Cesare Maria Casati
Sosteniamo il sostenibile
I
n questi ultimi anni alcune definizioni attribuite al progetto di architettura (sostenibile, ecocompatibile, bioclimatico e così via), oltre a essere abusate sono diventate oggetti di marketing di prodotti e collettori di consensi politici facili e superficiali. Credo che la situazione che ci coinvolge, indirettamente o direttamente, tutti meriti qualche riflessione e auspico anche che si possa finalmente aprire un dibattito serio tra gli architetti impegnati quotidianamente nella costruzione e nella modificazione del territorio. E’ evidente che il senso principale del termine “sostenibile” sia quello ambientale e indichi il rapporto tra il sito e la costruzione progettata e realizzata dall’uomo. Sappiamo che quando l’uomo uscì dalle caverne cominciò a modificare l’ambiente che lo accoglieva, non per distruggerlo, ma per soggiogarlo alle sue necessità di sviluppo; e dal momento che le sue invenzioni tecnologiche glielo permisero, cercò di proteggersi e di facilitare il suo conforto, confrontandosi con la natura e creando forme e colori artificiali di altrettanta bellezza. E’ altresì evidente che l’intelligenza umana non è portata al gusto sadico di distruggere o trasformare ciò che non è utile all’uomo per migliorare la propria vita singola o di gruppo, e non credo che l’architettura progettata debba mistificarsi con l’ambiente. L’architetto ha il dovere di confrontarsi con la natura, anche con la superbia divina nell’interpretare la bellezza dei suoi artefatti. La famosa casa Kaufman sulla cascata, di Frank Lloyd Wright, ne è un chiaro esempio. Altro elemento importante, non facoltativo, e che è sempre appartenuto alla “buona” architettura e che non dovrebbe essere ridotto a “sostenibile”, è la difesa dell’edificio dalle situazioni climatiche e dell’uso razionale dell’energia. Temi sempre presenti nei buoni progetti anche del passato, dove la qualità delle risposte è dipesa solo dalle conoscenze scientifiche a disposizione, dalla scelta dei materiali e delle tecnologie. Attualmente la maggior parte degli edifici non risponde seriamente a questa “sostenibilità” non par mancanza di conoscenze dei progettisti o degli impiantisti ma quasi sempre per parametri economici imposti alla costruzione inadeguati totalmente per ottenere risultati validi. Credo che oggi un edificio medio debba costare almeno un 30% in più delle risorse a disposizione per rispondere alle necessità di isolamento e di risparmio energetico necessarie; attualmente vi è persino la possibilità di autoprodurre tutta l’energia necessaria al mantenimento climatico e di illuminazione di un edificio. Credo che l’unica sostenibilità oggi sempre più necessaria per l’architettura sia il rispetto dei parametri scientifici e dell’etica professionale, che deve sempre portare a edificare e non distruggere il “bello”, ma anche comprendere che, oltre all’ambiente che dobbiamo rispettare e contemplare, vi è l’ambiente urbano che l’uomo ha modellato e pensato per suo uso, conforto e utilità, e che per essere veramente “sostenibile” non necessiti solo di architettura costruita in parole. Penso che la società urbanizzata attuale, che vive la contemporaneità dei fatti e delle scoperte immersa nei nuovi costumi sempre in cambiamento, sia alcuni lustri di spazio-tempo davanti alla società politica e culturale che l’amministra. Questa condizione ci costringe, sia per dialogare che per ottenere consenso, a progredire metaforicamente sempre con la testa voltata all’indietro, impossibilitati così a riconoscere subito le priorità che il prossimo futuro ci richiede.
Sustaining what is sustainable
O
ver recent years, certain definitions that have been used to describe architectural design, such as sustainable, eco-compatible and bioclimatic, are not just over-used and inflated, they have also turned into marketing slogans for products and ways of gaining easy and superficial political approval. I think this situation in which we are all either directly or indirectly involved deserves some attention, and I hope that there will finally be some serious debate between the architects busy constructing and altering the territory on a daily basis. Obviously the main meaning of “sustainable” is environmental and concerns relations with the site accommodating a building designed and constructed by people. As we know, when man left the caves and set about altering the environment in which he lived, not to destroy it but to bend it to his emerging needs (now that his technological inventions allowed it), he tried to protect himself and make himself more comfortable, interacting with nature to create equally beautiful artificial forms and colours. It is equally obvious that human intelligence is not drawn towards the sadistic practice of destroying or transforming what is of no use to people, in order to improve individual or group life, and I do not think that designed architecture needs to be mystified with the environment. Architects have the duty to confront nature, even daring to take on the divine mantel of interpreting beauty in their own artefacts. Frank Lloyd Wright’s famous Kaufman House built on a waterfall is a clear example of this. Another important compulsory aspect, which has always been part of “good” architecture and which should not be reduced to the “sustainable”, is protecting buildings from climatic factors and making rational use of energy. Themes which were always part of good projects even in the past, when the quality of projects depended solely on available scientific knowledge, choice of materials and technology. At the present time most buildings are not really “sustainable”, not due to the architects’ or engineers’ lack of expertise, but almost always due to economic parameters imposed on building, completely unsuitable for achieving the right results. Nowadays I think an average building ought to cost at least 30% more than the available resources to meet the necessary insulation and energysaving requirements; buildings can now even self-generate all the energy it needs for air-conditioning and lighting purposes. I feel that the only kind of sustainability really required by architecture today is making sure it meets scientific-professional parameters aimed at producing new building work and not destroying “beauty”. It must also bear in mind that, in addition to the environment we need to respect and take into account, there is also the urban environment that man has shaped and designed for his own use, comfort and utility and which, to be really “sustainable”, needs more than just architecture constructed out of “words”. I think that modern-day urbanised society, characterised by the increasing influence of all the latest developments and discoveries, is a decade or so ahead of its governing political-cultural bodies. This condition forces us (both in order to dialogue and obtain approval) to make meteoric progress but always with an eye to the past and hence incapable of immediately recognising the priorities the near future will expect of us. 224 l’ARCA 1
Nuovo urbanesimo nell’era digitale The Infopoverty Programme Pierpaolo Saporito Hight level ICT advisor UNITED NATIONS Global Alliance Presidente di OCCAM
L’
ultima mostra alla Biennale di Architettura di Venezia mostrava una carrellata di città, metropoli, megalopoli. Ma al di là della stupefazione dei numeri non diceva nulla delle ragioni di questi fenomeni urbani. Se infatti la città storica è figlia dell’accentramento delle conoscenze e del governo delle risorse e della specializzazione dei mestieri, la metropoli è figlia della rivoluzione industriale, che concentrando la forza lavoro, ne fa sede anche del lavoro. E la megalopoli è figlia della miseria di masse diseredate che fuggono la fame da campagne isterilite. Mentre in Occidente la fase post industriale sopporta ancora, grazie al buon livello di redditività dei valori fondiari, le forme della metropoli, quaternaria, pur registrando forti smagliature per l’alto tasso di inquinamento atmosferico, di ingestibilità della mobilità privata, di tensioni sociali per le dinamiche migratorie, nei Paesi in via di sviluppo, le megalopoli, diventano vere e proprie bombe sociali e rischiano di collassare sul piano sociale, economico, culturale, e sono fattore disgregativo dell’intera civiltà del Paese su cui insiste. La globalizzazione accentua questo processo affacciando sempre nuove masse alle soglie della nostra civiltà che tende al benessere, ma innestando processi fortemente squilibranti sia in termini di condizioni ambientali – la città e le sue esi-
genze sono la primaria fonte di inquinamento – che di popolazione – oltre il 70% dell’umanità vige in condizione di povertà e il 40% di povertà estrema. Ecco perché oggi il problema numero uno è la lotta alla povertà. Poiché è la povertà la causa di cruente rivoluzioni sociali, di invasioni, di guerre, di violenza: non un tema filantropico ma che coinvolge tutti. Il problema non è nuovo e ha già trovato brillanti soluzioni: l’Europa fino all’Ottocento aveva pari numero di indigenti e condizioni sociosanitarie disastrose equivalenti a quelle oggi esistenti nei Paesi del terzo mondo. Oggi, grazie agli effetti della Rivoluzione il benessere è generalizzato. Oggi possiamo legittimamente pensare che la incombente rivoluzione digitale, se ben direzionata, potrà avere effetti di sviluppo almeno pari e in minor tempo. Ma per far ciò occorre tener presente i limiti e le opportunità che ci stanno di fronte. Una travolgente innovazione tocca ormai crescenti assetti consolidati di commercio, finanza, configurazioni e rapporti sociali, educazione, cultura, scienza, comunicazione, sino a insinuarsi in ogni piega dei comportamenti individuali, pervadendo le aspettative e gli scenari dell’intorno quotidiano di ciascuno. L’individuo è un essere sempre più comunicante e attivo, ricco di conoscen2 l’ARCA 224
ze, che interagisce in comunità sempre più allargate, identificando i propri valori e saperi. La globalizzazione dei valori è complanare a quella delle merci e delle aspettative, rendendo dinamicamente appetibile e di moda, praticamente ogni cosa utile o futile, in una corsa di omologazione cui il capitale deve affannosamente provvedere a soddisfare. Donde la nascita di nuovi modelli di produzione e distribuzione delle merci, del credito, delle risorse umane e materiali, prima tralasciate. Nuove prospettive si aprono, colte poderosamente dalla Cina e ormai anche dall’India, che nel giro di una generazione, ottengono risultati impensabili. Lo stesso accade nel Sud-Est asiatico, o sta per accadere in Brasile, Messico, America Latina, con il risveglio indio, in un processo culturale che si fa politico per divenire economico. Le nuove tecnologie di comunicazione che abbattono le distanze, i tempi e le frontiere e che danno a ciascuno con il telefonino il senso della propria presenza e interattività con chiunque, sono il motore di questa rivoluzione, che tutto e tutti vuole e deve includere ovunque e dovunque. Ma questo progresso può essere controproducente e illusorio se ponesse come priorità il puro profitto speculativo: creando oligopoli planetarie, sistemi di controllo capillari, accentuerebbe le disuguaglianze, aggraverebbe le condizioni di emarginazione della maggioranza della popolazione umana. L’ONU ha indicato la strada con gli obbiettivi del Millennio: sradicare la povertà estrema, garantire a tutti standard di salute ed educazione, salvaguardare la sostenibilità ambientale, assicurare l’eguaglianza, e promuovere un partenariato globale per lo sviluppo. Crediamo che il successo dell’azione dipenda in gran parte dalla capacità di governare il ciclo innovativo della rivoluzione digitale, facendo in modo che le nuove tecnologie siano poste a vantaggio di tutti e non di vecchie entità speculative. L’uso delle tecnologie di comunicazione (ICT) diventa quindi strategico: da qui è nato il programma “Infopoverty”, che si concentra sulla promozione delle comunità povere, dei villaggi del terzo mondo, con la consapevolezza, maturata in sei anni di conferenze mondiali tenutesi al Palazzo di Vetro e in innumerevoli Paesi, con la partecipazione attiva di tutto il sistema ONU, della società civile e delle maggiori compagnie, che il vero sviluppo nasce da un’Alleanza Globale tra tutti gli attori, e deve essere attuato per coloro che più ne sono carenti, qualora vengano dotati dei mezzi di conoscenza e di produzione e favoriti nel processo. La metodologia dei villaggi digitali, certificata nel recente Summit ONU sulla Società dell’Informazione, e già sperimentata in vari Paesi per promuovere intere comunità ora disagiate con processi di sviluppo accelerati dotandole delle più avanzate tecnologie, per garantire loro standard avanzati, grazie alla telemedicina, educazione, teleconsulto, microcredito, governance, dimostra quanto il risveglio sia veloce e la volontà di partecipare da parte di tutti, a partire dalle giovani generazioni, porti a risultati sorprendenti, e tale da costituire con la rete di villaggi via via digitalizzati la nuova infrastrutturazione socioeconomica di intiere nazioni. Così l’antica antinomia Città-Villaggio ora è in fase di rapido superamento e un nuovo urbanesimo è alle porte. Il nuovo paradigma si pone in discontinuità con i tradizionali modelli della pianificazione ormai obsoleti, ne indaga di nuovi, congruenti con le forti mutazioni e opportunità ormai incombenti in ogni aspetto della vita umana, e forse sorprendenti perché le mani che hanno aperto la rivoluzione digitale
non saranno quelle che la gestiranno in quanto il processo avviato ha prodotto ormai complessità non più gestibili dagli stakeholders iniziali. Dopo la città dei mestieri e delle professioni, dopo la metropoli industriale delle concentrazioni produttive e delle grandi accumulazioni di persone, capitali e impianti, dopo la megalopoli con i suoi gigantismi incontrollabili ed esplosivi, porsi il tema del nuovo human settlement – ambiente umano – su scala globale impone di indagare quali siano i nuovi modelli all’altezza delle mutazioni intervenute. Collegarsi, dialogare, scambiare continuamente opinioni e affari è attività alla base della necessità “urbana”. Ora tutto ciò si può fare ovunque, la città è diventata ubiqua. Infatti oggi vivere in una città tradizionale non trasmette più il senso di potenza-appartenenza e facilitazione per l’espletamento del sé e delle proprie attività: la città sta perdendo valori, viverci è spesso sentito come essere in una gabbia, afflitti da smog, traffico, rumore, difficoltà di incontri, umori stressati, strutture pesanti, tempi infiniti per espletare qualunque incombenza, ruvidità: i servizi decadono, diventano troppo costosi e sporadici, la frustrazione aumenta, l’equilibrio lavoro-guadagno progressivamente si sfalda sino ad annullarsi o diventare negativo. I benestanti fuggono dalla città-fabbrica ora città-ufficioshopping centre, città burocratocentrica, sede più del caos che dell’ordine, tentano di ricreare nel territorio gli equilibri perduti. I centri urbani allora si periferizzano mentre la periferia si aliena in non luoghi, la città da luogo di vita, diventa esperienza di fatica. Tendenza non di oggi. Molte le utopie o le pratiche: dalla città-giardino, alla città-territorio, mille esperienze nel mondo, ognuna con una propria fisiologia e fisionomica degli abitanti stessi, con le storie scritte in viso, nel tessuto, di bellezza, rughe, felicità e tristezze. Occorrono nuove sintesi sorgenti dalle esperienze emergenti nel pianeta, che confermano sempre come il sano sviluppo urbano vada di pari passo – come ci insegna la storia – con la crescita del benessere dei propri cittadini. Poiché uno degli elementi qualificanti della vita urbana sta nella qualità dei servizi è in questo campo che si possono trovare nuove soluzioni in grado di accendere processi virtuosi e sostenibili con l’ambiente. E’ possibile ora attrezzare “digitalmente” tutto il territorio, fornendo servizi di medicina, educazione, commercio, lavoro, nuovi mestieri, e-banking ecc., tali da essere competitivi con quelli esistenti, anzi migliori perché interoperabili grazie a centri di eccellenza GRID, cioè attivi in grandi masse omogenee di computer che permettono il coinvolgimento diretto degli utenti. Questa infrastrutturazione dell’attività umana, che è il derivato implicito delle applicazioni digitali del vivere urbano, può essere realizzata come atto di fondazione e di identificazione delle nuove città ubique “espanse”, che potranno sorgere nei luoghi più favorevoli all’equilibrio uomo-natura, o rimodellarsi con aggregazioni più consone alle variabili socioeconomiche e culturali. Dalla configurazione digitale deriverà una configurazione fisica aperta, cangiante, ove le relative infrastrutture fisiche siano “vestibili” sulle esigenze effettive delle popolazione insediabile. Ne deriva una concezione dell’urbanesimo dinamica, più “instant city”, ove ogni generazione o comunità può trovare il suo habitat “su misura”, ad alto valore identificativo, dato da architetture – nuove o preesistenti – che consolidino la vita
comunitaria nelle differenti funzioni vitali, con forti risparmi di costi e di gestione. Gli stessi valori fondiari da statici si evolveranno in valori di possesso, con benefici effetti sull’economia e sugli investimenti. Il denaro, già fluidificato dal digitale, diventa sempre più immateriale valore di scambio e soprattutto di uso, principalmente con mercati che si annunciano in continua esplosiva espansione. La gamma degli interventi può essere amplissima, condivisa dagli abitanti, in un processo creativo di partecipazione, favorito dalla interattività dei sistemi di comunicazione per la definizione delle priorità delle comunità insediate e dei propri ambienti abitativi. L’architetto stesso diventa un facilitatore sociale, attento ad arricchire di esteticità e funzionalità le esigenze dei cittadini, in un processo allargato di creatività collettiva. Il processo digitale che dal reale ha creato il virtuale, con le sue comunità e visioni, può di nuovo influenzare la nostra vita reale. Ciò è possibile, in rapida prospettiva facendo emergere un’intelligenza nei processi d’innovazione che, non più casualmente legati alle aleatorie volontà dei produttori, indichino priorità sulle necessità sociali da porre in risoluzione. Perché il vero gap verso il futuro è in certa atonia industriale,
che produce macchine elettriche per utenti senza elettricità – oltre la metà della popolazione – e insiste su tecnologie vecchie di oltre un secolo, obsolete, inquinanti, perduranti solo per i marcati interessi costituiti da lobby monopolistiche, quali quelle che ci inchiodano alla filiera del petrolio, e diventano il grave fattore di freno allo sviluppo e di ritardo all’innovazione. Centri ricerche, università, laboratori di eccellenza sono oggi in grado fornire le soluzioni, manca la massa critica e la volontà politica. In questo sta il valore della Global Alliance per lo sviluppo, lanciata dall’ONU, che mette insieme i protagonisti industriali, istituzionali e scientifici, per dare dimensioni operative e sistematicità a questa sfida. OCCAM vi partecipa con una specifica mission: creare una Community of Expertise in grado di progettare la piattaforma satellitare degli e-services, applicabili su larga scala. Dar vita quindi al nuovo urbanesimo, ideando, strutturando, costruendo e gestendo “in senso digitale” la nuova dimensione urbana, significa innestarsi in un processo globale e creare un formidabile motore del cambiamento. Avviare il nuovo ciclo, abbattere le obsolescenze, impiegare le tecnologie soft, riabilitare i processi di integrazione sociale su scala globale significa concepire il nuovo modello: la città mondiale. 224 l’ARCA 3
Se si guarda come la forma urbis sia basata sui tempi di percorrenza umana, fissa per millenni, e ampliatasi linearmente con le ferrovie e centrifugamente con l’auto, ora con i mezzi di aviazione a basso costo e ad alta intensità, tale costante è divenuta continentale (1-2 h). L’indifferenza dei luoghi e la loro omogeneità assimilano Parigi, con Milano, Francoforte, Londra, Berlino, luoghi urbani continui, fruibili anche per un arco di mezza giornata. Le grandi capitali intercontinentali parimenti sono non molto più distanti, quasi una gita fuori porta di un tempo. Come la progettazione architettonica si è molto avvantaggiata del digitale arrivando a definire forme complesse prima irrealizzabili, e accelerazioni nelle fasi di realizzazione grazie a logistiche e programmazioni sempre più raffinate, così (al di là del facile effettismo formale dei nuovi gadget architettonici) possiamo immaginare l’intero organismo urbano, in tutte le sue articolazioni funzionali e di human interface, suscettibile di progettazione, ove ogni sua componente, anche legata alla gestione post edificatoria e alla qualità della vita degli abitanti, sia definibile e gestibile progettualmente. Ciò richiede un passaggio superiore del digitale, non solo più implementativo dei tools esistenti, ma di integration system, cioè di architettura digitale di sistemi sempre più complessi e interagenti.
Al futuro architetto occorrerà cioè concepire il progetto digitale secondo gli obbiettivi massimi che la capacità umana possa concepire per ottimizzare l’human settlement. Così si perverrà a una progettazione di tipo decisamente olistico, con la evidenziazione istantanea dei processi di interrelazione e di feedback – sociali, economici, ecologici, di mobilità, ecc. – prodotti da ogni scelta attuata, con verifiche simultanee probabilistiche delle soluzioni via via più compatibili e armoniche. Considerato che l’attuale città, così disarmonica è frutto di miriadi di errori, devianze, sopraffazioni, carenze, cui gli amministratori vigenti sono del tutto incapaci e impossibilitati a far fronte se non con interventi per lo più causali che spesso provocano più danni, porre mano progettualmente a questa fenomenica sarà indispensabile. Oggi anche se con accuratissimi studi possiamo averne accurati quadri statistici, ci sfugge la dinamica interrelazionale, né disponiamo di processi decisionali tali da rendere tempestive le scelte di intervento. Il processo decisionale non a caso è farraginoso a volte cieco, con sprechi e disturbi intollerabili. La decadenza della città attuale sta anche in questo, non avere ancora a disposizione gli strumenti adeguati alle sua crescente complessità di gestione.
Progettare digitale significa quindi dotarsi di strumenti e competenze capaci di valutare sin dall’inizio le complicatissime variabili dei processi dinamici che il vivere urbano comporta, fare scelte consapevoli e poter gestire dinamicamente gli eventi. Significa operare in modellistiche GRID, capaci di contenere e interrelare infinite problematiche e infinite competenze, captate alle loro radici, e gestire armonicamente secondo le priorità stabilite dalla comunità stessa, attraverso processi decisionali democratici, sempre più sofisticati. Già oggi con tutte le reti tradizionali informatizzate – dai trasporti alla produzione e fornitura di energia, e sempre più servizi sono accessibili tramite web – non si nota un miglioramento sostanziale. Soluzioni brillanti di gestione del traffico via satellite e semaforica intelligente, controllo dell’inquinamento sin alle fonti, forme remote di lavoro, di istruzione, di governance, e di assistenza medica sono già possibili, ma non attuate. Perché? Perché la forma mentis di chi vi è preposto è ancora predigitale, e un’intera generazione, quella degli attuali “decisori” è rimasta senza bussola, perciò naviga a vista con le vecchie mappe, ormai inutili e perfino pericolose. Con il nuovo urbanesimo si può dire nasca il concetto di città neuronale, quasi a significare che se le infrastrutture tradi4 l’ARCA 224
zionali costituiscono l’ossatura del corpo urbano, le strutture di uso, i muscoli, le reti digitali ne sono la nervatura, che dal cervello gestisce nella sua complessità tutto il sistema. Questo nuovo approccio trova nei Paesi emergenti già importanti implicazioni. Potendo superare d’un balzo tutte le faticose tappe mancate della rivoluzione industriale, elettrica e agricola, possono ora disporre delle più avanzate tecnologie per superare l’ancestrale gap: per la produzione diffusa e pulita di elettricità, incremento delle colture, purificazione dell’acqua, promozione del commercio e dell’artigianato, valorizzazione delle risorse, utilizzo di servizi di sanità, insegnamento, governance, microcredito, alta consulenza che possono essere forniti a distanza da centri di eccellenza, può portare a breve alla formazione della nuova generazione “digitale” e la creazione di una classe di dirigenti, tecnici, operai, contadini, e artigiani, aperta ai mercati mondiali e integrata con tutti i sistemi di comunicazione veloce. Penso che sarà qui, nei Paesi emergenti, che la rivoluzione digitale esprimerà il suo massimo, non dovendo subire condizionamenti e superare posizioni e interessi consolidati, potrà, focalizzando le priorità alle soluzioni dei propri problemi endemici, innescare processi di produzione innovativa, utili anche per il resto del mondo. Un ruolo determinante l’avrà la coope-
razione internazionale, ma non nel senso di aiuti umanitari – sperando che un periodo di pace elimini inutili emergenze – ma del partenariato, con le ONG già operanti potenziate con i mezzi ICT adeguati, su progetti in grado di portare le comunità disagiate ad affrancarsi dalla fame e dalla povertà fornendo loro i mezzi e le conoscenze per operare direttamente. In questo senso il programma Infopoverty, che fornisce connettivià e nuove tecnologie ai villaggi, risulta essere tra i più promettenti in quando prefigura risposte concrete anche al devastante processo di abbandono delle campagne e di esplosione delle megalopoli della miseria. Preservare una comunità, che per millenni è sopravvissuta nel suo habitat naturale, e rilanciarne la sua economia – progressivamente dall’autosufficienza alimentare alla valorizzazione delle produzioni agro-artigianali, assistendola nell’integrazione con mercati sempre più ampi – significa affrancare intere popolazioni dalla povertà e garantire loro sviluppo sostenibile. Urbanizzare a rete i villaggi, con i primari servizi ICT, significa rendere equipollente la qualità della vita su tutto il territorio. In Madagascar il villaggio campione di Sambaina è già partito, e visti i suoi successi iniziali già proclamato Millennium Village, da Jeffey Sachs, il responsabile ONU del programma del Millennio. Una volta completato il progetto con la diretta
partecipazione della popolazione, e la interconnessione con la rete dei centri fornitori dei servizi di telemedicina, educazione, governance e consulto remoto – sia locali che, soprattutto, internazionali – si prevede una sua moltiplicazione applicando il modello a migliaia di altri villaggi, grazie alla connessione satellitare già in attivazione. Coprire il territorio del Madagascar con questa rete di villaggi “digitali” significa indurre un forte sviluppo endogeno alle comunità stesse che possono continuare a vivere nel loro territorio e preservare un meraviglioso ambiente, che le condizioni di estrema povertà attuali minacciano di distruggere, dando vita a un generalizzato rilancio di tutto il Paese ricco di risorse. Il nuovo urbanesimo è anche questo, la città neuronale dell’Occidente trova il suo complemento nella rete neuronale che infrastruttura un’intera nazione, in tempi rapidi, in modo pulito, wireless, arricchendo la nostra civiltà con le altre, di nuovo protagoniste del comune sviluppo. Così, il processo digitale che dal reale ha creato il virtuale, con le sue comunità e visioni, può influenzare fortemente la nostra vita reale. Così, il villaggio diventa planetario come la città, ognuno è cittadino del mondo l’habitat umano trova forme meno invasive, e più armoniche con il creato. 224 l’ARCA 5
Pierpaolo Saporito Hight level ICT advisor UNITED NATIONS Global Alliance President of OCCAM
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he recent Venice biennial presented a procession of cities, metropolises and metropolises, but apart from a blaze of facts and figures, it said nothing about the reasons behind these urban phenomena. Whereas historical cities were a product of centralising knowledge, controlling resources and specialising crafts, the modern-day metropolis is a the product of the Industrial Revolution, which turned it into the hub of the working environment. And the metropolis is also a product of the dispossessed masses fleeing from the misery of the barren countryside. Whereas the post-industrial age in the West can still support metropolises, thanks to the profitability of land (although cracks are starting to appear due to higher levels of air pollution, the impossibility of controlling private transport and social tensions due to migration flows), megalopolises in developing nations are turning into real social time-bombs and are in danger of collapsing on both a socio-economic and cultural level, threatening to break down the entire civilisation of the countries in which they are located. Globalisation is accentuating this process, constantly bringing new masses to the thresholds of our civilisation as it strives to raise standards of living; but it is also triggering off processes causing real imbalances in terms of environmental condi-
of effect on growth, and in a much shorter space of time. But for this to happen, we need to take stock of the limits and opportunities at our disposal. Overpowering innovation is now beginning to make its way into business, finance, social relations and configurations, education, culture, science and communication. It is even beginning to find its way into the folds of individual behaviour, influencing everybody's lifestyle and expectations. Individuals are increasingly communicative and active, better informed and more interactive with the ever-wider communities in which they live, carefully identifying their own values and fields of learning. The globalisation of values moves hand in hand with that of goods and expectations, making virtually everything useless or futile seem dynamically desirable and trendy. Money is expected to satisfy all our needs in this race towards standardisation. Hence the emergence of new means of producing and distributing goods, credit, human resources and materials, which were previously overlooked. Most significantly China, but now also India, are taking full advantage of these new prospects, as startling results have been achieved in the space of just a single generation. The same thing is happening in South East Asia and is about to happen in Brazil, Mexico, and Latin America, where
lennium: to eradicate extreme poverty, guarantee certain standards of health and education for everybody, safeguard environmental sustainability, ensure equality, and promote a global partnership for growth. We believe that the success of action like this mainly depends on the government's ability to recycle the digital revolution. In an innovative way, making sure that new technology serves everybody and not just the same old speculators. Using communication technology (ICT) will, therefore, be strategic: this has resulted in the so-called “Infopoverty” programme, which focuses on promoting poor communities and Third World villages, so that there is now a general awareness (after six years of world conferences held at the Glass Building and in lots of other countries, with the active involvement of the entire U. N. system, civil society and biggest companies) that real growth can only come from a Global Alliance between all the players involved, and implemented by the most needy once they have been provided with the necessary means of production/knowledge and successfully introduced into this process. The methodology of digital villages, certified at the recent U.N. Summit on the Information Society, and already experimented on in various countries, will help introduce entire
with the striking changes and opportunities now affecting every aspect of human life. This is perhaps surprising, because the hands that opened up the digital revolution will not be the same as those managing the systems, because the process now under way has created complexities that can no longer be handled by the original stakeholders. After the city of crafts and professions, after the industrial metropolis of manufacturing intensity and massive accumulations of people, money and plants, after the megalopolis with its massive uncontrollable and explosive systems, facing the issue of a new human settlement – human environment – on a global scale means investigating what kind of new models can cope with the changes that have taken place. Connecting, dialoguing and constantly exchanging views and business are all activities underpinning the new needs of the “cityscape”. This can be done anywhere, the city is now ubiquitous. Nowadays living in a conventional city no longer conveys that sense of power, belonging and ease in fulfilling one’s self and one’s own activities: the city is losing value, living in one often feels like being in a cage, smothered by smoke, traffic, noise, problems in meeting people, stress, heavy structures, too much time wasting and a general sense of brusqueness: services are declining and becoming too expensive and scarce on the
tions – the city and its needs are the main source of pollution – and also population – over 70% of mankind lives in poverty and 40% in extreme poverty. This is why the fight against poverty is now the biggest problem of all. Poverty is the cause of bloody social revolutions, invasions, wars, and violence: it is not a philanthropic issue, it affects us all. There is nothing new about all this, and brilliant countermeasures to combat it were thought up in the past: until the 19th century Europe had as many inhabitants and the same kind of social/health conditions as those currently found in Third World countries. Nowadays, well-being is widespread thanks to the effects of the Industrial Revolution. We are now entitled to think that, provided it is handled properly, the impending digital revolution will have at least the same kind
a reawakening of the Indios heritage is part of a cultural process which is taking on political connotations in order to exercise economic influence. New communication technology, which is shrinking distances, time and borders, and giving everybody with a mobile phone a sense of their own presence and interactivity with everybody else, is the driving force behind this revolution currently engulfing everybody and everything and inevitably destined to encompass everybody everywhere. But this progress might be counterproductive and illusory if its main priority is pure speculative profit: creating planetary oligopolies and widescale control systems will merely accentuate the inequality and worsen the state of marginalisation of most of the world's population. The U. N. has shown the way with its targets for the new mil-
communities that are currently struggling into processes of accelerated growth, furnishing them with cutting edge technology, so that they can enjoy the highest standards of living, thanks to telemedicine, education, telly consultation, microcredit, and governance. This shows just how fast this reawakening has been and highlights everybody's desire, starting with the youngest generations, to achieve these aims. The results have been startling and new socio-economic infrastructures for entire nations have already been constructed around a network of increasingly digitalised villages. This means that a new form of urbanism is now within our grasp, which is capable of overcoming the old antinomy between City and Village. The new paradigm breaks with what are now obsolete planning models, but it also investigates new alternatives in line
ground, frustration is increasing and the balance between work and earnings is gradually dissolving to nothing or less than nothing. Wealthy people are fleeing from the factory-city, which is now the city-office-shopping centre or bureaucentric city (more chaotic than orderly), as they strive to recreate lost balances out in the country. City centres are turning into suburbs (just look at Piazza Duomo after 7 p.m. or Turin’s lovely colonnades), while the suburbs are being alienated into non-places; once buzzing with life, the city is now tiresome. This is no recent trend. There have been plenty of utopias and concrete realities: from the city-garden to the city-territory, the world has been experienced in thousands of different ways, each adopting the features and traits of its own inhabitants, beauty, wrinkles, happiness and sadness written in their faces and in their very fabric. 224 l’ARCA 7
We need new syntheses emerging from planetary experiences, which constantly remind us that a healthy urban development moves hand in hand – as history teaches us – with a rise in the well-being of its own inhabitants. Since one of the most distinctive features of city life is the quality of its services, this is where new Eurocentric solutions might be found, capable of triggering off environmentally sustainable processes. The entire territory can now be digitally furbished with medical services, education, commerce, work, new trades and ebanking etc., all capable of competing with or even bettering existing services, mainly because they are inter-operable thanks to GRID centres of excellence, meaning they operate through large numbers of standardised computers allowing users to get directly involved. This infrastructure of human activities, which implicitly derives from digital applications in urban life, may be implemented as a means of grounding and identifying new “expanded” ubiquitous cities, which could take root in those places most conducive to creating a balance between people and nature, reshaping themselves to cater for socio-economic and cultural variables. Digital configuration will result in a dazzlingly open physical configuration, where the physical infrastructure in play can be “dressed” to meet the actual needs of the local population. This will result in a more “instant city” rendering of dynamic urbanisation, where each generation of community will be able to find its own highly distinctive customised habitat created by (new or old) architecture, capable of reinforcing the various vital functions of community life while enabling considerable savings on expenses and management. Real estate values will cease to be static and evolve into ownership values, with notable benefits on both the economy and investments. Money, already made more fluid by digital technology, will become an increasingly immaterial means of exchange and above of all usage, particularly in a state of explosively expanding markets. People will be able to share in the wide range of actions now available, as part of a creative process of involvement, helped along by the interactive nature of communication systems setting the priorities of local communities and their inhabitants. Architecture itself will serve the social purpose of enhancing the cityscape and gearing it more closely to its inhabitants’ needs as part of a wider process of collective creativity. Digitalisation, which has taken reality and adapted it to a virtual world with its own communities and visions, can once again influence our actual lives. This will soon be a viable prospect. To achieve this, intelligence must be applied to the processes of innovation, which (no longer randomly linked to the whims of manufacturers) will set priorities for social needs to be taken care of. Since the real gap in this voyage into the future lies in a certain atony on the part of industry, which manufactures electrical machinery for people with no electricity – over half the population – and insists on using polluting, obsolete technology, which is over a century old but still in operation due to the considerable interests of monopolist lobbies, like those still nailing us to the oil industry, which seriously hinder growth and slow down innovation. Research centres, universities and leading laboratories can now provide the solutions; what is still lacking is the necessary critical mass and political will. This is where the Global 8 l’ARCA 224
Alliance for growth comes to the fore. This is an organisation, launched by the U.N., which brings together leading institutional, scientific and industrial players, in order to take up this challenge on a systematic basis and on the right operating scale. OCCAM has a specific mission in all this: to create a community of expertise, capable of designing a satellite platform of e-services applicable on a wide scale. Bringing this new form of urbanism into effect, devising, structuring, constructing and managing this new urban form “on a digital basis”, means getting involved in a global process and creating a formidable driving force for change. Setting this new cycle in motion, getting rid of all that is obsolete, using soft technology and reintroducing processes of social integration on a global scale, means devising a new model: the world city. If you look at how urban form has been closely geared to people’s travelling times, unchanging for millennia, and gradually extended on a linear basis through the railways before taking on a more centrifugal form with the advent of the motorcar, you can see that this constant is now taking on Continental proportions (1-2 hours) with the arrival of so many new low-cost budget airlines. Now that places tend to be standardised and indistinguishable, Paris looks very like Milan, Frankfort and London, seamless urban locations, which can even be visited in just half a day. Likewise, the great inter-continental capitals are no longer so far apart and visiting them is no more demanding than taking a trip out of town used to be. Just as architectural design has taken real advantage of digital technology, managing to design complex forms previously unfeasible, and building procedures have been speeded up by increasingly refined logistical plans and programmes, likewise (aside from the striking formal effects of new architectural gadgets) we can now imagine the entire urban organism in all its functional articulations and human interfaces being susceptible to design, since all its various aspects, even those linked to post-building management and the standards of living of its inhabitants, can be defined and managed through careful planning. This means digital technology must move up a level, no longer merely implementing existing tools but actually forming an integrated system, whose digital architecture is increasingly complex and interactive. This means the architect of the future will be expected to design his digital project in accordance with the highest goals that the human mind can envisage for optimising human settlements. This will result in a decidedly holistic type of design, instantly focusing on processes of interrelation and feedback – social, economic, ecological, transport-related etc. – resulting from each decision taken, with simultaneous probabilistic assessments of increasingly compatible and harmonious solutions. Considering that the disharmonious modern day city is the result of so many mistakes, deviances, impositions and shortcomings, which administrators are totally incapable and illequipped to handle, other than by implementing basically random measures that often cause even greater damage, it is absolutely vital that all this is planned for very carefully. Even though very careful studies can now provide us with accurate static frameworks of the situation, we cannot grasp its inter-relational dynamics, nor do we have the decisionmaking processes required to take action promptly. The decline of the modern day city is also partly due to the fact
that we still don’t have the tools required to handle the increasing complexity of the management processes involved. Digital design, therefore, means equipping ourselves with the tools and skills required to assess the very intricate variables of the dynamic processes associated with urban life right from the start, making conscientious choices and being able to dynamically handle the events it entails. It means operating through GRID models capable of accommodating and interrelating endless problems and endless skills, captured at their roots, managing everything smoothly in line with the priorities set by the community itself through increasingly sophisticated democratic decision-making processes. Even now, with all the conventional computerised networks - from transport to manufacturing and supplying energy, and with more and more services available through the web - no real improvement has been noticed. Brilliant means of handling traffic by means of satellites and intelligent traffic lights, controlling pollution right from its sources and remote-controlled forms of labour, education, governance and medical care are already available but not yet implemented. So why? Because those expected to implement these measures still think pre-digitally, and the entire generation of presentday decision-makers has lost its bearings, trying to navigate using old-fashioned maps which are now useless and even dangerous. The new form of urbanism will introduce the idea of a neuronal city, almost as if to say that if traditional infrastructures form the urban body’s skeleton, then its operating structures are its muscles and digital networks are its nerves sending signals from the brain so that he can handle the entire system in all its complexity. This new approach already has important implications for emerging countries. Being able to leap frog all the missing steps in the industrial electric and agricultural revolution means that they can now be furbished with all the latest cutting-edge technology required to breach this ancestral gap: generating more clean electricity on a wide scale, boosting farming, purifying water, promoting trade and craft, exploiting resources, using health care, teaching, governance, microcredit and high-level consultancy services provided by centres of excellence on a longdistance basis, will, in the short term, result in a new digital generation being formed and in the creation of a class of managers, technicians, workmen, country folk and craftsmen, who are all open to world markets and integrated into the vast array of high-speed communications systems. I think it is here in emerging countries that the digital revolution will express its full potential, free from constraints and deeply-entrenched positions and interests. By focusing its priorities on solving its own endemic issues, it will trigger off innovative production processes, which will also serve the rest of the world. International Corporation will have a key role to play, but not in the sense of providing humanitarian aid – in the hope that a period of peace will eliminate useless crisis situations – but through new partnerships with non-governmental organisations already working, supported by suitable ICT means, on projects capable of helping struggling communities to free themselves from hunger and poverty by providing them with the means and know-how required to operate on their own. In this respect, the Infopoverty programme, which helps connect up villages with new technology, turns out to be among the most promising projects, since it envisages real solutions to
even the devastating process of abandoning the countryside and the explosion in megalopolises of misery. Preserving a community which has survived in its own natural habitat for millennia and re-launching its economy – starting with food self-sufficiency and then moving on to boosting farming and craft, helping it integrate into much more extensive markets – means freeing entire populations from poverty and ensuring they attain sustainable growth. Urbanising village networks through primary ICT services means ensuring the standard of living is comparable across the entire territory with equal rights for everybody. Jeffey Sachs, the U.N. official in charge of the Millennium programme, has already launched the “test” village of Sambaina in Madagascar, and its initial success has resulted in it being selected as the Millennium Village. Once the project has been completed with the direct involvement of the local population, and when it has been connected up to the network of centres supplying telemedicine, education governance and long-distance consultation services, there are plans to apply the same model to thousands of other villages, thanks to satellite connection links already in operation. Covering the territory of Madagascar with this network of digital villages means encouraging intensive endogenous growth in the communities themselves, so that life can go on in their own marvellous natural settings, currently under threat due to extreme poverty. All this will help regenerate the entire nation drawing on its own abundance of natural resources. New urbanism is also this, the neural city of the West, which is completed by a neuronal network infrastructuring an entire nation in a quick, clean, wireless manner, enriching our own heritage with what other civilisations have to offer, as we all strive to grow together. In this way, the digital process, which has created the virtual out of the real with all its communities and visions, can have a notable impact on our own real lives. Villages will become as planetary as cities, everybody will be citizens of the world and the human habitat will find less invasive and more harmonious ways of coexisting with nature.
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Tavole tratte da/Tables from G. de La Landelle, Aviation ou Navigation Aérienne, E. Dantu Éditeur, Paris, 1863. A sinistra/left, Aeroplano ad ali concave con particolari costruttivi/concave wings airplain with constructive details; a destra/right, Aeroplano Goupil a corpo d’uccello/ bird-shaped Goupil Airplain.
Da sinistra/from the left, Filarete, pianta di/plan of Sforzinda, 1460/1464; La Città Proibita (Gugong) la cui costruzione iniziò a Beijing nel 1407/ The Forbidden City (Gugong), whose construction began in 1407 in Beijing.
Laostenia
Aerial View of the City
“
…io reputo espediente l’intrattenermi prima a dimostrare partitamene la necessità di una nuova potenza, priva della quale la civiltà europea andrebbe infallantemente perduta.” Sono le parole di Giuseppe Collina, nella prefazione al suo testo La Laostenia, ovvero dell’immanente pericolo della civiltà europea, e dell’unico mezzo della sua salvezza, e rigenerazione. Si tratta di un’opera in tre volumi per un totale di 997 pagine, pubblicata a Parigi nel 1833, dai torchi di A. Leclaire, a San Dionigi, distribuiti da Bossange, libraio del Re, in Rue Richelieu, al n. 60, e da Baudry, alla Libreria Europea, Rue di Coq, n. 9. Questi dettagli non dipendono da un vizio accademico, ma dal fatto che di questo autore ancor oggi si conosce veramente poco. Lo ritroviamo solo una volta, a Firenze nel 1856, quando l’Autore, avvocato, è presentato da Marco Malavoli Vecchi, per i tipi di Le Monnier, in un opuscolo di sedici pagine, intitolato: Proposta della costruzione di un aerostato con la direzione orizzontale; e cenno sulle conseguenze di questa scoperta della Società dé Filodidaci tenutasi il 31 agosto 1856. L’avvocato Collina, con la sua Laostenia, ovvero “Forza del popolo”, che domina Auletra, sede celeste, come simbolo di una nuova arca di alleanza, “d’un eccelso trono, da cui emana la giustizia superna”, grazie a quelle macchine, “le quali finora più nobil nome non ebbero che d’Areostati”, propone di fatto la supremazia di una nuova forza aerea che salvi e domini la nuova Europa. Di fatto, ciò che si propone qui è una nuova rivoluzione sociale prodotta dalla maturità dell’umanità che esce dalla sua fanciullezza della navigazione navale per affermare quella infinitamente più grande e realmente internazionale della navigazione nel cielo, “il paese dé grandi avvenimenti”. L’idea fondamentale di Collina non è né semplice né banale; egli infatti non è un fanatico del modernismo a qualunque costo. Ha capito perfettamente l’importanza del vapore e infatti schernisce
Palmanova, città fortificata a stella/ the star-shaped fortress-town, 1593. A destra, mappa di Lucca estratta da/far right map of Lucca from Francesco Scotto, Itinerario d’Italia, Stamperia Generoso Salomoni, Roma 1761.
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Napoleone che invece ne minimizza il ruolo. Siamo solo nel 1833, la forza del vapore e la Rivoluzione industriale sono ormai un fatto reale e di straordinario impatto in Inghilterra con già qualche apparizione in Francia e in Germania; ma Collina non pensa per fasi, egli vede nel volo la nuova era storica per l’umanità, quella che dovrà vincere e l’altra che dovrà perdere. Chi lo mette al riparo da errori eventuali, facendo regnare la giustizia? Una visione dall’alto delle cose; il dominio dei cieli per vedere, giudicare, dominare in armonia. La supremazia dei cieli implicherà la gestione del potere terrestre e ancora più in alto. Questo strano avvocato non è un fanatico, né un delirante cattivo profeta: sente l’era nuova e pensa che la visione aerea del mondo faciliterà la sua nascita e con lei il benessere spirituale dell’umanità intera. Un’ultima considerazione; questo signore non è un visionario, né un genio rinascimentale, le sue quasi mille pagine sono piene di citazioni, di esperienze tentate e realizzate; insomma, egli lavora per convincere il suo prossimo della bontà di un’idea che porterà progresso materiale e culturale. Certo, intravede nemici oscuri che minacciano l’Europa, entità relativamente frequentata alla sua epoca, ma nell’insieme, la sua proposta di dominio dei cieli non è bellicosa. Dopo aver pubblicato le sue mille pagine in italiano a Parigi, in tre volumi, Collina scompare e ricompare quasi due secoli dopo in una libreria antiquaria. Della città non parla molto, dice solo che dall’alto, anche la più grande sembrerà piccola e questo servirà a governarla con più saggezza e giustizia, come tutte le altre cose terrene, foreste, lagni, fiumi, campagne. Solo trent’anni dopo, nel 1863, sempre a Parigi, G. De La Landelle, presenta un testo intitolato: Aviation, ou navigation aérienne, dove si presenta, tra l’altro, un progetto di elicottero a vapore, ossia una nave per il volo verticale e orizzontale. Si tratta di “Iptéronef ”, o nave
alata, distinta in tre parti: in “hélicoptère”, sistema di ali ad elica per l’ascensione verticale; “orthoptère”, sistema ad ali piane che battono l’aria normalmente; infine un “aéroscaphe” permetterà il volo obliquo, avanzando come un aquilone. L’opera è consacrata “All’intelligenza umana, al semplice buon senso, al genio. A tutti quelli che hanno gli occhi per vedere, le orecchie per sentire, una voceper propagare la verità. Agli scenziati di buona fede, agli inventori di buona volontà, agli ingegneri di talento. Ai matematici, ai meccanici, ai metallurgici, ai chimici, ai fisici, ai pubblicisti, agli amministratori, a tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici, ai pensatori e operai. Ai grandi capitalisti di tutte le nazioni. Agli speculatori ben accorti. A tutti gli uomini di fede e d’azione.” (E. Dentu, Editeur, Librairie de la Société des Gens de Lettres, Palais Royal, 1863). Alle nuove idee, dice l’autore, nuovi nomi, in odio delle parafrasi. Aviazione, avis, uccello, actio, azione: azione di imitare l’uccello nel suo volo; è una parola necessaria per tradurre chiaramente e brevemente la navigazione aerea, aereo-navigazione, locomozione o auto-locomozione aerea. Avier, aviatore, viene di qui. Prima tappa dell’impresa, realizzare omnibus aerei per abbattere le barriere che separano i popoli. Finita l’era delle fortificazioni, delle frontiere, finiti gli ostacoli insormontabili come i corsi fiumi, i mari, i deserti, le catene di montagne e dei dirupi, le inondazioni e le terre paludose che si oppongono allo slancio inarrestabile della civilizzazione. Ci saranno aereonavi di lusso e di diporto, degli omnibus e treni aerei per il tempo libero, un sistema postale aereo, aereonavi da caccia contro le bestie feroci, aereonavi di salvataggio contro le inondazioni, i naufragi e gli incendi. Si potranno rimorchiare le nuvole per trasportarle in luoghi più adatti all’agricoltura.
Ma, conclude De La Landelle, definendosi “apostolo dell’Aviazione”, senza molto denaro non si potrà progredire con la necessaria rapidità, ora che gli esperimenti fondamentali sono compiuti e i brevetti necessari depositati. Siamo tutti convinti della straordinaria bontà delle nostre idee e delle prove fin qui fornite, manca solo il denaro. In effetti, è lecito domandarsi perché in questa epoca così vulcanica della Rivoluzione industriale un settore così importante come l’Aviazione dovrà attendere la prima guerra mondiale per affermarsi, e in più per scopi totalmente contrari a quelli della giustizia e pace internazionale di cui parlavano i primi “apostoli” della navigazione aerea. Forse c’era già troppo da fare e in cui investire capitali ancora “modesti”, tra ferrovie, canali, macchine di vario tipo, piroscafi a vapore, fabbricazione di serie in ogni ambito di materiali e prodotti, o forse anche, la terra è più “vera” dell’aria agli occhi dell’investitore. La visione aerea della città e del territorio restano appannaggio della capacità mentale e grafica di qualche privilegiato capace di vedere e di rappresentare con mezzi che da Leon Battista Alberti in avanti avevano fortemente progredito ma senza grandi rivoluzioni. Infatti, per la storia della città e della sua gestione fu ben più importante la rivoluzione tecnica del modo di stampare carte che non le nuove visioni “a vol d’uccello”. Stampare carte di città su carta pressoché normale a grande rapidità, come si stampa un giornale, con capaci rotative, fu per la città ben più efficace che qualunque altro espediente. D’altra parte, fu di qui che nacquero le prime carte tematiche urbane a colori, per la peste, il colera, le fogne, la delinquenza, la miseria, la prostituzione. Dai primi sandwich di queste carte tematiche nascono il primi uffici urbanistici del mondo; siamo a Londra, tra il 1830 e il 1850. La città moderna, dall’alto, è fatta a strati… Riccardo Mariani Mappa di Trento e a destra mappa di Milano, estratte da/ Trento and (right) Milan maps from Francesco Scotto, Itinerario d’Italia, Stamperia Generoso Salomoni, Roma 1761.
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Claude-Nicolas Ledoux, Saline de Chaux, Arc et Senans, 1804. A destra/far right, planimetria di Parigi/map of Paris, 1839.
Da sinistra, mappa di Londra del 1878 e vista aerea della città.
From the left, London map, 1878, and aerial view of the city.
“
…I think it might be useful if I first proved the need for some new power, without which European civilisation will be ignominiously lost for ever.” This quote if from Giuseppe Collina in the preface to his book entitled Laostenia or the immanent danger to European civilisation and the only means of saving it, and regeneration. This three-volume work for a total of 997 pages published in Paris in 1833 at A. Leclaire’s presses in San Dionigi, distributed by Bossange, the royal publishing house, at no.60, Rue Richelieu, and by Baudry, the European Book Shop, at no.9, Rue di Coq. All these details are not due to some academic vice but rather the fact that this writer is still largely unknown. He crops up only once in Florence in 1856, when the lawyer-author is presented by Marco Malavoli Vecchi (through Le Monnier) in a sixteen-page handbook entitled: Idea for the construction of an air balloon with horizontal trajectory; and brief notes on the consequences of this discovery by the Società dé Filodidaci which sat on 31st August 1856. The lawyer, Mr. Collina, is proposing in Laostenia or the “Force of a nation”, which looms over Auletra, the celestial home, like the symbol of a new arc of covenant, “a throne on high dealing out supernal justice”, thanks to those machines, “which until now have had no more noble name than Balloons”, is the supremacy of a new aerial force to save and rule over Europe. In actual fact, what is really being put forward is a new social revolution coming from mankind emerging from the youthful phase of shipping to the more mature and infinitely greater and genuinely international realm of sky travel, “the land of great adventures”. Collina’s idea is actually neither simple nor banal; he is not, in fact, a fanatic of modernism at all costs. He has really understood the important of steam power and taunts Napoleon for belittling its. We are only in 1833, steam power and the Industrial Revolution
Canberra, progettata da/designed by Walter Burley Griffin, 1913. A destra/far right, Chandigarh, progettata da/ designed by Le Corbusier negli anni Cinquanta/1950s.
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are now a reality of striking importance in England and they are also starting to emerge in France and Germany; but Collina does not think in phases, he sees flying as the new golden age for the whole of mankind, both winners and losers. Who will save humanity from the mistakes it is going to make, finally bringing justice? A view of things from above; the realm of the skies to see, judge and rule in harmony. The supremacy of the skies will imply control over earthly power and even things higher. This strange lawyer is neither a fanatic, nor a crazy, evil prophet: he can smell the new things to come and thinks that an aerial view of the world will help them along and with them the spiritual well-being of the whole of mankind. One final remark; this gentleman is neither a visionary, nor a Renaissance genius, the total of almost 1000 pages are full of quotes and experiments tested out and completed; in other words, he works to convince fellow man of the value of an idea which will bring about both material-cultural progress. Of course, he does glimpse evil enemies threatening Europe, rather common entities in his day, but, generally speaking, his idea about ruling the skies is not warlike. After publishing his one thousand pages in Italian in Paris in three volumes, Collina vanishes only to reappear almost two centuries later in an antique bookshop. He does not have much to say about the city, just that from above even the biggest looks small, and this will help us to govern it more wisely and fairly, along with everything else on earth: forests, lakes, rivers and the countryside. Just thirty years later in 1863, again in Paris, G. De La Landelle brings out a text entitled: Aviation, or aerial navigation, presenting, amongst other things, a project for a steam-powered helicopter or, in other words, a ship for vertical and horizontal flight. This is “Iptéronef” or the winged ship, divided into three parts: a “hélicop-
tère”, system of helical wings for vertical lift; “orthoptère”, a system of flat wings which flap normally in the air; finally, an “aéroscaphe” will allow diagonal flight, moving forward like a giant kite. The work is devoted to “human intelligence, simple common sense, genius. To everybody with eyes to see, ears to hear, a voice to spread the truth. To scientists in good faith, to well intentioned inventors, to talented engineers. To mathematicians, to mechanics, to metal workers, to chemists, to physicists, to publicists, to administrative people, to all those men and women workers, thinkers and labourers. To the great capitalists from every nation. To clever speculators. To all men of faith and action.” (E. Dentu, Editeur, Librairie de la Société des Gens de Lettres, Palais Royal, 1863). To new ideas, says the writer, new names, abominating paraphrases. Aviation, avis, bird, actio, action: action to copy a bird in flight; a word required to clearly and concisely translate flight, aero-navigation, locomotion or aerial self-locomotion. Avier, aviator, comes from this. The first stage in the operation is to construct Airbuses to knock down the barriers separating different nations. Gone is the age of fortifications and borders, as is the age of insuperable obstacles such as rivers, seas, deserts, mounting chains and sheer rock faces, floods and swamplands, which oppose the irresistible thrust of civilization. There will be luxury and leisure airships, air buses and trains for free time, an aerial postal service, planes for hunting down ferocious beasts, rescue planes against floods, shipwrecks and fires. Clouds will be swept off to places more suitable for farming. But, as De La Landelle concludes, describing himself as the “Apostle of Aviation”, it will take lots of money to proceed at the required rate, now that the basic experiments have been completed
and the necessary patents deposited. We are all absolutely convinced about the value of our ideas and the tests carried out so far, all that is missing is the money. In actual fact, it is reasonable to ask ourselves why, during this volcanic period of the Industrial Revolution, such an important sector as aviation would have to wait until the first world war to make its presence felt, and then for purposes which were totally contrary to those of international peace and justice, which the first “apostles” of flying talked about. Perhaps there was already too much to do and too many things in which to invest the modest amounts of money available, such as railways, canals, all kinds of machines, steamships and mass production in every realm of materials and products, or perhaps quite simply the ground is more “real” than the air in the investor’s eyes. Aerial views of the city and land are still the mental and graphic privilege of just a few people capable of seeing and representing using means which, from Leon Battista Alberti onwards, had progressed greatly but without any major revolutions. In actual fact, the technical revolution in printing paper was much more important for the history of the city and its administration than the new “bird’s-eye” views. Printing maps of cities on almost ordinary paper at dazzling rates, just like a newspaper is printed, drawing on rotary devices, was much more useful to the city than any other contrivance. After all, this is how the first coloured urban theme maps were developed, representing the plague, cholera, drains, crime, poverty and prostitution. The first sandwiches of these theme maps led to the world’s first town-planning offices; we are in London between 1830 and 1850. From above, the modern city is composed of layers... Riccardo Mariani Palm Jumeirah, Dubai, 2001. A sinistra/far left, Brasilia, progettata da/designed by Oscar Niemeyer e Roberto Burle Marx, 1956-60.
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Un landmark definitivo
IBA
IBA
TV Tower Guangzhou
P
artiamo dal nome. Già accattivante di per sé, in quanto fotografa bene la condizione attuale: Information Based Architecture. Architettura che organizza lo spazio a partire dalle informazioni. Siamo circondati e assaliti, o qualcuno preferisce dire in positivo, galleggiamo in un liquido amniotico fatto di informazioni. Information Based Architecture si tuffa in questa materia magmatica e fluida e cerca di distillarne una forma, un’architettura. Siamo lontani anni luce da quello che era il pastiche metodologico del post-moderno: il collage, l’assemblaggio di memorie, dove alla base c’era un individuo/poliedro che raschiava dal barile della storia. IBA ha invece un imperativo morale: ricostruire le basi di un ordine semplice, muovere un processo generativo coerente verso nuove forme. All’architetto interessa farci partecipi del meccanismo di questa genesi. Perché l’architetto non è l’oracolo di un supposto mistero creativo, che si deve subire con reverenza, ma è l’organizzatore di un processo che possiamo giudicare. Allora vediamo come hanno lavorato Mark Hemel e Barbara Kuit, fondatori di IBA, a Guangzhou. Le città cinesi hanno subito una trasformazione di scala incredibile, da agglomerati dominati da biciclette e piccole strade popolate da venditori di mercanzie, all’esplosione di metropoli da 10 milioni di abitanti. Nuova frontiera per molti architetti europei che possono lavorare su macro scale. Così a Guangzhou IBA avevano vinto nel 2004 un concorso per il nuovo centro della città, con il progetto della torre TV e di un parco di quasi 18 ettari e del master plan per 56 ettari di città, tra cui dovevano trovar posto una piazza sopraelevata, un pagoda-park, del commercio, uffici, centro televisivo e hotel. Naturalmente la torre è stata la sfida iconica più eccitante. Per la opportunità di lasciare un landmark definitivo per un territorio destinato a ospitare nel 2010 i Giochi Asiatici. Oggi che la torre è in costruzione, con le sue gigantesche fondazioni, è bello ricordare il processo della costruzione virtuale, evolutiva del modello: operazioni che partono dalla torre cilindrica, per passare alla sezione ellittica, al restringimento verso la cima, la rotazione, la torsione del “girovita”, la densificazione degli anelli, la rotazione degli anelli ecc. Il risultato è la rete strutturale che è anche facciata della torre, che varia a ogni metro di elevazione, fino a raggiungere la ragguardevole altezza di 610 metri, per 100.000 metri quadrati di superficie e un budget di 220 milioni di dollari. Il concetto base è creare degli “spazi appesi” alla megastruttura,
con grandi giardini flottanti e la possibilità per i visitatori di arrampicarsi lungo la struttura per un tratto di 180 metri. La grande piazza pubblica si trova in cima a quota +460 metri su una sorta di scalinata romana, tipo piazza di Spagna, un belvedere turistico che si annuncia mozzafiato. Poi si innalza il pennone a toccare le nuvole. Ma IBA gioca la carta della differenza: questa forma slanciata, esile, elegante generata dalla torsione e dal contrappunto delle forze strutturali, è in controtendenza rispetto alle solite torri fallocratiche, impositive, angolari, maschili. Qui la torre è veramente al femminile: sinuosità, apparente fragilità, variazione continua dei piani, contro la monotonia e ripetitività dei grattacieli tradizionali. Oltre alla torre, IBA propone l’edificio per i TV Studios di Guangzhou, progetto selezionato tra i vincitori. Ciò che accomuna la torre e gli Studios è il concetto dell’elemento strutturale che si integra nella facciata, nel processo di genesi ideativa della costruzione: così come la torre viene prodotta dalla torsione di un tubo ellissoidale, così gli studios nascono da una massa di tubi che si spingono verso il cielo in cerca di luce. L’edificio viene scolpito da questa massa di tubi. Il risultato è una sorta di “diamante poroso” poggiato al suolo, destinato ad accogliere la luce. Il volume costruito nella notte diventa uno schermo televisivo 3D, grazie alla pelle pixelata, che consente di produrre immagini ad alta definizione. I confini tra edificio e immagine svaniscono, fino a creare un’ibridazione, una mutazione genetica che ci interroga ed emoziona. Un altro dei tre progetti presentati per gli Studios è di Dubosc+ Landowski: qui viene data molta più enfasi alle scelte energetiche e alla matrice di flessibilità degli spazi. Siamo sempre all’interno di una matrice neo-organica, con la crescita graduale nel tempo dell’edificio attorno a una piazza ellissoidale, con l’aggregazione per accostamento dei volumi, quasi fosse una possibile concrezione di materie; i grandi petali/vele rivolti verso la torre, quasi un vascello sul fiume che cerca un dialogo e si rigenera a partire dal medesimo movimento spiraliforme della torre di IBA. Le vele di acciaio microperforato ripetono la metafora navale dell’Opera House di Sydney in un contesto immateriale. Spettacolarità del medium televisivo che diventa architettura, questi progetti celebrano una nuova civiltà fatta di grandi numeri, metropoli che si trasformano radicalmente, immagini che prendono possesso della città. Stefano Pavarini
L
et us begin with its name. Intriguing in its own right, since it provides a perfect snapshot of the current state of the art: Information Based Architecture. Architecture which organises space around information. We are surrounded, overwhelmed or, putting a positive spin on it, floating in an amniotic liquid flow of information. Information Based Architecture delves into this flux of fluid matter and tries to distil form from it, architecture. We are light years from the old methodological pastiche of postmodernism: collage, the assembling of past memories, based on an individual/polyhedron scraping the barrel of history. In contrast, IBA has a moral imperative: to reconstruct the foundations of simple order and trigger off a coherent generative process in quest of new forms. So let us take a look at how Mark Hemel and Barbara Kuit, the founders of IBA, have worked in Guangzhou. Chinese cities have transformed on an incredible scale. Once a maze of small roads full of street traders and bicycles, they have now exploded into metropolises with 10 million inhabitants. This is a new frontier for lots of European architects, now able to work on macro scales. In 2004 IBA won a competition to design a new downtown centre for Guangzhou, creating a project for a TV Tower, almost 18-hectare park and master plan per 56 hectares of cityscape, including a raised square, pagodapark, business area, offices, television centre and hotel. Of course, the tower was the most exciting iconic challenge, providing the chance to create a permanent landmark on an area destined to host the 2010 Asian games. Now that the tower is being built, with its massive foundations, it is nice to recollect the virtual construction process and development of a model, operations which began with a cylindrical tower, before moving on to the elliptical section, tapering near the top, rotating, torsion of the “girdle”, densely packed rings and rotating of rings etc. The resulting structural web is also the tower's facade, which varies right across every single metre of its elevation, eventually reaching the notable height of 610 m, covering a surface area of 100,000 square metres and an overall budget of $ 220 million. The basic concept is to create “spaces hanging from” the megastructure, with spacious floating gardens and the possibility of allowing visitors to climb up a 180-metre-long section of the struc-
ture. The large public plaza is located at +460 metres on what looks like a flight of Roman steps reminiscent of Piazza di Spagna, a breathtaking tourist observation deck. Then the mast rises up into the clouds. IBA is playing the trump card of difference: this streamlined slender and elegant form generated by the twisting and counterbalancing of structural forces is in striking contrast to the usual fallocratic, implosive, angular, masculine towers. This really is a female tower: curvaceous forms, apparent fragility and constantly varying levels, in contrast with the monotonous repetition of conventional skyscrapers. In addition to the tower, IBA has also designed a building for Guangzhou’s TV Studios, selected as one of the winning projects. The thing that the tower and Studios have in common is the idea of a structural elements knitting into the facade as part of the design process underpinning the overall construction: just as the tower is generated out of the twisting of an elliptic tube, likewise the studios are developed around a mass of tubes thrusting upwards in search of light. The building is sculpted out of this mass of cubes. The result is a sort of “ porous diamond” resting on the ground, designed to draw in light. The structure created in the night turns into a 3-D television screen, thanks to its pixel-loaded skin creating high definition images. The boundaries between building and image fade into a hybrid form, a genetic mutation which questions and excites us. Another of the projects presented for the studios is designed by Dubosc+Landowski: here much more emphasis has been placed on energy saving features and flexibly designed spaces. Here again, the matrix is neo-organic as the building gradually grows around an elliptic plaza by combining various structures, as if it were some sort of concretion of different materials; the large petals/sails facing the tower almost look like a boat sailing along the river in search of interaction, and is actually regenerated by the spiralling motion of IBA’s tower. The microperforated steel sails reiterate the naval metaphor of the Sydney Opera House in an immaterial context. The spectacular nature of the medium of television has been turned into architecture by these projects, as they celebrate a new kind of civilisation composed of big numbers, metropolises which are radically changing and images taking control of the city.
La Guangzhou TV & Sightseeing Tower, sulle rive del Pearl River, sarà uno dei più alti edifici del mondo con i suoi 610 m e diverrà un’icona dei Giochi Asiatici del 2010 che si terranno a Guangzhou. The Guangzhou TV & Sightseeing Tower, on the Pearl River banks, will be one of the tallest buildings in the world reaching 610 m, and will become the icon of the 2010 Asian Games that will be hosted in the city of Guangzhou.
Credits: Project: Information Based Architecture B.V. Design Architects: Mark Hemel and Barbara Kuit Project Team: Taco Hylkema, Patty Lui, Nate Kolbe, Tim den Dekker, Stefan All, Roumpini Makridou, Xiaolan Lin, Rena Logara, Eva Prelovsek, Daniel Schiffelers, Moe Ekapob, Anna Schepper Structure: Ove Arup & Partners Hong Kong Ltd. Local Design Institute: Guangzhou Design Institute Client: Guangzhou Construction and Investment Development Co., Ltd, Guangzhou TV Station
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Rendering e sequenza delle piante dei vari piani della torre. Conterrà due sale espositive, spazi commerciali, un centro conferenze, una sala per cerimonie, un complesso di cinema
4D, terrazze panoramiche, ristoranti e bar. Da una “passeggiata aerea, che sale dal livello +170 m ai +350 m con una scala aperta si può vedere da vicino la struttura. A 460 m, in
cima all’edificio, ci sarà una piazza pubblica panoramica di 55x38 m. Rendering and sequence of floor plans of the tower. It will contain two exhibition halls,
retail, a conference center, a ceremony hall, a 4D cinemacomplex, many observation decks, restaurants and cafes. From sky-walk formed by an open-air twirling staircase from level +170 m to +350 m one
can experience the structure from closeby. The ultimate climax of the tower is a 55x 38 m outdoor public square at +460 m on the top of the building.
Sezione e prospetto nord. La struttura è una maglia aperta ruotata attorno al proprio asse che crea irrigidimento a metà dell’edificio. A destra, planimetria e rendering della TV Station di 200.000 mq a ovest
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della Torre. L’edificio è pensato come un elemento organico ed è formato da una massa di tubi orientati verso l’alto e la luce. Da questa massa di tubi viene scolpito il volume. La profondità di facciata varia in tre
zone corrispondenti alle diverse funzioni richieste all’interno, dal basso verso l’alto aumenta la profondità così da conferire un effetto di stratificazione e un aumento della porosità.
Section and north elevation. The structure consist of a open lattice-structure that is twisted over its axis, therefore creating a tightening waist halfway up the building. Right, site plan and renderings of
the 200,000 sq.m TV Station to the west of the Tower. The building is conceived as being organic and is formed by a mass of tubes of directed upwards towards the light. From this mass of tubes a simple multi-facial
volume is sculpted. The façade-depth is varied over three zones, coinciding with programmatic requirements, from the bottom to the top each zone is increased in depth through which a layered effect is
produced, of increasing porosity over the height of the building.
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Dubosc & Landowski Architects
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Credits Project: Dubosc & Landowski Architects Project Manager: Solofo Ramamerimanana Project Manager Assistant: Chih-Yang Hung
Il complesso proposto è composto da edifici disposti a spirale intorno a una piazza ellissoidale. Appare come una sorta di vascello, caratterizzato da una sequenza di enormi vele di alluminio microforato, ormeggiato lungo il
Pearl River. Dall’alto: sezione e prospetto est; schizzo analitico del verde e master plan; viste a volo d’uccello. Nella pagina a fianco, rendering dell’edificio di notte con proiezioni sulle vele; pianta del piano terra.
The proposed complex is a spiral of buildings disposed around an ellipse central square. It looks like a sort of vessel building, characterized by a sequence of huge sails made of microperforate aluminium, anchored on the
Pearl River. Form the top: section and east elevation; landscape analytic sketch and master plan; bird’s eye views. Opposite page, rendering by night with projections on the sails; plan of the ground floor.
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Esperimento urbano Sociópolis Valencia Sociópolis è un progetto promosso dalla Generalitat Valenciana per la costruzione di un nuovo quartiere residenziale accessibile, un modello in linea con la tradizione contemporanea della ricerca e della proposta di ambienti abitabili che riflettano la realtà sociale di oggi. Il progetto propone la costruzione di abitazioni che rispondano alle necessità delle nuove tipologie familiari (giovani, anziani, single con figli ecc.), sia di proprietà in affitto, in un ambiente urbano di qualità con aree a verde, servizi sociali e una buona architettura in grado di generare eccellenza urbana. Gli architetti che prendono parte al progetto sono: Vicente Guallart, Toyo Ito, Willy Muller Arquitectos, Manuel Gausa, Scape Architecture/Duncan Lewis, R&Sie Architects/François Roche, Geode Block, YO2 Architects/Young Joon Kim, The Observer Design Group/Jm Lin, Ea Arquitectos/Antonio Lleyda-Eduardo de la Peña, Sogo Arquitectos, Jose Luis Mateo/Map Arquitectos, MVRDV, Colomer & Dumont, Arquitecturas Torres Nadal, Arquitectura Mediaterranea/José María Lozano, Abalos & Herreros, NO.MAD Arquitectos/Eduardo Arroyo.
Dall’alto: schema degli orti-giardino urbani, planimetria generale del quartiere (circa 350.000 mq), schema di sviluppo. From the top: scheme of the urban orchardgardens, site plan of the neighborhood (about 350,000 sq.m), scheme of development.
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“D
esign is a by-product of the inventive process”. Così era solito dire Peter Schlumbohm, tedesco di nascita, poi emigrato negli Stati Uniti nel 1935, dottore in chimica, inventore e designer appassionato e assolutamente innovativo, autore di qualche centinaio di brevetti non convenzionali e di decine di oggetti straordinari (fra i quali la serie di caffettiere Chemex, tuttora in produzione, esempio insuperato di intelligenza, lusso e semplicità). Difficile trovare una definizione più esatta, valida a tutto campo per ogni genere di arte applicata al fare cose e a modificare il mondo, non importa a quale scala e con tutte le limitazioni immaginabili. L’architettura, per esempio: sottoposta com’è a costrizioni infinite, vessata da ideologie pesanti e regolamenti obsoleti, da tempi lunghi di realizzazione, da operatori non sempre irreprensibili, e così via, quand’è valorosa il suo riscatto lo trova proprio nell’essere un by-product, un sottoprodotto consapevole dei limiti e delle condizioni volta a volta date, un precipitato fisico di una attività inventiva senza soste, capace di non farsi mai smorzare o definitivamente intrappolare. Sociópolis in questo senso può costituire un caso esemplare. Si presenta come un progetto, e un’esperienza, molto importante. Se tutto andrà bene, si potrà avere presto il primo consistente by-product, la prima e più completa trascrizione concreta, di una delle campagne di ricerca più lunghe e originali degli ultimi trent’anni. Che una serie considerevole di frutti l’ha comunque già prodotta e lasciata sul campo: prima fra tutti la serie dei Quaderns degli anni d’oro, diretti Manuel Gausa: numeri memorabili e raffinatamente a tema, trasversali, inanellati uno nell’altro, proprio come le contemporanee trasformazioni sorprendenti di Barcellona metropoli, effettuate a colpi di architettura, urbanistica, infrastrutture. Poi il lancio di ACTAR, casa editrice vorace e febbrile e insieme centro di ricerca e di progetto, un ponte deliberatamente lanciato verso il fare, coinvolgendo in un volume di fuoco mediatico abbastanza impressionante segmenti mirati di intellighenzia architettonica. E ancora un dispositivo davvero insonne, iperproduttivo, generatore di nuove continue ramificazioni: come per esempio Metapolis, Istituto di Architettura Avanzata, poi divenuto Iaac, Institut d’Arquitectura Avançada de Catalunya. Sociópolis era una proposta già ben definita in occasione della Biennale di Valencia del 2003. Una amministrazione pubblica attenta, colta ed efficiente, sorretta da ammirevoli capacità di concertazione l’ha rapidamente trasformata in programma operativo, dettagliato fino ai più minuti aspetti di gestione immobiliare. 2800 alloggi, in parte in vendita in parte da affittare, destinati a una utenza fatta di giovani autosufficienti, persone adulte single, famiglie mononucleari, da edificarsi in una delle zone destinate alla nuova espansione urbana, là dove i tessuti già edificati e prevalentemente slabbrati trascolorano in pezzi di territorio ancora a uso agricolo, solcati in vario modo da recenti grandi infrastrutture di traffico. Una situazione dunque comune a ogni città in rapida crescita. Le condizioni ideali per applicare metodi e procedure le cui radici teoriche, sotto forma di dizionario, sono tutte rintracciabili in Metapolis, pubblicato appunto da ACTAR nel 2001 (a sua volta un by-product, sotto altre spoglie). Perseguendo l’obbiettivo di promuovere, suscitare e sostenere interazioni diffuse e solide di natura urbana, alle residenze viene intrecciato un insieme assai fitto di servizi, moltissimi di carattere sportivo, altri di carattere sociale e culturale. L’insieme poi è declinato attorno a un grande parco centrale di 150.000 metri quadrati, accuratamente irrigato da un sistema apposito delle acque, con insiemi di essenze accuratamente individuati e localizzati con precisione; mentre per riprendere la memoria degli antichi frutteti arabi e per favorire bricolage, autoconsumi, sensi di appartenenza e neoformazioni microcomunitarie, si prevede una consistente estensione di orti urbani da destinarsi all’autogestione. Per altri versi, la diffu-
sione garantita di condizioni wireless dovrebbe fornire analoghi stimoli aggregativi. Infine le architetture, sviluppate prevalentemente in altezza e disposte soprattutto ai bordi, sono affidate a mani diverse, alla ricerca di una sorta di identità da perseguirsi per differenze. Inevitabili alcune osservazioni. I propositi e le proposizioni dure delle formulazioni derivate dalla ricerca teorica sembrano qui indebolirsi, se non andare in frantumi, quando entrano in conflitto con questi propositi di natura sociologica che, fatti i debiti aggiornamenti, non si discostano poi molto dalle buone intenzioni dei quartieri satellite del neoempirismo scandinavo postbellico (diverso, e perfino più innovativo, il caso poi fallito delle new towns inglesi). Che poi il dilagare delle edificazioni, dia luogo a situazioni sotto ogni punto di vista orribili e spesso dolorose è cosa nota; idem per le coesistenze, esacerbate, sia quelle fisiche sia quelle sociali, mentre il lavoro è cambiato e incerto. La società non è più quella di neppure vent’anni fa: la sua composizione è in larga parte mutata e sta mutando ancora. Si affermano nuovi soggetti e nuovi comportamenti. Le tecnologie digitali si innovano un minuto dopo l’altro e hanno pervasività incontenibile. I gradi di instabilità e di complessiva fluidità sono massimi e non si posseggono, al momento, neppure adatti metodi e tecniche di rilevazione e interpretazione. Insomma esattamente l’humus di Metapolis e della Architettura Avanzata proposta. Sociópolis, che deve essere costruita, non può invece sottrarsi alla sua condizione di by-product, gravato da tutto il peso che si trascinano dietro le cose di architettura e urbanistica. Così finisce per ragionare e organizzarsi per tipologie e non per topologie, riproponendo involontariamente condomini composti da alloggi Existenz Minimum (pisitos), variamente impilati e forniti di propaggini vegetali, nel nome di una supposta sostenibilità, e suggerendo occasioni di aggregazione per vicinanza ad abitanti che verosimilmente ne rifuggono e sempre più ne rifuggiranno. L’agricoltura urbana è un bel problema e lo si comincia ora ad affrontare; qui invece compaiono orti urbani i cui cultivar e il cui mantenimento non sono ben chiari, visto che i presunti utenti hanno bisogni, tempi e desideri diversissimi. D’altra parte la stessa abbondanza di attrezzature per il fitness corrisponde piuttosto alle consuetudini d’uso di una folla solitaria metropolitana; e le facilities offerte dalla rete suggeriscono piuttosto possibili comunità virtuali, come già ora d’altra parte avviene, con poche probabilità che il barrio digital possa un giorno trasformarsi in distretto digitale. Sotto il profilo dell’architettura, in coerenza con Metapolis, Sociópolis chiama a raccolta moltissimi architetti, ciascuno dei quali, nel quadro urbanistico e nel programma generale, sviluppa il proprio, o i propri, edifici, declinando liberamente poetiche personali. Le differenze sono enormi; ci sono le architetture estreme, quelle postpostmoderne, quelle garbate: ma non dovrebbero essere prese in considerazione una per una, ma nell’insieme, visto che l’obbiettivo principale è quello di dare luogo a una identità complessiva, fatta di tante diversità. Questo risulta per altro molto difficile, se non impossibile: la maquette generale, realizzata ad effetto, con materiali trasparenti e luminose, non permette di farsi nessuna idea precisa: paradossalmente, quello che viene comunicato non è più di un normalissimo planivolumetrico, del quale non si riesce ad afferrare la personalità. Colori, luci, ombre, tutto finisce con l’andar perduto, replicando, senza volerlo, l’inconsistenza e la convenzionalità della grande mole di rendering di accompagnamento, come ormai troppo spesso avviene del tutto indistinguibili l’uno dall’altro. Dice Vicente Guallart, deus ex machina teorico e pratico di questa che potrebbe anche essere considerata una sorta di Weissenhof del XXI secolo, che Sociópolis è allo stesso tempo locale e globale. Fuller diceva invece: “Think global, act local”: un consiglio che sembra ora opportuno non dimenticare. Maurizio Vogliazzo
Sociópolis is a project fomented by the Generalitat Valenciana for the construction of a new model neighbourhood of accessible housing, in line with the modern tradition of investigating and proposing new habitable environments that reflect the social reality of the time. The project promotes the construction of housing that responds to the needs of the new types of family unit (young people, the elderly, single-parent families, etc.), both owner-occupied and rented, in a quality urban setting in which the landscaped areas, social amenities and good architecture generate urban excellence. The architects participating in the project includes Vicente Guallart, Toyo Ito, Willy Muller Arquitectos, Manuel Gausa, Scape Architecture/Duncan Lewis, R&Sie Architects/François Roche, Geode Block, YO2 Architects/Young Joon Kim, The Observer Design Group/Jm Lin, Ea Arquitectos/Antonio Lleyda-Eduardo de la Peña, Sogo Arquitectos, Jose Luis Mateo/Map Arquitectos, MVRDV, Colomer & Dumont, Arquitecturas Torres Nadal, Arquitectura Mediaterranea/José María Lozano, Abalos & Herreros, NO.MAD Arquitectos/Eduardo Arroyo.
Dall’alto: definizione degli edifici pubblici di servizio, schema del circuito degli impianti sportivi, pianta della sistemazione a verde e paesaggistica. From the top: localization of the public service buildings, scheme of the sports amenities circuit, plan of the park areas and landscaping.
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Vista aerea di Valencia con l’identificazione del quartiere interessato all’esperimento urbanistico di Sociópolis. In basso, viste del modello. Tutti gli edifici sono orientati verso la zona
centrale attrezzata a verde di 120.000 mq e sono direttamente accessibili dalla cintura stradale periferica che contorna il quartiere. Aerial view of Valencia with the
identification of the neighbourhood involved in the Sociópolis urban experiment. Bottom, views of the model. All of the proposed buildings are oriented toward the central landscaped zone,
which has a surface area of 120,000 sq.m, with direct access from the peripheral traffic circuit running round the complex.
“D
esign is a by-product of the inventive process”, as Peter Schlumbohm used to say a German by birth who emigrated to the United States in 1935 to escape the racial laws and persecution. A chemist, inventor and absolutely passionate and innovative designer, he had hundred of patents in his name and designed dozens of incredible objects (including the range of Chemex coffee pots, which are still manufactured and an incomparable work of intelligence, luxury and simplicity). It is hard to find a better example of all-round expertise in every form of applied art, capable of altering the world on all scales regardless of the constraints he faced. Take architecture for example: subject as it is to endless constraints or invaded by overwhelming ideologies and obsolete rules, not to mention lengthy construction times and operators who are not always blameless etc., it often makes its presence felt as a by-product, carefully geared to the limits and conditions it is constantly forced to deal with, a physical precipitation of endless invention, which can never be blunted or entrapped. Sociópolis is a fine example in this respect. It looks like a very important project and experiment. If everything goes well, it will soon be the first substantial by-product and total actual transcription of one of the lengthiest and most original research campaigns of the last 30 years. Its roots are already there to be seen: first and foremost the series of Quaderns from the golden days, edited by Manuela Gausa: memorable issues tackling across-the-board themes with great elegance, linked together just like the startling present day transformations to the city of Barcelona implemented through architecture, town planning and infrastructures. Then there is the re-launching of ACTAR, a feverishly active publishing house and research-design centre, a bridge towards the world of action getting some of the most startling sections of architectural intellighentia involved in designing a quite striking media-oriented structure. And so it goes on, without the slightest break: a genuinely hyper-productive mechanism that never sleeps, endlessly branching off in all kinds of new directions: like for instance Metapolis, the Institute of Advanced Architecture, which soon turned into Iaac, Institut d’Arquitectura Avançada de Catalunya. Sociópolis was already clearly defined by the 2003 Valencia Biennial. Careful, cultured and efficient public administration, backed up by admirable orchestration (lucky them!) rapidly transformed it into a finely detailed operating programme, right down to the most minute property management aspects. 2800 flats, partly up for sale and partly rented out, designed for self-sufficient young people, single adults and small families, to be built in an area currently undergoing fresh urban expansion, where the existing and largely torn fabric fades into bits of land still mainly used for farm purposes, cut though in various ways by recently constructed major traffic infrastructures. The kind of situation found in all kinds of rapidly growing cities. Ideal conditions for applying methods and procedures, whose theoretical roots (in dictionary form) can be traced to Metapolis published by ACTAR in 2001 (itself a by-product in another guise). Chasing the goal of promoting, encouraging and supporting widespread and solid urban interactions, the flats are served by a vast array of services, many sports-oriented, others social and cultural. The entire complex is set around a large 150,000 sq.m central park, carefully irrigated by a special system of water resources, plus carefully chosen and placed plants etc. To evoke the old Arabian fruit trees and encourage DIY, self-consumption, feelings of belonging and neo-micro communities, there are also plans to extend urban allotments to be used for self-management 22 l’ARCA 224
purposes. On the other hand the diffusion guaranteed by wireless conditions ought to provide similar aggregative stimuli. Finally the architectural designs, predominantly high-rise and mainly set along the edges, are placed in various people’s hands in search of some sort of identity to be attained through differences. A number of remarks need making. The tough proposals and propositions deriving from theoretical research seem to fade way (if not shattered into smithereens) when they come up against certain more sociological propositions, which, making the right adjustments, are not so very different from the good intentions underpinning the satellite neighbourhoods of post-war Scandinavian neo-empiricism (English new towns were actually different and even more innovative). It is well known that sprawling building work, particularly in metropolitan boroughs, creates situations which are, in every respect, horrible and often painful; the same applies to over-strained co-existences, both physical and social, now that the labour market has changed and is so uncertain. Society is not the same as it was even just twenty years ago: its composition has largely changed and is still changing. New players and new behavioural patterns are coming to the fore. Digital technology is being upgraded by the minute and is now all over the place. Instability and overall fluidity are at a maximum and at the moment we do not even have the right means and methods of detection and interpretation. In other words, the very humus of Metapolis and its Advanced Architecture. Sociópolis, yet to be built, cannot escape the fact it is a by-product, weighed down by all the ballast architectural and town-planning things carry with them. So it ends up being devised and developed in terms of typologies not topologies, inadvertently re-proposing condominiums composed of Existenz Minimum (or, to be more precise, pisitos), piled together and landscaped in various ways in the name of some sort of alleged sustainability and offering new chances for their inhabitants who will presumably come in ever increasing numbers. Urban agriculture is a real problem and is only now starting to be tackled; but here there are urban allotments to be cultivated and maintained in as-of-yet unknown ways, seeing as its expected users have quite different needs, time at their disposal and desires. After all the abundance of fitness equipment available certainly suggests a solitary form of city life; and web facilities point towards virtual communities, as is already the case, with very little likelihood that the “ barrio digital” might some day turn into a digital district. From an architectural viewpoint and in line with what Metapolis supports, Sociopolis attracts lots of architects, each developing their own buildings designed in their own free poetics within the overall urban master plan and programme. The differences are enormous; there are extremist architectural designs, postmodern works, elegant projects: but they should not be studied individually, only in their entirety, seeing as the main aim is to create an overall sense of identity despite all the diversity. This turns out to be very difficult, if not impossible: the general model, striking constructed out of transparent materials and totally abstract features, does not really give us a very precise idea: paradoxically, all we have is a very ordinary structural plan, whose character certainly does not emerge. Colours, lights and shadows are all lost, inadvertently replicating all the usual, unsubstantial accompanying renderings which are now so often quite indistinguishable from each other Vicente Guallart, the theoretical and practical deus ex machina of what might even be considered a sort of 21st-century Weissenhof, says that Sociopolis is both local and global. Fuller, on the other hand, used to say: “Think global, act local”: advice that we would be well advised to keep in mind at the moment. Maurizio Vogliazzo
Rendering del parco e degli orti urbani. Il Parco di Sociópolis (progettato da Vicente Guallart in collaborazione con l’igegner Manuel Colominas) copre circa 165.000 mq di spazio a verde, in cui verranno piantate 10.094 nuove piante e alberi oltre alla frutta e alle verdure che verranno coltivate negli orti. Per l’irrigazione sono stati progettati 8.404 m di canali, ricavati dalla riattivazione di quelli esistenti ora coperti, dalla riqualificazione di altri e dalla creazione di nuovi canali nella zona degli orti urbani. I percorsi ciclopedonali saranno di oltre 7.409 m. Renderings of the park and of the urban orchard-gardens. The Sociópolis Park (designed by the architect Vicente Guallart, in collaboration with the engineer Manuel Colominas) will have a 165,000 sq.m zone of amenities in a landscaped setting. A total of 10,094 individual plants, shrubs and trees will be planted, over and above the plants in the orchard-garden zones. For irrigation 8,404 m of channels have been designed as the result of uncovering the existing channels, rehabilitating others, and creating new channels in the urban orchard-garden zone. There will be a total of 7,409 m of pedestrian walkways, which will also have lanes for bicycles.
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L’edificio Urban Mat, progettato da YO2 Architects/Young Joon Kim, contiene 25 appartamenti in affitto e un Centro Sanitario. Si trova
sulla piazza di fronte alla ex-fattoria Samoner ed è organizzato come una sovrapposizione di due diverse attività: da un lato il centro
sanitario del quartiere e, dall’altro, una sequenza di unità abitative delimitate da una serie di muri divisori sequenziali che determinano
diverse tipologie residenziali attorno a un piccolo cortile interno.
L’edificio di Toyo Ito, con 150 appartamenti in affitto per anziani, si affaccia sulla piazza nei pressi dell’ex-fabbrica La Torre. E’ strutturato
come un blocco lineare che si sviluppa in una torre i cui gli appartamenti sono caratterizzati da spazi comuni e terrazze. Il piano terra ospita vari
servizi pubblici come un day centre, terme, e un giardino irrigato da un canale.
L’edificio progettato da Sogo Arquitectos è nella porzione occidentale del quartiere. Contiene 26 appartamenti in affitto e il Centro per l’Agricoltura ed è definito da una struttura leggera realizzata con la tecnica della costruzione a secco. Al piano terra, si trova il centro amministrativo e per incontri per la gestione degli ortigiardini urbani intorno
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alla ex-fattoria Alquería del Saboner, e una serie di appartamenti sovrapposti che permettono una flessibile organizzazione funzionale. The building designed by Sogo Arquitectos is situated on the western edge of the sector. It hosts 26 rental apartments and the Agricultural Centre and is defined by a lightweight
Toyo Ito’s building, with 150 rental
structure and dry construction techniques. On the ground floor is the meeting and administrative centre for the management of the urban orchardgardens around the Alquería del Saboner farmhouse, and a series of stacked apartments that permits a flexible functional organization.
The Urban Mat building, designed by
YO2 Architects/Young Joon Kim, contains 25 rental apartments and a Health Centre. It stands on the plaza laid out in front of the Saboner farmhouse is
organized as a superposing of two differentiated activities: on the one hand a neighbourhood health centre, and on the other a sequence
apartments for the elderly, stands on a square plot near the existing urban fabric of La Torre. It is structured by means of a linear block that
evolves into a tower with apartments for the elderly in which the shared spaces and the terraces have a specially important role. The ground floor
accommodates various public amenities, a day centre, a spa and a garden that it will be watered from the irrigation channel.
of housing units delimited by a series of sequential walls that creates different housing typologies set around small interior courtyards.
Sopra, la torre, progettata da Jose Maria Torres Nadal/Arquitecturas Torres Nadal, è situata nella porzione meridionale del quartiere. Si innalza dal terreno sulla base di un meccanismo di decostruzione costituito dal raggruppamento degli spazi adibiti a residenza e di una sequenza di spazi comuni, con attività pubbliche distribuite in tutto l’edificio. Contiene 96 unità abitative ad affitto convenzionato.
Above, the tower, designed by Jose Maria Torres Nadal/Arquitecturas Torres Nadal, is situated in the southern part of the sector. It rises up from the ground on the basis of a mechanism for the deconstruction of the tower by means of the grouping of the spaces of the apartments and a sequence of shared spaces, with communal and public activities distributed throughout the whole building. It contains 96 rent-controlled housing units.
Sopra, la Huerta Tower di MVRDV con 96 unità abitative ad affitto convenzionato. In rapporto con i boschetti di alberi da frutto dell’area circostante, la Huerta Tower è costituita da venti piani di blocchi
piantumati da cui si proiettano ampie terrazze che contengono piccoli orti-giardini individuali in ognuno dei quali è piantato un albero da frutto. In tal modo, la vocazione “agricola” del lotto è ripresa nell’edificio,
La Sharing Tower di Vicente Guallart contiene 286 appartamenti in affitto, il Centro per le Nuove Tecnologie e la Piazza Pubblica. L’edificio è organizzato come una torre circolare da cui si aprono due ali che definiscono il principale spazio pubblico dove si svolgeranno gli eventi di Sociópolis.
trasformato in un giardino verticale. Above, the Huerta Tower by MVRDV contains 96 rentcontrolled housing units. In response to the groves of fruit trees in the surrounding area,
L’edificio contiene diversi tipi di appartamenti, tra cui quelli più piccoli con spazi di servizio comuni su ciascun piano, destinati ai giovani, i loft e anche un Centro polifunzionale per le nuove tecnologie e il centro del quartiere, che permetterà di collegare tutte le case con la fibra ottica, con l’biettivo di
the Huerta Tower is created as a twentystorey block plants from which large cantilevers project out; these cantilevers accommodate small individual orchardgardens, in each of which a single fruit tree is planted. In this
assicurare un uso intelligente dello spazio costruito e di incoraggiare l’interazione sociale tra i residenti. The Sharing Tower by Vicente Guallart has 286 rental apartments, the New Technologies Centre and a Public Plaza. The building is organized on the basis of a circular tower
way, the agriculture of the place reappears on the surface of the building, now transformed into a vertical garden.
with two projecting wings that define the principal public space in which Sociópolis events will take place. The building contains various topologies of rental apartments, including small apartments with shared service spaces on each floor of the Tower, housing for young people, and lofts, as well as a multi-functional centre for new technologies and the hub of the neighbourhood, which will connect and communicate all of the homes via a fibre-optic network. The aim is thus to ensure an intelligent use of the built space and to encourage social interaction between the residents.
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Nuove emergenze
Tour Phare at La Défense
A
diciotto anni, si parla ormai del 1989, dal concorso della Tour Sans Fins, il magico grattacielo firmato da Jean Nouvel a La Défense e mai realizzato, Unibail rilancia con un nuovo concorso la centralità della torre in questo quartiere a ovest di Parigi, destinato a divenire il principale polo di affari di tutta Europa. Il concorso promosso dal primo gruppo immobiliare francese, si inserisce infatti nel quadro di un più ampio progetto di rinnovamento che prevede la realizzazione entro il 2013 di 450.000 metri quadrati di uffici, e, appunto, di una torre particolarmente emblematica per tipo di espressione architettonica. Giudicato il novembre scorso da una commissione che constava di 18 esperti tecnici, il concorso ha visto la partecipazione di 10 studi di architettura, cinque francesi (Jacques Ferrier, Manuelle Gautrand, Nicolas Michelin, Jean Nouvel e Dominique Perrault) e altri cinque grandi nomi dell’architettura internazionale (Norman Foster, Massimiliano Fuksas, Herzog & de Meuron, Rem Koolhaas e Thom Mayne/Morphosis), che si sono confrontati sul tema di una torre simbolicamente chiamata “Faro”, stimata per un investimento di 800 milioni di euro. Le varie proposte, esposte al pubblico in una mostra allestita alla Cité de l’architecture et du patromoine di Parigi, sono una pregevole testimonianza della ricchezza linguistica, della maestria tecnica e della ormai consolidata sensibilità nei confronti della sostenibilità, di quelle tra le voci più significative del panorama contemporaneo. Il progetto del californiano Thom Mayne di Morphosis si è conquistato la vittoria con una proposta indubbiamente scenografica, supportata da fondamenti tecnologici e di sostenibilità innovativi, nonché da una portata urbanistica allargata, che sono stati deter-
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minanti nella valutazione finale. “Emergenza ibrida”, morbida e sensuale, la torre di Morphosis nasce e prende forma in rapporto ai condizionamenti del sito. “Un progetto organico” che rende omaggio al tripode del Cnit e alla mega cornice della Grande Arche, riconciliando in un sistema più coerente e funzionale la rete dei flussi e le dinamiche spaziali di una realtà fortemente contraddittoria. Un “non luogo”, dove i progettisti hanno eretto un simbolo contemporaneo che con i suoi 300 metri di altezza sviluppati all’insegna dell’asimmetria e l’abbraccio del basamento che si apre al Cnit è risultato il solo, tra tutti i concorrenti, a stabilire una connessione tra la stazione di interconnessione sotterranea e il traffico pedonale e viario fuori terra, attraverso il palazzo del Cnit. Tre ingressi a livello del piazzale riflettono l’irradiamento dell’edificio rispetto all’intorno, uno particolarmente spettacolare è risolto da imponenti scale mobili che portano a una lobby a 30 metri di altezza quasi a filo con la volta del Cnit. La struttura evolve in altezza, rastremando dall’ampia svasatura della base fino alle terminazioni finali del sistema di eoliche che proiettate nel cielo consentono di coprire il 40% dei bisogni di energia della torre, garantendo il raffrescamento per 5 mesi all’anno. La dimensione quasi palpabile dell’involucro è descritta da una pelle in vetro a Nord, che si raddoppia in una superficie ventilata sulle altre esposizioni, protetta da un velo in acciaio inossidabile forato che asseconda le variazioni del sole. Nocciolo centrale in cemento dei sistemi di circolazione e struttura in acciaio travi/pilastri declinata nella più rigida ortogonalità. Il progetto, che sarà realizzato in associazione con lo studio parigino Arte/Jean-Marie Charpentier, dovrebbe partire nel 2009 in previsione della sua inaugurazione per il 2012. Elena Cardani
E
ighteen years after the competition to design the Tours Sans Fins way back in 1989 (the magical skyscraper designed by Jean Nouvel at La Défense, but never actually built), Unibail is launching another competition to design a tower right in the heart of this neighbourhood to the west of Paris, which is destined to become the main business Centre in the whole of Europe. The competition organised by the leading French real estate company is part of a more extensive redevelopment programme, which will involve building 450,000 square metres of office space by the year 2013, as well, of course, as a particularly emblematic tower for this kind of architectural enterprise. Judged last November by a commission composed of 18 technical experts, ten architecture firms entered the competition: French firms (Jacques Ferrier, Manuelle Gautrand, Nicolas Michelin, Jean Nouvel et Dominique Perrault) and five other leading international names in architecture(Norman Foster, Massimiliano Fuksas, Herzog & de Meuron, Rem Koolhaas e Thom Mayne/Morphosis), tackling the issue of building a tower symbolically named “Faro” involving an estimated investment of Euros 800 million. The various projects entered, displayed to the public in an exhibition shown at the Cité de l’archietecture et du patromoine in Paris, are fine examples of the linguistic richness of the technical mastery and sustainability-oriented approach of leading figures on the modern-day scene. The project designed by the Californian architect Thom Mayne from Morphosis won the competition with what is certainly a striking design, underpinned by a highly innovative approach to technology and sustainability, plus an all-embracing attitude to town planning, which were crucial in determining the final result.
A soft and sensuous “hybrid emergence”, the tower by Morphosis is designed and shaped around its site constraints.” An organic project”, which is a tribute to the Cnit tripod and mega-framework of the Grande Arche, it takes the network of spatial flows and dynamics of a highly contradictory setting and fits them into a more coherent and functional system. A “ non-place”, where the designers have erected a modern day symbol looming up 300 m in height in the name of asymmetry and a base which opens up to embrace the Cnit building, this was the only project of all those entered establishing links between the underground junction station and pedestrian/road traffic above ground through the Cnit building. Three entrances at square-level reflect how the building radiates out into its surroundings, 1 particularly striking entrance features some eye-catching escalators leading to a lobby up at a height of 30 m, almost squared up with the face of the Cnit building. The structure tapers up from its splayed base to the very tips of its wind powered generators, which tower up into the sky and cover 40% of the tower's energy requirements, successfully cooling it down five months a year. The almost palpable scope of the shell features a glass skin to the north which doubles up into a ventilated surface on the other sides, sheltered by a perforated stainless steel veil catering for variations in sunshine. The core of the ventilation systems is made of concrete and the rigidly orthogonal beams/columns structure of steel. Work is planned to begin on the project, which will be built in conjunction with the Parisian firm Arte/Jean-Marie Charpentier, in 2009 and it should be ready to officially open by 2012.
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Torre ibrida/Hybrid Tower MORPHOSIS/THON MAYNE
Nelle pagine precedenti e in questa pagina, la Tour Hybride progettata da Morphosis/Thom Mayne, vincitori lo scorso novembre del concorso della Tour Phare, bandito da Unibail per La Défense a Parigi. A questo progetto, una torre per uffici di 130.000 mq, hanno partecipato 10 studi di architettura tra i più importanti a livello internazionale: oltre al vincitore, Jacques Ferrier, Norman Foster, Massimiliano Fuksas, Herzog & de Meuron, Manuelle Gautrand, Rem Kolhaas/Oma, Nicolas Michelin, Jean Nouvel e Dominique Perrault. La torre dello studio californiano, nasce e si sviluppa in rapporto alla particolare situazione del sito, collegandosi al vicino Cnit e confrontandosi con la Grande Arche. Un involucro morbido e organico è definito da una maglia metallica che si deforma assecondandone i movimenti. Questa struttura è avvolta da una pelle in vetro, a nord, e da una doppia pelle ventilata sulle altre esposizioni, protette dall’irraggiamento solare da un “velo” finemente forato in acciaio. Alta 300 metri, la torre si conclude con un fascio di eoliche, calcolate per coprire circa il 40% del fabbisogno energetico dell’edificio. Previous pages and this page, the Tour Hybride designed by Morphosi/Thom Mayne, winners of the Tour Phare competition organised by Unibail for La Défense in Paris. This project for a 130.000 sq.m office tower involved 10 of the leading international architecture firms: in addition to the winner, Jacques Ferrier, Norman Foster, Massimiliano Fuksas, Herzog & de Meuron, Manuelle Gautrand, Rem Kolhaas/Oma, Nicolas Michelin, Jean Nouvel and Dominique Perrault. The tower designed by the California-based firm is devised and developed around a specific location, connected to the nearby Cnit building and interacting with the Grande Arche. The soft organic shell is defined by a metal web which bends to movements. This structure is enveloped in a glass skin to the north and have ventilated double skin on the other side. It is sheltered from sunlight by a finely perforated steel “veil”. The tower, which is 300 metres tall, culminates in a strip of wind powered generators designed to cover approximately 40% of the buildings energy requirements.
Torre evolutiva Evolutive Tower JACQUES FERRIER
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Il progetto di Jacques Ferrier è l’evoluzione di “Hypergreen”, un concetto a forte contenuto ambientale studiato sui sistemi per anticipare le mutazioni future e, quindi, flessibile a trasformarsi nel tempo. L’edificio può così modificare le proprie facciate, pur conservando la struttura. Sollevata dal suolo, la torre di forma ellittica è avvolta da una rete metallica con funzione portante, calata sulla facciata formata da una doppia pelle di vetro. Il rivestimento esterno con elementi minerali in Ductal bianco è un chiaro riferimento al Cnit e alla Grande Arche. L’insieme beneficia di una ventilazione naturale e della funzione di 7 eoliche distribuite a coronamento della torre.
Jacques Ferrier’s project is a development on “Hypergreen”, a highly ecofriendly concept designed to allow systems to anticipate future changes, making it flexible enough to adapt over time. This means the building can actually adopt its own façades, while conserving the same basic structure. Raised above the ground, this is an elliptical-shaped tower enveloped by a metal web serving bearing purposes, which is set on the façade composed of the double glass skin. The outside cladding made from white Ductal mineral elements clearly evokes the Cnit building and Grande Arche. The entire building draws on natural ventilation and the seven wind-powered propellers distributed right across the roof.
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Anti-monolite Anti-Monolith NORMAN FOSTER
Il progetto di Foster è il solo a fare dell’altezza la caratteristica principale. Quindi nessuna particolare eccezionalità formale, anzi una soluzione molto corporate, declinata con un gesto semplice e immediato. Elevato contenuto strutturale, dove sono riconoscibili le esperienze di Hong Kong, Barcellona, Francoforte o Londra. Un anti-monolite, volume frammentato dai blocchi degli uffici su 24 piani, aggancianti all’ossatura centrale, con un panoramico skylobby a coronamento dell’insieme. Una “foresta urbana”, disegnata dal paesaggista Michel Desvigne, individua lo zoccolo di base. Foster’s is the only project which takes height as its most distinctive trait. So there is nothing particularly exceptional about its design, indeed it is a very corporate solution of great simplicity and immediacy. It's notable structural design draws on past experiments in Hong Kong, Barcelona, Frankfurt and London. This is an anti-monolith, a fragmented structure off 24 stories of office blocks walked onto the central frame, with a panoramic skylobby at the very top. An “urban forest“ created by the landscape designer Michel Desvigne characterizes the base block.
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Le gemelle The Twins
MASSIMILIANO FUKSAS Dall’architettura alla scultura, Fuksas ha puntato sulla plasticità dell’oggetto. Sfruttando lo spazio residuale tra Cnit e Grande Arche, ha lavorato sulla materia e sulla forma con l’obiettivo di modificare le dimensioni di densità e profondità proprie di una torre. Il progetto tende quindi a sdoppiarsi, in una completa ambiguità. Due entità indissociabili, proprio come due gemelle siamesi. Prende evidenza l’idea del passaggio, la torre è un oggetto da attraversare, sia visivamente, per evitare l’effetto monolite, sia fisicamente, come elemento di collegamento. Un giardino àncora la torre alla geografia della Défense, mentre verso il cielo un ristorante panoramico e sale riunioni sono un omaggio alla convivialità. From architecture to sculpture, Fuksas has focused on the plasticity off his object. Exploiting the residual space between the Cnit building and Grande Arche, he has worked on the material and the form in an attempt to try and alter the density and profundity associated with the tower. This means the project tends to take on a twofold form with total ambiguity. Two inseparable entities, just like Siamese twins. The idea of landscaping begins to emerge and the tower is an object to be crossed both visually to avoid the monolith effect, and physically as a link. A garden anchors the tower to the Défense site, while a panoramic restaurant and meeting rooms up near the top are designed to serve socialising purposes.
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La lama sottile/The Thin Blade
Concetto globale/Global Concept
Più un “taglia-cielo” che un grattacielo, la torre degli svizzeri Herzog & de Meuron, è un edifico lama nato dall’estrusione del sito. 135 metri di facciata per 35 di profilo, una monumentale “stele” in vetro dal concetto molto sofisticato, risposta alla limitatezza del lotto. Il dialogo con la capitale è la preoccupazione dei progettisti. Sia con la “Parigi sublime” con il suo asse storico, sia con la “Parigi pittoresca”, con la città complessa. Il cuore della torre è allora sezionato secondo degli assi precisi: Sacro Cuore, Notre Dame, Torre Eiffel, mentre la nozione di pittoresco è tradotta da una “montagna strutturale” sviluppata nel primo terzo della torre.
Marcata immagine di design sul tema dell’intreccio. Manuelle Gautrand ha progettato una dermostruttuttura, un “dermascheletro”, portando tutto in facciata. Un “derma” portante, capace e raffinato, in grado di supportare i 2/3 dei carichi della torre, l’altro terzo supportato dal nocciolo centrale. Chiaramente staccato dalla facciata, il dermascheletro, ampiamente aperto verso nord e più filtrante a sud, è definito da una lavorazione a trina che si rifà a quella della Torre Eiffel, composto da due maglie metalliche sovrapposte, una bianca e l’altra beige, una opaca l’altra brillante. La vista è sempre diversa come le ombre filtrate all’interno degli ambienti, che divengono facilmente personalizzabili.
More a “sky-cutter” than a skyscraper, the tower designed by the Swiss team Herzo & de Meuron is a blade-like building constructed by extruding the site. 135 metres of façade and 35 of profile, a monumental glass “stele” with a very sophisticated design to cope with the site’s smallness. The designers were particularly concerned about interacting with the capital: both “sublime Paris” with its historical axis and “picturesque Paris” with its complex city. The heart of the tower is sectioned along very specific axes: Sacré Coeur, Notre Dame, the Eiffel Tower, while the picturesque side is translated into a “structural mountain” developed over the first third of the tower.
Working on the design idea of interweaving, Manuelle Gautrand has designed a dermostructure, a “derma-skeleton” with everything on the façade. A bearing “skin” of great elegance and sophistication capable of bearing 2/3 of the tower’s loads with the other third being supported by the central core. Clearly detached from the façade, the dermaskeleton, wide open towards the north and more filtering to the south, features the kind of lacework associated with the Eiffel Tower composed of two overlapping metal webs, one white and the other beige, one opaque and the other shiny. The view is constantly changing like the shadows filtering inside, which can be easily customised.
HERZOG & DE MEURON
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MANUELLE GAUTRAND
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Quattro satelliti Four Satellites
REM KOOLHAAS/OMA L’evento è concentrato nell’ultimo terzo della torre. A oltre 200 metri di altezza, quattro satelliti emergono in aggetto dall’edificio, come quattro finestre in asse con i punti cardinali. Ospitano le sale dei mercati finanziari, ristoranti, palestra. Vi si accede attraverso passaggi tubiformi di 6 metri di diametro. Il basamento della torre è totalmente asimmetrico, quasi a cercare il contatto con gli edifici vicini. Il concetto della facciata è tutt’uno con quello della struttura. The event is concentrated over the final third of the tower. At a height of over 200 metres, four satellites emerge over the building, like four windows in line with the cardinal points. They hold the rooms of the financial markets, restaurants and gym. They can be entered along tube-shaped passageways measuring 6 metres in diameter. The base of the tower is totally asymmetrical, as if to try and get into contact with the neighbouring buildings. The façade concept is the same as the structure’s.
Skysail
NICOLAS MICHELIN Altra proposta ibrida, anche la torre di Nicolas Michelin, come quella di Mayne, cerca di ribaltare l’immagine classica della torre. Struttura a geometria complessa, è costituita da una successione di strati orizzontali di diverse lunghezze, che originano una sorta di grande vela. Calato sulla diagonale della parcella, è un oggetto aerodinamico poggiato come il Cnit su tre punti. Una facciata portante risolta in metallo è doppiata da una pelle in doppio vetro chiaro. All’interno, massima flessibilità dei piani, ognuno aperto su una serra. Un progetto che offre diverse percezioni, sia di giorno sia di notte e si conclude nel cielo con un belvedere vetrato. Nicholas Michelin’s tower is another hybrid design, just like Mayne’s, attempting to upturn the conventional image of a tower. Its geometrically complex structure is composed of a sequence of horizontal layers of varying lengths, which create a sort of giant sail. An aerodynamic objects resting, like the Cnit building, on three points has been set across the site’s diagonal axis. A bearing façade made of metal is doubled by a clear double-glazed skin. On the inside, the various floors are as flexible as possible, each opening onto a glasshouse. A project opening up various views both during the daytime and at night, which has a glazed observation deck up at the very top.
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Oggetto sperimentale/Experimental Object
Effetto prisma/Prismatic Effect
Attrazione e diffusione, immagine e architettura sono le coordinate di lettura del progetto di Nouvel. Oggetto monumentale tradotto con una tipologia assolutamente inedita e di forte grado di spettacolarità. Una gigantesca testa, alta 70 metri, alla sommità della torre, ruota lentamente attorno al suo asse. “Volendo descrivere la vita attraverso la luce e il movimento” il progetto, studiato in collaborazione con Alain Fleischer, cerca di individuare ciò in cui l’immagine diventa architettura. Alla quota di 250 e 300 metri sono organizzati i belvedere, mentre nella parte in movimento sono creati dei giardini nello spazio di mezzo, come se la vegetazione fosse serrata in sandwich tra il digitale. Il corpo della torre è invece declinato all’insegna della sobrietà e del rigore, con un concetto strutturale particolarmente sofisticato. Perfettamente parallelo alla facciata del Cnit, è collegato al piazzale da una scala monumentale.
Un progetto “doppio”, pensato all’insegna del pragmatismo e della geometria. La sua forma, prossima la trapezio, nasce dai pochi appoggi consentiti dal sito. Per spezzare la brutalità del monolite, che ha funzione portante, la torre è rivestita da una seconda pelle, che si modifica al variare della luce. Lo scommessa è quella di smaterializzare l’imponenza della massa. L’involucro è come un abito di vetro, che sembra galleggiare attorno all’ossatura in cemento. Il dispositivo è espressamente dichiarato, così come la pelle vetrata cerca di stabilire una relazione con il contesto, nutrendosi di un paesaggio cangiante, la funzionalità è assicurata dalla regolarità di un monolite con un classico nocciolo centrale. Grazie alla protezione vetrata, sviluppata su una struttura metallica, gli utenti potranno aprire a piacimento le finestre, come fossero a casa loro.
JEAN NOUVEL
Attraction and diffusion, image and architecture, are the distinctive features of Nouvel’s project. This monumental object has been rendered in an absolutely unique and highly spectacular style. A giant head, 70 metres tall, at the top of the tower revolves slowly around its axis. “Setting out to describe life through light and motion”, the project, designed in conjunction with Alain Fleischer, tries to decipher how image becomes architecture. At a height of 250 and 300 metres there are observations decks, while the moving part has gardens set in the intermediate space as if the landscaping were sandwiched between the digital technology. The tower structure is designed along the lines of sobriety and precision, working on a particularly sophisticated structural concept. Perfectly parallel to the façade of the Cnit building, it is connected to the plaza by a monumental stairway.
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DOMINIQUE PERRAULT
A “double “ project, designed along the lines of pragmatism and geometry. Its almost trapezoidal form is based around the few contact points available on the site. To break up the brutality of the monolith design, which serves a bearing function, the tower is clad with a second skin, which alters with the light. The design gambols on trying to dematerialise the imposing mass. The shell is like a glass suit, which seems to float around the concrete frame. The striking design features a glass skin which attempts to set up relations with the surroundings, feeding off a shimmering setting. Its functionality is guaranteed by the regular form of the monolith with a classic central core. Thanks to the glass protection constructed around a metal structure, users can open the windows whenever they like, as if they were at home.
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e riflessioni che l’Arca pone, di volta in volta attraverso le sue pagine, sul tema della ricerca progettuale, impongono spesso delle vedute allargate per comprendere l’evolversi del disegno d’architettura. Alfonso Di Masi, architetto del salernitano, è un professionista che tiene strettamente legato il nascere della sua progettazione a una sottile ricerca che gli è offerta dalla sua terra. Il suo lavoro fa intendere una capacità progettuale che si basa su una metodologia sensata e costruttiva. Nell’analizzare la sua ricerca si riesce facilmente a capire come l’impalcato sul quale Di Masi sviluppa i suoi progetti gli consente di aggredire ogni divenire della progettazione. Si può quindi dire che egli permette al suo lavoro la libertà di crescere, in altre parole, di espandersi e non semplicemente di svilupparsi. E’ vero, l’immobilismo del progetto d’architettura ci spinge a fare delle riflessioni proprio su un argomento che, anche se non appare evidente, ci riguarda da vicino. Il dibattito sull’architettura tanto è vivo nel suo confronto con le nuove filosofie, quanto non riesce a produrre nuovi eventi. I trenta anni d’urbanistica italiana hanno portato solo a collezionare immobili come se fossero delle suppellettili. Occorre allora, più in generale, che il prodotto della cultura libera e innovatrice del progetto segni il tempo e segni, così anche il nostro secolo. Non bisogna aver paura del giudizio dei posteri in quanto il lavoro nella disciplina dell’architettura non deve rimanere nascosto, ma spingersi fino a definire l’aspetto della nostra epoca. Ecco cosa appare nel lavoro di Di Masi, sul quale vale la pena di riflettere, e dove si evidenzia tutta l’intensità della nostra era, in contrasto con classificazioni superficiali come l’essere chiamati post-razionalisti, post-modernisti o decostruttivisti, titoli, fra l’altro, che tolgono ogni incentivo a operare in architettura. Il che significa solo credere al servizio che il progetto deve e può generare, nella libertà e nell’universalità di accogliere l’atemporalità del sentimento dell’uomo. Tutto è in divenire come lo sono le necessità, la morale e l’etica; quindi ciò che più occorre è un’architettura libera di rispondere sempre meglio ai nuovi bisogni. Il lavoro dell’architetto, impostato in modo da considerare ogni elemento parte del disegno di progetto, diventa autorevole nella scelta o nell’esclusione di soli pochi elementi, altrimenti rimane un banale atteggiamento di moda. E’ combattere le varie tendenze dell’architettura contemporanea che permette di vedere come le accademie generano sempre delle forme che non sono altro che il feticismo naturalistico degli oggetti. Ci si dimentica perfino la situazione del suo significato, per imporre un’apparente continuità del segno ma questo è solo distruggere il divenire dell’architettura. La sperimentazione del progetto non può che essere verificata e provata; niente è più nocivo che discuterlo e celebrarlo attraverso sterili presupposti. E’ ciò che non fa Alfonso Di Masi che, invece, sostiene l’identità fra il disegno d’architettura e l’architettura stessa e non confonde il fare ricerca col fare architettura, che è ben altro. Verificare la fattibilità di un’opera significa alimentarne l’originalità e la creatività mantenendo, così, attivi i processi d’innovazione contro l’assopimento voluto dalla meccanizzazione e dalla falsa interpretazione dell’economia che minacciano la nostra società. Occorre, allora, riflettere anche sui confini che sono all’interno dell’uomo per capire la gente e aiutarla a comprendere l’Universalità del sentimento umano che, nel caso del lavoro di Di Masi, diventa il confronto con la terra solare e mediterranea del Sud d’Italia. Ecco allora che l’idea del progetto tradizionale può essere stata sufficiente finché lo spostamento della popolazione è rimasto relativamente limitato, innescando semplici fenomeni d’urbanizzazione, alla presenza di uno sviluppo tecnologico non ancora inquietante. Difatti la tecno38 l’ARCA 224
Agora Dreams and Visions
Agora Dreams and Visions L
CUBIK CITY Alfonso Di Masi
logia di un tempo si limitava, per esempio nella seconda metà dell’Ottocento, ad accelerare la realizzazione della torre Eiffel o a permettere, più avanti, la realizzazione della metropolitana; non poteva però modificare strutturalmente l’asse del progetto. La telematica, l’informatica o la robotica, viceversa, stanno oggi sconvolgendo tutte quelle relazioni che un tempo, pur nel loro divenire, erano abbastanza fissate. Ciò traspare dall’attenzione che Alfonso Di Masi dedica a questi temi che, fra l’altro, fa intendere attraverso i suoi segni. Occorre, allora, rivedere la rappresentazione delle memorie, seguendo uno schema a rete e non ad albero, distinzione topologica fondamentale, puntualmente presente nei suoi lavori. Non si tratta, in ogni modo, solo di una questione di topologia matematica, ma di vera modificazione strutturale del pensiero; lo schema ad albero, in ogni modo complicato, ammette dei circuiti di controritorno, in altre parole d’apprendimento, ma non aperto a innovazioni drastiche. Un sistema a rete ha sempre la possibilità di avere un aggiuntivo che può essere riciclato dando luogo a un’altra rete, mentre il primo, in qualunque modo lo si renda più complesso, non aumenta la dimensione del problema, soltanto la rete ha questa peculiarità, ciò è spiegato anche in topologia. L’uso di un sistema siffatto, quindi, aumenta enormemente l’affidabilità, se si vuole tendere all’espansione, teoria nata quando si è passati dallo schema ad albero a quello a rete. Questo ultimo permette una struttura d’affidabilità misurabile o aumentabile alla luce dell’idea, ormai accettata latu sensu, che il sistema solare, e quindi il sistema complessivo, sia un sistema curvo. E’ proprio la curvatura dello spazio che spiega la gravitazione: i percorsi sono legati alla dislocazione delle masse. I progetti così pensati diventano un punto, le cui coordinate sono la fattibilità e l’economicità. Quelli che seguono questa legge avranno un andamento a spirale e, secondo le loro componenti, avranno anche una propria locazione: il luogo dei punti delle curve ellittiche su cui sono ubicati i progetti diventa il luogo che garantisce un’ottima utilizzazione dell’energia potenziale. Tornando all’analisi di quei temi che sono stati i dettati progettuali dello studio sul progetto architettonico; temi che è parso opportuno organizzare in un sistema di reti capace di classificarli, per poi dedurne le consequenzialità, in una nuova ottica d’approccio. Ogni uomo, dunque, porta con sé la propensione, intesa come attitudine verso il consumo o verso il rischio. La prima, quella verso il consumo, genera una curva convessa, la seconda, quella verso il rischio, una curva concava e questo dà luogo a una catastrofe, intesa come cambiamento del sistema. Ritornando ora al tema progettuale si è visto come l’analisi ha privilegiato prima gli attori della commedia cittadina, poi le classi d’età e, infine, la tecnologia. L’aspetto che interessa è l’energia da queste sviluppata in relazione al lavoro: il capitale umano in termini di lavoro. Si vuole qui distinguere l’energia potenziale dall’energia cinetica in quanto questa costituisce il semplice lavoro, nel senso che, dato che si consuma, s’investe e il potenziale di questo rapporto deve essere il territorio. Gli obiettivi sono gli attori della vita cittadina, in altre parole gli agenti, in quanto producono, consumano e si divertono nell’ambito territoriale. Sembra di capire che la domanda che si pone Alfonso Di Masi è: in quale ambiente devono essere collocati? Per esempio, anche se lui non lo disegna espressamente, ma si suppone lo sottintenda, in una città frattalmente semplice oppure, in tal senso, complessa? I suoi progetti sembrano indicizzati a queste risposte. Mario Antonio Arnaboldi
L’
Arca magazine’s regular investigations into architectural experimentation often call for greater scope and openness in order to take in the latest developments in design. Alfonso Di Masi, an architect from the Salerno area, draws much of his inspiration from the land where he was born. His work shows skills based on a carefully thought out and constructive methodology. Analysing his research, it is easy to see how the framework on which Di Masi develops his projects allows him to comfortably take on anything new architecture has to offer. It might be said that he allows his work freedom to grow or, in other words, to expand and not just develop. It is true that the static nature of architectural design forces us to ponder over an issue which, although not that clear to everybody, actually concerns us very closely. Architectural debate is as closely tied to emerging lines of philosophical thinking as it is incapable of generating new events. 30 years of Italian town planning have led to nothing more than a collection of properties, as if they were just fittings and fixtures. What is needed, more generally speaking, is for the excessively subtle research produced by free and innovative architectural design to actually make its mark on the age in which we live, and hence this new century. We must not worry about how our descendants will judge us, because the work of architecture must not be hidden away, on the contrary it should actually shape this century. This is what appears in Di Masi’s work (which is certainly worth looking out in greater detail), where all the intensity of our age of highspeed communication emerges in all its force. It contrasts all the labels of postrationalism, postmodernism or deconstructionism which kill off any incentive to work in the world of architecture; this leaves us with no choice but to believe in the service architectural design must and can generate, as it freely embraces the universal and timeless nature of human feeling. Everything is in a state of becoming, and the same can be said of our needs, morality and ethics; so what we really need more than anything else is a form of architecture free to cater as best possible for emerging needs. The architect’s job, geared to taking into account every single feature of a design project, is authoritative to the extent that it involves choosing or excluding just a few key elements, otherwise it would be nothing but trendy gesture. It is only by combating the various trends in modern day architecture that we can truly see that the academies generate nothing but forms, which are mere naturalistic fetishes of objects. Even its underlying meaning is forgotten in the attempt to create a sort of stylistic continuity, but this is nothing more than another way of destroying the future of architecture. Design experimentation can be neither verified nor proven; there is nothing more harmful than talking about it and celebrating it through sterile assumptions. This certainly is not what Alfonso Di Masi does, as he strives to make architectural design correspond to architecture itself, never confusing research with actual architecture, which is something quite different. Assessing the feasibility of a job means nourishing creativeness and originality, thereby keeping the processes of innovation alive against the dulling effects of mechanisation and pseudo-interpretation of economics, which threaten our society. This means we need to ponder over the boundaries inside mankind, in order to understand people and help them understand the universal nature of human sentiment, which, in the case of D Masi’s work, means confronting the sunny Mediterranean lands of southern Italy. This is why the idea underpinning conventional design was enough to prevent the popula-
tion from shifting too much, triggering off simple urbanisation phenomena in face of technological progress, which has not yet reached disturbing proportions. In actual fact, old-fashioned technology, for instance, during the latter half of the 19th century, confined itself to speeding up the construction of the Eiffel Tower or, later on, to allowing the building of underground railway lines; but it couldn't really structurally alter the basic line of a project. On the other hand, telematics, computer technology or robotics are now totally transforming all those relations which, in the past, were relatively static, even as they progressed. This clearly emerges in Alfonso Di Masi’s interest in these issues, as shown by his own designs. We need to take a fresh look at how the past is represented, following a web diagram and not a tree diagram, a key topological distinction clearly evident in his works. In any case, this is not just a question of mathematical topology, but an authentic structural alteration in our way of thinking; the tree diagram, complicated in its own right, allows for counter-loops or, in other words, learning loops, which are not however open to drastic innovations. A web system always allows additions, which may be recycled to create another web, while a tree diagram somehow makes it more complex, but cannot increase the scope of the problem, only a web has that distinctive feature (as explained by Topology). Using this kind of system enormously increases reliability (when attempting to expand), a theory which was developed when moving on from the tree diagram to the web scheme. The latter’s reliability can be measured or increased, in light of the idea (now generally accepted) that the solar system, and hence the overall system, is curved. It is actually the curvature of space that explains gravity: paths are linked with the motion of masses. Projects designed in this way converge into a point, whose coordinates are feasibility and financial viability. Those following this law will trace a spiral and, depending on their components, will have their own position: the position of the points on the elliptical curves where the projects are located become the place, guaranteeing optimum use of potential energy. Let’s return to an analysis of those topics which dictated how the architectural project was devised; topics which it was decided to organise into a system of networks capable of classifying them, so that their consequences could be deduced based on a new approach. Every single person carries within them a certain propensity or tendency to consume or take chances. The tendency to consume generates a convex curved; on the other hand, the aptitude for taking risks creates a concave curve, and this creates a catastrophe, taken as a change in the system. Returning to the issue of architectural design, we have seen how analysis first favoured actors on the city scene, then the various age groups, and finally technology. The interesting aspect is the energy for work that is developed in this way: human capital in terms of labour. Here there is an attempt to destroy potential energy through kinetic energy, since the latter constitutes simple labour, in the sense that, seeing as it is consumed, it is invested and the potential from this relation must be the territory itself. The targets are the actors in everyday life or, in other words, the agents, since they are the ones who produce, consume and amuse themselves within the realms of the territory. It would seem that Alfonso Di Masi is asking what kind of environment they need to be set in. For example, although he does not actually mention this (it seems to be taken for granted, should it be in a fractally simple or complex city? This is what his projects seem to suggest. 224 l’ARCA 39
The idea of studying a model of a city whose origins lies in a sort of critical re-reading of artistic-theoretical models from the early20th century, which led to rationalism and the modern movement (from neo-plasticism to le corbusier’s purism), came from an intellectual curiosity to see just how topical they are. The neoplastic aporia over “eliminating the tragic” provides the support for a sort of aberrant return, which, working from a model which is itself non-perspective, attempts to define unnatural and nonhomogeneous spatiality, while drawing on a mutant, developing perspective: this is the cubik city! everything is simple and can be traced back to primitive mathematics: the line, plan, rightangle,….cube. this gives rise to a criterion of aggregative dynamism deriving from their cartesian spatial shift in a pre-defined structural grid. In all this crystallised “potential” staticness of the cube causes the overall formal movement.
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Schema ad alta densità residenziale e servizi.
Schema a media densità con innesto reticolo percorsi.
High-density residential/services scheme.
Average-density scheme with a web of paths incorporated.
Schema a bassa densità.
Pannellature controventanti.
Low-density scheme.
Windbracing panelling.
Nastrostrutturale-residenziale Structural-residential strip Nastro percorsi-collegamenti Paths-connections strip Nastro strutturale-residenziale Structural-residential strip
Reticolo spaziale Spatial web
Schizzi di studio e ricerca geometricospaziale.
Schematizzazione strutturale ed evolutiva di due moduli residenziali e collegamenti dello schema generale. Structural and developmental schematisation of two residential units and links to the main scheme.
Study sketches and geometric-spatial research.
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Assonometria di insieme e rendering della proposta per una Cubik City.
Sezioni AA’ e BB’. Sotto, pianta a quota + 30,20 m con indicati i diversi settori funzionali.
Overall axonometry and rendering of the project for a Cubik City.
AA’ and BB’ sections. Below, plan at +30.20 m showing the various functional sectors.
Tipologia abitativa 2 – Duplex 72 mq. Housing type 2 – 72 sq.m duplex.
Collegamenti e percorsi di piano Links and floor corridors Residenze/Housing Centro amministrativo/ Administration centre Ludoteca/Games Room Balcony/Balcony
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Rendering delle partizioni trasparenti che suddividono i diversi settori di Cubik City. Sotto, vista dal basso della torre a spirale che conduce alla terrazza panoramica.
Rendering di due possibili collocazioni di Cubik City e della piazza di accesso. Rendering of two possible locations of Cubik City and entrance square.
Rendering of the transparent partitions dividing up the various sectors of Cubik City. Below, view from the foot of the spiral tower leading to the observation deck.
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Si pranza dove capita e la zona di riposo è mutevole…
A
bitare: che cosa significa? Siamo davanti all’immagine (atto, gesto, comportamento, sentimento, prassi, cultura, pensiero, origine, destino) più antica del mondo, ma non sappiamo che cosa essa esattamente contenga, a quale precisa idea o concetto rinvii, quale senso compiuto vi si nasconda. Le figure ancestrali della tana, del riparo, del rifugio, che ci riportano alle sue origini antropologiche, ci forniscono solo il vago disegno di un imprecisabile “territorio” in cui vivere. Ma che cosa accade dal momento in cui la “tana” si trasforma in “abitazione”? Tutto quel che sappiamo è che, di qualunque cosa si tratti, l’abitare si è espresso da allora in poi, in tutte le lingue, in una forma verbale, che prevede comunque un’azione, una continuità. Per descriverlo bisogna quindi raccontarlo, ridurlo in parole. È questo il punto di partenza? Una rapida occhiata a un qualsiasi vocabolario permetterà di accertare che il latino habito -as – forse da una radice sumerica hab, “padre” – sarebbe una forma frequentativa, esprimente un’azione ripetuta, di habeo -es, che vale “avere, possedere”. In senso stretto, dunque, “abitare” significherebbe “avere abitualmente, continuare ad avere”. Ma la durata di questo possesso innesta subito, oltre all’idea di proprietà, anche quella, reciproca, di appartenenza, fino a lambire il più complesso concetto di identità. Ciò che io abito mi è proprio, sia come mia durevole proprietà, sia come mia qualità o attributo costante. Non per nulla il senso di radicamento che questo possesso comporta è ulteriormente confermato dalla presenza della stessa radice in habitudo, “complessione, conformazione fisica”, in habitus, “aspetto”, e perfino in habena, “briglia, laccio, vincolo”, che rinvia a un legare a sé. Possedere, permanere, apparire, identificarsi, legare a sé, legarsi, far proprio, appartenere: ecco dunque alcune figure primarie che emergono dalla fitta maglia di significati in cui si manifesta l’abitare. Se abitare comporta, alla base, una identità e un possesso, non sarà difficile individuarvi un soggetto e un oggetto, un “io” e una “cosa”. Nella fattispecie: un abitante e uno spazio. Ma questo spazio si presenta sotto aspetti mutevoli: può essere abitato, da abitare, abitativo. In esso è dunque implicito un “progetto” che esprime un’esigenza, una distanza temporale in direzione del futuro, la concretizzazione di un’idea in un’opera. È il momento dell’architettura. Incarnato nell’architettura, l’abitare entra nella storia, che lo definisce in una scala tipologica ai cui vertici si collocano il palazzo e il tempio, e ai livelli inferiori l’abitazione privata, ancora informe, indifferenziata. La “casa” emerge in epoca romana, quando la civiltà urbana crea un ceto medio – gli equites, i mercanti, gli intellettuali – il cui livello di vita si pone in posizione intermedia tra il patriziato e la plebe, e colloca quindi l’abitazione tra il palazzo del potere e l’abituro del povero. In questa fase l’abitare si dà una struttura circoscritta: delimita una zona del privato e l’organizza in un equilibrio spaziale tra la socialità e l’intimità, l’esistenza quotidiana del gruppo e quella del singolo. Al contrario del tempio, del palazzo e dell’abituro, la domus romana è orientata verso l’interno, e la distribuzione dei suoi spazi prevede già l’organizzazione funzionale moderna, suddivisa in “zone giorno” e “zone notte”, servizi e ambienti d’accoglienza. Scomparso l’impero romano, la barbarie dei primi secoli e la società feudale cancellano l’abitazione privata e riportano in primo piano il palazzo nobiliare e la capanna del plebeo. A fatica i liberi comuni borghesi e mercantili, con i loro gruppi sociali attivi e intraprendenti, mantengono nel tessuto urbano la presenza di abitazioni i cui vani si distinguono fra loro per una vaga funzionalità, sebbene spesso le funzioni si sovrappongano, e la camera da letto sia anche luogo di ricevimento, la cucina sia spazio collettivo e i servizi siano del tutto assenti. L’abitare torna e farsi informe, a identificarsi in un semplice spazio d’appartenenza, in una delimitazione territoriale tutta proiettata sull’esteriorità. L’abitazione come segno di distinzione sociale esaurisce il suo compito nell’aspetto esterno: la facciata del palazzo, l’androne, le grandi sale, nascondono, con le loro superbe architetture, l’indifferenziato moltiplicarsi di spazi privi di fisionomie riconoscibili. Si pranza dove capita; la zona del riposo è mutevole; i servizi si concentrano quasi sempre nelle cucine. Ciò che conta è lo spettacolo offerto all’esterno, al mondo. 46 l’ARCA 224
È la città moderna, espressione di una società nella quale la borghesia assume un peso sempre più decisivo, a far riemergere l’abitare come individualità, interiorità, dimensione privata. L’idea dell’appartamento – ritaglio di spazio gelosamente delimitato, il cui valore economico è pari a quello sociale – affiora nelle grandi capitali europee di pari passo con l’organizzazione moderna dello stato e la nascita di una classe di funzionari e di imprenditori che scardina l’antico dualismo dell’aristocrazia e della plebe. Essa presuppone una nuova idea di decoro, dignità sociale, che si esprime in uno spazio abitativo di media grandezza, perfettamente attrezzato, in cui la limitatezza dei mezzi è all’origine di una calcolata disposizione degli ambienti e delle loro attrezzature. L’appartamento borghese recupera le tradizionali funzioni del palazzo nobiliare, ma le riduce in dimensioni minime, le distribuisce secondo criteri logici. L’abitare definisce le sue ragioni, le sue modalità, in una cornice di riservatezza e di accurata distinzione tra la fascia dell’intimità e quella della socialità, tra il salotto, la sala, la cucina, le stanze da letto. L’architettura contemporanea porta alle estreme conseguenze questo processo, definendo la fisionomia funzionale dell’abitare. L’appartamento ottocentesco ha affidato il suo equilibrio alla linea d’asse del corridoio centrale, con le camere che si susseguono ai suoi lati. Il progetto novecentesco fa invece perno su una pianta organizzata intorno alle strutture di servizio centralizzate, con la decisa separazione tra “zona giorno” e “zona notte”, e le competenze tecniche di laboratorio affidate alla cucina. Emergono i ruoli di una famiglia più elastica e flessibile, i rituali di una società sempre più aperta, nella quale l’abitazione di massa istituisce, con i canoni quantitativi dell’abitare, la reiterazione dei modelli spaziali e arredativi. In questo nuovo panorama dell’abitare, i principi guida del possesso, dell’identità, dell’appartenenza, della permanenza rimangono ancorati alle antiche figure – in pratica, all’antico habeo -es –, ma si fanno mobili, segmentati, intercambiabili. Le modificazioni che la contemporaneità ha apportato nei rapporti familiari e sociali sono profondi, e a essi si aggiungono le possibilità offerte da una tecnica costruttiva che si affida ai nuovi materiali per definire sempre più aggiornate opzioni spaziali. I rapporti tra chiuso e aperto, trasparente e opaco, leggero e pesante sono radicalmente innovati. La materia dell’abitare si trasforma insieme alla materia dell’abitazione, che fa della vecchia “macchina” abitativa un sistema sempre più delocalizzato, informatizzato, virtuale. Ciò presupporrebbe un abitare diverso, più proiettato verso lo scambio, la visibilità, l’esterno. Viceversa i paradigmi abitativi insistono ancora sui criteri dell’intimità, della protezione, della gelosa delimitazione del territorio, che pongono limiti all’apertura degli spazi domestici, alla loro continuità. Mutano i criteri di aggregazione familiare, ma la distinzione delle funzioni tende a rimanere inalterata, lasciando alla cucina il ruolo della nutrizione e della coesione del gruppo, alla sala il momento della socialità, alla zona notte la sanzione dell’intimità, dell’individualità, dell’io più nascosto. A cambiare sono semmai i rapporti spaziali: le camere da letto si fanno sempre più strette, il salotto si trasforma in salone di rappresentanza e il bagno – fucina di seduzione, igiene, benessere, narcisismo – assume un’importanza sempre maggiore. La trasformazione profonda si rileva nelle modalità di fruizione degli spazi domestici. Quanto più l’esistenza quotidiana si articola, incanalando le abitudini lungo percorsi sempre più ramificati, tanto più l’abitare si fa fluido, scorrevole, legato a nuovi rituali. La proliferazione degli schermi televisivi nelle varie stanze, la personalizzazione dell’ascolto musicale, l’ubiquità conquistata con i telefoni cellulari hanno scardinato i criteri della distribuzione funzionale degli spazi abitativi. La stessa mobilità urbana ha modellato nuovi orari domestici, nuove occasioni di relazione, inattesi rapporti generazionali. Il tempo dell’abitare è scandito da nuovi ritmi, in apparenza disarmonici, ma forse preliminari a future armonie. La domanda di partenza va dunque riformulata. Abitare: che cosa significa oggi? E come dovremo prepararlo per il domani? A rispondere, troviamo in prima linea l’architettura e il design. Ma la risposta vera va cercata più oltre. La conclusione del racconto è ancora lontana. Maurizio Vitta 224 l’ARCA 47
Dining Takes Place Everywhere and Relasing Areas are Changeable…
L
iving: what does that mean? Faced with the oldest image (act, gesture, behaviour, feeling, practice, culture, thought, origin, fate) in the world, we do not even know exactly what it contains, what exact idea or concept it invokes, or the full sense it conceals. The ancestral figures of the den, shelter or hut, which help trace it back to its anthropological roots, only give is a vague idea of some indistinct “ realm” to be inhabited. But what happens when a “den” turns into a “home”? All we know is that what ever living means it has always been expressed verbally in every language, envisaging some sort of action or continuity. To describe it, therefore, it needs to be recounted, reduced to words. Is this where we ought to begin? A quick glance at any dictionary would show that the Latin habito -as – possibly from the Sumerian root hab, “father” – is an iterative forms expressing a repeated action from habeo -es, meaning to “have, possess”. So, strictly speaking, “living” means to “habitually have or continue to have”. But the ongoing nature of this possession immediately evokes the idea of belonging as well as ownership, even touching on the complex concept of identity. What I live in is my own, both in the sense of being my enduring property and as a constant attribute or quality of mine. Not surprisingly the sense of being rooted this form of possession involves is further confirmed by the presence of the same root in habitudo, “complexion, physical conformation”, in habitus, “appearance”, and even in habena, “bridles, lace, tie”, evoking the idea of binding to oneself. Possess, endure, appear, identify, tie to oneself, tie up, make one’s own, belong: here are some of the primary figures emerging from the thick web of meanings in which the idea of living appears. If the roots of living lie in some sort of identity and possession, it should be easy to find a subject and object, an “I” and a “thing”. More specifically: an inhabitant and a space. But this space is presented from various viewpoints: it may be lived in, for living in, liveable. It implicitly contains a “project”, expressing a need, temporal distance in the direction of the future, the embodiment of an idea in a work. It is time for architecture. Embodied in architecture, living enters history, which sets it on a typological scale. At the top of which we have the building and temple, and on the lower levels the private house, still formless and indistinct. The “house” first came into being in Roman times, when urban civilisation created a middle-class – the equites, merchants, intellectuals - whose standard of living was somewhere between that of the gentry and commoners, placing their houses somewhere between the rich man's palace and poor man's hovel. At this point living was given a circumscribed structure: setting the bounds on private quarters and organising them in a balanced spatial environment somewhere between social life and intimacy, everyday group life and privacy. In contrast, the temple, palace, hovel, the Roman domus are all directed inwards, and the arrangement of its spaces already envisages a modern functional layout, divided into “living quarters” and “sleeping quarters”, utility and reception areas.
Philippe Ruault
After the fall of the Roman Empire, barbarism in the early centuries and feudal life did away with the private house and brought the rich man's palace and poor man's shack back to the fore. The free communes of the merchant and middle classes, with their lively and enterprising social groups, struggled to hold on (within the urban fabric) to the idea of houses whose separate rooms were only distinguished by some sort of vague functionality; functions often overlapped and the bedroom was also a reception area, the kitchen a communal area, and there were no utility areas. Living once again lost its form and took the shape of a simple place of belonging in a clearly demarcated area, totally protected from the outside. The house as a sign of social distinction was confined solely to outside appearance: the building facade, the hall and grand staircases, all drew on striking architecture to conceal an indistinct range of private spaces with no identifiable appearance. Dining took place wherever happened to be convenient; the area designated for relaxing in varied considerably; the utilities were almost always concentrated in the kitchens. What counted was the spectacle everybody could see on the outside. Living only truly emerged again as an individual, interior, private reality in the modern city, as the 48 l’ARCA 224
expression of a society in which the middle-class was beginning to take on an increasingly important role. The idea of the apartment – and jealously confined area of space, whose economic value was the same as its social value – emerged in major European capitals at the same time as the modern state came into being, along with a class of businessmen and officials, who broke down the old-fashioned notion of either aristocracy or commoners. It called for a new idea of decoration or social dignity, expressed in an averagesize perfectly equipped living space, whose limited means underpinned a carefully gauge layout of rooms and their furnishings. The bourgeois apartment recuperated the traditional functions of the nobleman’s palace but reduced them to much smaller dimensions and set them out logically. Living designated its own reasons and purposes in a private setting with clearly demarcated areas for intimacy and socialising consisting of the lounge, hall, kitchen and bedrooms. Modern day architecture takes this process to its extreme consequences, defining the functional physiognomy of living. The 19th-century apartment relied on the central corridor axis for its balance, with the rooms set along the sides. In contrast, 20th-century design hinges around a base plan set around centralised service structures, clearly separating the living quarters from the sleeping quarters. The technical amenities are located in the kitchen. The roles of a more flexible and elastic family emerge, along with the rituals of an increasingly open society in which mass housing is based on reiterated spatial and furnishing guidelines in line with the quantitative canons of living. In this new vision of living, the guiding principles of possession, identity, belonging and permanence are still anchored to very ancient figures - in practice, the old-fashioned habeo -es –, but they become more mobile, segmented and interchangeable. The changes modern day society has brought to family and social relations are indeed profound. And this is reinforced by the possibilities provided by building technology based on new materials designed to create increasingly up-to-date spatial options. Relations between the closed and open, transparent and opaque, light and heavy, have been radically revised. The material of living is transforming together with the material of homes, turning the old-fashioned “living” machine into an increasingly delocalised, computerised, virtual system. This assumes a different kind of living, more closely geared to interchange, visibility and the exterior. Vice-versa, living paradigms still focus on intimacy, shelter and the jealous safeguarding of territory, placing constraints on the openness of domestic spaces and their continuity. Families are changing, but the distinction between different functions tends to remain unchanged, leaving cooking, eating and bonding to the kitchen, socialising to the lounge, and the deepest intimacy of the hidden individual ego to the sleeping quarters. It is the spatial relations, if anything, that are changing: bedrooms are getting smaller, lounges are turning into reception areas, and the bathroom - the heart of seduction, hygiene, well-being and narcissism - is taking on much greater importance. This deep transformation is revealed in the ways in which space is used. The more complex everyday life becomes, channelling habits along increasingly ramified paths, the more smooth and fluid living becomes following new rituals. The proliferation of TV screens in various rooms, customized ways of listening to music and the widespread usage off cellular phones, set new guidelines for the functional layout of living spaces. Even urban mobility has resulted in new home timetables, new chances to interact and unexpected generational relations. The pace of living has different rhythms, apparently disharmonious but perhaps a foretaste of future harmonies. So we need to reformulate our original question. Living: what does it really mean today? And how should we prepare it for tomorrow? In the front line in solving these problems we find architecture and design. But the real answer needs to be sought for elsewhere. We are still a long way from the end of the story. Maurizio Vitta 224 l’ARCA 49
Nella pagina precedente la facciata sud di uno dei tre edifici che compongono il complesso di alloggi a edilizia convenzionata realizzato a Rennes. In questa pagina, viste sud e nord del modello. Nella pagina a fianco, pianta del primo piano. L’insieme occupa una superficie di 9.000 mq comprensivi di 104 alloggi.
Credits Project: Manuelle Gautrand Architectes Team project: Sandrine Puech, Anne Feldmann, Philippe Solignac, Nicola Marchi, Sophie Delhay, Amandine Batsele, Sonja Kiehlneker Engineering: I2C Client: Espacil
Previous page, the south facade of one of the three buildings forming the council housing complex in Rennes. This page, South and North views of the model. Next page, ground floor plan., the overall construction covers an area of 9000 square metres, including 104 flats.
Manuelle Gautrand Architectes: Logements Solaris, Rennes 104 alloggi sonali costruiti in un quartiere residenziale a nord-est di Rennes in base a criteri di sostenibilità e rispetto ambientale. Manuelle Gautrand ha firmato questo intervento componendo tre edifici lineari, orientati nord-sud per beneficiare massimamente di lunge facciate disposte in pieno sud e facendo scivolare tra ogni edificio un nastro vegetale denso e caduco, che assicura il confort durante i mesi estivi. Facciate sud e coperture sono ottimizzate per immagazzinare l’energia del sole. Tutti gli appartamenti hanno un doppio affaccio (nord/sud), con ampie finestre a sud e una veranda esterna che, oltre a offrire uno spazio di vita supplementare, d’inverno permette di restituire il calore del sole nell’appartamento, mentre d’estate si apre completamente per trasformarsi in un’ampia terrazza. Verande e finestre sono disposte in modo irregolare, raggruppando a volte più piani per diventare dei captatori solari giganti. All’opposto le facciate nord sono più povere di aperture intervallate con ritmo regolare. 104 flats built in a housing neighbourhood to the north-east of Rennes along the lines of sustainability and respect for the environment. Manuelle Gautrand has designed this project for3 linear buildings set out in a north-south direction to take full advantage of long facades facing south and fit a strip of thick, deciduous vegetation between each building, making them more comfortable during the summer months. The south facades and roofs are optimised to store away solar energy. All the flats have two fronts (north/south), with wide windows to the south and an outside veranda which, as well as affording extra living space, restores heat from the sun into the flats during winter, while it opens up completely to turn into a spacious terrace in summer. The verandas and windows are set out in an irregular pattern, sometimes grouping together various levels to turn them into huge solar captors. In contrast, the north facades have less openings set out in at more regular intervals. 50 l’ARCA 224
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Antonino Cardillo: Casa Barachini Mariconda, Manzana (Roma) The threshold of a house, the link between inside and outside, is comparable to the ouverture of an opera. It anticipates certain themes, but, at the same time, it does not reveal its deepest contents. Conventionally, the entrance to a houses takes the form of a “hole” (door) in the wall, as in this old building. This is a conventional approach, which encourages the house owner to separate the two parts of the property (Park and building), impoverishing the spatial qualities of both. In this design idea, the transition does not happen through some extraneous action, like the simple opening of a door, but unfolds over a certain “lapse in time”. The entrance takes the form of a cavity cut into the building mass, a sort of column-free portico, which, as well as polarising the pedestrian way in from the park providing shelter against the sun and rain, also connects the house’s roof to the guest room. The decision to place the large glass window to the south-west was dictated by both structural observations and bio-climatic considerations. The low sun in this hemisphere in winter will be “welcomed in” from the south until dusk (south-west) to heat up the interiors, thereby reducing energy consumption. In contrast, the high sun in summer from midday until the early afternoon will be shielded by the roof and eclipsed by the solid wall to the south-west when it sets.
Philippe Ruault
La soglia di una casa, il varco che mette in relazione il dentro e il fuori, è paragonabile all’ouverture di un’opera. Ne anticipa alcune istanze, ma, allo stesso tempo, non ne svela i contenuti più profondi. Convenzionalmente, l’ingresso alle abitazioni si risolve mediante un “buco” (porta) nel muro, come nell’attuale preesistenza. E’ un approccio convenzionale, che induce il fruitore a settorializzare i due ambiti (parco ed edificio), impoverendo le qualità spaziali di entrambi. Nell’ipotesi progettuale tale passaggio non avviene tramite un’azione puntuale ed estranea, come la semplice apertura di una porta, ma acquista una sua “durata temporale”. L’ingresso si concretizza in una cavità ricavata dentro la massa dell’edificio, una sorta di portico senza colonne che, oltre a polarizzare il percorso pedonale di arrivo dal parco, riparando da pioggia e sole, collega al coperto l’abitazione con la camera degli ospiti. La scelta di collocare la grande vetrata a sud-ovest è stata determinata, oltre che da osservazioni di carattere strutturale, da considerazioni bioclimatiche. Nei mesi invernali, infatti, il sole basso nell’emisfero sarà “accolto” da mezzogiorno (sud) sino al tramonto (sud-ovest), riscaldando gli spazi della casa, riducendo così i consumi energetici. Diversamente, nei mesi estivi, il sole alto, da mezzogiorno al primo pomeriggio, sarà schermato dalla copertura e tramontando sarà eclissato dalla parete piena di sud-ovest.
Sopra le verande distribuite sulla facciata sud. Questi volumi vetrati hanno una funzione attiva per l’economia energetica dell’edificio, essi infatti consentono in inverno di immagazzinare il calore del sole e
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trasmetterlo all’interno dell’abitazione. In estate viceversa si aprono completamente favorendo il riscontro d’aria degli appartamenti, tutti disposti con orientamento nord-sud.
A destra, le facciate nord, dove sono organizzate le zone notte e gli accessi, presentano una minore presenza di aperture. Il particolare degli spigoli arrotondati conferisce una maggiore freschezza all’insieme che si
sottrae così all’immagine standardizzata degli alloggi sociali. Above, the verandas distributed across the south facade. These glass structures play an active part in the building’s energy
saving features. They allow the sun's heat to be stored away in winter and conveyed inside the building. Vice-versa they open up completely to allow air into the flats, which are all built in a north-south direction.
Right, the North facades, with the sleeping quarters are located, have less openings. The rounded edges give the entire construction a fresher appearance, so they do not look like standard council housing.
Relazione con il parco prima e dopo l’intervento. Nella nuova versione, l’edificio diviene un corpo prismatico, acquisendo così una nuova identità.
Relation to the park before and after the building work. The new version of the building features a prismatic body, giving it a fresh identity.
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Piante, planimetria generale e alcuni interni. Plans, site plan and some interiors.
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Rendering dell’esterno e della grande sala da bagno in cui si sommano più funzioni. Rendering of the exterior and large bathroom serving various functions.
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Credits Project: Plasma Studio: Ulla Hell, Eva Castro, Holger Kehne Collaborators: Peter Pichler, Angelika Mair, Libny Pacheco Structure: Andreas Erlacher Construction: Tschurtschenthaler Werner Wood Works: Konsortium Südtirolhaus Metal Works: Firma Erharter Main Contractors: Firma Bauplus, Tecnofenster, Türen Gruber, Firma Edi Schäfer, Fuchs Herbert, Holzboden, Trojer Franz, Möbel Auchner, Tischlerei Walder Franz, Bauexpert, Firma Kammerer, Elektro Gasser/Fischer, Nano Resotech Client: Private
Plasma Studio: Esker House, San Candido (Bolzano) C’era una volta, tanto tempo fa, la diatriba moderna tra tetti piani e tetti a falde; d’avanguardia i primi, retrivi gli altri. Basti ricordare l’onta spiazzante di un tetto a capanna postumo sul candore volumetrico originario di Villa Besnos, un progetto del 1922 di Le Corbusier; o rammentare Richard Neutra (!) costretto dai proprietari di un terreno in California a ricorrere alle falde per casa Coe, alla vigilia degli anni Cinquanta. In Italia, giunta l’epoca sensibile alle preesistenze ambientali, diventò buona norma riammettere compluvi, displuvi, ecc., per quanto contemporaneo un progetto fosse. Falde non più innocenti, retrospettive, a testimonianza di quella continuità professata da Ernesto Nathan Rogers, a volte ritornano. Per Rayner Banham è una ritirata. Nell’architettura italiana prevarrà appunto la continuità, almeno sulla carta o nei propositi edificanti; in copertina: le falde puntute, ormai mitiche, del Teatro del Mondo di Aldo Rossi. Le Sovrintendenze e gli Uffici Tecnici, preposti alla sorveglianza del paesaggio, discenderanno in linea diretta dalle nozze comandate tra volontà conservatrice e culto del contesto di questa architettura della continuità, divenuta ideologica e inerziale. Con effetti faldi-
feri protezionisti equamente distribuiti sul terreno, per contrappeso irrisorio a quanto di continuamente straniante e incontenibile non smette di accadere. Dall’estenuante preambolo ci sbarazza il progetto di questa Esker House, a San Candido, in Tirolo, sull’altro versante delle Dolomiti: una casa degli anni Sessanta a cui Plasma Studio – basi a Londra e nell’Italia del nord – ha sostituito il tetto a falde “regolamentare” con i rilievi di una piccola cima montagnosa praticabile e ultra-panoramica; determinante anche per il particolare carattere non ortogonale degli interni del nuovo appartamento. Non si tratterebbe quindi di una copertura ma di una stratificazione geologica dagli obliqui risvolti spaziali; asimmetrica come lo sono gli accidenti e perseguita nella sua ricercata difformità grazie alle tecnologie 3D. In questa piccola opera si ritroverebbero riuniti i temi che agitano l’architettura contemporanea. L’albergo Pirovano di Franco Albini a Cervinia e la più luciferina stazione della slittovia al Lago Nero di Carlo Mollino, esempi opposti ma egualmente sommi, sarebbero ormai già antidiluviani. Decio Guardigli
Prospetto ovest, sezione a-a e pianta della Esker House (esker= formazione geologica stratificata), realizzata sulla copertura di un edificio degli anni Sessanta a San Candido (BZ). Nella pagina a fianco, vista generale dell’abitazione nel contesto cittadino e naturale. West elevation, a-a section and floor plan of Esker House (esker= stratified geological formation), realized on the rooftop of abuilding of the Sixties in San Candido (Bolzano). Opposite page, general view of the rooftop house in the town and natural context.
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Ingresso/Entrance Soggiorno/Living Cucina/Cooking Camere/Sleeping Bagno/Bath Solarium/Sun-terrace Pergola Balcone/Balcony Ripostiglio/Storage
1. 2. 3. 4.
Soggiorno/Living Ingresso/Entrance Cucina/Cooking Rispostiglio sotto la scala Storage beneath stair Holger Kehne
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.
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The Superintendent’s and Technical Offices, set up to preside over the landscape, were direct descendents of the marriage of conservative will and contextual worship in this kind of architectural continuity, transformed into ideology and inertia. Producing blocking protectionist effects spread evenly over the ground, as some sort of ridiculous counterbalance to all the uncontrollable and disconcerting things that keep going on. After this extenuating preamble we come to the project for Esker House in San Candido, in the Tyrol region, over on the other side of the Dolomites: a 1960s house whose regulation pitched roof has been replaced by a little mountain peak, easily accessible and ultra-panoramic, by Plasma Studio – with offices in London and northern Italy; also crucial for the peculiar non-orthogonal character of the new apartment’s interiors. This is not a roof but rather a geological stratification with oblique spatial features; asymmetric and relentless in its quest for elaborate deformity thanks to 3D technology. This little project contains all the main issues involved in modern-day architecture. Franco Albini’s Pirovano Hotel in Cervinia and the more devilish sledge-lift station on the Black Lake designed by Carlo Mollino, contrasting but equally outstanding examples, are apparently already “over the hill”. Decio Guardigli
Holger Kehne
Cristobal Palma
Once upon a time, way back in the past, there was modern diatribe between flat and pitched roofs; the former were avant-garde, the latter backwards. Just remember the disconcerting shame of the “posthumous” cabin roof over the original structural clarity of Villa Besnos, a 1992 project by Le Corbusier; or who can forget Richard Neutra (!) being forced by the owners of a plot of land in California to resort to pitched structures for Coe House on the verge of the 1950s. In Italy, having reached the age of sensibility to pre-existing structures, it became good practice to re-introduce dips and ridges etc., however cutting-edge the project might be. Pitches which were no longer innocent and retrospective, testifying to the continuity referred to by Ernesto Natah Rogers, sometimes you can never rest easy. For Rayner Banham it was a retreat. Milan, early 1960s: Velasca Tower, towering up to a height of one hundred metres, had a section of sloping roof; the Pirelli skyscraper did not. But this is a mere detail, the two buildings loom over the city with contrasting intentions, they mirror each other in opposite ways. Unrivalled at the time, immobile enough to provide a glimpse of the continuity lying in wait. Continuity reigned supreme in Italian architecture, at least on paper or in certain “edifying” good intentions; take the legendary pointed pitches of Aldo Rossi’s World Theatre.
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di modulo che poi prolifera in una sequenza di cornici. Queste cornici consentono la successiva deformazione e ammorbidimento della geometria complessiva. Il progetto è stato
sviluppato come un parassita che ha iniziato adottando la struttura ospite e se ne è gradualmente differenziato con una propria organizzazione e morfologia. L’intervento è formato da una serie di cornici di acciaio
e legno che si deformano per ricreare i circostanti dolci pendii delle colline ai piedi delle Dolomiti. The partly accessible roofscape. The unique stratified morphology and construction
system started off from projecting each step of the external staircase as a modulor that then was proliferated as frames. These frames enable the subsequent deformation and softening of the overall geometry.
The project has been developed as a parasite which started from adopting the structure of the host and gradually differentiated into its own unique organization and morphology. The project is formed
by a series of steel and timber frames that deform to recreate the smooth hillsides of the surrounding Dolomites. Cristobal Palma
Il tetto, parzialmente calpestabile. Il singolare sistema costruttivo e la morfologia stratificata della copertura derivano da un’iniziale proiezione di ciascun scalino della scala esterna che va a formare una sorta
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The interior are enfolded by an angular and dynamic series of planes creating new and ever-changing perspectives. Above, views of the main stair with storage space.
Cristobal Palma
Cristobal Palma
Cristobal Palma
Holger Kehne
Cristobal Palma Cristobal Palma
Gli interni si piegano ad angolo creando una serie dinamica di piani che determinano prospettive mutevoli e sempre diverse. Sopra, viste della scala principale che contiene un rispostiglio.
Il carattere spaziale generale è quello di una gradinata con diverse funzioni e condizioni, in cui interno ed esterno, sopra e sotto divengono zone con vari gradienti di intensità. Queste si intrecciano
come un nastro continuo che passa dalle zone più private delle camere e dei bagni, attraverso la cucina, il soggiorno e la sala da pranzo verso le aree più pubbliche ed esposte delle terrazze.
The overall spatial character is that of an echelon with a diffusion of functions and conditions where inside and outside, above and below become gradient zones of varying intensity. These interleave as a
loop that transgresses from the most private zone of bedroom and bathroom via kitchen, dining and living rooms towards the more public and exposed territory of the various terraces.
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Satoshi Okada: Abitazione-galleria/Gallery-house, Kyosato L’abitazione-galleria d’arte sorge a TakaneCho – Prefettura di Yamanashi, Giappone. L’edificio è costruito secondo nuove metodologie per le costruzioni in legno, CSS (Container Structure System) in cui le strutture a forma di nave fungono da contenitori di spazi secondari. The art gallery-house is located in TakaneCho – Prefecture of Yamanashi, Japan. The building is build in line with the latest wooden construction methods, CSS (Container Structure System), whose shipshaped structures act as containers of secondary spaces.
Credits Project: Satoshi Okada Architects, Satoshi Okada Client: Joji Aonuma
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Per Joji Aonuma, ex banchiere giramondo, coabitare con l’arte è forse l’unico modo per sentirsi in sintonia con le segrete energie dei capolavori presenti nelle proprie collezioni. La nuova casa sorge in una zona tranquilla, poco abitata e non lontana da Tokyo. Tale sistemazione è la condizione per creare un luogo in cui l’architettura possa integrarsi armoniosamente con una natura così particolare come quella giapponese. Okada riceve l’incarico per progettarla nel 2003. Committente e architetto non si conoscevano e la scelta avviene attraverso attenta consultazione di media di settore. Si tratta dunque di un avvicinamento asettico, virtuale, senza coinvolgimenti personali ma che ha prodotto un ottimo risultato poiché basato su un criterio che salvaguardia le diverse identità dei personaggi che si incontrano per dare vita a una sorta di rappresentazione in cui il testo drammaturgico era in continuo divenire. Okada ha al suo attivo numerose case realizzate per una committenza illuminata, che non disdegna abitare in veri e propri manifesti di “architettura origami”, scatole concettuali pensate più per la mente che per il corpo, che deve necessariamente annullare le proprie sinuosità organiche per uniformarsi a spazi zigzaganti, densi di preziosità formali che però possono divenire meravigliose trappole destabilizzanti per chi pensa alla casa come luogo di relax piuttosto che a percorsi di guerriglia urbana in cui c’è un cacciatore e una preda, cui fa buon gioco occultarsi in nicchie e anfratti poligonali realizzati attraverso molteplici punti di fuga. Anche nella casa da poco costruita, in località Kyosato, persistono le stesse dinamiche allusive, l’ambiguità spaziale delle prospettive scenografiche scamozziane presenti nel Teatro Olimpico di Vicenza. Tale parallelismo potrebbe indurre a una persistente teatralità che conferma come il tempo non abbia modificato la percezione psicologica dello spazio nell’ambito di una rappresentazione di domesticità amplificata entro uno spazio omologo a quello teatrale. L’arte vissuta nello spazio di una galleria ha necessità di porsi come evento visionario, momento epifanico destinato a imporsi sulle coordinate mentali del fruitore. Ancora di più se lo spazio espositivo coincide con l’abitare quotidiano. Tuttavia, pur puntando al massimo dell’eccezionalità formale, Okada si è un po’ perso per strada nelle finiture degli interni. Pareti e pavimenti non restituiscono la forza espressiva dell’involucro architettonico. Probabilmente, anche in questo caso, la committenza non si è resa conto che a fronte di certi capolavori è l’abitante che dovrà adeguarsi allo spazio, porsi quale elemento coadiuvante di un luogo di assoluta eccezionalità. Lo spazio si rende straordinario qualora modifichi comportamenti e dinamiche di pensiero, quando diviene occasione di nuove relazioni con gli oggetti del paesaggio domestico. In interni francamente banalizzati attraverso pareti spalmate di intonaco e pavimenti simili a mattonelle in graniglia, la musicalità dell’esterno, all’interno trasmuta in una “sonata” monocorde buona più per sordi compiacenti piuttosto che per colti spettatori immersi nella lacerante sensualità di una musica dodecafonica per raffinati auditori di fiabesche proposizioni sonore. Carlo Paganelli
Living alongside art is perhaps the only way Joji Aonuma can really feel in synch with the mysterious energy from the masterpieces in his own collections. The new house stands in a quiet and relatively uninhabited not far from Tokyo. These are the conditions required to create a place in which architecture can blend smoothly together with Japan's very special natural environment. Okada was commissioned to design the house in 2003. The client and architect did not know each other, and the commission was based on a carefully organised media consultation. The two came together on an ascetic, virtual basis with no personal involvement, but the results were outstanding due to the way both men kept their distinctive identities, while coming together to create a sort of dramatic work whose script was constantly evolving. Okada has already designed several houses for enlightened clients, who are fond of living in manifestoes of “origami architecture”, conceptual boxes designed more for the mind than the body, which is forced to wipe out its own organic sinuosity to fit in with zigzagging spaces full of clever stylistic ploys, which can, however, turn into wonderful destabilising traps for anybody who thinks of the home as somewhere to relax rather than as a series of pathways through urban warfare in which there is a hunter and pray, making it advisable to hide away in polygonal niches and coves created through multiple vanishing points. The house recently built in the town of Kyosato features the same allusive dynamics and spatial ambiguity as the striking perspectives found in the Olympic Theatre in Vicenza. These parallels might suggest some sort of persisting theatricality, confirming that time has not changed how space is psychologically perceived in a domestic setting amplified in a space like that of a theatre. Art experienced in a gallery space needs to be projected like a visionary event, an epiphany, capable of imposing itself on the user's mental coordinates. Even more so if the exhibition space coincides with an everyday living environment. However, while focusing on achieving the most striking formal design possible, Okada rather lost his way with the interior finishes. The walls and floors do not have the same expressive force as the architectural shell Presumably, once again, the client did not realise that when faced with certain masterpieces, it is the inhabitant who must adapt to the space, making himself a further addition to what is already an absolutely exceptional setting. Space becomes extraordinary when it alters patterns and dynamics of thought and when it provides the chance to set up new relations with objects forming the domestic environment. In interiors which, quite frankly, have been rendered bland by walls covered with plaster and floors made from what look like gravel tiles, the musicality of the exterior turns into a monotonous “sonata” on the inside, more suited to the tone deaf than erudite music lovers immersed in the lacerating sensuality of dodecaphonic music for refined hears used to listening to dulcet tones.
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Dal basso: pianta del piano terra, pianta del primo piano, sezione longitudinale, sezione trasversale. La complessità morfologica della pianta rivela un uso spregiudicato degli ambienti, concepiti come luoghi di particolare forza scenica.
1. Ingresso 2. Galleria d’arte 3. Galleria soggiorno 4. Sala da pranzo 5. Galleria salotto 6. Rampa 7. Galleria studio 8. Galleria per la notte 9. Scale verso il loft
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From teh bottom: plan of the ground floor, plan of first floor, longitudinal section, cross section. The morphological complexity of the building plan reveals a daring use of rooms designed like highly striking places.
10. Scale per il piano interrato 11. Scale per l’esterno 12. Terrazza sulla natura 13. Loft 14. Vuoto 15. Atelier 16. Bagno 17. Magazzino 18. Terrazza
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L’arredo, per contrasto, è costituito da pezzi storici del design internazionale. The furnishing, in contrast, is composed of historical items of international design.
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Makoto Sei Watanabe: OUTIN OUT INOUT/Two interiors and three exteriors
Nella pagina a fianco, vista del patio della casa denominata “OUTIN OUT INOUT” caratterizzata da un sistema di vetrate scorrevoli che permettono di variare a piacere l’apertura e la chiusura degli spazi. Opposite page, view of the central courtyard of the “OUTIN OUT INOUT” house, characterized by a system of sliding glass partitions allowing to change the opening and closing of space.
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“Vorrei che mi progettasse una casa per morire”. Il tono dell’anziana ed elegante signora era del tutto tranquillo, ma l’architetto fu comunque colto di sorpresa. La signora se ne accorse, e si affrettò ad aggiungere: “Una casa che possa essere divisa fra i miei due figli dopo la mia morte”. L’architetto, allora, comprese: ciò che la signora voleva era una casa nella quale vivere nel modo migliore fino alla morte, sicura che i suoi figli avrebbero potuto vivere a loro volta nello stesso spazio, che si sarebbe in certo modo raddoppiato per loro. La richiesta era dunque quella di una casa ideata non per la morte, che pure vi era silenziosamente presente, ma per la vita. Il che però ha fatto subito affiorare alla sua mente un interrogativo. Gli architetti, egli rifletté, non possono disegnare una casa per la vita. Possono solo fornire, per così dire, un hardware in forma di casa. Qual era, allora, il suo compito in quel frangente? Raccontando questo episodio Makoto Sei Watanabe è riuscito a farci intravedere per un attimo la natura profonda dell’architettura, la sua dimensione antropologica, umana, e in pari tempo i suoi limiti tecnici. Ciò che la signora voleva era un progetto di vita, che l’architetto poteva solo incarnare in un edificio, in una struttura funzionale. Ma che altro è l’architettura, se non il perenne tentativo di far combaciare la soluzione dei problemi tecnici con la soluzione dei problemi della vita? I regolamenti edilizi imponevano una costruzione a due piani, di cui quello terreno poteva ospitare la signora e l’altro i due figli con le rispettive mogli. Ma gli stessi regolamenti fissavano in 1 a 1 il rapporto tra esterno e interno, e Watanabe, per evitare una insulsa spartizione a metà delle due zone, ha pensato a uno spazio che fosse esterno e interno nello stesso tempo. La soluzione, ha spiegato egli stesso, “è stata quella di ‘stratificare’ il giardino e l’interno”. Il fine progettuale era dunque quello di vivere in un’abitazione elastica, flessibile, in grado di adattarsi armonicamente a tutte le variazioni del tempo e delle stagioni. “Ho pensato che per rispondere alla richiesta di una casa per vivere bisognava creare uno spazio per la creatività, dove le scoperte fossero continue”, precisa Watanabe. E’ evidente che un simile modello abitativo si fonda su una tradizione perfettamente consolidata come quella giapponese. L’impiego delle porte scorrevoli di carta, chiamate fusuma o la presenza del tokonoma, il più intimo nucleo spaziale di ogni casa, ne sono i tipici segnali. Ma la tradizione che si distende sull’intera opera grazie a una serie di esperienze sensoriali finisce col trasformare l’architettura in una sorta di linguaggio del corpo, da cui a sua volta essa è resa in qualche modo universale. I concetti della continuità e della trasparenza, che ritmano le aperture e le chiusure tra sociale e privato, sono infatti invarianti del comportamento umano, così come l’offrirsi dell’architettura alla sensazione. In queste soluzioni progettuali gioca un ruolo fondamentale la tecnologia più avanzata, che traduce nelle forme della contemporaneità le abitudini più secolari. Ma a contare maggiormente è l’obiettivo del confronto tra il progetto dell’abitazione e il progetto dell’abitante. E’ stato soddisfatto, alla fine, il desiderio dell’anziana signora? Per l’appunto questa è stata la principale preoccupazione di Makoto Sei Watanabe, il quale ha interrogato le persone che sono andate a vivere negli spazi da lui progettati. Ciò che è emerso è soprattutto il piacere della libertà di modellare la casa a proprio piacimento, sfruttando le possibilità offerte dall’architettura. “Il progettista non ha fatto che fornire un certo numero di opzioni”, ha concluso Watanabe, “e se gli abitanti possono scegliere fra esse, avvertendo la bellezza delle esperienze così suscitate, allora, forse, egli potrà dire di aver soddisfatto le richieste del committente”. L’obiettivo dell’architettura – una casa per vivere – resta così perfettamente delineato. Tutto sta a chiarire ogni volta la reale portata di quel “forse”, che fa da punto d’equilibrio dell’intera questione. Maurizio Vitta
“ I would like them to design a house I can die in”. The elegant old lady who said this spoke very calmly, but the architect was taken by surprise anyway. The lady realised this and quickly added: “a house that my two children can share when I die”. The architect then realised what she meant: she was looking for a house where she could live as comfortably as possible until she died, knowing that her children would also be able to live in the same space, which in some way could be doubled to accommodate them. She was not asking for a house designed for her to die in, even though that was tacitly taken for granted, but to live in. But this immediately conjured up a thought in the architect's mind. Architects cannot design a house to live in. They can only provide, so to speak, a piece of hardware in the form of a house. So what was he supposed to do at that point? Telling this tale, which underpins one of his latest designs, Makoto Sei Watanabe has just for a moment given us a glimpse of the underlying nature of architecture, its anthropological and human side and, at the same time, its technical limitations. What the lady was looking for was a project for life, which the architect could only embody in the shape of a building, a functional structure. But what is architecture, if not a never-ending attempt to come up with technical solutions to the problems of everyday life? The first pitfall to be overcome was the building site. Building regulations imposed a two-storey construction, with the ground floor hosting the lady and the other floor her two sons and their wives. But the same regulations set a 1:1 ratio between the exterior and interior, so in order to prevent having to blandly break down the space into two separate areas, Watanabe designed a space which was simultaneously interior and exterior. The aim of the design was to create an elastic flexible living space, capable of smoothly adapting to the different times of day and year. “ I decided that meeting the demand for a house to live in required the creation of a creative space, where there would always be something to be discovered”, so Watanabe pointed out. This kind of living unit clearly knits perfectly into Japanese building tradition. The use of sliding paper doors, called fusama or the presence of a tokonoma, the most intimate spatial core of any home, are standard features. But Japanese tradition extends right across the entire work thanks to a series of different sensorial experiences, which end up turning the architecture into a kind of body language, which, in turn, somehow (in its own way) renders the architecture universal. The concepts of continuity and transparency, which dictate the pattern of openings and closings between the social and private quarters, are actually variables in human behaviour, as is the way its architecture offers itself to the senses. Cutting edge technology plays a key role in these design solutions, translating centuries-old habits into modern day forms. But the most important thing is the aim of making the house design coincide with its inhabitants’ own projects. But, in the end, have the old lady's needs actually been met? This was Makoto Sei Watanabe’s main concern, so he decided to pose a number of questions to the people who are going to be living in the spaces he designed. What emerged, above all, was the pleasure of being able to shape one's own home as one saw fit, exploiting the possibilities offered by its architecture. “The designer has merely provided a certain number of options”, so Watanabe concluded, “and if the inhabitants can choose from these various options, sensing the beauty of the experiences they evoke, then he might rightly claim, perhaps, to have met his client's requirements”. The aim of the architecture - a house for living in - is perfectly clear. What remains to be seen is the real scope of that “perhaps”, which is the real crux of the matter.
Piante del piano terra e del primo piano. Plans of the ground floor and of the first floor.
Schemi per le “stratificazioni” tra il giardino e l’interno. Partendo da unità di circa 4,50 metri di larghezza, Watanabe ha situato due unità interne e tre esterne su un unico asse, ottenendo un totale di cinque “strati”. Si ha una sola intera sequenza quando gli schermi vetrati e le pareti sono tutti aperti. Quando si chiudono gli schermi, si ha un sandwich di interno ed esterno a cinque “strati”. Le combinazioni aperto/chiuso sono sedici, ma se ogni schermo viene ulteriormente diviso nei suoi pannelli, le combinazioni diventano ventiquattro.
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Schemes of the garden and interior “layers”. Working on a unit measuring approximately 4.50 m in width, Watanabe set two interior units and three exterior units along one single axis, thereby obtaining a total of five “layers”. When all the glass screens and walls are open, there is just one single sequence of space. There are 16 open/closed combinations, but if each screen is then further divided into its panels, there are then 24 combinations.
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Viste della facciata principale, caratterizzata da una definizione grafica e cromatica. I regolamenti edilizi imponevano una costruzione a due piani, di cui quello terreno poteva ospitare la signora e
In alto, vista notturna della facciata principale. Sopra, particolari di alcuni spazi interni. A destra, le possibili combinazioni di apertura e chiusura dell’abitazione.
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l’altro i due figli con le rispettive mogli. Gli stessi regolamenti fissavano in 1 a 1 il rapporto tra esterno e interno, così Watanabe ha pensato a uno spazio che fosse esterno e interno nello stesso tempo.
Views of the main facade, characterized by a grphic and coloured pattern. Building regulations imposed a two-storey construction, with the ground floor hosting the lady and the other floor her two sons and their wives. The same
regulations set a 1:1 ratio between the exterior and interior, so Watanabe designed a space which was simultaneously interior and exterior.
Top, nighttime view of the main facade. Above, views of interior. Right, the possible open/closed combinations in the house.
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Le ondulazioni delle pareti e dei soffitti, i suoni leggeri dell’aria e dell’acqua e il variare della luce creano un calcolato susseguirsi di stimoli percettivi in cui si racchiude il concetto stesso dell’abitare.
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The undulations in the walls and ceilings, the gentle vibrations of air and water, and variations in light make the entire home a gauged sequence of perceptual stimuli encompassing within them the very concept of living.
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iviamo in una realtà di confine che è il risultato della convergenza, dell’interazione e del nesso ormai indissolubile tra spazio fisico e spazio virtuale. Che lo si accetti o no, che lo si comprenda o meno, il nostro modo di abitare, e di conseguenza, di progettare lo spazio è sempre più condizionato e modificato dalla presenza ormai determinante del cyber spazio. Questa intrinseca connessione con il progetto e con il potenziamento dello spazio fisico, in modo da rendere quest’ultimo più rispondente alle aspettative e ai bisogni di chi lo abita, obiettivo che dovrebbe costituire la finalità primaria di ogni progettista, fa del cyber spazio una dimensione di fondamentale e oggi imprescindibile interesse per l’architettura, il design e la pianificazione. Come scrive infatti Marcos Novak, “nella misura in cui lo sviluppo dell’interazione degli uomini con i computer rovescia l’odierna relazione tra l’uomo e l’informazione, collocando l’uomo all’interno dell’informazione, esso è un problema architettonico, ma, oltre questo, il cyber spazio ha una propria architettura e inoltre può contenere architettura. Ripetiamoci pure: il cyber spazio è architettura; il cyber spazio ha architettura; e il cyber spazio contiene architettura”. L’aspetto interessante è che questo spazio virtuale, oltre ad avere una propria consistenza e autonomia, che vieta di considerarlo una semplice rappresentazione e simulazione della realtà naturale, retro-agisce sempre più su quest’ultima, contribuendo a modificarla in modo anche profondo. Non si ha quindi una simulazione della realtà naturale a opera di quella virtuale, ma piuttosto il progressivo adattamento della prima alle esigenze che sorgono e si sviluppano in connessione con il progressivo imporsi, nella nostra esperienza quotidiana, della seconda. Ciò ha conseguenze di grande impatto sui nostri concetti di abitare e di paesaggio. Questo pensiero è supportato dalle ultime macro tendenze di Imagina 07, di cui in queste pagine presentiamo i risultati degli Imagina Awards rivolti alle realizzazioni dei principali studios americani, agenzie di pubblicità, scuole e progettisti indipendenti di particolare talento. E’ ormai evidente come gli scenari dei videogiochi si fondano con il cinema arricchito da effetti visivi virtuali per restituirci una nuova realtà, sintesi dei due mondi, dove l’architettura ha il ruolo centrale e strategico di dar forma a un universo inventato in cui materia, forma, luce si evolvono fluidamente o aritmicamente sia nello spazio sia nel tempo. I percorsi di ricerca dei più grandi studios di produzione internazionali focalizzano l’attenzione sulla specificità degli strumenti digitali e la loro influenza sul nostro rapporto con le immagini. La cinematografia architetturale permette di creare intere città artificiali trasformando il digitale in spazio costruito, volume, texture, luogo di transito, di scambio, di comunicazione e di sperimentazione sensoriale partecipativa. La società Imagtp insieme alla Crytek rappresentano un esempio di come le tecnologie sviluppate nel settore dei videogiochi facilitino il processo di progettazione di architetti e designer permettendo di sviluppare e modificare i concept di progetto grazie a un modello virtuale interattivo raggiungendo un livello di realismo fino a ora impensabile, come le complesse simulazioni di luci che si modificano in tempo reale. La nuova tecnologia Cryengine prodotta dalle due società si basa su un modello numerico 3D capace di seguire ogni stato di avanzamento del progetto ed essere allo stesso tempo uno strumento d’aiuto alle decisioni progettuali e un mezzo di comunicazione, permettendo una rapida comprensione del progetto e delle sue fasi di sviluppo. L’architetto è chiamato quindi a progettare non solo l’oggetto, ma i principi che lo generano e lo fanno cambiare nel tempo, cioè la processualità strategica. Annalisa Dominoni 78 l’ARCA 224
Grand Prix Imagina/Prix Clip Vidéo: Gorillaz “El Manana” (United-Kingdom) Direction: Pete Candeland, Jamie Hewlett Post-production: Passion Pictures, RUSHES
Sotto/below, Prix de l’Animation: Over The Edge (USA) Direction: Tim Johnson, Karey Kirkpatrick Post-production: Dreamworks, SKG
Sotto/below: Meilleurs Effets Spéciaux: X-Men: The Last Stand (USA) Post-Production: Weta Digital Ltd
e live on the borderline where physical and virtual space come together, interact and bond inseparably. Whether we accept it or not and understand it or not, our way of living in (and hence designing) space is increasingly influenced and affected by the crucial presence of cyberspace in modern-day society. This intrinsic bond with design and the strengthening of physical space, so that the latter is better geared to the needs and expectations of those inhabiting it (which ought to be the main aim of all designers), makes cyberspace a key and vitally interesting topic for architecture, design and planning. As Marcos Novak writes, “to the extent that developing human interaction with computers actually inverts people’s relations to information, placing people inside information, it is an architectural issue, but, in addition to this, cyberspace has its own architecture and can also contain architecture. Let’s emphasis this point: cyberspace is architecture; cyberspace has architecture; and cyberspace contains architecture”. The interesting thing is that, as well as having its own substance and independence, which means it cannot be seen as a mere representation or simulation of natural reality, it actually retro-acts more and more against this kind of reality, even helping change it in substantial ways. So we do not have virtual reality simulating natural reality, but rather the latter is gradually adapted to the needs emerging and developing as the former slowly imposes itself on everyday experience. This has a striking impact on our ideas of living and landscape. This line of thinking is supported by the latest macro tendencies of Imagina 07 (here we present the results of Imagina Awards dedicated to talents realizations of the main American studios, ad-agencies, and independent schools and designers), which highlight how videogame environments are blending in with film enhanced by virtual visual effects to create a new kind of reality, a synthesis of two realms, in which architecture has the key, strategic role of shaping an invented universe in which matter, form and light smoothly and un-rhythmically evolve through space and time. The leading international production studios are focusing on the distinctive features of digital instruments and their influence on our relation to images. Architectural cinematography allows entire artificial cities, turning digital technology into built space, structures, textures, places of transition, exchange, communication and participative sensorial experimentation. Imagtp and Crytek are examples of how technology developed in the videogames sector can help the design work of architects and designers by helping them devise and modify project concepts thanks to an interactive virtual model of hitherto unthinkable realism, plus complex simulations of light altering in real time. New Cryengine technology, manufactured by the two companies, is based on a 3D numeric model capable of following every stage in the design process and, at the same time, helping with decision-making and providing a means of communication, allowing the project and various stages in its development to be rapidly comprehended. The architect is, therefore, expected to design not just the object but the principles generating it and allowing it to change over time (i.e. strategic process development). Changing scale and extending the subject to the territory, the latest virtual tools of landscape design still suffer from the difficulty in producing a 3D rendition of a complex model like that for a landscape. This problem has triggered off lots of debates over the last twenty years.
Sopra/above, World Trade Center (United Kingdom) Production: World Trade Center Post-Production: Michael Ellis
Prix du Film Publicitaire: Travelers: Snowball (USA) Direction: Dante Ariola (MJZ-Los Angeles) Post-production: Weta Digital Ltd
Prix du Court-Métrage: Codehunters (United-Kingdom) Direction: Ben Hibon Post-production: Axis Animation, The Mill
X-Men: The Last Stand (USA) Production: 20th Century Fox Post-Production: Framestore CFC
Prix du Long-Métrage: Arthur et les Minimoys (France) Direction: Luc Besson Post-production: BUF Compagnie
80 l’ARCA 224
Prix Ecoles et Universités: En Tus Brazos (France) Direction: François-Xavier, Edouard Jouret, Matthieu Landour School: Supinfocom Valenciennes
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I gruppi selezionati alla seconda fase del concorso Firms shortlisted for the second phase A- NL Architects/Bureau Bouwkunde B- Erick van Egeraat associated architects C- Foreign Office Architects (FOA) D- Neutelings-Riedijk Architecten E- UN Studio F- Wiel Arets Architects G- Zaha Hadid Architects
Groninger Forum Concorso internazionale per la progettazione del Groninger Forum, un edificio destinato a diventare una piattaforma per lo scambio di informazioni, servizi culturali; una fusione di museo, biblioteca, cinema e piazza pubblica Groninger Forum International competition for the project of Groninger Forum, a building destined to become a platform for information exchange and cultural services: a fusion of museum, library, cinema, and public plaza www.grotemarkt.groningen.nl
Vincitore/Winner RMJM (Scott Findley, Tony Kettle, Robert Meikle, Hugh Mullan, David Pringle, Paul Stallan, Hazel Wong)
Nuova Sede Gazprom Concorso internazionale a inviti per la realizzazione della nuova sede del quartier generale della Gazprom New Gazprom Headquarters International invitational competition for the realization of the new general headquarters of Gazprom company
Altri studi invitati/Other invited firms A- Daniel Libeskind B- Herzog & de Meuron C- Rem Koolhaas/OMA D- Ateliers Jean Nouvel E- Fuksas Associati
Committente/Client: Gazprom www.gazprom-city.info/opros
COMPETITIONS
Russia – San Pietroburgo
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+ europaconcorsi
COMPETITIONS + europaconcorsi
Olanda/The Ntherlands – Groningen
Gli olandesi di NL Architects/Bureau Bouwkunde risultano primi nel report della giuria e nel referendum cittadino, ma il Consiglio Comunale di Groningen renderà noto l’esito definitivo del concorso per il Groninger Forum solo il prossimo 28 marzo. The Dutch firm NL Architects/Bureau Bouwkunde has been first in the popular vote of the citizen and in the jury report, but the final decision will be communicated by the Groningen City Council only March 28th
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Accademia dello Sport per la valorizzazione di Scunthorpe Central Park Il bando richiedeva il progetto di una nuova accademi dedicata allo sport la cui presenza serva a valorizzare l’area del Central Park di Scunthorpe Sports Academy: Reinvigorating Scunthorpe Central Park The competition brief asked for the design of a new sports academy and improvements to Central Park in Scunthorpe
1°
Organizzatore/Organiser: www.ribacompetitions.com/Landscape Institute Committente/Client: North Lincolnshire Council in partnership with Yorkshire Forward 1°
Italia/Italy – Pescara L’architettura Bioecologica - Premio FantiniScianatico Concorso nazionale per tesi di laurea, ideato e organizzato dalla società C.A.Sa. di Pescara con il patrocinio dell’Associazione Nazionale Architettura Biologica (ANAB) e dell’Istituto Nazionale di Bioarchitettura (INBAR), destinato ai laureati in architettura e ingegneria negli anni solari 2003-20042005 che hanno discusso una tesi di laurea sul tema della qualità energeticoambientale degli edifici e dell’innovazione tecnologica per l’ambiente
COMPETITIONS
Vincitore/Winner Andrew Wright Associates (capogruppo/team leader)
1° Silvia Guzzini (Relatore: Salvatore Dierna) 2° Anna Donati, Alberto Fogliato (Relatore: Claudio Panerai) 3° Maria Angela Corsi, Valentina Gastaldi, Carmine Lucini (Relatore: Salvatore Dierna) Segnalati A- Amalia Manuela Bruno, Arianna Sauria (Relatore: Alessandro Rogora) B- Giuliana Deodato (Relatore: A. Paolella; correlatori: C. Nava, F. Filianoti) C- Andrea Desideri (Relatore: Salvatore 2° Dierna; correlatore: Fabrizio Tucci)
1°
+ europaconcorsi
COMPETITIONS + europaconcorsi
Gran Bretagna/Great Britain – Scunthorpe
Giuria: Vincenzo Bacco, Giovanni Fuzio, Nunzio Perrucci, Carmela Palmieri, Giancarlo Allen, Franco Marinelli, Ferdinando Gottard Committente: C.A.Sa. Costruire Abitare Sano – FantiniScianatico www.costruireabitaresano.it 3° A
Gran Bretagna/Great Britain – Sherwood Forest
Vincitore/Winner Make Architects
Italia/Italy – San Giuliano di Puglia (Campobasso)
Centro Visitatori Il concorso richiedeva il progetto di un Centro Visitatori polifunzionale per la Foresta di Sherwood, che sarà l’elemento centrale del programma “Sherwood Forest: Living Legend” e sarà sottoposto al vaglio del Nottinghamshire County Council e dei suoi partner in maggio New Sherwood Forest Visitor Complex This multipurpose complex will be the focal point to the “Sherwood Forest: Living Legend” bid, that will be submitted by Nottinghamshire County Council and its partners to the Big Lottery in May 2007. This bid is one of six regional or nationally significant community regeneration projects to have been short-listed for the upper (People’s Millions) stream of the Living Landmarks grants programme
Finalisti/Shortlisted Glenn Howells Architects Niall McLaughlin Architects Richard Murphy Architects Patel Taylor Architects Wilkinson Eyre Architects
Parco della Memoria Concorso di progettazione di livello europeo finalizzato alla realizzazione del “Parco della Memoria” dedicato alle vittime del tragico terremoto che ha colpito il Molise il 31 ottobre 2002 Memorial Park Competition for the design of a Memorial Park for the victims of the tragic eartquake in Molise region of October 31st, 2002
1°
Committente/Client: Comune di San Giuliano di Puglia
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1° Santo Marra/Sud’Arc-h (capogruppo/team leader), Pietro Latella, Luciana Polimeni/Sud’Arc-h, Mestre Nieves, Manuel Leira, Alessio Gerace 2° Daniela Moderini (capogruppo/team leader), Giovanni Alessandro Selano, Gianluca Vultaggio 3° Alessandro Rossini/Studioazero (capogruppo/team leader), Paolo Mestriner/Studioazero, Paolo Pedrali/Studioazero, 1° Alessandro Occhiuzzi, Gabriele Minelli, Silvana Pereyra, Ren Cerda, Alberto Zecchini
1°
Committente/Client: Sherwood Forest: Living Legend
1°
Italia/Italy – Modena Il tempo, la pausa, il piacere di ritrovarsi. Aree di socializzazione esterne alla Facoltà di Ingegneria Studio e proposte per la realizzazione di elementi architettonici di ricucitura dell'area universitaria con lo spazio urbano circostante. Percorsi, accessi pedonali e ciclabili Time, Break, the Pleasure of Meeting. Meeting areas outside the Faculty of Engineering Study and proposal for the realization of architectural elements linking the university premises with the surrounding urban space. Pedestrian and cycle paths and accesses
1° 1° Andrea Cavicchioli, Stefano Savoia 2° Francesca Govoni, Alice Sighinolfi, Claudio Serafini, Gabriele Bigi 3° Costanza Bruini, Francesco Bursi, Agnese Gemma Barbieri, Giada Grosoli, Paolo Leoni Menzioni/Mentions - Marco Albini - Maria Elena De Franco, Giuliana Stermieri, Anna Gelli - Aldina Gozzi
Peru
1° 1° Christian Paulet Polanco, Gonzalo García Duclos, Wilson Villarreal Huertas, Edwar Arteaga Liviac 2° Lamboley Boris, David-rogeat Cédric, Maes Michael 3° Violeta Domínguez, Rodrigo González
“Infinite Strip” Architecture Contest www.arquitectum.com Giuria/Jury: Pedro Grijalba, Jean Pierre Crousse, Sandra Barclay, Juan Carlos Doblado
1°
Giuria/Jury: Mario Ciaccia, Giancarlo Gagliardelli, Giulio Bonini, Emilio Montessori, Giorgio Boni, Claudio Gibertoni, Daniela Pedrini Committente/Client: Rotary Club Modena, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia 2°
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COMPETITIONS + europaconcorsi
Spagna/Spain – Madrid
1° Anillo de Patios: Rubén Picado Fernández y Mª José de Blas Gutiérrez de la Vega. Colaborador: Jorge Frías Montes 2° Entrepatios: Gonzalo Martínez Márquez y Diego José Daza Pisonero 3° ex aequo Hula Hoop: Ignacio Vicens y Hualde y José Antonio Ramos Abengózar Tronc: Jordi Mansilla Ortoneda y Laia Mestre Risse. Colaborador: José San Martín Eraso
Decanato del Campus de la Justicia de Madrid Progetto per la costruzione del Decanato del Campus de la Justicia de Madrid Dean Offices at Campus de la Justicia de Madrid Competition for the realization of the Dean Office Building Giuria/Jury: Alfredo Prada Presa, José Luis González Armengol, Isabelino Baños, Josè Maria De Lapuerta Montoya, Miguel Giménez De Córdoba, Miguel Ángel García García, José María Ballester, Carme Pinòs, José Morales Sànchez Committente/Client: Campus de la Justicia S.A. OCAM Madrid
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2° 3° Hula Hoop
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Spagna/Spain – Madrid
1° Palacio de Papel: Diego José Daza Pisonero y Gonzalo Martínez Márquez
Pabellón Institucional del Ayuntamiento de Madrid en la “Feria del Libro de Madrid” 2007 Progetto per la realizzazione di un padiglione per il comune di Madrid destinato alla Fiera del Libro di Madrid 2007 Competition for the design of a Pavillion representing the Municipality of Madrid at the Madrid Book Fair 2007 Giuria/Jury: Carmen Rojas Cerro, Federico Manzarbeitia Arambarri, Maria Del Carmen Del Moral Iglesias, Daniel Gimeno Domenech, Emilio Pemjean Muñoz, Josè Marìa Garcìael Monte Committente/Client: OCAM
Menzioni/Honorable Mentions: A- Es peludo, y si lo miras de perfil parece un almendro: Alfonso Miguel Caballero y Elena Cuerda Barcaiztegui; Marta Guedán Vidal B- Ouno: Ignacio Moreu Fernández y María Mestre García; Cristina Mestre García. 1°
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Svizzera/Switzerland – Bellinzona Nuovo centro di esercizio di Pollegio Il nuovo centro di esercizio sorgerà a Pollegio in prossimità del portale sud della galleria e del nuovo centro informazione. Il Centro controllerà il traffico ferroviario da Arth-Goldau a Chiasso e verrà messo in funzione nel 2012 New Railway Control Centre The new facility will be realized at Pollegio, near the south entrance of the gallery and the new information centre. The Centre will manage the railway traffinc between Arth-Goldau and Chiasso, and will be operative in 2012
1° Bruno, Fioretti, Marquez Architekten, Martini Architekten, Borlini & Zanini 2° Baserga Mozzetti, Matti Ragaz Hitz Architekten 3° Michele Arnaboldi, Serafino Messi 4° Durisch + Nolli (Pia Durisch, Aldo Nolli) 5° ARGE Gellera & Pfister Schiess Tropeano, Gian & Prada 1°
Giuria/Jury: Markus Geyer, Claudio Corti, Riccardo De Gottardi Committente/Client: Ferrovie Federali Svizzere (FSS) AlpTransit Gotthard AG (ATG)
1°
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LA PAGINA GIALLA/ THE YELLOW PAGE
Dal post-umano all’umano post-umano From the Post-Human to the Human-Post-Human
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ill Gates ha razionato la posologia per i propri figli: non più di 45 minuti al giorno di computer. Di più non è educativo e fa male. Viene da chiedersi cosa si nasconda dietro questa nota pedagogica che ha tutta l’aria di una boutade o di una strategia. Anche se il re del m icrosoft ha dato prova ampia di porre attenzione e interesse agli aspetti umani dei rapporti sociali, interpersonali e internazionali. A me pare che questa lezione rientri nella logica sociopolitica degli Stati Uniti di cui, particolarmente in questo caso, Gates è un autentico rappresent ant e . Gli Usa sono l a patria dell’alta specializzazione. Ma oltreoceano si avverte già da tempo la tendenza a tornare, come un tempo, a vedere le cose con un binocolo molto elastico che continuamente ingrandisce e rimpicciolisce. Insom-
ma, l’alta specializzazione, certo, ma anche la possibilità di considerare l’insieme. Ma questo non è nostalgia, ma un’ a t t enzione “ umana ” che segue, continuando a tenerne conto, il post-umano dal quale l’alta tecnologia non ci consente di fuggire. Esso è piuttosto la nuova ineludibile condizione socio-culturale. E così non si tratta di nostalgia neanche nel caso di quel preside inglese che ha imposto ai propri scolari l’uso della stilografica ai fini di una bella scrittura. Anche in questo caso si tratta di un umano che segue al post-umano, continuandolo a contemplare. Probabilmente l’attenzione di Bill Gates verso i propri figli e anche, è chiaro, verso tutti i ragazzi, si traduce in una lezione di umano che segue, continuandolo a coltivare, al post-umano.
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ill Gates is rationing the tim e his children are allowed to spend in front of the computer: no more than 45 m inutes a day Any longer is uneducational and actually harmful. You c annot help wondering what lies behind this pedagogical stance, which seems like some kind of clever ploy or strategy. But it must be said that the King of Microsoft has always shown plenty of attention and interest in the human aspects of social, interpersonal and international relations. I think this lesson fits in perfectly with the sociopolitical logic of the United States, which, in this instance, is perfectly represented by Bill Gates. The USA are the home of a super specialisation. But for some time now there has been a tendency overseas to revert back, as once was the case, to seeing things through a very flexible pair of binocu-
Carmelo Strano
lars, constantly making things bigger and smaller. So, yes, super specialisation, but also the possibility of adopting an overall vie wpoint. This is not nostalgia, just “human” attention in the wake of, and continuing to bear in mind, the kind of post-human scenario that we are still anchored to by hightech. It is actually the kind of sociocultural condition in which we inevitably now find ourselves. And likewise there is nothing nostalgic about the case of the English headmaster, who forced his schoolchildren to use fountain pens to improve their handwriting. Once again, this is the human chasing the post-human, while keeping a careful eye on it. Bill Gates's concern for his own children and, of course, all children is probably a “human” lesson following on fro m the post-hu m an without discarding it.
Patrimoni archeologici e pianificazione del territorio Archaeological Heritage and Territorial Planning
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patrimoni archeologici sono considerati dal pubblico come momento avulso dalla realtà contemporanea sia sotto l’aspetto territoriale sia sotto l’aspetto sentimentale. Ma quanta intrinseca, diretta, opportuna relazione c’è tra il patrimonio archeologico e le istanze del presente. Questo vale in particolar modo per la pianificazione urbana la quale, appunto, con i siti archeologici deve fare i conti. E li deve fare nel doppio senso: come preservare e far vivere i siti archeologici e come da questi ricavare regole comportamentali di adeguamento. Un’area ricca di situazioni di questo tipo è certamente quella dei Paesi del Mediterraneo. Di questo si è reso conto Giuseppe Dato per la cui cura è appena uscito un volume di saggi sull’argomento. Un libro che le edizioni Biblioteca del Cenide hanno voluto graficamente (Attilio Patania) sobrio, elegante, asciutto con una copertina cartonata e patinata elaborata al computer da Domenico Cogliandro: oltre 300 pagine sotto il titolo Da Beirut a Noto. Dopo un’introduzione del curatore, segue una serie di saggi su diversi siti di speciale interesse dal punto di vista storico e della pianificazione. Lo stesso Dato si occupa della Libia, Francesco Giunta del piano particolareggiato di valorizzazione e fruizione di Noto antica. Un bel contributo a Piazza Armerina viene da Fausto Carmelo Nigrelli, mentre alla vicina Megera Hyblaea si dedica Chiara Barattucci non senza fare i conti con l’insediamento industriale. Il libanese Hassan Badawi parla di integrazione fra città e storia a proposito di Beirut, mentre la città di Marsala è oggetto dell’indagine di Ignazio Vinci. Doppia attenzione su Siracusa da parte di Giovanna Mangano (Latomia dei Cappuccini e altro) e Vito Martelliano (Il castello di Eurialo).
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he general public treats the architectural heritage as something detached from reality both territorially and sentimentally. So just how intrinsic, direct and useful is the archaeological heritage’s relation to the demands of the present? This particularly applies to urban planning which, of course, must come to terms with archaeological sites. And it must do so in two ways: by conserving and bringing to life archaeological sites and by drawing rules of suitable behaviour out of the m. Mediterranean countries certainly abound in situations like this, as Giuseppe Dato has realised in the book of essays on the topic he has just edited. A book which the Biblioteca publishing house belonging to Cenide decided to give sober, elegant and austere graphics (Attilio Patania) with a shiny bound cover computer-designed by Dom enico Cogliandro: over 300 pages entitled Da Beirut a Noto. After an introduction written by the editor, there are a series of essays on various sites of notable interest from an historical and planning viewpoint. Mr. Dato himself looks at Libya and Francesco Giunta studies the detailed plan for enhancing and exploiting ancient Noto. There is a fine piece on Piazza Armerina by Fausto Carmelo Nigrelli, while Chiara Barattucci tackles nearby Megera Hyblaea, without overlooking the local industrial settlement. The Libyan Hassan Badawi talks about the integration of city and history in relation to Beirut, while the city of Marsala has been surveyed by Ignazio Vinci. Both Giovanna Mangano (Latomia dei Cappuccini etc.) and Vito Martelliano (Eurialo Castle) focused on Siracusa.
Jarry multimediale Multi-media Theatre
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ue i pregi principali dello spettacolo “Ubu incatenato”: la duttilità timbric a e l’energia del protagonista e l’impegno multimediale della perform ance . Un libero adattamento del celebre “Ubu Roi” di Alfred Jarry, opera di Roberto Latini che è anche l’unico protagonista della pièce . Questa cala l’opera del poeta francese nel nostro tempo. Da questo punto di vista le parti sonore, che sono di Gianluca Misiti, irrorano quel lavoro di swing e parodie di valzer. Certo non ci sogniamo le raffinatezze e i voli registici di Bob Wilson, ma la perfor m ance di “Fortebraccio Teatro”, che sta facendo il giro dell’Italia, con la direzione di
scena di Dario Palombo, gioca bene le possibilità offerte dalla multimedialità, a cominciare dalla “Motion capture” compresa l’armatura esoscheletrica che c a ttura il movimento e che è indossata da Roberto Latini. Questi non la subisce, ma, a dispetto del suo vistoso valore protesico, la rende elastica nella sua consistenza paradossale. Le atmosfere patafisiche di Jarry sono pienamente rispettate: i paradossi, le ironie sottili, la tentazione del non-sense . Il testo insiste sul contrasto libertà-schiavitù: in un mondo di schiavi per comandare ci vuole un qualche grado di schiavitù. Una pièce da non perdere.
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he “Ubu enchained” show has two main strong points: the flexibility of the voice and energy of its performer and the multi-media nature of the overall show. A free adaptation of the fa mous “Ubu R oi” by Alfred Jarry, with Roberto Latini performing as the pl ay’s own chara c t er. This is a modern-day adaptation of the French poet’s work. As regards the musical parts by Gianluca Misiti, they are a bled of sing and parodies of waltzes. Of course we could never drea m of hearing the range of sounds and virtuoso touches of Bob Wilson, but the perfor m anc e of the “ Fortebra c cio Teatro”, which is currently touring
It aly under the st age dire ction of Dario Palombo, makes fine use of the possibilities afforded by multi-mediality, starting with “Motion capture” including the exoskeleton ar m oury capturing m otion worn by R oberto L atini, who really exploits and takes full advantage of the paradox inherent in this striking prosthesis. J arry’s para-physical at mospheres are duly respected in every way: the paradoxical twists, subtle irony and playful nonsense. The text focuses on the contrast between freedom-slavery: you need to be a bit of a slave to command in a world of slaves. A play not to be missed.
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BLOG DI CARTA/PAPER BLOG Una pausa per pensare Thinking about the Shrinkage Mark White
Rubriche e articoli sul mondo della progettazione, della produzione e della ricerca. Design, production and research.
Ente pubblico di qualità In Ferrara Progetto: MCA-Mario Cucinella Architects Ferrara. l’ARPA (Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente) avrà una nuova sede per i laboratori e e gli uffici provinciali. Il progetto vincitore del concorso per l’ampliamento della sede è di MCArchitects di Mario Cucinella. Obiettivo di progetto: riduzione dell’impatto ambientale, ovvero impegno verso la sostenibilità, una scelta consapevole in un momento in cui il surriscaldamento del pianeta è evidente e le risorse naturali scarseggiano. Il nuovo edificio accoglie: uffici amministrativi e direzionali e laboratori ed è caratterizzato da una grande apertura sul lato sud-est, che crea un effetto di notevole leggerezza. La copertura è sormontata da torri del vento, capaci di veicolare l’aria all’interno dell’edificio, raffrescando gli ambienti nei mesi estivi. Il progetto, come è consuetudine dello studio MCArchitects, si evidenzia per l’impiego di software di calcolo dinamici (CFD), ossia per la simulazione della ventilazione naturale all’interno delle strutture edilizie. In tal senso, si sono utilizzate, nel complesso degli uffici e dei laboratori, le torri sulle coperture che rappresentano un interessante risultato formale ottenuto con l’impiego di questi sofisticati software di ultima generazione. ARPA (Regional Agency for Prevention and Environment) will have new headquarters for its laboratories and provincial offices in Ferrara. The winner of the competition for the extension of the headquarters is Mario Cucinella’s MCArchitects. At a moment in which our planet overheating is apparent and natural resources are running out, the project aims at reducing environmental impact and fostering sustainability. As well as laboratories, the new building includes administration and management offices, and features a great opening on its southeastern side that creates a remarkably airy effect. The roofing is topped with wind towers that convey air to the interior of the building, cooling the rooms during the summer months. As in the tradition of the MCArchitects studio, the project is distinguished by its use of CFD software, which involves natural ventilation within buildings. This is why the towers were placed on the roofs of the officeand-laboratory complex: an interesting formal result was achieved through the use of highly sophisticated software.
88 l’ARCA 224
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Sfondi africani a Lione Natural Scenography
Un veicolo per Marte Mars Cruiser One
Progetto: Ellipse (architettura), Osty (paesaggio)
Progetto: EADS Space Transportation, Architecture+Vision, Stephen Ransom Consultancy, G-Engineering
90 l’ARCA 224
The green lung of Lyons, La Tête d’or is a 105hectare park that, since last year, has been hosting new-concept zoological gardens. The “ plaine africane” does not reflect the traditional zoo concept, with more or less large cages or fences where animals are confined. On the contrary, it is a natural “setting” , a sort of landscape backdrop where, with more room and greenery, different animal species live in comparative freedom. The ca. 3 hectares of zoological gardens have different natural environments: the savannah, a tropical forest, and a humid area, so that 130 species can live there, including giraffes, zebras, antilopes and ostriches. This environmental project was planned by Osty, who worked with architects from Ellipse who were in charge of an interesting plan that mainly distinguishes itself for its successful integration with the natural environment. The planners designed two buildings: one for the giraffes and one for the zebras. But they were designed within a broader overall setting constructed on viewpoints, perspectives, and the dynamics and the mutability of perception. The animals are the main actors, and they interact with visitors more freely, without being conditioned by artificial barriers. Large use of wood was made in building the two structures: larch for the exterior and laminated Douglas fir for the framework, both coming from certified sectors in the sphere of sustainable development, and abiding by the conditions against forest exploitation. A kinetic perception is afforded by an elliptic shell that is 10 meters high and 50 meters long, aiding the visitor’s itinerary. Starting from a continuous façade facing southwards, the skin of the shell expands northwards along the rising fanlike structures that open up the view toward the interior for visitors, and toward the plane for the giraffes. The zebras, on the other hand, are hosted in a triangular building that closes one end of the plane. Thus, it also serves as an organizer of the site; in addition to defining its boundaries, it distributes the animal flow and integrates the already existing building for the tigers’ den. The northern façade is made up of horizontal larch boards that create a wave of stripes and make the area easily identifiable, letting light through at the same time. The other faces of the structure also follow a wavy trend, thus providing overall unity.
Il “MarsCruiserOne” è un veicolo pressurizzato progettato per l’esplorazione umana dello spazio sulla Luna e su Marte. L’MCO è però più di un semplice veicolo, è infatti un laboratorio mobile che trasporta l’uomo nel mondo sconosciuto dell’esplorazione spaziale. Il veicolo potrà trasportare un equipaggio di tre astronauti per missioni fino a 15 giorni prima di necessitare un rifornimento alla stazione base. Secondo i piani della NASA e dell’ESA (European Space Agency) l’MCO sarà inviato su Marte nel 2032. Il concetto originale per questo veicolo è stato sviluppato da EADS Space Transportation ed è stato ulteriormente sviluppato da Architecture+Vision (www.architectureandvision.com), Stephen Ransom Consultancy e G-Engineering di Udine (www.g-engineering.it). Tra i collaboratori al progetto anche la SR Consultancy di Brema e il Self Group di Udine. Concettualmente, il progetto si basa sulla generazione futura dei veicoli da lancio Ariane che ottimizzano l’uso dello spazio di carico del missile. Ruote omnidirezionali consentono al veicolo di poter andare in ogni direzione e di ruotare su se stesso. Le ruote collegate al bordo dei cerchioni permettono di regolare a piacimento l’altezza dal terreno a seconda delle condizioni del fondo. Le ruote sono attivate da un motore elettrico lineare. L’utilizzo di ruote larghe consente l’ottimizzazione dello spazio interno. L’interno è progettato per condizioni di vita e lavoro ottimali per l’equipaggio. Lo spazio è concepito per essere utilizzato per diverse attività nelle varie ore del giorno. I sedili sono progettati per la guida, il lavoro e per dormire, come quelli della prima classe degli aerei. Lo spazio interno è diviso in quattro settori: cabina di pilotaggio, cucina di bordo, bagni e laboratorio. Ulteriori spazi di stiva per i sottosistemi del veicolo (riserva di energia, sistema di condizionamento ecc.) sono collocati all’esterno. Il “MarsCruiserOne” può essere il punto di partenza per insediamenti umani permanenti sul Pianeta Rosso. Questo avamposto scientifico diventerà gradualmente più complesso con infrastrutture e habitat che daranno forma alla prima città nuova nel sistema solare. Lo sviluppo del “MarsCruiserOne” è pensato come una piattaforma per la tecnologia e l’innovazione delle industrie aerospaziali e dell’automazione. Il progetto fa parte della mostra per il 30° anniversario del Centre Pompidou di Parigi, “Airs de Paris” (25 aprile-15 agosto), dove sarà presentato con un modello in scala 1:10 realizzato dall’azienda italiana di proto tipi Self Group (www.selfgroup.it).
Vincent Josse
Polmone verde di Lione, La Tête d’or è un parco di 105 ettari che dallo scorso anno ospita un giardino zooligico di nuova concezione. La “plaine africane” infatti non rispecchia la tradizionale ambientazione con gabbie o recinti più o meno ampi dove sono chiusi gli animali, ma si propone piuttosto come una “scenografia” naturale, una sorta di fondale paesaggistico dove le diverse specie di animali vivono in semi libertà, in spazi più estesi e vegetalizzati. I circa 3 ettari di parco zoologico presentano tre diversi ambienti naturali, savana, foresta tropicale e zona umida, per favorire la coabitazione di giraffe, zebre, antilopi struzzi ecc. fino a circa 130 specie. Progetto paesaggistico firmato da Osty, che ha lavorato con gli architetti di Ellipse responsabili di un interessante intervento che si distingue soprattutto per l’indovinato inserimento nell’ambiente naturale. I progettisti hanno sviluppato due edifici, uno per le giraffe e uno per le zebre, come momenti di una più ampia scenografia di insieme, costruita sui punti di vista, sulle prospettive, sulla dinamica e la mutevolezza della percezione. Gli animali sono i principali attori che si rapportando ai visitatori in modo più libero e meno condizionato dalla rigidità di barriere artificiali. I legno è il materiale privilegiato per la costruzione dei due edifici, larice per l’esterno e abete di douglas laminato per la struttura, tutto proveniente da settori certificati a sviluppo sostenibile, a garanzia delle condizioni di sfruttamento delle foreste. Un involucro unitario di forma ellittica alto 10 metri per 50 di lunghezza, offre una percezione cinetica che asseconda il percorso del visitatore. Partendo da una facciata continua a sud, la pelle dell’involucro si dilata verso nord per l’andamento dei montanti che si aprono a ventaglio liberando la vista verso l’interno per il visitatore e verso al pianura per le giraffe. Le zebre sono invece ospitate in un edificio di forma triangolare posto a chiusura dell’estremità della Pianura. Ha quindi anche una funzione organizzatrice del sito; oltre a segnarne i limiti, distribuisce i flussi degli animali e integra l’edificio già esistente della serra delle tigri. La facciata nord si compone di assi orizzontali in larice che creano un’onda di zebrature e ne identificano l’immagine, lasciando filtrare la luce. Andamento ondivago anche sulle altre facciate per rispettare l’unitarietà dell’insieme. E.C.
“MarsCruiserOne” is a pressurized rover designed for human space exploration on the Moon and Mars. It is not just a vehicle, but also a mobile laboratory which takes mankind into the unknown world of space exploration. The rover will be able to transport a crew of up to 3 astronauts for a 15 days mission before it needs to re-supply at to base station. Following NASA and ESA (European Space Agency) planning, the rover will be sent to Mars by 2032. The original rover concept has been developed by EADS Space Transportation and has been further developed by Architecture+Vision (www.architectureandvision.com), Stephen Ransom Consultancy, and G-Engineering in Udine (www.g-engineering.it). Other collaborators to the project are SR Consultancy, Bremen, and Self Group in Udine. The design concept is based on a future generation of Ariane launch vehicles to make the most use of the rocket cargo space. Omni-directional wheels allow the rover to drive in every direction and to rotate around itself.The fixed-rim wheels allow an individual adjustment of the height of the the wheels and adaptation to the ground conditions. The wheels are rim.driven by an alectric linear motor. The large wheel concept allows optimum usage of storage interior space. The interior is designed for optimal living and working environment of the crew. The space is conceived to be used for different activities during the different parts of the day. The seats are specially designed for driving, working and sleeping, similar to first class aircraft seats. The internal space Is composed of four sections: cockpit, galley, lavatory and laboratory. Additional stowage space for the vehicle’s subsystems (power supply, environmental conditioning system etc.) is located outside the vehicle. The “MarsCruiserOne” can be the starting point of a permanent human settlement on the Red Planet. This first scientific outpost will gradually become more complex where infrastructure and habitats will give shape to the first new city in the solar system. The development of “MarsCruiserOne” is conceived as a technology and innovation platform between aerospace and automotive industries. The project will be part of the 30th anniversary exhibition of centre Pompidou in Paris “Airs de Paris” (April 25th-August 15th), and presented with a 1:10 scale model built by Italian industrial prototyping company Self Group (www.selfgroup.it).
224 l’ARCA 91
Futuri sostenibili a Lione Renewable Energies
La foresta intorno Near Bordeaux
Alla luce di quanto stabilito dai Ministri dei 27 Paesi membri dell’UE sulla riduzione di emissioni di CO2 del 20% entro il 2020, e del progetto di portare entro quella data al 20% la produzione di energie rinnovabili, contro l’attuale 7%, anche l’impatto del settore delle costruzioni diventa centrale nelle nuove strategie energiche da adottare. A Lione il febbraio scorso, si è tenuto il Salone delle Energie Rinnovabili, quest’anno inserito nel quadro di un più ampio contesto espositivo interamente dedicato al tema della Sostenibilità e della Costruzione del futuro. Un’occasione unica che ha fatto convergere nel polo fieristico di EurexpoLyon altri sei saloni in contemporanea rivolti al settore delle costruzioni e delle energie rinnovabili: Ecobâtir, Eneo, Sanipolis, Eurotips, Eurobois e Servibat. In particolare, quest’anno ha visto l’avvio della prima edizione di Ecobâtir, specificatamente rivolto alle nuove tecniche di costruzione e ai nuovi materiali in considerazione dell’impatto della costruzione sull’ambiente, le economie di energia e lo sviluppo sostenibile. Piattaforma di particolare attualità in un più ampio contesto di approccio sostenibile, Ecobâtir ha presentato soluzioni alternative in risposta ai consumi di un settore che, come quello della costruzione, si aggirano al 40% per l’energia, il 16 % per l’acqua con un 25% di emissione di gas a affetto serra. Eco-materiali, riciclaggio dei rifiuti, gestione dell’acqua, biodesign, efficienza energetica, con oltre 80 espositori, il Salone ha riunito un’ampia gamma di prodotti e sistemi utilizzabili nel quadro di una prospettiva di alta qualità ambientale. Dalla struttura, con nuove tecniche costruttive e nuovi materiali quali il legno, materiale riciclabile per eccellenza; il mattone alveolare in terra cotta, elemento strutturale e contemporaneamente isolante; la canapa, in associazione con la calce per formare blocchi strutturali; il cemento, la cui produzione è oggi sviluppata dalle principali aziende in un’ottica di risparmio energetico sia a livello di istallazioni, sia di cantiere. Ma anche isolanti tradizionali e naturali, rivestimenti e finiture a bassa emissività di COV (componenti organiche volatili), fino a toccare i prodotti e i sistemi relativi agli spazi interni, eco-design, sistemi elettrici, finiture, sicurezza ecc. Sul fronte energie rinnovabili, il Salone specializzato giunto quest’anno alla sua quinta edizione, ha visto la partecipazione oltre che della Francia, dell’Austria, della Germania, della Danimarca e del Belgio, Paesi particolarmente avanzati in questo settore. La situazione allarmante legata alle risorse e all’approvvigionamento energetico, e le emissioni nocive derivanti da un consumo eccessivo, pone in primo piano il ricorso alle energie rinnovabili la cui evoluzione sta registrando passi significativi, sia in termini di filiere energetiche e di quantità prodotte, sia in termini di innovazioni tecnologiche, dagli impianti eolici off-shore, alle eoliche orizzontali, biocarburanti ecc. Si è confermata la tendenza mondiale che vede una crescita esponenziale dell’energia solare fotovoltaica per la produzione di elettricità e termica, per la produzione di acqua calda per sanitari, riscaldamento e raffrescamento dei locali; seguita dall’eolica; la biomassa, per la produzione di elettricità e calore; la geotermia per la produzione di elettricità. Elena Cardani
Progetto: Eric Wirth
In the light of what the Ministers of the 27 EU countries established last February on a 20% reduction of CO2 emissions by 2020—and on a project to be implemented by that date regarding the production of renewable energy, which is to reach 20% against the current 7%—the impact of the building sector is becoming pivotal in the new energy strategies to be adopted. The Renewable Energy Exhibition was held in Lyons in February, and this year it was set in a wider exhibitive context that was entirely devoted to the theme of Sustainability and Building the Future. Through Eurexpo-Lyon, this unique occasion offered the chance to organize other six shows devoted to renewable energy to be adopted in the building sector: Ecob_tir, Eneo, Sanipolis, Eurotips, Eurobois, and Servibat. What was especially interesting this year was the first edition of Ecob_tir, which specifically focused on new building techniques and new materials related to the impact of building on the environment, energy savings and sustainable development. A platform that is particularly topical in the context of a broader sustainable approach, Ecob_tir has presented alternative solutions to meet the consumption of the building sector, which averages 40% in terms of energy, 16% for water, and 25% greenhouse gas emissions. With over 80 exhibitors centered on ecomaterials, waste recycling, water apportionment, biodesign, and energy efficiency, the Exhibition has gathered a wide range of products and systems aiming at high environmental quality. Structures involve new building techniques and materials, for instance wood, which is the recyclable material par excellence; alveolar terra cotta brick, which serves both as a structural and insulating element; hemp, which combined with lime is used to form structural blocks; and cement, whose production is today developed by leading firms to foster energy savings, both in terms of equipment and on building sites. In addition, traditional and natural insulation is also dealt with, as well as facings and finishings with low VOC (volatile organic compound) emissions and products and systems for interiors, such as ecodesign, electrical systems, finishings, safety, etc. The Exhibition specializing in renewable energy sources has come to its fifth edition this year, and has seen the participation of France, Austria, Germany, Denmark, and Belgium, which are all especially advanced in the sector. The alarming situation in the sphere of energy resources and supplies—as well as the harmful emissions due to eccessive consumption—sets renewable energy in the forefront, as it is making great steps forward, both in terms of the types and quantities of energy produced, and in terms of technological innovations, offshore and horizontal wind power plants, clean fuel, etc. Worldwide trends have shown a great increase in the use of photovoltaic solar energy to produce electricity and thermal power, hot water for bathrooms, heating and airconditioning, as well as wind power, biomass for the production of electricity and heating, and geothermal power for the production of electricity.
Saint-Aubin-de-Medoc, which is 15 km from Bordeaux and 40 km from the Ocean, is a town that lies in an extraordinary natural context. Surrounded by 2,500 hectares of forest, the “ville grandeur nature”, as it is rightly called, saw its greatest period of development during the 1960s, when aerospace centers devoted to research and development in the field were transferred to this region. Engineers, technicians, and researchers coming from the Parisian region opted for a life style that would allow for close contact with nature; this led to the urbanization of isolated housing units that were immersed in the park. Through time, this situation has not changed, despite the growth in population, and therefore new requirements, especially concerning infrastructures, services and collective facilities that would satisfy the new social demands. Recently, one of the new proposals is a project for kindergarten and elementary schools which–thanks to Eric Wirth with Thibaut Lucas and Isabelle Elnaïmi–won a competition. The characteristics of the project are its relationship with the landscape and its sensitive approach to environmental issues, its openness to the community at large, safety for the students, albeit few, pleasant teaching and recreation areas, and visibility and transparence, which allow for immediate identification of the various areas themselves. It is a discreet architecture on a landscape-child dimension, made of intervals between collective and semi-public areas, as well as teaching rooms. Flowing spaces are immersed in the richness of the natural landscape, following a smooth course reaching the school buildings. Teachers, parents, and citizens are invited to immerse themselves in nature, learning from it and at the same time learning to respect it. With its wide windows and wood structures, the architecture becomes part of the landscape, capturing its perspectives, its scents, the rustling of the underbrush; pulsing with the vibrations of the light filtering through the foliage as, at the same time, it bears a contemporary sensibility. The two buildings are organized around an interior patio which is the center of the complex, an actual protected and sheltered space with steps for the children to sit on while they are listening to fairy tales. In the summer this space is protected from the sun by deciduous trees, while in winter, the leafless branches let the sun’s rays filter through the wide windows. The bearing element of the whole, the patio offers visual contact between the children of the two schools, stimulating synergy between them and, at the same time, organizing collective areas, the reception, the cafeteria, a multipurpose room, a library, video arcades, and laboratories. The classroom blocks, on the other hand, are separated by common areas, allowing for high levels of concentration and attention devoted to teaching hours.
92 l’ARCA 224
A 15 km da Bordeaux e a 40 dall’Oceano, Saint-Aubin-de-Medoc è un comune immerso in un contesto naturalistico straordinario. Circondata da 2.500 ettari di foresta, la “ville grandeur nature” come viene a ragione definita, ha avuto il suo momento di massimo sviluppo intorno agli anni Sessanta con il trasferimento in questa regione dei centri di ricerca e sviluppo aerospaziale. Ingegneri, tecnici, ricercatori arrivati dalla regione parigina hanno privilegiato un quadro di vita a stretto contatto con la natura che ha generato un’urbanizzazione a unità abitative isolate immerse nel parco. Una situazione rimasta inalterata nel tempo, nonostante l’incremento della popolazione e il sorgere di una nuova domanda, soprattutto a livello di infrastrutture, di servizi ma anche si attrezzature collettive rispondenti ai futuri fabbisogni sociali. Si inserisce nel quadro dei nuovi interventi, il progetto di un complesso scolastico per classi materne ed elementari, oggetto di un concorso vinto da Eric Wirth, con Thibaut Lucas e Isabelle Elnaïmi. Rapporto con il paesaggio, sensibilità alle problematiche ambientali, ruolo didattico ed educativo dell’intervento, apertura a una fruizione allargata alla collettività, ma anche sicurezza dei piccoli alunni, confort delle condizioni di vita degli spazi di insegnamento e di gioco, visibilità e trasparenza per una facile reperibilità degli orientamenti, sono gli elementi che hanno guidato la definizione del progetto. Un’architettura discreta, a dimensione del paesaggio e del bambino, fatta di intervalli tra spazi collettivi, semi pubblici e riservati all’insegnamento; percorsi fluidi che si immergono nella ricchezza del paesaggio naturale seguendo un andamento morbido per raggiungere gli edifici scolastici. Un invito agli alunni, ma anche a insegnanti, genitori e cittadini a immergersi nella natura per trarne insegnamento, ma anche per apprenderne il rispetto. Con ampie vetrate e strutture in legno l’architettura si fa parte del paesaggio, ne coglie le prospettive, ma anche i profumi, i fruscii del sottobosco, si fa vibrante al vibrare delle luci filtrate dalle fronde degli alberi, facendosi nel contempo portatrice di una sensibilità contemporanea. I due edifici si organizzano attorno a un patio interno, cuore dell’insieme, vero e proprio spazio protetto e riparato, dove sono organizzate piccole gradinate per intrattenere i bambini al racconto delle fiabe e un boschetto di alberi a foglia caduca che d’estate proteggono dal sole e d’inverno, spogli delle fronde, lasciano filtrare i raggi del sole a attraverso le ampie vetrate. Elemento portante dell’insieme, il patio garantisce il contatto visivo tra i bambini delle due scuole, ne stimola le sinergie e nel contempo organizza gli ambienti collettivi, spazio di ricevimento, mensa, sala polivalente, biblioteca, sale giochi, e laboratori. I blocchi delle aule sono invece separati dagli spazi collettivi, in modo da mantenere elevati i livelli di concentrazione e attenzione dedicati alle ore di insegnamento. Elena Cardani
224 l’ARCA 93
Modelli virtuali In Montecarlo
Nel segno della soft-art Evanescent Colors
E’ il modello virtuale, o modello 3D in tempo reale, la nuova frontiera della rappresentazione nel campo della progettazione urbanistica, architettonica e del paesaggio. E’ quanto emerso in occasione della 25a edizione di Imagina, il Salone dedicato all’universo della 3D, che ha riunito lo scorso febbraio a Monaco circa 2000 tra professionisti del settore, addetti, aziende e progettisti. Parallelamente al mondo dei video, del cinema e della pubblicità, dallo scorso anno ampio spazio è dato all’applicazione della 3D nel campo del progetto che in questi ultimi anni, con il progresso delle tecnologie digitali e di animazione è notevolmente evoluta. Un Forum della visualizzazione 3D ha riunito diverse figure professionali, architetti, designer, progettisti video, specialisti ed esperti del settore, per presentare e discutere sulle soluzioni più innovative che possono intervenire ormai in ogni tappa del progetto, dal concetto fino alla comunicazione. E così dopo i rendering, le simulazioni fisse e le animazioni video, sono i modelli 3D in tempo reale l’ultimo evento destinato a modificare l’approccio concettuale e la rappresentazione del progetto. Sfruttando tecniche derivate dai video-giochi e grazie al salto tecnologico permesso dalle schede video, questo sistema consente di visualizzare il modello, di una città, di un quartiere o di un singolo edificio, in continuo, cioè a mano a mano che si naviga al suo interno, interagendo direttamente con lo spazio, la luce, gli oggetti, i materiali, gli elementi paesaggistici e architettonici, a una cadenza di 25 immagini/secondo. Contrariamente ai video, in cui le traiettorie visuali sono predefinite, questi modelli consentono di navigare in totale libertà di spostamenti, di prospettive, modificando percorsi, punti di osservazione, esposizione, ombreggiamenti. L’osservatore non è più figura statica, ma vero attore della scena progettuale con la quale può interagire in tempo reale. Si capisce l’ampio spettro di opportunità che possono offrire queste tecnologie, anche in relazione a un notevole abbattimento dei prezzi e al perfezionamento raggiunto a livello di texture delle superfici, qualità della luce, definizione di elementi paesaggistici come le specie vegetali. Manca naturalmente una diffusa predisposizione da parte dei privati ma soprattutto delle amministrazioni comunali e dei diversi assessorati a recepire le potenzialità, anche pedagogiche e di coinvolgimento diretto di una pubblico allargato, di questi nuovi strumenti che facilitano una comprensione immediata e una possibilità di interazione diretta con volumi, distanze, topografia e in generale gestione e pianificazione del territorio e della città. Elena Cardani
Maria Cristina Boy e Margherita Usai, artiste sarde residenti a Cagliari, vivono un sodalizio creativo che ha origini nella comune vocazione per gli aspetti più significativi dell’espressività artistica, sviluppata e approfondita seguendo corsi e seminari in atelier di note personalità del contesto. Entrambe hanno coltivato la propria spiccata sensibilità e l’intuizione con aggiornamenti culturali, confronti e verifiche stimolati da frequentazioni negli eventi e nelle mostre più significative e di portata internazionale, trasferendone le percezioni nel proprio operare dedicato, dalla fine degli anni Ottanta, alla “tessilità”. Ne sono emerse straordinarie creazioni che rientrano nella quotidianità del vivere la casa, diventando protagoniste dell’ambiente per valore semantico e decorativo-artistico. Si tratta di una notevole variazione di manufatti che, realizzati all’insegna del preziosismo, comprendono tendaggi, tovaglie, piccole trapunte, elementi di abbigliamento (tra i quali straordinari foulard), nonché pannelli a parete studiati in più dimensioni, dai raffinatissimi colori sviluppati seguendo percorsi grafici definiti o impostazioni che, apparentemente più libere e spontanee, creano soluzioni e risultati frutto di scelte, esperienze e di una notevole sensibilità. Su basi tessili tinte a mano o conservate nello stato originale, le artiste intervengono con diverse tecniche che trasmettono ora la liquida ed eterea leggerezza dell’acquarello, ora quella più consistente della stesura a tempera, ora qualcosa di inusuale liberando e incrociando interventi con e su materiali diversi intrecciando, liberando e imprigionando evanescenze colorate. I loro lavori, sui quali permane la suggestione dello spirito sardo, sono stati esposti in mostre ed eventi importanti e attualmente si distinguono, creando un impatto emozionale e artistico, in molti hotel prestigiosi. L’attività di Maria Cristina Boy e Margherita Usai si identifica nel logo “Tramare”. Alda Mercante
The new frontier of representation in the field of urban, architectural, and landscape planning is the virtual model, or real-time 3D model. This is what emerged at the 25th edition of Imagina in Montecarlo, the Fair devoted to the 3D unviverse, which, last February, saw about 2,000 visitors, including professionals in the field, operators, firms and planners. In parallel to the world of video, motion pictures, and advertising, since last year a great deal of room has been given to the application of 3D in the sphere of architectural projects. As a matter of fact, thanks to the progress of digital and animation technologies, 3D has seen remarkable development in the past few years. A Forum of 3D visualization has gathered various professional figures, architects, designers, video planners, specialists and experts in the sector to present and discuss the most innovative solutions that can now be applied at every stage of a project, from its conception to its communication. Thus, after the renderings, fixed simulations and video animations, now realtime 3D is the latest event that will modify the conceptual approach to the project and its representation. By employing techniques borrowed from videogames, and thanks to the technological step forward provided by video cards, this system allows to visualize the model of a city, a district or a single building continuously while surfing within it, interacting directly with space, light, objects, materials, landscape and architectural elements, at a rate of 25 images per second. Unlike videos, in which the visual trajectories are predefined, these models allow for total freedom of movement and perspective, modifying courses, viewpoints, orientation, and shade. Observers are not static figures anymore, but the protagonists of the project scene, with which they can interact in real time. This proves the wide range of opportunities these technologies can offer, even from the standpoint of remarkably lower costs and the improvements achieved in the texture of the surfaces, the quality of lighting, and the definition of landscape elements, such as different plant species. Naturally, what is missing is the actual awareness—on the part of individuals and especially of municipal administrations and the various local government departments—of the potential of these new tools, which are also pedagogic and call for a direct involvement of the public at large. In fact, this new technology allows for immediate comprehension of—and possibility of direct interaction with volumes, distances, topographical features and, in general, the management and planning of territories and cities.
In alto a sinistra/top left, renderings realizzati da/realized by IMAGTP/Imagin3D.
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In alto a destra/top right, renderings 3D del Carlton Hotel di Cannes e della città realizzato da/and of the city realized by Pixxim.
Tour 1 a La Défense In Paris Progetto: Valode & Pistre E’ firmato da Valode & Pistre uno degli interventi più ambiziosi de La Défense, il quartiere alla porte di Parigi destinato a diventare uno dei principali centri d’affari europei. Tour 1 è un grattacielo che si innalza a 185 metri nei cieli della capitale con i suoi 38 piani in elevazione e 4 interrati, e una sagoma curvilinea declinata attraverso l’uso del vetro. L’imponenza e la complessità della volumetria è mediata oltre che dalla trasparenza, dalla dinamica dello sviluppo in altezza che origina un edificio tagliato a nord secondo una curva progressiva e piegato a sud sulla verticale. Una grande foglia trasparente progettata secondo criteri di massima efficienza e razionalità, sia a livello di tecnologie sia in termini di rapporto occupanti/superficie. La torre che integrerà, 33 piani a uffici, una sala conferenze di 200 posti, un centro benessere, caffetteria e ristorante e un parcheggio interrato di 581 posti comporterà un investimento di 155 milioni di euro con una previsione di fine lavori entro febbraio 2008. La complessità tecnica del cantiere, che si è aggiudicato Bouygues Bâtiment, ha implicato la messa a punto di soluzioni particolarmente innovative, come il sistema di casseforme e piani di lavoro autosollevanti SCF (Self Climbing-Formwork) realizzato da Hünnebeck. Senza l’ausilio di gru, questa struttura sfruttando le elevate capacità di carico ha permesso di realizzare in quattro giorni il nucleo in cemento armato della torre di 22x22,10 metri.
Hünnebeck. This structure does not need the aid of a crane; due to its high loading capacity, the 22x22,10 metres reinforced concrete nucleus of the tower was built in only four days.
Maria Cristina Boy and Margherita Usai, two Sardinian artists living in Cagliari, have formed a creative fellowship thanks to their common vocation for the most significant aspects of artistic expressiveness, which they have matured by following courses and seminars in famous textile workshops. Stimulated by the international events and exhibitions they have participated in, both have developed their own marked sensibility and intuition through continuous cultural retraining and cross-checking. Since the late 1980s, they have been transferring their perceptions into the world of textiles. Extraordinary creations have emerged in the sphere of everyday life in the home, where the artists have become well-known for the semantic and decorative-artistic value of their work. The latter includes a remarkable variety of manufactured articles distinguished by refined details, comprising curtains, tablecloths, small quilts, articles of clothing (including their extraordinary foulards), as well as wall panels in various dimensions and in extremely refined colors that were developed by following defined graphic patterns or designs that appear free and spontaneous, creating solutions and results that stem from their own selectivity, experience, and remarkable sensibility. They work either on hand-dyed or natural material with different techniques, achieving either the liquid, ethereal lightness of watercolors or the more consistent hues of tempera strokes, or something unusual by working freely with – and on – different materials… interweaving, freeing, and trapping evanescent color. Their works, which evoke their Sardinian spirit, have been on display at important exhibitions and events, and currently distinguish a number of prestigious hotels, creating an emotional and artistic impact. Maria Cristina Boy and Margherita Usai’s activity is identified by the logo “Tramare”.
Valode & Pistre have planned one of the most ambitious and symbolic works ever for La Défense, an area on the outskirts of Paris that is to become one of Europe’s main business centers. Tour 1 is a 38-story skyscraper soaring 185 meters into the capital’s sky (and with four basement levels), as well as a curvilinear glazed shape. The impressive, complex volumetric layout of the work is countered not only by transparence, but by the dynamics of a skyward development: the north face of the building features a continuous curve, while it folds southward to the vertical. This great transparent leaf was planned according to the highest standards of efficiency and rationality, both in terms of technology and in the ratio between the occupants and the surface area. The tower will include 33 floors of offices, a 200-seat conference room, a wellness center, a cafeteria, a restaurant, and an underground parking area for 581 vehicles. The building will involve an investment of 155 million Euros, and works are to be completed by February 2008. The technical complexity of the project – which has won the Bouygues Bâtiment – has led to the development of particularly innovative solutions, such as the SCF (Self-Climbing Formwork) System by
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Notizie sui principali avvenimenti in Italia e nel Mondo. Reports on currentevents in Italy and abroad.
Luci su Roma French-Italian Dialogues Artisti italiani e francesi e un dialogo tra passato e linguaggi contemporanei sono al centro del percorso espositivo che fino al 15 aprile si articola attorno a quattro edifici storici romani. Da un’idea di Yves Aubin de la Messuzière, Ambasciatore francese in Italia, la mostra “Luce di Pietra” invita alla scoperta di luoghi e monumenti non abitualmente accessibili al pubblico attraverso il confronto con le creazioni di alcuni artisti italiani e francesi. Filo conduttore che accomuna i diversi interventi, la luce, nella sua relazione con la pietra e le sue molteplici metamorfosi architettoniche. Ogni artista, utilizzando diversi tipi di fonti, dal neon al laser, dalla video istallazione ai proiettori o alle fibre ottiche, ha dato una interpretazione originale dei quattro palazzi romani portando un nuovo sguardo sulla storia. Palazzo Farnese, la cinquecentesca sede dell’Ambasciata di Francia, Villa Medici, il palazzo rinascimentale sede dell’Accademia di Francia a Roma, le chiese di San Luigi dei Francesi e di San Nicola dei Lorenesi invitano a un’inedita scoperta rivisitati dalle 16 istallazioni degli otto artisti invitati. A Palazzo Farnese, Chistian Boltanski, Laurent Grasso, Nathalie Junod Ponsard, Claude Lévêque, Yann Toma, Michel Verjux, Micol Assaël, Elisabetta Benassi, Enzo Chucchi, Jannis Kounellis, Patrick Tuttofuoco; a Villa Medici, Jean-Baptiste Ganne; Sarkis alla chiesa di San Luigi dei Francesi e Gianni Anselmo alla chiesa di San Nicola dei Lorenesi. Italian and French artists and a dialog between the past and contemporary languages are the focus of an exhibition that revolves around four historical Roman buildings. On an idea by the French Ambassador in Italy, Yves Aubin de la Messuzière, and through an encounter with the creations of several Italian and French artists, the show “Luce di Pietra”, or “Light of Stone” (open through April 15th) invites visitors to discover places and monuments that are not usually accessible to the public. Light is the main theme in all of the works, in its relationship to stone and its manifold architectural metamorphoses. Through the use of different means—from neon to laser, from video installations to floodlights or optical fibers—each artist has offered an original interpretation of the four Roman buildings, endowing history with a new look. With 16 installations, the eight invited artists have reinterpreted Palazzo Farnese, the sixteenth-century premises of the French Embassy, Villa Medici, the Renaissance building where the Academy of France is based in Rome, the churches of Saint Louis of the French and Saint Nicholas of the Lorrainers. The lighting at Palazzo Farnese was designed by Chistian Boltanski, Laurent Grasso, Nathalie Junod Ponsard, Claude Lévêque, Yann Toma, Michel Verjux, Micol Assaël, Elisabetta Benassi, Enzo Chucchi, Jannis Kounellis, and Patrick Tuttofuoco; at Villa Medici, by JeanBaptiste Ganne; at the church of Saint Louis of the French by Sarkis, and Gianni Anselmo was the light designer for the church of Saint Nicholas of the Lorrainers.
Michel Verjux, progetto per/project for “Luce di Pietra”, Palazzo Farnese, Roma, 2007.
96 l’ARCA 224
Nathalie Junod Ponsard, Trajectoires Absorbées, (Grande Galerie Forum des Halles, Paris). Giovanni Anselmo, installazione/ installation (Centre d’Art Contemporain, Genève; photo: Georg Rehsteiner). Sotto/below, Claude Lévêque, Le grand sommeil, installazione/ installation, MAC/VAL, Vitry sur Seine, strutture di letti in PVC, bolle di polistirene, semisfere di plexiglas, vernice fosforescente/PVC bed structures, polisthirene bubbles, plexiglas semispheres, fluorescent paint, 2006 (Photo Marc Domage); Christian Boltanski, Théâtre d’Ombres, tecnica mista/mix technique, 1986 (Courtesy Galerie Marian Goodman, Paris/New York).
Storia dell’automobile At MART Rovereto
La seduzione della luce At NAI Rotterdam
E’ aperta fino al 1 maggio, al MART di Rovereto, la mostra “Mitomacchina” che illustra, con modelli, disegni, automobili, fotografie, la storia del design dell’automobile – a partire dalla Benz Dreidard del 1896 (prima auto realizzata con motore a scoppio) – e le visioni che anticipano le trasformazioni a venire. La mostra presenta da un lato una vasta selezione di modelli scelti a partire dal loro ruolo di propulsori del cambiamento, sia in chiave sociologica che estetica e, dall’altro, una ricognizione dei progetti, i processi industriali e le sperimentazioni che hanno accompagnato la storia dell’auto. La mostra, prodotta dal Mart con la direzione di Gabriella Belli, è curata da un comitato di designer ed esperti del settore, storici del costume e storici dell'arte composto da Gian Piero Brunetta, Pierluigi Cerri, Emilio Deleidi, Giampaolo Fabris, Giorgetto Giugiaro, Tomás Maldonado, Giuliano Molineri, Adolfo Orsi, Sergio Pininfarina, Mauro Tedeschini e la rivista “Quattroruote”. I modelli d’automobile presenti sono quelli di grandi case produttrici europee ed americane, come Alfa Romeo, BMW, Bugatti, Chevrolet, Chrysler, Citroën, Ferrari, Fiat, Ford, Jaguar, Lamborghini, Lancia, Lotus, Maserati, Mercedes-Benz, MG, Mini, Nissan, Pagani, Peugeot, Porsche, Renault, Rolls-Royce, Saab, Smart, Tatra, Volkswagen. Accanto a queste anche esemplari di costruttori nel frattempo scomparsi: Cisitalia, Jamais Contente, Hanomag, Iso Rivolta, Isotta Fraschini, Messerschmitt, NSU, Studebaker, Trabant, Voisin.
Migliaia di luci su un cielo nero fanno da sfondo ai modelli architettonici, opere d’arte, fotografie, disegni e pannelli esplicativi che costituiscono la mostra “Architecture of the Night – Luminous Buildings”, aperta fino al 6 maggio al Netherlands Architecture Institute di Rotterdam. Si ripercorre la storia del progetto di illuminazione degli edifici, giunto oggi a un punto tale da vedere spesso progetti separati per le facciate o altre parti illuminate. Dai primi anni del Novecento, quando i lighting designer utilizzavano lampade a incandescenza per creare scenografici effetti luminosi che esaltassero gli edifici di notte – per esempio le coreografie luminose realizzate da André Granet sulla Tour Eiffel per celebrare l’Expo Mondiale del 1937 – agli anni dei LED, animati da grafiche cangianti computerizzate, inaugurati da Rem Koolhaas con il ZKM di Karlsruhe nel 1983, la mostra ripercorre la seducente storia dell’applicazione della tecnologia della luce in architettura. Durante il periodo espositivo, il primo e il terzo giovedì del mese vengono organizzati giri notturni in bicicletta per ammirare gli edifici di Rotterdam illuminati (www.rotterdam-archiguides.nl, www.nai.nl).
“Mitomacchina” will be open through May 1st at the MART of Rovereto, illustrating—through models, drawings, cars, and photographs—the history of car design. The exhibition begins with a Benz Dreirard from 1896 (the first car ever made with an internal combustion engine), tracing the history of cars up to visions that herald future changes. On one side, the show presents a vast selection of models that were chosen thanks to their role as propellers of change— both on a sociological and esthetic level—and on the other, it is an acknowledgment of the projects, industrial processes and experimentations that have accompanied the history of automobiles. The exhibition, produced by Mart under the direction of Gabriella Belli, is curated by a committee of designers and experts in the sector, costume and art historians, all of which include Gian Piero Brunetta, Pierluigi Cerri, Emilio Deleidi, Giampaolo Fabris, Giorgetto Giugiaro, Tomás Maldonado, Giuliano Molineri, Adolfo Orsi, Sergio Pininfarina, Mauro Tedeschini, and the magazine Quattroruote. The automobile models on display are from great European and American maufacturers, such as Alfa Romeo, BMW, Bugatti, Chevrolet, Chrysler, Citroën, Ferrari, Fiat, Ford, Jaguar, Lamborghini, Lancia, Lotus, Maserati, Mercedes-Benz, MG, Mini, Nissan, Pagani, Peugeot, Porsche, Renault, Rolls-Royce, Saab, Smart, Tatra, and Volkswagen. Examples by manufacturers that no longer exist are also shown besides these, including Cisitalia, Jamais Contente, Hanomag, Iso Rivolta, Isotta Fraschini, Messerschmitt, NSU, Studebaker, Trabant, and Voisin.
Thousands of lights in a black sky serve as a backdrop for the architectural models, artworks, photographs, drawings, and explanatory panels that make up the exhibition “Architecture of the Night – Luminous Buildings”, open through May 6th at the Netherlands Architecture Institute of Rotterdam. The show retraces the history of lighting projects for buildings, which today often entails different projects for the façades and other lit parts of a structure. From the early twentieth century, when lighting designers used incandescent lamps to create spectacular lighting effects that enhanced the beauty of buildings by night—for instance, the light choreographies by André Granet on the Tour Eiffel to celebrate the World Expo in 1937—the enticing history of the application of light technology to architecture is traced, up to the years of LED, which were enlivened by the modulating computerized graphics inaugurated by Rem Koolhaus with the ZKM of Karlsruhe in 1983. Throughout the duration of the show, on the first and third Thursday night of each month, bike tours are organized to be able to admire Rotterdam’s luminous buildings (www.rotterdam-archiguides.nl, www.nai.nl).
Sotto a sinistra/below left, Patrick Tuttofuoco, Y, 2004 (photo: Studio Guenzani, Milano).
Fiat Turbina.
Progetto Beirut A Cultural Lab Il laboratorio culturale aMAZElab (www.amaze.it), in collaborazione con ArtBook e Provincia di Milano, propone, fino al 13 maggio, il progetto culturale “ReThinking Beirut”, dedicato all’attualità artistica, sociale e geopolitica della città. Il progetto, che si sviluppa in vari eventi tra cui una mostra allestita presso ArtBook, intende indagare la realtà contemporanea di Beirut, città rappresentativa della complessità del mosaico libanese e fucina di intellettuali di altissimo profilo, attraverso un programma artistico-espositivo, accompagnato da un ciclo di conferenze. La leggenda di Beirut si fonda, dal punto di vista economico, su un passato pulsante di traffici, grazie al porto internazionale e all’agile sistema bancario; dal punto di vista sociale, sulla possibilità di vivere – secondo le parole dell’intellettuale Albert Hurani – in due o tre mondi allo stesso tempo, senza appartenere veramente ad alcuno di essi. Beirut è la città continuamente minacciata dalla distruzione materiale (dai conflitti tra il 1975-1991, ai più recenti bombardamenti) la cui memoria è legata indissolubilmente alla sua stessa immagine infranta. Al tempo stesso, è la città in cui sorgono continuamente nuove energie, capitali, progetti, sviluppo sociale e culturale. Jointly with ArtBook and the Province of Milan, the cultural lab aMAZElab (www.amaze.it) is proposing the cultural project “Re-Thinking Beirut” (open through May 13th), devoted to the city’s current artistic, social and geopolitical conditions. The project—which branches out into various events, including a show organized at ArtBook — is meant to
Design di André Granet per l’illuminazione della Tour Eiffel per l’Expo Mondiale di Parigi/André Granet’s design for the lighting of Tour Eiffel for the Paris World Expo, 1937 (photo: Hervé Lewandowski-©RMN).
Retrospettiva per Prouvé In Mantua examine Beirut’s contemporary reality. The city represents the complexity of the Lebanese mosaic, and is the breeding ground of high-profile intellectuals: this is shown through an artistic-exhibitive program accompanied by a speaking tour. From an economic viewpoint, the legend of Beirut is founded on its past, which was full of trade activity thanks to its international harbor and versatile bank system. According to the intellectual Albert Hurani, from a social point of view the city offers the possiblity of living in two or three worlds at the same time, without really belonging to any one of them. Beirut has been continuously threatened by material destruction (from the conflicts between 1975 and 1991 to the recent bombings), the memory of which is indissolubly tied to its own shattered image. At the same time, new energy, capital, and projects keep appearing in the city, leading to fresh social and cultural development.
La poetica dell’Oggetto Tecnico è il tema dell’ampia retrospettiva dedicata a Jean Prouvé (1901-1984), che Palazzo Te di Mantova ospita fino al 22 aprile. Con oltre cento opere, tra cui una cinquantina di oggetti di design, elementi architettonici, modelli di edifici, e una selezione di disegni autografi dal 1924 agli anni Settanta, la mostra si concentra sui lavori più significativi del percorso di Prouvé che coniugò artigianato a industria, imprenditorialità a etica del lavoro. La mostra è completata da una serie di prototipi, alcune parti della casa smontabile 6x6 metri in acciaio e legno, studi per il Padiglione d’esposizione Péchiney a Parigi e preziosi documenti cinematografici sui singoli progetti. A broad retrospective devoted to Jean Prouvé (1901–84) and centered on the poetics of the Technical Object will be open at Palazzo Te in Mantua through April 22nd. More than a hundred works, including about fifty designer objects, architectural elements, building models, and a selection of autograph designs from 1924 to the 1970s, the show concentrates on the most important works in Prouvé’s career, which combining artisanship with the industry, entrepreneurship with work ethics. The exhibition is completed by a series of prototypes, including some walls of a 6x6 dismountable house in steel and wood, studies for the Péchiney Pavilion in Paris, and invaluable films focusing on single projects.
Jean Prouvé, Maison du Peuple, Clichy, 1935-39 (Centre Pompidou, Parigi, Bibliothèque Kandinsky, Fonds Jean Prouvé. © VG Bildkunst, Bonn).
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Artisti per l’ambiente In Turin
Dalla Fondation des Treilles A Collection of Passion
La fiorente Lione Lyons’ Spirit
La Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino presenta fino al 13 maggio “Ambient Tour”, tre mostre personali di Flavio Favelli (Firenze, 1967), Christian Frosi (Milano, 1973) e Deborah Ligorio (Brindisi, 1972). La mostra si colloca all’interno dell’Anno Ambiente. Ambiente inteso non solo in senso ecologico, ma anche come spazio fisico e in cui le nostre vite quotidiane si sviluppano e si trasformano. Per Ambient Tour, lo spazio della Fondazione è stato diviso in tre parti in cui ciascun artista ha sviluppato un progetto autonomo. Gli artisti hanno pensato l’ambiente in senso più vasto rispetto a quello prettamente ecologico, creando delle rappresentazioni dei propri luoghi immaginari e della loro visione intima dell’ambiente. I loro lavori guidano il pubblico attraverso un viaggio ambientale e immaginario: dall’Abisso di Flavio Favelli inteso come mare e come spazio insondabile ed ostile, alle coste italiane e ai parchi marini raccontati da Deborah Ligorio che li ha esplorati in un viaggio fisico emotivo. Fino alla duna di sabbia di Christian Frosi intesa come forma viva, instabile e come elemento del paesaggio esposto alla desertificazione.
Un luogo di ricerca, riflessione e di confronto immerso nella cornice unica e solare del Sud della Francia. La Fondazione des Treilles, nell’alto Var, tra Nizza e Aix-en-Provence, è un centro dedicato alla creazione contemporanea, dall’arte all’architettura, dalla cultura del paesaggio all’educazione. La sua fondatrice, Anne Gruner Schlimberger (1905-1993), con la complicità dell’architetto Pierre Barbe (1900-2004) e del paesaggista Henri Fisch, ha dato vita in circa vent’anni (dal 1960) a questo luogo di ricerca e di dibattito, ma anche di riflessione e di studio, dove ancor oggi si incontrano artisti, scienziati, ricercatori e si organizzano seminari, soggiorni di studio ecc. Ma Anne Gruner Schlimberger, oltre a essere imprenditrice di fiuto e lungimiranza, era anche grande appassionata d’arte, e la sua ricca collezione ne testimonia il gusto e la particolare sensibilità che la guidavano nella scelta delle opere e degli artisti di cui amava circondarsi. La Galleria del Credito Valtellinese, grazie a una collaborazione che la lega alla Fondazione des Treilles, ci offre la felice occasione di conoscere gli importanti pezzi di questa collezione con una mostra allestita a Milano, presso i suoi spazi, aperta fino al 30 maggio. Da Picasso, a Ernst, fino a Brauner, Natta, Arp, Laurens o Takis i grandi della pittura moderna sono riuniti in un insieme eclettico ma ricco di richiami e di riferimenti a culture lontane, riflesso degli interessi della collezionista verso le arti primitive. Sono escluse per ovvie regioni di inamovibilità, le istallazioni che furono commissionate per la Fondazione, ma è questa un’occasione in più per programmare una visita nel dolce paesaggio della Provenza.
Da aprile fino a luglio, Lione ospita un ricco programma di manifestazioni che celebrano la storia, lo spirito artistico e culturale , nonché l’animo imprenditoriale della città. Un’iniziativa, che dopo due anni di intensi preparativi, confluisce in questi mesi in una serie di mostre, incontri, conferenze, spettacoli percorsi e visite che investono l’intera città, dai suoi monumenti storci, ai palazzi, le istituzioni, i musei e gli spazi pubblici. “Lo spirito di un secolo, Lione 1800-1914” è il titolo che accomuna il progetto generale, consacrato appunto al fiorente clima creativo della Lione dell’Ottocento. L’intento e gli obiettivi del suo ideatore, Patrice Béghain, è di promuovere l’immagine di città dal passato storico particolarmente ricco, aperto al mondo, sensibile al progresso. Un passato che oggi si riflette nella dinamicità di una realtà proiettata al futuro e fortemente impegnata con grandi progetti ad essere candidata a capitale europea della cultura nel 2013. Tra le mostre in corso (il programma completo è sul sito www.lyon.fr) “Il giardino botanico”, Parc de la Tête d’Or fino al 24 giugno, rintraccia la ricca e appassionante storia della botanica e orticultura lionese del XIX secolo; “Cambiare la città, conquistare il mondo”, al Musée Gadagne, 18/04-15/07, sono messi a confronto i grandi cambiamento urbani e sociali della Lione ottocentesca con l’evoluzione di altre città quali Marsiglia, Rouen o Lipsia; “I tempi della pittura, Lione 1800-1914”, al Musée des Beaux-Arts, 20/04-30/07, propone un’ampia panoramica sull’École Lyonnaise de peinture, nei suoi legami e nei suoi contrasti con la pittura francese e europea e in occasione dell’Esposizione Universale di Lione del 1914.
Until May 13th, The Sandretto Re Rebaudengo Foundation in Turin is presenting “Ambient Tour” with three solo shows devoted to Flavio Favelli (Florence, 1967), Christian Frosi (Milan, 1973), and Deborah Ligorio (Brindisi, 1972). This is one of the events that are part of the Environmental Year. The environment is not only seen from an ecological viewpoint, but as a physical space in which our daily lives develop and change. For Ambient Tour, the Foundation has been divided into three parts, in which each artist has developed an independent project. The artists have gone beyond a purely ecological view of the project, creating representations of their own imaginary places and their own personal vision of the environment. Their works will follow visitors through an environmental and imaginary journey, from Flavio Favelli’s Abyss, seen as a sea and as a hostile, fathomless place, to Deborah Ligorio’s sea parks, which the artist explored as an emotional physical journey. Finally, Christian Frosi’s sand dune is meant to be a live, unstable form and a landscape element exposed to desertification.
Deborah Ligorio, Ventotene/S.Stefano, 2006 (foto di Salvatore Matrone).
A place for research, reflection and association immersed in the unique, bright setting of the South of France. The Fondation des Treilles, in the high Var region between Nice and Aix-en-Provence, is a center devoted to contemporary creation, from art to architecture, and from landscape culture to education. Through twenty years of activity, the founder of the center, Anne Gruner Schlimberger (1905-1993) gave life to this place for research and debate along with the architect Pierre Barbe (1900-2004) and the
Disegni di Iosa Ghini In Milan
Transplant By Matali Crasset
La galleria milanese Antonia Jannone propone fino al 30 aprile la mostra “Massimo Iosa Ghini. Disegni di architetture”. Vengono presentati una quarantina di disegni realizzati dal 1986 al 2006 con matite, pastelli, pennarelli di progetti architettura, visioni di interni, oggetti di design, appunti, idee, resi da Iosa Ghini con linee sinuose e colori tenui. Se ne evince la sua idea di un’architettura fluida, in cui l’involucro è inteso come un guscio leggero e dinamico e dove il rispetto per la tradizione rimane sotteso a una forte contemporaneità. Tra i principali progetti realizzati da Iosa Ghini, la stazione metropolitana di Hannover, il centro commerciale The Collection a Miami, la ristrutturazione del Museo Galleria Ferrari, gli spazi aeroportuali Alitalia, i flagship Ferrari.
Fiori gentili, delicati, esili, argentati soprattutto eterni e inodori. In un mondo dove si dibatte sulla rischiosa sopravvivenza degli equilibri naturali, sulla soffocante preponderanza del mondo artificiale su quello vegetale, sui problemi di sostenibilità, di rispetto ambientale, di ecocompatibilità, ecco che Matali Crasset, con la freschezza che la contraddistingue ci suggerisce un inno alla manipolazione. Ben inteso, elegante, disegnato, raffinato e prezioso nella sua espressione estetica e materica. Vetro borosilicato soffiato naturale o argentato per creazioni firmate e numerate. Sembrano provenire da altri mondi, atterrati quasi per caso nel nostro quotidiano, questi fragili vegetali invasati, che non hanno bisogno di acqua, di luce e di aria, ma riescono a trasmette una sensazione di benessere, di pace, una compagnia discreta, semplice e disincanta. Luisa delle Piane ospita a Milano la collezione Transplant dal 18 aprile al 5 maggio.
The Milanese gallery Antonia Jannone is showing the exhibition “Massimo Iosa Ghini. Architectural drawings” through April 30th. Around forty drawings are presented, done between 1986 and 2006 with pencils, pastels, and felt-tips, featuring architectural projects, views of interiors, designer objects, notes, and ideas. Through sinuous lines and soft colors, Iosa Ghini’s rendering of the drawings offers an idea of a fluid architecture in which the outer covering is seen as a light, dynamic shell, and where respect for tradition is tinged with a strong contemporary feel. Some of Iosa Ghini’s main implemented projects include the Hannover subway station, The Collection shopping center in Miami, the renovation of the Galleria Ferrari Museum, Alitalia airport areas, and the Ferrari flagships.
Massimo Iosa Ghini, CMC One Building Miami.
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Gentle, delicate, frail, silvery flowers that are, above all, eternal and odorless. In a world where we are worrying about the survival of natural balance, the overwhelming predominance of the artificial world over plant life, problems related to sustainability, environmental respect, and ecocompatibility, Matali Crasset has come up with the freshness that distinguishes him, with a hymn to manipulation. Of course, in his esthetic and materic expression, his design is precious, elegant, refined. He produces blown borosilicate glass creations in either natural or silvered glass, signing and numbering them. They seem to come from other worlds, and to have landed here in our everyday lives almost by mistake: they are fragile vases that look like plants, but need no
landscapist Heri Fisch; the foundation is also a place for study and reflection, where even today artists, scientists and researchers meet, organizing workshops, study holidays, etc. But, in addition to being an insightful, far-sighted entrepreneur, Anne Gruner Schlimberger was a great art lover, and her rich collection bears witness to the taste and special sensibility that led to her choice of the artworks and artists she surrounded herself with. The Credito Valtellinese Gallery, which is affiliated with the Fondation des Treilles, is now offering the opportunity to visit the most important pieces of this collection, thanks to an exhibition organized in Milan and open through May 30th. From Picasso to Ernst, from Brauner, Natta, Arp, Laurens or Takis, the great exponents of modern painting have been brought together in an eclectic ensemble that is full of references to distant cultures, thus reflecting the collector’s interest in the primitive arts. For obvious reasons, the installations that were commissioned for the Foundation itself are not present at the show, as they cannot be moved. This, however, can be seen as an extra opportunity to plan a visit to the mellow Provence landscape.
Victor Brauner, Matriarcat, olio e cera su tela/oil and wax on
From April to July, Lyons is hosting a broad program of events to celebrate the city’s history, as well as its artistic, cultural, and entrepreneurial spirit. After two years of intense preparations, in these months the intitiative is featuring a series of shows, meetings, conferences, performances, itineraries, and visits that is involving the entire city, from its historical sights to its buildings, institutions, museums, and public areas. The project as a whole is entitled “The spirit of a century, Lyons 1800–1914”, and is, indeed, devoted to the flourishing creative climate of nineteenth-century Lyons. Patrice Béghain, who planned the event, aimed at promoting the image of a city with a particularly rich historical background, a progressive city that is open to the world. Today, its past is reflected in the dynamism of its reality, which is cast into the future thanks to its commitment to great projects aimed at its candidacy to be the European Capital of Culture in 2013. Among the exhibitions under way (the complete program can be accessed on the site www.lyon.fr) are: “The botanical garden” at the Parc de la Tête d’Or until June 24th, which retraces the rich, enthralling history of nineteenth-century botany and horticulture in Lyons; “Changing the city, conquering the world” at the Musée Gadagne, 18/04–15/07, which deals with a comparison between the great urban and social changes in nineteenth-century Lyons and the evolution of other cities, such as Marseilles, Rouen, or Leipzig; “The time of painting, Lyons 1800–1914” at the Musée des Beaux-Arts, 20/04–30/07, which offers a broad outlook on the École Lyonnaise de peinture, focusing on its ties and contrasts with French and European painting, and on the International Exposition of Lyons in 1914.
Jardin botanique, Lyon.
canvas, 100x83 cm, 1947.
water, light, and air. Yet, they manage to convey a sense of well-being and peace with their discreet, simple, and disenchanted company. Luisa delle Piane is hosting the Transplant collection in Milan, from April 18th to May 5th.
Omaggio a Fournier In Montpellier
A destra/right Simon Hantaï, Blanc, olio su tela/oil on canvas, 253x240 cm, 1974, (photo: Jean Hyde);
ingresso/entrance of Musée Fabre et Portée de Buren (photo: Hervé Abbadie - © H.Abbadie et BLP architectes Bordeaux & Atelier d’Architecture Emmanuel Nebout Montpellier).
After four years of renovation works, last February the Musée Fabre of Montpellier reopened to the public with a completely new look and an almost tripled surface area that allows for the permanent exhibition of the collection’s ca. 800 pieces. The imposing restructuring – curated by Olivier Brochet, who also dealt with renovations at the Orangerie Museum in Paris jointly with Emmanuel Nebout – allowed to annex new rooms, such as a municipal library and other halls hollowed out from the hillside. An exhibition devoted to Jean Fournier and open through May 6th marks the inauguration of the museum. Fournier, who died recently, was a gallerist and art dealer; he played a fundamental role in postwar abstract art, actively collaborating with the Fabre Museum. Indeed, Fournier and his gallery represented a point of reference for foreign art, namely conceptual art, photography, and video art. The show traces a new itinerary of postwar art and its repercussions on contemporary art, starting with new abstract artists such as Joseph Sima, Degottex, Reigl, Riopelle, Loubchansky, and Hantaï, and then moving on to the 1960s with American artists such as Joan Mitchell, Sam Francis, and James Bishop, up to the contemporary avant-gardes, including Daniel Buren – who designed the flooring for the entrance to the museum – as well as Claude Viallat, Alain Clément, Stéphane Bordarier, and the younger Julien Gardier, Pascal Ravel, and Nathalie Leroy-Fiévée.
Combinazioni spaziali Grand Café Saint-Nazaire In linea con una politica espositiva attenta ai nuovi percorsi della scultura contemporanea, soprattutto rispetto ai rapporti con lo spazio e la dimensione architettonica, il Grand Café, Centro d’arte contemporanea di Saint-Nazaire, dedica un’esposizione a Elisabeth Ballet. La ricerca dell’artista (Cherbourg, 1957) si focalizza principalmente sulla nozione di spazio in relazione agli elementi fondamentali della scultura. In
quest’occasione presenta sette pezzi che in un gioco di sdoppiamenti e ripetizioni, operano un superamento dell’architettura. Il luogo viene plasmato dalla scultura come un materiale che in una dinamica di rimandi e suggerimenti più o meno immediati, evoca l’universo manuale, industriale e intellettuale del lavoro, ma anche quello più riflessivo, ozioso e fantasioso del momento creativo. In line with an exhibition policy concentrating on new trends in contemporary sculpture—especially in its relationship with space and the architectural dimension—Saint-Nazaire’s Center for Contemporary Art, the Grand Café, is dedicating a show to Elisabeth Ballet. The artist (born in Cherbourg in 1957) mainly focuses on the notion of space as related to the basic elements of sculpture. On this occasion, she is presenting seven pieces which, through their dualism and repetition, go beyond architecture. The site is molded by sculpture as a material that with more or less immediate references and connotations evokes the manual, industrial, and intellectual universe of work, and at the same time the more contemplative, idle and imaginative moments of creativity.
Matali Crasset, Transplant, 2006.
Ha riaperto il febbraio scorso dopo quattro anni di lavori, il Musée Fabre di Montpellier che si presenta al pubblico con una veste completamente rinnovata, e una superficie quasi triplicata che consente di presentare in modo permanente le circa 800 opere della collezione. L’imponente lavoro di ristrutturazione, curato da Olivier Brochet, a cui si deve anche la ristrutturazione del Museo dell’Orangerie di Parigi, con Emmanuel Nebout, ha permesso di annettere nuovi ambienti, quali la biblioteca municipale e altre sale scavate nella collina. Per la sua inaugurazione una mostra, fino al 6 maggio, rende omaggio a Jean Fournier, gallerista e mercante d’arte, recentemente scomparso, che giocò un ruolo fondamentale nell’arte astratta del dopoguerra collaborando attivamente con il Museo Fabre. Fournier e la sua galleria rappresentarono un punto di riferimento per l’arte d’oltre Oceano, quindi per quella concettuale, la fotografia e la video arte. Dagli artisti della nuova astrazione, Joseph Sima, Degottex, Reigl, Riopelle, Loubchansky e Hantaï, passando agli anni Sessanta con gli artisti americani quali Joan Mitchell, Sam Francis, James Bishop fino alle avanguardie contemporanee, Daniel Buren, che ha realizzato anche la pavimentazione dell’entrata del Museo, Claude Viallat , Alain Clément, Stéphane Bordarier e ai più giovani Julien Gardier, Pascal Ravel o Nathalie Leroy-Fiévée, la mostra traccia un percorso inedito dell’arte del dopoguerra e dei suoi riflessi sull’arte contemporanea.
Elisabeth Ballet, Leica, 2004 (collection du Fonds National d’Art
Contemporain, Dépot au Centre Pompidou, Courtesy Galerie Cent8).
Movimento della materia Claudio Capotondi (www.claudiocapotondi.it) presenta nelle sale del Chiostro di Sant’Agostino di Pietrasanta (Lucca), fino al 6 maggio un ampio percorso artistico che illustra il suo operato. Sono esposte quindici sculture, venti disegni-progetti e alcune gigantografie di opere pubbliche che testimoniano lo stretto rapporto tra l’idea e l’opera realizzata proponendo ai visitatori la genesi di ogni intervento dai disegni preparatori al risultato finale. Così, l’artista nato a Tarquinia (1937) e legato a Pietrasanta da molti anni, coinvolge il pubblico nel suo universo creativo, nella sua ricerca e sfida continua per conquistare al di là delle apparenze, il nucleo più profondo della realtà. Capotondi che nella pietra e nel marmo trova la sua materia espressiva riesce a creare dalla sua rigidità un movimento che sembra esprimere in ogni opera l’istante esplosivo in cui si crea una nuova vita.
Claudio Capotondi, Sfera Aperta.
224 l’ARCA 99
Maestro del Cinquecento
Arte per tutti In London
È in corso, dal 3 marzo all’8 luglio 2007, presso le sedi di Palazzo Ducale e Palazzo Rosso a Genova, la mostra “Luca Cambiaso un maestro del Cinquecento europeo”. Cambiaso operò nel momento di massimo sviluppo della sua città segnato dal periodo successivo agli anni Quaranta del Cinquecento, affiancato da altri protagonisti del tempo come Galeazzo Alessi e Giovan Battista Castello detto il Bergamasco. La mostra, dopo l’esposizione al Blanton Museum di Austin, è stata arricchita e ampliata per l’occasione, e attualmente dispone di duecento opere tra dipinti, sculture, arazzi e disegni. La selezione comprende opere di altissimo livello dell’artista ligure che ne consentono la conoscenza partendo dalle esperienze giovanili fino all’attività svolta presso la corte spagnola. La ricchezza pittorica e le suggestioni espresse dal formidabile talento dell’artista, vengono rapportate con capolavori dei grandi protagonisti del tempo come Perin del Vaga, Beccafumi, Tiziano, nonché con altri notevoli artisti del Manierismo. La mostra di Cambiaso, presente anche come scultore, disegnatore per arazzi, artefice di sontuosi cicli dipinti per le dimore dell’aristocrazia locale e per l’ambito religioso, si sviluppa inoltre lungo itinerari cittadini mirati e selezionati, avvalendosi di un sistema di ponteggi predisposti per avvicinare e ammirare al meglio gli affreschi dell’artista. Accompagna la mostra la monografia di Lauro Magnani “Luca Cambiaso da Genova all’Escorial, 1955.
La Tate Modern di Londra dedica fino al 7 maggio un’ampia retrospettiva dell’opera del duo artstico Gilbert & George. La mostra, curata da Jan Debbaut e Ben Borthwick, ripercorre l’intenso itinerario artistico che a partire dal 1969 con l’acclamata The Singing Sculpture ha portato Gilbert & George a essere icone dell’arte contemporanea. I loro personaggi, sempre vestiti impeccabilmente, sono ormai parte dell’immaginario artistico e istantaneamente riconoscibili dal pubblico. Fin dall’inizio della loro carriera, i due avevano come scopo quello di riuscire a comunicare al di là degli stretti confini del mondo dell’arte e adottarono come slogan il motto “Art for All”. E’ con tale intento che oltre ai dipinti hanno realizzato nel corso di quarant’anni di attività anche film e immagini fotografiche in grado di estendere l’idea della scultura vivente che non richiedesse la loro presenza fisica e potesse essere comunicata a un sempre più vasto bacino di pubblico.
Luca Cambiaso, Diana e Callisto, olio su tela/oil on
Gilbert & George, Fates, stampa laser su carta/laser print on
canvas, Staatliche Museen Kassel.
Gesto rituale
Mito e reminiscenza
Fino al 1 maggio, nella chiesa di S. Stae a Venezia, si può visitare la mostra “Mnemosine per Venezia” di Pierre Casè. Nato a Locarno nel 1944, l’artista per dieci anni, dal 1990 al 2000, è stato il direttore artistico della Pinacoteca casa Rusca di Locarno. In San Stae, Casè ha realizzato due alti muri convergenti a imbuto verso l’altare maggiore. Su di essi sono disposti in una scansione regolare su dieci file per parte 1040 teste arcaiche o mnemosine (in mitologia Mnemosine, figlia di Geo ed Urano, è la personificazione della memoria): si tratta di formelle realizzate su una base di ferro volutamente arrugginito, con interventi che utilizzano sabbia, catrame, colori e imitano la forma di due emisferi cerebrali quali si possono osservare nelle radiografie. Così riproposte e ripetute - ciascuna diversa dall’altra - esse forniscono l’incubo di una perdita dell’intelligenza, della sensibilità e soprattutto della memoria. Il non conoscersi più o il non sapersi più collocare nel luogo e nel momento di competenza spalanca le porte abissali dell’angoscia. È quindi da ritenersi un gesto rituale, quasi scaramantico, quello attuato da Pierre Casè che ha ricondotto l’essenza della rappresentazione a quel primitivo arco incontrato più volte nel cammino; è quell’arco che preserva il nucleo, la fucina dei pensieri e delle emozioni.
Toma Nenov, artista bulgaro formatosi presso l’Accademia di Belle Arti di Sofia e attualmente operante in Italia, ha attraversato significative esperienze pittoriche trasferendone successivamente concetti e singolarità nella tridimensionalità che domina suggestivamente ed emblematicamente. Le sue opere, realizzate in terracotta e bronzo, sono fortemente partecipi e comunicanti con lo spazio e la memoria mediante una tensione e una cultura antropomorfica e celebrativa, che le rende icone-simbolo e riferimento per un impianto strutturale monumentale. Si tratta di torsi maschili e femminili e di ritratti dalla spiccata plasticità, che esprimono una trasformazione e contaminazione sontuosa, provocata dalla ritmicità di incalzanti sviluppi geometrici e valenze dissolventi, fittamente modellati a completamento del valore espressivo e semantico delle opere. I corpi appaiono in parte penetrati o assimilati dal gioco intenso di questo decorativismo strutturale e intensamente articolato, diventando idoli emblematici immolati e imprigionati in un pensiero tecnologico che poco risparmia. L’artista ha partecipato a diverse mostre ed eventi artistici. Alda Mercante
Pierre Casè, Mnemosine per Venezia, maquette.
100 l’ARCA 224
The Tate Modern in London is devoting a broad retrospective to the artistic duo Gilbert and George, open from May 7th. Curated by Jan Debbaut and Ben Borthwick, the show retraces the intense artistic itinerary that since 1969 has led Gilbert and George to become icons of contemporary art with their renowned “The Singing Sculpture”. Their always impeccably dressed characters are now part of the realms of artistic imagination, and are immediately recognizable by the public. Ever since the beginning of their career, with the slogan “Art for All”, the two aimed at being able to communicate beyond the strict boundaries of the art world. This is what, throughout forty years of activity, has guided them not only in their paintings, but in their films and photography, which were able to extend the idea of living sculpture without requiring their own physical presence, and which could be communicated to more and more people.
paper, 426x760 cm, 2005.
Ad alte prestazioni
Suggestioni marine
Nato sotto il segno della circolarità, l’hotel Radisson SAS di Francoforte è un’espressione progettuale a tre mani, rispettivamente riconducibili a John Seifert, Matteo Thun e Adam Tihany. Alla particolarità dell’impostazione esterna fa riscontro quella conferita agli arredi degli spazi interni che, realizzati su misura, evidenziano l’impiego della solid surface DuPont™ Corian® e la tecnologia per vetro stratificato decorativo DuPont™ SentryGlas® Expressions™. Materiale compatto e non poroso, Corian dispone di una superficie estremamente levigata, facilmente pulibile e di estrema resistenza all’usura e all’abrasione. Inoltre i possibili graffi possono essere facilmente rimossi e anche eventuali danni più seri sono riparabili in sito. Altra caratteristica notevole è l’impercettibilità dei segni di giunzione, che consente di sviluppare ampie e significative superfici monolitiche. Corian®, che può venire lavorato come il legno ed essere in grado di assumere qualsiasi forma, ha una traslucenza retroilluminabile nei colori chiari. Sentry Glas® Expression™ permette che vengano incorporati motivi, pattern, immagini praticamente di qualsiasi genere e colore in un vetro di sicurezza.
La nuova e straordinaria sede del Marine Institute in Irlanda, il cui complesso, progettato dall’Office of Public Works (OPW) di Dublino, sotto la direzione dell’architetto Ciaran o’Connor, è risultato vincitore di un concorso bandito in gran parte su opinioni ed esigenze espresse dalla committenza, è un luogo che consente uno spettacolare scenario aperto su un promontorio dominante la baia di Galway, sull’Atlantico. La visuale si estende verso un orizzonte animato dai profili di isole che, inquadrato da monti che si immergono nel mare, determina un impatto di inenarrabile bellezza e soddisfa una serie di criteri come la qualità dell’acqua in termini di salinità, purezza e stabilità termica. L’edificio, le cui specifiche relative ai laboratori sono state piuttosto rigide, ha potuto sviluppare più liberamente le aree di relax che, destinate alle circa 180 persone presenti nel complesso quali i ricercatori e il personale amministrativo, dispongono di pareti rivestite di pannelli di American ash (frassino americano di Ahec) posati su feltro acustico, e di pavimenti realizzati da Junckers in quercia massiccia e attrezzati con mobili imbottiti che richiamano la naturalità dell’ambiente esterno e contrastano nettamente con gli schemi asettici e severi presenti nei laboratori.
Divisori vetrati di eccellenza
Luce come equilibrio
In occasione del SiaGUEST organizzato dal 25 al 28 novembre 2006 a Rimini, Omnidecor ha evidenziato la propria unicità quale presenza rilevante nel nuovo concept hotel progettato, per l’occasione, da Giugiaro Architettura. Ambito deputato per dare visibilità a stili e culture diverse, l’“Hotel fusion”, si è aperto alla globalità, mediante una installazione strutturata con un’ampia e luminosa zona accoglienza e una suite di circa 70-80 mq concepite con l’utilizzo di tecnologie e materiali innovativi. Tramite l’installazioni di speciali pareti divisorie in vetro Omnidecor, all’interno della suite si è determinata una zona per meeting privati idonea anche per il servizio di pasti in camera. Si deve alle pareti, realizzate in DecorFlouDesign e DecorGemDesign retroilluminanti, la possibilità di diffondere ed evocare una atmosferea emozionale di privacy e, contemporaneamente, di suddividere in più zone l’ambiente. I divisori vetrati inseriti nel nuovo concept, sono composti da più lastre stratificate o temperate (altezza 275 cm) DecorFlouDesign e DecorGemDesign nelle texture Tree e Weed con diverse tipologie di finitura (a specchio, reflecting lucido/coprente) e in due tonalità di colore: bronzo e verde acido.
Con una manifestazione indetta lo scorso ottobre a Vienna, Zumtobel ha affrontato la tematica “Humanergy Balance in ufficio” definendola come concezione adottata per definire la luce uno strumento al servizio dell’uomo nel rispetto dell’ambiente e delle risorse. Si tratta di una filosofia che considera le necessità e le preferenze degli utenti, senza perdere di vista le esigenze di progettisti, architetti e investitori per raggiunge una soluzione illuminotecnica riguardante l’equilibrio tra ambiente, uomo ed energia. In definitiva la luce, necessità tra le primarie per l’uomo, viene riconosciuta nell’ambito lavorativo come elemento più che mai indispensabile sia a livello fisico sia razionale, contribuendo al maggior dinamismo richiesto in termini di responsabilità decisionali e capacità comunicazionale. Tema giudicato di assoluta importanza è stato l’impiego della luce nella propria funzione corretta ed efficace, ma anche intelligente ed efficiente.
Per cemento armato Il tondino in acciaio inossidabile Concrinox di Cogne Acciai Speciali è il prodotto più avanzato in termini di applicazione nei settori dell’ingegneria civile, dell’edilizia residenziale e del restauro conservativo. Contrassegnato da durabilità praticamente illimitata, elevata resistenza alla corrosione e alla fatica, grande duttilità, garanzia antisismica, resistenza al fuoco, criogenicità, amagneticità, facilità di lavorazione e saldatura in cantiere, il prodotto risponde pienamente alle attuali esigenze del mercato e alle norme europee e italiane, sempre più restrittive in materia di sicurezza e di longevità nel campo dell’edilizia. Diversamente da quanto succede alle barre in acciaio al carbonio, quelle in acciaio inossidabile, pur lavorabili e movimentabili come quelle tradizionali, non sono infatti soggette in alcun modo alla corrosione, neppure se messe in contatto con agenti ossidanti. Esse difatti sono protette dalle aggressioni chimiche in maniera duratura e pressoché illimitata da una pellicola passivante, stabile e meccanicamente resistente. Le specifiche prerogative consentono di utilizzare il tondino Concrinox anche, e soprattutto, in qualsiasi condizione ambientale ritenuta critica per un calcestruzzo armato con barre tradizionali (ponti, viadotti, gallerie, porti, moli, ospedali, strutture localizzate su territori a rischio sismico e altro). Il tondino Concrinox viene proposto come: tondo nervato per cemento armato in barra o in rotolo, barra filettata, tirafondo, rete elettrosaldata, filo in matassa e filo in cestelli.
Evoluzione e riscaldamento
Toma Nenov, Venere, 47x38x17 cm.
Ariston ha introdotto nel mercato una nuova gamma di caldaie convenzionali e a condensazione che, progettate all’insegna della flessibilità e dell’efficienza, consentono una riduzione dei consumi compresa tra il 15 e il 35%, minimi livelli di impatto ambientale e un comfort personalizzato grazie al nuovo sistema di gestione elettronica. Con tali caratteristiche le nuove caldaie consentono la duplice possibilità di un collegamento ad accessori di termoregolazione, anche wireless, e di integrazione con la tecnologia di un impianto solare termico. Il tutto resta in linea con le più recenti normative per la riduzione dei consumi, garantendone quindi risparmi significativi e prestazioni di alto livello. La nuova produzione si distingue anche formalmente in termini di un ottimo design.
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Informazioni sull’editoria di architettura, design e comunicazione visiva. Information about publications of architecture, design and visual communication.
Controllo accessi
Qualità complessa
Sulla modernità
Con SiPass Entro, la divisione Building Technologies di Siemens ha introdotto nel mercato un nuovo controllo accessi studiato per aziende di piccole e medie dimensioni. L’affidabilità si evidenzia in termini di monitoraggio dei varchi in un arco di tempo o in un’area determinata senza limitare il passaggio di persone autorizzate. Il sistema può controllare sino a 512 accessi per 40.000 carte/persone, e offre un’ampia gamma di lettori, carte ed etichette basate su standard tecnologici comuni, adattabili a differenti necessità e aree di business. Le modifiche o le esclusioni nel sistema possono attivate facilmente e in modo flessibile. La definizione e la gestione del diritto di accesso o del badge viene eseguita in modo efficiente e senza il minimo sforzo usando un PC (con programma Windows). I dispositivi che controllano gli accessi sono equipaggiati con un display integrato che indica in modo chiaro lo stato del varco fornendo le informazioni del sistema.
Il notevole Centro Direzionale della Banca Lombarda di Brescia, progettato da Gregotti Associati, si articola secondo soluzioni complesse capaci di inglobare elementi di morfologia urbana come la piazza pubblica, il rapporto tra parti monumentali e tessuti, la permeabilità e la relazione necessaria delle parti e il tema della sequenza spaziale, che ne hanno reso esaustiva e fondante l’intera soluzione progettuale. Mediante FocchiTechnology è stata raggiunta la soluzione ottimale per le facciate continue a doppia pelle, per le facciate tradizionali a montanti e traversi, e per le cellule in vetrocemento e le facciate ventilate in pietra. L’edificio direzionale ospita uffici e un ampio centro congressi con due sale di circa 150 e 500 posti. Il palazzo si eleva di 50 metri su 12 piani, per una superficie totale di 30.000 mq con parcheggi pertinenti di circa 25.000 mq. Dal disegno strutturale particolarmente complesso, l’edificio in pianta si articola su un quadrato di circa 50 metri di lato con due ali principali che, all’altezza del quarto livello, si uniscono con un elemento “a ponte”, formando un corpo a C e determinando sopra l’ingresso principale una corte coperta. Al centro della C si erge la sala principale del centro congressi, a forma di piramide a base quadrata completamente rivestita in pietra. Le facciate continue a doppia pelle dispongono di intercapedine ventilata.
Stefano Moroni La città del liberalismo attivo. Diritto, piano, mercato Città Studi Edizioni, Grugliasco (TO) 2007, 208 pp La città intesa come comunità socio-spaziale è un laboratorio attivo di progettazione della democrazia: quando il liberalismo attua una politica e una filosofia non conservatrice, non utilitarista e mai antiegualitaria, diventa una piattaforma della modernità. Come e perché lo spiega Moroni in questo saggio di critica sulla modernità, che illustra le forme possibili di scambio tra pubblico e privato, con la proposta di un “liberalismo attivo” come ermeneutica della nostra epoca “glocal” complessa. Si parla di “pianificazione deliberata” e di “ordine spontaneo” di quali siano le ragioni etiche implicite nell’ideale liberale del “rule of law” in campo urbanistico, con la messa a fuoco del perché anche il libero mercato può diventare una disciplina cognitiva dell’età post-moderna e un motore di ricerca per indagare, criticamente, le cause di un “laissez-faire” incontrollato e di una mancata pianificazione urbanistica: male endemico del Novecento. Nel XXI secolo si propone una filosofia liberale
dinamica ed evolutiva con forme di regolamentazione adatte ai nuovi scenari urbani. La regolazione urbanistica in questo senso sta alla città come la democrazia al liberalismo. Questa rapporto diventa attivo quando garantisce stabilità e imparzialità, ed in questa dialettica il diritto alla proprietà privata, come si teorizza da Locke ad Hayek, per Moroni riguarda anche la politica urbanistica, che implica valori etici e socioeconomici come un sistema rappresentativo della società contemporanea. Jacqueline Ceresoli
Per una nuova didattica Certificazione estesa
Ricognizione sul nuovo design
Tra le prime aziende italiane del settore a dotarsi di un organico Sistema di Gestione della Qualità certificato da un Ente terzo, Holcim Aggregati, mediante le visite ispettive di certificazione dello scorso ottobre, ha concluso un importante ciclo di adempimenti normativi, che ha portato all’estensione della marcatura CE con livello di attestazione 2+ a tutte le cave di aggregati del Gruppo. L’azienda, che garantisce la marcatura CE nel rispetto delle singole normative a tutti i propri aggregati commercializzati, ne assicura l’idoneità per essere impiegati nel calcestruzzo (UNI EN 12620), nei conglomerati bituminosi (UNI EN 13043) e nelle malte da intonaco e da muratura (UNI EN 13139).
E’ in corso, dal 20 gennaio al 25 aprile 2007, presso la Triennale di Milano, la mostra “Il paesaggio mobile del nuovo design italiano” che, sponsorizzata preminentemente da Macef e Ras, rappresenta un censimento rivolto ai designer come progettisti, art-director, consulenti, organizzatori di servizi, di comunicazione o di promozione dell’ambiente e dei processi. L’iniziativa, dedicata a coloro che svolgono ricerca, sperimentazione e ideazione e sono di nazionalità italiana con età compresa entro i 40 anni, ha voluto dare evidenza al cambiamento in termini di ruolo nella professione. Scelti su 600 partecipanti, i 124 progettisti selezionati
ed esposti in mostra si suddividono in 55 presenze relative al design di prodotto, 23 per oggetti legati al corpo come gioielli, borse e accessori, 12 rivolte a ricerca, 6 al food design, 6 all’interior design. Ne è emersa la considerazione che i giovani design tendono a creare processi più che prodotti, mediante attività spontanee, finalizzate ad affermare la propria capacità di creare l’originale e il diverso, sia come prodotto che come impresa, servizio e informazione. Il contenuto della mostra, prevista itinerante, è stato inserito in una banca dati a disposizione della Triennale e di tutte le imprese, le istituzioni, e presente nei contenuti del sistema design.
Nuovo sistema Il legno come risorsa Federlegno-Arredo ha organizzato lo scorso 15 gennaio un incontro in rappresentanza dell’intera filiera del legno-arredamento, che ha avuto come interfaccia il Ministro delle Infrastrutture Antonio di Pietro. Federlegno-Arredo ha colto l’occasione per affermare l’impegno riservato alla sostenibilità ambientale e dibattere la questione del risparmio energetico nell’industria edilizia, nonché rafforzare i rapporti istituzionali con il Governo nella discussione di tematiche di forte priorità per lo sviluppo economico sostenibile del nostro paese. Promotrici dell’incontro sono state cinque associazioni di Federlegno-Arredo (Fedecomlegno, Assolegno, Edilegno, Assopannelli e Assoimballaggi) che riuniscono i rappresentanti dei comparti a monte della filiera legno-arredamento interessati a evidenziare il legno, nelle sue peculiarità, come protagonista nell’edilizia in termini di impiego. L’incontro ha definito il legno risorsa ecocompatibile, rinnovabile e biodegradabile, il cui utilizzo comporta vantaggi anche in relazione alla riduzione del consumo di energia nelle fasi di produzione e trasformazione. E’ stata inoltre dibattuta la proposta di prevedere, come già viene imposto per decreto in Francia e in altre nazioni europee, l’impiego di almeno il 2% di legno sul totale dei materiali di costruzione utilizzati nei nuovi edifici. E’ da considerare a riguardo positivo il segnale relativo all’ultima finanziaria riguardante il programma quadro per il settore forestale, e l’approvazione delle Norme Tecniche per le Costruzioni che riconoscono il ruolo strategico del legno come materiale da costruzione. L’incontro ha evidenziato il ruolo essenziale di un sistema di classificazione del legno e una figura professionale preposta a tale compito. A questo proposito la Federazione ha già avviato il progetto riguardante la realizzazione di un corso per classificatori del legno, in grado di riconoscere a vista ogni tipologia di legno strutturale. A tal fine ha chiesto il Patrocinio del Ministero delle Infrastrutture.
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Costantemente all’avanguardia con le diverse applicazioni del sistema Isotec, e grazie all’impegno nella ricerca di materiali innovativi per l’ampliamento del settore applicativo, Brianza Plastica ha messo a punto il nuovo sistema “Isotec parete”: un’innovativa concezione tecnologica predisposta per comporre a secco un cappotto strutturale e funzionale alla realizzazione di pareti ventilate. Il sistema è costituito da un corpo centrale isolante in poliuretano espanso, rigido e autoestinguente, ricoperto da un involucro impermeabilizzante realizzato in lamina di alluminio
goffrato e reso portante da un profilo nervato metallico in Aluzinc. Questo pannello è un materiale che raggruppa un sistema di elementi e strati funzionali, quali il termoisolamento, la barriera al vapore, l’impermeabilizzazione, la ventilazione, e la portanza, che contribuiscono a migliorare le prestazioni termo-igrometriche della chiusura verticale della parete stessa. Brianza Plastica ha verificato in cantieri “sperimentali”la perfetta messa a punto di tutti i dettagli costruttivi inerenti edifici nuovi o di recupero.
Antonio Tramontin Deus Ex Machina L’architettura delle grandi strutture e la sua tecnica sperimentale. concettualmente più affascinanti delle teorie legate alla tecnica sperimentale che sta a poco a poco sovvertendo l’immagine del mondo e, analogamente l’immagine dello spazio dell’uomo, che si erano entrambe consolidate durante il ’900, appaiono spesso incomprensibili anche ai giovani studenti generatori del progetto, compresi alcuni progettisti incalliti privi delle necessarie competenze matematiche. Ecco, allora, il libro di Antonio Tramontin, docente di Architettura delle Grandi Strutture alla Facoltà di Ingegneria di Cagliari scritto per i tipi di Gangemi Editore. Tramontin è professionista, uomo di scuola e ricercatore,
ingegnere di grande capacità, qualità accompagnate da un’educazione ottocentesca che gli permette di esprimere ogni sorta di contenuti progettuali con uno stile e una cultura incomparabili. Il volume s’identifica nella volontà di costruire una didattica su un annoso tema che è quello della fusione tra l’ingegneria e l’architettura, da sempre separate e cerca, attraverso esempi e sperimentazioni, un possibile luogo d’incontro tra tecnica e forma architettonica. Insomma un volume che è già parte del nuovo dibattere nel nascente Corso di Laurea in Ingegneria Edile – Architettura. Mario Antonio Arnaboldi
Giuseppe Gisotti Ambiente urbano. Introduzione all’ecologia urbana manuale per lo studio e il governo della città Dario Flaccovio Editore, Palermo 2007, 520 pp Questo volume vuole mettere in evidenza come la pianificazione urbanistica e ambientale, sia per le città in declino che per quelle in rapida espansione, richieda con urgenza un significativo contributo delle scienze ambientali: ciò sia per assicurare una migliore qualità della vita che per contrastare la minaccia di eventi catastrofici, quali inondazioni, frane, terremoti, tsunami, epidemie, blackout, crolli di edifici per deficienze strutturali, incendi, ecc.
1931) è stata la prima a porre il problema di una discussione globale sull’Arte dei Giardini di tutti i tempi. Un classico quindi la cui attualità è confermata anche dalle numerose riedizioni tedesche e dalla edizione anglo-americana, ma che non è mai stato tradotto in Italia. L’edizione italiana colma questa lacuna e riproduce il testo della seconda e definitiva edizione tedesca del 1925, arricchito da un saggio introduttivo di M.De Vico Fallani dedicato alla personalità e all’opera della Gothein, da un aggiornamento sui giardini italiani nel ‘900 di Mario Bencivenni, da apparati bibliografici e di indici dei nomi e dei luoghi.
importanti ingegneri senesi come Mariano di Iacopo, detto il Taccola e Francesco di Giorgio, che lasciarono nei loro tratti le testimonianze di grandi abilità tecnologiche, fu costruito per garantire l’approvvigionamento idrico in una delle zone della Toscana più povere d’acqua. Ricco di illustrazioni a colori, il volume , attraverso gli antichi testi manoscritti, riporta le tecniche e gli strumenti impiegati per la realizzazione della rete dei bottini ed i progetti più o meno fantasiosi di ingegneria idraulica che furono sviluppati per affrontare la carenza d’acqua.
Marie Luise Gothein Storia dell’arte dei giardini 1° volume: Dall’Egitto al Rinascimento in Italia, Spagna e Portogallo 2° volume: Dal Rinascimento in Francia fino ai nostri giorni A cura di Massimo De Vico Fallani, Mario Bencivenni Leo Olschki Editore, Firenze 2006, 637 figure, 2 tomi di complessive 1192 pagine Pubblicato la prima volta nel 1914 (del 1926 la seconda e definitiva edizione) Geschichte der Gartenkunst può essere considerato una pietra miliare nell'ambito della storiografia sui giardini. Dopo la serie ottocentesca di trattati, di carattere tecnico e di saggi limitati a temi specifici geografici o stilistici, la monumentale opera di M.L. Gothein (1863-
La memoria dell’acqua. I bottini di Siena A cura di Armando Costantini, Duccio Balestracci e Lara Vigni Protagon Editori, Colle Val d’Elsa (Siena) 2006, 248 pp L’antico acquedotto medievale che, come un affascinante labirinto, attraversa per oltre venticinque chilometri il sottosuolo della città di Siena è il tema del volume che affronta con un rigoroso taglio storicoscientifico uno dei temi più cari legati alla storia della città di Siena. L’articolata rete di acquedotti sotterranei che deve il suo nome alla caratteristica volta a “botte” delle gallerie, alte fino a 1,80 metri e larghe 0,90 metri. fino a poco tempo fa svolgeva la sua regolare funzione rifornendo d’acqua fonti e pozzi sparsi in tutta la città. Realizzato tra il XII e il XV secolo grazie all’impegno di
Una caratteristica sorprendente del panorama filosofico del progetto d’architettura è che, mentre esiste una filosofia della mente in costante diffusione anche presso i non specialisti, lo stesso non sembra valere per la filosofia della tecnologia. Le ragioni di questa asimmetria tra mentale e tecnologico sono molteplici. In particolare, da un lato il grande sviluppo della scienza della mente, destinata al riordino della creatività, ha stimolato la riflessione sull’idea del progetto architettonico e sui temi sensibili come la natura del pensiero, la razionalità, il numero matematico, la libertà del volere e l’identità personale. Dall’altro gli sviluppi
Segnalazioni
Norbert Lantschner Casaclima. Vivere nel più. Manuale sull’efficienza energetica nelle costruzioni. Edition Raetia, Bolzano 2006 (seconda edizione ampliata), ill. a colori, 208 pp Un manuale per committenti, progettisti, costruttori edili, l’amministrazione pubblica. Chi costruisce una casa produce effetti per generazioni. Costruire una casa significa esigere delle risorse, creare un’architettura che sia unione o contrasto con il paesaggio circostante, ma al contempo significa caratterizzare gli stessi abitanti. “Vivere nel più” non è una visione, ma una risposta concreta alle esigenze dei nostri tempi: costruire in modo previdente, abitare in modo sano e accogliente, fare un consumo moderato di energia e di materie prime, e aumentare il valore dell’immobile.
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AGENDA
+ europaconcorsi
Concorsi di architettura e design Architecture and design competitions
terziari che integrino apparecchi illuminotecnici a oblò architettonici Koréo Sarlam/Competition for residential or service buildings integrating the Koréo Sarlam architectural lighting appliances Scadenza/Deadline: 30/11
Conservation/Restoration; Furniture Scadenza/Deadline: 20/5
Per i bandi completi For complete rules www.europaconcorsi.com
Per informazioni: Sarlam Koréo Internet: www.koreosarlam.com/concours
Rotherham
Danimarca / Denmark Copenhagen Future Cities Concorso internazionale per studenti sul tema delle città per il futuro International students competition on the theme of the cities for the future Scadenza/Deadline: agosto/August Per informazioni: Student Competition & Congress The Royal Academy of Fine Arts, School of Architecture c/a Peder Duelund Mortensen Internet: www.ifhp2007copenhagen.dk, www.karch.dk E-mail: ifhp@karch.dk
Emirati Arabi Uniti / UEA
Gran Bretagna / Great Britain Bridgwater Transform Colourful Sustainable Design in Education Concorso internazionale per studenti per il progetto di spazi collettivi sostenibili in scuole e college International students competition for the design of collective sustainable spaces in schools and colleges Scadenza/Deadline: 30/4 Per informazioni: Dalsouple c/a Julie Mellor PO Box 140 Bridgwater Somerset, UK Tel. +44 01278 727777 Internet: www.dalsouple.com E-mail: julie@dalsouple.com
Dubai
Hemel Hempsted
Architecture Plus Awards Premio di architettura assegnato dall’editore della maggiore rivista regionale di architettura “Architecture Plus”/Architecture independent award by the publisher’s of Dubai’s premier and the region’s leading architecture and design magazine, “Architecture Plus” Scadenza/Deadline: 1/6
Copper in Architecture Concorso internazionale per architetture in cui sia utilizzato il rame International competition for architectures in which copper is utilized Scadenza/Deadline: 31/5
Per informazioni: Architecture Plus Internet: www.arcplusonline.com/Awards.php
Finlandia / Finland
Per informazioni: Copper in Architecture 1 Brunel Court, Corner Hall Hemel Hempsted Herts HP3 9XX Tel. +44 01442 275705 Fax +44 01442 275716 Internet: www.cda.org.uk/arch, www.copperconcept.org E-mail: helpline@copperdev.co.uk
Helsinki
Letchworth
Greater Helsinki Vision Concorso internazionale di idee per il futuro utilizzo e la visione spaziale della regione della grande Helsinki che comprende i comuni di Helsinki, Espoo, Vantaa, Kauniainen, Kerava, Tuusula, Järvenpää, Nurmijärvi, Mäntsälä, Pornainen, Hyvinkää, Kirkkonummi, Vihti e Sipoo International open ideas competition for the future land use and spatial vision of Greater Helsinki. Region consists of the following municipalities: Helsinki, Espoo, Vantaa, Kauniainen, Kerava, Tuusula, Järvenpää, Nurmijärvi, Mäntsälä, Pornainen, Hyvinkää, Kirkkonummi, Vihti and Sipoo Scadenza/Deadline: 31/5 Monte premi/Total prize money: 340.000 Euro
Tomorrow’s Garden City Concorso internazionale per il progetto di residenze di alta qualità e ambientalmente sostenibili International competition for the design of high quality, environmentally friendly, grounbreaking housing Scadenza/Deadline: 31/5 Monte premi/Total prize money: 25,000 £ Giuria/Jury: Peter Chlapowski, Lynne Sullivan, Nick Wright, Tracy Harvey, Roger Godden
Per informazioni: SAFA The Finnish Association of Architects Runeberginkatu 5 FIN-00100 Helsinki Tel. +358 9 584448 Fax +358 9 5844 4222 Internet: www.greaterhelsinkivision.fi E-mail: competitions@safa.fi
Francia / France Belhomert Concours Koréo Sarlam Concorso per progetti residenziali e
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Per informazioni: RIBA Competitions Office 6 Melbourne Street Leeds LS2 7PS Tel. +44 113 2341335 Fax +44 113 2460744 Internet: www.ribacompetitions.com, www.tomorrowsgardencity.com E-mail: riba.competitions@inst.riba.org
London Wood Awards 2007 Concorso per progetti in cui si sia utilizzato principalmente il legno. Cinque le categorie: Commerciale e Pubblico; Privato; Strutturale; Restauro e conservazione; Arredo Competition for projects mainly realized with wood. Entries can be made for any one, or more, of the following categories: Commercial & Public Access; Private; Structural;
Per informazioni: Wood Awards Tel. +44 07957 730707 Internet: www.woodawards.com E-mail: info@woodawards.com
The 19th Corus Architectural Student Awards Concorso per studenti europei sul tema delle residenze sull’acqua: “H2Ouse-Living on the water” Competition open to students of architecture in Europe. For both UK and overseas students the competition brief is to address the theme of “H2Ouse - living on the water” Scadenza/Deadline: 18/5 Giuria/Jury: Brian Avery, Yasmin Sharrif, David Bonnett, Olga Popovic Larsen, Steve Thompson, Christopher Nash Per informazioni: Corus Construction Centre c/o Ken Oliver Swinden House Rotherham South Yorkshire S60 3AR Tel. +44 1709 825584 Internet: www.corusconstruction.com/en/ news_and_events/awards/casa/ E-mail: ken.oliver@corusgroup.com
Italia / Italy Codevilla (Pavia) Luoghi Pubblici del centro Concorso per la riqualificazione architettonica dei luoghi pubblici nel centro dell’abitato/Competition for the architectural requalification of public places in the city centre Scadenza/Deadline: 29/5 Per informazioni: Amministrazione Comunale di Codevilla c/a Enrico Rossi Via Umberto I 15 27050 Codevilla (PV) Tel. +39 0383 373123 Fax +39 0383 73782 Internet: www.pv.archioworld.it E-mail: ufftecnico.codevilla@demosdata.it
Conversano (Bari) Nuova scalinata del Castello di Conversano Concorso per studenti per il progetto della nuova scalinata del Castello di Conversano/Student competition for the project of the new Conversano Castle access stairs Scadenza/Deadline: 8/6/2008 Per informazioni: Sinistra Giovanile di Conversano Via Bolognini 8 70014 Conversano (BA) Tel. +39 334 3030162 Internet: http://sgconversano.altervista.org E-mail: sg.puglia@libero.it
Fano (Pesaro-Urbino) Complesso scolastico Concorso per la realizzazione di un complesso scolastico in località Cuccurano-Carrara Competition for the realization of a school complex in the area of Cuccurano-Carrara Scadenza/Deadline: 27/4 Per informazioni: Amministrazione Comunale di Fano Ufficio Lavori Pubblici c/a Gino Roberti Via San Francesco d’Assisi 76 61032 Fano (PU) Internet: www.comune.fano.ps.it E-mail: gino.roberti@comune.fano.ps.it
AGENDA
Gaggiano (Milano)
Sanguinetto (Verona)
Piazza della Repubblica Concorso per studenti e laureati dopo il 1/1/1976 per la riqualificazione ambientale di Piazza della Repubblica/Competition open to students and architects who had their degree after 1/1/1976 for the environmental requalification of the area of Piazza della Repubblica Iscrizione/Registration: 30/4 Consegna/Submission: 31/7
Concorso FAM: Il Mobile Significante Concorso internazionale di arte applicata al mobile. Tema di questa edizione: “L’elemento di arredo per i luoghi della lettura”/International competition of applied arts to furniture. Theme of this edition: “The Furniture Element for Reading Places” Scadenza/Deadline: 14/5 Monte premi/Total prize money: 20.000 Euro Giuria/Jury: Luciano Crespi, Ugo La Pietra, Alberto Bassi, Ettore Mocchetti, Frédéric Bodet, Giorgio Morelato
Per informazioni: Amministrazione Comunale di Gaggiano Via Roma 36 20083 Gaggiano (MI) Internet: www.comune.gaggiano.mi.it E-mail: tecnico@comune.gaggiano.mi.it
Maggiora (Novara) 2nd TAP Industrial Design Contest Concorso per il progetto di un rubinetto da bagno a leva mixer innovativo/Competition for the design of an innovative single lever mixer tap for bathrooms Scadenza/Deadline: 30/4 Monte premi/Total prize money: 5.000 Euro Giuria/Jury: Pierluigi Molinari, Grazia Gamberoni, Chiara Bosio, Salvatore Pischedda, Anna Volta Per informazioni: Rubinetteria Webert Via F.Beltrami 11 28014 Maggiora (NO) Tel. +39 0322 870180, Gabriele Vella +39 348 4135028 Fax +39 0322 87472 Internet: www.webert.it, www.ida-design.it E-mail: info@gabrielevella.it, info@webert.it
Milano Fondazione IRCCS “Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena” Concorso internazionale di progettazione per la riqualificazione dell’area Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena: “Forme molteplici dei luoghi della salute”/International design competition for the project of requalification of the area of Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena Scadenza/Deadline: 16/4 Per informazioni: Fondazione IRCCS “Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena U.O. Progetti Speciali e Processi Amministrativi c/a Alessandro Caviglia Via Francesco Sforza 28 20122 Milano Tel. +39 02 55038325 Fax +39 02 55038315 Internet: http://policlinico.webhat.it/ italian/bando.php E-mail: appalti.speciali@policlinico.mi.it
Pisa Polo ospedaliero Santa Chiara Concorso per la riqualificazione urbanistica del complesso ospedaliero universitario di Santa Chiara, prospicente Piazza dei Miracoli/Competition for the urban refurbishment of the university hospital complex Santa Chiara nearby Piazza dei Miracoli Scadenza/Deadline: 18/4 Per informazioni: Amministrazione Comunale di Pisa Direzione Urbanistica c/a Gabriele Berti Piazza XX Settembre Tel. +39 050 910469 Fax +39 050 910456 Internet: www.comune.pisa.it/doc/ concorsosantachiara.htm E-mail: concorsosantachiara@comune.pisa.it
Per informazioni: Segreteria Concorso Internazionale “Fondazione Aldo Morelato” sull’Arte Applicata nel Mobile Palazzo Taidelli Corso Vittorio Emanuele 61 37058 Sanguinetto (VR) Internet: www.fondazionealdomorelato.org
San Martino di Lupari (Padova) Quattro Contrade Concorso per la riqualificazione urbanistica di quattro contrade: San Martino Centro, Monastiero, Campretto, Lovari/Competition for the urban requalification of four neighbourhoods: San Martino Centro, Monastiero, Campretto, Lovari Scadenza/Deadline: 30/4 Per informazioni: Amministrazione Comunale San Martino di Lupari c/a Giuseppe Rigo Largo Europa 5 35018 San Martino di Lupari (PD) Tel. +39 049 5952392 Fax +39 049 5952048 Internet: www.sanmartinodilupari.info/default.asp E-mail: llpp@comunesml.info
Torino La città, il fiume, la collina Concorso per il riassetto urbano, ambientale e infrastrutturale di Piazza Vittorio Veneto, Sponde del Po, Piazza Gran Madre di Dio Competition for the urban, environmental and infrastructural redefinition of the areas of Piazza Vittorio Veneto, River Po banks, Piazza Gran Madre di Dio Scadenza/Deadline: 15/5 Per informazioni: Amministrazione Comunale di Torino Servizio Centrale Contratti Appalti Economato c/a Giorgio Marengo Piazza Palazzo della Città 1 10122 Torino Tel. +39 011 4423095 Fax +39 011 4423054 Internet: www.to.archiworld.it/concorsi/torino.html E-mail: concorso.scheda30prg.to@awn.it
Monetti International Tray Design Competition Concorso internazionale per lo studio e la realizzazione di un vassoio: di servizio, per self service, da happy hour/International competition for the design and realization of a tray for service, self-service, happy hour Scadenza/Deadline: 30/5 Monte premi/Total prize money: 9.000 Euro Giuria/Jury: Giovanni Monetti, Leticia Lozano, Luisa Bocchietto, Manuela Cifarelli,Giuliano Molineri, Stefano Mussapi, Davide Scabin Per informazioni: Segreteria del Concorso Alisei Comunicazione Via Petrarca 4
+ europaconcorsi
20123 Milano Tel. +39 02 43995555 Fax +39 02 43989571 Corso Galileo Ferraris 18 10121 Torino Tel. +39 011 549034 Fax +39 011 548388
Treviso Luoghi di valore Concorso per individuare in ambito locale paesaggi, giardini, spazi aperti nei quali la condizione dei patrimoni di natura, di memoria e di invenzione sia tale da contribuire alla elevazione della cultura, del gusto, della qualità della vita delle persone e delle comunità che li abitano o li visitano/Competition to find in the regional area landscapes, gardens, open spaces where nature, memory and invention are such to contribute to enhance culture, taste and the quality of life Scadenza/Deadline: 18/4 Giuria/Jury: Carmen Añón, Domenico Luciani, Monique Mosser, Ippolito Pizzetti, Lionello Puppi Per informazioni: Fondazione Benetton Studi Ricerche Via Cornarotta 9 31100 Treviso Tel. +39 0422 5121 Fax +39 0422 579483 Internet: www.fbsr.it E-mail: luoghidivalore@fbsr.it
Per informazioni: Thermador Freedom Collection Design Contest 1805 Colorado Avenue Santa Monica, CA, 90404 USA Internet: www.thermador.com/freedom/terms.cfm
WEB Lifecycle Building Challenge Concorso per progetti che utilizzano materiali riciclati/Competition for projects utilizing recycled materials Scadenza/Deadline: 15/4 Per informazioni: www.lifecyclebuilding.org
Pagine Bianche d’Autore Concorso per artisti tra i 20 e i 35 anni per le copertine dei volumi regionali delle Pagine Bianche Scadenza: 26/4 (Liguria, Marche, Abruzzo, Trentino Alto Adige, Molise, Valle d’Aosta) Per informazioni: Internet: www.paginabianchedautore.it
Convegni e dibattiti Congresses and conferences
Venezia Biglietterie e imbarcaderi del trasporto pubblico lagunare Concorso per architetti under 41 Competition open to architects under 41 years of age for the project of the ticket booths and piers for public transportation in the Venice Lagoon Iscrizione/Registration: 15/4 Consegna/Submission: 15/5 Giuria/Jury: Massimo Cacciari, Marcello Panettoni, Giuseppe Roma, Davide Croff, Marino Folin Per informazioni: Ve.La. Spa Simona Dalla Pietà Isola Nova del Tronchetto 21 30135 Venezia Tel. +39 041 2722689 Fax +39 041 2722663 Internet: www.hellovenezia.com E-mail: s.dallapieta@velaspa.com, concorso@velaspa.com
Croton-on-Hudson Spark Design Awards Concorso di design per la progettazione di idee e oggetti innovativi che evidenzino l’utilizzo di nuovi processi e nuove tecnologie Competition of design for the project of new ideas and objects recognizing the value of new processes and technologies Scadenza/Deadline: 30/4 Per informazioni: The Spark Design Awards 36 Lounsbury Road Croton-on-Hudson, NY 10520-2017 Tel. +1 481 6160 Fax +1 860 2012160 Internet: www.sparkawards.com E-mail: info@sparkawards.com
Santa Monica Thermador Freedom Collection Design Contest Concorso per il progetto di cucine in cui siano utilizzati prodotti per la refrigerazione della Thermador Freedom Collection/Competition for residential kitchens have designed using Freedom Collection refrigeration products Scadenza/Deadline: 30/7
Per informazioni: Internet: www.dx.org/conference
Cina / China Beijing ISES International Solar World Congress 2007 Il tema della conferenza 2007 è: “Energia solare e insediamenti umani”/The theme of the 2007 conference will be “Solar Energy and Human Settlement” 18/9-21/9 Per informazioni: International Solar Society Internet: www.ises.org
Nanjing Southeast University, Nanjing University, School of Architecture Southeast University CAADRIA 2007 Conference: Digitization and Globalization 19/4-22/4 Per informazioni: Internet: www.caadria2007.org
Danimarca / Denmark Copenhagen Australia Sydney University of New South Wales Connect 2007 - International Conference on Design Education 9/7-12/7 Per informazioni: Robert Zehner Associate Dean (Education) Faculty of the Built Environment University of New South Wales Sydney 2052 Tel. +61 2 93854835 Fax +61 2 93855613 Internet: www.intbau.org/ conferences.htm#Connect0707 E-mail: connect2007@unsw.edu.au
Canada USA
Design Exchange Ourtopias – Ideal Cities and the Roles of Design in Remaking Urban Space 14/6-16/6
Banff Banff Centre 11th Canadian Conference on Building Science & Technology 22/5-23/5 Per informazioni: Internet: www.nbec2007conference.com
Ottawa Fairmont Château Laurier 9th Canadian Conference on Earthquake Engineering 26/6-29/6 Per informazioni: 9CCEE - 9th Canadian Conference on Earthquake Engineering 1125 Colonel By Drive Carleton University, Department of Civil and Environmental Engineering Ottawa, K1S 5B6 ON, Canada Fax 1 613 5203951 Internet: www.carleton.ca/9ccee E-mail: 9ccee@connect.carleton.ca
Toronto Sheraton Centre Hotel The Next 100 Years: Healthy Buildings, Healthy Communities 9/5-12/5 Per informazioni: Internet: www.oaa.on.ca
Future Cities: Impacts, Indicators, Implementation 23/9-27/9 Per informazioni: IFHP2007 Internet: www.ifhp2007copenhagen.dk
Finlandia / Finland Helsinki Finlandia Hall Clima 2007 10/6-14/6 Per informazioni: Clima 2007 Congress C/o FiSIAQ P.O. Box 25 FIN-02131 Espoo Finland Tel. +358 9 4355 560 Fax +358 9 4355 5655 Internet: www.clima2007.org E-mail: info@clima2007.org
Francia / France Lyon Centre de Congrès Global City 14/5-16/5 Per informazioni: Global City Forum Internet: www.globalcityforum.com
Paris Palais de Chaillot NL, Amsterdam 30/4 RCR, Gérone 21/5 Hérault-Arnod, Paris 4/6 MAD, Pékin (à confirmer) 10/9 Ian Kaplicky, Londres 22/10 Jan Neutelings, Rotterdam 19/11 Massimiliano Fuksas, Rome 10/12
224 l’ARCA 105
AGENDA Per informazioni: Agostina Pinon Communication et presse Cité de l’architecture et du patrimoine Palais de Chaillot 1, place du Trocadéro 75116 Paris Tel. +33 1 58 51 52 85 / mobile 06 03 59 55 26 Fax +33 1 58 51 59 91 Internet: www.citechaillot.fr E-mail: apinon@citechaillot.fr
Tours Vinci Convention Centre CONSEC ‘07 Conference on Concrete Infrastructures 4/6-6/6 Per informazioni: Internet: www.consec07.fr
Villeurbanne Formation bois-énergie 12/6 Per informazioni: ITEBE Tel. +33 348 478100 Fax +33 348 478119 Internet: www.itebe.org E-mail: education@itebe.org
Gran Bretagna / Great Britain Farnham Farnham Castle Conference Center Sustainable Innovation 2007 – Global Building and Construction: Systems, Technologies, Products and Service Design 29/10-30/10 Per informazioni: The Centre of Sustainable Design University College for the Creative Arts Martin Charter (Director) Tel. +44 01252 892772 Fax +44 01252 892747 Internet: http://list.unu.edu/pipermail/ itenv/2006-October/000020.html E-mail: mcharter@ucreative.ac.uk
Belfast University of Ulster Representing the Monster City: Art History and Pathologies of Urban Development 1800-2007 11/4-14/4 Per informazioni: Internet: www.intbau.org/conferences. htm#GRAC220207, www.aah.org.uk
Italia / Italy Como Fondazione Antonio Ratti Natalia Aspesi: Che fine ha fatto il mondo della moda? 29/4 Per informazioni: Fondazione Antonio Ratti Lungo Lario Trento 9 22100 Como Tel. +39 031 233111 Fax +39 031 233249 Internet: www.fondazioneratti.org
Ischia (Napoli) III International Conference on Architecture and Building Technologies: Architecture in EuroMediterranean area 15/6-16/6 Per informazioni: Scientific Committee Secretariat Luigi Mollo Department of Civil Engineering - S.U.N. Via Roma 29 81031 Aversa (NA) Tel +39 081 5010388 Fax +39 081 5037370 Internet: www.intbau.org/ conferences.htm#ICABT0607
106 l’ARCA 224
+ europaconcorsi
E-mail: architettura.tecnica@unina2.it, luigi.mollo@unina2.it
Milano Politecnico di Milano-Spazio “Guido Nardi” TensiNet Symposium 2007 Convegno internazionale sulle membrane per l’architettura International conference on architectural membranes 16/4-18/4 Per informazioni: Politecnico di Milano Dipartimento B.E.S.T. Alessandra Zanelli Tel. +39 02 23995135 Internet: www.tensinet.com/ E-mail: ephemeral.architecture@polimi.it
POLI.design - Consorzio del Politecnico di Milano (Campus Bovisa) Outdoor Experience Design Corso di alta formazione per progettare e arredare spazi esterni pubblici e privati 9/7-20/7 Per informazioni: POLI.design Michela Mantica Tel. +39 02 23997248 Internet: www.polidesign.net E-mail: formazione@polidesign.net
Roma MAXXI Carlo Prati: Alessandro Anselmi. Piano Superficie Progetto: Il Rapporto tra architettura, musica e multimedialità 24/4 Grattacieli e/o Città Europea? 29/4 Per informazioni: MAXXI Via Guido Reni 2 Roma Direzione generale per l’architettura e l’arte contemporanee Via di San Michele 22 00153 Roma Tel. +39 06 58434800 Fax +39 06 58434856 Internet: www.darc.beniculturali.it E-mail: darc@darc.beniculturali.it
Torino GAM/Sala nuove acquisizioni Incontri con Pier Giovanni Castagnoli su: Giulio Paolini 22/4 Hidetoshi Nagasawa 20/5 Per informazioni: GAM Via Magenta 31 10128 Torino Tel. +39 011 4429518 Fax +39 011 4429550 Internet: www.gamtorino.it E-mail: gam@fondazionetorinomusei.it
Messico / Mexico La Pila (Chiapas) Edupaz La Casa de Salud Appropriate Technology for the Development World 22/4-28/4 Per informazioni: Internet: www.solarenergy.org/workshops
Portogallo / Portugal Funchal (Madeira) Hotel Pestana Casino Park arch’07 - 5th International
Conference on Arch Bridges 12/9-14/9 Per informazioni: ARCH’07 – 5th International Conference on Arch Bridges University of Minho Department of Civil Engineering Azurém P-4800-028 Guimarães Tel. +351 253 510 200 Fax +351 253 510 217 Internet: www.civil.uminho.pt/arch07 E-mail: arch07@civil.uminho.pt
Repubblica Ceca / Czech Republic Praga Corinthia Towers Hotel STREMAH 2007 Decima conferenza internazionale sugli studi, ristrutturazione e conservazione del patrimonio storico con un seminario sui Beni Storici Marittimi/Tenth International Conference on Studies, Repairs and Maintenance of Heritage Architecture, incorporating the Maritime Heritage Seminar 4/7-6/7 Per informazioni: Kimberley Robberts Conference Secretariat STREMAH 2007 Wessex Institute of Technology Ashurst Lodge, Ashurst Southampton, SO40 7AA, United Kingdom Tel. +44 0238 0293223 Fax +44 0238 0292853 Internet: www.wessex.ac.uk/conferences/ 2007/stremah07/index.html E-mail: krobberts@wessex.ac.uk
Spagna / Spain Barcelona Universitat Politecnica de Catalunya Traditional Mediterranean Architecture Present and Future 12/7-15/7 Per informazioni: Universitat Politecnica de Catalunya C/Bon Pastor 5 08021 Barcelona Tel. +34 93 2402060 Internet: www.rehabimed.net/conferencia/ angles/index_conferencia_ang.htm E-mail: rehabimed@apabcn.cat
Svizzera / Switzerland
Turchia / Turkey
Montreal
Faculty of Fine Arts and Design 7th Conference of the European Academy of Design – Dancing with Disorder: Design, Discourse and Disorder 11/4-13/4
CCA Gilles Clément and Philippe Rahm – Environment Approaches for Tomorrow Fino al/through 22/4 Clip/Stamp/Fold 2: The Radical Architecure of Little Magazines 196X-197X 12/4-9/9
Per informazioni: Conference Co-ordinator: Tevfik Balcioglu Faculty of Fine Arts and Design Izmir University of Economics Balcova, Izmir Tel. +90 232 4888215 Fax +90 232 2792626 Internet: http://fadf.ieu.edu.tr/ead07/ introduction1.html E-mail: tevfik.balcioglu@ieu.edu.tr
USA The Governor Hotel True Urbanism: Designing for Social & Physical Health 45° Conferenza per le Città Vivibili 45th International Making Cities Livable Conference 10/6-14/6
Museo d‘Arte Moderna Louisiana The Boundaries of Architecture 15/6-21/10
Per informazioni: IMCL Conferences c/a Suzanne H. Crowhurst Lennard PO Box 7586 Carmel CA 93921 Fax ++1 831 6245126 Internet: www.livablecities.org E-mail: Suzanne.Lennard@livablecities.org
Bordeaux
San Antonio
Paris
The AIA 2007 National Convention and Design Exposition 3/5-5/5
VIA Jean-Marie Massaud 2/1-8/4
Per informazioni: Internet: www.aia.org, www.aiaconvention.com
Mostre di architettura e design Architecture and design exhibitions
Francia / France Arc en Rêve DPA Dominique Perrault Architecture 8/2-29/4
Germania / Germany Berlin Aedes Am Pfefferberg 4a Architects Stuttgart: We go swimming – Water Worlds 10/3-19/4
Frankfurt
Austria Architektur Zentrum Lessons from Bernard Rudofsky 8/3-28/5
Per informazioni: Accademia di Architettura Cecilia Liveriero Lavelli Tel. +41 58 6665764 E-mail: cliveriero@arch.unisi.ch
Danimarca / Denmark Humlebæk
Ecole Cantonale d’Art/ECAL Summer Academy of Design – Workshop: Alexis Georgacopoulos, Ronan Bourellec, Michael Young 5/7-30/7
Accademia di Architettura/Aula Magna/Palazzo Canavée Il cinema delle periferie urbane con Daniele Ciprì e Franco Maresco 26/4
Museum of Fine Arts American Streamline Design: The World of Tomorrow 16/5-28/10
Portland
Vienna
Mendrisio
Canada
Izmir
Lausanne
Per informazioni: ECAL Pierre Keller (Director) 4 Avenue de l’Elysée CH-1006 Lausanne Tel. +41 021 3169933 Fax +41 021 6163991 Internet: www.ecal.ch E-mail: pierre.keller@ecal.ch
AGENDA
MAK Robert Maria Stieg - Caution: Furniture Matters! 30/5-21/10
DAM Asmara. Africa’s Secret Modernist City 10/2-15/4 Claus Bury: Low Tide-High Tide 24/2-22/4
Ghana Kumasi Kwame Nkrumah University of Science and Technology (KNUST) African Architecture Today 5/6-8/6
Belgio / Belgium Antwerp deSingel Kazuyo Sejima/Ryue Nishizawa (SANAA): Out of the Light/Into the Shadow 15/2-6/5 Kris Kimpe et Bruno Poelaert 19/4-26/5
Gent Varie Sedi Time Festival (www.timefestival.be) 19/4-28/4
Gran Bretagna / Great Britain London Barbican Art Gallery, Barbican Centre Alvar Aalto and Shigeru Ban 22/2-13/5 Design Museum Luigi Cigolani: Translating Nature 3/3-17/6 Ettore Sottsass, A Life in Design 28/3-10/6
+ europaconcorsi
Zaha Hadid Architecture and Design 29/6-31/10
Manchester Cube Settlements 14/4-27/5
Italia / Italy
Instant Urbanism 9/6-16/9 Pancho Guedes – The Eclectic Modernist 28/9-31/12
Mostre d’arte Art Exhibitions
Mendrisio Galleria Accademia di Architettura Johannesburgh 3/4-10/5 Shanghai, Pechino, Nanchino 24/5-29/6
Austria
Mantova
Zürich
Graz
Palazzo Tè Jean Prouvé 16/2-15/4
Triennale Il paesaggio mobile del nuovo design italiano 20/1-25/4
ETH Umsicht Regards Sguardi 15/3-12/4 Denmark: Architecture and Design Today 22/3-19/4 LifeScience Platform 19/4-10/5 Mirei Shigemori, Japanese Gardens 26/4-24/5
Kunsthal Cerith Wyn Evans 3/2-13/5 Werner Reiterer: Eye Sucks World 3/3-11/5 Let 1000 Flowers Bloom? Chinese Art Today 7/6-2/9
Galleria Antonia Jannone Iosa Ghini: Disegni di Architetture 3/4-30/4
Museum für Gestaltung Stuhl Haus Stadt – Haefeli Moser Steiger 30/3-1/7
Milano
Galleria Luisa Delle Piane Transplant, un progetto di Matali Crasset 18/4-5/5
Rovereto (Trento) MART Mitomacchina. Storia, tecnologia e futuro del design dell’automobile Fino al/through 1/5 Il Modo italiano. Design Italiano e Avanguardia nel XX secolo 3/3-3/6
Olanda / Holland Hilversum Hilversum Museum Behind the Curtains: Fifteen Buildings by Neutelings Riedijk Architects Fino al/through 6/5
Maastricht NAI Jean Prouvé 5/5-12/8
Rotterdam Varie Sedi Architecture Biennale Rotterdam: POWER – Producing the Contemporary City 24/5-2/9 Rotterdam City of Architecture 2007 www.rotterdam2007.nl
NAI Modernity in the Tropics: Architecture in the Dutch East Indies Fino al/through 22/4 Architecture of the Night: Luminous Buildings Fino al/through 6/5 Building Portraits 23/3-13/5
Svizzera / Switzerland
USA Bellevue Art Museum Raymond Loewy: Designs for a Consumer Culture 3/6-12/9
Cambridge Harvard University Graduate School of Design David Adjaye, Design in Africa 2/4-23/5
New York Cooper-Hewitt National Design Museum Design Life Now: National Design Triennial Fino al/through 29/7 Made to Scale: Staircase Masterpieces Fino al/through 3/6 Design for the Other 90% 4/5-23/9
Portland (Oregon) The Governor Hotel New Designs for Mixed-Use Urban Fabric 10/6-14/6
San Diego Mingei International Museum Eva Zeisel – Extraordinary Designer at 100 Fino al/through 19/6
Washington National Building Museum The Green House: New Directions in Sustainable Architecture and Design Fino al/through 3/6 Reinventing the Globe: A Shakespearean Theatre for the 21st century Fino al/through 27/8
Basel
Yale
Museo Svizzero di Architettura Unaufgeräumt – As Found 16/3-17/5
Art+Architecture Gallery UN Studio Evolution of Space 12/2-4/5
Neue Galerie Zur Natur des Menschen Fino al/through 26/8
Vienna Albertina Georg Baselitz: Remix 19/1-22/4 MAK A Book in the True Sense: Johannes Gachnang in his Role as a Publisher Fino al/through 15/4 Stephan Hann: Recycling-Couture 28/2-15/7 Kunstforum Eros in Modern Art 1/3-22/7 Kunsthaus Sayn-Wittgenstein, photographs 8/3-13/5
Belgio / Belgium Bruxelles Atomium Enrico T. De Paris (Riccardo Mazza, image & sound designer; Jean-Claude Oberto, poeta; Mauro Calvone, video maker): Inside 15/3-16/9
Canada Montreal Museum of Fine Arts Maurice Denis: Earthly Paradise 22/2-20/5 Once Upon a Time: Disney 8/3-24/6
Toronto Art Gallery of Ontario The Future Now Fino al/through 1/11 Emily Carr 3/3-25/5
Vancouver Art Gallery B.C. Binning Fino al/through 29/4 Fred Herzog 25/1-13/5 Acting the Part: Photography as Theatre 3/2-21/5
224 l’ARCA 107
AGENDA Danimarca / Denmark Arken Museum of Modern Art Duane Hanson – Sculptures of the American Dream 27/1-3/6 Images of Man from the Arken Collection 23/6-2/9
Copenhagen Nationalmuseet Il mondo di Tycho Brahe. La Danimarca in Europa negli anni 1550-1600 Fino al/through 9/4 Statens Museum for Kunst André Derain 10/2-13/5
Humlebæk Museo d’Arte Moderna Louisiana Cindy Sherman, 30 years of staged photography 16/2-20/5 Made in China 16/3-5/8 Julie Mehretu 1/6-26/8 Philip Guston 1/6-26/8
Emirati Arabi Uniti / UAE Sharja Sharjah Art Museum, Expo Centre Sharjah, Heritage Area, American University of Sharjah & several outdoor locations around Sharjah Still Life-Art Ecology and the Politics of Change/Sharjah Biennial 4/4-4/6
Finlandia / Finland Espoo Museum of Modern Art/EMMA Raimo Utriainen, Igor & Svetlana Kopystiansky, Mari Sunna 8/2-29/4 In the hands of the woodcarver Isaac Julien 6/6-26/8 Salvador Dalí 3/10-16/12
Francia / France Angers Musée des Beaux-Arts Lancelot-Théodore Turpin de Crissé Fino al/through 15/4
Avignon Collection Lambert Il faut rendre à Cézanne ce qui appartient à Cézanne 18/3-20/5
Carquefou Frac Philippe Jacq, Bike’s Gallery 14/3-29/4 Henrik Plenge Jakobsen 16/5-7/10 Pilvi Takala 16/5-9/9
108 l’ARCA 224
+ europaconcorsi
Chartres Centres International du Vitrail Le nouvel art de la couleur Fino al/through 31/8
Evian Palais Lumière Ernest Pignon Ernest 10/2-13/5
Grenoble Masin Franck Scurti: What is Publis Sculpture ? 11/2-6/5 Lothar Hempel: Alphabet City 11/2-6/5
Ivry-sur-Seine Le Crédac/Galerie Fernand Léger Carte blanche à attitudes 30/3-20/5
Lille Médiathèque Jean Lévy La Grèce des modernes, l’impression d’un voyage, les artistes, les écrivains et la Gréce (1933-1968) 25/1-22/4
Lyon La Sucrière, Institut d’art contemporain de Villeurbanne, Musée d’art contemporain de Lyon Biennale de Lyon 2007 17/9-6/1/2008 (Journées professionnelles 17/9-18/9) MAC Fabien Verschaere, Seven Days Hotel Une question de génération 16/2-29/4
Nantes Le Lieu Unique Block – Forme intermédiaire 4/2-8/4
Paris Centre Pompidou Le Nuage Magellan 10/1-9/4 Annette Messager 21/2-14/5 Samuel Beckett 14/3-25/6 Air de Paris 2/4-28/5 Pierre Klossowski 2/4-4/6 Julio Gonzalez 27/6-8/10 Jeu de Paume-Espace Concorde Peter Friedl Alec Soth 17/4-13/6 Pierre & Gilles 29/6-23/9 Edward Steichen 9/10-30/12
Galeries Nationals du Grand Palais Le Nouveau Réalisme 28/3-2/7 Maison Rouge Tetsumi Kudo, the mountain we are searching for is in the greenhouse Mutatis mutandis: Extraits de la Collection Antoine de Galbert Mounir Fatmi: J’aime l’Amérique, hommage à Jacques Derrida 18/2-13/5 Louvre Prassitele 22/3-18/6 Louvres des Antiquaires Jean Cocteau: Collection privée Dominique Bert 23/3-22/4 Musée d’Orsai Forêt de Fontainbleu, un atelier grandeur nature 6/3-13/5 L’art moderne à Paris: la Galerie Vollard, de Cézanne à Picasso 19/6-16/9 Musée du Luxemburg René Lalique: Créateur d’Exception 7/3-29/7 Quai Branly Jardin d’amour, Yinka Shonibare Nouvelle-Irlande, arts du Pacifique Sud 3/4-8/7
Germania / Germany Bonn Kunst- und Austellungshalle Der Bundesrepublik Deutschland Angkor - Sacred Heritage of Cambodia Fino al/through 9/4 Russian Soul Icons, paintings and drawings of the Tretyakov Gallery, Moscow 17/5-26/8
Darmstadt Institut Mathildenhöhe Janet Cardiff-George Bures Miller: The Killing Machine and other Stories 25/5-26/8
Frankfurt Schirn Kunsthalle As in a Dream, Odilon Redon 27/1-29/4 Op Art 17/2-20/5
Munchen Haus der Kunst Yayoi Kusama. Dots ObsessionLove Transformed into Dots 9/2-6/5 Andreas Gursky 17/2-13/5
Jeu de Paume-Site Sully Viva, un agence photographique 30/1-9/4 Prix Découverte 23/4-3/6
Bexhil on Sea
Cité des Sciences et de l’Industrie Changer d’ère – Comportements, consommation, éco-design Fino al/through 12/8
De La Warr Pavilion A Secret Service: Art, Compulsion, Concealment 27/1-11/4
Gran Bretagna / Great Britain
Edinburgh Scottish National Portrait Gallery Energy: North Sea Oil Portraits Fino al/through 21/7 Collage City: Urban Space in Contemporary Art 5/2-6/5
Liverpool Tate Liverpool Centre of the Creative Universe: Liverpool and the Avant-Garde 20/2-9/9 The Real Thing: Contemporary Art from China 30/3-10/6 Peter Blake 29/6-23/9
London Tate Modern The Unilever Series: Carsten Höller Fino al/through 9/4 Gilbert & George 15/2-7/5 Level 2 Gallery: The Artist’s Dining Room 2/3-15/4 Dalí & Film 1/6-9/9 Hélio Oiticica: The Body of Colour 7/6-23/9 Tate Britain Jake and Dinos Chapman 30/1-10/6 Hogarth 7/2-29/4 Courtauld Institute of Art Guercino: Mind to paper 22/2-13/5 Barbican Centre Jeppe Hein 9/2-29/4
Portsmouth Aspex Gallery Where is the Work? Cornford & Cross 24/2-22/4
St Yves Tate St Yves Art Now Cornwall Francis Bacon in St Ives Helen Feiler St Ives All Around: The Paintings of Bryan Pearce 3/2-13/5 Brian Wilson: An Art Exhibition 26/5-23/9
Italia / Italy Abbiategrasso (Milano) Santa Maria Annunciata Rinascimento ritrovato: Nell’età di Bramante e Leonardo, tra i Navigli e il Ticino 18/2-20/5
Alba (Cuneo) Palazzo Mostre e Congressi Pinot Gallizio e il suo tempo 1953-1964 21/1-1/5
Aosta Museo Archeologico Regionale Cielo Terra e Acque-Il paesaggio nella pittura Fiamminga e Olandese
AGENDA
+ europaconcorsi
tra Cinquecento e Seicento Fino al/through 9/4
Faenza (Ravenna)
Forte di Bard In cima alle stelle. L’universo tra arte archeologia e scienza 4/4-2/9
MIC Museo Internazionale delle Ceramiche Art nouveau a Faenza Il Cenacolo baccariniano 24/2-27/5
Bari Castello Svevo San Nicola: Splendori d’arte d’Oriente e d’Occidente Fino al/through 6/5
Bassano del Grappa (Vicenza) Museo Civico Arte Antica e Contemporanea-Le Collezioni della Fondazione Cariverona e della Fondazione Domus Fino al/through 9/4
Bolzano Museion Magic Line 27/1-29/4
Busto Arsizio (Varese) Fondazione Bandera per l’Arte Cartoons all’italiana 24/3-27/5
Caldarola (Macerata) Palazzo dei Cardinali Pallotta Simone de Magistris-Un pittore visionario tra Lotto ed El Greco 5/4-30/9
Caraglio (Cuneo) CeSAC-Centro Sperimentale per le Arti Contemporanee Il Filatoio Collectors 1: Collezione La Gaia di Bruna e Matteo Viglietta Fino al/through 30/12
Cesena
Pinacoteca Comunale Domenico Baccarini. Disegni dalle Collezioni Comunali 24/2-17/6
Ferrara Palazzo dei Diamanti Il Simbolismo, da Moreau a Gauguin a Klimt 18/2-20/5
Firenze Palazzo Strozzi Cézanne 2/3-29/7 Galleria Poggiali e Forconi Davide Bramante - Around The World 24/2-18/4
Forlì Musei San Domenico Silvestro Lega. I Macchiaioli e il Quattrocento 14/1-24/6
Gallarate (Varese) Civica Galleria d’Arte Moderna Marcel.lí Antúnez Roca: interattività furiosa. Pre-interattività e sistematurgia 8/3-29/4
Genova Palazzo Ducale, Palazzo Rosso Luca Cambiaso, un maestro del Cinquecento europeo 3/3-8/7
Galleria Galica Arthur Duff, “of love (and hate)” 9/2-6/4 Galleria San Fedele Muri Contro Fino al/through 20/4 Fondazione Arnaldo Pomodoro Doppio sogno. 2RC fra artista e artefice 18/4-28/7
Spazio Annunciata Umberto Mariani 18/4-19/5
Pontedera (Pisa)
Fondazione Stelline Picasso illustratore 22/2-6/5 Galleria Gruppo Credito Valtellinese Collection de Passions, Passion de Collections... Fondation Des Treilles 2/3-30/5 Palazzo Crivelli Trenta Paraventi 14/4-28/4 A Arte Studio Invernizzi Alan Charlton 1/3-27/4
Modena Palazzo Santa Margherita e Palazzina dei Giardini Sguardi da nord-Reflecting with images 27/1-6/5
Montagnana (Padova) Sala Veneziana del Castello Omaggio a Mario Schifano 31/4-21/4
Orvieto (Terni)
Marsala (Trapani)
Napoli
Musei Mazzucchelli Gabriella Goffi: Abiti di Luce Il vino e l’arte. Dipinti, sculture e opere dal mito di Bacco a oggi Fino al/through 9/4
Convento del Carmine Elio Marchegiani – Linee di produzione 1957-2006 24/3-24/6
Galleria Blindarte Jan Albers 2/3-18/5
Cirè (Torino)
Palazzo Reale Nefer, la donna nell’Antico Egitto 27/1-9/4
Villa Remmert Artisti, parole, immagini dal 1960 al 1970 18/3-22/7
Codroipo (Udine) Villa Manin Centro d’Arte Contemporanea - Passariano Hiroshi Sugimoto 1/4-30/9
Como Villa Olmo Gli Impressionisti, i Simbolisti e le Avanguardie-120 Capolavori dal Museo Nazionale di Belgrado 24/3-15/7
Milano
Spazio Annunciata Milano anni ’60: Baratella ieri e oggi 14/3-14/7 Galleria Suzy Shammah Sirous Namazi 13/2-7/4
Novi Ligure (Alessandria) Museo dei Campionissimi Visioni di Luce: Il Divisionismo di Giuseppe Cominetti Fino al/through 15/4
Nuoro MAN D’Ombra 26/1-6/5
Padova
Spazio Oberdan Franco Vaccari: Col tempo 14/2-13/5
Palazzo Zabarella De Chirico 20/1-27/5
Museo Poldi Pezzoli Capolavopri da scoprire Fino al/through 9/4
Parma
Biblioteca di Via Senato Toscanini, una vita fra note e colori 30/3-7/10
Pietrasanta (Lucca) Chiesa di Sant’Agostino Alberto Ghinzani 31/3-3/6 Claudio Capotondi, oltre la materia 24/3-6/5
Palazzo Coelli Vincenzo Cabianca e la civiltà dei Macchiaioli 6/4-1/7
Ciliverghe di Mazzano (Brescia)
Galleria Civica d’Arte Moderna “Vittoria Colonna” L’arte e la tartaruga: Omaggio a Plinio de Martiis, da Rauschenberg a Warhol, da Burri a Schifano 3/3-20/5
Galleria Blu Per una storia della pittura, da Boccioni a Duchamp 12/2-27/4
Villa Croce In pubblico, azioni e idee degli anni ’70 in Italia 21/3-2/9
Biblioteca Malatestiana Alberto Sughi 23/3-22/7
Pescara
Palazzo Pigorini Amedeo Bocchi: la luce della bellezza e della vita vera 11/3-27/5
Museo Piaggio Arte e lavoro ‘800-‘900 12/1-13/4
Prato Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci Daniel Spoerri, Non per Caso 3/2-28/4
Quarrata (Pistoia) Villa Medicea La Màgia, La Limonaia di Ponente – Arte Contemporanea Anne e Patrick Poirier La Fabbrica della Memoria Fino al/through 10/4
Ravenna Museo d’Arte/MAR Domenico Baccarini – Una meteora del primo Novecento 25/2-3/6 Felice Casorati, dipingere il silenzio 1/4-8/7
Reggio Emilia Palazzo Magnani Werner Bischof 24/3-27/5
Roma Macro La Collezione, opere scelte Fino ad aprile/through April MAXXI “Apocalittici e Integrati”: Utopia nell’arte italiana di oggi 30/3-1/7 Chiostro del Bramante Annibale Carracci 25/1-6/5 Palazzo Pallavicini Guido Reni nella Collezione Pallavicini 8/6-10/6 Palazzo Patrizi Montoro Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino nella Collezione Patrizi Montoro 15/6-17/6 Palazzo Colonna Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino nella Collezione Colonna 22/6-24/6 Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo Baltico-Mediterraneo. Italia e Finlandia a confronto 24/1-10/4
224 l’ARCA 109
AGENDA Accademia di Francia Gilles Aillaud 8/2-8/4 Cinecittàdue Arte Contemporanea Botto & Bruno: Waiting for the early bus 25/2-29/4 Complesso del Vittoriano Chagall delle meraviglie 10/3-1/7 Palazzo Farnese Luce di Pietra 23/3-15/4 Istituto Giapponese di Cultura Primi Contatti tra Italia e Giappone arte e testimonianze 19/2-20/4
Rovereto (Trento) MART Il modo italiano. Design e avanguardie artistiche in Italia nel XX secolo 3/3-3/6 Maurice Denis. Maestro del Simbolismo Internazionale 23/6-25/9
+ europaconcorsi
Sequence 1 5/5-18/11 Collezione Peggy Guggenheim Richard Pousette-Dart 18/2-20/5 All in the present must be transformed: Matthew Barney and Joseph Beuys 6/6-2/9 Museo Correr Sargent and Venice 23/3-22/7 Ca’ Rezzonico Francesco Fontebasso (1707-1769)L’album dei disegni Fino al/through 16/4 Museo Diocesano, Chiostro di Sant'Apollonia Officina Dürer Fino al/through 30/6 Istituto Veneto di Scienze Lettere e Art Palazzo Franchetti Autoritratti/Selfportraits. I volti nell’arte dalla Collezione degli Uffizi 27/1-6/5
Rovigo
Chiesa di San Stae Pierre Casè. Mnemosine per Venezia 10/3-1/5
Palazzo Roverella Mario Cavaglieri 10/2-1/7
Ca’ Pesaro Not Vital 3/3-13/5
Seravezza (Lucca)
Verona
Palazzo Mediceo Joel Peter Witkin 20/1-8/4
Palazzo della Ragione Il Settimo Splendore. La modernità della malinconia 25/3-27/7
Todi (Perugia) Salone delle Pietre Jacopone da Todi. L’opera e l’arte del suo tempo Fino al/through 2/5
Torino GAM/Sala nuove acquisizioni Melania Camoretto 18/3-20/4 Giulio Paolini 22/4-18/5 Hidetoshi Nagasawa 20/5-24/6 Fondazione Sandretto Re Rebaudengo Ambient Tour 1/3-13/5 Promotrice delle Arti Tabusso-Pittore di Torino 15/3-20/5 Palazzo Madama Sulla via di Alessandro, da Seleucia a Gandhara 27/2-27/5 Palazzo Bricherasio I Macchiaioli, sentimento del vero 16/2-10/6
Trento Castello del Buonconsiglio Ori dei cavalieri delle steppeCollezioni dai Musei dell’Ucraina 1/6-4/11
Venezia Palazzo Grassi
110 l’ARCA 224
Centro Internazionale di Fotografia Scaligeri Meditation... Navigation – Jerry Uelsmann 1961-2006 17/2-15/4
Vighizzolo d’Este (Padova) Il Laboratorio La farina e il fuoco Fino al/through 31/5
Lussemburgo / Luxembourg Luxembourg Mudam Michel Majerus Fino al/through 7/5
Olanda / Holland Arnhem The Netherlands Gallery/Berengo Studio Ego Center – Opere di Ursula Huber 25/3-14/4
Groningen Groninger Museum Akseli Gallen-Kallela (1865-1931): The Spirit of Finland Fino al/through 15/4 Osmala Rauhala 17/2-3/6
Rotterdam Kunsthal Kollywood Billboards 20/1-28/5
Land Ho! The world according to Vingboons in the 17th century 27/1-15/4 Long Live the Art of Painting! Back to the Figure! 17/2-6/5 Willem Roelofs-The breath of nature 17/3-13/5 Opium-The Black Perfume 28/4-8/7 Max Liebermann 23/6-16/9
Principato di Monaco Principality of Monaco Montecarlo Salle Quai Antoine 1er Glowbowl, opere dalla Collezione Sandretto Re Rabaudengo 10/3-8/4
Spagna / Spain Barcelona MACBA Janet Cardiff-George Bures Miller: The Killing Machine and Other Stories 2/2-1/5 Manolo Languillo: Barcelona 1978-1997… 2/3-6/5 Carlos Pazos 9/3-6/5 Un teatre sense teatre 25/5-11/9
Bilbao Museo de Bellas Artes The Spanish Portrait in the Prado Museum: From El Greco to Goya 5/3-20/5 Morquillas: L’Air du temps 12/3-27/5 Kiss Kiss Bang Bang: 45 Years of Art and Feminism 11/6-9/9
Madrid Museo Thyssen El Espejo y la Mascara: El Retrato al siglo de Picasso 6/2-20/5
Svezia / Sweden Stockholm Moderna Museet William Kentridge-Fragments for Georges Méliès-Black Box 3/2-15/4 Robert Rauschenberg: Combines 17/2-6/5 Karin Mamma Andersson 5/5-5/8 Ten Stories – Swedish Art from the Early 20th Century 2/6-9/9 Lars Tunbjörk, Photography 1/9-9/12
Svizzera / Switzerland
Carte blanche à attitudes 16/3-5/5
Lugano Galleria Gottardo Albert Steiner 31/1-12/4
Natural History Museum Pavilion of Wings 15/4-3/9
National Gallery of Art Jasper Johns: An Allegory of Painting 1955-1965 28/1-29/4
Miami Beach
Fondation Pierre Gianadda Picasso e il circo 9/3-10/6
New York
Centre pour l’Image Contemporaine Elina Brotherus: The new painting Jonah Freeman 3/5-24/6 12e Biennale de l’image en mouvement 12/10-20/10 Exposition BIM 12/10-16/12
USA Atlanta High Museum Kings as Collectors Fino al/through 7/9
Austin Blanton Museum of Art The Geometry of Hope: Latin American Abstract Art from the Patricia Phelps de Cisneros Collection 20/2-22/4
Bellevue Art Museum Turning Wood into Art: The Jane and Arthur Mason Collection Fino al/through 8/4 William Morris: Native Species Fino al/through 29/4 Barbara Cooper, re:Growth 16/1-22/4
Boston
Guggenheim Hugo Boss Prize 2006 23/2-6/6 Divisionism/Neo-Impressionism: Arcadia to Anarchy 27/4-6/8 Dia:Beacon An-My Le Fino al/through 3/9 MoMA Out of Time: Contemporary Art from the Collection Fino al/through 9/4 Rossellini on Papert Fino al/through 9/4 Armando Reverón 11/2-16/4 Jeff Wall 25/2-14/5 Comic Anstraction: ImageBreaking, Image-Making 4/3-11/6 Eye on Europe: Prints, Books & Multiples, 1960 to Now Fino al/through 1/7 Richard Serra Sculpture: Forty Years 3/6-10/9 Whitney Museum of American Art Gordon Matta Clark 22/2-7/6 Lorna Simpson 1/3-6/5 Casa Sicilia Stati Uniti d’America/Empire State Building Claudio Arezzo di Trifiletti: Imprints 9/4-22/4
Philadelphia
ICA-Institute of Contemporary Art Philip-Lorca di Corcia 26/1-29/4 Super Vision Fino al/through 29/4 Anish Kapoor 25/5-26/8
ICA Karen Kilimnik Contemporary Art and the Art of Curating Phoebe Washburn 21/4-5/8
Chicago
Salem
Art Institute Eugène Delacroix and North Africa Fino al/through 13/4 Young Chicago Fino al/through 29/4 Cézanne to Picasso: Ambroise Vollard, Patron of the Avant-Garde 17/2-12/5 Stories from the Silk Road Fino al/through 28/5 Art of the Islamic World: Unity and Diversity Fino al/through 30/6
Peabody Essex Museum Joseph Cornell: Navigating the Imagination 28/4-19/8 Perfect Imbalance, Exploring Chinese Aesthetics 19/5-17/5/2009
Denver
Kunstmuseum Basel Art Basel 13/6-17/6
Art Museum Radar Fino al/through 15/7 Japanese Art Fino al/through 29/7 Breaking the Mold Fino al/through 19/8
Espace d’arts contemporains
Washington
Art Basel/Miami Beach 6/12-9/12
Saint Gervaise (Ginevra)
+ europaconcorsi
Los Angeles
Martigny
Basel
Ginevra
AGENDA
San Diego Mingei International Museum Treasures from Kazakhstan Fino al/through 15/4
Seattle Asian Art Museum Shirin Neshat: Tooba Fino al/through 1/7 On Nature and Friendship: Modern Chinese Paintings 15/2-29/7
Fiere e saloni specializzati Trade fairs and exhibitions
Cina / China Beijing Beijing Exhibition Centre Building Materials Building Systems Salone internazionale dei materiali e dei sistemi da costruzione International trade fair of building materials and systems 10/5-13/5 Per informazioni: CCPIT Building Materials Sub-council 11 Sanlihe Road Haidian District Beijing 100831 Tel. +86 10 68317747 Fax +86 10 88365650 Internet: www.chinabuilding.org E-mail: jiangdengkun00@163.com
Emirati Arabi Uniti / UAE Dubai International Convention Center Alumex Mostra internazionale delle tecnologie dell’alluminio International trade fair of aluminium technologies 22/4-24/4 Per informazioni: Edimet Spa - Multimedia Network in the World of Metals Tel.+39 030 2421043 Fax +39 030 223802 Internet: www.alumex.com E-mail: chiara.torri@edimet.com
Francia / France Grenoble Alpexpo Salon Européen du Bois Salone internazionale del casa e degli interni in legno/International trade fair of wood house and interiors 19/4-22/4 Per informazioni: Internet: www.salonsonline.com/data/event20.html
Paris Porte Versailles Ecobuilding Performance Salone professionale internazionale dell’energia, performance ambientale, architettura sostenibile/International professional trade fair of the energy, environmental performance, sustainable architecture 18/9-20/9 Per informazioni: Exposium Elodie Chauderlot Tel. +33 1 49685662 Internet: www.ecobuilding-performance.com E-mail: elodie.chauderlot@exposium.fr
Giappone / Japan Tokyo International Exhibition Center Big Sight International Homefashion Fair Salone internazionale della casa International home trade fair 4/4-6/4 Per informazioni: Business Guide-Sha 2-6-2 Kaminarimon, Taito-ku Tokyo 111-0034 Tel. +81 3 38439852 Fax +81 3 38439850 Internet: www.ihf-fair.com E-mail: d-haga@giftshow.co.jp
India Nodia / New Delhi Expo XXI ICON Salone internazionale della costruzione e del contracting International trade fair of construction and contracting 3/5-5/5 Per informazioni: Expomedia International Sales Meridien House 69-71 Claredon Road Watford, Herfordshire WD17 1DS, UK Tel. +44 208 3873200 Fax +44 208 3873201 E-mail: hande-biber@eme-uk.com
Italia / Italy Milano Fiera Milano Rho Salone Internazionale del Mobile Euroluce Salone Internazionale del Complemento d’Arredo Saloni internazionale del mobile, dell’illuminotecnica e dei componenti International trade fairs of furniture, lighting technology and furniture complements 18/4-23/4 Per informazioni: COSMIT spa Foro Buonaparte 65 20121 Milano Tel. +39 02 725941 Fax +39 02 89011563 Internet: www.cosmit.it E-mail: info@cosmit.it
Verona Fiera Green Building Solarexpo Mostre convegno internazionale su efficienza energetica e architettura sostenibile International exhibitions and conference of energy efficiency and sustainable architecture 19/4-21/4 Per informazioni: Internet: www.greenbuildingexpo.eu, www.solarexpo.com E-mail: segreteria@greenbuildingexpo.eu, segreteria@solarexpo.com
Libano / Lebanon Beirut
International trade fair of building, construction, electricity, infrastructures, technology, security, agriculture, healthcare 12/6-16/6 Per informazioni: IFP Expo Tel. +961 1 485555 Fax +44 20 71066112 Internet: www.ifpexpo.com E-mail: rebuildlebanon@ifpexpo.com
Repubblica Ceca Czech Republic Brno Central European Exhibition Centre IBF Salone internazionale dell’edilizia International Building Fair 17/4-21/4 Per informazioni: BVV Trade Fairs Brno Vystaviste 1 CZ-64700 Brno Tel. +420 541 152888 Fax +420 541 152889 Internet: www.ibf.cz E-mail: idf@bvv.cz
Spagna / Spain Barcelona Fiera Construmat Salone internazionale dell’edilizia International trade fair of the building industry 14/5-19/5 Per informazioni: Expo Consulting Via Riva Reno 56 40122 Bologna, Italia Tel. +39 051 6493189 Fax +39 051 6493242 Internet: www.construmat.com E-mail: info@expoconsulting.it
Madrid Feria de Madrid Feria Internacional del Mueble Salone internazionale del mobile International trade fair of furniture 11/4-16/4 Per informazioni: Feria de Madrid 28042 Madrid Tel. +34 91 7223000 Fax +34 91 7225804 Internet: www.mueble-madrid.ifema.es E-mail: mueble-madrid@ifema.es
USA New York Jacob Javits Convention Center Lightfair International Salone internazionale e convegno sull’illuminazione in architettura International trade show and conference on architectural and commercial lighting 6/5-7/5 Per informazioni: Light Fair International 240 Peachtree Street NW, Suite 2200 Atlanta, Georgia 30303 Tel. +1 404 2202221 Fax +1 678 6865261 Internet: www.lightfair.com E-mail: info@lightfair.com
BIEL-Beirut International Exhibition and Leisure Centre Rebuild Lebanon Salone internazionale della costruzione, elettricità, infrastrutture, tecnologia, sicurezza, agricoltura, salute
224 l’ARCA 111
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FINLAND Akateeminen KirjakauppaThe Academic Bookstore P.O.Box 23 SF-00381 Helsinki Tel. 01.1214330
FRANCE (l’Arca International) Paris L’arbre à lettres 56, Faubourg Saint-Antoine, 75012 Tél. 01 53338323, Fax 01 43420434 Librairie Le Moniteur 15-17, rue d’Uzès, 75002 Tél. 01 40133380 Fax 01 40136063 Librairie Le Moniteur 7, Place de l’Odéon, 75006 Tél. 01 43254858 Fax 01 40518598 Lyon Librairie Le Moniteur 125, rue Vendôme, 69006 Tél. 04 72757717 Fax 04 78520216
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GREAT BRITAIN Central Books 99 Walls Road London E9 5LN Tel. 0044.20.8525.8825 Fax 0044.20.8533.5821 John Wiley & Sons Ltd. Ealing Broadway Centre
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