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Cesare Maria Casati

Periferia

Suburbs

n questo ultimo mese, giornali e televisioni, sollecitate dalle ribellioni vandaliche esplose in Francia e in altri Paesi europei, si stanno occupando assiduamente della situazione di degrado urbano in cui versano le periferie di molte città. Problema costante, almeno negli ultimi quaranta anni, che affiora periodicamente nel sistema mediatico per poi ritornare presto nell’oblio e così procrastinare all’infinito lo studio di reali soluzioni e come sempre assolvere urbanisti, architetti, politici e pubblici amministratori che dovrebbero essere deputati a proporre delle soluzioni almeno parziali. Nel frattempo, la situazione si aggrava esponenzialmente per il continuo inurbamento nelle aree esterne alle città di immigrati provenienti da molte etnie e con culture e religioni diverse che, non trovando proposte confacenti alle loro esigenze, mal si integrano con gli altri residenti. E’ una situazione che si sta aggravando pericolosamente perché le motivazioni attuali di disagio vengono strumentalmente fomentate con ribellioni affini al terrorismo, alimentate da ideologie deviate di religione e di identità che poco hanno a che fare con il reale e costante degrado sociale e ambientale in cui sono costrette a vivere migliaia di famiglie. Credo sia giunto il momento di riflettere e iniziare finalmente a considerare non solo le responsabilità politiche e di governo ma anche a ragionare sul come vengono da sempre “disegnate” le città per “cambiare”, visti i risultati. Si può prendere come metafora la formazione dei treni dove la locomotiva è il cosiddetto “centro storico” a cui vengono agganciate le carrozze di prima classe, lussuose e silenziose, i vagoni ristorante, con specchi e lustrini, le carrozze di seconda classe, confortevoli ma rumorose, la terza classe, spartana, economica e senza servizi, e per ultimo i vagoni merci, senza nulla e per chi non può pagare il biglietto. Con il risultato che gli ultimi vagoni quando il treno è in stazione si trovano sempre in campagna e mai sotto le pensiline. Una soluzione potrebbe essere quella di cominciare a eliminare alcune classi, come è avvenuto nei voli nazionali, e riformare il treno con concetti completamente diversi. Nel mondo ci sono alcuni esempi positivi e ne propongo due: uno tradizionale ma abbastanza efficace e un altro che, anche se non esattamente pertinente al nostro problema, potrebbe essere un formidabile prototipo di come si potrebbe organizzare il territorio urbano nel prossimo futuro. Per primo penso alla città di Cordoba in Argentina, riqualificata da Miguel Angel Roca, assessore e architetto, spaccando il vecchio impianto urbanistico tradizionale in otto città distinte e contigue, separate solo da una fascia di verde, e dotate ciascuna del proprio centro cittadino con chiesa, municipio, teatro e tutti i servizi e le istituzioni democratiche necessarie a una piccola città di centocinquantamila abitanti. Il risultato è stato che ciascun nucleo urbano ha riscoperto l’orgoglio per il proprio luogo abitato e la competizione nella qualità con le città vicine. Esperimento positivo sul piano architettonico e ambientale ma poco influente sul congestionamento del traffico interno. Il secondo esempio che invito a considerare è il progetto di Massimiliano Fuksas per la nuova Fiera di Milano, costruito e da analizzare non come nuovo quartiere fieristico ma come macro modello di una probabile città futura. Una lunga “via Veneto” lineare pedonale, coperta a grande altezza da una bellissima “tenda” trasparente e a forme variabili, dove si possono svolgere al coperto tutte le attività di ricreazione e commercio piacevoli e necessarie a tutti gli abitanti, con accesso diretto sui lati a diversi grandi organismi residenziali, istituzioni e servizi sociali, centri commerciali e artigianali, uffici, banche, scuole di diverso grado, istituti sanitari e altro. Questa specie di “viale” centrale è a una quota sopraelevata rispetto al terreno con numerosi collegamenti verticali meccanici. Al livello del piano terreno è organizzato tutto il traffico dei trasporti collettivi, rifornimenti, emergenze, sicurezza e accessi alle autorimesse per i residenti e visitatori. Non è solo un sogno ma una idea urbanistica moderna da considerare, già attuata in uno schema generale, da sperimentare e moltiplicare anche per rigenerare i quartieri più compromessi, che potrebbe inglobare in un unico sistema cittadino famiglie di diverso ceto sociale e provenienza etnica in diverse unità residenziali e di lavoro organizzate tutte democraticamente intorno a un viale principale che offrirà uguali meraviglie ambientali a tutti i cittadini senza discriminazioni.

ver the last month, newspapers and the media are taking an interest in the state of urban dilapidation and decay in the suburbs of many cities, in the wake of all the street-fighting and vandalism in France and other countries in Europe. This has been a constant problem, at least over the last forty years, that occasionally attracts the media’s attention before being forgotten once again, which merely endlessly procrastinates surveys and studies into real solutions and, as usual, ends up absolving the town-planners, architects, politicians and public administrators, who ought to be responsible for coming up with at least partial remedies. In the meantime, the situation has spiralled due to the continuing urbanisation of areas outside the city by immigrants from all kinds of ethnic backgrounds and different cultures and religions, who, failing to find satisfactory responses to their needs, struggle to integrate with the rest of the community. This situation is getting dangerously out of hand because the present state of unrest is being instrumentally exploited through rebellions of a terrorist nature and fuelled by distorted religious ideologies and identities that have little to do with the genuine, constant social-environmental decay that thousands of families are forced to live in. I think the time has come to finally really think about and consider not only political-governmental responsibilities, but also ponder over how cities are always “designed” so that we can “change them”, bearing in mind the results they have produced. We might take how trains are assembled as a metaphor, with the locomotive being the so-called “city centre” to which the luxurious and silent firstclass carriages are first attached, then the buffet cars with their mirrors and sequins, followed by the second-class compartments, which are comfortable but noisy, the Spartan and cheap third-class carriages with no services, and, lastly, the goods carriages, which contain nothing and only carry people without a ticket. This inevitably means that these latter carriages always end up left out in the country when the train is in the station, never sheltered beneath the cantilever roofs. One solution might be to start getting rid of certain classes, as in the case of domestic flights, and reassemble the train along quite different lines. There are a number of good examples around the world and I would like to suggest two: one conventional but rather effective solution and the other, which, although not exactly pertinent to this issue, might provide a formidable prototype of how the cityscape of the future might be organised. Firstly I am thinking about the city of Cordoba in Argentina, redeveloped by Miguel Angel Roca, a city councillor and architect, breaking down the traditional old town-planning scheme into eight distinct but contiguous cities, separated only by a strip of greenery and each furbished with its own city centre with a church, town hall, theatre and all the democratic institutions and services required by a small city with a population of one hundred and fifty thousand. The result is that each urban centre has rekindled its pride for its own inhabited area and is vying in terms of living standards and quality with the neighbouring cities. This has been a success on an architectural and environmental level, but relatively ineffectual in terms of inner-city traffic congestion. The second example I would like you to consider is Massimiliano Fuksas’s project for the new Milan Trade Fair, built and worth analysing not as new trade fair facilities, but as a macro-model for a probable city of the future. A long straight pedestrian “Via Veneto”, covered up on high by a magnificent transparent “curtain” of varying forms, where all kinds of pleasant and community-friendly recreation and business activities may be carried out indoors, with direct access at the sides to various major residential organisms, social services and institutions, craft and shopping malls, offices, banks, schools of different kinds, and health centres etc. This sort of central “avenue” is raised above the ground and served by plenty of mechanical vertical links. All the community transport traffic, supplies, emergency services, security and entrances to the garages for residents and visitors are located at ground-floor level. This is not just a pipedream, but a modern town-planning proposal worth taking into consideration, already implemented along general lines and ready to be experimented with and reproduced in order to regenerate the most compromised neighbourhoods, which might even encompass families from different social and ethnic backgrounds in different work-residential units within one single inner-city system. All this would be democratically set out around a main avenue offering the same environmental pleasures to all city-dwellers without discriminating.

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di/by Mario Virano

l recente esito della gara per il Ponte sullo Stretto di Messina con l’individuazione del general contractor non chiude certo la discussione sull’opera. Anzi. La “querelle” infatti si caratterizza non solo per la radicalità delle tesi contrapposte, ma anche per la fissità delle posizioni in campo. Tutto il lavoro di analisi e approfondimento sembra non produrre altro che conferme di convincimenti preesistenti, per il sì o per il no, come se gli occhiali con cui si guarda fossero più importanti di ciò che si vede e la visione dipendesse dalle lenti (politico-culturali) che si sono scelte per osservare la realtà. Questa fissità paradigmatica da “scelta di campo”, ricorda non solo altre importanti “querelle” del nostro tempo (esempio la “questione nucleare”), ma anche del passato, alle radici dell’illuminismo: la disputa settecentesca sul “buon selvaggio” e, soprattutto, la “querelle” fra gli Antichi e i Moderni iniziata da Perrault nel 1688 e che si rivelò fondamentale per la storia della cultura europea. Quando si discute retrospettivamente di Antichità e/o Modernità, in realtà lo si fa per parlare di noi “al futuro” e delle scelte che ci attendono. La “querelle” sul Ponte non si discosta da questo modello, anzi ne ripropone l’attualità. Lo storico Lucio Villari, a proposito della disputa iniziata da Perrault, dice “…Come facevano i Greci a trovare il posto giusto nel quale costruire il Teatro o il Tempio? Come mai permane ancora la suggestività del luogo, dello spazio, che gli antichi avevano? Si ipotizzava che si fosse perso proprio questo rapporto fra progetto individuale, capa-

forma favolisticamente narrabile, capace di racchiudere la complessità nella semplicità di un simbolo (il mito) che le sintetizza e che consente innumerevoli chiavi di lettura senza smarrire il suo intrinseco messaggio fondante. L’incapacità dell’Europa di produrre miti sul terreno della modernità nasce proprio dal fatto che la sua cultura ha introiettato profondamente quella “saggezza del Limite” di cui parla Grazia Francescato, assumendo il punto di vista “senile” in cui prevale la consapevolezza dei confini dell’operare sulla sfida per superarli. Questa “saggezza” non è riducibile al dilemma “Ah, si jeunesse savait! Ah, si vieillesse pouvait!” perché la cultura della sostenibilità, che si fonda proprio sulla scoperta dell’inviolabilità dei limiti dello sviluppo (a partire dal memorabile rapporto di oltre 30 anni fa, del Club di Roma di Aurelio Peccei) si interroga sulle condizioni necessarie oggi, perché domani “chaque jeunesse puisse encore pouvoir”. D’altra parte ogni mito è caratterizzato, nella sua essenza, proprio dalla “violazione di un limite”, ridefinendo i capisaldi che caratterizzano (intorno a quel limite) il sistema di valori che connota un tabù: Edipo, Medea, Icaro ma, anche, Scilla e Cariddi. In questo solco di riflessioni (e all’opposto di quanto sostiene Grazia Francescato) sta la provocazione di Francesco Merlo (“Se la sinistra scopre che il Ponte è di sinistra”) quando dice: “… Fosse pur vero che non c’è convenienza economica, il Ponte sullo Stretto di Messina andrebbe comunque costruito, senza arroganza verso le ragioni dei ragionieri ma

quell’“accettazione” in termini di “ammissibilità”, misurata secondo le procedure delle Valutazioni d’Impatto Ambientale. Un grande antropologo culturale come Lombardi Satriani ci insegna che “Per una cultura arcaica, connotata sacralmente, dal momento che l’edificare ponti comportava una manomissione della natura particolarmente rilevante, tale operazione veniva vissuta come “sacrilegio”; erano necessarie pertanto delle procedure simboliche finalizzate ad attenuare il sacrilegio e a scongiurare la reazione delle forze del mondo ctonio offeso. Certo, può apparire irrilevante, rispetto alla dura, oggettiva necessità del calcolo e del cemento armato, tenere conto del fatto che, per una popolazione, costruire un ponte può comportare anche le ire delle forze del mondo ctonio, ma quando ci rapportiamo al “territorio” dobbiamo tenere conto anche di tutti gli universi simbolici, siano essi, a nostro avviso, fittizi o no, e domandarci fino a che punto essi incidano sui progetti. Non tenere conto della pluralità delle culture e degli universi simbolici, rende più angusto, asfittico il progetto complessivo”. 4 Anche la nostra cultura ha bisogno di (moderne) procedure simboliche per attenuare i nuovi “sacrilegi” dei progetti e lenire le “offese” delle opere, e non può che cercarle nelle faticose procedure del confronto e della democrazia. Una fra le molte scelte intelligenti che hanno consentito di costruire il piano finanziario del Ponte riguarda il modo di trattare gli ammortamenti. Ciò che non è stato invece considerato è quel particolare ammortamento di cui non c’è traccia in alcun business-plan perché è eminentemente

ziale: sottovaluta il clima di adesione “alle opere che fecero sognare” fin dal loro delinearsi iniziale, in una sorta incubazione di consenso crescente che si manifestò poi in modo conclamato al momento dell’inaugurazione di ciascuna infrastruttura. Non è certo questo il clima emotivo-culturale che accompagna la difficile e complessa gestazione del Ponte: lo si apprezza (anche molto), lo si critica (anche radicalmente) ma, in genere, non lo si ama: come già detto “fa discutere ma non fa sognare”. Se è vero, la domanda che sorge è: Perché ? Credo che alla base ci sia la scelta di aver pensato (e proposto) l’opera “solo” come infrastruttura di trasporto, motivata e caratterizzata essenzialmente dal suo valore d’uso. Eppure chi ammira per esempio il Golden Gate a San Francisco non si chiede di quante decine di minuti abbia accorciato gli spostamenti lungo la baia, cioè il beneficio funzionale, (che pure c’è) ma coglie lo straordinario valore (aggiunto) paesistico che l’opera presenta col (e nel) paesaggio; il suo farsi non solo immagine, ma immaginario collettivo nella concretezza di un sito di cui oggi sarebbe impensabile cogliere il cui genius loci primigenio “ante ponte”; in cui è assai difficile giudicare quello attuale come un locus sminuito nel suo genius dall’inserimento ma, al contrario, con le intrusioni artificiali, si percepisce come “nuova natura” che ingloba l’opera antropica. Quasi sempre e quasi ovunque la “natura” che vediamo è infatti il prodotto storico di una rapporto uomo-natura che si è sviluppato nel tempo, le cui risultanze ci paiono “naturali” solo perché

immateriale, anche se ha rilevanti effetti sulla fattibilità stessa dell’opera: l’ammortamento culturale. In altre parole si potrebbe dire che, se è relativamente facile calcolare l’ammortamento tecnico e finanziario di una grande infrastruttura, e assai difficile determinare l’ammortamento socio-culturale; cioè il momento in cui la collettività immagina di poter compiutamente “spesare” in un dato tempo ogni tipo di onere, anche non economico, dell’opera considerandola “patrimonializzata” nel profondo del senso comune diffuso. Questo processo di “ammortamento culturale” è un prezzo che occorre pagare per la piena accettazione di un’opera che modifica non solo (e non tanto) l’ecosistema naturale, ma l’ecosistema concettuale delle idee diffuse, dei giudizi e dei comportamenti abituali e che pone il problema del rapporto che si stabilisce tra il prodotto dell’ingegneria (che è pur sempre opera di pochi) e la collettività. Tutte queste considerazioni però sono condensabili in una semplice domanda: perché (finora almeno) il Ponte sullo Stretto di Messina, che è indubitabilmente un’opera straordinaria (in senso etimologico di fuori dall’ordinarietà) “fa discutere ma non fa sognare?”. Perché, per esempio, non stimola la creatività di artisti, poeti, cantastorie, cantautori, romanzieri, mimi, coreografi, registi, pittori, scultori, ecc.? Nel 1871 l’attraversamento ferroviario delle Alpi con il Traforo del Frejus, fortissimamente voluto da Cavour, fece scaturire, fin dal suo farsi, una tensione emotiva e un’identificazione ideale tali che non solo le società operaie promossero una colletta popolare per innalzare un monumento celebrativo (inaugurato nel 1879) dedicato ai tre ingegneri Sommeiller, Gattoni e Grandis, ma addirittura generarono quell’emblema della vulgata di massa delle “umane sorti e progressive” che fu il “Ballo Excelsior” di Luigi Manzotti (musica di Romualdo Marengo) la cui prima si tenne alla Scala l’11 gennaio 1881 per poi girare il mondo in tournée dall’Europa al Sud America per anni. All’altra meraviglia infrastrutturale, coeva del Frejus, il Canale di Suez, è legato il capolavoro verdiano dell’Aida, e alla funicolare sul Vesuvio del 1880, la contemporanea e celeberrima canzone “Funiculì funiculà” di Luigi Denza, su testi del giornalista Peppino Turco che, come narrano le cronache, “…contribuì ad avvicinare i turisti e gli stessi napoletani alla funicolare…”. L’elenco potrebbe continuare a lungo. L’obiezione che questi emblemi artistici dell’immaginario popolare (legati a infrastrutture di eccellenza) si sono sempre concretizzati “a opere ultimate” mentre il Ponte è ancora allo stadio di progetto, è valida ma par-

totalmente accettate dal punto di vista culturale e non più sentite come alterazioni dell’universo ctonio primigenio (dalle risaie del Vercellese, alle colline viticole delle Langhe, ai castelli in cima ai monti, alle città storiche, a partire dall’archetipo assoluto di Venezia). Forse il Ponte sullo Stretto di Messina per colpire l’immaginario e “far sognare”, deve superare la sua natura eminentemente trasportistico-funzionale e proporsi esso stesso come paesaggio, come territorio, come città, cessando di essere “solo” un prodotto dell’ingegneria (ancorché di altissimo profilo tecnico) per diventare architettura alla grande scala territoriale (e misurarsi con una nuova famiglia di problemi). Per evidenziare questa esigenza e cominciare a declinare una possibile suggestione, ho proposto, nel corso del convegno “I grandi progetti dello sviluppo della Sicilia” organizzato all’Università di Catania dal prof. Aldo Norsa il 26 giugno 2004 , una rivisitazione dell’idea di “ponte abitato”, con particolare riferimento all’esperienza dei primi anni Venti del secolo scorso negli USA che ha esplorato una straordinaria interpretazione dei ponti abitati “in verticale”: i ponti grattacielo. Nel caso del Ponte sullo Stretto di Messina il mio è anzitutto un paradosso: una provocazione culturale per introdurre nella discussione un punto di vista eterodosso che sposti l’asse del confronto dall’antinomia secca tra “Si” e “No” verso una più problematica dialettica imperniata sul “Se” e “Come”. Il fatto che lo IUAV di Venezia, con il suo “Dipartimento di Costruzione”, per iniziativa del prof. Enzo Siviero, abbia costituito il 24 maggio 2004 un gruppo di ricerca di 15 esperti sul tema e che abbia già promosso tesi di laurea incentrate sullo sviluppo di questa mia suggestione (cito in particolare il lavoro di Rossella Nicolin), testimonia che forse l’idea-guida non è così peregrina come, a prima vista, potrebbe sembrare. Ciò è confermato anche dall’attenzione con cui la Società Stretto di Messina, Rete Ferroviaria Italiana, Anas e Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti hanno accolto la “provocazione” che, ripeto, non è, ne vuole essere un progetto ma solo uno stimolo culturale. Nello sviluppo di tale idea sono debitore di molti contributi conoscitivi verso la prof. Alessandra De Cesaris (anche per la selezione del materiale illustrativo) e verso LVM Studio associato per il supporto elaborativo iconografico e la visualizzazione del “paradosso”. Immagini e notizie sono tratte da varie fonti: in particolare vorrei citare “Rassegna” (n° 48 dicembre ’91) e “Abitare la terra” (numero monografico sul Ponte di Messina).

Il sogno del Ponte cità creativa e il luogo, lo spazio, la geografia”. 1 Questo rimando, che viene dal passato, al valore fondante e sacrale del genius loci (che la modernità avrebbe smarrito) permea molte delle riflessioni ambientaliste di oggi. A titolo di esempio si possono citare le considerazioni di Grazia Francescato quando dice “…tornando a Roma in aereo, mentre contemplavo dall’alto i gorghi e i vortici che le correnti e i venti disegnavano e ridisegnavano sullo Stretto, striato di colori di una mirabile bellezza (…) intuisco in un lampo che il Ponte sullo Stretto non si farà mai. Il genius loci è più forte dei progetti umani e manda un messaggio di implacabile saggezza (…). Forse per questo il mito di Grande Opera appare qui più paradossale che altrove: un simbolo del delirio di onnipotenza umana nutrito da una fede sfrenata (…) nella tecnologia che va a sfregiare proprio un luogo vocato a rappresentare la saggezza del Limite, la volontà d’equilibrio che da sempre regge gli ecosistemi naturali. (…) Dunque il genius loci è anch’esso contro il Ponte: Cariddi è viva e lotta insieme a noi”.2 L’autocoscienza di confini che si ritiene di dover assumere come invalicabili, porta alla rinuncia a sfidarli e diviene scelta assunta come “saggezza del limite”: si parla del Ponte, ma in realtà ciò di cui si disserta appassionatamente è l’idea stessa di modernità che caratterizza il pensiero europeo. Seguendo la linea di pensiero di Jean Baudrillard possiamo dire che “….viviamo ormai nella cattiva coscienza di queste modernità da un tempo sufficientemente lungo per saperlo. (…) I miti si sono trasferiti. Tutti i miti della modernità sono oggi americani” . Queste riflessioni contenute nel saggio L’utopia realizzata del 1989 (anno cardine della storia contemporanea) non tengono conto di nuovi soggetti planetari comparsi sulla scena della Nuova Modernità, mutandola, (Cina e India in primis) e dovrebbero essere in ogni caso ripensate alla luce dell’altro avvenimento epocale dell’attualità che si fa subito storia: l’11 settembre 2001 che, tra i suoi molteplici e drammatici effetti, ha sicuramente anche scalfito l’identificazione quasi automatica tra Modernità e American Dream che ha permeato per molti decenni l’immaginario collettivo non solo dell’Occidente ma a scala planetaria. Tuttavia, pur all’interno di questi limiti, la riflessione di Baudrillard conserva una sostanziale validità quando evidenzia l’incapacità dell’Europa di generare nuovi miti. La nostra cultura ricca di passato (di molti passati) ha una radicale difficoltà a immaginare il futuro secondo obiettivi generali, sintetizzabili in 2 l’ARCA 209

con un filo d’ironia, visto che nessuno ha fatto i conteggi alla Torre Eiffel o alla Statua della Libertà ma tutti capiscono che senza Torre e senza Statua a Parigi e a New York ci sentiremmo persi. Solo grazie ai simboli infatti uno spazio dove ci smarriamo diventa un luogo nel quale ci ritroviamo. Non è insomma per ragioneria che si fanno i ponti, ma per ridurre le distanze. Anche in bocca, tra due denti, si fa un ponte. Tra due feste si fa un ponte. Si fanno ponti per i sospiri, e persino il ballerino di Lucio Dalla ‘balla su una tavola tra due montagne’. Non c’è civiltà che non sia stata edificata attraverso i ponti, non c’è bellezza di città senza ponti, negli Usa come in Portogallo, in Svezia come in Francia, in Scozia come in Australia e in Giappone. Del resto chi fa ponti, in qualche misura diventa pure papa, pontifex, pontefice. Si fanno ponti anche come sberleffo alla natura, quella dei terremoti e quella dei vulcani, e si fanno ponti per dare ordine e bellezza al paesaggio che non è fatto di mitili e di mostri omerici, ma è fatto dagli uomini e dai loro progetti, perché nessun uomo ha mai visto la Terra senza gli uomini. Il Ponte insomma è bello, ed è sempre e comunque sviluppo, è progresso, è darsi la mano, è il binario per il pendolino e per l’Eurostar che si sono fermati a Eboli, è l’adeguamento delle autostrade al flusso di automobili e camion. Il Ponte sconvolge l’arretratezza del sistema viario perché accelera e parifica. E anche con i bilanci in rosso, il Ponte sarebbe comunque una ricchezza, risorse, opportunità straordinarie, nuovi posti di lavoro. Alla fine insomma questo Ponte sullo Stretto è l’opera più bella e avanzata che l’Italia possa realizzare, è un risarcimento al nostro Sud, ed è – deve essere – un’operazione laico simbolica keynesiana, la fine di un handicap, la fusione di Messina e Reggio nella Città dello Stretto, come una nuova Costantinopoli. Perciò il Ponte è di sinistra, anzi è quanto di più di sinistra si possa fare (non dire, ma fare) oggi in Italia…”. 3 Merlo sorvola sulla questione della compatibilità economico-finanziaria dell’opera in un contesto di risorse scarse; sappiamo invece quanto importante sia la scelta delle priorità negli investimenti. Questo è certamente il cuore politico della questione, ma c’è un “cuore culturale” che viene prima. Infatti il tema dell’accettazione preventiva delle grandi infrastrutture, fin dall’antichità remota, è subordinata a “riti propiziatori” della cui ancestrale necessità siamo ancora portatori; di essi ci è ormai estranea la dimensione sacrale (tuttavia è ancora d’uso far benedire l’opera al momento inaugurale) sostituita da rituali non meno complessi (e talvolta burocraticamente non meno crudeli) di natura tecnico-amministrativa che stimano

1 100 occhi x 100 progetti: Seminario interdisciplinare Eidos – Roma 1989 2 L’Unità – 10 aprile 2004 3 La Repubblica: 1 ottobre 2003 4 100 occhi x 100 progetti: Seminario interdisciplinare Eidos – Roma 1989

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he recently announced results of the tender for a Bridge over Messina Strait with the appointment of a general contractor certainly does not end debate about the work. Quite the contrary. The “dispute” is notable not only for the radically conflicting stances adopted, but also for the refusal to budge even an inch out in the field. All the further study and analysis seems to just confirm previous convictions (either in favour or against), as if the glasses worn for looking at something were more important than what is being looked at, and sight depended on the (political-cultural) lenses chosen for observing reality. This paradigmatic rigidity in “taking sides” is not just reminiscent of other important “disputes” in recent times (e.g. the “nuclear issue”), it also evokes the past, going back to the very origins of the Enlightenment: the 18th century argument about the “noble savage” and, most significantly, the “dispute” between Ancients and Moderns that Perrault began in 1688, and which turned out to be so significant for the history of European culture. When arguing about Antiquity and/or Modernity with hindsight, it is actually a way of talking about ourselves “in the future” and the decisions we will have to make. The Dispute over the Bridge is no different in this respect, indeed it just underlines how topical the issue still is. With reference to the dispute triggered off by Perrault, the historian Lucio Villari says that “….How did the Greeks manage to find the right place for building a Theatre or Temple? How come the locations and spaces the ancients had are still so striking and

along general lines, capturing it in a narrative form capable of rendering all the complexity through the simplicity of an exemplary symbol (myth) that allows various interpretations without losing its basic underlying message. Europe’s failure to create myths in the realms of modernity is due to the fact that its culture has violated that “wisdom of Limit” that Grazie Francescato talked about, adopting a “senile” viewpoint characterised by an awareness of the boundaries of intervention in an attempt to move beyond them. This “wisdom” cannot be reduced to the dilemma “Ah, si jeunesse savait! Ah, si vieillesse pouvait!” because the culture of sustainability, which is based on the realisation that certain limits on development cannot be exceeded (starting from that memorable report by Aurelio Peccei’s Rome Club from over thirty years ago), is examining what needs to be achieved today so that tomorrow “chaque jeunesse puisse encore pouvoir”. After all, the essence of a myth lies in “crossing a boundary”, resetting the benchmarks characterising (around that boundary) the system of values determining a taboo: Oedipus, Medea, Icarus and also Scylla and Cariddi Francesco Merlo’s own provocative line of thinking works in much the same way (“What if the Left were to discover that the Bridge is Leftist”) when he says: “ … Even if building the Bridge over Messina Strait does not make economic sense, it ought to be built anyway, not out of a lack of respect for the bookkeepers, but with a sense of irony, bearing in mind

The objection that these artistic landmarks of the popular psyche (linked with exceptional infrastructures) have always taken shape “after the works were completed”, while the Bridge is still at the drawing board stage, is true but only partly: it underestimates the feeling of solidarity with “works making people dream” right from the onset, as part of a sort of incubatory period of growing consent which then emerged with all its force when each infrastructure was actually opened. This certainly is not the kind of emotional-cultural atmosphere in which the complicated and complex Bridge building project is unfolding: it is admired (a lot), criticised (even bitterly) but, generally speaking, not loved: as has already been said “it gets tongues wagging but not hearts fluttering”. If so, then we cannot help wondering why? I think it is all to do with having opted to devise (and propose) the work “only” as a transport infrastructure, justified and fundamentally characterised by its utility. Yet those people who admire, for instance, the “Golden Gate” Bridge in San Francisco do not wonder how many minutes they have saved by travelling across the bay (i.e. its practical value….and it has one), they just admire the extraordinary landscape value (added) by the work in its setting; they way it is not just an image but the collective psyche embodied in a concrete site location whose “genius loci” as it was before the bridge is now quite unthinkable; it is rally difficult to now imagine this a “locus” without the “genius” provided by the bridge, in contrast the new manmade intrusions reveal a “new nature” which encompasses the

The Dream of the Bridge

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evocative? It was assumed that the relations between an individual project, creativity expertise and place, space and geography had been lost” . 1 This reminder from the past of the sacred, grounding value of the genius loci (which modernity has allegedly lost sight of) influences plenty of environmentalist thinking nowadays. As an example, we might quote some remarks by Grazia Francescato who says “…..While flying back to Rome, as I looked down on the eddies and whirls the currents and winds made on the Strait, streaked with the most dazzlingly beautiful colours (..) I realised in an instant that the Bridge over the Strait will never be built. The “genius loci” is more powerful than human designs and conveys a message of unyielding wisdom (..) Perhaps this is why the myth of a Grand Design seems more paradoxical here than elsewhere: a sign of the madness of human omnipotence driven along by an unbridled belief (…) in technology that wants to leave its own trace on a place actually designed to represent the wisdom of Limit, the sense of balance that has always underpinned natural ecosystems. (…) So the genius loci is also against the Bridge: Cariddi is alive and is fighting on our side.” 2 An awareness of the boundaries that need to be seen as insuperable means giving up on the idea of trying to challenge them and accepting this position as “the wisdom of limit”: talk of the Bridge is actually a way of passionately debating the very idea of modernity characterising European thought. Following Jean Baudrillard’s line of thought, we might say that “….. we have been living with a bad conscience about these forms of modernity long enough now to be aware of it. (…) Myths have moved on. All the myths of modernity are now American.” These thoughts from the essay “Utopia Achieved” written in 1989 (a crucial year in modern-day history) do not take into account the new global players that have burst onto the scene of New Modernity and changed it (first and foremost China and India) and, in any case, ought to be revised in light of the other époque-making event of recent times that instantly became part of history: 11th September 2001, which called into question the way for several decades Modernity had automatically been identified with the “American Dream” in the collective psyche, not just in the West but all over the planet. Nevertheless, despite these considerations, Baudrillard is still basically right in pointing out Europe’s failure to create any new myths. Our rich culture of the past (or many different pasts) struggles to envisage the future 4 l’ARCA 209

which are no less complex (and at times just as cruel bureaucratically), which view “acceptance” in terms of “admissibility”, measured along the lines of Environmental Impact Assessments. A great cultural anthropologist like Lombardi Satriani teaches us that “For an ancient culture, organised along sacred lines, as soon as a bridge builder tampered with nature in any notable way, the operation was treated as “sacrilege”; this called for symbolic procedures aimed at mitigating the sacrilege and taming the reactionary forces of the ctonic world that had been offended. Of course, compared to the hard, objective constraints of computation and reinforced concrete, it might seem irrelevant to consider that, for a population, building a bridge might invoke the wrath of the ctonic world, but when we are dealing with the land we also need to bear in mind every symbolic universe, even if in our opinion they might seem fictitious, and assess just how far they might affect the plans. Failing to take into account the plurality of cultures and symbolic universes will make the overall project narrower and more stifling.” 4 Even our culture requires (modern) symbolic procedures for mitigating the “sacrileges” caused by projects and “insults” due to new works, and these are inevitably the tricky procedures of confrontation and democracy. One of the many clever choices made that made it possible to draw up a financial plan for the Bridge concerns the way of handling amortization. What has not been considered is that specific amortization of which

that nobody bothered about facts and figures when building the Eiffel Tower or Statue of Liberty, and without the tower and statue we would feel lost in New York and Paris. It is only through symbols that a space in which we would get lost turns into somewhere we feel at home. So bridges are not built for financial reasons but to reduce distances. We even make a bridge in our mouths between our teeth. Between two days off we have a so-called bridging day. There are bridges of sighs and even Lucio Dalla’s dancer ‘dances on a table between two mountains’. Every civilisation has been built by bridges, there is no beautiful city without a bridge, in the United States as in Portugal, Sweden and France, or Scotland, Australia and Japan. After all bridge builders in some sense become popes, pontifex or pontiff. Bridges are also a way of slapping nature in the face, defying earthquakes and volcanoes, and bridges are built to give a sense of order and beauty to the landscape, which is not made of mussels and Homer’s monsters but of men and their designs, because no man has ever seen the Earth without men on it. So bridges are beautiful and are always a means of growth and development, progress and the idea of giving a helping hand, they are the tracks on which the high-speed train and Eurostar travelled before stopping in Eboli, and a means of adapting motorways to the flow of cars and lorries. The Bridge will shake up a backward road system because it speeds up and standardizes. And even if it were in the red, the Bridge would be an asset, resource, incredible opportunity and create new jobs. In the end, then, this Bridge over the Strait is the best and most advanced work that Italy can undertake, it is a way of compensating southern Italy and it is – must be – a secular symbolic Keynesian project, cancelling out a handicap, merging Messina and Reggio into the City of the Strait, like a new Constantinople. So the Bridge is leftist, in fact it is the most leftist thing that can be done (done, not said) in Italy today...” 3 Merlo avoids the issue of the economic-financial compatibility of this project at a time when resources are hard to come by; but we know just how important setting priorities for investments is nowadays. This is certainly the political heart of the matter at hand, but there is a “cultural heart” that takes precedence. The question of the prior acceptance of major infrastructures has, ever since ancient times, been subordinated to “propitiatory rites” whose ancestral needs are still with us today; the sacred side is no longer with us (although it is still customary to bless a work when it officially opens) and has been replaced by rituals of a technical-administrative nature,

there is no trace in any business plan because it is eminently immaterial, although it does have important consequences in terms of the feasibility of the work itself: cultural amortization. In other words, while it might be said that it is relatively to calculate the technical-financial amortization of a major infrastructure, it is extremely difficult to work out its socio-cultural amortization; viz., the moment when the entire community imagines it can fully “cover” at a given time all the expenses (non-economic included) associated with the work, considering it to be “paid for” in the most widely accepted meaning of the word. This process of “cultural amortization” is the price that needs to be paid to gain general approval for a work which does not just (and only) alter the natural eco-system, but also the conceptual eco-system of generally accepted ideas, views and behavioural habits and focuses on the issue of how a product of engineering (which is always the work of just a few) relates to the community as a whole. All these factors may, however, be summed up in one single question: why (at least so far) has the Bridge over Messina Strait, which is unquestionably an extraordinary project (in the literal sense of being out of the ordinary), “set tongues wagging but not hearts fluttering?”. Why, for instance, has not it stimulated the creativity of artists, poets, storytellers, song writers, authors. Mimes, choreographers, filmmakers, painters, sculptors etc.? In 1871 the railway line across the Alps through Frejus Tunnel, that Cavour has been so keen to build, caused so much commotion and excitement as soon as work began that not only did the unions organise a collection to built a commemorative shrine (unveiled in 1879) devoted to the three engineers, Sommeiller, Gattoni and Grandis, but they also set up that emblem of popular culture embodying “human destiny and progress” known as the “Ballo Excelsior” by Luigi Manzotti (music by Romualdo Marengo), whose first ever performance was held at the Scala on 11th January 1881 before setting off on a tour of Europe and South America that lasted for years. Another infrastructural marvel dating back to the same time as the Frejus Tunnel, the Suez Canal, is connected with Verdi’s masterpiece Aida; and the mountain railway up Mount Vesuvius built in 1880 is associated with the famous song from the same period “Funiculì funiculà” by Luigi Denza based on the writings of the journalist Peppino Turco who, as it said in the news, “…helped get tourists and the people of Naples themselves interested in the railway…”. The list is long.

anthropic work. Almost always and almost everywhere, the “nature” we see is actually the historical product of how man and nature have interacted over time, the outcome of which looks “natural” only because totally accepted on a cultural level and not viewed as alterations to the primeval ctonic universe (from the rice fields in the Vercelli area to the vineyards on the hills of the Langhe, from the castles on the mountain tops to ancient cities, starting with the absolute archetype Venice). Perhaps, in order to capture the public’s imagination and “set hearts fluttering”, the Bridge over Messina Strait needs to move beyond its eminently transport-related/practical function and be promoted as a piece of landscape, territory and city, ceasing to be “just” an engineering product (even though of the highest technical profile) and turning into a territorialscale work of architecture (and come to terms with a new set of problems). To focus on this requirement and start to make some proposals, during the conference entitled “Major Projects for developing Sicily” organised by Professor Aldo Norsa at the University of Catania on 26th June 2004, I suggested taking a fresh look at the idea of an “inhabited bridge”, with particular reference to 1920s’ experiments in the USA, which explored an incredible reading of “vertically” inhabited bridges: skyscraper bridges. In the case of the Bridge over Messina Strait, my idea is deliberately paradoxical designed to get an unorthodox viewpoint into the debate shifting the issue from being a simple question of “Yes” or “No” to a more intricate matter of “If” and “How”. The fact that Professor Enzo Siviero from the “Building Department” of the IUAV in Venice actually set up a research team of 15 experts on the issue on 24th May 2004, which has already set theses on developing my idea (I would like to mention Rossella Nicolin’s work in particular), shows that perhaps this is not such a weird idea as it might at first seem. This is further confirmed by the attention the Società Stretto di Messina, Italian Railways, Anas and Ministry of Infrastructures and Transport have given to this “controversial proposal”, which, I repeat, is not supposed to be a project just a way of stimulating fresh cultural debate. In developing this idea, I am intellectually indebted to Professor Alessandra De Cesaris (who also chose the explanatory material) and LVM Studio Associato, which provided all the props and aids for visualising this “paradox”. The pictures and information come from various sources: I would particularly like to mention “Rassegna” (no. 48, December ’91) and “Abitare la terra” (monographic issue on Messina Bridge). 209 l’ARCA 5


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Il Ponte Abitato: un paradosso per immagini Quella che presento è una riflessione per immagini che sta a metà tra un paradosso culturale e una metafora progettuale. Partiamo da alcune considerazioni generali, per esempio basta guardare l’Italia da nord delle Alpi e si capisce subito la connessione tra, Mediterraneo e Alpi, tra mare e trafori alpini. L’immagine visualizza meglio di tutti i discorsi il ruolo dell’Italia come grande “molo” del continente europeo nel cuore del Mediterraneo e la collocazione assolutamente straordinaria della Sicilia in questo contesto. Il Ponte, se ha un senso, ce l’ha in questa prospettiva e non come mero collegamento infraregionale (immagine 1). La realizzazione della connessione infrastrutturale può sommare le potenzialità insulari di Malta e quelle di Gioia Tauro e rilanciare la Sicilia come “piattaforma logistica” dell’Europa nel Mediterraneo purchè il corridoio stradale e ferroviario non abbia altri “colli di bottiglia” più a nord lungo le Alpi. Poi bisogna abituarsi a misurare le distanze con l’orologio anziché con i chilometri. Se guardiamo l’Europa a 25 “quadrettata” sulla base della distanza dei 100 chilometri per 100 chilometri, vediamo la rappresentazione geografica, consolidata nel nostro immaginario. Se invece alla maglia spaziale dei 100 chilometri, sostituiamo quella temporale basata, per esempio sui 100 minuti che occorrono per percorrere lo spazio fisico, l’immagine cambia radicalmente come si vede nell’elaborazione proposta da Rem Koolhaas: l’Europa si deforma e si allunga dove mancano le infrastrutture e si condensa dove le aree sono molto infrastrutturate (immagini 2/3/4). Questa rappresentazione è la carta delle opportunità e dell’attrattività per gli utenti, gli investitori e gli operatori che muovono l’economia. La stessa carta, rielaborata inserendo le grandi infrastrutture previste in Italia, corregge lo squilibrio e “accorcia” anche il Mediterraneo avvicinando la costa africana. Questo è lo scenario in cui si pone la questione del Ponte sullo stretto di Messina. Un ponte serve anzitutto per oltrepassare un varco. Per rispondere a questa funzione primaria le tipologie fondamentali restano quelle descritte efficacemente dalla trattatistica rinascimentale: ponte a trave, ad arco, strallato, sospeso (immagini 5/6/7 /8). La storia dell’attraversamento dello Stretto di Messina è anche storia di esplorazioni diverse nelle tipologie di approccio al tema: dal primo studio sottomarino del 1870 di Carlo Navone della Scuola di Applicazione di Ingegneri a Torino, al “Ponte Omerico” di Armando Brasini del 1957, con la creazione di isole attrezzate intermedie, (immagini 9/10/11/12) alle “moderne” soluzioni, tra cui quella di Musmeci (immagine 13) fino al progetto attuale (immagini 14/15). E’ però lecito chiedersi se il Ponte debba essere “soltanto” la continuazione di una strada-ferrovia “nel vuoto”. La storia insegna che ci sono ponti “abitati”, ponti “piazza”, ponti “di culto”, ponti “fortezza”, ponti “parcheggio”, ponti “monumento”, ponti “megastruttura” ecc. che sono stati progettati (e talvolta realizzati) in situazioni anche molto diverse; opere non legate solo alla monofunzionalità del trasporto, ma con qualcosa in più: da Ponte Vecchio a Firenze a quello di Notre Dame, dal ponte di Rialto al ponte di Iena di Gustave Eiffel, dalle follie di Melnikov ai ponti aulici del Settecento, dai ponti monumentali ai ponti simbolo come il Tower Bridge e, per non rimanere solo in Europa, al famoso ponte di Isfahan in Iran. Tutta questa serie di modelli è caratterizzata dal fatto che, oltre alla componente funzionale, hanno qualcos’altro da offrire, per non parlare degli studi “utopistici” che soprattutto negli anni Sessanta, hanno generato idee innovative di ponti megastrutturali riprendendo e ampliando studi come quelli di Le Corbusier (Rio de Janeiro, San Paolo, Algeri) con l’idea dei viadotti abitati, inglobanti funzioni che non consumano altro territorio (immagini 16/17/18/19/20/21/22/23/24/25/26/27/28/29). C’è dunque una ricca storia di esperienze che ci fanno capire che potrebbe essere un po’ sbrigativo ridurre il ponte sullo stretto di Messina esclusivamente alla sua, pur fondamentale, funzione di transito. In particolare vorrei richiamare l’attenzione su una raffigurazione del 1793 che considero un archetipo di “ponte abitato” in cui compare la funzione insediativa verticale. È un progetto di William Bridge sul fiume Avon, interessante perché le spalle del ponte sono una vera e propria struttura urbana (immagine 30). Questa immagine è concettualmente “contaminabile” immaginando che la parte centrale del ponte propriamente detto, sia variabile e corrisponda alle diverse tipologie che strutturalmente si possono rendere necessarie in base alla luce da superare: una manipolazione del progetto di William Bridge rende più chiaro il concetto (immagine 31). Questo archetipo, forse inconsciamente, nei primi anni del Novecento, aveva generato una serie di progetti di grande interesse come i “ponti grattacielo” poi affossati nella loro possibilità realizzativa dalla grande crisi del 1929. Tra gli esempi vi è il Rainbow Bridge di Morgan, il ponte grattacielo per San Francisco e Oakland di Mullgardt, il ponte di Raymond Hood sul fiume Hudson proposto anche per lo sviluppo di Manhattan in collegamento con il territorio circostante, fino ai ponti di Hugh Ferriss. Queste suggestioni non erano soltanto elucubrazioni visionarie alla Sant’Elia, ma sono state oggetto di valutazioni sul piano tecnico-economico-realizzativo (immagini 32/33/34/35/36/37/38). La riflessione conclusiva assume la forma di una provocazione culturale.

Si può immaginare un’evoluzione del ponte sullo stretto di Messina da infrastruttura esclusivamente di trasporto (remunerata solo con i pedaggi), a polo insediativo e “oggetto urbano” a scala territoriale? Questo potrebbe avvenire trasformando i piloni – che sono comunque una presenza di enorme impatto con un’altezza di quasi 380 metri – in torri abitate. Seguendo questa suggestione Scilla e Cariddi diventano due grattacieli in cui insediare quelle attività di eccellenza che il ponte non può non generare se sono attendibili le attese che lo motivano quale generatore di eccellenze. Se poi il ponte non avesse queste capacità attrattive e non generasse attività di nuova qualità, non si collocherebbe da protagonista sullo scenario internazionale come fattore evolutivo: servirebbe “solo” per unire il mercato interno della Trinacria con quello continentale italiano (magari solo delle regioni meridionali); ma in questo caso calerebbero le sue motivazioni e il suo ruolo “locale” sarebbe efficacemente conteso dal possibile potenziamento dei collegamenti marittimi. Se invece il ponte viene considerato nelle sue interrelazioni più ampie possibili, nel suo significato europeo e mediterraneo (e per questa via “planetario”), allora non è irrealistico pensare di corredarlo di una capacità attrattiva in grado di generare anche valori immobiliari e insediativi per nulla trascurabili. Una volta acclarata la fattibilità tecnica del ponte, sarebbe dunque sensato iniziare a considerarlo anche quale generatore e attrattore di funzioni direzionali e commerciali pregiate e rare, a partire per esempio dalla ricettività che negli ultimi 10-20 piani delle due torri potrebbe contare su due alberghi in un contesto paesaggistico assolutamente straordinario, di eccellenza mondiale, e di cui il copywriter, greco, cieco, ha già preparato da molto tempo gli slogan fondamentali di una campagna di marketing basata sull’immaginario culturale della nostra civiltà. Ho pensato suggestivo ricorrere a immagini evocative ottenute combinando la struttura del progetto attuale del ponte con alcuni dei grattacieli più famosi del mondo (anche se, discutendo con il professor Remo Calzona, quello schema strutturale non sarebbe compatibile perché presuppone un’elasticità dei piloni inadatta alla componente d’uso residenziale). Se si prendono in considerazione alcuni dei più famosi grattacieli del mondo e si segna la riga corrispondente all’altezza dei piloni, del Ponte sullo Stretto, si vede qual è la scala dimensionale della soluzione ipotizzata (immagine 39). Ci si può poi divertire a contaminarli per fissare sulla retina delle immagini su cui riflettere, a partire dal paradosso del Tower Bridge deformato alla scala dello Stretto (immagini 40/41). Si pensi alle combinazioni con il Bank of China Building di Hong Kong, con la Sears Tower di Chicago, con le Petronas di Kuala Lumpur, con il Chrysler Building e con l’Empire State Building di New York, ecc. (immagine 42/43/44/45/46/47). Si tratta di suggestioni che non hanno alcuna volontà di prefigurare una proposta, ma di far riflettere su che cosa potrebbe diventare un ragionamento sviluppato in questa direzione. Prendendo in esame i costi si è fatto lo stesso lavoro “analogico” con alcune realizzazioni o progetti recenti come i grattacieli per la Regione Lombardia a Milano che sono due torri di 32 piani (nel caso dello Stretto staremmo parlando di 80-90 piani), un edificio di 47 piani come il grattacielo di Manchester attualmente in fase di realizzazione e, dal punto di vista dei ricavi invece, un’esperienza italiana del sud, la collocazione nel centro direzionale di Napoli, della torre con i prezzi che sono stati ottenuti e comunque le valutazioni che sono state fatte. I ragionamenti portano a considerare circa 100.000 metri quadrati di superficie per le attività; sostanzialmente quest’operazione entrerebbe con un 12-15 per cento del budget complessivo del “progetto ponte”, migliorerebbe la fattibilità, sarebbe pressoché neutro (con tendenza leggermente positiva) in ordine alla bancabilità (perché ovviamente si porta dentro anche i rischi connessi con un’operazione di collocazione immobiliare di questa scala). In conclusione vorrei osservare che sono consapevole che questa riflessione si colloca in una situazione caratterizzata da un iter procedurale molto avanzato dal punto di vista degli atti operativi, ma ancora “arretrato” dal punto di vista dell’acquisizione di un consenso politico-sociale allargato. Forse c’è bisogno di associare agli studi e ai progetti tecnici anche delle suggestioni che diano valore architettonico-urbanistico-territoriale all’opera; forse l’approfondimento non porterà a percorrere integralmente l’idea del grattacielo; ma anche soltanto immaginare i piloni da quota 70 metri dell’impalcato a terra come un “oggetto urbano” integrato nel contesto, anziché fondazioni “fuori terra”, rappresenterebbe già un fatto di grande significato. Se invece, come da qualche parte mi è stato obiettato, si dovesse ritenere che le superfici insediative dei “grattacieli” potrebbero essere a rischio di collocazione sul mercato immobiliare, allora si dovrebbe prendere atto che le attese di straordinari effetti attrattivi di funzioni pregiate da parte del Ponte sarebbero poco più che illusioni (propagandistiche) usate per motivare l’esistenza dell’opera. Quindi il paradosso che ho provocatoriamente proposto può essere considerato anche come una cartina di tornasole dell’“effetto ponte” realmente stimato al di là del suo essere collegamento stradale e ferroviario. Conosciamo episodi di guerra motivati con la presunta esistenza di armi di distruzione di massa; anche se siamo per fortuna su un terreno di pace, sarebbe bene che non si evocassero neppure “armi di costruzione di massa” del consenso senza la certezza di una loro attendibile esistenza.

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The Inhabited Bridge: A Paradox in Pictures What I am presenting here is an outline in pictures, which is something between a cultural paradox and a design metaphor. Let’s begin with some general remarks, for example we only need to look at Italy from north of the Alps to instantly grasp the connection between the Mediterranean and Alps, the sea and Alpine tunnels. A picture is more effective than words at describing Italy’s role as a huge “pier” in mainland Europe, right in the middle of the Mediterranean, and at showing Sicily’s absolutely crucial position in this context. If the Bridge has any meaning at all it is from this perspective and not just as some infrastructural link (picture 1). The construction of an infrastructural connection might combine the insular potential of Malta with that of Gioia Tauro and promote Sicily as a “logistical” platform for Europe in the Mediterranean, so that the road and rail corridor no longer suffers from “bottlenecks” further north along the Alps. We also need to get used to measuring distances with a watch rather than in kilometres. If we look at Europe in terms of its 25 “quadrants” based on distances of 100 kilometres by 100 kilometres, we can see the kind of geographic representation that is already deeply engraved in our minds. If, on the other hand, we replace the 100-kilometre spatial pattern with a temporal web based, for instance, on the 100 minutes required to cross physical space, the picture changes drastically, as can be seen in Rem Koolhaas’s project: Europe is deformed and lengthens where there is a lack of infrastructures and is condensed in areas full of infrastructures (pictures 2/3/4). This provides a map of opportunities and attractions for users, investors and operators working in the economy. The same map, reconstructed by incorporating the major infrastructures planned to be built in Italy, corrects this imbalance and “shortens” even the Mediterranean, bringing the African coastline closer. This is the setting in which we need to frame the issue of the Bridge over Messina Strait. The main purpose of a bridge is to cross a gap. The main types of bridge for achieving this basic goal are those set down with great precision in Renaissance treatises: girder, arched, stay and suspension bridges (pictures 5/6/7/8). The history of bridging Messina Strait is also a history of explorations into different ways of tackling the issue: from the first underwater survey carried out by Carlo Navone from the Turin Engineering Institute in 1870 to the “Homeric Bridge” designed by Armando Brasini in 1957, involving the creation of intermediate furbished islands (pictures 9/10/11/12) and “modern” ideas ranging from Musmeci’s (picture 13) to the current project (pictures 14 / 14). However, it is only right to wonder whether the Bridge ought to be “just” a continuation of a road – railway “across the gap”. History teaches us that there are “inhabited” bridges, “plaza” bridges, bridges of “worship”, “fortress” bridges, “parking” bridges, “monumental” bridges, “mega-structure” bridges etc., desined (and sometimes built) in quite different situations; works serving more than one purpose: from Ponte Vecchio in Florence to Notre Dame Bridge in Paris, Rialto Bridge and Jena Bridge designed by Gutave Eiffel, not to mention Melnikov’s wild constructions, the stately bridges of the 18th century, monumental bridges and landmark bridges like Tower Bridge, and, moving beyond Europe, Isfahan Bridge in Iran. All these bridges stand out due to the fact that they have something more than function to offer. Then there are the “utopian” studies, which, particularly in the 1960s, resulted in innovative ideas for mega-structural bridges taking up and expounding upon studies like those carried out by Le Corbusier (Rio de Janeiro, San Paolo, Algiers), based on the idea of inhabited viaducts, encompassing functions that do not take up any more land (pictures 16/17/18/19/20/21/22/23/24/25/26/27/ 28/29). So there is a wealth of previous experiences suggesting that it would be rather hasty to confine the bridge over Messina Strait to its (nevertheless fundamental) transit function. I would particularly like to draw attention to a 1793 representation of an archetype of an “inhabited bridge” serving a vertical housing purpose. It is a project for William Bridge over the River Avon, interesting because the rear sections of the bridge are an authentic urban structure (picture 30). This pictures may be culturally “contaminated” by imagining the central part of the bridge proper as being adaptable and corresponding to the various types which may be structurally necessary according to the bay to be spanned: manipulating the William Bridge project clarifies the concept (picture 31). Perhaps subconsciously, this archetype generated a number of highly interesting 20th-century projects, such as “skyscraper bridges” that went by the way side due to the economic crisis of 1929. Examples include Morgan’s Rainbow Bridge, Mullgardt’s skyscraper bridges for San Francisco and Oakland, Raymond Hood’s bridge over the River Hudson designed to help connect Manhattan to the surrounding territory and, finally, Hugh Ferriss’s bridges. These ideas were not just visionary dreams like those devised by Sant’Elia, they were actually assessed for technical-economic-construction feasibility (pictures 32/33/34/35/36/37/38).

I would like to conclude this remarks by way of a cultural provocation. Might it possible to envisage the bridge over Messina Strait progressing from being just a transport infrastructure (paid for by toll levy alone) into a sort of settlement or territorial-scale “urban object”? This might happen by converting the piers – which are, in any case, a striking sight towering up almost 380 metres – into inhabited towers. Following this proposal, Scilla and Cariddi turn into two skyscrapers for accommodating those prime activities that the bridge will have to cater for if it is to meet the expectations underpinning its construction. If the bridge failed to feature these attractions and did not promote new high-quality activities, it would never be a leading player and driving force on the modern-day scene: it would serve “only” to unite Trinacria’s home market with the Italian continental market (perhaps only in southern regions); but this would defeat its real purpose, and its “local” role might be equally well served by just strengthening sea links. If, on the other hand, the bridge is viewed in terms of the more extensive links it might entail, on a European and Mediterranean scale (and in this way even “planetary”), then it would not be unrealistic to view it as having the force to even generate significant real-estate and housing enterprises. Having speeded up the technical feasibility of the bridge, it would then make sense to view it as a generator and attractor of top-rate and highly unusual business and commercial enterprises, starting, for instance, with accommodation, since the top 10-12 floors of the two towers might contain two hotels set in the most extraordinary surroundings (world class, in fact), and for which, a long, long time ago, the great blind Greek copywriter devised the basic slogans for a marketing campaign based on the cultural connotations of Italian civilisation. I thought it might be interesting to resort to some striking images obtained by combining the structure of the latest bridge project with some of the world’s most famous skyscrapers (even though, discussing matters with Professor Remo Calzona, this structural scheme would not be compatible since it assumes a degree of flexibility of the piers quite unsuitable for being used for residential purposes). If we take some of the world’s most famous skyscrapers into consideration and draw a line corresponding to the height of the piers of the Bridge over the Strait, we can see the actual scale of the design being proposed (picture 39). It is then fun to mix them around to conjure up some visual images worth pondering over, starting with the paradox of Tower Bridge deformed to the same scale as the Strait (pictures 40/41). Other combinations involve the Bank of China Building in Hong Kong, Sears Tower in Chicago, Petronas Towers in Kuala Lumpur, and the Chrysler Building and the Empire State Building in New York etc. (pictures 42/43/44/45/46/47). These suggestions are in now way intended to be the basis of an actual project design, just to getting people thinking about this kind of approach. Assessing the costs, the same type of “analogical” work has been carried out for some recent constructions and projects, such as skyscrapers for the Lombardy Regional Council in Milan, featuring two 32-storey towers (in the case of the Strait, we would be talking about 80-90 stories, a 47-storey building like Manchester skyscraper, which is currently being built, and, from the point of view of income, a project in southern Italy to building a tower in the business centre of Naples, with all the expenses and assessments involved. All this points towards about 100,000 square metres of commercial spaces; this enterprise would cover about 12-15% of the overall budget for the “bridge project”, improving its feasibility, and would be virtually neutral (or slightly positive) in terms of bankability (because, of course, this would also encompass the risks associated with a real-estate venture of this scale). In conclusion, I would like to point out that I am well aware that this line of thinking would need to be incorporated into procedures which are already well advanced from an operative viewpoint but still “backward” in terms of obtaining widespread political-social approval. Perhaps the technical studies and projects need to be backed up by ideas adding architectural-urbanistic-territorial value to the work; perhaps further analyse will exclude the skyscraper idea, at least in part; but merely envisaging the 70-metre piers of the ground structures as an “urban object” knit into its setting, instead of just as “over-ground” foundations will still be a highly significant step forward. If, on the other hand, as has been objected from certain sides, it was assumed that a “skyscraper” might be a risky real-estate operation, then we would need to accept that any expectations in terms of the Bridge’s extraordinary appeal for alternative purposes would be little more than pipedreams (serving propaganda purposes) used to justify the entire project. So this paradox that I have put forward to provoke thought may be seen as a litmus paper indication of the “bridge effect” as it has actually been estimated above and beyond its function as a road and rail link. We are familiar with wars being justified by the assumption of the existence of weapons of mass destruction: and although we are thankfully in peaceful realms here, we would be well advised not to evoke “weapons of mass construction” in terms of approval without being certain that they actually exist.

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In prima pagina

Le Monde Headquarters, Paris Nella pagina a fianco, schizzo dell’atrio d’ingresso della nuova sede del quotidiano “Le Monde” affacciato su Boulevard Blanquis a Parigi. Nelle pagine seguenti, la facciata laterale, caratterizzata da un mosaico in alluminio e vetro che maschera la trama dell’edificio esistente, e la facciata principale individuata da uno schermo in vetro stratificato che veicola l’immagine della testata riqualificando l’area circostante. Opposite page, sketch of the entrance lobby to the new headquarters of the newspaper “Le Monde” facing onto Boulevard Blanquis in Paris. Following pages, the side facades featuring a glass and aluminium mosaic hiding the pattern on the old building, and the main façade with a stratified glass screen conveying an image of the newspaper designed to enhance the surrounding area.

Credits Project: Christian de Portzamparc Collaborators: Bruno Durbecq, Daniel Roméo, Céline Barda Lobby lighting: Martin Wallace Landscaping: Régis Guignard (Méristème) Interiors: Elisabeth de Portzamparc Collaborators: Stéphane Quigna, Elodie Pollet-Barrault Winter garden: Canevaflor, Site et Concept Technical concepts: Berim, Oth, Csba, Socotec, Qualiconsult, Ceef, Icare, Acoustique et Conseil Technical Coordination: Sgte Main Contractor: Bouygues Bâtiment Client: Bouygues Immobilier

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er i sessant’anni dalla sua fondazione (dicembre 1944), “Le Monde”, storico quotidiano francese, si è regalato una nuova sede. Gesto ammirevole e degno di nota, non solo perché dà un nuovo impulso all’immagine della testata e alla qualità degli ambienti di lavoro ma arricchisce il tessuto cittadino di una nuova icona contemporanea. Certo, il fatto che una testata scelga l’architettura come momento qualificante del proprio essere partecipe alla scena internazionale è già cosa detta e il “Sole 24 Ore”, con la sua sede milanese firmata da Renzo Piano, è senza dubbio un eccellente precedente. Ma a volte, come nel caso italiano, questi interventi rimangono casi sporadici, che purtroppo non trovano altro riscontro, altro momento di dialogo e di confronto nella città, ricucendosi nel tessuto urbano una loro isolata dignità, vere e proprie cattedrali nel deserto. L’esempio di “Le Monde” si inscrive, invece, in una prospettiva più ampia che investe un’idea aperta e dinamica di rinnovamento del tessuto cittadino. Il nuovo dialoga con le preesistenze, le fa proprie, le rielabora e traduce con un linguaggio contemporaneo. Dal raffinato merletto tecnologico che Francis Soler ha calato sull’edificio dei Bons Enfants, alla sensuale e accattivante struttura in vetro e metallo di Michele Saee, “aggraffata” sul nuovo Drugstore Publicis negli Champs Elyséé, la capitale si sta facendo portatrice di una nuova contemporaneità. Anche la sede di “Le Monde” si allinea a questa tendenza e Christian de Portzamparc ne dà una sua visione trasformando un palazzo anni Settanta nel 13° arrondissement, ex sede della direzione commerciale dell’Air France, in un piacevole e raffinato evento urbano. Tecnica, funzionalità ed estetica sono i cardini sui quali è calibrata la nuova architettura. L’edificio esistente viene considerato come complesso di potenzialità da sfruttare al meglio per creare spazi di lavoro adeguati alle nuove esigenze. De Portzamparc lavora sull’edificio originario plasmandolo per sottrazione e addizione di volumetrie. Elimina tre livelli in altezza, sottraendosi così alla normativa per gli immobili alti, e taglia il profilo superiore di sbieco, secondo una pendenza da sud a nord. Per equilibrare la volumetria totale, dilata orizzontalmente le ali laterali del corpo principale in modo da amplificare i piani degli uffici, aumentando le superfici dell’affaccio su strada. E’ lungo boulevard Blanquis che il progettista gioca la metamorfosi dell’edificio, la sua identità come riferimento urbano e riflesso dell’immagine del Gruppo. Uno schermo stratificato in vetro serigrafato viene calato lungo tutta la parete come un doppia pelle; in trasparenza la prima pagina de “Le Monde” con uno scritto di Victor Hugo sulla libertà di stampa, due colombe disegnate da Plantu, l’illustratore della testata, e un planisfero “un modo grafico e semplice per esprimere la funzione dell’edificio”. La sovrapposizione di tre strati vetrati filtra l’irraggiamento solare negli uffici e stempera, attraverso la velatura del vetro, la griglia delle finestre e dei parapetti del vecchio edificio. Per le facciate laterali de Portzamparc utilizza termini di riferimento del passato, traducendoli attraverso nuovi materiali e tecnologie. Sulle ali laterali, est e ovest, compone un contemporaneo “mosaico in alluminio e vetro che scende dal colmo seguendo il profilo della nuova linea del cielo in un chiaroscuro di grigi e bianchi, e dei verdi più scuro dei tasselli in vetro”. A livello strada trasforma l’ingresso in una piacevole piazza chiusa e delimitata da una parete curva che accede fluidamente all’auditorium, ricavato nel cuore dell’edificio. Vera e propria agorà proiettata su due livelli in altezza e inondata dalla luce delle superfici vetrate segna l’evento principale lungo il boulevard. Luce filante ai vari piani lungo le facciate completata da fusti luminosi disegnati da Elisabeth de Portzamparc. A lei si deve la grazia e l’accoglienza dell’allestimento degli interni, dai toni caldi e funzionali per gli uffici, conviviali e accoglienti nei piani alti dove, sotto la copertura inclinata, sono sistemati gli spazi di pausa, il ristorante e la caffetteria. Elena Cardani

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e Monde, the famous old French newspaper, has decided to commemorate the sixtieth anniversary of its founding (December 1944) by furbishing itself with a new headquarters. An admirable idea worthy of note, not just because it helps revamp the paper’s image and the actual place of work, but also because it will stitch a new modern-day icon into the city fabric. Of course the Milan-based headquarters of “Il Sole 24 Ore” designed by Renzo Piano is certainly a fine precedent of a newspaper choosing architecture as the driving force and distinctive features of its desire to be a real player on the international scene. But sometimes, as in the case of the aforementioned Italian project, these projects turn out to be just one-off events, rarely followed up by further attempts to dialogue and interact with the city and remaining isolated instances of rare dignity stitched into the cityscape like authentic cathedrals in the desert. The “Le Monde” project is actually part of more extensive plans for an open and dynamic process of redeveloping the cityscape. This new attempt to interact with the old city draws on, reworks and translates what is already there in a modern-day key. From the elegant technology lace that Francis Soler has draped over the Bons Enfants building to the sensual and captivating glass and metal structure by Michele Saee, “seamed” onto the new Publicis Drugstore in the Champs Elysées, the French capital epitomises a new kind of modernity. The headquarters of “Le Monde” is part of this trend and Christian de Portzamparc has provided us with his own personal reading of it by converting a 1930s’ building in the 13th arrondissement, once the commercial headquarters of Air France, into a refined urban event capable of reviving a rather bland and dreary area between Place d’Italie and the Butte aux Cailles. De Portzamparc has worked away on the original building, reshaping it by adding on and removing structures. Firstly, three levels in height have been removed, thereby steering clear of the regulations governing tall buildings and the upper profile has been cut through diagonally in a south-to-north direction. To balance out the overall structure, the side wings of the main building have been dilated to extend the office floors, thereby increasing the area facing onto the road. The architect has transformed the building most dramatically along the boulevard Blanquis, turning it into a landmark reflecting the firm’s corporate identity. A layered screen made of serigraphed glass has been placed along the entire length of the wall like a double skin; with a transparent representation of the front cover of “Le Monde” with an article about the freedom of press written by Victor Hugo, two doves designed by Plantu, the paper’s cartoonist, and a planisphere “a simple graphic means of expressing the building’s function”. Three overlapping layers of glass filter sunlight into the offices and draws on the veiling properties of glass to play down the grid of windows and parapets on the old building. For the side facades Portzamparc has drawn on features from the past, translating them through new materials and technology. The east and west wings are decorated with a modern-day “mosaic of aluminium and glass that descends from above following the outline of the new skyline in a chiaroscuro pattern of greys and whites and the darker greens of the pieces of glass. The building entrance at road level has been turned into a lovely little plaza enclosed on all four sides and bordered by a curved wall leading smoothly into the auditorium constructed in the heart of the building. This is an authentic agora projected over two levels in height and flooded with light through the glass. It is the main event along the boulevard. Light flowing into the various levels along the facades is enhanced by luminous shafts designed by Elisabeth de Portzamparc. She is responsible for the interior furbishing in warm shades congenial to the office levels and bright and striking up on the top floors where the break facilities, restaurant and cafeteria are located beneath the sloping roof. 209 l’ARCA 11


Nicolas Borel

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Da sinistra a destra, in alto, piante del piano terreno, del terzo, del quinto piano e sezione longitudinale. Schizzi per lo studio delle volumetrie calibrate sulle struttura esistente in relazione alle nuove esigenze funzionali.

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From left to right, top, plans of the ground floor, third floor, fifth floor and longitudinal section. Sketches for studying the structural design of the old construction in relation to new functional requirements.

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Above, the entrance lobby opening onto Boulevard Blanquis and a corridor marked by strip lighting along the windows.

Particolari degli spazi comuni, progettati da Elisabeth de Portzamparc e declinati su un gioco di luci integrate nei pilastri, muri e soffitti che accentua la

dinamica e il calore dei diversi ambienti. Details of the communal spaces designed by Elisabeth de Portzamparc and working on an

interplay of lights incorporate din the columns, walls and ceilings that bring out the dynamism and warmth of the various premises.

Nicolas Borel

Sopra, l’atrio d’ingresso aperto su Boulevard Blanquis e un corridoio di distribuzione segnato da un illuminazione filante lungo le finestrature.

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Tra l’ontologia del numero e della scienza

Weber+Hofer

Weber+Hofer

Art Museum at Linz

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Dietmar Tollerian

Credits Project: Weber+Hofer: Jürg Weber (project architect), Josef Hofer (construction manager) Project Architects: Anita Emele, Urs Borner, Markus Stalder, Markus von Grünigen Structural Engineers: Rolf Hohann, Jürg Zimmermann, Peter Platzer Construction Supervision: Hochbauamt Mechanical Engineers: Grünberg & Partner Electrical Engineers: Kuratli, Hansmann + Partner, Wagner & Partner Building Physics: Wolfgang Hebenstreit Façade Engineers: Ertl Structural Engineering of the Façade: Klaus Bieregger Natural Lighting Design: Institut für Tageslichttechnik Christian Kölswo Stuttgart Artificial Lighting Design: Hahn Lichtplanung, Zumtobel Staff Security Engineer: Peter Waldenberger Master Builder: Arge Waizenauer – Alpine-Mayreder Bau Structural Steel and Metal Work: Fritscher Stahl- und Metallbau Glass Façade: Mandl+Eckl Glass Manufacturer: Eckelt Brüder & Co Interior Glass Ceiling: Fuchs Glas-Technik Client: Neue Galerie – Errichtungs Linz Austria

inz, capoluogo dell’Ober-Osterreich è situata in prossimità della confluenza del fiume Traun col Danubio, ed è collegata con la linea ferroviaria a Vienna e Strasburgo. Vi sono alcuni elementi caratteristici nel tessuto di Linz: il Nibelungen Bridge che la unisce al sobborgo industriale di Urfahar, già accampamento romano della vecchia Lentia e il Danube Park, il Castello superbo massiccio del monte Pöstling. In prossimità del ponte sul Danubio, gli architetti Jürg Weber e Josef Hofer, di Zurigo, hanno progettato e realizzato il Lentos Kunstmuseum, sulla Ernst Koref Promenade. Nel museo sono stati realizzati spazi per ospitare una collezione permanente, sale per esposizioni temporanee e un piccolo museo di pedagogia, per un totale di circa 3000 metri quadrati. Inoltre sono collegati al museo gli uffici per la ricerca sistematica e computerizzata delle opere esposte, negozi e ristoranti con terrazze annesse, insomma un organismo completo e complesso per stimolare una partecipazione intensa dello spettatore all’arte. Il medesimo significato si può leggere nell’impianto architettonico e nei materiali che lo compongono. Non è, e in effetti non poteva esserlo per il significato dell’edificio, un complesso architettonico estraneo alla topologia e alla struttura di Linz. Gli architetti sono riusciti a far penetrare il tessuto urbano, con i suoi relativi eventi, nel museo. Il cristallo delle facciate e la trasparenza che ne deriva è in grado di riflettere il Danubio, il ponte, il castello e le montagne che diventano parte sostanziale dell’edificio. La hall centrale, decorata con una statua dominante, è in grado di determinare il passaggio dallo spazio cittadino all’ergonomia dell’uomo. Il tutto del museo diventa così pieno di parti. Proprio qui ci accorgiamo di quanto ampio sia lo spettro dell’ontologia del-

la progettazione, quella che va dallo studio delle proprietà dei materiali, con i quali è stata realizzata l’opera, fino alle loro relazioni con quelle azioni che costituiscono l’evento. Insomma, dall’ontologia dei numeri a quella delle scienze naturali, dall’ontologia sociale, che è la funzione di un museo, a quella delle opere d’arte e delle entità fittizie e formali ospitate nel suo interno. Il Lentos Kunstmuseum diventa, così, l’espressione di un’analisi dei rapporti fra le varie parti della città e il museo, fino alla formalizzazione delle relazioni di dipendenza e dei principi dell’identità stessa del museo e della città. Se vale fare un’immagine, il riferimento è al disegno di Maurits Cornelius Escher: la Goccia di rugiada, del 1948. La domanda allora diventa: un biglietto del treno e il relativo supplemento sono due entità o una sola? Il museo Lentos e Linz sono due entità o una sola? Certamente i progettisti hanno portato il loro progetto fino a renderlo trasparente al punto che la città, compreso il Danubio, si specchiasse in esso. Su questi punti si possono avere delle visioni diametralmente opposte; è difficile chiedersi, però, se ci sia una cosa senza specificare che cos’è, lasciando intravedere nell’atteggiamento prescrittivo il rischio che l’ontologia, in questo caso, diventi troppo dipendente dalla scienza dell’architettura. Ai progettisti Weber e Hofer va il merito d’essere equanimi, di rappresentare con equilibrio le due parti e soprattutto di non decidere i dettagli del museo in modo tranchant. Insomma nel Museo Lentos a Linz i progettisti rivelano di avere due anime, quella della curiosità del minimo dettaglio al limite del numero, come quello di definire quante sono le squame di un pesce, e quella del monista Plotino che, viceversa, riduceva tutto all’uno. Mario Antonio Arnaboldi

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inz, a city in northern Austria, the most important city in Ober-Osterreich, is situated where the River Traun flows into the Danube and connected to the railway line to Vienna and Strasbourg. The urban fabric of Linz has some distinctive features: Nibelungen Bridge connecting it to the industrial suburb of Urfahar, once a Roman settlement in old Lentia, the Danube Park, the castle, and magnificent Mount Pöstling that looms over the city. The architects from Zurich, Jürg Weber and Josef Hofer, have designed the Lentos Kunstmuseum along Ernst Koref Promenade near the bridge over the Danube. The museum holds spaces for hosting a permanent collection of paintings and works of art, temporary exhibition rooms, and small educational museum, covering a total of approximately 3000 square metres. The museum is also connected to the offices for systematic, computerised research into the works on display, shops and restaurants with adjoining terraces or, in other words, a sort of intricate and complete organism designed to get art lovers actively involved. The same meaning may be reading into the architectural design and materials out of which it is made. Bearing in mind the building’s significance, this architectural complex fits in with the topology and structure of Linz. The architects have used this project to stitch part of the urban fabric (and the events it holds) into the museum. The glass facades and transparency they bring with them reflect a city that is virtually unknown, yet very real. The Danube, the bridge, castle and mountains are a substantial part of the building. The central hall, furbished with a striking statue, creates the transition from the city space to human ergonomics. The museum as a whole thereby becomes full of parts. Right here

we realise the scope of the spectrum of the design’s ontology, ranging from a study into properties of the materials out of which it is constructed to their relations with the actions constituting this event. In other words, from an ontology of numbers to an ontology of natural sciences, from a social ontology (i.e. the museum’s purpose) to an ontology of the works of art and formal-fictional entities held inside. This makes the Lentos Kunstmuseum an embodiment of a study into the relations between the various parts of the city and museum, actual formalising these interdependent relations and the principles underpinning the identity of the museum and city. If an image is required, then it would be the drawing by Maurits Cornelius Escher: la Goccia di rugiada from 1948. So the question is: are a train ticket and the excess charge two things or one? Are Lentos Museum and Linz two things or one? The designers have certainly made their project so transparent that the city, including the Danube, are mirrored in it. People may well have quite contrasting views on these matters; but it is hard to wonder whether something exists without specifying what it is, since a prescriptive attitude always runs the risk of making the ontology (in this case) too dependent on the science of architecture. The architects Weber and Hofer deserve praise for their impartiality, managing to find a balance between the two parts and, most significantly, to decide upon the details in an unbiased way. The architects responsible for designing Lentos Museum in Linz clearly work along two basic lines: on one hand showing great curiosity over even the slightest detail pushing numbers to their extreme (like deciding how many scales on a fish) and on the other adopting Plotinus’s monist approach of reducing everything to one. La scenografica facciata di pannelli di vetro laminato riflettente che caratterizza l’esterno del Lentos Kunstmuseum di Linz modificandone l’aspetto a seconda delle variazioni del cielo e della luce. Di notte, tubi luminosi, a colore e intensità variabile, inseriti nella sub-struttura trasformano il Lentos in una affascinante scultura luminosa. The striking façade of reflective laminated glass panels marking the outside of Lentos Kunstmuseum in Linz, altering its appearance according to variations in the skies and light. At nightitime luminous tubes of varying colour and intensity set in the sub-structure turn Lentos into an intriguing luminous sculpture.

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Sezione longitudinale.

Longitudinal section.

Vista della riva ovest del Danubio su cui è stato realizzato il Lentos Kunstmuseum. A sinistra, particolare costruttivo della facciata e, sotto, planimetria generale. View of the west bank of the Danube, where Lentos Kunstmuseum was built. Left, construction detail of the façade and, below, sit plan.

Pianta del primo piano. First floor plan.

Pianta del piano terra. Ground floor plan.

Sopra, pianta del piano interrato. A sinistra, sezione trasversale sull’atrio delle sculture.

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Above, plan of an underground level. Left, cross section of the lobby of sculptures.

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Viste delle sale espositive e, sotto, il Lentos visto dal parco pubblico realizzato al suo esterno. Views of the exhibition rooms and, below, the Lentos seen from the public park on the outside.

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La sala espositiva principale di 40x20 m. Sotto, vista laterale del museo in cui lo spazio aperto determinato dalla struttura a ponte del volume crea una finestra panoramica sul Danubio. The main exhibition room measuring 40x20 m. Below, side view of the museum, in which the open space created by the construction’s bridge structure forms a panoramic window across the Danube.

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Gianni Arnaudo

Confronto con la storia

Gianni Arnaudo

V2 Elettronica Factory, Racconigi

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Credits Project: Gianni Arnaudo Site Management: Studio Tecnico Ing. Brunetti Thermic Plant Project: Studio Tecnoprogetti Gullino & Fea

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l complesso realizzato da Gianni Arnaudo per V2 Elettronica, una fabbrica di componenti elettroniche di alta precisione, si trova ai margini dell’abitato della città di Racconigi (Cuneo), collocata a metà della grande pianura che separa Torino dalla cerchia delle Alpi e dove i Savoia vollero collocare una delle più significative testimonianze del loro segno architettonico in un interessante complesso, castello e parco ora divenuti dominio di tutela dell’UNESCO. Lo stabilimento si affaccia sul viale secolare che fa da quinta monumentale alla facciata del castello. Uno dei problemi caratterizzanti la progettazione è stato dunque quello di armonizzare un contenitore industriale con un contesto storico e paesistico di notevole rilievo, tenendo conto di alcune scelte imposte dalla committenza quali l’uso di una struttura prefabbricata, la definizione di superfici organizzate secondo una logica produttiva derivata da un ciclo di lavorazione specifico a cui le forme architettoniche dovevano adeguarsi. Altro aspetto, date queste premesse, era quello di smaterializzare i “pesi” e i volumi così definiti, mediante una scelta strategica dei materiali e delle tipologie costruttive. E’ nata così un’idea definita attraverso un dialogo tra superfici e volumi, opacità e trasparenze che ne caratterizzano la vitalità e, allo stesso tempo, la dialettica delle varie componenti. Con lo sviluppo della propria attività, alcuni imprenditori illuminati hanno colto nella realizzazione di nuovi stabilimenti una occasione importante per creare e comunicare un ulteriore valore aggiunto alla propria immagine e alla riconoscibilità della propria attività produttiva. Per questo hanno individuato in una architettura di qualità non soltanto una risposta di adeguamento degli spazi alle nuove esigenze e ai nuovi sistemi di produzione, ma anche un modo di veicolare la comunicazione di una propria filosofia azien-

he complex designed by Gianni Arnaudo for V2 Elettronica, a factory manufacturing high-precision electronic components, is located in the outskirts of the city of Racconigi (Cuneo), midway across the flatland plain separating Turin from the Alps and the place where the Savoy decided to build one of their most distinctive works of architecture, an interesting complex, castle and park now safeguarded by UNESCO. The factory faces onto an old avenue that acts likes a monumental backdrop to the castle façade. One of the main design issues was the problem of knitting an industrial building into a striking historical setting and piece of landscape, bearing in mind certain constraints set by the client, such as the use of a prefabricated structure and the arrangement of surfaces to cater for a production process based on a specific work cycle that the architectural forms had to accommodate. Taking these considerations into account, another important factor was the need to dematerialise the “weights” and structures this entailed, thanks to carefully selected materials and building types. This resulted in the idea of bringing together the surfaces and structures, opacity and transparency injecting life into the design and, at the same time, creating dialectical relations between the various components. As their business has boomed, some enlightened entrepreneurs have taken advantage of new buildings to create and convey something extra about their company image and the manufacturing operations they are involved in. They have discovered that high-quality architecture does not just meet the need to adapt spaces to new requirements and new production systems, but also provides a means of conveying their corporate philosophy based on

dale basata sul concetto di creatività, di innovazione, e di sensibilità rispetto alle sollecitazioni esterne del mercato. Come in molti casi che ormai appartengono alla storia dell'architettura, l’imprenditore ha voluto esprimere con la creazione del proprio luogo di lavoro una forte testimonianza di volontà di trasformazione e al tempo stesso un nuovo segno culturale. Date queste premesse non si poteva che esprimere un “segno forte”, testimonianza ed espressione di questi obiettivi. L’idea dominante che ha guidato la progettazione è stata quella di smaterializzare i volumi ponendoli in contrasto dialettico con un grande spazio espositivo determinato dall’incontro geometrico fra un “foglio” di acciaio curvo e leggero con la parte opaca del complesso. Questo risultato è stato ottenuto con grandi superfici vetrate e l’adozione di una struttura in legno lamellare: si è riusciti così a declinare momenti di leggerezza e trasparenza con inaspettati effetti scenografici. Contributo determinante e finale è stato dato dallo studio dell’illuminazione che esalta la visione notturna del complesso: così la comunicazione di questa nuova realtà industriale può continuare con uguale forza a trasmetterci ulteriori messaggi. Oltre il crepuscolo l’edificio si trasforma dando vita a un oggetto che richiama vagamente una astronave per comunicare in questo possibile decollo fra led ed effetti sorprendenti la volontà di conquista di nuovi spazi grazie a quelle capacità imprenditoriali che caratterizzano anche i momenti di crisi l’affermarsi della creatività e di un modo diverso di fare impresa.

Electrical Plant Project: Studio Tecnico Carpinato S. e Amprimo S. Main Contractor: Gallo Costruzioni di Gallo & C.

External Floors: Pavesmac Client: V2 Elettronica

Viste del complesso industriale realizzato per la V2 Elettronica ai margini di Racconigi (Cuneo) in un contesto di alto valore storico e ambientale.

Prefab Structures: 2G Prefabbricati di Giaccardi & C. Roofing and Wood Structures: Holzbau Glass facades: Metra Facades Structures: Alessandria Serramenti

Floors: Graniti Fiandre Electrical Plant: GI.PE di Gianoglio S. e Peretti A. & C. Thermic Plant: Giordano Davide Impianti Alimentari Lighting Appliances: iGuzzini

the concept of creativity, innovation and an awareness of outside input from the market. As in many cases now part of the history of architecture, this businessman wanted to use his own place of work to embody a strong desire to change and, at the same time, to create a new cultural landmark. This inevitably led to the construction of a “powerful sign” giving concrete shape to these goals. The main idea behind the design was to dematerialise the structures by bringing them into dialectical relation with a large exhibition space produced by a geometric encounter between a “leaf” of gently curving steel and the opaque part of the complex. This effect was created by the wide glass surfaces and the use of a laminated wooden structure: this resulted in an unexpected feeling of lightness and transparency and other striking effects. One final crucial touch was provided by the lighting effects making the complex more eye-catching at nighttime: this allowed the new industrial premises to convey further messages with the same force and energy. After twilight the building is transformed, bringing to life an object vaguely reminiscent of a spaceship whose LEDs and other startling effects express a desire to “take off” in the quest to conquer new spaces, thanks to the kind of business expertise allowing creativity and a different way of carrying out business to emerge even during crisis periods.

Views of the industrial complex designed for V2 Elettronica in the outskirts of Racconigi (Cuneo) in a historicallyenvironmental striking context.

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Sopra, planimetria generale. Sotto, vista notturna della facciata che grazie all’ampia porzione vetrata e a un accorto utilizzo di effetti luminosi

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conferisce leggerezza e trasparenza all’edificio. Nella pagina a fianco, sezione longitudinale e vista della parte posteriore della fabbrica,

caratterizzata da un “foglio” di acciaio curvo che contribuisce visivamente ad alleggerire l’immagine complessiva dell’edificio.

Above, site plan. Below, nighttime view of the façade, whose wide glass surface and clever use of lighting effects makes the building light and transparent.

Opposite page, longitudinal section and view of the rear section of the building featuring a “leaf” of curved steel visually contributing to lighten up the building’s overall image.

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Particolare della struttura a vista in legno lamellare. Nella pagina a fianco, particolare della facciata in cui la dialettica tra linee curve e diritte e tra opacità e trasparenza determina una “materializzazione” dei pesi e dei volumi dell’impianto; in basso, vista del blocco uffici. Detail of the exposed laminated wooden structure. Opposite page, detail of the façade in which dialectical relations between curved and straight lines and opacity and transparency “materialise” the plan’s structures and weights; bottom, view of the office block.

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nvece che a pane e acqua, metaforici s’intende, con cui nutrire un’architettura necessariamente castigata cui nulla si possa rimproverare, immaginarsi cosa comporterebbero junk food, dieta mediterranea, dissociata o, appunto, sibaritica. Intanto e giustamente: perché ridursi a pane e acqua? Ancora: basterebbe forse aggiungere del vino per accedere alle verità concesse con l’ebbrezza da un appropriato tasso alcolico? Meglio sarebbe ricorrere agli aperitivi?… alla chimica? La digressione per riconoscere a questo studio di progettazione battezzatosi Sybarite UK Ltd. (http://62.8.127.210/sybarite) di aver chiarito intenti e ambizioni fin dal nome, e meglio di un Manifesto. Ricorrere nella re Londra del XXI secolo a un revival dei costumi proverbialmente sfrenati di una città della Magna Grecia spiega il da farsi e non può che promettere meraviglie di cui essere responsabili. Nel frattempo la civiltà si è dotata di quel sistema degli scambi efficientissimo e spietato per cui si contraddistingue, in grado di assecondare, produrre o guidare qualsiasi moto interiore capace di monetizzarsi pur di trasformarsi in merce. Con vortici merceologici magari scellerati ma situabili comunque, ormai, sempre al di là del bene e del male. Qui, per ironia, si è finito per incontrare i sibariti, in una riduzione a società dei consumi, magari dimenticando che interesserebbero Georges Bataille, parte maledetta e notion de dépense più del lusso come nicchia. In questi stessi sibariti riesumati dalla storia sopravviverebbe la critica radicale alla nostra economia, produttiva fin nei desideri, libidinale si diceva qualche tempo fa, forse per spiegarsene il manque perpetuo. Mentre per le coscienze resta tanto difficile ammettere quel che accade che per reagire si ridurrebbero a risuonare false. Come suggerito da Jean Baudrillard – son decenni – saremmo nelle sciagurate condizioni di chi, a rivoluzione sessuale compiuta, si trovi a chiedere: What are you doing after the orgy? In altre parole: cosa resta da fare quando tutto è disponibile? Quando tutto è possibile? Situazione problematica in cui ritrovare l’architettura liberata dalla rivoluzione digitale. Quindi: architettura come merce, di questi tempi. Significativamente la futuribilità a cui i progetti di Sybarite si ispirano prende più facilmente corpo negli stores, nella dimensione parallela della merce divenuta medium, in cui ciascuno è destinato a pre-figurarsi o sfigurarsi anche; si incarna in ambienti speciali, fantascientifici, ma della fantascienza come sarebbe dovuta essere, ad averne i mezzi, fosse tanto materialista e si potesse essere spensierati abbastanza. Barbarella si troverebbe più a suo agio da Marni che nel bric à brac originario? L’architettura degli interni viene survoltata, in modo possa coincidere con la scena per la divinazione del futuro prossimo insita nello shopping; tende a confermare l’ipotesi che sia in corso un’illuminazione estetica; partecipa per empatia, diventa altrettanto euforica, come se fiorisse, come una fioritura, perciò sinuosa, avvolgente, anti-geometrica, non astratta, semmai analogica di entità dotate di vita propria; non è la manifestazione dello spirito nelle cose inanimate in cui compiacersi per deriva minimal. Gli interni sono percorsi da qualcosa malgrado tutto vegetale, con il vigore immaginario delle piante carnivore trasmesso alle cose dal lavoro metallurgico di officine probabilmente computerizzate. Lusingati dal venir lambiti da simili strabilianti creature. Si estrae l’energia latente nei materiali, rendendola figurativa, spendendola. Da questa spesa deriverebbe il carattere intenzionalmente voluttuoso – vetrine o balconi prominenti come seni – ma anche certamente voluttuario, eccedente appunto, del disegno di Sybarite. Voluttuoso è un termine che si lega almeno ai sensi se sessuofobi, voluttuario finisce per invischiarsi tra le categorie dell’economia politica e divisioni ambigue, a sfondo morale, coi sensi in ostaggio, tra quel che è necessario e quel che non lo sarebbe.

Sybarite Nell’architettura si vuol far ideologicamente prevalere la parte utile, invece, a ritrovare Bataille, l’architettura sarebbe un’eminente spesa improduttiva, in cui l’eccedenza si risolverebbe. Ma ritroviamo anche Le Corbusier, la machine à habiter, nonostante quel che se ne vuole pensare, resta comunque un’idea suntuaria: una macchina fatta di spazi per produrre cosa? l’abitare! Questa attività fondamentale, prima fra tutte, persino ineffabile, addirittura poetica. Chi sarebbe tanto folle da chiedersi l’utilità di una promenade architecturale? Eppure non è in simili passeggiate, magari sull’Acropoli, altrimenti improduttive che l’architettura si spiega meglio? Senza, per carità, ricorrere ai fattori psicologici e ad altre perniciose misurazioni dell’imponderabile. Le Corbusier nel 1953 specchia nella nozione di potlatch – il dono di rivalità, in cui tutto deve essere restituito per distruzione sacrificale – i primi cinque volumi della sua opera completa e la pratica disinteressata della pittura “un don du temps, de patience, d’amour, sans aucune contrepartie d’argent”. Era stato Bataille stesso “en témoignage d’admiration et de sympathie” a regalare a Le Corbusier il suo saggio La Part maudit, essai d’échonomie générale. All’utile si oppone l’inutile; il superfluo potrà anche rivelarsi indispensabile ma non sarà mai essenziale. Per buona abitudine del pensiero o condanna non si è propensi a credere che il disegno delle cose, i progetti, l’architettura, dovrebbero sorprendere proprio questa essenzialità in un punto inatteso? Ma il lavoro di Sybarite e l’edonismo digitale si spendono, riflettono la prodigalità, tanto affini alla merce e alla immediatezza geroglifica della pubblicità da far slittare i termini del problema. Sgombriamo il campo: la merce è un medium, circola, si scambia per denaro, si fa segno, trasporta di tutto, perciò anche l’architettura. Solo che l’architettura per effetto di un vettore simile – la merce – cambia consistenza. Per allinearsi ai ritmi di moda e informazione viene come aspirata, perde il passo profondo che le sarebbe proprio, risucchiata nel flusso di immagini che fanno continuamente presa, che si iscrivono di continuo. Problema che andrebbe trattato senza dare in escandescenza, freddamente; in modo da accorgersi, almeno, di cosa succede. L’architettura diventa oggettuale, assume l’evidenza di un oggetto, attraente quanto un paio di scarpe, eventualmente altrettanto arbitraria, certa, appetibile, avvertita, dispendiosa. Forse perde anche di definizione. Lo spazio retrocede a sottoprodotto, come fosse effetto e non causa prima dell’architettura. Quel che più conta degli edifici sono le fattezze, più ancora della bella presenza la presenza tout court. I 40 metri quadri low-cost delle abitazioni Plectrum House si assemblano in complessi fluenti, nautici, alti cinque piani, sono ancora cellule, capsule forse, ma assai più formose dei propri precedenti. Finalmente sotto sorveglianza millimetrica, file per file, dall’inizio alla fine del ciclo produttivo. In pianta gli spazi risultano quasi convenzionali, se si comprimono sembrano potersi eclissare all’ombra dell’onnipresente ma ormai invisibile dotazione tecnica, ai confini degli abitacoli. E’ inevitabile pensare a quanto fosse sibarita Carlo Mollino nel 1943, ai tempi dell’alloggio in risaia. Ma per questo stesso dispendio Sybarite può andare incontro all’invenzione più felice e trovare mimetizzato in un cratere del deserto del Kuwait un hotel oasi, scavato nella sabbia, opportunamente messo al riparo di una duna. L’architettura è un frammento di un mondo integralmente artefatto, da realtà virtuale. Crateri, dune, oasi, fenomeni altrimenti detti – con qualche approssimazione, sia chiaro – naturali, sono simulati, replicati. Come si fosse già finiti su un altro pianeta o si potesse ormai rivolgere al nostro uno sguardo extra-terrestre. Decio Guardigli

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nstead of feeding architecture (metaphorically speaking) on bread and water, so that it is inevitably sober and irreprehensible, imagine what it might be like on a dissociated, Mediterranean or junk food diet: sybaritic is the right word. Anyway, why should it have nothing but bread and water? And might adding just a little wine be enough to glimpse the truths revealed by the intoxication of an appropriate level of alcohol? Would it be better to turn to aperitifs?……or chemicals? This digression is just a way of acknowledging that this firm, which has named itself Sybarite UK Ltd. (http://62.8.127.210/sybarite) , has clarified its aims and ambitions even in the name or rather Manifesto it has chosen. Deciding to opt for a revival of the proverbially wild customs of an ancient city of Magna Grecia in 21st century London, which is really back in the swim again, explains everything and promises some real wonders. Meanwhile, civilisation has armed itself with the system of super-efficient and relentless trading that now characterises it, capable of catering for, producing or guiding any inner drives capable of being monetized in order to be turned into goods. The vortex of goods is now quite literally beyond good and evil. Here, ironically, is where we meet the Sybarites, reduced to the level of consumer society, possibly forgetting that Georges Bataille (the damned part and notion de dépense) would probably find them more interesting than luxury seen as a niche. In these Sybarites (dug up out of history) there might still be some radical critique of our economy, now so productive right down even to its most libidinous desires, as they used to say, perhaps in order to account for its endless lack of substance. For our consciences it was so difficult to admit what was happening that any reaction was bound to sound quite false. As Jean Baudrillard has suggested – decades ago – we are apparently living in the unenviable state of people who, in the wake of the old sexual revolution, find themselves wondering: What are you doing after the orgy? In other words: what is there left do when anything goes? When anything is possible? A tricky situation in which to find architecture freed from the digital revolution. So, these days, architecture is another kind of goods. Significantly, the futuristic feasibility Sybarite was looking for in its projects is more easily embodied in stores, in the parallel dimension of goods that have been turned into a medium, in which everybody is destined to be pre-figured or disfigured even; it takes shape in special science fiction settings, but science fiction as it ought to have been with the right means at our disposal and if we were carefree enough. Would Barbarella be more at ease in Marni than in the original bric-à-brac? Interior architecture is given a boost, so that it can become the place where we foresee the future through shopping; it tends to confirm the idea that an aesthetic enlightenment is under way; it takes part through empathy, becomes equally euphoric, as if it were blooming like a blossom, so it is sinuous, enveloping, anti-geometric, not abstract, if anything analogical like a living entity; it is not an embodiment of the spirit inherent in inanimate things, whose minimalism we may delight in. The interiors are shot through by something which is, after all, vegetable, with the imaginary vigour of carnivorous plants conveyed to these things by the metallurgical labours of presumably computerised workshops. We are flattered by being caressed by such startling creatures. The latent energy is drawn out of materials, making it figurative, spending it. This spending holds the key to the deliberately voluptuous – windows and balconies like breasts – but also unnecessary or excessive nature of Sybarite’s design work. Voluptuous is, at least, an expression connected with the senses, but for sex phobics, unnecessary ends up somewhere in the categories of political economy and ambiguous divisions of a moral nature, having taken the senses

hostage, somewhere between what is necessary and what is not. In architecture it is the useful part that is ideally brought to the fore, whereas, returning to Bataille, architecture is actually an eminently unproductive expense, which is where the excess lies. But we also find Le Corbusier, and his machine à habiter, whatever we might think, is still a sumptuary idea: a machine composed of space for producing what? Living! This most fundamental and even ineffable activity, which is indeed even poetic. Who would be crazy enough to wonder about the usefulness of an architectural promenade? But is not it during walks like this, perhaps up around the Acropolis, which are otherwise unproductive, that architecture gives the best account of itself? Without, for goodness sake, resorting to psychological factors and other baneful ways of measuring the imponderable. In 1953 Le Corbusier mirrored the notion of potlatch – the gift of new vitality, in which everything must be restored through sacrificial destruction – in the first five volumes of his complete works, as well as his disinterested hobby of painting “un don du temps, de patience, d’amour, sans aucune contrepartie d’argent”. It was Bataille himself who, “en témoignage d’admiration et de sympathie”, presented Le Corbusier with a copy of his essay La Part maudit, essai d’échonomie générale. The useful is opposed by the useless; the superfluous might even turn out to indispensable but it will never be essential. Is not it proepr thinking to assume that the design of things, projects and architecture ought to take this essentialness by surprise at some unexpected point? But Sybarite’s work and digital hedonism are spent and reflect a kind of extravagance so reminiscent of goods and the hieroglyphic immediacy of advertising, that the terms of the issue inevitably get shifted. Let’s clarify matters: goods are a medium, they circulate, are exchanged for money, turn into signs, carry everything, which means even architecture. Only by means of a similar vector does architecture manage to alter the substance of goods. To fall in line with the pace of fashion and information, it appears to get sucked in, looses its deepest rhythm and is drawn into the flow of images that constantly take hold and are inscribed. An issue that ought to be examined coolly and calmly; so that we do, at least, realise what is gong on. Architecture takes on the form of an object, as attractive as a pair of shoes, and even just as arbitrary, certain, tempting, smart and expensive. May be it loses some definition. Space recedes into a subproduct, as if it were the effect and not the primal cause of architecture. What counts most about architecture are its features, its actually being there rather than how pretty it is. The 40 low-cost square metres of the Plectrum House apartments are assembled into fluid complexes, nautical, five-storeys high; they are still just cells, perhaps even capsules, but much more shapely than their predecessors. The are kept under careful surveillance, row by row, from the beginning to the end of the production cycle. Examining the building plan, the spaces look almost conventional, if compressed they look as though they might be eclipsed in the shadow of theirs omnipresent but invisible technical furbishing, almost bordering on cockpits. We cannot help remembering how sybaritic Carlo Mollino was in 1943, back in the days of the ricefield lodgings. But due to this expenditure, Sybarite can be as inventive as they like and set a heavenly hotel in the camouflaged setting of a desert crater in Kuwait, excavated in the sand and carefully sheltered by a dune. Architecture is a fragment of a completely artificial world, made of virtual reality. Craters, dunes, oases, and other so-called (rather imprecisely, of course) natural phenomena, are simulated and replicated. As if we were on another planet or could take an extra-terrestrial glance back down at our own planet.

Agora Dreams and Visions

Agora Dreams and Visions

Sybarite

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Burj Emirate Hotel

In alto, rendering del progetto per il Burj Emirate Hotel a Dubai. Al centro, pianta del quattordicesimo livello. In basso, sezione e vista aerea della parte posteriore dell’albergo. Top, rendering of the project for the Burj Emirate Hotel in Dubai. Centre page, plan of the fourteenth floor. Bottom, sections and aerial view of the hotel rear.

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In alto, vista dal secondo livello verso la spiaggia, la laguna e il Golfo Arabico. Al centro, a sinistra, la galleria di sculture al primo livello interrato illuminato con luce naturale rifratta attraverso gli oblò collocati sul fondo della piscina a destra, vista dell’eliporto al nono livello. In basso, il giardino interno visto dall’undicesimo livello. Top, view of the second floor facing the beach, lagoon and Gulf of Arabia. Centre page, left, the sculpture gallery on the first underground level lit by natural light refracted through portholes set in the bottom of the swimming pool and, right, view of the helicopter pad on the ninth floor, Bottom, the inner garden seen from the eleventh floor.

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Tree House

Questo progetto per una casa modulare sopraelevato sugli alberi prende avvio da una ricerca concettuale per aree rurali in Inghilterra, come il Wiltshire e il Gloucestershire ed è stato sviluppato in collaborazione con le autorità e le imprese locali. Lo scopo è di promuovere un approccio più organico alla vita in campagna. Il progetto si sviluppa da una base di piloni su cui poggia un volume modulare al cui interno sono collocati schermi cinetici per la produzione di energia. Gli elementi che costituiscono la casa, realizzati con materiali leggeri, per lo più provenienti da riciclo, sono prefabbricati e possono essere montati in sole due settimane. I moduli variariano da una a sei stanze.

In alto, schizzo del progetto. Al centro, sezione longitudinale. In basso, pianta. Top, project sketch. Centre page, longitudinal section. Bottom, plan.

This project for a modular house raised up in the trees is based on conceptual research into rural areas of England, such Wiltshire and Gloucestershire, and has been developed with local authorities and businesses, The aim is to devise a flexible project to promote a more organic approach to country life. The project is designed around a base of columns supporting an modular structure hold the kinetic screens for generating energy, The various parts of the house made from lightweight materials (mainly products of recycling) are prefabricated and may be assembled in just two weeks. The modules vary from one to six rooms.

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Plectrum House

La Plectrum House è una proposta di edificio prefabbricato per appartamenti da due persone ciascuno che può essere trasportato su un camion nel luogo di costruzione in soli due pezzi (balconata esterna e piano) pronti per essere montati su fondazioni e connessi alla rete infrastrutturale dei servizi (acqua, elettricità, fognature). Ciascun piano ha una struttura autoportante di alluminio con giunti di connessione con gli altri piani e può essere issato con una gru sopra al precedente. Ogni piano può contenere tre appartamenti e si possono “impilare” fino a cinque piani.

Piante di piani tipo della Plectrum House. La geometria della pianta è studiata per ottimizzare l’ingresso della luce naturale e la disposizione degli spazi interni e conferire dinamicità all’insieme. Plans of a standard floors of Plectrum House. The layout of the building plan is designed to let in as much natural light as possible, and the arrangement of interior spaces is supposed to inject as much dynamism as possible.

Plectrum House is a prefabricated building design for two-person apartments, which may be transported by lorry to the construction site in just two pieces (outside balcony and floor) ready to be assembled on foundations and connected to the infrastructural network of utilities (water, electricity, drains). Each floor has a selfsupporting aluminium structure with joints connecting it to the other floors and can be attached to the floor below by crane. Each floor has room for three apartments and they may be “piled up” to a total of five levels.

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UN Studio Ben van Berkel & Caroline Bos

Complessità e dinamismo tridimensionali New Mercedes Benz Museum, Stuttgart

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Credits Competition Phase Project: UN Studio: Ben van Berkel, Tobias Wallisser, Marco Hemmerling, Ergian Alberg, Nuno Almeida, Boudewijn Rosman, Arjan Dingste, Ger Gijzen, Jan Debelius and Caroline Bos in collaboration with: Werner Sobek Ingenieure, Transsolar Energietechnik, David Johnson London Design Phase Project: UN Studio: Ben van Berkel, Tobias Wallisser, Caroline Bos with Marco Hemmerling, Hannes Pfau, Wouter de Jonge, Arjan Dingsté, Götz Peter Feldmann, Erwin Horstmanshof, Gregor Kahlau, Björn Rimner, Alexander Jung, Mike Herud, Thomas Klein, Simon Streit, Taehoon Oh in collaboration with: Wenzel + Wenzel, Karlsruhe: Matias Wenzel, Markus Schwarz, Clemens Schulte-Mattler, Mark Schwesinger, Ina Karbon, Christoph Friedrich, Stefanie Hertweck Structure and Facade: Werner Sobek Ingenieure Geometry Advisor: Arnold Walz Climate Engineering: Transsolar Energietechnik Cost Estimator: Nanna Fütterer Infrastructure: David Johnston Client: Mercedes Benz

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ero e proprio manifesto nell’evoluzione della poetica architettonico-spaziale di UNStudio degli olandesi Ben van Berkel & Caroline Bos, il futuro Mercedes Benz Museum di Stoccarda, Germania, è il progetto vincitore del concorso internazionale a inviti indetto sul finire del 2001 cui parteciparono dieci studi dalla riconosciuta fama internazionale quali Asymptote – New York, Alberto Campo Baeza – Madrid, Beucker Maschlanka and Partner – Düsseldorf, Hans Kollhoff – Berlino, Djordjevic-Müller – Stoccarda, Schneider-Schumacher – Francoforte/Stoccarda, Kazuyo Sejima-Ryue Nishizawa – Tokyo, Angélil Graham Pfenninger Scholl – Zurigo/Los Angeles, Lederer-Ragnarsdottir-Oei – Stoccarda. A delineare le peculiarità del nuovo museo Mercedes, mettendo in gioco diverse esigenze riorganizzative, hanno contribuito svariati fattori. Primo fra tutti il considerevole incremento del bagaglio rappresentato dalla collezione di automobili storiche, da corsa e di produzione e la crescita significativa negli ultimi anni (la fusione con l’americana Chrysler risale proprio al recente 1998) con un aumento sia dei “nuovi” modelli da esporre sia dei visitatori annui, che hanno infatti raggiunto la ragguardevole cifra di 480.000 attribuendo al museo la nomea della più diffusa popolarità tra i musei di Stoccarda. Il completamento del progetto vincitore è previsto inoltre per il 2006 in concomitanza con la “2006 World Cup”, evento che presumibilmente attirerà migliaia di visitatori a Stoccarda e che ha ulteriormente contribuito all’ideazione del concorso stesso. Il cantiere del nuovo museo, iniziato nell’estate del 2003, trova collocazione in un’area industriale a nord-ovest della città, un sito la cui identità è inconfondibilmente marcata persino dai nomi delle strade che lo delimitano, Mercedesstrasse e Benzstrasse e che include anche un piccolo circuito di prova interno della casa automobilistica che non è stato però oggetto del concorso. L’area di progetto nella sua complessità interessa una superficie di circa 60.000 metri quadrati, un intero isolato dove un sinuoso e modellato landscape funge da collegamento tra il Mercedes Benz Museum e il Vehicle Center, alternando dossi, avvallamenti, ampi spazi destinati a eventi all’aperto tra i quali spicca un’arena da 500 posti e spazi pubblici di risulta sotto i quali trovano collocazione il museo dei bambini, alcuni negozi e un ristorante. Di forte impatto iconografico l’edificio emerge prepotentemente

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ike an authentic manifesto of how the architectural-spatial poetics of the Dutch firm UNStudio (headed by Ben van Berkel & Caroline Bos) have gradually developed, the future Mercedes Benz Museum in Stuttgart, Germany, was the winning project in an international invitational competition organised at the end of 2001 involving 10 internationally famous firms of the calibre of Asymptote – New York, Alberto Campo Baeza -– Madrid, Beucker Maschlanka and Partner – Düsseldorf, Hans Kollhoff – Berlin, Djordjevic-Müller – Stuttgart, Schneider-Schumacher – Frankfurt/Stuttgart, Kazuyo Sejima-Ryue Nishizawa – Tokyo, Angélil Graham Pfenninger Scholl – Zurich/Los Angeles, Lederer-Ragnarsdottir-Oei – Stuttgart. Various factors came together in determining the distinctive traits and features of the new Mercedes Museum, calling into play a variety of re-organisational requirements, most notably the much bigger collection of vintage cars (racing and production ranges) and the striking boom in business over recent years (the merger with the American firm Chrysler happened as recently as 1998), resulting in an increase in both “new” models to be displayed and in the number of visitors each year, now reaching the remarkable figure of 480,000 making this the most popular museum in Stuttgart. The winning project is planned to be completed by 2006 in conjunction with the “2006 World Cup”, an event which will presumably attract thousands of visitors to Stuttgart and was another key factor in organising the competition. Building work on the new museum, which began in summer 2003, is taking place in an industrial area to the north-west of the city, a site whose identity is unmistakably marked even by the names of the bordering roads, Mercedesstrasse and Benzstrasse, and which also encompasses a small test driving track on the car manufacturer’s premises, although those was not part of the competition. The overall project involves an area of approximately 60,000 square metres, an entire building block where the winding landscape acts as a link between the Mercedes Benz Museum and Vehicle Centre in a sequence of hillocks, dips and wide open spaces for hosting outdoor events, notably a 500-seat arena and public spaces, below which the children’s museum, some shops and a restaurant are located.

dal contesto soprattutto in altezza, elevandosi ben oltre la strada sopraelevata che lo costeggia su un lato e con la quale sembra instaurare una relazione di continuità, una sorta di dialogo dal taglio spiraliforme che nella sua fluidità attrae vorticosamente verso un centro non ben definito. Le sue curve sinuose sono un esplicito riferimento alla natura delle automobili che verranno esposte al suo interno, all’evolversi formale delle stesse, al vento che metaforicamente le accarezza nel loro movimento così come il vortice spiraliforme dello spazio interno farà nell’esporle al pubblico, riprendendo e rifacendosi al dialogo delle geometrie esterne del sistema di strade esistente e del piccolo circuito di prova limitrofo. Il nuovo Mercedes Benz Museum progettato da UNStudio anticipa soluzioni azzardate e innovative che sottointendono tenacia e caparbietà nel voler raggiungere alti livelli qualitativi. I pilastri continui in facciata ne sono un chiaro esempio: progettati con un’ossessione estetica che si manifesta in una sezione variabile data dai tagli diagonali dei profili sfaccettati che collegano due sezioni ruotate tra di loro agli estremi opposti, rimandano alla tensione delle linee del design del precedente e altrettanto iconografico Erasmus Bridge di Rotterdam. I suddetti pilastri svolgono ovviamente una funzione strutturale molto importante che, unitamente ai vani scala interni e al notevole spessore delle solette dei piani, hanno permesso la totale assenza di colonne all’interno degli spazi espositivi, portando agli estremi sia la flessibilità dello spazio stesso che la plasticità delle fluide superfici. Sebbene esternamente l’involucro si presenti solido e imponente per un ragguardevole volume totale di circa 200.000 metri cubi in cui prevalgono l’utilizzo del cemento armato a vista alternato ad ampie e continue fasciature vetrate, al suo interno troviamo una coerente ossessione geometrica che stupisce per complessità e dinamismo tridimensionali. Con una ragguardevole altezza di 47,5 metri, il nuovo museo propone infatti una tipologia piuttosto inedita e compatta, sviluppandosi per una superficie totale di 20.000 metri quadrati distribuiti sui diversi livelli ciascuno a pianta spiraliforme che ruotano attorno al vuoto centrale di un insolito impianto a trifoglio. Interessante accorgimento quest’ultimo sia per far filtrare la luce a tutti i livelli, sia per lasciare alle visuali dei visitatori la libertà di spa-

The strikingly designed building emerges from its context with great force, notably due to its height, rising well above the raised roadway running along one side and with which it appears to set up some sort of continuity, a sort of spiralling dialogue whose fluidity draws everything in towards a rather indistinct centre. Its winding curves are an explicit reference to the nature of the cars which will be displayed inside, stylistic developments in these forms, and the wind which metaphorically caresses their movements, just as the spiralling vortex of the interior spaces helps exhibit them to the general public, referring and alluding to the geometric patterns outside the old road system and small testdrive track nearby. The new Mercedes Benz Museum designed by UNStudio draws on bold and innovative cutting-edge solutions showing great tenacity and determination in striving to attain the highest standards. The curtain facade columns are a fine example: designed with a sort of aesthetic obsession revealed in the variable section resulting from the diagonal cuts in the facetted profiles connecting two sections rotated around each other at the ends, actually alluding to the tension-filled lines of the old and equally iconographic design of Erasmus Bridge in Rotterdam. The aforementioned columns obviously serve extremely important structural purposes, which, together with the interior stairwells and thickness of the floor levels, have meant there is no need for any columns inside the exhibition spaces, taking both the flexibility of the space itself and sculptural fluidity of the surfaces to an extreme. Although the shell looks solid and imposing on the outside for much of the overall volume of approximately 200,000 cubic metres, featuring a predominance of exposed reinforced concrete alternating with wide glass curtain strips, on the inside there is a certain geometric obsession of startling complexity and three-dimensional dynamism. The new museum, which is 47.5 metres tall, has a rather unusual, compact design covering an overall surface area of 20,000 square metres spread over various levels, each with a spiralling form rotating around the central space with its unusual trefoil base. This is an interesting way of both letting light flow into all the different levels and allowing visitors room to look around freely. There Diagrammi per lo studio dello sviluppo strutturale dei piani. Diagrams for studying the structural layout of the different levels.

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ziare apertamente. Sul perimetro del sopraccitato vuoto, tre vani scala-ascensore distribuiscono la circolazione verticale. L’accesso al museo si trova alla quota del landscape ma la strategia espositiva prevede l’inizio del percorso nel punto più alto del museo, all’ultimo piano dell’edificio in cui si trova anche il ristorante panoramico, raggiungibile attraverso i vani ascensore, per poi distribuirsi verso i nove livelli più bassi. I due diversi temi con cui il museo è strutturato, sia a livello progettuale che espositivo, rappresentano uno la collezione cronologica di automobili e l’altro la storia del mito Mercedes Benz, per un totale di 90 vetture da strada, 40 vetture da corsa e 40 veicoli commerciali esposti. La circolazione interna avviene per mezzo di un complesso quanto interessante sistema di rampe che si alternano coerentemente alla logica della doppia esposizione simultanea, seguendo inizialmente il perimetro esterno di facciata per poi staccarsene e accostarsi a quello interno, più prossimo ai vani scala-ascensore, in un continuo e stimolante susseguirsi di varietà di visuali interne ed esterne e di sovrapposizioni dei punti di vista da un’esposizione all’altra. I “petali del trifoglio” (ciascuno occupa indicativamente un’area di 1100 metri quadrati), veri e propri plateau sui quali si distribuisce l’intero programma museale, sono alternativamente a doppia e a singola altezza e descrivono, nella loro differenza, i due diversi percorsi espositivi che si sviluppano in verticale, incrociandosi di volta in volta in una sorta di movimento oscillatorio a doppia elica. Il paragone con la fluida continuità dello spazio espositivo del Guggenheim di New York di Wright completato nel 1959 è immediato e quasi si potrebbe azzardare di avere a che fare con una sua fase evolutiva. Dall’esterno invece forse il progetto appare quasi vincolato dal suo stesso rigore geometrico, in una sorta di costrizione simmetrica dei volumi con una forte concentrazione di programma in una relativamente ridotta superficie rispetto alla totalità dell’area, accorpamento che non permette esternamente di restituire al meglio la complessità e la ricchezza spaziale caratterizzanti la qualità continuativa e dinamica degli spazi interni. Ma è proprio nell’incrociarsi dei percorsi, nella continuità e nella plasticità degli spazi e delle superfici, nel ben riuscito contrasto tra il rigore geometrico e la dinamicità formale e nella compattezza volumetrica forse necessaria al raggiungimento degli obiettivi prefissati, che riscontriamo, rispetto a un panorama architettonico spesso sterile, delle qualità inedite di altissimo livello, sia a partire delle premesse concettuali che nelle scelte progettuali adottate. Un progetto che raccoglie la passione Mercedes come punto di partenza e ne riflette l’autenticità, la tradizione e la visione innovativa che hanno contraddistinto la crescita del mito, ne esprime il carattere e ne conserva il valore. Non è un caso se proprio il logo Mercedes Benz, una stella a tre punte, guida la lettura di quell’impianto inedito che proprio rappresenta la matrice stessa del museo. Con il Mercedes Benz Museum di Stoccarda, Ben van Berkel e Caroline Bos si preparano ancora una volta a lasciare un segno indelebile della propria ricerca, sulla scia della Möbius House del 1998, importante punto di riferimento e di discussione architettonica. Laura Aquili/Ergian Alberg 40 l’ARCA 209

are three stairwells-lift shafts around the edge of the aforementioned space serving vertical circulation purposes. The museum entrance is set at landscape level, but the display strategy involves placing the start of the exhibition route at the very top of the museum, on the building’s top floor where the panoramic restaurant is located (which can be reached by the lifts), then gradually extending down towards the nine lower levels. The two different ways in which the museum is structured, both in terms of its design and display strategy, represent on one hand the chronological collection of cars and on the other the history of the legendary Mercedes Benz, featuring 90 ordinary road cars, 40 racing cars and 40 commercial vehicles on display. The interior circulation takes the form of a complex but extremely interesting system of ramps alternating in line with the simultaneous double display layout, initially following the outside perimeter of the façade before breaking way and moving towards the inside perimeter, closer to the stairwells-lift shafts, in a constant and stimulating sequence of interior and exterior views and overlapping points of view of both displays. The “petals of the trefoil” (each takes up an area of approximately 1100 square metres), authentic plateaus catering for the entire museum programme, are alternatively double and single height and, in their own different way, describe the two different display sequences developing vertically, criss-crossing over in a sort of oscillating twin-helix motion. You cannot help compare it with the seamless fluidity of the exhibition space of the Guggenheim Museum in New York designed by Wright and completed in 1959, and it almost looks like a further stage in its development. In contrast, on the outside the project almost seems to be constrained by its own geometric precision in a sort of symmetrical constriction of structures, with much of the programme being packed into a relatively confined surface area compared to the overall space, something which means that the outside does not show the same spatial richness and complexity as the seamless, dynamic quality of the interiors. But it is actually the criss-crossing of the paths, the seamless continuity of spaces and surfaces, a highly successful contrast between geometric precision and stylistic dynamism, and the kind of structural compactness required for achieving the set goals, that creates works of architecture of rare beauty and quality (based on specific conceptual premises and design options) compared to the rather bland an uninspiring general state of architectural affairs. This project takes the passion of Mercedes as a starting point and then cleverly reflects the authenticity, tradition and innovative vision distinguishing the growth of this legend, expressing its fundamental character and conserving its great value. It is no coincidence that the Mercedes Benz logo, a three-pointed star, guides our reading of the unusual layout underpinning the overall museum design. Once again Ben van Berkel and Caroline Bos are going to leave an indelible sign of their stylistic experimentation through the Mercedes Benz Museum in Stuttgart, in the wake of Möbius House from 1998, already an important landmark in architectural debate.

Pianta del quinto livello. In alto, a sinistra, particolare della sezione di un elemento di facciata; a destra, sezione trasversale. Plan of the fifth floor. Top, left, detail of the section of a façade element; right, cross section.

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Nella pagina a fianco, rendering e fotomontaggio del museo nel contesto ambientale e, in basso, comparazione dimensionale tipologica tra il Guggenheim Museum di New York, il Centre Pompidou di Parigi

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e il Mercedes Museum di Stoccarda. In alto, rendering del museo. Sopra e a destra, diagrammi di studio del sistema di circolazione interno. Sotto, studi per il sistema strutturale.

Opposite page, rendering and photo-montage of the museum in its setting and, bottom, typological dimensional comparison between the Guggenheim Museum in New York, the Pompidou Centre

in Paris, and the Mercedes Museum in Stuttgart. Top, museum rendering. Above and right, study diagrams of the internal circulation system. Below, studies for the structural system.

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19 progettisti

Hotel Puerta America, Madrid

C

ome sempre per prima cosa ci vuole una committenza agguerrita, grintosa, ben decisa a farsi valere nella giungla delle concorrenze spietate che molto contribuiscono a determinare la speciale asprezza per così dire climatica del mondo in cui al momento siamo costretti a vivere. Che sia quindi in grado di gettare sul piatto non soltanto risorse economiche o astuzie manageriali o gestionali di varia natura ed entità, cercando di evitare accuratamente ogni seppur minimo rischio: questo ormai lo sanno fare in troppi e tutti più o meno nello stesso modo, con esiti spesso non proporzionati agli investimenti da un lato, e dall’altro contribuendo non poco all’innalzamento di quel tasso di omologazione che rende ogni giorno più noioso lo sfondo delle nostre vite. Un bell’esempio in questo senso lo sta dando il gruppo Silken, spagnolo d’ascendenza basca, che nel giro di una decina di anni da zero è arrivato a lanciare gli attuali trenta (l’anno venturo quaranta) complessi alberghieri sparsi qua e là per il mondo, rapidamente distaccandosi dall’anonimato noioso ovunque proposto da quasi tutte le catene, anche se declinato magari con una pompa ritenuta magna in una gamma di toni che possono spaziare dal convenzionale all’ipervernacolare. Silken ha deciso di puntare principalmente (e investire) sulla qualità, o meglio sull’unicità, del design (di varia scala, dall’edificio agli oggetti) di ognuno dei propri interventi. Naturalmente non può che far piacere veder rimessi in prima fila l’architettura, gli spazi, la forma delle cose, vedere riconosciuto il loro effettivo valore, le loro ricadute in termini complessivi, culturali ma anche economici (che non si vede perché debbano escludersi a vicenda, come invece chissà perché molti oggigiorno pensano). Anche nell’ipotesi più malignamente riduttiva, meglio rivestire un ruolo almeno paritetico nell’universo dei mass media piuttosto che esserne tout court esclusi (con buona pace delle numerose ideologie moralisteggianti che ancor oggi funestano e azzoppano il milieu). Il Silken Puerta America di Madrid, fresco di inaugurazione e al momento ancora prenotabile, meglio affrettarsi però data appunto la più che considerevole eco mediatica suscitata, costituisce pur tuttavia, forse perfino al di là delle intenzioni di partenza, un caso affatto speciale. Dodici piani, un autore per piano (ventotto camere ciascuno più suites junior e lobby i primi undici, dodici suites senior soltanto e svariate sofisticate leisures l’ultimo), sette altri autori per i vari spazi comuni. Diciannove autori in tutto: Nouvel, Hadid, Foster, Chipperfield, Plasma Studio, Victorio&Lucchino, Newson, Arad, Findlay, Gluckman, Isozaki, Mariscal/Salas, Pawson, Bourne/Bell, Liaigre, Chan, Sapey, Sàez de Gordoa, Niemeyer

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(con un inserto scultoreo, ma c’è). Insomma: una vera e propria collezione. Sembrerebbe trasparire un gusto personale di un curatore inquieto, trasversale, curioso degli estremi, anche se piuttosto consapevole delle tendenze del mercato (ma quale curatore non lo è?). All’insegna, qua e là riaffiorante, dalle facciate esterne ai garages, di brani di un poema di Paul Eluard, Liberté, declinato in varie lingue e alfabeti (così, alla fine, gli autori risultano essere in realtà venti). Data la totale libertà, appunto, lasciata ai progettisti, che come unico limite hanno il layout delle superfici calpestabili, ogni brano risulta autonomo, a parte la comune destinazione d’uso, e totalmente inconfrontabile con gli altri. E’ giusto che sia così: si tratta, alla fine dei conti, di una sorta di Wunderkammer, un po’ speciale, ma pur sempre tale (anche se è meglio non sovraccaricare di troppi significati il caso in questione). E allora: come risulta impossibile ipotizzare un qualche confronto fra una zanna di elefante africano e un vaso di una qualsiasi dinastia Ming, o fra uno specchio veneziano convesso del XVI secolo e un alligatore impagliato, o ancora fra un automa del XVII e una qualunque conchiglia oceanica gigante, analogamente non può che capitare reciprocamente per Arad o Pawson o Foster o Mariscal o Isozaki o qualunque altro dei rimanenti, che risultano essere l’uno dall’altro estranei e remoti, se non perché facenti parte della medesima raccolta. Si potrebbero, è vero, separatamente per ciascun autore, fare delle considerazioni: forse Victorio&Lucchino non paiono all’altezza, per esempio, di un Mollino; forse Mariscal non sembra possedere a sufficienza il senso dello spazio; forse Hadid risulta al solito più massiva che streamlined; forse Plasma Studio risulta un po’ troppo heavy metal e Chipperfield o Pawson un po’ prevedibilmente politically correct; mentre Foster pare del tutto dimentico di Fuller. Mentre Nouvel (con Tonka, si può supporre), dà prova della consueta, astuta, consumata abilità. E così via. Ma sarebbe di scarsissimo interesse, e comunque non è questo il punto. Alla ricerca di una propria identità, marcata e assolutamente riconoscibile, in un settore come quello del turismo non soltanto ma più in generale in un mondo fisico, artistico e culturale in cui ora tutto si trova compresente, in un qualche modo sullo stesso piano, al limite di una ambigua interscambiabilità, e scegliendo di far leva su architettura, design, spazi, il Puerta America la trova assumendo e riunendo tutte quelle disponibili, nei limiti ovviamente del possibile e di una ragionevole prospettiva commerciale. Questo nuovo albergo dà da pensare. Maurizio Vogliazzo

A

s always the first thing required is a determined, gritty client bent on making their presence felt out in the jungle of cut-throat competition that plays such a major part in creating the rather bitter world climate in which we are forced to live. Somebody ready to come up with more than just all kinds of financial resources or managerial acumen so that there is absolutely no risk involved: nowadays all kinds of people know how to do this and all of them in more or less the same way, producing results which are often, on one hand, out of proportion with the investments made and, on the other, of no use in helping to raise the standard of the increasingly bland and repetitive backdrop to our everyday lives. In this respect the Silken group, originally from the Basque region of Spain, is setting a fine example, since in the space of about a decade it has started from scratch and constructed thirty (forty by the end of the year) hotel complexes here and there all over the world, quite different from the usual bland designs produced by almost all the other chains, despite the fact that they are often rather pompously designed in a range of styles covering everything from the conventional to the hyper-vernacular. Silken has opted to mainly focus on (and invest in) quality or, rather, the uniqueness of the design (of varying scale, from buildings to objects) of each of its projects. Of course we are bound to be delighted to see architecture, spaces and forms back to the fore, as their actual value is acknowledged along with their repercussions in overall terms, both cultural and economic (after all , there is no reason why they should be mutually exclusive, as many people seem to think nowadays for heaven knows what reason). Even in the most reductive of scenarios, it is better to play some part in the modern-day world of mass media than be excluded altogether (despite all the moralising ideologies that still cast a dark shadow over this sector). The Silken Puerta America in Madrid, which has just opened and is still taking bookings at the moment (but there is no time to waste bearing in mind all the media attention it is attracting), is nevertheless a very special case, perhaps even exceeding its initial expectations. Twelve floors, one top architect for each floor (twenty-eight rooms per floor, plus junior suites and lobbies on the first eleven floors, only twelve senior suites and various fancy leisure facilities on the top level), seven other designers for all the communal spaces. A total of 29 star designers: Nouvel, Hadid, Foster, Chipperfield, Plasma Studio, Victorio&Lucchino, Newson, Arad, Findlay, Gluckman, Isozaki, Mariscal/Salas, Pawson, Bourne/Bell, Liaigre,

Chan, Sapey, Sàez de Gordoa, Niemeyer (with a sculptural insert, but still his work). All combining to make an authentic collection. What emerges is apparently the personal taste of a restless curator, catholic in taste and curious about anything cutting-edge, although with a careful eye for the market (just like all curators). Here and there (from the outside facades to the garages) there are careful allusions to parts of a poem by Paul Eluard, Liberté, written in various languages and alphabets (so, in the end there are actually twenty artists involved). Left free to work as they pleased, the only constraint imposed on the designers was dictated by the layout of surfaces. Each section is absolutely separate, except for the purpose they share, and quite incomparable to all the rest. And quite right too: at the end of the day this is a sort of very special Wunderkammer (although it would be wrong to read too much into this interpretation). So just as it is quite impossible to even consider comparing an African elephant’s foot with a vase from any of the Ming dynasties or a convex 16th century Venetian mirror with an impaled crocodile or even a 17th century automaton with a high seashell, likewise the same applies to the work of Arad, Pawson, Foster, Mariscal and Isozaki or any of the others, since they are all so different and quite unrelated, except for the fact they belong to the same collection. Of course, it is quite possible to comment separately on each of the designers: perhaps Victorio&Lucchino are not quite up to the same standard as, say, Mollino; perhaps Mariscal does not have a suitable sense of space; perhaps Hadid, as usual, seems to be rather more bulky than streamlined; perhaps Plasma Studio seems to be a bit too “heavy metal”, and Chipperfield or Pawson rather predictably politically correct; while Foster seems to be completely oblivious to Fuller. Whereas Nouvel (with the help of Tonka, presumably) has show his usual astute and composed expertise. And so on and so forth. But this is not really very interesting and hardly the point. In search of its own clear-cut and totally recognisable identity in an industry like tourism and the physical, artistic and cultural world in general, in which everything now co-exists (in some way or other) on the same level, actually verging on ambiguous interchangeableness, and opting to resort to architecture, design and spaces, the Puerta America has found this identity by drawing on and combining all those available, as far as possible and taking business factors into due consideration. This new hotel certainly makes us think.

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Teresa Sapey

Il parcheggio come spazio del profondo

The car park as a profound space

“E’ stata un’opportunità unica”, ha confessato Teresa Sapey, italiana, con studio a Madrid e una nutrita serie di realizzazioni alle spalle (uffici, ristrutturazioni, negozi, scuole e così via), caratterizzate da spazi fluidi e ricchi di emozioni. La sua istintiva predilezione per gli ambienti sotterranei l’ha portata subito a vedere nel progetto del parcheggio dell’Hotel Puerta America l’occasione per reinventare, attraverso un sapiente uso dell’illuminazione coniugato al trattamento cromatico e grafico delle superfici, uno spazio altrimenti grigio e tetro, fino a renderlo plastico e ricco d’atmosfera.

“This was a unique opportunity”, so Teresa Sapey confessed, an Italian designer who graduated in architecture in Turin and Fines Arts in Paris, and has already completed a wide range of designs (offices, modernisation work, shops, schools etc.), featuring smoothly flowing spaces of great emotional force. Her distinctive preference for underground settings meant she instantly saw in the project for Hotel Puerta America’s car park a chance to reinvent what was otherwise a dark and grey space through clever use of lighting making it sculptural and atmospheric.

Pianta del piano terra e sezione trasversale dell’Hotel Puerta America a Madrid. Plan of the ground floor and cross section of Hotel Puerta America, Madrid.

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John Pawson Marc Newson

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Luoghi di pace e tranquillità

Peaceful and tranquil places

John Pawson, l’impeccabile architetto inglese dal tratto riservato ed elegante, e a volte perfino freddo, ha disegnato gli ambienti del foyer e dei saloni dell’Hotel partendo da un’idea di distensione, riposo, comodità che rinviano irresistibilmente all’idea tutta britannica del club. Da questa impostazione progettuale si discosta alquanto Marc Newson, designer di origine australiana, che ha puntato per il sesto piano e l’area bar su arredi caldi e freddi, ispirati sempre al riposo e alla distensione, ma espressi in termini più vicini alla multiformità della vita moderna.

John Pawson, the meticulous English architect of great elegance and discretion, at times verging on coolness, has designed the hotel’s foyer and drawing rooms working on the idea of relaxation, rest and comfort, irresistibly evoking the idea of a very British men’s club. Marc Newson, a designer of Austrian descent, has adopted a quite different design approach for the sixth floor and bar area, opting for hot and cold furnishing again inspired by the idea of rest and relaxation, but expressed in terms much closer to the multifarious nature of modern life.

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Christian Liaigre

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Victorio & Lucchino

Memorie e citazioni

Memories and citations

Esuberanza e accoglienza

Exuberant images

Il progetto del ristorante è stato affidato a Christian Liaigre, francese, rinomato architetto d’interni, il quale ha voluto esprimere in quello spazio un’idea della Spagna d’oggi, e in particolare della città di Madrid, richiamata da immagini – ceramiche, arabeschi, ferri battuti, tessuti – che esprimono la cultura dei luoghi più noti ai visitatori della penisola Iberica come l’Andalusia, la Galizia, la Catalogna.

The project for the restaurant was commissioned to the French interior architect, Christian Liaigre, who wanted to use this space to express an idea of modern-day Spain, particularly the city of Madrid, evoked through images – ceramics, arabesques, wrought iron, fabrics – calling to mind local culture, Andalusia, Galicia and Catalonia.

Al quinto piano, Victorio & Lucchino, stilisti di Siviglia ma rinomati in Italia, Giappone, Germania, Olanda e Stati Uniti, hanno applicato la creatività tipica della moda a un progetto che mira al calore, all’accoglienza, all’esuberanza delle immagini. In questo progetto hanno trasferito il loro entusiasmo per la partecipazione a eventi artistici collettivi nel corso ambito, nel quale esplorano nuovi territori creativi.

Victorio & Lucchino, fashion designers from Seville, have applied the kind of creativity associated with the fashion industry to a project for the fifth floor that focuses on creating a warm and welcoming atmosphere bursting with exuberant images. In this project the conveyed their usual enthusiasm to participate in any of the multiple manifestations of art, and their desire to bring their stamp to hitherto unexplored territory of creativity

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Ron Arad

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L’evoluzione dell’albergo

Developments in hotel design

“Una stanza d’albergo non è una stanza degli ospiti”, afferma Ron Arad, il noto designer d’origine israeliana, incaricato di progettare il settimo piano dell’Hotel Puerta America. Egli ha quindi evitato di far derivare il disegno delle camere da un’idea stereotipa di “casa”, con la suddivisione rigidamente funzionale degli ambienti, per creare invece spazi senza barriere, in cui gli ospiti possano muoversi in piena libertà. Arad è convinto che la tipologia architettonica dell’albergo sia in rapida evoluzione, e da questa intuizione è derivato l’intero impianto sperimentale dell’Hotel.

“A hotel room is not a guest room”, so Ron Arad claims, the well-known designer of Israeli descent commissioned to design the seventh floor of Hotel Puerta America. So he made sure he did not design the rooms around the idea of a stereotypical “home”, with its strictly controlled division of rooms, preferring instead to create spaces without barriers, in which guests can move around freely. Arad is convinced that the architectural design of hotels is evolving rapidly, and this is what inspired the hotel’s overall experimental building plan.

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Zaha Hadid

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Il disegno digitale

Digital design

Zaha Hadid, cui si deve il progetto del primo piano, ha condensato nelle forme degli oggetti e degli spazi tutta la sua filosofia progettuale, creando ambienti dai percorsi fluidi, continui e un po’ trasognati. Come lei stessa ha sottolineato, in questo lavoro ha messo a punto un linguaggio architettonico tutto proiettato verso le nuove possibilità offerte dalle tecnologie più avanzate, e in particolare da quella digitale, che traduce contorni, volumi e superfici in visioni vagamente oniriche, nelle quali le strutture funzionali acquistano valore di elementi estetici o addirittura poetici.

Zaha Hadid, who was responsible for the project for the first floor, condensed her entire philosophy of design in the forms of the various objects and spaces, creating smoothly flowing, seamless settings that are a bit dreamy. As she herself has pointed out, she devised an architectural idiom for this design totally projected towards the fresh possibilities opened up by cutting-edge technology, particularly digital technology, which turns the outlines, structures and surfaces into vaguely dream-like visions, as the functional structures are actually transformed into aesthetic or even poetic features.

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Kathrin Findlay, Jason Bruges

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Le stanze fra le nuvole

Rooms up in the clouds

Kathrin Findlay, inglese, con numerosi lavori in Giappone e nel Regno Unito, è convinta che l’architettura sia un continuo esercizio di ricerca, sperimentazione, creatività. Per l’ottavo piano dell’albergo ha pensato a uno spazio fluttuante fra le nuvole, appena agitato da un vento leggero, nel quale la distensione e il riposo possano sconfinare nella meditazione e nel sogno. Questa sensazione è resa ancor più percettibile dal sistema d’illuminazione ideato da Jason Bruges per l’atrio e i corridoi, con le sue installazioni interattive che reagiscono magicamente al passaggio degli ospiti.

Kathryn Findlay, an English designer who has worked extensively in Japan and the United Kingdom, is convinced that architecture is a constant exercise in research, experimentation and creativity. For the eighth floor of the hotel she has designed a fluctuating space up in the clouds, almost imperceptibly disturbed by a gentle breeze, in which relaxation and rest can drift into meditation and dreaming. This feeling is made even more perceptible by the lighting system devised by Jason Bruges for the lobby and corridors, featuring interactive installations which react magically to passing guests.

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Arata Isozaki

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Oriente minimo

Minimal Orient

Arata Isozaki, progettista del decimo piano, ha immerso lo spazio dell’albergo nel nitore minimale che ispira le abitazioni giapponesi. Strutture architettoniche, arredi, apparecchiature di servizio compongono un universo fatto di piccoli dettagli, di segnali discreti, di richiami allusivi. La semplicità si risolve qui in raffinatezza, e la funzionalità si fa linguaggio, gesto, segno. Il senso di ordine e compostezza avvertibile in questi ambienti non ha alcunché di rigido, ma invita anzi al piacere di una libertà sempre attenta alle reali esigenze della quotidianità.

Arata Isozaki, who designed the tenth floor, has set the hotel space in the minimal clarity inspiring Japanese homes. The architectural structures, furnishing and utilities combine to form a universe of tiny details, discrete signs and allusive references. The simplicity is here translated into elegance and functionality, turning into a language, gesture and sign. The sense of order and composure that can be noted in these premises has nothing rigid about it, but actually encourages people to enjoy the pleasure of a form of freedom ever attentive to the real needs of everyday life.

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David Chipperfield

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Una geometrica opulenza

Geometric opulence

L’inglese David Chipperfield ha messo a frutto, nel progetto del terzo piano, tutta la sapienza accumulata nella ricchezza delle sue opere. Egli ha così creato uno spazio caratterizzato da una profusione di materiali semplici, eppure opulenti, come le piastrelle di ceramica fatta a mano per i pavimenti delle stanze, le sete per i tendaggi, i marmi bianchi e così via. Questa opulenza non presenta tuttavia ridondanze. Al contrario, è contenuta in uno schema rigorosamente geometrico che fa di ogni ambiente un lucido diagramma abitativo, il cui valore estetico è pari a quello funzionale.

The English designer David Chipperfield has drawn on all the skill and expertise gained from his other works in the project for the third floor. This has enabled him to create a space full of simple or opulent materials, such as handmade ceramic tiles for the floors of the rooms, silk curtains, white marbles etc. This opulence has nothing redundant about it. On the contrary, it is constrained within a strictly geometric scheme making all the premises clear-sighted diagrams for living, as aesthetically pleasing as they are functional.

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Norman Foster

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Una torre d’avorio

An ivory tower

Il riparo, il distacco dal trambusto dell’esistenza moderna, il luogo della serenità: questo è per Norman Foster la stanza d’albergo. Il suo secondo piano appare dunque discreto, appartato, chiuso in un isolamento che lo separa dal mondo come una torre d’avorio del nostro tempo, in grado di creare un intervallo tra noi e il mondo, nel quale ritemprarci, rilassarci, riconoscerci. Ma si tratta di un intervallo moderno anch’esso, che richiama, nella sua fisionomia altamente tecnologica, proprio il mondo dal quale ci separa, filtrandolo, però, e in certo modo depurandolo dai suoi aspetti più corrosivi.

Isolation, shelter from the chaos of modern life, a peaceful place: this is how Norman Foster sees a hotel room. His second floor design appears to be discrete, sheltered, enclosed in a state of isolation from the outside world like a modern-day ivory tower, capable of creating a gap between ourselves and the rest of the world, where we can recharge our batteries, relax and feel at home. But this is a modern gap, whose highly high-tech image actually belongs to the world from which we are separated, although it has been filtered and, in some sense, purified of its most harmful aspects.

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Plasma Studio (Eva Castro e Hoger Kehne)

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Lo spazio della differenza

The space of difference

Nel suo progetto del quarto piano, l’inglese Plasma Studio (Eva Castro e Hoger Kehne) non ha creato un ambiente omogeneo, ma ha disaggregato le superfici in modo da moltiplicarne le valenze percettive ed estetiche senza tuttavia compromettere la funzionalità dei percorsi e degli spazi. Il colore, la luce, la qualità dei materiali mirano a intensificare l’esperienza abitativa, rilanciandola in una sfera nella quale tutto trapassa di continuo in dimensioni diverse. A guidarci non è più l’omogeneità delle percezioni, ma le loro differenze, che si rivelano subito, tuttavia, perfettamente logiche e coerenti.

Plasma Studio’s (Eva Castro and Hoger Kehne) project for the fourth floor has not created a smooth and seamless environment, but has actually broken down the surfaces in order to multiply their perceptual and aesthetic force, but without compromising the functionalism of the corridors and spaces. The colour, light and quality of the materials aims at intensifying the experience of being there, launching it into a sphere in which everything flows smoothly across various dimensions. We are no longer guided by the homogeneity of our perceptions, but by the differences between them, which instantly turn out to be perfectly logical and coherent.

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Plasma Studio (Eva Castro e Hoger Kehne)

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Bucholz Mc Evoy

Travalicare il contesto

Bucholz Mc Evoy

SAP Call Center, Galway Nella pagina a fianco, pianta del piano terra e pianta del primo e secondo piano; sezioni ambientali; vista aerea del Call Center della società tedesca SAP, realizzato nella zona industriale di Galway, Irlanda. Opposite page, plan of the ground floor and plan of the first and second floor; environmental sections; aerial view of the Call Center of the German company SAP, realized in the industrial area of Galway, Ireland.

Credits Project: Bucholz Mc Evoy Engineering: RFR Client: SAP

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o studio irlandese Bucholz Mc Evoy con la sua recente realizzazione del “Call Center” per la società tedesca SAP, specializzata in software, testimonia come l’architettura debba travalicare il contesto, dato che è sempre possibile creare manufatti architettonici pertinenti anche in siti privi d’interesse o degradati. Esso ci ricorda inoltre che bisogna andare al di là dello “status” sociale della costruzione, non essendo questo un sinonimo del valore qualitativo dell’edificio. Il “Call Center” non è, per sua natura intrinseca, un edificio di rappresentanza, né ha bisogno di essere eretto in un sito di prestigio: nel caso specifico esso è semplicemente ubicato nella periferia industriale di Galway e circondato da capannoni radi e bassi. L’edificio è essenzialmente concepito sulla base di un tracciato planimetrico rettangolare, come i capannoni antistanti, ma grazie a un’operazione di sfalsamento delle due ali, secondo l’asse longitudinale, esso trova un’inaspettata ricchezza volumetrica che ne esplicita l’approccio tecnico/funzionale. Lo sfalsamento longitudinale permette un posizionamento più baricentrico dei due gruppi scale, ma soprattutto modifica la geometria dello spazio centrale. La sua forma a losanga assume tutto il suo senso quando viene analizzata anche contestualmente alla struttura di copertura, concepita con l’assistenza di RFR, che ha creato un sapiente intreccio di travi appoggiate l’una sull’altra, secondo un’inusuale schema a lisca di pesce. Le travi in legno risultano, così, orientate a nord-ovest e nord-est in modo da ottenere il massimo effetto ombreggiante e di migliorare, anche, il bilancio termico dell’edificio. D’altro canto la presenza della griglia strutturale resta discreta: le travi tanto alte quanto esili risultano quasi immateriali, nella visione zenitale propria di colui che guarda il cielo dal centro dell’atrio. L’attenzione alle problematiche ambientali è una costante del lavoro di Bucholz Mc Evoy. La cura posta nella gestione della luce trova un complemento nell’approccio termico che sfrutta la ventilazione trasversale, i moti convettivi e l’apporto del vento per estrarre l’aria calda dallo spazio centrale. Le aperture sulla facciata esterna, interna e i “louvers” posti lungo il perimetro della copertura permettono sia di creare una circolazione d’aria globale, sia di gestire ciascuno spazio indipendentemente, ciò in relazione alle condizioni climatiche: esposizione al sole, temperatura esterna, direzione e intensità del vento. Il funzionamento termico è coadiuvato dalla massa della struttura in cemento, in particolare dall’inerzia termica dei solai prefabbricati che immagazzinano e cedono energia in opposizione temporale rispetto l’apporto termico degli occupanti. La struttura in cemento riporta il discorso sulla concezione globale dell’edificio. A partire da una maglia strutturale semplice e neutra, quasi si trattasse di un vero edificio industriale, Bucholz Mc Evoy organizza tutti gli elementi architettonici con una pertinenza e una ricchezza di dettagli che fa dimenticare la semplicità dell’impianto modulare e arriva a far vibrare la pelle dell’edificio secondo l’iconografia tipica del lavoro dello studio irlandese. All’articolazione formale della pelle corrisponde un’istanza tecnica ben precisa: e il modulo di facciata costituisce una micro unità tecnologica destinata a gestire l’ambiente interno. Lamelle verticali a tutta altezza filtrano la luce solare, stretti elementi opachi, caratterizzati da una fitta griglia orizzontale, permettono l’immissione dell’aria negli uffici grazie a un pannello apribile manualmente dall’interno, alla cui sommità si trovano i “fan” per la ventilazione forzata. La cesellata partizione esterna trova un suo corrispettivo nel prospetto interiore, anch’esso caratterizzato da un tocco di colore rosso, che dona così una ricchezza inusuale agli spazi di lavoro. La grammatica formale basata sull’articolazione e riconciliazione di differenti elementi compositivi trova ulteriore supporto nel materiale scelto, il legno, che riunifica e armonizza tutti gli spazi. Stefano Piccardi

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he Irish firm Bucholz McEvoy’s recently designed “Call Center” for the German company SAP, software specialists, shows how architecture needs to break with its context, seeing as it is always possible to build significant works of architecture even on sites of no real importance or dilapidated. It also reminds us that we need to go beyond the social status of a construction, since this is in no way synonymous with the quality of a building. The “Call Center” is not, by its very nature, a reception building and its does not need to be built on a prestigious site: in the case in question it is quite simply located in the industrial suburbs of Galway and surrounded by the odd low-level warehouse. The building is basically designed based on a rectangular plan, just like the nearby warehouses, but by carefully staggering the two wings along the longitudinal axis, it gains unexpectedly in structural intricacy conveying a sense of the technical/functional approach underlying the design of the building itself. The longitudinal staggering enables the two stairwells to be placed in a more barycentric position, but most significantly it alters the geometric layout of the central space. Its diamond-shaped form takes on its full meaning when analysed in conjunction with the roof structure, designed with the help of RFR, who created a clever weave of beams resting on each other in an unusual fish’s scales pattern. This means the wooden beams run in north-west and north-east directions to create as much shade as possible and hence improve the building’s heat balance. On the other hand, the structural grid has been incorporated with great discretion: the beams, which are as tall as they are thin, look almost immaterial from the zenithal viewpoint of somebody looking up to the sky from the middle of the lobby. Attention to environmental issues is a constant in Bucholz McEvoy’s work. The careful focusing on the handling of light is complemented by the approach to heating, which exploit cross-ventilation, convection flows and even the wind’s contribution, to extract hot air from the central space. The openings on the inside and outside façade and the louvers placed around the edge of the roof make it possible to create overall air circulation and to manage each space separately: i.e. in relation to weather conditions (exposure to sunlight, outside temperature, wind direction and strength). Heating operations are aided by the mass of the concrete structure, particularly the thermal inertia of the prefabricated floors, which store and let out energy in contrasting relation to the heat brought in by occupants. The cement structure takes us back to the overall building design. Working with a simple, neutral structural web, almost as if it were an industrial building, Bucholz McEvoy sets out all the architectural features with a relevance and richness of details that pushes the simplicity of the modular layout into the background and makes the building skin vibrate in line with the iconographic style characterising the Irish firm’s work. The stylistic arrangement of the skin serves a very definite technical requirement: and the façade module creates a technological micro-unit designed to manage the interior environment. Full-height vertical blades filter in sunlight, narrow opaque elements with a tightly-knit horizontal grid let air into the offices thanks to a panel that may be opened manually from inside with forced-ventilation fans at the top. The chiselled outside partition is matched by the interior elevation, also featuring by a touch of red adding an unusual richness to the overall work spaces. The stylistic syntax based on the way different stylistic features are set out and reconciled is helped along by the material chosen, wood, which unites and harmonises all the spaces. Bucholz McEvoy has thereby managed to create a noble building for a peripheral site and invisible business enterprise. 209 l’ARCA 69


Viste dell’edificio che è essenzialmente concepito sulla base di un tracciato planimetrico rettangolare, ma grazie a un’operazione di sfalsamento delle due ali, trova ricchezza volumetrica. Nella pagina a fianco, l’asse centrale dell’edificio. La sua forma a losanga assume tutto il suo senso quando viene analizzata contestualmente alla struttura di copertura, concepita con l’assistenza di RFR, che ha creato un intreccio di travi appoggiate secondo uno schema a lisca di pesce, orientate a nord-ovest e nord-est in modo da migliorare il bilancio termico dell’edificio. Views of the building which is basically designed based on a rectangular plan, but by carefully staggering the two wings it gains dynamism. Opposite page, the central axis. Its diamond-shaped form takes on its full meaning when analysed in conjunction with the roof structure, designed with the help of RFR, who created a weave of beams in an fish’s scales pattern. The beams run in north-west and north-east directions to improve the building’s heat balance.

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Viste degli uffici e, nella pagina a fianco, particolare delle facciate. Lamelle verticali a tutta altezza filtrano la luce solare, stretti elementi opachi, caratterizzati da una fitta griglia orizzontale, permettono l’immissione dell’aria all’interno degli uffici grazie ad un pannello apribile manualmente dall’interno, alla cui sommità si trovano i “fan” per la ventilazione forzata Views of the offices and, opposite page, detail of the facades. Full-height vertical blades filter in sunlight, narrow opaque elements with a tightly-knit horizontal grid let air into the offices thanks to a panel that may be opened manually from inside with forced-ventilation fans at the top.

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Bar Architects

La protesi

Bridgehouse in Middelburg Nella pagina a fianco, viste della cabina di trasformazione del ponte sul canale Walcheren a Middelburg che connette il centro storico con la cintura urbana esterna. Opposite page, views of the transformer cabin on the bridge over Walcheren Canal in Middelburg, which connects the old city centre to the outside belt of the city.

Credits Project: Bar Architects Design Team: Joost Glissenaar, Klaas van der Molen with Joris Ghyssaert and Max Zolkwer Structure: Pieters Bouw Techniek Utrecht Building Physics: DGMR Arnhem Contractor: Fraanje Glass Façade: Van den Heuvel Client: Municipality of Middelburg

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ebbene possa sembrare il contrario, anche la città, come qualunque organismo e, soprattutto, come ogni architettura, vive di particolari. Sono i dettagli a definirne la fisionomia: gli scorci, gli artefatti minori, il reticolo delle immagini funzionali, il richiamo improvviso d’un colore o di una forma, sono sufficienti a delineare una figurazione urbana coerente, un’identità stabile e profonda. Le grandi realizzazioni, le immagini architettoniche imponenti, l’organizzazione dei vasti spazi, servono a imprimere alla città i tratti della sua storia maggiore, a ordinarne sinteticamente la gerarchia dei valori simbolici. Ma la sua autentica personalità va rintracciata nelle pieghe dei suoi luoghi minori, là dove essa si raccoglie nella sua intimità e ne sprigiona il fascino segreto. Sono i nodi appena percepibili della sua vitalità a fornire la chiave di lettura per intenderne appieno la forma e i significati. Né si deve in ciò ricercare la bellezza astratta e assoluta delle grandi opere (che del resto non la garantiscono di per sé, ma tutt’al più aspirano alle sue vette), giacché a volte il valore estetico va colto nella pregnanza della funzione o magari nel semplice scarto tra l’ortodossia della struttura tecnica e l’impennata della fantasia, che s’incarna in un colore inatteso o nella plasticità di una sagoma. Prendiamo ad esempio questo edificio di servizio annesso a un ponte gettato sul canale di Walcheren nella cittadina di Middelburg, in Olanda. Si tratta da una costruzione di trenta metri quadrati, una cabina di trasformazione che entra in funzione solo sei volte l’anno, e che per gli altri 360 giorni non è che un artefatto tecnico piantato nel cuore di uno spazio urbano segnato da edifici eterogenei e ubicato tra il centro e la periferia. I progettisti, gli olandesi Bar Architects, hanno subito colto il carattere nodale di questa costruzione minore, destinata, nonostante le sue dimensioni e le sue modeste funzioni, a esaltare la funzione di cerniera svolta dal Walcheren tra le due facce della città: da un lato il centro storico, segnato dall’alto campanile della chiesa di “Lange Jan”, dall’altro la cintura urbana esterna, che la prospettiva del canale proietta verso la campagna. La stazione fluviale raccordata al ponte assicura il transito fra queste due realtà urbane, e l’edificio di servizio non è quindi altro che una moderna addizione a una struttura esistente. “L’oggetto architettonico”, precisano i progettisti, “è orientato verso la mezzeria del ponte ed è una scultura dalle molteplici sfaccettature. Questa forma consente al personale una veduta circolare all’intorno, e dà al corpo architettonico un aggetto che lo àncora alla struttura di sostegno ed elimina ogni impressione di galleggiamento sull’acqua”. La stessa funzione ha la copertura vetrata, che dà vita a una superficie che a volte lascia trasparire l’interno e a volte rispecchia la veduta circostante. “Questo edificio di servizio”, spiegano ancora i progettisti, “deve la sua forza al fatto che per la maggior parte del tempo non viene usato. Si tratta di un oggetto chiuso, il cui interno riserva molte sorprese. Sembra un diamante ben sfaccettato, che brilla al massimo quando, di notte, la sua luce verde irrompe dalle vetrate e illumina l’acqua del canale di misteriosi riflessi”. Come negli innumerevoli altri casi che la prassi professionale sottopone all’architetto, il tema progettuale era qui modestissimo. Ma il compito dell’architettura è proprio quello di far scaturire i significati più alti – culturali, prima ancora che formali – dalle opere in apparenza più trascurabili. Il segreto, si sa, è quello di non concentrarsi mai interamente sul singolo artefatto, ma di collocarlo sul suo giusto sfondo, affinché sappia diventare protagonista di una rappresentazione ben più complessa di quella della sua semplice e immediata funzionalità. Maurizio Vitta

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lthough the opposite might seem true, even the city, like any other organism or, more significantly, work of architecture, thrives on detail, which actually shapes its appearance: partial views, minor artefacts, a web of functional images, and the sudden appearance of a colour or form, are enough to create a coherent urban identity that is deeply rooted and stable. Big constructions, imposing architectural images, and the layout of vast spaces, are designed to mark the city with the traits of its historical background on a more significant level and set its symbolic values out in hierarchical fashion. But its true personality needs to be sought in the folds of its minor places, hidden away in its most intimate depths from which its mysterious charm burst forth. It is the almost imperceptible nodes of its vitality that hold the key to understanding its real form and meaning. There is no point in searching for the abstract and absolute beauty of major works (which, incidentally, cannot guarantee such beauty, but merely strive to attain its dizzy heights), since aesthetic values sometimes need to be grasped in the significance of a function or the mere difference between the orthodoxy of a technical structure and a flight of fancy embodied in an unexpected colour or sculpted outline. Take, for instance, this service building connected to a bridge cast over Walcheren Canal in the town of Middelburg in the Netherlands. It is actually a thirty-square-metre construction, a transformer cabin that only comes into operation six times a year and which for the remaining 360 days is just a technical artefact set in the middle of an urban space full of heterogeneous buildings located somewhere between the centre and periphery. The Dutch architectural designers Bar Architects instantly realised the key importance of this minor construction designed, despite its size and rather minor function, to act as a sort of hinge along the Walcheren between the two sides of the city: on one side, the city centre with the towering bell tower of “Lange Jan” Church and, on the other, the external urban belt, which appears to be projected out into the countryside by the perspective. The river station connected to the bridge provides a transition between these two urban settings, and the service building is nothing more than a modern addition to an old structure. As the architects themselves point out “the architectural object points towards the mid-point of the bridge and is actually a multifaceted sculpture. This shape gives staff a circular view of the surroundings and makes the architectural construction overhang to anchor it to the support structure and get rid of any idea of floating on water”. The glass roof serves the same purpose, creating a surface which partly reveals the interior and partly reflects a view of the surroundings. “This service building”, so they go on to say, “owes its force to the fact that it is not used most of the time. It is a closed object with plenty of surprises on the inside. It looks like a wellfaceted diamond which shines most brightly at nighttime when its green light shines through the glass windows and lights up the water in the canal with mysterious reflections”. Just like so many other cases that architects have to tackle, this was a modest design theme. But it is architecture’s task to draw the deepest meanings – more cultural than stylistic – from seemingly insignificant works. The secret, as we know, is to avoid concentrating solely on the single artefact but rather focus on setting it against the right backdrop, so that it becomes a key part of a more extensive scenario than just its basic and immediate functional purpose.

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Legenda pianta/Plan Key 1. Pannello di controllo/Control panel 2. Ufficio/Writing desk 3. Installazione di servizio del ponte/Bridge service installation 4. Toilet

In alto, pianta dell’edificio e sezione longitudinale. Sopra, assonometria della struttura. A destra, particolare della sezione della facciata. Nella pagina a fianco, vista della cabina e planimetria generale. Top, building plan and longitudinal section. Above, axonometry of the structure. Right, detail of the façade section. Opposite page, view of the cabin and site plan.

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Legenda sezione Section Key 1. Vetro di sicurezza verde Green safety glass 10 mm 2. Punto di fissaggio del vetro Point fixing for glass 3. Giunto in silicone nero Black silicone joint 4. Tubo di alluminio Aluminium tube 5. Profilo di alluminio piegato Folded aluminium profile 6. Rete metallica Insect wire mesh 7. Sistema illuminante in fibra di vetro Glass fiber lighting system 8. Tubo quadrato di acciaio Steel square tube 150/100/6.3 9. Intercapedine ventilata Ventilated space 10. Pannello di fibra di pietra Stone fiber panel 8 mm 11. Legno lamellare coperto con laminato di melanina Plywood covered with melamine laminate 12. Infisso di alluminio Aluminium window frame 13. Vetro isolante Insulating glass 6/15/5 mm 14. Zoccolo di cemento Precast concrete socle

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Architecture and Vision

Design estremo The Desert Seal

Diagrammi per lo studio della curva termica e sezioni della tenda per ambienti estremi Desert Seal. Nella pagina a fianco la Desert Seal montata. Diagrams of the temperature curve and sections of the tent for extreme environments Desert Seal. Opposite page, the Desert Seal in operation.

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o studio Architecture and Vision (www.architectureandvision.com), con sedi a Monaco di Baviera e a Londra, ha presentato il prototipo di una tenda pensata per un utilizzo alle temperature estreme del deserto. Questa tenda gonfiabile è il risultato di uno studio sviluppato per il Technology Transfer Programme della European Space Agency. “La progettazione di habitat per lo spazio aiuta gli architetti a capire le future potenzialità delle costruzioni per la Terra. La Desert Seal è basata su una metodologia progettuale derivata dalla ricerca tesa a indagare risorse disponibili in situ e a ottimizzare il progetto di strutture leggere e dotate di controllo ambientale attivo e a basso consumo energetico. Ma il progetto, e ancor di più il progetto per ambienti estremi, deve toccare anche la sfera delle emozioni”, dice Andreas Vogler, socio dello studio Architecture and Vision. La struttura sfrutta la particolare curva termica delle regioni aride calde, dove l’aria diventa sensibilmente più fresca via via che si distanzia dalla superficie della terra. Tale effetto è sfruttato da molti animali del deserto come il cammello. Un ventilatore elettrico collocato nella parte superiore convoglia costantemente aria fresca all’interno della tenda. Il ventilatore alimentato da batterie ricaricate da pannelli solari flessibili, è messo a punto dall’azienda svizzera VHFTechnologies. L’azienda aerospaziale italiana Aero Sekur S.p.A., specializzata nella manifattura di paracaduti ed elementi gonfiabili salvavita, ha realizzato il primo prototipo. La tenda consiste in una struttura gonfiata fatta di fibra di polietilene rivestita in poliuretano. Il telo esterno è di tessuto argentato ad alta resistenza che riflette il calore e protegge dall’irraggiamento solare diretto. Il background dei due progettisti, Andreas Vogler e Arturo Vittori, nel settore dell’architettura aerospaziale è ben visibile nella concezione, costruzione e materializzazione del progetto. Un volume piccolo e leggero, quindi facile da trasportare, costruzione gonfiabile e semplicità di impiego, controllo ambientale attivo, energia solare e riflessione del calore sono concetti e tecnologie appartenenti al settore dei voli spaziali. Arturo Vittori ha lavorato tra l’altro come architetto presso l’Airbus di Toulouse e Andreas Vogler, ha portato avanti progetti e ricerche di architettura per lo spazio, tra cui i voli parabolici con la NASA di Houston. La tenda è presente alla mostra “SAFE: Design Takes On Risk”, aperta fino al 2 gennaio al Museum of Modern Art di New York.

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he Munich and London based design firm Architecture and Vision (www.architectureandvision.com) presents a new design and prototype for a one person tent to be used in the extreme temperatures of the desert. The inflatable tent is the result of a study performed for the European Space Agency Technology Transfer Programme and employs several concepts discussed in Space Exploration. “Planning habitats for space, makes architects realize the future potentials of buildings on Earth. Desert Seal is based on a research driven design methodology, which is investigating available in-situ resources and optimizing a design for low weight and active, low energy environmental control. But design, and even more so design in extreme environments, has also to touch the human emotions”, said Andreas Vogler, partner of Architecture and Vision. Desert Seal is an inflatable tent for hot arid environments, where the air is getting considerably cooler the more distant it is from the earth’s surface. This effect is used by many desert animals like the camel. An electric fan at the top is constantly blowing cooler air into the tent. The fan is powered by batteries, which are charged by a flexible solar panel, which has been developed by Swiss company VHF-Technologies. The Italian aerospace company Aero Sekur S.p.A., specialised in parachutes and life-saver inflatables manufactured the first prototype. The tent consists of an air beam structure made of yellow PUcoated polyethylene fibre. The awning is a silver-coated highstrength textile to reflect heat and protect from direct sunshine. The aerospace architecture background of the designers Arturo Vittori and Andreas Vogler is visible in the conception, construction and materialization of the project. Small transportation volume and weight, inflatable construction for easy deployment, active environmental control, Solar power and heat reflection are all key concepts and technologies employed in spaceflight. Arturo Vittori has been working as an architect at Airbus in Toulouse and his partner Andreas Vogler did projects and research in space architecture, involving parabolic flights with NASA in Houston. The tent will be in the exhibition “SAFE: Design Takes On Risk” until January 2, 2006 at The Museum of Modern Art (MoMA) in New York.

Credits Project: Architecture and Vision: Andreas Vogler, Arturo Vittori Production: Aero Sekur: Sales Engineer: Valentina Bornisacci; Project Engineer: Mario Cioeta; Chief Project Engineer: Giacomo Giovangrossi; Prototypes Engineer: Patrizio Fedeli; Sales Executive: Fabio Piccolo Public Relations: Celine Laurière Support and Collaboration: Roberto Vittori, European Austronauts Corps; Aero Sekur, VHF-Technologies, ESA Technology Transfer Office, Museum of Modern Art New York

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Nella pagina a fianco, dall’alto: la Desert Seal prima del montaggio; fasi di trasporto, apertura, montaggio; la tenda montata. Sopra, la tenda montata nel deserto. Sotto, vista dell’interno.

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Il prototipo della tenda qui presentato pesa 6 Kg e misura 220x100x210 cm. La tenda consiste in una struttura gonfiata fatta di fibra di polietilene rivestito di poliuretano. La copertura di tessuto argentato ad alta

resistenza riflette il calore e protegge dall’irraggiamento solare diretto. Un ventilatore elettrico collocato sulla cima convoglia costantemente aria fresca all’interno della tenda. Il ventilatore è alimentato da batterie

ricaricate da pannelli solari flessibili, messo a punto dall’azienda svizzera VHFTechnologies. Opposite page, from top down: the Desert Seal before deployment; phases of transport, roll-out and

fixing, deployment; montage of the tent. Above, the tent mounted in the desert. Below interior view. The prototype shown here weighs 6 Kg and measures 220x100x210 cm. The tent consists of an air beam structure

made of yellow PUcoated polyethylene fibre. The awning is a silver-coated high-strength textile to reflect heat and protect from direct sunshine. An electric fan at the top is constantly blowing cooler air into

the tent. The fan is powered by batteries, which are charged by a flexible solar panel, which has been developed by Swiss company VHFTechnologies.

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In Paris

L’Universo di Marotta

A destra/right, “Bosco Naturale-Artificiale”, struttura modulare in metacrilato trasparente stampato sottovuoto, specchio e luce al neon/modular structure made of a transparent metacrylic vacuum print, mirror and neon light, 41x75,5x59, 5cm, 1966.

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ino Marotta espone a Parigi la sua natura artefatta e compone un Paradiso terrestre che riassume a suo modo la sostanza dell’antico paradeisos d’origine orientale e quella dell’Eden della mitologia ebraica e cristiana, caricandole però di una modernità che va oltre la mutazione materica. Riassumendo in questa mostra una ricerca ormai quarantennale, Marotta non si limita a ribadire lo stretto e costante rapporto tra la sua fiducia nella tecnologia e lo slancio verso una natura intesa ancora come fondatrice e garante del senso stesso della nostra esistenza. In più, egli lascia affiorare il sottile sentimento della nostalgia di cui il concetto stesso di “paradiso” si è sempre nutrito in tutte le ideologie e in tutte le religioni. Rimpianto dell’età dell’oro, del grembo materno o di un’innocenza assoluta e primeva, questo concetto aleggia su tutte le culture come monito e rimembranza di una “caduta” dalla quale l’umanità non si è ancora riscattata e con cui la modernità ha tentato di pareggiare i conti contrapponendole l’orgoglio di una conoscenza dominatrice. L’“Universo Naturale Artificiale” di Marotta si colloca così nel cuore di un mito che, nelle sue opere, si sdoppia, per un verso dando voce a una sofferta tensione verso la sublime indifferenza della Natura come origine e alimento dell’esistenza stessa, e per un altro richiamando il conflitto che fin dall’inizio l’essere umano ha scatenato, in nome della sua intelligenza scientifica e tecnologica, contro la Grande Madre. Ma poiché siamo dinanzi a esiti artistici, e non a riflessioni filosofiche, va subito aggiunto che la ricerca di Marotta si dispiega in una continua varietà di forme, di linguaggi, di composizioni, di figurazioni, nella quale il tema di partenza si articola in tutta la sua potenza espressiva. In essa l’organico e l’inorganico, il particolare e il generale, la materia e la forma s’intrecciano, si fondono, si contrappongono dando vita non a un Universo, ma a una rappresentazione dell’Universo nella quale l’essere umano è presente solo nella sua virtualità di demiurgo che scruta i segreti della Natura e se ne impadronisce per ri-crearla. Non a caso, a proposito del lavoro di Marotta si è talvolta accennato all’alchimia. L’antico precetto alchemico, secondo il quale “l’arte deve iniziare l’opera là dove la natura interrompe la sua”, sembra definire con precisione non tanto una poetica, quanto un approccio concettuale. Non per nulla la materia della quale si compongono per lo più le opere di Marotta è la plastica, esito finale di trasmutazioni capaci di fare dell’artificio una seconda natura. Così la rassegna di Parigi, che ripropone le diverse versioni del Bosco, delle Ninfee, dei Paesaggi artificiali, dei Prati, dei Fili d’erba, costituisce una sorta di summa delle riflessioni sui quali l’artista non ha mai cessato di soffermarsi. E’ una ricerca che ci ha introdotto nel XXI secolo, in cui quelle tematiche si ripropongono in versioni nuove, che le tecnologie contemporanee addirittura esasperano, ma delle quali resta immutata la premessa di partenza, ossia quella feconda contraddizione tra natura e conoscenza sulla quale né la modernità né il suo superamento nel tempo presente hanno mai smesso di arrovellarsi. L’“Universo Naturale Artificiale” di Marotta ci richiama dunque a una realtà che, a dispetto delle sue variazioni, resta immutata nella sua urgenza di definizione – se non proprio di soluzione – di un problema perennemente aperto, del quale la contemporaneità vive forse la versione più drammatica. Maurizio Vitta

“Paesaggio Artificiale”, metacrilato stampato sottovuoto serie in sei colori/metacrylic vacuum print in six-colour set, 69x50 cm 1965.

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ino Marotta is displaying his artificial nature in Paris, composing a Paradise on Earth which represents his own vision of the ancient paradeisos of eastern origin and the Garden of Eden belonging to Jewish and Christian tradition, injecting them with a dose of modernity that is more than just a mutation in materials. Marotta’s exhibition, summing up what now amounts to about forty years’ research and experimentation, does not just underline the close and constant bonds between his faith in technology and a thrust towards nature still seen as underpinning and giving meaning to our lives. He actually reveals that subtle sense of nostalgia which the very concept of “paradise” has always fed off in all its ideological and religious representations. A longing for the Golden Age gone by, the mother’s womb or absolute, primeval innocence, this concept still hovers over all cultures as a warning and memory of the “fall” that mankind still has not fully recovered from and which modernity has attempted to come to terms with by counteracting it with the pride of all-pervasive knowledge. Marotta’s “Universo Naturale Artificiale” is right in the heart of a myth which, in his works, divides into two, on one hand embodying a desperate thrust towards the sublime indifference of Nature as the origin and source of life itself and on the other evoking the conflict which human beings (in the name of scientific and technological know-how) have triggered off right from the very start against the Grand Mother. But since we are dealing with artistry and not philosophy, it ought to be pointed out straight away that Marotta’s forty years of research and experimentation – constantly innovated but always faithful to its basic tenets – take on an ever-changing variety of forms, languages, compositions and figurative patterns, in which the initial theme unfolds with all its expressive force. In his work the organic and inorganic, particular and general, matter and form, all weave together, blend and contrast to create not one Universe but a representation of the Universe in which human beings are only virtually present as the demiurge studying the mysteries of Nature and mastering them in order to recreate it. It is no coincidence that alchemy is often mentioned when talking about Marotta’s work. The old alchemical precept according to which “art should begin its work where nature stops” seems to be a precise way not so much of defining some new poetics but of setting a conceptual approach. Hardly surprisingly the material out of which most of Marotta’s work is composed is plastic, the final product of transmutations capable of turning artifice into a kind of second nature. Followed by ceramics, an ageold product of cleverly devised mixtures. So the Paris exhibition displaying various versions of the “Woods”, “Nymphs”, “Artificial Landscapes”, “Lawns” and “Blades of Grass” that characterise so much of Marotta’s work represents a sort of climax, an overview of the subjects, problems and thoughts that have always intrigued the artist. His research has taken us into the 21st century, reproducing new versions of these themes, which are taken to their extremes by modern-day technology in a fruitful yet contradictory combination of nature and knowledge that neither modernity nor its present-day successor have ever ceased to ponder over and investigate. Marotta’s “Universo Naturale Artificiale” takes us back to a kind of reality, which, despite all its variations, remains unchanged in its urgent need to define (if not actually resolve) a permanently open issue, which modern-day reality is perhaps experiencing in its most dramatic form.

“Fili d’Erba”, metacrilato trasaprente e luce artificiale colorata/transparent metacrylic and coloured artificial light, 134x78x20 cm, 1968.

Sotto/below, “Ninfea Arancio” metacrilato stampato sottovuoto e luce al neon/metacrylic vacuum print and neon light, 78x107 cm, 1964.

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“B” Progetto architettonico ambientale delle aree interessate dall’ingresso e dall’uscita del nuovo Tunnel Autostradale di Mestre (Venezia)/“B” Environmental-architectural project for the areas by the entrance and exit of the new Mestre Motorway Tunnel (Venice)

Motto “Building bridges creating relationships” corrisponde al/the motto refers to Ingenieurbüro A. Pauser

Motto “Miologia A4” corrisponde al Raggruppamento Temporaneo/the motto refers to temporary team: Proger SPA, Alessandro Anselmi, Alessandro Cambi, Ludovica Di Falco, Francesco Marinelli, Paolo Mezzalama

Motto “Fluido” corrisponde al Raggruppamento temporaneo/the motto refers to temporary team: Mediapolis Engineering SRL, Menegozzo Cristina, Guasti Gianmarco, Garello Andrea

Motto “The Shadow Line 830” corrisponde al Raggruppamento temporaneo/the motto refers to temporary team: Thetis spa e Ugo Camerino

Segreteria del concorso Competition Secretariat: l’Arca Edizioni S.p.a. Via Valcava, 6 20155 Milano Fax +39 02 325481 E-mail: concorsoanas@ arcadata.com Internet: www.arcadata.com

ANAS CONCORSO INTERNAZIONALE DI PROGETTAZIONE “IL TUNNEL, IL PONTE, LA STORIA” “THE TUNNEL, BRIDGE AND HISTORY” INTERNATIONAL DESIGN COMPETITIONS Giuria/Jury: Shoei Yoh, Miguel Angel Roca, Claude Vasconi, Marino Folin, Nicholas Grimshaw, Emilio Ambasz, Giovan Battista Papello, Mario Virano, Tecnico indicato dal/Technician appointed by the C.N.A.P.P.C., Tecnico indicato dal/Technician appointed by the C.N.I. Membri supplenti Supply members: Francesco Sabato, Massimo Averardi, Maurizio Vitta, Matteo Gatto Committente Client: ANAS spa 84 l’ARCA 209

Progetti selezionati per accedere al secondo grado Projects selected to enter + europaconcorsi to the second stage

Progetti selezionati per accedere al secondo grado Projects selected to enter + europaconcorsi to the second stage

“A” Progettazione preliminare di due ponti a Firenze sul fiume Arno - SS. 67 “Tosco – Romagnola” Località Vallina/“A” Two new bridges over the River Arno in Florence for redeveloping Highway SS. 67

Motto “Il tratto dell’Architetto 188” corrisponde al Raggruppamento temporaneo/the motto refers to temporary team: Francis Soler, VP&Green Ingegnierie, Michel Desvigne, Architectures Francis Soler S.A.

Motto “Tra Cielo e Mare 421” corrisponde al Raggruppamento Temporaneo/the motto refers to temporary team: Ove Arup & partners International Limited e Arup Italia Srl.

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Progetti selezionati per accedere al secondo grado Projects selected to enter + europaconcorsi to the second stage

“C” Progetto di rinaturalizzazione e valorizzazione paesaggistica lungo l’Autostrada Salerno-Reggio Calabria, comprensivo di un museo autostradale/“C” Re-landscaping and landscape enhancement project along the Salerno-Reggio Calabria Motorway, including a motorway-side museum Motto “Disco verde sul kilometro 041” corrisponde all’Associazione Temporanea di professionisti/the motto refers to temporary team: Marco Casamonti, Laura Andreini, Giovanni Palazzi, Silvia Fabi, Gianna Parisse, Gianfranco Franchi, Giuseppe Lunardini, Enzo Giusti, Pietro Carlo Pellegrini, Giuliano Sauli, Gianni Sani, Silvana Sermisoni

Motto “On the road 545” corrisponde al Raggruppamento Temporaneo/the motto refers to temporary team: TIFS Ingegneria srl, Tecnobrevetti srl, Emilio Maiorino, Marino Borrelli, Pasquale Coppola, Fabrizio Sirica, Paola Russo, Tiziana Matonti, Walter Ferrara, Franco Dell’Anna, Michele Cassibba, Tito Toso, Pio Toso, Marco Toso

Motto “Paesaggi e Mutazioni 010” corrisponde al Raggruppamento Temporaneo/the motto refers to temporary team: Vincenzo Corvino, Giovanni Multari, Sistema 2000 srl, Daniela Annalisa, Alessandra Pulcini, Anna Milella, Rocco Nino Sallustio, Geoingegneria srl

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- The ‘99 project has been approved. - Bureaucracy was certainly fast this time. - 1899! Grandad’s project.

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Rubriche e articoli sul mondo della progettazione, della produzione e della ricerca. Design, production and research.

Simbolico e possente In Winnipeg

I venti migliori European Steel Design Award

Progetto: Antoine Predock

In occasione del simposio svoltosi a Nizza il settembre scorso per celebrare i cinquant’anni dalla sua fondazione, la Convenzione europea della costruzione metallica (CECM) ha reso noti i progetti vincitori del Premio europeo per la costruzione metallica. Questo premio nasce con l’intento di incoraggiare e promuovere un uso creativo dell’acciaio sia per le sue qualità costruttive, sia per le sue potenzialità architettoniche. Il progetti selezionati nel 2005 offrono un ricco panorama delle possibilità di utilizzo dell’acciaio, dalla standardizzazione e prefabbricazione, alla flessibilità di utilizzo, fino alla più avanzate tecnologie. Provenienti da venti Paesi europei, gli edifici premiati testimoniano attraverso le diverse tipologie, tecniche e linguaggi, come l’architettura metallica sia oggi una realtà che consenta infinite possibilità espressive, oltre naturalmente a quelle strutturali, nel rispetto della qualità di vita dell’uomo e del suo divenire nella città. Dalle grandi scale di aeroporti, stazioni, stadi, centri commerciali, agli interventi di natura più strettamente ingegneristica e strutturale, come ponti e viadotti, fino alle scale minori delle abitazioni, la rosa delle tipologie protagonista del Premio conferma come le qualità dell’acciaio in campo strutturale, di produttività e di economia si completino dei vantaggi che questo materiale offre a livello di risposte plastiche e architettoniche.

Un segno unificante e senza tempo per tutte le nazioni e le culture del mondo: questo vuole rappresentare il progetto di Antoine Predock recentemente vincitore del concorso internazionale per il Museo dei Diritti Umani da realizzare a Winnipeg, Canada. Il museo si innalza come una montagna magica, un’apparizione che sembra fatta di ghiaccio, nuvole e roccia, collocata in un grande prato verde. Realizzato in vetro e con l’antica Pietra Calcarea di Tyndall, l’edificio appare come scavato nell’orizzonte della città di Winnipeg, ma, pur avendo un grande forza simbolica mantiene una scala umana. I percorsi sono pensati come un viaggio epico attraverso la vita. I visitatori accedono agli spazi del museo dalle Radici, costituite da un possente seppur articolato basamento di pietra conformato in modo da fungere anche come elemento di riparo dai freddi venti provenienti da nord e nordovest e inteso come simbolo della celebrazione del sole grazie ad aperture che seguono il percorso del sole degli equinozi e dei solstizi. Oltre a contenere le funzioni di accoglienza, questo basamento costituisce anche una cornice per eventi all’aperto andando a formare un anfiteatro esterno. Tra gli elementi interni più evocativi, la Sala Grande, scavata al centro dell’edificio e il Giardino della Contemplazione, caratterizzato da una serie di colonne di basalto che sembrano emergere dalla base monolitica di granito. Lo spazio del giardino, che contiene varietà di piante medicinali e corsi d’acqua, funziona come “polmone” del complesso e rinforza il simbolismo legato all’etica dell’ambiente. Il percorso culmina, infine, nella Torre della Speranza, da cui si godono ampie panoramiche del paesaggio circostante e che con la sua trasparenza eterea allude ai cambiamenti fisici di stato dell’acqua, della materia e della forma simboleggiando la speranza di cambiamenti positivi nell’umanità. Il museo, destinato a diventare meta turistica e di studio per visitatori di tutto il mondo, sarà il maggior centro mondiale di ricerca sul tema dei diritti umani. L’avvio della costruzione è previsto per il 2006. A unifying, timeless sign for all the world’s nations and cultures: this is what Antoine Predock means to represent with his project, which recently won an international competition for the Museum For Human Rights that is to be built in Winnipeg, Canada. The museum rises like a magic mountain, an apparition on a vast green field, made of ice, clouds and rock. Built in glass and ancient Tyndall Limestone, the structure appears to be carved into the horizon of the city of Winnipeg, but despite its great symbolic power, it is to be built on a human scale. The display areas stretch out like an epic journey through life. Visitors gain access to the museum spaces from the Roots, which consist of an imposing yet articulated stone foundation that acts as a sheltering structure from the cold north and northeastern winds. This foundation opens up in various points, celebrating the sun as it follows its equinoxes and solstices. As well as a reception area, this basement will also constitute the setting for outdoor events, as it extends outwards to form an outdoor amphitheater. Bored into the center of the building, the Great Hall is one of the most suggestive interior elements, along with the Garden of Contemplation, which features a series of basalt columns that seem to emerge from the monolithic granite base. The garden space, which contains a variety of herbs and streams, acts as a “lung” for the complex, strengthening the symbolism linked to environmental ethics. The journey ends at the Tower of Hope, which offers wide panoramic views of the surrounding landscape. With its ethereal transparence, the tower hints at the physical changes of state in water, matter and shapes, symbolizing the hope for positive changes in humanity. The museum – which is to become a touristic and study venue for visitors from all over the world – will be the world’s main research center on the theme of human rights. Building is scheduled to begin in 2006.

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In September this year, a symposium was held in Nice to celebrate half a century since the foundation of the European Convention for constructional steelwork (CECM). The winning projects of the European Prize for metal construction were announced on the occasion. The prize is meant to encourage and foster a creative use of steel, both due to its structural qualities and its architectural potential. The projects selected in 2005 afford a comprehensive survey of steel and its use in various fields, from its standardization to its prefabrication, and from its versatility to the latest technologies. Through different typologies, techniques and languages, the winning buildings – which come from twenty different countries – bear witness to how today, in addition to its structural versatility, metal architecture is a reality that allows for endless expressive possibilities, with due respect to man’s quality of life and his future in the city. From largescale projects for airports, stations, stadiums and shopping centers to engineering and structural works such as bridges and viaducts, to smaller-scale plans for housing, the shortlist of the typologies that won the Prize confirms how the qualities of steel in the spheres of construction, production and economy are further enhanced by the advantages the material affords from a plastic and architectural point of view.

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I progetti premiati nel 2005 sono/The projects awarded in 2005 are as follows: 1. Austria - Air traffic control tower Vienna airport - Zechner & Zechner 2. Belgium - Three bridges over the Hoofdvaart Haarlemmermeer - Santiago Calatrava 3. Czech Republic - Sazka Arena in Prague Vladimir Vokaty, Martin Vokaty, Jiri Vit, ATIP 4. Denmark - Flintholm station in Vanløse KHR AS/DSB Architects 5. Finland - TKP Finnmap offices in Helsinki SARC Architects 6. France - Millau Viaduct – Foster and Partners 7. Germany - Munich international airport Terminal 2 - K + P Architekten Und Stadplaner 8. Italy - Olympic stadium “Oaka” in Athens (Greece) - Santiago Calatrava – Contractor: Costruzioni Cimolai Armando 9. Luxembourg - Grande-Duchesse JoséphineCharlotte concert Hall Christian de Portzamparc, Christian Bauer & Associés Architectes 10. Norway - V-house in Nesya - Space Group

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11. The Netherlands - Hoge Bridge in Maastricht - Engineers: Bureau d’études Greisch 12. Portugal - Estadio de Dragao rooftop in Porto - RISCO, Projectistas e Consultores de Design 13. Romania - Charles de Gaulle Plaza building in Bucharest - Westfourth Architecture 14. Slovakia - Kosicka bridge in Bratislava Dopravoprojekt AS, Inf. Miroslav Matascik 15. Slovenia - TZC PORTOVAL - Amusement, commercial and business centre in Novo Mesto - Janez Kozlj, Joze Jaki 16. Spain - Campis Elisis footbridge on the Segre river in Lleida - P.J. Ravetllat, C.Ribas and N.Markuerkiaga 17. Sweden - Mjärdevi Center in Linköping Lund & Valentin 18. Switzerland - “La Ferriera” building in Locarno - Livio Vacchini 19. Turkey - Dolapdere campus second building of Istanbul Bilgi university in Istanbul Elif Ozdemir Data Construction 20. United Kingdom - The Wales Millennium Centre in Cardiff - Capita Percy Thomas

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Vuoto generatore Boma Building, Mantua

Innovativo e cosmogonico duoMO Hotel Rimini

Progetto: Design International

Progetto: Ron Arad

Percezione degli spazi, del colore e della luce e un concetto di edificio funzionale alle esigenze del pubblico, sono le linee guida che Design International, studio di architettura e design fondato in Canada nel 1972, ha fatto proprie nella definizione della propria strategia progettuale. Sulla base di questi criteri di sviluppo e messa a punto dell’idea di progetto è stato concepito e realizzato l’intervento del Centro direzionale Boma, realizzato da Coopsette a Mantova. Punto di partenza e idea che ha ispirato la definizione del progetto è stata la possibilità di pensare l’edificio partendo da un spazio vuoto, la corte interna, attorno cui avvolgere il volume costruito. E’ la corte, infatti, che regola gli accessi alle attività commerciali del piano terra e agli uffici dei piani superiori, e da cui si definiscono gli intervalli tra vuoti e pieni, le proporzioni di scala, sempre a misura d’uomo, l’alternanza di luci e di ombre sulle facciate. Il piano terra è stato parzialmente porticato per alleggerire visivamente il fabbricato, mentre l’utilizzo estensivo di curtain walling e pareti ventilate in laterizio nero danno ritmo verticale all’edificio, con un susseguirsi di volumi con spigoli acuti, retti e curvati. Un cilindro ellittico funge da fulcro visivo e compositivo dell’insieme. E’ in questo elemento che si concentrano valenze estetiche e tecnologie di punta; il volume cilindrico a tutt’altezza è, infatti, realizzato con vetrate ad apprensione puntuale che garantiscono, oltre alla trasparenza e leggerezza percettive dell’involucro, elevate qualità di sicurezza strutturale, confort degli ambienti, e risparmio a livello di consumi energetici. L’edificio nel suo insieme esprime in un’articolata semplicità, un uso controllato ed elegante di materiali e colori coniugato a una razionale e studiata ricerca di funzionalità, che beneficia, oltretutto, della separazione del traffico veicolare da quello pedonale.

Founded in Canada in 1972, the architecture and design studio Design International has its own planning strategy, which is based on perception of space, color, and light and the concept of building according to the public’s requirements. Based on these standards for the development and realization of their projects, the studio conceived and built the Boma business center, working jointly with Coopsette in Mantua. The starting point and main idea for the definition of the project was an empty space – an interior courtyard – around which the structure was to be built. In fact, the court itself allows access to the commercial activities on the ground floor and the offices on the upper stories; in addition, it defines the intervals between empty and full spaces, scale proportions – which are always on a human scale – and alternating light and shade on the fronts. The ground floor is partially arcaded, giving the structure a lighter look, while extensive resort to curtain walling and ventilated walls in black tile endow the building with a vertical rhythm, with sharp-edged, straight and bent volumes following one another. An elliptic cylinder acts as a visual and compositional support for the whole. Indeed, it is in this element that esthetic quality and leading-edge technology are concentrated: this cylinder – which runs up the entire height of the building – is totally glazed, giving the shell a transparent, light feel, high-level structural safety, interior comfort and contributing to energy saving. As a whole, the building expresses a well-structured simplicity, a controlled, elegant use of materials and color combined with a rational, well-deviced functionality; in fact, an additional feature is the separation between vehicular traffic and pedestrian circulation.

Due identità temporali: di giorno duoMO Hotel può essere luogo di relax oppure ambiente per incontri di lavoro; di notte, invece, si trasforma in luogo di riferimento per ascoltare musica, lasciandosi coinvolgere dalla vivace vita notturna di Rimini. La scelta di affidare a Ron Arad il progetto di tale luogo è stata davvero un’ottima idea, visti i risultati. Con la sua configurazione inusuale, che apre, almeno in Italia, nuovi orizzonti estetici nel mondo dell’hôtelerie, duoMo Hotel azzera tutti gli stereotipi, ponendosi come un’icona assoluta cui tutti dovranno tener conto per non rimanere nell’ombra del passato. L’intervento riguarda anche l’esterno attraverso un nuovo look alla facciata preesistente, che anticipa interessanti innovazioni, a cominciare dalla reception allusiva sia alla Pop Art sia all’immaginario cosmogonico. Novità anche nella concezione delle stanze, in cui lo spazio bagno è elemento generatore della configurazione distributiva. L’apertura di duoMO Hotel è prevista fra gennaio e febbraio 2006. Carlo Paganelli

Two temporal identities: during the day, duoMO Hotel can be a place for relaxation or for business meetings; at night, on the other hand, it turns into a hub of music, where you can take part in Rimini’s lively night life. Entrusting the project to Ron Arad was an excellent idea, seeing the result. With its unusual configuration – which, at least in Italy, opens up new esthetic horizons in the world of hotels – duoMO Hotel gets rid of stereotypes, presenting itself as an absolute icon we all have to deal with so as to make a clean break with the shadow of the past. The exterior, too, has acquired a new look, and the façade announces interesting innovations, starting from the reception, which alludes both to Pop Art and to cosmogonic theory. A new concept was also applied to the room layout: in fact, the bathroom area is its generating element. The duoMo Hotel should open between January and February 2006.

Schermi di vetro e metallo Progetto: Chaix & Morel Con l’obiettivo di accrescere e innovare l’immagine del Gruppo, Airbus in vista del lancio del nuovo A 380, ha bandito nel 2003 un concorso per la realizzazione di un nuovo edificio, il B22, destinato a riunire l’insieme della attività terziarie (uffici, amministrazione, e commerciale). Il progetto vincitore è firmato da Chaix & Morel, importante studio parigino che opera in settori diversi, e a cui si devono i progetti degli ultimi Zénith di Nantes, Digione e quello dell’isola de La Réunion, oltre a quelli storici di Orléans e Montpellier. Per il nuovo B22, che sta per essere inaugurato, i progettisti hanno pensato a un insieme composto da quattro volumi allineati a due a due e inseriti in “un gioco di schermi di vetro e di metallo” che, oltre a identificare la nuova immagine dell’Airbus, svolgono una funzione di protezione solare e dai rumori rispettando i criteri di salvaguardia dell’ambiente. I quattro volumi, leggermente sfalsati, sono descritti con un linguaggio epurato che si inserisce fluidamente nell’ambiente attraverso un uso calibrato e una scelta oculata dei materiali. Vetro e metallo sono quelli privilegiati per esprimere armonia e modernità. Il vetro per dare massima trasparenza all’insieme stemperandone la volumetria e

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controllando nel contempo i fenomeni di irraggiamento. Il metallo per arricchire l’edificio di un eleganza e di una identità immediate. Per i 10.000 metri quadrati di superficie di facciata metallica è stato scelto un materiale prodotto da Alcoa Architectural Products, filiale della francese Alcoa, leader nel settore dell’alluminio. Si tratta del Reynobond, le cui caratteristiche hanno permesso di soddisfare le esigenze tecniche, estetiche e di lavorazione richieste dai progettisti. “Il Reynobond – spiega M. Krauss, dello studio Chaix&Morel – ci offriva il grande vantaggio di rispecchiare fedelmente le caratteristiche della carlinga di un aereo: presenza del metallo, affidabilità e soprattutto possibilità di rivettatura. Inoltre soddisfaceva anche all’esigenza di massima facilità di lavorazione, essendo l’unico pannello laminato fornito con una lunghezza di sei metri e una larghezza di due”. Il risultato è sicuramente suggestivo, i quattro volumi sono animati dal rapporto che si crea tra la leggerezza del vetro e la lavorazione del metallo, arricchiti dalla presenza del verde che dà vita all’atrio coperto, un’oasi di ossigeno nel cuore del complesso. Elena Cardani

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Per un Soft-Urbanesimo

Tra passato e futuro Founding Myths

Architetti italiani all’estero

“Il miglior modo per vedere la Los Angeles del prossimo millennio è dalle rovine del suo alternativo futuro” M. Devis, “City of Quartz”. All’interno della città la “Casa nomade” può acquisire la dimensione di segno urbano (visibilità urbana) in localizzazioni specifiche come veicolo di qualità etico-estetica proponendo messaggi pubblicitari e di valore sociale. La città è oggi la dimensione urbana di un totale consumismo dallo spazio privato (oggetti, strumenti telematici, computer) a quello pubblico (strade, centri storici, quartieri terziari, iper-mercati) con un codice vasto e ambiguo di segni diretti e indiretti (segnali). Il box residenziale può essere proposto come superficie-veicolo di immagini pubblicitarie, fisse o proiettate, aumentando il valore economico, utile per la sua propria produzione, e il valore urbano come una interpretazione architettonica dei segni più vitali della città contemporanea. Inoltre il valore dell’immagine non è legato esclusivamente all’aspetto come dire “consumistico”, ma anche a quello “sociale”. Difatti, l’uso di immagini dall’alta qualità estetica (icone dei più alti rappresentanti della storia e dell’attualità dell’arte, come per esempio Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Picasso, Haring, ecc.) può offrire una connessione fra etica ed estetica, non considerandola come una visione formalista e superficiale ma come la più profonda percezione di ciò che è veramente “Bello”, sinceramente “Vero” e profondamente “Giusto”. Sulla base di tali considerazioni l’idea progettuale intende investigare le possibili relazioni fra tali punti residenziali, con il loro impatto iconografico (immagini dei capolavori della storia dell’arte) e il contesto, in special modo in siti con problemi di ordine sociale e fisico come le periferie, cercando di operare quel magico innesto sociale di “Etica” ed “Estetica”, attraverso il loro inserimento all’interno del meccanismo economico, visto come il solo strumento che permetta loro efficacemente di crescere, di diffondersi e di migliorare il meccanismo stesso. L’altra condizione fondamentale per rendere questa strategia urbana realmente efficace è la localizzazione della casa. Essa deve seguire precisi criteri basati sull’analisi urbana in termini sociali, economici, strutturali e formali. Speciali posizioni potrebbero essere : - Interconnessioni di flussi divisi in categorie funzionali (lavoro, cultura, tempo libero, ecc.) o tipologie di movimento (pedonale, carrabile, ecc.). - Punti focali. - Spazi urbani interstiziali. - Spazi aperti (piazze, parchi,ecc.) - Aree di margine. - Accessi urbani (punti di connessione esterno-interno). - Rovine urbane. La casa nomade può risultare una risposta utile, in termini economici, sociali e formali, alla richiesta di spazi (sparsi nel paesaggio urbano) immediatamente e velocemente disponibili per ogni tipo di utenza senza formare aree monofunzionali come quartieri residenziali di tipo borghese o di tipo popolare, ma rafforzando le principali caratteristiche urbane: molteplicità, flessibilità e contaminazione. In questo modo si può pensare a una possibile forma di urbanesimo: non una intensa ricostruzione urbana per grandi spazi e lunghi periodi, ma una contaminazione ecologica fra le contemporanee scorie architettoniche, risultato di un meccanismo fagocitante che divora, assorbe ed espelle ogni cosa, e inserzioni esatte e limitate che seguono strategie sociali e programmi urbani di riciclaggio. Riciclaggio inteso come categoria socio-culturale, come strumento per una reinserzione e un riadattamento, all’interno del circuito consumistico del nostro tipo di società, di tutto ciò che viene scartato o marginalizzato (persone, beni, arti, culture, ecc.) poiché considerato vecchio, non utilizzabile ovvero “non consumabile”. Ripensare strutture speciali che, all’interno di un contesto in divenire, risultano importanti elementi obsoleti o sottovalutati, fantasmi immobili, rovine fisico-culturali di una archeologia urbana (memoria stratificata). Una rete urbana di punti per strategiche inserzioni con flessibilità e dislocazione totali nello spazio e nel tempo. Potremmo parlare di “SoftUrbanesimo” o di “Urbanesimo dolce”, basato sulla comprensione della realtà non come una monotona e uniforma realtà, ma come limitati ed eterogenei pezzi di un sistema, dove è possibile agire concretamente e approfonditamente solo essendo consapevoli di questi limiti. Un “Soft-Urbanesimo” per inserzioni residenziali puntuali di tipo nomadico in termini di concezione progettuale (strutture prefabbricate mobili per dinamiche aggregazioni nell’ambiente urbano) e tipologia d’uso (viaggiatori, lavoratori, immigranti, disadattati, senza tetto, ecc.). Gianluca Fedi

“I miti fondatori dell’architettura” è il tema della conferenza che si è tenuta lo scorso ottobre a La Valletta – Malta. Organizzato dallo studio di architettura Architecture Project (www.ap.com.mt) con l’associazione francese Rencontres OrientOccident (www.rencontresorientoccident.fr) questo evento, che ha riunito architetti, storici dell’architettura ed esperti, ha creato un interessante momento di riflessione e di dibattito su un tema tanto antico quanto attuale. Dal confronto delle diverse prospettive è emerso come, accanto alla seduzione tecnologica, anche la ricerca e la comprensione dei miti fondatori dell’architettura costituiscano un interessante e fertile terreno di confronto e dibattito. Le considerazioni di Nathalie Bertrand, presidente dell’associazione Rencontres Orient-Occident, inquadrano il tema cogliendone alcuni aspetti peculiari che possono essere un ulteriore stimolo all’approfondimento dell’argomento. Fin dall’antichità “I miti si oppongono al pensiero razionale, al dato scientifico, ma fondano simbolicamente una storia dell’umanità...Si pone allora il problema dell’incarnazione del mito, della sua rappresentazione, e l’architettura può essere considerata come una delle verità mitiche in quanto espressione di un immaginario, formalizzazione dei simboli. La grotta di Calipso rinvia alla metafora della capanna, prima tappa verso la costruzione delle dimore. Miti e storia si ritrovano in numerose realizzazioni passate o presenti. Il Palazzo di Minosse a Creta rinvia, nella complessità del suo impianto, al mito di Dedalo e del suo labirinto...L’associazione di forme architettoniche e forme simboliche illustra la nozione di edifici metafora dell’universo. Il cerchio, la cupola, la rotonda, la volta ‘rappresentano’ il cielo stellato, la volta celeste, come nel Museo di Galla Placida a Ravenna, nelle moschee del Sinai o nell’utopico mausoleo di Newton di Boullé...I tempi moderni elaborano un’altra mitologia, quella del pensiero architettonico e del mito dell’architetto come edificatore di un mondo migliore. Tecniche e progressi industriali compongono il nuovo protocollo dell’immaginazione architettonica. La scienza che pretende di eliminare il mito per far posto alla sperimentazione concreta, sarebbe in realtà un mezzo per riunire simbolicamente l’oggettività apollinea e la soggettività dionisiaca (Scott. R. Smith, The Myth of Mind as Machine. Mythology from the Ancient to post-modern, Peter Lang Publishing Group, 1992). Lo slancio verso il cielo, la verticalità connotata di religiosità e di eternità, resta un mito dell’architettura...Le nuove tecnologie sono al servizio del “sempre più alto”, simbolo di potere, della potenza dell’uomo costruttore. “Forza! Costruiamo una città e una torre la cui cima penetri nei cieli” (Genesi, XII); così la Torre di Babele crollò per disperdere esseri umani e confondere i loro linguaggi. L’architettura verticale è dominazione, ma la sua distruzione è ugualmente un simbolo. La sua forma un’espressione, un interrogativo come quello suggerito dalla recente Torre Agbar, opera di Jean Nouvel a Barcellona”. Elena Cardani

La mostra “polimi.world. Testimonianze internazionali di architetti e designer politecnici 1950-2005” aperta dal 17 al 28 ottobre presso la Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano, un’itinerario attraverso alcune tra le più significative opere della storia dell’architettura contemporanea. Il senso di questa iniziativa infatti, non è tanto quello di censire le realizzazioni all’estero degli architetti e designer laureati al Politecnico di Milano, bensì di provare a verificare i differenti esiti internazionali di una formazione con una ben precisa matrice tecnica e culturale. Le ville venezuelane di Gio Ponti e il suo Denver Art Museum, i negozi, gli uffici e le fabbriche realizzate per la Olivetti in Europa e America Latina da Franco Albini, Ignazio Gardella, i BBPR e Marco Zanuso, le scuole di Vittorio Garatti a Cuba, gli allestimenti di Achille Castiglioni e gli interni di Vico Magistretti, il Museo d’Orsay di Gae Aulenti a Parigi e il Museo di Groningen di Mendini, il grattacielo di Mario Antonio Arnaboldi a Sidney (nella foto), le opere di Renzo Piano, Vittorio Gregotti, Aldo Rossi e Giorgio Grassi, fino alle esperienze europee di Antonio Citterio e delle più giovani generazioni, non sono semplicemente le fortunate realizzazioni internazionali di architetti italiani, ma nella specificità dei singoli percorsi individuano un caratteristico modo di fare architettura che partendo da un razionale contatto con la storia e con le tradizioni costruttive, approda a soluzioni di grande raffinatezza poetica. Quanto di questo intreccio tra razionalità e poesia sia frutto della formazione e del lavoro (molti sono i docenti) al Politecnico di Milano, non è dato saperlo, se non avviando un approfondito studio che avrebbe il merito di indicare un’alternativa possibile a quella “internazionale del gesto artistico” a cui appartengono poche grandi firme. In queste opere “milanesi” sparse in tutto il mondo, c’è invece un’identità ben riconoscibile, che la mostra intende mettere in evidenza, anche attraverso il semplice accostamento di una serie di immagini proposte in successione cronologica. Federico Bucci

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“The Founding myths of Architecture” is the subject of a conference held last October in La Valletta – Malta. Organised by the architecture firm Architecture Project (www.ap.com.mt) in conjunction with the French association Rencontres Orient-Occident (www.rencontresorientoccident.fr), this event involving architects, architecture historians and other experts, provided an interesting chance to think about and discuss an issue that is as age-old as it is topical today. After confronting all the different points of view it emerged that, alongside the seductive force of technology, studying and understanding the founding myths of architecture is also an interesting and fruitful field of debate and confrontation. Nathalie Bertrand, the President of the Rencontre Orient-Occident Association, made a few remarks to set out the issue, focusing on certain points that may provide further stimulus for examining the topic in even greater depth. Ever since Antiquity “Myths are opposed to rational thought and scientific fact, but they provide their own symbolic reading of the history of mankind. This raises the issue of how a myth is incarnated and represented, and architecture may be considered a true myth as an embodiment of something imaginary, the formalisation of symbols. Calipso Cave evokes the metaphor of the hut or shack, the first step towards the building of a home. Myths and history reappear in lots of constructions from both the past and present. The complexity of Minosse Palace’s site plan in Crete evokes the myth of Dedalus and his maze… The combination of architectural forms and symbolic forms illustrates the idea of buildings as metaphors of the universe. The circle, dome, rotunda and vault “represent” the starry heavens, celestial vault, as in Galla Placida Museum in Ravenna, the mosques in Sinai or the Newton’s utopian mausoleum in Boullé… Modern times rework another mythology, that of architectural thought and the myth of the architect as the builder of a better world. Industrial methods and progress form the new protocol of the architectural imagination. Science, which sets out to get rid of myths to make way for concrete experimentation, might actually be a means of symbolically reuniting Apollonian objectivity and Dionysian subjectivity (Scott. R. Smith, The Myth of Mind as Machine. Mythology from the Ancient to post-modern, Peter Lang Publishing Group, 1992). The thrust up towards the heavens and verticality characteristic of religiousness and eternity is another of architecture’s myths… New technology serve to go “ever higher”, symbolising the power and force of man the builder. “Come on! Let’s build a city and tower whose top will penetrate into the heavens” (Genesis, XII); the Tower of Babel fell down to disperse human beings and confuse them by all the different languages they spoke. Vertical architecture is domination, but its destruction is equally symbolic. Its form is an expression, a question like that posed by the Agbar Tower designed by Jean Nouvel in Barcelona”.

C.F. de Brocktorff, rovine dell’altare principale nel piccolo tempio/Ruins of the Principal Altar in the Little Temple, National Museum of Archeology, by courtesy of Heritage Malta.

Accordo di cooperazione UIA Accordo di Cooperazione tra il Programma delle Nazioni Unite sugli insediamenti Umani e Unione Internazionale degli Architetti (UIA). Scopo di tale accordo è di stabilire i termini generali e le condizioni cui le parti dovranno collaborare per raggiungere obiettivi stabiliti sia per UN-HABITAT sia per UIA attraverso un lavoro congiunto. Le specializzazioni tecniche di entrambe le organizzazioni, che saranno utilizzate in tale collaborazione, permetterebbero un uso più efficace ed efficiente delle risorse messe a disposizione da entrambe le organizzazioni. Per saperne di più, linkare www.unhabitat.org e http://www.larchitetto. archiworld.it/stampa05/stampa/ita191005.pdf.

Concorso per Nancy Un importante operazione urbanistica e architettonica è stata lanciata il maggio dello scorso anno a Nancy, si tratta del progetto di un vasto complesso universitario dal concetto innovativo. Artem (Arte, Tecnologia e Management), la sigla che lo definisce, nasce con l’ambizione di riunire in un unico polo universitario scienza, arte e management, attraverso la sinergia tra l’Istituto nazionale Politecnico della Lorena, l’Università Nancy 2, l’Università Henri Poincaré e il CNRS. Il sito, un’area di terreni militari di circa 10.000 ettari in zona urbana, accoglierà la nuova sede di tre grandi istituti, l’Ecole National Supérieure d’Art di Nancy, l’Ecole des Mines e l’ICN-Ecole de Management, il tutto sviluppato su una superficie di 70.000 metri quadrati. L’ottobre scorso è stato bandito un concorso per la realizzazione della prima parte dell’intervento che prevede oltre a uno schema di piano generale, il progetto di 38.000 metri quadrati destinati all’Ecole des Mines, a cui è associato l’Istituto Jean Lamour, centro nazionale di ricerca sui materiali. Su 95 équipe che hanno risposto all’invito alla candidatura, sono state selezionate da una giuria di esperti gli studi di architettura di HenriEdouard Ciriani e Michel Corajoud, Herzog & de Meuron con West 8, Rem Koolhaas con la società Boskop e lo studio Inside Outside, Nicolas Michelin con Claire Alliod, Dominique Perrault con Planungsburo Drecker, Richard Rogers associato a Thales Architecture e Wirtz International. Le sei équipe presenteranno i loro progetti nel maggio del 2006, quando sarà designato anche il vincitore.

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Notizie sui principali avvenimenti in Italia e nel Mondo. Reports on currentevents in Italy and abroad.

Tre grandi mostre In Rome Continua fino al 8 gennaio la triade di mostre dedicate all’opera di grandi personaggi come Paolo Soleri, Mashekwa Langa e Toyo Ito. Il tutto avviene a Roma presso DARC Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanee e MAXXI Museo delle Arti del XXI secolo. “Paolo Soleri - Etica e invenzione urbana”. Per la prima volta in Italia, una grande mostra su Paolo Soleri: architetto, urbanista, filosofo di eccezionale originalità nel panorama della cultura architettonica internazionale del XX secolo. “Moshekwa Langa” . La mostra di Moshekwa Langa è la prima personale in Italia dell’artista di origini sudafricane: comprende un’ampia selezione di opere recenti realizzate con differenti tecniche: pittura, collage, disegno e video, che affrontano il tema dell’identità culturale e delle relazioni tra le differenti culture presenti nella società europea contemporanea. “Toyo 1 to 200”. DARC e MAXXI, in collaborazione con la Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi di Pescara e l’Istituto di Cultura Giapponese di Roma, hanno organizzato una serie di eventi culturali che vedono come protagonista Toyo Ito, uno dei maggiori protagonisti della ricerca architettonica contemporanea.

Giochi per aiutare In Milan Three shows devoted to great personalities such as Paolo Soleri, Mashekwa Langa and Toyo Ito will be open through January 8th . The exhibitions are on in Rome, at the DARC – the General Direction for Contemporary Architecture and Art – and at the MAXXI, the National Museum for 21st-Century Arts. “Paolo Soleri – Ethics and urban invention”. For the first time in Italy, a great show is devoted to Paolo Soleri, an extraordinariliy original architect, urban planner and philosopher in the sphere of international twentieth-century architectural culture. “Moshekwa Langa”. This is the first solo show in Italy featuring the South African-born artist Moshekwa Langa: it includes a wide selection of recent works created with different techniques, including paintings, collages, drawings and videos. They all deal with the theme of cultural identity and the relationships among different cultures in contemporary European society. “Toyo 1 to 200”. In collaboration with the Faculty of Architecture at the University of Pescara and the Japan Cultural Institute in Rome, the DARC and MAXXI have organized a series of cultural events centered on Toyo Ito, one of the main protagonists in contemporary architectural research.

Paolo Soleri, Fabbrica di Ceramiche Solimene,

Vietri sul Mare (SA) particolare dei coni, 1954-56.

Il progetto Playgrounds & Toys è nato nel 2000 nell’ambito del cinquantesimo anniversario dell’Alto Commissariato per i Rifugiati. Ideato e organizzato da Art for the World, ONG del Dipartimento della Pubblica Informazione dell’ONU, ha visto in questi anni la partecipazione di oltre sessanta tra artisti, architetti e designer di tutto il mondo che si sono misurati col tema della creazione di nuovi progetti per parchi gioco e giochi educativi. “Plagrounds & Toys” è diventata una mostra itinerante. Ogni tappa accoglie cinque o sei nuovi modelli di artisti e architetti del Paese ospitante e una giuria, di cui fanno parte anche dei bambini, sceglie un paio dei nuovi progetti che vengono poi costruiti in scuole o in orfanotrofi di Paesi disagiati. Fino al 23 dicembre, la mostra è visitabile presso l’Hangar Bicocca di Milano. Sette i giovani artisti italiani che presentano in questa occasione i loro lavori: Alberto Biagetti, Pietro Caporosso, Flavio De Marco, Pietro Roccasalva, Gruppo Super di Patrick Tuttofuoco, Massimiliano Nuvoli, Riccardo Previdi.

Il boom delle aziende vinicole In Vienna Playgrounds & Toys is a project launched in 2000 during the fiftieth anniversary of the Committee for Refugee Children. Planned and organized by the foundation Art for the World, the NGO of the UN Department of Public Information, the initiative has seen the participation of over sixty professionals, including artists, architects and designers from all over the world who have committed themselves to the creation of new projects for playgrounds and educational toys. “Playgrounds & Toys” has become a touring exhibition. At each new place, the initiative acquires five or six new models by artists and architects from the hosting country, and a jury in which children also take part. A couple of the new projects are chosen and are then built in schools or orphanages in poor countries. The exhibition can currently be visited at the Bicocca Hangar in Milan, where it will be open through December 23rd. Seven young Italian artists are presenting their work on this occasion: Alberto Biagetti, Pietro Caporosso, Flavio De Marco, Pietro Roccasalva, Patrick Tuttofuoco’s “Gruppo Super”, Massimiliano Nuvoli, and Riccardo Previdi. Annie Ratti, Giardino Botanico, 2000. A destra/right, W.Holzbauer, D.Irresberger, Reifekeller, Arachon.

Design di guerra In Chicago

Moshekwa Langa, Mapping, e sotto/and below, The joke, acrilico e pastello a

Dall’alto in basso/from top down: Toyo Ito, panchine modulari/modular benches “Naguisa” e modelli dall’installazione della mostra/models from the exhibition installation; Paolo Soleri, Mesa City, Higher Learning Center, scroll-collage, 1960ca.

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cera Conte su carta/ acrylic and Conte wax crayons on paper, 100x140 cm, 2005.

L’Art Institute of Chicago presenta fino all’8 gennaio la mostra “1945: Creatività and Crisis, Chicago Architecture and Design of the World War II”. E’ l’opportunità per vedere riunita, dalle collezioni del museo, una vasta rassegna di progetti e opere degli anni della Guerra e della successiva ricostruzione da parte di architetti e designer, prevalentemente dell’area di Chicago che svilupparono soluzioni creative tese ad aiutare lo sforzo militare prima e il cambiamento di scenario ambientale e sociale subito dopo il conflitto. Le opere esposte, per l’allestimento di Stanley Tigerman, sono un centinaio e portano la firma di professionisti rinomati da Ludwig Mies van der Rohe a Bertrand Golberg, da Bruce Goff a Henry P. Glass o Richard Ten Eyck. Le loro ricerche hanno determinato nuovi standard e approcci nei settori, per esempio della realizzazione di impianti industriali, dell’utilizzo dei materiali, del design di mezzi e vie di trasporto.

Fino al 6 febbraio, presso l’Architektur Zentrum di Vienna, è aperta la mostra “Wine Architecture. The Winery Boom”. Il filo conduttore della mostra è il rapporto tra la costruzione di aziende vinicole, da qualche anno al centro dell’interesse dal punto di vista progettuale da parte di molti studi di valore internazionale, e la loro collocazione nel paesaggio agricolo. Vengono presi in considerazione una ventina di progetti realizzati negli ultimi anni, presentando fotografie, disegni, modelli insieme a materiale legato strettamente alla produzione vinicola, come bottiglie, etichette, grafica di presentazione delle aziende. Uno sguardo particolare è dato allo sviluppo di questa tipologia architettonica e di design in territorio austriaco, dove, da una ventina d’anni sta emergendo una nuova consapevolezza delle potenzialità legate al settore vinicolo. The show “Wine Architecture. The Winery Boom” will be open through Ferurary 6th at the Architektur Zentrum of Vienna. The main theme of the exhibition is the relationship between the building of wineries – which many international studios are particularly interested in from the viewpoint of design – and their position in the agricultural landscape. Almost two dozen projects created in the past few years have been considered, presenting photographs, designs,and models along with material that is closely linked to wine production, such as bottles, labels, and the typographical presentation of the wineries. Special attention is paid to the development of this type of architecture and design over the Austrian territory, where, for about twenty years now, a new awareness of the potential the wine sector presents has been emerging.

Le visioni di Pesce At Vitra Design Museum The exhibition “1945: Creativity and Crisis, Chicago Architecture and Design of the World War II era” will be on at the Art Institute of Chicago through January 8th. The show affords the chance to view the museum’s large collection of projects and works planned during the War, as well as postwar reconstruction carried out by architects and designers, especially what was implemented in the Chicago area. Creative solutions were developed, with the intent of helping military efforts before the war, and changing the environmental and social scene after the conflict. About a hundred works are on show, organized around an installation by Stanley Tigerman. Names of renowned professionals such as Ludwig Mies van der Rohe or Bertrand Golberg, Bruce Goff, Henry P. Glass and Richard Ten Eyck are included in the exhibition. Their research determined new standards and ways of approaching various sectors in the field: for example, the realization of industrial complexes, the use of materials, design and transport links.

Dopo la tappa alla Triennale di Milano, la mostra “Gaetano Pesce – Il rumore del tempo” è giunta al Vitra Design Musem di Weil am Rhein, dove resterà aperta fino all’8 gennaio. La mostra passa in rassegna la produzione di Gaetano Pesce presentando oltre ottanta pezzi di arredo, lampade, accessori sia come modelli che prototipi, pezzi unici o opere prodotte in serie. Inoltre vengono proposti al pubblico un centinaio tra disegni originali, sculture, rilievi, collage, opere fotografiche e mosaici, nonché 25 modelli di architetture visionarie. La mostra è organizzata tematicamente, in modo da far comprendere più in profondità le indagini creative di questo designer radicale, il cui lavoro da sempre è stato influenzato dalla sua visione politica e religiosa, e dalla sua continua ricerca nel campo dei sensi e della sensualità, dei materiali e delle loro potenzialità espressive, dell’estetica e del rapporto tra lo spazio e il tempo. After the Milan Triennial, the exhibition “Gaetano Pesce – The sound of time” has now moved to the Vitra Design Museum in Weil am Rheim, where it will stay until January 8th. The show features Gaetano Pesce’s production, presenting over eighty pieces that include prototypes and models of single pieces as well as mass-produced furniture, lamps, and accessories. On view about a hundred pieces which comprise drawings, sculptures, reliefs, collages, photographs and mosaics, as well as 25 models of visionary architectural works. His work has always been influenced by his political and religious vision and by his continuous research in the sphere of senses and sensuality, materials and their expressive potential, esthetics and the relationship between space and time. A fianco/left, Gaetano Pesce, Rag armchair, stracci riciclati e gomma naturale/recycled rags, natural rubber, 96,5x117x94 cm, 1972. A sinistra/far left, Daniel Brenner, progetto di laurea per/graduate student project for Illinois Institute of Technology, 1946.

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Cinque surrealisti In Turin

Omaggio ad Alik Cavaliere In Verona

La forza del disegno In Paris

Fino al 15 gennaio, Palazzo Bricherasio di Torino presenta la mostra “Il Surrealismo di Delvaux tra Magritte e De Chirico”. Si tratta di una rassegna articolata che accosta una trentina di disegni del pittore belga alle opere di altri maestri riconosciuti del Surrealismo. Oltre a due sezioni dedicate a De Chirico e Magritte, citati nel titolo, si prendono in considerazione anche le opere di Constant Permeke e Leon Spilliaert, in un inedito impianto critico teso a evidenziare il profondo legame artistico che unisce questi cinque grandi artisti. Pur con approcci stilistici diversi, infatti, essi hanno sviluppato un interesse specifico verso una pittura che trascende il reale per entrare in contatto diretto con la dimensione onirica, vero motore della poetica surrealista, nata in seguito all’elaborazione delle ricerche sulla psicoanalisi.

A sette anni dalla scomparsa di Alik Cavaliere, Palazzo Forti di Verona dedica all’artista una mostra antologica intitolata “Racconto_Mito_Magia”, aperta fino al 29 gennaio. Curata dal direttore di Palazzo Forti, Giorgio Cortenova, la rassegna ripercorre in modo compiuto la vicenda artistica e l’itinerario poetico di questo interprete della modernità Il percorso espositivo, che include otto complessi allestimenti, fa affiorare suggestioni espressioniste, surrealiste, dada, reinterpretate da Cavaliere con libertà e senso della magia. Narratore che lavora sulla memoria al confine del sogno e dell’immaginario e incessante sperimentatore di materiali (ferro, resina, bronzo, alluminio, vetro, ceramica, fili metallici, stoffa) e tecniche (dalle sculture agli allestimenti scenografici e ambientali), Cavaliere ha dimostrato per tutto l’arco della sua carriera artistica una grande attenzione all’uomo e alla società, in una concezione fortemente vitalistica della materia segno del mutamento esistenziale in cui ironia e malinconia si fronteggiano in una tensione quasi metafisica.

Per i vent’anni dalla sua apertura, il Museo Picasso di Parigi presenta fino al 9 gennaio 2006 la mostra “Picasso. La passion du dessin”. Ricchissimo l’insieme delle opere esposte, provenienti sia dalla collezione del museo parigino sia dal Museo Picasso di Barcellona. Come anticipato dal titolo, si tratta di disegni, acquerelli, guaches, pastelli e collage per un totale di oltre centocinquanta pezzi di cui una parte già esposta in precedenti occasioni mentre altri assolutamente inediti. Il percorso espositivo, che segue una successione cronologica, evidenzia come, nonostante la presenza di nature morte, decorazioni e costumi disegnati per il teatro, la figura umana costituisca il principale riferimento dell’opera. Al pubblico è data l’occasione di confrontarsi con visi e corpi di ogni natura che compongono una singolare commedia umana in cui l’aspetto patetico si affianca a quello burlesco, e la sensualità alla morte. Dal nudo accademico alle carni appassite delle donne degli ultimi anni, passando dalle metamorfosi degli anni Trenta, la mostra evidenzia come il disegno, ancor più della pittura, divenne il momento che l’artista privilegiò per esprimere il suo amore per il corpo e le trasformazioni che gli fece subire nei diversi periodi.

Palazzo Bricherasio in Turin is presenting “Delvaux: Surrealism between Magritte and De Chirico” through January 15th. The exhibition is framed around about three dozen of the Belgian painter’s drawings, on show beside works by other Surrealist masters. In addition to two sections devoted to De Chirico and Magritte, who are mentioned in the title, works by Constant Permeke and Leon Spilliaert are also considered through an original critical frame meant to point out the deep artistic bond that links these five great artists. In fact, with different stylistic approaches, they all developed a specific interest for a kind of painting that goes beyond reality, getting into direct contact with the oneiric dimension, which is the true engine of Surrealist expression, and was born thanks to the elaboration of research work on psychoanalysis.

Seven years after Alik Cavaliere’s death, Palazzo Forti in Verona is devoting an anthological exhibition to the artist through January 29th, entitled “Tales, Myths, Magic”. Curated by Giorgio Cortenova – the director of Palazzo Forti – the show takes a comprehensive look at the art and poetic itinerary this interpreter of modernity was committed to. Expressionist, Surrealist and Dadaist evocations emerge from the eight complex works that make up the exhibition, freely reinterpreted by Cavaliere with a sense of magic. Cavaliere was a storyteller who drew from memory, on the border between dreams and imagination. He was a tireless experimenter with materials (iron, resin, bronze, aluminum, glass, ceramics, metal thread, fabric) and techniques (from sculptures to scenographic and environmental settings). Throughout his artistic career, he showed his great commitment to man and society through his strongly vitalistic conception of matter, which signifies existential change in which irony and melancholy face each other in an almost metaphysical aura of suspense. Alik Cavaliere, G.B. e il Rag.Rossi, bronzo e cristallo/bronze and crystal, 60x80x80 cm, 1961. A sinistra/far left, Paul Delvaux, L’Ile, 1965. In basso a sinistra/bottom left, Edouard Manet, Le rondini, olio su tela/oil on canvas, 65x81 cm, 1873 (Zurigo, Stiftung Sammlung E.G. Bührle).

On its twentieth anniversary, the Picasso Museum in Paris is presenting the show “Picasso. La passion du dessin”, which will be open through January 9th 2006. A great number of works are on show, coming both from the collection belonging to the Parisian museum and from the Picasso Museum in Barcelona. As the title suggests, the exhibition features drawings, watercolors, pastels, and collages, for a total of more than a hundred and fifty works, some of which have already been on display, while others are being premiered on this occasion. The show follows a chronological order,

Dedicata a Manet In Rome

Affinità e distanze Places of the Soul

Anni Sessanta nel Var

Il Complesso del Vittoriano di Roma ospita fino al 5 febbraio la prima grande mostra monografica in Italia dedicata a Edouard Manet. Grazie ai prestiti di musei pubblici di tutto il mondo, la mostra propone circa centocinquanta opere tra oli, disegni, incisioni e fotografie del padre dell’Impressionismo. Si ripercorre l’intero cammino artistico del pittore, dagli anni della formazione, caratterizzati dall’amore per la grande arte italiana e spagnola, a quelli dedicati ai nudi femminili, ai ritratti, alle marine, alle nature morte in cui con audacia e sensibilità segna la via dell’Impressionismo. La mostra ricostruisce il clima dell’epoca, del colto entourage del pittore con le loro discussioni di letteratura e arte e dell’atmosfera della borghesia della fin de siècle parigina.

A Palazzo Reale di Milano fino al 29 gennaio, la mostra “Mario Sironi-Constant Permeke. I luoghi dell’anima” esplora le personalità dei due artisti che, pur diverse per contesti culturali, sembrano seguire traiettorie stilistiche simili. Questa la tesi del curatore Vincenzo Trione, con cui hanno collaborato Claudia Gianferri e Willy Van den Busche, che disegnano per la mostra un itinerario parallelo mettendo in evidenza analogie e distanze tra l’espressionista fiammingo e l’originale percorso sironiano. Caratteristica comune è il bisogno di portarsi oltre l’enfasi avanguardistica, interpretando l’arte non come trasgressione né come provocazione fine a se stessa. Per entrambi la pittura è un esercizio costruito con sapienza manuale e attento ai valori dei colori e delle linee che nelle opere, spesso imponenti, ma non monumentali, indaga la condizione dell’uomo in modo diretto e poetico. La mostra segue un percorso tematico e cronologico, attraverso un centinaio di opere, suddiviso in quattro sezioni: autoritratti, geografie di uomini, profili di architetture e scritture di paesaggi

A Villa Noailles, la residenza progettata da Robert Mallet-Stevens a Hyères, sintesi ancor oggi attuale e di riferimento dell’architettura degli anni Trenta, è in corso fino al 11 dicembre una mostra fotografica di Olivier Amsellem, dedicata alle architetture degli anni Sessanta, nei dintorni di Tolone. Attraverso una sessantina di immagini, il giovane fotografo marsigliese ha costruito un percorso ricco e diversificato lungo la costa del Var, da Bandol a Saint-Tropez riscoperendo edifici celebri e altri dimenticati, ma ugualmente partecipi alla scrittura del racconto dell’avventura moderna. Come nel corso degli anni Venti Trenta, la Costa Azzurra fu terreno fertile per alcuni dei celebri nomi della modernità, da Eileen Gray a Cap Martin, Georges-Henri Pingusson a Saint-Tropez e Cannes, Jean Lurçat in Corsica, Le Corbusier a Le Pradet, Pierre Chareau a Beauvallon, oltre naturalmente a Mallet-Stevens a Hyères, anche nel Secondo

Through February 5th, the Vittoriano Complex in Rome is hosting the first great monographic show devoted to Edouard Manet. Thanks to loans from public museums around the world, the exhibition comprises a hundred and fifty works, including oils, drawings, etchings and photographs by the father of Impressionism. The painter’s entire artistic career is traced, from the years of his training – characterized by his love for great Italian and Spanish art – to those devoted to female nudes, portraits, seascapes and still life, in which he marked the way to Impressionism with boldness and sensibility. The show reconstructs that period’s atmosphere: the painter’s cultured entourage, where literature and art were discussed, and the atmposphere of the fin-de-siècle Parisian middle class.

Palazzo Reale in Milan is presenting “Mario SironiConstant Permeke. Places of the soul” through January 29th. The show explores the two artists’ personalities; in fact, despite their different cultural contexts, the two seem to have similar stylistic features, according to the curator of the exhibition, Vincenzo Trione. The latter worked together with Claudia Gianferri and Willy Van den Busche, who designed a parallel itinerary for the show, highlighting analogies and differences between the Flemish expressionist and Sironi’s original artwork. One of their common characteristics is the need to go beyond the emphatic avant-garde trend, and thus

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not to interpret art as a means of transgression or challenge as ends in themselves. Both of them see painting as an exercise that is built upon manual know-how, attentive to the values of color and lines, which – in their often imposing but not monumental works – examines man’s situation in a direct, poetic way. The exhibition is laid out along thematic and chronological lines, featuring about a hundred paintings that are divided into four sections: self portraits, human geographies, architectural profiles and landscape interpretations.

Nuova Russia highlighting how – despite the presence of still life, decorations and costumes designed for the theater – the human figure is actually the main point of reference. Visitors are offered the opportunity of viewing faces and bodies of every sort, which together make up a singular human comedy in which pathetic appearance is coupled with a burlesque feel, and sensuality with death. From academic nudes to the withering flesh of the women he painted in his later years, and passing through the metamorphoses of the 1930s, the exhibition points out how the artist actually preferred drawing to painting to be able to express his love for the body and the transformations he applied to it in his various periods.

Il Momu, Museo della Moda di Anversa, accoglie fino al 5 febbraio la mostra Katharina Prospekt inserita nel quadro delle manifestazioni Europalia Russia, il festival internazionale che quest’anno, in occasione della sua ventesima edizione, il Belgio consacra alla Russia con esposizioni, spettacoli teatrali, musica, danza e letteratura. Per questa mostra, gli stilisti An Vandevorst e Filip Arickx, creatori della firma An Vandevorst presentano la loro visione della Russia attraverso tagli diversi che investono i campi della moda, della fotografia e dei costumi storici, il tutto tracciato partendo dal loro universo creativo. Punto di partenza una serie di oggetti o d’immagini, come matrioschke, vodka, colbacchi in pelo, lunghe file d’attesa dell’era sovietica, indissolubilmente legate a un’idea falsata di Russia che, pur essendo ancor oggi la più comunemente diffusa, occulta la diversità dei suoi popoli, delle sue culture, stili ed epoche storiche. An Vandevorst ci pone invece a confronto con una nuova realtà russa attraverso un percorso espositivo in cui la storia si affianca all’attualità. Alle collezioni storiche di abiti e oggetti provenienti dal Museo Statale di Storia di Mosca fanno riscontro testimonianze diverse del contesto attuale, il tutto immerso in un apparato scenografico che si ispira all’universo estetico dei creatori di moda e che non è esente da riferimenti ai colori, alle uniformi militari, ai costumi religiosi, ma anche ai tessuti e materiali della tradizione russa.

Pablo Picasso, Tête, gouache su cotone/on cotton, 16x12 cm,

Kerim Ragimov, Human Project Portrait n°16

Paris 1907-1908 (© RMN et succession Picasso 2005).

(Foto A4Avzw Collection MuHKA).

Fotografi arabi contemporanei Dopoguerra la Côte conobbe una nuovo impulso. Non solo ville, ma residenze, edifici pubblici e sportivi sono una preziosa testimonianza di un periodo di rinascita, dove il rapporto tra architetto e committente sfociava spesso in una sinergia di intenti e spinte innovative. Il lavoro di Amsellem, si concentra soprattutto sulla realtà contemporanea di questi edifici, una cinquantina opera di architetti principalmente residenti nel Var, come Alfred Henry, Pierre Pascalet, Paul Luyton e Jean-Gérard Mattio, Emile e Lucine David o André Lefèvre. Il suo sguardo si focalizza sull’architettura come un oggetto di cui ne sottolinea la forza, il radicamento nel paesaggio o l’incongruità. L’edificio viene quindi presentato, non tanto in base a una nozione di leggibilità del proposito architettonico, ma piuttosto con il desiderio di captare l’ambiente in cui è calato. E. C.

L’IMA di Parigi, la sempre attuale e affascinante sede dell’Institut du Monde Arabe, progettata da Jean Nouvel, ospita fino al 22 gennaio una mostra fotografica sul mondo arabo. La particolarità di questi “sguardi” contemporanei è la scelta degli artisti, una ventina di fotografi arabi, alcuni residenti nel loro Paese, altri trasferitisi in altri, altri nati altrove ma indissolubilmente legati alle proprie origini. Realtà arabe, quindi, viste da occhi di arabi, visioni più intime, vissute più da vicino, maggiormente calate nella cultura e nella tradizione di quei popoli che ci restituiscono un universo altro rispetto a quello maggiormente diffuso dei fotografi occidentali. Fiumi e deserti, strade brulicanti di gente di giorno di notte, villaggi sperduti, capitali animate, gioie e distruzioni, persone e cose; un viaggio, quello proposto dalla mostra, tra immagini di studio, video, fotografie che al di là del loro interesse sociale, rappresentano dei documenti artistici, unici nei loro linguaggi ma tutti accomunati da una stessa matrice, quella di essere l’emanazione di una stessa identità, l’identità di un Paese, in cui si riconoscono gli artisti stessi.

Léon & Lucine David Architectes, Résidences Les Horizons, 1954/1960, Le Lavandou (© Olivier Amsellem).

Mario Sironi, Busto di uomo.

Deir El Maymoun, Beni Suef, aprile 2000 (© Nabil Boutros).

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Visionari a Potenza The Fantastic Art

Controcultura Psichedelica In Frankfurt

In mostra a Ginevra

Premio di architettura

A Potenza, nelle sale della Galleria Civica di Palazzo Loffredo è di scena fino all’8 gennaio la mostra “Visionari, Primitivi, Eccentrici da Alberto Martini a Licini, Ligabue, Ontani”. La rassegna riunisce opere di oltre cinquanta artisti che hanno trovato nella linea fantastica dell’arte una zona franca per l’espressione della loro creatività e della libertà della fantasia. Sono presenti in mostra maestri del Novecento storico come Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Adolfo Wildt, Felice Casorati, Fausto Melotti accanto ad artisti più contemporanei come Luigi Ontani, Mimmo Palladino o Paola Gandolfi. Tutti nelle loro opere esprimono una tensione visionaria che riproducono attraverso realtà mediate e sospese tra sogno e pensiero. La mostra, curata da Laura Gavioli, è divisa in sezioni tematiche: Io è un altro; Infanzia e Primitivismo; L’Idolo e il Corpo; Natura e Artificio; L’Atelier e la Città.

Con la mostra “Summer of Love – Art of the Psychedelic Era”, la Schirn Kunsthalle di Francoforte rende omaggio a uno dei fenomeni più interessanti ma allo stesso tempo negletti della cultura popolare degli anni Sessanta e Settanta. La mostra evidenzia quelle singolari e uniche connessioni tra arte contemporanea, cultura giovanile e protesta politica che si manifestarono in un decennio segnato da contraddizioni e spinte innovative di forte tensione e portata anche per gli anni a seguire. L’arte psichedelica cercava la propria espressione ed estetica nell’espansione della coscienza e in un deliberato sovraccarico sensoriale, spesso raggiunto con l’aiuto di allucinogeni. La mostra di Francoforte propone oltre 350 opere tra dipinti, fotografie, filmati, ambientazioni, architetture, moda, grafica, copertine di dischi e materiale documentario proveniente soprattutto dagli Stati Uniti, dall’Europa, dal Sud America e dal Giappone e presentati in un coinvolgente allestimento progettato dagli olandesi di UN Studio Ben van Berkel e Caroline Bos. Durante il periodo della mostra è possibile navigare online nel sito www.schirn.de/summeroflove attraverso un percorso cronologico che racconta le arti, la musica, la letteratura e la società di quegli anni.

Dal 26 settembre al 30 novembre 2005, si è tenuta a Ginevra, nella sede dell’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale (OMPI-IMPO); l’agenzia delle Nazioni Unite che coordina a livello internazionale la ricerca e la tutela giuridica in materia, una mostra organizzata da ADI Associazione per il Disegno Industriale e la Fondazione ADI per il Design italiano. Per l’occasione sono stati esposti alcuni dei prodotti più significativi premiati nel tempo con il Compasso d’Oro, come la lampada Atollo di Vico Magistretti, la pesciera in acciaio inox di Roberto Sambonet, la cassettiera Mobil di Antonio Citterio e G.O. Löw (Kartell), l’Alfa Romeo di Giugiaro e i freni Brembo. La Collezione storica del Premio compasso d’Oro ADI, cui la mostra fa riferimento, è la prima collezione di design in Italia a ricevere dal ministero dei beni culturali la qualifica di “patrimonio di eccezionale interesse storico e artistico”.

FBM, in collaborazione con il Comune di Todi e il Giornale dell’architettura, ha istituito, con l’intento di istaurare nuovi rapporti con il mondo accademico promovendo l’impiego del laterizio e creando parametri di riferimento per appalti pubblici, il Premio di Architettura “Città di Todi”, dedicato a studenti e giovani architetti. Si tratta di un concorso di idee impegnato a considerare e risolvere problematiche legate a necessità e vicoli reali, in grado al contempo di fornire indicazioni urbanistiche-ambientali nonché architettoniche. Nel bando sono considerati due indirizzi progettuali: uno dedicato a un complesso costituito da edifici residenziali, commerciali, di servizi dotati di parcheggi e spazi pubblici; l’altro, che vedrà selezionati i sei progetti ritenuti migliori, riguarda la ideazione di una scuola elementare. Sono state apprezzate le qualità di numerosi progetti; tra questi si è distinto quello presentato da Mariella Annese, Beatrice Bordoni e Michela de Licio: neolaureate dell’Università Roma Tre. Il loro progetto ha espresso qualità spaziali e distributive situando le aule in padiglioni sistemati liberamente lungo un asse centrale, con una predisposizione a possibili modifiche e adattamenti.

The halls of the Municipal Gallery at Palazzo Loffredo in Potenza are hosting the exhibition “Visionaries, Primitives, Eccentrics from Alberto Martini to Licini, Ligabue, Ontani”. The show gathers works by over fifty artists who found their way to free creative and imaginative expression within the fantastic sphere. Masters from the twentieth century are on show, including Giorgio De Chirico, Alberto Savinio, Adolfo Wildt, Felice Casorati and Fausto Melotti, as well as more contemporary artists such as Luigi Ontani, Mimmo Palladino or Paola Gandolfi. These artists’ works all reveal a visionary trend, which is reproduced through reality that is mediated and suspended between dreams and thought. Curated by Laura Gavioli, the show is divided according to different themes: I and another; Childhood and Primitivism; The Idol and the Body; Nature and the Artificial; the Atelier and the City. Fausto Melotti, La pioggia, 1966. Sotto/below, Luciano Serra Pilota, regia di/directed by Goffredo Alessandrini, autore/author: Sandro Piazzi, Fotobusta, 1938 (Massimo & Sonica Cirulli Archivi).

With the show “Summer of Love – Art of the Psychedelic Era”, the Schirn Kunsthalle of Frankfurt is paying homage to one the most interesting – and most neglected – phenomena of popular culture dating back to the 1960s and 70s. The exhibition points out the singular and unique connections between the contemporary art, juvenile culture and political protest that emerged in a decade marked by strong contradictions and innovative drives that had a great influence on the following years, as well. Psychedelic art found its own expression and esthetics in the expansion of conscience and in deliberate sensory overloading, which was often achieved with the aid of hallucinogens. The Frankfurt exhibition showcases over 350 works, including paintings, photographs, motion pictures, settings, architecture, fashion, graphic art, record jackets and documentary material coming especially from the United States, Europe, South America and Japan. The pieces are presented within an engrossing layout planned by the Dutch UN Studio Ben van Berkel and Caroline Bos. Throughout the exhibition period, those years’ art, music and literature are followed through a chronological journey that can be accessed on the site www.schirn.de/summeroflove. Verner Panton, Phantasy Landscape, Visiona II, installation, 800x600x240 cm, 1970.

Progetti per architetture a Padova Si è svolta dal 7 ottobre al 2 novembre, nelle sale del Palazzo della Ragione a Padova, la mostra “Padova, atélier internazionale di architettura. Sessantotto tesi di laurea dell’Accademia di architettura dell’Università della Svizzera Italiana”; evento realizzato dal Comune di Padova – Assessorato ai Lavori Pubblici con la collaborazione dell’Accademia di architettura di Mendrisio (Svizzera). La manifestazione ha evidenziato 68 progetti architettonici impostati per il recupero di 10 siti della

città, studiati da docenti e studenti dell’Accademia di Architettura che si sono impegnati in opere di intervento per migliorare la qualità architettonica del tessuto urbano preesistente. Nell’ambito della manifestazione sono state esposte tavole grafiche, plastici e fotomontaggi contraddistinti da impostazioni progettuali chiaramente riconducibili ai singoli ateliér. Ogni ateliér ha avuto come referente uno dei docenti dell’Accademia, tutti di chiara fama.

Competizione mondiale Quel certo cinema del Ventennio “Il Cinema Italiano: manifesti fra arte e propaganda. 1920 - 1945” è la settima mostra allestita nella casa natale di Benito Mussolini, continua sino al 6 gennaio 2006. L’esposizione rappresenta una nuova realizzazione del progetto avviato dal Comune di Predappio di fare della cittadina un luogo di riflessione, di confronto e di memoria sul Novecento italiano. La mostra rientra nel programma biennale intitolato “Predappio in Luce” che nel corso del 2005 e del 2006 darà vita a molteplici iniziative di carattere culturale, tutte incentrate sul tema del cinema nel Ventennio, volte a esaminare attraverso diversi strumenti le caratteristiche, il ruolo, l’impatto nella cultura italiana degli anni Venti e Trenta del Novecento di una delle invenzioni che maggiormente hanno segnato il secolo scorso. Parlare del cinema di quegli anni significa necessariamente indagare la complessità del rapporto fra i nuovi mass media e il regime fascista, arte e propaganda, industria e politica, personaggi e ideologie, temi che si intrecciano e si sovrappongono fino a restituire un quadro della realtà italiana decisamente in movimento. Superata la lettura semplicistica che per anni si è fondata sul dualismo cinema storico / telefoni bianchi, gli storici sono ormai unanimi nel sostenere l’essenza tutt’altro che omogenea del cinema del ventennio in se stesso e nel suo rapporto con i modelli coevi (Stati Uniti, Unione Sovietica) e con le tendenze del dopoguerra (neorealismo e cinema popolare). In vent’anni furono realizzati numerosi film: da Camicia Nera a Terra Madre, da Condottieri a Scipione l’Africano, da La segretaria privata a Ossessione troviamo registi, sceneggiatori e attori impegnati ora in rievocazioni storiche, ora in esaltazioni propagandistiche, ora in storie sentimentali e di evasione, ora in trame apertamente pedagogiche.

Katz a Milano Recent Works Alex Katz torna in Italia, presso la Galleria Monica De Cardenas a Milano che presenta fino al 18 febbraio le sue opere più recenti. Si tratta di dieci dipinti di grandi dimensioni, cinque piccoli quadri a olio su tavola e una serie di disegni. Sempre densi di energia, i quadri di Katz si distinguono per un uso audace e sensuale del colore. L’artista newyorkese crea figurazioni essenziali e intense che, grazie alla sua attenzione ai mass-media, ai fumetti, alla fotografia riescono a comunicare con profonde risonanze psicologiche. Il suo stile “totalmente americano” – come lui stesso lo definisce – concilia magistralmente l’astrattismo e il realismo, elaborando con linee dirette e nitide, stese su intensissimi e luminosi piani di colore, ritratti e immagini bidimensionali che, pur privati di connotazioni sentimentali, esprimo tutta la sua attenzione e devozione per la figura rappresentata. Alex Katz is coming back to Italy with his latest works, which will be presented at the Monica De Cardenas Gallery in Milan until February 18th. The pieces include ten large paintings, five small oils and a series of drawings. Katz’s paintings are characterized by a bold , sensuous use of color, and are always full of energy. The New York artist creates essential, intense figurations which are capable of communicating through deep psychological insight, thanks to his special interest in the mass media, comics and photography. His “all-American” style – as he himself defines it –

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masterfully combines abstractionism and realism. With direct, clear lines spread over bright, intense expanses of color, he creates protraits and twodimensional images that lack sentimental connotations but express all of his attention and devotion to figurative representation.

Holcim Foundation for Sustainable Construction, istituita nell’autunno del 2003 e sostenuta dal gruppo Holcim, produttore di materiali per l’edilizia, ha lanciato lo scorso autunno una competizione mondiale per progetti di edilizia sostenibile denominata Holcin Awards. In tal modo la fondazione intende stimolare la discussione sulla sostenibilità tra architetti, progettisti urbani, ingegneri e costruttori, premiando i progetti con carattere esemplare. Con una cerimonia svoltasi lo scorso settembre a Ginevra, sono stati conferiti i nove premi della regione Europa. La competizione, strutturata su cicli triennali, si avvia alla conclusione del primo ciclo che, in dieci mesi, ha registrato un enorme interesse in termini di diffusione, numerosità e qualità dei progetti iscritti. Le 400 domande di partecipazione

Le malte giunte da oltre 20 Paesi, hanno reso l’Europa presente all’iniziativa con circa un quarto di tutte le domande pervenute. A livello globale sono stati presentati più di 1.500 elaborati provenienti da 118 Paesi. La tipologia dei progetti iscritti è stata vastissima in termini di materiali innovativi ed elementi costruttivi, fino ai progetti sostenibili per grandi edifici e a quelli di sviluppo urbanistico. Ottimi i risultati riguardanti la competizione in Italia, distintasi per i numerosissimi progetti partecipanti che, nel corso delle premiazioni, si sono aggiudicati premi in ciascuna delle categorie, nonché l’Holcim Award Oro per il progetto Energia idraulica, che, presentato da Luigi Centola, docente di design all’Università la Sapienza di Roma, propone una strategia di recupero per la Valle dei Mulini di Amalfi.

Il Gruppo Grigolin, costituito da aziende storiche e rappresentative per il comparto edile come Grigolin Evoluzioni Costruttive, Superbeton, Tesi System e Grigolin Sistemi, offre una vasta gamma di soluzioni che vanno dalle malte agli intonaci, dai calcestruzzi preconfezionati agli asfalti, dai prefabbricati all’acciaio. La sinergia tra le consociate, aspetto imprescindibile della politica aziendale, permette diversificazione e verticalizzazione dei settori produttivi, facendo del Gruppo l’interlocutore ideale per qualsiasi problematica riguardante l’edilizia. Relativamente alle malte per restauro della linea Galileo, il Gruppo si basa sul principio che non c’è una sola malta “buona per tutte le occasioni”, ma esistono malte diverse a seconda dell’ambiente cui si trova esposta la struttura da riparare. Il concetto ha concesso di “calibrare” le prestazioni meccaniche delle varie malte da ripristino sulla base delle indicazioni fornite dalla norma UNI 206/1 in funzione della classe di esposizione ambientale, evitando inutili eccessi e le conseguenze sopra descritte. Pertanto sono stati messi a punto i seguenti tipi di malta da restauro: Galileo XC per il restauro delle opere esposte al degrado per carbonatazione; Galileo XS per il restauro delle opere esposte ad ambiente marino o industriale con presenza di cloruri; Galileo XF per il restauro delle opere esposte ai cicli di gelo e disgelo, e ai sali disgelanti; Galileo XA per il restauro delle opere esposte ad acque o terreni aggressivi per la presenza di sali solcatici, ammoniacali e magnesiaci. Tutte le tipologie esistono nelle versioni Tixotropica (per applicazione a mano o a spruzzo su superfici verticali o sopratesta) e Colabile (per applicazioni entro-cassero o per livellamento di superfici orizzontali) e rispettano i requisiti minimi di resistenza meccanica a compressione e il rapporto acqua-cemento imposti dalla norma UNI EN 206/2001.

Design a due ruote

Proteggere il tetto Con la “Guida ai prodotti e alle applicazioni del Sistema Tetto”, Nord Bitumi amplia e completa le precedenti edizioni dedicate all’impermeabilizzazione e all’isolamento acustico, consentendo riferimenti e supporti all’attività professionale di progettisti e applicatori. La guida affronta e approfondisce l’argomento tetto, trattandolo come un sistema costituito quale insieme di elementi tra loro interattivi; approccio che distingue questa guida in termini di

requisiti, elementi, tipologie e prestazioni. Sono inoltre presenti i capitolati di base, le schede prodotto delle soluzioni Nord Bitumi, consigli per la progettazione e indicazioni per la posa in opera. E’ possibile ricevere gratuitamente una copia della guida “Sistema Tetto”, inviando un email a nord@nordbitumi.it o selezionando “supporto e aiuto” e “richiesta documentazione” dal menù a sinistra del sito www.nordbitumi.it.

Dal 4 ottobre al 18 dicembre 2005, è presente, presso la Triennale di Milano, la mostra “in Vespa. Un viaggio italiano” che, curata da Pier Paride Vidari, si colloca nel ciclo di manifestazioni ideato da Silvana Annichiarico, conservatore della Collezione Permanente del Design Italiano della Triennale. L’evento evidenzia tutti quei riferimenti che fanno della Vespa un’icona del design italiano, non solo per l’eccellenza progettuale e performativa, ma anche per il valore paradigmatico espresso nel contesto intenso del design, e il suo legame con il momento storico e sociale, dove confluiscono le tematiche della riconversione industriale, al passo con lo sviluppo della comunicazione, della pubblicità, dell’immaginario, del costume, del paesaggio, della mobilità e dell’apertura verso i mercati internazionali. Nella storia dello scooter della Piaggio, dal suo esordio nel dopoguerra sino ai mitici anni cinquanta e per l’intero iter di rinnovamento che raggiunge l’oggi, la Vespa, resta il tipico esempio di stile italiano, e la mostra ne evidenzia le varie fasi evolutive, in tutti i dettagli legati al prodotto, agli uomini fattivamente coinvolti, alle componenti simboliche, sociali, formali, tecnologiche, funzionali e di comunicazione.

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Informazioni sull’editoria di architettura, design e comunicazione visiva. Information about publications of architecture, design and visual communication.

Più in vista

Inventare il futuro

Si è recentemente inaugurata a Roma una nuova showroom di Rimadesio che, progettata da Giuseppe Bavuso, comunica con grande accuratezza e dinamicità ambientale il marchio dell’azienda, in termini di pannelli divisori, porte, cabine armadio e librerie, capaci di altissimo valore tecnologico, formale e materico. Partner di riferimento per l’iniziativa è Stuarr, nome noto per la distribuzione del mobile nella capitale. Contemporaneamente si è aperto a Parigi, a ridosso della “Madeleine” nel cuore della città, una ulteriore showroon a due livelli, sempre curata da Giuseppe Bavuso, che si articola unificando in un’unica e coerente visione spaziale i due piani sovrapposti, mediante aperture praticate nel pavimento atte a creare comunicazione tra le due aree sovrapposte. Un emozionante giardino Zen, creato al piano al piano inferiore e contornato da porte scorrevoli in vetro, intensifica la suggestione ambientale e sottolinea la raffinatezza degli spazi e la qualità dei prodotti. L’evento si è attuato grazie all’incontro tra Rimadesio e David Lardo con Antoine Adda; importanti referenti a Parigi per il settore delle porte. L’azienda ha in programma l’apertura altri punti di riferimento per il proprio marchio nel mondo.

Con la mostra “Joe Colombo: Inventing the future la Triennale di Milano avvia, dal 16 settembre al 18 dicembre 2005, il terzo evento promosso con la coproduzione del Vitra Design Museum di Weil am Rhein. La mostra, itinerante, evidenzia l’opera del designer, seguendo un percorso espositivo internazionale che toccherà importanti musei. Dopo esperienze artistiche vissute nei primi anni cinquanta nell’ambito del Movimento di pittura nucleare con Enrico Baj e Sergio Dangelo, Joe Colombo dal 1961 si dedica al design progettando per l’interior design. Si misura con talento nelle tensioni creative di un periodo frenetico interessato alle trasformazioni volte al futuro, particolarmente stimolato e affascinato dalle straordinarie conquiste cercate e trovate dall’uomo nello spazio. Tra la varie opere che connotano la sua produzione si distingue la nota sedia “Universale”; tra le prime modellate in un unico pezzo di plastica, nonché elementi d’arredo costruiti con legno, laminati, pelle e vimini. Collabora con varie aziende come Kartel, Zanotta, Stilnovo, Bonacina , Comfort, B-Line, Alessi, Bernini,

Strategia di internazionalizzazione

Affacciato sul verde

E’ diventata operativa la joint-venture tra Somec di San Vendemmiano (Treviso) e il Gruppo Sharaf degli Emirati Arabi Riuniti; l’attuale Somec-Sharaf Middle East L1c con sede a Dubai. L’oggetto sociale della nuova società comprende la progettazione, la produzione e le installazioni di serramenti metallici e di vetrofacciate. La prima commessa legata alla joint venture è arrivata dal partner Sharaf, gruppo industriale e finanziario presente in molteplici settori che spaziano dai trasporti marittimi all’edilizia, per la realizzazione dell’involucro (serramenti e vetrofacciate) di un complesso residenziale nel quartiere Marina di Dubai costituito da tre torri alte sedici piani. L’intervento costituirà una importante referenza per il mercato delle costruzioni del mondo arabo e per gli investitori orientali.

La linea di sanitari Stark 3, di Duravit, si evidenzia con singolarità nel nuovo e prestigioso hotel Casa Camper di Barcellona (il proprietario è il produttore delle omonime e famose scarpe realizzate a Maiorca) che, costruito nell’ambito di un antico palazzo situato nel quartiere di El Ravel, dispone di sole 25 suite particolarmente esclusive. Il progetto, pensato da Jordoi Tiò e dal designer Fernando Amat, ha riservato una particolare attenzione agli ambienti bagno, contrapposti e aperti verso un “giardino verticale” che, sviluppato su una struttura a ripiani alta 18 metri, accoglie, sistemati entro la superficie articolata in innumerevoli riquadri, vasi di terracotta con piante. La serie Stark 3 arreda, con i propri lavabi e i vasi

Per aggiornare e assistere

Attraversamenti

Geberit, mettendo a punto il nuovo sito www.geberit.it, consente massime possibilità di aggiornamento e assistenza “in diretta”, al progettista e all’esecutore in termini di idrosanitari e riscaldamento. Il gruppo Geberit dispone attualmente, a livello internazionale, di un sito “principale” www.geberit.com, e di una serie di siti “nazionali”, che superano il concetto di traduzione linguistica, proponendo soluzioni idonee mirate secondo le esigenze dei diversi mercati. L’operazione di restyling è partita da un generale rinnovamento dell’immagine e della comunicazione iniziato lo scorso anno nella casa madre. Le novità sul sito italiano superano l’aspetto estetico con una funzionalità che permette di visualizzare la vastissima gamma di tubazioni, raccordi e materiali. Con l’acquisizione di Mapress, Geberit ha arricchito l’offerta di prodotti in materie sintetiche mediante il repertorio dei materiali metallici per impiantistica civile e industriale.

Dal 15 al 18 settembre 2005, è stata organizzata in Umbria una manifestazione estesa a 14 città che, sotto la tematica “Attraversamenti”, evidenzia l’operato e la ricerca progettuale di 26 studi di architettura italiani emergenti, residenti in varie regioni. L’evento ha offerto l’occasione agli studi coinvolti nell’iniziativa, di esporre alcuni dei loro progetti in prestigiosi spazi presenti in tutta la regione, come la Chiesa di San Pietro a Perugina, Palazzo Trinci a Foligno, la chiesa Museo di San Francesco a Montefalco e il Museo Archeologico di Amelia. Nell’ambito della rassegna, organizzata dal Trevi Flash Art Museum e patrocinata dal Ministero dei Beni e Attività Culturali, dalla Direzione Generale per l’Architettura e l’Arte Contemporanea, dall’Istituto Nazionale di Urbanistica, dal CNAPPC (Consiglio Nazionale degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori) e

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Nuovi artefatti Oluce e Rosenthal. E’ particolarmente impegnato a studiare con perspicacia i caratteri di flessibilità e modularità che rendono il prodotto arredativo disponibile per innumerevoli combinazioni. Notevole anche la sua eclettica capacità creativa nell’ideare spazi espositivi e di dare forma a molteplici prodotti di design quali auto, orologi, attacchi di sci, bicchieri, condizionatori nonché a un esemplare servizio da bordo per Alitalia. Con il tempo Colombo, che purtroppo muore a soli 41 anni dedicandone appena dieci al design, realizza interni e unità abitative che superano le idee convenzionali del tempo proponendo soluzioni di “equipaggiamento”, sia funzionali sia formali, promovendo un nuovo impulso e sviluppo all’ambiente abitativo. Ha accompagnato la mostra, edito da Skira, in collaborazione con il Vitra Design Museum e lo Studio Joe Colombo di Milano, un importante ed esaustivo volume sul designer, corredato da numerosi saggi di esperti e interviste con personaggi del tempo.

sospesi, i vari bagni prospicienti la struttura a verde, creando un suggestivo e straordinario impatto visivo.

Virginio Briatore Nuove architetture per le telecomunicazioni mobili Edizioni L’Archivolto, Milano 2005, ill. b/n e col. 70 pp Roberto Pamio ha progettato e realizzato per il Comune di Treviso una serie di antenne per la telefonia mobile. Il fatto sarebbe già di per sé interessante sotto il profilo tecnico, ma a renderlo ancora più significativo è il fatto che questo lavoro si inserisce in un piano studiato dal Comune per inserire i nuovi artefatti nel territorio secondo criteri di armonizzazione e valorizzazione. Così Roberto Pamio ha ideato strutture di marcata valenza estetica, in grado di trasformare la loro efficienza funzionale in una presenza qualificata che le riconducono sul terreno dell’arredo urbano e del disegno della città contemporanea.

Guida per Torino

Modelli della mimesis

Torino Tour. La guida definitiva. Visual design per una città invisibile Direzione artistica di Enzo Biffi Gentili Edizioni Teknemedia, Torino 2005, ill. col., s.i.p.

Roberto Diodato Estetica del virtuale Bruno Mondadori, Milano 2005, 214 pp

Ci sono oggetti che nascono spontaneamente come cult: di immediata funzionalità, semplici nella loro concezione, aperti a una larga fruizione, eppure preziosi, sofisticati, ricercati e da ricercare. E’ il caso di questa guida di Torino, promossa dalla locale Camera di Commercio e dall’Ordine degli Architetti. Chiamato a idearla in una prospettiva non di puro consumo, ma di restituzione critica del soggetto, Enzo Biffi Gentili ha creato uno spazio grafico che, attraverso la settorializzazione della città e l’affidamento di ogni settore a un singolo studio grafico, si è trasformato spontaneamente in luogo – illustrativo, iconografico, puramente visivo – saturo di senso e di informazioni. Non occorreva altro per dar vita a un volumetto destinato a fissarsi nel tempo ben oltre la sua funzione pratica, che pure esso assolve, e per generare un oggetto tendenzialmente cult, destinato, al di là della cronaca, al piacere della memoria. Maurizio Vitta

Alle prese con le nuove modalità di rappresentazione e ricreazione della realtà nel mondo virtuale, l’estetica è costretta a ripensare radicalmente il suo statuto. Si tratti di indagare gli effetti dell’immersione del corpo in un ambiente virtuale, di analizzare i modelli della mimesis nelle immagini digitali o di indagare sulla struttura dell’ipertesto, i tradizionali percorsi della riflessione estetica vengono scompaginati da problemi e prospettive del tutto inattesi, che costringono alla messa a punto di nuovi strumenti e nuove strutture concettuali. Roberto Diodato, che insegna Estetica presso l’Università Cattolica, affronta il tema in una serie di saggi che scrutano la realtà del virtuale in ogni sua manifestazione. È chiaro che siamo ancora alle premesse di un’indagine filosofica sul mondo dell’immagine elettronica, che oltretutto è in continua evoluzione; ma l’indirizzo è quello giusto, e invita a seguirne il percorso con la massima attenzione. M. V.

Segnalazioni

dall’Università Tre di Roma, assieme alla Regione Umbria e con il patrocinio dell’Ordine degli architetti della provincia di Perugina e di Terni, si sono articolati dibattiti, conferenze, presentazioni di libri, incontri e tavole rotonde, volte alla “progettazione partecipata”; tematica già dibattuta e affrontata nel lontano contesto sessantottino, e ora rivisitata. E’ stata inoltre organizzata la mostra “Processi di Progettazione partecipata e condivisa” che, organizzata presso il Trevi Flash Art Museum, ha evidenziato i progetti di un gruppo di studi di architettura, enti e istituzioni, impostati sul tema della progettazione partecipata. In concomitanza è stata allestita nella medesima sede, una mostra retrospettiva dedicata ai progetti dello Studio Giancarlo De Carlo Associati di Milano, evidenziandone la vasta attività svolta proprio in Umbria.

Craig G.Huntington The Tensioned Fabric Roof Asce Press, Baltimore 2005, ill. a colori, 248 pp L’autore, specialista nella progettazione di tensostrutture, ha raccolto in questo volume i suoi venticinque anni di esperienza, descrivendo in tutti gli aspetti le più avanzate tecnologie per progettare e realizzare questo tipo di strutture che uniscono tecnologia, funzionalità ed estetica.

Romano Jodice L’Architettura del Novecento. Storia e percezione Edizioni Kappa, Roma 2004, 860 ill. in b/n, 478 pp Rivisitazione dell’architettura del Novecento in Italia non solo dal punto di vista critico dell’estetica e della filologia, ma soprattutto in rapporto al vissuto, in una tentativo di capire i segreti percettivi e i momenti reali che legano l’arte del costruire alla vicenda dell’espansione urbana.

I Musei Civici di Milano. Presente e futuro a cura di Ada Masoero Abitare Segesta Editori, Milano 2005 Il libro rappresenta una puntuale ricognizione delle innovazioni architettoniche e museologiche che negli ultimi anni hanno trasformato il sistema museale della città e una mappa aggiornata dei progetti messi a punto per il futuro. Dalle sue pagine emerge la profonda trasformazione che ha coinvolto, negli ultimi sette anni, ventiquattro Musei civici milanesi ridisegnando la mappa dei suoi “luoghi delle memorie” (memorie artistiche, archeologiche, storiche, librarie, scientifiche) racchiuse nelle attuali sedi e scardinando la struttura centralizzata ereditata dall’Ottocento, che si avvia a diventare sempre più policentrica.

Mario Botta: Il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto Skira, Milano 2003, 59 ill. a colori e 40 in b/n, 128 pp Monografia dedicata al MART di Mario Botta che a poco più di un anno dalla sua apertura si è già imposto come uno dei punti di riferimento dell’attività museale italiana. Il progetto di Botta, illustrato con immagini di Enrico Cano e Pino Musi si propone come un modello progettuale e gestionale cui guardare con attenzione. Night Fever: Interior Design for Bars and Clubs Introduzione di Matthew Stewart Frame Publishers, Amsterdam 2005, 600 ill. a colori, 312 pp Raccolta di progetti che illustrano 39 tra I più creativi e “disegnati” tra i club e i bar di tutto il mondo. La vita notturna dalla Cina al Circolo

Polare Artico raccontata attraverso un’ampia selezione di immagini a colori che definiscono i nuovi stili del design per l’intrattenimento. Yann Nussaume Antologie critique de la théorie architecturale japonaise. Le regard du milieu Prefazione di Iain Borden Editions Ousia, Bruxelles 2004, 544 pp Il volume passa in rassegna, con esempi di progetti contemporanei, il contributo teorico dell’architettura giapponese. Prospettive di Architettura Ordine APPC Provincia di Varese, 2004 Catalogo della seconda edizione della mostra “Prospettive di Architettura, uno scorcio sulla attività concorsuale dei giovani architetti com’aschi e varesini” dedicata ai lavori degli architetti under 40 iscritti agli Ordini di Como e Varese. Vengono illustrati i progetti e i curriculum dei loro autori. La pubblicazione ha come obiettivo l’innalzamento del livello di esigenza della committenza sia pubblica che privata, di promuovere la qualità architettonica tentando di scostare il velo che separa i giovani dai lavori pubblici e presentare una reale opportunità per i giovani avvicinandoli a un pubblico più vasto.

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A G E N DA Concorsi di architettura e design Architecture and design competitions Per i bandi completi For complete rules www.europaconcorsi.com

Germania / Germany Dessau International Bauhaus Award 2006: Updating Modernism Concorso aperto a designer under 40 per progetti di design per qualsiasi settore di attività sul tema “Aggiornare il Modernismo”/Award open to designers under 40 years of age for design projects, irrespective of disciplines and professions, which tackle the “Updating Modernism” Scadenza/Deadline: 1/3/2006 Monte premi/Total prize money: 12.000 Euro Per informazioni: Bauhaus Dessau Foundation Gropiusallee 38 D-06846 Dessau Tel. +49 340 65080 Fax +49 340 6508226 Internet: www.bauhaus-dessau.de E-mail: award@bauhaus-dessau.de

Frankfurt Internationaler Hochhaus Preis 2006 La manifestazione intende premiare progettisti e committenti, che si sono distinti per la realizzazione di grattacieli con un'altezza superiore ai 100 metri, la cui costruzione si sia conclusa entro il 26/2/2004 e consegnati alla committenza entro la fine di maggio 2005 Prize for architects and clients for the realization of more than 100metre high skyscrapers, built by 26/2/2004 and completed for use by the end of May 2005 Scadenza/Deadline: 2/1/2006 Per informazioni: Deutsches Architektur Museum DAM Schaumainkai 43 D-60596 Frankfurt am Main Tel. + 49 69 21231665 Fax + 49 69 21236386 Internet: www.highrise-frankfurt.de

Italia / Italy Brescia Premio Aluprogetto Premio per la migliore realizzazione strutturale in alluminio/Award for the best realization made of structural aluminim Scadenza/Deadline: 16/1/2006 Giuria/Jury: Ernesto Carretta, Alessandro Chiarato, Antonio Citterio, Aldo Colonetti, Mario Conserva, Sergio Croce, Claudio De Albertis, Pietro Gimelli, Gian Carlo Giuliani, Alberto Seassaro, Giorgio Valentini Per informazioni: Segreteria Premio Aluprogetto Edimet spa Via Corfù 102 25124 Brescia Tel. +39 030 2421043 Fax +39 030 223802 Internet: www.aluprogetto.metef.com E-mail: aluprogetto@metef.com

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+ europaconcorsi

Cantù (Como) Home Design Competition: Le nuove dimensioni espressive dei materiali innovativi come interfacce intelligenti tra prodotto e fruitore Il concorso intende proporre alla riflessione progettuale la definizione di manufatti (oggetti, attrezzature, elementi di partizione spaziale, componenti edilizie) che sappiano interpretare le valenze espressive e tecnico-costruttive di materiali innovativi, naturali o artificiali, e che sappiano generare anche nuove relazioni in ambienti domestici e nei luoghi della vita collettiva Competition for the definition of handmade home design elements (objects, equipment, partitions, components) interpreting the expressive and technical value of innovative materials, both natural and artificial, and generating new relations in the domestic environment Scadenza/Deadline: 2/2/2006 Per informazioni: CLAC - Centro Legno Arredo Cantù Via Borgognone 12 22063 Cantù (CO) Tel. +39 031 713114 Fax +39 031 713118 Internet: www.clacsrl.it/homedesigncompetition E-mail: homedesigncompetition@clacsrl.it

Faenza (Ravenna) Architetture Innovative: Design e sostenibilità Premio promosso da Novelis Italia e Somfy Italia per progetti che abbiano impiegato uno o più sistemi di facciate tecnologiche e che abbiano combinato al meglio estetica e sostenibilità/Award for realizations which have utilized technological facade systems combining aesthetics and sustainability Scadenza/Deadline: 12/12 Monte premi/Total prize money: 14.000 Euro Giuria/Jury: Ian Ritchie, Gabriele Del Mese, Cesare Stevan, Marco Imperatori, Roberto Bologna, Fabrizio Bianchetti, Michele Falco, Roberto Mezzalira Per informazioni: Gruppo Editoriale Faenza Editrice Via Pier de Crescenzi 44 48018 Faenza (RA) Tel. +39 0546 670411 Fax +39 0546 660440 Internet: www.faenza.com E-mail: concorso@faenza.com

Ferrara Premio Internazionale Architettura Sostenibile Fassa Bortolo Premio europeo per architetture sostenibili/European award for sustainable architetcures Iscrizione/Registration: 31/12 Consegna/Submission: 31/1/2006 Monte premi/Total prize money: 10.000 Euro Per informazioni: Segreteria del Premio Facoltà di Architettura Ferrara c/a Gianluca Minguzzi Via Quartieri 8 44100 Ferrara Tel./fax +39 0544 864353 Internet: www.premioarchitettura.it E-mail: premioarchitettura@xfaf.it

dello stabilimento Lonza spa a San Giovanni Valdarno (FI)/Ideas competition for the formal and visual requalification of the abandoned building which was a silos of the former Serion company, in the context of the Lonza spa factory at San Giovanni Valdarno (FI) Scadenza/Deadline: 27/1/2006 Monte premi/Total prize money: 9.000 Euro Per informazioni: Dipartimento di Progettazione dell’Architettura Viale Gramsci 42 50132 Firenze Tel. +39 055 20007296 Fax +39 055 20007236 Internet: www.unifi.it/unifi/progarch/ concorso/silos.htm E-mail: concorsoidee@unifi.it

Fiumicino (Roma) Attraversamento Fossa Traianea Concorso per la progettazione di un elemento di attraversamento della Fossa Traianea/Competition for the design of an element for crossing the Fossa Traianea Scadenza/Deadline: 7/1/2006 Per informazioni: Comune di Fiumicino, area pianificazione del territorio Via Portuense 2498 00054 Fiumicino (Roma) Tel. +39 06 652101/65210532 Fax +39 06 65210518 Internet: www.fiumicino.net E-mail: pianificazione.territorio@fiumicino.net

Milano Premio Comfort & Design Premio dedicato alle aziende espositrici a Expocomfort ed Expobagno per prodotti relativi al settore dell’impiantistica civile e industriale e dell’arredobagno messi in commercio a partire dal marzo 2004 e che rispondano a criteri di avanguardia e innovazione tecnica e progettuale/Award dedicated to companies exhibiting at Expocomfort and Expobagno in Milan for products of the civil and industrial HVAC sector and of bathroom furniture, launche on the marked since March 2004 and meeting criteria of technical and design innovation Scadenza/Deadline: 16/12 Per informazioni: Fiera Milano International Segreteria Premio Comfort & DesignMCE/Expobagno 2006 Via Varesina 76 20156 Milano Tel. +39 02 48550.1 Fax +39 02 48550266 Internet: www.mcexpocomfort.it, www.expodelbagno.it E-mail : markenting@mcexpocomfort.it, marketing@expodelbagno.it

Transformer Opos 2006 Concorso internazionale di design sul tema della trasformazione International design competition on the theme of transformation Scadenza/Deadline: 7/1/2006 Per informazioni: Opos Via Ermenegildo Cantoni 3 20156 Milano Tel. +39 02 33404307 Fax +39 02 33404309 Internet: www.opos.it E-mail: contact@opos.it

Firenze

Pescara

Un’immagine per i silos Concorso di idee per la riqualificazione dei caratteri formali e percettivi dell’edificio dimesso originariamente destinato a silos dell’ex società Seriom all’interno

Concorso nazionale per tesi di laurea – “L’architettura bioecologica” Fantini Scianatico S.p.A, realtà leader a livello nazionale nella produzione e commercializzazione di

laterizi, ha indetto il Premio “L’Architettura bioecologica”, concorso nazionale ideato e organizzato dalla società C.A.Sa. di con il patrocinio dell’Associazione Nazionale Architettura Bioecologica (ANAB) e dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura (INBAR). Il concorso è destinato ai laureati in architettura e ingegneria negli anni solari 20032004-2005 che abbiano discusso una tesi di laurea sul tema della qualità energetico-ambientale degli edifici e dell’innovazione tecnologica per l’ambiente nell’ottica di un’architettura di qualità e dello sviluppo sostenibile del territorio Scadenza 31/12 Monte premi: 3.000 Euro Giuria: Vincenzo Bacco, Giovanni Fuzio, Vincenzo Sinfisi, Carmela Calmieri, Giancarlo Allen, Franco Marinelli, Anna Raspar Per informazioni: C.A.Sa. Costruire Abitare Sano Viale Bovio, 64 65123 Pescara Tel./fax 085 2058388 Internet: www.costruireabitaresano.it, www.fantiniscianatico.it E-mail: costruireabitaresano@virgilio.it

Porlezza (Como) Recupero e Comunità Montane Concorso di progettazione per il recupero di singoli edifici di interesse storico architettonico da destinare a residenza nel territorio del comune di Grandola e uniti/Competition for the requalification of heritage buildings to be destined to residential purposes in the area of Grandola Scadenza/Deadline: 20/12 Per informazioni: Comunità Montana Alpi Lepontine c/a Luca Leoni via Cuccio 8 22018 Porlezza (CO) Tel. +39 0344 62427 Fax +39 0344 72445 Internet: www.cmalpilepontine.it E-mail: leoni@cmalpilepontine.it

Porto Maurizio (Imperia) Una “Porta” per Porto Maurizio Concorso per la defhnizione di un elemento che segni l’ingresso alla città di Porto Maurizio Competition for the design of an element signing the entrance to Porto Maurizio town Scadenza/Deadline: 30/1/2006 Per informazioni: Comune di Imperia Ufficio protocollo - sezione VIII/ecologia c/a Giuseppe Enrico Viale Matteotti 153 8100 Imperia

Torino International Award in Design, Engineering and Innovation in the Field of Automotive Human Factor Italdesign-Giugiaro promuove un premio internazionale di design per progetti di ricerca nel campo del design, ingegneria e innovazione legati al fattore umano nell’automobile Italdesign-Giugiaro is promoting an International Award in Design, Engineering and Innovation, which will award prizes to three innovative research projects in the field of automotive Human Factors design Consegna/Submission: 1/2/2006-18/4/2006 Monte premi/Total prize money: 40.000 Euro

A G E N DA Per informazioni: Politecnico di Torino 1a Facoltà di Ingegneria Dipartimento di Meccanica Area di Ingegneria Industriale Corso Duca degli Abruzzi 24 10129 Torino Internet: www.italdesign.it, www.polito.it/news/750_bando.pdf, www.icsid.org/italdesign

Vicenza Premio internazionale Dedalo Minosse Premio internazionale alla committenza di architettura International award for commissioning a building Scadenza/Deadline: 27/1/2006 Per informazioni: Ala Assoarchitetti Internet: www.assoarchitetti.it

Xitta (Trapani) Immagini e idee: Arte e Telecomunicazioni Concorso artistico al fine di raccogliere e promuovere opere d’arte con tema le Telecomunicazioni/Artistic competition to collect and promote art works on the theme of Telecommunication Scadenza/Deadline: 31/12 Per informazioni: Comeg S.p.A. c/a Delfina Vitale Via Marsala 78 91020 Xitta (TP) Tel. +39 0923 556171 Internet: www.comeg.it E-mail: delfina.vitale@comeg.it

Zingonia / Verdellino (Bergamo) Premio progettista termotecnico dell’anno 2006 Scadenza/Deadline: 31/12 Per informazioni: Robur S.p.A. Via Parigi 4/6 24040 Zingonia/Verdellino (Bg)

+ europaconcorsi

Giuria/Jury: Raphael Gabrion, Jean-Francois Brecq, David Depoux Per informazioni: Arquitectum Alfredo Queirolo Internet: http://www.arquitectum.com/ concursos/chanchan_en.php E-mail: chanchan2006@arquitectum.com, concursos@arquitectum.com

Portogallo / Portugal Lisbona Riqualificazione del mercato L'ente banditore intende selezionare proposte progettuali per la riqualificazione del mercato e del suo contesto/Competition for project proposals for the requalification of the market and the surrounding area Scadenza/Deadline: 16/12 Per informazioni: Ordem dos Arquitectos - Seciao Regional do Sul Serviços de Concursos Tv. do Carvalho 23-1_ P-1249-003 Lisboa Tel. + 351 21 3241164 Fax + 351 21 3241165 Internet: www.oasrs.org E-mail: concursos@oasrs.org

Russia Ekaterinburg Eurasian Premium 2006 Premio internazionale per progetti di architettura pionieristici e innovativi/International award for pioneering and innovative architectural projects Scadenza/Deadline: 1/1/2006 Per informazioni: Univer Press c/a Anastasia Lukina St. Lenin 49 620219 Ekaterinburg Tel./fax +7 343 3559009 Internet: www.upress.ru/premium E-mail: konkurs@upress.ru

Spagna / Spain Messico / Mexico Tulum A Site Museum for Tulum Concorso internazionale per il progetto di un museo nell’area archeologica di Tulum/International competition for the design of a museum in the archaeological area of Tulum Scadenza/Deadline: 27/1/2006 Per informazioni: Internet: www.arquine.com

Perù Chan Chan 2006 Concorso internazionale di idee per valutare la possibilità di realizzare un Beach Lodge nei pressi del sito archeologico di Chan Chan, che serva sia da residenza per i turisti che da punto di osservazione degli scavi/International architectural contest to evaluate the possibility of installing a Beach Lodge that serves not only as an observatory from which to look at the fabulous citadel of Chan Chan, but also to provide temporary lodging for tourists (local and foreign) that wish to spend the night at the place, by the sea Scadenza/Deadline: 31/12 Monte premi/Total prize money: 8,500 US$

Madrid VETECO-ASEFAVE Awards 2006 Premio internazionale per i produttori e progettisti di finestre e serramenti/International award for the production and design of windows and windowframes Scadenza/Deadline: 21/3/2006 Per informazioni: VETECO - IFEMA, Feria de Madrid Parque Ferial Juan Carlos I 28042 Madrid Tel. +34 91 7225344/5000 Fax +34 91 7225807 Internet: www.veteco.ifema.es E-mail: veteco@ifema.es

USA Madison The 2004/2005 Sub-Zero/Wolf Kitchen Design Contest Concorso internazionale per la progettazione di cucine innovative/International design competition for the design of innovative kitchen systems Scadenza/Deadline: 9/1/2006 Monte premi/Total prize money: 110,000 US$ Per informazioni: Sub-Zero and Wolf Kitchen Design Contest 4717 Hemmersley Roa Madison, WI, 53711 USA Internet: www.subzero.com/ thelivingkitchen/press27.asp

Naples (Florida) Four Corners Design Competition Concorso per lo studio di una soluzione per unire l’area di Fifth Avenue South all’area di Grand Central Station creando una nuova zona centrale della città/Competition to link the area of Fifth Avenue South to Grand Central Station area, creating a greater new downtown Scadenza/Deadline: 24/2/2006 Giuria/Jury: Heather Alhadeff, Matthew Kragh, Chet Alex Pezeshkan, Sam Noe, Jon Kukk, Rick Armalavage Per informazioni: Four Corners Design Competition United Arts Council of Collier County 2335 Tamiami Trail North, Suite 504 Naples, FL 34103 Internet: www.aiaflasw.org

New York Skyscraper Architectural Competition Concorso internazionale per proposte di nuove idee circa la densità verticale/International competition to propose new ideas on the concept of vertical density Iscrizione/Registration: 5/1/2006 Consegna/Submission: 15/1/2006 Per informazioni: eVolo Architecture 936 West End Avenue, Suite B3 New York, NY 10025 Tel. ++1 212 7291619 Internet: www.evolo-arch.com E-mail: 06skyscraper@evolo-arch.com

WEB Pagine Bianche d’Autore Concorso per artisti dai 20 ai 35 anni che operino come autoditatti nel settore delle arti visive sul territorio italiano, per il disegno delle copertine delle Pagine Bianche Scadenze (a seconda delle regioni): 19/12, 20/2/2006, 26/4/2006 Per informazioni: Internet: www.paginebianche.it

Velux Award 2006 Premio internazionale per studenti per studi e progetti che affrontino il tema del valore della luce naturale in architettura/International students award for studies and projects dealing with the value of daylight in architecture Iscrizione/Registration: 10/2/2006 Consegna/Submission: 5/5/2006 Monte premi/Total prize money: 30.000 Euro Giuria/Jury: Kengo Kuma, Reinier de Graaf, Róisín Heneghan, Omar Rabie, Douglas Steidl, Per Olaf Fjeld, Massimo Buccilli Per informazioni: Velux Internet: www.velux.com/A

Well-Tech Award Premio internazionale per prodotti che si distinguono per innovazione tecnologica International Award for products characterized by technological innovation Scadenza/Deadline: 30/3/2006 Per informazioni: Well-Tech 2006 Internet: www.well-tech.it

AFFIDAMENTI

Affidamenti

Per i bandi completi www.europaconcorsi.com

Italia / Italy Arcola (La Spezia) Elenco professionisti (progettazione, direzione lavori e collaudo) Selezione per curricula - Affidamento di incarichi di importo complessivo non superiore a 40.000 Euro (progettazione, direzione lavori e collaudo e prestazioni accessorie e complementari in materia di edilizia scolastica e pubblica in generale e relativi impianti tecnici) Scadenza: 31/12 Per informazioni: Comune di Arcola c/a Tiziano Di Casale Settore LL.PP / patrimonio e Protezione civile Piazza U.Muccini 1 19021 Arcola (SP) Tel./fax 0187 952830 Internet: www.comune.arcola.sp.it

Asti Elenco professionisti (progettazione e direzione lavori) Avviso pubblico per la formazione degli elenchi degli esecutori di lavori e dei professionisti cui affidare incarichi di progettazione e direzione lavori Scadenza: 30/12 Per informazioni: Consorzio dei Comuni per l'Acquedotto del Monferrato c/o Municipio di Moncalvo (AT) Laura Rossi Via Ferraris 3 14036 Moncalvo (AT) Tel. 0141 911112 E-mail: laura.rossi@ccam.it

Brescia Elenco professionisti (importo inferiore a 100.000,00 Euro) Formazione di elenchi di professionisti per l’affidamento di incarichi professionali di importo presunto inferiore a 100.000,00 Euro Scadenza: 31/12 Per informazioni: Provincia di Brescia Ufficio Protocollo Generale (piano terra) Palazzo Broletto Piazza Paolo VI 16 25100 Brescia

Cesano Maderno (Milano) Elenco di professionisti L’ente intende formare un elenco di professionisti esterni abilitati per l’affidamento di servizi attinenti all'architettura e all’ingegneria. La selezione, principalmente, riguarderà le seguenti tipologie di incarichi di progettazione e direzione lavori: 1) opere edili; 2) cementi armati e opere strutturali in genere; 3) fognature; 4) impianti elettrici; 5) restauro architettonico e artistico; 6) opere idrauliche di difesa spondale e paesaggistiche Scadenza: 30/12/2006 Per informazioni: Comune di Cesano Maderno Piazza Arese 12 20031 Cesano Maderno (MI)

209 l’ARCA 103


A G E N DA Cremona Elenco per l’affidamento di incarichi di consulenza L’ente banditore intende procedere alla formazione di un elenco di soggetti, diviso per competenze professionali, da cui attingere per l’affidamento di eventuali incarichi di consulenza. L’elenco sarà suddiviso secondo tipologie di prestazioni professionali, quali: a) Ingegneria civile; b) Ingegneria idraulica; c) Ingegneria urbanistica; d) Ingegneria ambientale e territoriale; e) Ingegneria gestionale; f) Ingegneria navale; g) Ingegneria dei trasporti (Sfruttamento vie d’acqua, trasporto merci, turistico); h) Ingegneria meccanica; i) Ingegneria elettronica; j) Ingegneria elettrotecnica Scadenza: 11/2/2006 Per informazioni: Azienda Regionale per i Porti di Cremona e Mantova Via della Conca 3 26100 Cremona Tel. 037 2592011 Fax 037 2592048 Internet: www.po-seaway.com

La Spezia Elenco professionisti (geometri architetti - ingegneri - geologi) L’Ente ha stabilito di procedere a una selezione pubblica ai fini d’affidare un incarico professionale di consulenza e progettazione del Progetto di sistema di Gestione ambientale redatto ai fini della certificazione UNI EN ISO 14001/1996 di Aree omogenee dell’Ente. Il compenso massimo complessivo lordo a base d’asta è di 50.000 Euro Scadenza: 31/12 Per informazioni: Provincia di La Spezia Edilizia, Patrimonio e Vigilanza Tel. 0187 7042510 Fax 0187 742512 Internet: www.provincia.sp.it E-mail: provsp.losurdo@provincia.sp.it

Novara Elenco professionisti (per incarichi di importo inferiore a 50.000 Euro) Avviso pubblico per incarichi di importo inferiore a 50.000 Euro. I curricula dovranno prevedere sezioni specifiche per ciascuna delle seguenti tipologie 1. progettazione edilizia residenziale pubblica e sociale aspetti architettonico-edilizi, 2. progettazione impianti termoidraulici a servizio del punto 1), 3. progettazione impianti elettrici e connessi a servizio del punto 1), 4. progetto e calcolo strutturale connesso al punto 1), 5. progetto e calcolo dispersioni termiche Legge 10/1991 connesse ai punti 1) e 2), 6. indagini e relazioni geologiche, 7. rilievo di edifici e restituzione grafica, 8. rilievo stato di conservazione di immobili, 9. rilievo e pratiche catastali, 10. pratiche prevenzione incendi, 11. coordinamento sicurezza cantieri, 12. pianificazione urbanistica esecutiva, 13. elaborazione grafico-informatica di progettazioni Scadenza: 31/12 Per informazioni: Agenzia Territoriale per la Casa Via Boschi 2 28100 Novara Internet: www.atc.novara.it

104 l’ARCA 209

+ europaconcorsi

Osnago (Lecco) Elenco professionisti (progettazione, direzione lavori, coordinatore sicurezza) L’ente ritiene opportuno invitare i soggetti abilitati, interessati al conseguimento di incarichi di progettazione, direzione lavori e coordinatore per la sicurezza a presentare al protocollo comunale candidatura corredata da curriculum con indicazione delle esperienze professionali compiute e della tipologia di opere per cui si propone la candidatura Scadenza: 31/12/2006 Per informazioni: Comune di Osnago Viale Rimembranze 3 Osnago (LC) Tel. 039 952991Fax 039 9529926 Internet: www.osnago.net E-mail: comune@osnago.net

Pianezza (Torino) Elenco professionisti (geometri, architetti, ingegneri, geologi) Formazione di un elenco di professionisti qualificati per l’affidamento di incarichi di importo inferiore a 100.000,00 Euro Scadenza: 25/6/2008 Per informazioni: Comune di Pianezza Piazza Napoleone Leumann 1 10044 Pianezza (TO) Tel. 011 9670000 Fax 011 9670295

Pisa Elenco professionisti Costituzione dell’elenco dei professionisti qualificati per l’affidamento di incarichi fiduciari di progettazione e attività tecnicoamministrative connesse, compresa l’attività di consulenza e supporto al rup, la direzione lavori e il collaudo, per un importo stimato fino a 100.000 Euro Scadenza: 30/12/2006 Per informazioni: Ente-Parco regionale Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli Sergio Paglialunga Via Aurelia Nord 4 56122 Pisa Tel. 050 525500 Internet: www.parcosanrossore.org E-mail: s.paglialunga@sanrossore.toscana.it

Rimini Elenco giovani professionisti L’ente intende formare elenchi aperti di giovani professionisti (professionisti abilitati da meno di cinque anni all’esercizio della professione) per l’affidamento fiduciario delle seguenti tipologie di incarichi professionali cui onorari stimati saranno di importo non superiore a 5.164,57 Euro: 1. Rilievi, progettazioni, direzione lavori di opere stradali. 2. Rilievi, progettazioni, direzione lavori di opere edili. 3. Responsabile della sicurezza in fase di progettazione e in fase di esecuzione (D.Lgs. 494/96). 4. Rilievi topografici, frazionamenti, accatastamenti. 5. Prestazioni da Geologo. 6. Prestazioni da Agronomo Scadenza: 30/12 Per informazioni: Provincia di Rimini Via Dario Campana 64 47900 Rimini

Roma 2 Elenchi per professionisti Formazione di 2 elenchi di professionisti esterni all’amministrazione, abilitati

rispettivamente a svolgere: a) l’incarico congiunto di direttore dei lavori e coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione; b) l’incarico di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione Scadenza: 31/12 Per informazioni: Comune di Roma dipartimento XII Politiche dei LL. PP. e Manutenzione urbana Via L. Petroselli 45 00186 Roma Internet: www.comune.roma.it

Elenco per l’attuazione di piani regionali della società dell’informazione Elenco per il conferimento di incarichi finalizzati alla assistenza tecnica delle misure previste nel POR delle regioni dell’Obiettivo 1 per l’attuazione di piani regionali della società dell’informazione Scadenza: 30/12/2006 Per informazioni: Centro Nazione per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione

Torino Esecuzione di indagini geognostiche in gallerie Esecuzione di indagini geognostiche in gallerie, su rilevati, ponti e fondazioni ricadenti in varie linee di giurisdizione della Direzione Compartimentale Infrastruttura di Torino; importo complessivo dell’appalto: (compresi oneri per la sicurezza ): 672.493,05 Euro Scadenza: 27/9/2007 Per informazioni: Rete Ferroviaria Italiana Spa - Legale Milano - Settore Operativo di Torino per conto Direzione Compartimentale Infrastruttura Torino Via Sacchi 1 10125 Torino Tel. 011 6652355 Fax 011 6655116

Treviso Formazione elenco dei soggetti qualificati ad assumere incarichi fiduciari Avviso per l’inserimento nell’elenco dei soggetti qualificati ad assumere incarichi fiduciari di importo stimato inferiore a 100.000 Euro, per le seguenti tipologie di prestazione: a) progettazione e/o direzione lavori; b) supporto tecnico-amministrativo alla progettazione e/o alla direzione lavori; c) supporto agli atti di pianificazione stradale; d) coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e/o esecuzione; e) collaudatore statico; f) collaudatore tecnico-amministrativo; g) rilievi topografici; h) visure catastali e presso l’Agenzia del Territorio Conservatoria dei registri immobiliari, frazionamenti e pratiche catastali; i) perizie di stima; j) indagini geognostiche Scadenza: 31/12 Per informazioni: Provincia di Treviso Settore Lavori Pubblici-Edilizia Viale C. Battisti 30 31100 Treviso Tel. 0422 656340 Fax 0422 656016 Internet: www.provincia.treviso.it

(Nuclear Decommissioning and Facilities Management Unit) all’interno del Centro comune di ricerca di Ispra. L’elenco dei candidati preselezionati stilato a seguito del presente avviso sarà utilizzato esclusivamente nell'ambito di appalti di servizi il cui valore presunto sia inferiore alla soglia (attualmente 154.014 Euro) Scadenza: 26/4/2008 Per informazioni: Commissione Europea, Centro comune di ricerca (CCR) Nuclear Decommissioning and Facilities Management Unit Sig.ra I. Borgotti TP 800 21020 Ispra (VA) Fax +39 0332 789108

Vignola (Modena) Elenco professionisti Avviso pubblico per l’acquisizione di curricula professionali per l’affidamento di servizi di architettura e ingegneria di importo inferiore a 100.000,00 euro (progettazione preliminare, definitiva, esecutiva, coordinamento della sicurezza in fase progettuale, direzione dei lavori, coordinamento della sicurezza in fase esecutiva) Scadenza: 30/12 Per informazioni: Comune di Vignola Ufficio Gare Samantha Gessi Via Bellucci 1 41058 Vignola (MO) Tel. 059 777513 Internet: www.comune.vignola.mo.it

Olanda / Holland

A G E N DA Corea del Sud / South Korea Seoul University of Seoul First International Conference on Digital Architecture and Construction 19/9/2006-21/9/2006 Per informazioni: Internet: www.wessex.ac.uk/conferences/ 2006/digital06/index.html

Francia / France Paris ADEME Micro-Hydro: Méthodologie de montage de projets en petit hydraulique 6/12-8/12 Per informazioni: Agence de l’Environnement et de la Maîtrise de l’Energie 27 rue Louis Vicat 75737 Paris cedex 15 Tel. +33 1 47652215 Fax +33 1 47652003 Internet: www.ademe.fr E-mail: therese.giordano@ademe.fr

Hotel Mercure Paris Tour Eiffel Suffren European Nano Systems 2005 14/12-16/12 Per informazioni: TIMA Labs Bernard Courtois 46 Avenue Félix Viallet 38031 Grenoble cdx, France Tel. +33 (0)4 76 57 46 15 Fax +33 (0)4 76 47 38 14 Internet: http://tima.imag.fr/conferences/ENS/, NanoSPRINT www.nanosprint.com/

‘s-Gravenhage

Gran Bretagna / Great Britain

Servizi di consulenza e assistenza tecnica Servizi di consulenza tecnica architettura e ingegneria per la realizzazione di una serie di incarichi. Il programma prevede la costruzione di uffici, servizi e infrastrutture Scadenza: 15/12

Edinburgh

Per informazioni: Ministerie van Volkshuisvesting, Ruimtelijke Ordening en Milieubeheer, Rijksgebouwendienst Att: Ch. Rentier, ipc 440 Postbus 20952 NL-2500 EZ ‘s-Gravenhage Tel. + 31 70 3391773 Fax + 31 70 3395031 Internet: www.vrom.nl/rijksgebouwendienst E-mail: rgd-aa-inkoop@minvrom.nl

Convegni e dibattiti Congresses and conferences

Australia

Heriot Watt University-Leonard Homer Hall-Edinburgh Conference Centre How to get the most from Nanomechanical Testing workshop 21/12 Per informazioni: L.O.T. - Oriel Ltd Angela Carslake 1 Mole Business Park Leatherhead KT22 7BA, Surrey Tel. +44 (0)1372 378822 Fax +44 (0)1372 375353 Internet. www.lotoriel.co.uk E-mail: angela@lotoriel.co.uk

London Savoy Place Micro and Nanotechnology 2005 International Conference 12/12-14/12 Per informazioni: IOM3 Melanie Boyce Tel. +44 (0)20 7451 7303 Internet: www.iom3.org/events/mnt2005.htm E-mail: mnt2005@iom3.org

Robinson College Ergonomics Society Annual Conference 4/4/2006-6/4/2006 Per informazioni: Ergonomics Society Internet: www.ergonomics.org

Varese

Heron Island

Elenco professionisti per le zone nucleari di competenza della NDFMU Lo scopo dell’appalto è l’esecuzione di servizi di ingegneria, architettura e consulenze tecniche, da svolgere principalmente all’interno delle zone nucleari di competenza della NDFMU

Heron Island Resort Sixth International Roundtable Conference: Computational and Cognitive Models of Creative Design 10/12-14/12

Milano

Per informazioni: Internet: www.arch.usyd.edu.au/kcdc/ conferences/hi05/

Domus Academy Master in Urban Management and Architectural Design

Italia / Italy

+ europaconcorsi

Gennaio-Dicembre/JanuaryDecember 2006 Per informazioni: Domus Academy Via Watt 27 20143 Milano Tel. +39 0242414049 Fax +39 02 4222525 Internet: www.domusacademy.it E-mail: infourban@domusacademy.it

Olanda / Holland

Rancho Mirage (CA)

Chartres

The Lodge Nanotech Investing Forum 31/1/2006-1/2/2006

Centre International du Vitrail Lumières contemporaines-Vitraux du XXIè siècle et architecture sacrée 23/4-31/8/2006

Per informazioni: IBF* International Business Forum Regina Ramazzini Executive Producer Tel. ++1 516-765-9005, Ext. 31 Internet: www.ibfconferences.com/ibf/ viewdetails.asp?lstconfname=158 E-mail: regina@ibfconferences.com

Rotterdam

San José

NAI Symposium Tacticts for Changing Metropolis 15/12

McEnery Convention Center ISEA 2006 Symposium 5/8/2006-13/8/2006

Per informazioni: NAI Museumpark 25 3015 Rotterdam Tel. +31 010 4401200 Internet: www.nai.nl E-mail: info@nai.nl

Spagna / Spain

Per informazioni: Inter Society for Electronic Arts Internet: http://isea2006.sjsu.edu

Mostre di architettura e design Architecture and design exhibitions

Castellon Camara Oficial de Comercio, Industria y Navegacion Qualicer IX Congresso mondiale della qualità della ceramica/9th World congress on ceramic tile quality 12/2/2006-15/2/2006 Per informazioni: Camara Oficial de Comercio, Industria y Navegacion Secretaria del Congreso Avenida Hermanos Bou 79 12003 castellon Tel. +34 964 356500 Fax +34 964 356510 Internet: www.qualicer.org E-mail: qualicer@camaracs.es

Valencia Asociación Nacional para la Vivienda del Futuro MEICS: Master en arquitectura sostenibile y edificios inteligentens 21/11-17/1/2006 Per informazioni: Anavif Avenida Blasco Ibañez 114 46021 Valencia Tel. +34 96 3223333 Fax +34 96 3568181 Internet: www.anavif.com E-mail: anavis@mail.ono.es

USA Chicago The Fairmont Hotel The Structural Engineers’ Building Conference and Expo 1/12-2/12 Per informazioni: Internet: http://events.sweigwhite.com/ buildings2005/index.htm

Pasadena Art Center College of Design 2006 ArtCenter Design Conference: Stories from the Source – Radical Craft 23/3/2006-26/3/2006 Per informazioni: ArtCenter College of Design 1700 Lida Street Pasadena, CA 91103 Tel. +1 626 3964229 Fax +1 626 6839233 Internet: www.artcenter.edu/designconference E-mail: christine.hanson@artcenter.edu

Austria Graz Kunsthaus M-Stadt 30/9-8/1/2006

Metz Frac Thierry Géhin 23/11-8/1/2006

Paris VIA VidéoHome 4/9-18/12 Fondation Cartier John Maeda: nature+ “eye’m hungry” 19/11-19/2/2006 Palais de la Porte Dorée Panorama de l’architecture européenne 12/10-11/12 Encore moderne? Architecture brésilienne 1928-2005 12/10-15/1/2006 Galerie d’Architecture Titus Bernhard, Augsburg, Allemagne - Sensuous Minimalism 9/12-13/1/2006

Germania / Germany

Vienna

Berlin

Architekturzentrum Wine Architecture. The winery boom 22/9-6/2/2006

Aedes West schulz & schulz architekten, Leipzig-Wolkenlabor 4/11-15/12

MAK First Design and Final Object: Drawings by Viennese Gold and Silversmiths 15/6-28/5/2006 Back to A: Design Now Austria 14/9-12/2/2006 Spatial Constructions 25/10-26/2/2006

Brasile / Brazil Sao Paulo Parque do Ibirapuera 26th Bienal de Sao Paolo 26/9-19/12

Canada Montreal CCA Sense of the City: An Alternate Approach to Urbanism 26/10-10/9/2006 Empire 30/11-19/2/2006

Francia / France Bordeaux Arc en rêve Bernard Bülher; Bordeaux les Chais, 51 maisons particulières 4/11-8/1/2006 Voisins-Voisines. Nouvelles formes d’habitat individuel en France 1/12-26/2/2006

Aedes East Find the Gap-Neue Köpfe und Wege in der Architektur 11/11-11/12

Frankfurt DAM A Lifetime for Architecture – Der Fotograf Julius Shulman 1/10-11/12 Peter Kulka. Architekt 12/11-5/2/2006 Ein Sonntagsarchitekt 19/11-5/2/2006

Munich Alte Pinakothek Pure Form – Classical Chinese Furniture and European Modernism 20/9-6/1/2006

Stuttgart Architekturgalerie am Wessenhof Objekt vs. Kontext - Harris + Kurrle Architekten 26/10-18/12

Weil am Rhein Vitra Design Museum Gaetano PesceIl rumore del tempo 11/6-8/1/2006 Living Under the Crescent Moon: Domestic Cultures in the Arab World Fino al/through 21/1/2006

209 l’ARCA 105


A G E N DA Gran Bretagna / Great Britain London Serpentine Gallery Ilya and Emilia Kabakov: The House of Dreams 19/10-8/1/2006 Design Museum Eileen Gray Fino al/through 8/1/2006 Robert Brownjohn Fino al/through 26/2/2006

Italia / Italy Mantova Casa del Mantegna Rosso. Fuoco, sangue e passione. Progetti di allestimento per il Museo Storico Nazionale dei Vigili del Fuoco di Mantova e per il Museo Internazionale della Croce Rossa di Castiglione delle Stiviere 25/11-17/12

Milano Triennale Joe Colombo: Inventing the Future 16/9-18/12 In Vespa: un viaggio italiano 4/10-18/12 Oggetti estensibili-La pubblicità fa design 29/11-30/1/2006 Hangar Bicocca Playgrounds & Toys 28/10-23/12

Padova Galleria Arte Forum Mirabili - Arte da Abitare 13/11-30/12 Palazzo della Ragione David Chipperfield: idea e realtà 19/11-19/2/2006

Roma MAXXI Paolo Soleri Toyo Ito 8/10-8/1/2006

Verona Museo di Castelvecchio Paolo Farinati (1524-1606): dipinti, incisioni e disegni per l’architettura 17/10-29/1/2006

Vicenza Basilica Palladiana Kazuyo Sejima-Ryue Nishizawa/SANAA 30/10-29/1/2006 Vincitori Premio Dedalo Minosse 2005/2006 19/5/2006-23/7/2006

Olanda / Holland Baar Kasteel Groeneveld Hybrid Landscapes 3/6-9/1/2006

Rotterdam Netherlands Architecture Institute Team 10-A Utopia of the Present 25/9-8/1/2006

106 l’ARCA 209

+ europaconcorsi

Piet Sanders: An International Dreams Collection 4/11-19/2/2006 Marc Müller 11/11-18/12 DynamiCity – Tactics for Changing the Metropolis 16/12-5/3/2006

Svezia / Sweden Malmö Konsthall Olafur Eliasson: The Light Setup Fino al/through 22/1/2006

Svizzera / Switzerland Zurich ETH Hönggerberg International Velux Award 2004: Light of Tomorrow 6/12-22/12 Peter Jenny 11/1/2006-2/3/2006 ETH Zentrum Hallenstadion Zurich 1939-2005 8/12-26/1/2006

USA Atlanta High Museum Celebrate Architecture! Renzo Piano & Building Workshop 12/11-2/4/2006

Bartlesville (OK) Price Tower Prairie Skyscraper: Frank Lloyd Wright’s Price Tower 14/10-15/1/2006

Cambridge The Busch- Reisinger Museum/ The Harvard University Art Museums Extraordinary Everyday: The Bauhaus (web exhibit www.artmuseums.harvard.org/ sites/eoed/index.html) Fino al/through 31/12

Chicago The Art Institute 1945: Creativity and Crisis, Chicago Architecture and Design of the WWII Era 7/5-8/1/2006 Chicago Architecture Foundation Holabird & Root Fino al/through 12/2/2006

Los Angeles MAK Center Symmetry 9/11-29/1/2006 A+D Museum Investogators 3/11-2/2/2006 Sci_Arc Gallery Suture- A/UM Studio: Ed Keller+Carla Leitao 18/11-8/1/2006

Getty Center Julius Shulman, Modernity and the Metropolis 11/10-22/1/2006

Mostre d’arte Art Exhibitions

Miami Beach The Wolfsonian-FIU In Pursuit of Pleasure: Schultze and Weaver and the American Hotel 13/11-28/5/2006

New York Pratt Institute Manhattan Aerospace Design: The Art of Engineering from NASA’s Aeronautical Research 7/10-17/12 Cooper Hewitt National Design Museum Fashion in Colors 9/12-26/3/2006 Yinka Shonibare Selects 7/10-7/5/2006 Excavating Design: 18th-century Drawings and Prints from the Permanent Collection 4/11-8/1/2006 Center of Architecture Hombroich Spaceplacelab 23/9-31/12 MoMA Safe: Design Takes On Risk 16/10-2/1/2006 The Edge of Europe: New Architecture in Spain 12/2/2006-1/5/2006

Australia Canberra National Gallery of Australia Transformations. The language of craft 11/11-29/1/2006 Against the grain. The woodcuts of Helen Frankenthaler 26/11-26/2/2006

Perth PICA - Perth Institute of Contemporary Arts City of Perth Art Award 24/11-18/12

Austria Vienna Kunstforum Bank Austria Superstars: von Warhol bis Madonna 26/10-19/2/2006

Oakland

MAK Alexandr Rodchenko: Spatial Construction 26/10-26/2/2006 Ukiyo Reloaded 30/11-26/3/2006 ...After Binder: Joseph Binder’s Influence on International Graphic Design 14/12-12/3/2006

California College of Arts Aesthetics of Ecology: Space for Sustainable Living 16/9-8/12

Kunsthaus Albert Watson “Frozen”, a Retrospective 29/9-29/1/2006

Philadelphia

Kunsthalle Superstars 25/10-29/2/2006 Wolfgang Thaler 5/10-22/1/2006 Bulgaria 9/11-8/12 Kunsthalle Wien Award 14/12-15/1/2006

The Isamu Noguchi Garden Museum Chess: Design Competition Prototypes 20/10-6/3/2006

ICA Ben van Berkel and Caroline Bos/UN Studio Amsterdam 21/1/2006-26/3/2006

Salem Peabody Essex Museum Taj Mahal, the Building of a legend 15/10-23/7/2006 The Artful Teapot: 20th Century Expressions from the Kamm Collection 25/11-5/3/2006

Washington National Building Museum Tools of Imagination 5/3-10/10 Cityscapes Revealed: Highlights from the Collection 3/12-3/2/2006

West Palm Beach The Norton Museum of Art Candida Höfer: Architecture of Absence 1/10-1/1/2006

Belgio / Belgium Bruxelles Artiscope Manuel Saro. Radiations 25/11-3/02/2006

Canada Montreal Museum of Fine Arts Right under the Sun-Landscape in Provence, from Classicism to Modernism (1750-1920) 22/9-8/1/2006 Musée des Beaux Arts Sous le soleil, exactement. Le paysage en Provence, du classicisme à la modernité (1750-1920) 22/9-8/1/2006

A G E N DA Vancouver Vancouver Art Gallery Classified Materials: Accumulations, Archives, Artists Fino al/through 2/1/2006 Next: Jason McLean: The Sky is Falling Fino al/through 2/1/2006 Picasso 15/10-15/1/2006 Brian Jungen 28/1/2006-30/4/2006 Takao Tanabe 21/1/2006-17/4/2006

Danimarka / Denmark Arken Arken Museum of Modern Art Marc Chagall: World of Love 8/10-15/1/2006

Francia / France Carquefou Frac des Pays de la Loire Michel Aubry, la nouvelle vie quotidienne 10/11-8/1/2006

Chantilly Musée Condé Nicolas Lagneau 28/9-9/1/2006

+ europaconcorsi

Galeries Nationales du Grand Palais Genie et Folie en Occident : une histoire de la melancolie 22/9-2/1/2006 Klimt, Kokoschka, Schiele, Moser 4/10-9/1/2006 Jungles à Paris: la peinture du Douanier Russeau 15/3/2006-19/6/2006 Musée du Louvre Girodet 21/9-2/1/2006 Jeu de Paume-Espace Concorde Michal Rovner Croiser des mondes, aspects du document contemporain 4/10-31/12 Ed Ruscha Craigie Horsfield 31/1/2006-30/4/2006 Cindy Sherman 16/5/2006-3/9/2006 Lee Friedlander 19/9/2006-31/12/2006 Jeu de Paume-Hôtel Sully Pierre Verger 11/10-31/12 Christer Strömholm 10 /1/2006-19/3/2006 Yto Barrada 4/4/2006-4/6/2006 Viva - Une agence photographique 1972/1982 20/6/2006-10/9/2006 Joel Meyerowitz 3/10/2006-24/12/2006

Valenciennes Musée des Beaux Arts La peau est ce qu’il y a de plus profond 25/11-13/3/2006

Germania / Germany Berlin Deutsche Guggenheim Berlin William Kentridge 29/10-15/1/2006 Hanne Darboven 4/2/2006-23/4/2006

Frankfurt Schirn Kunsthalle Summer Love 2/11-12/2/2006 James Ensor 16/12-19/3/2006 Max Beckmann: The Watercolours 3/3/2006-28/5/2006

Herford Marta Herford Anton Henning Eine Auswahl 28/10-8/1/2006

Giappone / Japan Kanazawa

Hyères

Musée Carnavalet Un amour de Paris : photographies de Dorothy Bohm 21/9-11/12 Le Brésil de Marc Ferrez (18431923) 21/9-11/12 3 Photographes humanistes : Frédéric Barzilay, Lucien Heré, Willy Ronis 21/9-15/1/2006

Villa Noailles Olivier Ansellem, variations modernes 23/10-11/12

Musée Bourdelle Didier Vermeiren 22/9-8/1/2006

Lille

Musée d’Orsay L’Art russe dans la seconde moitié du XIXe siècle 20/9-8/1/2006 Eglises: orient ou occident? 27/9-1/1/2006 L’Objet et son double 30/1/2006-30/4/2006 Figures et portraits 21/2/2006-21/5/2006 Cézanne et Pissarro. 1865-1885 28/2/2/2006-28/5/2006

Royal Scottish Academy Building Choice: 21 Years of Acquiring for the National Galleries of Scotland 2/11-27/2/2006

Dijon Musée Magnin Péquignot et Girodet: Une amitié artistique 27/9-31/12

Musee d’histoire naturelle Les gardiens de la foret des ombres 30/10-30/6/2006

Lyon Biennale de Lyon 14/9-31/12

Metz Frac Wall to be destroyed 24/9-6/1/2006

Nantes Musée des Beaux-Arts 25 années d’œuvre-évènements de Lygia Clark (1963-1988) 23/9-2/1/2006

Musée Picasso Picasso: la passion du dessin 28/9-9/1/2006 Maison Rouge Luc Delhaye Dieter Appelt, Cinema Prisma François Curlet & Donuts, Spotless 4/11-22/1/2006

21st CenturyMuseum of Contemporary Art Alternative Paradise 5/11-5/3/2006

Gran Bretagna / Great Britain Edinburgh

Scottish National Gallery of Modern Art Jon Schueler: The Sound of Sleat 4/6-5/3/2006 Jannis Kounellis: Works 1958-2005 13/8-8/1/2006 Strategy: Gets Arts Revisited 22/10-8/1/2006 Selective Memory: Venice Biennale Exhibition comes to Scotland 7/12-5/3/2006 Scottish National Portrait Gallery Cut and Dried: The Silhouettes of Augustin Edouart and Watercolours of Harry More Gordon 2/12-26/3/2006 BP Portrait Award 2005 17/12-12/3/2006

Liverpool

Maison Européenne de la Photographie Carlos Freire “Carnets de route, photographies 1978-2005” 9/11-8/1/2006

Tate Liverpool Sarah Lucas 14/10-8/1/2006

Paris

Fondation Cartier Ron Mueck 19/11-19/2/2006

Tate Britain Turner Prize 2005 18/10-22/1/2006

Centre Pompidou Big Bang, Destruction et création dans l’art du 20e siècle 15/6-27/2/2006

Institut du Monde Arabe Regards des photographes arabes contemporains 22/11-22/1/2006

Tate Modern Rachel Whiteread: The Unilever Series 11/10-2/4/2006

Nice Galerie des Ponchettes Martin Caminiti: Garder la ligne 27/10-9/1/2006

London

Jeff Wall 21/10-8/1/2006 Jungles in Paris: The Paintings of Henri Rousseau 3/11-5/2/2006 Victoria & Albert Museum Diane Arbus revelations 13/10-15/1/2006 Between Past and Future: New Photography and Video from China 15/9-15/1/2006 Deutschlandscape 20/9-29/1/2006 Estorick Collection From Futurism to Arte Povera 14/9-18/12 Royal Academy of Arts Edvard Munch by Himself 1/10-11/12 Poussin Gallery Mali Morris, Paintings from Four Decades 17/11-10/12

St.Yves Tate St Yves Tacita Dean 7/10-15/1/2006 Janet Cardiff Forty Part Motet 7/10-15/1/2006 Kerstin Kartscher: Tate St Ives Artist Residency Programme 7/10-15/1/2006 Simon Carroll New Work 7/10-15/1/2006

Italia / Italy Alba (Cuneo) Fondazione Ferrero Napoleone e il Piemonte. Capolavori ritrovati 29/10-27/2/2006

Alessandria Palazzo Asperia Sogni. Visioni tra simbolismo e Liberty 21/10-26/2/2006

Ancona Mole Vanvitelliana Leonardo, genio e visione in terra marchigiana 15/10-8/1/2006 Cagli 25/2/2006-4/6/2006

Aosta Chiesa di San Lorenzo Disegni e spolveri di una Famiglia di artisti: gli Stornone 21/10-8/1/2006

Belluno Palazzo Crepadona Caffi, luci del Mediterraneo 1/10-22/1/2006

Bergamo Complesso S.Agostino La città che sale-Visioni metropolitane d’arte contemporanea 22/10-11/12 GAMeC War Is Over - 1945-2005. La libertà dell’arte da Picasso a Warhol a Cattelan 15/10-26/2/2006

209 l’ARCA 107


A G E N DA

+ europaconcorsi

Galleria Fumagalli Kenneth Holland 19/11-21/1/2006

Faenza (Ravenna)

Bologna

MIC 54° Premio Internazionale della ceramica contemporanea Fino al/through 31/12

Museo Civico Medievale Giotto e le arti a Bologna al tempo di Bertrando del Poggetto 3/12-28/3/2006 Galleria Fondantico Incontro con la pittura: Dipinti e disegni da Cinquecento all’Ottocento 5/11-23/12

Bondeno (Ferrara) Galleria d’arte moderna e contemporanea La nemica del cuore ovvero le 12 Veneri 2/10-8/1/2006

Brescia Museo di Santa Giulia Gauguin/Van Gogh: L’avventura del nuovo 22/10-19/3/2006 Millet-60 Capolavori dal Museum of Fine Arts Boston 22/10-19/3/2006 Francalancia (1886 - 1965) 22/10-20/1/2006 De Pisis 21/1/2006-19/3/2006 Museo del Risorgimento Guccione. L’azzurro 22/10-20/1/2006 Olivieri. L’azzurro 21/1/2006-19/3/2006 Piccolo Miglio in Castello Sarnari. Il nero 22/10-20/1/2006 Ruggeri. Il nero 21/1/2006-19/3/2006 Pinacoteca Tosio Martinengo Tesori ritrovati. Da Romanino e Moretto a Ceruti Durer. Le incisioni della Pinacoteca Tosio Martinengo 22/10-19/3/2006

Busto Arsizio (Varese) Fondazione Bandera Arturo Carmassi, opere 1980-2005 22/10-12/2/2006

Caraglio (Cuneo) Centro Sperimentale per le Arti Contemporanee Costruttivismo in Polonia 22/10-29/1/2006

Castellamonte (Torino) Palazzo Conti Botton Mostra della Ceramica Oltre la Ceramica The Crazy Bar-Alta Gradazione Bottega Apert- Side One Fino a dicembre/Through December

Como Pinacoteca Civica e Roberta Lietti Arte Contemporanea Federico Guida - Mimetica-mente 3/12-19/2/2006

Ferrara Palazzo dei Diamanti Corot, natura, emozione, ricordo 9/10-8/1/2006

Firenze Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore Arnolfo, alle origini del Rinascimento fiorentino 21/12-21/4/2006 Museo Marini La Grande Guerra degli artisti. Propaganda e iconografia bellica in Italia negli anni della Prima Guerra Mondiale 3/12-25/3/2006

Forlì Complesso Monumentale San Domenico Marco Palmezzano e il suo tempo 1459/1463-1539 4/12-30/4/2006

Genova Palazzo Ducale Romantici e Macchiaioli. Giuseppe Mazzini e la grande pittura europea 22/10- 12/2/2006 Palazzo Bianco Gerard David: il Polittico della Cervara 8/10-8/1/2006

Mantova Casa del Mantegna Meraviglie e misteri dell’Africa antica. Capolavori dei Musei Nazionali della Nigeria 23/10-15/1/2006

Merano (Bolzano) KunstMeran Stretch Sculpture 1/10-8/1/2006

Milano Palazzo Reale Caravaggio e l’Europa 15/10-6/2/2006 Mario Sironi - Constant Permeke: I luoghi e l’anima 27/10-29/1/2006 Museo Poldi Pezzoli Il Cavaliere Nero-L’immagine del gentiluomo nel Cinquecento 2/10-15/1/2006 Castello Sforzesco Maestri della scultura in legno nel Ducato degli Sforza 21/10-29/1/2006

Cremona

Triennale The Keith Haring Show 28/9-29/1/2006

Museo civico Ala Ponzone Tesori di Capodimonte: Dipinti e disegni lombardi, oggetti e porcellane dal Museo di Capodimonte 26/10-5/2/2006

Centre Culturel Français Flirt: Dominique Gonzalez-Foerster, Ange Leccia, Christelle Lheureux, Donatella Spaziani 20/10-2/12

108 l’ARCA 209

Forum Austriaco di Cultura Palazzina Liberty Techné-Arte e tecnologia 11/11-14/12 Fabbrica del Vapore Talk to the city Fino a dicembre/Through December Galleria Giò Marconi Maurizio Mochetti 8/10-23/12 Fondazione Arnaldo Pomodoro La scultura italiana del XX secolo 23/9-22/1/2006 Mazzoleni Arte Byobu-L’arte dei paraventi e degli arredi giapponesi 24/11-7/12 Galleria Fonte d’Abisso Dinamismo+Luce. Balla e i Futuristi 13/10-22/12 Galleria Lia Rumma Ilia & Emilia Kabakov: The Strange Museum 7/10-10/12 Diesel Wall alle Colonne di San Lorenzo Carla Cardinaletti: ? Rispondo ergo sono 13/10-13/1/2006

Palazzina dei Giardini Michelangelo Pistoletto e Cittadellarte-La mensa delle culture 16/9-8/1/2006 Palazzo Santa Margherita Melina Mulas-Il terzo occhio: I Lama del Tibet, l’antica saggezza di Nalanda 16/9-8/1/2006

Monza (Milano) Montrasio Arte Gino Meloni 1905-1989 22/9-12/11

Napoli Museo Archeologico Nazionale Cose mai viste. Curiosità dalle collezioni del Museo Archeologico di Napoli 2/1-31/12 Eureka: scienza e automi nell’età ellenistica 25/6-10/1/2006

Novi Ligure (Alessandria) Museo dei Campionissimi I volti di Eva – La donna nell’arte tra ‘800 e avanguardia 19/11-9/4/2006

Orvieto (Terni)

Museo dell’Ottocento Vittore Grubicy e l’Europa. Alle radici del Divisionismo 22/7-15/1/2006

Chiesa di Sant’Agostino Arnolfo di Cambio nell’Umbria Medievale 7/7-8/1/2006

Forma-Centro Internazionale di Fotografia Storie di Sguardi: la fotografia da Nadar a Erwitt 12/10-15/1/2006

Padova

Galleria Antonia Jannone Agostino Arrivabene: Mirabilia di natura 4/11-20/12 VenturaXV Untitled: Mostra collettiva d’Arte Contemporanea 26/11-21/12 Fondazione Davide Halevim You and Me: Douglas GordonPhilippe Parreno 14/12-28/1/2006 Circolo Filologico Milanese Anri Sala: Long Sorrow 15/11-18/12 Galleria Poleschi Arte Crippa anni ’50 e ’60 27/10-22/1/2006 Galleria Bianconi 10 ritratti: Ritratti di Piero Manzoni by Claus Miller 17/11-23/12 Spazio Oberdan Techne05: Tra arte e tecnologia – L’immagine infinita – Schermi, visioni, azioni 28/10-26/2/2006

Modena Foro Boario Informale. Jean Dubuffet e l’arte europea 1945-1970 Dicembre/DecemberAprile/April 2006

Palazzo Santo Santo Stefano Michelangelo a Padova 11/11-8/1/2006 Musei Civici agli Eremitani Da Giovanni De Min a Emilio Greco: Disegni del Museo d’Arte, secoli XIX-XX 18/12-5/3/2006

Palermo Civica Galleria d’Arte Moderna Francesco Lojacono, 1838-1915 1/10-8/1/2006

A G E N DA Potenza Galleria Civica di Palazzo Loffredo Visionari primitivi eccentrici, da Alberto Martini a Licini, Ligabue, Ontani 15/10-8/1/2006

Predappio (Forlì) Casa natale di Benito Mussolini Il cinema italiano: manifesti fra arte e propaganda. 1920 - 1945 30/6-6/1/2006

Reggio Emilia Palazzo Magnani e Palazzo dei Principi (Correggio) Il volto della follia, un secolo di immagini del dolore 29/10-8/1/2006

Roma Complesso del Vittoriano L’eccellenza del restauro italiano nel mondo mostra 4/11-18/12 Manet 8/10-5/2/2006 Palazzo Braschi Caffi, luci del Mediterraneo 15/2/2006-2/5/2006 Villa Poniatowsky Divina Mimesis: Paolini, Trockel, Twombly, vs Calvino, Morante, Pasolini 29/10-29/1/2006 Colosseo Il rito segreto. Misteri in Magna Grecia e a Roma 22/7-8/1/2006 Galleria Nazionale d’Arte Moderna Degas. La famiglia Bellelli 2/10-22/1/2006 MACRO Wolfgang Laib 14/10-9/1/2006 MAXXI Moschekwa Langa 8/10-8/1/2006

Parma

Galleria Caetani, Palazzo Ruspoli – Fondazione Memmo Mario Schifano-Televisione cattiva maestra 10/11-11/12

Pilotta, Salone delle Scuderie Il medioevo delle cattedrali 9/4/2006-16/7/2006

Museo del Corso Umberto Mastroianni 15/11-26/2/2006

Perugia

Accademia di Francia François-Marie Banier: Perdre la tête 25/10-9/1/2006

Galleria Nazionale dell’Umbria Arnolfo di Cambio nell’Umbria Medievale 7/7-8/1/2006 Palazzo Bardeschi al Corso Gian Domenico Cerrini, il Cavalier Perugino tra classicismo e barocco 17/9-8/1/2006

Rovereto (Trento) MART La danza delle avanguardie 17/12-8/5/2006

+ europaconcorsi

d'illustrazione per l'infanzia. Le Mille e una Storia 22/10-18/12

Saronno (Varese) Il Chiostro Arte Contemporanea Marco Di Giovanni - “Di là” 26/11-22/1/2006

Siena Santa Maria della Scala-Palazzo Squarcialupi Siena e Roma: Raffaello, Caravaggio e i protagonisti di un legame antico 25/11-5/3/2006 Palazzo delle Papesse Guardami- Percezione del video 15/10-8/1/2006

Torino Palazzo Bricherasio Magritte, Ensor, Delvaux e l’arte del Novecento in Belgio 23/9-17/1/2006 Varie Sedi T-Torino Triennale Tremusei 11/11-19/3/2006 Palazzina della Promotrice delle Belle Arti Robert Mapplethorpe 8/10-2/1/2006 Palazzo Cavour Il bianco e altro e comunque arte 21/10-22/1/2006 Ermanno Tedeschi Gallery Primary 27/10-2/2/2006 Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea Vittore Grubicy e l'Europa. Alle radici del Divisionismo 22/7-15/1/2006 Galleria Mazzoleni Giulio Turcato 7/10-31/12

Torino Archivio di Stato e Biblioteca Reale Il “Grande Disegno Italiano” da Leonardo a Omar Galliani 6/12-15/1/2006

Trento Palazzo delle Albere Vittore Grubicy. Un mercante pittore verso l’Europa tra Ottocento e Novecento 29/10-15/1/2006 Galleria Civica di Arte Contemporanea Santiago Serra, una persona 8/10-15/1/2006

Venezia Museo Correr Da Bellini a Tiepolo: la grande pittura veneta dalla Fondazione Sorlini 15/10-26/2/2006 Palazzo Mocenigo Le vesti del potere Fino al/through 31/12 Collezione Peggy Guggenheim Il diaframma di Lanfranco Colombo 11/11-8/1/2006 Venezia: la scena dell’arte 1945-1970 5/2/2006-21/5/2006 Ca’ Pesaro e vari Campi Igor Mitoraj-Sculture 1983-2005 24/9-18/12 Gallerie dell’Accademia La natura morta 6/9-8/1/2006 Museo Diocesano Il Ciclo di Santa Caterina e la quadreria del Palazzo Patriarcale 6/10-30/7/2006

Verona Palazzo Forti Alik Cavaliere-Racconto Mito Magia 14/10-29/1/2006 Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri Michael Kenna: Retrospective Two 29/10-8/1/2006 Heart Gallery Dilloaipatella.it: sentimento pensiero e pulsione nell’opera fotografica 8/10-31/12

Olanda / Holland Rotterdam Kunsthal Charlie Chaplin in Pictures 1/10-15/1/2006 Dutch Romanticism 8/10-8/1/2006

Portogallo / Portugal Lisbona Fundaçao Calouste Gubelnkan Antonio Carneiro: Paisagens Fino al/through 8/1/2006 John Beard: Gravuras Fino al/through 8/1/2006

Spagna / Spain Barcelona MACBA Romert Whitman: Playback 15/9-8/1/2006 Ignasi Aballì 20/10-8/1/2006 Günter Brus: Nervous Stillness on the Horizon 12/10-15/1/2006

Associazione Artistico Culturale Il Ponte Quinto Ghermandi 10/12-28/2/2006

Palazzo Roverella Le meraviglie della pittura tra Venezia e Ferrara. Da Bellini a Dosso a Tiepolo 22/1/2006-4/6/2006

Studio d’Arte Raffaelli Veritas: Donald Baechler · Willie Bester · Ross Bleckner · James Brown · Sandro Chia · Jan Knap · Gian Marco Montesano · David Salle · Salvo · Philip Taaffe · Jenny Watson 14/10-10/12

Pistoia

Sarmede (Treviso)

Treviso

Guggenheim Museum ArchiSculpture 11/10-2/2/2006

Palazzo Tau Marino Marini e il nudo 4/6-31/12

Sala Mostre del Municipio Le immagini della fantasia. XXIII Mostra internazionale

Casa dei Carraresi La via della seta e la civiltà cinese 22/10-30/4/2006

Bilboko Arte Eder Museoa British Pop 17/10-12/2/2006

Pieve di Cento (Bologna)

Rovigo

Bilbao

Carmelo Ortiz de Elgea 3/10-8/1/2006

Madrid Museo Reina Sofia El Arte Sucede Origen de las prácticas conceptuales en España (1965-1980) 11/10-9/1/2006 Pablo Palazuelo (1995-2005) 25/10-9/1/2006 Las tres dimensiones de El Quijote El Quijote y el arte contemporáneo español 9/11-13/2/2006 Dora García 1/12-2/1/2006 Palacios del Retiro Tobias Rehberger. I Cor. 15, 31 “I die every day” 8/10-20/2/2006

Svezia / Sweden Stockholm Moderna Museet Diane Arbus, Lisette Model, Christer Stromholm 1/10-15/1/2006

Svizzera / Switzerland Basel Kunstmuseum Basel / Museum für Gegenwartskunst Paul Klee Fino al/through 31/12 De Kooning-Paintings 1960-1980 17/9-22/1/2006 Flashback: Revisiting the Art of the Eighties 30/10-12/2/2006

Berna Zentrum Paul Klee Nulla dies sine linea 20/6-5/3/2006 Kunstmuseum Bern Franz Gertsch - die Retrospektive 13/11-12/3/2006

Lugano Museo d’Arte Moderna Christo e Jeanne-Claude: 1958 -2003 5/3/2006-18/6/2006

Martigny Fondation Pierre Gianadda Camille Claudel e Rodin 3/3/2006-11/6/2006 Capolavori della pittura europea dal Metropolitan Museum of Art di New York 23/6/2006-12/11/2006

USA Atlanta High Museum Andrew Wyeth : Memory and Magic 12/11-26/2/2006

Beacon (NY) DIA : Beacon/Riggio Galleries Dia’s Andy : Through the Lens of Patronage In and Out of Place : Louise Lawler and Andy Warhol 15/5-10/4/2006

209 l’ARCA 109


A G E N DA Berkley University Art Museum Figurations Fino al/through 22/1/2006

Chicago The Chicago Art Institute Focus: Michael Asher 29/9-1/1/2006 On the Scene: Jessica Rowe, Jason Salavon, Brian Ulrich 12/11-28/1/2006 Elizabeth Catlett 13/11-4/2/2006 From Darkroom to Digital: Photographic Variations 19/11-26/2/2006 For Hearth and Altar: African Ceramics from the Keith Achepohl Collection 3/12-20/2/2006

Denver Art Museum Indian Contemporary Art Fino al/through 31/12

Duke (North Carolina) The Nasher Museum The Evolution of Nasher Collection 2/10-21/5/2006

Los Angeles REDCAT-Roy and Edna Disney/CalArts Theater Damian Ortega 6/11-16/1/2006

New York Noguchi Museum at Long Island The Imagery of Chess Revisited 20/10/5/3/2006 Whitney Museum of American Art Oscar Bluemner: A Passion for Colour 7/10-12/2/2006 The Art of Richard Tuttle 10/11-5/2/2006 The Metropolitan Museum of Art The Perfect Medium: Photography and the Occult 27/9-31/12 Vincent van Gogh: The Drawings 1818/10-31/12 Santiago Calatrava: Sculpture into Architecture 18/10-22/1/2006 Clouet to Seurat: French Drawings from The British Museum 8/11-29/1/2006 David Milne Watercolors: “Painting Toward the Light” 8/11-29/1/2006 Robert Rauschenberg: Combines 20/12-2/4/2006 Samuel Palmer (1805–1881): Vision and Landscape 7/3/2006-28/5/2006 MoMA Elizabeth Murray 23/10-9/1/2006 Beyond the Visible: The Art of Odilon Redon 30/10-23/1/2006 Pixar 14/12-6/2/2006 Edvard Munch: The Modern Life of the Soul 19/2/2006-8/5/2006

110 l’ARCA 209

+ europaconcorsi

Fifteen Ways of Looking 2/2/2006-22/5/2006 Dada: Zurich, Berlin, Hannover, Cologne, New York, Paris 18/6/2006-11/9/2006

North Adams (MA) MASS MoCA Life After Death 20/3-6/2/2006 Becoming Animal 30/5-28/2/2006

Fiere e saloni specializzati Trade fairs and exhibitions

Brasile / Brazil

Philadelphia

Joinville SC

Museum of Art Andrew Wyeth : Memory and Magic 25/3/2006-16/7/2006

Expoville Intercon 2006 Salone e congresso internazionale di attrezzature, materiali e tecnologie per la costruzione/International trade fair of equipment, materials and technologies for the building industry 12/9/2006-16/9/2006

ICA Rodney Graham: A Little Thought Ramp Project: Fortuyn/O’Brien 10/9-23/12 Brian Tolle The Anxious Object Ramp Project: Ingrid Calame 21/1/2006-26/3/2006 Input-Output: Art After Cologne Candida Höfer: Architecture of Absence Soft Sites Ramp Project: Zoe Strauss 22/4/2006-30/7/2006

Salem Peabody Essex Museum Carved by Nature: Untamed Traditions in Chinese Decorative Art 19/6-13/8/2006 Air Lines: Photographs by Alex MacLean 14/5-22/1/2006

San Diego Musuem of Art Only Skin Deep: Changing Visions of the American Self 1/10-31/12 Domains of Wonder: Selected Masterworks of Indian Painting 22/10-22/1/2006

Washington DC National Gallery Monumental Sculpture in Florence: Ghiberti, Nanni di Banco and Verrocchio at Orsanmichele 18/9-31/12

West Palm Beach Norton Museum of Art Deborah Butterfield: Horses 17/9-11/12 Candida Höfer: Architecture of Absence 1/10-1/1/2006 French Impressionism and Boston 19/11-5/3/2006 Matisse in Transition: Portraits of Lorette 1916 to 1917 28/1/2006-16/4/2006

Yale Yale University Historical Fictions: Edward Lamson Henry’s Paintings of Past and Present 24/6-20/12

Per informazioni: Messe Brasil Rua Araranguá, 77 - Térreo Joinville -SC Brasil CEP: 89204-310 Tel./Fax + 55 47 4513000/4513001 Internet: www.messebrasil.com.br/intercon/ E-mail: feiras@messebrasil.com.br

Cina / China Beijing China International Exhibition Centre ISH China Salone internazionale dei sanitari, riscaldamento e condizionamento aria/International trade fair of sanitation, heating and airconditioning 14/3/2006-17/3/2006 Per informazioni: Messe Frankfurt 1608 China Resources Building 26 Harbour Road Wanchai, Hong Kong Fax +852 25988771

Per informazioni: Reed Exposition France 70 Rue Rivay 92532 Levallois-Perret Cedex Tel. +33 1 47565088 Fax +33 1 47562450 Internet: www.reedexpo.fr

Equip Baie Mostra internazionale della finestra, chiusure e protezioni solari/International trade fair of windows, frameworks and solar protection Metal Expo Salone internazionale della carpenteria metallica/International trade fair of metal works 14/11/2006-17/11/2006 Per informazioni: Invernizzi International Sales Viale Bacchiglione 28 20139 Milano – Italy Tel. +39 02 57403340 Fax +39 02 57402055 Internet: www.nucciainvernizzi.it E-mail: info@nucciainevrnizzi.it

Paris Nord Villepinte Expobois Salone internazionale dell’industria del legno/International trade fair of the wood industry 8/3/2006-11/3/2006 Per informazioni: CLC Communications 6 Rue de Rome 75008 Paris Tel. +33 1 42930404 Fax +33 1 42930403 E-mail: m.chrisostome@cclcom.com

Hortiflor Salone europeo del giardinaggio/European gardening trade show 13/3/2006-15/3/2006 Per informazioni: Hortiflor Patricia Guillamot Tel. +33 1 41 984029 Fax +33 1 41984070 Internet: www.hortiflor-expo.com E-mail: info-salons@etai.fr

Germania / Germany Francia / France Bordeaux Parc des Expositions Aquibat Salone dell’edilizia/Trade fair of building industry 22/2/2006-24/2/2006 Per informazioni: Aquibat Internet: www.aquibat.fr

Paris Porte de Versailles Piscine & Spa Salone internazionale delle piscine e dei resort termali/International trade show of swimming pools and spa 3/12-11/12 Per informazioni: Reed Expositions France 11, Rue du Colonel-Pierre-Avia BP 571 75726 cedex 15 Tel. +33 1 41904710 Fax +33 1 41904719 Internet: www.reedexpo.fr, www.salonpiscineparis.com E-mail: piscine@reedexpo.fr

Interclima+Elec Home & Building Idéo Bain Saloni internazionali del condizionamento d’aria, climatizzazione arredo e componenti bagno/International trade fairs for air contitioning and climatisation, electrotechnique and bathroom furniture and components 17/1/2006-22/1/2006

Düsseldorf Messe EuroCIS Salone internazionale delle comunicazioni, informatica e tecnologie per la sicurezza nel commercio/International trade fair of communications, information and security technology in retail 14/2/2006-16/2/2006 Per informazioni: Messe Düsseldorf Postfach 101006 40001 Düsseldorf Tel. +49 211 456001 Fax +49 211 4560668 Internet: www.messe-duesseldorf.de E-mail: info@messe-duesseldorf.de

Glasstec Salone internazionale delle tecnologie per il vetro/International trade fair of glass technology 24/10/2006-28/10/2006 Per informazioni: Messe Düsseldorf Postfach 101006 40001 Düsseldorf Tel. +49 211 456001 Fax +49 211 4560668 Internet: www.glasstec.de

Frankfurt Messe Light+Building Salone internazionale dell’architettura e della tecnologia per l’illuminazione/International trade fair of architecture and lighting

A G E N DA 23/4/2006-27/4/2006 Per informazioni: Messe Frankfurt Iris Jeglitza-Moshage Ludwig-Erhard-Anlage 1 D-60327 Frankfurt am Main Tel. +49 69 75756477 Fax +49 69 75756758 Internet: www.messefrankfurt.com E-mail: iris.jeglitzamoshage@messefrankfurt.com

Koln Messe imm cologne Salone internazionale dell’arredamento/International trade fair of furniture 16/1/2006-22/1/2006 Per informazioni: Koln Messe Koelnmesse Service GmbH Messeplatz 1 50679 Köln, Germany Tel. +49 221 821-3998 Fax +49 221 821-3999 Internet: www.koelnmesse.de, www.imm-cologne.de E-mail: kms@koelnmesse.de

Domotechnica Salone internazionale della tecnologia per la casa/International trade fair of home technologies 13/2/2006/16/2/2006 Per informazioni: Koln Messe Koelnmesse Service GmbH Messeplatz 1 50679 Köln, Germany Tel. +49 221 821-3998 Fax +49 221 821-3999 Internet: www.koelnmesse.de, www.domotechnica.de E-mail: kms@koelnmesse.de

Dach+Wand Salone internazionale delle porte e finestre/International trade fair of windows and doors 15/2/2006-18/2/2006 Per informazioni: Koln Messe Koelnmesse Service GmbH Messeplatz 1 50679 Köln, Germany Tel. +49 221 821-3998 Fax +49 221 821-3999 Internet: www.koelnmesse.de, www.dach-wand-koeln.de E-mail: kms@koelnmesse.de

Gran Bretagna / Great Britain Birmingham NEC Interbuild 2006 Salone internazionale dell’edilizia International trade fair of the building industry 23/4/2006-27/4/2006 Per informazioni: Interbuild Internet: www.interbuild.com

London Business Design Center Arc06 Salone internazionale dell’illuminotecnica International lighting trade fair 13/2/2006-14/2/2006 Per informazioni: Arc06 Internet: www.arc06.com

The Surface Design Show Salone internazionale delle superfici 1/3/2006-2/3/2006 Per informazioni: Business Design Centre Internet: www.businessdesigncentre.com

+ europaconcorsi

Italia / Italy Bologna Fiera Arte Fiera Fiera internazionale d'arte contemporanea/International trade fair of contemporary art 27/1/2006-30/1/2006 Per informazioni: BolognaFiere Spa Tel. +39 051 282111 Internet: www.artefiera.bolognafiere.it E-mail: artefiera@bolognafiere.it

Europolis Saloni delle tecnologie per vivere la città/International trade fair of technology for city living 1/2/2006-4/2/2006 Per informazioni: Federlegno-Arredo e Federlegno-Arredo Srl O.N. Organizzazione Nike Srl Tel. +39 051 6646624 Internet: www.europolis.it E-mail: segreteria@on-nike.it

Saiedue Salone internazionale dell’architettura, delle finiture d’interni, del recupero e delle tecnologie per l’edilizia/International trade fair of architecture, interior finishings, renovation and technologies for the building industry 14/3/2006-18/3/2006 Per informazioni: Federlegno-Arredo e FederLegno-Arredo Srl - Edilegno - UNCSAAL - BolognaFiere Spa - O.N Organizzazione Nike Srl Tel. +39 02 29017144 Internet: www.saiedue.it E-mail: saiedue@on-nike.it

Genova Fiera Restructura Salone internazionale della costruzione e della ristrutturazione edilizia/International trade fair of building and restructuring 25/5/2006-28/5/2006 Per informazioni: Promotor International Via Nizza 294 10126 Torino Tel. +39 011 6644111 Fax +39 011 6646642 Internet: www.restructura.com E-mail: info@restructura.com

Milano Nuova Fieramilano Expocomfort Expobagno Salone internazionale biennale del comfort e living technology per i settori dell’impiantistica civile e industriale: riscaldamento, condizionamento aria, refrigerazione, tecnica sanitaria, trattamento acqua, energie rinnovabili, servizi/International biennial trade fair for Comfort and Living Technolgy in industrial and civil HVAC, bathroom furniture and appliances, renewable energies, services 28/2/2006-4/3/2006 Per informazioni: MCE/Expobagno Internet: www.mcexpocomfort.it Lift

Salone internazionale di ascensori, componenti, accessori e servizi/International trade fair of lifts, components, accessories and services 15/3/2006-18/3/2006 Per informazioni: Fiera Milano International Via Varesina 76 20156 Milano Tel. +39 02 485501 Fax +39 02 48550420 Internet: www.fmi.it/lift E-mail: lift@fmi.it

Sicurezza Rassegna internazionale biennale di sistemi e impiantistica per la sicurezza/International biennial trade fair for systems and plants for safety and security 15/3/2006-18/3/2006 Per informazioni: Fiera Milano Tech Via Gattamelata 34 20149 Milano Tel. +39 02 3264282 Fax +39 02 3264284 Internet: www.fieramilanotech.it E-mail: segreteria@fieramilanotech.it

Salone del Mobile Eimu Eurocucina Salone del Complemento d’Arredo 5/4/2006-10/4/2006 Per informazioni: Cosmit Foro Buonaparte 65 20121 Milano Tel. +39 02 725941 Fax +39 02 89011563 Internet: www.cosmit.it E-mail: info@cosmit.it

Fieramilanocity MIART Salone internazionale dell’arte moderna e contemporanea International trade fair of modern and contemporary arts 30/3/2006-2/4/2006 Per informazioni: Fiera Milano International Via Varesina 76 20156 Milano Tel. +39 02 485501 Fax +39 02 48550420 Internet: www.fmi.it/lift E-mail: lift@fmi.it

Internet: www.buildingshow.com E-mail: Maria Barnish mbarnish@ite-exhibitions.com

Spagna / Spain Madrid Feira Veteco Salone internazionale delle finestre, vetro strutturale, facciate continue/International trade show of windows, structural glass and curtain walls 10/5/2006-13/5/2006 Per informazioni: Feria de Madrid Internet: www.vetefo.ifema.es

Ucraina / Ucraine Kiev Exhibition Centre KievBuild Salone internazionale della costruzione/International trade fair of building industry 15/2/2006-18/2/2006 Per informazioni: ITE 105 Salusbury Road London NW6 6RG United Kingdom Tel. +44 20 75965169 Fax +44 20 75965111 Internet: www.buildingshow.com E-mail: construction@ite-exhibitions.com

Montichiari (Brescia) Centro Fiera del Garda Metef Salone internazionale dell’alluminio e dei metalli per l’edilizia/International trade fair of aluminium and metals fort he building industry 17/5/2006-20/5/2006 Per informazioni: Metef Interne: www.metef.com

Venezia Terminal Passeggeri BBCC Salone dei beni culturali e delle attività culturali/Cultural heritage and activities show 2/12-4/12 Per informazioni: Internet: www.veneziafiere.it

Russia

USA Boston Seaport World Trade Center Residential Design 2006 Salone internazionale dell’architettura residenziale 5/4/2006-6/4/2006 Per informazioni: Internet: www.buildboston.com

Las Vegas LV Convention Centre World of Concrete Salone internazionale del cemento 16/1/2006-20/1/2006 Per informazioni: Internet: www.worldofconcrete.com

Technology for Construction 2006 Salone internazionale delle tecnologie per la costruzione 17/1/2006-20/1/2006

Moscow

Per informazioni: Internet: www.hanleywood.com

Expocentre & Crocus Expo Exhibition Centre Climate World Salone internazionale del condizionamento d’aria e della climatizzazione/International trade fair of HVAC 14/3/2006-17/3/2006

Sands Expo & Convention Centre Surfaces 2006 Salone internazionale delle superfici 31/1/2006-3/2/2006

Per informazioni: Climate World Internet: www.climateworld.info E-mail: climateworld@msi-fairs.com

MosBuild Salone internazionale dell’edilizia/International trade fair of building industry 4/4/2006-7/4/2006 Per informazioni: MosBuild 105 Salusbury Road London NW6 6RG United Kingdom Tel. +44 20 75965169 Fax +44 20 75965111

Per informazioni: Internet: www.surfaces.com

New York Jacob K.Javits Convention center ICFF & IINY Saloni internazionali dell’arredamento e degli interni/International trade fairs of furniture and interiors 20//5/2006-23/5/2006 Per informazioni: GLM Ten Bank Street White Plains NY 10606-1954 Tel. +1 914 421 3342 Fax +1 914 9486088 Internet: www.glmshows.com

209 l’ARCA 111


in the World

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ARGENTINA

FINLAND

Libreria Concentra ESQ.Arquitecto Montevideo 938 1019 Buenos aires Tel. 011 48142479 libreria@concentra.com.ar

Akateeminen KirjakauppaThe Academic Bookstore P.O.Box 23 SF-00381 Helsinki Tel. 01.1214330

ALBANIA

FRANCE

Adrion LTD Sh. 1, Ap. 8 Sami Frasheri Str. P. 20/1 Tirana Tel. 0035.5.4240018 Fax 0035.5.4235242

AUSTRALIA Europress Distributors PTY LTD Unit 3, 123 McEvoy Street Alexandria, NSW 2015 Tel. 02 96984922/4576 Fax 02 96987675

AUSTRIA

Bookshop Prachner Sporgasse 24 A-8010 Graz

BELGIUM

(l’Arca International) Agence et Messageries de la Presse Rue de la Petite Ile, 1 B-1070 Bruxelles Tel. 02.5251411 Alpha Libraire Universitaire Rue de Termonde, 140/142 B-1083 Bruxelles Tel. 02 4683009 Fax 02 4683712 Office International des Périodiques Kouterveld, 14 B-1831 Diegem Tel. 02.7231282 S.P.R.L. - Studio Spazi Abitati Avenue de la Constitution, 55 Grondwetlaan B-1083 Bruxelles Tel. 02 4255004 Fax 02 4253022

BRAZIL

Livraria Leonardo da Vinci Rua Heliopolis 75 Vila Hamburguesa CEP 5318 - 010 Sao Paulo Tel. 011 36410991 Fax 011 36412410

CHILE

Libro’s Soc. Ltda. Av. 11 de Septiembre 2250 Piso 11 OF. 1103 Providencia, Santiago Tel. 02 3342350 Fax 02 3338210

CYPRUS

Hellenic Distribution Agency Cyprus Lemesos Avenue, 204 Latsia P.O. Box 24508 Tel. 2.878500 Fax 2.489131

(l’Arca International) Paris Art Curial 9, avenue Matignon, 75008 Tél. 01 42991617 Fax 01 433592981 Galignani 224 rue de Rivoli, 75041 Cedex 01 Tél. 01 42607607 Fax 01 42860931 La Hune Librairie 170, boulevard Saint-Germain, 75006 Tél. 01 45483585 Fax 01 454444987 L’arbre à lettres 56, Faubourg Saint-Antoine, 75012 Tél. 01 53338323, Fax 01 43420434 Librairie Flammarion Centre Georges Pompidou 26, rue Jacob, 75006 Tél. 01 44781233 Fax 01 42785059 Librairie Le Moniteur 15-17, rue d’Uzès, 75002 Tél. 01 40133380 Fax 01 40136063 Librairie Le Moniteur 7, Place de l’Odéon, 75006 Tél. 01 43254858 Fax 01 40518598

Strasbourg Librairie International Kleber 1, rue des Francs Bourgeois Tél. 03 88157884 Fax 03 88157880 Toulouse Ombres Blanches 50, rue Gambetta Tél. 05 61214494 Fax 05 61230308 Privat 14, rue des Arts Tél. 05 61126420 Fax 05 61215603

GERMANY Buchhandlung L.Werner Turkenstrasse, 30 80333 Munchen Tel. 089 226979 Fax 089 2289167 F. Delbanco (subscriptions) Bessemerstrasse, 3 Postfach 1447 21304 Luneburg Tel. 041 312428-0 Fax 041 31242812 post@delbanco.de

GREAT BRITAIN Central Books 99 Walls Road London E9 5LN Tel. 0044.20.8525.8825 Fax 0044.20.8533.5821 John Wiley & Sons Ltd. Ealing Broadway Centre 4th Fl. International Hse W5 5DB London Tel. 020 83263800 Fax 020 83263801

ISRAEL Steimatzky Group Ltd. Steimatzky House 11 Hakishon Street Bnei-Brak 51114 Tel. 03 5794579 Fax 03 5794567

JAPAN AD. Shoseki Boeki Co. Ltd P.O.Box NO 1114 Osaka 530-91 Maruzen Company Ltd Journal Division 3-10 Nihonbashi 2 Chome Chuo-ku 103-8245 Tokyo Tel. 3 32758591 Fax 3 32750657 journal@maruzen.co.jp Yohan 14-9 Okubo 3-chome, Shinyu-ku, Tokyo 169 Tel. 03 32080181 Fax 03 32090288/32085308

KOREA REPUBLIC MGH Co. Suite 901, Pierson Bd. 89-27 Shin Moon Ro 2Ka.Chong Ro. Seoul 110-062 Tel. 02.7328105 Fax 02.7354028

MALTA Melit Ltd. Censu Bugeja Street P.O.Box 488 La Valletta CMR 01 Tel. 437314

Maison du Livre Italien 54, Rue de Bourgogne F-75007 Paris Tél. 1.47050399 Fax 1.45515313

Rowecom UK Ltd (subscriptions) Cannon House Folkestone, Kent, CT 19 5EE Tel. 0303.850101 Fax 0303.850440

Miller Distributors Miller House Tarxien Road, Airport Way Luqa Tel. 664488 Fax 676799

Bordeaux

GREECE

Libreria Morgana Alberto Zamora 6-B Col. Villa de Coyoacan 04000 Mexico DF Tel./Fax 05 6592050

La Machine à lire 8, rue Parlement Saint-Pierre Tél. 05 56480387 Fax 05 56481683 Librairie réunion des musées nationaux C.A.P.C. Musée d’Art Contemporain 7, rue Ferrère Tél./fax 05 57859147 Lille Le Furet du Nord 11, place Général de Gaulle Tél. 03 20784343 Fax 03 20782342 Lyon Michel Descours 31, rue Auguste Comte Tél. 04 78426567 Fax 04 78372237 Librairie Le Moniteur 125, rue Vendôme, 69006 Tél. 04 72757717 Fax 04 78520216

Goulas Theodoros Publishing House 65, Epmou Str. 54625 Thessaloniki Tel./Fax 0310 264241 Hellenic Distribution Agency 1, Digeni Street GR-17456 Alimos Tel. 01.9955383 Fax 01.9948777

HOLLAND Bruil & Van De Staaij Postbus 75 7940 AB Meppel Tel. 0522.261303 Fax 0522.257827 info@bruil.info www.bruil.info/larca Swets Blackwell BV (subscriptions) P.O.Box 830 2160 SZ Lisse Tel. 02521.35111

MEXICO

POLAND Pol-Perfect SP Z.O.O. Ul. Wladyslawa Lakietka 7 PL 03-590 Warszawa Tel. 22 6772844 Fax 22 6772764 Gambit Ai Pokoju 29/B/22-24 31-564 Krakow Tel. 012 42155911 Fax 012 4227321 informacja@gambit.krakow.pl

PORTUGAL Epul Edições e Publicações Lda Rua José Falcão, 57, 4° Esq. 1000-184 Lisboa Tel. ++351 1 316 1192 Fax ++351 1 316 1194

PRINCIPALITY OF MONACO

(l’Arca International) Presse Diffusion P.O.Box 479 MC 98012 Monaco Cedex Tel. 92057727 Fax 92052492

SINGAPORE Leng Peng Fashion Book Centre 10 Ubi Crescent, #05-26 Singapore 408564 Tel. 7461551 Fax 7424686

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