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english text La rivista internazionale di architettura, design e comunicazione visiva | The international magazine of architecture, design and visual communication

Paul Andreu In Italia € 9,00 IVA assolta dall’editore

+Arch Behnisch, Behnisch & Partner Coop Himmelb(l)au Massimiliano e Doriana Fuksas Christian Hauvette Herzog & de Meuron Stefano Longhi-Giancarlo Massetani Nikken Sekkei

www.arcadata.com

Marco Petreschi Studio Schivo Associati

settembre | september

2003 184

Periodico mensile - Spedizione in abbonamento postale 45% pubblicità ART.2 Comma 20/B Legge 662/96 - Milano

The Great Egyptian Museum


Cesare Maria Casati

La vera città

The Makings of A Real City

ontrariamente a tutte le aspettative Milano, città assente ormai da alcuni decenni come protagonista dell’architettura contemporanea, sembra si sia svegliata dal suo torpore istituzionale annunciando al mondo un’iniziativa unica di rigenerazione urbana di una grande area. Area di oltre quaranta ettari. Ho accennato di torpore istituzionale rammentando i concorsi internazionali promossi negli ultimi anni con ricchi premi e ambiziose promesse. Attualmente tutti narcotizzati nelle pastoie burocratiche o nella cronica carenza di risorse. Penso al nuovo Museo all’Ansaldo progettato da David Chipperfield, all’Arengario di Italo Rota, alla demolizione dell’Alba di Milano di Ian Ritchie, alla nuova sede alla Bovisa del Politecnico di Milano di Architecture Studio e Ishimoto Architectura & Engineering e alla Grande Biblioteca Europea di Bolles+Wilson. Ecco perché, all’annuncio della volontà di trasformare le aree che la Fiera di Milano libererà trasferendosi a Rho nei nuovi edifici già in costruzione, occorre che tutti si dia la massima attenzione L’intrapresa è gestita dalla Fiera che, per fare “cassa”, ha chiamato a concorso gruppi di immobiliaristi internazionali a confrontarsi con progetti ambiziosi e soprattutto con offerte particolarmente vantaggiose. L’importanza della gara ha fatto sì che ogni gruppo selezionato si sia presentato con un architetto “superstar” a capo dei gruppi di progettazione. Concorso curioso, non organizzato dal Comune, che in fondo è il vero e unico responsabile della riqualificazione della città, ma dalla Fiera stessa che probabilmente guarderà più alle cifre che alla qualità della vita nella città. E’ sicuramente la prima volta, almeno in Italia, che progettisti di sicuro valore come Rem Koolhaas, Norman Foster, Renzo Piano, Mario Bellini, Zaha Hadid, Daniel Libeskind, Arata Isozaki, Richard Rogers e altri vengono chiamati separatamente a “inventare” un pezzo importante di una grande città europea. Importante anche perché il sito, essendo attualmente occupato dalla Fera, è centrale e già servito molto bene da tutte le infrastrutture di trasporto. Ora mancando approfondite richieste e indicazioni da parte della pubblica amministrazione che banalmente chiede un “Central Park” di circa venti ettari, residenze e non centri commerciali, tutto è demandato alla capacità dei costruttori di interpretare la particolare milanesità dei luoghi ricordando la trasformazione generazionale in atto che chiede qualità e aggregazione. E’ anche la prima volta che committenti e progettisti si trovano a dare risposte senza aver ricevuto domande. Una procedura concorsuale insolita che può dare sbocchi imprevedibili. Quello che ci auspichiamo è che esca un progetto adeguato strutturalmente e formalmente al prossimo futuro e che interpreti lo spirito della città e dei valori dell’architettura con proposte non di edifici disgregati come dei begli oggetti di design ma con residenze integrate a spazi e attività urbane dedicati alla cultura, al commercio e a tutti quei luoghi di ritrovo necessari alla attuale vita cittadina. Si tratta di saper integrare i nuovi siti, che gli intellettuali per bene definiscono “non luoghi”, con le diverse attività senza barriere. Abitare, lavorare, divertirsi, consumare e istruirsi sono la vera città. Città popolata non solo da automobili inquinanti ma da cittadini che transitano, osservano, dialogano e vivono.

ontrary to all expectations Milan, a city which has been off the map of modern-day architecture for several decades now, seems to have woken up from its institutional torpor ready to let the world know about its unique plans to redevelop the cityscape over an area of more than forty hectares. I referred to the city’s institutional torpor in relation to international competitions organised over recent years with rich prizes and ambitious promises but, for the time being, all bogged down in the bureaucratic mire or sidelined due to the chronic lack of resources. I am thinking of the new Ansaldo Museum designed by David Chipperfield, the town hall with balcony designed by Italo Rota, the demolition of Ian Ritchie’s “Dawning of Milan”, the new Bovisa campus of Milan Polytechnic designed by Architecture Studio and Ishimoto Architecture & Engineering and Bolles+Wilson’s Grand European Library. This is why everybody ought to pay very close attention to the plans to convert the areas that will be left free after the Milan Trade Fair moves to the town of Rho into new buildings already under construction. The operations are being handled by the Trade Fair Committee, which, for financial reasons, has organised a competition between teams of international real estate agents in quest of ambitious projects and, above all, advantageous offers. The importance of the competition has meant that each chosen team has produced its own “superstar” architect to head their design teams. A strange competition, not organised by the City Council, which is ultimately solely responsible for redeveloping the city, but by the Trade Fair Committee itself, which will probably be more interested in monetary issues than the quality of city life. This is certainly the first time, at least in Italy, that architects of the undoubted calibre of Rem Koolhaas, Norman Foster, Renzo Piano, Mario Bellini, Zaha Hadid, Daniel Libeskind, Arata Isozaki, Richard Rogers and others, have been separately asked to “invent” an important piece of a major European city. Also important because the site, where the Trade Fair currently stands, is centrally located and well-served by all kinds of transport facilities. Due to the lack of any definite guidelines or requirements from public administration, which has just blandly asked for a “Central Park” covering about twenty hectares, housing and not shopping malls, everything is left in the hands of the builders to grasp the peculiar Milanese nature of the places and remember that the general transformation process under way calls for quality and aggregation. This is also the first time clients and architects find themselves looking for answers to questions that have not actually been asked. An unusual competition procedure that is likely to lead to unexpected results. It is only to be hoped that the winning design is structurally and stylistically at the cutting edge, interpreting the city’s true spirit and the real values of architecture by creating not isolated buildings like lovely design objects, but housing integrated in urban activities and spaces devoted to culture, business and all those meeting places required for present-day community life. The key is to knit the new sites, which respectable intellectuals describe as “non places”, into a variety of barrier-free activities. Living, working, enjoying oneself, consuming and learning are the real makings of a city. A city inhabited not by cars but by people who travel, observe, interact and live together.

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Quaderno Berlinese Notebook from Berlin

Sette appunti da conservare

Camminata nel paesaggio urbano

Walk through the cityscape

erlino è una metropoli perfettamente servita dalle tante linee della metropolitana e dalla sopraelevata però, con apparente contraddizione, è una città che invoglia comunque a camminare, poiché molto di quello che merita di essere visto è situato within walking distance. Come si usa dire quando una buona camminata ci porta al centro del problema. Ammettiamo di partire dal riferimento più evidente della zona Ovest la Gedechniskirche, per andare verso est costeggiando per breve tratto lo zoo. La prima costruzione abbastanza stupefacente è la sede federale del partito cristiano democratico. Una enorme carena rovesciata circondata da una parete a serra. A pochi passi le ambasciate dei paesi scandinavi, esemplari. Più avanti attraversando il quartiere diplomatico si arriva al Kulturforum ed alla Neue Nationalgalerie di Mies Van der Rohe. Dalla quale, sopra i tetti a pagoda della Filarmonica, si comincia ad intravedere il segno forte della Potzdamer Plaz. Poi tutto si fa vicino, quasi improvvisamente. Il Sony Center, il lotto Daimler-Benz, la sede della Debis, il Cinema Imax e così via. Noti edifici, dovuti a notissimi architetti di fama internazionale, che pare superfluo tornare a elencare. Dopo avremo solo il dubbio della scelta. Continuare verso est per la Leipziger sino a raggiungere la Friedrichsstrasse ed il famoso Chekpoint Charlie. Oppure virare subito verso nord, per la Ebert, arrivando al Pariserplatz dove si alza la porta di Brandenburgo. Tutto ciò potrebbe definirsi un primo assaggio, se non fosse, in realtà, il piatto forte di questa grande mensa imbandita.

erlin is a big city extremely well-served by all its underground lines and elevated railways, yet, as contradictory as it might seem, it is a city that makes you want to walk around because much of what is worth seeing is, as they say when a good stroll gets you to the heart of the matter, within walking distance. Let’s begin from the most obvious starting point over in the west district, the Gedechniskirche, and then head east skirting past part of the zoo. The first really striking building is the federal headquarters of the Christian Democratic Party. A huge upturned ship’s bottom surrounded by a glass wall. Just a few yards say, we come to the embassies of Scandinavian nations, exemplary works. Further on, crossing the diplomatic district, we come to the Kulturforum and Neue Nationalgalerie designed by Mies Van der Rohe. From here, over the pagoda roofs of the Philharmonic Hall, we get a first glimpse of the Potzdamer Platz, a striking landmark. Then, all of a sudden, we are right in the midst of it all. The Sony Center, the Daimler-Benz lot, the headquarters of Debris, the Imax Film Theatre etc., etc. Well-known buildings designed by internationally famous architects, that is hardly worth listing. After this, we are literally spoilt for choice. Should we head east towards the Leipziger until we reach Friedrichsstrasse and the legendary Checkpoint Charlie, or turn north towards Ebert until we come to Pariserplatz, where the Brandenburg Gate stands. All this might seem like a sort of entree, but in actual fact it is the main course on this well-prepared table.

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Scale not monumentalism Scelta di scala non di monumentalismo It only takes a few days to get used to the reassuring sense of Bastano pochi giorni per abituarsi a questo senso di monumen-

talità, non fastidiosa, che pervade gran parte della città. Toccando le note più alte in certe forme politico- rappresentative. Come la cupola del Reichstag di Norman Foster. Oppure il Band des Bundes, Nastro della Federazione, pianificato da Axel Schultes. Il senso di maestosità qui è dato anzitutto dalle forme plastiche. Si potrebbe trovare un facile apparentamento con la scultura. Altrove invece sono le dimensioni di certi particolari, atrio, portico, ingresso, finestrone, a conferire un significato. Evidentemente si tratta si una scelta di scala, o meglio della giusta lettura di una scala preesistente, dovuta all’impianto urbanistico originale. Si esalta soprattutto l’orizzontalità e .la visione prospettica. La Blockrandbebauung che trova paternità storica in taluni edifici di Erik Mendelsohn, si avvale di questa linearità terrena alla quale si contrappongono, improvvise, certe torri il cui carattere totemico appare più che evidente. Non quindi una città verticale come quelle dei grattacieli, bensì 2 l’ARCA 184

monumentalism that pervades much of the city. Striking its highest notes in certain political-representational forms. Such as the Reichstag’s dome designed by Norman Foster or the Band des Bundes (Federation Strip), which was the work of Axel Schultes. Here it is the sculptural forms that create a feeling of majestic grandeur. The links with sculpture are only too obvious. Elsewhere it is the size of certain details, like the lobby, portico, entrance and main window, that inject meaning. This is really just a choice of scale or rather interpretation of the existing scale based on the original site plan. The focus is mainly on horizontality and perspective vision. The Blockrandbebauung, whose historical kinship can be traced back to certain buildings designed by Erik Mendelsohn, exploits this ground-hugging sense of linearity to suddenly be contrasted with a number of towers whose totem-like nature is brought out even more. 184 l’ARCA 3


una accurata ricerca di accentuazioni. Nulla di leggero. Però tutto, in qualche modo, aereo. Vi è una grande alternanza di spigoli e tondi, di rientranze e sporgenze, di momenti statici e movimenti dinamici. Un uso del modulo giocato su piccole variazioni che non scopri subito. Senti naturalmente attribuzioni a presunte scuole. In parecchi casi si parla di eclettismo postmoderno oppure di rinnovate tendenze neoclassiche e di nuovi caratteri simbolici. L’inserimento dell’arco di cerchio in queste assonometrie, ricche di diagonali, provoca continue sorprese. Una Identità complessiva e complessa Di cosa è fatta questa architettura? Anzi-

This is not a vertical city like those full of skyscrapers, but rather a careful quest for accentuated forms. There is nothing light-weight about all this, but it does have an airy feel. Sharp edges and rounded forms, insets and projections, static and dynamic features, all alternate in abundance. The tiny variations on the main module are anything but immediately obvious. There is a tendency to instantly find influences of alleged schools of thought. Postmodern eclecticism or revamped neo-classical trends are immediately evoked, as well as allusions to new symbolic features. The inserting of the arc of a circle in these axonometries, full of diagonals, causes continual surprises.

tutto di diversità poco apparenti. Una grande città con un rilevante passato storico A complex, overall identity assimila e metabolizza inevitabilmente ogni So what is the architecture made of? corpo estraneo. Ma pochi lo sono realmenAbove all, rather understated diversity. A te. La cosiddetta ricostruzione critica della big city with an important historical past grande Berlino ha fatto leva su una tradizioinevitably absorbs and metabolises any ne di buona architettura. Come se certi foreign bodies. But very few of these bodies quartieri sentissero la presenza di un genius really are foreign. The so-called critical loci. Di fatto, ad un esame più attento, quereconstruction of grand old Berlin was able ste diversità sono sì poco apparenti però to draw on a tradition for fine architecture. sostanzialmente determinanti. As if certain neighbourhoods could really Cioè ogni architetto, o ogni gruppo di feel the presence of a genius loci. In actual architetti, si è espresso con un proprio linfact, upon closer scrutiny, the diversity is guaggio secondo proprie convinzioni esteindeed hard to note but not for that any tiche, applicando le più attuali soluzioni less crucial. ingegneristiche. Ogni fabbricato ha un proEach architect, or team of architects, prio stile, termine caro a Gio Ponti purtrophave drawn on theirs own idiom based on po travisato dai più nefasti stilismi, una protheir own aesthetic beliefs, applying the latpria identità. Inoltre tutti questi stili, queste est engineering solutions. Each building identità, in qualche modo coerenti tra loro has its own style, an expression Gio Ponti e con l’identità complessiva e complessa was so fond of (alas, ruined by annoying della città, paiono fondersi senza confontalk of stylisms), its own identity. Moreover, dersi, formando la pelle che circonda e all these styles or identities, that somehow contiene il corpo. Non una sorta di corazza, seem to fit in with each other and the oversi badi bene. Bensì qualcosa che non si può all, complex identity of the city, seem to più togliere. Ma sulla quale possiamo contiblend together without getting mixed up, nuare ad intervenire. O forse non siamo forming a skin enveloping and holding a neppure noi gli artefici del continuo rinnobody. But not, of course, some sort of coat vamento, che sembra generato da energie of armour. Something that cannot be taken interne. Pare dunque che si sia instaurato off, but which we can keep on working at. un processo inarrestabile, per via del quale Or, to tell the truth, perhaps we are not la città si configura come cantiere continuo really the artifices of all the constant senza peraltro rallentare il proprio ritmo change that seems to be generated by enerproduttivo. Né creare disagi al traffico, che si rivela scorrevole per- gy from inside. An unstoppable process seems to have set under sino nelle ore di punta. way that turns the city into a sort of non-stop building site whose production rate never drops. The traffic also runs as smoothly as ever, even at rush hour. Uno spazio lasciato ai segni Ogni tanto incontri uno di questi orsi coloratissimi. Una città di segni e segnali. Che quindi comunica, anche e Leaving space for signs soprattutto, attraverso segni. Lampioni ad esempio, poi semafori ed Every now and again you come across one of these colourful orologi. Ci sono in ogni città, dappertutto. Ma non sempre così pre- bears. senti e discreti. Come la segnaletica stradale, meno discreta comunA city full of signs and symbols. At times, and most significantque funzionalmente presente. Tutto questo senza quella vegetazio- ly, communicating through signs. For instance lampposts, but also ne ripetitiva di paletti e pali che sta ridicolmente imbrigliando Mila- traffic lights and clocks. They are in all cities, all over the place. no. Segni sono, inoltre nella maggioranza, le insegne dei negozi, But not always quite so numerous yet discrete as here. Like road mai sopra alle righe. E la contenuta presenza della pubblicità stra- signs, less discrete but genuinely useful. All this without the repetidale. Segni di una civiltà dell’immagine. Come i muri, raramente tive landscaping of poles and posts that seems to be afflicting Milan graffiati da firme di ignoranti anonimi. in such a ridiculous way. Most of the signs are actually shop signs, Poi, al di fuori di certi segnali metaforici, vi sono quelli che si never too intrusive. The carefully contained presence of street alzano evidenti. Sculture, installazioni, icone intenzionali. Opere advertising. Signs of an image-oriented society. The walls are 4 l’ARCA 184

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piantate su un marciapiede come fosse per caso, quasi l’autore le avesse dimenticate, entrate in seguito a far parte della folla. Difficili da separare dal contesto perché sono, loro stesse, il contesto. E contesto è questo senso dello spazio, merito indubbio degli urbanisti chiamati a sovrintendere alla costituzione della grande Berlino circa trecento anni fa. Strade diritte e larghe, ampi marciapiedi privi di automobili ingombranti, alberi, aiole, giardini, parchi. Anche il verde è un modo di segnare la città, come lo è la sua pavimentazione e la pulizia sia dell’uno che dell’altra. Non è solo questione di aperture, di meno traffico, di ritmi diversi, tutte cose fondamentali alle quali si deve tuttavia accompagnare il cosiddetto senso civico, l’unico modo di contrassegnare i segni per trasmetterli agli altri intatti e fruibili. Anche nel ricordo. La Gedechtniskirche, Alexanderplatz ed ora i nuovi momenti di riflessione progettuale. Segni forti. Voglia di chiudere con il passato Quando era stata l’ultima volta? Nel Feb-

braio 1991, per l’Icograda, ospite dell’IDZ Internationales Design Zentrum. Hotel am Zoo sul Ku-Damm. Il muro era caduto da poco più di un anno ma ne esistevano ancora tracce vistose. La zona est era tuttora una situazione con evidenti tracce di indigenza architettonica. Però si sentiva nell’aria, fortissima, questa voglia di chiudere con il passato senza più stare a recriminare. Soprattutto senza rancori, distinguo, revisioni, rivendicazioni ed altre patetiche menate che in certi paesi accompagnano i doverosi anniversari. I musei erano tutti perfettamente funzionanti e le inverosimili mura di Babilonia riuscivano a lasciarti come sempre senza fiato. Più dei policromi resti di quello che era stato definito “il muro della vergogna”. Ma quando la prima? Nel 51, dieci anni avanti che erigessero quell’odiato muro. Ospite, per via di una quasi borsa di studio, della HBK in Hardenberg Strasse. Alloggiato alla Pension Tiergarten dove oramai si alzano nove piani di high tech molto tecnico. Tre quarti delle case dei quartieri del centro erano state distrutte e la povertà si leggeva, negli occhi di tutti, frammista ad una gran voglia di vivere. Ecco, la Berlino di oggi pare essere nata da quella voglia di superare ogni difficoltà. Il blocco, il ponte aereo, i carri armati russi, le zone alleate. Il senso del provvisorio, la tenaglia che poteva chiudersi stritolando l’idea stessa della città. Che voleva comunque tornare ad essere, a buon diritto, una capitale d’Europa.

rarely defaced with mindless graffiti. Alongside these metaphorical signs, others are much more obvious. Sculptures, installations, intentional icons. Works planted on the pavement as if by chance, almost as if their designers had forgotten all about them and they had just gradually been drawn into the crowd. Hard to detach from the context because they are part of the context. And this sense of space is also part of the context, undoubtedly the work of town-planners commissioned to supervise the construction of grand old Berlin about three-hundred years ago. Wide, straight streets, spacious pavements with no cumbersome cars, trees, flower-beds, gardens and parks. Even the landscaping provides a way of marking the city, as does the paving and how they are both cleaned. It is not just a question of openings, less traffic and different rhythms, all important things that need to be accompanied by that community feeling which is the only way to pass on these signs to others, all perfectly intact and ready to be put to use. Even for the purpose of memory. The Gedachtniskirche, Alexanderplatz and new opportunities for thinking about design. Powerful signs. A desire to close with the past When was I last there? In February 1991

for Icograda, as a guest of the IDZ Internationales Design Zentrum. At the Hotel am Zoo on the Ku-Damm. The wall had been knocked down just over a year ago, but there were still plenty of signs of its presence. The east zone was still full of clear signs of architectural destitution. Yet you could really feel the desire to close with the past without wasting time on recriminations. Most significantly without holding any grudges, hard feelings, blame-placing or any of all that pathetic rubbish that inevitably accompanies important anniversaries in other countries. All the museums were working smoothly and the rather unlikely walls of Babylon left you speechless as usual. More than the multi-coloured remains of what was once described as “the wall of shame.” But when was the time before that? In 1951, ten years before that hated wall was built. A guest of the HBK on Hardenberg Strasse, thanks to a special grant. Staying in the TierGarten Guest House, where a nine-storey super high-tech building now stands. Three quarters of the houses in the downtown neighbourhood and the poverty could be read in everybody’s eyes, mixed with a real desire to live life. Today, Berlin looks as if it emerged from that desire to overArchitettura come atteggiamento dialettico Oggi è importante considerare il caso Berlino non tanto come come all problems. The embargo, airlift, Russian tanks, allied un modello di architettura bensì quale modello di come fare archi- zones. The feeling of uncertainty, the vice that might close its jaws any minute, crushing any idea of a city that was genuinely trying tettura. Di perché commissionarla, progettarla, realizzarla. Non è quindi una architettura da copiare, pure se la tentazione to become an authentic European capital once again. sembra essere forte e certi caratteri stilistici parrebbero invogliare alla imitazione, bensì una architettura da capire. Anzitutto da legge- Architecture as a dialectic attitude re con attenzione. Nowadays, Berlin should not so much be taken as a model of Ben venga allora questo carattere didattico, educativo, che architectural design as a model of how to do architecture. Explairipropone un atteggiamento dialettico da tempo accantonato nel ning why it needs to be commissioned, designed and built. 184 l’ARCA 7


confuso marasma di elogi sperticati e ancor più apocalittiche stroncature. Non si assuma dunque la città quale vetrina di campionature edilizie, oppure palestra di voglie sperimentali troppo a lungo accantonate. Ma, più giustamente, come contrapposizione ad un altro modo di prefigurare il futuro urbano interrogati sul quale spesso tornavamo a citare le città delle torri e dei grattacieli. Hong Kong e la Shanghai nel momento attuale. Si tratta altresì di accordarsi sui termini da usare. Mentre una volta si preferiva parlare di scuole oggi, anche se pare di essere agli albori di un nuovo accademismo, si parla di tendenze. Termine di per sé poco qualificante, culturalmente, soprattutto quando ridotto a trend. Modo sbrigativo di eludere ogni doveroso approfondimento pure quando chi vi si applica nel procedere verso una nuova frontiera pare provenire da un dichiarato retroterra. Città come macchina di efficienza Per noi fotografare un edificio può ser-

vire ad individuarne i caratteri essenziali. La forma piuttosto che la struttura volumetrica, via via sino alla descrizione del dettaglio, del particolare. In questo senso potremmo paragonare la casa all’oggetto, sminuendola al ruolo di prodotto per arredare la città. Artefatto nato in funzione dell’abitare, non certo del costruire la città, dell’abitarla collettivamente. Del resto anche quando ci si riferisce a certi complementi di pubblica utilità si usa un termine che lascia capire una scarsa intelligenza del problema. Arredo urbano è il risultato del limite semplificatorio, quindi banalizzante, di quanto si vuole dire. Un oggetto specifico fattosi generico, quindi sostituibile con altri altrettanto anodini, mescolabile, alternabile, sovrapponibile, quando non del tutto assente. Ma una città, pur essendo composta da case, strade, piazze, pali della luce, panchine, segnali stradali non è un museo, un magazzino, una vetrina di oggettistica più o meno architettonica, bensì un corpo, una macchina o, come oggi più spesso si usa, un sistema. Che vorremmo fosse sistema di coerenze. Oppure macchina funzionante, piuttosto che corpo vivente. Di questo sistema gli edifici sono parte integrante, determinante costitutiva. Per questo occorre leggerli e raccontarli nel loro contesto che è lo spazio nel quale sono stati collocati. Il vuoto. Affrontando la città come progetto del vuoto. Quindi il discorso porterebbe lontano a ripercorrere la strada non facile del positivo e del negativo. Dell’equilibrio da cercare tra quanto è evidente e quanto circonda l’evidenza. Che per molti è nulla ma invece è il nulla, il quinto elemento naturale. Non un ambito vuoto ma lo spazio delle possibilità. Giancarlo Iliprandi

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Its architecture should not be copied, despite the strong temptation to imitate some of its best stylistic features, but rather understood. And, above all, carefully read and interpreted. So this didactic, educational approach is really welcome, reintroducing that dialectical attitude that has long since been discarded in the chaotic and confused lavishing of praise or even more drastic heaping on of criticism. This means the city should not be taken as a sort of showcase of building samples or testing ground for those yearnings to experiment that have been frustrated for so long. Rather, it ought more rightly be compared and contrasted with another way of envisaging the cityscape of the future working around towers and skyscrapers. Hong Kong and Shanghai come to mind at the moment. The problem is to decide what expression to use. Whereas people once used to like talking about schools, nowadays, even though it seems to evoke the dawning of a new age of academicism, we speak of trends. A quick and easy way of avoiding having to go into any greater depth, even when the people using the expression in quest of some new frontier seem to actually come from the old rearguard. The city as a smooth-running machine For us, photographing a building can

help detect its main features. Its form rather than its structure, right down to a description of its most minute details. In this respect, we might compare houses to objects, confining them to the role of urban furbishing products. Artefacts designed for living purposes, certainly not to build the city or serve community life. But even when referring to certain accessories to public utilities, the term reveals a lack of any real understanding of the matter. Urban furnishing really oversimplifies and hence denigrates what we mean to say. A specific object made rather generic, hence replaceable by other equally bland ones, that can be mixed together, alternated and superimposed, when they are not missing altogether. But even though a city is made of houses, roads, squares, lampposts, benches and road signs, it is not a museum, a warehouse or showcase for more or less architectural objects, it is actually a body, machine or, as we tend to say nowadays, a system. Which we would like to be as smooth and coherent as possible. Or may be even a working machine rather than a living body. Buildings are an integral, key and crucial part of this system. This means they need to be read and talked about set in their context, which means the space in which they are located. A void. Confronting the city as if it were a way of designing empty space. The whole issue really takes us onto the tricky ground of positive and negative, a balance that needs to be found between what is obvious and what surrounds what is so evident. Which for many people means nothing but is actually nothingness, the fifth natural element. Not an empty setting but space offering fresh possibilities.

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di/by Marie-Ange Brayer Direttrice/Director FRAC Centre

topia e sperimentazione in architettura: questi gli elementi attorno ai quali si è costruita la collezione del FRAC Centre, in cui sono riuniti progetti emblematici che spaziano dall’architettura radicale degli anni Sessanta alle creazioni più recenti. Per la sua dimensione prospettica essa rappresenta un serbatoio di idee sull’architettura di domani, campo aperto di riflessione che analizza i processi di progettazione architettonica. La collezione implica un’architettura con un esteso spazio di riferimento, dove la pratica – nello stesso tempo creativa e critica – è costantemente rimessa in discussione. Si è posto l’accento sull’ambito estetico comune che si presume condiviso da artisti e architetti poiché la collezione del FRAC Centre riunisce opere di artisti legati all’architettura e progetti di architetti. Sotto l’impulso di Frédéric Migayrou – nuovo consulente di arte plastica presso il DRAC Centre, oggi conservatore e responsabile del settore architettura e design del Centro Pompidou di Parigi –, nel 1991 comincia a prendere forma una collezione il cui obiettivo non è contenere come un magazzino inerte opere a memoria dell’architettura contemporanea, bensì occuparsi di architettura in termini di sperimentazione, utopia, ricerca, intese come evasione critica verso la creazione, fino alla sua dimensione talvolta visionaria. Michel Ragon, che in Francia ha difeso questa architettura “futurologa” degli anni Sessanta, scriveva in proposito: “Contrariamente a quelle del passato, le ‘utopie’ di oggi sono quasi tutte immediatamente realizzabili”. La collezione debutta intorno al

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dei più importanti progetti sperimentali di questo architetto. Moltiplicando i riferimenti esso si propone come un palinsesto urbano che si decodifica nelle sue complesse sedimentazioni. La collezione comprende anche importanti progetti della decostruzione californiana (Michele Saee, Morphosis, Eric Owen Moss). Invece di acquisire “oggetti” isolati, il FRAC Centre si preoccupa di raccogliere un progetto nella sua interezza, dai primi schizzi fino al plastico definitivo, per ripercorrere le varie fasi di elaborazione, seguire il procedimento di ideazione dell’architetto come testimonia, per esempio, l’acquisizione del progetto della Bibliothèque Nationale de France di Dominique Perrault. La nozione di “processo” diventa in tal modo il cuore di questa raccolta. La collezione del FRAC Centre, che è stata presentata in molti musei stranieri, è anche rivolta all’architettura sperimentale degli anni Cinquanta/Sessanta in Francia. Sono stati acquisiti i primi progetti di architettura in plastica di Ionel Schein; sculture abitacolo di André Bloc, e alcuni progetti essenziali di quell’epoca, fino a quel momento poco considerati come i plastici e disegni della chiesa di Ste-Bernadette-du-Banlay, – bunker di cemento grezzo, monolito fratturato –, costruita a Nevers nel 1966 da Claude Parent e Paul Virilio. Quel progetto divenne il simbolo della collezione del FRAC Centre. La rottura del piano, che determina la funzione obliqua, permette di riconsiderare, in uno stesso slancio di tensione, l’unità nella discontinuità dello spazio. La collezione del FRAC Cen-

ArchiLab 2003 Sotto/below, Yona Friedman, Ville Spatiale, inchiostro, acquerello su carta/ink, watercolour on paper, 21x 29,7 cm, 1958-1959. A destra/right, Rem Koolhaas (con Madelon Vriesendrop e Elia Zenghells), La ville du Globe Captal, acrilico/acrylic, gouache su carta/gouache on paper, 44x31 cm, 1972.

1991-92 all’insegna della “decostruzione”. Attorno al filosofo francese Jacques Derrida, architetti americani ed europei tra cui Frank O. Gehry, Rem Koolhaas, Eric Owen Moss, Peter Eisenman, Zaha Hadid, Bernard Tschumi e Daniel Libeskind mettono in evidenza l’attività teorica e la dimensione concettuale del progetto. Così, per Peter Eisenman, è più urgente “pensare” l’architettura che realizzarla. In questo senso, ecco allora che la Guardiola House (1986/88) di Eisenman esamina un’architettura “testuale”, che attinge alla linguistica come pure alla psicanalisi. Nel 1982, il progetto dell’Open House di Coop Himmelblau, giacché generato dall’inconscio, separa l’architettura da qualsiasi programma divenendo il progetto emblematico della decostruzione. Nel 1983, Bernard Tschumi con il Parc de la Villette a Parigi realizza la diffusione, la contaminazione, la separazione, e ricorre alla tecnica cinematografica del montaggio per presentare uno scenario urbano eterogeneo. L’architettura è avvenimento. Berlin City Edge (1987) di Daniel Libeskind è uno

tre procede dunque per “ricorsi” storici, oltre a riabilitare alcuni architetti oggi reintrodotti nel “patrimonio” dell’architettura contemporanea. Basti pensare alle cellule di plastica di Schein, fin dal 1956, prime unità abitative autonome mobili, in grande anticipo sui progetti dei “Metabolismi” giapponesi e di Archigram in Inghilterra che risalgono ai primi anni Sessanta. “Una delle motivazioni di tutta la collezione nasce dall’universo di accostamenti che suggerisce”, scrive Christian Girard a proposito della collezione del FRAC Centre. La questione della mobilità, di una architettura senza un suo slogan, è un’utopia che pervade la collezione del FRAC Centre, dalle Villes spatiales di Yona Friedman all’architettura gonfiabile. Pascal Haüsermann, Chanéac, fin dai primi anni Sessanta sviluppano un’architettura nello stesso tempo organica e modulare, costituita da agglomerazioni di cellule. La linea lungo cui si è sviluppata la collezione consisteva nel proporre un taglio di sincronia in Europa, in un certo momento della ricerca

architettonica, riunendo in una stessa collezione ciò che potrebbe essere considerato come l’espressione delle ultime avanguardie, incontro estremo tra arte e architettura. Quelle avanguardie degli anni Sessanta, da Archigram a Superstudio, erano prive di ricerca formale. Si sono acquisiti così importanti progetti di Archigram (Instant City di Peter Cook; Living Pod di David Greene), ma anche progetti di architettura radicale austriaca (Villa Rosa di Coop Himmelb(l)au; Pneumacosm di Haus-Rucker-Co; La Ville compacte di Walter Pichler; Ragnitz, Medium Total, Floraskin di Eilfried Huth e Günther Domenig). Le megastrutture come Ragnitz di Huth Domenig, alla fine degli anni Sessanta, non si limitano più a riattualizzare l’“architettura totale” di Gropius, ma sono definite proprio dalla loro capacità di estensione e proliferazione, dalla loro possibilità di trasformazione. L’architettura non è più un oggetto ma un ambiente, un ambito spaziale. Nella collezione del FRAC Centre è anche magistralmente rappresentata l’architettura radicale italiana, dagli Histogrammes d’architecture di Superstudio ai Letti di Sogno di Archizoom, dalla Tente rouge di Franco Raggi alle opere di Branzi, UFO, Pettena. Il percorso trasversale della collezione ha inglobato progetti che sono vere e proprie icone dell’architettura contemporanea come due opere fondamentali di Delirious New York di Rem Koolhaas: Flagrant Délit e La Ville du Globe captif. Queste rappresentazioni sono incursioni narrative nella “congestione urbana” di Manhattan, nel subcosciente meccanizzato della Città che, per Koolhaas, rappresenta lo schema, la

la necessità di un rete di espressioni e di scambi, tra il peso del concetto e l’accettazione della complessità del reale. Certamente ormai non esistono più barriere, bandiere, manifesti; è finita la missione emancipatrice dell’architettura, essa non funge più da teoria universale, da ideologia cui si deve rispetto, da novità che va promossa. Jean-François Lyotard, aveva annunciato nella Condition post-moderne, la fine delle “grandi narrazioni». I dubbi espressi dalle avanguardie architettoniche degli anni 1960 a proposito di funzionalismo e tecnologia, oggi hanno prodotto una nuova forma di operatività dell’architettura, in una orizzontalizzazione delle procedure, degli schemi logici, dei progetti. Tra il “dirty realism” di Rem Koolhaas e l’architettura digitale, forse trova posto un nuovo carattere transitivo, per il suo approccio alla realtà, al tempo stesso locale e globale; un’architettura dalle “intensità differenziali”, che fanno implodere i sistemi e i discorsi formali, per una rimessa in discussione dell’attività pratica dell’architetto. Nella collezione trova posto anche un esemplare della Guide psychogéographique (1956) di Guy E. Debord. Questo collage di frammenti di una pianta di Parigi, vista a volo d’uccello, presenta pezzi di una cartina ritagliati e collegati da frecce che indicano degli spostamenti. All’ordine convenzionale imposto dalla cartina, e al suo atto implicito di possesso del territorio, si sostituiscono percorsi erratici, atmosfere, disordini soggettivi. Debord smonta l’unità rappresentativa della cartina per sostituirla con delle “unità di ambiente” urbano, uno spostamento soggettivo del pedone che ricompone egli stesso lo spazio

In Orléans proiezione fantasmatica di tutte le sue future sperimentazioni. Nelle sue collezioni il FRAC Centre annovera anche un progetto tra i più visti nel mondo: Indeterminate Facade di James Wines/SITE, realizzato a Houston nel 1975. Questo edificio commerciale, dalla facciata di mattoni che sembra sprofondare nello spazio urbano, sospeso tra costruzione e demolizione, pone il quesito del contesto e, per la prima volta, introduce in architettura il concetto di indeterminazione. Questo rapporto critico con l’identità dell’architettura è senza dubbio il filo rosso che percorre tutta la collezione del FRAC Centre, da Delirious New York di Rem Koolhaas a Berlin City Edge di Daniel Libeskind. Oggi il FRAC Centre, attraverso ArchiLab, conferma il suo appoggio alla creazione architettonica, presentando e sostenendo giovani architetti francesi e non e fornendo una base di contatto per gli architetti dediti alla ricerca, sparsi un po’ in tutto il mondo. Senza dubbio l’architetto “ricercatore” di oggi si pone tra la ricerca di una individualità creatrice e

urbano. Qui è il percorso a fare da mappa. La prima acquisizione della collezione del FRAC Centre fu il progetto della Slow House (1991) di Diller+Scofidio, che, in modo diverso, sostituisce anch’esso alle procedure di rappresentazione e formalizzazione dello spazio quelle dell’esperienza. La Slow House si ispira a immagini plurali, tra cui quelle di Mépris girato alla Villa Malaparte a Capri da Jean-Luc Godard. La Slow House ha fatto suo un movimento di decelerazione, dalla porta-facciata fino alla finestra-schermo che si apre sull’oceano. Qui tutto non è che movimento e deambulazione, esperienza, evento percettivo e visivo più che forma. L’architettura non appartiene più soltanto a ciò che è costruito, essa è anche una traiettoria concettuale, il confronto di concetti derivati da ambiti disciplinari eterogenei che la dispensano da qualsiasi unificazione formale, aprendola verso un suo divenire. Questa incessante esplorazione che spinge l’architettura ai suoi limiti concettuali e disciplinari è senza dubbio il filo conduttore di tutti i progetti di questa collezione.

Philippe Magnon

Eilfried Huth & Günther Domenig, Ragnitz, ricostruzione dal modello storico, balsa, plastica e pittura/ remake of the historical model, balsa, plastic and painting, 110x200x110 cm, 1969. A sinistra/far left James Wines & Site, High-Rise of Homes, inchiostro e matita su carta/ink and pencil on paper, 35x27,5 cm, 1981.

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Sotto/below, Itsuko Hasegawa, Yamanashi Museum of Fruit, modello in resina sintetica, plexiglass e legno/model in synthetic resin, plexiglass and wood, 22,5x60x152,5 cm, 1992. A destra/right, Diller + Scofidio, Slow House, modello in metallo, legno, balsa e pellicola fotografica su 9 lastre di vetro/model in metal, wood, balsa and film on 9 sheets of glass, 20x56x45 cm, 1991.

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topia and experimentation in architecture: these are the grounding principles behind the FRAC Centre collection, featuring emblematic projects ranging from radical architecture from the 1960s to the very latest creations. The shear scope and scale of the collection make it an authentic melting-pot of ideas about the architecture of tomorrow, an open field of thought and reflection analysing the processes of architectural design. The FRAC Centre collection has wide horizons, within which practice both critical and creative - is constantly called into question. The emphasis focuses on what is taken to be common aesthetic ground for artists and architects, because the Collection relates artists’ works to architecture and architects’ designs. Driven along by Frédéric Migayrou, the new plastic art consultant at the FRAC Centre, a collection first began to take shape in 1991, whose aim was neither to store works evoking contemporary architecture like an inert warehouse, nor to draw up some sort of lifeless list, but rather to approach architecture from the point of view of experimentation, utopia and research. In this case, architecture was not taken as a way of rejecting reality; on the contrary, considering the crisis of the rationalist approach that this implied, it allowed a critical flight towards creation in even its most visionary forms. Michel Ragon, who backed this “futurologistic” architecture of the 1960s, wrote that: “Unlike the utopias of the past, modern-day ‘utopias’ are almost all instantly attainable.”

U

designed by Daniel Libeskind, more recently responsible for designing the Museum of Jewish History in Berlin and the new World Trade Center in New York, is one of the architect’s most experimental works. As it multiplies its reference points, it turns into a sort of urban palimpsest decoding itself through its own intricate layers. The Collection also includes important works of Californian deconstruction (Michele Saee, Morphosis, Eric Owen Moss). Instead of purchasing isolated “objects, the FRAC Centre is interested in collecting entire projects from the first sketches to the final model, so that it can trace every stage in its development and follow the architect’s own design procedure. This is the case with Dominique Perrault’s project for the Bibliothèque Nationale de France. This means the idea of “process” is at the very heart of this collection. The Collection also caters for experimental architecture from the 1950s-60s in France. It purchased Ionel Schein’s first models of architectural designs and cabin-sculptures designed by André Bloc, a French supporter of the synthesis of arts and chief editor of the magazine “L’Architecture d’aujourd’hui”. The collection was completed by some key projects from that period which, until then, had been given very little attention: as in the case of the models and drawings of StBernadette-du-Banlay Church, - a bunker made of a fractured monolith of rough concrete - built in Nevers in 1966 by Claude Parent and Paul Virilio. That project came to symbolise the entire FRAC Centre col-

modular form of architecture made of combinations of cells. The collection was fundamentally based on the general idea of European synchronicity characterising architectural research at one point in time, combining in one single collection what might be described as the best of the latest avant-gardes, art and architecture coming together at the cutting edge. 1960s’ avant-gardes like Archigram and Superstudio were not concerned about stylistic experimentation. Important projects by Archigram were acquired (Instant City by Peter Cook ; Living Pod by David Greene), as well as Austrian works of radical architecture (Villa Rosa by Coop Himmelb(l)au ; Pneumacosm by Haus-Rucker-Co ; La Ville compacte by Walter Pichler ; Ragnitz, Medium Total, Floraskin by Eilfried Huth and Günther Domenig). Megastructures like Ragnitz by Huth Domenig from the late-1960s did not just breathe fresh life into Gropius’s “total architecture”, they were actually defined by their capacity to extend and proliferate, and their possibilities for inducing transformation. Architecture was now an environment, a spatial setting, not just an object. The FRAC Centre also contains a marvellous range of radical Italian architecture, from Superstudio’s Histogrames to Archizoom’s Dream Beds, from Franco Raggi’s Tente rouge to the works of Branzi, UFO and Pettena. The cross-the-board nature of the collection has taken it towards projects that are authentic icons of modern-day architecture as two key works from Rem Koolhaas’s Delirious New York: Flagrant Délit and La

works between creative individualism and the need for a network of expressions and exchanges, between the weightiness of concept and an acceptance of the complexity of reality. Nowadays, we have certainly done away with barriers, banners and manifestos; architecture is no longer on a mercy mission, it is no loner a universal theory, an ideology to be embraced or new ideas to be promoted. Jean-François Lyotard was already talking about the end of “great narratives” in his Post-modern Condition. The doubts first expressed by the architectural avant-gardes of the 1960s concerning functionalism and technology have now produced a new form of architectural work in an across-the-board approach to procedures, logical schemes and projects. Perhaps there will be room for a new transitive approach, somewhere between Rem Koolhaas’s “dirty realism” and digital architecture; architecture based on “differential intensities” exploding formal discourses and systems in order to constantly call into question the practice of architecture. The collection also has room for a specimen from Guy E. Debord’s Guide psychgéographique (1956). This collage of fragments from a map of Paris seen from a bird’s-eye view features bits of a map cut out and connected together by arrows indicating movements. The conventional order of a map and the implicit way it takes hold of the territory are replaced by subjective disorders, erratic paths and atmospheres. Debord dismantles the representational unit of a map and replaces it with urban “units of environment”, the pedestrian finds his own way of

The collection first appeared in 1991-92 under the name of “deconstruction. Around the French philosopher Jacques Derrida, American and European architects like Frank O. Gehry, Rem Koolhaas, Eric Owen Moss, Peter Eisenman, Zaha Hadid, Bernard Tschumi and Daniel Liberskind highlighted the theory and conceptual practice behind architectural design. So, for Peter Eisenman, “thinking” architecture was more important than actually doing it. In this respect, Eisenman’s Guardiola House (1986/88) examines “textual” architecture drawing on linguistics and psychoanalysis. Coop Himmelb(l)au’s Open House project from 1982 separates architecture from all planning, since it is generated by the subconscious, and turns into deconstruction’s most emblematic design. Bernard Tschumi, with Parc de la Villette in Paris in 1983, drew heavily on diffusion, contamination and separation, and used the film technique of editing to present a heterogeneous urban setting. Architecture as an event. Berlin City Edge (1987)

lection. The breaking of the plane that creates the oblique function means that the unity in the non-continuity of space can be considered with the same sense of tension. The FRAC Centre collection proceeds in historical “leaps and bounds”, while at the same time restoring certain architects to the forefront of the modern-day architectural scene. Just take, for instance, the interiority of Schein’s sculptural cells dating back to 1956, the first self-contained mobile housing units, well before the Japanese “Metabolist” projects and Archigrams designs in England dating back to the early 1960s. “One of the reasons for the entire collection lies in the wealth of combinations it suggests,” Christian Girard wrote about the FRAC Centre collection. The question of mobility and architecture free from slogans is a utopian ideal running right through the FRAC Centre collection, from Yona Friedman’s Villes spatiales to inflatable architecture. Pascal Haüsermann and Chanéac designed a simultaneously organic and

Ville du Globe captif. These representations are narrative raids into Manhattan’s “urban congestion”, into the mechanised subconscious of the City which, for Koolhaas, provided a scheme, a phantom-like projection of all his future experiments. The FRAC Centre collection can also boast one of the most widely viewed projects in the world: James Wines/SITE’s Indeterminate Facade designed in Houston in 1975. This brick-fronted commercial building seems to sink into urban space, hovering between construction and destruction, inquiring into context and, for the first time, introducing the issue of Indeterminacy into architecture. Critical analysis of architectural identity is certainly a leitmotif running right through the collection. Now, the FRAC Centre, even thanks to ArchLab, is still betting on architectural creativity, presenting and supporting young architects from France and elsewhere, and represents an interactive basis between all architects devoted to experimentation. There is no doubt that the modern-day “researcher” architect

recomposing urban space. The first thing acquired for the FRAC Centre collection was the Slow House project (1991) designed by Diller+Scofidio, which, in its own way, replaces the kind of representation and formalisation of space associated with experience. The Slow House is inspired by plural images, including that from Mépris that Jean-Luc Godard shot at Villa Malaparte in Capri. The Slow House assumed a sense of deceleration from the facade-door to the screenwindow opening onto the ocean. Here everything is motion and movement, experience, perceptual and visual event rather than form. Architecture no longer belongs solely to what is built, it is also a conceptual trajectory, a confrontation between concepts coming from a variety of fields that do not call for any formal unification, opening it up to its own becoming. This constant exploration pushing architecture to its conceptual and disciplinary limits is certainly the leit-motif of all the projects in this collection.

A sinistra/left, Archizoom Associati, No-Stop City, modello in cartone e materiali diversi/model in cardboard and mixed materials, 45x55x55 cm,1969. Sotto/below, Shuhei Endo, Rooftecture M, modello in legno dipinto e metallo piegato/model in painted wood and bent metal, 52,8x100x100 cm, 1999.

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Behnisch, Behnisch & Partner

Virtù del vetro

Norddeutsche Landesbank, Hannover

Opposite page, general view of the new headquarters of the Norddeutsche Landesbank in Hannover, that accommodates the approximately 1,500 bank employees, previously spread over 16 different city branches. The building is constructed on the border between the industrial and residential area and, thanks to the spacious ground floor entirely open to the public (with restaurants, gardens, shops and arcades), it has turned into a key urban node.

Credits Project: Behnisch, Behnisch & Partner Project Team: Günter Behnisch, Stefan Behnisch, Günther Schaller, Martin Haas, Jörn Genkel Glass Laminators: Glasfischer Glastechnik, Rupert App Client: Norddeutsche Landesbank Hannover

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eggerezza, trasparenza, permeabilità, controllo ambientale e risparmio energetico sono gli attributi del progetto di Behnisch, Behnisch & Partner, vincitore del concorso per la Norddeutsche Landesbank ad Hannover. Il comune denominatore di tali fattori è l’impiego del vetro che, come rimarcano i progettisti, riesce tanto a soddisfare i requisiti funzionali dell’edificio quanto a procurare una estetica sorprendente e spettacolare. Il nuovo edificio occupa un isolato in un punto nodale della città, tra la Friedrichswall a nord e i quartieri residenziali a sud. Esso si presenta come un prorompente complesso in acciaio e vetro, impostato su una pianta a corte, ma disarticolato, poi, in un’animazione di parti: un corpo perimetrale di sei livelli, con ristoranti e negozi alla quota terra, è, infatti, de-costruito secondo deviazioni e angolazioni e da esso si erge una torre di diciassette piani variamente scomposti e ruotati tra loro; dei percorsi radiali ovvero dei tunnel di connessione attraversano in quota lo spazio pubblico della corte, conferendo all’impianto planimetrico un senso di espansione verso una molteplicità di direzioni. Nell’opera di Behnisch la poetica della diversità e della individualità delle singole componenti nell’ambito della totalità architettonica e l’idea di architettura come paesaggio artificiale si associano all’uso del vetro, erede della cultura tedesca della Glasarchitektur. In modo ancora ideale, per Behnisch l’impiego del vetro è espressione di virtù e valori: la trasparenza produce un’architettura “aperta” che rende coesistenti e simultanei l’interno e l’esterno, cosicché lo spazio interno diviene partecipe dell’ambiente esterno, accogliendo dentro di sé il paesaggio e la luce, e dall’esterno l’interno si svela mostrandosi nelle sue funzioni e qualità proprie; la leggerezza emancipa dalla gravità della massa; il vetro è un dispositivo di manipolazione della luce che viene variamente filtrata, riflessa, diffusa, attribuendo ambiguità e complessità alla trasparenza stessa. Il tema della trasparenza si lega fortemente all’aspetto psicologico ed emozionale dell’architettura di Behnisch, così come in quest’ultima la trasparenza recupera una sua presenza materica, affrancandosi dall’astrazione, in conseguenza dei giochi compositivi di smembramento del progetto, elaborato secondo una complessità di natura organica. A tutto ciò si aggiunge un’attenta sensibilità a soddisfare le esigenze funzionali, sfruttando le caratteristiche fisiche e pratiche della tecnica del vetro. Nel progetto per la Norddeutsche Landesbank l’impiego di doppie facciate di vetro laminato, in una varietà di spessori e con un elevato grado di trasparenza, non solo ottimizza l’illuminazione interna degli uffici e assicura protezione dai rumori esterni, ma serve anche come condotto d’aria per la ventilazione naturale in sostituzione dell’impianto di aria condizionata; la combinazione del vetro isolante con sistemi frangisole consente, poi, un’efficiente regolazione dell’irraggiamento solare. Inoltre, grandi vasche di acqua collocate nell’area della corte riflettono la luce diurna contribuendo a creare un microclima salutare, favorito anche dalla presenza di tetti-giardini. Infine, nell’elemento a torre le doppie pareti di vetro incorporano delle superfici riflettenti che producono effetti di luce colorata nelle tinte del blu e del giallo, variabili nelle diverse ore del giorno. Di notte la costruzione è illuminata da diodi che la rendono una sorta di faro nel paesaggio urbano, un segno esuberante nello skyline della città. Giuseppa Di Cristina

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ightness, transparency, permeability, environmental control and energy saving are the main attributes of the project designed by Behnisch, Behnisch & Partner, which won the competition for the Norddeutsche Landesbank in Hannover. The common denominator in these features is the use of glass which, as the architects point out, can both meet the building’s functional requirements and serve surprisingly spectacular aesthetic purposes. The new building for the headquarters of this prestigious German bank fills an entire block in a key part of the city between Friedrichswall to the north and housing estates to the south. It looks like a striking glass and steel complex with a courtyard design that is disarticulated into a set of parts: a six-storey perimeter structure with shops and a restaurant at ground level is actually de-constructed into different deviations and angles, also featuring a tower with seventeen stories rotated around each other and separated in various ways; the high-level radial pathways, or rather connecting tunnels, cross over the public space of the courtyard to give a sense of expansion in a number of different directions to the overall site plan. In Behnisch’s design the poetics of diversity and the individual nature of the separate components forming the architectural whole and the idea of architecture as a manmade landscape combine with the use of glass as a legacy of German Glasarchitektur. In what is still an ideal way, for Behnisch the use of glass is the expression of its special virtues and specific features: transparency produces “open” architecture bringing inside and outside together at the same time, so that the inside space becomes part of the outside environment, drawing in the landscape and light, and from the outside the inside reveals its own functions and qualities; lightness frees us from the gravity of mass; glass is a means of manipulating light that is variously filtered, reflected and diffused to make transparency ambiguous and complex. The question of transparency is closely bound to the psychological and emotional side of Behnisch’s architecture, so that transparency regains a sort of material presence, breaking free from abstraction due to stylistic plays aimed at dismantling the project along lines of organic complexity. All this is accompanied by careful attention to functional requirements exploiting the physical and practical features of glass technology. The project for the Norddeutsche Landesbank draws on twin facades of laminated glass in a variety of thicknesses and a high degree of transparency, not just to optimise the inside lighting in the offices and provide soundproofing against outside noises, but also to act as an air conduct for the building’s natural ventilation to replace the air-conditioning system; the combination of insulating glass and sunscreen shutters allows the sunlight to be carefully controlled. Large water tanks in the courtyard area also reflect the daytime sunlight to help create a healthy micro-climate, further enhanced by garden-roofs. Lastly, the twin glass walls in the tower section incorporate reflective surfaces producing interesting colour lighting effects in shades of blue and yellow that vary at different times of day. At night the building is lit by diodes to turn it into a sort of lighthouse on the urban landscape, an exuberant sign on the city skyline.

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Roland Halbe

Nella pagina a fianco, vista generale della nuova sede della Norddeutsche Landesbank di Hannover, che ospita i circa 1.500 impiegati della banca finora dislocati in 16 diverse branche nella città. L’edificio è stato realizzato al confine tra la zona industriale e quella residenziale e, grazie all’ampio piano terra interamente accessibile al pubblico (con ristoranti, giardini, negozi, gallerie), è divenuto un importante nodo urbano.

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Dall’alto in basso: pianta del piano terra, sezione longitudinale e sezione trasversale con lo studio dell’incidenza dei raggi solari. L’edificio è progettato per avere una resa energetica ottimale; non necessita di aria condizionata in quanto, tramite uno scambiatore di calore collocato sotto le fondazioni, preleva l’aria fresca dal terreno e, attraverso appositi condotti, la rilascia ai vari piani. Nella pagina a fianco, a sinistra dal basso: piante del primo, terzo e sesto piano e planimetria generale; a destra dal basso: piante del settimo, ottavo, tredicesimo e diciassettesimo piano.

From top down: ground-floor plan, longitudinal section and cross section showing how the sun’s rays hit the building. The building is designed for optimum energy efficiency; it does not need air-conditioning because a heat exchanger placed beneath the floor draws fresh air from the ground and distributes it across the various floors by means of special pipes. Opposite page, from bottom left: plans of the first, third and sixth floors and site plan; from bottom right: plans of the seventh, eighth, thirteenth and seventeenth floors.

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These pages, views of the spacious ground-floor area open to the public with glass tunnels fitted with curved and convex laminated glass panels connecting the various building areas. The 25,000 square metres of building facades are made entirely of laminated double-glazed panels protecting the building from noise, heat and poisonous car emissions. The cavities between the panels also act as pipes for exchanging clean air in the offices coming from the central courtyard. The pools of water and gardens in both the central courtyard and terraces on the various floors provide further help in creating the building’s micro-climate

Roland Halbe

Roland Halbe

M. Schodder

In queste pagine, viste dell’ampia area pubblica al piano terra, con i tunnel vetrati con pannelli di vetro laminato curvi e convessi che connettono le diverse aree dell’edificio. I 25.000 mq di facciate dell’edificio sono interamente realizzati in pannelli doppi di vetro laminato che proteggono l’edificio dal rumore, dal calore e dalle emissioni nocive delle automobili. Le intercapedini tra i pannelli, inoltre, fungono da condotti per il ricambio dell’aria pulita, proveniente dal cortile centrale, negli uffici. Gli specchi d’acqua e i giardini, sia nel cortile centrale sia sulle terrazze ai piani, sono un ulteriore contributo alla creazione del microclima dell’edificio.

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Nella pagina a fianco, lo spazio di transizione tra due aree dell’edificio. A sinistra, l’atrio principale. Sotto, una delle zone di incontro e relax.

C. Kandzia

Roland Halbe

M. Schodder

Opposite page, the transition space between the two building areas. Left, main lobby. Below, one of the meeting and relaxation areas.

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Paul Andreu

Paul Andreu

Naturale e soprannaturale

New Terminal 2 at Nice Airport a fantasia che a ciascuno di noi, nell’infanzia, ha fatto vedere le immagini di draghi e animali favolosi nelle nuvole che attraversano il cielo, è la guida che ispira sia l’artista che lo scienziato. Ecco quindi che la fantasia domina la Natura, le sta sopra, diversamente dalla pura sensibilità. Siamo all’Aeroporto di Nizza, dove Paul Andreu ha realizzato il secondo modulo del Terminal 2 dell’Aerostazione Nice – Côte d’Azur. L’attenzione viene subito attratta dall’impianto formale, dal grande anfiteatro circolare che acquista l’aspetto di luogo di incontro, di porto, di luogo di aggregazione e d’immagine della città, che sta salendo sempre più a un ruolo internazionale. In questo modo, l’intero impianto si contrappone, in modo determinato, ai non luoghi descritti da Marc Augé, si contrappone alle logiche scontate delle forme ormai troppo vissute degli aeroporti, diciamo, tradizionali; quelli in linea, quelli commemorativi di un razionalismo ormai sepolto, quelli scontati, realizzati da compagnie che gestiscono l’aeroporto e operano col fai da te. Questo progetto diventa così una sorpresa nella sua immediatezza di immagine e nel suo desiderio di travalicare l’immaginifico di una funzione, che è ancora da identificare nel tessuto della città. Ecco il ruolo della fantasia, ecco il desiderio del mostro buono del sogno infantile. E’ la voglia di un confronto con la Natura e con la matematica che la regola, attraverso l’uso di una forma circolare, di una forma semplice, immediata, di una forma disposta al possibile e alla continuità e che possiede nel suo DNA la forza dell’infinito. Paul Andreu si pone, attraverso il suo progetto, in una prospettiva soltanto sensistica, come quella degli illuministi che ritenevano le idee provenire dall’esterno attraverso gli organi di senso e imprimersi, in una mente del tutto passiva, il rapporto complesso fra forma e funzione, che nelle arti figurative e nelle scienze risulta del tutto oscuro. Ciò che più anima l’immediatezza percettiva

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dell’Aeroporto della Costa Azzurra è la scissione degli elementi che poi, nel profondo, si amalgamano; è un atto progettuale visto come un puro imitatore, la sua ingegneria, poi, è come un semplice raccoglitore di ciò che appare ai sensi. Ma senza quella superiorità e creatività dell’intuire che si manifesta nella fantasia creativa di un progetto, neppure l’imitare, il tenersi aderente alla Natura può riuscire, perché la Natura è separata dall’arte da un abisso immane, che persino il genio non può valicare senza l’aiuto di strumenti estremi. Insomma, genialità e tecnica, gli stessi che compaiono nello scritto Propyläen di Wolfgang Johann Goethe, sono trattate da Paul Andreu in questo progetto come opposte ma al tempo stesso tra di loro inscindibili e in questa loro inscindibilità è da ravvisare il senso più alto e non banale del tenersi alla Natura. Il tema è svolto con estrema cura e con una sofisticata sensibilità rispetto agli equilibri formali e funzionali, riferiti a un tema così articolato e complesso come quello di un aeroporto; inoltre conferma anche come il progettista ha sempre di fronte a sé una materia rozza, che però esige di essere trasformata e penetrata nella sua occulta profondità. Ciò può avvenire soltanto con un contemporaneo approfondimento delle tecniche e delle conoscenze e un’attenta analisi della propria cultura e del proprio sapere racchiusi nel profondo dell’animo. E’ ciò che è riuscito a far succedere a Nizza Paul Andreu, cioè un’opera realizzata come un vero organismo vivente, una forma matematica naturale, plasmata dal progettista che la fa apparire, a un tempo, naturale e soprannaturale. Ma ciò su cui fa più riflettere questo progetto è il fatto che racchiude le conseguenze di questa concezione goethiana della limitatezza del genio, che fa apparire una duplicità che riguarda da un lato la relazione del fare creativo umano con il fare della Natura, dall’altro la relazione inscindibile fra arte e scienza. Mario Antonio Arnaboldi

he inspiration guiding both scientists and artists is that childhood imagination we all have that lets us envisage images of dragons and imaginary animals flying through the clouds up in the skies. This means imagination dominates Nature, stands over it, unlike pure sensibility. We are at Nice Airport, where Paul Andreu has designed the second unit of Terminal 2 of the Nice - Côte d’Azur Airport. The stylistic design immediately captures our attention; a large circular amphitheatre that looks like a meeting place, port of call or congregation area projecting the city’s image, as it gradually rises to international status. In this way the entire design provides a marked contrast to the non-places described by Marc Augé, the rather predictable forms found all too often in what we might describe as ordinary airports; those linear constructions designed in the name of a certain rationalist line of thinking that is now dead and buried, commissioned by companies running the airport and working along do-it-yourself lines. This project is surprising for the immediacy of the image it projects and its desire to move beyond a mere practical function, yet to be identified in the urban fabric. So here is where the imagination lies, that yearning for the gentle giant characterising our childhood dreams. There is a real desire to confront Nature and the mathematics underpinning it through the use of a circular form, a simple immediate form, a form open to all kinds of possibilities and instilling a sense of continuity, and whose DNA contains the power of the infinite. Paul Andeu’s design works in strictly sensorial realms like those Enlightenment thinkers who felt their ideas came from outside through their sense organs so that the intricate interaction between form and function, that is totally obscure in the figurative arts and sciences, could be imprinted on a passive mind. Our perception of this Riviera Airport is notably enlivened by a

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breaking up of elements that are then stitched back together in its profoundest depths; this act of design is seen as a pure impersonator, its engineering is really just a mere receptacle of what appears to the senses. But without that superiority and creativity of intuition that takes shape in the creative imagination of a design, not even imitation or adhering to Nature can leave its trace, because there is an unbridgable gap between Nature and art that not even genius can fill without the help of cutting-edge tools. The same brilliance and technique found in Propyläen written by Wolfgang Johann Goethe are treated as opposed but inseparable in this project designed by Paul Andreu, and this inseparability is the highest way of adhering to nature and has nothing bland about it. The issue is handled with great care and sophisticated sensibility compared to stylistic and functional balances in relation to such an elaborate and complicated theme as an airport; it also confirms how architectural designers are always faced with rough and ready material in need of being transformed and penetrated in its darkest depths. This can only happen if, at the same time, the same attention is shown to technique and knowledge and a careful analysis of one’s own culture and expertise hidden away in the depths of our souls. This is what Paul Andreu has achieved in Nice, viz. a work designed like an authentic living organism, a natural mathematical form shaped by the designer that makes it look both natural and supernatural. But this project really makes us reflect on the fact that it encompasses the consequences of this Goethian idea of the bounds of genius, that brings out a sort of duplicity that concerns, on one hand, how human creativity relates to Nature’s doings and, on the other, the unbreakable bonds between art and science.

Prospetto e sezione del nuovo modulo, estensione dell’estremità sud del terminal 2 esistente, dell’aeroporto Nice-Côte d’Azur inaugurato nello scorso dicembre. Con questo intervento viene potenziata la capacità dell’aeroporto che può accogliere 4,5 milioni di passeggeri supplementari per anno, per un totale di 8,5 milioni di passeggeri.

Elevation and section of the new module, an extension to the south end of old Terminal 2 at Nice-Côte d’Azur Airport that opened last December. This project reinforces the airport’s capacity by an extra 4.5 million passengers-a-year, making a total of 8.5 million.

Credits Project: Paul Andreu Assistants: Géeard Andreu, Marie-Dominique Ploix, Jean-Pierre Zubléna Project Manager: Pascal Chaumulon Engineering: OTH Méditerranée (structures), Pewltier (facades) Client: Aéroports de Paris Chambre de Commerce et d’Industrie de Nice-Côte d’Azur

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Particolare dell’invaso verso la pista con le passerelle di imbarco a contatto (6 in totale). Il volume occupa una superficie di 37.000 mq con una elevata flessibilità nell’uso delle attrezzature destinate al traffico domestico e internazionale.

Detail of the section over by the landing strip showing the connecting boarding ways (6 in total). This structure covers an area of 37,000 square metres with highly flexible facilities serving domestic and international traffic.

Sopra, piante dei diversi livelli dove sono organizzate le funzioni collegate agli imbarchi e alle partenze. Il traffico principale è suddiviso su tre livelli riuniti dal perimetro del volume circolare. Sotto, il volume circolare che individua

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con un’imponente e scenografica proiezione aperta verso il cielo, il nuovo modulo.

Above, plans of the various levels housing the functions connected to the boarding and departure lounges. The

main traffic is split over three levels organised around the edge of the circular structure. Below, the circular structure marking the new module through a powerfully striking projection opening up to the sky.

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L’ambiente interno si presenta come uno spazio completamente aperto, che gode della luminosità della vetrate, portate da una struttura radiale in metallo, che delimitano a tutt’altezza l’intero volume circolare.

The interior that looks like an open space well-lit through the glass windows held up by a metal radial structure boarding around the entire height of the circular structure.

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A livello +14,20 m, accessibile dalla passerella aerea che attraversa lo spazio d’ingresso, si apre la zona ristorante con vista panoramica a 180°.

The restaurant area affording a 180º panoramic view at level +14.20 m can be reached along overhead walkways.

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Nikken Sekkei

Lo scrigno nella foresta Pola Art Museum n un primo momento appare come un’immagine surreale. Una sorta di navicella spaziale, planata nella foresta di Hakone a Kanagawa in Giappone, che lascia intravedere le grandi superfici riflettenti come un atto di assoluta purezza. L’edificio instaura con il paesaggio un rapporto costruito sulla determinazione di imporre un dialogo fra le due diverse materie e le loro specifiche proprietà. Quando percorriamo una fitta boscaglia, in cui la luce filtra debole fra la massa delle foglie, e improvvisamente giungiamo a una radura, dove la densità delle essenze arboree perde consistenza e la luce invade, non interrotta, tutto lo spazio, allora sentiamo di partecipare a una bellezza che non ha valore in sé, la radura, ma in quanto termine opposto e polare dell’altro mondo che è il bosco. Gli architetti paesaggisti del Romanticismo conoscevano assai bene l’effetto sorprendente prodotto dall’apparizione di un piccolo tempio, dalla geometria perfetta, collocato in un vuoto nel bosco. Che la radura sia atto artificiale o prodotto casuale della natura ha poca importanza. Quello che vale è che l’emozione sorge dal passaggio fra i due mondi e dal vivere unitariamente l’esperienza degli opposti. Poiché la compresenza di ciò che appare diverso rende evidente e forte ciò che prima poteva apparire confuso e indeterminato. Il compito dell’architettura, nella sua relazione con il paesaggio, è quello di manifestare tutta la bellezza dell’intorno attraverso la disposizione di spazi, forme e materiali che, nella loro marcata artificialità, hanno la proprietà di produrre un nuovo sguardo che svela mondi prima osservati distrattamente. Per questo non esiste di per sé un conflitto fra natura e artificio. Esiste solo la cattiva architettura che non vuole, o non sa, cercare la strada che la rende partecipe di un unico impulso emotivo che nasce dalla verità del confronto essenziale fra le due materie in un gioco di rimandi infiniti fra ciò che è sfondo e ciò che è tema principale. Questo progetto, realizzato da una équipe di architetti dello studio Nikken Sekkei di Tokyo, ha meritatamente vinto il “Dupont Benedictus Awards” per l’edizione del 2003. Il “Pola Art Museum” nasce dall’intenzione di ospitare una ricca collezione privata di dipinti del periodo impressionista. Un prezioso scrigno che viene interrato per cinque piani emergendo dal suolo solo per pochi metri. Una sezione concava, come quella di una grande barca, raccoglie i volumi del museo che vengono così a essere adagiati entro una sofisticata struttura antisismica. La luce, che illumina gli spazi museali, è prodotta da una spina centrale in cui il vetro stratificato viene declinato in tutte le sue proprietà: lucernario ma anche travi e mensole, che lo fanno lavorare strutturalmente. Sistema che si estende anche al ponte di accesso sino alla fermata degli autobus. L’atrio principale di ingresso, ma anche la caffetteria, si aprono sul paesaggio digradante tramite ampie vetrate. Il rapporto con l’intorno non si esaurisce in questo: esso si estende, infatti, anche alla scala del manufatto che emerge appena dal suolo e alla grande falda inclinata che segue il pendio e introduce un segno di sospensione geometrica del bosco. Quest’ultimo elemento appare ancor più evidente quando, la notte, il lucernario svela, con due netti tagli triangolari, un’interiorità abitata. Remo Dorigati

Mamoru Ishiguro

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t first it looks like a surreal image. A sort of spaceship that has landed in Hakone Forest in Kanagawa, Japan, revealing its own wide reflective surfaces in an act of absolute purity. The building sets up relations with the surrounding landscape based on a desire to create interaction between the two different materials and their specific properties. When we move through thick woodlands, where light shines weakly through the mass of leaves, and then suddenly reach a clearing, where the trees are suddenly much less thick and light streams smoothly into all the space, then we feel as if we are part of a kind of beauty of no value in itself (a mere glade) but only in relation to its absolute opposite, literally poles apart: the woodlands. Landscape architects back in the romantic days were well aware of the startling effect created by a little but perfectly formed temple suddenly appearing in a clearing in the woods. The fact that a clearing is an artificial act or random creation of nature is of little importance. What does matter is that emotion comes from the transition between the two worlds and the unitary experience of opposites. This is because the simultaneous presence of what looks different really brings out and underlines what previously looked vague and confused. Architecture’s task as it relates to the landscape is to emphasise the beauty of its surroundings by setting up spaces, forms and materials which draw on their own artificial nature to cast a fresh glance on situations and contexts that had previously only caught the eye in a very distracted manner. This is why there is no inherent conflict between nature and artifice. There is only poor architecture which is not interested in, or able to, find a way to get involved in that emotional drive arising from an authentic confrontation between these two materials in an interplay of endless allusions between background and foreground. This project designed by a team of architects from the Nikken Sekkei firm in Tokyo deservedly won the 2002 edition of the “Dupont Benedictus Awards”. The “Pola Art Museum” was originally designed to hold an extensive private collection of Impressionist paintings. A precious case buried five stories below ground and only emerging a few metres above the surface. A concave section, like that of a large boat, holds the museum volumes that are set in a sophisticated anti-seismic structure. The light, illuminating the museum spaces, comes from a backbone of stratified glass drawing on all its different properties: used a skylight but also as beams and brackets to put it to structural use. A system that stretches from the entrance bridge to the bus stop. The main entrance lobby and cafeteria open onto the downward sloping landscape through wide glass windows. But its relations to its surroundings are not just confined to this, but also derive from the scale of the building, that only just emerges from the ground, and the large sloping pitch roof that traces the lie of the land and injects geometric suspension into the woods. This is even more noticeable at night when the two triangular cuts in the skylight reveal the inhabited interiors.

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Vista a volo d’uccello del Pola Museum of Art, realizzato nella Prefettura di Kanagawa in Giappone per ospitare la collezione di opere d’arte della Pola Art Foundation. Situato all’interno del Parco Nazionale Fuji-Hakone-Izu e circondato da un fitto bosco di betulle secolari, il museo fuoriesce da terra di soli 8 m mentre la gran parte del suo volume è distribuita i tre piani sotterranei, in modo da non alterare gli equilibri paesaggistici e naturali dell’area.

Bird’s-eye view of the Pola Museum of Art designed in the Prefecture of Kanagawa in Japan to host the Polo Art Foundation’s collection of works of art. Located inside the Fuji-Hakone-Izu National Park and surrounded by a thick wood of century-old birch trees, the museum only emerges 8 m above the ground, while most of its structure is spread over three underground levels so as not to alter the area’s natural landscape balances.

Credits Project: Nikken Sekkei; Koichi Yasuda (Design Principal); Ken Kannari (Project Architect); Masao Nishioka (Design Team) Project Management: Shoji Hayashi Engineering: Nikken Sekkei: Hiroshi Saito (Environmental Research and Design Principal); Hiroshi Yamamoto, Daizo Ishida (Structural); Koichi Kaiho (Electrical); Iwao Hasegawa (Mechanical); Daikichi Matsumura (Civil) Landscaping: Nikken Sekkei: Hiroshi Tanishima Collaborators: Hugh Dutton Associates/Hugh Dutton (Lucernario and Bus Canopy Structural System); Yokota Architectural Envelope Systems Research Studio/Teruo Yokota (Façade Engineering for Lucernario); Kilt Planning Office/Shozo Toyohisa (Exhibition Lighting) General Contractor: Takenaka Corporation/Nobuyuki Kurosaki (Manager-in-Charge) Client: Pola Art Foundation/Satoshi Suzuki (Chairman od Directors)

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Vista diurna dell’atrio del museo che culmina con il lungo lucernario di copertura che diffonde la luce naturale a tutti i piani dell’edificio. Il lucernario e le travi che lo sostengono sono realizzati in vetro lamellare. Nelle pagine successive, particolari della pianta e delle sezioni.

Daytime view of the museum lobby that terminates in the long roof skylight letting natural light into every level of the building. The skylight and its supporting beams are all made of laminated wood. Following pages, details of the plan and sections.

Dal basso in alto, piante del terzo piano interrato e del primo piano interrato, piante del secondo piano interrato e del primo piano fuori terra sezione longitudinale. Il museo si fonda su una pianta circolare di 74 m di diametro che consente all’acqua di falda di fluire senza impedimenti fornendo un alto rado di stabilità rispetto alla pressione del terreno; inoltre, grazie all’interramento, e alla struttura flottante, l’edificio garantisce la massima resistenza ai terremoti.

From bottom up, plans of the third and first underground levels, plan of the second underground level and plan of the first floor above ground longitudinal section. The museum has a circular base measuring 74 m in diameter that lets water flow off unobstructed, providing plenty of stability in relation to ground pressure; moreover, the fact that the building is buried and its floating structure guarantee maximum resistance to earthquakes.

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Vista notturna dell’atrio. La lunga parete di luce che lo delimita è realizzata con pannelli di vetro stampato ondulato retroilluminati dal basso verso l’alto che cambiano di intensità a seconda della quantità di luce che penetra dal lucernario nelle diverse ore del giorno.

Nighttime view of the lobby. The long wall of light around it is made of undulating pressed glass panels back-lit from the bottom upwards that vary in intensity according to the amount of light flowing into the skylight at different times of day.

Sopra, particolari del lucernario. A sinistra, vista dell’atrio. Sotto a sinistra, la caffetteria. Sotto a destra, una delle sale espositive che combinano la luce naturale con un sistema di illuminazione a fibre ottiche e luci fluorescenti, in modo da creare l’ambiente luminoso più favorevole per vedere le opere esposte.

Above, details of the skylight. Left, view of the lobby. Below left, the cafeteria. Below right, one of the exhibition rooms combining natural light with a lighting system based on optic fibres and fluorescent lights, in order to create the best lit environment for viewing the works on display.

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Christian Hauvette

Christian Hauvette

Un nastro d’acciaio Usinor in Dunkerque nato a Marsiglia nel 1944, architetto e urbanista, appassionato di costruzione, ha seguito il corso di Jean Prouvé al Conservatorio des Arts et Métiers; di letteratura, tra il ’72 e il ’74 partecipa nientemeno che al 3° ciclo dell’Ecole Pratique des Hautes Etudes in un seminario di Roland Barthes; di cinema, fa parte nel 1974 del Groupe de Recherche et d’Essais Cinématographiques; Christian Hauvette a partire dagli anni Ottanta decide di darsi definitivamente alla professione di architetto e, da uomo dalla creatività eclettica e sensibile, in una decina d’anni, si impone come una delle personalità di spicco del rinnovamento della qualità dell’architettura francese nel settore degli interventi pubblici. Dai suoi lavori emerge una poetica fondata sul credo nei principi di chiarezza e semplicità; il rigore, il procedimento logico e la razionalità sono gli elementi su cui Hauvette costruisce la sua grammatica progettuale. La componente formale fa parte di una declinazione volumetrica che non ammette slittamenti, nessun atteggiamento di cieco rifiuto, ma anzi una sorta di appropriazione, di matabolizzazione di canoni geometrici e compositivi finalizzati alla ricerca di una nuova visione del paesaggio costruito. E questo ultimo aspetto, il paesaggio appunto o meglio la ricerca di una sintonia, di una felice e armoniosa partecipazione alle caratteristiche contesto, rappresenta lo stimolo creativo, la forza persuasiva, la ricchezza umana, dei suoi interventi. A Dunkerque, Hauvette ci offre un brillante racconto del suo fare progettuale declinando con maestria il progetto della nuova sede delle unità informatiche dell’Usinor, gruppo leader nella produzione dell’acciaio. Il sito industriale acquista attraverso l’articolazione di geometrie rigorose e immediate, la forza unitaria e comunicativa di un paesaggio architettonico di rara suggestione dove la compattezza dei volumi si sposa perfettamente con l’ordinata dimensione dell’intorno. Sono le sue stesse parole a sintetizzare in modo lineare, e di una semplicità disarmante, il senso di lettura dell’intera operazione: “In termini morfologici, il nuovo edificio è composto da una lunga stecca di tre piani, davanti alla quale sono disposti quattro volumi cubici mentre alle sue spalle è addossato un quinto volume piatto e allungato. Ogni volume corrisponde a una funzio-

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Credits Project: Christian Havette Project Manager: Christian Felix Structures: Pierre Engel Hydraulic Plants: Client: Bail Industrie Delegated: Dominique Gonthier, Sogeprom

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ne: uffici individuali modulari nella stecca, uffici open space per lavori di gruppo nei quattro cubi, sale riunioni nel volume retrostante. Il tutto è organizzato in perfetta simmetria rispetto a un atrio centrale scavato nei tre livelli”. Programma funzionale e individuazione delle parti si corrispondono perfettamente, quasi consequenzialmente, in un sistema di passaggi logici. Ma questo naturalmente non è sufficiente a giustificare la cifra dell’intervento. Sulla trama dello schema planimetrico Hauvette definisce una sequenza monumentale di “scatole” metalliche che sembrano appositamente forgiate in loco per far proprie e assorbire le variazioni di luce, dal giorno al calare del sole. Le qualità tecniche ed espressive dell’involucro e la grazia contemporanea del manto luminoso che avvolge l’insieme dei volumi sono gli aspetti che qualificano, nel suo insieme, l’intervento dando merito al razionalismo tecnologico, alla propensione per la sperimentazione di sistemi costruttivi e materiali, propri dell’autore. Il ricorso al procedimento Cibbap ha permesso attraverso la ripartizione di un modulo base in acciaio inossidabile piegato longitudinalmente ogni 40 centimetri, con lunghezze fino a 10 metri di realizzare la trama e la misura degli elementi portanti, pareti esterne, soffitti e tamponamenti. L’involucro è così determinato dall’assemblaggio di parti forate o opache a seconda dell’esposizione dei corpi di fabbrica. A sud, per proteggere gli uffici dall’irraggiamento solare, gli elementi forati al 35% sono completati da una pelle vetrata arretrata di 10 centimetri, parti opache coibentate con isolante termico e disposte lateralmente guardano all’esterno da piccole aperture rettangolari ritagliate nella lamiera inossidabile. Stesso principio per la suddivisone dei solai in cui le lastre Cibbap, posate orizzontalmente, sono forate per una migliore resa acustica e rivestite in caucciù. Diversa soluzione lungo il prospetto nord che si apre all’esterno attraverso una facciata completamente vetrata che beneficia dell’ombra discreta di filari di pioppi. Il nastro metallico che si dispiega nel paesaggio unificando la sequenza dei volumi scatolari si anima durante le diverse ore del giorno e secondo le condizioni climatiche, muto e compatto nelle giornate di sole, sfumato per i giochi di forature nei giorni più grigi, illuminato durante la notte. Elena Cardani

orn in Marseilles in 1944, this architect and townplanner with a real passion for construction took Jean Prouvé’s course at the Conservatory of Arts and Crafts; on a literary level, he even attended a seminar led by Roland Barthes himself at the 3rd cycle of the Ecole Pratique des Hautes Etudes between 1972-74; as regards film, in 1974 he was part of the Groupe de Recherche et d’Essais Cinématographiques; then in the 1980s Christian Hauvette decided to devote himself, heart and soul, to being an architect, and as a highly eclectic and sensitive person, within about ten years he was one of the leading exponents of the boom in high-quality French architecture in the public works sector His works reveal his own individual poetics based on faith in principles like clarity and simplicity; Hauvette constructs his own design syntax around precision, logical coherence and rationality. Stylistically speaking, there is no room for slovenliness in his structural designs. In contrast with blind rejecting, he in some way takes hold of or metabolises geometric-formal guidelines aimed at finding a new vision of the builtscape. This latter aspect, the built environment or rather the quest to find a happy and harmonious sense of interaction with contextual features, provides the creative input, the persuasive force and human richness behind his projects. Hauvette has provided us with a superb rendition of his architectural skills in Dunkirk, majestically designing a project for the new headquarters for Usinor’s computer units, a leading steel manufacturer. The industrial site draws on geometric forms of great precision and immediacy to gain the unitary/communicative force of a highly suggestive architectural landscape, whose structural compactness fits in perfectly with the carefully balanced surroundings. The real meaning of the entire operation is neatly summed up with disconcerting simplicity in the architect’s own words: “Morphologically speaking, the new building is composed of a long three-storey block with four cube-shaped structures in front of them and a flat and elongated fifth structure leaning on at the back. Each structure has its own function: modular individual offices in the block, open-space offices for

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group work in the four cubes, and meeting rooms in the rear structure. Everything is set out perfectly symmetrically in relation to the central lobby cut over three levels.” The functional programme and design of the various parts fit together perfectly in a series of logical steps. But, of course, this is not enough to justify the overall design. Working on the basic building plan, Hauvette has designed a monumental sequence of metallic “boxes” that appear to have been deliberately forged on-site to take in and take hold of the variations in light from daybreak to dusk. The shell’s technical/stylistic qualities and the cutting-edge gracefulness of the mantle of light enveloping all the structures are the main features embellishing the project, physically embodying its architect’s technological rationalism and propensity for experimenting with construction systems and materials. The use of the Cibbap process, featuring a stainless steel base unit folded longitudinally every 40 centimetres and measuring up to 10 metres in length, makes it possible to design and gauge the size of the bearing elements, outside walls, ceilings and curtain walls. This means the shell derives from the assembly of perforated or opaque parts depending on how the building structures are set out. The 35%-perforated elements over to the south have a glass skin set back 10 centimetres to shelter the offices from the sunshine. Opaque and thermally insulated parts placed along the sides look out from small rectangular apertures cut into the stainless steel plates. The same principle applies to how the floors are divided up; the Cibbap sheets, placed horizontally, are perforated to provide better acoustics and clad with rubber. In contrast, the north elevation opens up to the outside through an all-glass facade taking advantage of the discrete shade provided by rows of poplars. The metallic strip spreading across the landscape in order stitch together a sequence of box-shaped structures comes to life at different times of day and according to the weather conditions, silent and compact on sunny days, fuzzy due to the interplay of perforations on greyer days, and lit up at night. Vista sud della nuova sede dei servizi informatici dell’Usinor, realizzata a Grande Synthe, Dunkerque. Il complesso si sviluppa orizzontalmente e in modo simmetrico rispetto allo spazio di ingresso, ritagliato a tutt’altezza nella barra longitudinale degli uffici.

South view of the new headquarters of Usinor’s computer services built in Grande Synthe, Dunkerque. The complex extends horizontally and symmetrically to the entrance space cut full-height into the longitudinal office bar.

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Particolari dei corpi di fabbrica che compongono l’insieme. In alto, il taglio triangolare che individua l’ingresso, sotto a sinistra i blocchi disposti a pettine lungo la stecca degli uffici, a sinistra assonometria generale e particolare della sezione trasversale.

Details of the various factories forming the overall complex. Top, the triangular cut marking the entrance; below, left, the blocks placed like a comb along the office block; left, main axonometry and detail of the cross section.

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La facciata del corpo di fabbrica a nord, che ospita le sale riunioni. Il rivestimento che caratterizza il complesso si basa sul procedimento Cibbap, struttura portante costituita da moduli in lamiera d’acciaio inossidabile di 40 cm di larghezza e 10 metri di lunghezza opachi o forati al 35% e completati da una seconda facciata vetrata.

The facade of the factory over to the north holding the meeting rooms. The cladding characterising the entire complex is based on the Cibbap process, a powerful structure formed of stainless steel modules measuring 40 in width and 10 metres in length, which are either opaque or 35% perforated and completed by a second glass facade.

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Stefano Longhi e Giancarlo Massetani

Ricerca e innovazione Pininfarina Research and Development Centre o stile italiano è un’industria trainante per la capacità innovativa che trasmette al mondo della produzione. Oggi l’oggetto-automobile e la sua forma sono i principali veicoli dell’immaginario sociale, attraverso cui ognuno rappresenta la sua personalità. Siamo arrivati al punto che l’innovazione meccanica-motoristica non fa più la differenza. La plusvalenza viene donata dal messaggio (tele)visivo, dall’allure che l’auto induce nel consumatore e dalla penetrazione di un certo stimolo esistenziale che l’automobile rappresenta. Pininfarina è un’azienda leader, un’industria dello stile, un luogo di ricerca dove la progettazione di un’immagine per l’automobile diventa realtà tangibile attraverso tutte le fasi: dalla sperimentazione alla ricerca, fino alla creazione del prototipo. Quindi dove il contenuto del sogno della bellezza meccanica si confronta con la realtà produttiva. L’automobile non è più un mezzo di spostamento da un punto A a un punto B, o meglio non è più solo questo. Tutto ciò che fa la differenza tra un’auto e l’altra è il suo stile, la seduzione che ci avvolge, per cui un oggetto inanimato irradia su di noi parte della sua magia, un’evocazione di un clima, insomma tutto ciò che porta lo stile Pininfarina a vestire Ferrari, Volvo, Ford, Citroën, ecc. E poi non dimentichiamo le presenze costanti nei più grandi musei del mondo, quali il MOMA, il Museo dei Trasporti di Lucerna, Il museo di Le Mans, Il museo dell’auto di Torino, la Triennale ecc. Così oggi parlare della nuova sede delle Pinifarina Ricerca e Sviluppo realizzata a Cambiano (Torino) è l’occasione per celebrare un metodo di lavoro italiano, dove la nostra materia prima, il genio creativo, diventa industria. Tre piani di uffici e un capannone industriale, semplici costruzioni prefabbricate, da cui escono i prototipi, che dalla provincia torinese invadono le strade del mondo. Non troveremo però un edificio magniloquente o falsamente celebrativo, anche perché la vera ricerca è sempre umile e tesa al futuro, più che alla celebrazione. Infatti l’edificio progettato da Stefano Longhi e Giancarlo Massetani è innanzitutto la rappresentazione di una filosofia di lavoro. La cosa più importante è fornire spazi ben allestiti per la progettazione e che tali spazi siano assolutamente a prova di segretezza. Questo è un dato fondamentale, laddove bisogna proteggere il “tesoro”, che è il progetto: il segreto industriale costringe i progettisti a rendere ogni spazio comune ridottissimo e tutti i percorsi di accesso controllati in modo molto puntuale. Quindi la privacy innanzitutto. Unico momento di comunicazione verso l’esterno, il grande “parabrezza” in facciata. Si tratta di un’indicazione specifica della committenza: dare visibilità al prodotto della creatività attraverso una “fetta di sfera” in vetro appoggiata alla parete in travertino. La vetrata è sostenuta da montanti in acciaio zincato, quasi una serie di “zampe di ragno” traforate. Questo grande elemento è l’unico momento in cui lo sguardo del visitatore può penetrare e cercare di capire cosa si fa all’interno. Da questo unico occhio di vetro chi arriva deve ricevere un messaggio di “confidenza tecnica”, cioè deve capire che la tecnologia qui è di casa, senza esagerare, mostrando poco, ma quel tanto che basta: due o tre automobili, perfette, bellissime. Non c’è bisogno di altro per annunciare la firma Pininfarina. L’understatement è d’obbligo per chi è abituato a fabbricare, a costruire, senza bisogno di esibire troppo. Stefano Pavarini

L Credits Project and Site Management: Stefano Longhi, Giancarlo Massetani Project Manager: Piero Massaglia Security Coordination: Stefano Longhi Collaborators: Maria Cristina Fassio, Paola Egardi, Stefano Cordero, Roberta Cocchiaro Geological and Geotechnical Research: Claudio Angelino Concrete Works: Ingegneri Angelino, Carosso, Bollettino Electrical Plants: Antonino Mangano Gas and Hydraulic Plants: Giulio De Nittis Fire prevention: Vincenzo Povero General Contractor, Wall Painting and Exterior Flooring: Barberis Aldo Impresa di Costruzioni Electrical Plant Installation: G.R..Impianti Elettrici Thermohydraulic Plants Installation: Gesti False Ceilings: Barberis-Living Design Partition Walls, Doors and Furniture Systems: Comar-MC Lifts: Ciocca Ascensori Structural Glasses, Frameworks and Travertine Ventilate Facades: Nordisa-Gruppo Permasteelisa Metal Panels in the Hall: PM-Design Floating Floors: Intec Concrete Prefabricated Structures: Cemental Security Plants: Ditta Domenico Graglia Lighting: Zumtobel Client: Pininfarina Centro Ricerche e Sviluppo

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talian style is a driving force for the power of innovation it injects into industry. Nowadays, the motor car-object and its design are the main means of projecting our image in modern-day society. We have reached the point where mechanical/motorised innovation no longer makes the difference. That something extra now comes from the (tele)visual message and alluring charm cars induce in consumers and the existential stimulus we receive from cars. Pininfarina is a leading company, a style industry and place for research/experimentation were spindoctoring the image of cars turns into something real through all the different stages from experimentation to research and the design of a prototype. This is where the dream of beauty comes up against the reality of industrial production. Cars are no longer a means of travelling from A to B, or rather not just that. What makes the difference between one car and another is its style, the seductive force enveloping us so that an inanimate object projects part of its “aura” or magic onto us or, in other words, everything enabling Pininfarina style to clad Ferrari, Volvo, Ford, Citroën etc. And let’s not forget displays in the world’s most important museums, like MOMA, Lucerne Transport Museum, Le Mans Museum, Turin Motor Car Museum, the Triennial etc. We have certainly come a long way since Pinin Farina first set to work in 1930, and his descendants can now proudly show off the Pininfarina Collection. So talking about the new headquarters of Pininfarina Research and Development realized at Cambiano (Turin) provides the chance to celebrate an Italian approach to work that turns our own raw material, creative genius, into industry. Three floors of offices and an industrial warehouse, simple prefabricated constructions producing prototypes that set off from the province of Turin to invade roads all over the world. Of course this certainly is not a grandiose or falsely commemorative building, because real research is always humble and projected into the future rather than smug and conceited. The building designed by Stefano Longhi and Giancarlo Massetani fundamentally embodies a work philosophy. The most important thing is to provide well furbished spaces for design, guaranteeing real privacy. This is of vital importance when you need to protect something as “precious” as a design: industrial secrecy forces architects to design extremely small communal spaces and very carefully guarded entrance ways and corridors. So privacy above all else. The large “window screen” in the facade is the only contact with the outside. The client made things very clear: make the product of creative artistry highly visible through a glass “slice of a sphere” resting on the travertine wall. The glass window is supported by galvanised steel stanchions, almost like a set of perforated “spider’s legs”. This huge feature is the only way visitors can try and see what is going on inside. They must use this single glass eye to receive a message of “technological confidence” or, in other words, they must realise that technology is literally at home here, revealing just enough but not too much: two or three perfectly beautiful cars. That is all it takes to present the Pininfarina trademark. Understatement is necessary for somebody used to manufacturing and constructing without showing off.

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La grande vetrata a “parabrezza” che segna l’ingresso del nuovo Centro Ricerca e Sviluppo Pininfarina a Cambiano (Torino). Le pareti interne sono pennellate in alluminio naturale lucido e sono mantenute senza immagini per non distrarre l’attenzione rispetto ai modelli di prototipo esposti nella sala.

The large glass “windscreen” marking the entrance to the new Pininfarina Research and Development Centre in Cambiano (Turin). The inside walls are clad with shiny natural aluminium and left bare so as not to distract attention from the prototype models on display in the hall.

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Particolari del fabbricato che contiene gli uffici e i laboratori dei progettisti. L’edificio è stato posto in opera su struttura prefabbricata elevata in soli 70 giorni. La struttura è costituita da travi e pilastri prefabbricati; il solaio di copertura dello stabilimento è realizzato con tegoli ad “ala di gabbiano”; le pareti di tamponamento sono pannelli sandwich prefabbricati con struttura in cemento armato con interposto coibente in polistirene espanso ad alta densità, mentre esternamente sono finiti in ghiaietto fluviale lavato. In basso, particolari dell’esterno e dell’interno della hall. La pavimentazione della zona ingresso è di due tipi: la parte compresa tra la parete vetrata e la proiezione del solaio superiore e la fascia immediatamente esterna sono in blocchetti di porfido del Trentino, mentre il pavimento rimanente è in legno di ciliegio.

Sopra, piante dei due livelli. A destra la vetrata dell’ingresso, costituita da porzioni di lastre in vetro stratificato, antisfondamento e antiriflesso, unite con silicone strutturale e sostenute solidalmente da un sistema di fissaggio tipo Spider-Glass ad “H”. Le pareti sul fianco della vetrata sono in lastre di travertino a taglio regolare.

Details of the building holding the designers’ offices and laboratories. The building was set in place on a prefabricated structure erected in just 70 days. The structure is made of prefabricated beams and columns; the factory roof features seagull’s wings” tiles; the curtain walls are prefabricated sandwich panels with reinforced concrete structures inserted with high-density polystyrene foam, while on the outside they are finished with washed fine gravel. Bottom, details of the inside and outside of the hall. The floor in the entrance area comes in two types: the part between the glass wall and projection of the upper floor and first outside strip are made of blocks of porphyry from Trentino, while the rest of the floor is made of cherry wood.

Above, plans of the two levels. Right, the glass entrance partition made of sheets of non-reflective, unbreakable, stratified glass combined with structural silicone and held tightly in place by a “H”-shaped Spider-Glass attachment system. The walls along the sides of the glass partition are made of sheets of regular-shaped travertine.

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empre più sembrerebbe il caso di dedicare ogni tanto tempo e attenzione a quant’è accaduto all’architettura negli ultimi decenni (almeno tre, tre e mezzo) di trasformazioni vorticose, di radicali mutamenti sociali, tecnologici, economici, che tutti riconoscono ma che tuttora si rivelano ben difficili da decifrare. E, naturalmente, a ciò che sta accadendo; quanti e quali sono i punti di non ritorno, i confini per sempre oltrepassati, i terreni perduti, quelli da difendere; meglio ancora quelli (eventuali) da conquistare. L’impressione prima è di una complessiva generale fragilità, o meglio di una certa difficoltà a far fronte a un mondo che cambia, a ribatterne punto per punto gli input certamente non sempre gradevoli; con conseguenti ripiegamenti di varia natura: alcuni segnati da fughe extradisciplinari, alla ricerca di impossibili procedimenti certi; altri, assai più fastidiosi e nefasti, tesi (invano) a delimitare con modi autoritari e censori margini ritenuti invalicabili di pratiche autonome e autoreferenziali, dannose e sterili. Dilapidando, questi ultimi, una quantità incredibile di energie; e, quel che è peggio, radicandosi spesso nelle scuole, moltiplicando a forza i casi di gioventù mal spese, alle quali si sa è poi quasi impossibile porre davvero rimedio. Nel migliore dei casi l’architettura si è fatta un po’ da parte per delicatezza: “par délicatesse – diceva Rimbaud – j’ai perdu ma vie”. Sta comunque di fatto che, a fronte di una massiccia occupazione di campo messa in atto senza nessuno scrupolo da una edilizia senza volto prodotta da società di engineering ugualmente senza volto, la ritirata dell’architettura dalla scena contemporanea ha assunto e sta confermando dimensioni preoccupanti. Anche casi di valore esemplare rischiano di soccombere o comunque scricchiolano di fronte all’avanzata di quella che sembra essere un’invincibile armata di grey collars. Queste considerazioni sono certo un po’ influenzate dalla fase fortemente depressa che sta attraversando (da anni) l’Italia, che sembra proprio non voler finire; tuttavia, anche la fortuna e il grande entusiasmo che hanno accolto raffinate fiamminghe letture fredde dei trend di trasformazione fisica del nostro pianeta abitato sono, se si guarda bene, sintomatiche e per molti potrebbero rivelarsi poi alla fin fine una buona terapia di sostegno per accettare l’uscita dell’architettura dalla porta di servizio, paghi di discettare nel frattempo su argomenti ritenuti sufficientemente up-to-date. Ecco perché la diversità evidente di Coop Himmelb(l)au è così importante, su di uno sfondo di tal fatta. Wolf D. Prix e Helmut Swiczinsky, praticamente coetanei, hanno fondato la loro Coop nel 1968 a Vienna. Molto impegno e lavoro in quella entusiasmante officina trasversale, transnazionale, che segna gli anni d’oro di uno degli ultimi tentativi dell’architettura (o dell’ultimo?) di risintonizzarsi, senza nulla perdere della propria specificità, con quello che le altre arti andavano nel frattempo facendo. Serpeggiano, grazie al cielo, differenze sottili in questo fiume spumeggiante che presto verrà poi denominato “radical”: prenderanno via via forma molti destini, che per un insieme di circostanze si allontaneranno spesso, o verranno allontanati, dall’architettura. Talvolta saranno i fascini dell’industrial design, apparentemente più duttile e disponibile; o le logiche dure dei mercati e dei loro gestori; o la inevitabile arretratezza dei vari establishment, disponibili a collezionare quadri con una mano ma con l’altra soltanto quantità di metri cubi senza qualità se non piattamente economiche; o ancora i comprensibili richiami della performance art, e poi della land art, e così via, tutti campi bellissimi ma dove la lotta non è certo meno dura; o più semplicemente il peso sovente devastante dell’ideologia. Diversità di Coop Himmelb(l)au: l’architettura, fin dall’inizio, è l’obiettivo: come insieme di spazi e di forme, organizzate in maniera logica e poetica, e come dispositivo tecnologico e costruttivo inattaccabile, potente e semplice nella sua assoluta non convenzionalità. Un approccio apertamente anticlassico. A partire dalle prime esperienze con le strutture gonfiabili, subito ibridate con inserti più ardui, e senza nulla cedere per raffinatezza di riflessione culturale, artistica e tec-

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Coop Himmelb(l)au

nica, la sfida rimane sempre alta. E alto rimane il prezzo accettato: il margine inafferrabile dell’utopia, continuamente rasentato; il continuo rischio del declassamento critico, affrontato a viso aperto; e, soprattutto, il peso doloroso dell’essere per lungo tempo relegati nel mondo della non costruzione, o dell’allestimento effimero, dove solo ogni tanto qualcuno dà modo di fare qualcosa. Nessuna smagliatura, nessun tradimento di scala: nessuna caffetteria da vendere nei duty free shop, niente orologi di plastica; ma neppure la resa tout court alle logiche seducenti e (apparentemente) indiscutibili della nuova generazione del cristallo e dei suoi sistemi di aggraffaggio, o delle leghe metalliche preziose iperleggere e iperresistenti. Dopo aver disseminato tante tracce memorabili e aver superato con perizia le tentazioni e le secche improvvise delle mode, Coop Himmelb(l)au inaugura questo primo decennio del terzo millennio con imperturbata e magistrale continuità, potendo finalmente inserire nella sigla sociale quella nuova fondamentale parentesi. Naturalmente confrontandosi con programmi e input che più attuali non si può: un centro per la ricerca scientifica a Wolfsburg, e uno per la ricerca biologica a Vienna, per esempio. Il primo è declinato in chiave di organismo molto plastico, densificazione architettonica dell’attuale imprevedibilità consapevole che pare costituire lo sfondo di ogni sviluppo della scienza. Il secondo in qualche modo inverte il procedimento: una scatola con forma di parallelepipedo regolare ospita nella maniera meno definitiva o coercitiva possibile i luoghi della ricerca, che richiedono nel tempo geometrie variabili, garantendo le migliori condizioni possibili in termini di luce, benessere, eccetera, e la loro assoluta isotropia, temprate attraverso un sistema di lamelle orizzontali regolabili. Imprigionata all’interno, e indecifrabilmente visibile come ombra dal di fuori, un’arcana entità scultorea, “come un’aragosta in gelatina”, dicono Prix e Swiczinsky: un’identità nel tempo. Transito obbligato fra le varie parti dell’edificio, e sede di funzioni d’uso comune, si tratta di uno spazio altro, attivatore di reazioni psicofisiche, che come si sa certo male non fanno a chi lavora in questo settore. E’ facile capire come il gioco sia complesso e l’insieme sovraccarichi al massimo il suo carattere di dispositivo; qui importa far notare come in entrambi i casi, e in specie in quest’ultimo, difficoltà all’apparenza insormontabili, se non paradossali, vengano risolte compositivamente, strutturalmente e tecnologicamente in maniera assai semplice, ragionevole. Che poi è il medesimo procedimento seguito per BMW Welt, dove il tema molto diverso, non facile da maneggiare per gli ovvi risvolti pubblicitari e soprattutto per gli standard di gusto diffusi in questo settore produttivo e commerciale, viene svolto accentuando all’estremo l’idea di un enorme interno protetto da una gigantesca pensilina dal ventre molto ondulato, in qualche modo sorretta, apparentemente a sbalzo, da un doppio cono tronco con funzioni di generatore di struttura. Un concorso in due gradi vinto in Danimarca, ad Aalborg, permette ora a Coop Himmelb(l)au di realizzare la Casa della Musica dello Jutland del Nord, sulle rive del Lim-Fjord. Il programma comprende anche due Facoltà della locale università, quella di musica e musicoterapia e quella di architettura e design. L’impianto è risolto in modo assai nitido, impostando su due corpi a pianta rettangolare allungata leggermente divaricati a V, dove trovano luogo gli spazi universitari, una gran conchiglia rovesciata molto trasparente, asimmetrica, che ricopre la sala dei concerti con annessi e connessi, ruotata di circa 90° e perpendicolare alla riva. Esoscheletro immane incagliatosi chissà quanto tempo fa per cause ignote, ne traspare uno spazio interno mosso, solcato da rampe e passerelle, terrazzamenti, risalite, popolato di orchestrali, signore in abito da sera, studenti. Città nella città, hub culturale di comunicazione e scambio dove fuori il clima è freddo. Anche questo dev’essere oggi l’architettura. Maurizio Vogliazzo

here seems to be a growing need to pay some time and attention, every now and again, to what has happened in architecture over the last few decades (at least three or three and-a-half) of startling transformations, radical social, technological and economic changes, which everybody recognises but which are still hard to decipher properly. And then, of course, we also need to take stock of what is happening; where the points of no return stand and how many there are, the boundaries broken once and for all, lost ground and ground worth protecting; or, even better still, ground to (if possible) be conquered. Our first impression is of a general sense of fragility or, better still, of certain problems in facing up to a changing world, coming to terms with all the (at times) rather unpleasant new input, causing various different reactions: some times flights into other fields in search of definite procedures that will never be found; or other much more annoying and ominous attempts (in vain) to take an authoritarian approach to setting bounds on harmful and sterile, independent and self-referential practices. Inevitably wasting an incredible amount of energy; and, what is worse, all this often takes root in our schools, inevitably resulting in lots of young people missing the boat once and for all. In the best of cases, architecture has politely stepped aside: “par délicatesse – so Rimbaud wrote – j’ai perdu ma vie”. But the fact is that, faced with the unscrupulous onslaught currently under way on the part of faceless building designed by equally bland engineering firms, architecture’s retreat off the modern-day scene is taking on rather worrying proportions. Even the best of what is on offer is likely to succumb in face of the forward march of an unstoppable army of grey-collar workers. These factors are certainly rather influenced by the period of notable depression Italy has been going through (for years now), that shows no signs of drawing to a close; nevertheless, even the success and enthusiasm that has greeted certain cool and elegant Flemish readings of the latest trends in physically transforming the planet we inhabit turn out, upon closer scrutiny, to be rather symptomatic and in the end are probably just a therapeutic way of helping people accept architecture’s exit out of the back door, settling in the meantime for just pondering over sufficiently up-to-date issues. Wolf D. Prix and Helmut Swiczinsky, virtually the same age, set up their Coop in 1968 in Vienna. Setting off on the right side of the barricade; plenty of hard work and effort in that cross-the-board and transnational workshop that marked the golden days of one of architecture’s last attempts (or may be even very last?) to once again tune into what is going on in the meantime in the other arts, without losing any of its own special features. Thank goodness, there are some subtle differences in this fast-flowing river that will soon be described as “radical”: plenty of different paths will gradually appear which, for a variety of reasons, will move away from, or be moved away from, architecture. At times, the charm of industrial design will come to the fore, apparently more flexible and disposable; or alternatively the tough laws of the market economy and its operators; or may be even the backwardness of the establishment in all its different guises, ready to collect paintings with one hand and just count the amount of cubic metres with the other, blind to considerations of style and quality; then the intriguing charm of performance art or land art etc., all marvellous affairs, but no less hard and competitive; not to mention the often devastating burden of ideology. Coop Himmelb(l)au’s diversity lies in placing architecture to the fore, right from the start: as a combination of spaces and forms set out logically and poetically, and an unbreachable constructiontechnological device, powerful and simple in its complete lack of conventionality. A deliberately anti-classical approach. Right from the very first experiments with inflatable structures, soon mixed with bolder inserts, and without ever making concessions in terms of

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technical, artistic and cultural elegance, never lowered the guard. But all this comes at a price, as the firm is only too well aware; constantly verging on the brink of utopia, always in danger of being demoted by the critics, facing up to it bravely; and, above all, the painful burden of being relegated for so long to the ranks of nonconstruction or temporary installations, where the opportunities are few and far between. No holes, no betraying of scale: no coffee on sale in duty free shops, no plastic watches; and no instantly giving way to the seductive and (apparently) impeccable line of thinking of the latest generation of glass architecture and the seaming systems it involves, or hyper-lightweight and hyper-resistant precious metal alloys. After sewing so many memorable seeds and astutely steering clear of the temptations and shallowness of mere trends, Coop Himmelb(l)au has opened up the first decade of this new millennium with imperturbable and majestic consistency finally managing to insert his own new parenthesis into society. Obviously coming to terms with the very latest programmes and input: a scientific research centre in Wolfsburg and another for biological research in Vienna, for instance. The former is designed like an extremely sculptural organism, a cutting-edge architectural complex of conscientious unpredictability that seems to provide a backdrop for scientific progress. The latter in some sense inverts the process: a regular parallelepiped-shaped form hosts research facilities in as relaxed and unassuming a manner as possible. Facilities calling for variable geometric layouts providing the best possible lighting conditions and maximum comfort etc., and absolute isotropy, reinforced by a system of adjustable horizontal shutters. Imprisoned on the inside and indecipherably visible as a shadow from the outside, Prix and Swiczinsky have described it as an arcane sculptural entity, “like a lobster in jelly”: identity across time. As a necessary transition between the various parts of the building, and home of everyday functions, this is an alternative space triggering off psycho-physical reactions, which as we know are certainly no harm to people working in this sector. In other words, it is easy to see how intricate the entire game is and how the whole thing is stretched to its limits; here it is important to note how in both cases (and particularly the latter), apparently insurmountable, if not paradoxical, difficulties are stylistically, structurally and technologically solved so simply and reasonably. This is basically the same procedure followed for BMW Welt, where a very different issue, hard to handle for its obvious advertising implications and, above all, due to the widespread standards in taste in this manufacturing/business sector, is tackled by taking to the extreme the idea of a huge interior protected by a huge canopy with an extremely undulating belly, somehow held up (apparently in a projecting way) by a double truncated cone designed to generate structures. A two-stage competition won in Aalborg, Denmark, is now enabling Coop Himmelb(l)au to build the North Jutland House of Music on the banks of the Lim-Fjord. The programme also includes two Faculties of the local university (music and music therapy, and architecture and design). The simple building plan features two rectangular-based slightly elongated constructions opening up into a “V”, where the university facilities are located, a large upturned extremely transparent and symmetrical shell covering the concert hall and all its adjoining parts, which has been rotated through about 90º and placed perpendicular to the river bank. An immanent exoskeleton grounded who knows how long ago for unknown reasons, revealing a lively interior space shot through with ramps and walkways, terraces and steps, full of orchestra players, ladies in evening dress, students. A city in the city, a cultural hub of communication and exchange, with a cold climate outside. Nowadays, this, too, is what architecture is about.

Agora Dreams and Visions

Agora Dreams and Visions

Coop Himmelb(l)au

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IMBA Biocenter, 2000 Vienna

Credits: Project: Coop Himmelb(l)au: Wolf D.Prix, Helmut Swiczinsky + Partner

Il progetto per questo Centro di Ricerca a Vienna si fonda sul principio della massima flessibilità degli ambienti interni dell’edificio dal punto di vista sia spaziale sia funzionale. Il progetto è caratterizzato da un involucro “soft” e da un nucleo “hard”: la scatola esterna è progettata come una maglia regolare di travi, mentre il nucleo è una scultura geometricamente complessa che sembra fluttuare all’interno delle scatola. La scatola contiene gran parte delle funzioni principali (laboratori, uffici, servizi tecnici); la scultura contiene gli spazi di incontro informale, la caffetteria, sale per meeting, funzione questa di massima importanza nel contesto della ricerca scientifica in cui lo scambio di idee tra gli studiosi è parte integrante del lavoro e dello sviluppo di concetti nuovi. La scatola esterna è completamente vetrata ed è dotata nella parte più esterna di lamelle frangisole anch’esse in vetro che consentono un controllo mirato dell’ingresso della luce naturale negli uffici e nei laboratori. Questi sono organizzati come sequenze fluide di open space con partizioni mobili. L’interno della scultura è invece illuminato naturalmente solo tramite le due aperture alle estremità, essendo il suo involucro solo parzialmente traslucido.

The project for this Research Centre in Vienna is based on the idea of maximum flexibility of the building interiors in both spatial and functional terms. The project features a “soft” shell and “hard” core: the outside box is designed like a reticular web of beams, while the core is a geometrically complex sculpture that seems to flutter inside the box. The box contains most of the main functions (laboratories, offices, technical utilities); the sculpture holds informal meeting spaces, a cafeteria and meeting rooms of vital importance in the context of scientific research, where the exchange of ideas between experts is an integral part of the developing of new concepts and work in general. The outside box is made entirely of glass and fitted with wooden shutters on its most external part, which are also made of glass to carefully control the in-flow of natural light into the offices and laboratories. These are organised like smooth sequences of open space with moving partitions. The inside of the sculpture is actually naturally lit through just the two openings at the ends, since its shell is partly translucent.

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North Jutland House of Music, 2002/2003) Aaborg

Credits Project: Coop Himmelb(l)au: Wolf D.Prix, Helmut Swiczinsky + Partner Project Architect: Michael Volk Project Partner: Karolin Schmidbaur, Michael Volk Project Team: GDL: Jesper Bork, Sophie Grell, Bo Stjerne Hansen; L.A.: Joseph Chang, Ian Collins, Gavin Farley, James Lowder, Eric Young; VIE: Georg Kolmayr, Matthias Ecker Structural Engineering: Bollinger+Grohmann HVAC: Ideas for the Build Environment (IBE) Acoustics: Bauton, Peter Grueneisen Theater Consultation: Theater Consultants Client: North Jutland House of Music Foundation & Danish National Research and Education Buildings

Esploso assonometrico, planimetria generale e piante dei vari livelli del progetto risultato vincitore nel concorso internazionale per la House of Music di Aalborg, in Danimarca. L’edificio, che verrà realizzato tra il 2004 e il 2006 sarà la nuova sede dell’Orchestra sinfonica di Aalborg con una sala per 1800 spettatori, progettata secondo i criteri di acustica della Musikverein di Vienna. Inoltre, su un’area di 29.000 mq, ospiterà gli Istituti di Musica e di Architettura e Design dell’Università locale.

Il complesso è costituito dalla sala principale (Flying Hall), dai due Istituti universitari (Loft Beams), e da un involucro dorato a forma di nuvola. Orientata verso il Lim Fjord, la sala concerti si presenta come un volume fluttuante sopra le sue rive. Gli Istituti di Musica e di Architettura sono collocati in due edifici a stecca collegati tra loro da un volume a ponte che contiene la biblioteca. L’involucro del complesso è una nuvola di cristallo in parte metallizzata, che racchiude i foyer e gli spazi pubblici dell’edificio determinando i flussi di transizione tra le aree pubbliche e quelle private e tra le geometrie rigide e quelle “morbide” del progetto.

Axonometric blow-up, site plan and plans of the various levels of the winning project in the international competition to design the House of Music in Aalborg, Denmark. The building, planned to be built between 2004-2006 will be the new home of the Aalborg Symphony Orchestra with a hall holding an audience of 1800 designed along the same acoustic lines as the Vienna Musikverein. It will also host the local university’s Institutes of Music, Architecture and Design over an area of 29,000 square metres.

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The complex is composed of a Flying Hall, two university institutes called Loft Beams and a gilt shell shaped like a cloud. Facing Lim Fjord, the concert hall looks like a structure hovering above its banks. The Institutes of Music and Architecture are located in two block-shaped buildings connected together by a bridge structure holding the library. The complex’s shell is a partly metallic glass cloud enclosing the building’s foyers and public spaces to create smooth interactive flows between the public and private areas and the design’s stiff and “soft geometric patterns.

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BMW Welt 2001-2005/6 Munich

Credits Project: Coop Himmelb(l)au: Wolf D.Prix, Helmut Swiczinsky + Partner Project Partner: Paul Kath Project Architect: Verena Perius Project Team: Hans Aescht, Antje Bulthaup, Ing Tse Chen, Volker Gessendorfer, Andrea Graser, Martin Jurycz, Martin Konrad, Wolfgang Leitgeb, Karin Miesenberger, Martin Oberascher, Alexander Ott, Florian Pfeifer, Penelope Rüttimann, Mark Steinmetz, Siegrid Steinwender, Renate Weissenböck; Beatrix Basting, Andrea Christmann, Patrick Ehrhardt, Manfred Herrmann, Robert Huebser, Florian Schafschetzy, Kristina Schinegger, Pascal Vauclair Structural Engineering: Bollinger+Grohmann Client: BMW AG

Planimetria generale e modello del progetto, risultato vincitore a un concorso internazionale bandito da BMW Group nel 2001, per la realizzazione di un complesso per la prova e la consegna delle proprie automobili. Il nuovo edificio verrà realizzato in prossimità della sede centrale della casa automobilistica tedesca nei pressi del Parco Olimpico a Monaco di Baviera.

Rendering e modello della proposta di Coop Himmelb(l)au che su un’area di 25.000 mq, sviluppa una superficie di 68.000 mq distribuita su tre livelli sotterranei e quattro livelli fuori terra. L’edificio che contiene una lunga rampa elicoidale per l’esposizione e la prova dei veicoli, ha una lunghezza totale di 215 m con una larghezza massima di 130 m e un’altezza di 28 m.

Site plan and model of the winning project in an international competition organised by the BMW Group in 2001 to design a complex for testing and delivering its cars. The new Building will be built near the German car manufacturer’s central headquarters by the Olympic Park in Munich, Bavaria.

Rendering and model of Coop Himmelb(l)au’s design developing a surface area of 68,000 square metres built over three underground levels and four above-ground floors on a basic area of 25,000 square metres. The building containing a long winding ramp for displaying and testing the vehicles extends over a total length of 215 m, maximum width of 130 m and height of 28 m.

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Fotomontaggio del nuovo edificio che si pone come segno forte e distintivo dell’area occupata dalla sede BMW. Sotto, modello dell’atrio principale.

Photo-montage of the new building that acts like a powerfully distinctive landmark in the area where the BMW headquarters are located. Below, model of the main lobby.

L’elemento principale della proposta dello studio austriaco è il grande atrio trasparente a doppio cono, sovrastato da una copertura scultoria. L’atrio è il punto di incontro e di vendita ed è organizzato con una topografia interna che prevede diversi gradi di densità spaziali e di “sotto spazi” fluidi. Cuore dell’edificio è il “Premiere”, l’area di consegna dei veicoli, sovrastata dal salone espositivo dove i visitatori (ne sono previsti 840.000 all’anno) possono ammirare in nuovi modelli BMW e vedere il panorama delle quattro torri che segnalano la sede della casa automobilistica.

The main feature of the project designed by the Austrian firm is the large twin-coned transparent lobby with a sculptural roof. The lobby is the meeting/sales outlet and its internal topography provides for various degrees of spatial density and smooth “sub-spaces”. The heart of the building is the “Premiere”, the area for delivering the vehicles, with a showroom above it, where visitors (840,000a-year are expected) can admire new BMW cars designs and enjoy the view of the four towers marking the home of this major car manufacturer.

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The Great Egyptian Museum, Giza

The Great Egyptian Museum, Giza

Vincitore/Winner – Heneghan.Peng.Architects www.hparc.com

Emozione e tecnologia The Great Egyptian Museum, Giza

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Sopra da sinistra, pianta della piazza/scultura, pianta del piano terra e pianta del secondo piano. A destra, la facciata a geometria frattale di pietra traslucida illuminata. Nella pagina a fianco, viste del modello del museo inserito tra il Parco delle Dune e il Parco del Nilo nel grande plateau che introduce alle Piramidi di Giza.

egittologi e un museologo (tra gli altri, gli italiani Gae Aulenti e Sergio Donadoni, l’egiziano Gaballah Ali Gaballah, l’inglese Peter Cook e il coreano Jong-Soung Kimm in rappresentanza dell’UIA), in questa sfida di idee è uscito vincitore il progetto dello studio cinoamericano-irlandese di Shih Fu Peng e Róisín Heneghan Peng. Si tratta di due giovani architetti, formatisi il primo a Cornell e l’altro all’University College di Dublino, con un comune master in architettura presso la Harvard University (1992), e ora docenti parttime in un corso di progettazione del quinto anno nell’University College di Dublino (dal 2001), che si sono già distinti a livello internazionale, vincendo tra l’altro lo Young Architects Forum del 1999 dell’Architectural League di New York con un progetto per il Pier 40 di Manhattan. Una breve, ma intensa carriera scandita, e direi quasi forgiata, da concorsi di architettura. E infatti, è ancora un’altra vittoriosa competizione internazionale per i Kildare Civic Offices in

The museum situated at the intersection of visual cones facing Cairo and the Pyramids, features an eye-catching corrugated roof, that looks like a continuation of the rolling sand dunes, and a specially-lit translucent stone entrance facade structured around fractal geometric patterns with a square of multi-purpose sculptures in front of it lit up by a grid of lampposts. The inside is organised around a main stairway running through the various premises and exhibition levels separated by courtyards and gardens and digital walls containing the museum’s main technological fixtures.

Irlanda (2001), l’occasione del recente trasferimento a Dublino della Heneghan Peng Architects, costituita a New York tre anni prima. Ora è la volta del GEM di Giza, un’opera di grande ambizione, di quasi 300 milioni di euro, il più grande museo del mondo con 424 mila metri quadrati di superficie, la cui costruzione dovrebbe iniziare a fine d’anno: il principale terminale di egittologia al mondo, che, proprio all’ombra delle piramidi, custodirà, fra l’altro, il tesoro di Tutankhamon con i suoi oltre 3500 oggetti, compresa la celebre maschera funeraria in oro massiccio; ed anche il primo museo virtuale globale, concepito come parte integrante della grande Autostrada dell’informazione. Il progetto di Heneghan e Peng è in certo senso il risultato delle loro emozioni davanti al paesaggio, al tempo stesso fisico e mentale, di Giza e delle sue piramidi. Il suo carattere qualificante è costituito dalla forma astratta, e insieme complessa, del volume a tronco

di cuneo che si apre a ventaglio dall’ingresso verso la vista delle piramidi di Cheope, Chefren e Macerino, e che supera il dislivello attraverso un grande scalone interno, inteso come una strada cronologica, in cui si aprono e da cui si dipartono gli spazi espositivi permanenti e temporanei. Il lato maggiore del ventaglio rappresenta il nuovo margine “architettonico” dell’altopiano desertico ed è costituito da un muro in pietra traslucida, strutturata dalla geometria frattale. Le traiettorie visive dei settori, che compongono il volume cuneiforme, strutturano il museo e costituiscono il veicolo delle reti tecnologiche che innervano e vivificano con flussi digitali gli spazi espositivi. Le “pieghe” strutturali che solcano la copertura, a mo’ di dune del deserto, permettono alla luce di scolpire e definire gli ambienti museali. Un progetto poetico e forte, elegante e raffinato, delicato e funzionale, e tecnicamente sofisticato. Aldo Castellano

Credits Project: Heneghan.Peng.Architects, Alicia Gomis-Perez, Edel Tobin, Roisin Heneghan, Shih-Fu Peng Structural Engineering: Arup, Cecil Balmond, Charles walker, Francis Archer Building Services: Buro Happold, Tony McLaughlin, Bo Ascot Lighting: Bartenbach Lichtlabor, Robert Nueller, Verena Wach Modelmaker: Kandor Modelmakers

Richard Davies

rogettare il nuovo a due chilometri dalle piramidi di Giza, e in vista delle tre cuspidi, è una emozione forte, una sfida impegnativa che sgomenta. Ci si son provati in 1557 progettisti di 83 Paesi del mondo. Forse, la più ampia competizione internazionale di architettura nella storia. L’occasione è stata offerta dal Governo Egiziano che nell’aprile 2002 ha indetto, con il patronato dell’Unesco e la supervisione dell’UIA, un concorso per la progettazione del Grand Egyptian Museum, il GEM, a una ventina di chilometri a sud del Cairo, ai margini dell’altopiano desertico di Giza. Da una parte, la modernità architettonica della metropoli egiziana, con costruzioni e nastri d’asfalto, tra dune e altopiani di sabbia; dall’altra l’inquietante purezza geometrica dei millenari volumi funerari, testimonianza di una delle sfide più ardite alla caducità della vita. Secondo una giuria internazionale, composta da sei architetti, due

Il museo, all’intersezione dei coni visivi verso il Cairo e verso le Piramidi, si caratterizza per la copertura corrugata, che appare come un’estensione dinamica dell’andamento delle dune, e per la facciata di ingresso di pietra traslucida illuminata strutturata su una geometria frattale anticipata da una piazza di sculture multifunzionale illuminata da una griglia di pali di luce. L’interno è organizzato lungo una scala principale che attraversa i diversi ambienti e livelli espositivi divisi tra loro da corti e giardini e da pareti digitali che contengono le principali dotazioni tecnologiche del museo.

Above, from left, plan of the square/sculpture, plan of the ground floor and plan of the second floor. Right, fractalpatterned, translucent, illuminated, stone facade. Opposite page, views of the museum model slotted between the Dunes Park and Nile Park on the huge plateau leading up to the Giza Pyramids.

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The Great Egyptian Museum, Giza

The Great Egyptian Museum, Giza

Secondo Premio/Second Prize Coop Himmelb(l)au www.coop-himmelblau.at Credits Project: Coop Himmelb(l)au: Wolf D.Prix, Helmut Swiczinsky + Partner

Formalmente questa proposta si basa su tre sistemi: il museo interrato, la sistemazione paesaggistica dell’intorno e la copertura di pietra nera. La massiccia facciata di ingresso funge da interfaccia tra l’area pubblica esterna, le sale espositive sotterranee e la superficie della copertura/cratere. La copertura è perimetrata da una passeggiata pubblica, tagliata da una rampa che conduce a un punto panoramico che guarda verso le Piramidi.

La copertura ha anche la funzione di filtrare i raggi del sole e raffrescare le aree espositive e il grande atrio sotterranei. Gli spazi espositivi sono organizzati per linee parallele e intrecciate secondo un criterio tematico cui si sovrappone una galleria cronologica; i due “strati” sono collegati in vari punti da nodi verticali “ipertestuali”. Le esposizioni temporanee sono ospitate da una “scatola nera” molto flessibile.

esigning something new just two kilometres from the pyramids at Giza and in view of their three cusps is a powerful emotion and difficult even disconcerting challenge. The task was actually taken on by 1557 architects from 83 different countries worldwide. Perhaps the biggest international architecture competition in history. The opportunity was provided by the Egyptian Government, which launched the competition to design the Grand Egyptian Museum in April 2003 under the patronage of Unesco and supervised by the UIA. The GEM is about twenty kilometres from Cairo on the edge of the desert highlands of Giza. On one hand, we have the architectural modernity of this great Egyptian city with all its buildings and strips of asphalt, right in the midst of sandy highland plains and dunes; and, on the other, the disturbing geometric purity of these massive burial chambers dating back thousands of years,

relics of one the boldest challenges to the frailty of life. The international jury, composed of six architects, two Egyptologists and an expert in museology (including the Italians Gae Aulenti and Sergio Donadoni, the Egyptian Gaballah Ali Gaballah , Peter Cook from England and the Korean Jong-Soung Kimm representing the UIA) chose the project designed by the Chinese-American-Irish firm of Shih Fu Peng e Róisín Heneghan Peng as the winning entry in this ideas competition. They have already gained a notable international reputation for winning, amongst other things, the 1999 Young Architects Forum organised by the New York Architectural League with a project for Pier 40 in Manhattan. They have so far had brief but intense careers, in which architectural competitions have literally forged their skills. Indeed, it was another success in the international competition to design the Kildare Civic Offices in Ireland (2001) that pro-

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Stylistically speaking, this project is based on three systems: the underground museum, the landscaping of the surroundings and the black stone roof. The huge entrance facade acts as an interface between the public area on the outside, the underground exhibition rooms and the surface of the roof/craters. The roof is surrounded by a public path with a ramp cutting across it leading to an observation spot facing the Pyramids.

The roof is also designed to filter the sun’s rays and cool down the large underground lobby and exhibition areas. The exhibition spaces are set in parallel lines woven in line with a theme, superimposed by a chronological gallery; the two “layers” are connected at various points by vertical “hypertextual” nodes. The temporary exhibitions are hosted on a highly flexible “black box”.

Vista zenitale del modello. La posizione interrata e la copertura in pietra nera consente di ottimizzare la temperatura interna. La superficie scura del tetto infatti agisce come un filtro gigante che tramuta la forte luce del deserto in luce diffusa e, grazie a sistemi meccanici aggiuntivi, permette il controllo del clima interno.

Zenith view of the model. The underground position and black stone roof mean the inside temperature can be set optimally. The dark roof surface acts as a sort of giant filter turning the powerful desert light into diffused lighting and lets the inside climate be controlled by extra mechanical systems.

Views of the model showing the large monumental facade leading through to the roof and galleries.

Markus Pillhofer

Viste del modello con la grande facciata monumentale dalla quale si accede alla copertura e alle gallerie.

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The Great Egyptian Museum, Giza

The Great Egyptian Museum, Giza

Terzo Premio/Third Prize Renato Rizzi Credits Project: Renato Rizzi (Team leader) Project team: Renato Rizzi, Massimo Scolari, Kuno Mayr Principal Assistano: Sergio pauletto Second Assistano: Andrea Rossetto Assistants: Caterina Pregazzi, Susanna Pisciella, Luisa Gregorelli, Valentina Rossi, Marco Miglioranzi, Fabian Giusta, Daniele Tiozzo, Alessandro Baiguera, Nicola Brembilla, Fabio Don, Alberto Lancerin, Deborah Busato Structure Consultant: Armando Mammino Technological Consultant: Luigi Amman

Il progetto è scavato a “T” nei 40 m di dislivello che separano la piana del Nilo dalle alture desertiche. Il disegno della pianta proviene da due archetipi figurativi: le antiche tombe dei re e l’oasi di Faium, entrambe riconducibili alla forma a “T” che ha connotazioni fisiche (orientamento termico est-ovest) e psicologiche (percorso/preparazione nel “gambo” e allargamento/accoglienza nelle “braccia”). Lo scavo determina tre piani: uno leggermente inclinato nel tratto del gambo; sopral-

zato il secondo nella parte trasversale; panoramico il terzo in superficie. A ogni cambio di livello emergono, come dighe, le facciate che introducono alle diverse funzioni del museo (parcheggio, esposizioni, amministrazione e ricerca). Tutti i percorsi partono da est (verso la città) e vanno a ovest verso il deserto fino a congiungersi nella parte bassa del dislivello in un unico percorso che solca la sabbia. Dal punto di vista concettuale questi percorsi simbolizzano l’ingresso da un livello biologico e molteplice (la città) e l’uscita in un livello spirituale e unico (il deserto).

vided Heneghan Peng Architects with the chance to move to Dublin, three years after first being set up in New York. Now they will be working on the GEM in Giza, a highly ambitious work costing almost 300 million Euros, the world’s biggest museum covering an area of 424 thousand square metres on which building work is planned to begin at the end of the year: the world’s main home of Egyptology which, within the shadows of the Pyramids, will hold, among other things, the 3500 objects making up the treasures of Tutankhamon, including the famous solid gold burial mask ; and it will also be the first global virtual museum designed to be an integral part of the great Information Highway. Heneghan and Peng’s project is in some way the result of the physical/mental emotions they got from the landscape of Giza and its pyramids. Its most distinctive feature is the intricate, abstract form of the truncated wedge structure opening up like a fan from the

entrance towards a view of the pyramids of Cheope, Chefren and Macerino, and which manages to negotiate the height difference through a large internal stairway treated like a chronological road where permanent and temporary exhibition spaces open up and set off on their way. The long side of the fan forms a new “architectural” edge to the desert highlands and is composed of a translucent stone wall constructed around fractal geometry. The visual trajectories of the various sectors forming the wedge structure shape the museum and provide a vehicle for the technological networks supporting and injecting life into the exhibition facilities through digital flows. The structural “folds” rippling across the roof rather like desert sand dunes let light sculpt and shape the museum premises. A design that is powerful and poetic, elegant and refined, delicate and practical, and technically sophisticated. Aldo Castellano

The project is cut like a “T” in the 40-metre height difference separating the Nile plain from the desert plateau. The site plan design comes from two stylistic archetypes: the ancient kings’ tombs and Faium oasis, both based on the “T”-shaped design that has both physical (eastwest thermal positioning) and psychological (path/preparation in the “stem” and widening/reception in the “arms”). The excavations create three levels: one gently sloping emerging from the stem; the

second one raised along the transversal part; the third panoramic on the surface. At each change in level the facades leading to the different museum facilities (car park, exhibitions, administration and research) emerge like dams. All the paths start in the east (towards the city) and head westwards towards the desert until meeting in the lower section to form one single path cutting through the desert. Conceptually speaking, these paths symbolise entry through a multiple, biological level (the city) and exit through one single spiritual level (the desert).

Diagrammi figurativi della scrittura del progetto. Sotto, sezione del modello.

Figurative diagrams of the project writing. Below, section of the model.

Planimetria generale con l’indicazione dei significati e delle funzioni.

Site plan showing the functions and meanings.

A sinistra, vista zenitale del modello. A fianco, sezione prospettica del modello da nord.

Far left, zenith view of the model. Left, perspective section of the model from the north.

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Marco Petreschi (Team leader)

Marco Petreschi (Team leader)

Dal granaio al teatro New Theatre in Pomezia l progetto presentato al concorso per la costruzione del nuovo teatro comunale della città di Pomezia rappresenta una tappa importante nel lavoro di Marco Petreschi e insieme si costituisce come una sfida generosa nei confronti di un’amministrazione locale impegnata in una non facile opera di sviluppo e di recupero urbano. La città, infatti, fondata nel 1939 su progetto degli architetti Petrucci, Tufaroli, Paolini e Silenzi e quindi ultima in ordine di tempo tra le “nuove” città pontine dopo Littoria, Sabaudia, Pontinia e Aprilia, ha subìto nel corso della sua ancorché breve vicenda storica una serie di accelerate trasformazioni urbane che, nel volgere di pochi decenni, ne hanno radicalmente modificato il volto di piccolo borgo rurale a servizio della bonifica dell’agro trasformandola, prima, ai tempi della Cassa per il Mezzogiorno, in vivace centro industriale e commerciale e quindi, negli ultimi anni, decisamente in ultima appendice della più sconclusionata periferia romana. Non sono pochi però gli elementi di qualità che ne caratterizzano la morfologia e la qualità del territorio. A partire infatti dagli edifici residenziali, amministrativi e di servizio della sua prima edificazione, – architetture tutte di una qualità diffusa ed elementare, ma capace di esprimere, pur nella loro relativa modestia il senso di un impegno progettuale ben radicato nei valori di una cultura e di una scuola, quella romana e giovannoniana in particolare, cui i

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giovani progettisti, il Petrucci e il Tufaroli, segnatamente appartenevano di diritto esprimendone il senso più compiuto e maturo, – per giungere poi negli anni dell’immediato dopoguerra all’edificio oggetto del presente concorso siamo comunque di fronte a opere di grande correttezza capaci di esprimere i valori di un’appartenenza e di un impegno indiscussi. In particolare, questo edificio realizzato per conto della Federazione Italiana Consorzi Agrari dallo Studio Passarelli di Roma nel 1954, costituisce l’esempio tipico di un costruire sperimentato e sapiente cui quello Studio aveva dato ampia prova nel corso degli ultimi decenni anche nel rapporto con quella specifica committenza cui era legata da una lunga e consolidata consuetudine professionale. Pur trattandosi di un semplice capannone per il ricovero e l’ammasso delle granaglie, l’edificio rappresenta bene un’attenzione non epidermica alla qualità del dettaglio e dell’insieme, del materiale e delle scelte strutturali e tecnologiche più appropriate, sintetizzate felicemente in un’immagine che in breve diventerà tipica ed esemplare, vera cifra connotativa della stagione del dopoguerra ancora e diffusamente rurale. Bene quindi ha fatto l’amministrazione comunale della città pontina a considerare la possibilità di una scelta anche conservativa nei confronti di un oggetto architettonico non ancora tutelato da alcun vincolo, ma comunque capace di porsi come punto di riferimento

importante nella vicenda contemporanea della città. Petreschi prende quindi l’avvio da tali premesse e le considera parte essenziale di una proposta non indifferente al contesto e alla preesistenza, ma anzi capace di farsene carico nel tentativo riuscito di coniugare il nuovo con l’esistente, di modificare, arricchendolo e addizionandolo di funzioni, un oggetto altrimenti facile preda di ben differenti appetiti funzionali e formali. La scommessa non era facile, come non era certo agevole coniugare le nuove complesse funzioni teatrali con la perentoria semplicità di un costruito tanto fragile quanto apparentemente inerte nelle sue funzioni strutturali primarie. La scelta si è quindi articolata nei termini felici e complessi di un’addizione cui pare giungere in soccorso la lezione più sofisticata e specifica di quella Scuola Romana di cui abbiamo detto e che ha dato il suggello a una serie di scelte esemplari. A tali scelte Petreschi sembra aderire con la capacità e l’entusiasmo che gli sono propri, documentati da tanti e disseminati impegni progettuali che, solo per citare i più recenti, lo hanno visto impegnato nel concorso per il Centro Congressi all’EUR, per i nuovi uffici del Ministero della Difesa, per l’Università dell’Asmara e per la nota sistemazione del palco papale in occasione della XV Giornata della Gioventù di Tor Vergata. L’architettura contemporanea romana aveva offerto già occasioni importanti di riflessione sul tema dell’addizione e della contamina-

zione funzionale e linguistica. Basti pensare a due note opere di Mario Ridolfi come la sopraelevazione del villino Astaldi di via Porpora e quella della palazzina Alatri in via Paisiello (quest’ultima in collaborazione con un altro significativo rappresentante della Scuola Romana: Mario Fiorentino). Modificazioni, ambedue, di preesistenti, dignitosissime, opere di Vittorio Ballio Morpurgo e che in tempi di facile sottovalutazione del “barocchetto” romano sono invece servite da felice e recuperato “supporto” per due delle più tipiche ed esemplari architetture degli anni Cinquanta, che, a loro volta, fungeranno da pretesto comportamentale e figurativo per quel “monumento” del decennio successivo che è la “palazzina” polifunzionale realizzata dallo Studio Passarelli in via Campania che ne ripete, metamorfizzandone compositivamente gli etimi linguistici, la più generale configurazione spaziale e volumetrica. Questo ultimo lavoro di Marco Petreschi si colloca così di diritto sulla scia metodologica di quelle esperienze ormai storiche, introiettandone il senso più profondo e i significati più riposti. Come Ridolfi, Petreschi sa coniugare il passato col presente, rispettando e contaminando una preesistenza di cui riconosce senso e valore e allo stesso tempo esaltandone, nell’umile esercizio di una profonda intelligenza della modernità, il portato di testimonianza e di continuità. Giorgio Muratore

A sinistra, l’edificio, realizzato nel 1954 dallo Studio Passarelli per la Federazione Italiana Consorzi Agrari a Pomezia, che è stato oggetto del concorso bandito dall’Amministrazione di Pomezia per la realizzazione del nuovo teatro cittadino. In basso e nella pagina a fianco, pianta, planimetria generale e sezione del progetto vincitore del team guidato da Marco Petreschi.

Left, the building, constructed in 1954 by Studio Passarelli for the Italian Federation of Farming Consortiums in Pomezia, for which a competition was organised by the Pomezia City Council to design the new city theatre. Bottom and opposite page, plan, site plan and section of the winning project designed by the team headed by Marco Petreschi.

Credits Project: Marco Petreschi (Team leader), Giulia Amadei Consultants: Livio De Santoli (Plants), Marcello Scifoni (Structures), Franco Angelo Ferrari (Theatre installations) Collaborators: Massimo Sciarpa, Diana Petti Economical Assessment: Roberto Santi CAD: Luca Senatore, Eleonora Barone, Mattia Urso Client: Amministrazione Comunale di Pomezia (Roma)

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he project entered in the competition to build a new municipal theatre for the city of Pomezia is an important step forward in Marco Petreschi’s career, and also a bold challenge taken up by the local city council as it sets about the tricky task of redeveloping and regenerating the city. The city was actually founded in 1939 based on a project designed by the architects Petrucci, Tufaroli, Paolini and Silenzi and, hence, was the last in a long line after Littoria, Sabaudia, Pontinia and Aprilia. During its own brief history, a series of fast-moving changes have transformed the city, as it rapidly developed from being small rural village serving farm purposes into first a busy industrial/business centre (drawing on special government funds for the south of Italy) and then, over recent years, into the most desolate of inoperative Roman suburbs. Nevertheless, although it has not been around for long, there have been no lack of quality features embellishing its morphological appearance and landscape. Starting with its housing, administration and service buildings constructed at the very beginning, all simple but high-quality works of architecture capable of embodying in their own modest way a sense of design deeply entrenched in the cultural climate and school of architecture in Rome, that the young designers Petrucci and Tufaroli most certainly belonged to, expressing its deepest and most mature tenets until eventually constructing the building involved in this competition just after the war. These are extremely proper works of architecture whose simplicity has not prevented them from representing certain commitments and beliefs in the best possible way. The building at the focus of this competition, designed for the Italian Federation of Farm Consortiums by Studio Passarelli in Rome in 1954, is a typical example of the kind of tried and tested, smart building that this firm, one of the best known and most respected in the capital, has managed to construct regularly over the last few decades. The firm has also maintained business contacts with the same trusted clients over a considerable period of time. Despite this only being a simple warehouse for collecting and storing corn, the building is a fine example of a non-superficial attention to quality design in both its details and the overall construction, materials and ideal technological/structural features, all cleverly moulded into an image which will soon be emblematic and widely popular, symbolising a season, context and situation easily traced back to the distinctly rural post-war period. The city council was quite right to consider even a conservative option for an architectural object still not yet protected by any restrictions or constraints, but anyway capable of providing an important landmark on the contemporary cityscape.

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Petreschi’s design is based on these guidelines and takes them as an essential part of a design carefully geared to context and existing states of affairs, capable in several respects of taking all this on in a successful attempt to combine new and old, embellishing and elaborating on an object otherwise easy prey to other functional/formal tendencies. This was no easy business, just as it was far from easy to combine complex new theatre functions with the striking simplicity of a building whose simplicity could only matched by the fragility and apparent inertness of the building’s main structural functions. It was decided to opt for a complex addition drawing on the sort of sophisticated and highly specific design style of the Roman school mentioned above, and which, in similar circumstances and not too long ago, produced a number of exemplary designs that Petreschi seems to draw inspiration from with his own peculiar skill and enthusiasm. He has already designed a number of notable projects such as those for the competition for the EUR Conference Centre, the Ministry of Defence’s new offices, the University of Asmara and, of the course, the well-known refurbishing of the papal park ready for the 15th Youth Festival Day in Tor Vergata. Contemporary Roman architecture, even that designed after the war, has already offered plenty of chances to reflect on the issue of additions and functional/stylistic contamination; take, for instance two famous works by Mario Ridolfi like the raising of Astaldi house in Via Porpora and that of the Alatri building in Via Paisiello (the latter in conjunction with another fine and typical exponent of the Roman school: Mario Fiorentino), both alterations to highly dignified existing works by Vittorio Ballio Morpurgo which, at a time when Roman “baroque-style” was underrated, served as a successful and renovated “support” for two of the most characteristic works of architecture from the 1950s and which, in turn, provided a behavioural/stylistic excuse for that “monument” built over the next decade known as the multi-purpose “palazzina” designed by Studio Passarelli in Via Campania, which reiterates, by stylistically metamorphosing its main design features, its general spatial and structural layout. This latest design by Marco Petreschi is rightly classed as being in the stylistic wake of these old designs, drawing on their deepest meanings and senses. Like Ridolfi, Petreschi knows how to bring together the past and present, respecting and contaminating what is already there, acknowledging and, at the same time, even enhancing their significance and value, in a humble exercise in real smartness and expertise in modernity as a way of establishing a certain feeling of continuity. Giorgio Muratore

Particolari costruttivi e di sezione. In basso, rendering della sala del teatro.

Construction details and section. Bottom, rendering of the theatre hall.

Sezione prospettica.

Perspective section.

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Rendering dell’interno dell’edificio, la cui ristrutturazione coniuga con eleganza passato e presente, integrando elementi legati alla vecchia funzione di magazzino alle nuove esigenze di macchina teatrale. Rendering of the inside of the building, whose restructuring elegantly combines past and present, knitting together elements deriving from its old function as a warehouse and new requirements as a theatrical facility.

Rendering, dall’alto e dal basso, del controsoffitto vetrato che, insieme al lucernario che corre lungo il colmo della copertura del capannone esistente, consentirà di illuminare naturalmente l’interno dell’atrio del teatro. Renderings from the top and bottom of the glass double ceiling which, together with the skylight running along the top of the roof of the old warehouse, will let the inside of the theatre foyer be lit naturally.

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Studio Schivo e Associati

Studio Schivo e Associati

La metafora della forma Cetaceans International Observatory Credits: Project: Studio Schivo e Associati: Jean Marc Schivo, Lucilla Revelli Team Project: Manuela Zenobi, Giancarlo Zema, Christopher Stack, Alessandra Sbacchi, Francesca Vallarino, Manuela Minzi, Lara Ajola, Katja Fischetti, Tiziana Casavecchia, Dagmar Duchow, Angelo Nazzarro Scientific Project Whale Room: Prof. Maurizio Wurtz Photovoltaic Project: Enerpoint s.r.l. – Ing. Paolo Rocco Viscontini Structural Glass Project: Saint-Gobain Landscaping: Gruppo Mati Client: Agnesi 1824 S.p.A. – Comune di Imperia

Schizzi di progetto per l’osservatorio internazionale per la salvaguardia dei cetacei da realizzare a Imperia. Il complesso fa parte del progetto di recupero dell’area delle ex Ferriere.

Project sketches for the international observatory for safeguarding cetaceans planned to be built in Imperia. The complex is part of the project to redevelop the old ironworks area.

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el ventre della balena, al seguito di Pinocchio. Se consideriamo l’architettura arte pubblica per antonomasia – in quanto destinata a rapportarsi nel tempo e nello spazio con più generazioni –, ogni volta che l’architettura compete con l’arte attraverso l’amplificazione dell’immaginario collettivo è un punto a favore per la cultura di massa. Qualcuno potrebbe eccepire che l’osservatorio per la salvaguardia dei cetacei non sia ancora architettura (solo una volta realizzato il progetto si potrà valutarne appieno la sostanza architettonica), ma i disegni promettono bene. Si è sempre sostenuto che la cultura di massa fosse esperienza estetica di basso profilo, in realtà, da quando il villaggio globale da sorprendente profezia si è materializzato in realtà planetaria, la cultura di massa è divenuta la Cultura. Punto e a capo. La cultura di massa tende a livellare verso il basso? Nessun problema, direbbe Mc Luhan, vorrà dire che gli intelligentoni del progetto avranno qualche difficoltà in più ma avranno anche maggiori occasioni di mostrare l’intensità del proprio talento. Se l’equazione forma del contenitore uguale a forma del contenuto può apparire un’operazione viziata da immaturità progettuale, non lo è altrettanto la proposizione metaforica, che identifica nelle forme zoomorfiche un pattern di convivenza fra tutti gli esseri viventi. Un messaggio forte e chiaro, che fa leva sulla cattiva coscienza di

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chi pensa che la Terra sia immortale mentre è vero il contrario. Tra gli obiettivi centrali dell’osservatorio, oltre a quello di rapportarsi scientificamente con centri studi e università c’è anche la sua destinazione di struttura educativa, ludica e, perché no, quella destinata al turismo di massa, se ciò può sensibilizzare a 360 gradi sull’importanza della salvaguardia dell’ambiente naturale. Grazie a modelli in scala reale di varie specie di mammiferi marini, la grande sala dei cetacei sarà il luogo di maggiore coinvolgimento emotivo. I visitatori avranno, infatti, la sensazione di partecipare al flusso migratorio dei cetacei immersi in un ambiente scenografico che ricostruisce, attraverso filmati ed effetti sonori, un mondo sommerso ancora sconosciuto ai più. Il progetto – che comprende un programma di riorganizzazione totale della zona a cura dello Studio Schivo – sarà realizzato su un’area di proprietà della società Agnesi 1824, dove sorgeva lo stabilimento delle Ferriere, di cui sono rimaste in piedi solo tre ciminiere, a memoria di un sito di archeologia industriale che sarebbe errato cancellare totalmente dalla storia della città ligure. L’impostazione generale del progetto ha tenuto conto della favorevole ubicazione dell’area in stretto contatto con il mare, potendo così assicurare ai visitatori la possibilità di raggiungere il bagnasciuga senza dover attraversare strade a percorso automobilistico. Carlo Paganelli

n the whale’s stomach, chasing after Pinocchio. If we take architecture as the epitome of a public art - since it is designed to spatio-temporally relate to a number of generations -, then every time architecture competes with art by extending the bounds of our collective psyche, mass culture gains a point in its favour. It might be claimed that the observatory for safeguarding cetaceans is not yet a work of architecture (only when the project is completed will we be able to assess its architectural worth properly), but the designs are promising. Mass culture has always been treated as a low aesthetic experience, but the truth is that ever since the global village has moved on from being a surprising prophecy to a planetary state of affairs, mass culture has turned into Culture with a capital “C”. So does mass culture tend to lower overall standards? McLuhan would say it does not matter, it just means that the wise guys of architectural design will find it a bit harder, but they will also have more chances to underline their talent. If the equation “container’s form = content’s form” suggests a lack of maturity in architectural design, this does not apply to the metaphorical claim that zoomorphic forms correspond to a pattern of planetary co-existence between all living beings. A clear and powerful message playing on the fact that those people who believe that the planet Earth is immortal do not have a clear conscience. The observatory’s main goals include working on

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a scientific basis with research centres and university, setting up a playful, educational facility and (why not?) even a mass tourist attraction, if that helps create a more widespread awareness of the importance of protecting the natural environment. Thanks to life-size models of various species of marine mammals, the main cetaceans hall will be a truly emotional experience. Visitors will feel like they are part of the migratory flow of cetaceans immersed in a striking setting drawing on sound effects and film clips to reconstruct a submerged world that most people know nothing about. The project - which includes plans to completely reorganise the area designed by the Studio Schivo - will be built on an area owned by the firm Agnesi 1824, where the old ironworks used to stand. All that is now left of the works are three chimneys evoking the old archeological site, which it would be a mistake to completely cancel out of this Ligurian city’s history books. The general architectural design took into account the favourable site location in close contact with the sea, thereby ensuring visitors can reach the beach without crossing busy roads. The pedestrian area around the observatory has been furbished with a system of plazas and steps and paths connecting buildings on the other side of the complex to the structures down by the sea, like, for instance, the landing stage for boats that will connect the observatory to Genoa, Monaco and Antibes, cities forming a theme trip across the Mediterranean. Il progetto per l’osservatorio nasce in base a un programma che vede Italia, Monaco e Francia firmatari di un accordo, siglato il 25 novembre 1999, per la costituzione di un Santuario internazionale per la protezione dei mammiferi marini. L’area considerata abbraccia tutto il Mar Ligure e parte del Mar Tirreno settentrionale.

The observatory project derives from a project that saw Italy, Monaco and France sign an agreement on 25th November 1999 to set up an International Sanctuary to protect sea mammals. The area in question embraces all the Ligurian Sea and part of the North Tyrrhenian Sea.

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Rendering della grande sala dei cetacei e, in basso, sequenza di forme organiche su cui accentrare l’organizzazione spaziale. Unicità del centro: l’osservatorio dei cetacei, composto dall’Officina del Mare in sinergia con la Grande Sala dei cetacei, è stato concepito in modo da rappresentare un caso unico nel panorama europeo. Si tratta, infatti, di realizzare un centro per la cultura del mare che funzioni come porta di accesso al Mar Ligure attraverso attività pratiche ed eventi culturali.

Fotomontaggio e, in basso, sezioni prospettiche e un dettaglio della piazza interna. L’osservatorio ospiterà una serie di sale per esposizioni pervenenti, temporanee, una videoteca e alcuni spazi tematici.

Photo-montage and, bottom, perspective sections and a detail of the internal plaza. The observatory will host a number of rooms for temporary exhibitions, a video library and some special theme spaces.

Rendering of the large cetaceans hall and, bottom, a sequence of organic forms dictating the spatial layout. The centre’s uniqueness: the cetaceans laboratory, composed of the Sea Laboratory in synergy with the Main Cetaceans Hall, is designed to be unique of its kind in Europe. The idea is to create a centre for marine culture acting as an entrance gate to the Ligurian Sea by means of practical activities and cultural events.

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Herzog & de Meuron

Herzog & de Meuron per Prada In Tokyo Nella pagina a fianco, particolare di uno snorkel, uno dei dispositivi informatici multifunzionali che, trasmettendo suoni e/o immagini, contribuisce a creare l’esperienza Prada nel nuovo Epicentro Prada di Tokyo.

Opposite page, detail of a snorkel, one of the multi-purpose computer devices which, transmitting sounds and/or images, help create the Prada experience in the new Epicentro Prada in Tokyo.

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iò che colpisce, nella realizzazione degli ultimi grandi spazi espositivi aperti dall’alta moda, è l’insistenza su strutture, allestimenti e forme che esaltano, in un modo o nell’altro, le tendenze più sperimentali, innovatrici e creative dell’architettura contemporanea. Una prova evidente la troviamo nel nuovo spazio inaugurato da Prada a Tokyo nel giugno di quest’anno, e progettato da Herzog & de Meuron: un edificio modellato come un cristallo, la cui forma plastica determina un forte impatto visivo che, non solo esprime la realtà di una grande casa di moda, ma definisce in pari tempo il contesto urbano circostante. Herzog & de Meuron hanno puntato su una costruzione per loro insolita, nella quale l’ossatura, le superfici interne e la facciata formano un tutt’uno. L’estensione verticale del fabbricato lo apre alla percezione dell’intorno, mentre i criteri espositivi, ispirati a quelli che i progettisti definiscono “i processi percettivi perpetui”, ovvero “vedere mostrare, apparire, esporre”, organizzano gli ambienti secondo percorsi fluidi, scanditi da strutture espositive elementari, volutamente non lontane dal sistema delle bancarelle dei mercati. Lo spazio dell’esposizione e della vendita diviene quindi immagine dell’inventività e della modellazione estetica dell’esistenza prodotte dalla moda. Lo spettacolo di una merce particolarissima come quella creata dai grandi stilisti si riflette in un’architettura capace di caricarsi della stessa energia progettuale. In ciò non c’è novità: la moda si nutre d’immagine, e l’immagine è comunque destinata a creare quello choc estetico sul quale aveva già riflettuto Baudelaire. Quello che però andrebbe analizzato è lo scarto tra l’immagine che la moda stessa dà oggi di sé, e che si riflette nei gusti dei suoi consumatori, e quella imposta dalla sua architettura, dal suo rapporto con il tessuto urbano, dal suo proporsi come spazio di seduzione della merce. Per capire, basta guardarsi intorno. In fatto di modelli abitativi, i gusti della borghesia internazionale medio-alta sembrano attestarsi su una confortevole nostalgia del “salotto buono” e del decoro degli arredi d’antan, sul trionfo degli “stili” – anche moderni, s’intende, purché ormai storici e comunque “novecenteschi” – e sulle sicurezze di scelte collaudate dalla tradizione. Dal canto suo l’alta moda, che si rivolge a questa stessa fascia sociale, punta ormai da anni a un barocchismo che, pur nell’incessante mutamento delle forme, lascia trapelare le sue radici fin de siècle, condite da inespresse memorie di quella belle époque con la quale il nostro presente ha non pochi e non poco inquietanti punti di contatto. Per contro, le architetture che definiscono gli spazi della moda si aprono di colpo alle novità più temerarie, alle forme più espressive della qualità scientifica e tecnica del nostro tempo, ai linguaggi che meglio e più profondamente sono in grado di comunicare le realtà fondative del presente. Sembrano insomma lontani gli anni Sessanta (per non parlare di altri fertili decenni), quando lo stile architettonico e quello di tutte le altre forme dell’esistenza apparivano omogenei e coerenti, e la modernità compiuta si rifletteva inalterata nei particolari come negli universali. Che vorrà dire tutto questo? Bisognerà, naturalmente, tornare sull’argomento, limitandoci per ora a osservare che in tutto questo complicato processo l’architettura sembra l’unica in grado di esprimere, se non certezze, almeno orientamenti ragionevoli e convincenti. Maurizio Vitta

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he most striking thing about the design of the latest exhibition spaces for high fashion is the insistence on structures, fittings and forms which, in some way or other, focus on the most experimental, innovative and creative trends in modern-day architecture. This can clearly be seen in the facility Prada opened this June in Tokyo designed by Herzog & de Meuron: a building shaped like a crystal, whose sculptural form is visually striking enough to both represent a top fashion house and, at the same time, leave its distinctive trace on the surrounding cityscape. Herzog & Meuron have opted for a strange construction for them, whose frame, inside surfaces and facade form one single unit. The building’s vertical extension opens it up to the surroundings, while its display features and fittings, inspired around what the architectural designers describe as “perpetual perceptual processes” or in other words “see, show, appear and display”, organise the interiors around fluid paths marked with simple display structures deliberately designed to be reminiscent of market stalls. The exhibition and sales space projects an image of the creative invention and stylistic modelling of life produced by fashion. The spectacular sight of special goods like those created by leading fashion designers is reflected in architecture capable of bristling with the same design energy. There is nothing new about this: fashion feeds on image and image is destined to create the kind of aesthetic shock Baudelaire first talked about. What is certainly worth studying is the gap between the image that fashion now gives of itself, and which is mirrored in consumer tastes, and the image imposed by its architecture, its relation to the urban fabric and the way it provides a seductive space for displaying goods. You only need to take a look around. As regards housing, the tastes of the international upper-middle classes seem to be favouring a certain comfortable nostalgia for “respectability” and the composed distinction of old-fashioned furnishing, a triumph of “styles” – even modern, of course, since they are now historical and from back in the 20th century – and the security that tradition offers. In turn fashion, which is aimed at the same social bracket, has been focusing on a sort of Baroque-like style for years now which, despite constant changes in form, still reveals its fin de siècle origins, mixed with unexpressed reminiscences of that belle époque with which our age still has plenty of things in common. On the other hand, the architectural designs of fashion spaces are suddenly open to the boldest of new ideas, most expressive forms of modern-day science and technology, and the idioms that best and most profoundly communicate the underlying reality of the present. So the 1960s seem a distant memory (not to mention other fertile decades) when architectural style and the style of all other forms of life appeared to be smooth and seamless, and modernity in its fullest form was intactly reflected in both details and universals. So what does all this mean? Of course, this is something worth going over in greater depth, but for the time being let’s just note that in all this complicated process architecture seems to be the only way of expressing, if not anything really definite, then at least some reasonably convincing guidelines.

T

Credits Project: Herzog & de Meuron Design Team: Jacques Herzog, Pierre de Meuron, Stefan Marbach, Reto Pedrocchi, Wolfgang Hardt, Hiroshi Kikuchi, Yuko Himeno, Shinya Okuda, Daniel Pokora, Mathis Tinner, Luca Andrisani, Andres Fries, Georg Schmid Associate Architects: Takenaka Corporation: Makoto Hoshino, Michio Jinushi, Shinobu Chiba, Kenji Takeshima, Shuji Ishikawa, Ken Kurita Structural Engineering: Takenaka Corporation: Yoshio Tanno, Masato Oohata, Masayoshi Nakai; WGG Schnetzer Puskas: Heinrich Schnetzer Mechanical Engineering: Takenaka Corporation: Yasuhiro Shiratori, Seijirou Furuya, Bumpei Magori; Waldhauser Engineering: Werner Waldhauser, Mario Regis Fire Safety design: Takenaka Corporation: Yoshiyuki Yoshida, Naohiro Takeichi Facade Consultants: Emmer Pfenninger Partner: Kurt Pfenninger, Hans Emmer, Stefanie Neubert Lighting Consultant: Arup Lighting: Andrew Sedgwick, Jeff Shaw Construction Management: Takenaka Corporation: Toshiki Okazaki, Toshihito Kurosawa, Kazuhiro Abe, Hideyuki Takahashi, Katsuto Ninomiya, Tokihiro Matsumoto, Taichiro Suzuki General Contractor: Takenaka Corporation Subcontractors: Gartner Japan, Kawada Kogyo, Stairx, Ishimaro Co., Okuju, Nihon Insulation, Nichias, Sanwa Shutter, Nihon Kentetsu, Fro To, Teraoka auto door, Minemura kinzoku, Kaken material, Oki glass, Nippon Sheet Glass D&G, Taiyou Kogyo, Asahi Kizai, Tak Living, Sato Kogyo, Toyotsu Housing, Asahi Kousan Corp., Schindler Elevator KK, Kandenko, Taikisya, Saikyu Kogyo Curtain Wall Subcontractor: Josef Gartner: Klaus Lother, Peter Langenmayr, Jürgen Schuster, Leo Zeller, Juliane Prechtl, Goro Kawaguchi Furniture Production: Ram Contract: Roberto Casanova, Davide Ferrari, Giancarlo Dezzi In-Store Technology: Matsushita Electric Industrial Co., Tomoko Shimazumi, John Lay Electronics, Scharff Weisberg, Dimitri Zarboulas, IconNicolson, AMO, Fréderic Sanchez, Wakasa Optics Co., Fujitsu CoWorCo Co., Hypre Werk FHBB Client Prada

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Viste diurna dell’esterno dell’edificio, la cui forma ricorda quella di un cristallo dalle linee plastiche e di grande impatto visivo.

Daytime views of the outside of the building, whose form looks like a crystal with sculptural lines of striking visual impact.

Vista diurna del Prada Aoyama Tokyo. L’ossatura, lo spazio interno e la facciata formano un’unità inscindibile. I nuclei portanti verticali, i tubi orizzontali, le solette dei vari piani e le griglie di facciata definiscono lo spazio, costituendo al tempo stesso la struttura e il rivestimento.

Daytime view of the Prada Aoyama Tokyo. The frame, interior space and facade form one inseparable unit. The vertical bearing cores, the horizontal pipes, the various floors and the facade grilles shape the space, while simultaneously forming the structure and cladding.

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Viste degli spazi espositivi del negozio. Le vetrine e gli scaffali standard sono in vetro. Gli espositori sono bassi in modo da poter essere osservati dall’alto con un unico colpo d’occhio; gli oggetti-tavolino hanno gli angoli arrotondati in modo da rendere più fluido il girarvi attorno; le sedute sono retroilluminate.

Views of the shop’s exhibition spaces. The standard shelves and windows are made of glass. The stands are low so that they can be viewed at a glance from above; the table-objects have rounded angles to make it easier to move around them; the seats are rear-lit.

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Gli spazi interni sono ampi e unificati da tonalità omogenee. Gli snorkel e i proiettori consentono di presentare immagini in tempo reale dell’Epicentro Prada di New York (e nei prossimi anni di quelli che verranno realizzati a Los Angeles e a San Francisco) e le collezioni dell’atelier.

The interiors are spacious and unified by a smooth colour scheme. The snorkels and projectors let pictures of the Epicentro Prada in New York (and, in a few years, those being built in Los Angeles and San Francisco) and the workshop collections be shown in real time.

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Massimiliano e Doriana Fuksas

Credits Project: Massimiliano e Doriana Fuksas Project Leader: Davide Stolfi Design Team: Iain Wadham, Defne Dilber, Motohiro Takata Model Makers: Gianluca Brancaleone, Nicola Cabiati, Andrea Marazzi

Fuksas per Armani

Changing Colour Walls and Lighting: iGuzzini Façade Neon Tubes: Nettuno Neon Floors: Sikafloors Glass Furniture: Sunglass (design by Massimiliano e Doriana Fuksas) Client: Giorgio Armani

Massimiliano e Doriana Fuksas

In Hong Kong l progetto dei negozi tende ormai a conferire all’architettura – e più precisamente all’architettura d’interni – una dimensione affabulatoria, destinata a riverberare le esplicite o segrete assonanze sulle quali si esercita in crescente misura il fascino della merce. La teatralità del negozio non è però puramente scenografica, ovvero di semplice sfondo rispetto allo spettacolo del prodotto, ma al contrario si inserisce nel processo della distribuzione inteso come sistema integrato e coerente. Ciò significa che l’organizzazione dello spazio della vendita costituisce un insieme omogeneo, nel quale all’architettura spetta un ruolo funzionale, ma anche narrativo, che parte dalla merce e a essa ritorna, in una circolarità coinvolgente e ricca di seduzione. Questo principio, che va ben oltre l’impostazione classica del problema proposta dalla cultura moderna, è stato sottilmente interpretato da Massimiliano e Doriana Fuksas nell’Emporio Armani di

mutevole dalla metamorfosi delle luci e degli spazi. Questo senso del mutamento continuo, dello scambio incessante fra le cose e le loro immagini, coniuga sapientemente la ragione occidentale, che affronta con lucidità la sfida dell’immaginazione e del sogno, e del pensiero orientale, che fa rifluire nelle minute sensazioni il senso profondo dell’esistenza. Il che spiega, in quest’opera, l’insistenza di Fuksas su una sorta di versione calligrafica dell’architettura, ovvero della riduzione della struttura a segno e del segno a immagine, tanto più eloquente quanto più ambigua e proteiforme. La soluzione adottata è culturale e antropologica, prima ancora che progettuale: in essa si esprime il nucleo concettuale della nostra epoca, segnata da un pensiero pronto ad assorbire la differenza e la multiformità come premessa a un’unità più alta dei cui confini è per ora intuibile solo la progressiva dilatazione. Maurizio Vitta

Nella pagina a fianco, studio per il nastro, elemento caratterizzante del nuovo Emporio Armani aperto in Charter Road a Hong Kong. Sotto, la zona caffetteria, dove il nastro rosso in fiberglass si trasforma in bancone bar.

Opposite page, study for the ribbon, the distinctive feature of the new Emporio Armani opened in Charter Road in Hong Kong. Below, the cafeteria area, where the red fiberglass ribbon turns into a bar.

Ramon Prat

I

offerti all’esterno fanno infatti dello spazio, visto dalla strada, un’unica immensa vetrina, al di là della quale la moda si impone come pura rappresentazione, narrazione favolosa, immagine mobile, intreccio di situazioni minimali. All’interno, questa spettacolarità prolunga la sensazione della “meraviglia” al limite del gioco barocco. Nel reparto dell’esposizione si distendono “tracciati invisibili” segnati da un “pattern astratto” di “vetri incisi”, e la rigida dimensione euclidea dello spazio si dilata in un morbido e sinuoso intrecciarsi di piani, talvolta fluente e talaltra interrotto da strutture di servizio – scale, scaffali, contenitori – che ne ritmano le sequenze funzionali. Negli altri spazi, l’accoglienza si distribuisce lungo percorsi altrettanto serpentini, in cui si alternano zone di sosta e di spostamento, e il singolo visitatore vive la vertiginosa esperienza di scoprirsi in pari tempo attore e spettatore in una scena resa continuamente

Hong Kong, alla luce dei modelli comportamentali e di relazione che caratterizzano la nostra epoca, e che fanno perno sulla fluidità, la scorrevolezza, la moltiplicazione dei rapporti e dei punti di vista. Non per nulla l’Emporio non è solo luogo di vendita, ma comprende anche un bar e un ristorante, in sintonia con il processo di integrazione delle funzioni e dei ruoli; e ciò ha fornito a Fuksas la chiave progettuale dell’intero complesso, espressa per un verso dal grande nastro rosso che si intreccia e si annoda nello spazio del ristorante/bar, sottolineando la molteplicità delle fruizioni possibili, e per un altro dal sinuoso percorso dell’ambiente del negozio propriamente detto, che dei prodotti d’alta moda esprime, nella multiformità delle prospettive, il fascino cangiante e sfaccettato. La spettacolarità – al limite della teatralità vera e propria – si impone esplicitamente nella facciata dell’Emporio e nella sua funzione marcatamente urbana. La trasparenza e i mutevoli scorci

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In queste pagine, viste dell’area caffetteria. In tutta l’area ristorante/bar le pareti sono traslucide e possono variare la loro intensità sia luminosa che cromatica. Gli arredi sono in acciaio satinato rivestito in

materiale morbido e semitrasparente che tendono a mimetizzarsi con l’intensità del resto dell’arredamento. Il nastro è lungo 105 m e largo 70 cm ed è in realtà costituito da due nastri che si incontrano

al centro della sala e si fondono tra loro.

These pages, views of the cafeteria area. The walls in the entire restaurant/bar area are translucent and can vary the intensity of their lighting and colour.

The glossed steel furniture clad with a soft and semi-transparent material that tends to blend in with the rest of the furnishing. The ribbon is 105 metres long and 70 cm wide and is actually made of two strips meeting in the

hop design is now tending to give architecture – and interior design in particular – narrative connotations destined to reverberate those explicit or hidden assonances on which goods are increasingly exercising their mysterious charm. But shops are more than just set designs or stages on which products can perform, on the contrary they are an integral part of the distribution process taken as one carefully gauged system. This means that sales space is organised in the form of one seamless whole, within which architecture has both a practical and narrative role to play, starting and terminating with the goods on display in a circular process of great seductive charm. This theory, that goes well beyond modern culture’s conventional way of approaching the problem, has been given a very subtle reading in Massimiliano and Doriana Fuksas’s project for the

S 78 l’ARCA 184

middle of the premises and stitching together.

Emporio Armani store in Hong Kong, in light of the behavioural and relational guidelines characterising the age in which we live that hinge around fluidity, smoothness and a multiplicity of relations and points of view. It is no coincidence that the Emporio is not just a sales place, but also includes a bar and restaurant as part of a process of integrating roles and functions; and this has provided Fuksas with the design key to the entire complex, embodied in one hand by the large red tape weaving and winding through the restaurant/bar space, bringing out all the potential uses, and on the other by the winding path of the store as a whole that expresses the multifaceted and ever-changing charm of high fashion in the multiplicity of its perspectives. Spectacularity – verging on authentic theatrical drama – is explicitly imposed in the Emporio facade and its distinctly urban

function. Transparency and a variety of different views from the outside make the space, as seen from the road, one huge window beyond which fashion takes the stage as pure representation, storytelling, moving images and a web of minimal situations. On the inside, the spectacular show extends a feeling of “wonder” to the point of being some sort of Baroque play. The exhibition area is full of “invisible paths” marked by an “abstract pattern” of “engraved windows”, and the rigid Euclidean nature of space dilates into a soft and sinuous web of planes, sometimes smoothly flowing and other times broken up by utilities - stairs, shelves, containers - that set the pace of its functional sequences. In the other spaces, the welcome is distributed along equally winding paths involving an alternating pattern of rest areas and pathways, so that each separate visitor can undergo the dazzling experience of realising they are, at the same time, both actors and

audience in a scene that is constantly changing due to the metamorphosis of light and spaces. This feeling of constant change, an endless exchange between things and images, is a clever combination of western reason, which tackles the challenge of imagination and dream with real lucidity, and eastern thought, which lets the deepest meaning of life flow through tiny sensations. This explains why, in this work, Fuksas has insisted on a sort of calligraphic version of architecture or the reduction of structure to mere signs and signs to images, all the more eloquent the more ambiguous and protean they are. The chosen solution is more cultural and anthropological than design-oriented: it embodies the conceptual essence of our age, marked by thinking ready to absorb difference and multiformity as the way to a higher unity, whose bounds for the time being can only be sensed through their gradual dilation. 184 l’ARCA 79


Dall’alto in basso, l’ingresso indipendente del ristorante, dove il nastro diventa un tunnel/spirale; vista dello spazio dell’Emporio Armani suddiviso in due piani (al primo gli Accessori e al secondo Jeans Uomo/Donna) per complessivi 818 mq di area di vendita più 232 mq di servizi; il ristorante.

Particolare della scala, composta da due lame d’acciaio sormontate da gradini di vetro; il corrimano è in acciaio ricoperto da un tubolare in plexiglass.

Detail of the stairs composed of two blades of steel topped with glass steps; the banister is made of steel clad with Plexiglas tubing.

From top down, the separate entrance to the restaurant, where the ribbon turns into a tunnel/spiral; view of the Emporio Armani space divided over two floors (Accessories on the first floor and Men’s/Women’s Jeans on the second) to cover a total sales area of over 232 square metres of facilities; the restaurant.

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+Arch

+Arch

+Arch per Dolce & Gabbana At Incisa Valdarno (Florence)

F

Credits Project: +ARCH: Francesco Fresa, German Fuenmayor, Gino Arbellini, Monica Tricario Site Management and Engineering: Eurostudio-Ing. Degl’Innocenti Landscaping: Giorgio Fornari Main Contractors: Banchetti, Impresa Dagostino Luigi, Impianti tecnologici, Elteknica, Sice Previt Client: Dolce & Gabbana

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fter being trained in the austere neo-rationalism of Gregotti, where they once worked, and Chipperfield’s classical minimalism, even designing shops for Dolce & Gabbana, the architectural designers at the +Arch firm are now taking off in different directions: working with greater creative freedom and managing to set up happy, open relations with nature and new materials. But without overlooking certain requirements in terms of control and order in spatial design, as the most positive legacy of their professional background. I think the factory in Incisa (Florence) is a fine example of this two-pronged approach. On one hand, a very simple structure to be built in two stages, with the factory eventually ending up with a court building layout. On the other, a few deviations in the basic design to give it a more elaborate form. For instance, it is set back from the front of the office building, and there is a cut separating the offices from the warehouses. The former touch is designed to break up what would otherwise be an over-long front, set the offices in the background compared to the entrance, mark the boundaries of a space with varying facade features, create a garden embellishing the building on the outside and ensuring the offices have better views. The latter idea is intended to both separate two different areas and create a long, narrow road through the complex serving obvious functional purposes – the vehicles handling the goods can get in and out easily – and generating unexpected spatial effects. This is a prefabricated building constructed on a limited budget. But unlike all those horrendous warehouses littering industrial estates, it is extremely attractive-looking and elegant. The large standard panels are treated like pieces of a neat stylistic pattern. And the concrete effect is balanced out by the use of wooden panels in the office block with large glass holes placed at strategic points in the wall, and the black-colour of the tower encompassing the lift shaft. This means that the other otherwise unbearable grey colour turns into part of an interplay of different colours and textures given a refined but generous minimalist touch. The colour green also helps bring out the contrasts. We have already mentioned the garden slightly set back from the main elevation. The bright landscaping contrasts with the precision of the lines, transferring to the architecture that contrast between monastic simplicity and Baroque or floral patterns which is the most distinctive feature of the Dolce & Gabbana label. It is worth noting that there are no signs outside the factory. This goes rather against the grain, if we consider that lots of commercial or industrial buildings – most notably Ikea’s enticing box designs – currently tend to be “de-architecturing themselves” into pure signs. In the case of Incisa, however, there is nothing more than the odd allusion to the presence of such a famous brand name. I believe this is an extremely clever spindoctoring policy. It is fairly obvious that anybody local is well aware that this is a Dolce & Gabbana factory. So the logo might as well fade into the architectural forms and not vice-versa, and the object, rather than opting for an aggressive policy of trying to catch the eye, actually interacts with the site location without conceding anything to the vernacular or mimetism.

A

Particolare della facciata dell’edificio per lo sviluppo dei prototipi e la produzione di accessori della linea Dolce & Gabbana, realizzato a Incisa Valdarno (Firenze). L’edificio, realizzato su una superficie di 5.500 mq, rappresenta la prima fase di un intervento che prevede la realizzazione di 13.500 mq di superficie complessiva da destinare alle attività produttive dell’atelier.

Detail of the facade of the building used for developing prototypes and manufacturing accessories for the Dolce & Gabbana range, built in Incisa Valdarno (Florence). The building, constructed over an area of 5,500 square metres, is the first stage in a project to construct a total of 13,500 square metres devoted to the workshop’s production work.

Andrea Martiradonna

ormatisi nell’austero neo-razionalismo di Gregotti, dal quale sono stati a studio, e nel minimalismo classicista di Chipperfield, con il quale hanno realizzato negozi per lo stesso Dolce & Gabbana, i progettisti di +Arch stanno percorrendo oggi altre strade: creativamente più libere e in grado di attivare un rapporto felice e aperto con la natura e i nuovi materiali. Ma senza, per questo dimenticare, alcune istanze di ordine e di controllo della composizione dello spazio che costituiscono l’eredità positiva del loro percorso formativo. La fabbrica a Incisa (Firenze) mi sembra indicativa di questo duplice atteggiamento. Da un lato un volume semplicissimo da realizzare in due fasi, alla fine delle quali la fabbrica acquisterà la configurazione di un edificio a corte. Dall’altro alcuni scostamenti da questa struttura primaria che servono a articolarne la forma. Sono per esempio l’arretramento rispetto al fronte del corpo degli uffici o il taglio che separa gli uffici dai magazzini. Il primo serve a spezzare un fronte altrimenti troppo lungo, a portare il corpo degli uffici in secondo piano rispetto all’ingresso, a delimitare uno spazio con caratteristiche diverse di facciata, a realizzare un giardino che arricchisce l’edificio all’esterno e garantisce agli uffici una migliore visuale. Il secondo, oltre a separare due zone distinte, crea una strada stretta e lunga all’interno del complesso con ovvi benefici funzionali – vi possono passare le macchine adibite alla movimentazione della merce – e inaspettate valenze spaziali. L’edificio è prefabbricato; quindi realizzato con un budget limitato. Ma diversamente dagli squallidi capannoni che punteggiano le aree a destinazione industriale, ha aspetto insieme piacevole e raffinato. I grandi pannelli standardizzati sono infatti adoperati come altrettanti moduli di una rigorosa composizione formale. L’effetto cemento è bilanciato dall’uso di pannelli in legno del corpo degli uffici, dalle grandi bucature a vetro, a filo del muro, disposte in punti strategici e dal color nero della torretta che chiude il corpo scala. Così il grigio, altrimenti insopportabile, diventa parte di un gioco di grane e colori diversi, gestito all’interno di un minimalismo raffinato ma generoso. A esaltare i contrasti è anche il ruolo del verde. Abbiamo già accennato al giardino leggermente arretrato sul prospetto principale. Con la sua vegetazione rigogliosa si contrappone al rigore delle linee, portando sul versante dell’architettura quel contrasto tra semplicità monacale e forme floreali e barocche che costituiscono la nota caratterizzante della griffe Dolce & Gabbana. Al di fuori della fabbrica – si osservi – non compaiono insegne. E’ una scelta un po’ in controtendenza, se consideriamo che molti edifici commerciali o industriali – penso per tutti agli accattivanti scatoloni della Ikea – oggi tendono a “dearchitetturarsi” per diventare puro segno. Nel caso di Incisa, invece, nulla, se non questi indizi vagamente connotativi, allude alla presenza di un marchio così noto. E’ una scelta, credo molto acuta di politica di immagine. Non ci vuole molto a supporre che in zona chiunque ben sa che la fabbrica è di Dolce & Gabbana. Tanto vale allora che il logo si dissolva nelle forme dell’architettura e non viceversa, e che l’oggetto, più che tentare la politica della violenta differenziazione cerchi, senza concessioni vernacolari o mimetismi, di dialogare con il luogo. Luigi Prestinenza Puglisi

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In questa pagina, planimetria generale, particolare della sezione della facciata e prospetti dell’edificio.

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Nella pagina a fianco, l’ingresso carrabile, da cui si accede sia agli uffici sia ai magazzini e ai laboratori.

This page, site plan, detail of the facade section and building elevations.

Opposite page, the entrance for vehicles that leads to both the offices, warehouses and workshops.

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Viste dell’edificio, con le facciate in panelli alternati di vetro e legno. Pur presentandosi come edificio prettamente industriale, il progetto di +Arch ha tenuto conto dell’inserimento nel paesaggio toscano, coniugando così razionalità, funzionalità ed esigenze di distribuzione con il rispetto dell’ambiente circostante. L’intervento, infatti, ha previsto anche un piano di recupero ambientale degli spazi aperti attorno al lotto (dalla strada all’argine del fiume Arno) per un totale di 46.000 mq.

Views of the building showing the facades made of alternating glass and wooden panels. Although it basically looks like an industrial building, +Arch’s project also considered how it would fit into the Tuscan landscape, combining rationality, functionality and distributional demands with respect for the surrounding environment. The project even incorporates an eco-redevelopment plan for the open spaces around the lot (from the road to the banks of the River Arno) covering a total of 46,000 square metres.

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Rubriche e articoli sul mondo della progettazione, della produzione e della ricerca. Design, production and research.

Il segno forte del giardino pensile Progetto: Global Architectural Design Network/Gianluca Brini

Museo delle Arti e del Design Two Columbus Circle, New York Progetto: Allied Works Architecture

Sviluppato da Brad Cloepfil e dal suo studio Allied Works Architecture (www.alliedworks.com), il progetto per il nuovo Museo di Arte e Design (MAD) di New York trasformerà il Two Columbus Circe in un centro culturale dinamico che legherà l’esperienza museale a quella di una delle aree più vitali di Manhattan, all’incrocio tra Midtown, Upper West Side e Central Park. Il nuovo edificio, grazie alla sua scala ridotta, si pone come contrappunto ai grattacieli che dominano la piazza. Tra gli elementi più caratterizzanti, la facciata che presenta una combinazione di finestre vetrate e pannelli colorati di terracotta “tessuta” in modo tale da apparire come solida ma trasparente. Questi particolari pannelli tridimensionali sono anche l’espressione dell’interesse del museo per lo studio e l’applicazione di materiali innovativi e di nuove metodologie di fabbricazione. A segnare i dieci piani della facciata, una serie di colonne trasparenti, che verranno utilizzate anche come vetrine espositive di alcuni degli oggetti contenuti nelle sale del museo e che collegheranno sia fisicamente sia concettualmente i diversi piani dell’edificio, rivelandone all’esterno la vita interna. Il progetto di Allied Works rappresenta una felice sintesi di quanto è illustrato nelle sale del museo e cioè la continuità tra arte, artigianato e design, nonché il desiderio di avvicinare sempre di più queste discipline alla vita quotidiana e al pubblico. Il rinnovo del museo, divenuto troppo angusto e datato per accogliere i suoi quasi trecentomila visitatori all’anno, prevede la triplicazione dello spazio espositivo attuale che accoglie oltre duemila opere tra oggetti di arte e design in ceramica, tessuto, metallo, carta, legno e tecniche miste. Sarà inoltre realizzato uno spazio per ospitare un Centro Studi per le Arti e il Design e un auditorium da 155 posti. Questo edificio si porrà come una “piccola” scultura rivitalizzante al centro del quartiere di Columbus Circle, come un punto di attrazione in grado di emanare cultura e senso del rinnovamento in una Manhattan che sembra aver ripreso vigore e voglia di vivere e farsi vedere dopo i tragici fatti dell’11 settembre 2001. 88 l’ARCA 184

The project for the new Museum of Art and Design (MAD) in New York, designed by Brad Cloepfil and his firm Allied Works Architecture (www.alliedworks.com), will turn the Two Columbus Circle into a dynamic home for the arts, even knitting a museum experience into one of the liveliest neighbourhoods of Manhattan, at the crossroads between Midtown, Upper West side and Central Park. Thanks to its smallness, the new building will act as a sort of counterpoint to the skyscrapers towering over the square. Its most distinctive features include the facade made of a combination of glass windows and coloured terracotta panels “woven together” so that they look solid yet transparent. These special three-dimensional panels also show the museum’s interest in studying and applying innovative materials and new manufacturing techniques. The ten-storey facade is also marked by a series of transparent columns that will also be used as showcases for some of the objects on display in the museum rooms, connecting the various building levels both physically and conceptually. The project designed by Allied Works is a successful synthesis of what is outlined in the museum rooms, viz. a seamless combination of art, craft and design, as well as the desire to bring these disciples closer to everyday life and the general public. The redevelopment of the museum, that had become too stuffy and outmoded to host its total of almost three-hundred thousand visitors-a-year, involves tripling the amount of existing exhibition space that holds over two thousand works, including art and design objects made of ceramics, fabric, metal, paper, wood and mixed materials. A space is also planned to be built to host the Study centre for Arts and Design and a 155-seat auditorium. This building will act like a “tiny” sculpture injecting life into the Columbus Circle neighbourhood, as an attraction capable of exuding a sense of culture and renewal in the district of Manhattan that seems to be regaining strength and a will to come back to life and catch the eye following the tragic events of the 11th September, 2001.

In Italia costruire in zone urbane centrali vuol dire rinunciare a qualsiasi progetto che preveda innovazioni appariscenti. Il mimetismo verso le preesistenze è la norma cui difficilmente si osa trasgredire. A volte qualcuno tenta il colpo grosso e magari ci riesce. E’ il caso dello studio Gad - Global Architectural Design Network di Bologna, autore di un progetto di riuso dalle caratteristiche insolite per una città che sostanzialmente ama restare in contatto con le sue tradizioni. Il nuovo complesso residenziale nascerà dalle ceneri di un vecchio edificio con l’intenzione di suggerire una linea di programma sul

futuro rinnovo della zona. Segno forte dell’intervento è indubbiamente la sequenza dei “vasoni” posti in quota sul fronte principale, una memoria lecorbusieriana: insieme ai pilotis e alla pianta libera, il grande Corbu indicava il giardino pensile come uno dei fondamenti del Razionalismo. Posizionato all’interno del lotto, puntando sulla massima qualità dell’abitabilità attraverso un adeguato orientamento e migliori vedute, l’edificio presenta purezza di volumi e una grande vetrata che alleggerisce la massa del fronte su strada. Carlo Paganelli

Nuovo spazio per eventi a Torino Nel centro di Torino è stato recentemente inaugurato il nuovo Spazio Graneri, un’area polifunzionale articolata per ospitare attività di comunicazione aziendale, showroom, convention, eventi, mostre e workshop. Il nuovo spazio è stato ricavato nelle sale del Palazzo Granari della Roccia e, grazie all’intervento di ristrutturazione, coniuga l’eleganza dell’arte barocca con la funzionalità richiesta dagli incontri di lavoro contemporanei. Nel Palazzo sono state allestite su 350 metri quadrati una sala conferenze da 90 posti e una galleria con showroom, il tutto dotato dei più aggiornati apparati tecnologici, di una cucina, di un foyer di ingresso e di un servizio di parcheggio. Gli eventi che verranno organizzati a Palazzo Graneri saranno gestiti dallo staff professionale dell’agenzia di comunicazione Strategy & Relation.

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Un’essenza intelligente

Design e religiosità

Progetto: Ruggero Lenci e Nilda Valenti

Uno dei temi che la nostra epoca pone con sempre maggiore insistenza alla cultura progettuale è il rapporto esistente tra gli artefatti contemporanei e la tradizione, intesa come sedimentazione profonda di memorie e sensibilità all’interno di una cornice storica ampiamente condivisa. In questo terreno già di per sé infido, si distende un territorio ancora più aspro e impervio, che è quello della religiosità, nel quale le comuni convinzioni assumono il rigore assoluto della fede. Progettare artefatti di natura religiosa – dalle chiese ai minuti strumenti del culto – pone infatti problemi che la storia dell’architettura conosce assai bene. Sono note le vicende di celebri edifici del culto progettati da Michelucci, Quaroni, Spadolini o Botta, intorno ai quali si è acceso un dibattito che ha messo in discussione la capacità della moderna cultura progettuale di interpretare valori radicati in una dimensione sovramondana. La questione è rimasta tuttora aperta; ma oggi si è arricchita di nuovi argomenti, giacché sempre più frequentemente si è collocata nella prospettiva della progettazione non solo degli spazi ecclesiali, ma anche degli strumenti del culto, ovvero di quei minuti oggetti dei quali la liturgia si serve per lo svolgimento dei suoi rituali e che costituiscono un campo affidato, per diretta competenza, al design. Una delle ultime occasioni nelle quali il rapporto tra una moderna disciplina progettuale come il disegno industriale e gli oggetti della liturgia è stato oggetto di riflessione si è presentata con “Koiné 2003”, l’esposizione di utensili e strumenti di carattere religioso che si svolge da circa dieci anni a Vicenza, e che è accompagnata ogni anno da un concorso dedicato a uno specifico tema progettuale – dalla casula all’altare, dalle porte alle sedie, dal tabernacolo alla pisside e all’ostensorio. Il tema di quest’anno era il calice da messa, e il concorso ha visto la partecipazione di un nutrito gruppo di designer che hanno interpretato, ciascuno a suo modo, il tema di un oggetto tanto semplice quanto ricco

Ruggero Lenci e Nilda Valenti, dopo aver vinto il Concorso Europan 1 per la progettazione degli alloggi a Favaro Veneto, sono riusciti a realizzare e a completare l’intera opera, cosa che non succede spesso almeno per questo premio. Il fatto suggestivo di questo progetto, oltre alla sua tempestiva edificazione, sono stati i motivi della ricerca “messa in pietra” dai progettisti. E’, in realtà, una vera e propria sperimentazione svolta sul progetto d’architettura, o più esattamente, l’analisi approfondita della cellula abitativa come elemento fondativo dell’intero impianto architettonico dell’edificio. L’articolazione della cellula trae le sue origini dalla lecorbusieriana unité d’abitation, con la differenza che si realizza in un rigoroso adeguamento agli standard di vita del nostro tempo e del nostro Paese. In altre parole, è un’esperienza progettuale significativa per la residenza di Edilizia Economica e Popolare, in quanto la dimensione dell’intervento, che è di media densità, rappresenta una delle possibili alternative alla speculazione edilizia più bieca. Ecco perché questa volontà nella cura del dettaglio, nell’attenzione per le piccole cose, nell’organizzazione raffinata degli spazi che, per un impianto destinato all’abitazione, sono fondamentali per non mettere in concorrenza l’edificio con la speculazione edilizia, con i progetti di case unifamiliari. Vi è, in questo intervento, un forte intento legato alla percezione generale dell’intero impianto abitativo; lo si scopre nel percorrere l’interno dei suoi spazi, cioè quella sofisticata aggregazione di volumi che formano l’essenza intelligente dell’atto creativo dell’intero progetto. E’ come se vi fosse la volontà di moltiplicare gli spazi, è il fermo desiderio di accarezzare la percezione dei volumi con la sensazione precisa della realtà artistica, che diventa la coscienza del tempo e dello spazio. Lo spazio, interno ed esterno, è articolato in modo da permettere anche che l’illuminazione naturale li descriva in modo saggio. Insomma, delle matite giovani e fresche che hanno rivisitato il fenomeno della casa con leggiadria e intuito, togliendo al concetto del condominio, cioè del vivere insieme, quella patina di vecchio, di storico, in una parola, di palazzo antico. Mario Antonio Arnaboldi

Corpi metropolitani Frédéric Flamand (direttore per la Danza del settore Danza, Musica e Teatro della Biennale di Venezia): “Mi sembra che il modo migliore per testimoniare i mutamenti prodotti dall’onnipresenza della città sia la danza, in quanto strumento per eccellenza dell’espressione del corpo umano. E’ per questa ragione che ho proposto “Body - City” come tema del 1°. Festival Internazionale di Danza Contemporanea”. Iniziato il 12 Giugno

(con la prima mondiale di Silent Collisions, di Frédéric Flamand) e conclusosi il 18 luglio, il festival è stato preceduto da “Architettura del corpo tecnometropolitano”, convegno organizzato congiuntamente dalla Biennale e dall’Istituto Universitario di Architettura di Venezia (IUAV). Il festival si è articolato come un percorso urbano attraverso alcune città del mondo come, per esempio, Kyoto, Londra, Bruxelles. C.P.

di significati liturgici e religiosi. I designer che hanno proposto un loro progetto, poi realizzato come prototipo da una bottega artigiana specializzata, rappresentano il meglio del design italiano e internazionale, il che ha reso il concorso ancora più denso dal punto di vista culturale. Mario A. Arnaboldi, Angelo Cortesi, Afra e Tobia Scarpa, Alberto M. Prina, Cleto Munari, Gabriele De Vecchi, Lella e Massimo Vignelli, Makio Hasuike, Michele De Lucchi, Beppe Di Giuli, Prospero Rasulo e molti altri hanno affrontato il tema puntando a un rinnovamento formale nel quale i contenuti funzionali e simbolici dell’oggetto trovassero la loro più fedele interpretazione alla luce della sensibilità contemporanea. Gli elementi messi in gioco sono stati per un verso la maestosa semplicità dello strumento – un semplice contenitore per acqua e vino – e per un altro il suo carattere liturgico, che ne trasforma per un attimo, nel rituale della messa, i valori materici ed ergonomici in manifestazione di uno dei più profondi misteri della fede cristiana. Così nei lavori dei vari progettisti la modernità si è espressa ai suoi livelli più elevati nella ricerca di una semplicità formale capace di moltiplicare le energie espressive – esplicite o latenti – dell’oggetto, lasciando però che i meccanismi linguistici e comunicativi aprissero consistenti varchi all’effusione di quell’aura mistica che è propria di un oggetto che la tradizione ha fissato nella forma emblematica del “calice”, attraverso il quale si ripete da millenni il sacrificio fondativo della religione cristiana. Il confronto fra tradizione e modernità vi ha trovato quindi uno dei suoi momenti più significativi e, in certo senso, drammatici, tale da renderlo per un verso esemplare della vitalità della cultura progettuale contemporanea e per un altro della complessità delle sfide alle quali essa è oggi chiamata quotidianamente a rispondere. Maurizio Vitta

1 1. Design: Mario Antonio Arnaboldi, Laura Ammaturo, Francesca Borini, Davide Benini; realizzazione/realized by: Memeo Arredi Sacri 2. Design: Alberto Maria Prina; realizzazione/realized by: Mesa Cadorago 3. Design: Michele De Lucchi; realizzazione/realized by: E.Stancampiano 4. Design: Afra e Tobia Scarpa; realizzazione/realized by: San Lorenzo 5. Design: Makio Hasuike; realizzazione/realized by: L’arte Religiosa di Maurizio D’Ambrosio & C 6. Design: Cleto Munari; realizzazione/realized by: Cleto Munari Design Associati 7. Design: Angelo e Niccolò Cortesi, Luca Traverso; realizzazione/realized by: Fratelli Lissi di Giuseppe Lissi

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Un’immagine da/an image from “Memorandum” di/by Dumb Type (foto: Kazuo Fulunaga).

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Esiste una risposta?

L’Italia che si muove

Merita una riflessione, o, ancor più un esame di coscienza, l’iniziativa promossa dalla città di Bordeaux e realizzata da arc en rêve centre d’architecture e, confluita nella mostra, conclusasi il mese scorso, dal titolo emblematico “C’est ici, 1999-2002”. Sebbene sfumata la possibilità di una visita, è comunque significativo soffermarsi sulla portata e sulle premesse che hanno reso attuabile un simile progetto espositivo. Sono stati, infatti, presentati 32 edifici di particolare rilevanza realizzati negli ultimi quattro anni a Bordeaux e nella Comunità urbana; una chiara testimonianza del fermento e del dinamismo architettonico che hanno dimostrato architetti e committenti in risposta alle nuove occasioni e alle nuove sfide nate dai progetti di urbanizzazione, estesi a intere zone della città: dalla realizzazione di nuovi edifici, alla completa trasformazione di quelli in stato di degrado o semplicemente alla ridefinizione e all’ampliamento di spazi o di parti di edifici. Anche il percorso espositivo rifletteva con coerenza l’idea di partecipazione attiva dell’intera comunità alla centralità della architettura nel miglioramento della qualità della vita urbana un allestimento vivacizzato da colori e da grandi immagini che, pur senza trascurare gli aspetti tecnici dei progetti, è divenuto un momento di conoscenza aperto a tutti i cittadini. C’è da chiedersi allora, quale città italiana, senza fare distinguo regionalisti o di dimensioni (Bordeaux è comunque una città con oltre 200 mila abitanti e un’agglomerazione che raggiunge i 680 mila, paragonabile a nostre medie realtà) potrebbe ospitare un’iniziativa della medesima natura, soprattutto dimostrando la qualità delle realizzazioni presentate, anche senza raggiungere il tetto dei 32 interventi? Elena Cardani

La Prima Biennale Internazionale di Architettura di Rotterdam si è conclusa lo scorso luglio con un premio a un’opera italiana. La DARC (Direzione generale per l’archittetura e l’arte contemporanee) – che svolge un importante lavoro di promozione e sostegno del progetto architettonico di qualità – ha infatti ricevuto l’Inspiration Award con il progetto multimediale intitolato “Mobilitaly”. Questo premio viene assegnato non tanto a progetti od oggetti singoli della mobilità (tema di questa prima edizione della biennale), quanto alla capacità di generare suggestione poetica e immagini evocative sulla percezione della mobilità. Mobilitaly, curato dal Direttore Generale della DARC, Pio Baldi, è un’installazione multimediale basata su videoproiezioni che hanno animato le pareti dello spazio espositivo con immagini di flussi e transiti metropolitani a differenti scale e velocità.

Atalante+Jacques Leccia, Auberge de la Jeunesse Barbey, committente/

Un problema non culturale, ma di cultura I video rappresentano immagini e filmati descrittivi di alcuni progetti e realizzazioni recenti selezionati per una ricerca in corso alla DARC sui temi dell’architettura applicata alle infrastrutture per la mobilità in Italia. Molti di questi progetti hanno partecipato a concorsi e programmi di riqualificazione urbana promossi da amministrazioni comunali o aziende negli ultimi anni. Come ha evidenziato Pio Baldi: “In Italia, negli ultimi decenni – caratterizzati da una abnorme attività di costruzione – si è di fatto completata la prima grande infrastrutturazione diffusa (quella residenziale) del territorio. Anche se ciò è avvenuto con gravi perdite per il mantenimento dei valori e delle risorse del paesaggio e dell’ambiente. La scommessa per il futuro è di riuscire nel rinnovo e nell’estensione, questa volta in armonia con il paesaggio e l’ambiente, delle reti dei centri infratsrutturali e di servizio”.

client: Ville de Bordeaux (foto: Quintanilla-Turcey).

Sopra/above, Svincolo Roma-Ostia Antica, design: A.Aymonino, F.Trinca, S.Braut, I.Ruschena, committente/client: Comune di Roma, 1999. A sinistra/left, Collegamento pedonale Galleria Tito Speri, Brescia, design: Studio Fuksas, committente/client: Brescia Mobilità, 2003.

Memoria e invenzione Gecode, memorizzatore di codici e generatore di password (secondo premio all’edizione 2002 della Fiera nazionale dei Brevetti e delle Invenzioni, Curno, Bergamo) è un oggetto dal funzionamento semplicissimo in grado di memorizzare un rilevante numero di codici come, per esempio, quello bancario o di conto corrente ma anche numeri telefonici, quello dell’impianto di allarme di casa, il Bancomat ecc.. Progettato dall’architetto Pier Francesco Ghisleri, Gecod non richiede nessuna manutenzione e nessun genere di alimentazione poiché il suo funzionamento è meccanico. Gecode si basa sulla composizione di un codice chiave per produrre un allineamento di tutti gli altri. 92 l’ARCA 184

L’edilizia, il mondo delle costruzioni in genere, ha vissuto negli ultimi due anni in Italia un vero e proprio “boom”, paragonabile per certi aspetti a quello della cosiddetta “seconda ondata” postbellica (anni Settanta). Sulla spinta della forte caduta delle borse di tutto il mondo, masse enormi di danaro si sono riversate nel mondo delle costruzioni, provocando rialzi molto consistenti (e inimmaginabili fino a pochi mesi fa) delle aree edificabili e dei costi del costruito un po’ in tutte le regioni, con punte avanzate ovviamente nelle maggiori città e nei centri di forte richiamo turistico. Una panoramica a campione sui cantieri aperti pone tuttavia elementi di grande perplessità, sulle modalità e sugli esiti – in termini di sviluppo urbano – di questo rapida quanto intensa ripresa. L’impressione – infatti – è che la quantità sia prevalsa di gran lunga sulla qualità e che – ancora una volta – si stia perdendo un’occasione storica per una riqualificazione delle città esistenti, dei tessuti urbani sconnessi dalla ricostruzione anni sessanta nonché, per una rimodellazione in chiave moderna di aree metropolitane e non, prive di servizi adeguati e di caratterizzazione morfologica. E’ come se ci si fosse fatti cogliere alla sprovvista: un fiume di danaro si sta riversando sulle nostre città, si costruisce un po’ “ovunque e comunque”, ma non sembra intravedersi la trama di grandi disegni urbani, di progetti strategici che indirizzino la riqualificazione (salvo, ovviamente, le classiche eccezioni). Le stesse dimensioni di molti cantieri, la polverizzazione degli interventi, la diversità e la diffusione dei soggetti coinvolti, danno l’impressione di una “caduta a pioggia” in cui la necessità primaria è “costruire e vendere”per approfittare in tutti i modi dell’onda positiva del settore (che, peraltro, inizia già a mostrare rallentamenti e inversioni di tendenza). Quattro sono le invarianti evidenziabili in questo preoccupante “remake”: - La mancanza di architettura - Il prevalere dell’ investimento economico - La mancanza di programmazione - Il riaccentuarsi del fenomeno speculativo Invarianti che generano due gravi problemi: il primo di ordine economico-finanziario; il secondo, di ordine etico, di qualità urbana, di salvaguardia e valorizzazione del paesaggio urbano. L’incremento rapido e abnorme di investimenti nel settore, oltreché indurre a una possibile “crescita senza qualità”, rischia di inflazionare altrettanto rapidamente il mercato e di far trovare con il classico “cerino acceso” molti imprenditori dell’ultima ora. Evidentemente la lezione degli anni Ottanta in Italia o di quelli Novanta in Germania non ci ha educato molto. Tantomeno lo sviluppo abnorme della borsa di appena due anni fa… La

dimensione e gli esiti di tali processi d’investimento sono tuttavia di gran lunga diversi. Mentre in borsa le ondate speculative privilegiano o colpiscono duramente principalmente i soggetti che decidono di immettersi nel mercato (ancorché onde indirette si riflettono positivamente o negativamente su settori collaterali alla finanza), nell’edilizia è la comunità tutta che paga, soprattutto per ciò che concerne la qualità del territorio (che appartiene a tutti). C’è un’incapacità diffusa a percepire i guasti di una simile tendenza: non ci si rende conto da parte di molti amministratori ma anche di tanti cittadini, che un edificio brutto, privo di qualità, puramente “speculativo”, danneggia un’area intera per decenni sotto l’aspetto paesaggistico, turistico, culturale ed economico; e che – a meno di una guerra o di un terremoto, che certo nessuno si augura – quegli edifici rimarranno lì per secoli, perché non sono quadri da spostare facilmente… Il rischio che stiamo correndo – e siamo alla seconda invariante – è incredibilmente alto per l’Italia. Il nostro Paese non ha altre risorse – tra quelle naturali e sfruttabili – che la storia, la cultura, il paesaggio. Nonché un piccolo patrimonio (anch’esso in via di assottigliamento) fatto di buon gusto, di design, di creatività, di fantasia positiva. Se “sporchiamo” un quartiere medioevale, una collina, un lungomare, con interventi inadeguati, privi di ogni capacità estetica, fuori scala e fuori contesto, è come se avessimo consumato un altro pozzo di petrolio o una sorgente d’acqua. E’ incredibile come abbiamo imparato (o stiamo imparando) a non sporcare le strade con i pezzi di carta o i muri con le scritte, e poi ci permettiamo il lusso – senza neppure porci il problema “ecologico” – di sporcare il territorio in maniera spesso irreversibile! Ed è ancor più incredibile che esistano in Italia degli organismi, delle Associazioni, capaci di “catalogare” anno per anno, con precisione millimetrica, gli edifici e i metri cubi realizzati abusivamente (3.600.000 metri cubi nel 2001; 4.450.000 nel 2002!!) e non ci sia nessuno altrettanto bravo nel prevenire lo scempio o nel reprimere il reato. Dunque il problema non è finanziario o legislativo, bensì culturale, educativo. La soluzione non è “costruiamo di meno” bensì “costruiamo meglio”. Che significa costruire meglio? E come fare per incrementare la qualità? Quali strumenti utilizzare per qualificare il prodotto “edificio”? Come incentivare l’architettura rispetto all’edilizia? E ancora: chi valuta la qualità, come educare i valutatori? Bene: ciascuna di queste domande ha una sua (o più..) risposta cui cercheremo di dare forma e sostanza – se il Direttore e l’Editore ce lo consentiranno – nei prossimi numeri. Allo scopo di innescare un dibattito più ampio, possiamo sin d’ora

elencare alcune vie e delineare alcuni percorsi sui quali – da alcuni anni – il nostro Istituto sta lavorando. - Educazione alla cultura urbana e recupero della bellezza in architettura - Introduzione di strumenti legislativi e fiscali - Adeguamento delle capacità e responsabilità amministrative - Formazione discliplinare e deontologia dei tecnici - Coinvolgimento delle organizzazioni di categoria Ciascuno di questi percorsi riguarda e investe – direttamente o indirettamente – specifiche entità e categorie della nostra società: la famiglia, la scuola, l’Università, gli Ordini professionali, le imprese di costruzione, il Parlamento, gli Enti locali, l’editoria e i mass media in genere. Senza un filo sottile che raccordi i diversi impegni e le diverse responsabilità di ciascuna categoria, è impensabile che il problema possa essere risolto da un unico soggetto e, tantomeno, dalla semplice introduzione di una legge (sia pur meritoria come quella “Per l’architettura”, del d.d.l.Melandri, anno 2000). Come in tutte le azioni educative alla prevenzione, occorre una presa di coscienza da parte della pubblica opinione. Il che richiede tempi talmente lunghi (8–10 anni) da scoraggiare forse l’impresa. Occorre invece attivare da subito strumenti utilizzabili perché ogni ritardo potrebbe essere fatale. Non è un problema puramente culturale, elitario. E’ un problema di cultura. La democrazia oggi consente a tutti, (senza alcuna distinzione di sensibilità, di preparazione, di titolo) di richiedere e ottenere concessioni edilizie così come patenti di guida (e i risultati – sulle nostre strade – sono visibilissimi). Questo diritto, sinora, non ha quasi mai presupposto il dovere del rispetto degli altri, dell’impegno alla qualità, della salvaguardia dei valori. E’ giunto il momento di comprendere e far comprendere. Nell’era del volontariato diffuso non sarebbe male ripristinare il valore dell’ obbligatoriato. “Satura tota nostra” per dirla con Quintiliano! Franco Esposito Tetraktis – Istituto di cultura urbana

Premio Dedalo Minosse in USA Un estratto della mostra del Premio Internazionale Dedalo Minosse alla committenza di architettura, già allestita presso la Basilica Palladiana di Vicenza e di recente conclusa, è stato ospitato a San Francisco (CA) nella sede dell’American Institute of Architects (AIA) nei mesi di aprile e maggio 2003. Grazie alla nuova collaborazione istituita con l’AIA/SF, un totale di 30 tavole e alcuni filmati hanno illustrato gli aspetti salienti dei 26 progetti selezionati dalla giuria del Premio 2002. L’evento è stato sponsorizzato da Caoduro Lucernari Spa, Granitifiandre Spa, Barausse Spa, Trend Group Spa, Associazione Italiana Marmomacchine.

Particolare della mostra del/detail of the exhibition Premio Dedalo Minosse a San Francisco.

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Dirompente Oppenheim Recentemente inaugurata a Milano, in via Modena, la nuova Iermonti Gallery, presenta fino al 30 settembe una mostra dedicata all’opera di Dennis Oppenheim dal titolo “Body et Land Art”. L’artista americano, noto per le sue enormi opere di land art negli anni Sessanta, presenta un’installazione appositamente disegnata per la nuova galleria, nella quale scorrono immagini dell’attività passata di Oppenheim con la proiezione di una

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Maestri d’architettura in Val d’Aosta selezione di film anche sulle sue opere di body art. E’ un’occasione per ripercorrere l’opera “vulcanica” di Oppenheim che ha segnato alcune delle tendenze contemporanee con “azioni” dirompenti: basti ricordare i suoi Fire Works, che, negli anni Ottanta, simulavano esplosioni a catena all’interno del sistema arte, o alle mappe geografiche, geologiche, geopolitiche attraverso le quali interveniva su estesissimi tratti di suolo terrestre. Dennis Oppenheim, Cancelled Crop. A destra/right, Barbieri-Cereghini, Villa in Val d’Aosta. Sotto, vista di/below, view of Algeri. In basso a destra, disegno di/bottom right, a drawing by Carlo Scarpa, 1961-63 (foto: Georg Mayer/MAK).

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Cina contemporanea In Paris “Alors la Chine?”, con questo titolo che fa riferimento all’articolo di Roland Barthes pubblicato dal quotidiano “Le Monde” nel 1974, il Centre Pompidou di Parigi presenta in anteprima rispetto all’anno internazionale della Cina in Francia, che si svolgerà da ottobre 2003 al luglio 2004, una mostra dalla portata del tutto unica e inedita. Il progetto espositivo offre un ampio panorama della creazione contemporanea in Cina in tutta la sua vitalità e diversità con l’obiettivo di dare un resoconto della scena artistica attuale di un Paese in piena mutazione che si appresta a ospitare nel 2008 i Giochi Olimpici a Pechino e l’Esposizione Universale a Shanghai nel 2010. La manifestazione che accoglie testimonianze nel campo delle arti plastiche, dell’architettura, del cinema e della musica, ha per ambizione di suscitare il desiderio di scoperta della Cina contemporanea. Il percorso espositivo si sviluppa sotto forma di una passeggiata aperta ospitata nella Galerie Sud in uno spazio libero da ogni chiusura. Le opere sono organizzate attorno a un grande modello di Pechino, realizzato da Lu Hao, che innalza al centro degli “hutong” una città proibita in plexiglas e blocchi di edifici moderni. La scenografia lascia così il visitatore completamente libero di comporre il proprio itinerario, all’immagine di un Paese che si offre senza complessi allo sguardo dello straniero. La mostra è aperta fino al 13 ottobre.

As a foretaste of France’s international Chinese year, which will run from October 2003-July 2004, the Pompidou Centre in Paris is presenting a totally new and unique exhibition entitled “Alors la Chine?”, referring to the title of an article Roland Barthes wrote for the newspaper “Le Monde” in 1974. The exhibition provides a picture of creative artistry in modern China, in all its different shapes and guises, in order to take stock of the contemporary art scene in a country that is undergoing radical change that is about to host the 2008 Olympic Games in Beijing and the 2010 World Fair in Shanghai. The event will feature works from the fields

of the plastic arts, architecture, film and music, and is designed to get people interested in modern-day China. The exhibition is organised like an outdoor walk through the South Gallery in an open space with no closures. The works are organised around a large model of Beijing designed by Lu Hao, who has placed a forbidden city made of Plexiglas and blocks of modern buildings in the middle of the “hutongs”. The set design leaves visitors completely free to follow their own path through a country keen to open up its borders to foreigners. The exhibition is open until October 13th. 1. Wang Guangyi, Le visage de la ferveur – A, olio su tela/oil on canvas, 200x200 cm, 2002. 2. Weng Peijun (Weng Fen), Sur le mur (Shenzhen 1), fotografia a colori/ colour photograph, 125x166 cm, 2002 3. Song Dong, Bonsaïs mangeables (poissons), 2003

“Architettura Moderna Alpina in Valle d’Aosta” è il titolo della mostra aperta fino al 12 ottobre alla Biblioteca Regionale di Aosta. La mostra consta di un insieme di “stanze” in cui si ripercorre il complesso itinerario delle realizzazioni di alcuni dei maestri dell’architettura italiana nel territorio della Valle dalla fine degli anni Venti alla prima metà degli anni Sessanta. A partire dalle strutture in cemento armato di Giovanni Antonio Porcheddu degli anni Venti, attraverso i piani urbanistici e le realizzazioni di alta montagna di Giovanni Muzio, dei BBPR, di Figi, Pollini, Melis e Cereghini, e ancora i sette progetti di Gio Ponti per Aosta e i ventisei di Carlo Mollino che punteggiano vari luoghi della regione, fino alle stazioni per il turismo invernale a Cervinia e a Courmayeur di Ettore Sottsass e Franco Albini. In mostra, una serie di immagini appositamente realizzate da Olivo Barbieri e di David Vicario, che illustrano e documentano lo stato di conservazione di questi oramai “storici” edifici.

Storia e sperimentazione all’Ifa Con due interessanti mostre di architettura, presentate al Palais de la Porte Dorée fino al 14 settembre, l’Ifa di Parigi fa luce su due realtà che nel panorama architettonico contemporaneo offrono spunti di dibattito e riflessione. Organizzata nel quadro di “Djezaïr, un anno di Algeria in Francia”, la mostra “Alger, paysage urbain et architectures” rintraccia i principali cicli di trasformazione e modernizzazione della capitale algerina, dagli ultimi anni dell’epoca Ottomana ai nostri giorni. Tra disegni originali, modelli, fotografie d’epoca e documenti grafici, completati da rappresentazioni artistiche della città e degli edifici storici, viene offerta una ricca testimonianza della storia di una capitale nel suo articolato processo di costruzione dalla Casbah ai contributi di architetti come Violet-le-Duc, Henri Sauvage, Auguste Perret, Le Corbusier, Roland Simounet, Fernand Pouillon o Oscar Niemeyer. In

contemporanea viene presentata una mostra su architettura e sviluppo sostenibile nel Vorarlberg, appartenente al ciclo delle “Architetture sperimentali in Europa”. Si tratta di un viaggio tra gli esempi di architettura contemporanea realizzati negli ultimi vent’anni nel Land austriaco del Vorarlberg soprattutto a opera del movimento dei Baukünstler, un gruppo di architetti che, in rottura con l’Ordine professionale, si fa portatore di un tipo di architettura moderna in linea con il progresso culturale e sociale del Land. Senza negare la tradizione, i Baukünstler fanno proprie le tesi dello sviluppo sostenibile e trovano in esse gli strumenti per costruire un modello urbano alternativo, attento all’equilibro tra la città e la natura. I risultati di queste ricerche, sono testimoniati nella mostra parigina attraverso pannelli, documentari e una serie di promenade architettoniche.

I modelli di Scarpa Il Museo della Arti Applicate e dell’Arte Contemporanea di Vienna (MAK, www.mak.at) presenta fino al 14 settembre “Carlo Scarpa, The Craft of Architecture”. La mostra trae spunto dalla recente acquisizione da parte di Peter Noever, curatore del museo, degli Archivi Anfodillo che raccolgono una quantità di disegni originali e modelli di lavoro, per lo più mai mostrati al pubblico, di Carlo Scarpa. I disegni ripercorrono alcune delle tappe più significative dell’opera progettuale del maestro italiano, dal Museo di Castelvecchio a Verona (1956-64) alle sue installazioni per mostre e interni fino all’ultima opera, la Tomba Brion (1969-78) a San Vito di Altivole, vicino ad Asolo. Tutti i suoi progetti furono sviluppati in collaborazione con i mobilieri veneziani della famiglia Anfodillo, specializzati nella realizzazione di arredi in legno e metallo, che Scarpa aveva scelto per la costruzione dei propri modelli, esposti in questa occasione.

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India a Montreal

Lega a Castiglioncello

I 20 anni dei FRAC

Rimane aperta fino al 14 settembre al Canadian Centre for Architecture, la mostra “Traces of India”. Con una selezione di oltre duecento fotografie scattate da viaggiatori, professionisti, militari del periodo coloniale britannico e con un’antologia di oggetti della cultura popolare, cartoline, manifesti, spezzoni di film Bollywoodiani, la mostra, curata da Maria Antonella Pellizzari, conduce il visitatore in un affascinante viaggio in India. In particolare le immagini fotografiche rappresentano i maggiori siti archeologici e architettonici del Paese, dai monumenti Sikh e Moghul ai grandi templi Hindu del Tamil Nadu a quelli Buddisti dell’India centrale. Tra le opere esposte alcuni capolavori come l’immagine del Taj Mahal di Felice Beato o il trittico panoramico della Moschea della Perla ad Agra realizzato nel XVII secolo da John Murray.

Per iniziativa del Comune di Rosignano Marittimo, con la collaborazione del Centro studi per l’arte “Diego Martelli” – Archivi del ’800 e del ’900, viene presentato fino al 19 ottobre nelle sale del Castello Pasquini di Castiglioncello (Livorno) un nucleo di dipinti di Silvestro Lega, rimasto chiuso negli archivi per più di cinquant’anni. La mostra, intitolata “Silvestro Lega, da Bellariva al Gabbro”, è articolata in quattro sezioni cronologiche che ripercorrono l’itinerario di Lega dal 1870 al 1890 circa. Anni, questi ultimi, in cui la sua pittura è dominata dalla dolcezza dei volti delle contadine di Gabbro (nell’entroterra di Castiglioncello), nelle cui quiete campagne il maestro romagnolo trascorse gli ultimi anni della sua esistenza. In occasione della mostra è stato realizzato un documentario sui Macchiaioli che ripercorre la vicenda di questo gruppo di artisti attraverso la ricostruzione dei luoghi e tableaux vivants ispirati ai loro dipinti più significativi.

Su iniziativa del Ministero della Cultura e della Comunicazione, della Delegazione delle Arti Plastiche (DAP) e del Centro Nazionale delle Arti Plastiche (CNAP), un ricco e intenso programma di eventi coinvolge la Francia fino a dicembre di quest’anno in occasione dei vent’anni dei FRAC (Fondi Regionali d’Arte Contemporanea). I FRAC sono strutture presenti dal 1983 in ogni regione francese, grazie a un partenariato tra lo Stato e i Consigli regionali, che hanno per missione l’acquisizione, la diffusione e la valorizzazione delle opere d’arte contemporanea. Emblematici della politica di decentralizzazione e della forte implicazione delle collettività territoriali nella costituzione del patrimonio artistico, i FRAC riuniscono, a fianco delle collezioni nazionali, fondi ricchi e diversificati che totalizzano oltre 15.000 pezzi con una rappresentanza di oltre 3000 artisti. L’insieme delle esposizioni che investono numerose discipline, dalla pittura alla scultura, dalla fotografia, ai video fino alle istallazioni, si articolano tra due operazioni complementari, “Tesori pubblici, 20 anni di creazione nei FRAC” ospitati in 14 spazi nelle città di Avignone, Nantes, Strasburgo e Arles, fino a ottobre, e “Détours de France”, fino a dicembre. Nella quattro città, si svolgono in contemporanea una serie di esposizioni che riuniscono circa 1000 opere di artisti

Velocità a Mantova

Meraviglie di Miró La Mole Vanvitelliana di Ancona ospita fino al 5 ottobre la mostra “Miró – Le meraviglie”. Sono esposte oltre cento tra litografie e acqueforti che il maestro catalano realizzò tra il 1928 e gli anni Settanta e che poi, tra il 1960 e il 1981, sono state riportate su carta o altri materiali. In mostra, oltre a una scelta di grafiche miste, le serie complete di Ubu Roi, caratterizzata dai segni surrealisti e colorati che distinguono la profondità delle forme di Miró, Les pénalitées de l’Enfer, Le marteau sans maître, e Meraviglie con variazioni, che vuole essere un omaggio dell’artista alle meraviglie della natura e alla capacità dell’Uomo di vivere in un sogno. Miró, Serie Maravillas con variaciones acrosticas en el jardin de Mirò, n. 18, litografia a colori/color lithography, 54x39 cm, 1975. Sopra/above, Charles Shepherd, Soapstone carvers in the courtyard of the Quwwat al-Islam mosque, Delhi (from Henry Hardy Cole, The Architecture of Ancient Delhi), stampa al carbonio/carbon print, 1870.

Mantova, con una mostra allestita nella Casa del Mantegna fino al 28 settembre, celebra il cinquantesimo anniversario della scomparsa di Tazio Nuvolari. Col titolo “Il mito della velocità – L’arte del movimento dal Futurismo alla Video Art”, la mostra vuole collocare le gesta del “mantovano volante” nel contesto sociale e culturale del suo tempo. Il mito futurista della velocità, vista come la nuova bellezza dinamica del reale, è seguito lungo il suo sviluppo artistico e le varie tecniche con cui è stato rappresentato fino a oggi. Il percorso espositivo pone in evidenza la tensione delle forme, l’ebbrezza dei viaggi in automobile e aereo, le nuove possibilità offerte dalle attuali tecnologie elettroniche che annullano le distanze e propongono una tipologia di comunicazione che stravolge le coordinate spazio-temporali convenzionali. Circa 150 le opere esposte (da Martinetti a

Boccioni, da Balla a Depero, per arrivare a Vasarely, Tinguely, Alviani, Colombo, Giaccari), allestite tematicamente sul doppio filo della velocità come restituzione visiva del fenomeno fisico e come dinamismo mentale legato all’immagine astratta. Sopra/above, Silvestro Lega, Il rammendo, olio su tavola/oil on board, 31x18,5 cm. Sotto a sinistra/below left, G.F. Usellini, Omaggio a Varzi, 1949. Sotto a destra/below right, Filippo Tommaso Marinetti, G.Guidi, Parole in libertà, inchiostro e collage su carta/ink and collage on paper, 1916.

Absolut storici ed emergenti contemporanei. La seconda iniziativa si concentra invece su oltre duecento eventi ed esposizioni, distribuite in 22 regioni, che fanno luce sulla specificità e l’identità di ogni struttura, come sulla realtà di queste azioni nei settori delle pubblicazioni, della mediazione e della pedagogia. Questo dispiegamento di forze e di pensiero rappresenta sicuramente un esempio di riferimento per l’impegno e la sensibilità che lo stato francese e le regioni, in stretta collaborazione, dimostrano nei confronti della creazione contemporanea. Per informazioni: www.les20ansdesfrac.culture.fr Elena Cardani

Grazia e gravità Col titolo “Calder: Gravity and Grace”, il Guggenheim di Bilbao (www.guggenheim-bilbao.es) presenta fino al 7 ottobre un’ampia retrospettiva dell’opera di Alexander Calder. Allestita al secondo piano del complesso museale, la mostra, con oltre sessantacinque sculture, ripercorre il tracciato artistico e filosofico di Calder attraverso la forma astratta. Si mette in evidenza il desiderio del maestro americano di creare un’arte in grado di dialogare con la vita reale e capace di sfidare costantemente le leggi della gravità, la circolazione dell’aria, il gioco delle possibilità. Per Calder, l’astrazione è come la via verso un mondo di piani, sfere,

Nell’ambito della 50a Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, per la sezione “Extra 50”, viene presentata la mostra “Absolut Generations”. Aperta fino al 28 settembre, è un’antologia della produzione delle varie generazioni di artisti che hanno lavorato per creare immagini e interpretazioni sempre nuove della famosa bottiglia di vodka. Oltre alle storiche rappresentazioni realizzate da maestri come Enzo Cucchi, Louise Bourgeoise, Miquel Barcelò, Hans Hollein, Wim Delvoye, per citarne alcuni, “Absolut Generations” propone quelle di giovani artisti emergenti col fine di promuovere nuovi talenti e scoprire nuove forme di creatività.

Concettoforme a Roma nuclei, linee che vanno al di là di qualsiasi significato, un gioco eccitante a cui mancava solo un elemento: il movimento. Così, a partire dagli anni Trenta, iniziò a realizzare quelle sculture con parti mobili e materiali industriali, talvolta piegati o dipinti, che divennero subito il suo segno caratterizzante e la sua poesia; come egli stesso disse “…un mobile è un pezzo di poesia che danza con la gioia per la vita e della sorpresa”.

L’Istituto Polacco di Roma celebra, con un’antologica aperta fino al 30 settembre, l’opera dell’artista polacco contemporaneo Stanislaw Drózdz. Nato nel 1939, Drózdz si dedica a partire dal 1967 alla poesia concreta e ne diventa un eminente rappresentante, coniando per le sue opere il termine “concettoforme”. I suoi lavori, spesso ispirati alla filosofia di Ludwig Wittgenstein, analizzano il mondo del linguaggio, ricercandone le forme più pure e sintetiche. La mostra romana offre la possibilità di avere per la prima volta in Italia una visione d’insieme del suo percorso artistico, colto e cerebrale.

Alexander Calder, Lobster Trap and Fish Tail, 1939. Sopra/above, Chris Burden, Another World, 1992, in mostra a Stasburgo nella mostra al CEAAC “Je rêvais d’un autre monde: architectures et arts plastiques”. A destra/right, Stanislaw Drózdz, Kosti 2 (Dadi 2).

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Architettura e arte in Costa Azzurra

Ironia e sarcasmo al Carnavalet

Nuova acquisizione

Intensa l’attività espositiva di Nizza che, ormai in pieno fermento estivo, arricchisce la stagione turistica accompagnandola con tre interessanti iniziative. Fino al 12 settembre, al Forum d’Urbanisme e d’Architecture, in Place Gautier nel Vieux Nice, una bella mostra su José Antonino Coderch presenta i progetti dell’architetto spagnolo nel periodo dal 1940 al 1964 attraverso una accurata selezione di piante schizzi e fotografie. Organizzata dal Collegio degli architetti catalani di Barcellona, la mostra rende omaggio a questa figura chiave dell’architettura spagnola del dopoguerra, collaboratore di “Domus” dal 1949 e Gran Premio Medaglia d’Oro alla IX Triennale di Milano per il progetto del Padiglione spagnolo nonché fondatore nel 1951 del Grupo R insieme a Bohigas e Sostres, testimoniandone l’evoluzione del pensiero e del percorso attraverso documenti rimasti finora del tutto sconosciuti. Dall’architettura all’arte con la mostra “Raoul Dufy, un altro sguardo” che presenta il Museo delle Belle Arti, fino al 28 settembre, in occasione del cinquantesimo della morte del pittore, la cui vita e attività furono particolarmente legata alla città di Nizza. Un centinaio di opere, tra olii, acquerelli, disegni e ceramiche provenienti da collezioni pubbliche e private, si focalizzano sul periodo fauve e cubista testimoniando la centralità dell’artista nella storia della pittura del XX secolo. Inoltre, una sala interamente dedicata alla presenza del pittore a Nizza, sottolinea la ricchezza della collezione, conservata al Museo delle Belle Arti. Un’altra celebrazione, quella dei trent’anni del Museo nazionale Message Biblique Marc Chagall, inaugurato nel 1973 su iniziativa di André Malraux attorno ai temi biblici sviluppati dall’artista, è infine l’occasione per presentare fino al 10 novembre, una nuovo allestimento arricchito da una selezione di opere che sono entrate a far parte della collezione. Sono opere, provenienti dall’ultimo deposito del Museo d’Arte Moderna, che si allontano dal tema biblico e che prefigurano la creazione di una sala monografica dedicata all’insieme dell’opera di Chagall, affiancata al Messaggio Biblico.

Giornalista, editorialista e scultore, Jean Plantureux detto Plantu, classe 1951, è famoso per i suoi disegni, politica, giustizia, destino dell’umanità e del pianeta sono al centro delle sue rappresentazioni. Ma c’è anche un aspetto, meno conosciuto, che costituisce, invece, una parte importante del suo lavoro. Si tratta di un insieme di statuette che traducono nelle tre dimensioni e attraverso i colori i suoi principali centri d’interesse. Un’occasione felice per conoscere le diverse sfaccettature del lavoro di Plantu è offerta dalla mostra in corso fino al 26 ottobre al Musée Carnavalet di Parigi, depositario di una collezione, la più ampia di quelle pubbliche, di sculture caricaturali. Circa duecento disegni, una cinquantina di

ABB Sace, Società della Divisione Automation Technologies del Gruppo ABB in Italia, leader nella produzione e commercializzazione di prodotti e sistemi per la distribuzione dell’energia elettrica, l’automazione e il controllo dei processi industriali, ha acquisito da Olivetti Tecnost il ramo d’azienda DomusTech, che comprende l’intera gamma dei prodotti e tutte le attività in essere con i diversi Partner di mercato. L’operazione consente

sculture e di film di Plantu, realizzati dagli inizi degli anni Settanta consentono di scoprire e capire l’attività quotidiana dell’artista. Sono qui documentati tutti i principali soggetti affrontati dall’artista, dalle sue visioni su musei e patrimonio, ribaltamento delle fonti letterarie e artistiche, giudici, politica, inquinamento fino a temi di scottante attualità, quali il Terzo-Mondo, il Vicino e Medio Oriente, i Diritti dell’Uomo. Accanto alle sue sculture e disegni sono presentati statuette e busti di Daumier, Dantan Giovane e altri artisti del XIX e XX secolo. Un itinerario articolato e diversificato che ci offre una panoramica sull’evoluzione dell’opera dell’artista in rapporto alla creatività contemporanea. Un disegno di/a sketch by Jean Plantureaux. Sotto/below, Jacques.Henri Lartigue, Vers les Isles.

Immagini di una vita

Raoul Dufy, Jardin Albert 1er Nice (sopra/above); La Gande Baigneuse (a sinistra/left).

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L’opera fotografica di Jacques-Henri Lartigue (1894-1986) è riunita in un’ampia esposizione presentata al Centre Pompidou fino al 22 settembre. Si tratta di un’occasione unica per approfondire il percorso di questo fotografo che, ossessionato dal passare del tempo, dedicò la sua vita, fino dall’età di sette anni, a catturare ogni istante della sua esistenza. Spettatore-narratore dell’universo che lo circonda, Lartigue organizza in un accurato repertorio le sue immagini di cui sono

Impianti videocitofonici evoluti l’integrazione delle tecnologie ABB Sace, bus e onde convogliate, e di DomusTech, radiofrequenza e controllo remoto attraverso il telefono cellulare, attivando, per il mercato della Building e Home Automation, l’offerta di un’ampia scelta di soluzioni, sia di sistema sia di architettura, che consente di rispondere in maniera completa a tutte le più moderne esigenze di mercato nell’ambito residenziale e terziario.

Videoregistrazione digitale Wavemaster, di Hesa, è uno strumento all’avanguardia, relativo ai sistemi di videosorveglianza digitale per velocità, versatilità e precisione, grazie al motion detector basato sulle reti neurali (novità assoluta nel suo genere). Il sistema è stato studiato per chi deve sorvegliare ambienti e situazioni particolari. Tre le funzioni basilari: la motion detector, basata sulle reti neurali, che garantisce un ottimo funzionamento anche con telecamere posizionate in ambienti esterni, poiché è in grado di “imparare” l’area ripresa dalla telecamera e discriminare se un movimento è normale o sospetto; la Delta Wavelet, che permette di sfruttare al meglio le risorse poiché la modalità di visualizzazione e registrazione

differenziale garantisce un’ottima qualità delle immagini fisse, lasciando libera la memoria per focalizzare le parti dell’immagine in movimento; la Audio detector che consente di far scattare un allarme su un evento audio ben definito.

Il Gruppo Urmet rappresenta una società di elevato riferimento nel mercato internazionale delle telecomunicazioni, in particolare nel settore della telefonia pubblica, della comunicazione domestica e della domotica, della sicurezza delle persone e dell’ambiente. E’ inoltre la prima in Italia, come Urmet Domus, specializzata nella comunicazione domestica, automazione e sicurezza dell’edificio. Le aree di attività sono la citofonia, la videocitofonia, la sicurezza, l’antintrusione e i sistemi integrati cito-telefonici. Il Gruppo è costituito da oltre 30 aziende consociate, in Italia e all’estero, unite in un nome che, dal 1937, è il riferimento indiscusso delle telecomunicazioni. Attualmente sono tre i nuovi prodotti, presentati in occasione di Intel 2003: la gamma di centralini telefonici Agorà che si amplia grazie al nuovo PABX 6/24; il nuovo cronotermostato settimanale Klimat Zoom che concentra design e tecnologia; il Bilbus Video Over Power, che rappresenta l’evoluzione del sistema digitale a cablaggio ridotto, attraverso due coppie di fili non polarizzate per la trasmissione di audio, video e dati. Il sistema Bilbus VOP consente infatti di realizzare impianti videocitofonici fino a 250 utenti sia in bianco e nero che a colori, con monitor e/o citofoni in parallelo all’interno dell’appartamento e fino a dodici videoportieri sia principali che fondoscala, con possibilità di centralino di portineria, i monitor (Sentry, Winflat, Winspot) e le pulsantiere (K-Steel, Aura, Kombi, e altro) non sono dedicati al sistema, ma sono gli stessi già utilizzati in tutte le altre applicazioni.

Numero verde per tutti testimonianza un centinaio di album fotografici di grande formato, che costituiscono appunto la spina dorsale della mostra parigina. Il percorso espositivo, che si articola in uno spazio scenografico di 1100 metri quadrati sotto forma di un racconto autobiografico, presenta l’opera del fotografo in tutta la sua diversità e ricchezza: a fianco delle prime autocromie e viste stereoscopiche sono esposte numerose stampe antiche, raramente o mai esposte.

Attraverso il numero verde 800 56 29 29, Metra risponde a tutte le problematiche del cliente mediante un call-center che, in orari corrispondenti alle normali attività di ufficio, può fornire informazioni complete relative al repertorio generale degli infissi Metra.

Il numero verde costituisce l’ultima iniziativa di supporto a un servizio più completo e veloce che, con la recente campagna pubblicitaria, il catalogo e il nuovo sito www.finestremetra.it, amplia e velocizza le possibilità di rapporto diretto tra azienda e consumatore.

A proposito di Contract Più qualificata che mai, grazie a un importante intervento di ristrutturazione e innovazione, la grande show room di Liuni, dedicata al Contract e alla Ospitalità alberghiera, è attualmente il punto più rappresentativo per quanti, progettisti e professionisti del settore, operano nel contesto. Sono numerosissime e diversificate per tipologie ed esigenze, le proposte riguardanti il comparto delle rifiniture per alberghi che, sostenute dal valore dell’esperienza e dalla ricerca costante di Liuni, in termini di qualità, tecnologia e innovazione, propongono il meglio presente nel mercato mondiale.

Lo “Spazio Liuni” si deve quindi intendere come area espositiva e zona di lavoro per addetti, che possono visionare direttamente, in un’area di 600 metri quadrati, ambienti organizzati e sistemi espositivi studiati per le collezioni esposte, relativi sia alle pavimentazioni tessili, resilienti o viniliche, sia ai vinilegni, legni e stuoie, sino ai rivestimenti murali, ai tessuti, tendaggi, cornici, profili e accessori. Un sofisticato sistema software, con visualizzazione computerizzata tridimensionale, è a disposizione per aiutare e suggerire scelte in termini di materiali, gamme di colori e disegni.

Un giallo che sa di fossile Importante riferimento nel mercato dei caminetti, Palazzetti vanta ora una suggestiva scoperta che, legata ai propri sistemi operativi, si ricollega, a circa 40 milioni di anni or sono. Impegnato nella creazione e produzione di cornici in marmi pregiati e insoliti per caminetti, recentemente Palazzetti, nel sezionare un imponente blocco di marmo giallo proveniente dall’Egitto, ha con meraviglia constatato la presenza interna di misteriosi resti fossili. Gli esperti del Museo delle Scienze di Pordenone, incaricati di dare risposta a questa scoperta, hanno individuato precise tracce fossili di un antichissimo mammifero marino, mentre, per quanto riguarda il marmo giallo, la sua formazione è stata attribuita all’Eocene medio-superiore in un periodo dove una parte dell’Egitto, non emersa, costituiva un lembo occidentale di oceano ora scomparso: la Tetide. In sintesi erano presenti in quelle acque mammiferi che avevano preso il posto dei precedenti grandi rettili, tra questi il Basilosauro era il più straordinario (oltre 15 m), unitamente al consimile Durodon (5 m). Proprio a quest’ultimo gli esperti attribuiscono i resti fossili scoperti. Si può quindi considerare che paradossalmente, persino in un moderno caminetto, si possa nascondere la storia del nostro pianeta nel materiale che lo compone, attraverso indizi e testimonianze storiche antichissime e di straordinaria valenza scientifica. 184 l’ARCA 99


Informazioni sull’editoria di architettura, design e comunicazione visiva. Information about publications of architecture, design and visual communication.

Ottima edizione

Grand Prix

La diciottesima edizione di Intel, svoltasi lo scorso maggio alla Fiera di Milano, ha ottenuto un successo di particolare portata internazionale registrando 106.000 presenze, delle quali il 18% di provenienza estera. Fortemente connotata da prodotti di altissima qualità e valore innovativo presenti in tutti i comparti, da convegni specialistici (presenziati da 2.730 addetti) e importanti premiazioni, la manifestazione ha richiamato oltre 400 giornalisti e operatori della comunicazione che ne hanno promosso la conoscenza attraverso i più importanti quotidiani, le televisioni e le radio. Il prossimo evento di Intel, dedicato alla sicurezza e all’automazione degli edifici, sarà presente a Bari dal 14 al 16 novembre 2003 con la terza edizione della mostra Sicurezza Mediterranea che, per la prima volta, si terrà in contemporanea con Termoidraulica Bari e Bagno Show, organizzate da Senaf. La partecipazione riunita delle tre rassegne costituirà un’occasione straordinaria per il mondo dell’impiantistica nell’area del Mediterraneo. A Fiera Milano il prossimo appuntamento riguarda la rassegna “Sicurezza”, presente dal 17 al 20 novembre 2004, mentre la diciannovesima edizione di Intel si svolgerà dal 17 al 21 maggio 2005.

Si è svolta lo scorso maggio presso la Triennale di Milano, la premiazione attinente il concorso internazionale di architettura Grand Prix, promosso e organizzato da Ceramica Casalgrande Padana. L’iniziativa, con cadenza biennale si propone di premiare quelle realizzazioni che, attraverso la qualità del progetto architettonico, evidenziano e valorizzano il carattere tecnico e formale degli elementi in gres porcellanato Granitogres, Marmogres e Pietre Native. Alla quinta e attuale edizione del premio hanno partecipato oltre centoventi progettisti, provenienti da ventuno paesi, con progetti la cui validità è stata valutata da una giuria presieduta da Franco Manfredini, Presidente della Ceramica CasalgrandePadana, e composta da Alfonso Acocella, Pierre Colboc, Adalberto Dal Lago, Biagio Furiozzi, Miklòs Marosi, Gilles Neveux,

Medaglia d’Oro

Regolatori di flusso luminoso

Sono stati premiati lo scorso maggio, con la “Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana”, mediante una cerimonia svoltasi presso la Triennale di Milano e una relativa mostra conclusasi il 27 luglio 2003, i sei progettisti selezionati dalla Giuria. Sono state 425 le opere valutate, costruite tra il 1995 e il 2003, e proposte tramite autocandidatura o attraverso le segnalazioni degli advicers (quaranta tra i direttori delle più importanti riviste di architettura italiane e straniere, direttori di Centri per l’architettura e critici. La Giuria era costituita da Giancarlo De Carlo (presidente), Pio Baldi, Gillo Dorfles, Kurt Forster, Henk Hartzema, Vittorio Magnago Lampugnani, Luca Molinari (coordinamento) e Alexander Tzonis. La valutazione, scelta e selezione dei progetti, da parte della Giuria, ha considerato, in opere rispondenti a soluzioni dedicate alla società italiana contemporanea, il valore processuale legato alla pratica del progettare, piuttosto che alla novità stilistica e formale dell’opera e all’impegno dedicato alla ricerca innovativa. I cinque progetti finalisti evidenziano nuovo impegno e attenzione per la qualità industriale dei manufatti sul territorio, forte impegno nei progetti residenziali contemporanei all’interno della città esistente, e accurate risistemazioni degli spazi pubblici nella città storica. La medaglia d’oro all’architettura italiana è stata assegnata a un nuovo edificio industriale progettato da Umberto Riva per la Fincantieri di Pozzuoli, rispondente all’innovazione e alla partecipazione e inserimento armonico nel contesto naturale e spaziale circostante. La medaglia d’oro opera prima riguarda il parco lineare di Caltagirone progettato da Marco Navarra mentre la medaglia d’oro alla committenza pubblica è stata attribuita ex equo ai comuni di Napoli e Roma, rispettivamente per le stazioni della nuova metropolitana urbana disegnate da Gae Aulenti, Alessandro Mendini e Domenico Orlacchio, e per la città della musica progettata da Renzo Piano Building Workshop. La medaglia d’oro alla committenza privata è andata all’ANSA per il nuovo Termoutilizzatore di Milano progettato dallo studio Quattroassociati, mentre la medaglia d’Oro alla critica ha interessato Pierluigi Nicolin per la direzione di Lotus e di Lotus Navigator. Numerose le segnalazioni dei finalisti inseriti nelle varie sezioni, e sette le menzioni d’onore che ampliano e sviluppano la panoramica relativa la produzione architettonica presente nel territorio nazionale.

I prodotti della gamma Intelux, di Merloni Progetti Energy Saving, assicurando il controllo dell’illuminazione nei grandi spazi interni, si distinguono come regolatori di flusso luminoso atti a proporre la soluzione ideale in situazioni rappresentate da capannoni industriali, uffici, impianti sportivi e altro. La tecnologia adottata è completamente elettronica, e si basa sul principio N.C.W.I. (Non Critical Waveform Intersection), che rende i prodotti particolarmente idonei alla regolazione delle sorgenti a scarica. Utilizzando componenti elettronici di potenza, il valore della tensione di alimentazione della lampada viene parzializzato senza modificarne il valore della tensione di cresta, in modo da controllare e ridurre gradualmente la corrente. L’andamento sinusoidale della tensione viene ridotto per ritornare poi entro pochi millisecondi al valore di rete. Il corrispondente andamento della corrente è tale da impedire l’esaurimento della scarica nel tubo della lampada. I regolatori Intelux

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Esorcismo della realtà Giuseppe Rossi e Angelo Silingardi. Tra le varie soluzioni architettoniche premiate: 1)“Edificio per uffici”, Mosca (2002), progettato da Vladim Lipatov. 2) “Metro Le Val ; Stations Le Poterie, Henri Freville, Sainte Anne, Ponchaillou”, Rennes (F) 2000-2002, di Semtcar.

funzionano insieme ai normali sistemi di accensione delle lampade, hanno dimensioni molto contenute, e vengono installati nel quadro di distribuzione, a monte delle singole linee di lampade, scegliendo di volta in volta la potenza adeguata al carico.

La divisoria più funzionale Altura, di Oddicini, è una parete divisoria ad alta modularità che consente di determinare ogni possibile soluzione spaziale e operativa relativa all’ambiente ufficio. Rapida nel montaggio, flessibile e dotata di innovative soluzioni tecniche e materiali originali, Altura risponde a canoni e valori formali di estremo rigore ed eleganza, validi per ogni esigenza. La notevole modularità, le differenti tipologie tutte integrabili tra loro

e l’ampia gamma di finiture disponibili, rendono la parete universale, stabile, acusticamente ineccepibile e di facile trasformabilità, assecondando ogni possibile e successiva esigenza di trasformazione e adeguamento. Le pareti divisorie e armadiature Altura sono disponibili in varie finiture come i laminati plastici, i nobilitati, i tessuti in “Classe 1” e i legni. Tutte le finiture sono a loro volta disponibili in più colori e varianti.

Antoni Gaudí, capacità di concepire l’architettura nello spazio A cura di Antonietta Iolanda Lima, Dario Flaccovio Editore, Palermo 2003, ill. in b/n, 206 pp

Tutte le volte che mi trovo fra le mani un libro che parla di un maestro dell’architettura, in generale mi commuovo. Succede in particolare, tutte le volte che scopro nuovi momenti di emozione e nuove logiche progettuali nascoste. In questi casi nasce una riflessione su chi, investito dal desiderio di un racconto su un maestro, desidera esprimere il proprio amore per l’architettura. E’ così. Un libro d’architettura porta con sé, sempre abbinati, due racconti: uno relativo al processo storico, il secondo al divenire degli eventi. Questo libro è un testo su cui vale veramente la pena di riflettere perché, malgrado abbia l’aspetto di un volume per addetti ai lavori, possiede invece, nella sua parte iconografica, un linguaggio nuovo espresso attraverso le immagini degli edifici che, ancora una volta, fanno riflettere. Appare, così, tutto

l’esorcismo della realtà che la fotografia possiede; si osserva allora come ritrarre l’architettura significa costringere le nostre passioni a travestirsi, la nostra immaginazione e il nostro ricordo a cancellarsi, per indurci a nuove riflessioni. Le immagini del libro diventano la trama stessa dei dettagli del progetto architettonico, delle linee, della luce. Tutto ciò significa l’interruzione del soggetto che osserva e, dunque, l’irruzione del mondo architettonico che crea la suspence della foto. Ecco allora che fare di un’architettura un’immagine è togliere ad essa, una ad una, tutte le sue dimensioni: il peso, il rilievo, il profumo, la profondità, il tempo, la continuità e, ovviamente, il senso. E’ a prezzo di questa disciplina che l’immagine acquista questo potere di fascinazione e di nuova riflessione

sull’evento architettonico, che diventa medium dell’oggettualità pura, che diventa trasparente a una forma di seduzione più sottile. Ecco come il volume ci attrae, ecco come Antonietta Iolanda Lima riesce a sedurre il lettore, a fermare il visitatore delle immagini sulla propria riflessione, fino al punto di portarlo a riaggregare una ad una tutte le dimensioni dell’arte edificatoria di Gaudì: il rilievo, il movimento, l’emozione, l’idea, il senso. E’ così che nasce il desiderio per rendere meglio, per rendere più reale ogni segno architettonico, rendere più reale il tutto, vale a dire meglio simulato, fino a farlo diventare, così, un controsenso totale, nei termini fino ad ora seguiti per la lettura degli eventi architettonici. E’ così che il libro diventa di lettura serena e, soprattutto, denso di significati. Mario Antonio Arnaboldi

Segnalazioni ADI Design Index 2002 Editrice Compositori, Milano 2002, ill. col., 264 pp L’edizione 2002 dell’ADI Design Index – l’annuario che disegna la mappa del design italiano proposta dall’Osservatorio permanente sul design istituito dall’ADI, anche per offrire il materiale per le selezioni triennali del Compasso d’Oro – segue la consueta strutturazione tematica – design per la persona, per la casa, per l’ambiente, per la grafica e la multimedialità – e svolge puntualmente il suo ruolo istituzionale di segnalazione dei prodotti più significativi, ma in più offre una serie di riflessioni critiche sulla situazione del design in generale e di quello italiano in particolare. Cristina Bianchetti Abitare la città contemporanea Skira, Milano 2003, 110 pp Il libro sollecita una riflessione sul ruolo della lettura del territorio e sulla funzione che essa svolge, nella consapevolezza che la soglia col progetto rimane labile e che il problema dell’azione non trova un luogo privilegiato nel quale depositarsi, ma pervade un atteggiamento operativo. F. Cellini, C. D’Amato Mario Ridolfi all’Accademia di San Luca.Edizione critica del corpus dei disegni di architettura e dei documenti dello Studio Ridolfi, e Fondo RidolfiFrankl-Malagricci (1924-1984) dell’Archivio dell’Accademia Nazionale di San Luca Graffiti Editore Roma 2003

Opera, destinata soprattutto agli specialisti, che prende in considerazione l’intero corpus dei disegni (4453) e dei documenti (1398) superstiti, prodotti dallo studio Ridolfi nell’arco di sessant’anni, e che ricostruendo cronologie e sequenze progettuali, offre un quadro dell’intera produzione di Mario Ridolfi. Nine Houses in One Erste Auflage, Berlino 2002, ill. a colori, 184 pp Il volume illustra il progetto e la realizzazione da parte di vari studi di architettura (Architekten Schweger+Partner, Busmann+Haberer, von Gerkan, Marg und Partner, de Architekten Cie e Thomas van den Valentyn) del Jakob-Kaiser-Haus, un isolato di oltre 100.000 mq realizzato per ospitare i membri del Parlamento tedesco. Paul Chemetov. Un architecte dans le siècle Prefazione di Jean-Louis Cohen Editions Le Moniteur, Parigi 2002, ill. a colori e b/n, 464 pp Questo libro traccia il percorso professionale di uno dei più illustri architetti francesi. Grande costruttore e uomo impegnato su molti fronti, Chemetov ha profondamente segnato la storia architettonica della seconda metà del XX secolo sia attraverso le sue numerose opere sia con i suoi interventi ne dibattito pubblico sulle sorti dell’architettura. Il volume ne raccoglie le opere e i testi teorici e presenta un’introduzione scritta dallo stesso Chemetov, nella quale egli elabora una riflessione sul proprio lavoro e sui valori su cui ha fondato la sua vita professionale.

Margherita Petranzan Gae Aulenti Rizzoli Libri Illustrati/Skira, Milano 2002, 150 ill. a colori e 150 ill. in b/n, 256 pp Il volume raccoglie l’opera della ricca carriera di Gae Aulenti, spaziando dal progetto per la Gare D’Orsay alla ristrutturazione del Centre Pompidou, dalla progettazione di Piazza Cadorna a Milano all’ideazione delle scenografie per la Donna del Lago di Rossini, dai mobili per la Kartell ai molti progetti di arredo. Profession Architect. De Architekten Cie. Saggio di Crimson Fotografie di Marcel Molle 010 Publishers, Rotterdam 2002, ill. a colori e b/n, 264 pp Il volume racconta e illustra il percorso progettuale di Architekten Cie., lo studio olandese fondato 1988 da Pi de Bruijn e Frits van Dongen (con Carel Weeber e Jan Dirk Peereboom Voller, che ora hanno lasciato) cui si sono poi uniti Branimir Medic/Pero Pulijz e Pietre van Wesemael. Saper credere in architettura-50 domande a Vittorio Gregotti A cura di Antonello Marotta Clean Edizioni, Napoli 2002, ill. a colori e b/n, 112 pp Gregotti in questa intervista racconta in sintesi alcuni dei lavori della sua lunga carriera, aneddoti, idee, fonti di ispirazione. Fra i suoi progetti più recenti, il Teatro degli Arcimboldi a Milano e il progetto per Pujang, sobborgo di Shanghai con 80.000 abitanti. 184 l’ARCA 101


AGENDA Concorsi di architettura e design Architecture and design competitions Per i bandi completi For complete rules www.europaconcorsi.com

Belgio/Belgium Bruxelles Servizi Architettonici Invito a manifestare interesse per la prestazione di servizi architettonici, di ingegneria e di estimo per gli edifici occupati dalle delegazioni, dalle rappresentanze e dagli uffici della Commissione Europea in Paesi extracomunitari, nonché per le sue delegazioni nell’ambito di organizzazioni internazionali a Ginevra, New York, Vienna, Parigi e Roma/Invitation to express interest in the offer of architecture, engineering services and surveys of the buildings occupied by all delegations, from representative offices to Europe commissions in extracommunity countries, and also in its delegations within international organizations in Geneva, New York, Wien, Paris and Rome Scadenza/Deadline: 11/7/2004 Per informazioni: Commissione Europea, Direzione Generale RELEX - Relazioni esterne, Unità Amministrazione, Unità K.3, CHAR 08/186 Rue de la Loi/Wetstraat 200 B-1049 Bruxelles Tel. ++32 2 2957432 Fax ++32 2 2964280

Corea del Sud/South Korea Seoul 3rd DBEW International Design Competition Concorso internazionale di design della serie “Design Beyond East and West” sul tema “La casa per una famiglia con un figlio” International design competition of the series “Design Beyond East and West” on the theme “Design for One Child Family” Scadenza/Deadline: 17/9 Monte premi/Total prize money: 42,000 US$ Giuria/Jury: Alessandro Mendini, Seok.Chul Kim, Kazuyo Sejima, Shi-Li Zhang Per informazioni: Sun-Hwa Yi DBEW Competition Committee 757-1 Hanssem Building, 9 fl Bangbae-dong, Seocho-gu Seoul, Korea 137-060 Internet: www.hanssemcompe.com

Francia/France Ludres Complesso polifunzionale Progetto per la costruzione di un complesso polifunzionale. Il programma prevede la realizzazione di una sala per spettacoli da 999 posti, nonché di edifici destinati alle attività sportive e culturali a essa annessi per un totale di 2.850 mq/Project for a multifunction complex. The brief calls for the construction of a performance hall with 999 seats, in addition to connected buildings for sports and cultural activities for a total of 2,850 sq.m

102 l’ARCA 184

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Scadenza/Deadline: 9/9

Scadenza/Deadline: 31/12

Per informazioni: Commune de Ludres 1, Place Ferri de Ludre F-54711 Ludres Tel. ++33 3 83261433 Fax ++33 3 83261058 Internet: www.ludres.com E-mail: dst@ludres.com

Per informazioni: Redaktion Häuser Stichwort “Innovationspreis 2004” 20444 Hamburg Internet: www.livingathome.de/planen_bauen/speci als/haeuser_award/studenten.jsp

Paris Mini Maousse-L’éloge du petit Concorso internazionale per studenti per il progetto di micro-architetture International competition open to students for the project of micro-architectures Iscrizione/Registration: Ottobre-Dicembre/October-December Consegna/Submission: 20/1/2004 Per informazioni: IFA c/a Delphine Dollfus Tel. ++33 01 46339023 Internet: www.archi.fr/minimausse E-mail: delphine.dollfus@ifa-chaillot.asso.fr

Germania/Germany Berlin 6th Architektur-Internet-Preis: Architettura e luce naturale L’ente banditore intende presentare una lista di 12 edifici, tutti progettati per sviluppare una notevole relazione con la luce naturale. Il programma prevede che i partecipanti selezionino un edificio dalla lista e lo modifichino secondo i criteri del “reverse light planning”, intensificando e articolando ulteriormente il rapporto con la luce, al fine di ottenere giochi d’ombra più intensi e complessi Twelve buildings will be presented that have one feature in common: they have been designed with the purpose of staging natural lighting in a very impressive manner. The competition brief calls on participants to select one building from the list and modify it by means of “reverse light planning”. The building has to be staged in light so that the influences of existing (day) light paths and the resulting shadows are intensified, reversed or made to overlap Scadenza/Deadline: 20/10 Per informazioni: Architektur-Internet-Preis 2003 BauNetz Online-Dienst Schlüterstr. 42 D-10707 Berlin Tel. ++49 030 88726300 Fax ++49 030 88726319 E-mail: preis@BauNetz.de

Hamburg “Living in the City”. Soluzioni innovative per la vita in città Il crescente desiderio di vivere ai margini della città piuttosto che al suo interno, porta alla progressiva liberazione di diversi spazi del centro urbano. L’ente banditore intende così sollecitare giovani (diplomati dopo il 1-1-2001) e futuri architetti allo sviluppo di soluzioni progettuali innovative per la riqualificazione di questi spazi, ponendo particolare riguardo ai desideri di giovani famiglie con bambini/The increasing desire to live on the outskirts rather than inside of towns, has freed progressively many spaces in the urban center. The awarding authority wants then solicit youngsters (graduated after January 1st 2001) and future architects to develop innovative project proposals for the requalification of these spaces, with particular attention for young families with children

Munchen Sistemazione dell’area del municipio Progetto per la sistemazione urbanistica dell’area del municipio. Il programma prevede inoltre la realizzazione di una sala civica. Superficie area: 2,6 ha/Project for the urban reaggarement of the City Hall area. The brief calls also for the construction of a Civic Hall Scadenza/Deadline: 10/9 Per informazioni: Bohm, Glaab, Sandler & Partner, Weissenburger Platz 4, 81667 München Tel. ++49 089 4477123 Fax ++49 089 44771240 Internet: www.bgsp.net E-mail: mail@bgsp.net

ArchiCAD-Preis. Applicazioni innovative del vetro L’ente banditore intende premiare gli studenti che si sono distinti per composizioni progettuali caratterizzate da un utilizzo innovativo del vetro, realizzate attraverso il programma di disegno ArchiCAD/The awarding authority wants to prize students who have distinguished themselves for project compositions characterized by the innovative use of glass, realized through the design program ArchiCAD Scadenza/Deadline: 15/11/2004 Per informazioni: Graphisoft Deutschland GmbH Lindwurmstr. 129e D-80337 München Tel. ++49 089 74643-0 Fax ++49 089 74643299 Internet: www.graphisoft.de/archicad-preis.de

The Reardon Smith Student Award 2003. Progettare una stanza d’albergo L’ente banditore intende raccogliere soluzioni progettuali per la realizzazione di una camera d’albergo con bagno, completamente accessibile. Sarà tenuto in particolare considerazione l'utilizzo di soluzioni e materiali innovativi, il rapporto estetico con il resto dell’albergo e soprattutto la fruibilità da parte di disabili The task is to design a fully accessible hotel bedroom and bathroom. Judging criteria will include: freshness of approach, use of innovative products and materials, visual flair and appropriateness to the rest of the hotel as well as meeting the needs of the Disability Discrimination Act Scadenza/Deadline: 3/10 Per informazioni: Managing Director Reardon Smith Architects 10-13 The Leathermarket, Weston Street London, SE1 3ER UK Internet: www.reardonsmith.com E-mail: csmith@reardonsmith.com

Stevenhage Hertfordshire New Spirit Challenge 2003 Concorso per progetti interdisciplinari tesi allo sviluppo di una società sosenibile Competition for interdisciplinary projects aiming at social sustainability Scadenza/Deadline: 19/9 Giuria/Jury: Nigel Burton, Declan Pritchard, Trevor Baylis Per informazioni: Engineering for a Sustainable Future c/a Carilyn Clements, Michael Faraday House, Six Hills Way Stevenage, Hertfordshire, SG1 2AY Tel. ++44 01438 765641 Fax ++44 01438 767305 Internet: www.iee.org/pn/sustainability E-mail: cclements@iee.org.uk.

Gran Bretagna/Great Britain

Italia/Italy

London

Cantù (Como)

AR+D Emerging Architecture Premio internazionale per architetti under 45, per realizzazioni di riconosciuta eccellenza/International award open to architects of under 45 years of age for recognized excellent realizations Scadenza/Deadline: 16/9 Monte premi/Total prize money: 10,000 £ Giuria/Jury: Shigeru Ban, Ahmed Bucheery, Françoise-Héléne Jourda, Farshid Moussavi, Michael Sorkin, Peter Davey

Il materiale legno Concorso internazionale di idee per la progettazione di un ambiente cucina che impieghi e valorizzi il legno massello e preveda l’inserimento di elettrodomestici Electrolux International ideas competition for the design of a kitchen enhancing wood use and including Electrolux appliances Scadenza/Deadline: 30/11 Monte premi/Total prize money: 9.000 Euro

Per informazioni: The Architectural Review 151 Rosebery Avenue London EC1R 4GB London Internet: www.arplusd.com

Building Sight Award Premio internazionale di architettura per realizzazioni di grande fruibilità pubblica International architectural award for realizations which demonstrate public access as an intrinsic part of the project and illustrate the wider benefits of the practice Scadenza/Deadline: 30/9 Per informazioni: Building Sights c/o CABE Tower Building 11 York Road London SE1 7NX Internet: buildsights.polaris.codix.net/ the_award.htm

Per informazioni: Riva RI1920 Simone Bellotti Direzione Comunicazione Via Borgognone 12 22063 Cantù (CO) Tel. ++39 031 7073353 Fax ++39 031 7073338 Internet: www.riva1920.it E-mail: simone.bellotti@riva1920.it

Casalgrande (Reggio Emilia) Grand Prix Ceramica Concorso internazionale di architettura che seleziona e premia quei professionisti che, attraverso la loro opera, meglio hanno saputo utilizzare e valorizzare le proprietà tecniche e le potenzialità espressive degli elementi in grès porcellanato Granitogres, Marmogres e Pietre Native

AGENDA International architecture competition selecting and prizing those professionals who, through their work, have better utilized and improved the technical properties and the expression potentials of elements in Granitogres, Marmogres and Pietre Native porcelain grès Scadenza/Deadline: 31/12/2004 Per informazioni: Ceramica Casalgrande-Padana Via Statale 467, n¡ 73 42013 Casalgrande (RE) - Italia Tel. ++39 0522 9901 (30 linee) Fax ++39 0522 996121 Fax export 0522 841630 Internet: www.casalgrandepadana.it/ grandprix_quarta.asp E-mail: giullari@casalgrandepadana.it

Cornaredo (Milano) Riqualificazione di piazza della Libertà Il concorso ha per oggetto la riqualificazione della parte centrale della città, dal mantenimento della funzione storico-culturale alla prospettiva di immaginare un nuovo paese. In particolare le proposte progettuali dovranno fornire soluzioni per lo spazio antistante e di accesso all’edificio ex-Filanda, per la Piazza della Libertà e per le vie del centro storico The competition aims to the requalification of the central part of the city, from the keeping of the historical-cultural function to the perspective to imagine a new city. In details project proposals should furnish solutions for the space in front of the ex-Filanda building, for Piazza della Libertà and the streets of the historical center Scadenza/Deadline: 1/12 Per informazioni: Comune di Cornaredo Piazza Libertà 24 20010 Cornaredo (MI) Tel. ++39 02 932631 Fax ++39 02 93263213 E-mail: urbanistica@comune.cornaredo.mi.it

Faenza (Ravenna) Costruire per un’utenza reale Concorso Internazionale per la progettazione di spazi e/o attrezzature indirizzate alla creazione di ambienti con valenza universale e facilmente frequentabili da ogni utente International competition to project spaces and/or installations for the creation of universal habitats easily frequented by any user Scadenza/Deadline: 16/12 Primo Premio/1st Prize: 5.000 Euro Per informazioni: Gruppo Editoriale Faenza Editrice Via Pier De Crescenzi, 44 48018 Faenza (RA) Tel. ++39 0546 670411 Fax ++39 0546 660440 Internet: www.faenza.com E-mail: concorso@faenza.com

Fermignano (Urbino) Premio internazionale “Fabio Bertoni” per l’incisione Premio internazionale per incisori under 40 International award for young (under 40) engravers Scadenza/Deadline: 30/9 Monte premi/Toal prize money: 2.595 Euro Per informazioni: Informagiovani Comune di Fermignano Viale Martiri della Libertà 61033 Fermignano (PU) Tel./fax ++39 0722 331728 E-mail: infogfe@info-net.it

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Ferrara Premio “Architettura Sostenibile” Fassa Bortolo Il Premio “Architettura Sostenibile”, ideato e promosso dalla Facoltà di Architettura di Ferrara in occasione del Decennale della fondazione e da Fassa Bortolo, nasce dalla volontà di premiare e far conoscere a un ampio pubblico architetture che sappiano rapportarsi in maniera equilibrata con l’ambiente, che siano pensate per le necessità dell’uomo e che siano capaci di soddisfare i bisogni delle nostre generazioni senza limitare, con il consumo indiscriminato di risorse e l’inquinamento prodotto, quelli delle generazioni future The award “Sustainable Architecture”, created and promoted by the Architecture faculty of Ferrara for the 10th anniversary of foundation and by Fassa Bortolo, wants to prize and to make known to the public architectures well related to the environment, created for man’s needs and capable to satisfy the needs of our generations without limiting, with indiscriminate consumption of resources and pollution, those of future generations Scadenza/Deadline: 31/12 Per informazioni: Segreteria del Premio Via Quartieri 8 44100 Ferrara Tel. ++39 339 4979209 Fax ++39 0546 665150 Internet: www.premioarchitettura.it E-mail: segreteria@xfaf.it

Gallarate (Varese) Premio Nazionale Arti Visive Concorso nazionale per la realizzazione di un corridoio dell’arte nel centro urbano di Gallarate e per la progettazione grafica e comunicativa della XXI/XXII edizione del Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate Scadenza: 18/10 Monte premi: 25.000 Euro Giuria: Alberto Abruzzese, Marco Meneguzzo, Roberto Pinto, Giulio Zanella, Marina Bianchi Guenzani, Emma Zanella Per informazioni: Ufficio Concorsi di Progettazione XXI/XXII Edizione del premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate C/o Metamusa arte ed eventi culturali Via C.Battisti 9 21013 Gallarate (VA) Tel. ++39 0331 783630 Fax ++39 0331 777472 Internet: www.premiogallarate.it E-mail: info@premiogallarate.it

Genova Piazza Caricamento tra passato e futuro Il presente bando ha lo scopo di individuare un’idea progettuale per la trasformazione dell'area di Piazza Caricamento a Genova, nel quadro del più generale riassetto ambientale e funzionale del waterfront. Obiettivi principali del concorso sono: riconfigurare un ambito urbano che ha perduto, nel corso delle sue trasformazioni, il carattere connotativo specifico degli spazi collettivi della città; conferire un disegno compiuto all’ampio suolo neutro dove la città densa, attraverso l’orizzonte anomalo della strada sopraelevata, si affaccia sul paesaggio eterogeneo del Porto Antico

Ideas competition for a project for the transformation of the area of Piazza Caricamento in Genova, within a general functional and environmental rearrangment of the waterfront. Main objectives are: the recovery of a lost urban place which had lost, during its transformations, the specific character of a city's collective space; to confer a finished design to the space where the city faces the heterogeneous landscape of the ancient Port Scadenza/Deadline: 30/9 Per informazioni: Università degli Studi di Genova, Presidenza della Facoltà di Architettura Stradone S. Agostino, 37 16123 Genova

Lecce Arredo di Piazza Pertini e zone limitrofe Ai partecipanti si richiedono proposte progettuali per la definizione dell'arredo e la fruizione di Piazza Pertini, via Roma e zone limitrofe/Participants are requested to provide project proposals for the urban furnishing for Piazza Pertini, via Roma and surroundings Scadenza/Deadline: 25/9 Per informazioni: Comune di Presicce Via Roma 156 Lecce Tel. ++39 0833 726405 Fax ++39 0833 726170 Internet: www.comune.presicce.le.it

Milano Riqualificazione Giardini di Porta Nuova Progettazione paesaggistica dei Giardini di Porta Nuova nell'area Garibaldi - Repubblica/Landscaping project of the area called Porta Nuova Gardens - Garibaldi Repubblica Scadenza/Deadline: 10/9 Per informazioni: Segreteria del Concorso per Ufficio Concorsi di Progettazione del Comune di Milano Studio Se/Di/Ci (Service/Design/Communication) Tel. ++39 02 89423773, 02 89423781 Fax ++39 02 83201606

Concept Room/Progetta il tuo spazio Concorso per progettisti grafici, di prodotto e di interni e gruppi di progettisti (max.3 di età media non superiore ai 30 anni) per il progetto di un concept di spazio legato a una delle funzioni del vivere quotidiano dei giovani International competition open to young graphics, product and interior designers and groups of designers (max.3 with average age of 30 years), for a concept of a room space destined to one of the everyday life function of youngs Scadenza/Deadline: 15/9 Per informazioni: Aiap Viale Col di Lana 12 20136 Milano Tel. ++39 02 58107207 Fax ++39 02 58115016 Internet: www.conceptroom.org E-mail: info@conceptroom.org

Riabita 2003 Concorso nazionale per progetti recenti di ristrutturazione di cascine, casali e masserie Scadenza: 20/9 Monte premi: 8.500 Euro Giuria: Flavio Maestrini, Amedeo Bellini, Antonio Piva, Mario Federico Roggero, Fabrizio Schiaffonati, Cesare Stevan, Domenico Taddei

Per informazioni: Rima Editrice Viale Sarca 243 20126 Milano Tel./fax 02 66103539 Internet: www.rimaedit.it E-mail: rima@rimaedit.it

Modena Premio Oscar Goldoni 2003 Premio per il miglior libro di argomento fotografico edito in Italia dal 1 gennaio 2002 al 31 ottobre 2003/Award for the best photographic book published in Italy between January 1st, 2002, and October 31st, 2003 Scadenza/Deadline: 30/11 Monte Premi/Total prize money: 3.500 Euro Giuria/Jury: Walter Guadagnino, Filippo Maggia, Franco Fontana, Chiara Coronelli, Rocco Moliterni Per informazioni: Galleria Civica Premio Oscar Goldoni Corso Canalgrande 103 41100 Modena Tel. ++39 059 206890 Fax ++39 059 206932 Internet: www.comune.modena.it/galleria E-mail: galcivmo@comune.modena.it

Pesaro Abitare e Anziani Progettazione preliminare di abitazioni integrate e innovative con servizi per la terza età, finalizzate a sperimentare nuovi modelli abitativi, fondati sul sostegno e la solidarietà sociale, in grado di innovare i caratteri architettonici, tecnologici e gestionali delle case abitate da persone in età avanzata/Preliminary project for integrated and innovative living quarters with services and facilities for the third age, finalized to experiment new living models, based of sustainability and welfare, innovative as far as architectural, technological and mangerial characters Scadenza/Deadline: 15/9 Per informazioni: Villaggio dell’Amicizia Soc. Coop arl, Project Management Tecno Habitat Via Milazzo 28 61100 Pesaro Tel. ++39 0721 415596 Fax ++39 0721 452986 E-mail: tecnoh@tin.it

Roma L’abitazione gradevole e sicura L’ente, nell’ambito del progetto “Politiche sociali in favore degli Anziani”, bandisce il presente concorso per rendere l’abitazione gradevole e sicura, priva il più possibile di impedimenti al suo interno, modificabile, di facile raggiungibilità dall’esterno e integrata al suo intorno. Le idee presentate per la residenza devono essere quindi applicabili sia al patrimonio edilizio esistente sia alle nuove costruzioni e devono altresì essere concepite nella considerazione che una migliore fruibilità di un immobile costituisce un vantaggio irrinunciabile per tutti i componenti della collettività poiché tutti possono avere momenti più o meno prolungati di impedimento/The board, within the project “Welfare politics in favour of the Elderlies” announces a competition for pleasant and safe living quarters, without internal barriers, easy to reach from th outside and integrated with its surrndings. The project ideas should applied both to the existing real estate patrimony as well as to new constructions Scadenza/Deadline: 9/10

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AGENDA

+ europaconcorsi

Per informazioni: Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica Via Aldo Ballarin 42 00142 Roma Tel. ++39 06 51019259-8833 Fax ++39 06 51017048-88932; numero verde 800.10.5000 Internet: www.inpdap.it E-mail: prontoinpdap@inpdap.gov.it

Per informazioni: Departamento de Obras Pùblicas, Transportes y Comunicaciones Avenida San Ignacio, 3 5° Planta de Pamplona Tel. ++34 948 427736 Internet: www.cfnavarra.es/obraspublicas/

Utilizzo innovativo del tufo Concorso Internazionale per tesi di laurea, studenti iscritti all’ultimo anno e giovani architetti e ingegneri per progetti che applichino usi innovativi del tufo/International competition for degree thesis, students of the last year and young architects and engineers for innovative applications of tufus stone Scadenza/Deadline: 7/1/2004 Monte premi/Total prize money: 5.750 Euro Giuria/Jury: Gianfranco Carrara, Carlo De Vito, Ruggero Lenci, Ruggero Martines, Roberto Palombo, Marco Petreschi, Maurizio Sciotti, Silvano Susi, un rappresentante di Cave Riunite (sponsor)

Ampliamento del Parco del Alamillo Progetto per l’ampliamento del Parco del Alamillo situato al confine tra Siviglia e Santiponce/Project for the extension of Alamillo Park on the border between Siviglia and Santiponce Scadenza/Deadline: 15/9

Per informazioni: Segreteria Dipartimento Architettura e Urbanistica per l’Ingegneria (DAU) Via Eudossiana 18 00184 Roma Tel. ++39 06 44585916 Fax ++39 06 44585186 Internet: www.ruggerolenci.it E-mail: ruggero.lenci@uniroma1.it

Parco degli orsi L’ente banditore intende raccogliere proposte progettuali per la costruzione del recinto per il nuovo parco degli orsi a Berna. Il programma prevede la realizzazione del parco nella zona centrale della città. Inoltre sono attese anche delle soluzioni per il futuro utilizzo dell’attuale fossa degli orsi, un edificio sottoposto a vincolo di tutela/The awarding authority collects project proposals for the construction of a fence for the new bears'park in the center of Berna. The brief calls for the construction of the park in the central area of the city. Solution for the re-use of the present bears’ditch are requested Scadenza/Deadline: 30/9

Norvegia/Norway Bjergsted Auditorium nell’area di Bjergsted L’ente banditore è alla ricerca di soluzioni progettuali di elevata qualità architettonica e acustica per la costruzione di un auditorium nell’area di Bjergsted. Il programma prevede la realizzazione di una struttura con una superficie lorda di 12.800 mq, in grado di ospitare 2 sale: una da concerto per 1.400 posti e l'altra polifunzionale con una capienza variabile da 500 a 1.400 posti/Stavanger municipality shall construct a concert hall in the Bjergsted area near to the centre of Stavanger. The concert hall shall have a gross area framework of approximately 12 800 sq.m and shall house 2 different halls: 1 orchestra hall with 1,400 seating places and 1 multi purpose hall with varying capacity from 500-1,400 seating places. It is the municipality's ambition to have a building of high international standard both architecturally and acoustically Scadenza/Deadline: 17/10 Per informazioni: Norske Arkitekters Landsforbund, konkurransefunksjonær Josefinesgate 34 N-0351 Oslo Tel. ++47 23 33 25 00 Internet: www.arkitektur.no E-mail: per@arkitektur.no

Spagna/Spain Pamplona Stazione Ferroviaria per l’Alta Velocità Progetto per la sistemazione urbanistica per l’area della Stazione Ferroviaria per l’Alta Velocità Project for the urban rearrangement of the area of the High Speed Railways Station Scadenza/Deadline: 15/10

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Siviglia

Per informazioni: Secretaría del Concurso para la Ampliación del Parque del Alamillo Cortijo del Alamillo E-41092 Sevilla Tel. ++34 954 092000 Fax ++34 954 099224 E-mail: sec-alamillo@supercable.es

Wilmington DuPont Plunkett Awards Concorso internazionale per innovazioni e miglioramenti di prodotti già esistenti che incorporano componenti critici con i fluoropolimeri DuPont International competition for innovation and improvement of existing products incorporating critical components realized with DuPont fluoropolymers Scadenza/Deadline: 1/12 Monte premi/Total prize money: 28,500 US$ Per informazioni: DuPont Plunkett Awards Chestnut Run Plaza 702-1274A Wilmington, DE 19880-0702 Internet: www.Plunkett.Teflon.com

WEB Svizzera/Switzerland Berna

Per informazioni: Stadtisches Beschaffungsbüro p.A Stadtbauten-bern, Zieglerstr. 62, Postfach, 3000 Bern 14

USA Palisade Mountain (California) Rifugio alpino: Palisades Glacier Mountain Hut Gli enti banditori intendono raccogliere proposte progettuali per la realizzazione di un campo base da 6080 persone, presso il ghiacciaio della Palisades Mountain. La qualità del progetto vincitore dovrà risultare un prototipo per questa tipologia di strutture. Costo di costruzione: 1.500.000 $/International competition for the design of a 60 to 80-person wilderness base camp facility for overnight stays. The competition project site is near the trailhead leading to the Palisade Glacier in the Sierra Nevada Mountains of Central California. The winning design and its construction will have an international impact as a prototype for facilities that may be constructed in other parts of the world. In addition to the competition prize money, it is expected that the winning design team will enter into a contract offering professional compensation for this commission. The expected construction budget will be in the range of 1.5 million dollars Scadenza/Deadline: 5/12 Per informazioni: The University of California, Berkeley, College of Environmental Design Internet: ced.berkeley.edu/prizes_awards/ mounthut/competition_overview.htm E-mail: hut@uclink.berkeley.edu

Inside the Bathroom Concorso internazionale online di design per nuove soluzioni per l’arredamento del bagno/International online design competition for new solutions in the bath furniture Scadenza/Deadline: 30/9 Monte premi/Total prize money: 8.000 Euro Giuria/Jury: Elio Fiorucci, Oliviero Toscani, Luca Trazzi, Birgit Lohmann, Carlo Bassi, Giovanna Talocci, Ugo Volli Per informazioni: Internet: www.designboom.com

Affidamenti

Per i bandi completi www.europaconcorsi.com

Italia/Italy Alliste (Lecce) Elenco professionisti L’ente intende procedere alla predisposizione dell’elenco dei professionisti idonei per il conferimento di incarichi (per i settori specificati entro il limite di onorari entro i 40.000 Euro, senza prevedere limiti temporali). Gli elenchi saranno composti dalle seguenti distinte e in tipologie di lavori: opere stradali e infrastrutturali; edilizia civile; restauro beni architettonici; progettazione strutturale; progettazione impiantistica, ambiente (parchi, recupero ambientale, impianti depurativi, ecc.) Scadenza: 31/12 Per informazioni: Comune di Alliste Piazza Municipio 73040 Alliste (LE) Internet: http://web.tiscalinet.it/comunealliste

Brescia Elenco professionisti: indagini geognostiche L’ente intende affidare a soggetti, di cui all’art. 17 comma 1 lettere d), e), della legge n. 109/1994, gli incarichi di indagini geognostiche relativamente ai propri interventi costruttivi Scadenza: 31/12

Per informazioni: Aler di Brescia - Segreteria tecnica Tel. 030 2117760

Elenco professionisti: progettazione degli impianti L’ente intende affidare a soggetti, di cui all'art. 17 comma 1 lettere d), e), della legge n.109/1994, gli incarichi di progettazione degli impianti relativamente ai propri interventi costruttivi Scadenza: 31/12 Per informazioni: Aler di Brescia - Segreteria tecnica Tel. 030 2117760

Elenco professionisti: pratiche catastali L’ente intende affidare a soggetti, di cui all'art. 17 comma 1 lettere d), e), della legge n. 109/1994, gli incarichi di pratiche catastali relativamente ai propri interventi costruttivi Scadenza: 31/12 Per informazioni: Aler di Brescia - Segreteria tecnica Tel. 030 2117760

Elenco professionisti: progettazione delle strutture portanti L’ente intende affidare a soggetti, di cui all’art. 17 comma 1 lettere d), e), della legge n. 109/1994, gli incarichi di progettazione delle strutture portanti relativamente ai propri interventi costruttivi Scadenza: 31/12 Per informazioni: Aler di Brescia - Segreteria tecnica referente: Sig.ra Romelli Tel. 030 2117760

Elenco professionisti: coordinamento in materia di sicurezza L’ente intende affidare a soggetti, di cui all'art. 17 comma 1 lettere d), e), della legge n. 109/1994, gli incarichi di coordinamento in materia di sicurezza e di salute durante la progettazione dell’opera (CSP) e la realizzazione dell’opera (CSE) relativamente ai propri interventi costruttivi Scadenza: 31/12 Per informazioni: Aler di Brescia - Segreteria tecnica referente: Sig.ra Romelli Tel. 030 2117760

Castelfiorentino (Firenze) Elenco professionisti L’ente intende procedere alla predisposizione dell’elenco dei professionisti idonei per il conferimento di incarichi al di sotto di 40.000 Euro, per la progettazione, direzione lavori e consulenza in materia di Lavori Pubblici inseriti nel programma triennale 2001/2003 delle opere pubbliche Scadenza: 31/12 Per informazioni: Comune di Castelfiorentino Piazza del Popolo 1 Tel. 0571 6861 Internet: www.comune.castelfiorentino.fi.it E-mail: info@comune.castelfiorentino.fi.it

Cirò Marina (Crotone) Elenco professionisti Avviso di affidamento incarichi professionali di importo inferiore a 100.000 euro relativi allo svolgimento di prestazioni e attività tecnico amministrative per l’attuazione del programma triennale delle opere pubbliche Scadenza: 16/9 Per informazioni: Comune di Cirò Marina Tel. 0962/375120 Internet: www.comune.ciromarina.kr.it

AGENDA Cremona Elenco per l’affidamento di incarichi di consulenza L’ente banditore intende procedere alla formazione di un elenco di soggetti, diviso per competenze professionali, da cui attingere per l’affidamento di eventuali incarichi di consulenza. L’elenco sarà suddiviso secondo tipologie di prestazioni professionali, quali: a) Ingegneria civile; b) Ingegneria idraulica; c) Ingegneria urbanistica; d) Ingegneria ambientale e territoriale; e) Ingegneria gestionale; f) Ingegneria navale; g) Ingegneria dei trasporti (Sfruttamento vie d'acqua, trasporto merci, turistico); h) Ingegneria meccanica; i) Ingegneria elettronica; j) Ingegneria elettrotecnica; etc. Scadenza: 11/2/2006 Per informazioni: Azienda Regionale per i porti di Cremona e Mantova Via della Conca 3 26100 Cremona Tel. 037 2592011 Fax 037 2592048 Internet: www.po-seaway.com

Feltre (Belluno) Elenco professionisti per il comune di Feltre (gestione del patrimonio) Avviso per l’inserimento nell’elenco dei soggetti qualificati ad assumere incarichi fiduciari di importo stimato inferiore a 100.000,00 Euro. L’elenco avrà validità per tutte le opere comprese nel piano triennale delle opere pubbliche 2003-2005 e per quanto attiene alla tipologia d) ed e) per tutte le eventuali esigenze relative alla gestione del patrimonio Scadenza: 31/12 Per informazioni: Comune di Feltre P.tta delle Biade 1 32032 Feltre (BL) Tel.0439 8851 Fax 0439 885246 Internet: www.comune.feltre.bl.it E-mail: contratti@comune.feltre.bl.it

Elenco professionisti per il comune di Feltre (opere edili; restauro; arredo urbano) Avviso per l’inserimento nell'elenco dei soggetti qualificati ad assumere incarichi fiduciari di importo stimato inferiore a 100.000,00 Euro. L’elenco avrà validità per tutte le opere comprese nel piano triennale delle opere pubbliche 2003-2005, con riguardo alle seguenti categorie: opere edili; opere di restauro; arredo urbano; impianti tecnologici civili; impianti sportivi Scadenza: 31/12 Per informazioni: Comune di Feltre P.tta delle Biade 1 32032 Feltre (BL) Tel.0439 8851 Fax 0439 885246 Internet: www.comune.feltre.bl.it/ E-mail: contratti@comune.feltre.bl.it

Manziana (Roma) Elenco professionisti L’ente intende formare un Albo di Professionisti da utilizzare per servizi attinenti l’architettura e l’ingegneria, il cui importo stimato sia inferiore ai 100.000,00 Euro (ai sensi e per gli effetti dell’art. 17 comma 12 della legge 109/94) Scadenza: 31/12

+ europaconcorsi

Per informazioni: Comune di Manziana - Area lavori pubblici e ambiente L.go G.Fara 00066 Manziana (Roma) Tel. 06 9963672 Fax 06 99674021 Internet: www.comunedimanziana.it

Perugia Elenco professionisti L’Aur istituirà una Banca dati di tipo aperto per consulenti e collaboratori (persone fisiche) all’interno della quale individuare i soggetti ai quali conferire, in relazione al manifestarsi di specifiche necessità, incarichi di consulenza e collaborazione in varie forme contrattuali Scadenza: 29/4/2005 Per informazioni: Agenzia Umbria Ricerche Via M.Angeloni, 78 06124 Perugia Tel. 075 5045805

Pomezia (Roma) Elenco di professionisti Formazione di un elenco di professionisti abilitati ai fini dell’affidamento di incarichi professionali per servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria di importo inferiore a 100.000 Euro Scadenza: 31/12 Per informazioni: Comune di Pomezia Piazza Indipendenza 1 00040 Pomezia (RM) Tel. 06 91146251 Fax 06 91146236

Varese Elenco di professionisti e società: mappatura su ampia scala del registro fondiario (catasto). Ispra Formazione di un elenco di professionisti e società per: Studi intesi a valutare la messa in opera di programmi di mappatura su ampia scala e programmi del registro fondiario (catasto) nell'Unione Europea e nei Paesi candidati Scadenza: 11/4/2005 Per informazioni: Commissione europea, Direzione generale Centro comune di ricerca Sede di Ispra, Istituto per la protezione e la sicurezza dei cittadini, unità Supporto di gestione Att: F. Graham 21020 Ispra (VA) Tel. 0332 789154 Fax 0332 786243

Convegni e dibattiti Congresses and conferences

Argentina Rosario Universidad Nacional Sigradi 2003 Settimo congresso internazionale di grafica digitale/7th International congress of digital graphics 5/11-7/11 Per informazioni: Universidad Nacional de Rosario Sonia Carmena Internet: www.unr.edu.ar/sigradi2003 E-mail: sigradi2003@unr.edu.ar

Cile/Chile Santiago del Cile Universidad de Chile Plea 2003 Passive and Low Eenergy Architecture: Rethinking Development. Are we producing a people oriented habitat? 9/11-12/11 Per informazioni: Internet: www.plea2003.cl E-mail: plea2003@puc.cl

Germania/Germany Koln Congress Centrum Ost Kolnmesse 18th IAKS Congress Congresso internazionale sul progetto, costruzione, modernizzazione e gestione degli impianti sportivi e del divertimento/International congress for the design, construction, modernization and management of sports and leisure facilities 5/11-7/11 Per informazioni: Koelnmesse GmbH Messeplatz 1 50679 Köln Tel. ++49 0221 821-0 Fax ++49 0221 8212574 Internet: www.koelnmesse.de, www.koelnkongress.de E-mail: info@koelnmesse.de

Italia/Italy Bologna Palazzo dei Congressi Aluminium Days 6/11-7/11 Per informazioni: Segreteria Aluminium Days Orga.Pro Tel. ++39 051 6646624 Fax ++39 051 6646424 Internet: www.aluminiumdays.com E-mail: segreteria@on-nike.it

Firenze Università di Firenze-TAED Master Abita Master di secondo livello di Architettura Bioecologica e Innovazione Tecnologica Settembre/Luglio 2004September/July 2004 Per informazioni: Università di Firenze Dipartimento di Tecnologia e Design TAED-Centro Abita Via San Niccolò 89/a 50125 Firenze Tel. ++39 055 2491559-055 5048394 Fax ++39 055 2347152 Internet: www.unifi.it/unifi/abita/master.htm E-mail: abita@taed.unifi.it, marco_sala@unifi.it

Palagio di Parte Guelfa L’architettura tra presente e passato: l’architetto e l’artigiano del 2003 16/9-18/9 Per informazioni: A Design Alessandra Pironi Via P. Da Palestrina 7/9r 50144 Firenze Tel./fax ++39 055 332840 E-mail: alessandra@adesign.it

Image e Ospedale degli Innocenti Intimacy/7° Festival internazionale dell’architettura in video Incontri internazionali (2/10-5/10) e workshop 7/10-26/10

Per informazioni: Image Via Scipionie Ammirato 82 50136 Firenze Tel. ++39 055 666316 Fax ++39 055 6241253 Internet: www.architettura.it/image E-mail: image@architettura.it

Parma Auditorium Bancamonte Architettura/Europa: Temi e protagonisti dell’architettura europea Giorgio Grassi 13/10 Aimaro Isola 20/10 La qualità dell’architettura condivisa: committenza, progetto, impresa 28/10 Per informazioni: Università degli Studi di Parma Internet: www.unipr.it/arpa/cittaemi E-mail: cittaemilia@unipr.it

Palazzo Cusani Architettura/Europa: Temi e protagonisti dell’architettura europea. Scuola italiana di architettura: crisi, continuità, evoluzione. Teorici, critici e architetti a confronto 24/11-25/11 Per informazioni: Università degli Studi di Parma Internet: www.unipr.it/arpa/cittaemi E-mail: cittaemilia@unipr.it

Pescara Progetto Montesquieu-Rete di osservatori del paesaggio della Provincia di Pescara Seminario Internazionale di progettazione 18/10-25/10 Per informazioni: ACMA Centro Italiano di Architettura Via Antonio Grossich, 16 20131 Milano Tel. ++39 02 70639293 Fax ++39 02 70639761 Internet: www.acmaweb.com E-mail: acma@acmaweb.com

Svizzera/Switzerland Lugano Centro Civico Josep Acebillo ed Enrico Sassi – Architettura e turismo 14/9 Per informazioni: Claudio Visentin Project Manager Master in International Tourism Via Lambertenghi 10/A Lugano E-mail: clavis@lu.unisi.ch

USA New York The Westin NY Innovation Conferenza sui nuovi approcci alla costruzione e al progetto/Conference on new approach to construction and design 8/10-9/10 Per informazioni: Architectural Record Innovation Conference David Johnson Marketing and Business Development McGraw-Hill Construction Tel. ++1 212 9043934 Internet: www.mcgraw-hill.com E-mail: dave_johnson@mcgraw-hill.com

184 l’ARCA 105


AGENDA Orlando Gaylord Palms Resort 2003 Professional Design-Build Conference: The Magic of Integrated Services – Long Term Focus, Short Term Success 8/10-10/10 Per informazioni: DBIA Patrick Wilson Tel. ++1 202 4547535 Internet: www.dbia.org E-mail: pwilson@dbia.org

Mostre di architettura e design Architecture and design exhibitions

+ europaconcorsi

Nice Forum Coderch, un grand architecte méditerranéen 3/7-12/9 Les étudiants et la Ville 25/9-31/10 Pierre Falocci architecte 6/11-28/1/2004

Orléans Site de Subsistances Militaires Archilab 2003. Architectures Expérimentales 1950-2000 11/6-12/10 Frac Italie Radicale: Superstudio, Achizoom, UFO, Gianni Pettena, Franco Raggi, Andrea Branzi 11/6-12/10 Muséè des Beaux Arts Elfried Huth Günther Domenig 13/6-21/9

Austria Graz Haus der Architektur Graz An der Klippe. Herwig Illmaier, Architekt, 1957-2001 27/6-30/9

Vienna MAK Carlo Scarpa: The craft of architecture 9/4-14/9 Architekturzentrum Lacaton & Vassal. Beyond Form 26/6-6/10 Ring Turm Twentieth-Century Tuscan Architecture 10/7-3/10

Canada Montreal CCA Traces of India 15/5-14/9 Tangente - Alain Paiement 23/4-9/11

Danimarca/Denmark Humlebaek Louisiana Museum Renzo Piano: The Architect’s Studio 9/5-14/9

Francia/France Bordeaux Arc en rêve Bouge, Villes et Mobilités 3/7-14/9 Tramway 3/7-9/11

Chaumont sur Loire Festival International des Jardins: Mauvaise Herbe! 23/5-19/10

106 l’ARCA 184

Parigi IFA Alger, paysage urbain et architectures 25/6-14/9 Une provocation constructive, architecture contemporaine au Voralberg 25/6-14/9 VIA VIA/Les Labels 2003 5/9-12/10 Design et Sport 26/10-31/12

Germania/Germany Berlin Akademie der Kunste Gluck-Stadt-Raum. Europa 1945-2000 Fino al/through 1/12

Dessau Bauhaus Dessau Bauhausstil: Zwischen International Style und Lifestyle 23/5-16/11

Frankfurt am Main DAM Aldo Rossi 16/8-9/11 Schmitthenner 16/8-9/11

Mannheim Reiss-Engelhorn-Museen Helmut Striffler Architkekt Robert Höusser Fotograf 8/4-7/9

Gran Bretagna/Great Britain London Design Museum A Century of Chairs Fino al/through 26/10 Wild Silk 27/6-21/9 Hella Jongerius 5/7-26/10

When Flaminio Drove to France Flaminio Bertoni’s Designs for Citroën 1/8-12/10 Somewhere Totally Else - European Design Biennial 26/9-11/1/2004 The Building Centre Trust Gallery 50/50: Crowning Achievements – Future Prospects 24/6/2002-12/9 Canada House Highlights of New Landscapes: Design Transforms Canadian Furniture 28/2-26/9 The Royal Academy Kirchener 28/6-21/9 Craigie Aitchison 9/10-9/11 Illuminating the Renaissance 28/11-22/2/2004

Italia/Italy Aosta Chiesa di San Lorenzo La tradizione valdostana e il design contemporaneo 27/6-21/9

Roma Galleria Architettura Arte Moderna On Paper – Un disegno lungo tutta l’estate 16/6-13/9

Tolmezzo (Udine) Palazzo Frisacco Stefano Cagol: Meta-ArchitettureLandsapes & Visions 20/7-7/9

Verona Photo Studio Maurizio Marcato Tutto in una notte: per un manifesto metropolitano di progettazione e comunicazione visiva 20/9

Vicenza Palazzo Barbaran da Porto Vincenzo Scamozzi intellettuale architetto (1548-1616) 4/9-8/1/2004

Olanda/Holland Groningen

Biblioteca Regionale Architettura moderna alpina: la Valle d’Aosta da Gio Ponti a Carlo Mollino 11/7-12/10

Groninger Museum Tea & Coffee Towers en City of Towers 7/6-14/9

Bologna

Rotterdam

Quartiere Fieristico Alumotive, l’alluminio nei trasporti 6/11-8/11

Ferrara Casa Biagio Rossetti/Musarc Together/Insieme: prove d’autore per la pace 27/6-23/11

Firenze Image Intimacy/Beyond Media7° Festival internazionale di architettura in video 3/10-26/10

Milano Triennale Periferie e nuove urbanità 19/6-26/10 Piero Portaluppi 23/9-21/12 ISAD ISAD Project: Abitare lavorare costruire 12/6-26/9 Castello Sforzesco La Collezione Sambonet: cucchiaio, forchetta e coltello dal XVI al XX secolo 19/6-7/9

NAI Asymptote: The Works of Hani Rashid & Lise Anne Couture 27/9-18/1/2004

Spagna/Spain Barcellona Circulo de Bellas Artes Oscar Tusquets Blanca. The Labyrinth, architecture, design and art 15/7-15/9

Svizzera/Switzerland Lugano Museo Cantonale d’arte La cultura architettonica italiana in Russia da Caterina II ad Alessandro I 5/10-11/1/2004 Dal mito al progetto. La cultura architettonica dei maestri italiani e ticinesi nella Russia Neoclassica 5/10-2/2/2004

Mendrisio

AGENDA USA Chicago Art Institute Aerospace Design: The Art of Engineering from NASA’s Aeronautical Research 2/8–8/2/2004 Museum of Contemporary Art Garofalo Architects: Between the Museum and the City 3/5-1/10 Thomas Struth: Picturing the World 28/6-28/9

+ europaconcorsi

Washington

Humlebaek

Nice

National Building Museum Saving Mount Vernon: The Birth of Preservation in America Fino al/through 21/9 Of Our Time: 2002 GSA Design Awards Fino al/through 19/10

Louisiana Musuem Roy Lichtenstein 22/8-11/1/2004 Thomas Demand 10/10-14/12

Musée d’art moderne et contemporain Arte Povera: photographies de Paolo Mussat Sartor 14/6-7/9 Pier Paolo Calzolari 14/6-30/10 Margaret Michel/Bernard Venet 31/10-7/12

Mostre d’arte Art Exhibitions

Collezione Rokkedal Passione, l’arte americana più innovativa 5/7-14/9

Francia/France

Denver

Arles

Art Museum US Design 1975-2000 19/6-28/9 20th Century Design: Breaking All the Rules fino al/through 31/12

Atelier SNCF Faits et gestes 5/7-15/9

Los Angeles MAK MAK Salon 15/6-15/9 Sound. At the Schindler House 15/6-15/9

New York Cooper-Hewitt Design Museum National Design Triennial: Inside Design Now 22/4-25/1/2004 Museum of Arts & Design USDesign 1975-2000 19/6-28/9 The Museum of the City of New York Harlem Lost and Found 3/5-4/1/2004 Central Park in blue 10/5-28/9 Austrian Cultural Forum A Design Now – Contemporary Design in Austria 6/6-20/9 Van Alen Institute Open: New Designs for Public Spaces 12/6-31/10

Austria Graz Landesmuseum Joanneus Natur Im Bild - Landschaftsmalerei des 19. Jhds. aus der Sammlung der Neuen Galerie 7/4-16/11 Kopfreisen-Jules Verne, Karl May und Andere Grenzgänger in der Kunst 12/4-31/10

Linz Varie sedi Ars Electronica 2003: Code-The Language of Our Time 6/9-11/9

Vienna Kunsthistorisches Museum Parmigianino e il Manierismo europeo 4/6-14/9 Kunstforum Picasso/Chagall/Jawlensky 4/9-30/11 Roy Lichtenstein 11/12-7/3/2004 MAK Kurt Kocherscheidt: The continuing image 25/6-5/10 Künstlerhaus Abstraction Now 29/8-28/9

Pasadena Museum of California Art California Design Biennial 2003 21/6-13/9

Pittsburgh The Heinz Architectural Center The Architecture of Herzog & de Meuron: Natural History 14/6-7/9

Canada

Collection Lambert Coollustre 25/5-28/9

Musée des Beaux Arts Raoul Dufy, un autre egard 5/7-28/9

Palais des Papes Esprits des lieux 27/6-12/10

Musée International d’Art Naïf Anatole-Jakovsky Têtes à Têtes 25/6-3//11

Grenoble Magasin Jim Shaw Lidwien Van De Ven Fino al/through 14/9

Lille Musée d’art moderne Lille Métropole Les Chemins de l’art brut 13/9-17/11 Hommage à Maurice Jardot 30/10-17/11 Robert Filliou, génie sans talent 6/12-30/3/2004

Lyon Biennale d’art contemporain de Lyon : C’est arrivé demain 18/9-4/1/2004

Marseilles Musée des Civilisations de l’Europe et de la Mediterranée Parlez-moi d’Alger : Alger-Marseille, sept siècles de magnétisme 7/11-15/3/2004

Museum of Fine Arts Eclectic Clay 26/2-12/10 Françoise Sullivan 19/6-5/10 Gabor Osz: The Liquid Horizon 11/9-30/11 Global Village: The 60s 2/10-18/1/2004 James Wilson Morrice and His Approach to the European Landscape 23/10-29/2/2004

Le Lieu Unique Cinéma/Liberté 28/6-5/10 Actifs Réactivs 26/6-21/9

Certosa di San Lorenzo Le opere e i giorni 20/7-30/9

Padova

Zurigo

San Francisco

Arken

Palazzo Antico Ghetto Riciclando 1/10-5/10

Museum für Gestaltung Gottfried Semper (1803-1879) 1/11-25/1/2004

SFMoMA Roy/Design Series 1 19/4-7/9

Arken Museum Helmuth Newton 13/9-18/1/2004

Nevada Museum of Art Contemporary Architecture by Will Bruder 24/5-26/10

Danimarca/Denmark

Galerie Sainte-Reparate Champollion 15/7-31/10

Avignone

Nantes

Reno

Galerie des Ponchettes Equations et saturations, peintures 18/6-21/9 Septembre del photo 15/9-15/10

Musée de Paleonthologie Humaine Les femmes préhistoriques : Eves et rêves, le retour Fino al/through 24/2/2004

Montreal

Archivio del Moderno Accademia di Architettura Dal mito al progetto. La cultura architettonica dei maestri italiani e ticinesi nella Russia Neoclassica 5/10-2/2/2004

Padula (Salerno)

Sophienholm

Musée des Beaux Arts L’état des choses 28/6-12/10 Chapelle de l’Oratoire Christia Boltanski. Les Ombres 1984 28/6-12/10 Château des Ducs de Bretagne Un tableau dans le décor. Peintutres 1970-2000 28/6-12/10 Daniel Buren. Chemin faisant 28/6-12/10

Musée National Picasso La Guerre et la Paix Sarkis 14/6-10/11 Musée National Message Biblique Marc Chagall Celebrazione per i trent’anni del museo Fino al/through 10/11

Paris Centre Pompidou La Dation Brancusi 25/6-15/9 Jacques Henri Lartigue, 1894-1986 l’album d’une vie 4/6-22/9 Pierrette Bloch 25/9/2002-31/12 La culture pour vivre, de Georges Braque à Aurélie Nemours 25/9/2002-30/12 Grand Palais Gauguin-Tahiti 4/10-19/1/2004 Edouard Vuillard 25/9-5/1/2004 Musée du Louvre La Métamorphose du Louvre 17/1-29/9 Tanagra 19/9-5/1/2004 L’esprit créateur de Pigalle à Canova : terres cuites européennes 1740-1840 19/9-5/1/2004 Jeu de Paume La clé des champs et Arthur Bispo do Rosario 8/7-28/9 Zao Wou Ki 14/10-7/12 Nam June Paik-Kim Tschang Yeul 22/12-22/2/2004 Centre National de la Photographie Valie Export Christelle Familiari 10/9-24/11

184 l’ARCA 107


AGENDA Philippe Durand 22/10-24/11 Maison Européenne de la Photographie Sarah Moon Jim Dine Sandrine de Nicolay 25/6-14/9 Musée Carnavalet Plantu sculpture et dessin 28/5-26/10 Fondation Cartier Yanomani Spirit of the Forest 14/5-12/10 Musée National Eugène Delacroix Hommage aux amis du Musée : Dans l’intimité du maître 13/6-15/9 Musée d’Orsay Les origines de l’abstraction 3/11-23/2/2004 Musée National des Arts AsiatiquesGuimet Confucius 28/10-9/2/2004 Boulevard des Italiens Fête des Beaux Arts à l’Opéra 10/9-14/9

Saint-Germain-en-Laye Musée des Antiquités Nationales Tombes a Char – Princesses Celtes en Lorraine 4/4-29/9

Strasbourg Musée d’art contemporain Bandes à part : le cinéma dans l’art contemporain 27/6-12/10 Villa Geiner Du côté de chez soi 27/6-12/10 La Chaufferie Absalom. Dispositions 27/6-12/10 CEAAC Paysages 27/6-12/10

+ europaconcorsi

Gran Bretagna/Great Britain Glasgow Gallery of Modern Art SANCTUARY – Contemporary Art and Human Rights 10/4-30/9

Liverpool Tate Paul Nash 23/7-19/10

London Tate Modern Realism in the Twentieth Century Photograph 5/6-7/9 Tate Britain Wolfgang Tillmans 6/6-14/9 Bridget Riley 26/6-28/9 Gilbert Collection The Art of Chess from Fabergé to Hirst 28/6-28/9

Portsmouth Aspex Visual Arts Trust/Gallery Nick Crowe & Ian Rawlison 6/9-18/10 The arden of den – Faisal Abdu’ Allah 8/11-20/12

St-Yves Tate Pier Arts Centre Collection 8/2-25/1/2004

Israele/Israel Jerusalem The Israel Museum M.C.Escher: Prints and Drawings 15/7-31/10

Italia/Italy Germania/Germany Berlin Berlin Messe Art Forum Berlin 2003 1/10-5/10

Bonn Kunst und Austellungshalle der Bundesrepulik Tony Cragg – Signs of Life 23/5-5/10 Soul and Beauty of Japan – Masterpieces from the Tokyo National Museum 29/8-26/10

Alba (Cuneo) Fondazione Ferrero Tesori dal Marchesato Paleologo 19/10-8/12

Ancona Mole Vanvitelliana Mirò-Le meraviglie Fino al/through 5/10

Arezzo Palazzo Comunale Leonardo genio e cartografo 21/6-30/9

Frankfurt am Main

Aosta

Schirn Kunsthalle At Your Own Risk 27/6-7/9 Paul Klee: 1933 18/9-30/11

Tour Fromage Da cima a fondo 23/11/2002-7/9

Munchen

Centro Saint-Bénin, Aosta Felice Casorati. La strategia della composizione 19/4-7/9

Haus der Kunst Grotesque! 150 Years of Insolent Art 27/6-14/9

Museo Archeologico egionale Marino Marini. Sculture e dipinti 20/6-26/10

108 l’ARCA 184

Divisionismo piemontese. Da Pellizza a Balla 20/6-26/10

Belluno Palazzo Crepadona Da Van Gogh a Picasso. Capolavori del diseno francese del XIX e XX secolo dal County Museum of Art di Los Angeles 11/10-7/3/2004

Bergamo Museo di Scienze Naturali Ennio Bertrand: Bergamo sottosopra 1/7-20/9 Accademia Carrara Fra’ Galgario. Le seduzioni del ritratto nel ‘700 europeo 2/10-11/1/2004

Bologna Galleria d’Arte Moderna Viaggio in Italia: Inge Morath a Venezia 26/6-28/9

Bolzano Galleria Civica Piazza Domenicani Gli eredi della solitudine: un ritorno (1973-2003), foto di Flavio Faganello 21/6-5/10

Caserta

Lucca

Reggia Segni del Novecento. La donazione Neri Pozza alla Fondazione Giorgio Cini, disegni, libri illustrati, incisioni 8/12-31/1/2004

Fondazione Ragghianti La scena di Puccini – L’immaginario visuale e l’opera 20/9-11/1/2004

Castiglioncello (Livorno)

Palazzo Ricci Europa e Cina alla Corte dei Ming 19/7-5/10

Castello Pasquini Silvestro lega, da Bellariva al Gabbro 19/7-19/10

Conegliano (Treviso) Palazzo Sarcinelli Da Corot a Monet: opere impressioniste e post-impressioniste 12/10-7/3/2004

Dronero (Cuneo) Museo Luigi Mallé Stephen Roach: Immagini di Dronero 1/6-28/9

Faenza (Ravenna)

Museo Ken Damy Nino Migliori: Pop Up 10/5-7/9

Palazzo dei Diamanti Degas e gli Italani a Parigi 14/9-16/11

Busto Arsizio (Varese)

Firenze

Fondazione Bandera per l’Arte Ernesto Treccani e gli artisti di “Corrente” 25/10-29/1/2004

Palazzo Medici Riccardi Stanze segrete – stanze scomparse 25/3-28/9

Cagliari

Forte Belvedere Orizzonti 3/7-26/10

Centro Sperimentale per le Arti Contemporanee Giorgio Ramella: Verso Oriente 1/6-28/9 India: Grecia dell’asia. Tesori del Subcontinente indiano dal III millennio a.C. al XIX secolo d.C. 28/62/11

Marsala (Trapani)

Matera

Ferrara

Caraglio (Cuneo)

Casa del Mantegna Il mito della velocità. L’arte del movimento 11/5-28/9

Chiesa di san Francesco Le stanze del notaio: dalle raccolte di Francesco Duranti, Perugino 2/8-15/10

Brescia

Lazzaretto di Sant’Elia Immagini della Primavera: erotismo e bellezza nelle stampe giapponesi dl periodo Tokugawa 15/6-14/9

Mantova

Corciano (Perugia)

Museo d’Arte Moderna e Contemporanea Eija-Liisa Ahtila 21/9-4/1/2004

Castel San Michele Da Tiziano a De ChiricoLa ricerca dell’identità 21/6-21/9

Macerata

Convento del Carmine Gli anni del Pro e il Contro 21/7-31/10

Museo Internazionale della ceramica 53ª Concorso Internazionale della Ceramica d’Arte Contemporanea 24/5-31/12 Il secolo d’oro della maiolica. Ceramica italiana dei secoli XV e XVI dalla Raccolta del Museo Statale dell’Ermitage 7/6-26/10

Galleria Civica Gli eredi della solitudine 21/6-5/10

AGENDA

Galleria Moretti Da Ambrogio Lorenzetti a Sandro Botticelli 27/9-29/11

Fossombrone (Pesaro) Quadreria Cesarini Anselmo Bucci (1887-1955) 13/4-9/11

Genova Villa Croce In faccia al mondo. Il ritratto contemporaneo nel medium fotografico 28/6-23/9

Chiese Rupestri Madonna della Virtù e San Nicola dei Greci Antonietta Reale 5/7-30/9

Merano (Bolzano) KunstMeran Meta.fisica: Arte e filosofia da De Chirico all’Arte Povera 11/9-6/1/2004

Milano Iermonti Gallery Dennis Oppenheim. Body & Land Art 13/5-30/9 Galleria Eclettica Gaetano Fracassio: di cose e di sensi 15/5-30/9 PAC Yinka Shonibare - Double Dress 26/6-14/9 Laurie Anderson. The Record of the Time 11/11-31/1/2004 Centre Culturel Français Anne Marie Jugnet et Alain Clairet: F.W.J. Chiara Camoni: Sopra, sotto, davanti, dietro 16/9-25/10 Società Umanitaria Un lavoro a regola d’arte 30/9-13/10

Napoli Fondazione Morra- Palazzo dello Spagnolo Luca Maria Patella Fino a settembre/through September Castel Sant’Elmo Eugenio Giliberti 25/6-5/10

Padova

Gubbio (Perugia)

Palazzo Zabarella I Macchiaioli 1848-1870. Prima dell’Impressionismo 27/9-8/2/2004

Palazzo Ducale Collezione Panza di Biumo Fino al/through 4/12

Palazzo dell Ragione La Grande Svolta – Gli Anni ‘60 1/6-19/10

+ europaconcorsi

Museo Diocesano I colori del Sacro. La Creazione 6/12-28/3/2004

Palermo Albergo delle Povere Da Tiziano a De ChiricoLa ricerca dell’identità 11/10-11/1/2004

Pergine Valsugana (Trento) Castelpergine Idee nello spazio.Eduard Habicher 13/4-3/11

Predappio (Forlì) Casa natale Mussolini Bibendum 1900-1950. Il gesto del bere nell’arte del ‘900 19/4-7/9

Rimini Castel Sismondo La Sistina e Michelangelo: storia fortuna di un capolavoro 24/8-16/11

Roma Galleria Nazionale d’Arte Moderna Segni del Novecento. La donazione Neri Pozza alla Fondazione Giorgio Cini, disegni, libri illustrati, incisioni 30/9-23/11 MACRO - Museo d'Arte Contemporanea di Roma - ex Fabbrica Peroni Simon Starling 7/6-14/9 Cecily Brown 7/6-14/9 Tony Cragg 7/6-14/9 Istituto Superiore di Fotografia Mostra di Fine Anno 3/7-30/9 Istituto Polacco Concetto-forma – Poesia Concreta: Antologica dell’artista Stanislaw Drózdz 30/5-30/9 Castel Sant’Angelo Europa e Cina alla Corte dei Ming 23/10-11/1/2004

Rovereto (Trento) MART Scultura lingua morta 28/10-14/12 Situazione Trentino Arte 2003 19/9-19/10 Giulio Paolini “interpreta la collezione permanente” 19/12-31/4/2004 La montagna. Da Durer a Warhol tra arte e scienza 14/12-18/4/2004

Sarmede (Treviso) XXI Mostra internazionale dell’illustrazione per l’infanzia 25/10-21/12

Torino Fondazione Sandretto Re Rebaudengo How Latitutdes Become Forms: Art in a Global Age 6/6-14/9

Trento Castello del Buonconsiglio Rifiorir d’antichi suoni. Tre secoli di pianoforti 21/6-19/10

Treviso Casa dei Cararesi I colori del Sud da Cézanne a Bonnard 11/10-7/3/2004

Varese Scuderie di Villa Panza Nobu et Elba. I quadri neri di Giovanni Frangi 6/9-5/10 Villa Menafoglio Litta Panza Capucci 10/5-21/9

Venezia Varie Sedi 50a Biennale d’Arte: Sogni e Conflitti, la dittatura dello spettatore 15/6-2/11 Arsenale-Chiostro San Francesco della Vigna Kuma Luce in Estremo Oriente 12/6-2/11 Museo Correr Pittura/ Painting: Da Rauschenberg a Murakami, 1964-2003 16/6-2/11 Fondazione Bevilacqua La Masa Marlene Dumas – Suspect 12/6-25/9 Museo di Sant’Apollonia Robert W.Firestone: Adventure of Images 2003 12/6-2/11

Verona Palazzo Forti La creazione ansiosa: Van Gogh, Schiele, Bacon, Kiefer 12/9-11/1/2004 Museo di Castelvecchio Louis Dorigny (1654-1742), un pittore della corte francese a Verona 28/6-2/11

Olanda/Holland Rotterdam Kunsthal Isamu Noguchi sculptural design 17/5-7/9

Schiedam Stedelijk Museum Schiedam CoBrA 30/3-28/9

Tilburg De Pont Foundation for Contemporary Art Erik Andriesse, works on paper 17/5-14/9

Repubblica di San Marino San Marino Republic San Marino Galleria d’arte moderna James Brown – Opere contro natura 13/7-9/9

Spagna/Spain Bilbao Guggenheim Museum Bilbao Jasper Johns to Jeff Koons: Four Decades of Art from the Broad Collections 15/2-7/9 Alexander Calder Fino al/through 1/11

Madrid Museo Reina Sofia Francesc Català Roca 20/5-8/9 Francis Alys 27/5-18/9 J.Lasker 5/6-8/9 Jesse Fernandez 10/6-22/9 Rafael Alberti 16/9-24/11 Jeremy Blake 18/9-2/11 Martin Parr 22/9-8/12 Joan Rebull 29/9-19/1/2004 Burle Marx 2/10-15/12 Le Tan 14/10-19/1/2004 Uslé 16/10-12/12004 Isidro Blasco 11/11-4/1/2004 Hanna Höch 16/12-29/2/2004 Centro Cultural Conde DuqueMedialabmadrid Banquete 24/9-23/11

Valencia Varie sedi Biennale di Valencia: La Città ideale 8/6-30/9 Ivam Marjetica Potrc- Urban Negotiation 22/5-7/9

Svizzera/Switzerland Basilea Museum Jean Tinguely Ivan Puni & The Herzog Collection 11/4-28/9

Bellinzona Museo Villa dei Cedri Serge Brignoni (1903-2002) 2/10-6/1/2004

Ligornetto Museo Vela Petra Weiss 7/9-23/11

184 l’ARCA 109


AGENDA

+ europaconcorsi

Locarno

Los Angeles

Pinacoteca Casa Rusca Italo Valenti (1912-1995) – Antologica 14/9-21/12

County Museum of Art Modigliani & the Artists of Montparnasse 29/6–28/9 Old Masters, Impressionists, and Moderns: French Masterworks from the Pushkin Museum, Moscow 27/7–13/10

Lugano Galleria Gottardo Paesaggio spirituale – Franz Marc: un bestiario 17/9-29/11

Martigny Fondation Pierre Gianadda Leonardo da Vinci, inventore 12/4-19/10 Paul Signac 18/6-23/11 Albert Anker 19/12-31/5/2004

Uruguay Montevideo Museo Nacoinal de Artes Visuales Geo-metrìas: Latin American Geometric Abstraction from the Collecciòn Cisneros 4/7-25/10

USA

Miami Miami Beach Art Basel 4/12-7/12 The Wolfsonian–Florida International University Close Up in Black: African American Film Posters 26/4-17/5 Weapons of Mass Dissemination: The Propaganda of War 13/9–21/3/ 2004 Tokyo: The Imperial Capital 22/11–2/5/ 2004

Minneapolis Minneapolis Institute of Art Walker Evans Fino al/through 14/9 Making Waves: The Vanguard Radio 1920–1950 Fino al/through 3/10

Bellevue

New York

Art Museum Bounce 14/6-14/9 In Through the Out Door 14/6-14/9 Clay Body 16/8-19/10

Guggenheim Kazimir Malevich: Suprematism 22/5-4/9 Picasso to Pollock: Classics of Modern Art 4/7-28/9

Boston Museum of Fine Arts Visions and Revisions: Art on Paper since 1960 2/4-21/9 John Currin Selects 14/5-4/1/2004 Thomas Gainsborough, 1727-1788 15/6-14/9

Chicago Museum of Contemporary Art Franz Ackermann: The Waterfalls Fino al/through 28/9 Chicago Art Institute On or Off the Wall: An International Selection of Tapestries and Carpets, 1920s–1970s 14/5-8/2/2004 The Wilds of the West 16/6–13/10 Unknown Maker: The Art of the American Daguerreotype 21/6–28/9 Window on the West: Chicago and the Art of the New Frontier, 1890–1940 28/6-13/10

Denver Art Museum Secrets from a Chinese Garden Fino al/through 28/9 Sargent and Italy 21/6-21/9

Whitney Museum of American Art Pictures from Within: American Photographs, 1958–2003 24/5-21/9 Louise Bourgeois: The Insomnia Drawings 14/6-21/9 The American Effect 3/7-12/10 Sarah Sze: The Triple Point of Water 3/7-9/10 Ellsworth Kelly: Red Green Blue 2/8-2/11 The Metropolitan Museum of Art Roy Lichtenstein on the roof 2/5-2/11 Great Waves: Chinese Themes in the Arts of Korea and Japan fino al/through 21/9 New Museum José Antonio Hernández-Diez 11/7-21/9 Black President: The Art and Legacy of Fela Anikulapo-Kuti 11/7-28/9

Museum of Contemporary Art (Downtown) Mariners & Mandarins: Seafaring and the Arts of the China Trade 9/3-14/9 Mingei International Museum Heirlooms of the Future: Art of Contemporary American Designer Craftsmen 10/6-19/10 Mingei of Japan - The Legacy of Its Founders: Soetsu Yanagi, Shoji Hamada and Kanjiro Kawai 29/6-25/1/2004 Origami Masterworks: Innovative Forms in the Art of Paper Folding 28/9-25/1/2004 George Nakashima Woodworker 23/11-30/5/2004

San Francisco San Francisco Museum of Modern Art (SFMoMA) ROY/design series 1 Fino al/through 7/9 Philip Guston Retrospective 28/6-28/9 Marc Chagall 26/7-4/11 Diane Arbus retrospective 25/10-8/2/2004 The Photographs of Reagan Louie: Sex Work in Asia 4/9-7/12

St.Louis Contemporary Art Museum A Fiction of Authenticity: Contemporary Africa Abroad 20/9-3/1/2004

West Lafayette (Indiana) Stewart Center Gallery Sky, Blue, Heavens 1/9-12/10

West Palm Beach Norton Museum of Art A Brush with Nature: The Gere Collection of Landscape Oil Sketches 11/10-4/1/2004 Cross Currents: Neuberger Berman Collection 18/10-28/12 Hollywood Glamour Photography: Ruth Harriet Louise at MGM 3/11-18/1/2004

Fiere e saloni specializzati Trade fairs and exhibitions

Phoenix Art Museum Rudi Gernreich, Peggy Moffitt and William Claxton 28/5-14/9 Seven 28/6-2/11 Sculpture in Silk: Costumes from Japan’s Noh Theater 27/7-21/9

Las Vegas

San Diego

Guggenheim American Pop Icons 15/5-2/11

Museum of Art The Sculptures of Edgar Degas 28/6-28/9

110 l’ARCA 184

Modern European Works on Paper 23/8-14/12

Brasile/Brazil Sao Paulo Feira Techtextil South America Salone internazionale del tessile tecnologico/International trade fair of technological textiles 11/11-13/11

Per informazioni: Messe rankfurt Katrin Klepsch Tel. ++49 69 75755822 Fax ++49 69 75756950 Internet: www.messefrankfurt.com E-mail: katrin.klepsch@messefrankfurt.com

Canada Toronto International Centre Canadian Public Works Expo Salone internazionale dell’edilizia nei lavori pubblici/International trade fair of public works and building industry 3/12-4/12 Per informazioni: Lee Baker Tel. 888-253-1718, ++1 416-398-2786 Internet: www.exposition.com E-mail: leebaker@exposition.com

Francia/France Paris Paris Expo-Porte de Versailles FIAC Salone internazionale dell’arte contemporanea/International trade fair of contemporary art 9/10-13/10 Per informazioni: Reed Expositions France 70 rue Rivay 92532 Levallois Perret Tel. ++33 1 47565102 Fax ++33 1 47560818

Batimat Salone internazionale dell’edilizia/International building exhibition 3/11-8/11 Per informazioni: Batimat Reed Expositions France 70 rue Rivay 92532 Levallois Perret Tel. ++33 1 47565102 Fax ++33 1 47560818 Internet: www.batimat.com E-mail: info@batimat.com

Paris Nord-Villepinte Maison&objet Salone internazionale della decorazione della casa e degli accessori/International trade fair of home decoration and accessories 5/9- 9/9 Per informazioni: Salons Français et Internationaux (SAFI) 4 passage Roux - 75850 Paris cedex 17 Tel. ++33 01 44 29 02 00 Fax ++33 01 44 29 02 01 Internet: www.maison-objet.com E-mail: info@maison-objet.com

NOW! >Design à vivre Salone internazionale professionale del design per la casa/International professional trade fair of design for homestyle 5/9-9/9 Per informazioni: Salons Français et Internationaux (SAFI) 4 passage Roux - 75850 Paris cedex 17 Tel. ++33 01 44 29 02 00 Fax ++33 01 44 29 02 01 Internet: www.maison-objet.com E-mail: info@maison-objet.com

Pollutec Salone internazionale delle attrezzature, tecnologie e servizi per l’ambiente International trade fair of equipment, technologies and services for the environment 2/12-5/12

AGENDA Per informazioni: Reed Expositions France 70 rue Rivay - 92532 Levallois-Perret Cedex Tel. ++33 01 47 56 50 00 Fax ++33 01 47 56 14 40 Internet: www.reedexpo.fr, www.pollutec.fr E-mail: info@reedexpo.fr

+ europaconcorsi

International trade fair of control networks in buildings, traffic and industry 15/10-16/10 Per informazioni: Internet: www.lonworldexpo.com

Gran Bretagna/Great Britain Germania/Germany Francoforte Messe Material Vision Salone e conferenza internazionale sui nuovi materiali per l’architettura e il design/International trade fair and conference on new materials for design and architecture 30/10-31/10 Per informazioni: Messe Frankfurt Internet: www.messefrankfurt.com

Koln Messe Entsorga Salone internazionale dell’ambiente/The global environmental trade fair 23/9-27/9 Per informazioni: www.entsorga.com

Art Cologne Salone internazionale dell'arte/International art fair 29/10-2/11 Per informazioni: www.artcologne.de

FSB Salone internazionale degli impianti sportivi, dei luoghi di divertimento e delle piscine/International trade fair for amenity areas, sports and pool facilities 5/11-7/11 Per informazioni: www.fsb-cologne.de

imm cologne Salone internazionale del mobile/International furniture fair 19/1/2004-25/12004 Per informazioni: www.imm-cologne.de

Munchen Messe Ceramitec 2003 9° Salone Internazionale dei Macchinari, Apparecchiature, Impianti, Procedimenti e Materie Prime per la Ceramica e la Metalceramica/9th International trade fair of equipment, plants, processes and materials for ceramics and metalceramics 16/9-20/9 Per informazioni: www.ceramitec.de

Materialica 2003 7° Salone Internazionale dei Materiali, Procedimenti e Applicazioni Innovativi con Congresso Materials Week/7th International trade fair of innovative materials, processes and applications with Materials Week Conference 16/9-18/9 Per informazioni: www.materialica.de

LonWorld 2003 Salone internazionale delle reti di controllo negli edifici, nell’industria e per il traffico

London ExCel Conference Centre Docklands Waterfront Expo 2003 22/10-23/10 Per informazioni: Media Generation Events Hammerain House Hookstone Avenue Harrogate HG2 8ER Tel. ++44 2380 262931 Internet: www.waterfrontexpo.com E-mail: markbeaumont@mediageneration.co.uk

Italia/Italy Bologna Fiera Cersaie Salone internazionale della ceramica per l’edilizia e l’arredo bagno/International trade fair of ceramics for building and bath furniture 30/9-5/10 Per informazioni: Edilcer Tel. ++39 0536 804585 PROMOS P.O.Box 103 40050 Centergross - Bologna Tel. ++39 051 6646000 Fax ++39 051 862514 Internet: www.cersaie.it E-mail: pressoffice@cersaie.it, info@edicer.it

Saie Salone internazionale dell’industrializzazione edilizia/International trade fair of building industry 15/10-19/10 Per informazioni: Bologna Fiere Tel. ++39 051 282111 Internet: www.saie.bolognafiere.it E-mail: saie@bolognafiere.it

Erba (Como) Centro Espositivo Lariofiere 30° Mostra Mercato dell’artigianato 27/9-5/10 Per informazioni: ElleCi Studio Como Tel. ++39 031 301037 E-mail: ellecistudio@ellecistudio.it

Milano Fiera Smau Salone internazionale delle tecnologie e dell’ufficio International trade fair of technology and office equipment 2/10-6/10 Per informazioni: Smau Via Merano 18 20127 Milano Tel. ++39 02 283131 Fax ++39 02 28313213 Internet: www.smau.it E-mail: info@smau.it

La Mia Casa Salone dell’arredo e degli oggetti per la casa Trade fair of furniture and objects for homeliving 1/11-9/11

Per informazioni: Assoexpo Via Domenichino 11 20149 Milano Tel. ++39 02 4815541 Fax ++39 02 4980330 Internet: www.assoexpo.com E-mail: assoexpo@assoexpo.com

Milano Energia Salone internazionale dell’energia/International trade fair of energy 25/11-28/11 Per informazioni: Assoexpo Via Domenichino 11 20149 Milano Tel. ++39 02 4815541 Fax ++39 02 4980330 Internet: www.assoexpo.com E-mail: assoexpo@assoexpo.com

Pesaro Fiera Samp Salone del mobile Trade fair of forniture 24/9-29/9 Per informazioni: Fiera di Pesaro Rosanna Tomassini Tel. ++39 0721 4068217 Internet: www.fierapesaro.com E-mail: stampa@fierapesaro.com

Pordenone Fiera Zow Salone internazionale dei componenti semilavorati e accessori per l’industria del mobile International trade fair of components, half-processed parts and accessories for the forniture industry 15/10-18/10 Per informazioni: Business International Via Carducci 12 20123 Milano Tel. ++39 02 86995712 Fax ++39 02 86913226 Internet: www.zow.it E-mail: info@zow.it

International trade fair of lighting and building 19/11-21/11 Per informazioni: Messe Frankfurt Ludwig-Erhard-Anlage 1 D-60327 Frankfurt am Main Tel. ++49 69 75756477 Fax ++49 69 75756758 Internet: www.light-building.messefrankfurt.com, www.ish.messefrankfurt.com E-mail: iris.jeglitzamoshage@messefrankfurt.com

Svezia/Sweden Stoccolma Fiera di Stoccolma Home & Villa Salone internazionale dell’edilizia e della decorazione di interni International building and interior decorating trade show 25/9-28/9 Per informazioni: Fiera di Stoccolma Internet: www.stofair.se

Svizzera/Switzerland Basilea Fiera The World of Inspiration Salone internazionale del design per l’accoglienza e la ristorazione International trade show of design for hotels and restaurants 21/11-25/11 Per informazioni: MCH Fiera di Basilea Meret Peter Tel. ++41 58 2062215 Fax ++41 58 2062191 Internet: www.messe.ch, www.igeho.ch E-mail: meret.peter@messe.ch, info@igeho.ch

USA

Verona

Las Vegas

Fiera Abitare il tempo Giornate internazionali dell’arredo International days dedicated to furniture 18/9-23/9

ISH North America Salone internazionale della cucina, bagno, riscaldamento e condizionamento d’aria International trade fair of kitchen, bathroom, plumbing, heating and air conditioning 1/10-3/10

Per informazioni: Abitare il tempo Internet: www.abitareiltempo.com

Marmomacc Salone internazionale, delle tecnologie e della lavorazione del marmo e della pietra International trade fair of technologies and working process in the sector of marble and stone 2/10-5/10 Per informazioni: Veronafiere Viale del Lavoro 8 37100 Verona Tel. ++39 045 8298111 Fax ++39 045 8298288 Internet: www.marmomacc.it, www.veronafiere.it E-mail: info@veronafiere.it

Singapore Singapore Parc des Expositions ISH Light+Building Asia Salone internazionale dell’illuminazione e dell’edilizia

Per informazioni: Messe Frankfurt, Inc. 1600 Parkwood Circle, Ste. 515 Atlanta, GA 30339, USA Tel. ++1 770 984-8016 Fax ++1 770 984-8023 Internet: www.usa.messefrankfurt.com E-mail: info@usa.messefrankfurt.com

Orlando Gaylord Palms Resort & Convention Center Design-Build Expo 2003 Salone e convegno internazionale del progetto e dell’edilizia/International trade fair and conference of design and building industry 8/10-9/10 Per informazioni: Design-Build Institute of America C/o Patrick Wilson Design-Build Institute of America 1010 Massachusetts Avenue, NW, Third Floor Washington, DC 20001-5402 Tel. ++1 202 4547535 Internet: www.dbia.org E-mail: pwilson@dbia.org

184 l’ARCA 111


l’Arca in the World ARGENTINA Libreria Concentra ESQ.Arquitecto Montevideo 938 1019 Buenos aires Tel. 011 48142479 libreria@concentra.com.ar S. Averbuj Publicaciones P.O.Box 860 5500 Mendoza Tel. 061.202857 Fax 061.380131 ALBANIA Adrion LTD Sh. 1, Ap. 8 Sami Frasheri Str. P. 20/1 Tel. 0035.5.4240018 Fax 0035.5.4235242 AUSTRALIA Europress Distributors PTY LTD Unit 3, 123 McEvoy Street Alexandria, NSW 2015 Tel. 02 96984922/4576 Fax 02 96987675 AUSTRIA Bookshop Prachner Sporgasse 24 A-8010 Graz BELGIUM (l’Arca International) Agence et Messageries de la Presse Rue de la Petite Ile, 1 B-1070 Bruxelles Tel. 02.5251411 Alpha Libraire Universitaire Rue de Termonde, 140/142 B-1083 Bruxelles Tel. 02 4683009 Fax 02 4683712 Office International des Périodiques Kouterveld, 14 B-1831 Diegem Tel. 02.7231282 S.P.R.L. - Studio Spazi Abitati Avenue de la Constitution, 55 Grondwetlaan B-1083 Bruxelles Tel. 02 4255004-Fax 02 4253022 BRAZIL Livraria Leonardo da Vinci Rua Heliopolis 75 Vila Hamburguesa CEP 5318 - 010 Sao paulo Tel. 011 36410991 Fax 011 36412410 CHILE Libro’s Soc. Ltda. Av. 11 de Septiembre 2250 Piso 11 OF. 1103 Providencia, Santiago Tel. 02 3342350 Fax 02 3338210 CYPRUS Hellenic Distribution Agency Cyprus Lemesos Avenue, 204 Latsia P. O. Box 24508

Tel. 2.878500 Fax 2.489131 FINLAND Akateeminen KirjakauppaThe Academic Bookstore P.O.Box 23 SF-00381 Helsinki Tel. 01.1214330 FRANCE (l’Arca International) Paris Art Curial 9, avenue Matignon, 75008 Tél. 01 42991617, Fax 01 433592981 Galignani 224 rue de Rivoli, 75041 Cedex 01 Tél. 01 42607607, Fax 01 42860931 La Hune Librairie 170, boulevard Saint-Germain, 75006 Tél. 01 45483585, Fax 01 454444987 L’arbre à lettres 56, Faubourg Saint-Antoine, 75012 Tél. 01 53338323, Fax 01 43420434 Librairie Flammarion Centre Georges Pompidou 26, rue Jacob, 75006 Tél. 01 44781233 Fax 01 42785059 Librairie Le Moniteur 15-17, rue d’Uzès, 75002 Tél. 01 40133380 Fax 01 40136063 Librairie Le Moniteur 7, Place de l’Odéon, 75006 Tél. 01 43254858 Fax 01 40518598 Maison du Livre Italien 54, Rue de Bourgogne F-75007 Paris Tél. 1.47050399 Fax 1.45515313 Bordeaux La Machine à lire 8, rue Parlement Saint-Pierre Tél. 05 56480387 Fax 05 56481683 Librairie réunion des musées nationaux C.A.P.C. Musée d’Art Contemporain 7, rue Ferrère Tél./fax 05 57859147 Lille Le Furet du Nord 11, place Général de Gaulle Tél. 03 20784343 Fax 03 20782342 Lyon Michel Descours 31, rue Auguste Comte Tél. 04 78426567 Fax 04 78372237 Librairie Le Moniteur 125, rue Vendôme, 69006 Tél. 04 72757717 Fax 04 78520216 Strasbourg Librairie International

Kleber 1, rue des Francs Bourgeois Tél. 03 88157884, Fax 03 88157880 Toulouse Ombres Blanches 50, rue Gambetta Tél. 05 61214494, Fax 05 61230308 Privat 14, rue des Arts Tél. 05 61126420, Fax 05 61215603 GERMANY Buchhandlung L.Werner Turkenstrasse, 30 80333 Munchen Tel. 089 226979 Fax 089 2289167 F. Delbanco Bessemerstrasse, 3 Postfach 1447 21304 Luneburg Tel. 041 312428-0 Fax 041 31242812 post@delbanco.de GREAT BRITAIN Central Books 99 Walls Road London E9 5LN Tel. 0044.20.8525.8825 Fax 0044.20.8533.5821 John Wiley & Sons Ltd. Ealing Broadway Centre 4th Fl. International Hse W5 5DB London Tel. 020 83263800 Fax 020 83263801 Rowecom UK Ltd Cannon House Folkestone, Kent, CT 19 5EE Tel. 0303.850101 Fax 0303.850440 GREECE Goulas Theodoros Publishing House 65, Epmou Str. 54625 Thessaloniki Tel./Fax 0310 264241 Hellenic Distribution Agency 1, Digeni Street GR-17456 Alimos Tel. 01.9955383 Fax 01.9948777 HOLLAND Bruil & Van De Staaij P.O.Box 75 07940 AB Meppel Tel. 0522.261303 Fax 0522.257827 Swets Blackwell BV P.O.Box 830 2160 SZ Lisse Tel. 02521.35111 ISRAEL Steimatzky Group Ltd. Steimatzky House 11 Hakishon Street Bnei-Brak 51114 Tel. 03 5794579-Fax 03 5794567

JAPAN AD. Shoseki Boeki Co. Ltd P.O.Box NO 1114 Osaka 530-91 Maruzen Company Ltd Journal Division 3-10 Nihonbashi 2 Chome Chuo-ku 103-8245 Tokyo Tel. 3 32758591 Fax 3 32750657 journal@maruzen.co.jp Yohan 14-9 Okubo 3-chome, Shinyu-ku, Tokyo 169 Tel. 03 32080181 Fax 03 32090288/32085308 KOREA REPUBLIC MGH Co. Suite 901, Pierson Bd. 89-27 Shin Moon Ro 2Ka.Chong Ro. Seoul 110-062 Tel. 02.7328105 Fax 02.7354028 MALTA Melit Ltd. Censu Bugeja Street P.O.Box 488 La Valletta CMR 01 Tel. 437314 Miller Distributors Miller House Tarxien Road, Airport Way Luqa Tel. 664488 Fax 676799 MEXICO Libreria Morgana Alberto Zamora 6-B Col. Villa de Coyoacan 04000 Mexico DF Tel./fax 05 6592050 POLAND Pol-Perfect SP Z.O.O. Ul. Wladyslawa Lakietka 7 PL 03-590 Warszawa Tel. 22 6772844 Fax 22 6772764 Gambit Ai Pokoju 29/B/22-24 31-564 Krakow Tel. 012 42155911 Fax 012 4227321 informacja@gambit.krakow.pl

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