its own territory. “Nobody conceives of anything. A path is just worked out: adopting a line of action in accordance with a programme, not in the form of rules but rather work themes....” Nothing is excluded in the approach adopted by Marciano, who is both an actor and interpreter in the design programme, absorbing its scope and scale, colours and flavours, translating them into signs, referents, guidelines and participants in the place’s very becoming. The gym structure is a sort of declaration of intents, a key moment in a more extensive and complicated process of transformation. The rough concrete box is “appealing” in its austerity, standing like an industrial carcass at the corner between the two roads bordering the lot filled by a sports centre, an object encompassing the neighbourhood’s past and crystallising it into a “nervy” mineral structure marked along its entire perimeter by a totally blank shell enlivened by an interplay of blurred geometric forms covered with anti-graffiti paints and prints placed enticingly around the base of the forms. Moreover, the way the gym structure interacts with St. Martin’s Church adds something new to the history and culture of Marseilles, a “city bathed in Latin culture where the history of faith often stands alongside the world of sport.” To strengthen and emphasis the bonds between the two religious and sports complexes, Marciano has (with a touch of subtle and concealed irony) placed the entrance to the sports facility on the same axis as the church, cutting a fault between the locker rooms and main gym and continuing this promenade outside in the form of outdoor fields framing views of the religious building. Both buildings mark their territory, the church with all its tradition and the new building with the courage of a young athlete showing off the skin stretched across his “flexed muscles”. Marciano has created a strikingly bold and passionate image, full of Mediterranean warmth and vigour. As if the building was projecting and emphasising its strength and role in relaunching this site, a landmark of port-industrial reality and Latin religious/sporting mysticism. The perimeter block lightens up and projects a new transparency through the roof, a strip of staggered transparent polycarbonate units letting in natural light. It lights up at night to make the building’s presence felt. The decorative side combines with functional factors, the concrete block resting on the ground is a guarantee against vandalism and can withstand having balls kicked or thrown against it, also helping provide better insulation between the players and life outside. Raising the transparent strip above the “shooting range” meets the lighting requirements for indoor fields without interfering with sports activities. A lively place, a piece of neighbourhood life that Marciano has orchestrated with great intelligence, ready to cater for all kinds of people and a city projected towards a new boom in its economy and arts. Elena Cardani


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■ Nella

pagina a fianco, sezione sul sistema costruttivo di facciata e particolari della facciate in cemento. In questa pagina, planimetria generale, pianta e sezione della palestra. In basso,

l’interno della palestra dove l’illuminazione naturale viene risolta dalla trasparenza della fascia in policarbonato di copertura. ■ Opposite page, section of the facade’s building system and details of the

concrete facades. This page, siteplan, plan of the gym and longitudinal section. Below, inside of the gym, where natural lighting is let in through the transparent polycarbonate strip roof.

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Innovazione e realismo Hines Offices in Milan

Progetto: MCA - Integrated Design

embra finalmente che lo sviluppo immobiliare italiano abbia comS piuto il giro di boa e si avvii, seppur

being rationally implemented in a short period of time. The project is designed around a number of key architectural features: the new facade along Via Bergognone and the entrance along Via Tortona, the partial roofing over of the internal courtyard and the creation of a new inside garden, the colour scheme for the plaster work, and overall lighting design. The blade of glass standing along via Bergognone is perforated by the stratified glass facade embracing the two sides of the main building to create a double skin, a sign of how the building has changed style. The latest high-tech properties of glass mean that transparent panes with low solar factors can be used to reduce solar radiation. The double skin lets the building breathe and reduces the sudden change in temperature in the offices facing southwest. The transparent curtain wall running from street level to the raised level is slightly set back to create a sense of vertical detachment and horizontal continuity. The courtyard acts as both a meeting area, a natural extension of the street with its shops and other services, and as a means of fitting in with the rest of the complex’s buildings. There is a new entrance designed like a transparent cut between the main block and new curtain wall along Via Tortona. The transition from the inside courtyard is marked by an interplay of downward-sloping terraces to draw attention to the basement level, helping create a sense of naturalness partly deriving from the new internal garden and pools of water. The vertical distribution system is composed of panoramic lifts facing the courtyard. The rest of the facades are cleanly set out in a regular pattern, as the colour scheme of the plaster work (a range of ochres, oranges and reds) plays a key role in distinguishing the different blocks. The partial roofing over of the courtyard is another of the project’s key features. It is designed like a tensile structure with a catenary geometric pattern of coupled tubular sections supporting the panes of glass overlapping like tiles. The way the complex catalyses its context is further underlined by the fancy outside lighting project for the buildings that MCA has designed around dynamic, colourful interplays of light marking the entrance points and creating a stark contrast between the overhanging glass facade and basement like some sort of suspended building. This means there is no need for the awful yellow high-pressure sodium lamps that have recently invaded the streets of Milan.

lentamente, verso la comprensione dei parametri di qualità tipici di un mercato più maturo. Il caso della riqualificazione dell’edificio di via Bergognone a Milano testimonia a favore di questa tesi e altri segnali sono presenti per ben sperare. L’oggetto è un derivato dalla dismissione del patrimonio immobiliare delle Poste. Dismissioni, riqualificazioni e nuovi piani di sviluppo organici sono stati perseguiti e sfruttati fino ad arrivare vicino alla soglia di saturazione nei Paesi anglosassoni; con le operazioni annunciate o in essere il mercato italiano è diventato fonte di forte interesse per i fondi immobiliari stranieri, che hanno intravisto per la prima volta la possibilità di penetrare in un mercato finora chiuso, autarchico, ma pur sempre remunerativo. Finora lo sviluppo edilizio italiano è stato generalmente caratterizzato dalla miopia rispetto ai parametri di flessibilità, gestione nel tempo e forza comunicativa dell’architettura; queste caratteristiche sono invece quelle ricercate dai nuovi attori internazionali sul mercato degli investimenti. La rapidità dei cambiamenti negli scenari economici rende importante l’attenzione sulla possibilità di ricollocazione futura del portafoglio immobiliare forse più che la rapidità della prima locazione; la riduzione dei costi di bilancio impone soluzioni che possano essere raccolte con favore dai facility manager; gli headquarter delle società evolute devono testimoniare l’attenzione delle stesse rispetto alla qualità dell’ambiente di lavoro in cui si sviluppa il loro capitale intellettuale. Tutto questo è compreso nel brief di progetto consegnato ai 7 invitati al concorso per questo progetto da parte di Hines, una delle più attive società di sviluppo e gestione immobiliari di origine americana operanti oggi in Italia. Oltre a una capacità di visione che ribaltasse l’attuale rigidità del grande lotto, che confina con la recente ristrutturazione per la nuova sede di Armani, era necessario prospettare un piano economico per l’intervento che rispettasse i parametri di redditività attesa dal promotore. La selezione preliminare dei canditati, quasi tutti abituati a cimentarsi con progetti evoluti per il terziario (tra cui segnaliamo gli americani di SOM, i tedeschi di N+M, e gli italiani CBCR + Progetto CMR), ha portato interessanti risultati illustrati in una mostra allestita a Milano in concomitanza con lo scorso Eimu. Il progetto di Cucinella, risultato vincitore, ha il merito di coniugare scelte estetiche, funzionali e tecnologiche avanzate con il mantenimento di gran parte delle strutture primarie esisten-

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ti; questo garantisce un mix di innovazione tecnologica per il rispetto ambientale e per il risparmio energetico con una strategia di intervento razionale e attuabile in breve periodo. Il progetto si articola intorno ad alcune scelte architettoniche principali: la nuova facciata su via Bergognone e l’ingresso su via Tortona, la copertura parziale della corte interna e la creazione di un giardino interno, il trattamento cromatico degli intonaci e il progetto della luce. La lama di vetro che si innalza su via Bergognone è perforata dalla facciata in vetro strutturale che abbraccia i due lati dell’edificio principale, creando così una doppia pelle, segno del cambiamento formale del complesso. Le rinnovate caratteristiche tecnologiche del vetro permettono di utilizzare vetri trasparenti con fattori solari bassi, finalizzati a ridurre l’irraggiamento solare. La doppia pelle agisce da elemento traspirante e mitiga lo sbalzo termico all’interno degli uffici esposti a sud-ovest. Dal livello strada fino al piano rialzato la cortina trasparente è leggermente arretrata per favorire il senso di stacco sul piano verticale e di continuità su quello orizzontale. La corte funziona sia da luogo di scambio sociale, come estensione naturale della strada con negozi e piccoli servizi, che da elemento distributivo verso gli altri edifici del complesso. Vi si accede attraverso il nuovo ingresso, pensato come una cesura trasparente tra il corpo principale e la rinnovata cortina su via Tortona. Per permettere la valorizzazione del livello seminterrato, la transizione dalla corte interna è segnata da un gioco di terrazze degradanti, che contribuiscono alla creazione di un senso di naturalezza indotto anche dalla presenza di un nuovo giardino interno e vasche d’acqua. Il sistema di distribuzione verticale è composto da ascensori panoramici con affaccio sulla corte. Il resto delle facciate viene pulito e ordinato secondo una trama regolare, dove il colore degli intonaci, scelti nella gamma degli ocra, arancio e rossi, gioca un ruolo di primo piano nella connotazione dei diversi blocchi. La parziale copertura della corte è un altro degli elementi caratterizzanti l’intervento. E’ progettata come un sistema tensostrutturale che utilizza una geometria a catenaria fatta da profili tubolari binati su cui sono fissate delle lastre di vetro sovrapposte a scandole. Il ruolo di catalizzatore del complesso sul contesto sarà confermato dalla ricchezza del progetto di illuminazione esterna degli edifici, previsto da MCA con giochi di luce dinamica e colorata per segnare i punti di accesso e con un forte contrasto tra la facciata vetrata aggettante e il basamento, in modo da creare il senso di un edificio sospeso. Jacopo della Fontana

talian real estate development seems to have finally turned the Icorner and is slowly about to accept the quality standards typical of a more mature market. The redevelopment of a building in Via Bergognone in Milan supports this case, and there are other positive signs as well. The building actually used to belong to the National Post Office Service. Anglo-Saxon countries have now almost reached the saturation threshold in their redevelop programmes and plans to devise new urban schemes; this explains why the operations planned or already under way on the Italian market have caught the eye of foreign real estate developers, who can finally see the chance to break onto what until now has been a closed, autarchic but highly profitable market. Until now Italian building development has generally been characterised by its short-sightedness in face of the flexibility, long-term management and communicative force of architecture; these are the very qualities the latest players on the international investments market are looking for. The speed at which things change on the economic scene makes the potential future reallocation of a real estate portfolio even more important than how it is placed to begin with; reductions in business costs calls for solutions that might attract facility managers; and the headquarters of cutting-edge companies must reflect the firms’ attention to the quality of the work environment in which its own staff develops company business. All this is set down in the project brief sent to the 7 architects invited to take part in this project organised by Hines, one of the busiest American real estate developers and managers currently operating in Italy. As well as being far-sighted enough to move beyond the rigidity of the site as it is now, bordering on the recent modernisation work for the new Armani headquarters, a financial plan also had to be thought up for the project that would allow the contractor to make the kind of profits he was looking for. The preliminary screening of candidates, almost all used to working on cutting-edge projects for the services industry (notably, the Americans SOM, the Germans N+M, and the Italians CBCR + Progetto CMR), produced interesting results illustrated in a show held in Milan at the same time as Eimu. Cucinella’s winning design has the merit of combining aesthetics, efficiency and cutting-edge technology with a safeguarding of most of the main old structures; this ensures a mix of technological innovation designed to protect the environment and save on energy, all capable of


Credits Project: MCA Integrated Design Project Team: Mario Cucinella, Elizabeth Francis, David Hirsch (architect-in-charge), Francesco Barone, Filippo Taidelli, Roberta Grassi, George Frazzica, Andrea Lardosi, Matteo Lucchi, Fabio Andreetti, Elena Lavezzo, Anna Fabro, Enrico Iascone, Alberto Vitali, Cristina Garavelli, Natalino Roveri,

Marie Bazin, Enrico Contini, Emmanuela Carli, Stefano Brunetti Structures: Iascone Ingegneri (Luca Turrini) Mechanical Plants: Isoclima Studio di progettazione termotecnica (Fabio Spinoni) Electrical Plants: AT&System (Renato Corbellino, Alfredo Lorenzini) Plants Design: Ove Arup & Partners Londra (Alistair Guthrie)

Fireproofing: Studio Tecnico Zaccarelli (Fiorenzo Zaccarelli) Special Glass and Steel Works Faisibility Project: Manfroni Engineering Workshop Lighting Design: DHA Design (Desmond O’Donovan) Rendering: Studio DIM Client: Hines Italy

■ Sotto,

particolare dei prospetti d’angolo tra via Tortona e via Bergognone della nuova sede Hines Italy a Milano. In basso, la corte interna che funziona sia da luogo di scambio sociale, come estensione della strada con negozi e piccoli servizi, sia da elemento distributivo verso gli altri edifici del complesso.

■ Below,

detail of the corner elevations between Via Tortona and Via Bergognone of the new Hines Italy in Milan. Bottom, the courtyard acting as both a congregation place, as an extension of the road with shops and other services, and as a means of leading through to the complex’s other buildings.

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■ In

alto, studi di valutazione dell’incidenza del sole e delle ombre con analisi del contributo della facciata vetrata a doppia pelle. Sopra, a sinistra, particolare dell’ancoraggio della copertura agli edifici; a destra, vista generale del

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sistema di attacco delle lastre di vetro della copertura. Sotto, particolare esecutivo della facciata continua. ■ Top, studies to assess the amount of sunshine and shadow, also analysing the contribution

of double-skinned glass facade. Above, left, detail of how the roof is attached to the buildings; right, general view of the system for attaching the sheets of glass to the roof. Below, construction detail of the curtain facade.


â– A

sinistra, particolare esecutivo della corte interna. Sotto, prospetto generale su via Tortona e sezione generale. In basso, planimetria generale della corte con la copertura di vetro e, a destra, con le hall di ingresso agli edifici. â– Left, conctruction detail of internal courtyard. Below, main elevation along Via Tortona and main section. Bottom, site plan of the courtyard with glass roof and, right, with the entrance halls to the buildings.

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Identità e linguaggio Ferretti International, Dalmine trasformazione è sempre più “il dei nostri giorni. LIlatema” flusso temporale accelerato è il segno distintivo della nostra contemporaneità, il complesso groviglio di vincoli, memoria, problemi tecnici e di linguaggio è a esso strettamente correlato. La sede della Ferretti International a Dalmine è un esempio-tipo di tale fare architettura, in quanto vede coinvolti tutti gli aspetti che sono rappresentativi di questo processo progettuale. A partire dal rapporto con il luogo, una ex città-industria, situata lungo l’asse viario che collega la grande area metropolitana di Milano con Bergamo, in fase di graduale passaggio a una realtà post-industriale. Siamo quindi in presenza di un landscape formato da grandi capannoni trasformati in forti segnali multicolori, laddove la grigia e concreta forma del produrre è stata velocemente scalzata dalla chiassosa e roboante pelle

del vendere. Se accettiamo il concetto che il nostro edificio, oltre ad assolvere a tutte le funzioni richieste, debba anche essere soggetto comunicante, trasmettitore di un’identità riconoscibile, dobbiamo anche interrogarci quale sia la lingua nella quale si esprime, e se riteniamo che quella parlata dai vicini sia un po’ troppo colorita e diretta, allora è d’obbligo avere buon controllo, per non cedere alla lusinga dell’urlo facile. Tale scelta sarebbe forse stata la più ovvia, essendo la giovane età di Elena Sacco e Paolo Danelli naturalmente foriera di slanci e gesti azzardati, ma certo non è così, data la maturità riscontrabile nel lessico usato in questa architettura. La manipolazione dell’edificio è profonda ed efficace, con la sopraelevazione di un piano e il rimaneggiamento di volumetria e superfici nella parte adibita a uffici. La suddivisione d’impianto è denunciata chiaramente in facciata: zoccolo leggero vetrato al

piano terra, dove si trova un luogo di vendita con ingresso indipendente, vetro opalino e legno a lamelle ai primi due piani, in cui sono allocati gli uffici, cemento al terzo piano in cui trova spazio la parte direzionale. L’ascensore panoramico esterno e la pensilinabrise soleil metallica, sono gli elementi che uniscono le varie componenti. Si affida alla volumetria e alla definizione dei prospetti il compito di caratterizzare l’edificio, per esaltarne le doti di visibilità, e lo si fa con una sensibilità inusuale. La lettura del volume è articolata e variabile, affidata all’uso inconsueto dei materiali, perciò il vetro è opaco e il legno è trasparente, il cemento, materiale-icona della pesantezza è in alto, quasi sospeso, e la base è leggera e permeabile alla vista. Il risultato è un corpo scultoreo, la cui fisicità è sottolineata dalla composizione, in cui superfici, pieni e vuoti denunciano un uso quasi razionalista dei piani e dei tagli orizzontali.

generale dell’intervento di trasformazione di un edificio in uffici e magazzini sede della Ferretti International a Dal mine (Bergamo). ■ Site plan of the project to convert a building into the headquarters and warehouses of Ferretti International in Dalmine (Bergamo).

An acceleration in the passage of time is the most distinctive feature of the age in which we live, and the intricate blend of constraints, memories and technical/stylistic problems, is a very closely related issue. The Ferretti International Headquarters in Dalmine is a fine example of this way of designing architecture, involving every important aspect of this design process. Starting with interaction with its site location, an old industrial-town situated along the road connecting Milan with Bergamo, gradually moving on to a more post-industrial state of affairs. This landscape features large warehouses converted into huge multi-coloured signs, where the grey, concrete side of manufacturing has been rapidly overturned by the noisy, reverberating skin of marketing. If we accept the idea that,

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La scansione è raffinata, con le diverse texture che si combinano a generare tensione. L’edificio, in virtù anche di un distacco volumetrico dallo spazio circostante cercato e sottolineato, mentre rimarca la continuità tra corpo di fabbrica e spazio di pertinenza attraverso l’uso di percorsi in legno e muri bassi, accentua la sua presenza con un ulteriore segno di verticalità: il grande ombrello quadrato, segnale visivo e limite superiore del volume, traslato e aggettante. E’ quindi una scrittura schietta ed elegante, che dialoga con il contesto elevandosi non certo con sdegno, ma con una netta distinzione dei ruoli, per rimarcare e comunicare un’identità aziendale di prestigio tramite un lessico che affonda le sue radici nella tradizione di un razionalismo colto, senza per questo tralasciare incisi di espressività contemporanea. Benedetto Quaquaro

1. Ingresso/Entrance 2. Vasca/Pool 3. Parcheggio/Parking 4. Negozio/Shop

■ Planimetria

ransformation is now developing into the most important “theme” T of the moment.

Progetto: Dap studio/Elena Sacco-Paolo Danelli

in addition to serving specific functional purposes, our buildings must also communicate a definite identity, we must also pose the question of the vocabulary in which they are expressed. And if we think the idiom spoken by neighbouring buildings is too colourful and direct, then we must be truly motivated and carefully in control if we are to resist the temptation of just raising our own voices in response. This would have been the easiest way to proceed, bearing in mind that Elena Sacco’s and Paolo Danelli’s youthfulness might easily have led them to make risky moves or gestures, but this certainly is not the case, as we can see from the maturity of the language used in this work. The building has really been shaken up by raising it a level and manipulating the structures and surfaces in the offices section. The way the complex has been divided up can be seen in the facade: a light glass ground-floor block, where

there is a sales outlet with its own separate entrance, opaque glass and laminated wood for the first two floors where the offices are located, and concrete for the third floor holding the executive offices. The panoramic outside lift and large metal sunscreen canopy are the elements linking together the various components. The structural layout and elevations are designed to characterise the building, making it visually more striking through an unusual touch of stylistic sensitivity. This is an intricate, variable structure drawing on an unusual use of materials: the glass is opaque and the wood transparent, and the concrete (the icon-material for representing heaviness) is up at the top, almost suspended, and the base is light and see-through. This creates a sculptural form, whose physical nature is brought out by the design, as surfaces, solids and spaces declare an almost

rationalist use of horizontal cuts and planes. There is also an elegant pattern of different textures combining together with great force. Thanks to a certain deliberately designed structural detachment from the surrounding space, the building brings out a certain sense of continuity between the building structure and its space through the use of wooden corridors and low walls, while also emphasising its own presence through another vertical sign: the huge square umbrella, a visual signal and upper limit of the structure, projecting and overhanging. The building is written with cultured elegance, dialoguing with its context and rising up not so much with disdain as with a careful distinction of roles to bring out and project a prestigious corporate identity, drawing on an idiom whose roots are grounded in a tradition of erudite rationalism without ignoring certain features of cutting-edge stylistic expression.


Metal Frameworks: F.lli Canotti Cedar Wood Cladding: Falegnameria Poggio Glass: Glaverbel Wall Painting: Sikkens, Setaliet, Faber Lighting: Via Bizzuno, Simes, Bega, Kreon, Belux

Lifts: Bergamo Lift Air Conditioning: GTI Safety Plants: FGS Electrical Plants: Bticino, Siedle Client: Ferretti International

■ Particolare

della tettoia in doghe in alluminio forate, inclinate di 30°, che protegge dall’irraggiamento solare gran parte dell’edificio, e del corpo aggettante in doghe di legno che ingloba i terrazzi. La facciata è rivestita in pannelli di vetro opalino con le finestre inserite all’interno dell’architettura.

Il committente è un collezionista di arte contemporanea e il vetro bianco di rivestimento è stato pensato anche in funzione di proiezioni di immagini e video in facciata. ■ Detail of the roof made of perforated aluminium alloys sloping at an angle of 30o to shelter most of the building against the

sunshine. and of the wooden staves covering the terraces. The facade is clad with milk-glass panels with windows camouflaging the inside of the architecture. The client is a collector of modern-day art and the white cladding glass is also designed for projecting pictures and video clips on the facade.

Paola de Pietri

Credits Project: DAP Studio/Elena SaccoPaolo Danelli Architetti Collaborators: Yuko Wakasa, Carmen Chiminazzo, Carlo Parisi Structures and General Contractor: Ferretti International Lighting Project: Telmotor/Maurizio Quargnale

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■ Particolari

e viste dell’esterno dell’edificio, caratterizzato dall’accostamento attento di diversi materiali (vetro opalino, legno, cemento, alluminio, vetro trasparente) che sottolineano la composizione scultorea dei volumi. Il volume all’ultimo piano è un “pieno” intonacato che

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appare come sospeso rispetto a quello in vetro sottostante; questo livello è destinato agli uffici direzionali ed è illuminato naturalmente da ampi lucernari e protetto dai raggi diretti del sole dalla tettoia in doghe di alluminio. In basso a sinistra, pianta del primo piano e, a destra, pianta del secondo piano.

■ Details

and views of the outside of the building featuring a careful combination of different materials (milk-glass, wood, concrete, aluminium, transparent glass) underlining the structural layout designed in sculptural forms. The top-floor section is a plastered “solid” that appears to be suspended

above the glass section below; this level is designed for holding management offices and is naturally lit by wide skylights and sheltered from the direct sunlight by the small roof made of aluminium. Bottom, left, plan of the ground floor and, right, second-floor plan.


■ Vista

dell’edificio con l’ascensore panoramico in acciaio e vetro trasparente collocato esternamente al perimetro della palazzina. Sotto, a sinistra, sezione AA e, a destra, particolare costruttivo della facciata in legno.

■ View

of the building showing the transparent glass and steel panoramic lift connected to the outside of the building. Below, left, AA section and, right, construction detail of the wooden facade.

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L’ufficio globale RAS Building, Milan

Matteo Piazza

Credits Project: R. Ercoli e E. Frigerio con Frigerio Design GroupGenova. Team Project: F. Biassoni, M. Ragno, M.Rossi, C. Pin, M. Mazzoli, U. Villani, P. Dotti General Contractor: Costruzioni Generali Costruzioni Plant: Ariatta Ingegneria Structure: Redesco srl Ing Giuliani Client: Gruppo RAS Assicurazioni

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ecnologia, sostenibilità ed emozione sono gli ingredienti indispensabili dell’architettura contemporanea. Ma non T sempre sono presenti nelle giuste dosi. L’ufficio globale, vale a dire lo spazio flessibile in armonia con l’ambiente è uno degli obiettivi programmatici di ogni architetto. Soprattutto per chi è incaricato di progettare un edificio per uffici. L’importante è non perdersi nei meandri del purismo tecnologico o nella sola specificità dell’architettura sostenibile, costi quel che costi. Poiché se da una parte si raggiungono risultati corretti per l’uso delle risorse naturali per il bilanciamento energetico, migliorando il confort degli spazi di lavoro, dall’altra si possono perdere per strada valori altrettanto importanti. Molto spesso succede che al di là delle buoni intenzioni i risultati non sempre sono eclatanti, poiché l’edificio risulta più il frutto di logiche interpretative della committenza piuttosto che il risultato di un progetto consapevole. Insomma, se da un lato si sono ottenuti vantaggi prestazionali e ridotti consumi, ciò che manca è quasi sempre il dato emozionale. In molti casi è assente una sapiente regia capace di organizzare lo spazio non solamente come aggregazione di luoghi ma anche come sequenza di percezioni emozionali. In altre parole, manca l’intenzione, per esempio, di voler giocare con l’ambiguità di inaspettate trasparenze, di campire con “ombre” di luce percorsi e superfici, di creare ambienti capaci di suggerire particolari stati d’animo. Eppure, oggi tutto ciò è facilmente realizzabile. Con l’informatica si sono radicalmente ridotti gli ingombri delle macchine e di conseguenza si sono dilatati gli spazi destinati allo sguardo, alla percezione oltre la funzione. Quest’opzione tarda a essere colta. Anzi, si tende a naufragare nel già visto, oppure di rimanere prigionieri della “poetica” ultra-datata del “paesaggio ufficio neutro per non distrarre chi lavora”. L’esterno di solito subisce la stessa sorte in modalità diverse ma sempre drammaticamente ricorrenti a causa di rivestimenti di curtain wall, il più delle volte di fattura non eccelsa. La sede del gruppo RAS Assicurazioni punta in alto. Punta verso il cielo di Milano regalandosi un sorprendente volume ellittico sul tetto a terrazza. All’interno dell’ellissi - realizzata in lastre di vetro curve senza profili, unite attraverso colle speciali, trattenute in basso e in alto grazie a un particolare sistema di giunti a scomparsa - sono state ricavate sale riunioni. Più in alto ancora, a protezione del volume ellittico, un

Progetto: Frigerio Design Group

grande frangisole ricopia le dimensioni della pianta rettangolare dell’edificio. Dall’alto della terrazza, lo sguardo sulla città coglie la bellezza di ampie zone verdi, che ammorbidiscono un intorno urbano di non particolare qualità. L’edificio sorge infatti in una zona semiperiferica dove non abbondano preesistenze di particolare rilievo. La pulizia formale del complesso risulta quindi valore aggiunto non trascurabile per l’identità del sito. La distribuzione degli spazi interni è in funzione della massima flessibilità. L’edificio deve poter accogliere indifferentemente un’unica sede societaria o più società dislocate ai vari livelli. In tal senso, i piani sono a pianta libera, quindi facilmente adattabili sia all’open space sia a lay out destinati a uffici divisi tradizionalmente in più stanze. Le ampie finestrature delle facciate permettono un’ottimale diffusione di luce naturale e contribuiscono ad alleggerire il volume dell’edificio. In questa direzione, un grosso contributo è dato dalla configurazione della copertura, risolta brillantemente grazie alla grande griglia frangisole come fosse il classico coronamento di un edificio tradizionale. Inoltre, il tutto sembra un frammento di un capolavoro del Moderno come Villa Savoy, di lecorbusieriana memoria. A volte, l’architettura sembra tendere all’autogenerazione per non morire, ricordandoci che la buona architettura ha bisogno di sana alimentazione e, soprattutto, di buona memoria. Tra futuro e tradizione. Alla ricerca di una connotazione linguistica comprensibile ai più, la nuova sede RAS è stata concepita come un insieme generato da due diverse matrici individuabili, da una parte in un sistema intelligente che controlla e gestisce l’edificio nei suoi impianti tecnologici: condizionamento, riscaldamento, illuminazione, sicurezza ecc. assicurandosi in tal senso una dose di futuro, dall’altra, per non rischiare di essere troppo avanti, di ancorarsi alla tradizione quale contrappeso alla modernità impiegando materiali contemporanei ma anche tradizionali come, per esempio, facciate ventilate realizzate con lastre di granito ceramico, alternate a lastre in pietra artificiale. Frutto di una progettazione globale, la nuova sede RAS ha interni caratterizzati da arredi composti da scrivanie sagomate, con piani di lavoro antiriflesso verde acqua, armadiature a disegno e pareti mobili in vetro per una maggiore luminosità e profondità spaziale degli ambienti. Carlo Paganelli


In queste pagine, la palazzina uffici del Gruppo RAS Assicurazioni a Milano. Ubicato in una zona urbana (via Oglio), l’edificio è tuttavia inserito in un’area a verde, piantumata con alberi di varie essenze, utilizzata come parcheggio. ■ These pages, RAS Assicurazioni’s office block in Milan. Set in an urban location (Via Oglio), the building is, however, surrounded by an area landscaped with different types of trees used as a car park. ■

echnology, sustainability and emotion are the key ingreT dients of modern-day architecture. But they are not always there in the right doses. The global office or flexible space in harmony with the environment is now on every architect’s design agenda. The trick is not to get lost in a maze of technological purism or bogged down in the quest for sustainable architecture at all costs. This can produce excellent results in terms of the use of natural resources for energy purposes and also make the work place more comfortable, but there is also a danger of certain important values being lost along the way. Very often, despite the best of intentions, the results are not all that exceptional, since buildings turn out to be more closely geared to the client’s requirements than a carefully designed project. Emotion often seems to be sacrificed in the name of efficiency and reduced consumption. And very often there does not seem to be any real control over how space can be used to create a sequence of emotional perceptions and not just a combination of places. In other words, there is no attempt to, say, play with the ambiguous nature of unexpected transparencies, inject pathways and surfaces with “shadow” and light, or create environments conjuring up certain states of mind. Yet all this is still quite possible. Computer technology has radically reduced the amount of space taken up by machinery, thereby dilating spaces to be observed and perceived as well as serving a certain purpose. This option is not really being taken up. On the contrary, there is a tendency to get lost in what has already been seen or trapped in ultra-dated “poetics” of the “neutral office-scape designed not to distract people working in it”. The same tends to happen on the outside too, only in a different way, almost inevitably due to the reiterated use of curtain walls, more often than not hardly of the most inspiring design. The project realized by the Genoa - based Studio Frigerio design Group for the headquarters of RAS Assicurazioni has set its sights much higher. It projects up into the skies of Milan with its startling elliptical structure up on the terraced roof. Meeting rooms have been carved out inside the ellipse, which is made of frameless

sheets of glass connected together by special glues and held in place at the top and bottom by a special system of concealed joints. Higher up still, a large shutter protecting the ellipse is the same size as the rectangular building plan. Looking out across the city from up on the terrace, there is a lovely view of green landscape mellowing down the rather uninspiring cityscape. The building is actually almost out in the suburbs, where there are no other particularly interesting old buildings. The stylistic clarity of the complex certainly adds something to the site’s identity. The layout of interior spaces is geared to maximum flexibility. The building must be capable of accommodating either one or even several business offices located over the various levels. This means the floors feature an open-plan design so that they can easily be adapted to an open-space layout for offices usually split over several rooms. The wide windows on the facades let in plenty of natural light and help lighten up the overall building structure. The roof design plays a key part in all this, brilliantly constructed out of a sunscreen grille that looks like the conventional crown on a traditional building. It all looks like a fragment of a Modern masterpiece like Le Corbusier’s Villa Savoy. Sometimes architecture tends to self-generate so not to die, reminding us that quality architectural design calls for healthy nourishment and, above all, a fine memory. Future meets tradition in the quest for linguistic connotations that most people can understand. The new RAS headquarters are designed in the form of a whole generated, on one hand, out of a smart system controlling and managing the building’s technological systems: air-conditioning, heating, lighting, security etc., providing an injection of the future and, on the other, so as not to get too far ahead and keep hold of a certain sense of tradition to counterbalance the modernity, out of both new and old materials, such as ventilated facades made of sheets of ceramic granite alternated with sheets of artificial stone. The fruit of global design, the new RAS headquarters’ interior furbishing features moulded desks with sea-green nonreflective work surfaces, designer cabinets, and mobile glass walls brightening up the premises and making them look more spacious.

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Edge beam Anodized aluminium sunscreen

Ceramic granite sheet ventilated facade

Alucobond clad pilasterå

Guzzini’s Vela Lamp

Structural stiffening element

Alucobond cladding Ceramic granite portico reveal

White gneiss sheet ■ Pianta

e sezioni. L’edificio sorge su un lotto di 4.500 mq, gli uffici occupano circa 6.200 mq. ■ Plan and sections. The building stands on a 4,500square-metre plot of land and the offices take up about 6,200 square metres.

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Smoothed ceramic granite

Stiffening element Awning window Structural tempered glass

Awning window

Smoothed ceramic granite window sill

Ventilation

Ceramic granite sheet with hidden coupling system

■ Pianta

del volume ellittico sul terrazzo, destinato a sale riunioni; sezione e dettaglio costruttivo del serramento esterno.

■ Plan

of the elliptical structure on the terrace used for holding meeting rooms, section and building detail of the outside fixtures.

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■ Particolare

del volume ellittico, realizzato sul terrazzo e utilizzato come spazio per sale riunioni. ■ Detail of the elliptical structure built on the terrace and used as a space for meeting rooms.

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■ Particolare

di un piano organizzato come open space. ■ Detail of a floor with an open-space layout.

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L

uce iridale

a finzione cinematografica e il realismo tangibile delle grandi esposizioni universali sono insieme gli eventi del secolo scorso che più di ogni altro ci L hanno sedotto con le loro indimenticabili visioni anticipatrici del futuro. In questo senso, Odissea 2001 di Kubrik resta per molti di noi il film più prodigo di forti suggestioni proiettive. A differenza dell’espressionismo protoindustriale di Lang in Metropolis e del postmodernismo regressivo di Scott in Blade Runner, Stanley Kubrik ci proponeva una visione volutamente realistica di un futuro non troppo lontano e dunque del tutto plausibile, come già aveva fatto Bel Geddes negli anni Trenta. Laddove invece il suo film inscenava un futuro più lontano, Kubrik decideva di allestire la grande stanza da letto del protagonista in una regressione temporale, quella dello stile settecentesco, sospendendola quasi sopra a un grande pavimento luminoso. Ecco un pastiche ambientale che resta tuttora, a mio avviso, una delle icone più memorabili dell’interior design di ogni tempo. Se la sensazione di vuoto provocata da quel pavimento intendeva alludere all’effetto smaterializzante di una proiezione temporale estrema, nonché allo svanire delle passioni su cui poggiano le certezze terrene, è fuor di dubbio che la scelta, sia stilistica sia luministica, di Kubrik abbia colto nel segno, lasciandoci una visione di grande forza poetica. Sono ormai trascorsi quasi trentacinque anni dall’uscita di quel film, il cui mito di un futuro domestico poté essere racchiuso in questa sola immagine: un pavimento retroilluminato; il quale si proponeva, nell’assenza di sorgenti di luce puntiformi, come metafora del controllo luminoso dello spazio attraverso la forzatura scenica dell’effetto di backlighting. Tuttavia, se avessimo

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di/by Clino T. Castelli

dovuto ricostruire quel pavimento retroilluminato, la tecnica impiegata sarebbe stata fin a poco tempo fa la stessa più o meno degli anni Sessanta avrebbe richiesto la creazione di una struttura flottante con un plenum di dimensioni generose - l’allestimento di un impianto elettrico sicuro e ventilato - la posa di luci potenti e accessibili e così via. Dunque, l’eterea magia del backlighting sarebbe stata ineluttabilmente compromessa dalla macchinosità dell’installazione. Oggi, invece, l’innovazione della tecnologia optoelettronica, con la recente comparsa dei Led a luce bianca, sembrerebbe aver reso tutto molto più facile. Le novità sono molteplici: la grande affidabilità delle minuscole sorgenti la loro virtuale assenza di manutenzione - la loro decennale attesa di vita e la modesta generazione di calore; innovazioni che implicano una serie di fattori che permettono installazioni talmente compatte da essere perfettamente integrabili, come del resto tutta l’impiantistica tradizionale, alla struttura stessa degli ambienti. Oggi siamo in una condizione di felice coincidenza tra un diffuso desiderio estetico e la sua fattibilità tecnica. L’aspettativa è testimoniata dall’affermarsi di linguaggi ambientali che vedono nella permeabilità degli spazi alla luce naturale e artificiale la qualità più rappresentativa di un interior contemporaneo. Tuttavia, si deve far notare che la vera natura del backlighting è di esistere indipendentemente dalla presenza della luce naturale. Il backlighting, al contrario dello Shoji giapponese, quanto più appare in luoghi inaspettati (nello spessore di una porta o una mensola, sul fondo di una vetrina, e simili), tanto più dichiara la sua natura di artificio emozionale; che ciò sia applicato alla superficie di un pavimento è davvero


■ Nella

pagina a fianco: la stanza del protagonista di Odissea 2001 di Stanley Kubrik; in basso a sinistra, viste dell’interno del nuovo negozio Prada a New York, progettato da Rem Koolhaas, in cui sono utilizzate pareti retroilluminate; in basso a destra, DecorGem di

sorprendente. Tuttavia, in genere i Led bianchi sono ancora pensati per applicazioni sostitutive delle già piccole lampadine, secondo la continua ricerca di miniaturizzazione tipica del product design. Io ritengo invece che la loro vera forza risieda, non solo nella performance del singolo componente, quanto piuttosto nel loro sfruttamento in batterie multiple, tese a smaterializzare, come la geometria planare sempre più richiede, le grandi superfici luminose rese possibili dal backlighting allo stato solido. Questa visione evidenzia l’aspetto qualistico della tecnologia dei Led, avvicinandoci così agli aspetti primari del design e alla componente sensoriale del loro uso ambientale. Considerando la dinamica odierna degli eventi, è forse prematuro valutare scenari applicativi così complessi; tuttavia, ritengo ragionevole sostenere che queste nuove sorgenti luminose per uso ambientale abbiano potenzialità tanto ampie e ben delineate da giustificare fin d’ora le migliori aspettative di successo. Non sorprenderà che questa innovazione provenga proprio dal Giappone, un Paese in piena stagnazione economica che resta però uno dei maggiori produttori mondiali di semiconduttori. Si sa che un vero e proprio diodo a luce bianca non esisteva fino a poco tempo fa, avendo sempre e solo luci colorate. Soltanto grazie alla luce di un Led blu potenziato, che stimola un minuscolo diffusore fluorescente, si è riuscito a far emettere una luce secondaria gialla - la quale, creando a sua volta un’integrazione spettrale, viene percepita come luce bianca. Un simile escamotage cromatico conferisce alla nuova luce una qualità inattesa e sorprendente. Questa nuova avventura tecnologica ha avuto tempi molto rapidi, con vecchi e nuovi protagonisti: nell’ultimo anno del secolo nasce - dalla joint venture della Siemens con la Osram - la Infineon Technologies AG, così come dall’unione di Philips con Hewlett Packard nasce la Agilent Technologies. Sono solo alcune delle alleanze che delineano il quadro delle imponenti risorse messe in campo per dare subito vita a nuovi diodi che, come nella spirale virtuosa del mondo dei chip informatici, vedono oggi raddoppiare periodicamente potenza e luminosità, a costi sostanzialmente stabili. Queste nuove entità luminose hanno anche una precisa identità estetica ancor prima che tecnica, riconoscibile nella caratteristica luce che, a suo tempo, mi è sembrato naturale e spontaneo definire come “iridale”. Il termine iridale nasce in realtà da una carenza tassonomica; per altri tipi di illuminazione il nome è stato spesso mutuato dal fenomeno fisico coinvolto (l’incandescenza o la fluorescenza) piuttosto che dalla tecnologia impiegata (dopo la luce al neon, la luce ai Led?). Per la nuova definizione sono stati invece determinanti sia un difetto cromatico tipico dei Led bianchi che una loro peculiarità qualitativa. La prima è un’anomalia, che vede quasi sempre la luce di questi diodi virare leggermente verso dominanti gialle, rosse o verdi; la peculiarità riguarda invece la loro tipica temperatura di colore (ben superiore agli 8000 gradi Kelvin), dunque almeno tre volte più fredda rispetto a quella delle lampade a incandescenza. L’effetto finale è una luce dall’aspetto forse un po’ siderale, ma animato dal fascino del mix iridescente delle sue dominanti imperfette. Tuttavia, il tentativo di far rientrare la luce dei Led nella sfera dell’illuminazione generale a luce bianca crea problemi di ordine tecnico (oltre che economico), la cui vera spiegazione credo che risieda nelle sfuggenti pieghe dei fenomeni percettivi. Molti specialisti dell’illuminazione, infatti, sembrano storcere il naso a causa di differenti punti di vista sul vero bilancio energetico dei diodi. Ciò che i tecnici sostengono è, grosso modo, che

OmniDecor®, vetro colorato semitrasparente con un particolare effetto satinato. Sotto, Staggered Gate, cartuccia bifacciale di 600x1920 mm applicata a una porta luminosa, progettata da Clino T. Castelli e prodotta da Lualdi Porte.

■ Opposite

page: the protagonist’s bedroon in 2001: A Space Odissey by Stanley Kubrik; bottom left, views of the interior of new Prada shop in New York, designed by Rem Koolhaas, where backlighted partition walls have been widely usued; bottom right, DecorGem

by OmniDecor®, a coloured semitransparent glass with a particular glazed effect. Belowe, Staggered Gate, 600x1920 mm two-sided cartridge applied to a luminous door, designed by Clino T.Castelli and manufactured by Lualdi Porte.

i consumi dei Led appaiono così convenienti solo perché, in realtà, gran parte delle attuali applicazioni non è destinata a “far luce” veramente; se così fosse, tutti gli indicatori delle prestazioni - dagli assorbimenti di potenza alle emissioni di calore - sarebbero meno rosei di quanto riportato dai produttori. Diatriba tecnica a parte, la mia personale interpretazione è che non esista ancora una luce a buon prezzo: il costo nascosto che dovremo pagare per la luce iridale sarà da imputare proprio alla sua temperatura di colore. Infatti, ci si dimentica spesso che al raffreddarsi della temperatura di colore dovrebbe corrispondere un aumento dei valori di illuminamento, pena una sensazione depressiva da carenza luminosa, paragonabile - in natura - a quella degli inverni nordici; sensazione che invece non si prova mai alla luce calda di una pur debolissima candela. Ma la vera natura della tecnologia optoelettronica si è evidenziata già con i primi tentativi di creare grandi superfici luminose, come è il caso di un’installazione celebrativa, creata da Osram in occasione di un recente forum di architettura a Innsbrück, dove sono stati impiegati, in pochi metri quadrati, ben 14.000 diodi luminosi per raggiungere 700 lux. In quell’ambiente sono stati utilizzati sia Led bianchi sia triplette di Led RGB, in combinazioni regolabili per ridurre la temperatura di colore a 3000 K, equivalente a quella di una lampada a incandescenza ma con l’ottimo indice di resa cromatica di 85. La luce di queste sorgenti appariva straordinariamente iridale, dunque tanto variegata all’origine quanto bianca e pura nel suo flusso ben bilanciato. Ma il vero cambiamento, quello che a noi interessa maggiormente, riguarda gli effetti percettivi ed emozionali di questa fonte luminosa appena “riscoperta”. Mi sembra infatti che l’attuale concezione illuminotecnica veda ancora il mondo nettamente diviso tra luce e buio, tralasciando troppo spesso l’estendersi delle aree marginali, interne ed esterne, che caratterizzano l’ambiente contemporaneo, fatto anche di incerte zone di penombra, di effetti residuali di un’illuminazione generale sempre più forte. Dunque, invece di continuare a pensare alla luce in termini “espansionisti”, cioè con flussi luminosi che ampliano sempre più il loro campo di irraggiamento colonizzando gli spazi bui della notte, dovremmo prendere atto della nuova metafora che la stessa natura luminosa dei Led ci suggerisce. Se il bulbo di una lampada tradizionale emula il potente irraggiamento luminoso della solarità, il brillio parcellizzato dei singoli chip dei Led ci riporta alla luminescenza propria della materia solida. Quella che si percepisce è dunque una sorta di luce “endogena” che, a differenza della luce riflessa o trasmessa secondo le usuali modalità luministiche, sembra essere l’emissione della sostanza medesima (e in effetti lo è). Dunque, si tratta di una luce “oggettuale”, destinata a essere emanata dai corpi stessi e in grado di creare paesaggi con volumi e superfici dal backlighting ben stagliato, molto diversi da quelli che si delineano nell’imitazione artificiale dei flussi della luce diurna. Avremo finalmente un ambiente fatto di oggetti e percorsi attivi, la cui essenza luminosa si materializzerà nitidamente solo nel pieno delle penombre notturne. La luce dei Led è il risultato di un apporto collaborativo, dell’addensarsi dei chip che seguono matrici e disegni preordinati e che nulla più hanno a che vedere con gli stentorei diodi delle rarefatte interfacce digitali. Qui siamo in presenza di un universo di veri e propri tatuaggi architettonici, fatti per sorprendere e durare, dove miriadi di punture di luce colorata si giustappongono le une alle altre per campire i fondi di immagini dinamiche e splendenti.

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acklighting

B

ilm fiction and the tangible realism of great world fairs were together the 20th-century events that struck our imaginations most with their F unforgettable visions of the future. 2001: A Space Odyssey by Kubrik is, for many of us, still the most memorable film in this respect with its powerful projections into the future. Unlike Fritz Lang’s protoindustrial expressionism in Metropolis and Ridley Scott’s regressive postmodernism in Blade Runner, Stanley Kubrik gave us a deliberately realistic vision of the not too distant future that was really quite plausible, rather along the lines of Bel Geddes in the 1930s. Where the film ventured into the more distant future, Kubrik decided to furbish the main character’s bedroom in a backwardlooking eighteenth-century style, virtually suspending it above a large brightly-lit floor. This environmental pastiche is, in my opinion, still one of the most memorable interior design icons of all time. If the feeling of emptiness this created was supposed to evoke the dematerialising effect of extreme temporal projection and the vanishing of earthly passions, there can be no doubt that Kubrik really hit the mark with his choice of style and lighting, leaving us with a vision of great poetic force. It is now almost thirty-five years since the film was first released and its legendary vision of the mythical home environment of the future may be summed up in one image: a back-lit floor; in the absence of spotlighting, backlighting offered an effective metaphor of lighting control over space. If we had had to reconstruct that back-lit floor, until recently we would have used more or less the same technique as in the 1960s - it would have called for the creation of a floating structure with a plenum of generous dimensions - the installation of a safe and well-ventilated electrical system - the fitting of powerful, accessible lights and so forth. In the end the airy magic of backlighting would have inevitably been compromised by the excessive mechanics of the entire installation. Nowadays, everything seems to be much more simple, thanks to the technological innovation of optical electronics and the recent development of white-light Leds. There are plenty of novelties: the great reliability of tiny light sources the fact they hardly require any maintenance at all - their ten-year life expectancy and the fact they do not heat up much; innovations entailing a series of factors allowing installations that are so compact they can fit into their settings perfectly, just like the old systems. We have now reached the happy state of having the technology required to satisfy our aesthetic desires. The latest idioms are geared to creating spaces permeable to natural and artificial light, the most emblematic feature of modern-day interiors. Nevertheless, it ought to be pointed out that the true nature of backlighting is its non-dependence on natural light. In contrast with Japanese Shoji, the more unexpected the place in which backlighting is incorporated (inside a door or shelf, in the back of window etc.), the more overtly it displays its exciting artificial nature; it is, of course, extremely surprising to find it applied to a floor surface. Nevertheless, white Leds are still designed to replace small lamps, as part

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di/by Clino T. Castelli

of the constant quest for miniaturisation typical of design products. I, however, believe their real strength does not just lie in the efficiency of individual components, but in the way they can be used in combination to dematerialise (as increasingly required by the geometrics of planes) the wide lighting surfaces resulting from solid-state backlighting. This focuses on the quality of Led technology, taking us closer to the key aspects of design and the sensory side of how they are placed in their settings. Bearing in mind the modern-day dynamics of events, it might be premature to assess complex applications like this; nevertheless, I am sure it is quite reasonable to claim that these new light sources have such clearly defined and far-reaching potential to justice the best possible prospects of success. It is hardly surprising that this innovation comes from Japan, a nation going through an economic slump but still one of the world’s leading semiconductor manufacturers. We all know that proper white-light diodes did not exist until recently, when only coloured light was available. It took a reinforced blue Led stimulating a tiny fluorescent projector to emit a secondary yellow light, which, by creating its own spectral integration, is perceived as white light. A similar colour trick gives the new light unexpected and startling qualities. This new technological adventure has all happened very quickly and involved a number of both new and old names: the joint-venture between Osram - Infineon Technologies AG dates back to the last year of last century, and Philips has also recently joined forces with Hewlett Packard to form Agilent Technologies. These are just a few of the partnerships outlining the considerable resources available for creating new diodes, whose power and brightness have now doubled without costing any more, in a virtual spiral reminiscent of what happened in the world of computer chips. These new lighting entities have an even stronger aesthetic identity than technical identity, as can be seen from their characteristic light which I once thought was best described as “iridal”. The term iridal derives from certain taxonomic shortcomings; with other types of light, the name has often been plied to the physical phenomenon involved (incandescence or fluorescence) rather than the type of technology used (after neon light, Led light?). The new definition was crucially related to a colour defect in white Leds and also their special qualities. The defect in question is actually an anomaly causing the light from these diodes to diverge slightly towards yellows, reds or greens; the special feature, on the other hand, concerns their peculiar colour temperature (well over 8000 degrees Kelvin) or, in other words, three times cooler than incandescent lights. The final effect is a rather star-like light enriched with an iridescent mix of imperfect dominant shades. Of course, the attempt to bring Led light into the realms of white lighting in general creates technical problems (as well as financial difficulties) deriving, I think, from the fleeting folds of perceptual phenomena. Many lighting experts actually seem to turn their noses up at all this, due to diffe-


■ Nella

pagina a fianco, una scenografia di Odissea 2001 di Stanley Kubrik con soffitto retroilluminato. Sotto a sinistra, un’applicazione a pavimento del vetro satinato DecorFlou di OmniDecor®; la perfetta planarità del cristallo float ha permesso nuovi utilizzi

rences in opinion over the actually costs involved with diodes. The experts basically claim that Leds only seem to consume less because most current applications are not really designed to “make light”; if this were really the case, all the energy-efficiency indicators - from power absorption to heat emissions - would not be quite as favourable as manufacturers claim. Technicalities apart, it is my opinion that there is still no such thing as cheap light: the hidden costs associated with iridal light derive from its colour temperature. People often forget that a lower colour temperature ought to correspond to an increase in lighting values, otherwise there would be a depressing sense of lack of light comparable - in nature - to Scandinavian winters; a feeling you never get with the warm light coming from even a weak candle. But the true nature of optical-electronic technology has already emerged from initial attempts to create widely lit surfaces, as in the case of a commemorative installation Osram created for a recent architectural forum held in Innsbruck, which incorporated as many as 14,000 luminous diodes in just a few square metres to reach a level of 700 lux. The installation incorporated both white Leds and trios of RGB Leds in combinations that could be adjusted to reduce the colour temperature to 3000 k, the same as that for an incandescent light with an excellent colour rating of 85. The light from these sources looked incredibly iridial, in other words just as varied at the source as pure and white in its carefully balanced flow. But the real change that we are most interested in concerns the perceptual and emotional effects of this newly “rediscovered” light source. I get the impression that our present concept of technical-lighting still sees the

del vetro piano; DecorFlou produce un marcato effetto diffusore pur consentendo una elevata trasmissione della luce. Sotto, a destra, cartuccia Iridalite Pt6090, dispositivo ultrasottile sigillato (peso 1500 g) che produce il tipico effetto di profondità 3D della luce iridale.

■ Opposite

page, a scene from 2001: A Space Odissey by Stanley Kubrik with a backlighted ceiling. Below, left, a floor made of DecorFlou by OmniDecor® glazed glass; the perfect flatness of the float crystal has made new uses of the flat glass possible. DecorFlou

produces a marked diffusion effect even though it enables a very high light transmission. Below, right, Iridalite cartridge Pt 6090, ultra thin sealed device (weight 1500g), producing the typical 3D depth effect of the iridal light.

world clearly split into light and dark, all too often overlooking the extensive areas, both inside and outside, of uncertain twilight zones and the residual effects of increasingly powerful general lighting. So instead of continuing to think of light in “expansionist” terms, viz., with light flows increasingly widening their field of radiation colonising the dark spaces of the night, we ought to take note of the new metaphor invoked by the luminous nature of Leds. If the bulb of a conventional light emulates the powerful luminous radiation of the sunshine, then the parcels of light of individual Ledchips takes us back to the luminous effects of solid matter. What we perceive is a sort of “endogenous” light which, unlike reflected light or light transmitted by usual means of lighting, seems to be emitted by the substance itself (and indeed it is). This is really “objectual” light destined to be emitted by bodies themselves and capable of creating landscapes with structures and surfaces clearly illuminated by backlighting, a lot different from those resulting from the artificial imitation of daytime light flows. We will finally have an environment made of active pathways and objects, whose luminous essence will only take clear shape in the fullness of twilight. Led light is partly a result of the densening of chips following pre-determined matrixes and designs and that have absolutely nothing to do with the stentorian diodes of rarefied digital interfaces. We are, here, in a world of authentic architectural tattoos designed to surprise and last, where myriads of points of coloured light are juxtaposed to form a backdrop of splendid, dynamic images.

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Un fulmine a ciel sereno Urban Redevelopment Credits Project: Mario Pisani (Team leader), Luigi Menduri, Fulvio Nasso, Antonio Spadafora Collaborators: Giovanni Cesca, Carlo Morini, Slobodan Selinkic, Riccardo Greco, Antonio Pio Saracino, Alberto giuliani Client: Amministrazione Comunale di Acri

■ Nella

pagina a fianco, le immagini ispiratrici del progetto vincitore del concorso per la riqualificazione di Piazza Sprovieri ad Acri, intitolato”Un fulmine a ciel sereno”, e rendering della piazza. Nelle pagine successive, la tavola di concorso presentata dal gruppo vincitore guidato da Mario Pisani. Il progetto, scelto dalla giuria per la coniugazione dei criteri di fattibilità, qualità architettonica ed econimicità, è impostato sull’esaltazione della complessa spazialità del suolo della piazza attraverso un disegno dinamico e significante della funzione aggregativa del luogo, dell’importanza dell’identità storica e della volontà di rinnovamento del paese. ■ Opposite page, pictures inspiring the winning design in the competition to redevelop Piazza Sprovieri in Acri called “A lightning bolt in clear skies”, and renderings of the square. Following pages, competition table presented by the winning team led by Mario Pisani. The project design, selected by the jury for its combination of feasibility, architectural excellence and cost-effectiveness, works around exalting the spatial complexity of the square through a dynamic design bringing out the congregational function of the site location, importance of historical identity, and desire to modernise the town.

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Progetto: Mario Pisani (Team Leader)

l concorso per la “sistemazione e riqualificazione urbanistica di he competition to “redevelop and revamp Piazza Sprovieri” in Piazza Sprovieri” ad Acri, un centro sulla dorsale della Sila in proAcris, a town built along the ridge of Mount Sila in the provinIvincia T di Cosenza, è stato vinto dal progetto “Un fulmine a ciel serece of Cosenza, was won by a project called “A bolt of lightning in no” dello studio di architettura Mario Pisani. Non si è trattato però di un semplice compito di carattere urbanistico. In effetti il tema della “piazza” è qui solo apparente. Acri presenta la classica topografia del borgo collinare di antica ascendenza, arroccato sul fianco di una collina a partire da un nucleo fissato sulla quota più alta (Aciria Aciris, dall’arcaico akron, ovvero “sommità”, fu il suo nome d’origine) e sedimentato dall’età medievale in poi secondo un andamento digradante verso valle man mano che i tempi si aprivano a più pacifiche attività. Ma proprio la logica intrinseca delle vicende storiche ha dato a questo borgo una conformazione diversa rispetto alla struttura tipica della città italiana d’antica fondazione. Esso, infatti, non risulta costruito intorno a una “piazza” centrale, sulla quale si affacciano i palazzi del potere religioso, politico ed economico, ma si presenta con un nucleo compatto e fittamente edificato, che a valle si distende in una zona di nuova edificazione nella quale si apre un ampio spazio di compluvio, attraversato da un ruscello e tradizionale incrocio di strade che marcano il legame di Acri con il territorio circostante. Questo spazio, che con lo sviluppo del paese è infine assurto al rango di “piazza”, è segnato dalla facciata di un’antica chiesa. Tuttavia, a parte questo riferimento, esso non ha una forma identificabile. Gli edifici che ne marcano il perimetro, conferendogli una vaga conformazione assiale, lo delimitano secondo un ordine irregolare e con lineamenti architettonici insignificanti; e inoltre il suo andamento planimetrico, è segnato da dislivelli che vanno dalla quota del ruscello in basso alla salita che si impenna in direzione di un giardino di recente realizzazione. Ciò che però definisce la Piazza Sprovieri è la sua posizione storica rispetto al sistema viario della zona. Se nei confronti del paese la sua collocazione è periferica e marginale, la sua funzione di antico snodo ne fa un elemento aperto, dinamico. Rappresenta l’apertura del paese al territorio circostante, e anche la sua centralità nel sistema turistico e produttivo silano. Il concorso mirava dunque a dare un senso a questo spazio amorfo, imprimendogli, se non proprio una fisionomia urbanistica, quanto meno un orientamento funzionale e una struttura semantica. Il progetto vincitore ha colto perfettamente questa implicita sollecitazione. Pisani ha interpretato il concetto di “riqualificazione” a partire dai contenuti culturali dell’operazione. Il problema era quello di far perno sulla realtà storica, fisica e antropica del luogo per proiettarlo in una contemporaneità aperta al futuro. Ciò escludeva interventi convincenti sul piano estetico, ma privi del rigore filologico indispensabile per tradurre in un’immagine coerente uno spazio che, ancorché privo di una identità formale, era comunque saturo di valori ancora ampiamente vitali e condivisi. Né questo era sufficiente, giacché l’analisi filologica doveva oltrepassare la semplice soglia del tessuto urbano e architettonico - del resto pressoché inesistente - per addentrarsi su un impervio terreno concettuale. Il progetto di Pisani ha fatto dunque leva sulla qualità primaria dell’architettura, vale a dire il disegno. La riqualificazione doveva spontaneamente proporsi come traduzione in termini percettivi delle memorie e dei significati. L’immagine, una volta scartata ogni possibilità di rimodellare - e con quali criteri? - lo spazio, doveva prevalere sulla struttura. Il vuoto stesso doveva quindi lasciar trapelare il suo significato; l’architettura, affinata nella sua dimensione urbanistica, era chiamata a far fronte alla sfida attraverso un minimalismo capace di incarnare non corpi, bensì concetti. E poiché i concetti erano quelli del transito, del dinamismo degli spostamenti, delle relazioni, il progetto ha assunto l’idea di periferia non come margine, ma come interfaccia, e ha fatto dello spazio un luogo caratterizzato da un’immagine vibrante, mossa, nervosa, attraversata da segrete pulsazioni in cui si alternano la spinta centripeta alla riunione, alla raccolta, all’incontro, e quella centrifuga verso l’esterno, il movimento, la relazione col mondo. In tal modo, l’indecisione morfologica di uno spazio aperto in un tessuto urbano incoerente ha potuto denunciare un’identità profondamente radicata nella memoria e altrimenti irriconoscibile; e l’architettura contemporanea ha potuto ancora una volta dimostrare la sua capacità di radicarsi nella realtà storica e sociale del luogo senza rinunciare a nessuna delle sue più avanzate potenzialità culturali. Maurizio Vitta

clear skies” designed by the Mario Pisani architectural firm. The theme was urban space as interaction between structure and space, the smoothly-knit unification of the urban fabric and, more generally speaking, the transformation of a town standing on the bumpy ridge of history as it takes shape from day to day. But this was no ordinary town-planning task. In actual fact, the theme of a “square” is more apparent than real. Acri has the typical topography of an old town up in the hills, built along the side of a hill around a hub up at the highest point (Aciria Aciris, from the word “akron” meaning “summit”, was is original name), first occupied back in the Middle Ages and gradually extending downstream as more peaceful activities came to the fore. But the intrinsic logic of historical events progressively gave this town a different shape to the traditional old Italian urban layout. It is not, in fact, constructed around a central square surrounded by the buildings of religious, political and economic power, but actually has a solid and densely-built centre extending down valley into a recently built area with its own open valley space with a stream running through it and conventional crossroads marking Acri’s bonds with the surrounding territory. This space, which eventually rose to the status of a “square” as the town grew, is marked by the facade of an old church. But apart from this landmark, it has no clearly identifiable form. The buildings marking its perimeter and giving it a vaguely axial conformation set rather uneven boundaries with insignificant architectural alignments; and its site plan is marked by height differences ranging from the level of the stream down in the valley to the hill rising up towards a recently built garden. But the most distinctive feature of Piazza Sprovieri is its historical location in relation to the local road system. Although it only occupies a relatively marginal position in relation to the town, its role as an old junction makes it an open, dynamic element. It represents the town’s openness to its surroundings and centrality in Sila’s production/tourist relations. The competition aimed at making sense of this shapeless space, giving it, if not a proper urban image, at least a clear function and semantic structure. The winning project has met this demand to perfection. Pisani has interpreted the idea of “redevelopment” around the cultural connotations of the overall operation. The problem was to act on the place’s historical, physical and anthropic reality to project it onto the contemporary scene with an eye to the future. This excluded aesthetically-pleasing projects lacking in the kind of philological rigour required to project a coherent image into a space which, although lacking in any stylistic identity, was nevertheless brimming with widely-shared and important values. This was not enough in itself either, since the philological analysis had to move beyond the simple threshold of the urban/architectural fabric (virtually non-existent in any case) to venture into rather inaccessible conceptual realms. The project had to focus on contents rather than forms: on symbols instead of old structures. Pisani’s project drew on architecture’s primary quality, viz., design. The redevelopment had to be a spontaneous perceptual translation of old memories and meanings. Having abandoned any idea of re-shaping the space (how could this be done anyway?), image had to take precedence over structure. The space itself was supposed to let meaning emerge; the architecture, cut to an urban dimension, was expected to meet this challenge through a form of minimalism capable of incarnating concepts rather than bodies. And since the concepts in question were transition and the dynamism of moves and relations, the project took the idea of the suburbs not as something marginal but as an interface, and turned the space into a place with its own vibrant, nervy, moving image shot through with mysterious pulsations, alternating the centripetal force of congregation, union and encounter with a centrifugal drive out towards the external world. This allowed the morphological indecision of an open space in a dishevelled urban fabric to avow an identity deeply entrenched in the past and otherwise quite unrecognisable; and once again modern-day architecture has demonstrated its ability to ground itself in a place’s socio-historical reality without giving up any of its cutting-edge cultural potential.


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La forma del Taoismo Kahoku Art Project

Koji Horiuchi

Progetto: Ryo Yamada

Occidente parla attraverso le immagini, l’Oriente attraverso il L’ segno e Ryo Yamada si esprime con le une e con l’altro. Da buon orientale possiede una matrice che si porta con sé, se la porta dietro come un marchio. Appare immediata la sua ricerca e, proprio in questo progetto, emergono gli elementi di sintesi usati per allestire un parco pubblico nei dintorni di Kahoku, piccola città immersa nel verde, nelle vicinanze di Sagae nel nord del Giappone. Yamada è un architetto immerso nella cultura orientale e come tale costruisce il suo pensiero progettuale mediandolo fra la tradizione giapponese, il taoismo e il buddismo zen. Le sue strutture generano una grande emotività, è il mutamento nel tempo che mutua fra architettura e scultura, insomma, un connubio miscelatore dell’arte pura, di libertà espressiva, che è contenuto nella sua apparente monotonia, in una straordinaria purezza di linguaggio. E’ così che questo nuovo impianto tipologico si traduce in ritmi fatti di colori naturali. Il legno di cedro, con cui sono composte le strutture di Ryo Yamada, appare colmo di storia e di spiritualità tipicamente giapponese, così potente da rappresentare tutte le lunghezze d’onda del colore, tipiche delle texture naturali, in grado di generare le più svariate immagini reali e virtuali. Sono proprio quelle immagini che appaiono durante il percorso che si svolge nel loro interno; immagini che trasportano nello spirito i colloqui interiori, i misteri. Tutto ciò appare come il racconto del destino dell’uomo vissuto attraverso una percezione generata da una struttura, da una scultura, forse da una vera e propria architettura. In realtà, in questo progetto è chiaramente espressa quell’architettura che è sempre in cerca di articolare i propri spazi funzionali per scrutare a fondo 76 l’ARCA 170

nella spiritualità dell’uomo, soprattutto quando tende a formare le sequenze, per poi montarle nella percezione temporale del suo volume. Questo semplice impianto urbano diventa una vera e propria land-art, dai forti contenuti esistenziali, destinati a generare l’emotività che nasce dalle immagini naturali che si generano al suo interno. E’ come se fosse la materializzazione di una dottrina filosoficamistica, come appare negli scritti di Lao Tzu, sempre alla ricerca di una strada, di un principio, di un metodo. L’opera di Yamada porta con sé una concezione individualistica che spinge alla preservazione della vita e si manifesta come fuga dal mondo di quelle persone che cercano la pace in una vita solitaria. Il rapporto spazio temporale, contenuto nella mobilità dell’individuo che cammina nel suo interno, è il ritorno alla sequenza ritmica scandita dalle colonne dell’antica basilica romana, è il correre del tempo verso l’infinito, verso la prudenza, verso l’umiltà ma, soprattutto, verso l’accontentarsi. La riflessione sul parco attrezzato di Kahoku porta ad approfondire la sottile separazione che c’è fra arte e architettura specie quando si tratta di alti contenuti spirituali espressi da semplici linee. In questo caso tutto si ribalta all’interno dell’uomo e accomuna l’atto del progetto con la generazione di ciò che l’artista puro produce. Arte, cinema, architettura, scultura, musica diventano un solo fatto destinato a esprimere la sinergia di tutte queste forze. E’ così che si generano i valori, che appaiono gli sforzi, le guerre infinite fatte contro la stupidità per ottenere l’afflato che alimenta lo spirito umano. Sono le immediatezze della fisicità dei corpi, i segni riassuntivi di un gesto, di un atto, di un momento di sogno che segna la materia destinata ad accogliere l’uomo nel suo interno. Mario Antonio Arnaboldi

he West talks through pictures, the east through signs, and Ryo T Yamada uses both to express himself. Like a typical Easterner he has his own style that he carries around with him like a trade mark. His experimental style stands out a mile and this project draws attention to certain elements of synthesis used to furbish a public park near Kahoku, a small city buried in green landscape in the vicinity of Sagae in northern Japan. Yamada is an architect totally immersed in Eastern culture and as such his philosophy of design is a typically Japanese blend of Taoism and Zen Buddhism. These structures create plenty of emotion, a mutation of time oscillating between architecture and sculpture, a blend of pure art and expressive freedom, whose apparent monotony is actually expressed in an incredibly pure stylistic idiom. This accounts for how this new typological design translates into rhythms composed of natural colours. The cedar wood out of which Ryo Yamada’s structures are built seems to be bursting with typically Japanese spirituality and history, powerful enough to represent all the wave lengths of colour typical of natural textures capable of generating the widest possible range of real and virtual images. These are the Images that appear during the journey through its interiors; Images transferring mysterious interior monologues into the spirit. All this seems like a tale of human fate experienced through a perception generated by a structure or sculpture, perhaps even by an authentic work of architecture. In actual fact, this project is a perfect embodiment of that type of architecture that constantly strives to shape its own functional spaces in order to delve deep down into human spi-

rituality, particularly when it tends to form sequences edited through the temporal perception of its structures. This simple urban scheme turns into an authentic piece of land art full of existential force that produces emotions through the natural images generated inside. It is almost like the materialisation of a philosophical-mystical doctrine of the kind that appears in Lau Tzu’s writings, constantly searching for a way, a principle or method. Yamada’s work carries with it an individualistic line of thought that tends towards preserving life and is manifested as a flight from the world on the part of people searching for the peacefulness of a solitary life. The space-time relationship embodied in the movements of people inside the park is a return to the rhythmic sequence of columns found in old Roman basilicas, time flying towards infinity, prudence, humility and, above all, contentment. Reflecting on this furbished park in Kahoku provides a clearer insight into the subtle separation that exists between art and architecture, particularly in the case of high spiritual contents expressed through simple lines. In this case, everything is turned upside down inside the individual and makes the act of design rather reminiscent of the generative force of a pure artist. Art, film, architecture, sculpture and music turn into one single thing designed to express a synergy of all these forces. This is how values are created and forces take shape, endless battles against stupidity to get the inspiration that nourishes the human spirit. These are the immediate aspects of the physical side of bodies, the signs summing up a gesture, act or moment of a dream marking the matter designed to accommodate people inside it.


■ Viste

del Kahoku Art Project, il parco pubblico realizzato nella cittadina giappoonese come opera di landart. Il percorso realizzato da Yamada si articola in una serie di pergolati di legno di cedro attraverso i quali si inquadrano le molteplici prospettive panoramiche del parco. ■ Views of the Kahoku Art Project, the public park built in this Japanese town as a work of land art. Yamada has created a path way of cedar-wood pergolas framing multiple panoramic perspectives of the park.

Credits Project: Ryo Yamada Assistant: Ayako Yamada Contractor: Ogawa Corporation Client: Kahoku, Kumamoto

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■ Sopra,

planimetria generale dell’intervento che sfrutta per il suo percorso i terrazzamenti un tempo destinati alle risaie. Le strutture che segnano l’itinerario attraverso il parco sono realizzati con gli scarti di produzione di

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legno di cedro che viene lavorato a Kahoku, trattato in modo da ottenere una superficie liscia e il più naturale possibile. ■ Above, site plan of the project taking advantage, along the way, of the terraces once used for the rice fields.

The structures marking the path through the park are constructed out of waste cedar-wood worked in Kahoku and specially treated to obtain a smooth finish as natural looking as possible.


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Fermata d’autobus Hot Stops

el 1956, Joshua Logan firmava la regia di Bus Stop, il film che regalò al pubblico una delle interpretazioni miglioN ri di Marilyn Monroe (Cherie nel film), la quale, durante una lunga attesa per la ripartenza dell’autobus bloccato per una nevicata mentre viaggiava verso il Montana, si lascia sedurre dal timido e inesperto Bo (Don Murray) al Grace’s Diners, il locale che fungeva da fermata d’autobus lungo il percorso. Una fermata d’autobus veramente “calda” in quel caso, sebbene ammantata di neve. 2001: lo studio di design e ingegneria ASI-Advanced Structures Incorporated (www.asidesign.com) di Los Angeles, in collaborazione con l’artista/designer/architetto Michael Jantzen ha sviluppato il progetto denominato Hot Stops (“fermate calde”, appunto), un prototipo di quello che potrebbero essere le fermate d’autobus del futuro. Si tratta di “fermate e postazioni di transito informative” interattive e altamente tecnologiche progettate per essere strutture autonome allo stesso tempo visivamente attraenti e dotate di alcune delle più recenti tecnologie di informazione e comunicazione. Gli utenti in transito potranno accedere a informazioni audio-video di tutti i tipi attraverso schermi interattivi in attesa dell’arrivo del loro mezzo di trasporto. Principalmente verranno fornite informazioni sui servizi di trasporto. Per esem-

pio, grazie alla tecnologia di rilevazione satellitare della posizione si potranno avere notizie sulla reale posizione del mezzo che si attende e sull’orario effettivo di arrivo. Terminal locali interattivi consentiranno di visualizzare gli orari, le mappe dei percorsi, i prezzi, le previsioni meteorologiche e di acquistare i biglietti. Inoltre, grazie a schermi a cristalli liquidi e al plasma, le pensiline di Hot Stops potranno incorporare anche annunci pubblicitari, musiche, filmati. Le immagini, le informazioni e i filmati trasmessi sugli schermi potranno essere scaricati sui propri notebook o computer portatili con i quali ci si potrà anche collegare, tramite opportuni attacchi inseriti in Hot Stops, alla rete Internet. “Il concetto alla base di questo progetto travalica quella che è la funzione attuale e tradizionale della fermata d’autobus quale luogo riparato e definito dove sostare in attesa dell’arrivo del mezzo che ci interessa”, commenta Mic Patterson, presidente della ASI. “Abbiamo pensato a Hot Stops come portali di informazione e intrattenimento per chiunque sia in transito, soprattutto per chi va da casa all’ufficio. Le postazioni Hot Stops saranno collocate in aree ad alto traffico pedonale, come centri commerciali, aeroporti, complessi sportivi o a incroci particolarmente frequentati, al posto delle normali pensiline di attesa. Hot Stops non sarà solo un posto dove aspettare, bensì

■ Rendering

e fotomontaggi di diverse possibili configurazioni studiate per le Hot Stops progettate da ASI/Jantzen. Queste pensiline attrezzate per l’attesa dei mezzi pubblici sono dotate di terminal interattivi con informazioni in tempo reale su prezzi, percorsi, orari. ■ Renderings and photomontages of some of the possibile different configurations studied for Hot Stops by the designers ASI/Jantzen. These equipped public bus stops have interactive terminals providing real time information on prices, timetables and route maps.

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un posto dove si vuole andare, per lavorare, divertirsi, informarsi, sfruttare il tempo a disposizione mentre si viaggia”. Per questo progetto sono state sviluppate una serie di varianti che utilizzano diverse configurazioni e materiali, in modo da adattarsi alle diverse situazioni urbane e non, col fine di rendere questo nuovo concetto di fermata d’autobus un elemento facilmente individuabile con forti connotazioni estetiche oltre che funzionali. Naturalmente non si è trascurato l’aspetto energetico e della sostenibilità ambientale. Per questo ogni struttura sarà in grado di generare autonomamente il proprio fabbisogno energetico grazie all’inserimento di sistemi fotovoltaici e sarà costruita prevalentemente utilizzando materiali riciclati e riciclabili. Ogni postazione sarà configurata in modo da rispondere sia dal punto di vista formale che da quello funzionale e informativo alle necessità e alle caratteristiche del luogo in cui è collocata. Le strutture, pur diverse tra loro, sono comunque costituite da un kit di parti fisso che include: gli attacchi per collegarsi alla rete Internet, gli schermi per la trasmissione di filmati pubblicitari (che costituiranno la maggior fonte di finanziamento del progetto), gli attacchi per scaricare le informazioni dai propri notebook, i terminali con accesso alle informazioni sui trasporti e sul meteo, la centralina per la produzione autonoma di energia, video ad alta risoluzione, spazio per cartello-

nistica fissa, possibilità di effettuare chiamate di emergenza. Le forme sinuose e avveniristiche delle Hot Stops di ASI/Jantzen appaiono come un nuovo passo nella strada intrapresa da Michael Jantzen verso la definizione di quello che si potrebbe definire un “nuovo massimalismo tecnologico multimediale”, in cui la freddezza di Led e cristalli liquidi viene mitigata dalla ricchezza di immagini e informazioni e da scelte formali più vicine al mondo della natura che a quello dei laboratori scientifici. Per ampliare - sia in termini economici che di risorse umane - le possibilità di questo suo percorso di ricerca, teso alla massima integrazione e interazione tra uomo e tecnologia, l’architetto californiano ha recentemente fondato l’organizzazione no-profit Human Shelter Research Institute (www.humanshelter.org.) destinata allo studio e allo sviluppo di residenze alternative, ecologiche, a energia rinnovabile e integrate con sistemi di informazione e comunicazione. Certo, lo “human touch” tecnologico proposto da Jantzen, pur nella sua indubbia validità funzionale e formale, farà un po’ rimpiangere quell’incertezza carica di aspettative che rendeva “calda” la fermata d’autobus disegnata dagli sguardi tesi e dalle parole spezzate del lungo gioco di seduzione tra Bo e Cherie. Magari oggi si incontrerebbero in chat, scrutando i loro notebook in attesa di partire... ma non sarebbe lo stesso! Elena Tomei

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oshua Logan directed the film Bus Stop in 1956, in which Marilyn Monroe (Cherie in the film) gave one of her best J performances. During a long wait for a bus to set off on its way to Montana again after being blocked in a snow storm, Cherie lets herself be seduced by shy and inexperienced Bo (Don Murray) at Grace’s Diner that also acts as a bus stop. “Hot” in this sense, despite the layer of snow. 2001: the ASI-Advanced Structures Incorporated design and engineering firm (www.asidesign.com) based in Los Angeles has designed a project called Hot Stops in conjunction with the artist/designer/architect Michael Jantzen. A prototype for what might be the bus stops of the future. These are interactive and highly technological “informative transit stops and stations” designed to be self-contained structures, which are both visually striking and equipped with some of the latest forms of information and communication technology. Users passing through have access to all kinds of audiovisual information by means of interactive screens while they wait for their own means of transport. Most of the information will be about transport services. For instance, satellite positional survey technology will provide information about the real position of the means of transport in question and its actual time of arrival. Local interactive terminals will

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display the timetables, route maps, prices and weather forecasts, and also let passengers buy their tickets. Plasma and liquid-crystal screens will allow the canopies over the Hot Stops to incorporate advertisements, musical tracks and film clips. The pictures, information and film clips projected on the screens can be downloaded into notebooks or laptops, also offering the opportunity to connect up to the Internet by means of special links incorporated in the Hot Stops. “The basic concept behind this project moves beyond the usual, conventional function of a bus stop as a clearly-defined place of shelter for waiting for a means of transport”, as Mic Patterson points out, the president of ASI. “We have thought of Hot Stops as portals of information and entertainment for anyone passing through, particularly anyone travelling from home to the office. Hot Stops will be located in areas full of pedestrians, such as shopping malls, airports, sports complexes or particularly busy junctions, in place of ordinary shelters. Hot Stops won’t just be places for waiting around, but places people go to for work, entertainment, and information, making good use of the time they spend travelling.” A number of different variations have been developed for this project using different configurations and materials, so as to


adapt to different urban and non-urban situations, in order to make this new idea of a bus stop an easily identifiable element with powerful aesthetic and practical connotations. Of course energy factors and environmental awareness have not been overlooked, so each structure will be energy selfsufficient thanks to the insertion of photo-voltaic systems and mainly constructed out of recycled and recyclable materials. Each position will be set out to meet (both stylistically and functionally/informationally) the needs and features of the place in which it is located. Despite being all different, the structures are made of a set kit of parts including: connections for linking up to the Internet, screens for broadcasting advertising clips (expected to be the main source of project financing), links for downloading information from your own notebooks, terminals providing information about transport and the weather, a generator for an independent energy supply, high-resolution videos, a space for billboards, and the possibility of making emergency calls. The sinuous and futuristic forms of ASI/Jantzen’s Hot Stops seem to be another step along Michael Jantzen’s path to defining what might be described as a “new form of multimedia technological maximalism”, in which the coldness of LED and liquid crystals is mitigated by the richness of the ima-

ges and information and stylistic options closer to nature than science laboratories. To extend - both economically and in terms of human resources - the bounds of his research aimed at maximum integration and interaction between man and technology, this Californian architect has recently set up a noprofit organisation called the Human Shelter Research Institute (www.humanshelter.org.) designed to study and develop alternative eco-homes powered by renewable energy and integrated with information and communication systems. Of course, despite its undeniable practical/stylistic worth, Jantzen’s technological “human touch” will inevitably make us miss that uncertainty full of expectations in the looks and broken words exchanged in the lengthy game of seduction played out between Bo and Cherie at that “hot” bus stop. Perhaps, nowadays, they would meet on a chat line, scrutinising their notebooks as they wait to leave...but it would not be quite the same! Elena Tomei

■ Forme

dinamiche e curve sinuose caratterizzano il design delle Hot Stops. Queste strutture sono costituite da un kit di parti fisso che include: gli attacchi per collegarsi alla rete Internet, gli schermi per la trasmissione di filmati pubblicitari, gli attacchi per scaricare le informazioni dai propri notebook, i terminali con accesso alle informazioni sui trasporti e sul meteo, la centralina per la produzione autonoma di energia, video ad alta risoluzione, spazio per cartellonistica fissa, possibilità di effettuare chiamate di emergenza.

■ Dynamic

forms and sinuous curves characterize the design of Hot Stops. These structures are made of a set kit of parts including: connections for linking up to the Internet, screens for broadcasting advertising clips, links for downloading information from your own notebooks, terminals providing information about transport and the weather, a generator for an independent energy supply, high-resolution videos, a space for billboards, and the possibility of making emergency calls.

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Tra caos e caos In Turkey 84 l’ARCA 170

ue artisti fuori serie ben rappresentativi della vitalità e del carattere dell’arte turca di oggi che ha nel critico D Madral Beral un forte riferimento teorico e operativo. Una

oth from a theoretical and a practical point of view, the critic Madral Beral highlights the vitality and B character of today’s Turkish art, which is well represented

grande opportunità di aggiornamento dopo la bellissima stagione di astrazione “verticale” (fremito e scavo in profondità della sensibilità pura) che ha avuto nel povero caro amico Erol Akyavas un punto fermo capitale. Viveva ormai quasi sempre a New York. In certi casi andare all’estero non è esterofilia, ma necessità primaria sul piano del consolidamento della ricerca e dei contatti. Lo sanno bene Beril Anilanmert e ancor di più Bedri Baykam che, negli USA, ma anche a Parigi, giovanissimo, ha condotto battaglie feroci a favore dei Paesi deboli e decentrati, dell’arte “periferica” solo quanto a circuito di mercato e non certo quanto a forza espressiva e propositiva. Non a caso nel catalogo-libro uscito recentemente a proposito di una sua antologica a Istanbul (dal 4 giugno al 13 luglio ne terrà un’altra a Parigi alla Galleria Lavignes/Bastille, appare una foto che ritrae lui in compagnia di un instancabile eroe di questo impegno che è Rasheed Araeen. Beril Anilanmert, importante esponente della Mimar Sinan University, e Bedri Baykam, battitore libero all’interno e all’esterno del suo Paese, in campo artistico, letterario, sociologico, ecc., autore di libri, intellettuale provocatorio anche attraverso riviste da lui fondate, come l’attuale “Skala”, costituiscono due voci assolutamente diverse ma, ciascuna a proprio modo, fortemente impegnate nella scena artistica della Turchia. Inquieta, ma anche tesa a scavare in modo implosivo e introverso, la Beril; energetico-esplosivo Bedri, una sorta di forza della natura. E non si potrebbe dire diversamente se solo si considera la sua precocissima (proprio bambino), e già funambolesca, apparizione nel mondo dell’arte. D’altronde, la sua biografia ha aspetti che sanno di leggenda fino all’etichetta affibbiatagli di “Mozart dell’arte”, e inoltre la storia personale si combina con taluni momenti accesi della vita politica del suo Paese. Dipinti, sculture, installazioni, performance, azioni, video, scrittura, film, saggi, romanzi: una creatività vulcanica peraltro difficilmente incasellabile sul piano poetico. Puoi solo dire del suo carattere fondamentale: irruenza, anche aggressiva, specie quando serve, astrazione e figurazione fortemente fuse senza limite di demarcazione, policromia accesissima. Beril Anilanmert incide diversamente nella vita sociale e artistica. E’ più tesa a rivoluzionare se stessa e il senso del suo prodotto artistico. Ella è grande riferimento internazionale nella scultura in ceramica. La Anilanmert è una rivoluzionaria silenziosa, malgrado il suo curriculum di respiro internazionale. Non dice: facciamo la rivoluzione, ma, fattala, sussurra: ecco la rivoluzione. Devo rifarmi a talune esperienze brasiliane di circa 20 anni fa per provare emozione e provocazione estetica davanti all’arte in ceramica “impegnata”. Il mio interesse si è appuntato soprattutto sulla produzione che l’artista chiama “Trasformazioni”. Credo che essa dia l’idea centrale del carattere del suo lavoro e in ogni caso esprima valori poetici e di ricerca particolarmente alti. L’oggetto-ceramica è “messo in situazione”. La contemplazione dell’oggetto ti è negata nell’immediato. Sei portato dapprima a fare una circonvoluzione intorno all’opera, per seguirne i termini e i modi della sua “complicazione” o, se si vuole, del suo esito complesso: brandelli formali, inserti, cocci apparentemente casuali, segni trapuntati incisi sulla superficie. Su tutto, su tutta la vita formale si impone il dinamismo. Ed è interessante vedere che tipo di dinamismo, dopo aver precisato, tuttavia, che della grande tradizione vascolare l’artista mantiene soprattutto il movimento circolare, e di esso fa il fulcro della complessiva condizione dinamica. Ecco la sua partenza: il dato certo e quieto da rendere prontamente inquietante. Ed ecco la parola magica: il caos. Ed è magica proprio perché non vuol dire disordine, ma ordine complesso, come vogliono i “Frattali” di Benoit Mandelbrot. A lei, che è moglie a un pittore un po’ alla Bacon, energetico e “trasformista”, Oktay Anilanmert, forse non interessa, ma devo ricordare che nell’estetica del caos rientra anche la decostruzione. Ossia, la costruzione (la radice è nel Costruttivismo) che vuole contraddire se stessa fino ad apparire fortemente instabile. Ma c’è da dire che l’instabilità in Beril è lontana da taluni “assestamenti”, sia pure instabili, propri della decostruzione. La Beril è più direttamente collegata (non importa il grado di volontà o di coscienza impiegato) col movimento caotico dell’oggetto frattale. Accanto al caos magmatico del vulcanico Bedri Baykam, la Beril è testimone, nell’attuale Turchia in grande fermento, dell’ordine complesso di oggi. Carmelo Strano

by two top artists. A great opportunity to get updated after the wonderful season of “vertical” abstraction (the thrill of delving into the depth of pure sensibility) which formerly saw its benchmark in the late friend Erol Akyavas. In certain cases, going abroad doesn’t mean xenomania, but a primary need to consolidate research and connections. Both Beril Anilanmert and Bedri Baykam are aware of this; the latter has fought fierce battles in the USA and also in Paris when he was very young - battles in favor of weak, secluded countries and of “peripheral” art. But the latter definition only refers to the market circuit, and not, of course, to the expressive strength of that art and what it has to propose. Proof of this is a catalog-book which has recently come out, concerning an anthological work of his in Istanbul (from June 4 to July 13 another will be held in Paris at the Lavignes/Bastille Gallery), where there is a picture of him together with another untiring hero of this kind of commitment, Rasheed Araeen. Beril Anilanmert and Bedri Baykam are two absolutely different artists, but both are major figures in Turkey’s art scene. The former is an important exponent of the Mimar Sinan University, and the latter works both within and outside his country’s boundaries, in the fields of art, literature, sociology, etc. Furthermore, he has written books and he is a challenging intellectual, also through reviews he himself launched, such as the current “Skala”. Bedril is restless, but she tends to dig things up in an implosive, introvert way; Bedri is energetic-explosive, a sort of natural force. And there’s no other way of defining him, if we consider his precocious (he was only a child) and already totally versatile appearance in the world of art. After all, certain aspects of his biography have a legend-like feeling, he has even been labeled “the Mozart of art”, and, furthermore, his personal life story is combined with some of the heated moments of his country’s political life. Paintings, sculptures, installations, performances, actions, videos, writing, films, essays, novels: a volcanic creativity which is difficult to classify into a specific artistic trend. You can only point out his character: impetuousness that can even become aggressive when needed, a strong mixture of abstraction and representation with no real boundary line between them, very vivid polychromy. Beril Anilanmert draws on different aspects of social and artistic life. She tends to revolutionize herself and the sense of her artistic product. We can easily say that she is a great international reference point in sculpture and ceramics. Anilanmert is a silent revolutionary, despite her international curriculum. She doesn’t say: let’s make a revolution, but when the revolution has happened, she whispers: here’s the revolution. I am especially interested in the production the artist calls “Transformations”. I believe this line gives the right idea of the character of her work, and in any case expresses very high values, both on the level of art and on that of research. The ceramic-object is “set into the situation”. On immediate contact, contemplation of the object is denied you. First you are impelled to circumvolve the object to follow the terms and modes of its “complication” or of its complex outcome: formal shreds, insertions, apparently random shards, “embroidered” marks engraved on the surface. Everything, all the formal life is swept by dynamism. And it’s interesting to see what kind of dynamism, after having pointed out that the artist mainly keeps up a circular movement in the great vase tradition, and she makes this circularity the crux of the overall dynamic condition. This is where she starts out: the actual, tranquil object to turn into something disturbing. And here comes the magic word: chaos. And it’s magic because it doesn’t mean disorder, but a complex kind of order, like Benoit Mandelbrot’s “Fractals”. Maybe she, who is married to a painter “à la Bacon” - the energetic and “transformist” artist Oktay Anilanmert - is not interested in the fact that deconstruction also has a place in the aesthetics of chaos. That is, construction (the root is in Constructivism) that wants to contradict itself until it appears strongly unstable. But we must say that Beril’s instability is far removed from certain unstable “adjustments” that belong to deconstruction. Beril is more directly linked (regardless of the degree of will or awareness on her part) to the chaotic movement of the fractal object. Next to the magmatic chaos of the volcanic Bedri Baykam, Beril is a witness of today’s complex order in the current Turkey, which is in a state of great turmoil.


■ Beril

Anilanmert predilige la ceramica fra i vari materiali che usa per la sua opera scultorea. Full professor all’Università di Istanbul, ha esposto in varie città europee e negli USA. Imprimendo uno speciale dinamismo alle sue opere, si è imposta come una

delle punte più alte dell’arte “caotica”. Sopra, alcune delle sue sculture in ceramica. ■ Among the various materials Beril Anilanmert uses for her sculptures, ceramic holds a special place. A Full Professor at the University of Istanbul, she has exhibited her

work in various European cities and in the USA. Transmitting a special dynamism through her works, she stands out as one of the top exponents of “chaotic” art. Above, some of her ceramic sculptures.

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■ Considerato

il “genio” dell’arte contemporanea turca, Bedri Baykam è un energetico e vulcanico creativo (scultura, pittura, performance, video ecc.) e un intellettuale provocatorio, autore di volumi e direttore della rivista “Skala”. Bedri Baykam, considered

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the “genius” of contemporary Turkish art, is an energetic and volcanic creator (sculpture, painting, performances, videos, etc.) and a challenging intellectual, an author of books and editor of the “Skala” review. Sopra/above, She Loves

Art, acrilico su tela con inserti di tessuto, carta, plastica, metallo e stampe fotografiche a inchiostro/acrylic with sections of canvas, tissues, paper, plastic, metal plates and ink photoprints on canvas, 128x155 cm, 2001; sotto/below, Strip-Tease,

acrilico su tela con inserti di tessuto, carta, plastica, metallo e stampe fotografiche a inchiostro/acrylic with sections of canvas, tissues, paper, plastic, plates and ink photoprints on canvas, 158x185 cm, 2001.


â– Bedri

Baykam, sopra/above, Shiver, acrilico su tela con inserti di tessuto, carta, plastica, metallo e stampe fotografiche a inchiostro/acrylic with sections of canvas, tissues, paper, plastic, plates and ink photoprints on canvas, 195x180 cm,

2000; sotto/below, Camargue, acrilico su tela con inserti di tessuto, carta, plastica, metallo e stampe fotografiche a inchiostro/acrylic with sections of canvas, tissues, paper, plastic, plates and ink photoprints on canvas, 184x217 cm, 2000.

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■ Una

delle sculture in ceramica di Beril Anilanmert.

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■A

ceramic sculture by Beril Anilanmert.


Hong-Ik University In Seoul La storia della Hong-Ik University inizia nel 1946 come college a Seoul. Fondata sull’ideale di formare legami i più stretti possibile tra l’accademia e il mondo dell’industria e di forgiare persone in grado di dare il proprio contributo alla società, Hong-Ik (che letteralmente significa “servizio all’umanità”) è oggi una delle più importanti istituzioni sudcoreane, soprattutto in campo artistico. Con continui sviluppi sia nella quantità e qualità degli insegnamenti, sia nel collegamento con università di altri Paesi, sia di ordine architettonico, il campus di Hong-Ik è oggi in grado di ospitare 14.000 studenti. Tra gli ultimi ampliamenti sono da ricordare l’Istituto di Lingue Straniere (1997), teso a rinforzare l’idea di globalizzazione e apertura al mondo dell’Università, la Scuola di Pubblicità e Pubbliche Relazioni (1998), prima in Corea, e il SUB-Student Union Building (1999-2000), per la cui realizzazione si è aperto un ampio dibattito tra l’amministrazione e gli studenti (www.hongik.ac.kr). Ora, nel 2002, è la volta del Front Gate Building, per il cui progetto è stato bandito un concorso internazionale. Una scelta in linea con la concretezza e il desiderio di espansione controllata della Hong-Ik, che va con questo progetto a porre il proprio segno forte nella città di Seoul corredando il proprio campus di un complesso di edifici monumentale e allo stesso tempo accogliente. Il concorso internazionale è stato vinto dai coreani Dongwoo Architects (www.dongwoo.net), un grande studio di architettura, formato da oltre 300 architetti con una articolata struttura organizzativa in grado di seguire tutte le fasi di progettazione con un’attenzione costantemente mirata al cliente. Il progetto vincitore si presenta come un enorme porta, ed é costituito da un edificio a stecca, leggermente curvo, di dodici piani in cui si apre un grande varco dal quale si accede al campus. Dietro a questo primo edificio, si innalza una torre destinata agli uffici e alcuni servizi comuni del campus. Un progetto, questo di Dongwoo, che coniuga i requisiti di monumentalità e accoglienza, di solidità e movimento dei volumi. Per la partecipazione italiana a questo concorso internazionale segnaliamo il progetto presentato dal gruppo guidato da Amedeo Schiattarella (con i progettisti Corrado Terzi, Giovanni Bulina, Luigi Catenacci, Luigi Izzo, Massimo Calda e i collaboratori Andrea Schiattarella, Roberto Greco,

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Sotto, planimetria generale, modelli e sezione del progetto dello studio Dongwoo, vincitore del concorso

Patrizia Salvatori, Isabella Ascoli, Misuk Jee, Jaekiang Lee). Il progetto del team romano (www.studioschiattarella.com) rispecchia l’importanza del duplice ruolo - rappresentativo e funzionale - del programma di concorso. Il complesso viene articolato secondo le diverse scale percettive e prospettiche: dalla città, dal campus, dall’interno degli edifici. Segno emergente alla scala urbana sono senz’altro le due torri formate da grandi “vele” in lamiera stirata che, nello skyline eterogeneo di Seoul si propongono anche come supporti per performance artistiche legate alla trasmissione e proiezione di luci

e immagini. Dalla prospettiva del campus, il progetto esprime in maniera più esplicita la propria complessità tecnologica, strutturale e funzionale. Infine, alla scala individuale di chi percorre i nuovi spazi all’interno degli edifici e tra di essi appare tutta la dinamicità delle prospettive orizzontali e verticali, combinate alla curvatura delle “vele”, che conferiscono al complesso una qualità di continuità e ricchezza spaziale, incrementata da un attento gioco di accostamento di materiali e cura dei dettagli. Elemento di interfaccia tra la città e la vita del campus, l’edificio non si limita però a rappresentare il nodo in cui

per l’ingresso della Hong-Ik University di Seoul. Below, site plan, models and main

section of Dongwoo’s winning project for the Hong-Ik University Gate competition inSeoul.

confluiscono sistemi sociali e funzionali differenti, bensì, grazie alla sua accurata articolazione diviene un pezzo speciale di città, con relazioni complesse e, talvolta, imprevedibili. Come un modello urbano vero e proprio, il progetto del gruppo Schiattarella vuole favorire, insieme alla funzionalità, quel grado di causalità e possibilità di scambio continua che, bel oltre la valenza istituzionale, determina la crescita creativa e culturale degli “abitanti” del campus.

Rendering e sezioni del progetto dello Studio Schiattarella.

Renderings and sections of Studio Schiattarella’s project.


The history of Hong-Ik University dates back to its days as a college in Seoul in 1946. Established around the idea of forming the closest possible bonds between the academic environment and world of industry and forging people capable of making their own contribution to society, Hong-Ik (which literally means "service to mankind") is now one of the most important South Korean institutions, notably in the field of art. With its constant improvements in the quantity and quality of its teaching, its links with other universities and architectural facilities, Hong-Ik campus can now cater for 14,000 students. Its latest extensions include the Foreign Languages Institute (1997), aimed at reinforcing the idea of globalisation and openness to the university world, the School of Advertising and Public Relations (1998), the first of its kind in Korea, and the SUB-Student Union Building

(1999-2000), whose construction involved considerable debate between the administration and students (www.hongik.ac.kr). Now, in 2002, it is the new Front gate Building, whose design was the result of an international competition. A decision in line with Hong-Ik’s pragmatism and desire for carefully-gauged expansion, as it sets about leaving its own powerful mark in the city of Seoul, embellishing its own campus with a complex of monumental yet welcoming buildings. The international competition was won by the Korean team of Dongwoo Architects (www.dongwoo.net), a huge firm of over 300 architects with a carefully structured organisation capable of following the various design phases with customer-oriented precision. The winning project looks like a huge gate constructed out of a gently curving 12-storey block-

shaped building with a huge gap in it leading through to the campus. Behind this first building, there is also a tower designed for offices and other facilities shared with the campus. Dongwoo’s project combines monumentality and a sense of welcome with solid structures in motion. Italians participation in this international competition included the project designed by the team led by Amedeo Schiattarella (in conjunction with Corrado Terzi, Giovanni Bulina, Luigi Catenacci, Luigi Izzo, Massimo Calda and the assistants Andrea Schiattarella, Roberto Greco, Patrizia Salvatori, Isabella Ascoli, Misuk Jee, and Jaekiang Lee). The project designed by the Rome-based team (www.studioschiattarella.com) mirrors the importance of the double role - representational and functional - of the competition brief.

The complex is constructed around different perceptual/perspective scales: the city, campus, inside of the buildings. Its real urban landmark is undoubtedly its two towers made of large iron “sails”, which stand out on the muddled Seoul skyline like props for artistic performances connected with the broadcasting and projection of images and lights. From the campus perspective, the project more explicitly reveals its own technological, structural and functional complexity. Finally, to anyone moving through and between the spaces inside the buildings, the horizontal/vertical perspectives emerging in all their dynamism combine with the curved “sails” to give the complex a sense of smoothness and spatial richness, further enhanced by a careful combination of materials and attention to details. The building, which interfaces between the city and campus life, does not confine itself to representing the node into which different social and functional systems flow, but also turns into a special fragment of the city through complex and at times even unexpected relations. As an urban model, the project designed by the Schiattarella team is supposed to focus on both functionality and that degree of causal interaction and possibility of constant interaction which, even more than institutional status, dictates the creative/cultural development of the campus “inhabitants”.

In alto, viste del modello e a sinistra, rendering del progetto dello Studio Schiattarella con in evidenza le due torri caratterizzate da grandi “vele” in lamiera stirata.

Top, views of the model and, left, renderings of Studio Schiattarella’s project, characterized by the two towers with great metal sheet “sails”.

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Museo del Vetro In Tacoma Progetto: Arthur Erickson Viste del modello e sezione longitudinale del Glass Museum che aprirà a Tacoma a luglio. Views of the model and longitudinal section of Tacoma Glass Museum opening next July.

Aprirà a luglio il nuovo Museo del Vetro di Tacoma, Washington. Progettato dall’architetto canadese Arthur Erickson, il museo si pone come simbolo del rinnovamento della città e della sua trasformazione da città industriale a città della cultura del nordest americano. La struttura, che contiene circa 8.000 metri quadrati di spazi espositivi ed educativi e un teatro da 180 posti, è identificabile come nuovo simbolo dell’area centrale della città, soprattutto grazie al cono inclinato alto più di trenta metri che, rivestito di acciaio, si riflette nelle acque del Thea Foss Waterway.

A completamento del museo vengono realizzati anche un ponte pedonale in vetro e acciaio, firmato da Dale Chihuly, che qui è nato e ha iniziato a sviluppare la sua arte del vetro, e la Water Forest di Ben Tré, un’installazione con torri di bronzo e vetro disposte concentricamente nell’area del parco antistante il museo. All’interno del museo sono previsti anche un Education Studio e dei laboratori per incentivare l’approfondimento e la ricerca da parte degli studenti locali nei settori dell’arte contemporanea e soprattutto dell’arte vetraria.

The new Glass Museum in Tacoma, Washington, is planned to open in July. Designed by the Canadian architect Arthur Erickson, the museum is supposed to symbolise the redevelopment of the city and its transformation from an industrial city into a cultural city in north-east America. The construction, composed of about 8,000 square metres of exhibition/education space and a 180-seat theatre, is a new landmark for the downtown neighbourhood, mainly thanks to the sloping cone over thirty metres high, whose steel-clad

structure is reflected in the Thea Foss Waterway. The museum is rounded off by a glass and steel footbridge designed by Dale Chihuly, who was actually born and began his glass crafting here, and Ben Tré’s Water Forest, an installation with bronze and glass towers arranged concentrically around the park in front of the museum. The museum will also hold an Education Studio and laboratories to encourage local students to study and experiment in the fields of contemporary art and glass craft in particular.

concept of the City of Symbiosis. In addition to the waterways, there will also be roads and a light railway system. The city will be constructed around two ring-shaped hubs connected together along a linear axis with no clear centre, featuring a series of units combining

together financial, retail and housing activities keeping the place “alive” 24-hours-a-day. These various sub-units grow like cells to form a Metabolic City. Construction work will being in late-2002 and is planned to be completed by the year 2015.

Città della Simbiosi e del Metabolismo Zhengzhou Development Progetto: Kisho Kurokawa Architect & Associates

Kisho Kurokawa ha vinto il concorso internazionale per il progetto generale di una nuova porzione urbana da realizzare nella città di Zhengzhou, nella provincia cinese di Henan. Una città nuova che ospiterà un milione e mezzo di abitanti e che il governo cinese intende realizzare per sostenere il grande sviluppo economico e demografico della zona. Zhengzhou, tagliata dal Fiume Giallo, è attraversata da altri 34 fiumi, per i quali il progetto di Kurokawa prevede una completa rivitalizzazione per formare una rete di comunicazioni via acqua che ha chiamato Eco-Corridoi. Questi Eco-Corridoi andranno a concludersi in una bacino artificiale di circa 800 ettari e formeranno lungo le loro rive degli ecosistemi indipendenti in grado di preservare le biodiversità, una delle caratteristiche più importanti del concetto di Kurokawa di Città della Simbiosi. Oltre alle vie d’acqua sono previste strade e un sistema di ferrovia leggera. La città sarà formata da due nuclei ad anello collegati da un asse lineare, senza un centro definito, ma con una serie di raggruppamenti in

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cui si combinano funzioni economiche, commerciali, residenziali in grado di farli essere “vivi” 24 ore al giorno. Questi vari sotto-nuclei si sviluppano allo stesso modo delle cellule, dando vita a una Città Metabolica. La costruzione inizierà alla fine del 2002 e si prevede che sarà completata per il 2015. Kisho Kurokawa has won an international competition to design a new portion of the city of Zhengzhou in the Chinese province of Henan. A new city that will have a population of one and a half million inhabitants and that the Chinese Government is planning to build to cater for the area’s notable demographic and economic growth. Zhengzhou, which is cut out of the Yellow River, is crossed by 34 other rivers that Kurokawa’s design will totally revitalise to create a network of waterways he has called Eco-corridors. These Eco-corridors will flow into an approximately 800hectare manmade reservoir, whose banks will host separate eco-systems capable of looking after all the bio-diversity characterising Kurokawa’s


L’ascensore, architettura in movimento Lifts, architecture in motion Architettura e tecnologia non sempre corrono di pari passo. Affinché ciò accada, una delle condizioni basilari è il rapido ricambio delle costruzioni. La Finlandia, per esempio, è uno dei Paesi architettonicamente più giovani. L'architettura finnica è un’architettura sostanzialmente prodotta da un ambiente culturale omogeneo formatosi solo negli ultimi cento anni. E’ quindi in un clima culturale dinamico e pragmatista come la Finlandia che nasce l’industria Kone, uno dei gruppi di maggior rilievo sul mercato mondiale degli ascensori e delle scale mobili. Fondata nei primi anni del Novecento, Kone è ora un gruppo formato da grandi aziende sparse in tutto il mondo. Pezzo forte di Kone è il motore per ascensori Kone Monospace, di cui quest’anno si è raggiunta la vendita complessiva di 50 mila unità. Kone Monospace utilizza Kone EcoDisc, un’unità di sollevamento (disponibile in modelli con diverse potenze) con un ingombro talmente ridotto da poter essere installata direttamente nel pozzo, eliminando così l’ingombrante sala macchine. Un limitato consumo energetico, unito a una esemplificata manutenzione, non c’è infatti alcun bisogno di lubrificazione, rende il sistema in accordo con le più severe norme di difesa ambientale. L’innovativa tecnologia utilizzata negli ascensori trova ampio utilizzo nei grattacieli, dove i collegamenti verticali devono viaggiare veloci, ma nello stesso tempo essere affidabili e sicuri. In tal senso, Kone dispone del pozzo di collaudo per ascensori più alto del mondo (si tratta di un pozzo profondo 333 metri), ricavato nella miniera di Tytyri, in una località a circa una cinquantina di chilometri da Helsinki. La ricerca sulla tecnologia di sollevamento avviene in una comunità di lavoro sotterranea, che utilizza una rete integrata di pozzi , percorsi di trasporto e gallerie. Dietro il marchio Kone c’è

dunque una realtà tecnologica frutto di una visione pragmatica del prodotto destinato all’architettura, un prodotto che viaggia letteralmente con l’uomo, che, nel caso specifico, è al servizio di una comunità di due milioni e mezzo di persone e di merci in movimento giornaliero all’interno di migliaia di edifici sparsi in tutto il mondo. Carlo Paganelli Architecture and technology do not always progress at the same rate. For this to happen, one of things needed is the fast recycling of buildings. Finland, for instance, is one of the youngest nations in terms of architecture. Finnish architecture basically derives from a seamless environmental culture gradually shaped over the past one hundred years. It is in this kind of dynamic/pragmatic cultural setting that Kone, one of the leading groups on the world lifts and escalators market, came into being. First established back in the early-20th century, Kone now includes a number of major companies right across the globe. Kone's real trump card is its Kone Monospace lift engine, sales of which actually reached 50 thousand this year. Kone Monospace uses the Kone EcoDisc lifting unit (available in different power units), small enough to be directly installed in the shaft so that no bulky machine room is required. Reduced energy consumption, combined with exemplary maintenance operations not requiring any lubrication, brings the system in line with the strictest environmental protection standards. The innovative technology used for the lifts is also widely applied to skyscrapers, where vertical connections must be high-speed, as well as reliable and safe. In this respect, Kone has the world's tallest testing shaft (a well actually measuring 333 metres in depth) at Tytyri mine about fifty kilometres from

Helsinki. Research into lift technology takes place in an underground work community using a network of shafts, transport paths and tunnels. The Kone trademark guarantees cutting-edge technology deriving from a pragmatic vision of

products custom-made for architecture, literally travelling with people and serving a community of over two-and-ahalf million people and goods in motion every day inside thousands of buildings all over the world.

Viste di diverse applicazioni del Kone EcoDisc, l’unità di sollevamento per ascensori dalle dimensioni molto ridotte. Views of some application of Kone EcoDisc, the small lifter element studied for elevators.

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Studio viaggiante

Qualità e design al Tecnohotel 2002

Progetto: Michel Tortel

Guscio tecnologico o veicolo futurista, il dilemma è solo di forma, ma la funzione è unica nel suo genere, si tratta infatti del primo veicolo di cantiere progettato da Michel Tortel per JCR Equipement e che sarà commercializzato entro la fine di questo semestre. Realizzato in composito RTM, l’involucro racchiude uno spazio di soli 7 metri quadrati ottimizzato per lavorare, riposarsi e pranzare.

Il concetto è quello di uno spazio minimo, modulabile ergonomico, abitabile e soprattutto perfettamente in sintonia con il paesaggio urbano, dove spazio e movimento sono gli elementi certo tra i più condizionanti. L’oggetto è attuale, finalmente non banale, e contiene una vena scazonatoria che lo colloca tra gli esempi di design più indovinati. Il veicolo di cantiere disegnato da Michel Tortel per la JCR Equipment. The worksite vehicle designed by Michel Tortel for JCR Equipment.

Il Mercer Hotel di Soho a New York, i cui interni raffinati sono opere del designer francese Christian Liaigre, il The Hotel di Lucerna, l’ultima prestigiosa realizzazione di Jean Nouvel (autore peraltro del Broadway Hotel sempre a Soho), o l’altro interessante progetto di Claude Vasconi per l’Intercontinental Hotel alla Défense di Parigi, e in Italia il nuovissimo Centro Laguna Palace Hotel e Laguna Suites a Mestre firmati dallo studio sud africano d.h.k architects e dallo studio Marco Piva per l’interior design, sono solo alcuni degli esempi di alberghi “griffati” che confermano una tendenza in netta affermazione. Tendenza che dà un indice, una misura di grandezza, del tipo di trasformazione che sta investendo il settore alberghiero, oggi più che mai orientato e sensibile alla qualità del design e dell’architettura. In questo panorama si pone come evento centrale, testimonianza e nel contempo motore dell’evoluzione in atto nel settore, il Tecnohotel Hospitality 2002, che si svolgerà a Genova dal 9 al 13 novembre. Ricca e articolata la scaletta del programma espositivo strutturato secondo criteri di qualità, innovazione e dinamicità estesi a tutti i comparti dell’esposizione, dall’arredamento alle tecnologie e materiali, alla ristorazione professionale fino alle forniture.

Oltre alle mostre tematiche, come quelle di Marco Piva, dedicata all’hotel come scenario d’arte, moda e design, di Simone Micheli incentrata sul benessere globale, di Patrizia Valla rivolta alla prevenzione delle allergie nelle camere d’albergo o di Niccolò Casiddu che per la priva volta affronta il tema dello stabilimento balneare come spazio ospitalità, di particolare interesse il debutto del concorso Contract Design - International Design Award, organizzato dalla Fiera di Genova con il patrocinio di POLIdesign H&C design, e riservato alle aziende e designer del settore per un prodotto già presente sul mercato. Momento focale del Salone, e sempre di maggiore attualità per il progetto di internazionalità che ne sta alla base, è Project Ring, l’area che raccoglie studi di progettazione italiani e stranieri presenti con i principali, nonché più innovativi, progetti turisticoricettivi. Elena Cardani

anche in un’abitazione trasportabile di piccole dimensioni realizzata industrialmente. La ricerca fa parte di alcune riflessioni sull’abitare dei Kuci, popolo nomade dell’Afganistan che abita in grandi tende nere. Il progetto si configura in una struttura superleggera, formata da un telaio autoportante in lega di alluminio, dimensionata sullo

standard di un container di 6,05 x 2,43 x 2,60 metri. Secondo le esigenze abitative, il telaio può essere aggregato in pianta e in alzato per aumentarne la cubatura. Il fabbisogno di energia termica ed elettrica necessaria è garantito da un sistema di pannelli fotovoltaici di cilicio, mentre la riserva d’acqua è assicurata da una cisterna. C.P.

Superleggera e mobile Progetto: Filippo Cei

Nomadismo, spericolate ibridazioni e contaminazioni fra generi e linguaggi caratterizzano la cultura contemporanea. Il progetto Kuci mobile home è dunque una risposta architettonica al bisogno di

movimento, in tutti i sensi, di una civiltà fortemente globalizzata. Il progetto è del giovane industrial designer Filippo Cei. Obiettivo: dimostrare che è possibile vivere con un grado accettabile di comfort

Studi per la componibilità della casa mobile Kuci. Studies for the composition of Kuci mobile home.

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Fluidità e dinamismo A Protagonist of Design

Massimo Iosa Ghini. 15 anni di progetti Electa, Milano 2001, ill col., 160 pp A leggerla tutta d’un fiato, questa monografia che riassume l’opera di Massimo Iosa Ghini, dà l’impressione di un film hollywoodiano, con il giovane eroe che sale con determinazione l’accidentata scala del successo e si afferma infine come protagonista. Si parte dai turbolenti anni Ottanta di una Bologna che fu un infiammato crogiuolo di tanta creatività più o meno maledetta, si approda alla Milano della Rai, della moda e del design, si definisce una poetica attraverso un manifesto – quello del “bolidismo” – e si plana infine su una stagione progettuale intensa, ricca di commesse succose, di frenetica produzione e di sorde lotte per mantenere sempre in equilibrio l’arduo rapporto tra qualità e quantità delle realizzazioni. In mezzo a tanti contrasti, va subito detto, sulla base della copiosa documentazione offerta dal volume, che Iosa Ghini non ha mai perso di vista i riferimenti estetici e culturali della sua filosofia progettuale. Il suo segno, nonostante la forzata reiterazione,

non è mai uscito dal rigoroso ambito di un personalissimo stile; il concetto di fluidità e dinamismo dei corpi ha trovato nell’architettura come nel design un’applicazione sempre funzionale e sensata; l’attenzione ai modelli storici – premoderni come certe suggestioni Liberty, moderni come l’attenta lettura di Ponti, Muzio e Libera, o postmoderni come la fuggevole tangenza con le poetiche sottsassiane – è rimasta viva senza mai cadere nella tentazione citazionista. Inoltre resta significativo l’insistito richiamo a esperienze collaterali come la scenografia, il fumetto o la grafica, che annoda la progettazione degli spazi e delle cose a più vaste sfere d’esperienza. Rimane tuttavia ben fermo, a chiusura del volume che illustra esaurientemente la produzione di Iosa Ghini, l’interrogativo circa i possibili sviluppi di una così nutrita e intelligente attività. La cifra progettuale di questo giovane maestro dell’ultima generazione sta tutta in un grafismo morbido e veloce, in cui troviamo espressi i valori conclusivi della cultura del Novecento. Ora però le sfide culturali e sociali sono mutate e quella chiave di lettura dei fenomeni deve trovare in sé le energie intellettuali per portarsi all’altezza dei nuovi compiti. Come sempre accade, la monografia traccia un bilancio – lusinghiero e positivo – di ciò che fino a ieri è stato. I problemi, però, cominciano oggi, quando ciò che è annuncia ciò che sarà, e il domani, impaziente, già incalza. Maurizio Vitta If you read right through this monograph summarising the work of Massimo Iosa Ghini, it gives you the idea of a Hollywood film with the young hero doggedly climbing up the precarious ladder of success and eventually making his presence felt as a key player. Starting with the hectic 1980s in Bologna, fired by a melting pot of more or less devilish artistry, and then moving on to the fashion,

Rassegna d’informazione sull’editoria dell’architettura, del design e della comunicazione visiva. Information about publications in the architecture, design and visual communication fields.

design and Rai television in Milan, his personal poetics are shaped around the manifesto for “rocketpower” before eventually indulging in a busy period of design, full of tasty contracts, a full agenda of work and tough battles to keep a careful balance between the quality and quantity of his designs. Amidst all the contrasts, it ought to be pointed out that the book’s lengthy contents clearly show that Iosa Gini never lost track of the aesthetic/cultural references of his own philosophy of design. Despite the necessary reiteration, he never betrayed his own very personal style; the idea of the fluidity and dynamism of bodies was always applied to both architecture and design in a practical, sensible way; attention to historical antecedents - premodern like certain Liberty touches, modern like his careful reading of Ponti, Muzio and Libera, postmodern in a fleeting tangency with Sottsassian poetics - was never lacking, but without resorting to mere citation. The constant allusion to other related experiences like set design, cartoon strips or graphics is also significant, tying the design of objects and space to much broader realms of experience. After reading right through this comprehensive picture of Iosa Ghini’s work, we cannot help wondering where all this hectic and intelligent activity will now lead. The style of this young master of the latest generation of architectural designers is entirely encompassed in his smooth, fast graphics embodying the dominant values at the close of 20th-century architecture. The socio-cultural challenges have since changed; and this key to interpreting phenomena must find within it the intellectual energy to meet emerging needs. As usual, the monograph draws a positive and flattering conclusion from what has so far been achieved. But the problems really being now, as the future is already hot on our heels.

Massimo Iosa Ghini, disegni di architetture bolidiste/sketches for bolidist architectures.

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Segnalazioni

Architettura e globalizzazione

1981-2001. Vent’anni di Giugiaro design Electa, Milano 2001, ill. b/n e col., 80 pp Il design di Giugiaro – quello dedicato agli oggetti, dalle macchine fotografiche ai telefoni, dalla pasta alle pentole, dai treni alle valige – illustrato in un libro ricco e accattivante, nel quale fanno da contrappunto alle immagini i commenti di venticinque personaggi – anche loro variati per tipologia, da Colonetti a Salvatores, da Foster a De Crescenzo, Armani e via dicendo. L’attività della Giugiaro Design vi è rappresentata in un sistema comunicativo che vuol essere la trasposizione grafica di una filosofia progettuale.

modernità e i valori classici e sono alla costante ricerca di un’architettura che cancelli i confini tra la pratica quotidiana e la teoria progettuale ai più alti livelli.

Alluminando. Oggetti in alluminio della Collezione di Stefano Moreschi Edimet, Brescia 2002, ill. a colori, 144 pp Specializzata in libri e riviste sui metalli e sull’alluminio, la Edimet pubblica questo volume ricco di immagini della collezione di oggetti dalla fine dell’Ottocento agli anni Cinquanta raccolti da Stefano Moreschi.

Tecnologie per il recupero degli edifici rurali. Esperienze in Emilia Romagna A cura di Andrea Boeri Minerva Edizioni, San Gregorio di Piano (BO) 2001, ill. a colori e b/n, 344 pp Il volume analizza il territorio emiliano-romagnolo, caratterizzato, all’esterno dei centri urbani, da insediamenti di origine rurale progressivamente modificati fino a far convivere un sistema misto di tipo agricolo, industriale, residenziale e commerciale. Il testo offre proposte operative per il recupero dell’architettura rurale.

Beppe Finessi Su Mangiarotti- Architetture design sculture. 72 progetti – 227 inediti – 3 contributi critici Abitare Segesta Cataloghi, Milano 2002, ill. b/n e col., 236 pp Il contenuto del volume è tutto nel titolo: Angelo Mangiarotti, ovvero un cospicuo pezzo del design italiano e occidentale, un protagonista dell’architettura contemporanea e anche, non ultimo, uno scultore che sembra coniugare nei suoi pezzi i temi e i problemi della sua attività progettuale. Accompagnato dagli interventi di tre critici – François Burkhardt, Luciano Caramel e Guido Nardi – il volume documenta così una intensa stagione di lavoro, ipercorrendone puntualmente le tappe, gli snodi, gli sviluppi, gli intrecci, dalla chiesa della Mater Misericordiae di Baranzate (1957) al progetto per un monumento ai Caduti sul lavoro ad Apricena (2000). Dominique Gauzin-Müller L’Architecture Ecologique Editions Le Moniteur, Parigi 2001, 400 ill. a colori e b/n, 388 pp Ampio excursus sugli studi europei il cui lavoro è improntato al rispetto dell’ambiente applicato all’architettura e all’urbanistica. Il libro cerca di dare risposte concrete a chi cerca riferimenti forti per costruire in maniera diversa. Hans Ibelings Claus en Kaan. Buildings NAI, Rotterdam 2001, 240 pp Monografia dedicata all’opera di Kees Kaan e Felix Claus, caratterizzata da purezza di linee, severità e senso di quiete. Per loro non c’è contraddizione tra la

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Prospettive di architettura. Uno scorcio dell’attività progettuale dei giovani architetti varesini e comaschi Ordini degli Architetti di Como e di Varese, Varese 2002 Catalogo della mostra dedicata agli architetti under 40 delle province di Como e Varese, la pubblicazione presenta i 38 progetti (opere realizzate, concorsi e oggetti di design) presentati in quell’occasione e selezionati attraverso un concorso.

Giuseppe Viola Nell’energia della pittura Edita Editori per D.L.Arte, Milano 2001, 170 ill. a colori Nuova opera monografica del pittore Giuseppe Viola, il volume racconta attraverso la riproduzione di sue opere dagli anni Sessanta a oggi la storia del suo percorso artistico sempre alla ricerca di forme nuove e impasti cromatici personali. Virtual Museum. International Interactive Competition A cura di Luigi Centola Edizioni dell’Ordine degli Architetti di Roma e Provincia, Roma 2001, ill. a colori, 64 pp Volumetto che illustra gli esiti del concorso interattivo internazionale di idee promosso da www.newitelianblood.it per la progettazione di un museo virtuale nel web. Renato Vismara Protezione ambientale. Criteri e tecniche per la pianificazione territoriale Gruppo Editoriale EsselibriSimone, Napoli 2001, 352 pp Il testo si propone di fornire a quanti si occupano di pianificazione ambientale e territoriale una chiave di approccio specialistico sia alla normativa sia alla politica di protezione ambientale. Il volume è diviso in due parti: ecologia applicata e pianificazione delle infrastrutture e dei servizi ambientali.

Hans Ibelings Supermodernismo. L’architettura nell’età della globalizzazione A cura di Michele Costanzo Castelvecchi, Roma 2001, ill. b/n e col., 92 pp Dopo il “post”, il “super”: la modernità non cessa di presentarsi con maschere ogni volta diverse per riaffermare la sua mobilità, la sua irresistibile vocazione al mutamento. Riprendendo un termine proposto anni fa dall’antropologo Marc Augé, che nel suo libro Non-lieux: introduction à une antropologie de la surmodernité ne aveva fatto la chiave di volta per un’interpretazione della cultura in fine di secolo, Ibelings analizza l’architettura contemporanea alle prese con la globalizzazione. Dopo il declino del decostruzionismo, le

tendenze più significative sembrano a Ibelings quelle esemplificate dalle opere più recenti di Jean Nouvel, Dominique Perrault, Philippe Stark, Rem Koolhas, Toyo Ito, Herzog & de Meuron e altri, caratterizzate da una “sensibilità al neutrale, all’indefinito, all’implicito, qualità che non si limitano alla sostanza architettonica, ma trovano altresì una maggiore possibilità espressiva in un nuovo modo di sentire lo spazio”. L’analisi non manca di spunti di interesse, ma dichiara ovviamente di non prospettare soluzioni né orientamenti. “Attualmente architetti e critici stanno tentando di sviluppare un genuino rapporto con l’ambiente quotidiano”, conclude Ibelings. “Nell’epoca della globalizzazione, con la banalità che si presenta in misura dominante, tali sforzi sono più che mai necessari”.

L’importanza della tecnica

Guido Nardi Tecnologie dell’architettura. Teorie e storia Libreria CLUP, Milano Il testo di questo libro riproduce, in forma ampliata e arricchita da molte immagini, il testo della voce “Tecnologie dell’architettura” pubblicata nell’Appendice 2000 dell’Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere e Arti. Si tratta dunque di un saggio espositivo e storicizzante, che prende le mosse da un concetto basilare, secondo il quale la tecnica contribuisce con pari dignità, rispetto alla forma e ai materiali, alla realizzazione dell’architettura, e si sviluppa nel tempo dimostrando come ogni

periodo, pur nella diversità dei caratteri culturali, lo ha sempre in un modo o nell’altro confermato. La storia del rapporto tra architettura e tecnologia parte dunque da lontano, e procede, “secondo ritmi fortemente rallentati e disomogenei”, fino ai giorni nostri, nei quali le più avanzate innovazioni continuano a convivere con sistemi costruttivi ancora tradizionali. La novità è costituita dalla compresenza di raffinate tecniche costruttive e di altrettanto sofisticate tecniche di progettazione nonché, addirittura, di management, che influiscono sulla qualità del progetto nella misura in cui ne dilatano le potenzialità e le energie creative. Maurizio Vitta Nicholas Grimshaw, Padiglione inglese per l’Expo ’92 di Siviglia/British Pavilion at Seville Expo 92.


Inquietudini surrealiste In Paris

I surrealisti, la straordinaria forza innovatrice di questo movimento tra i più fecondi del secolo scorso sono il ricco contenuto della mostra in corso al Centre Pompidou fino al 24 giugno, e poi al Kunstsammulung Nordrhein-Westfalen di Dusseldorf dal 30 luglio al 30 novembre. La mostra considera il periodo che si apre agli inizi degli anni Venti per concludersi con l’esilio di molti artisti negli Stati Uniti intorno ai primi anni Quaranta. Vent’anni quindi densi di cultura e capovolgimenti, di innovazioni e appunto rivoluzioni, di intrecci di tematiche, tecniche, contaminazioni che arrivarono a produrre notevoli e fondamentali influenze sulle espressioni artistiche e la comunicazione contemporanea. La ricchezza della visualizzazione surrealistica, la molteplicità dei motivi e dei soggetti trattati si articolano sugli oltre 2000 metri quadrati della Galerie 1 in sette sezioni tematiche che illustrano altrettanti capitoli intessuti con il percorso di sperimentazione e di ricerca del movimento; Sogno, Notte, Perdersi, Città, Storia

Naturale, Erotismo, Blasfemo ritmano un originale apparato scenografico presentando un ampio panorama di artisti. Alle opere di De Chirico, Ernst, Magritte, Dalí, Tanguy, Giacometti, Picasso, Matta o Lam, solo per citarne alcuni, completate da fotografie, film, sculture e grafiche, si affianca una ricca selezione di manoscritti e libri illustrati che evidenziano la pregnante “porosità” che il surrealismo instaurò tra pittura, poesia e letteratura. E.C. The Surrealists and the incredibly innovative force of what was one of the most fruitful movements of the 20th century are the rich pickings of an exhibition being held at the Pompidou Centre through to 24th June and then at the Kunstsammulung NordrheinWestfalen in Dusseldorf from 30th July-30th November. The exhibition deals with the period beginning in the early-1920s and terminating with the exile of numerous artists to the United States in the early-1940s. Twenty years bursting with culture and upheaval, innovation

Notizie sui principali avvenimenti in Italia e nel Mondo. Reports on current events in Italy and abroad.

and even revolution, an entwining of themes, techniques and contaminations that ended up exercising a notable and fundamental influence on modern-day artistry and communication. The richness of surrealist visual artistry, the multiplicity of the themes and subjects handled are divided out over the 2000 plus square metres of Gallery 1 into seven theme sections illustrating as many different episodes in the movement's progressive experimentation and research; Dream, Night, Losing Oneself, City, Natural History, Eroticism and Blasphemy set the tone of a highly original set design providing a clear picture of numerous artists. The works of De Chirico, Ernst, Manritte, Dalí, Tanguy, Giacometti, Picasso, Matta and Lam, just to mention a few, are backed up by photographs, film clips, sculptures and graphic designs and accompanied by a wide selection of illustrated books and manuscripts highlighting the incredible "porosity" that surrealism set up between painting, poetry and literature.

In alto a sinistra/top left, Pablo Picasso, Minotaure et jument morte devant une grotte face à une jeune fille au voile, 1936; a destra/right, René Magritte, Le modèle rouge, 1935.

A sinistra/far left, Salvador Dalì, Hallucination partielle. Six images de Lénine sur un piano, 1931; a fianco/left, René Magritte, La durée poignardée, 1938.

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Alsop in mostra Work Process

Il Sir John Soane Museum di Londra propone fino all’8 giugno una mostra dedicata all’opera dello studio Alsop Architects. Con questa esposizione di opere realizzate, progetti e visioni dello studio guidato da William Alsop si vuole porre l’attenzione sul processo che sta alle spalle del lavoro dello studio. Un processo imperniato sullo scambio continuo di idee e sull’arricchimento professionale determinato dall’inclusione nei team di progettazione di esperti di vari campi: ingegneri grafici, artisti, fotografi, poeti. Il percorso espositivo è costituito da modelli, filmati, schizzi, che nella loro globalità danno al pubblico l’idea della complessità e della ricchezza intellettuale dell’approccio al progetto di Alsop Architects. The Sir John Soane Museum in London is running an exhibition devoted to the work of Alsop Architects through to 8th June. This exhibition of built works,

Sverre Fehn a Losanna William Alsop, rendering per l’OCAD di Montreal.

projects and visions designed by the firm run by William Alsop is intended to focus attention on the process underpinning the firm's work. A process hinging around the constant exchange of ideas and professional development resulting from being included in the design team of experts from various fields: graphics engineers, artists, photographers, and poets. The exhibition features models, film clips and sketches which, together, give the general public an idea of the complexity and intellectual scope of Alsop Architects' approach to architectural design.

Quale identità per Parigi?

Il tema della mostra in corso al Pavillon de l’Arsenal di Parigi, dovrebbe essere riproposto anche in molte altri capitali moderne in cui convivono patrimonio storico e architettura contemporanea. “Identité d’une ville, architectures de Paris“ apre un momento di riflessione e di analisi su di uno degli aspetti più complessi e dibattuti del futuro della città. Il campo di indagine è l’identità architettonica della capitale francese, rintracciata attraverso l’evoluzione storica dell’edificio parigino, dal XVII secolo ai giorni nostri. L’allestimento della mostra, progettato da Jakob et MacFarlane, si articola in due percorsi che presentano oltre 1200 documenti iconografici, uno cronologico,

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illustra le molteplici trasformazioni dell’edificio nel corso di quattro secoli, l’altro parallelo in cui sono raggruppate le costanti che, al di là di questa evoluzione, consentono di analizzare la produzione architettonica contemporanea. Il tutto ruota attorno al tema della specificità delle cultura architettonica contemporanea come momento di riscatto rispetto alla genericità e banalità della realtà urbana. Emerge dalla mostra la necessità di interrogarsi quindi sulla cultura architettonica stessa, sul suo senso e significato alla luce di un progetto pensato per divenire il patrimonio della città del domani.

Fino al 29 maggio è in corso all’Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna, un’esposizione dedicata a Sverre Fehn, una delle figure principali del panorama architettonico norvegese riconosciuto anche a livello internazionale. Dal padiglione norvegese all’Esposizione Universale di Bruxelles del 1958 a quello dei Paesi Nordici alla Biennale di Venezia, le sue architetture traducono i canoni del modernismo in una visione contemporanea e calata con equilibrio ed eleganza nei differenti contesti sia storici, sia paesaggistici. Prix Prizker a Bilbao nel 1997,

stesso anno in cui vinse il concorso per il Teatro Reale di Copenahgen e fu insignito a Dresda della medaglia d’oro Henri Tessenow, Sverre Fehn ha collezionato innumerevoli realizzazioni operando nel settore degli edifici pubblici, dal centro culturale di Boler al Museo dei ghiacci a Brema, e in quello della residenza, ultimo dei suoi progetti il centro Ivar Aasen a Ovest della Norvegia. La mostra, realizzata dal Museo d’architetura di Oslo con il sostegno del Ministero degli affari esteri norvegese, rende omaggio all’architetto attraverso una ricca selezione di immagini e disegni di edifici realizzati e studi di progetto.

Un’università in cantiere

Un nuovo polo universitario e le politiche urbane e didattiche che ne sostengono il progetto sono il tema dell’esposizione allestita alla Galerie d’actualité dell’Ifa di Parigi, fino al 26 maggio. Un progetto di grande portata che prevede la realizzazione dell’università Paris 7-Denis Diderot, 110.000 metri quadrati di superficie entro il 2004 - che arriveranno a 150.000 entro il 2009 - pensati per ospitare circa 2.000 studenti e 400 persone tra insegnanti, amministrativi e personale tecnico. Il contesto è quello del nuovo quartiere Masséna, nella Zac Paris Rive Gauche, un sito di vecchi insediamenti industriali abbandonati destinato a divenire un nuovo polo culturale e di ricerca che Christian de Portzamparc ha progettato secondo lo spirito di un “faubourg moderne”, un isolato aperto dinamizzato dalla mescolanza e dall’interconnessione dei diversi programmi. Ed è in quest’ottica che si inserisce anche il polo universitario Paris7. Alle spalle un concorso bandito nel

2001 per realizzazione della prima tranche di quattro edifici per una superficie di circa 80.000 metri quadrati; coinvolte sedici équipes con quattro vincitori: due impegnati sulla riconversione di due edifici esistenti destinati a ospitare i servizi comuni dell’università, Rudy Ricciotti per le Grands Moulinis, una struttura del 1920 fortemente caratterizzata opera di Georges Wybo, Labfac per la Halle aux Farines, una tipica costruzione industriale degli anni Cinquanta; François Chochon con Laurent Pierre e Chaix et Morel sono invece gli altri due studi premiati a cui di deve il progetto degli edifici di nuova realizzazione, rispettivamente l’Istituto Jacques Monod con i laboratori di biologia e l’UFR di fisica. In mostra anche una sezione fotografica che presenta la memoria storica del quartiere Masséna, dei Grands Moulins e della Hall aux Farines attraverso le immagini di due fotografi contemporanei, Josef Koudelka e Aymeric Fouquez. Elena Cardani Chaix et Morel, UFR di Fisica a Parigi/Physics UFR in Paris. Sotto, il progetto di/below, the project by Rudy Ricciotti.


Internet sites

www.architectureforhumanity.org L’organizzazione Architecture for Humanity è stata fondata da Cameron Sinclaire per promuovere e cercare soluzioni architettoniche a problemi di ordine sociale e umanitario su scala globale. La prima iniziativa è stata nel 1999 un concorso per la ricostruzione nel Kosovo. A maggio verrà bandito un nuovo concorso. Nel sito si trovano informazioni sulle varie iniziative promosse e link ad altre organizzazioni non profit. www.siteenvirodesign.com Sito dello studio newyorkese di architettura SITE, guidato da James Wines. Il loro lavoro è basato soprattutto sul “pensiero ambientale” e poggia su quattro punti fondamentali: estetica, contesto, informazione ed ecologia. Con questi presupposti vengono realizzati progetti che coniugano le nuove tecnologie dell’Era dell’Informazione all’ecologia dando vita a opere contemporanee, socialmente e ambientalmente responsabili. www.soult.com/sapling Un ricco portale di architettura con oltre 700 link a libri, studi, organizzazioni, enti legati al mondo dell’architettura. Vengono inoltre presentate rassegne stampa sugli articoli inerenti ai vari settori

www.architectureforhumanity.org The Architecture for Humanity association was set up by Cameron Sinclaire to try and find architectural answers to social-humanitarian problems on a global scale. The first project was a competition organised in 1999 to reconstruct Kosovo. A new competition is about to be organised in May. The site contains information about various other projects and links to other non-profit organisations. www.siteenvirodesign.com This is the site of the New York architecture firm SITE run by James Wines. Their work is mainly based on “environmental thinking” and rests on four key points: aesthetics, context, information and ecology. These are the premises underlying projects combining the latest technology from the Information Age with ecology to create cutting-edge socially and environmentally responsible works. www.soult.com/sapling A rich portal on architecture with over 700 links to books, studies, organisations and associations linked to the world of architecture. There are also press reviews on articles concerning the various sectors of design published by newspapers from all over the world.

Amalfi per Quasimodo

del progetto pubblicati dai giornali di tutto il mondo. www.soloarquitectura.com Portale dedicato soprattutto al mondo dell’architettura in Spagna e nei Paesi dell’America Latina. Diviso per capitoli riporta innumerevoli link sia di progettisti che di siti di tecnologia, istituzioni, news, libri, riviste, software.

“Omaggio a Quasimodo” è l’articolata mostra che costituisce il momento centrale della Primavera Culturale di Amalfi. Ospitata fino al 15

www.fiere.it Tutto o quasi quello serve per partecipare a una fiera. Dai calendari agli alberghi, dalle recensioni delle fiere ai servizi necessari per organizzarle, dalle aziende alle offerte di lavoro nel settore fieristico. www.cube.org.uk Sito della galleria di architettura Cube di Manchester, che oltre a proporre mostre dedicate ai protagonisti e ai temi del progetto, promuove l’interazione e lo scambio di idee soprattutto in relazione alle problematiche legate allo sviluppo delle città contemporanee. Vengono proposti anche programmi educativi in collegamento con le scuole di tutti i livelli.Una sezione è dedicata in particolare a Manchester Segnalate i vostri siti, le vostre scoperte, le vostre idee al nostro Email: red.arca@tin.it

www.soloarquitectura.com A portal mainly dedicated to the architectural scene in Spain and Latin American countries. Divided up into chapters it gives plenty of links to architects and sites on technology, institutions, news, books, magazines and software. www.fiere.it Everything or almost everything you need for taking part in a trade fair. From calendars to hotels, from trade fair reviews to the services required to organise them, from firms to work opportunities in the trade fair sector.

giugno nella Basilica del Crocefisso della capitale della Costiera, cui il premio Nobel fu particolarmente legato e dove morì nel 1968, la mostra, che comprende oltre 150 oggetti tra documenti originali, fotografie, manoscritti, prime edizioni, epistolari, dipinti, disegni e sculture di maestri del Novecento legati da amicizia a Quasimodo (tra cui Birolli, Cantatore, Manzù, Cassinari, Messina, Moranti, Sironi). Numerose le iniziative collaterali, volte ad approfondire i diversi aspetti della personalità poliedrica di Quasimodo, poeta, traduttore, critico d’arte, critico teatrale, illustrati in incontri con le scuole, giornate di studio, dibattiti, presentazioni di libri. La mostra è divisa in tre sezioni: biografica-documentaria, curata da Alessandro Quasimodo; pittorica, curata da Rossana Bossaglia; amalfitana, curata da Giuseppe Liuccio.

Tutto il sacro del mondo a Padova

A Padova, fino al 16 giugno è aperta la mostra “I colori del Sacro nell’illustrazione per l’infanzia”. Sede dell’esposizione il Museo Diocesano dove sono raccolte una serie di tavole originali create da una sessantina di maestri dell’illustrazione per l’infanzia di livello internazionale. Le tavole, alcune già pubblicate a corredo di testi sacri, altre realizzate appositamente per questa mostra, trattano del “sacro” in molti dei suoi aspetti. Si va dalle

raffigurazioni di episodi della Bibbia, a quelle dei miti orientali, all’illustrazione dei credo animistici dell’Africa e dell’America Latina, alle immagini dell’Assoluto nel mondo religioso giapponese, alle storie della mitologia classica, a quelle della tradizione ebraica e islamica. Una mostra che per la ricchezza interpretativa e artistica va certamente al di là della sua funzione dichiarata, e cioè “per l’infanzia”, coinvolgendo anche il pubblico adulto. Alessandra Cimatoribus, Non angustiatevi… (dal Vangelo di Luca), 2000. Sopra/above, Bruno Cassinari, Ritratto di Quasimodo, 1949.

www.cube.org.uk Site of the Cube architecture gallery in Manchester, which, as well as promoting exhibitions on leading architects and their designs, also encourages interaction and the exchanging of ideas on problems connected with the development of modern-day cities. It also contains educational programmes connected with schools at all levels. A section is mainly dedicated to the city of Manchester and its architecture. Send your site addresses, your discoveries, and your ideas to our e-mail address: red.arca@tin.it.

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Maturità di un nuovo stile Pierre & Gilles in Vienna La Kunst Haus di Vienna presenta fino al 26 maggio la mostra “Pierre & Gilles. Arrache Mon Coeur”. Le opere del duo, formatosi a Parigi nel 1976, si caratterizzano per la combinazione di fotografia e pittura, installazione e scenografia. Pierre & Gilles hanno inventato un’area di confine stilistico entro la quale hanno prodotto opere che segnano una nuova via per l’iconografia popolare. Dopo i primi ritratti di personaggi celebri da Salvador Dalì a Yves Saint-Laurent, da Paloma Picasso a Nina Hagen, fino a Madonna e Claudia Schiffer, Pierre & Gilles presentano in questa mostra viennese il frutto degli ultimi tre anni di lavoro, con 75 opere dedicate a temi e mondi nuovi, esprimendo con le loro fotografie dipinte una piena maturità artistica e una continua voglia di stupire l’osservatore.

marking a new approach to popular iconography. Following the early portraits of celebrities like Salvador Dalì, Yves SaintLaurent, Paloma Picasso and Nina Hagen, and then Madonna and Claudia Schiffer, Pierre & Gilles are presenting their latest work over the last three years in this Vienna exhibition, including 75 devoted to new worlds and issues, using their photography-painting to show real artistic maturity and a constant desire to surprise the onlooker.

The Vienna Kunst Haus is presenting the "Pierre & Gilles. Arrache Mon Coeur" exhibition through to 26th May. The work of this team of two formed in Paris in 1976 features a combination of photography and painting, installations and set designs. Pierre & Gilles have invented a stylistic border land in which they have designed works

Un ispiratore del Novecento

La mostra aperta a Palazzo Grassi di Venezia fino al 16 giugno, intitolata “Da Puvis de Chavannes a Matisse e Picasso”, propone un approccio nuovo, se non inedito, alla nascita della pittura del XX secolo. Il curatore della mostra, Serge Lemoine, direttore del Musée d’Orsay di Parigi, vuole illustrare quale e quanta sia stata l’influenza delle creazioni artistiche di Puvis de Chavannes

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Il Moderno americano In New York and Miami

per tutta la generazione di artisti che va dalla fine dell’Ottocento agli inizi del Novecento. Con oltre 200 opere, di cui ben 40 di Matisse, Cézanne, Gauguin, Picasso, Seurat e Munch, il percorso espositivo si snoda cronologicamente partendo dalle opere di Puvis de Chavannes e seguendone le ispirazioni riprese da artisti di tutta Europa organizzati, nelle 36 sale del museo, per correnti artistiche. Si inizia dunque dalle decorazioni Puvisiane a Parigi per il Pantheon, l’Hotel de Ville, Palazzo Bonnat, per il Musée des Beaux-Arts di Lione e per la Biblioteca di Boston e con suoi quadri noti come la Madeleine, Jeunes Filles et la mort (1872) e Charité (1894). Seguono le sale dedicate a Impressionisti, Neo Impressionisti, Nabis, Simbolisti, Fauve fino ad alcuni quadri di Picasso del dopo guerra che evocano il periodo di Antibes in cui si evidenziano inequivocabili accostamenti stilistici e tematici all’opera di Puvis de Chavannes.

La Municipal Art Society di New York ospita fino al 13 maggio la mostra “Beyond the Box, MidCentury Modern Architecture in Miami e New York”. La mostra che tornerà in estate a Miami da cui proviene, mira ad attirare l’attenzione, attraverso un’ampia selezione di fotografie, sulla ricchezza e importanza dell’architettura prodotta nelle due metropoli americane negli anni dal dopoguerra ai primi anni Settanta. Anni di ottimismo e di forte scambio culturale tra gli architetti delle due città. Tra gli scopi della mostra, anche quello di affermare la necessità di conservazione di alcuni importanti edifici realizzati in quel periodo, a partire dal Terminal della TWA di Eero Saarinen all’Aeroporto Kennedy, per il quale si parla da più parti di una demolizione. Tra gli altri edifici esposti il Fontainbleau Hotel di Miami Beach e il Metropolitan Hotel a New York di Morris Lapidus, il Carillon Hotel sempre a Miami Beach di Norman Giller, insieme a tante altre icone dell’immaginario comune che segnarono la creatività americana di quegli anni.

In alto/top, Pierre & Gilles, Le Diable, 2001. A sinistra/left, Pierre Puvis de Chavannes, Les jeunes filles au bord de la mer, 18751880. Sopra a destra/above right, Eero Saarinen, TWA Terminal, Kennedy Airport, New York, 1962; a sinistra/left, Morris Lapidus, Metropolitan Hotel, Lexington Avenue & 51st St., New York, 1962. A destra/right, New York State Pavilion 1964 World’s Fair.

The New York Municipal Art Society is hosting the "Beyond the Box, Mid-Century Modern Architecture in Miami and New York" exhibition through to 13th May. The exhibition, which will be back in Miami (where it set off from) in the summer, is aimed at attracting attention to the sheer scope of the architecture designed in two American cities in the postwar years through to the early1960s, through a wide selection of photographs. Years of optimism and great cultural interaction between the architects from these two cities. One of the aims of the exhibition is to focus on the importance of preserving certain important buildings designed back then, starting with the TWA Terminal designed by Eero Saarinen at Kennedy Airport, about which there has recently been plenty of talk of demolition from various quarters The various buildings on display include the Fontainbleau Hotel in Miami Beach and the Metropolitan Hotel in New York designed by Morris Lapidus, the Carillon Hotel again in Miami Beach designed by Norman Giller, as well as plenty of other icons in the collective psyche characterising American artistry back in those days.


Natura dinamica

Collezionismo contemporaneo

Sono ispirate soprattutto alla natura le opere di Maria Baldan in mostra a Villa Pisani di Stra (Venezia) fino al 19 maggio col titolo “Arte e paesaggio”. Una cinquantina i lavori presentati che raccontano il percorso artistico della Baldan dal periodo delle superfici specchianti alle più recenti proposte, più materiche, dedicate alla terra e all’acqua. I materiali utilizzati, soprattutto i metalli, sono in queste opere elementi espressivi vivi, dalle forme essenziali e archetipe che ridisegnano la natura tramite giochi di luce, riflessi, ombre in un’espressività molto dinamica ed evocativa.

Tra Parigi e Rouen, in direzione Dreux, e precisamente a Les Mesnuls, si trova la Fondation Daniel & Florence Guerlain, un centro d’arte contemporanea che all’attività espositiva associa la presentazione di conferenze e l’organizzazione di visite a mostre di arte e architettura contemporanee. Fino al 20 maggio merita una visita la mostra “Passeurs de rêves” che raccoglie una selezione di opere dell’artista

svizzero Markus Raetz e del francese Daniel Tremblay, quest’ultimo prematuramente scomparso nel 1985 all’età di 35 anni, appartenenti ai collezionisti francesi Marie-Françoise e Gilles Fuchs. Comune ai due artisti il senso onirico e una spiccata vena romantica, Reatz operando sullo scarto tra immagine e realtà, Tremblay giocando sul ribaltamento di senso e di sistemi stabiliti.

Una dinastia votata all’arte

Al Musée Carnavalet di Parigi fino al 2 giugno è in corso una mostra che presenta la ricca collezione di dipinti, mobili e oggetti degli Stroganoff, famiglia di potenti mecenati che tra il XVI e XVII secolo costituì un’imponente impero finanziario contribuendo, con la passione coltivata per l’arte e l’architettura, in modo consistente allo sviluppo della nazione. A Parigi viene presentata per la prima volta in Europa occidentale questa importante collezione, ospitata dalla metà del XVII secolo nel palazzo degli

Stroganoff a San Pietroburgo e oggi suddivisa tra il museo dell’Ermitage, il museo Russo, gli Archivi e il castello di Pavlovsk. Nelle otto sale del Carnavalet allestite per l’occasione, sono riunite un centinaio di opere tra dipinti di artisti francesi, da Poussin a Jean-François de Troy, italiani e olandesi, acquerelli, stampe che dipingono la Pietroburgo del periodo degli Stroganoff, nonché mobili, oggetti d’arte e d’oreficeria a testimonianza del gusto raffinato e fastoso e della passione per l’arte nutriti da questi mecenati.

Van Dongen a Martigny

Il pittore olandese Kees Van Dongen (1877-1968) è il protagonista della retrospettiva aperta fino al 9 giugno presso la Fondation Pierre Gianadda di Martigny. La mostra espone un centinaio di opere che seguono l’itinerario di questo artista che ha spesso suscitato polemiche a causa del suo marcato individualismo e delle sue prese di posizione in campo artistico e non solo. Van Dongen, dopo gli studi accademici in Olanda si trasferì a ventidue anni a Parigi, dove la sua sensibilità lo avvicina ai gruppi anarchici attivi in città. Collabora per riviste impegnate politicamente e socialmente con illustrazioni, ma il soggetto

preferito delle sue pitture è l’ambiente delle prostitute e delle cortigiane. Nei primi anni del Novecento compie regolarmente viaggi in Spagna, Marocco, Egitto, attratto dalla luce del Mediterraneo e nel 1913 presenta al Salon d’Atomne Tableau, ritenuta opera scandalosa. Successivamente diventa pittore dell’alta borghesia parigina e nel 1941 partecipa al viaggio a Berlino con altri artisti organizzato per il regime nazista, viaggio che gli sarà rimproverato per tutta la vita. Dopo la guerra si divide tra Parigi e Monaco dove si stabilisce poi definitivamente nel 1959 e dove finisce i suoi anni col riconoscimento pieno della sua validità di artista.

Sopra/above, Daniel Tremblay, Sans titre, 1982. A destra/right, Kees van Dongen, Nudo con cesto di fiori, 1908. a sinistra, particolare di tavolo di malachite/left, detail of malachite table, Russia 1809-10.

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Occhi neo-pop

La galleria milanese Galica Arte Contemporanea presenta dal 3 maggio al 14 giugno una personale del giovane artisti di Mestre Francesco Candeloro (classe 1974). Intitolata “Riflessi” la mostra presenta lavori tridimensionali, a terra o a parete: volumi di plexiglas e un dipinto dai colori primari forti dialogano prospetticamente con una figura, un volto in primo piano,

Arte e spazio della città

ritratti di personalità del mondo dell’arte. Intitolate tutte Occhi, queste opere sono una dedica alla tendenza odierna di guardare tutto troppo velocemente. Nelle opere di Candeloro, visi e occhi sono catturati, fermati, sezionati con sapienza neo-pop e, nelle scatole ottiche, cambiano i profili, le luci e i colori con una tecnica che è incontro tra meccanizzazione e pittura. Francesco Candeloro, Occhi 59, 2001.

L’esposizione in corso a Calais fino al 19 maggio offre un riferimento di sicuro interesse soprattutto per il tipo di politica culturale messa in atto dall’amministrazione pubblica. And other bargain goods, questo il titolo della mostra, è il risultato del lavoro che Davis Jourdan, classe 1974, studi in Francia e attualmente residente a Vienna, ha sviluppato dopo avere vissuto 10 mesi a Calais su invito della città. Il museo des Beaux-Arts et de la Dentelle, sostenitore da parecchi anni di un programma di sviluppo dell’arte contemporanea strettamente correlata allo spazio urbano e promossa attraverso gli incarichi pubblici, ha dato a Jourdan la possibilità di ricavarsi nella realtà urbana di Calais uno spazio libero di creazione e di sperimentazione per interrogarsi sulla città, di calarsi nei suoi interstizi, nei suoi campi di forza e di delimitare dallo spazio del museo una sorta “campo del possibile”. L’esposizione presenta cinque opere che utilizzano differenti media; una istallazione

monumentale in ardesie Eternit e struttura in legno, una maquette imponente del museo della Guerra, due film e un’istallazione luminosa del planivolumetrico di Calais. L’opera dell’artista si estende poi al mensile d’informazione della città, dove viene approfondito il rapporto tra informazione pubblica e forme artistiche appartenenti allo spazio urbano. L’interesse di questa iniziativa, oltre al suo significato artistico, è proprio da leggersi nelle strategie linguistiche e d espressive messe a punto da Jourdan che hanno investito i sistemi di rappresentazione della città di valori d’uso e di scambio dello spazio pubblico.

Le mostre di Ivry-sur-Seine

Coraggio e sensibilità

Giovani artisti a Ivry, fino al 2 giugno sono presentati alla Galerie Fernad Léger e al Crédac, centro di ricerca e sperimentazione dell’arte contemporanea. Nel primo spazio vengono esposte le sculture di Claire-Jeanne Jézéquel (classe 1965, di Parigi) vincitrice della XIII edizione della bourse d’art monumentale, il premio organizzato dalla città di Ivry-sur-Seine e rivolto ai giovani artisti. Al Crédac sono invece allestite una collettiva, “My way”, che riunisce le opere di Matthew Franks, Pierre-Jean Giloux, Regine Kolle, Stéphane Magnin, Jacques Monory e Nathalie Talec e una mostra dedicata a David

“La belle peintre” così era definita da suo marito Eugène, fratello di Edouard Manet, la pittrice Berthe Morisot (1441-1895), figura centrale nel panorama culturale del XIX secolo e in questo mese, fino al 9 giugno, al centro di una importante retrospettiva ospitata dal Musée des Beaux Arts di Lille. Artista coraggiosa e di spiccata sensibilità, si affiancò ai “refusés” nel 1874 esercitando sul movimento impressionista un’ influenza poetica non indifferente. Lo stesso Monet fu sedotto e affascinato dalla giovane pittrice che lo avvicinò al senso di libertà del plein air . Sottovalutata dalla critica del secolo scorso, la Morisot, donna bella, ricca e introdotta nella vita intellettuale parigina ottenne il riconoscimento di pittori, quali Manet, Degas, Puvis de Chavannes, Renoir, Monet come

Renaud. Entrambe interessanti, il primo gruppo di artisti opera sulla costruzione di una cartografia del mondo estremamente soggettiva, sono frammenti di universo complessi e singolari, paesaggi mentali ai limiti tra realtà e finzione. La personale di Renaud è invece occupata da una istallazione creata per il Crédac che ricostruisce, secondo le tecniche e la poetica dell’artista, la cartografia delle isole Kerguelen. Con minuzia, le isole sono ritagliate e ricostruite ribaltandone la scala e offrendo una nuova dimensione percettiva che induce lo spettatore a interrogarsi e a riflettere sul senso dello spazio.

A sinistra/left, ClaireJeanne Jézéquel, L’échafaude, 1999. A destra/right, Berthe Morisot, La Lécture, 1888.

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di scrittori quali Mallarmé e Henri de Regnier e di critici e collezionisti. La sua pittura solare, fluida quasi liquida, il suo senso del colore e il gusto del tratto spontaneo quasi schizzato apportarono all’impressionismo un squardo di notevole modernità e una sensibilità straordinaria. La mostra realizzata in coproduzione con la Fonation Gianadda di Martigny, dove sarà presentata dal 20 giugno al 19 novembre 2002, presenta una selezione di un centinaio di opere provenienti da collezioni pubbliche e private internazionali. I temi cari all’artista, viste urbane, paesaggi e marine, scene intime e ritratti di fanciulle e soprattutto della sua bambina ruotano attorno a un suggestivo ritratto della Morisot di Manet, che la elesse a sua musa e modella.


Schienale dinamico

Di Sedus, “turn around” è un sistema di seduta, disegnato da Udo Hasenbein, e realizzato con un concetto insolito e originale poiché a ruotare con un giro completo (360°) sull’asse del modello è il solo schienale, mentre il sedile e la base restano fissi. La dinamica rotatoria dello

Quasi mezzo milione

schienale consente un’insolita flessibilità di utilizzi per “turn around”, poiché l’adattabilità a facili e diverse posizioni la rendono una soluzione e una presenza brillante e libera da rigori schematici in ambienti di ricevimento e di sosta. La seduta è realizzata in otto vivaci colori.

Nonostante un contesto generale in sordina, relativo ai saloni internazionali, generato dagli avvenimenti terroristici successi l’11 Settembre 2001 negli Stati Uniti, l’ultima edizione di Batimat, presente lo scorso novembre a Parigi, ha registrato la presenza di 456.820 visitatori. E’ emersa fortemente

in Batimat la presenza di un pubblico selezionato di professionisti qualificati, che ha confermato lo sforzo del salone di porsi come prima vetrina tecnologica per la costruzione a livello mondiale. I visitatori stranieri sono stati 73.000 pari al 16,11% delle presenze generali.

Per ora parla

Appena ha imparato a parlare ha scelto l’India come Paese di sviluppo e d’elezione: cos’è e perché? Si tratta di una lavatrice; per l’esattezza di Washy Talky che, prima lavabiancheria parlante al mondo, ha in Electrolux il suo Geppetto virtuale. Bilingue, parla perfettamente con una rassicurante voce femminile, oltre all’indispensabile Hindi, l’inglese, Woshy Talky è di spirito cordiale e amichevole e si premura di ricordare a chi l’utilizza come, in che modo e perché il bucato è bene farlo così. Consiglia inoltre di rilassarsi a programma avviato, e, grazie al Fuzzy Logic Microcomputer, cervello del meccanismo, consente di programmare il

lavaggio “Inizio Ritardato”, sino a 48 ore prima della funzione, o quello di “Ammollo Intelligente” per sfruttare al meglio le qualità del detersivo. Inoltre dispone di programmi di lavaggio che riconoscono la natura stessa dei tessuti. Ma in definitiva Washy Talky, così sofisticata, è nata per un mercato analfabeta e distratto troppo indaffarato per soffermarsi nelle piccole e normali operazioni di utilizzo di questo tipo di apparecchiature? E perché proprio l’India, che certamente è un Paese connotato dall’antica tradizione di lavare spesso i capi del proprio abbigliamento ed è attualmente in fase di sviluppo, è il mercato più interessante per il collaudo di questa lavatrice? Ci piacerebbe capirlo meglio.

Concorso di idee

Impostato sull’impiego e la valorizzazione del legno massello, il concorso di idee svolto in forma anonima “Il materiale legno”, edizione 2002, indetto da Riva R1920 Industria Mobili, implica la progettazione di un letto, un comodino e una cassettiera, sia sviluppati singolarmente che in gruppo, con il fine di creare un arredo destinato alla zona notte. Due le classi di progettazione, rispettivamente riservate a:

studenti impegnati in facoltà di architettura, ingegneria o Istituti di design, che non abbiano superato il 30° anno di età al 30.9.2002; architetti e progettisti, laureati o diplomati, che abbiano compiuto il 30° anno di età al 30.9.2002. Per ognuna delle due classi saranno selezionati tre elaborati. Il monte premi complessivo, di 9.000 Euro, sarà suddiviso tra i vincitori. Gli elaborati dovranno essere consegnati entro il 30.9.2002.

Impianti sportivi in Cina

Trentasettesima edizione

Sarà presente a Pechino, dal 13 al 15 novembre 2002, la prima edizione di Arena: Salone Internazionale per la Pianificazione, la Costruzione, l’Esercizio e l’Attrezzatura di Strutture Sportive. Organizzato da Messe Frankfurt e Consultec, l’evento è il primo salone che, in Cina, è dedicato alla costruzione di strutture sportive. L’operazione prevede l’interesse del settore

Samp è il Salone del Mobile di Pesaro che, giunto alla trentasettesima edizione, concentra i propri sforzi organizzativi in nuove iniziative e sviluppi che avranno visibilità alla Fiera di Pesaro dal 25 al 29 settembre 2002. Apprezzato non solo dai produttori marchigiani ma anche da espositori di altre regioni, questo salone si concentra a sviluppare e promuovere

riservato alle iniziative sportive relative alle locali Olimpiadi 2008; solamente per la costruzione e l’ammodernamento di strutture dedicate allo sport, sono previsti investimenti per 1,65 miliardi di dollari US. Arena sarà quindi un’occasione e un momento importante per essere presenti in Cina come produttori, prestatori di servizi ed esportatori internazionali.

l’attività di operatori commerciali italiani e big-buyers, di oltre trenta Paesi, che saranno presenti in Fiera. Per la prima volta verrà organizzato un intero padiglione di 15.000 mq preallestiti, mentre gli altri padiglioni saranno suddivisi per tipologia di prodotti. La manifestazione sarà completata da eventi collaterali dedicati a iniziative artistiche e culturali.

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Nuove nomine

Prosiel, Associazione di promozione e coordinamento per lo sviluppo e la sicurezza degli impianti elettrici, elettronici e telematici installati nel nostro Paese, ha attualmente definito, con le nuove nomine della Presidenza e del Consiglio Direttivo, la missione e la strategia dell’Associazione. E’ stato eletto Presidente Domenico Bosatelli, vice-Presidente ANIE, mentre gli altri membri del consiglio direttivo, già presenti nei più importanti Enti del settore, sono: Alberto Perego, Ugo Tramutoli, Roberto Taranto, Giorgio Scanavacca, Bruno Pavesi, Antonio Alberici, Luigi D’Alò e

Architettura e tecnica

Vincenzo Dona. Il Consiglio si è proposto obiettivi e strategie definendo le attività prioritarie da affrontare come: i rapporti istituzionali per l’ampliamento della base associativa di Prosiel, con il coinvolgimento di altri Enti rappresentanti tutte le categorie professionali della filiera e con i Ministeri; le proposte di aggiornamento delle leggi vigenti (L. 46/90) e l’introduzione di agevolazioni fiscali per ristrutturazioni impiantistiche; l’analisi delle esigenze economiche e di marketing; le guide (già in corso) come integrazione della comunicazione delle molte attività coordinate da Prosiel.

Distribuzione italiana

Sarà distribuita in Italia, dalla Joint di Milano, l’intera produzione aziendale della Thonet di Frankemberg, azienda tedesca nota per la produzione di sedute storiche e di tavoli. Già impegnata con

Fiera Specializzata Internazionale per l’Architettura e la Tecnica, Light+Building è stata presentata dal 14 al 18 Aprile 2002 a Francoforte sul Meno, sviluppata in quattro settori relativi a: Illuminazione, Elettrotecnica, Climatizzazione e Automazione domestica e degli

edifici. Assieme i quattro comparti rappresentano la base della Tecnica Edilizia Integrale che ha raccolto nel suo ambito i numerosi eventi collaterali della manifestazione, ed è stata il comune denominatore delle numerose iniziative relative a Light+Building 2002.

Intarsio geometrico

Cottoveneto ha messo a punto un intarsio policromo che, con il nome di Soase (in dialetto veneto significa cornice), è una piacevole alternativa che personalizza e decora pavimenti e pareti. Soase è quindi una composizione policroma costituita da elementi di rigorosa geometria impostati su

colorazioni rosse e gialle che, come un grande tappeto, viene inserita nelle pavimentazioni e, come una tipologia di arazzo, nelle pareti. La parete misura 100x200 cm, è disponibile nei formati 10x10, 20x20, 30x30 cm. Gli intarsi geometrici policromi Soase sono inseriti in una cornice di acciaio.

l’esclusiva distribuzione per il mercato italiano del Programma A900, disegnato da Foster and Partners, la Joint è inoltre da 15 anni il distribuore esclusivo, sempre per l’Italia, dei sistemi di arredo USM Haller, prodotti in Svizzera, e del sistema modulare originale Metro, realizzato negli Stati Uniti. Ultimamente ha inoltre accettato l’incarico di distributore da parte dell’americana Emeco.

Nuovi aspiratori Nuova gamma di aspiratori studiati per piccoli e medi ambienti domestici e commerciali, i “Punto Vortice” corrispondono a 38 modelli con foro d’uscita dell’aria che, da muro, soffitto, vetro, doppio vetro per scarico diretto all’esterno, sono realizzati nei diametri 10 – 12 – 15 cm. Tutti gli aspiratori sono protetti contro gli spruzzi d’acqua (IPX4), sono marchiati IMQ e hanno prestazioni garantite perché certificate dalla “etichetta

informativa”. Particolarmente silenziosi e semplici da installare, i vari modelli sono realizzati anche in versione “Long Life”; ossia con cuscinetti a sfera che garantiscono 30.000 ore di funzionamento continuo privo di problemi meccanici. Oltre ai modelli base, i “Punto Vortice” sono realizzati in più versioni componibili tra loro per consentire servizi inediti e tecnologicamente avanzati. Design di Trabucco e Associati.

Con macchinari avanzati

FBM dispone a Bevagna di uno stabilimento specializzato nella produzione di mattoni faccia a vista trafilati, mattoni in pasta molle, mattoni a mano realizzati anche su disegno del committente e pavimenti in cotto. FBM è l’unica fornace in Italia a essere dotata dei due macchinari olandesi “Hubert” e “De Boer”, che permettono di ottenere mattoni in pasta molle con due diverse finiture, più o meno regolari, in una gamma straordinaria di formati. Determinante ai fini del prodotto è l’impiego di argille pregiate, estratte da importanti cave di proprietà, che consentono di

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realizzare prodotti di colore rosso, rosato e giallo paglierino, caratterizzati da straordinarie doti estetiche e di resistenza.agli agenti atmosferici. L’intero processo produttivo è rigorosamente controllato da un sistema computerizzato centrale, che permette di riprodurre e ripetere fedelmente i vari lotti di produzione.


Tecnologia di condensazione

Istantanee europee

Con Cerasmart, Junkers propone una tecnologia della condensazione e bassi consumi poiché è possibile recuperare gran parte del calore disperso da una caldaia tradizionale attraverso i fumi che fuoriescono, sotto forma di vapore acqueo, ad una temperatura di 140/160°. L’operazione viene effettuata proprio grazie alla tecnica della

Gunnebo Italdis, appartenente al gruppo multinazionale svedese Gunnebo, leader nella produzione di barriere per il controllo degli accessi pedonali, è in grado di fornire soluzioni sicure e sofisticate, in termini di controlli individuali in complessi industriali, commerciali e di altra natura. Recentemente l’azienda mantovana Pompea, specializzata in biancheria intima, ha installato, in una zona di passaggio e utilizzo intenso, sita nel proprio stabilimento e critica in termini di sicurezza, il tornello a tutta altezza Full-O-Stile AT91, che ha pienamente risolto le problematiche del caso. Compatibile, come tutti i prodotti Gunnebo Italdis, con ogni sistema di controllo degli accessi, anche preesistenti, Full-O-Stile AT91 è una versione base che, pratica e ben strutturata, è particolarmente adatta al controllo pedonale in un complesso industriale operante in

condensazione che è in grado di riutilizzare, con evidenti vantaggi, gran parte di questo calore nel processo di riscaldamento. Nelle caldaie a condensazione Junkers Cerasmart, il rendimento raggiunge il 109%, mentre nelle tradizionali è in media del 90% ed è inoltre garantita una ridottissima emissione di particelle inquinanti.

Per il controllo solare La gamma Stopsol, prodotto di riferimento internazionale delle vetrate con coating pirolitico antisolare, aveva già fatto individuare nel Gruppo Glaverbel un referente e produttore eccezionale nel campo delle vetrate per il controllo solare. Allineato in quelle stesse premesse, Glaveber conferma ulteriormente la propria capacità innovativa avvalendosi del nuovo processo CVD (Chemical Vapour Deposition), che consente la creazione della nuova e straordinaria gamma di vetrate Sunergy. Il processo consiste nell’applicare “on-line” sul vetro un sottile strato di ossidi metallici in modo perfettamente uniforme, reso possibile grazie

alla reazione di un gas sul nastro di vetro ad alta temperatura. Il gas entra in contatto col vetro e forma sulla sua superficie un rivestimento molto resistente, definito “pirolitico”. Sunergy, proteggendo dal sole e, contemporaneamente, assicurando un ottimo isolamento termico, si distingue ai fini della progettazione architettonica per la bassa riflessione luminosa e la neutralità dell’aspetto.

Non ventilato

La Copertura Strutturale VM ZINC è un sistema costruttivo non ventilato, che combina la copertura VM ZINC PLUS ad aggraffatura verticale con uno strato di coibentazione rigida di lana minerale, posato su supporti portanti d’acciaio, legno o calcestruzzo. VM ZINC PLUS è uno speciale laminato in zinco titanio con diverse finiture superficiali, il cui lato interno è protetto da fenomeni di condensazione mediante

laccatura. Il sistema VM ZINC Copertura Strutturale consiste quindi in un rivestimento modulare per coperture non ventilate (tetto caldo) che trova applicazione con ogni tipo di supporto. E’ la copertura ideale per edifici con qualsiasi coefficiente igrotermico e dispone di un sistema di fissaggio esclusivo VM ZINC multicomponente in acciaio inox. Il sistema determina una copertura totalmente pedonabile.

tre turni, e può essere utilizzata da almeno 150 persone al giorno. Semplice e robusta, questa barriera dispone inoltre di un organizzato e continuativo servizio di assistenza.

Nuovo il nome

BravoSolution, è il nuovo nome di Newco.com, società leader europeo nel settore dell’eprocurement, che opera con i marketplace BravoBuild, BravoIndustry, BravoFood e BravoGov, con il fine di rappresentare con più efficacia il business model. La società, che fa capo al Gruppo Italcementi, nel giro di quasi un anno dallo start up si è affermata come leader europeo nel settore dell’eprocurement, con al suo attivo la realizzazione di 180 aste on line per un totale di 120 milioni di euro transati e la pubblicazione di 34 cataloghi on line con 40.000 prodotti disponibili in più di 3000 categorie merceologiche. Nata sotto l’egida del Gruppo Italcementi nel 2000, la società ha puntato inizialmente al mercato delle costruzioni con il lancio del portale verticale BravoBuild.

Strumento d’eccellenza del portale è l’asta on line applicata all’attività di procurement. L’intuizione di concepire il business su Internet privilegiando l’e-procurement si dimostra vincente, poiché permette alle aziende di ridurre notevolmente sia i tempi che i costi degli acquisti. Il successo iniziale ha permesso a BravoSolution di espandersi in pochi mesi ad altri mercati verticali. Nella foto il Consigliere Delegato della società Federico Vialetti.

Meno consumi più prestazioni Nuovo climatizzatore monosplit a parete, Inverter 13 HP, di Olimpia Splendid, è in grado di regolare la potenza in funzione del clima

esterno e della temperatura interna voluta. Impostato su un risparmio energetico del 30% e su performance che in potenza raggiungono il 130% in più della norma, il climatizzatore, una volta avviato, raggiunge per merito del compressore Inverter la temperatura desiderata in tempi brevi e la mantiene stabile garantendo un basso consumo di energia. La funzione di controllo della temperatura “Fuzzy Logic” assicura il clima ideale anche in caso di temperature esterne rigide (fino a –15°).

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Agenda Concorsi di architettura e design Architecture and design competitions

Austria Linz Future Vision Leisure Concorso internazionale di idee aperto ai nati dopo il 31/7/1967 per il progetto di nuove strategie nel settore dell’architettura per l’intrattenimento International ideas competition open to young professionals born after 31/7/1967 for the project of new strategies on the theme Future Vision Leisure-Staging Scadenza/Deadline: 31/7 Monte premi/Total prize money: 16.000 Euro Giuria/Jury: Odile Decq, Hans Frei, Rainer Pirker, Stella Rollig, Margit Ulama Per informazioni: Nemetschek Company C/a Herbert Brabdauer Tel. ++43 662 434800 Internet: www.nemetschek.at E-mail: hbradauer@nemetschek.at Architekturforum Bernaschekplatz 8 A-4040 Linz Tel./fax ++43 732 711701 Internet: http://fvl.architekturforum-ooe.at E-mail: fvl@ fvl.architekturforum-ooe.at

Danimarca/Denmark Copenhagen New Urban District in Lisbjerg Concorso internazionale per lo sviluppo urbanistico di Lisbjerg nei pressi di Aarhus International competition for the urban development of Lisbjerg area near Aarhus Scadenza/Deadline: 5/7 Monte premi/Total prize money: 1,000,000 DKK Per informazioni: Federation of Danish Architects Konkurrencesekretariatet Strandgade 27A DK-1401 Copenhagen K Tel. ++45 32 836900 Fax ++45 32 836901 Internet: www.dal-aa.dk E-mail: konkurrencer@dal-aa.dk

Francia/France Parigi 11th Ermanno Piano Scholarship Borsa di studio per architetti neolaureati per sei mesi di stage presso il Renzo Piano Building Workshop di Parigi Scholarship for newly graduated architects with a six-month internship at Renzo Piano Building Workshop in Paris Scadenza/Deadline: 30/6 Borsa/Grant: 10.000 Euro Per informazioni: The Architecture Workshop Foundation C/o RPBW 34 Rue des Archives 75004 Paris Internet: www.rpbw.com

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Germania/Germany Stuttgart Lebe Wohl Concorso internazionale per la progettazione di complessi cimiteriali del futuro/International competition for the design of future cemetery complexes Scadenza/Deadline: 23/5 Monte premi/Total prize money: 30.000 Euro Giuria/Jury: Kerstin Gothe, Werner Koch, Brigitte Schmelzer, Canan Rohde-Can, Henning Horn, Petra Stojanik Per informazioni: Böhnert-Kassner Architekten Marktplatz 5 71634 Ludwigsburg Tel. ++49 7141 904600 Fax ++49 7141 904700 E-mail: architekten@boehnert-kassner.de

Giappone/Japan Tokyo Central Glass International Architectural Design Competition Concorso internazionale di idee per il progetto di un ristorante slow-food in un’area rurale/International ideas competition for the project of a slowfood restaurant in a rural area Scadenza/Deadline: 29/7 Monte premi/Total prize money: 2.400.000 Yen Giuria/Jury: Toyo Ito, Tetsuo Naito, Masaru Okamoto, Itsuko Hasegawa, Riken Yamamoto, Kengo Kuma, Norihisha Yamamoto Per informazioni: Dept. of Central Glass International Architectural Design Competition 2002 Shinkenchiku-sha Co. 2-31-2 Yushima Bunkyo-ku Tokyo 113-8501 Internet: www.japan-architect.co.jp

Morisawa Award 2002 Concorso internazionale per la progettazione grafica di nuovi caratteri tipografici per alfabeto latino o kanji/International competition for the graphic design of new typefaces for Latin or Kanji alphabet Scadenza/Deadline: 31/8 Monte premi/Total prize money: 8.000.000 Yen Giuria/Jury: Fred Brady, Matthew Carter, Alan Chan, Takenobu Igarashi, Mitsuo Katsui, Masahiko Kozuka, Yoshiaki Morisawa, Ikko Tanaka Per informazioni: Office of the Morisawa Awards 2002 International Typeface Design Competition c/o Morisawa & Company Ltd. 2-27, Shimomiyabi-cho, Shinjuku-ku Tokyo 162-0822, Japan Internet: www.morisawa.co.jp/typeface/oubo2002e. html E-mail: compe@morisawa.co.jp

Gran Bretagna/Great Britain Wirral Glasshouse Competition Concorso europeo di idee organizzato da Pilkington e “Architecture Today” aperto a studenti e architetti under 30 per il progetto di una abitazione che dimostri e sfrutti il potenziale architettonico del vetro European ideas competition open to students and architects under 30 years of age for the project of a house demonstrating and utilizing the architectonic potential of glass

Scadenza/Deadline: 31/5 Monte premi/Total prize money: 35.000 Euro Giuria/Jury: Pekka Helin, Sergey Kisselev, Ian Ritchie, Matthias Sauerbruch, Elias Torres, Mark Swenarton Per informazioni: Glasshouse Competition c/o DMS Wirral Business Park Arrow Brook Road Upton, Wirral CH49 1QZ Internet: www.pilkington.com/glasshouse

Italia/Italy Borgo Valsugana (Trento) Nuovo Centro di Protezione Civile Concorso internazionale per la progettazione preliminare di un Centro di Protezione civile International competition for the preliminary design of a Civil Protection Centre Scadenza/Deadline: 17/5 Monte premi/Total prize money: 21.000 Euro Giuria/Jury: Claudio Bortolotti, Fabio Berlanda, Enrico Ferrari, Bruno Brunelli, Antonio Lotti, Tiziano Bonella

International competition for contemporary ceramic art aimed to enhance the research, the renewal in technics, materials, forms and expressions Iscrizione/Registration: 13/7 Consegna/Submission: 18/1/2003 Monte premi/Total prize money: 26.000 Euro Per informazioni: Museo Internazionale della Ceramica Via Campidori 2 48018 Faenza (RA) Tel. ++39 0546 697315 Fax ++39 0546 27141 Internet: www.micfaenza.org E-mail: d.dalprato@racine.ra.it

L’Architettura Automatica Premio internazionale di architettura per progetti che abbiano impiegato automazioni intelligenti/International architectural award for works which utilize intelligent automatic systems Scadenza/Deadline: 16/12 Monte premi/Total prize money: 13.500 Euro Giuria/Jury: Gabriele Del Mese, Eric Dubosc, Giancarlo Rosa, Marco Imperadori, Fabrizio Bianchetti, Armando Vecchi

Per informazioni: Comune di Borgo Valsugana Ufficio Protocollo Piazza De Gasperi 20 38051 Borgo Valsugana (TN) Tel. ++39 0461 758700 Fax ++39 0461 758787

Per informazioni: Gruppo Editoriale Faenza Editrice C/a Flavia Gaeta Via Pier De Crescenzi 44 48018 Faenza (RA) Tel. ++39 0546 670411 Fax ++39 0546 660440 Internet: www.ditec.it, www.faenza.com, www.fabriziobianchetti.com E-mail: concorso@faenza.com

Cantù (Como)

Genova

Il materiale legno Concorso internazionale per professionisti e studenti per la progettazione di un arredo destinato alla zona notte della casa che utilizzi e valorizzi il legno massello e multistrato/International competition open to professionals and students for the design of furniture for the home “night area” utilizing wood Scadenza/Deadline: 30/9 Monte premi/Total prize money: 9.000 Euro Giuria/Jury: Maurizio Riva, Davide Riva

Contract Design Tecnhotel Premio Internazionale per la progettazione di un prodotto innovativo per il settore della ricettività/International award for the design of an innovative product for hospitality Istricrizione/Registration: 30/5 Consegna/Submission: 30/8

Per informazioni: Riva R1920 Centre C/a Simone Bellotti Via Borgognone 12 22063 Cantù (CO) Tel. ++39 031 7073353 Fax ++39 031 7073338 Internet: www.riva1920.it E-mail: simone.bellotti@riva1920.it

Civitavecchia (Roma) Porto storico e Waterfront Concorso internazionale per il progetto preliminare di restuaro e valorizzazione del porto storico e del waterfront cittadino International competition for the preliminary design of restauration and enhancement of historic harbour and urban waterfront Scadenza/Deadline: 20/6 Per informazioni: Autorità Portuale di Civitavecchia Via Prato del Turco 00053 Civitavecchia (Roma) Tel. ++39 0766 366235 Fax ++39 0766 366243

Faenza (Ravenna) 53° Concorso Internazionale della Ceramica d’Arte Contemporanea Concorso internazionale di oggetti in ceramica finalizzato a stimolare la ricerca, il rinnovamento di tecniche, materiali, forme e modi espressivi

Per informazioni: Ente Autonomo Fiera Internazionale di Genova P.le J. F. Kennedy 1 16129 Genova Tel. ++39 010 5391256 Fax ++39 010 5391270 Internet: www.tenotel-online.it E-mail: sonia.barbieri@fiera.ge.it

Milano Premio Exhibition Italia 2002 Premio per il miglior allestimento fieristico realizzato dopo il maggio 2001/Award for the best fair installation realized since May 2001 Scadenza/Deadline: 25/5 Per informazioni: ASAL-Associazione Nazionale Aziende Allestitrici di Fiere e Mostre Foro Bonaparte 65 20121 Milano Tel. ++39 02 30321088 Fax ++39 02 30329019 Internet: www.asalonline.it E-mail: asal@federlegno.it

La plastica libera il corpo, la mente, l’anima Concorso europeo per studenti di design per lo sviluppo di progetti in cui sia utilizzata la plastica relativi alla mobilità urbana/European competition open to design students to develop projects concerning urban mobility Scadenza/Deadline: 31/5 Monte premi/Total prize money: 23.000 Euro Per informazioni: Parini Associati Via Boccaccio 7 20123 Milano Tel. ++39 02 43983106, Fax ++39 02 43983108 Internet: www.apme.org


Segni del tempo. Progettare l’agenda del terzo millennio Concorso internazionale di idee per nuove soluzioni per un’agenda settimanale-rubrica telefonica-agenda tascabile International ideas competition for new solutions in the project of a weekly diary book-telephone bookpocket appointment book Cadenza/Deadline: 30/5 Monte premi/Total prize money: 4.500 Euro Giuria/Jury: Milton Glaser, Sandro Manente, Moreno De Giorgio, Giulio Soravia, Marina Cabianca Per informazioni: Hangar Design Group Sonia Cecchinato Via A.Saffi 25 20123 Milano Tel. ++39 02 48028758 Fax ++39 02 43912594 E-mail: hangarmilano@hangar.it

Premio “Costruire” Mauro Maccolini Concorso internazionale per il progetto di un componente edilizio o attrezzatura che presenti significativi elementi di innovazione/International competition for the design of an architectural component or equipment with a high-grade of innovation Scadenza/Deadline: 15/6 Giuria/Jury: L. Fiori, E. Antonini, G. Boeri, M. Buriani, U. Menicali, G. Raffellini, N. Sinopoli, E. Villani Per informazioni: Costruire Edizioni Segreteria del Concorso Via Monforte 15 20122 Milano Tel. ++39 02 76090 Fax ++39 02 76090303 E-mail: redazione@costruire.it

Premio Macef Design Under 40 Premio internazionale on line per designer under 40 International on line award for designers under 40 Scadenza/Deadline: 1/9 Monte premi/Total prize money: 20.000 Euro Per informazioni: Ufficio Stampa Macef Tel. ++39 02 49977875 Internet: www.aedo-to.com

Nove (Vicenza) Premio Per Tesi di Laurea sulla Ceramica Premio internazionale per Tesi di Laurea o Specializzazione post universitaria discusse tra il 1998 e il 2001 sul tema della ceramica International award for thesis and post degree specialization from 1998 to 2001 on the theme of ceramics Scadenza/Deadline: 31/5 Monte premi/Total prize money: 774,69 Euro Per informazioni: Museo della Ceramica Piazza G. De Fabris 5 36055 Nove (VI) Tel./fax ++39 0424 829807 Inernet: www.comune.nove.vi.it E-mail: museonove@ceramics.it

Ravenna Nuovo impianto natatorio Concorso internazionale per un nuovo impianto natatorio polifunzionale International competition for a new swimming pool multifunctional complex Scadenza/Deadline: 28/6 Per informazioni: Comune di Ravenna Area Infrastrutture Civili Via C. Morigia 8/a Tel. ++39 0544 482748/482747

Torino Stadio Comunale e nuovo impianto di hockey Concorso internazionale di idee per la realizzazione del nuovo impianto di hockey e la riqualificazione dell’area dell’ex Stadio Comunale International competition for the realization of the new Hockey Stadium and the refurbishment of the former Stadio Comunale area Scadenza/Deadline: 20/5 Primo premio/First prize: 300.000 Euro Per informazioni: Agenzia per lo Svolgimento dei XX Giochi Olimpici Invernali Torino 2006 Galleria San Federico 16 10121 Torino Tel. ++39 011 5221233 Fax ++39 011 5221214

Vicenza Premio Dedalo Minosse alla Committenza di Architettura Premio internazionale per le migliori collaborazioni clienti/progettisti/International competition for the best client/architect collaboration Iscrizione/Registration: dal/from 15/4 Consegna/Submission: 20/9 Per informazioni: Segreteria Organizzativa Ala-Assoarchitetti Via Leonardo Da Vinci 14 36100 Vicenza Tel. ++39 0444 914236 Fax ++39 0444 913358 Internet: www.assoarchitetti.it E-mail: dedalominosse@assoarchitetti.it

International ideas competition for the project of a Passenger Center at Ljubljana Central Railway Station Scadenza/Deadline: 15/5 Monte premi/Total prize money: 10.900.000 SIT Giuria/Jury: Igor Zajec, Peter Lorenz, Bogdan Zgonc, Josef Slokar, Boris Zrimc, Meinhard von Gerkan, Alec Vodopivec, Andrej Cernigoj, Mirko Brnic, Uroc Lobnik, Ducan Ogrin Per informazioni: Section of architects, urban planners and landscape architects of the Engineering Chamber of Slovenia (IZS MSA) Dunajska 104 1000 Ljubljana Fax ++386 1 5657450 e-mail: izs.msa@siol.net

Sagna/Spain Avila Centro Congressi Concorso Internazionale per la costruzione di un centro per evnti espositivi e congressi International competition for the realization of an Exhibition and Congress Center Scadenza/Deadline: 4/6 Monte premi/Total prize money: 25.000 Euros Per informazioni: Ayuntamiento de Avila Plaza del Mercado Chico 1 05001 Avila Tel. ++34 920354016 Fax ++34 920226996

Convegni e dibattiti Congresses and conferences

Australia Riversdale Riversdale Education Centre Glenn Marcutt International Master Class 7/7-21/7 Per informazioni: University of Newcastle Tel. ++61 2 49215771, Fax ++61 2 49216913 E-mail: ozetecture@newcastle.edu.au

Croazia/Croatia Dubrovnik Design 2002 14/4-17/5 Per informazioni: Faculty of Mechanical Engineering and Naval Architecture I. ucica 5 10000 Zagreb Tel. ++385 1 6168432 Fax ++385 1 6156940 Internet: www.cadlab.fsb.hr/design2002 E-mail: design2002@fsb.hr

Svizzera/Switzerland Olanda/Holland Heerenveen Aluminium in Motion Award 20022003 Premio Europeo per prodotti prevalentemente realizzati con alluminio/European award for product mainly realized with aluminium Scadenza/Deadline: 1/7 Per informazioni: Secretariat European Aluminium Award P.O. Box 557 8440 AN Heerenveen Tel. ++31 513 610666 Fax ++31 513 650260 E-mail: artsant@euronet.nl

Portogallo/Portugal Lisbona Ampliamento Università Alberta Concorso internazionale per il riuso delle strutture dell’ex fabbrica Mundet per la creazione di nuovi spazi didattici dell’Università Alberta International competition for the renovation of the former Mundet factory to be used as educational space for Alberta University Scadenza/Deadline: 14/5 Per informazioni: Universidade Alberta Repartiçao de Administraçao Financeira e Patrimonial Rua Escuela Politécnica 147 P-1269-001 Lisbona Tel. ++351 21 3916415, Fax ++351 21 3969293

Slovenia Ljubljana Passenger Center Concorso internazionale di idee per il progetto di un Centro Passeggeri alla Stazione Centrale di Ljubljana

Ginevra Habitats, Cities and Aesthetics at the Turn of the Millennium Concorso internazionale per artisti, fotografi, architetti per esprimere riflessioni teoriche, intuizioni o espressioni visive sul tema dello spazio urbano nel nuovo millennio International competition open to artists, photographers, architects to express new theories or visual expressions on the theme of the urban space in the new millennium Scadenza/Deadline: 15/5 Per informazioni: UNCHS - HABITAT (Geneva Office) Ref.: p-proiectum International Environment House (Ex. GEC) 13, Chemin des Anemones CH-1219 Chatelaine/Geneva Switzerland Internet: www.p-proiectum.org E-mail: artists@p-proiectum.org - productions@pproiectum.org

Ungheria/Hungary Budapest Centro Conferenze Graphisoft Concorso internazionale per il nuovo Centro Conferenze Graphisoft International competition for the new Graphisoft Conference Centre Scadenza/Deadline: 15/5 Monte premi/Total prize money: 53,000 US$ Giuria/Jury: Eric Van Egeraat, Axel Schultes, Jacques Rougerie, István Schneller, Tamás Nagy, Nora Demeter, András Vikár Per informazioni: Association of Hungarian Architects Otpacsirta u.2 H-1088 Budapest VIII Tel. ++36 1 3182444 Fax ++36 1 3184699 Internet: www.graphideas.com E-mail: competition@graphisoft.com

Francia/France Lyon Opéra National La restauration monumentale en Europe: Préservation et mise en valeur du Patrimoine historique en Angleterre 13/5 Prague et la Bohême, patrimoine et identité nationale (1848-1940) 3/6 Le monument historique en Allemagne, entre protection et restauration. Exemples d’une controverse continue 27/6 Per informazioni: Les Ateliers des Terraux 21 Place des Terraux 69001 Lyon Tel. ++33 4 72074900

Nice Forum d’Urbanisme et d’Architecture Carlos Ferrater. Travailler avec les creux et les vides 23/5 Per informazioni: Forum d’Urbanisme et d’Architecture Place Pierre Gautier Tel. ++33 4 97133151 Fax ++33 4 97132002

Paris Forum des Images La forme d’une ville Ciclo di film sul rapporto cinemaurbanistica/Cycle of films on the relationship between cinema and urbanism Fino al/through 6/6 Per informazioni: Forum des Images Porte Saint-Estache, Forum Les Halles 75001 Paris Tel. ++33 1 44766200 Internet: www.forumdesimages.net

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IFA/Palais de Chaillot Théories au XXe siècle, des années 20 aux années 90 : France, Allemagne, Etas-Unis, Pays Bas, Italie 14/5 Le project de retranscription d’un appartement-type de Le Corbusier à la Cité de l’architecture et du patrimoine 16/5 L’Institut national d’histoire de l’art et ses programmes d’aide à la recherche en histoire de l’architecture 21/5 Tendances dans la maison 22/5 L’Architecture moderne en France 3. De la croissance à la compétition 23/5 L’école des Beaux-Arts en chantier avant mai 1968 25/5 Que fait la polis ? 26/5 Entretien avec Boris Podrecca 27/5 Yannis Tsionis : L’atelier Candilis de l’Ecole nationale supérieure des Beax-Arts 1/6 Marin Maede : The Prince of Wales’Institute of Architecture 8/6 Entretien avec Bruno Fortier 10/6 Manfredo Tafuri à Venise 29/6 Per informazioni: IFA 6 Rue de Tournon 75006 Paris Tel. ++33 1 46339036 Fax ++33 1 46330211 Internet: www.archi.fr/IFA-CHAILLOT

Germania/Germany Berlin ICC Berlin UIA Berlin 2002 Convegno internazionale dell’Union Internationale des Architectes International UIA congress 22/7-26/7 Per informazioni: UIA Berlin 2002 Koepernicker Strasse 48/49 D-10179 Berlin (Mitte) Tel. ++49 30 27873440 Fax ++49 30 27873412 Internet: www.uia-berlin2002.com E-mail: info@uia-berlin2002.com

Frankfurt am Main Bund Deutscher Architekten-BDA Resource Cityscape Pre conferenza di/Pre-conference of UIA Berlin 19/7-21/7 Per informazioni: BDA Hessen Manuel Cuadra Internet: www.uia.bda-hessen.de E-mail: landessekretariat@bda-hessen.de

Gran Bretagna/Great Britain Dundee University of Dundee-Concrete Technology Unit Challenges of Concrete Construction 5/9-11/9 Per informazioni: University of Dundee Concrete Technology Unit-Dept. of Civil Engineering Dundee DD1 4HN Tel. ++44 1382 344347, Fax ++44 1382 345524 Internet: www.dundee.ac.uk E-mail: r.k.dhir@dundee.ac.uk

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Italia/Italy Biella Fondazione Pistoletto Cittadellarte Corsi 2002 Corso/Course: 1/7-31/10 Per informazioni: www.cittadellarte.it/unidee/info

Bologna Palazzo Marescotti Musica urbana: il problema dell’inquiamento musicale Convegno internazionale International conference 17/5-19/5 Per informazioni: Università di Bologna Dipartimento Musica e Spettacolo Laura Bernardini Via Barberia 4 40123 Bologna Tel. ++39 051 2092016, Fax ++39 051 2092017

Camerino (Macerata) Palazzo Ducale Paesaggi dell’architettura mediterranea. Spazi direlazione e di vita sociale XII Seminario e Premio Internazionale di Architetura e Cultura Urbana/12th Workshop and International Award of Architecture and Urban Culture 28/7-1/8 Per informazioni: Università di Camerino Giovanni Marucci Internet: web.unicam.it/culturaurbana E-mail: giovanni.marucci@unicam.it

Ferrara Quartiere Fieristico Il contributo dell’acciaio inossidabile nel settore dell’acqua potabile e depurazione acque 24/5 Per informazioni: Centro Inox Piazza Velasca 10 20122 Milano Tel. ++39 02 86450559 Fax ++39 02 86450569 Internet: www.centroinox.it E-mail: cetinox@tin.it

Firenze La Sfacciata Lighting Academy Corso base di Illuminazione di ambienti interni 19/6-22/6, 13/11-16/11 Per informazioni: La Sfacciata Lighting Academy Elisabetta Baldanzi Tel. ++39 055 3791328 Fax ++39 055 3791266 Internet: www.lightingacademy.org E-mail: e.baldanzi@targetti.it

Mestre (Venezia) Centro Culturale Candiani What Next? Conferenze sulla creatività contemporanea/Conferences on contemporary creativity Fino a luglio/through July Per informazioni: Centro Culturale Candiani Piazzale Candiani 7 30174 Mestre (VE) Tel. ++39 041 2386111 Internet: www.whatnext.it E-mail: info@whatnext.it

Marjetika Potrc 22/5 Per informazioni: Nuova Accademia di Belle Arti Via Paolo Bassi 3 20159 Milano Tel. ++39 02 6686867 Fax ++39 02 6684413 Internet: www.naba.it E-mail: naba@naba.it

Fondazione Ordine degli Ingegneri Indagini dinamiche su ponti e viadotti 20/5, 27/5 Inceneritori: le moderne tecnologie ecocompatibili 26/9 Per informazioni: Fondazione del’Ordine degli Ingegneri Corso Venezia 16 20121 Milano Tel. ++39 02 796214 Fax ++39 02 794916 E-mail: fondazione@ordineingegneri.milano.it

Istituto Ambiente Europa Riorganizzazione e progettazione degli ambienti di lavoro al fine della sicurezza 4/6-7/6 Per informazioni: Istituto Ambiente Europa Via P. Finzi 15 20126Milano Tel. ++39 02 27002662 Fax ++39 02 27002564 Internet: www.ambienteeuropa.it E-mail: info@ambienteeuropa.it

Acma Centro Italiano per l’Architettura Seminari/Workshops: Boris Podrecca-Disegno dello spazio pubblico 16/5-19/5 Oriol Bohigas-Riqualificazione del paesaggio urbano 30/5-2/6 Per informazioni: Acma Centro Italiano per l’Architettura Via Antonio Grossich 16 20131 Milano Tel. ++39 02 70639293 Fax ++39 02 70639761 Internet: www.acmaweb.com E-mail: acma@acmaweb.com

Università degli Studi Progettazione del verde degli spazi urbani Corso di perfezionamento/Master Course 8/5-7/6 Per informazioni: Università degli Studi di Milano Anna Gaviglio Via Celoria 2 20133 Milano Tel. ++39 02 58356493 Fax ++39 02 58356486 Internet: http://studenti.unimi.it/master/Aree/areasc .htm E-mail: progetto.verde@unimi.it

Museo di Storia Naturale Conferenze “Giovedì Verdi” AIAPP : Joao Ferreira Nunes 9/5 Gabriele Kiefer 6/6 Per informazioni: AIAPP-Associazione Italiana Architettura del Paesaggio Via Casentino 8 20159 Milano Tel./fax ++39 02 6686185 E-mail: segreteria.insubria@aiapp.net

Milano

Museo Diocesano Paesaggismi Milanesi: Piero Castiglioni, Giovanni Chiaromonte, Giulio Crespi, Guido Vergani 27/6

Nuova Accademia di Belle Arti Connecting People. Figure dello Spazio Pubblico Maja Bajevic 14/5

Per informazioni: AIAPP-Associazione Italiana Architettura del Paesaggio Via Casentino 8 20159 Milano Tel./fax ++39 02 6686185 E-mail: segreteria.insubria@aiapp.net

Centro Formazione PermanentePolitecnico Building Envelope: patologia e recupero delle facciate La perizia diagnostica Maggio/May La documentazione di progetto dell’intervento Maggio-giugno/May-June Per informazioni: Diset C/a Matteo Fiori Piazza Leonardo da Vinci 32 20133 Milano Tel. ++39 02 23996014 Fax ++39 02 23996080 E-mail: matteo.fiori@polimi.it

Varie Sedi Materials & Interior Design Workshops 2002 Laboratori di sperimentazione dei materiali Materiali naturali 26/5-2/6 Materiali mediterranei 14/6-23/6 Per informazioni: Progettomateria Via Gaudenzio Ferrari 5 20123 Milano Tel. ++39 02 58114412, Fax ++39 02 36518770 Internet: www.progettomateria.com E-mail: info@progettomateria.com

Palermo Ordine degli architetti Concorso di illuminazione applicata ai Beni Culturali 8-9/5, 10-11/5, 17-18/5, 24-25/5 Per informazioni: Ordin e degli architetti, Pianificatori, Paessagisti, Conservatori della Provincia di Plermo Piazza Principe di Camporeale 6 90138 Palermo Tel. ++39 091 6512310, Fax ++39 091 211035 E-mail: infopalermo@archiworld.it

Parma Ente Scuola Edile Lezioni di Architettura Bioecologica 18/5, 25/5, 8/6, 15/6 Per informazioni: Ente Scuola Edile di Parma C/a Maurizio Fanzini Via Nobel 13/a Parma Tel. ++39 0521 607031, Fax ++39 0521 607091 E-mail: esep@interbusiness.it

Roma Studium Urbis Giambattista Nolli: Imago Urbis and Rome Conferenza internazionale International conference 31/5-2/6 Urban Reciprocity: Architecture & Urban Planning in Renaissance Rome Seminario/Workshop 3/6-8/7 Per informazioni: The Studium Urbis Via di Montoro 24 00186 Roma Tel. ++39 06 6861191 Internet: www.studiumurbis.org E-mail: a.ceen@flashnet.it

Svezia/Sweden Stockholm Kulturhuset Stockholm Partnership for Sustainable Cities Conference 3/6-8/6 Per informazioni: Stockholm Environment Institute Lilla Nygatan, 1 Box 2142 S-103 14 Stockholm Tel. ++46 8 4121400 , Fax ++46 8 7230348 Internet: www.sei.se E-mail: postmaster@sei.se


Svizzera/Switzerland

Francia/France

Lucerna

Lione

Culture and Convention Centre XVI ISPA International Congress Convegno dell’International Society for the Performing Arts 6/6-9/6

Les Ateliers des Terreaux L’Hôpital dans la ville 16/6-17/8 Jean Zumbrunnen architecte 4/11-21/12

Per informazioni: International Society for the Performing Arts Foundation 17 Purdy Avenue Rye, New York 10580-0909 USA Tel. ++1 914 9211550 Fax ++1 914 9211593 Internet: www.ispa.org E-mail: Lucerne2002@ispa.org

Mendrisio Accademia di Architettura La geografia di progetto 15/5 Per informazioni: Accademia di Architettura Villa Argentina Mendrisio Tel. ++41 91 6404860, Fax ++41 91 6404813 Internet: www.arch.unisi.ch E-mail: centrodoc@arch.unisi.ch

USA Charlotte Convention Center AIA Annual Conference and Expo 9/5-11/5 Per informazioni: The American Institute of Architects 1735 New York Ave. NW Washington, DC 20006 Tel. ++1 800 2423837, Fax ++1 202 6267547 E-mail: infocentral@aia.org Internet: www.aiaconvention.com

Mostre di architettura e design Architecture and design exhibitions

Orleans Frac 6 Ecoles d’architecture 30/5-15/7

Parigi IFA Une Université en Chantier Paris 13e 1/3-26/5 Europan 6 1/3-26/5 IDSland: Designers 1/3-26/5 VIA Mobi-découverte - Les enfants designers 28/3-16/6 Les Ecoles 4/7-25/8 Le labels 5/9-27/10 Transparences 7/11-19/01/2003 Galerie Haute Définition Le design britannique - Spot On 16/5-15/5

Germania/Germany Berlin Vitra Design Museum The Work of Charles and Ray Eames 9/3-2/6 Aedes East Gallery Wiel Arets Architect Associates, Maastricht 2002 - Blending 16/4-13/5

Firenze

Zurigo

Università di Firenze-Facoltà di Architettura DPMPE Pierluigi Spadolini - L’architettura delle tecnologie Fino a maggio/until May

ETH Zentrum Fotopreis 2001/2002 4/4-16/5 Nachkriegsmoderne Schweiz 24/4-6/6 Meili, Mailand und das Hochhaus. Centro Svizzero 1949-52 30/5-18/7 Europan 2001 6/6-20/6 Eternipreis 2001 13/6-18/7

Genova Museo Sant’Agostino Samyn & Partners-Architetture 1972-2002 16/4 - 12/5

Merano (Bolzano) Chicago

Milano

Museum of Contemporary Art Mies in America 17/2-26/5

Triennale Cybgus 10/4-26/5 Le città visibili 15/5-1/9 La grafica tra memoria e futuro 22/5-8/9 Gli occhiali presi sul serio 29/5-29/9 Emporio 31 Spazio C’E’ 10/5-14/5

Venezia 8. Mostra Biennale Internazionale di Architettura: “Next” 8/9-24/11

Vignola (Modena) Rocca e Palazzo Boncompagni Jacopo Barozzi di Vignola (15071573) 30/3-7/7

Olanda/Holland Rotterdam

Gran Bretagna/Great Britain Austria Vienna K-Haus Mega: Manifestos of presumptuosness forum for experimental architecture 10/4-2/6 Bernhard Leitner: sound space sound 10/4-2/6

Belgio/Belgium Antwerp De Singel International Kunstcentrum Case Brussel-Atwerpen-Gent Xaveer De Geyter Architekten 1/5-9/6

Canada Montreal CCA Laboratories 18/4-15/9 Lewis Baltz: The New Industrial Parks near Irvine, California 18/4-29/9

Manchester Cube A Matter of Art: Contemporary Architecture in Switzerland 5/4-31/5

Londra Sir John Soane’s Museum Alsop Architects 28/3-8/6 Design Museum Ronan & Erwan Bouroullec Fino al/through 16/6

Italia/Italy Aosta Chiesa di San Lorenzo Michele De Lucchi dopo Tolomeo 7/6-13/10

Cittadella (Padova) Palazzo Pretorio Lavori in corso. Nuovi progetti per Cittadella 20/4-19/5

USA

Kunstmeranoarte State of Flux 20/4-9/5

NAI UN Studio 25/5-15/9

Spagna/Spain Barcelona Collegi d’Arquitectes de Catalunya A+A: Architecture and moving image 20/6-22/6 Varie Sedi Gaudì 2002: Anno internazionale di Gaudì www.gaudi2002.bcn.es

Bilbao Guggenheim Museum Frank O.Gehry Fino al/through 26/5

Svizzera/Switzerland

The Art Institute Modern Trains and Splendid Stations. Architecture and Design for the 21st century Fino al/through 28/7

Denver Art Museum US Design 1975-2000 23/2-26/5

New York Cooper Hewitt National Design Museum Skin: Surface, Substance and Design 23/4-8/9 The Bard Graduate Center for Studies in the Decorative Arts, Design and Culture Utopia & Reality: Modernity in Sweden 1900-1960 14/3-16/6 Carnegie Museum of Art Architecture+Water 9/2-12/5 Out of the Ordinary: The Architecture of Robert Venturi, Denise Scott Brown and Associates 9/2-12/5 Municipal Arts Society New York-Miami Modern Architecture 13/3-10/5

San Diego Museum of Contemporary Art-La Jolla Out Of The Ordinary: The Architecture And Design of Robert Venturi, Denise Scott Brown And Associates 2/6-8/9

Washington National Building Museum Making Tracks: The History of Urban Rail Transit in America 15/12/2001-11/8

Losanna

Yale

Ecole Polytechnique Sverre Fehn 24/4-29/5

School of Architecture Zaha Hadid Laboratory 25/3-10/5

l’ARCA 170 109


Mostre d’arte Art Exhibitions

Austria Linz Varie sedi Ars Electronica 7/9-12/9

Vienna MAK From Far-Off Lands: Art Along the Silk Route 24/10/2001-26/5 Richard Artschwanger. The Hydraulic Doorcheck 27/3-16/6 Ernst Deutsch-Dryden 10/4-14/7 Laura Kikauka - M.A.N.I.A.C.: Marvellous abundant Neglected Items Arranged Creatively 22/5-11/8 Kunst Haus Pierre & Gilles. Arrache mon Coeur 14/2-26/5 David Lachapelle. Photographs 6/6-22/9 K-Haus Salon Exhibition 19/6-21/7 Postscript: a typographic project 11/10-1/12 Kunstforum Schwitters 14/3-16/6

Belgio/Belgium Bruxelles Atomium Objets retrouvés de l’Expo 58 Fino al/through 31/8

Canada Montreal Museum of Fine Arts Capolavori italiani da Raffaello a Tiepolo 24/4-4/8

Danimarca/Denmark Arken

Belfort

Galerie Jean-Renoir Catelina. Femmes d’Afrique 29/3-25/5

Tour 46 Fernand Léger 24/5-22/9

Galerie Sainte-Reparate Annie Toja 29/3-25/5

Chartres

Orleans

Centre International du Vitrail Les couleurs du ciel. Vitraux de création au XXe siècle dans les cathédrales de France 13/4-5/1/2003

Frac Yves Duranthon 16/9-15/11 Didier Faustino 16/9-27/12

Francia/France

Ivry Galerie Fernand Léger Claire-Jeanne Jézéquel 28/3-2/6 Le Crédac David Renaud My Way 28/3-2/6

Les Mesnuls Marcus Raetz-Daniel Tremblay. Passeurs de rêves 10/3-20/5

Lille Palais des Beaux-Arts Berthe Morisot (1841-1895) 10/3-9/6

Villeneuve d’Ascq (Lille) Musée d’art Moderne Art & Language. Too dark to read, motifs rétrospéctifs 2002-1965 26/1-20/5 Jean Smilowski. Rétrospective 1/6-2/9

Lione Musée d’Art Contemporain New York, New Sounds, New Spaces 6/3-18/5

Nice Musée des Beaux-Arts Œuvres chinoises issues de la donation du Baron Vitta 7/4-23/6 Musée d’art moderne et contemporain Geneviève Martin 23/2-12/5 Niki de Saint Phalle rétrospective 16/3-27/10 Bloum Cardenas 25/5-8/9 Septembre de la photo 15/9-14/10 Theatre de la photographie et de l’image Les photographes de l’Ouest Américain 13/9-13/10

Humlebaek

Galerie des Ponchettes Jack Coville 8/3-31/5 Alberte Garribo: Marges du Silence 6/6-1/8 J.P.Jovanelli: Le conflit 25/10.17/11

Louisiana Museum Georgia O’Keeffe 8/2-20/5 Doug Aitken 19/4-28/7

Galerie du Chateau Isacham, courbes et lumières 29/3-25/5 La Rahla, Amicale des Sahariens 7/11-28/11

Museum of Modern Art Fernando Botero. Painter of the Incredible 2/2-2/6

110 l’ARCA 170

Paris Centre Pompidou La Révolution surréaliste 27/2-24/6 Jeu de Paume Georges Mathieu 23/4-16/6 Muséum National d’Histoire Naturelle Les voyages de la Korrigane dans les Mers du Sud 5/12/2001-3/6 Musée Carnavalet Les Stroganoff: princes et mécènes 6/3-2/6 Centre National de la Photographie Stephen Wilks 10/4-13/5 Bertrand Gadenne 29/5-24/6 Erwin Wurm 29/5-26/8 Musée Jacquemart André La passion du dessin 19/3-30/6 Espace EDF-Electra Melies, magie et cinema 26/4-31/8 Espace Croisé Kinshasa, Congo. Fabien Rigobert/Moke, Cheri Samba 17/5-13/7

Germania/Germany Bonn Kunst- und Ausstellungshalle des Bundesrepublik Deutschland 7000 Years of Iranian Art 8/10/2001-1/6

Frankfurt am Main Künstlerhaus Mousontrum Manifesta 4 25/5-25/8 Schirn Kunsthalle The Mysteries of the Celts of Glauberg 24/5-1/9 Manifesta 4 25/5-25/8 Shopping 24/9-8/12 Henri Matisse. The Cut-Outs 20/12-3/3/2003

Kiel Stadtgalerie Luce, movimento & programmazione 14/6-11/8

Gran Bretagna/Great Britain Liverpool Tate Remix: Contemporary Art and Pop Music 24/5-26/8 Liverpool Biennial 2002 14/9-24/11

Londra National Gallery Aelbert Cuyp 13/2-12/5 Baroque Painting in Genoa 13/3-16/6 Tate Modern Eija-Liisa Ahtila 30/4-28/7 Matisse-Picasso 11/5-18/8 Tate Britain American Sublime: Landscape Painting in the USA 1820-1880 21/2-19/5 Hamish Fulton 14/3-2/6 Dulwich Gallery Inspired by Italy: Dutch Landscape Painters 1600-1700 22/5-26/8 David Wilkie 11/9-1/12 Royal College of Art The Show: Sculpture 30/5-9/6 The Show: One 31/5-9/6 The Show: Two 28/6-7/7

Italia/Italy Amalfi (Salerno) Basilica del Crocefisso Quasimodo 21/3-15/6

Aosta Museo Archeologico Regionale Glass way-Le stanze del vetro 15/6-28/10 Centro Saint Benin Carlo Carrà 21/6-3/11

Arona (Novara) Villa Ponti Gigi Comolli. Un impressionista sul Lago Maggiore Pierre-Auguste Renoir. Capolavori Nascosti 2/3-9/6

Bologna Museo Civico Archeologico Africa nera. Arte e cultura 26/3-30/6

Bolzano Varie sedi Musicaxocchi 13/4-16/6 Banca di Trento e Bolzano Everest. L’orizzonte curvo della fantasia 26/4-39/6 Museion Stanze II 16/3-2/6


Galleria Museo To Actuality 28/5-30/6

Fondazione Stelline About Flowers 28/9-13/10

Brescia

Fondazione Mazzotta Ernst Ludwig Kirchner 23/2-9/6

Santa Giulia-Museo della Città Vincenzo Foppa 3/3-2/6

Busto Arsizio (Varese) Fondazione Bandera per l’Arte Piero Boragina. Topinambùr 23/3-9/6 Marco Casentini. Non luoghi 13/4-9/6

Cernobbio (Como) Villa Bernasconi Eugenio Montale. Parole e colori 13/4-9/6

Conegliano (Treviso) Palazzo Sarcinelli Da Boccioni a Morandi: Pittura italiana 1900-1945 dalle Collezioni private 7/3-23/6

Ferrara Palazzo dei Diamanti Alfred Sisley, Poeta dell’Impressionismo 17/2-19/5

Firenze Palazzo Pitti Islam-Specchio d’Oriente 23/4-1/9

Galleria Valeria Belvedere Rudolf De Crignis. Three grey paintings, one radiant lemon yellow 16/4-8/6 Galleria Viafarini Maja Bajevic 16/5-30/6 Association Jacqueline Vodoz et Bruno Danese Salvatore Licitra, pensieri parole opere 28/3-10/5 Photology Pertti Kekarainen. Space Oddity 11/4-15/6 Associazione Xpò I Giardini di Xpò 10/4-10/5 Fiera Milano Internazionale Antiquariato 11/5-19/5 Pinacoteca Ambrosiana I tre anelli. Itinerario di pace attraverso “le religioni del libro” nei codici dellAmbrosiana 5/3-2/6 Galleria Blu Agostino Bonalumi. Sensorialità e astrazione 8/4-13/7

Formello (Roma)

Fonte d’Abisso Arte Noi Futuristi 7/3-14/6

Museo dell’Agro Veientano Opera grafica di Jean Pierre Velly 27/4-30/7

Galleria Gio Marconi Giò Pomodoro 5/4-19/5

Genova

Salvatore+Caroline Ala Galleria Imi Knoebel. Milano Paintings 5/4-18/5

Villa Croce The Fluxus Constellation 15/2-13/6

Manciano (Grosseto) Nuovo Cinema Moderno e Varie sedi Quattro Venti 16/3-20/7

Mantova Palazzo Te Pom Aria. Vanni Viviani 6/4-30/6 La “Celeste Galeria” dei Gonzaga 2/9-8/12

Mestre (Venezia) Centro Culturale Candiani Gli “irascibili” e la Scuola di New York 23/3-30/6

Milano Palazzo Reale Il Neoclassicismo in Italia: da Tiepolo a Canova 27/2-28/7 New York Renaissance 18/3-11/9 PAC More than reality. Duane Hanson. Sculptires of Life 28/5-30/8

Spazio Oberdan La seduzione della materia. Scultori italiani da Medardo Rosso alle generazioni recenti 23/3-12/5 Made in Africa 22/5-25/7 Fondazione Biblioteca di Via Senato Dall’orrido al sublime, la visione delle Alpi 9/5-27/10 Triennale Monete, orologi e grande cucina. I mestieri d’arte alla scoperta del futuro 23/3-26/5

Modena Palazzina dei Giardini Peter Phillips. Opere 1961-2001 24/3-9/6

Mogliano Veneto (Treviso) Brolo Volti del cinema italiano dall’Archivio Bianconer di Venezia 7/4-2/6 Laboratorio di scultura europea 9/6-4/8 Henri de Toulouse-Lautrec. Lo sguardo e il segno 8/9-8/12

Montefalco (Perugia)

Siena

Chiesa Museo di San Francesco Benozzo Gozzoli 1/6-1/9

Santa Maria della Scala Duccio di Buoninsegna 9/3-9/6

Monza (Milano)

Palazzo delle Papesse De Gustibus 3/3-12/5

Serrone della Villa Reale Pompeo Mariani 14/3-12/5

Padova Museo Diocesano I colori del sacro nell’illustrazione per l’infanzia 24/3-16/6

Parma Palazzo Pigorini Sebastiao Salgado: Gente di Parma 6/4-30/6 Bob Sacha: Anno Verdiano 6/4-30/6

Piacenza Palazzo Gotico Surrealismo Padano. Da De Chirico a Foppiani, 19151986 8/3-23/6

Pistoia Palazzo Fabroni Arte in Toscana 1968-1989 24/2-9/6 Fattoria di Celle Santomato di Pistoia Magnete: Presenze artistiche straniere in Toscana nella seconda metà del XX secolo 3/6-30/9

Prato Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci Arte in Toscana 1990-2000, e collezionismo contemporaneo 24/2-9/6

Reggio Emilia Palazzo Magnani e Chiostri di San Domenico Alessandro Tiarini. La grande stagione della pittura del Seicento a Reggio Emilia 24/3-16/6

Roma Palazzo delle Esposizioni Arte, cronaca e cultura dal neorealismo alla Dolce Vita 30/1-27/5 Fondazione Memmo Il trionfo del colore. La Collezione Carmen Thyssen-Bornemisza: Constable, Monet, Van Gogh, Gauguin, Picasso e Kandinsky 25/2-5/6 Museo del Corso Dal Futurismo all’Astrattismo 20/3-7/7 Palazzo Venezia Giovanni Lanfranco (1582-1647). Un pittore fra Parma, Roma e Napoli 16/3-16/6 Complesso del Vittoriano Paul Cézanne. Il padre dei moderni 7/3-7/7

Spoleto (Perugia) Palazzo Racani Arroni Sergi Barnils. La morada inmutable 4/5-9/6 Chiostro di San Nicolò Swarovski. La magia del cristallo tra arte cultura e storia 4/5-2/6

Stra (Venezia) Villa Pisani Arte e paesaggio. Opere di Maria Baldan 5/5-19/5

Torino Palazzo Bricherasio Zenobia di Siria. Il sogno di una regina d’Oriente 13/2-26/5 Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea De Nittis e la pittura della vita moderna 15/2-26/5 Varie sedi Big Torino 2002. Seconda Biennale Internazionale di Arte Giovane 19/4-19/5 Palazzo Cavour Dal vero. Il paesaggismo napoletano da Gigante a De Nittis 12/4-21/7

Trento Palazzo delle Albere Paesaggi e ambienti di montagna 28/3-29/9 Museo Tridentino di Scienze Naturali Destinazione stelle 20/2-30/6 Palazzo Geremia La magia e la poesia del Trentino nella pittura di Eugenio Prati 18/5-30/6

Trieste Ex Scuderie del Castello Miramare Le arti di Efesto: Capolavori in metallo della Magna Grecia 2/2-4/7

Venezia Palazzo Grassi Da Puvis de Chavannes a Matisse e Picasso - Verso l’arte moderna 10/2-16/6 Museo Correr Navigare e descrivere. Isolari e portolani del XV-XVIII secolo Fino al/through 30/6 Jackson Pollock 23/3-30/6 Galleria Rossella Junck Anne-Lise Riond Sibony 11/5-10/6 Vetrina Vetro 2002 29/9-10/11

l’ARCA 170 111


Scuola Gande dei Carmini Biennale Internazionale di Calcografia. Il grande formato nell’incisione contemporanea 12/4-30/6

Verona Palazzo Forti Artists of the Ideal. Nuovo Classicismo. Nuove acquisizioni Angelo Dall’Oca Bianca. Visioni multiple 19/4-30/6

Vicenza Basilica Palladiana I luoghi della carità 20/4-14/7

Vinci (Firenze) Palazina Uzielli Nam June Paik a Vinci 16/3-16/6

USA Austin Museum of Art Twenty to Watch: New Art from Austin 6/4-26/5 Images from the World Between: The Circus in Twentieth-Century American Art 8/6-18/8

Boston Isabella Stewart Gardner Museum Cosmè Tura Painting and Design in Renaissance Ferrara 30/1-12/5

Chicago Chicago Art Institute Modern Trains and Splendid Stations 8/12/2001-28/7

Los Angeles Olanda/Holland Amsterdam Van Gogh Museum Van Gogh-Gauguin. Lo studio del sud 9/2-2/6

Rotterdam Kunsthal Jewels of the Orient. The van der Star Collection 16/2-9/6

Spagna/Spain Barcelona Centre de Cultura Contemporania The World seen from Fez 20/3-26/5

Valencia IVAM Tony Smith 14/3-19/5

Svizzera/Switzerland Locarno Pinacoteca Casa Rusca Arturo Bonfanti, 1906-1978 24/3-30/6

Lugano Museo Cantonale d’Arte Arte Africana dalla Collezione Han Coray 1916-1928 16/3-30/6

Martigny

Museum of Contemporary Art Zero to Infinity: arte povera 1962-1972 10/3-11/8

New York Lubalin Study Center Massin in Continuo: A Dictionary 30/10/2001-15/12 MOMA Projects 73: Olafur Eliasson-Seeing Yourself Sensing 13/9/2001-21/5 Whitney Museum of American Art Dancer: 1999 Nudes by Irving Penn 12/1-12/5 2002 Biennial 7/3-26/5

Phoenix Phoenix Art Museum Reminders of Invisible Light: The Art of Beth Ames Swartz 1960-2000 9/2-12/5 Dale Chihuly: Installations 30/3-23/6

San Diego Museum of Art José Clemente Orozco in the United States, 1927-1934 9/3-19/5 Young Art 2002 4/5-9/6 Mingei International Museum Africa-The Pulse of a Continent 10/2-1/6 MCA Downtown Adi Nes 28/4-14/7

Fondation Pierre Gianadda Van Dongen, retrospettiva 25/1-9/6

MCA La Jolla Wolfgang Laib 27/1-19/5

Zurigo

Seattle

Kunsthaus William Turner 2/2-26/5

Art Museum Morris Graves 1/11/2001-20/10

112 l’ARCA 170

Fiere e saloni specializzati Trade fairs and exhibitions

IFDA Ashikawa Furniture Industry Coopreative Office 10-chome, 2-jo, Nagayama Asahikawa, Hokkaido 079-8412 Japan Tel. ++81 166 470655, Fax ++81 166 484749 Internet: www.asahikawa-kagu.or.jp/ifda E-mail: ifda-e@asahikawa-kagu.or.jp

Libano/Lebanon Beyrouth Emirati Arabi Uniti/UAE Dubai Jumeirah Beach Hotel Waterfront & Marina Development Salone e conferenza internazionale/International exhibition and conference 3/6-5/6 Per informazioni: Mark Beaumont-Media Generation Events 21 Beechwood Crescent Ampfield, Chandlers Ford Hampshire SO53 5PC, UK Tel./fax ++44 2380 262931 Internet: www.mediageneration.co.uk E-mail: mark.baumont@mediageneration.co.uk

Forum Project Lebanon Salone internazionale della tecnologia, materiali, attrezzature per l’edilizia e tecnologie ambientali International trade fair for construction technology, building materials, equipment and environmental technology 14/5-18/5 Per informazioni: IFP Expo Tel. ++961 1 263421, Fax ++961 1 261212 Internet: www.ifpexpo.com E-mail: projectlebanon@ifpexpo.com

Italia/Italy Brescia

Francia/France Lyon

Polo Fieristico Eib Fiera dell’edilizia 16/5-19/5

Centre de Conventions et d’Expositions Motek Salone internazionale dell’assemblaggio e della manipolazione International trade fair of assemblage and manipulation 13/5-16/5

Per informazioni: Fiera dell’edilizia Giaroli Milena Tel. ++39 030 45640 Zanolli Giorgio Tel. 3289369362 E-mail: info@iljolly.com

Per informazioni: Sepel Eurexpo Florent Suplisson BP 190 - 69686 Chassieu cedex Tel. ++33 04 72223342 Fax ++33 04 72223334 Internet: www.eurexpo.com E-mail: eurexpo@eurexpo.com

Fiera Xylexpo Biennale mondiale delle tecnologie del legno/World biennial of wood technologies 21/5-25/5

Eurexpo Première Influence Salonte internazionale del mobile e della decorazione/International trade fair of furniture and decoration 3/6-5/6 Per informazioni: Sepelcom Avenue Louis Blériot BP 87 69683 Chassieu Tel. ++33 4 72223277 Fax ++33 4 72223167 E-mail: indus@sepelcom.com

Nantes Parc Expo La Beaujoire Carrefour International du Bois Salone internazionae del legno International trade fair of wood 29/5-31/5 Per informazioni: Parc Expo BP 70515 44105 Nantes cedex 4 Tel. ++33 240 736064 Fax ++33 240 730301 Internet: www.timbershow.com E-mail: info@timbershow.com

Giappone/Japan Asahikawa Design Gallery IFDA 2002 Salone internazionale di design e arredamento International furniture design fair 3/7-31/7 Per informazioni:

Milano

Per informazioni: Efimall Centro Direzionale Milanofiori 1° Strada Palazzo F3 20090 Assago (MI) Tel. ++39 02 89210200, Fax ++39 02 8259009 Internet: www.xylexpo.com E-mail: info@xylexpo.com

Montichiari (Brescia) Fiera Metef 2002 Salone internazionale dell’industria dell’alluminio/International trade fair of aluminium industry 8/5-11/5 Per informazioni: Alupromotion Via Corfù 102 25124 Brescia Italy Tel. ++39 030 2421043, Fax ++39 030 223802 Internet: www.metef.com E-mail: info@metef.com

Verona Fiera Solar Expo 2002 Mostra convegno internazionale sulle energie rinnovabili e alternative/International fair and conference on renewable and alternative energies 23/5-26/5 Per informazioni: Solarexpo 2002 Roberto Rosso Piazzetta Trento e Trieste 10/b 32032 Feltre (BL) Tel. ++39 0439 849855 Fax ++39 0439 849854 Internet: www.solarexpo.com E-mail: segreteria@solarexpo.com


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