Arca 271

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Luglio/Agosto July/August

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La rivista internazionale di architettura, design e comunicazione visiva The international magazine of architecture, design and visual communication

FORMAZIONE EDUCATION GUEST EDITOR

MAKOTO SEI WATANABE Mensile Monthly Testo italiano e inglese Italian and English text IVA assolta dall’editore - Periodico mensile - Poste Italiane Spa Sped. in A.P. D.L. 353/03 (conv. in L. 27.02.04, n° 46), art. 1, c. 1, - LO/MI






Ipertesto

Solare

UNIONE ECCELLENTE

PER MODULI FOTOVOLTAICI

DALLA SPAGNA

www.elettrotegola.it www.brianzaplastica.it www.solarday.it

www.brandonisolare.com

www.solariaenergia.com

Operative nella provincia di Monza Brianza, Solarday e Brianza Plastica, leader riconosciute nel rispettivo settore produttivo, hanno unito le proprie capacità ed esperienze per creare soluzioni innovative al servizio delle energie rinnovabili. Nello specifico Solarday è specializzata nella produzione di moduli fotovoltaici in silicio mono e policristallino, mentre Brianza Plastica, nata nel 1962 con la produzione di laminati in vetroresina, attualmente con Isotec, è il riferimento di spicco nel settore dei termoisolanti sottotegola. Ha richiamato massima attenzione la presentazione, alla scorsa edizione di Solarexpo, l’evoluzione potenziata a 75Wp di Elettrotegola, il pannello fotovoltaico a totale integrazione architettonica per tetti a falda introdotto sul mercato nel 2008 da Brianza Plastica. La nuova progettazione dimensionale consente infatti a Elettrotegola di integrarsi perfettamente con qualsiasi tipologia di tegola europea (marsigliese, portoghese, romana, doppia romana, coppo e altro) adattandosi alle nuove e alle preesistenti costruzioni, senza necessità di modificare la copertura. I moduli fotovoltaici Elettrotegola realizzati da Solarday, assicurano la stessa resistenza agli agenti atmosferici delle coperture a tegola, alle quali vengono sostituiti anziché sovrapposti, diversamente quindi dagli altri sistemi fotovoltaici tradizionali.

Il nuovo Dispositivo di Sicurezza MPS per moduli fotovoltaici Brandoni Solare, è stato realizzato in collaborazione con la società svizzera Esmolo Ltd e testato dagli ingegneri di una prestigiosa università svizzera. Il prodotto si distingue poiché, oltre a proteggere i moduli dai furti, disabilita la generazione di energia da parte di ogni singolo modulo in caso d’incendio, controlla la temperatura del sistema e protegge i moduli dalle sovraestensioni e dai danni causati dai fulmini. Si tratta di una eccezionale novità nel panorama “sicurezza” relativa ai moduli fotovoltaici, poiché è la prima azienda che consegna, in abbinamento agli stessi, un dispositivo capace di garantire altissimi standard di protezione moduli. Infatti il sistema MPS (Module Protection System), costituito da un’elettronica intelligente integrata all’interno della scatola di giunzione installata sul modulo, permette di controllarne la temperatura. In caso di superamento dei limiti impostati nel sistema, l’elettronica provvede a cortocircuitare il modulo stesso.

EVOLUZIONE SOLARE www.wagner-solar.com

PRESENZA RILEVANTE www.martifersolar.com

Unico produttore di celle e moduli fotovoltaici spagnolo quotato in Borsa, Solaria Energia y Medio Ambiente si distingue tra i leader del settore energie rinnovabili anche sul mercato italiano, al quale si propone mediante una propria sede a Genova. Infatti Solaria Italia, nel corso del 2010, ha in attivo l’installazione e il collegamento alla rete di circa 23 MVp impianti che, realizzati per il territorio italiano nel quale Solaria ha investito direttamente, sono stati progettati e interamente costruiti dalla società spagnola. Ha inoltre introdotto attualmente sul canale distributivo italiano più di 60 MWp di pannelli fotovoltaici, incoraggiando la società a sostenere pianificazioni per successivi investimenti mediante l’offerta della nuova serie dei moduli S6M 2G e S6P 2G, nonché mediante nuove opportunità di lavoro capaci di rafforzare il proprio staff e le proprie partnership. Oltre a produrre celle e moduli nei due stabilimenti spagnoli di Fuenmayor e Puertollano, dove ha sede anche il centro di ricerca e sviluppo, Solaria investe direttamente nel fotovoltaico costruendo parchi fotovoltaici di proprietà. A conferma della qualità di una vastissima e internazionalizzata produzione e delle proprie sofisticate realizzazioni, Solaria offre le seguenti garanzie: dieci anni su materiali e manodopera, assicurando che il rendimento energetico dei propri moduli produrrà almeno il 90% della potenza nominale nei primi 10 anni, e almeno l’80% nei 15 anni successivi, per una garanzia di potenza di ben 25 anni.

DIMOSTRARE ECCELLENZA www.enfinity.it

A conferma dell’importanza di Solarexpo, quale evento dedicato alla sostenibilità energetica e alla green economy, Martifer Solar si è distinta per la propria presenza evidenziandosi e condividendo lo stand con la consociata MPrime, specializzata nella distribuzione di componente per il settore fotovoltaico. Quale elemento di forte riferimento, realizzato in scala reale, si è rivelata “Smartpark”, una pensilina fotovoltaica metallica da parcheggio che risponde efficacemente alle esigenze delle aree di parcheggio esterne, producendo energia pulita. Di ottimo design, solida e qualificante, MPrime di Martifer Solar nasce in Portogallo, e ha in attivo il superamento di oltre 130 MW che, installati in tutto il mondo nel corso del 2010, ne dimostrano l’affidabilità e il rispetto per l’ambiente naturale.

Assolutamente compatto e formalmente ottimo nel design, il sistema solare a drain-back Secusol di Wagner&CO si distingue e impone nel mercato di settore per la tecnologia avanzata, consentendo una soluzione “all in one” che, a rapido e facile montaggio, è in grado di soddisfare ogni esigenza di acqua calda, escludendo il surriscaldamento e gli attacchi del gelo. Protetto da brevetto e qualità innovativa, Secusol garantisce prestazioni perfette nel corso del tempo, forte del sistema a drainback, un principio di funzionamento studiato per dare soluzioni sicure ai tipici problemi delle installazioni a circolazione forzata. Viene assicurata protezione all’impianto in qualsiasi condizione climatica, e sono esclusi i pericoli di stagnazione nel collettore allorché si vuota del fluido solare quando la centralina ferma la pompa. E’ stata inoltre considerata l’ottimizzazione dello spazio di attribuzione, e sono stati assolutamente semplificati i successivi interventi di manutenzione. Le operazioni di installazione di Secusol sono particolarmente semplici ed esteticamente ben risolte poiché, ad impianto ultimato, l’unico elemento in vista resta il collettore dai raffinati riflessi blu, mentre il serbatoio, privo di valvolame addizionale, è facilmente inseribile in ambito domestico.

A dimostrazione delle proprie eccellenze, Enfinity Italia, branch della multinazionale belga considerata tra i leader di riferimento mondiale nel settore delle rinnovabili, ha avviato i lavori di un progetto fotovoltaico in Molise che assicurerà la produzione di energia da fonte solare al gruppo bancario ABM AMBRO. Denominata “Sesma”, l’installazione (da 2,9 MWp) è costituita da tre impianti a terra e produrrà 3.670 MWh di energia l’anno, pari al consumo approssimativo di 1.200 famiglie, assicurando una riduzione di emissioni CO2 per circa 1,948 tonnellate annuali. Enfinity, quale EPC Contractor, segue la totale realizzazione del progetto nonché la gestione e manutenzione per i successivi 20 anni, mediante un contratto di Operation & Maintenance.


Ipertesto A KM ZERO

Solare ECCELLENZA FOTOVOLTAICA POLICRISTALLINA

www.sundropskeeper.com

PER FINESTRE E FACCIATE www.schueco.it

www.silfab.eu

Realizzati in Friuli Venezia Giulia da Energy System, seguendo il modello della filiera corta, i pannelli fotovoltaici a “Km 0” rappresentano il “Fotovoltaico Friulano DOP” secondo un modello di attività promosso dal Gruppo Energy System, che ha investito nelle energie rinnovabili valorizzando il territorio ed evidenziandosi particolarmente nell’ultima edizione di Solarexpo. Nello specifico, questi pannelli fotovoltaici in silicio policristallino 100% Made in Italy sono progettati e installati dall’azienda assicurando consulenza completa rispetto a ogni aspetto economico, finanziario, giuridico e tecnico connesso alla realizzazione dell’impianto. L’intero processo produttivo del pannello si svolge presso la sede dell’azienda, usufruendo di una linea altamente automatizzata (lunga 52 m) controllata e gestita da manodopera specializzata. Il modulo fotovoltaico viene quindi a costituire l’“anima” degli impianti fotovoltaici venduti direttamente dalla società tramite la propria rete di vendita sul territorio, garantendo conoscenza del territorio, contatto diretto con i clienti, assistenza completa ed efficace pre e post installazione.

INNOVAZIONE ED ECOLOGIA www.electrosolar.it

I nuovi moduli Silfab SLA 245P e SLG290P, rappresentano l’eccellenza della tecnologia fotovoltaica policristallina a 3 bus bar. Infatti i moduli SLA 245P con potenza di 245 Wp, realizzati con 60 celle ad alta efficienza da 156x156 mm in silicio policristallino, sono ideali per l’utilizzo in impianti connessi alla rete elettrica, sia di piccole o di grandi dimensioni. A garanzia di un incremento delle performance rispetto ai modelli precedenti, è anche considerato l’utilizzo di celle a 3 bus bar che permettono la riduzione delle perdite ohmiche del modulo e l’aumento della potenza media di uscita. Con dimensioni 1650x990x38 mm e 19 Kg di peso, il modulo SLA occupa un’area di 1,63 mq, consentendo di ottimizzare il rapporto spazio/ rendimento. Ai vertici della potenza anche i moduli SLG 290P con potenza 290 Wp che, realizzati mediante 72 celle, consentono migliori prestazioni del campo fotovoltaico, assicurando performance che rilevano un’efficienza del 14,90%. L’area occupata per ciascun modulo è pari a 1,95 mq, con dimensioni1970x990x38 mm e 23 Kg di peso.

I moduli per finestre e facciate Schüco ProSol TF sono utilizzabili in numerose tipologie di finestrature, facciate ventilate o vetrate, nonché per schermature solari, e vengono realizzati anche in grandi formati. Il film sottile fotovoltaico ProSol TF viene inserito all’interno della stratigrafia dell’elemento vetrato (disponibile in versione stratificata o in vetrocamera) costituito da un vetro base float di 3,2 mm di spessore, sul quale sono stati deposti diversi strati di materiale semiconduttore che compongono il film sottile fotovoltaico. Il processo di realizzazione del substrato è un processo di deposizione sottovuoto su substrato di vetro ultrachiaro ricoperto da ossidi trasparenti conduttori. A protezione posteriore del substrato in film sottile, viene posto un secondo vetro scelto tra varie tipologie e spessori. Il deposito in silicio amorfo potrà avere un grado di trasparenza (dal 5% al 40%) ottenuto tramite l’asportazione dello stesso deposito mediante utilizzo di tecnologia laser. La potenza varierà secondo il grado di trasparenza.

CON CERTIFICAZIONE UL 1703 www.onyxsolar.com

SISTEMI PER APPLICAZIONI FOTOVOLTAICHE www.metra.it A dimostrazione del proprio impegno per innovazione tecnologica e attenzione ai valori ecologici, Electro Solar ha messo a punto THOR UDV, versione customizzata con moduli fotovoltaici di propria produzione di un veicolo assolutamente speciale. Si tratta di un mezzo di trasporto prodotto da Fornasari, casa automobilistica artigianale italiana di lusso, in collaborazione con AstroBionix; società austriaca specializzata nell’utilizzo di tecnologia spaziale per usi a “terra”. Ed è la tecnologia fotovoltaica che alimenta i satelliti, la Stazione Spaziale e i veicoli di esplorazione planetaria, quella applicata ai veicoli Fornasari-Electro Solar. Infatti è stato installato su questo mezzo di trasporto un kit fotovoltaico da 0,5 kWp, con moduli fotovoltaici custom alta efficienza di Electro Solar, realizzati con un particolare tedlar trasparente e con trattamento molecolare, una batteria supplementare per un accumulo di carica pari a 400 Ah e un Inverter Sinusoidale da 1000 W – 220 Vac. Il kit fotovoltaico permette l’alimentazione di accessori in 12/24Vac, per sistemi di navigazione, telefonia satellitare, strumentazione medica di bordo, trasporto kit vaccini e illuminazione esterna supplementare. THOR UDV, realizzato per competizioni sportive nel deserto, risponde anche a scopi umanitari in luoghi impervi.

In occasione di Solarexpo 2011, Metra ha richiamato l’attenzione dei visitatori e degli operatori di settore (prevalentemente cinesi e tedeschi) per la vastità di offerte in termini di sistemi per applicazioni fotovoltaiche (Poliedra-Sky 50, Frangisole, Urano Wall, ModulEnergy). Tra questi si è imposta e particolarmente evidenziata la struttura della veranda realizzata con il sistema Poliedra-Sky 50, che ha dato spicco ai pannelli serigrafati fotovoltaici del partner Energy Glass. L’occasione ha consentito a Metra di proporre anche altre novità in partnership con aziende leader di settore, quali il prototipo FVR System, campione di frangisole fisso, e i pannelli Laminam, modulo ceramico di soli 3 mm di spessore.

Ideati per la stazione di transito rapido Union City di San Francisco, i vetri fotovoltaici, disegnati in maniera specifica dalla Onyx Solar per questo esclusivo progetto, ottengono la certificazione UL 1703 e la California Energy Commission (CEC) a comprova della sicurezza di resa, della qualità del prodotto e del sistema fotovoltaico. Il vetro viene realizzato mediante utilizzo di cellule fotovoltaiche di silicio mono cristallino che, incapsulate tra due vetri e interconnesse tra loro, consentono alla pensilina di convertirsi in produttrice di energia elettrica pulita e gratuita, integrando sistematicamente funzione e progettualità architettonica.


ACTIVE Clean Air & Antibacterial CeramicTM si ottiene con l’applicazione a temperatura elevata di particelle micrometriche di biossido di titanio (TiO2) che, sfruttando il processo di fotocatalisi, permette di realizzare lastre in porcellanato superiore per rivestimenti a pavimento e parete, antinquinanti e antibatteriche, che concorrono in modo efficace a migliorare la qualità della vita. La riduzione dell’inquinamento atmosferico e l’azione battericida del biossido di titanio (TiO2) sono largamente documentati e unanimemente riconosciuti dalla comunità scientifica, come dichiarato anche da Jennifer Ariss, ricercatrice scientifica del TCNA. Con ACTIVE, Fiandre e Iris Ceramica hanno trasferito le proprietà del TiO2 sulle proprie lastre in porcellanato per rivestimenti a pavimento e parete, potenziandone gli effetti attraverso un’innovativa metodologia produttiva. Questi risultati sono stati attestati dal TCNA (Tile Council of North America) e dal Centro Ceramico Bologna (Italian Ceramic Center). www.active-ceramic.com, www.floornature.com

GranitiFiandre spa via Radici Nord, 112 42014 Castellarano (RE) Italy www.granitifiandre.com

Iris Ceramica spa via Ghiarola Nuova, 119 41042 Fiorano Modenese (MO) Italy www.irisceramica.com



Where the

World's Property Leaders Converge

in Asia Pacific

Punto d’incontro tra investitori e sviluppatori della regione Asia-Pacifico

15-17 November 2011 Hong Kong Convention & Exhibition Centre

Pensato appositamente per voi architetti, MIPIM Asia e l’ARCA vi invitano a partecipare al ‘Padiglione degli Architetti’. Un occasione unica per incontrare più di 350 società di investimento e sviluppo immobiliare. Presentate il vostro studio a 2,000 key players del settore immobiliare, provenienti da 40 paesi.

Partecipazione con stand a partire da €3,800: Stand allestito e biglietti d’ingresso Pagina pubblicitaria nella riviste di esculisivi partners stampa Pagina pubblicitaria nella guida MIPIM Asia Messa a disposizione della sala conferenze AGORA per presentazione Articolo redazionale nel MIPIM Asia Preview Inserzione dei vostri dati nella Online Community e MIPIM Asia Guide

Per maggiori informazioni contattare leopoldo.ferri@reedmidem.com


2011

SAIENERGIA INTEGRATING WITH ENERGY Renewable energy and energy efficiency at the largest building exhibition

Viale della Fiera, 20 - 40127 Bologna (Italy) - Ph +39 051 282111 - Fax +39 051 6374013 - www.saienergia.bolognafiere.it - saie@bolognafiere.it


Ipertesto

a cura di Alda Mercante

Dedicate a Juliet www.fondazionemarconi.org

Man Ray, da The Fifty Faces of Juliet 1941/1955, fotografia, vintage print, 25,3x20 cm, 1948.

Fino al 29 luglio, presso la Fondazione Marconi di Milano, è in corso la mostra “The Fifty Faces of Juliet”, di Man Ray. Si tratta di una collezione costituita da cinquanta fotografie scattate tra il 1941 e il 1955 da Man Ray alla moglie Juliet, che evocano e rivelano il trasporto e gli impulsi di un talento che omaggia di tutte le sue risorse la persona più amata. Sono compresi cinquanta atteggiamenti differenti di Juliet, che la ritraggono mentre suona il violino piuttosto che in pose da modella o in atteggiamenti curiosi. Emerge la particolare attenzione che Ray riserva alle mani della modella, sia se nude e messe in primo piano, sia con guanti o esposte con particolari giochi luminosi. L’album in questione ha carattere sperimentale e raccoglie le molte ricerche relative alla luce, quali la solarizzazione, la resinatura, il sovrasviluppo e le grane ottenute in fase di scatto o di stampa. Molti degli scatti sono stati ritoccati con pastelli colorati e si ritrova l’uso della carta velina o altri tipi di carta semi trasparente utilizzati nello sviluppo del negativo in camera oscura. Le fotografie hanno una lunga storia, legata alla promessa di evidenziarle in un’edizione. Giorgio Marconi riuscì infatti a concordare la realizzazione del libro con una modifica che sostituiva, per volontà di Juliet, una foto con un’altra. La successiva edizione, distribuita in mostra, riporta invece la successione integrale delle foto come concepita da Man Ray.

Riscontri nella Milano risorgimentale www.brera.beniculturali.it

Francesco Hayez, Il bacio, olio su tela, 112x88 cm,1859.

Fino al 25 settembre, presso la Pinacoteca di Brera a Milano, è in corso la mostra “Hayez nella Milano di Manzoni e Verdi” che, inserita nell’ambito delle iniziative dedicate alle celebrazioni per l’Unità d’Italia, si distingue perché particolarmente significativa nel contesto artistico e culturale ottocentesco, e quale riferimento imprescindibile per la storia d’Italia. Infatti Milano viene riconosciuta come centro prioritario di quel periodo per l’editoria, la produzione d’arte e il relativo mercato, nonché per il collezionismo e l’attività musicale segnata soprattutto dal melodramma diventato gloria internazionale. E, quali massimi esponenti di riferimento si distinguono Alessandro Manzoni, Francesco Hayez e Giuseppe Verdi; riconosciute icone del tempo e modello letterario, pittorico e musicale. La mostra, curata da Fernando Mazzocca, Isabella Marelli, e Sandrina Bandera, indica nel complesso di Brera, con l’Accademia, la Pinacoteca, la Biblioteca Braidense e le altre istituzioni, nonché con il Teatro alla Scala e i centri dell’editoria letteraria e musicale milanese, come la nota Casa Ricordi, le sedi operative e propulsive di queste attività. In mostra una serie di capolavori di Hayez, ispirati ai testi di Manzoni, che raffigurano i temi di alcuni fra i più popolari melodrammi di Verdi, come i Lombardi alla prima Crociata, I Vespri e I due Foscari, nonché i ritratti dei tre protagonisti e dei personaggi a loro più vicini. E’ disponibile il catalogo storico ed esaustivo del periodo, edito da Skira.

Poliedricità creativa www.museiciviciveneziani.it

Julian Schnabel, Untitled (di che pasta sei fatto), olio e gesso su poliestere, 269,2x223,5 cm, 2009 (Collezione Barilla d'Arte Moderna, Parma; Courtesy Marco Voena).

Il Museo Correr di Venezia ospita, fino al 27 novembre, una rassegna dedicata a Julian Schnabel, noto artista newyorkese la cui creatività poliedrica viene evidenziata nella mostra “Permanently Becoming. Julian Schnabel and the Architecture of Seeing”. L’evento, prodotto e organizzato da Arthemisia Group in collaborazione con la Fondazione Musei Civici di Venezia, è stato curato da Norman Rosenthal che ha disposto di oltre quaranta opere dell’artista eseguite tra gli anni Settenta ad oggi. La retrospettiva, costituita da dipinti e sculture, ha richiami in Jackson Pollock e Cy Twombly, nonché allusioni letterarie e culturali a grandi maestri spagnoli e italiani del passato e attuali. L’artista si distingue anche per genialità e creatività nell’utilizzare materiali diversi nelle proprie opere. Pittore, scultore e regista di fama internazionale, Schnabel si impone per i propri impulsi espressivi e singolarità metaforica che, dalla pittura, raggiungono differenti contesti artistici sino a quello cinematografico, dove dà saggi del proprio talento come regista di film suggestivi tra i quali Basquiat nel 1996. Si qualifica inoltre vincitore del premio Grand Jury nel 2000 al Festival di Cannes con Prima che sia notte. Seguono i film Lo Scafandro e La Farfalla del 2007 (vincitore come miglior regista al Festival di Cannes), distinguendosi per l’interiorità creativa e artistica che pervade ogni espressività.


Ipertesto Premio contemporaneo www.acaciaweb.it

Lara Favaretto davanti a una sua opera.

Giunto alla nona edizione, il Premio Acacia 2011 (valore 20.000 euro) è stato assegnato a Lara Favaretto, già rivelatasi in personali importanti e per i numerosi premi ricevuti. L’opera dell’artista, destinata al futuro Museo di Arte Contemporanea a Milano, arricchisce la collezione Acacia già dotata di varie opere tra le quali spiccano le firme di Mario Airò, Maurizio Cattelan, Francesco Gennari e di altri artisti per un totale di 20 opere. Fondata nel 2003, Acacia – Associazione Amici Arte Contemporanea Italiana, già da allora aveva lo scopo di assicurare una collezione significativa al Museo d’Arte Contemporanea di Milano. Fondata e guidata da Gemma De Angelis Testa, conta attualmente un centinaio di soci tra i quali molti illustri collezionisti. Il Premio, dedicato all’arte contemporanea, ha cadenza annuale ed è assegnato dalla giuria dei soci, costituita da noti collezionisti, curatori indipendenti e rappresentanti di fondazioni e musei privati, ad artisti italiani under 40. Le 20 opere che costituiscono la collezione Acacia, attendono di essere inserite in una mostra ufficiale che le presenti al pubblico quale patrimonio a disposizione del Futuro Museo di Arte Contemporanea progettato da Daniel Libeskind.

Brera mai vista www.brera.beniculturali.it

Maestro di Pratovecchio, Madonna con il Bambino, 1445 ca.

Riprende alla Pinacoteca di Brera il ciclo di mostre che prevede la presentazione di uno o due dipinti poco noti conservati nei depositi, dei quali sono stati inseriti, in brevi volumetti, le immagini e la storia dagli esperti d’arte della Soprintendenza. E’ questa l’occasione che vedrà esposta, con il titolo “Pittura di Luce a Brera”, La Madonna con il Bambino del Maestro di Pratovecchio: un recente acquisto costituito da una piccola ma preziosa tavola realizzata attorno al 1445 dal Maestro di Pratovecchio. Si tratta di un dipinto importante, solo noto per una fotografia pubblicata da Roberto Longhi in un saggio dedicato all’autore, che solo recentemente è stato identificato con il nome di Giovanni di Francesco del Cervelliera, socio tra il 1440 e il 1442 di Filippo Lippi.

Concorso per la sostenibilità www.inu.it www.urbanpromo.it www.campagnaSEEitalia.it

La partnership attivata nel 2007 tra il Ministero dell'Ambiente e l'Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) nell’ambito della campagna “Sustainable Energy Europe (SEE)” prosegue attivamente per la promozione delle buone pratiche e la divulgazione di idee e iniziative nel campo della sostenibilità energetica applicata alla pianificazione urbanistica e al settore dell'edilizia. In particolare, è stata lanciata la quarta edizione del Concorso Nazionale “Energia sostenibile nelle città” promosso dai due Enti, proprio nell'ambito dell'attuazione della campagna SEE in Italia, relativamente ai settori della pianificazione e costruzione/ricostruzione urbana sostenibile. Al concorso possono partecipare soggetti pubblici e privati che si sono distinti nell’elaborazione di piani e progetti urbanistici attenti alle problematiche energetiche e alla sostenibilità dello sviluppo. L'obiettivo è stimolare un cambiamento esemplare nella produzione e nell'utilizzo dell'energia all'interno delle comunità urbane, nella direzione di modelli più sostenibili. Il Concorso si articola in tre sezioni:

sezione “A” Piani e metodologie; sezione “B” Progetti urbani energeticamente sostenibili; sezione “C” Urbanpromo Sustainable Energy. L'iscrizione alle sezioni “A” e “B” deve effettuarsi entro il 9 settembre, attraverso una domanda in carta semplice allegata al bando di Concorso (scaricabile dai siti www.inu.it, www.urbanpromo.it e www.campagnaSEEitalia.it). Nella sezione “C” saranno premiati i progetti più meritevoli sotto il profilo della sostenibilità energetica presenti nella mostra “Urbanpromo”, l'evento di marketing urbano e territoriale promosso dall'INU, giunto quest'anno alla sua ottava edizione, che si terrà a Bologna dal 9 al 12 novembre. Nella sezione è prevista una sotto-sezione dedicata al tema del Social Housing, al fine di far concorrere anche i progetti esposti nella preview “Urbanpromo Social Housing” che si terrà a Torino il 13 e 14 ottobre.


Ipertesto L’arte dei Graffiti www.grimandiforum.com

Il Grimandi Forum, nella suggestiva cornice del Principato di Monaco, accoglie fino al 19 luglio la mostra “L’Arte dei Graffiti: 40 anni di Pressionismo” (pressione della bomboletta aerosol e della strada) offrendo un’ampia panoramica di quest’arte alla ricerca di un proprio riconoscimento. Il corpus della mostra è costituito dalle collezioni di AlainDominique Gallizia e riunisce circa 400 opere su tela dei più grandi artisti degli anni Settanti e Ottanta che operano in Europa e negli Stati Uniti. Completa questo nucleo principale, una serie inedita di opere di Rimmel-Zee, importante maestro americano scomparso lo scorso anno, rivelando la sua influenza sul Pressionismo e su Jean-Michel Basquiat di cui fu uno dei maestri.

Crash (©Pierre Guillien)

Scoprire l’Albania www.zetagaleri.com

Alterazioni Video, Alternative Tirana, polaroid, 2010.

Nell’ambito del progetto “Arcipelago Balkani”, ideato da Claudia Zanfi e realizzato in collaborazione con l’Ufficio Cultura della Comunità Europea, il collettivo internazionale Alterazioni Video (Milano/ Berlino/ NYC) presenta fino al 20 luglio, presso la Zeta Galeri a Tirana, la mostra “Alternative Tirana”. Si tratta di un progetto con oltre 500 Polaroid scattate durante il soggiorno in terra albanese nell’estate del 2010. Durante il viaggio gli artisti hanno osservato la realtà prendendo vantaggio dalla distanza che li separa dall’essere abitanti del luogo. Questo stato mentale, di osservazione attiva e immaginifica, è quello in cui si ritrova ogni viaggiatore che in un Paese straniero è affascinato dalla realtà che lo circonda, forse proprio perché non riesce a comprenderla fino in fondo.

Foto di scena www.lugano.ch

Wim Wenders, The Million Dollar Hotel, film still, 2000.

Una mostra di fotografie di Wenders e della moglie Donata, dal titolo “Film Stills & Backstage, Fotografie di Wim e Donata Wenders” è in programma fino al 3 settembre a Villa Ciani di Lugano. Curata da Marco Franciolli, direttore del Museo d’Arte di Lugano, e Massimiliano Di Liberto, l’esposizione presenta una selezione di 286 immagini – a colori scattate dallo stesso Wenders e in bianco e nero dalla moglie Donata – che ricostruiscono la loro personale cronaca delle riprese di alcuni tra i film più rappresentativi del grande cineasta tedesco, come Al di là delle nuvole con Michelangelo Antonioni, Buena Vista Social Club, Million Dollar Hotel. All’interno del percorso espositivo verrà presentata la serie di fotografie inedite del suo ultimo lungometraggio Pina. Il documentario, dedicato a Pina Bausch (1940-2009), la più importante coreografa di danza contemporanea e una delle più grandi “rivoluzionarie” dell’arte del movimento corporeo, verrà proiettato, nel corso dell’estate al Cinestar di Lugano (via Ciani 100).

Musica e arti visive www.centropecci.it

Robert Longo, New York New Wave, Untitled, 1980/2000 (Galleria Mazzoli Modena).

Fino al 7 agosto il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato presenta “LIVE! L’arte incontra il rock”. La mostra curata da Luca Beatrice e Marco Bazzini racconta attraverso un suggestivo punto di vista come la storia dell’arte contemporanea e la storia del rock siano andate di pari passo contribuendo alla costruzione dell’universo culturale degli ultimi quarant’anni. Arti visive e musica, che nel tempo si sono incrociate e sovrapposte dando vita a un panorama coerente e unitario, sono infatti accomunate nella dimensione della performance che di volta in volta assume i contorni di una mostra o di un concerto. La mostra propone una lettura parallela e originale di alcuni di questi grandi eventi attraverso l’esposizione di dipinti, sculture, installazioni, videoclip, artwork, LP, opere grafiche, fotografie, riviste e film.


Ipertesto Premiato www.tizianalorenzelli.com

Foil, di Tiziana Lorenzelli, è un’idea che porta l’astrazione e la sperimentazione a un risultato concreto e assolutamente personalizzato, premiato con la Medaglia di Bronzo nella categoria Product Sustainable Design dell’International Design Award 2010 di Los Angeles. Infatti, l’idea è diventata un contenitore estroverso e creativo, generato da un solo e semplice elemento dalla forma geometrica e bidimensionale che, malleabile, tecnologicamente sofisticato e di basso costo, diventa oggetto multiuso quale un vaso per fiori e per Ikebana. Foil è la dimostrazione esemplificata della percezione creativa che conduce alla ricerca e allo sviluppo di soluzioni agili, propositive ed efficienti. Parliamo di un foglio costituito da diversi strati di alluminio e da uno di polietilene che, con l’aggiunta di una verniciatura esterna a protezione nel tempo, viene realizzato mediante un processo produttivo assolutamente sofisticato ed esclusivo. Ne consegue che i delicati e sottili fogli di alluminio, specchianti e decorati, si accoppiano e incollano per merito di tecnologie complesse che non danneggiano gli interventi decorativi. La forma di Foil viene determinata dalla creatività e volontà dell’utilizzatore che ne fa un oggetto di riferimento e d’uso a sua discrezione, creando il vuoto necessario. Il materiale di utilizzo è inoltre riciclabile nonché riutilizzabile.

Tra arte e design www.ottoluogodellarte.it

Carla Accardi, Mix Mirror I, specchio tondo di legno diam.70 cm, cornice composta da triangoli di legno sovrapposti lato 19 cm, 1981.

Fino al 31 luglio la Galleria Otto Luogo dell’arte di Firenze ospita “Megalopoli di Agneta Holst, storia di una collezione tra arte e design”. In mostra oltre trenta opere che fanno parte della collezione di Agneta Holst, anima di Megalopoli, storica galleria-atelier che aveva aperto a fine anni Settanta in Corso Europa a Milano. Fu in questo spazio, fucina di idee innovative, che Agneta, prima in Italia, coinvolse designer, artisti e architetti italiani di fama internazionale – tra cui Carla Accardi, Rosina Bianchi Piccoli, Paolo Buggiani, Enrico Castellani, Alik Cavaliere, Piero Dorazio, Mauro Lovi, Sandro Martini, Mimmo Paladino, Bobo Piccoli, Giò Pomodoro, Michelangelo Pistoletto, Ugo Marano, Mario Nigro, Gianni Pettena, Tarshito e Shama, Ettore Sottsass – nella progettazione e realizzazione di oggetti d'uso quotidiano. In mostra molti pezzi storici della collezione Megalopoli presentati al Salone del Mobile dalla fine degli anni Settanta fino a tutti gli anni Ottanta.

Visioni e processi www.fondazionegarrone.it

Loris Cecchini, Gaps (quanta canticum), 2009 (Courtesy Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Le Moulin).

La Fondazione Edoardo Garrone promuove e realizza a Genova la mostra personale di Loris Cecchini, aperta fino al 17 luglio, presso la Loggia degli Abati di Palazzo Ducale. In questa mostra si intrecciano i molteplici linguaggi usati da Cecchini: installazioni, sculture, opere interattive, fotografie, disegni, per un totale di circa una trentina di opere. Le opere di Cecchini sono caratterizzate da una dialettica costante tra natura e artificio, dove la trasfigurazione è l’elemento cardine; architettura dello spazio, materiali da costruzione, porzioni di natura, processi fisici, si manifestano in un rimando continuo, dando luogo a un indice di visioni e processi stratificati nelle opere. Un’emozionante avventura per chi visita la mostra, tra linguaggio artistico e immaginazione tecnologica; in una molteplice esperienza sensoriale, l’artista ricostituisce il rapporto tra arte, scienza e poesia.

Complessità formale www.anishkapoormilano.com

Anish Kapoor, C-Curve, scultura in acciaio, 2007.

Anish Kapoor è protagonista in due sedi espositive a Milano: la Rotonda di via Besana (fino al 9 ottobre) e la Fabbrica del Vapore (fino all’8 gennaio 2012) con una mostra, curata da Gianni Mercurio e Demetrio Paparoni. Un’installazione site-specific (alla Fabbrica del Vapore) e installazioni ambientali insieme a una selezione di opere recenti consentono di comprendere la complessità formale dei suoi lavori, che hanno rivoluzionato il modo di intendere la scultura. Realizzate prevalentemente in metallo o cera – quest’ultima sempre con la caratteristica tonalità di “rosso Kapoor”, queste sculture sono concepite in relazione con lo spazio che le accoglie. In particolare, la capacità del metallo di riflettere l’ambiente circostante consente alla scultura di entrare in relazione con lo spazio mutandone la percezione.


Ipertesto Rodin e gli ambasciatori www.musee-rodin.fr

Rodin, Baiser, marmo, 181,5 x112,5 x117 cm. © Musée Rodin (photo Christian Baraja)

La mostra presentata fino al 4 settembre al Musée Rodin di Parigi, propone una rilettura dell’opera di Rodin al fine di testimoniare la sua evoluzione tracciando un parallelo tra un centinaio di sculture dell’artista (1840-1971) e una trentina d’opere moderne e contemporanee successive al 1945. Da Marchel Duchamp a Urs Fischer, passando per Joseph Beuys, Bruce Nauman o Ugo Rondinone, ognuno di questi artisti si fa “ambasciatore” di un sguardo sul mondo, sull’opera di Rodin e sulle opere del presente come del passato.

Grande Sud www.consejodelacultura.cl/portal/galeria/text/text3027.pdf

Fernando Prats, Gran Sur, Base Antartica Arturo Prat, Isola Greenwich. tubo al neon, struttura in legno, cavo, alluminio e generatore di corrente. Dimensioni variabili, 2011.

Fernando Prats rappresenta l’anima più profonda e vissuta della geografia e della storia cilena alla prossima 54. Esposizione Internazionale D’ Arte – La Biennale di Venezia con il progetto “Gran Sur”, che si potrà visitare fino al 27 novembre. L’esposizione è costituita da tre opere: un intervento sull’impatto dell’eruzione vulcanica a Chaiten (2008); varie parti che si riferiscono al terremoto che ha colpito le zone del centro sud del Cile (2010); e un’installazione con lettere al neon che riproduce l’annuncio che l’esploratore irlandese Ernest Shackleton avrebbe pubblicato, intorno al 1911, per reclutare uomini per la sua spedizione nell’Antartico. Prats produce immagini iniziando dal fumo, mediante il quale riesce a sedimentare fenomeni naturali quali l’acqua espulsa da un geyser o la superficie di un immenso ghiacciaio. La sua tecnica è stata notata da personaggi del calibro del teorico francese Paul Ardenne che da poco ha incluso l’opera di Fernando Prats nell’attuale esposizione presso lo Spazio Louis Vuitton di Parigi, elogiandolo per aver dato inizio a “una forma inedita di pittura”.

Mipim Asia 2011, Hong Kong www.reedmidem.com

Esplorare e approfondire i meccanismi e le strategie operative del mercato immobiliare asiatico, confrontarsi con i principali attori del settore, allacciare nuove parterniship e avviare nuove transazioni con i più importanti operatori, ma anche scoprire le tendenze future, i progetti più innovativi, gli assetti economici che li generano, offrire spunti preziosi per avviare nuove iniziative e pratiche di intervento, si fonda su questi presupposti il MIPIM Asia, un evento unico rivolto ai professionisti dell’immobiliare dell’area Asia-Pacifico. Dal 15 al 17 novembre, l’Hong Kong Concention and Exhibition Centre riunirà in un’area esplosiva di oltre 5.000 metri quadrati investitori immobiliari, , developer, associazioni, enti pubblici, promotori, utilizzatori finali provenienti da più di 40 Paesi asiatici. Quest’anno, grazie alla partnership tra Mipim Asia e l’Arca, verrà inaugurato all’interno dell’area espositiva, il Padiglione dell’Architettura. Gli studi di professionisti italiani ed europei potranno presentare i loro migliori progetti

e il loro knowhow ai principali operatori asiatici per cavalcare le nuove prospettive e opportunità offerte da un continente che offre uno straordinario potenziale di sviluppo. Un ricco programma di conferenze farà il punto su alcuni temi chiave del mercato immobiliare asiatico, tra le tematiche affrontate: Cina: le strategie per il successo e una conoscenza approfondita del mercato immobiliare; Sud-Est asiatico: le opportunità emergenti; finanza e investimenti: le pratiche locali; commercio: strategie di crescita; le città sostenibili: il futuro del settore immobiliare. I Mipim Asia Awards offriranno invece l’occasione per individuare i progetti immobiliari più significativi a livello di innovazione e di creatività in base a 10 categorie: migliori centri direzionali, migliori edifici sostenibili, migliori hotel e resort turistici, migliori edifici residenziali, migliori centri commerciali, migliori progetti futuri, migliori progetti cinesi futuri, migliori progetti di rinnovamento urbano, migliori design dei punti vendita.


Ipertesto Oggetti sacri Lea Di Muzio Koiné Ricerca 1989-2009 Il design per la liturgia: materiali e progetti Edizioni Messaggero, Padova, 2011, ill. a colori, 395 pp

E’ un volume importante e di riferimento per studiosi e progettisti impegnati nei temi e nell’ideazione di oggetti o suppellettili sacre, curato da Lea Di Muzio, architetto e autorevole esperta di mostre ed eventi sul design da oltre un ventennio, nonché responsabile della sezione Ricerca di Koiné del quale coordina, sin dalla prima edizione, il Comitato Scientifico, organizzando le mostre e le iniziative collaterali che completano la manifestazione rendendola un riferimento anche per la progettazione architettonica. Si tratta di un testo esauriente e ricco di progetti e prototipi di design che illustra vasi sacri (calici, pissidi, ostensori), oggetti per uso liturgico (candelabri, turiboli, contenitori per fiori e altro), arredi liturgici (sedute, banchi, stalli per il coro) firmati da nomi illustri come Gabetti e Isola, Luigi Caccia Dominioni, Angelo Mangiarotti, Giancarlo Piretti, Afra e Tobia Scarpa e Michele de Lucchi. Viene inoltre evidenziata un’ampia sezione dedicata alle vesti liturgiche (casule e stole), realizzate in esemplari unici da artisti tessili che hanno sviluppato ricerche sui tessuti e interventi creativi singolari, considerando i limiti di riferimento concessi dagli schemi liturgici. La parte finale del testo è riservata ai temi dell’architettura delle nuove Chiese, all’adeguamento liturgico della Chiese antiche, nonché all’illuminazione, all’acustica e alla climatizzazione dei luoghi di culto.

Consenso e ripensamento Chiara Ingrosso Barcellona Architettura, città e società 1975-2015 Skira editore, Milano 2011, 190 ill. a colori e b/n, 192 pp

Certamente Barcellona non è la visualizzazione della città del sole del monaco calabrese Tommaso Campanella, né l’Utopia di Tomaso Moro, ma una città che dalla fine del Franchismo, nel 1975, ai giorni nostri, addirittura fino al 2015 secondo il preveggente titolo del volume che segnalo, si è trasformata in un laboratorio urbano tra i più interessanti nel panorama internazionale. Nei primi anni l’amministrazione social democratica e i progettisti colti sono stati in grado di dare risposte alle esigenze espresse dai cittadini. Lo scenario che però si apre davanti, oggi, dopo il voto di fine maggio, fa constatare la clamorosa perdita di consenso della sinistra che ha governato da decenni questa città e sperimentato le diverse strategie urbanistiche. Ho frequentato la città con i primi viaggi appena liberata dalla dittatura e la ricordo sporca e caotica, povera e pericolosa, con servizi pubblici inefficienti. Da allora come non constatare un progressivo costante miglioramento. Messo in atto da un piano regolatore ispirato da Oriol Bohigas con una generazione di giovani progettisti – le matite d’oro – che hanno elaborato una serie di progetti nella città consolidata – piazze, slarghi, parchi e giardini – nati con la logica delle metastasi o dell’intervento di agopuntura. Per riqualificare le parti più disastrate del tessuto urbano, grazie all’architettura. Con gli strumenti tipici del progetto e interventi attenti alle tipologie e alla forma urbana, sovente ispirati alla scuola di Saverio Muratori e di Aldo Rossi. Il momento successivo è costituito dai Giochi Olimpici del 1992. Con i finanziamenti piovuti per la realizzazione di impianti sportivi e spesso spesi per infrastrutture urbane, Barcellona diveniva una città meno soffocata dalla morsa del traffico, più pulita ed efficiente e con una serie di architetture realizzate dalle star – Santiago Calatrava, Arata Isozaki, Frank Gehry, Norman Foster – ma anche dai giovani progettisti locali, a iniziare da Eric Miralles, che permettevano al turista di andare oltre il solito percorso con al centro le opere di Antoni Gaudí.

Siamo ancora negli anni del consenso. O comunque dove i modelli sostenuti dall’amministrazione non entrano in conflitto con i cittadini forse gratificati anche dal consenso che incontra la città, riconosciuta come un brand e aperta verso il mare. I problemi nascono nella fase successiva. Avanza con il nuovo millennio e vede come momento di coagulo il così detto Forum delle Culture del 2004. Per questa occasione, in sintonia con la politica degli eventi, avviene lo sviluppo di una nuova parte della città verso Diagonal Mar, insieme alle demolizioni e agli sventramenti realizzati nei quartieri popolari, con il conseguente cambio generalizzato dei ceti sociali che in precedenza vivevano in quei luoghi. Il tutto condito dagli effetti di una crisi economica che morde la Spagna come gli altri Paesi dell’Europa meridionale: i pigs. Sono questi gli elementi che mettono in discussione e aprono un profondo ripensamento del modello Barcellona. Il volume si accompagna a interviste ai protagonisti come Josep Antoni Acebilo, architetto, assessore all’urbanistica, direttore dell’agenzia per lo sviluppo che tra i numerosi progetti ha messo a punto anche quello del Forum. In conclusione, constatando il fatto che l’architettura oggi è autistica, leva un inno al fare. Manuel Delgado, antropologo e docente all’università di Barcellona, nota invece la logica gattopardesca che ha condizionato anche Barcellona dove la sinistra alla fine “assume i compiti più duri e odiosi che la destra non si sarebbe mai sentita di assumere” e pone lo sviluppo della città, così come è avvenuto per Roma e rischia di avvenire per Milano, a beneficio delle stesse grandi famiglie, imprese, costruttori, multinazionali degli alberghi e operatori turistici di sempre. I loro unici obiettivi sono quelli del profitto ottenuto attraverso la speculazione. Mario Pisani

Segnalazioni

Fulvio Irace analizza attraverso un saggio critico il percorso dell’architetto David Chipperfield (Londra, 1953), architetto che ha trovato, in Italia e in Germania soprattutto, i primi sostegni a un’attività che si è rivelata particolarmente congeniale ai temi e ai problemi della città europea, grazie alla capacità di confrontarsi con la delicata gestione del patrimonio storico e con l’incessante ricerca di un equilibrio tra innovazione e conservazione. Esempio emblematico di questa ricerca è il progetto del museo berlinese Neues Museum (1997-2007).

Michele Costanzo Il tempo del disimpegno – Riflessioni sull’architettura contemporanea Quodlibet,Macerata 2010, 131 pp Si tratta di una raccolta costituita da 22 scritti di approfondimento teorico collegati alla progettazione architettonica e sviluppati secondo ragionamenti che si articolano attorno agli aspetti problematici relativi all’architettura del nostro tempo. Pur tra loro eterogenei, gli scritti hanno come filo conduttore, anche se veloce, sintetico e parziale, alcune sostanziali caratteristiche che contraddistinguono il carattere dell’architettura contemporanea come il minimalismo, il camouflage, il packaging, le relazioni arte-architettura e altro. Giorgio Di Giorgio L’alloggio ai tempi dell’edilizia sociale – dall’Ina-Casa ai PEEP EdilStampa, Roma 2011, ill. b/n, 165 pp Il volume disquisisce sugli alloggi economici e popolari, costruiti dal 1949 a tutti gli anni Ottanta, considerandoli nei due distinti ed essenziali momenti dei quali il primo, dal 1949 al 1963, è caratterizzato dal piano INA-Casa, e il successivo, dal 1963 a tutti gli anni Ottanta, si distingue secondo i Piani per l’Edilizia Economica e Popolare. Fulvio Irace David Chipperfield Electa, Milano 2011, 60 ill., 80 pp

Ugo La Pietra Dal cucchiaio alla città introduzione di Eugenio Battisti Fatto ad Arte, Milano 2011, ill. b/n Con tratti di singolare leggerezza descrittiva, sontuosa per essenzialità e per quel suo sapiente candore che racconta un immaginario colto e di allusiva innocenza, Ugo La Pietra si ripropone, in questa piccola e raffinata pubblicazione, con i disegni che ne caratterizzano lo stile. E con la sequenza soave e un po’ ironica di vasi, vasetti e vaghi contenitori, illustra i presupposti di progetti ineffabili. Luca Sampò Le Maisons Jaoul di Le Corbusier Franco Angeli, Milano 2010, 249 pp Il testo affronta la lettura storico-critica del progetto delle Maisons Jaoul di Le Corbusier, costruite a Neuilly-sur-Seine (1951-1956), nella periferia parigina, sintesi di un pensiero la cui forza e il cui slancio utopico hanno formato intere generazioni di architetti nel mondo. Il volume mostra il percorso formativo che condusse Le Corbusier alla loro ideazione, svelandone il significato e le prospettive urbanistiche.


Ipertesto Per l’architettura e il design www.italcementi.it

Effix Design® è il nome che contraddistingue il nuovo cemento messo a punto dalla ricerca Italcementi per dare nuove opportunità alla creatività di quanti operano nel contesto architettonico e in quello del design. Si tratta di una malta a elevate prestazioni meccaniche ed estetiche, studiata per la realizzazione di elementi in cemento non strutturati, intesi come soluzioni d’arredo per interni ed esterni, quali lampade e punti luce, piani cucina, lavabi, vasche da bagno, piastrelle, opere artistiche e altro. Effix Design® segue le grandi innovazioni Italcementi come il cemento mangiasmog TX Active e il cemento trasparente i.light, confermando le potenzialità del Gruppo nel realizzare prodotti di qualità e di alto contenuto tecnologico. Con Effix Design® è possibile ottenere una particolare sottigliezza nonché decorativi rifiniti accuratamente e con finiture straordinariamente lucide e raffinate. Il prodotto, di facile impiego, è disponibile come premiscelato secco pronto all’uso e necessita di sola acqua. Alla base bianca è possibile aggiungere pigmenti di origine minerale per ottenere una vasta gamma di colorazioni. Già sperimentato con successo in Francia, il prodotto ha qualità sostenibili e, nella versione fotocatalitica TX Active®, consente un’azione disinquinante.

Pensilina ad alta tecnologia www.sapagroup.com.it

In risposta a un mercato che necessita di pensiline in allumino estruso capaci di conciliare qualità estetica e funzionalità per l’ambiente urbano, SAPA Profili ha realizzato una pensilina, disegnata dallo studio OSA Architettura di Roma, che risponde alle NTC08. La configurazione per un posto auto può portare 12 pannelli fotovoltaici che mediamente possono avere una potenza installativa di circa 2,9kWp, ed è ovviamente prevista la possibilità di porre in serie più posti auto, poiché si tratta di un sistema modulare. I pannelli, posti con effetto tegola per limitare i carichi, consentono un’installazione di ottimo impatto e particolarmente agile e snella, poiché vi sono solo due plinti e non occorrono lavorazioni da effettuare in opera.

Luce nel mondo www.reggiani.net

Reggiani Led Luce ha realizzato i sistemi illuminotecnici presenti nel Museo Missionario di Propaganda Fide posto all’interno del palazzo che, dal 1627, ospita la Sacra Congregazione Propaganda Fide in piazza di Spagna a Roma. Si tratta di un Museo piuttosto unico nel suo genere, che manifesta un mondo di passione e coraggio capace di offrire fede e sostegno ad altri protagonisti di culture e abitudini differenti. Sono 1.250 i metri quadri che raccolgono innumerevoli testimonianze di esperienze e accadimenti missionari, nonché di ricchezze artistiche e riferimenti culturali. Il progetto illuminotecnico richiesto per l’intero allestimento museale e gli spazi che lo ospitano, è stato risolto con tecnologia Led mediante una soluzione a basso impatto ambientale e con elevati margini di risparmio energetico sviluppata dal Sistema Reggiani Led Luce. Ciò implica: la sinergia di un dissipatore ottimizzato; un’ottica efficiente e intercambiabile con una gamma molto ampia di fasci di luce (63 diversi, che consentono di modificare in ogni momento e con grande semplicità il layout illuminotecnico; un driver di alta gamma; un Led Luce performante 16 Watt, tonalità di bianco eccellente 3000K CRI 90 (SDCM 3 Binning Tolerance +/- 50K). L’assenza di raggi ultravioletti e infrarossi, permette di non danneggiare oggetti sensibili, consentendone l’utilizzo in totale sicurezza per tutta la durata della sua lunga vita.

Nuovo sito internet www.it.roca.com

E’ attualmente online, dedicata ad architetti, progettisti e a quanti ne sono interessati, la versione italiana del nuovo sito di Roca www.it.roca.com, inteso quale strumento che aggiorna in tempo reale sulle novità e iniziative Roca in Italia e nel mondo. Si tratta di un sito totalmente rinnovato nella grafica e nei contenuti, realizzato dal Roca Technology Department di Barcellona. Facile e intuitivo da navigare, accanto alle sezioni più istituzionali dove poter scaricare velocemente tutti i cataloghi dei prodotti e le schede tecniche, consente di consultare quanto altro riguarda l’intero contesto operativo di Roca. La costante ricerca in tecnologie sempre più avanzate, ha permesso la realizzazione di DibaNext®, un software innovativo scaricabile gratuitamente nella sezione “Area per professionisti” del sito web, che permette di disegnare l’ambiente bagno in 2D o 3D con l’inserimento dei prodotti Roca, visualizzando il risultato in maniera realistica, modificando e stampando le proprie scelte.


www.arcadata.com www.arcadata.tv La rivista internazionale di architettura, design e comunicazione visiva The international magazine of architecture, design and visual communication

Il primo portale del progetto e della tecnologia The first portal of architecture and technology

Sommario/Summary

271 Luglio-Agosto/July-August 2011 l’Arca è pubblicata da is published by Arcadata Srl via A. Raimondi, 10 20156 Milano tel. +39 02 36517220 fax +39 02 36517229 l’Arca è in Internet http://www.arcadata.com Amministrazione Administration Maria Grazia Pellegrina Segreteria commerciale e Pubblicità/Advertising and Business Secretariat Paola Festi pub.arca@arcadata.net Direzione Commerciale Business manager Luca Miotto tel. +39 02 36517225 port. +39 348 5627404 luca.miotto@arcadata.net Pubblicità/Advertising Lombardia Liliana Tartaglione tel. +39 02 36517224 port. +39 348 4108455 liliana.tartaglione@arcadata.net Mario Lattanzio tel. +39 02 36517224 port. +39 335 8225016 mario.lattanzio@arcadata.net Triveneto Luciana Giacon tel. +39 049 8725245 port. +39 348 2660853 giaconluciana@gmail.com Emilia Romagna Universal Italiana srl Lucio Guastaroba tel. +39 051 4845749 info@universalitaliana.it Piemonte/Valle d’Aosta/Liguria Massimo Aureli port. +39 336 883148 info@massimoaureli.it Lazio/Campania WWA Maurizio Mancini tel. +39 06 89717258 port. +39 3497844535 m.mancini@wwadv.com Marche/Abruzzo Gianni Malatini tel. +39 0733 880041 port. +39 3356364074 gianni.malatini@tiscali.it Direttore pubblicità Francia e Monaco/Advertising Manager France and Principality of Monaco Andrea Bini 31, av, Princesse Grace 98000 Monaco tel. +377 92165154 fax +377 97971975 cell. +33(0) 678637131 pub.arca@groupep.mc Comunicazione/Communication Alda Mercante Casati Arcadata.com Gaetano Cessati Computer graphics Laura De Gennaro Distribuzione esclusiva per l’ltalia Messaggerie Periodici spa (Aderente ADN) via G. Carcano, 32 20141Milano tel. +39 02 895921 fax +39 02 89500688

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Distributor for abroad Agenzia Italiana Esportazione A.l.E. via Manzoni, 12 20089 Rozzano (MI) tel. +39 02 5753911 fax +39 02 57512606 Direttore responsabile/Editor Cesare M. Casati dir.arca@arcadata.net Vicedirettori/Deputy Editors Maurizio Vitta Maurizio Vogliazzo Comitato scientifico Scientific Committee Piero Castiglioni, Angelo Cortesi, Gillo Dorfles, Giorgetto Giugiaro, Gianpiero Jacobelli, Riccardo Mariani, Paolo Riani Joseph Rykwert, Piero Sartogo, Tommaso Trini

Cesare M. Casati

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Testi e impaginazione a cura di/Texts and layout curated by Makoto Sei Watanabe Guest Editor

Makoto Sei Watanabe

Makoto Sei Watanabe

Programmi Informatici vs La Mente Umana Computer Programs vs the Human Brain

Maurizio Vitta

In attesa The Horizon of School Architecture

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Carmelo Strano

Lo spazio nello spazio Anish Kapoor at “Monumenta” in Paris

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Hong Kong Design Institute

42 Coldefy & Associés Architectes et Urbanistes

Due biblioteche in Thailandia Socially Responsible Architecture

56 TYIN Tegnestue Architects

Mouriz School In Paredes, Portugal

62 CNLL

La Francia per l’Università 12 Campuses in France

70

Nuova Università Valdostana In Aosta

82 Mario Cucinella Architects

Ecole Supérieure des Beaux Arts In Nantes Métropole

86 Franklin Azzi Architecture

Ampliamento del Panum Complex Science Tower and Urban Park in Copenhagen

92 C.F. Møller Architects

l’Arca 2

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Consulente/Consultant Carmelo Strano Redazione di Milano Editorial Staff in Milan via A. Raimondi, 10 20156 Milano tel. +39 02 36517220 fax +39 02 36517229 Elena Cardani, Elena Tomei red.arca@arcadata.net Redazione di Monaco Editorial Staff in Monaco 31, av, Princesse Grace 98000 MC Monaco tel. +377 92165154 fax +377 97971975 Elena Cardani, Elena Tomei arcainternational@groupep.mc Ufficio abbonamenti Subscriptions Laura Ronchi abbo.arca@arcadata.net

Ci mordiamo la coda A circular path

Maurizio Vogliazzo

English editing and translations Martyn Anderson, Sofia J. Teodori Corrispondenze da Osaka Correspondent in Osaka Toshyuki Kita Coordinamento a Roma Coordinator in Rome Carmelo Zimatore Printed in Italy per conto di/for Arcadata Fotografi/Photographs Pasi Alto, Laetitia Benat, FG + SG fotografia de arquitectura, Sergio Pirrone, Didier Plowy

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Copertina/Cover Schizzo di/Sketch by Makoto Sei Watanabe (Guest Editor) Undici fascicoli l’anno Il fascicolo in Italia e 9,00 in Italia (IVA assolta dall’editore) Arretrati il doppio Registrata presso il Tribunale di Milano con il n.479 del 8/9/1986 È vietata la riproduzione totale o parziale del contenuto della rivista senza l’autorizzazione dell’editore. Total or partial reproduction of the magazine without previous authorization by the editor is prohibited.

Dal 1986 I’Arca ha pubblicato questi argomenti: 01 Il territorio dello spettacolo - 02 Lo spazio del museo - 03 Il progetto del lavoro - 04 Il progetto verticale - 05 La modernità - 06 La città - 07 Trasporti e comunicazioni - 08 Riflessioni - 09 Design - 10 Sopra e sotto - 11 Lo spazio dello sport - 12 Il pubblico - 13 La comunità - 14 Lo spazio domestico - 15 Il progetto intelligente - 16 Strutture e materiali - 17 Scuola e società - 18 L’effimero - 19 Superfici e strutture - 20 Il territorio disegnato - 21 Il vecchio e il nuovo - 22 Domestic Landscape - 23 Il progetto ospitale - 24 Il luogo dello studio - 25 Luce e colore - 26 L’edificio integrato - 27 Architettura in URSS - 28 L’architettura è ambiente - 29 Reti e servizi - 30 I grandi spazi - 31 La costruzione dell’architettura - 32 Il rinnovamento della città - 33 Il superamento della gravità - 34 Tecnologie - 35 L’aspetto della materia - 36 Interiors - 37 Sistemi - 38

Sport - 39 Progetto e computer - 40 Ambienti urbani - 41 Il territorio delle reti - 42 Tecnologia e costruzione - 43 Il progetto della luce - 44 Qualità 45 Texture e architettura - 46 Architettura come immagine - 47 L’architettura costruita - 48 Luoghi per la cultura - 49 Lo spazio collettivo - 50 I luoghi dell’abitare - 51 Strutture urbane - 52 L’architettura progettata - 53 La contemporaneità - 54 Architettura e tecnologia - 55 Il progetto e il lavoro - 56 Architettura in mostra - 57 I segni nella città - 58 Il grande numero - 59 Riti, miti e altre cose - 60 Architetture francesi - 61 Architetture in Italia - 62 Architetture negli USA - 63 I nodi nella città - 64 L’architettura ornata - 65 La scena della cultura - 66 La città ideale - 67 Architetture in Giappone - 68 Il mito e il culto - 69 La trasparenza - 70 Visto da dentro - 71 Porte urbane - 72 Le torri - 73 Tensostrutture - 74 I

servizi per la città - 75 La competizione - 76 Competizione e ricerca - 77 Visioni urbane - 78 Riflessioni - 79 Oltre il muro - 80 Il progetto del terziario - 81 Lo spazio aperto - 82 America, America! - 83 Mens ludicra - 84 Formazione e ricerca - 85 La casa dell’uomo - 86 Tecnoarchitettura - 87 La Committenza - 88 Natura e artificio - 89 L’apparenza della materia - 90 Modernità e tradizione - 91 I luoghi delle arti - 92 America, America! - 93 America Latina - 94 Architetture in concorso 95 Architetture in concorso - 96 Natura urbana - 97 Cultura e società - 98 Produzione e servizi - 99 La residenza - 100 La bellezza - 101 La nuova città 102 Cromatismi - 103 America, America! - 104 La Francia - 105 Italia 106 Giappone - 107 La trasparenza - 108 Le infrastrutture - 109 Le torri - 110 L’Europa - 111 Small 112 Il legno - 113 Il metallo - 114 Interni - 115

Nord America - 116 Ristrutturazione - 117 La luce - 118 L’immagine del futuro - 119 La Francia - 120 Tecnologie e sistemi - 121 La comunità - 122 Lo Sport - 123 I sensi e la materia - 124 Le infrastrutture - 125 L’emozione - 126 Il legno - 127 Immagine USA - 128 Creatività - 129 Superfici - 130 Orizzontale/ Verticale - 131 Abitabilità - 132 Il segno è colore - 133 Acqua - 134 Apparenza - 135 Luce 136 La materia - 137 La trasparenza - 138 Materia e Natura - 139 Strutture - 140 Linguaggi - 141 Interni - 142 Musei - 143 Il sociale - 144 Italia 1999 - 145 Movimento - 146 Immagine - 147 Luce e Trasparenza - 148 America-Europe - 149 Sostenibilità - 150 Per il mondo - 151 Europa - 152 Leggerezza - 153 Linguaggi e Ricerca - 154 Attualità - 155 Mostrare e mostarsi - 156 La nuova città - 157 Istituzioni e immagine - 158 Architettura industriale -

159 Educazione - 160 Servizi e Cultura - 161 Dentro/fuori - 162 Panorami urbani - 163 Progetto e metodo - 164 Informazione e cultura - 165 Materiali e superfici - 166 gennaio 2002 - 167 febbraio 2002 - 168 marzo 2002 - 169 aprile 2002 - 170 maggio 2002 - 171 giugno 2002 - 172 luglio/ agosto 2002 - 173 settembre 2002 - 174 ottobre 2002 - 175 novembre 2002 - 176 dicembre 2002 - 177 gennaio 2003 - 178 febbraio 2003 - 179 marzo 2003 - 180 aprile 2003 - 181 maggio 2003 -182 giugno 2003 - 183 luglio/agosto 2003 - 184 settembre 2003 - 185 ottobre 2003 - 186 novembre 2003 - 187 dicembre 2003 - 188 gennaio 2004 189 febbraio 2004 - 190 marzo 2004 - 191 aprile 2004 - 192 maggio 2004 - 193 giugno 2004 - 194 luglio/agosto 2004 - 195 settembre 2004 -196 ottobre 2004 - 197 novembre 2004 - 198 dicembre

2004 - 199 gennaio 2005 - 200 febbraio 2005 201 marzo 2005 - 202 aprile 2005 - 203 maggio 2005 - 204 giugno 2005 - 205 luglio/agosto 2005 - 206 settembre 2005 - 207 ottobre 2005 - 208 novembre 2005 - 209 dicembre 2005 - 210 gennaio 2006 - 211 febbraio 2006 - 212 marzo 2006 213 aprile 2006 - 214 maggio 2006 - 215 giugno 2006 - 216 luglio/agosto 2006 - 217 settembre 2006 - 218 ottobre 2006 - 219 novembre 2006 220 dicembre 2006 -221 gennaio 2007 - 222 febbraio 2007 - 223 marzo 2007 - 224 aprile 2007 225 maggio 2007 - 226 giugno 2007 - 227 luglio/agosto 2007 - 228 settembre 2007 - 229 ottobre 2007 - 230 novembre 2007 - 231 dicembre 2007 - 232 gennaio 2008 - 233 febbraio 2008 - 234 marzo 2008 - 235 aprile 2008 - 236 maggio 2008 237 giugno 2008 - 238 luglio/ agosto 2008 - 239

settembre 2008 - 240 ottobre 2008 - 241 novembre 2008 - 242 dicembre 2008 - 243 gennaio 2009 - 244 febbraio 2009 - 245 La pelle - 246 Il lavoro - 247 Expo - 248 La casa - 249 Infrastrutture - 250 Premi e concorsi - 251 Giovani in architettura - 252 Italia-Francia - 253 Efficienza energetica 254 Il mondo - 255 In verticale - 256 Formazione 257 Rinnovamento - 258 Il colore - 259 La materia - 260 Expo Shanghai - 261 Residenze 262 Architettura e Arte - 263 Sedi aziendali 264 Giovani talenti - 265 La scena della cultura 266 Building&Business - 267 Eco-housing 268 Interiors&Design - 269 Sport - 270 Infrastrutture


Cesare Maria Casati

Ci mordiamo la coda

A circular path

i sembra che nell’evoluzione del progetto di architettura stiamo seguendo un percorso circolare, che dovrebbe presto, se non sorgono nuovi entusiasmi e non si dà vita a coraggiose sperimentazioni, riportarci a riconsiderare seriamente le sue responsabilità verso l’ambiente e a rispondere più puntualmente alle nuove richieste di efficienza e di adeguamento ai nuovi costumi sociali. In un secolo siamo passati, nel campo dell’architettura sociale abitativa, da soluzioni cosiddette razionali, che proponevano volumi semplici, senza alcun decoro, contenenti migliaia di alloggi tutti uguali, minimi ed essenziali, raccolti in spazi urbani geometrici, dove anche il verde veniva trattato come un componente artificiale della struttura in funzione di solo decoro, agli attuali edifici ancora geometricamente semplici, tutti simili e con le stesse caratteristiche di tanti decenni fa. Solo nell’architettura rappresentativa, istituzionale e infrastrutturale abbiamo avuto una rivoluzione formale talmente dinamica e sorprendente da ricordarci quanto avvenne nel lontano Seicento grazie all’opera di alcuni geniali architetti da noi classificati come barocchi, i quali seppero distruggere la geometria scandagliando le infinite possibilità e flessibilità che un edificio volendo può assumere. Oggi la fantasia espressiva, anche senza particolari progressi tecnici e strutturali nei sistemi costruttivi, ha raggiunto qualità estetiche che riescono emozionare anche coloro che sono sempre più refrattari all’innovazione, come i sistemi mediatici di stampa e televisione. Grandi maestri, come Frank O. Gehry, Zaha Hadid, Jean Nouvel, William Alsop, Massimiliano Fuksas e tanti altri, stanno realizzando i reperti che diventeranno i monumenti destinati a testimoniare nel lontano futuro la qualità della nostra attuale architettura, ma sempre e solo ignorando e trascurando le case degli uomini nella città. Sembrerebbe che la nostra attuale civiltà rincorra e classifichi solo la qualità nell’architettura con grandi enunciazioni, come sostenibilità e tecnologia, ma continui volutamente ignorare il vero problema, che è quello di inventare agglomerati in cui gli uomini possano democraticamente vivere, lavorare, studiare e divertirsi in ambienti fisici di grande benessere emozionale e spirituale; valori per la cui realizzazione solo l’architettura può e deve impegnarsi. Non è la prima volta che da queste pagine richiamo l’attenzione di tutti i progettisti ancora entusiasti di esercitare la più bella professione del mondo affinché si impegnino a studiare e proporre nuove idee che abbandonino definitivamente ogni tradizione tecnico-costruttiva e formale, per “inventare” letteralmente la nuova casa dell’uomo, che consenta alle giovani generazioni di trovare anche nella loro abitazione la stessa qualità funzionale ed estetica che il design gli offre con gli oggetti tecnologici di cui si servono per muoversi, comunicare e lavorare, e nell’ambiente urbano la stessa democratica qualità ambientale, con poche differenze sociali, che trovano nelle navi, nei treni e negli aerei.

t would appear to me that the development of architectural design is progressing along a circular path, which, unless there is some fresh injection of enthusiasm and bold experimentation, is likely to force us to seriously reconsider its responsibilities towards the environment and the need to adapt better to the latest demands for efficiency and adjusting to new social behavioural patterns. In the space of just one century, we have moved on (in the field of social housing architecture) from so-called rational designs based on simple structures with no decoration encompassing thousands of living premises all the same, minimal and very simple, gathered together in geometric urban spaces where even landscaping was treated like an artificial construction feature geared solely to decoration, to the latest buildings that are still geometrically simple, very similar to each and all sharing the same basic features as many decades ago. Only representational, institutional and infrastructural architecture has undergone a stylistic revolution, so dynamic and startlingly to call to mind what happened way back in the 17th century when certain brilliant architects, now classed as baroque, broke down conventional geometrics to open up to the endless possibilities and flexibility a building can take on, if we so desire. Nowadays, stylistic imagination, even without any special technical and structural progress in construction systems, has reached aesthetic standards capable of exciting even those people who are increasingly less inclined towards innovation, such as the media systems of the press and television. Great masters, like Frank O. Gehry, Zaha Hadid, Jean Nouvel, William Alsop, Massimiliano Fuksas and many others, are creating works destined to become monuments that will testify, in the very distant future, to the quality of our modern-day architecture, nevertheless they continue to ignore and overlook the houses people inhabit in our cities. It would seem that in our present-day civilisation architectural quality only counts if expressed in terms of such concepts as sustainability and technology, while continuing to deliberately ignore the real issue of inventing agglomerations where people can live, work, study and enjoy themselves together democratically in physical environments of great emotional and spiritual wellbeing; values which only architecture can embody through its own creations. This is not the first time that we have had to draw on the pages of this magazine to attract the attention of all those architectural designers still enthusiastically interested in performing the most wonderful profession in the world to truly engage, in order to study and propose new ideas leaving behind, once and for all, technical-structural and stylistic tradition so as to literally “invent” new homes for people to live in, allowing the younger generations to discover the same functional and aesthetic standards in their homes that design offers them through the technological objects they use to move around, communicate and work. And hopefully they will also discover an urban environment offering the same democratic environmental quality (with just the odd difference in social terms) they find in ships, trains and planes.

M

I

271 l’ARCA 1


Programmi Computer Programs Informatici    versus   versus la Mente Umana the Human Brain INDUCTION DESIGN vs.Manolibera Cosa possiamo fare ora, cosa non possiamo fare ancora?

INDUCTION DESIGN vs.Freehand What can we do now, what can't we do yet ?

MAKOTO SEI WATANABE

MAKOTO SEI WATANABE

Queste pagine offrono una panoramica sul contrasto tra gli schizzi a mano libera e alcuni dei programmi di INDUCTION DESIGN/ ALGODesign. Tuttavia, non si vuole mostrarli in competizione tra loro. Sia gli schizzi che i programmi sono metodi progettuali di valore e necessari. Non abbiamo bisogno dell’uno o dell’altro, ma di entrambi. A seconda del progetto, può succedere che un’immagine che si basa su un’intuizione diretta risulti come la proposta definitiva che risolve ogni problema. In altri casi, può essere impossibile soddisfare manualmente tutte le condizioni richieste, a dispetto della quantità di tentativi. L’approccio migliore è di selezionare e combinare a seconda delle condizioni e della situazione particolari. Paragonati agli schizzi, i disegni al computer godono di un più sviluppato progresso tecnologico. Alla fine, copriranno più aree di quanto facciano oggi e diverranno molto più utili. Gli schizzi, probabilmente, non godranno mai di quel tipo di evoluzione. Chi ne ha le capacità li userà, proprio come avviene oggi. Ma ciò non significa che la tecnologia evolverà mentre le capacità umane rimaranno immutate. I programmi supportano le capacità umane. Quando appare un interfaccia più facile da usare e i programmi stessi divengono più potenti, le persone aumentano la propria capacità di fare schizzi interagendo con i programmi. Questo dovrebbe rappresentare un’evoluzione nella capacità di intuizione umana. L’obiettivo dei programmi di Induction Cities e Keiriki è di rendere possibile quel tipo di metodologia progettuale per una nuova era. Lo scopo non è quello di consentire all’uomo di lavorare più efficientemente, bensì di consentire alle capacità e alle operazioni umane di evolvere a un livello nuovo e più elevato.

This issue provides a contrasting look at freehand sketches and some of the INDUCTION DESIGN/ALGODesign programs. However, it does not intend to show them in competition with each other. Both sketches and programs are valuable and necessary design methods. Instead of one or the other, we need both. Depending on the project, an image that relies on direct intuition may turn out to be the ultimate proposal that solves every problem. In other cases, it may be impossible to satisfy all of the required conditions manually, regardless of the number of attempts. The best approach is to select and combine according to the particular conditions and situation. Compared to sketches, programs benefit more from progress in technology. Eventually they will cover more areas than they do today and become far more useful. Sketches will probably not benefit from that kind of evolution. Those who possess the skill will use it, more or less as they do today. But this does not mean that technology will evolve while human skills stand still. Programs supplement human skills. When friendlier interfaces appear and program themselves become more capable, people will gain the ability to sketch while interacting with programs. This should represent an evolution in humans' intuitive capacity. The aim of the Induction Cities and Keiriki programs is to enable that kind of design methodology for a new era. Instead of allowing humans to work more efficiently, the aim is to allow human skills and operations to evolve to a new and higher level.

Schizzi e programmi: Dare forma agli oggetti mentali e dare forma al pensiero Il disegno a mano è la metodologia più low-tech. Anche un bambino di tre anni può farlo con un mozzicone di matita. Decine di migliaia di anni fa, quando gli uomini vivevano nelle caverne, tracciavano schizzi sulle pareti per dare forma alle immagini nelle loro menti. Da allora, l’unico progresso tecnico degno di nota nello schizzare è stata l’invenzione della prospettiva. In decine di migliaia di anni l’atto dello schizzare non è cambiato. A quei tempi, gli uomini avevano probabilmente acquisito la capacità di trasmettere il proprio pensiero ad altri attraverso il linguaggio. Si insegnavano l’un l’altro come sfuggire agli animali selvatici e le fasi della strategia di caccia. Quelle procedure erano algoritmi. Poi è avvenuta una rivoluzione tecnologica – l’invenzione della scrittura. Scrivere rese possibile registrare (fissare) il pensiero, e a questo seguirono la stampa, le comunicazioni e una serie di altre tecnologie per trasmettere il pensiero. Ma non c’era strumento in grado di creare la forma dal pensiero. Si è dovuto attendere fino a molto più tardi, fino al XX secolo. Fino alla comparsa dei programmi computerizzati.

Sketches and programs: Giving form to mental objects, and giving form to thinking Draw by hand is the most low-tech methodology. Even a threeyear old with a stub of crayon can do it. Tens of thousands of years ago, when humans lived in caves, they drew sketches on walls to give form to the images in their minds. Since then, the only notable technical progress in sketching has been the invention of perspective. Over tens of thousands of years, the act of sketching has not changed. In those early times, humans had probably acquired the ability to convey their thinking to others through the medium of speech. They taught each other how to escape from wild animals and the steps in hunting procedures. Those procedures were algorithms. Then a technological revolution occurred – the invention of writing. Writing made it possible for humans to record (fix) their thinking, and this was followed by printing, communications, and a series of other technologies to transmit this fixed thinking. But there was no tool capable of creating form out of fixed thinking. That had to wait until much later, until the 20th century. Until the appearance of the computer program.

Gli schizzi come strumento per dare forma agli oggetti mentali. E i programmi come strumento per dare forma al pensiero. Per la prima volta nella storia dell’uomo, entrambi stanno diventando disponibili insieme.

Sketching as a tool to give form to mental objects. And programs as a tool to give form to thinking. For the first time in human history, both are becoming available together.

Algoritmi: la logica necessaria all’architettura Ci sono sempre problemi condizionali che devono essere risolti dal progetto architettonico.

Algorithms: The logic required of architecture There are always conditional problems that must be solved by architectural design.


Nel normale processo progettuale, le condizioni sono risolte affidandosi all’esperienza e all’intuizione. Se tale processo potesse essere esplicitato, rivelando come vengono trovate le soluzioni, allora si potrebbero spiegare le metodologie di risoluzione dei problemi. Questo potrebbe rendere possibile trovare soluzioni che siano migliori di quelle trovate tramite l’intuizione. Costruire queste metodologie è lo scopo del INDUCTION DESIGN/ALGODesign. (Il nome “Induction Cities” deriva dall’analogia con l’induzione elettromagnetica, in cui una corrente elettrica è indotta in un cavo distante avvicinando un magnete. Si riferisce al metodo progettuale in cui il progetto desiderato è “generato” senza manipolare direttamente i risultati). Schizzi: le immagini necessarie all’architettura Ci si aspetta che l’architettura produca una cosa nuova – la creazione di immagini. L’emergere di qualcosa che ancora non esiste, qualcosa che non si è mai visto prima, un aspetto visibile della realtà che sorpassa l’immaginazione. Questo è più che una semplice soluzione. Una soluzione è sufficiente se risponde alle richieste, ma un’immagine deve dare un risultato che va al di là delle aspettative. La logica non può essere applicata qui. Qui è proprio dove eccellono le capacità umane. Per contro, tali capacità umane devono essere libere di concentrarsi là dove eccellono senza essere distratte da altri compiti. Ed è lì che l’INDUCTION DESIGN può offrire un aiuto effettivo. Programmi e schizzi Gli schizzi in queste pagine non immaginano direttamente obiettivi o funzioni come architettura. Liberati dalle condizioni necessarie di un normale progetto architettonico, essi sono immagini libere disegnate a mano di spazi, forme e sequenze. Guardando il risultato, si potrebbero immaginare funzioni e applicazioni. E’ l’opposto del normale processo del progetto architettonico. Prima c’è la forma, prima c’è lo spazio. Poi si concettualizza il tipo di funzioni che dovrebbero essere assegnate alle forme e agli spazi, e quanto dovrebbero essere grandi. Ma pensiamoci. Se si prende una conchiglia sulla spiaggia, si crea un modello 3D, si espande e deforma il modello, e gli si assegna una funzione appropriata, potrebbe venirne fuori un’architettura eccellente.

In the normal design process, conditions are solved by bringing experience and intuition to bear. If that process could be clarified, revealing how solutions are found, then condition solving methodologies could be provided. This might make it possible to find solutions that are better than the solutions found through intuition. Constructing these methodologies is the goal of INDUCTION DESIGN/ALGODesign. (The name "Induction Cities" was derived by analogy from electromagnetic induction, in which an electric current is induced in a distant coil by bringing a magnet closer. It refers to a design method in which the desired design is "generated" without manipulating the results directly.) Sketches: The images required of architecture Architecture is expected to deliver one other thing – the creation of images. The emergence of something that does not yet exist, something that has never been seen, a visible aspect of reality that surpasses imagination. This is more than simply a solution. A solution is sufficient if it meets the requirements, but an image must deliver results that exceed expectations. Logic cannot be applied here. This is exactly where human capabilities excel. Conversely, those human capabilities must be free to concentrate on where they excel without being distracted by other tasks. This is where INDUCTION DESIGN can provide effective support. Programs and sketches The sketches in this issue did not directly envision objectives or functions as architecture. Liberated from those necessary conditions of normal architectural design, these sketches are free images drawn by hand of spaces and forms and arrays. Looking at the results, it should be possible to imagine functions and applications. This is the reverse of the normal architectural design process. First there is form, first there is space. Then conceptualize the kinds of functions that should be assigned to shapes and spaces, and how large they should be. But let's think about that. If you take a conch shell that you pick up on a beach, create a 3D model, expand and deform the model, and assign an appropriate function, it may turn out to be excellent architecture.

Ma l’INDUCTION DESIGN che usa i programmi è un processo logico. L’obiettivo è chiaro fin dal principio. Il programma opera sulla base di un valore esplicito (ciò che si vuole, ciò che è meglio) e di standard per misurare tale valore per ottenere uno stato in cui il valore sia ottimizzato. Non c’è traccia qui di un processo che opera per ragioni non note. Tutto opera attraverso una logica costruita deliberatamente. Anche quando il progetto contiene un elemento indeterminato, questo viene incluso come una indeterminatezza pianificata.

But INDUCTION DESIGN using programs is a logical process. The objective is clear from the start. The program operates on the basis of an explicit value (what is wanted, what is better) and standards to measure that value in order to achieve a state where the value is maximized. There is no trace here of a process that works for unknown reasons. Everything works though deliberately constructed logic. Even when the project contains an element of the indeterminate, it is included as planned indeterminacy.

Stante questo, significa che i programmi non possono produrre immagini? E significa che gli schizzi derivanti dall’intuizione non possono produrre soluzioni alle condizioni date?

If this is so, does it mean that programs cannot produce images? And does it mean that sketching from intuition cannot produce solutions to conditions?

Il significato del disegno a mano: linee vive, la forza delle linee Una delle caratteristiche più potenti dello schizzo a mano libera è la sua forza. La forza delle linee. Una linea disegnata varia la propria curvatura spostandosi lungo un vettore. Diventa più veloce tracciando un percorso, variando dolcemente e continuamente. Ma una linea tracciata con la grafica computerizzata non ha questo tipo di forza. Dove vuole andare la linea? Quanta forza è stata applicata e come è distribuita – più forte in alcuni punti e più debole in altri? Questo non può essere colto dalla pressione di una penna digitale. Spirito, braccio, polpastrello e matita si muovono come un gruppo unico per produrre… una linea. L’occhio umano può decifrare i diversi tipi di informazioni ausiliarie contenute nella linea. Può avvertire la forza della linea, il suo movimento e l’intenzione a esso sottesa. Metaforicamente, diciamo che questo tipo di linea “è viva”. Cosa produce la forza della linea? Non c’è garanzia che essa risulterà in una bozza che risolve un problema.

The meaning of drawing by hand: Living lines, the momentum of lines One of the most powerful features of freehand sketching is its momentum. The momentum of lines. A drawn line varies its curvature as it moves along a vector. It speeds up as it traces a path, varying smoothly and continuously. But a computer graphics line lacks this kind of momentum. Where does the line want to go? How much force has been applied, and how it is distributed – stronger in some places and weaker in others? This cannot be captured by digital pen pressure detection. Spirit, arm, fingertips, and pencil move as a single unit to produce... a line. The human eye can decipher the various kinds of ancillary information contained in the line. It can sense the momentum of the line, its movement, and the intention that underlies it. Metaphorically, we say this kind of line "has life". What does the momentum of the line produce? There is no guarantee that momentum will result in a draft that solves a problem.


Ma una linea viva è bella. L’impressione che essa induce richiama un’altra immagine. Immagini che si propagano come onde, una catena di associazioni. Il valore della forza, probabilmente, risiede nell’effetto di propagazione di questa vibrazione.

But a line with life is beautiful. The impression that it induces calls up another image. A wave-like propagation of images, a chain of associations. The value of momentum probably lies in the ripple effect of this vibration.

Il circuito dell’intuizione: La (possibile) scorciatoia a una domanda – l’illuminazione Zen Nel normale processo progettuale, l’architetto crea molti cosiddetti studi. Durante la ricerca per prova-e-errore per una bella soluzione al problema, è indubbio che si creino nella mente del progettista dei circuiti per trattare il problema. Sembra che quando una mente ripete una particolare azione costruisca circuiti nervosi dedicati a tale azione. L’esame inconscio del problema continua nell’ombra della ricerca e del pensiero coscienti. Alla fine, questo esame inconscio produce una grande idea, che poi emerge al livello della coscienza. Da sotto il mondo della coscienza, emerge una piccola bolla. Nell’avvicinarsi ai confini di quel regno, la bolla si ingrandisce e alla fine scoppia quando irrompe nella stato di consapevolezza, facendo un suono inesprimibile. E’ una grande idea.

The circuitry of intuition: The (possible) shortcut to an answer – Zen enlightenment In the normal design process, the architect creates many socalled studies.During the trial-and-error search for a beautiful solution to the problem, circuits to process the problem are no doubt constructed in the brain of the designer. It seems that when the brain reiterates a particular action, it constructs nerve circuits dedicated to that action. Unconscious examination of the problem proceeds in the shadow of conscious searching and thought. Eventually this unconscious processing produces a great idea, which then rises to the level of consciousness. From below the world of consciousness, a small bubble rises up. As it nears the boundary of that realm, the bubble grows larger, and finally it bursts as it breaks into consciousness, making an inexpressible sound. It is a great idea.

Ciò assomiglia al modo in cui si raggiunge l’illuminazione Zen, stando seduti in silenzio e vuotando la propria mente fino a che essa giunge.. Quando si chiede a qualcuno come ha raggiunto l’illuminazione, tutti diranno praticando lo Zen. Un progettista che riesce a raggiungere l’illuminazione è un architetto eccezionale. I corridori corrono veloci perché sono corridori veloci. I compositori compongono musiche bellissime perché ne sono capaci. Se vogliamo una spiegazione più profonda, quale sarebbe? Lo facciamo perché possiamo. E’ una scatola nera. O sarebbe meglio chiamarla una scatola magica.

This is similar to the way that enlightenment is achieved in Zen, by sitting quietly and emptying the mind until it arrives. When asked how one achieved enlightenment, all one can say is by practicing Zen. A designer who can achieve enlightenment is an exceptional architect. Runners run fast because they are fast runners. Composers compose beautiful music because they can. If we want a deeper explanation, what would it be? We do it because we can. It is a black box. Or it might be better to call it a magic box.

Programmi di forza bruta: Il percorso più lungo ma più sicuro – l’esperimento scientifico L’INDUCTION DESIGN è un tentativo di gettare una luce scientifica su quella scatola magica. Il modo in cui i circuiti dei processi si formano gradualmente nel cervello attraverso un allenamento manuale di prova-e-errore può assomigliare alla tecnica dei programmi conosciuta come reti neurali. Naturalmente, non è possibile replicare i complicati processi che avvengono nel cervello. Ma possiamo fare cose che il cervello non può fare. Una di queste è processare grandi quantità di dati in modo prolungato e non stancante. E per di più senza errori. La ripetizione dello stesso tipo di compito molte molte volte e senza errori è qualcosa che il cervello umano non sa fare. Ma è ciò che i programmi fanno meglio. O piuttosto, tutto ciò che sanno fare.

Brute force programs: The longest but surest path – scientific experiment INDUCTION DESIGN is an attempt to shine a scientific light on that magic box. The way that processing circuits gradually form in the brain through training in manual trial and error may resemble the programming technique known as neural networks. Of course, it is not possible to replicate the complicated processes that take place in the brain. But we can do things that the brain cannot do. One of those is drawn-out but untiring processing of large volumes of data. Moreover, without errors. Repetition of the same kind of task, over and over and without errors, is something that the human brain cannot do. But this is what programs do best. Or rather, all that they can do.

Invece dell’illuminazione raggiunta attraverso un rigoroso allenamento spirituale, il risultato di un processo logico. Invece di scoperte fatte attraverso prove-e-errori, ricerca sistematica. Invece di di particolarità irriproducibili, riproducibilità verificabile. Non letteratura, ma scienza.

Instead of enlightenment achieved through rigorous spiritual training, the result of a logical process. Instead of discoveries made through trial and errors, systematic searching. Instead of irreproducible singularities, verifiable reproduction. Not literature, but science.

Design ALGO(ritmico) / INDUCTION DESIGN: Cosa migliora coi programmi? Dunque, cosa può fare la scienza? Solo perché c’è un sistema per creare una forma = un algoritmo, non è necessariamente una cosa buona. (Ovviamente, non è neppure una cosa cattiva). Ciò che importa è l’obiettivo – ciò che l’algoritmo può fare. Uno strumento senza un obiettivo è come un’auto senza conducente che scende da una strada di montagna. Nessuno sa dove finirà.

ALGO(rithmic)Design / INDUCTION DESIGN: What becomes better with programs? So, what can science do? Just because there is a system to create form = an algorithm, it is not necessarily a good thing. (Of course, it is not a bad thing either.) What is important is the objective – what the algorithm can accomplish. A tool without an objective is like a car without a driver rolling down a mountain road. No one knows where it will go.

Per esempio, se in un programma che crea la forma secondo delle regole si include un certo grado di casualità, diventa automaticamente possibile creare qualsiasi numero di variazioni della forma. Nel caso di questo metodo, il programma non risolve alcun problema.

For example, if a degree of randomness is incorporated into a program that creates form according to rules, automatically it becomes possible to create any number of variations of the form. In the case of this method, the program is not solving any problem.

E’ anche possibile creare forme complicate usando i frattali o formule del caos. Variando i parametri, si possono disegnare infinite variazioni. E' virtualmente impossibile disegnare a mano forme come quelle che si possono creare con un software Julia o una procedura ricorsiva. Metodi simili sono efficaci banchi di prova tecnici, ma la questione è come usarli e per quali obiettivi.

It is also possible to create intricate shapes by fractal or chaos formulas. By varying the parameters, an infinite number of variations can be drawn. It is virtually impossible to manually draw a form like those that we can create with a Julia set or a recursive procedure. Methods like those are effective class of techniques, but the


Determinare questo è la funzione centrale dell’INDUCTION DESIGN.

question is how to use them and for what objectives. Determining that is the core function of INDUCTION DESIGN.

E’ possibile anche creare dei programmi di simulazione che mostrino i risultati del comportamento in determinate condizioni. Una simulazione di gravità può estrarre la forma degli spruzzi di acqua mentre questa cade. Ma anche in questo caso, un algoritmo che genera una forma non è sufficiente da solo. Una condizione dell’INDUCTION DESIGN è che l’algoritmo risolva qualche tipo di problema.

It is also possible to create simulation programs that display the results of behavior under specified conditions. A gravity simulation could extract the shape of water scattering as it falls. But here as well, a shape generating algorithm alone is not enough. A condition of INDUCTION DESIGN is that the algorithm solve some kind of problem.

Dai programmi del mondo naturale Per esempio, ShinMinamata-MON assomiglia a un albero. Ma nessuno ha bisogno di un programma per progettare una forma che sembra un albero. Fin dai tempi antichi, le forme degli organismi viventi sono state una miniera di citazioni per l’architettura. Spesso sono usate metaforicamente, come nel metabolismo. Ma una forma citata non è nulla di più che una citazione. Una metafora è solo una metafora, qualcosa di simile alla letteratura. Il programma KeiRiki-1 impiegato per ShinMinamata-MON usa un metodo che si avvicina a quello in cui gli organismi viventi generano lo scheletro, rendendolo disponibile per un uso in architettura. La somiglianza delle forme che ne risultano è un effetto superficiale, dovuto al fatto che i principi generatori sono simili. C’è una differenza sostanziale tra la generazione programmatica e le citazioni tradizionali o le allusioni metaforiche agli organismi viventi. Invece di imitare una forma, si acquisisce una forma apprendendone i principi.

From the programs of the natural world For example, ShinMinamata-MON resembles a tree. But no one needs a program to design a shape that resembles a tree. From ancient times, the shapes of living things have been a treasure house of quotations for architecture. They are often used metaphorically, as in metabolism. But a quoted shape is nothing more than a quotation. A metaphor is only a metaphor, something like literature. The KeiRiki-1 program used for ShinMinamata-MON utilizes a method that is close to how living organisms generate skeletons, making it available for use in architecture. The resemblance in the resulting forms is a superficial effect, due to the fact that the generating principles are similar. There is a decisive difference between programmatic generation and conventional quotations or metaphorical allusions to living things. Instead of imitating form, acquire form by learning the principles.

Ma in che modo l’architettura diventerà migliore imparando dagli organismi? Diventerà migliore perché acquisirà la razionalità che gli organismi possiedono come parte della loro natura.

But how will architecture become better by learning from organisms? It will become better because architecture acquires the rationality that organisms possess as part of their nature.

Cosa è tale razionalità? E’ ciò che permette agli organismi di acquisire forme che rispondono a un determinato set di condizioni richieste in un certo ambiente, con il minimo dispendio di risorse e il minimo rischio.

What is that rationality? It is what allows organisms to acquire forms that meet a certain set of required conditions in a certain environment, with the minimum expenditure of resources and the minimum risk.

I vantaggi di questa razionalità vanno oltre il semplice utilizzo di risorse senza sprechi. Se non c’è bisogno di fare un qualche spreco, il risultato è proprio quel margine di vantaggio in termini di risorse globali. Questo margine può essere usato per migliorare altre cose. C’è un altro punto importante. Le forme con questo tipo di razionalità sono spesso belle (sebbene non sempre). In questo caso, la “bellezza” non significa carino o piacevole. Si riferisce a un giudizio generale intuitivo che “questo è buono”. E’ un tipo di bellezza onnicomprensivo che include apparenza, struttura, funzione, e aspetti quali capacità di stupire, calma, esattezza sebbene noi non sappiamo perché, estremismo, equilibrio, armonia.

The advantages of this rationality go beyond simply using resources without waste. If there is no need to make anything wasteful, the result is just that much more leeway in total resources. That leeway can be invested in making other things better. There is another important point. Forms with this kind of rationality are often beautiful (although not always). In this case, “beauty” does not mean pretty or lovely. It refers to an overall intuitive judgment that “this is good”. It is a comprehensive kind of beauty that includes impressions, function, and structure, including aspects like amazing, cool, just right although we don't know why, extreme, balanced, and harmonious.

Programmi per oggetti artificiali Un altro vantaggio è quello di essere in grado di soddisfare le condizioni necessarie in un modo che non si può fare manualmente. Sarebbe impossibile creare manualmente, per quanto ci si potesse sforzare, le forme complesse generate per soddisfare le condizioni specifiche della nuova SUNGOD CITY. Nel progetto WEB FRAME, se avessimo voluto creare manualmente una forma completamente diversa che soddisfacesse le condizioni date, allora, ogni volta che si fosse cambiata una singola collocazione sarebbe stato necessario cominciare da capo e ripartire da zero per soddisfare le nuove condizioni. Se ciò si fosse ripetuto a ogni cambiamento, il progetto non sarebbe mai stato completato. Per completarlo ci voleva un programma computerizzato. I progetti che sono impossibili da realizzare con gli schizzi a mano e con la grafica computerizzata diventano possibili con l’INDUCTION DESIGN.

Programs for artificial objects Another advantage is being able to satisfy required conditions in a way that cannot be done manually. The complex forms generated to satisfy the specified conditions of neo SUNGOD CITY would be impossible to create manually, no matter how hard we try. In the WEB FRAME project, if we wanted to create a completely different form that satisfied the specified conditions manually, then every time a single location was changed it would be necessary to begin again and satisfy the conditions again, starting from zero. If this had to be repeated with every change, the design would never be completed. To complete the project, a program is needed. Designs that are impossible with manual sketches and computer graphics become possible with INDUCTION DESIGN.

Alla fine – Concordia res parvae crescunt Alla fine, i programmi e gli schizzi, la logica e la sensibilità si riuniranno per completarsi a vicenda, rendendo possibile ciò che nessuno dei due può fare da solo. Gli approcci da entrambe le aree risuoneranno in accordo per creare una bella musica. Utilizzando i programmi, la sensibilità sarà liberata da compiti faticosi e potrà spiegare le sue ali per volare più liberamente. I programmi, guidati dalla sensibilità e dall’immaginazione, diventeranno capaci di creare belle forme. Questa armoniosa relazione di collaborazione non è ancora stata stabilita. Ma è possibile. Verrà il giorno in cui il “versus” del titolo di questo articolo cambierà in “concordia”.

Eventually – Concordia res parvae crescunt Eventually, programs and sketches, logic and sensibility will come together to complement each other, enabling what neither can accomplish alone. Approaches from both areas will resonate in concert to create beautiful music. By utilizing programs, sensibility will be liberated from laborious tasks and allowed to spread its wings to fly more freely. Guided by sensibility and imagination, programs will become able to create beautiful forms. This graceful cooperative relationship has still not been established. But it should be possible. The day will come when then the “versus” in the title of this issues changes to “concordia”.



WEB FRAME-II WEB FRAME-II (2011) è stato progettato dieci anni dopo WEB FRAME. Il soffitto della stazione doveva essere rialzato per aggiungere una scala mobile. Per procurare lo spazio per l’aggiunta, il concetto è stato di sollevare parte della WEB FRAME esistente dal basso con tre ellissoidi virtuali rotanti. La WEB FRAME esistente era composta da elementi diritti, mentre la nuova WEB FRAME-II utilizza elementi curvi per consentire il metodo virtuale di sollevamento con ellissoidi rotanti. Le limitazioni della produzione fisica e della costruzione hanno limitato il numero delle intersezioni e dei loro angoli di diramazione. Il numero e le posizioni delle diramazioni e delle intersezioni è collegato in modo che non sia possibile stabilire questi elementi indipendentemente, uno per uno. Il programma ha reso possibile generare simultaneamente le linee curve e le intersezioni che rispondevano alle limitazioni. Dei tre ellissoidi virtuali rotanti, il più grande fluttua sopra alla cima del progetto. Gli elementi curvi seguono l’ellissoide fino alla cima, irradiandosi verso l’esterno senza chiusura. La “forza” di questa irradiazione deriva non dal programma ma da uno schizzo a mano libera. In tal modo, WEB FRAME-II è stato realizzato grazie alla cooperazione tra uno schema di rete generato al computer e una modalità di espansione derivata da una traiettoria tracciata a mano libera. Nella WEB FRAME originale, non vi erano due parti identiche. Ma paradossalmente, tutte le parti sembrano simili. Questo potrebbe essere descritto come una illustrazione della parità e omogeneità del sistema a rete contemporaneo. Ma in WEB FRAME-II l’uniformità si perde via via che il progetto si avvicina alla cima. Sebbene, si sovrapponga e coesista con una rete uniforme, WEB FRAME-II indica che è (o sarebbe) possibile anche sfuggire intenzionalmente all’uniformità e dimostra come si possa fare. Se la coesistenza con i programmi al computer sia possibile attraverso il movimento di linee tirate a mano è il tema che rimane da esplorare più a fondo.

WEB FRAME-II WEB FRAME-II (2011) was designed 10 years after WEB FRAME. The ceiling of the station needed to be raised for the addition of an escalator. To secure space for the addition, the concept was to raise part of the existing WEB FRAME by lifting it from below with three virtual rotating ellipsoids. The existing WEB FRAME was composed of straight members, but the new WEB FRAME-II utilized curved members in order to enable the virtual method of elevation by rotating ellipsoids. Physical fabrication and construction restraints limited the number of intersections and their branching angles.The number and positions of branches and intersections are linked, so that it was not possible to decided them independently, one by one. This program made it possible to simultaneously generate curved lines and intersections that satisfied the limitations. Of the three rotating virtual ellipsoids, the largest ellipsoid floats at the tip of the design. Curved line members follow the ellipsoid at the tip, radiating outward without closure. The “momentum” of this radiation derives not from the program but from freehand sketching. In this way, WEB FRAME-II was produced through cooperation between a programmatically generated web pattern and an expanding modality derived from a freehand trajectory.

WEB FRAME-II program trials

In the original WEB FRAME, no two parts are identical. But paradoxically, all parts appear to be similar. This could be described as an illustration of the parity and homogeneity of the contemporary web network. But in WEB FRAME-II, uniformity is lost as the design approaches the tip. Although it overlaps and coexists with a uniform network, WEB FRAME-II indicates that it is (or may be) also possible for intention to escape uniformity and shows how that might be done. Whether coexistence with programs is possible through the movement of lines spun out by hand is a topic that remains to be explored further.


WEB FRAME program flow


WEB FRAME WEB FRAME è probabilmente la prima opera di architettura al mondo la cui forma sia stata generata da un programma al computer che risolveva un insieme di condizioni richieste. WEB FRAME ha preso forma nel sottosuolo della stazione Iidabashi della linea della metropolitana Oedo. E’ una intelaiatura strutturale con una configurazione a rete ed è stata generata da due tipi di condizioni: condizioni assolute, che dovevano essere soddisfatte, e intenzioni dell’architetto, che in genere dovevano essere soddisfatte. Il processo generativo assomiglia alla crescita di una pianta, con le radici che emergono da un seme piantato sottoterra e si estendono secondo le regole della gravità nella loro ricerca di acqua e terreno soffice. WEB FRAME WEB FRAME is probably the first work of architecture in the world with a form that was generated by a computer program that solved a set of required conditions. WEB FRAME took shape below ground at the Iidabashi station of the Oedo subway line. It is a framework with a networked configuration, and was generated from two types of conditions: absolute conditions, which must be satisfied, and the intentions of the architect, which should generally be satisfied. The generative process resembles the growth of a plant, as roots emerge from a seed planted beneath the ground and extend themselves according to the rules of gravity, while searching for water and soft soil.



LSM : member size decided by the KeiRiki program depending on each stress

Lsize Msize

Ssize

load point

KeiRiki-1-2 Lo scopo della serie KeiRiki è di generare una forma e ottimizzare la struttura. Oltre alla creazione di forme, assicura che esse siano razionali in termini di meccanica strutturale. La razionalità in termini di meccanica strutturale è definita dal rendere minima la massa totale di elementi necessari per configurare la forma. ShinMinamata-MON è stata creata con KeiRiki-1. Gli elementi sono stati selezionati tra tre tipi (SML) a seconda delle sollecitazioni. E’ probabilmente la prima opera di architettura al mondo che è stata progettata usando un programma che genera la forma e allo stesso tempo assicura la razionalità strutturale.

KeiRiki-1,-2 The purpose of the KeiRiki series is to generate form and to aptimize (optimize) structure. In addition to creating forms, it ensures that they are rational in terms of structural mechanics. Rational in terms of structural mechanics is defined as having the minimum total mass of members required to configure the form. ShinMinamata-MON was created with KeiRiki-1. Members are selected from among three types (SML) according to stress. This is probably the first work of architecture in the world that was designed using a program that generates form at the same time as ensuring structural rationality.


additional loads

increased thickness by the stress

additional loads KeiRiki-3 Come elementi strutturali, KeiRiki-1 e KeiRiki-2 usano materiali diritti come travi e tubi. La razionalità meccanica è assicurata dalla selezione automatica delle dimensioni di sezione degli elementi a seconda delle sollecitazioni. Questi programmi configurano principalmente strutture con telai di acciaio.

the weight of the structure, the wind and seismic load:calculated automatically

red color part:larger stress

KeiRiki-3 gestisce strutture a guscio. Varia automaticamente lo spessore del guscio a seconda della quantità di sollecitazioni cui è soggetto. Usando la serie KeiRiki, il progettista può calcolare visivamente la razionalità strutturale del progetto e identificarne i punti deboli in tempo reale. E’ un caso in cui la scienza va di pari passo con l’atto di progettare. Immagini in questa pagina: i risultati di KeiRiki-3 con sovrapposta la forma originale. Lo spessore del guscio varia a seconda della sollecitazione. Per facilitare la comprensione, questa immagine mostra le variazioni di spessore ingrandite 5 volte. Le differenze di spessore reali sono minori.

increased thickness by the stress


increased thickness by the stress

additional loads

KeiRiki-3 As structural members, KeiRiki-1 and KeiRiki-2 use straight materials like beams and tubes. Mechanical rationality is ensured by automatic selection of the sectional size of members according to stress. These programs envision mainly structures with steel frameworks. KeiRiki-3 handles shell structures. It automatically varies the thickness of the shell according to the amount of stress to which it is subjected. By using the KeiRiki series, the designer can visually gauge the structural rationality of the design and identify its weak points in real time. It is a case of science running side by side with the act of design. Figures on this page: the results of KeiRiki-3 with the original form overlaid. The thickness of the shell varies according to stress. For ease of understanding, this image displays variations in thickness magnified 5 times. The actual differences in thickness are smaller.

CoCoon project (Taiwan 2009)



Neo SUNGOD CITY SUNGOD CITY è stata creata nel 1994. E’ stato il primo programma della serie Induction Cities. Con la condizione che tutte le unità ricevessero almeno una certa quantità di luce solare, il programma genera un complesso residenziale multi-unità in cui la densità e l’altezza ricadono in una gamma specificata. Invece del metodo tradizionale (ancora in uso) di collocare l’architettura in modo da evitare le ombre, questo programma era basato su un concetto nuovo: raccogliere la luce grazie ad aperture virtuali attraverso un certo numero di unità di tempo suddivise attentamente. Questo metodo è stato possibile solo grazie all’uso del computer. Ha reso possibile la creazione di un’ampia varietà di forme e spazi, in forte contrasto con l’approccio convenzionale di sistemare una certa quantità di blocchi in uno schema monotono. Neo SUNGOD CITY è la versione del 2011 di questo programma, con varie nuove caratteristiche. Si può selezionare una condizione di connettività per unità. Quando la condizione di connettività è attivata, un’unità deve essere connessa a un’altra unità almeno da un lato. Quando è spenta, un’unità può fluttuare liberamente nella gamma di altezza specificata. Attivando e disattivando alternativamente questa condizione, è possibile “indurre” la forma generale fino a una certa grandezza.

neo SUN GOD CITY 2011

SUN GOD CITY 1994

neo SUNGOD CITY SUN-GOD CITY was created in 1994. It was the first program in the Induction Cities series. Under the condition that all units receive at least a certain amount of sunlight, the program generates a multi-unit housing complex where density and height fall within a specified range. Instead of the traditional (and still used) method of arranging the architecture so as to avoid shadows, this program was based on a new concept: collect light that shines through virtual openings across a number of finely divided units of time. This method became possible only through use of a program. It enabled a wide variety of shapes and spaces, in stark contrast to the conventional approach of arranging a number of blocks in a monotonous pattern. neo SUN-GOD CITY is the 2011 version of this program, with a several new features. A connectivity condition can be selected for units. When the connectivity condition is ON, a unit must be connected to another unit by one at least one side. When it is OFF, a unit can float freely with the specified height range. By alternately turning this condition ON and OFF, it is possible to “induce” the overall form to certain extent.


Sowing seeds : numerical value = starting number of stories

Sow

Requirements

Running of the nSG program: 'the plants grown up'

Grow

Generation

Architecture

Bloom Bloom Solution S

as Crops


Il seme di neo SUNGOD CITY Nel seme di neoSUNGOD CITY è possibile, fino a un certo punto, “indurre” risultati distribuendo le unità iniziali in luoghi scelti liberamente prima di iniziare. E’ come scegliere il posto dove piantare i semi e poi guardare le piante che crescono. Che tipo di fiori germoglieranno, e dove?

neo SUNGOD CITY seed In neo SUN-GOD CITY seed, it is possible to “induce” results to a certain extent by distributing initial units in freely chosen locations before starting. It is like selecting locations to sow seeds and then watching as plants grow. What kind of flowers will bloom, and where ?

Figure in questa pagina: esempi sperimentali. A seconda delle differenze nei valori iniziali, collocati come si desidera, appaio grandi differenze nei risultati. Regolazioni quali l’estensione del luogo, quantità richiesta di luce solare, limiti di altezza, numero di unità sono tutte le stesse. Invece di progettare direttamente il risultato, come nel progetto convenzionale, si possono ottenere i risultati attraverso una tranquilla induzione specificando le condizioni e i valori iniziali.

Figures on this page: trial examples. Depending on differences in initial values, placed as desired, large differences appear in the results. Settings such as the extent of the site, required amount of sunlight, height limits, and number of target units are all the same. Instead of designing the result directly, as in conventional design, it is possible to obtain results through relaxed induction by specifying conditions and initial values.

Più luce o più buio Alcuni potranno dire che in Europa, diversamente che in Giappone, la luce naturale non è una necessità così stringente nelle residenze. Ma pensateci. SUN-GOD CITY permette alle case di ricevere la luce in modo efficiente. Quando tutti i materiali usati per i muri esterni e le finestre assumono la funzione di cellule solari, allora diventa possibile ridurre la quantità totale di energia consumata. In altre parole ricevere più o meno luce. SUNGOD CITY (:SG) o Anti-SUN-GOD CITY (= MOON-GODDESS CITY: MG). Questa scelta dipende dal fatto che si veda la luce come risorsa da sfruttare o come carico di calore da evitare. La decisione sarà associata a successive innovazioni per convertire la luce in energia.

More light, or more darkness Some may say that in Europe, unlike Japan, sunlight is not be such an urgent requirement for housing. But think about it. SUN-GOD CITY allows housing to receive light efficiently. When all of the materials used in exterior walls and windows acquire the function of solar cells, then it will become possible to reduce the total amount of energy consumed. Receiving more light or less light, in other words SUNGOD CITY(:SG) or anti-SUN-GOD CITY(=MOON-GODDESS CITY:MG). That choice depends on whether light is viewed as a resource to be exploited or as a heat load to be avoided. The decision will be related to further innovations for converting light into energy.

L’architettura nutrita dalla luce del sole Sia nSG che MG possono essere definite architetture nutrite dalla luce del sole. Esse si sviluppano in un modo che assomiglia a quello delle piante in natura cercando la luce e crescendo attraverso la fotosintesi. E poi gli animali assumono energia da queste piante. La luce del sole nutre tutti gli esseri viventi e, probabilmente, è anche un fattore fondamentale che sottintende alla genesi e alla continuità dell’architettura e delle città come ecosistemi artificiali. La luce non è una scelta tra alternative, come quella tra il carico del condizionamento d’aria o una fonte di energia. E’ un’energia materna che nutre le città e l’architettura.

Architecture nourished by the light of the sun Both nSG and MG could be called architecture nourished by the light of the sun. They develop in a way that resembles plants in nature seeking out light and growing through photosynthesis. And then animals acquire energy from those plants. The light of the sun nourishes all living things, and it is probably also a fundamental factor behind the genesis and continuity of architecture and cities as artificial ecosystems. Light is not an either-or choice, like that between air-conditioning load or power source. It is a maternal power that nourishes cities and architecture.


PRIVA CitY SUN-GOD CITY si occupa della luce, ma il programma è basato sulla privacy. Il campo visivo che si ha da ciascuna apertura di un’unità è specificato con un angolo solido. In una gamma specificata, è proibito sovrapporre i campi visivi delle altre unità. In altre parole, non posso vedere gli altri e gli altri non possono vedere me. Bisogna generare le sistemazioni delle unità che soddisfino tale condizione. Si possono specificare la gamma dei campi visivi e gli angoli di reciprocità.

neo SUN-GOD CITY program

PRIVACITY program The sightlines showing the range of distance limitations Possible windows 'not seeing each other'.

Every vertical face of the units have heir own solid angle cone.

blue screens=windows 'not seeing each other'

solid angle cone

SUNGOD in PRIVA.CITY Ogni programma usa uno standard. Ma che succede combinando due programmi? Questo programma è una combinazione di SUN-GOD CITY e PRIVA CitY. Neo SUN-GOD CITY genera forme, e PRIVA CitY genera le possibili superifici aperte. Mentre SUN-GOD CITY tratta uno standard unidirezionale (luce), questo programma genera forme attraverso gli effetti reciproci – vedere ed essere visti. PRIVACitY SUN-GOD CITY deals with light, but this program is based on privacy. The field of vision from each opening of a unit is specified with a solid angle. Overlap with the fields of vision from other units is prohibited within a specified range. In other words, I cannot see others and others cannot see me. Generate unit arrangements that satisfy this condition. The range of the fields of vision and the degree of reciprocity can be specified. SUNGOD in PRIVA.CITY One program uses one standard. But what about a combination of two programs? This program is a combination of SUN-GOD CITY and PRIVACitY. neo SUN-GOD CITY generates forms, and PRIVACitY generates possible opening surfaces. While SUN-GOD CITY deals with a unidirectional standard (light), this program generates forms by means of reciprocal effects – seeing and being seen. credit : program parts concept/direction/design: Makoto Sei Watanabe KR-structural aptimizing program: Makoto Ohsaki KR-interface program/ID-program: Takashi Chiba (ID-transforming CG (right page): Atuo Nakajima) photo/image: ARCHITECTS' OFFICE


Aggregation of rectangular units by neo SUN-GOD CITY progarm

3D curved surface satisfying the condition to be solved by each progam

[Aggregazione di unità rettangolari <> superfici curve 3D] esperimento di conversione Molti dei nuovi programmi Induction City generano la forma in unità cubiche. Questo serve a favorire una rappresentazione facilmente comprensibile delle funzioni del programma; le unità non devono limitarsi alla forma cubica. Possono andar bene anche sfere o sferoidi. Qualunque forma va bene. Ciò che importa è il tipo di configurazione generale che si ottiene. In un passo successivo, sono ora in atto esperimenti per convertire queste aggregazioni in superfici lisce 3D curve. Se ciò sarà possibile, si potrà fare la conversione [Aggregazione di unità rettangolari <> superfici curve 3D] . Entrambe diventeranno forme che soddisfano le condizioni da risolvere, come la luce o l’energia o le condizioni funzionali. [Aggregation of rectangular units <> 3D curved surface] conversion trial Many of the new Induction City programs generate form in cubeshaped units. This is to facilitate an easily understood display of program functions; the units need not be limited to cubes. Spheres or spheroids would also work. Any shape would work. The important question is the kind of overall configuration that is obtained. In a further step, trials are now being carried out to convert these aggregations into smooth 3D curved surfaces. If this becomes possible, it will enable [Aggregation of rectangular units <> 3D curved surface] conversion. Both will become forms that satisfy the conditions to be solved, such as light or energy or functional conditions.

Free forms satisfying the condition to be solved by each progam


Schizzi senza ritorno Qui vediamo l’ordine del processo di schizzare. Tutti gli schizzi, non solo in questa pagina, sono tracciati senza cancellature. Una volta che una linea è tracciata, è come è. E’ viva. In ciascuno schizzo risiede la possibilità di produrre architettura. Gli schizzi sono i semi dell’architettura. Possono crescere e diventare un germoglio e poi un’architettura compiuta. Ma non è ancora tempo per loro di germogliare. Questi semi stanno dormendo e sognando. Possiamo spingere in profondità lo sguardo per vedere quei sogni, dall’altra parte dello schermo?

Sketches with no going back Here we see the order of the sketching process. All sketches, not only on this page, are drawn without erasers. Once a line is drawn, it is as it is. It is alive. Each of the sketches harbors the possibility of producing architecture. Sketches are the seeds of architecture. They may grow to become buds and then fully realized architecture. But it is not yet time for them to germinate. These seeds are asleep and dreaming. Can we look deeper to see those dreams, on the other side of the screen?


All sketches are drawn without erasers. Once a line is drawn, it is alive. Tutti gli schizzi sono tracciati senza cancellature. Una volta che una linea è tracciata, è viva.


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LINK LIN

WEB FRAME

SPIRAL

K-Z

STRINGS

RIBBONs

FORWARD

K-MUSEUM

RADIANT

ShinMinamata station

UPWARD


Semi nei sogni Questi schizzi non sono stati disegnati come parte di un processo progettuale per le opere di architettura con cui si manifesteranno. Sono schizzi singoli che esistono in una mutua relazione di risonanza con i veri lavori di architettura.

ShinMinamata MON

Questi schizzi non sono i genitori del progetto. Sono tracciati da un gruppo di immagini sviluppate insieme al progetto, una rete che attraversa la gerarchia del tempo. Potremmo chiamarli fratelli, sorelle, nonni o cloni con geni leggermente diversi. Sono come le innumerevoli mutazioni generate da algoritmi genetici. Seeds in dreams These sketches were not drawn as part of the design process for the architectural works with which they appear. They are individually drawn sketches that exist in a mutually resonant relationship to the actual works of architecture. These sketches are not the parents of the design. They are drawn from a group of images that developed alongside the design, a network that crosses the hierarchy of time. We could call them brothers, sisters, and grandparents, or clones with slightly different genes. They are like the innumerable mutations generated by genetic algorithms.

RIBBONs

ShinMinamata station

WEB FRAME -II

The day will come when then the "versusˮ in the title of this issues changes to “concordia”. Verrà il giorno in cui il “versus” del titolo di queste pagine si muterà in “concordia”.

RIBBON

K-Z

FIBER WAVE

K-Z


Maurizio Vitta

IN ATTESA THE HORIZON OF SCHOOL ARCHITECTURE “Tutti fermi! Tutti zitti! E guai se vedo muovere un muscolo del viso!”. Così gridava dalla cattedra il professore nel Giornalino di Gian Burrasca, di Vamba, apparso a puntate tra il 1907 e il 1908. E’ lecito partire da questa immagine per riflettere sull’architettura scolastica nel XXI secolo, come se il tempo trascorso da allo ra non avesse modificato in alcun modo la rappresentazione quasi ancestrale che della scuola tutti noi ci portiamo dietro da tempo (il timore del docente, l’autorità della cattedra, l’angoscia delle interrogazioni, l’aula percepita nella prospettiva del banco e della cattedra, gli scherzi giovanili come la colla stesa sul sedile delcompagno di fronte)? Nonostante tutti i mutamenti di costume e di stile di vita, a onta di tutte le riforme, a dispetto perfino del discredito in cui la massificazione della cultura ha gettato l’istituzione formativa, la risposta è, in prima istanza, sì: quelle antiche immagini condensano ancora in gran parte il senso profondo della scuola, non in quanto elemento strutturale, ma come esperienza vitale. In seconda istanza, però, a uno sguardo più attento, non è difficile intravedere, nelle pieghe di questa esperienza, mutazioni profonde, di cui per il momento non si distinguono gli esiti. Chiediamoci allora quale sia, nella fattispecie, la funzione dell’architettura scolastica, chiamata a riflettere su questa continuità e sulle sue possibili trasformazioni. Il sospetto – o, se si preferisce, l’ipotesi di partenza – è che la cultura progettuale, sulla spinta dei mutamenti culturali, abbia profondamente innovato il corpo architettonico degli edifici scolastici, la loro presenza monumentale nel tessuto sociale, lasciando però inalterata l’organizzazione spaziale interna, dotandola magari di nuovi servizi, ma rispettando nella sostanza il tradizionale modello gerarchico della trasmissione del sapere. Per disegnare una scuola, però, bisogna entrarci e viverci; e solo dopo averne inteso con sufficiente precisione le esigenze, le modalità, i modelli di comportamento e di funzionamento, si può rivolgere l’attenzione all’esterno, al corpo formale e rappresentativo dell’edificio. Cominciamo da quella che potremmo definire la monade dell’architettura scolastica, ossia dall’aula – luogo esistenziale, macchina didattica, atmosfera, tassello sempre vivo e sensibile di tutta l’esperienza futura del fruitore. L’aula, prima di essere un ambiente, è uno spazio. Questo spazio, però, non vive della pura tridimensionalità euclidea (lunghezza, larghezza, distanze) né della semplice funzionalità ergonomica (ingressi, uscite, luce, percorsi, banchi, lavagna) che il progetto architettonico si limita ad assicurare. Al contrario, vive di geometrie vitali, di funzioni concettuali, di dimensioni psicologiche. Sul piano orizzontale esso tende a una triangolarità che fa confluire tutte le tensioni percettive sul vertice rappresentato dalla cattedra, dalla figura dell’insegnante, dalla voce docente, che assume il ruolo di punto focale di una organizzazione funzionale. Su quello verticale si organizza in una struttura piramidale, lungo la quale il sapere si trasmette, si incrocia a vari livelli con quello dei suoi destinatari, feconda terreni di coltura, si metabolizza nella coscienza delle singole individualità, si distribuisce nella collettività. Ma fin qui siamo ancora appena al di sotto della superficie. Più oltre, infatti, s’intravedono altri vettori, altre linee di forza che s’intersecano in quello spazio. La scuola come trasmissione del sapere s’innesta in profondità nel corpo di un’ideologia che varia nel tempo, conservando però la propria funzione d’orientamento. L’idea che il sapere si situa al vertice di una gerarchia dalla quale esso deve discendere come sanzione di un’autorità indiscutibile fu nell’Italia monarchica alla base della scuola liberale (legge Casati del 1859), si impennò nell’Italia fascista nella visione autoritaria del rapporto mistico tra Maestro e Discepolo posto alla base della riforma Gentile (1923) e si distribuì infine nell’Italia repubblicana in una serie alquanto disorganica di adattamenti e migliorie ispirati ai principi democratici della modernità. In che modo l’architettura scolastica ha interpretato, lungo tutte queste vicende storiche, lo spazio esistenziale, culturale e ideologico dell’aula? L’impressione è che finora esso sia rimasto invariato nella sua configurazione geometrica, nella quale si sono avvicendati personaggi diversi (dalla deamicisiana maestrina con la penna rossa al don Milani di Lettera a una professoressa, fino al maestro di Io speriamo che me la cavo) senza che i rapporti dimensionali e le strutture percettive siano state sostanzialmente modificate. A mutare sono state l’immagine architettonica della scuola, l’attenzione alle funzioni socializzanti, alla sicurezza, alla salubrità, ose-

34 l’ARCA 271

remmo dire alla piacevolezza, senza tuttavia che all’elemento primario dell’intera organizzazione della scuola – l’aula per l’appunto, il luogo della comunicazione, dell’elaborazione e del controllo del sapere – sia mai stato diretto un impegno progettuale non diciamo di interpretazione, ma almeno di analisi critica. Responsabilità della cultura, del progetto sociale, dell’architettura: in questo ritardo ciascuno deve giustificare le proprie scelte. Tuttavia, ciò che per lo più non è finora riuscito ad alcuna delle forze in gioco s’impone ormai nei fatti. Come abbiamo già detto, all’orizzonte si profila un mutamento radicale, che potrebbe rimettere in discussione l’intero impianto funzionale della scuola proprio a partire dall’aula e dalle modalità di trasmissione della cultura. Siamo tutti consapevoli, infatti, della presenza sempre più massiccia, nella scuola, di apparati informatici e digitali più o meno accettati o tollerati. Ma sappiamo anche che il futuro delle nostre conoscenze sarà progressivamente affidato ad essi, il che significa che lo spazio tradizionale dell’aula, triangolare e piramidale, sarà prima o poi sostituito da uno spazio puntiforme, nel quale l’insegnamento si disporrà secondo le linee di collegamento trasversali e pluridirezionali tipiche dell’ipertesto. Chiunque abbia esperienza di scuola – dalle elementari all’università – sa che tale situazione è già in atto e solleva non pochi interrogativi. Le conseguenze sono prevedibili: la focalità fissa e verticale dell’insegnante come scaturigine del sapere si trasformerà in un attrattore mobile e pluridimensionale, che si disporrà in ogni punto dell’aula; la classe perderà il suo carattere di sequenza spaziale ordinata dalla vicinanza o dalla lontananza dalla cattedra, per assumere una mutevole figurazione di rapporti ora simultanei e coordinati, ora disseminati su piani temporali e spaziali diversi; il sapere scorrerà non dall’alto in basso, gerarchicamente, ma nella fluidità delle informazioni cui occorrerà di volta in volta assegnare un ordine. Ciò non vorrà dire perdita della realtà e riduzione dell’esperienza scolastica a una pura fantasmagoria di immagini. Il corpo, la sensorialità, la presenza, la consapevolezza del qui e ora saranno assicurati non più dal rigore tridimensionale dello spazio dell’aula, bensì da un’ambientazione che ne gestisca la fisicità e, insieme, la proiezione virtuale. Sarà questo l’orizzonte dell’architettura scolastica futura: garantire le invarianti antropologiche e le variabili culturali dell’aula nel momento stesso in cui se ne ripensa radicalmente la spazialità? Può darsi. Quel che è certo è che bisogna fin da ora, anche negli edifici scolastici, tornare a riflettere anzitutto sull’interno per rappresentarlo alla fine all’esterno: principio antico, ma ancora vivo, che dell’architettura della scuola potrebbe fare un’ottima scuola per l’architettura.


Immagini tratte da Vamba, Giornalino di Gianburrasca.

“Nobody move! Be quiet all of you! And don’t you dare move even a single facial muscle!”. That’s what the teacher shouted out from his desk in Vamba’s Giornalino di Gian Burrasca, published in three episodes from 1907-1908. Might this be a reasonable starting point for studying school architecture in the 21st century, as if the time that has gone by since then had not in any way altered the almost age-old image of school we have all had for so long (fear of the teacher and his or her authority, exam nerves, the classroom viewed in terms of the pupils desks and teacher’s vantage point, the mischievous behaviour of young children spreading glue over the chair of the schoolmate in front of them)? Despite all the changes in customs and lifestyles, regardless of all the reforms and even the fall from grace of schools ever since the advent of mass culture, the answer is, at least to begin with, yes: those oldfashioned images still sum up much of the deep meaning of schools, not so much as a structural feature as a life experience. However, upon closer scrutiny, it is easy to glimpse certain cracks in this experience, deep changes whose outcome is not yet certain. So let’s ask ourselves just what purpose school architecture serves as we reflect on its continuing existence and any possible changes it might undergo. The suspicion – or, if you prefer, point of departure – is that design, driven along by cultural changes, has really innovated the architectural design of school buildings and their monumental presence within the social fabric, but, nevertheless, it has left their spatial layout basically unchanged, possibly furnishing it with new services and facilities but basically conforming to the traditional hierarchical model for passing on knowledge. Nevertheless, if you are going to design a school, you need to go in one and really experience it; and only after really grasping its fundamental needs, means of operating, behavioural and functioning guidelines, can you look outwards towards the stylistic-representational body of the building itself. Let’s begin with what we might describe as the monad of school architecture or, in other words, the classroom – an existential place, educational machine, atmosphere, a lively and sensitive feature in the entire future experience of its user. More than just a setting, a classroom is a space. But this space is not just constructed around pure Euclidian three-dimensionality (length, breadth, distance), neither is it just based on ergonomic functionality (entrances, exits, light, corridors, desks, blackboard) that the architectural design accommodates. On the contrary, it thrives on vital geometric patterns, conceptual functions and psychological dimensions. On a horizontal plane it tends towards a kind of triangularity that draws all the perceptual tension towards its tip in the form of the teacher’s desk and his or her voice, which provide a focal point for the overall functional layout. This is the tip of a pyramid-shaped structure along which knowledge is conveyed, criss-crossing at various levels with the people it is designed for. It provides fertile terrain for cultivating knowledge, metabolising in the consciousness of individuals as it spreads into the entire community.

But so far we have barely scratched the surface. Further on there are additional vectors, other lines of force intersecting in this space. The school as a means of conveying knowledge is deeply entrenched in an ideology varying through time while conserving its own directional functional. The idea that knowledge stands at the top of a hierarchy down which it descends based on unquestionable authority lay at the foundations of liberal schooling in monarchic Italy (Casati’s law from 1859) developing into an authoritarian vision of the mystical relationship between Master and Disciple underscoring Gentile’s school reforms (1923) in Italy during the fascist regime and, ultimately, spreading into an extremely unstructured framework of adjustments and improvements to the democratic principles of modernity in Italy’s Republican age. So how has school architecture interpreted the existential, cultural and ideological classroom space throughout all these historical changes? The impression we get is that, so far, its geometric configuration has remained unchanged while accommodating a variety of different characters (from the schoolmistress with her red pen depicted by De Amicis to Don Milani in Lettera a una professoressa and the school master portrayed in Io speriamo che me la cavo), without its dimensional relations and perceptual structures being in any notable way modified. What has changed is the architectural image of schools, attention to socialising, safety, health and, dare we say it, pleasure, without the primary feature of the entire school organisation – the classroom (as we have already said), the real realm of communication and of elaborating upon and controlling knowledge – having undergone any kind of direct design development, even just in terms of critical analysis let alone interpretation. The responsibility for this lies with culture, social planning and architecture: each must justify the policies it has adopted resulting in this backwardness. In any case, what none of these forces in play has so far managed to achieve is now becoming urgent. As we have already said, radical changes lie on the horizon that might even call into question the entire functional layout of schools starting from their classrooms and how knowledge is passed on. Indeed, we are all well aware that schools are now increasingly filled with more or less accepted or tolerated computer-digital devices. But we also know that the future of our knowledge will gradually be confided in these tools, which means that the conventional classroom space, triangular and pyramid-shaped, will sooner or later be replaced by a pinpointed space in which teaching takes place in the kind of multidirectional, crisscross manner of a hypertext. Anybody familiar with schools – from primary schools to universities – knows that this is already happening and now posing a number of questions. The consequences are predictable: the fixed, vertical focal point of the teacher as a source of knowledge will transform into a moving, multidimensional attractor, spread throughout every point of the classroom; the class will lose its nature of being a spatial sequence based on closeness or distance from the teacher’s desk, in order to take on a constantly changing figuration of either simultaneous and co-ordinated relations or relations spread across various temporal and spatial planes; knowledge will no longer flow from the top downwards hierarchically, but actually be conveyed through a flow of information to be constantly designated different orders. This will not mean a loss of reality or diminishing of the educational experience into nothing but a phantasmagoric mix of images. The body, sensorial relations, presence and an awareness of the here and now will no longer be guaranteed by the three-dimensional precision of a classroom space but rather by a kind of setting that handles its physicality and, at the same time, its virtual projection. Is this the horizon of school architecture of the future: guaranteeing the anthropological invariables and cultural variables of the classroom while, at the very same time, radically rethinking its spatial layout? Maybe. What is certain, though, is that, even in the case of school buildings, we need to immediately start thinking, first and foremost, about their interior so as to be able to represent it on the exterior: an old-fashioned principle that is still very pertinent and which could take school architecture as an excellent ‘school for architecture’.

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Laetitia Benat

Didier Plowy

Didier Plowy

Didier Plowy

LO SPAZIO NELLO SPAZIO ANISH KAPOOR AT “MONUMENTA” IN PARIS


Nel pieno della sua fresca maturità (nato a Bombay nel 1954). E’ il suo anno cruciale. Non perché gli mancassero i riconoscimenti e le attenzioni internazionali, anche mercantili. Non si è sottratto allo stress, avendolo inteso e sentito come “sottolineatura” del suo operato, del suo pensiero artistico, della sua filosofia della vita, del suo impegno progettuale “alato” e spirituale, ma in forte collusione con le tecnologie più avanzate. Aspetti spesso praticati a fatica, quando (e l’esempio di Anish Kapoor è all’opposto) manca un autopensiero dominante, la capacità di volare con le idee. Il 2011 è anno dello “stress” per l’artista anglo-indiano, di un’attenzione enfatizzata e speciale sul suo lavoro e la relativa e straordinaria inventiva. Bacon, da una parte, Kapoor dall’altra: e senti che l’arte della seconda parte del XX secolo pulsa fortemente ma fisiologicamente, lungo questo esaltante filo rosso generazionale. Ovvio, distanza poetica a parte. E’ come se, nell’ambito del Nuovo Realismo, evidenziassimo un’analoga fenomenologia, mettendo in rapporto Yves Klein (e la citazione, nel caso di Kapoor, è pregnante) e Christo (in quest’ipotesi, è l’artista del gruppo che più si avvicina al respiro spaziale di Bacon). Stress come impegno mentale e fisico. Kapoor è celebrato a Parigi, a Venezia, a Milano. Nel capoluogo lombardo si ha ancora memoria della bellissima mostra a lui dedicata dalla Fondazione Prada per la incisiva cura di Germano Celant (era il caso che la comunicazione francese, in questa circostanza, nella succcinta rassegna delle mostre di Kapoor citasse anche questa). Pensavo fossero passati alcuni anni. Ma, malgrado ne avessi scritto, con impegno saggistico, su l’Arca, ho dovuto constatare che era il 1995. Ma con Kapoor il tempo è davvero relativo. I suoi lavori sono atemporali, intervenendo eminentemente sul terreno sensoriale e spirituale con tale sottigliezza ideativa e sensibilità profonda da rendere immateriale anche i materiali, pur tecnologici, impiegati. E’ alchemico in modo diverso da Duchamp, ma più di lui. Il francese con piglio culturale-esistenziale, il britannico in modo sensoriale-culturale. Ma culturale nel senso di esperienza storica creativa ben metabolizzata, e niente affatto culturologica. Come dice Dante, “per correr miglior acque alza le vele/ omai la navicella del mio ingegno”. Stavolta è il percorso di Kapoor a proposito di Parigi. La Ville lumière, soprannome che giova ricordare a proposito dell’’artista inglese, lo ha chiamato al Gran Palais, nell’ambito dell’iniziativa “Monumenta”. A impegnarsi in quel superbo e “schiacciante” scenario, dopo Kiefer, Boltanski e Serra, ecco Kapoor. E’ difficile dire, a suo proposito, “quest’opera è la più bella in assoluto”. In questo caso, la spinta a esprimersi così è forte. Geniale l’idea ambientale, originale l’impianto scenotecnico, di grande respiro creativo, da volta della Sistina. Che ci vogliamo fare? Mi fa trasgredire le abitudini, Kapoor, nell’essere parco nei giudizi. Con i tessuti tecnici raffinatissimi di Serge Ferrari, ecco il Leviathan (riferimento alla Bibbia e alla copertina dell’omonimo libro pubblicato, alla metà del Seicento, da Tommaso Hobbes: un gigante cosparso di tanti individui, che tiene in una mano una spada e, nell’altra, la pastorale, potere mondano e religioso). Questo “mostro” si impossessa dell’edificio fino a dare l’impressione di sfondare la vetrata che s’affaccia sugli Champs-Elysées. Parigi rinnova, in quest’occasione, il respiro dell’esposizione universale del 1900 che fu causa di quella costruzione. Kapoor gioca a ping-pong con lo spazio trovato, raccoglie la palla e la rilancia continuamente. “Uno spazio nello spazio”, come dice l’artista. Assume tecnologie sofisticatissime con le quali, invisibili deus-ex-machina, le tre sfere enormi, tra esse saldate, respirano, con effetto unimplosive, se mi si consente l’autocitazione, né implosivo, né esplosivo, ma, con un respiro lento. Le sfere si gonfiano e si sgonfiano. : monocromo totale, un dentro-fuori continuo e lento che si estende anche al basilare rapporto tra spazio creato e spazio trovato, diventati, come vuole l’artista, “entità filosofica”, ben oltre l’idea di contenitore. Spazio autoenergetico in cui il visitatore, per dirla con Kapoor, “non può essere innocente”, e viene “inondato col colore”, in questo “happening” dove il vuoto e il pieno sono paradossalmente protagonisti. Dopo l’impacchettamento del Pont Neuf, ad opera di Christo, Parigi vive un’altra grande avventura. Carmelo Strano

He is now at the very height of his powers (born in Bombay in 1954). This is the crucial year for him. Not that he has not already received plenty of international recognition and attention, even on a commercial level. He certainly has not shied away from stress, considering it to be a way of “underlining” his work, his artistic thinking, philosophy of life and spiritual or “sublime” commitment to design, in very close accordance with cutting-edge technology. Aspects that it is often a real struggle to put into practice when [and Anish Kapoor represents the other extreme] there is a lack of dominant self-thinking or the ability to let your imagination run free. 2011 is the year of “stress” for this Anglo-Indian artist, as he really focuses on his work and extraordinary powers of invention. Bacon on one hand and Kapoor on the other: and you can sense that the art of the latter half of the 20th century beats powerfully and physiologically along this exalting generational thread. Poetic distance aside, of course. It is as if, within the realm of New Realism, we were pointing towards a similarity in terms of phenomenology by relating Yves Klein (reference to whom is quite poignant in the case of Kapoor) and Christo (in this case it is the artist of the group who comes closest to Bacon’s spatial breadth and scope). Stress as both mental and physical engagement. Kapoor is being celebrated in Paris, Venice and Milan. The capital of Lombardy can still remember the wonderful exhibition the Prada Foundation devoted to him under the incisive curatorship of Germano Celant (the succinct French review of the Kapoor exhibitions ought, under the circumstances, to have mentioned this). I thought only a few years had gone by, but, despite having written an article about it for l’Arca, I was startled to note that it was back in 1995. But time really is relative with Kapoor. His works are timeless, mainly operating in the sensorial-spiritual realm with such creative subtlety and deep sensibility to even make the materials used (even if they are technological) immaterial. He is alchemical in a different way from Duchamp, yet even more so. The Frenchman with a certain “cultural-existential” flair, the Britain in a sensorial-cultural way. But cultural in the sense of fully developed creative historical experience, and certainly not culturological. As Dante says, “per correr miglior acque alza le vele/ omai la navicella del mio ingegno”. This time it is Kapoor’s route to Paris. The Ville lumière, a nickname worth remembering in relation to the British artist, has summoned him to the Gran Palais as part of the Monumenta project. So here we have Kapoor engaged in this superb and “overwhelming” setting in the wake of Kiefer, Boltanski and Serra. In relation to him, it is hard to say “this is his most beautiful work of all” but, in this case, there is a real inclination to do so. The environmental idea is ingenious, the layout has the same kind of striking creative impact as the Sistine chapel ceiling. What can I say? Kapoor makes me break my habit of being reserved in my judgements. With Serge Ferrari’s extremely refined technical fabrics, here we have the Leviathan (reference to both the Bible and the cover of the book of the same name published by Thomas Hobbes in the mid-17th century: a giant covered with hoards of entities holding a sword in one hand and a staff in the other, symbolising earthly and religious power). This “monster” takes control of the building to the point of creating the impression of breaking the glass window facing onto the Champs Elysées. In this instance Paris once gain has the air of the 1900 World Fair for which this building was originally constructed. Kapoor plays ping pong with the newly discovered space, receiving the ball and constantly hitting it back. “A space in the space”, as the artist says. He uses highly sophisticated technology as invisible deus-ex-machina for making the three enormous spheres, welded together, breathe with an un-implosive effect (if I might be allowed to quote myself), neither implosive not explosive, just slow breathing. The spheres inflate and deflate: the same colour all over, a slow and seamless inside-outside even extending to the basic relationship between created space and found space, which, as the artist intends, turn into a “philosophical entity”, much more than the idea of a container. A self-energising space in which the visitor, to quote Kapoor, “cannot remain innocent” and is “flooded with colour” in an event in which solid and space are paradoxically the leading characters. After Christo’s packing up of Pont Neuf, Paris is going on another great adventure. 271 l’ARCA 37


Didier Plowy

Dimensioni totali dell’opera(lunghezza x larghezza x altezza)/Total dimensions (length x wideness x highness): 99,89x72.23x33,60 m Superficie dell’opera tessile/ Textile area: 12.092 mq superficie totale/total area: 20.000 mq Superficie interna/Internal area: 300 mq Densità del tessile/Density of textile: 0,850 kg/mq Volume della scultura/Volume of the sculpture: 72.000 mc Peso dell’opera gonfiata/Weight of the inflated work: oltre/more than 10 t Posa in opera/Construction:

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1 settimana/week Pressione all’interno della struttura/Internal pressure: 3,75-4,25 millibars 166 pannelli in tela unici/single textile panels Capacità di accoglienza dell’opera/Internal capacity: 300 persone/people Produttore del tessuto appositamente realizzato per/Producer of the textile specifically realized for Anish Kapoor: Serge Ferrari (France) Centro studi/Study Centre: Tensys (UK) Ingegneria, Confezione, Installazione/Engineering, Packaging, Installation: Hightex GmbH (Germany)


Didier Plowy


Didier Plowy



HONG KONG DESIGN INSTITUTE Coldefy & Associés Architectes et Urbanistes/CAAU

Vincitore di un concorso internazionale promosso dal Vocational Training Council Hong Kong (Istituto di formazione superiore), l’Istituto del Design di Hong Kong, firmato dallo studio francese Coldfy & Associés/CAAU, è destinato a ospitare 4.000 studenti in discipline artistiche e multimediali, su circa 42.000 metri quadri di superficie. L’edifico è situato nel centro del quartiere di Tiu Keng Leng, a nord-est dell’Isola di Hong Kong, nel distretto di Sai Kung. A dominante destinazione residenziale e commerciale, questo quartiere è circondato da un contesto naturale particolarmente suggestivo. Il nuovo HKDI propone una reinterpretazione spaziale di un contesto di città densa, dove le relazioni sociali hanno luogo per la maggior parte ai basamenti degli edifici, mentre tendono ad annullarsi in altezza a profitto dell’isolamento; la sovraelevazione di una parte del programma permette di individuare le interazioni tra i diversi livelli e creare dei nuovi rapporti al suolo. La sua architettura leggera e trasparente, ampiamente aperta sul quartiere con aree sportive, auditorium e una grande piazza urbana (il podio) che può ospitare esposizioni e manifestazioni culturali, struttura un nuovo polo di attrazione e di vita sociale. In cemento, acciaio e vetro, l’edificio invita a una riflessione sulla combinazione di situazioni multiple e opposte: introversione e extroversione, pudore ed esposizione, esclusività e pubblicità, micro e macro città, classicismo e sperimentazione…Ogni elemento funzionale si fonde, si compenetra o si isola offrendo al progetto una visibilità immediata e al contempo pregante dalla città. L’impianto flessibile ed evolutivo permette inoltre di considerare dei collegamenti futuri con il campus vicino. Il basamento dell’edificio, sorta di “lounge urbana” gigante, favorisce gli incontri e le relazioni di scambio, favoriti dagli spazi verdi esterni e interni e dalle viste sul paesaggio, potenziando così anche il collegamento con la città. Caratteristica dalle infrastrutture di Hong Kong, il “podio” – spazio comune e nel contempo galleria esterna – concepito come un’estrusione paesaggistica del suolo, si sviluppa su due piani formando un pendio a 7 metri al di sopra di King Ling Road. 42 l’ARCA 271

Protetto dalla piattaforma superiore, può ospitare manifestazioni diverse grazie a quattro auditorium, un caffé, uno spazio di relazioni con le industrie di settore, uno spazio espositivo e per attività sportive. In copertura, un parco urbano e dei terreni sportivi sono aperti a studenti e visitatori. L’auditorium principale, con una capacità di 700 posti, può ospitare conferenze, seminari e concerti come anche attività di divertimento, sfilate e spettacoli di danza contemporanea. Rivestita in vetro serigrafato bianco, la piattaforma superiore, come una “città aerea”, levita al di sopra di quattro torri raggruppando su 10.000 metri quadrati la biblioteca, l’amministrazione e diversi spazi associativi. La copertura vegetale è aperta e accessibile in occasione di eventi speciali. Le torri, avvolte da una maglia in acciaio bianco, sono nel contempo, l’anima, la struttura e la distribuzione verticale dell’edificio. Cemento, vetro e acciaio, i materiali utilizzati, sono trattati in modo radicale, restituiti alle loro funzioni fondamentali, per dare all’insieme un’impronta atemporale. L’acciaio, lavorato come un intreccio bianco, riveste come una pelle strutturale l’interno della piattaforma e l’esterno delle torri. Il vetro della piattaforma rafforza la permeabilità della struttura e la sensazione di tensione tra i diversi elementi architettonici. Il cemento strutturale del podio, si combina con le facciate vetrate per oltrepassare la sola funzionalità e creare un forte impatto visivo e spaziale. La struttura in griglia d’acciaio verticale, “diagrid”, dotata di un sistema tradizionale di piani a travi e piastre in cemento armato, assicura la stabilità delle torri. Il sistema “diagrid” offre inoltre un’eccellente rigidità laterale sostenendo sia la piattaforma flottante, sia l’armatura dell’imponente scala mobile che si proietta su una lunghezza di 60 metri. Questo tipo di struttura composita non fornisce solo la rigidità e la resistenza richieste dalla piattaforma, ma ha permesso anche di ottimizzare il costo di costruzione. L’elemento della scala mobile – la più lunga di Hong Kong – è sostenuto da una struttura in acciaio tridimensionale privo di qualsiasi supporto immediato. Il cantiere, avviato nell’ottobre del 2008, è stato consegnato nel settembre del 2010.


Un edificio che coniuga leggerezza e trasparenza a un programma pedagogico multidisciplinare, nel rispetto dell’ambiente e del contesto locale.

A building combining lightness and transparency for a multi-disciplinary education programme that respects the environment and local setting.

The winner of an international competition organised by the Hong Kong Vocational Training Council, the Hong Kong Design Institute, designed by the French firm Coldfy & Associés/CAAU, can accommodate 4,000 students studying art and multimedia subjects over an area of approximately 42,000 square metres. The building is located in the heart of the Tiu Keng Leng neighbourhood in the east of the Island of Hong Kong in the Sai Kung district. This predominantly residential and commercial district has particularly striking natural surroundings. The new HKDI offers a spatial reinterpretation of a densely-knit city in which social relations mainly happen at the foot of buildings, gradually being cancelled out at higher levels to create a greater sense of isolation; the raising up of part of the program helps identify interaction between these various levels and create new kinds of relations with the ground. Its light and transparent architecture, opening up to the local neighbourhood through sports areas, an auditorium and large inner-city square (the podium), can be used to host cultural events and exhibitions and help create a new landmark and hub of social life. The building, which is made of concrete, steel and glass, encourages us to think about the combination of multiple, opposing states of affairs: introversion and extroversion, modesty and exhibitionism, exclusivity and publicity, the micro and macro city, classicism and experimentation… Each functional feature either blends together, interacts or isolates itself, making the project instantly visible and, at the same time, bursting with a sense of the city. The flexible evolving site plan also caters for future links with the nearby campus. The base of the building, a sort of giant “urban lounge”, encourages interaction and congregation helped along by both internal and external landscaped spaces and views across the countryside, thereby reinforcing its connection to the city. As a distinctive feature of Hong Kong’s infrastructures, the “podium” – a communal space and, at the same time, an outdoor gallery – designed like a landscaped extrusion of the ground, extends over two levels to create a slope 7 metres above King Ling Road.

Sheltered by the upper platform, it can host various different events thanks to its four auditoriums, coffee bar, interactive space with other industries in its sector, exhibition space and sports facilities. The roof holds an urban park and sports fields, open to both students and visitors. The main auditorium with a seating capacity of 700 can host conferences, seminars and concerts, as well as other forms of entertainment, fashion shows and contemporary dance performances. Clad with white serigraphed glass, the upper platform hovers above the four towers like an “aerial city”, grouping together a library, administration offices and various association spaces over 10,000 square metres up above four towers. The landscaped roof is accessible during special events. The towers, enveloped by a mesh of white steel, are simultaneously the core, structure and vertical distribution hub of the entire building. The materials used, concrete, glass and steel, are treated radically and restored to their basic functions, so as to give the overcall structure a timeless feel. The steel, treated like a white weave, covers the inside of the platform and outside of the towers like a structural skin. The platform’s glass emphasises the structure’s permeability and enhances the feeling of tension between the various architectural features. The podium’s structural concrete combines with the glass facades to move beyond mere function and create powerful visual-spatial impact. The vertical structure made of steel gridding (“diagrid”), equipped with a conventional system of floors made of reinforced concrete plates and beams, ensures the tower is stable. The “diagrid” system also provides excellent lateral rigidity, supporting both the floating platform and framework of the imposing escalator extending for a length of 60 metres. This kind of composite structure does not just provide the necessary rigidity and resistance the platform requires, it also made it possible to optimise building costs. The escalator – the longest in Hong Kong – is held up by a three-dimensional steel structure with no immediate supports. Building work, which began in October 2008, was completed in September 2010. 271 l’ARCA 43


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Sergio Pirrone


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Sopra, pianta del primo livello del podio. Above, plan of the first level of the podium.

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Sotto, pianta del piano terra. Below, plan of the ground floor.


Sopra, pianta del settimo livello. Above, plan of the seventh level.

Sotto, pianta del quarto livello. Below, plan of the fourth level.

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Sezioni longitudinali e trasversali dell’Hong Kong Design Institute. Le quattro torri si sviluppano per undici piani e tra il settimo e l’ottavo piano sono raggruppate da una piattaforma che, in 10.000 mq, contiene la biblioteca e gli uffici amministrativi dell’Istituto e la cui copertura, sistemata a verde, è accessibile al pubblico in occasione di eventi speciali.

Longitudinal and cross sections of the Hong Kong Design Institute. The four towers extend over eleven floors and are set around a platform between the seventh and eighth floors, whose 10,000 sq.m surface area holds the Institute’s library and administration offices and whose landscaped roof is open to the public for special events.

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Planimetria generale. L’HKDI, che ha una superficie di circa 42.000 mq, è situato nel centro del quartiere di Tiu Keng Leng, a nord-est dell’Isola di Hong Kong, nel distretto di Sai Kung. Sotto, sezione parziale sulla piattaforma che contiene la biblioteca. Nelle pagine successive, viste della grande piazza urbana costituita dal podio sopraelevato che si apre sul quartiere con aree sportive e gli auditori e che può ospitare esposizioni e manifestazioni culturali, diventando un nuovo polo di attrazione e di vita sociale. L’elemento della scala mobile che si sviluppa per 60 m – la più lunga di Hong Kong – è sostenuto da una struttura in acciaio tridimensionale priva di qualsiasi supporto immediato.

Site plan. The HKDI, that covers an area of approximately 42,000 sq.m, is located in the heart of the Tiu Keng Leng neighbourhood in the north east of the Island of Hong Kong, in the district of Sai Kung. Below, partial section of the platform holding the library. Following pages, views of the large urban plaza composed of a raised podium opening onto the neighbourhood and equipped with sports facilities and auditoriums. It can also be used for hosting cultural events and exhibitions and represents a brand-new hub of social life. The escalator that extends over a length of 60 m– the longest in Hong Kong – is held up by a three-dimensional steel structure with no immediate supports.

Credits Project: CAAU / Coldefy & Associes Architectes Urbanistes Project managers: Thomas Coldefy + Isabel van Haute Associates: P & T Group Hong-Kong Structures: ARUP Hong Kong Fluids: PBA Hong Kong Lanscaping: ACLA Hong Kong Acoustic: Shen, Milsom & Wilke Hong Kong Client: Vocational Training Council Hong Kong

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Sergio Pirrone


Sergio Pirrone


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Sergio Pirrone


Nella pagina a fianco, viste dell’Hong Kong Design Institute e, a sinistra, particolare della facciata di una delle torri. L’acciaio, lavorato come un intreccio bianco, riveste come una pelle strutturale l’interno della piattaforma e l’esterno delle torri. Il vetro della piattaforma rafforza la permeabilità della struttura e la sensazione di tensione tra i diversi elementi architettonici. Il cemento strutturale del podio, si combina con le facciate vetrate per oltrepassare la sola funzionalità e creare un forte impatto visivo e spaziale. La struttura in griglia d’acciaio verticale, “diagrid”, dotata di un sistema tradizionale di piani a travi e piastre in cemento armato, assicura la stabilità delle torri. Nelle pagine seguenti, l’auditorio più piccolo e, in basso, quello principale da 700 posti; la lounge panoramica della biblioteca nella piattaforma e il corridoio di ingresso agli auditori.

Sergio Pirrone

Opposite page, views of the Hong Kong Design Institute and, left, detail of the façade of one of the towers. The steel, worked as if it were a white weave, covers the inside of the platform and outside of the towers like a structural skin. The platform’s glass enhances the structures permeability and feeling of tension between the various architectural features. The podium’s concrete structure combines with the glass facades to move beyond mere functionality and create powerful visual and spatial impact. The “diagrid” vertical steel grid structure, fitted with a conventional beam system and reinforced concrete plates, ensure the towers are stable. Following pages, the smaller auditorium and, bottom, the main 700-seat auditorium; the panoramic library lounge in the platform and entrance corridor to the auditoriums.

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Sergio Pirrone Sergio Pirrone


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Sergio Pirrone Sergio Pirrone


DUE BIBLIOTECHE IN THAILANDIA SOCIALLY RESPONSIBLE ARCHTECTURE TYIN Tegnestue Architects

Lo studio di architettura TYIN Tegnestue (www.tyintegnestue.no) ha la sua sede a Trondheim in Norvegia ed è guidato da Andreas G. Gjertsen e Yashar Hanstad. I vari lavori di TYIN in aree povere e sottosviluppate, in Thailandia, Burma, Hait, Uganda, coinvolgono studenti e architetti di tutto il mondo e la popolazione locale, stabilendo così un quadro di mutuo scambio di conoscenze e capacità. Nelle pagine che seguono, presentiamo due progetti realizzati in Thailandia, la Old Market Library e la Safe Haven Library, che rappresentano un buon esempio del processo di lavoro di TYIN. La Old Market Library è stata ricavata da un vecchio edificio del mercato Min Buri a Bangkok. L’area destinata alla biblioteca è di 3x9 metri internamente, con un cortile sul retro affacciato su un piccolo canale. Il tetto e le pareti erano in condizioni fatiscenti e quindi ogni nuovo elemento doveva essere autoportante. Uno dei problemi maggiori della comunità sono gli allagamenti annuali durante la stagione delle piogge quando l’acqua può arrivare 50 cm sopra il livello della strada. Contenerla è difficile e la soluzione è stata di innalzare il pavimento al di sopra del livello massimo degli allagamenti. Questo permette alla biblioteca di essere fruibile per tutto l’anno. Grazie all’altezza del soffitto, è stato possibile realizzare un loft dall’atmosfera intima. La biblioteca è divisa in lunghezza in due zone:

in modo attivo in tutte le fasi. All’inizio, TYIN ha stilato una lista delle necessità della comunità, organizzando incontri regolari con l’obiettivo di capire la situazione locale in profondità, in cui si dibatteva, si disegnava, si costruivano modelli e perfino si raccoglieva la spazzatura insieme. Non è stato facile coinvolgere tutti, specialmente gli adulti. Tuttavia,quando il progetto ha iniziato a concretizzarsi, la situazione è cambiata completamente e ben presto un gruppo regolare di abitanti ha iniziato a lavorare con gli architetti tutti i giorni. Gli abitanti hanno sviluppato un forte senso di appartenenza alla biblioteca, un senso di successo e orgoglio: premessa per una duratura vita della biblioteca. La storia della Safe Heaven Library è iniziata quando TYIN ha invitato 15 studenti di architettura della Norwegian University of Technology and Science a partecipare a un seminario-laboratorio presso l’Orfanotrofio Safe Heaven a Ban Tha Song Yang, Thailandia. A guidare il seminario erano il professor Hans Skotte e l’architetto Sami Rintala. Le necessità più immediate dell’orfanotrofio erano un nuovo edificio medico e una biblioteca. TYIN si è dedicato al primo insieme agli operai di etnia Karen di Noh Bo, mentre i partecipanti al seminario si sono dedicati alla biblioteca. Dietro la guida di TYIN e dei professori della NTNU la Safe Heaven Library è stata completata in sole due settimane.

Old Market Library, Bangkok

Small kiosk

Canal

Shaded backyard

Reading area

Main room

Small road

TYIN tegnestue, Old Market Library drawing plan scale 1:50 paper A2

un lato è uno spazio aperto dove ci si può muovere tra gli scaffali, mentre l’altro è la sala per la lettura e altre attività che richiedono tranquillità. Al di là della sala principale c’è uno spazio più piccolo destinato a studio. Nel cortile sul retro è stata costruita una pergola che ripara dal calore del sole. Sono stati usati materiali locali e riciclati, già disponibili nel quartiere. Gli scaffali sono stati ricavati da vecchie casse di legno utilizzate da CASE (collaboratore del progetto) in precedenti lavori, mentre per il rivestimento delle pareti sono stati usati vecchi pezzi di legno trovati nei dintorni. Per la struttura interna che richiedeva un legno di maggiore qualità, in quanto doveva sostenere dei carichi e coprire la campata, si è comprato del legno più affidabile al locale negozio di seconda mano. Per il successo del progetto era importante coinvolgere gli abitanti 56 l’ARCA 271

E’ stata costruita usando materiali e manovalanza locale. Tutto il denaro a disposizione è stato speso nei mercati vicini. La base di cemento è stata colata su un fondo di grandi rocce raccolte nei dintorni. Le pareti sono fatte di mattoni di cemento intonacato che consentono il raffrescamento dell’edificio durante il giorno. La realizzazione di semplici facciate di bambù permette la ventilazione naturale all’interno della struttura. L’ossatura strutturale è di legno-ferro. Gli scaffali sono una struttura che va dal pavimento al soffitto e occupa tutta la lunghezza delle pareti di cemento mentre il pavimento è completamente libero da arredi per consentire lo svolgimento di varie attività. L’ingresso crea una zona confortevole filtro tra l’ampia sala della biblioteca e una piccola area destinata ai computer. Il nuovo edificio ha assunto il ruolo importante di luogo di ritrovo ed è anche utilizzato per attvità artigianali e per i giochi dei bambini.


Per risolvere problemi reali e fondamentali ci vuole un’architettura in cui ciascun elemento svolge la propria funzione – un’architettura che segue la necessità.

Solutions to real and fundamental challenges call for an architecture where everything serves a purpose – an architecture that follows necessity.

The architectural firm TYIN Tegnestue Architects (www.tyintegnestue.no) is based in Trondheim, Norway, and it is run by Andreas G. Gjertsen and Yashar Hanstad. The various works of TYIN in poor and undeveloped areas, as Thailand, Burma, Haiti and Uganda, involve students and architects from all over the world and the local people, establishing a framework for mutual exchange of knowledge and skills. In the following pages, we are presenting two of their projects in Thailand, the Old Market Library and the Safe Haven Library, which are a good example of TYIN’s work processes. The Old Market Library is built in an old market building at Min Buri, Bangkok. The section for the library measures 3x9 metres internally, with a back yard facing a small canal. The roof and the walls were in very poor condition, and consequently any new element had to be self-supporting. One of the main challenges for the community is the annual flooding during the rainy season. In this period the water can raise to around 50 cm above floor level. Retaining the water would be very challenging and the solution was to elevate the calmer zones above the maximum flood level. This ensured that the library was usable throughout the flooded period. Because of the height of the ceiling in the main room, there was an opportunity to construct an intimate loft space. The library is divi-

inhabitants actively throughout the whole process. Initially TYIN mapped the needs within the community by holding regular meetings, aimed to get a deeper understanding of the situation, ranged from interviews to drawing and building models, to even clearing garbage. It wasn’t always easy getting everyone involved, especially the adults. However when the project became more tangible this completely changed and soon a regular group worked with the architects every day. They began to develop an attachment to the library, a sense of achievement and pride: the premise for the library to function in the long term. The story of Safe Heaven Library started when TYIN invited 15 Norwegian architecture students from Norwegian University of Technology and Science to participate in a workshop at the Safe Haven Orphanage, in Ban Tha Song Yang, Thailand. Associate Professor Hans Skotte and architect Sami Rintala led the workshop. The most pressing needs at the orphanage was a new sanitary building and a library. TYIN worked on the sanitary building, together with the Karen workers from Noh Bo. While the workshop participants focused their efforts on the library. With the assistance of TYIN and NTNU professors the Safe Haven Library was completed in only two weeks. The library was built using local materials and labour. All the money

Skylight

Loft

Shaded backyard Raised reading area Maximum flooding level

Main pathway

TYIN tegnestue, Old Market Libra drawing section scale 1:100 paper A4

ded into two zones along its length: one side lets you move through the building along the bookshelves, while the other side is for reading and other quiet activities. Beyond the main room is a smaller space, the study. In the back yard a pergola was constructed to protect against the blazing sun. Local and reused materials, already available to the community, were used. The bookshelves are made of wooden boxes from one of CASE’s (the collaborating architects ) earlier projects, while the cladding was assembled using old and decayed wooden pieces found in the surroundings. The internal structure demanded a higher quality wood that had to be trusted to take the specific loads and span certain distances. These materials were bought at the local second hand wood shop. For this project to be successful it was important to involve the

spent on the project was used in the nearby markets. The concrete base of the library is casted on a bed of large rocks gathered onsite. The walls consist of plastered concrete blocks and cool the building during the day. The simple construction of the open bamboo facades provided ample natural ventilation through out the whole structure. Iron wood make up the solid frame construction. The bookshelves are a floor to ceiling height structure that runs the full length of the concrete wall and the floor remains unfurnished to give room different activities. The entrance creates a comfortable buffer zone between a small computer area on one side and a larger library room on the other. The new building has also attained the important role of a gathering space and is frequently used for making crafts and playing games. 271 l’ARCA 57


Pasi Alto

Nella pagine precedenti, pianta e sezione della Old Market Library a Bangkok, realizzata, con l’aiuto degli abitanti del quartiere di Min Buri e utilizzando materiali locali riciclati sia per le strutture che per gli elementi di arredo. La piccola biblioteca è costituita da una sala principale, da una sala lettura, un piccolo cortile sul retro e un loft.

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Previous pages, plan and section of the Old Market Library, realized with the contribution of the inhabitants of the Min Buri neighbourhood and using local and recycled materials either for the structures and the furniture elements. The small library is composed by a main hall, a reading room, a small backyard and an intimate loft.


Credits Old Market Library Project: TYIN Tegnestue Architects Collaborator: CASE Studio Architects Built by: TYIN Tegnestue and the Min Buri community Architects: Pasi Aalto, Andreas Grontvedt Gjertsen, Yashar Hanstad, Magnus Henriksen, Erlend Bauck Sole, Kasama Yamtree Client: Old Market Community

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Safe Haven Library, Ban Tha Song Yang Fasi della costruzione e pianta della biblioteca realizzata presso l’orfanotrofio di Safe Haven, grazie all’aiuto della popolazione locale e degli studenti di un seminario organizzato dalla Norwegian University of Technology. Per la costruzione, ultimata in sole due settimane, sono stati usati materiali reperiti in loco. La base di cemento è stata colata su un fondo di grandi rocce raccolte nei dintorni. Le pareti sono fatte di mattoni di cemento intonacato che consentono il raffrescamento dell’edificio durante il giorno. La realizzazione di semplici facciate di bambù offre permette la ventilazione naturale all’interno della struttura. L’ossatura strutturale è di legno-ferro.

Computers

To the kitchen and bathhouse

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Entrance

Phases of the construction and plano f the library realized at the Safe Haven orphanage, tank to the help of local people and of 15 students of the Norwegian University of Technology, who were there to attend a workshop. For the construction, completed in only two weeks, local materials have been used. The concrete base of the library is casted on a bed of large rocks gathered on-site. The walls consist of plastered concrete blocks and cool the building during the day. The simple construction of the open bamboo facades provides ample natural ventilation through out the whole structure. Iron-wood makes up the solid frame construction.

Main room

To Tasanees house


Credits Safe Haven Library Project: TYIN Tegnestue Architects Collaborator: Rintala Eggertsson Architects Built by: Professors and students from NTNU Professors: Sami Rintala, Hans Skotte Students: Pasi Aalto, Jan Kristian Borgen, Mari Folven, Ragnhild Forde, Sunniva Vold Huus, Olva Fasetbru Kildal,

Lene M. N. Kvaerness, Oda Moen Most , Orjan Nyheim, Karoline Salomonsen, Anne Sandnes, Ola Sendstad, Kristoffer B. Thorud, Caroline Tjernas, Anders Sellevold Aaseth Sponsors: Norsk Betongforening, Bygg Uten Grenser, Minera Norge, Spenncon, Norwegian University of Technology and Science (NTNU) Client: Safe Haven Orphanage

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MOURIZ SCHOOL IN PAREDES, PORTUGAL CNLL


Una scuola pensata per rispondere a un programma funzionale basato su necessità differenti – asilo, scuola elementare, spazi comuni, area per lo sport – collegando le dinamiche di ciascuno spazio attraverso la condivisione di percorsi e servizi comuni.

A school designed to cater for a functional programme based on different needs – nursery, school, primary school, communal spaces and sports area – connecting together the various spaces by means of shared pathways and joint facilities.

Questo centro scolastico, situato a Mouriz, Paredes, nel nord del Portogallo, integra un asilo e una scuola elementare. E’ stato progettato in modo da poter rispondere alle necessità del programma che richiedeva la realizzazione di quindici aule, la gestione dei flussi e la creazione di diversi livelli di utilizzo e di autonomia in relazione alle varie attività svolte nella scuola – l’asilo, la scuola elementare, le aree comuni, l’area per lo sport – collegandone al contempo le dinamiche tramite percorsi e servizi comuni. Formalmente, la scuola è definita dal suo volume longitudinale. Le facciate sono superfici continue principalmente sigillate, punteggiate solo dal ritmo ripetuto delle aperture verticali distribuite in modo apparentemente casuale, ma che a uno sguardo più approfondito manifestano la propria attenta composizione. In contrasto con la chiusura dei fronti principali, le facciate di testa si aprono all’ambiente circostante grazie ad ampie vetrate, sottolineando ulteriormente la longitudinalità dell’edificio. Le coperture a falda che si sviluppano in sequenza per la lunghezza della scuola hanno inclinazioni variabili e si integrano alle facciate, trasmettendo un’idea di movimento, che, combinata con le aperture, crea l’illusione di uno skyline urbano. Così, la composizione ritmica della facciata non si limita alle aperture, ma si estende anche alla copertura, influenzando la forma del volume, che, in un certo senso, accentua il valore distintivo del progetto formale di questa scuola e le conferisce un’atmo-

sfera giocosa, plus-valore per la maggior parte dei suoi utilizzatori. L’ingresso principale della scuola è caratterizzato da un atrio a doppia altezza che connette i due livelli attraverso una scala e un ascensore. In questo spazio introduttivo si trova un banco informazioni a servizio sia dell’asilo sia della scuola elementare. Queste impostazioni formali si ripercuotono anche negli spazi interni del centro. La caratterizzazione dell’ambiente e dell’atmosfera interni riflette la composizione ritmica delle aperture e anche le inclinazioni variabili della copertura, dando vita a prospettive e relazioni interno/esterno mutevoli, in particolar modo dando la possibilità di vivere diverse esperienze fisiche e sensoriali in ciascuno spazio, sia esso un’aula o un corridoio. Il materiale usato in prevalenza per il rivestimento esterno è legno trattato che forma una pelle unitaria e continua, assicurando all’edificio qualità estetica e identità architettonica. Per quanto riguarda l’uso dei materiali negli ambienti interni, gli spazi comuni sono caratterizzati dal tema ricorrente di alcuni elementi quali la pavimentazione vinilica, l’illuminazione a soffitto, gli armadietti e le porte di MDF, tutti pensati per garantire uno spazio di lavoro luminoso e ordinato, capace di ottimizzare l’interazione e la sinergia tra i vari fruitori. Questo centro scolastico rappresenta una soluzione spaziale fortemente integrata, che trasmette, a livello sia estetico sia funzionale, un senso di interconnettività e attenzione generale e un’immagine di contemporaneità.

FG + SG fotografia de arquitectura

Credits Architecture’s Coordination: CNLL Specialties: AC + Cogen, Central Projecto, IPC Client: Paredes City Council


Sopra, planimetria generale. Sotto dal basso, pianta del piano terra, del primo piano e della copertura. Nella pagina a fianco, dal basso: sezione longitudinale sulla circolazione, sezione longitudinale sulle aule, sezione longitudinale sulle sale a sud-est, sezione longitudinale sulle sale a nord-ovest, prospetti sud-est e nord-ovest.

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Above, site plan. Below, from the bottom up, plan of the ground floor, plan of the first floor, and plan of the roof. Opposite page, from the bottom up: longitudinal section through circulation, longitudinal section through classrooms, longitudinal section through south-east halls, longitudinal section through north-west halls, south-east and north-west elevations.


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This school facility located in Mouriz, Paredes, in northern Portugal combines a nursery school and primary school. It was designed to cater for all the functions set down in the teaching programme that specifically referred to the construction of fifteen classrooms, the management of flows and creation of various levels of usage and autonomy in relation to the various activities offered by the school – nursery school, primary school, communal areas, sports area – at the same time connecting them together by means of communal pathways and joint services. On a formal level, the school has a longitudinal structure. The longitudinal facades are predominantly sealed curtains surfaces, occasionally interrupted by a reiterated pattern of vertical apertures set out in an apparently random fashion but which, upon closer scrutiny, can be seen to have been very carefully composed. In contrast with the closure of the main facades, the end facades open up to the surrounding environment through wide glass windows, further emphasising the longitudinal nature of the building.The pitched roofs extending in a sequence along the entire length of the school are set at various angles and blend into the facades, conveying a sense of motion, which, combined with the apertures, creates the illusion of an urban skyline. This means the rhythmic façade composition is not confined to the apertures but also extends to the roof, influencing its structural form, which, in some way, further enhances the distinctive formal

design of the school and instils it with a playful atmosphere, something extra special for most of its users. The main entrance to the school features a double-height lobby connecting the two levels by means of a stairway and lift. This introductory space contains an information desk serving both the nursery and primary schools. These stylistic features also re-occur in the interior spaces. The characteristic interior setting and atmosphere reflect the rhythmic pattern of apertures and also the varying degrees of inclination of the roof, creating constantly changing interior/exterior perspectives and relations and most significantly providing the chance to enjoy different physical and sensorial experiences in each space, whether they be classrooms or corridors. The material mainly used for the outside cladding is specially treated wood that forms a smooth and seamless skin instilling the building with aesthetic quality and architectural identity. As regards the use of materials in the interiors, the communal spaces feature the leitmotif of certain key elements, such as the vinyl flooring, suspended lighting, cupboards and MDF doors, all designed to provide brightly lit and orderly workspaces capable of optimising interaction and synergy between the various uses. This school facility is a highly integrated spatial design conveying a sense of interconnectivity, general attention and cutting-edge image on both an aesthetic and functional level.

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Nella pagina a fianco, vista notturna della facciata principale ritmata dalla distribuzione apparentemente casuale delle finestre. In questa pagina, viste delle aule e di alcuni spazi comuni del complesso scolastico di Mouriz, caratterizzati dall’uso di materiali ed elementi ricorrenti quali la pavimentazione vinilica, l’illuminazione a soffitto, gli armadietti e le porte di MDF, tutti pensati per garantire uno spazio di lavoro luminoso e ordinato.

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Opposite page, nighttime view of the longitudinal façade marked by the apparently random distribution of the windows. In this page, views of classrooms and common spaces of Mouriz school complex, featuring the leitmotif of certain key materials and elements, such as the vinyl flooring, suspended lighting, cupboards and MDF doors, all designed to provide brightly lit and orderly workspaces.


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LA FRANCIA PER L’UNIVERSITÀ 12 CAMPUSES IN FRANCE Autore autore

L’Opération Campus è un importante programma di sviluppo del parco immobiliare universitario, promosso da Presidente della Repubblica francese, con l’obiettivo di potenziare 12 campus di eccellenza (Aix-Marseille Université, Université de Bordeaux, Campus Condorcet, Grenoble Université de l’Innovation, Campus Grand Lille, Campus Lorrain, Lyon Cité Campus, Campus Montpellier Sud de France, Universités de Paris, Campus du plateau de Saclay, Université de Strasbourg) affermandoli come vetrina del prestigio della Francia nel campo dell’insegnamento. Una mostra è attualmente in corso, fino al 31 dicembre alla Sorbonne di Parigi.

Opération Campus is an important project to develop university facilities being promoted by the President of the French Republic with a view to enhancing 12 of the very best campuses (Aix-Marseille Université, Université de Bordeaux, Campus Condorcet, Grenoble Université de l’Innovation, Campus Grand Lille, Campus Lorrain, Lyon Cité Campus, Campus Montpellier Sud de France, Universités de Paris, Campus du plateau de Saclay, Université de Strasbourg)in order to showcase France’s primacy in the field of education. An exhibition is currently under way at the Sorbonne in Paris that will run until 31st December.

In Francia è in pieno e felice svolgimento quella che viene chiamata “Opération Campus”: una iniziativa davvero di grande consistenza volta a far emergere e a consolidare la visibilità internazionale di dodici grandi poli universitari, intelligentemente distribuiti su tutto il territorio nazionale. Lanciato nei primi mesi del 2008, il progetto già quest'anno vedrà conclusi alcuni dei 58 cantieri già aperti, in tempo utile per l'apertura del prossimo anno accademico. La dotazione finanziaria garantita all'inizio dallo Stato ammontava a cinque miliardi di Euro: una sua gestione attenta e abile ha nel giro di poco tempo permesso di accelerare lo svolgimento delle operazioni necessarie, come si può facilmente immaginare molto complesse e per vari punti di vista delicate. E di raffinare nel contempo tutti gli aspetti qualitativi, per altro già in partenza di tutto rispetto: in termini di architettura, di paesaggio, di sostenibilità ambientale, di ricadute scientifiche, sociali, economiche. Ricordava ancora poco tempo fa il Presidente Nicolas Sarkozy, in occasione del 50° anniversario della scoperta del laser, nel suo Paese oggetto di un insieme di doverose e utili celebrazioni, che nulla va dato per scontato, e ancor meno per ineluttabile. “Perché mai i campus ben fatti, invidiabili, ecologici, felici, gioiosi, gli edifici universitari moderni, in perfetto stato e non degradati, gli impianti sportivi di qualità, i laboratori di ricerca attrezzatissimi, le biblioteche aperte sempre domenica compresa, perché tutto ciò deve trovarsi solo all'estero e non qui da noi?”.

Ben poca la retorica di rito in questo interrogativo, se, come in questo caso, si è già nel frattempo provveduto a mettere in atto apposite ed efficaci strutture operative. Per incominciare una giuria super partes per individuare con precisione i luoghi e le priorità degli interventi, e subito dopo a ruota una commissione per valutare i sessantasei dossier presentati, alla luce di criteri ben determinati: la validità scientifica e pedagogica, la razionalità costruttiva e immobiliare, la efficacia socioculturale dell'impianto del campus, le ricadute dell'intervento proposto nel tessuto socioeconomico regionale, la capacità di trasformarsi in veri e propri poli trainanti nei confronti dei diversi territori di riferimento, la correttezza ambientale e tecnologica, la totale accessibilità. Dodici i dossier selezionati su queste basi, coinvolgenti nel loro complesso 46 università, 40 scuole e tutti i principali organismi di ricerca, per un totale di circa 760.000 studenti e 24.000 ricercatori. Parallelamente è stato istituito dal Ministero dell'Insegnamento superiore e della Ricerca (quello che da noi un tempo era stato eroicamente istituito dal mai abbastanza rimpianto Antonio Ruberti e poi con deliberata costanza nel corso degli anni smantellato e cancellato. In Francia esiste da sempre) un Atelier nazionale dei campus universitari, di coordinamento e consulenza dei vari Atelier locali, per lo scambio delle buone pratiche, per il monitoraggio dello stato di avanzamento dei lavori, nonché per il loro controllo qualitativo e esecutivo. Altro compito di questo Atelier nazionale consiste nella messa a punto di una carta della qualità architettonica e urbana, per fissare gli obbiettivi

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I 58 cantieri avviati nel 2010 grazie alla dotazione di 5 miliadi di euro da parte del Presidente della Repubblica al fine di accellerare i lavori di cantiere.

Strutture sportive/Sports facilities

The 58 building projects were set under way in 2010 thanks to 5 billion Euro’s worth of financing from the President of the Republic allocated to speed up operations.

Alloggi student/Student accommodation Spazi Verdi/Landscaping Ristoranti universitari/University canteens Spazi associative/Spaces for associations Aule e laboratori/Teaching rooms and laboratories Acquisizione di nuovi terreni/Newly purchased land Biblioteche universitarie/University libraries Centro medico/Medical centre

e i metodi e le procedure atte a realizzarli. Una struttura dunque a due livelli: nazionale e locale, supportata da un Comitato di orientamento, per avviare e garantire le necessarie sinergie, il consenso dei vari attori sociali, delle istituzioni e non ultimo degli operatori e delle imprese. Come si vede bene scorrendo la documentazione relativa ai dodici progetti in corso di realizzazione, fra loro assai diversi e ciascuno dotato di una propria marcata identità, ogni rischio di meccanica reiterazione di master plan, tipologie edilizie e modalità costruttive così facendo è stato evitato, dando spazi e forme adeguate al profilo pedagogico e scientifico di ogni campus; e non a ciò soltanto, ma, cosa ammirevole, agli specifici caratteri paesaggistici e ambientali. Se da un punto di vista funzionale e amministrativo questa Opération Campus è giustamente riconducibile ai collaudatissimi e mai abbastanza invidiati meccanismi e dispositivi di governo delle opere pubbliche che lo Stato francese ha saputo darsi nel tempo e continua a perfezionare, non può passare inosservato che questa volta però non si tratta di realizzare poli industriali, autostrade, linee ferroviarie ad alta velocità, e così via, ma, cosa certo non così consueta, una vera e propria rete territoriale e molto fisica per l'istruzione, la formazione, la ricerca. Questo significa attribuire un ruolo strategico fondamentale a un settore sovente negletto, quando non apertamente disprezzato, come da tempo ormai qui da noi è divenuta abitudine. Una scelta precisa e intelligente, tanto più apprezzabile nella sua lucidità perché presa nel pieno di una fase difficile, delicatissima sotto ogni profilo, non soltanto economico, quale quella che in Occidente e non soltanto stiamo attraversando. Tanto più stupisce che, nel pieno dello sgangherato e osceno battage mediatico che ha accompagnato e sostenuto in Italia il vero e proprio linciaggio morale e materiale ormai quasi del tutto compiuto dell'istruzione pubblica e della ricerca, nessuno abbia mai portato esempi concreti di senso opposto, accontentandosi, nel migliore dei casi, di citare vaghi istogrammi comparativi troppo generici per essere davvero utili. Dell'Opération Campus per esempio nessuno ha mai dato notizia, nessuno si è mai preso la briga non di portarla ad esempio, per carità, ma almeno di illustrarla. Malgrado da sempre la Francia sia forse il punto di riferimento più vicino (soltanto geograficamente ormai, purtroppo). Non parliamo delle politiche tedesche, e di altri Paesi europei. Asineria? Ignoranza? Malafede? Ma sì, tutto quanto e di più, non c'è dubbio. Complessivamente una informazione sciatta, provinciale, ombelicale, desolante, ai minimi storici nazionali, malgrado un grado

medio già per consuetudine ben poco brillante e aggiornato. E ben poco ancora scalfita purtroppo dall'irruzione del Web, il cui uso rimane da noi, almeno sotto questi profili, marginale, e apertamente ostacolato con ogni mezzo, dagli espedienti tariffari ai mancati e invece doverosi adeguamenti tecnici: niente banda larga, niente wi-fi, eccetera. Invece dappertutto un gran vociare di valutazioni, di peer review, di selettività, di meritocrazie, e chi più ne ha più ne metta, termini vuoti presi a prestito altrove, da contesti totalmente diversi, scimmiottamenti inapplicabili seriamente, quando l'unica operazione portata effettivamente a termine è la sottrazione cieca e indiscriminata di risorse: un vero e definitivo stato di povertà coatta, endemico e ben difficilmente reversibile. Imporre le pezze dove dir non si può non è una sofisticata manovra messa in atto da una politica (e da politici) smarrita in estenuate raffinatezze vintage: è soltanto un crimine orribile, condito tra l'altro di una malcelata acida soddisfazione. Come uscire da questa situazione neopostbellica ma del tutto priva di energie ricostruttive non si sa. Gestire risorse secondo progetti razionali, efficaci, nei limiti del possibile condivisi, richiede la piena consapevolezza di un dover essere che in Italia evidentemente non c'è più. Si potrebbe, ingenuamente, sperare che una mano potrebbe essere data almeno da contributi di settore: dall'urbanistica, per esempio, dalle politiche urbane et similia, per rimanere in mondi che il nostro milieu di architetti potrebbe supporre non lontani, dove nel corso del tempo è stato abilmente accumulato un retaggio di battaglie eroiche contro le mani sulla città. Vista la consistenza istituzionale ormai saldamente acquisita, da dove, se non da lì, potrebbero levarsi voci e proposte più autorevoli volte a dimostrare concretamente come l'istruzione e la ricerca, e la loro organizzazione fisica, siano necessariamente da considerarsi come elementi portanti di un progresso sociale ed economico in un quadro di ragionevole sostenibilità ambientale? Invece non è così, come bene testimoniano i PGT, acronimo che sta per piani di governo del territorio, recentissimo e spietato coronamento di una incredibile e annosa superfetazione di strumenti e livelli obbligatori di piano, sempre più afisici e afasici. Entrati da ultimi, ma prepotentemente, in scena (con tanto di coro e di rituale controcoro) dichiarano senza veli la loro natura esclusivamente transattiva di cubature edificabili, per nulla interessate a destinazioni d'uso in qualche modo riconducibili alla formazione, alla cultura, alla ricerca. Che dire? Maurizio Vogliazzo 271 l’ARCA 71


Aix-Marseille Université, Campus de Marseille – Luminy, Campus d’Aix-enProvence – Quartier des facultés. Questo intevento si inserisce nel programma di creazione dell’Università unica di Aix-Marseille (circa 70.000 studenti) e permetterà a questo polo di disporre di siti coerenti e collegati da una rete di comunicazione.

This project is part of the programme to create Aix-Marseille University (approximately 70,000 students) and will allow the campus to take control of neighbouring sites connected to a communications network

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Université de Bordeaux, Campus de Talence Pessac Gradignan, Campus de Carreire. Il progetto raggrupperà tre importanti indizzi di studio (scienze e tecnologie, biologia/salute, scienze umane e sociali) sul campus principale di Talence Pessac Gradignan, in quartieri completamente rinnovati al fine di facilitare la leggibilità del sito per studenti e ricercatori.

The project combines three important fields of study (science and technology, biology/health, human and social sciences) on the main campus of Talence Pessac Gradignan in some totally redeveloped neighbourhoods, so that the site is easier to read for both students and researchers.

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Campus Condorcet, Site d’Aubervilliers Site de la Porte de la Chapelle à Paris. Nuovo polo europeo di ricerca e di formazione alla ricerca in scienze umane e sociali, il campus farà emergere dei poli di riferimento internazionali in scienze della storia, scienze dei territori, scienze dei testi e scienze della società.

A new European research and research training centre in the human and social sciences. The campus will incorporate some cutting-edge international centres for the historical sciences, territorial sciences, textual analysis sciences and social studies sciences.

So-called “Opération Campus” is now successfully in full swing in France: a truly notable project aimed at really focusing on drawing attention to twelve major university campuses intelligently spread all over the country. Initially launched back in early 2008, a number of the 58 building projects already in progress will be completed this year, ready to open for the beginning of the next academic year. The French Government initially allocated five billion Euros for the enterprise and its attentive and skilful guiding hand has speeded up the necessary operations, which, as it is easy to envisage, are extremely intricate and delicate from various viewpoints. Meanwhile all the qualitative aspects of the undertaking, already quite notable right from the start, are now being taken care of: in terms of architecture, landscaping, environmental sustainability and all the scientific/socio-economic repercussions. As Presient Sarkozy recently pointed out during the celebrations for the 50th anniversary of the invention of the laser (duly commemorated in an appropriate way over in France), nothing should be taken for granted or viewed as inevitable. Why are wellconstructed, enviable, eco-friendly, pleasant and enjoyable campuses, modern university buildings in a perfect state of repair rather than dilapidated, high-quality sports facilities, fully equipped research laboratories and libraries that are always open, even on Sundays, only ever found abroad and never here? There is nothing rhetorical about this question, when, as in this case, the right and effective operating structures have already been put in place. First and foremost an unbiased panel of judges was assembled to carefully pick just the right locations and prioritise the operations, followed by the work of a special commission to assess the sixty-six dossiers entered in accordance with very specific guidelines: scientificeducation validity, rational building construction, socio-cultural effectiveness of the campus design, repercussions of the project on the regional socio-economic fabric, the ability of the projects to become 74 l’ARCA 271

driving forces behind the local economy, their environmental-technological correctness and total accessibility. Twelve of the dossiers were chosen on this basis involving a total of 46 universities, 40 schools and all the main research bodies, affecting 760,000 students and 24,000 researchers. At the same time the Ministry of Education and Research set up (something once heroically established over here in Italy too by the much lamented Antonio Ruberti and then methodically dismantled and cancelled out over the years. There has always been one in France) a National University Campuses Board, coordinating and liaising between the various local boards, for exchanging proper practices for monitoring the progress of the works and controlling the quality of the operations being carried out. Another task assigned to this National Board is to create a map of architectural and urban quality, in order to set targets and the methods-procedures for achieving them. So this is a two-tier structure: national and local, backed up by a Steering Committee to set up and guarantee the necessary synergies, win the approval of the various social players involved and, not least, the operators and contractors. As can be seen by studying the documentation on the twelve projects under way, all very different and with their own distinctive features, the mechanical reiteration of master plans, building typologies and construction methods has been carefully avoided, leaving room for just the right designs for the education-scientific profile of the various campuses; their distinctive landscape-environmental traits have also been carefully catered for. While from a functional and administrative point of view, this Opération Campus can quite rightly be traced back to tried-and-trusted, highly enviable governmental workings and mechanisms for controlling public works that the French State has adopted and gradually perfected, on the other hand it cannot be overlooked that this time, though, it is not a matter of constructing industrial centres, motorways or high-speed railway lines etc., but something less conventio-


Campus Grand Lille, Site de la Cité scientifique, Site du Pont de Bois Site Santé. Il progetto si articola su tre assi strategici principali: fare di Lille un polo scientifico pluridisciplinare di riferimento, organizzare un’offerta formativa completa e diversificata, sviluppare la qualità della vita degli studenti realizzando due biblioteche del futuro (learning centers) aperte a tutti.

nal, a very physical authentic territorial education, training and research network. This means assigning a key strategic role to what is often an overlooked (not to say despised) sector, as is customarily the case now over here in Italy. A very specific and intelligent project, to be all the more admired for its clear-sightedness, because it has been undertaken at a very tricky and delicate moment in time from every point of view, not just financially, a complicated phase we are going through both in the Western world and elsewhere. It is all the more surprising that, right in the middle of the obscene and vulgar media battle that has accompanied and backed an authentic moral and material lynching of research and public education in Italy (now almost fully complete), nobody has bothered to offer alternative examples, settling in the best of cases for just making vague comparisons that are far too generic to be really useful. For example, nobody has ever mentioned the Opération Campus; nobody has even described it let alone quoted it as an example. Despite the fact that France has always been our closest benchmark [only geographically nowadays, unfortunately]. Let alone German policies or policies adopted in other European countries. Is this obstinacy? Ignorance? Dishonesty?. It is actually all of this and more, without a doubt. Generally speaking this is the worst kind of provincial, dismal, poor quality information of the worse kind ever (even for Italy, bearing in mind that things were not exactly superbly reported in the past). And unfortunately the bursting of the Web onto the scene has not rectified matters, since here in Italy it is only used on a very marginal basis in relation to these issues, openly blocked by every means available ranging from tariff-based expedients to a failure to carry out any technical updating: no wide band, no WiFi etc. In contrast, there is plenty of talk about assessments, peer-reviews, selectivity, meritocracy and so on and so forth, meaningless expressions borrowed from totally different contexts, inapplicable copycatting, when the only operation

The project is constructed around three main strategic lines: to make the city of Lille a cutting-edge multidisciplinary scientific centre, to provide an extremely varied and complete education program, and to enhance students’ quality of life by creating two libraries of the future (learning centres) open to everybody.

actually brought to completion is the blind and indiscriminate wasting of resources: an authentic self-imposed endemic state of poverty that it will be hard to reverse. This is no old-fashioned piece of political wizardry of the sophisticated vintage kind, it is just a terrible crime committed with devious satisfaction that is there for all to see. So how can we get out of this neo-post-war situation totally lacking in the kind of reconstructive energy shown back then. Managing resources based on rationally effective projects that are as widely approved as possible calls for a complete awareness of a kind of duty that is evidently no longer felt here in Italy. We might naïvely hope that we may receive a helping hand from the specific sectors involved: from town-planning, for example, or urban policies etc., keeping to those realms which in the milieu of architects might be taken as not to distant, realms where over time a heritage of battles have been waged against those trying to get their hands on the city. Considering the current state of affairs, from where else it not here might any voices be raised and authoritative proposals put forward aimed at concretely demonstrating how education and research (and the way they are physically organized) must necessarily be considered as vectors of social and economic progress within a framework of reasonable environmental sustainability? But this is not the case, as is shown by the PGTs, an acronym which stands for territorial government plans, a very recent development based on an incredibly intricate bundle of tools and compulsory planning levels, increasingly less physical and more aphasic. The latest arrivals to burst onto the scene [to plenty of applause and, conversely, heckling], they openly avow their exclusive attention to the amount of cubic metres of building without paying the slightest heed to the purposes of this building work, directed in some sense towards education, culture and research. Need we say more? Maurizio Vogliazzo 271 l’ARCA 75


Grenoble Université de L’innovation, Campus Ouest - Campus Est. L’Opération Campus rafforza il legame tra i due poli di insegnamento superiore e di ricerca che accoglieranno ognuno dei progetti inerenti ai quettro indizzi di eccellenza: società dell’informazione, salute e mondo vivente, sviluppo sostenibile e energia, inoovazioneconoscenza-società.

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Opération Campus strengthens the link between two advanced study and research centres, which will each encompass projects connected with four realms of study: the information society, health and the living world, sustainable development and energy, innovationknowledge-society.


Campus Lorrain, Campus Brabois à Nancy, Campus du Saulcy et Campus Metz – Technopole à Metz. Le qualità specifiche di questo progetto sono la relazione università-impresa, una forte pluridisciplinarità e una capacità eccezionale d’integrazione tra scienza e tecnologia, che caratterizza il suo campo di eccellenza: le scienze della materia e del mondo vivente.

The distinctive traits of this project are how the university relates to business, a strong sense of multidisciplinary study and a cutting-edge capacity to bring together science and technology characterising its main field of expertise: the material sciences and living world.

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Lyon Cité Campus, Campus LyonTech La Doua - Campus Charles Mérieux. Si tratta di un progetto scientifico e un progetto di vita di campus. E’ comune a otto istituti del polo di ricerca e di insegnamento superiore dell’Università di Lione su due vasti territori: il campus di LyonTech-La Doua (scienza e tecnologia a servizio dello sviluppo sostenibile) a Villeurbanne e il campus Charles Mérieux (Bioscienze, Scienze umane e sociali) a Lyon.

This is a scientific project designed to inject fresh life into the campus. It involves eight institutes belonging to the University of Lyon’s further education and research centre set over two vast areas of land: LyonTech-La Doua campus (science and technology serving sustainable growth) in Villeurbanne and Charles Mérieux campus (Biosciences, Human and Social Sciences) in Lyon.

Montpellier Sud de France. Il progetto scientifico e pedagogico è strutturato in sei poli transdisciplinari: agro-ambientale, con l’appoggio del gruppo di ricerca agricola internazionale;

biologia-salute; chimica; matematica, informatica, fisica, strutture e sistemi; scienze umane e sociali; acqua, confort per la creazione di un polo di competitività a vocazione mondiale.

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The scientific-educational project is constructed around six cutting-edge crossdisciplinary centres; agro-environment, with the backing of a consultation team, for international agricultural research; biology-

health; chemicals; mathematics, computer science, physics, structural engineering and systems; human sciences and society; water studies assisted by the creation of world class centre.


Université de Strasbourg, Campus de l’Esplanade Campus historique. Il progetto si sviluppa su tre assi maggiori: un miglioramento delle condizioni di vita degli studenti sul campus e nel contesto circostante, l’apertura verso la città attrverso un rinnovamento degli strumenti di diffusione dei saperi e della cultura scientifica, l’ottimizzazione delle strutture di formazione e di ricerca per adattarle alle esigenze e alle strategie contemporanee.

The project develops along three main lines: improving the living conditions of students on campus and in the surrounding area, opening up to the city by upgrading the means of spreading knowledge and scientific culture, optimising the education and research facilities to adapt them to modern day needs and strategies.

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Campus du Plateau de Saclay. La strategia scientifica del progetto si articola secondo tre assi principali: rafforzare o creare dei poli di competenze multidisciplinari, concentrae i gruppi di ricerca pubblica e industriale nei settori prioritari: salute, fisica, informazione, comunicazione, nanotecnologie, alimentazione e biotecnologia, urgenza ambientale e ecotecnologie, sviluppo della valorizzazione e dell’innovazione.

The projects scientific strategy is based on three main principles: to reinforce or create multidisciplinary study centres, focus public and industrial research groups in priority sectors: health, physics, information, communication, nanotechnology, food and biotechnology, environmental and ecotechnological issues, upgrading and innovation.

Credits Aix-Marseille: aGam (agence d’urbanisme de l’agglomération marseillaise), association Grand-Luminy, AUPA (agence d’urbanisme Pays d’Aix), université de Provence Aix-Marseille Bordeaux: a’urba (agence d’urbanisme Bordeaux métropole Aquitaine), université de Bordeaux, Zoé Fontaine, IGN Condorcet: agence Dusapin-Leclercq, Panerai & associés Grenoble: CEA (Commissariat à l’énergie atomique) de Grenoble, SEM Innovia

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Grenoble, Université de Grenoble, Vasconi associés architectes, Mark Buscail, JNC agence sud, Les Presses de la Cité, infographie Lecarpentier Grand Lille: Lille métropole communauté urbaine, SEM Haute Borne, SCET, Stereograph / Campus Grand Lille, Francis Bocquet Lorrain: ADUAN (agence d’urbanisme de l’agglomération Nancéienne), AGURAM (agence d’urbanisme de l’agglomération Messine), UHP (université Henri-Poincaré), Hervé Colson

Lyon: Grand Lyon communauté urbaine, université de Lyon, Intégral Lipsky + Rollet architectes, Stéphane Toraldo. Montpellier Sud de France: UMSF (université Montpellier Sud de France), Hargreaves Associates, N+B architectes Paris: Semapa (Société d’économie mixte d’aménagement de Paris), université Paris Diderot, Agence Nicolas Michelin & associés, Antonini + Darmon, BarthélémyGrino, Chaix & Morel, François Chochon & Laurent Pierre, Jean Guervilly & Françoise Mauffret, IN & ON architecture, JB

Lacoudre, Rudy Ricciotti, X’TU, Nicolas Borel, Jean-Marie Monthiers Plateau de Saclay: AREP, Michel Desvigne paysagiste, FAA+XDGA (Floris Alkemade, Xaveer de Geyter, Milena Wysoczynska, Antoine Chaudemanche) Strasbourg: communauté urbaine de Strasbourg, Obras architectes, P. Disdier (CNRS), J. Brion, Service régional de traitement d’image et de télédétection, Maurice Culot Toulouse: Obras architectes, Styles architects, Seura architectes, David Viet


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Università di Paris, Paris 4 : Centre Clignancourt, Paris 7: costruzione sul sito di Paris Rive Gauche, Paris 6 : campus de Jussieu, INALCO, IPGP. La ricomposizione del paesaggio universitario parigino è una priorità : è stato quindi avviato un piano di raggruppamento delle strutture universitarie. Nei prossimi dieci anni il numero dei siti passerà da 130 a 45.

Built on the site of Paris Rive Gauche, Paris 6: Jussieu, INALCO and IPGP campuses. The redevelopment of the Paris universityscape is a priority: a plan has been set under way to group together the university facilities. Over the next ten years the number of sites will drop from 130 to 45.

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1. Ristrutturazione della Tour Zamansky – Campus Jussieu/modernisation of Tour Zamansky – Campus Jussieu 2. Campus de Jussieu – patio interno/interior patio 3. Campus Jussieu – Bâtiment Eclangon 4. Paris Diderot - Halle, vista sul piazzale/view across the square

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NUOVA UNIVERSITÀ VALDOSTANA IN AOSTA Mario Cucinella Architects

Il nuovo complesso universitario di Aosta è sviluppato con una rigorosa ricerca dell’efficienza e delle prestazioni energetiche. E’ pensato con una conformazione a sbalzi che gli conferisca leggerezza e trasparenza e che consenta a ogni edificio di mantenere la propria autonomia funzionale.

The new university complex in Aosta has been developed following a rigorous search for energy efficiency and performance. It is conceived as a composition of overhanging volumes which enhances its lightness and transparency and allows for the functional autonomy each building.

Lo studio MCA ha ricevuto l’incarico dalla Nuova Università Valdostana di realizzare il recupero e la trasformazione – su una superficie complessiva di 56.302 metri quadrati – dell’ Ex Caserma Testafochi ad Aosta. L’area d’intervento è compresa in un’ importante e nevralgica fascia di territorio urbano. Il concetto di campus viene affrontato in modo da rispondere a tutte le esigenze funzionali richieste (l’università dovrà accogliere 2000 studenti) e allo stesso tempo, in modo da renderlo fortemente riconoscibile come segno della città contemporanea di Aosta. Il nuovo progetto rafforza le attività culturali, estende il patrimonio di aree verdi – oltre che a integrarlo – fino a costituire un sistema che attraversa la città. Sull’area destinata all’intervento rimangono i quattro edifici principali della caserma che formano una “piazza d’armi”: Beltricco, risalente al 1886 a nord, Giordana a sud, affacciato su Piazza della Repubblica, Zerboglio a est e Urli a ovest, questi ultimi tre tutti costruiti nel 1935. I primi due verranno conservati e rinnovati, mentre i secondi due, le cui caratteristiche strutturali risultano inadatte al nuovo progetto, verranno demoliti e ricostruiti. Nell’università è privilegiata l’organizzazione per funzioni, ogni edificio è pertanto dotato di una sua propria autonomia funzionale. L’aspetto generale dell’edificio “a sbalzi” coniuga leggerezza e trasparenza di forme e materiali.

L’intero complesso è stato sviluppato con una rigorosa e attenta ricerca dell’efficienza e della performance energetica. L’obiettivo guida delle scelte progettuali è stato, infatti, fin dall’inizio quello di ridurre al minimo la domanda energetica del complesso. In prima analisi sono state condotte simulazioni delle ombre sul lotto di progetto generate dagli edifici e dai rilievi montuosi circostanti; per far fronte alla riduzione dell’irraggiamento solare, da questi causato, e per compensare l’elevata escursione termica giornaliera e stagionale è stato necessario studiare accuratamente le prestazioni dell’involucro, specialmente per i due blocchi della Didattica; per queste infatti non è stato possibile orientarle secondo l’asse elio-termico per la volontà espressa dalla Sovrintendenza di ricostruire tali edifici sul sedime di quelli preesistenti. Per limitarne il surriscaldamento estivo, è stata condotta un’analisi solare sulle facciate che ha evidenziato la necessità di adottare una pelle schermante per le vetrate a ovest, mentre a sud e a est, dove la radiazione solare risulta di minor entità grazie all’orientamento e agli aggetti, questa è stata inserita per controllare la radiazione solare diretta. L’aggetto delle aule verso la piazza esterna ha permesso di posizionare lucernari zenitali in alcune aule gradonate; questa scelta, unita all’inserimento di aperture nei percorsi centrali, favorisce l’ingresso di luce naturale all’interno degli ambienti e garantisce un utile risparmio dei consumi elettrici dovuti all’illuminazione artificiale. Per ridurre l’impatto ambientale del com-

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Nella pagina a fianco, strategie bioclimatiche per lo Studentato. Sopra, schizzo della planimetria generale e, a destra, vista aerea dell’area dell’ex Caserma Testafochi ad Aosta dove verrà realizzato il complesso universitario.

Opposite page, bioclimatic strategies for the Students’ Building. Above, sketch of the site plan and, right, aerial view of the former Testafochi barracks in Aosta, where the new university complex will by built.

Credits Project: Mario Cucinella Architects with Pession Studio Associato, Teatrastudio, rA – Studio Rosset e Associati

Architect in Charge: Julissa Gutarra Project Team: Luca Bertacchi, Pasqualino Tomassi, Caterina Michelini, Luca Porto Bonacci Model:

plesso, oltre al recupero delle acque piovane da riutilizzare per gli usi quali irrigazione, sciacquoni dei wc, pulizia dei piazzali, sono stati scelti sistemi impiantistici a elevata efficienza, alimentati per la maggior parte da fonti rinnovabili: un sistema centralizzato costituito da una pompa di calore ad acqua di falda, integrata con caldaia a condensazione, serve tutto il complesso, eccezion fatta per lo studentato per il quale è stato proposto un sistema innovativo composto da accumuli termici interrati, collegati con i pannelli solari disposti in copertura; questa particolare soluzione consente di soddisfare il fabbisogno per riscaldamento e l’acqua calda sanitaria esclusivamente con energia solare, azzerandone le emissioni di CO2 e rendendo l’edificio completamente autonomo. A integrazione del sistema centralizzato, gli edifici per la didattica sono dotati di una serie di condotti interrati di ventilazione geotermica che consentono di preraffrescare (in estate) e preriscaldare (in inverno) l’aria esterna in ingresso. In estate inoltre questi edifici beneficiano del raffrescamento passivo ottenuto tramite torri evaporative collocate nell’atrio centrale. Per lo studentato, dove non è previsto l’impianto di condizionamento estivo, e in generale per tutto il complesso, viene favorita la ventilazione naturale degli ambienti interni, quando le condizioni esterne sono favorevoli. Per ridurre ulteriormente le emissioni di CO2, saranno collocati 4.600 metri quadrati di fotovoltaico sulla copertura degli edifici ex Urli ed ex Zerboglio, sufficienti a coprire interamente la domanda energetica per la climatizzazione di tutto il complesso.

Yuri Costantini Structures: Sintecna Electrcal and Mechanical Engineering: Golder Associates, Metec & Saggese, Energy Services

Safety and Fireproofing: Giuseppe G. Amaro 3D Rendering: Engram Client: NUV – Nuova Università Valdostana

The MCA architecture firm was commissioned by New Valdostana University to redevelop and convert – over a surface area of 56,302 square metres – what was formerly Testafochi barracks in Aosta. The project area is set in an important and strategically key strip of urban land. The concept of the campus has been tackled in such a way as to cater for all the relevant functional requirements (the university will accommodate 2,000 students) and, at same time, it will also be will instantly recognizable as a landmark in the modern-day city of Aosta. The project enhances the existing cultural activities and extends the array of landscaped areas – as well as integrating them – so is to construct a system that runs right across the city. The four main barracks buildings have been left on the site to create a “parade ground”: Beltriccio dating back to 1886 to the north, Giordana to the south facing onto Piazza della Repubblica, Zerboglio to the east and Urli to the west, the latter three all built in 1935. The first two have been conserved and renovated, while the second two, whose structural features adapt nicely to the project, will be knocked down and rebuilt. The university design focuses on a layout organised in terms of functions, so each building will functionally autonomous. The general “overhanging” appearance of the building combines lightness and transparency through its forms and materials. The entire complex is being developed with very careful and rigorous 271 l’ARCA 83


attention to energy efficiency and performance. Right from the beginning, the guideline underscoring the various project features was geared to reducing the complex’s energy requirements to a minimum. The first stage in the process involved carrying out simulations of the shadows cast across the project site by the buildings and surrounded mountaintops; in order to cope with the reduction in sunlight caused by the aforementioned shadows and in order to compensate for the high degree of both daily and seasonal temperature excursion, the performance ratings of the shell had to be carefully studied, particularly for the two teaching sections; in fact, these sections could not be positioned along the wind-heat axis because the local Superintendent’s Office expressed a keen desire to reconstruct these buildings on their old site. A solar analysis of the façades was also carried out in order to try and constrain summer overheating, which highlighted the need to apply a shielding skin over the glass windows to the west, while on the other hand, to the south and east (where solar radiation turned out to be lower due to the layouts and overhangs), a skin was applied to control direct solar radiation. The way the classrooms overhang towards the outside square allowed zenith skylights to be placed in some of the terraced classrooms; this feature, together with the placements of apertures along the central corridors, helps convey natural light into the various premises and guarantees useful savings on the electricity required for artificial lighting. High-efficiency plant-engineering systems were chosen to

help reduce the complex’s environmental impact and simplify the recycling of rainwater to be reused for other purposes, such as irrigation, flushing toilets and cleaning the squares. These systems were mainly powered by renewable sources: a centralized system composed of a heat pump using groundwater integrated with a condensation boiler serves the entire complex, except for the hall of residence for which an innovative system has been provided composed of underground heat accumulators connected to solar panels placed on the roof; this particular feature provides the necessary energy (for heating and supplying hot water for the sanitary facilities) exclusively through solar energy, reducing CO2 emissions to zero and making the building totally autonomous. The teaching buildings have been equipped with a set of underground geothermal ventilation conduits to integrate the centralized system that allow air entering from outside to be pre-cooled (in summer) and preheated (in winter). Moreover, in summer these buildings will also benefit from passive cooling through evaporation towers will placed in the central lobby. As regards the hall of residence, where there are no plans to install a summer air-conditioning system, and for the entire complex in general, it has been decided to favour natural ventilation in the interiors when the outside conditions allow it. 4,600 square metres of photovoltaic panels will be installed on the roof of the former Urli and Zerboglio buildings to further reduce CO2 emissions. This will be sufficient to completely cover the energy requirements for climatising the entire complex. In alto, studi per il fabbisogno e delle prestazioni energetiche per il riscaldamento (inverno) e per il raffrescamento (estate). A sinistra e nella pagina a fianco, viste del modello, con in evidenza gli edifici a sbalzo che si affacciano sulla ex “piazza d’armi”.

Top, studies for the energy needs and perfomances for heating (winter) and cooling (summer). Left and opposite page, views of the model, with in the foreground the overhanging buildings facing the former “parade ground”.

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ECOLE SUPERIEURE DES BEAUX ARTS IN NANTES METROPOLE Franklin Azzi Architecture

© Franklin Azzi Architecture

Il progetto della nuova Ecole Supérieure des Beaux Arts di Nantes Métropole si inscrive nell’ambizioso programma di rinnovamento dei vecchi magazzini Alstom sull’Ile de Nantes destinati a divenire il centro nevralgico della creazione artistica. Il progetto, di una capacità di 25.000 metri quadrati, raggruppa al suo interno le attività di formazione e di ricerca universitaria, la creazione di istituzioni pubbliche dedicate alla mediazione, strutture di animazione, di accoglienza degli artisti e di piccole imprese. Lo studio Franklin Azzi Architecture, vincitore di un concorso bandito nel 2010, “si ispira alle qualità intrinseche dei magazzini, al genius loci” privilegiando un processo semplice per un programma complesso. Senza nostalgie formali ma sposando un’economia di

mezzi e di linguaggio, i progettisti hanno cosiderato la demolizione strettamente necessaria per l’utilizzo e la valorizzazione dell’esistente. I magazzini, composti in tre gruppi, vengono aperti, riorganizzati e riconnessi per partecipare alla coesione urbana, evidenziare l’identità dei programmi, favorire i rapporti sociali a scala umana. Dal punto di vista dell’architettura, la modularità, la capacità di appropriazione, la pertinenza degli spazi e la qualità delle attrezzature sono gli elementi sui cui si sono maggiormente concentrati gli sforzi progettuali. A ogni programma corrisponde un volume: un “padiglione-ombrello” per l’Ecole des Beaux Arts, un altro per il programma destinato alla mediazione e infine, un terzo per le attività universitarie e di accoglienza delle imprese e degli artisti.


Ispirandosi all’architettura di ex magazzini industriali sull’Ile de Nantes, il progetto li trasforma in un nuovo luogo di creazione e sperimentazione artistica aperto alla città.

Inspired by the architecture of the old industrial warehouses on Ile de Nantes, the project converts them into a new location for artistic creation and experimentation that opens up to the city.

L’involucro originario viene conservato con la funzione di un grande ombrello che offrirà proprietà di confort variabili a seconda degli usi. La demolizione di alcuni volumi e l’apertura di due prospettive visive, una nord/sud e una est/ovest, consentono di ricomporre lo spazio riordinando la maglia urbana e creando una nuova permeabilità. Questa operazione fa emergere le tre entità industriali di cui viene conservata la struttura originaria in vetro acciaio e l’interno di questo immenso volume viene invece sfruttato per organizzare un sistema di scatole modulabili e autonome. La presenza di un vasto piazzale sul lato ovest permette di creare uno spazio di accoglienza coperto ma temperato. Dal piazzale, l’entrata dell’istituto si apre sul prolungamento del giardino ai bordi del Palazzo di Giustizia di Jean Nouvel beneficiando di uno

sbocco sulla Loira e definendo un punto di incontro naturale. Il trattamento del suolo, che viene conservato, diviene l’elemento centrale della continuità tra l’interno dei magazzini e l’esterno senza rottura, sottolineando la mescolanza dentro/fuori, lo spirito di trasparenza, di porosità e di permeabilità sociale che abita il progetto. La progressione all’interno della scuola è ordinata dallo sviluppo di un asse che assicura la coerenza della transizione tra gli spazi comuni, il piazzale e le zone riservate a studenti e insegnanti. Grazie alla semplicità di lettura dell’insieme dei magazzini, al progetto paesaggistico come alla forte identità degli spazi comuni, l’Esbanm si pone come elemento nodale della connessione urbana nell’Isola, coniugando esigenze locali e più globali di interesse sociale, culturale, politico e territoriale.


The project for the new Ecole Supérieure des Beaux Arts at Nantes Métropole is part of an ambitious project to redevelop the old Alstom warehouses on the Ile de Nantes destined to be a nerve centre of artistic creativity. The project covering 25,000 square metres groups together university education and research facilities, new public institutes devoted to mediation, and entertainment-reception facilities for artists and small businesses. The Franklin Azzi architecture firm, which won a competition organised in 2010, “draws inspiration from the intrinsic qualities of the warehouses and the genius loci” favouring a simple process for an elaborate programme. Rejecting stylistic nostalgia so as to economise on both the means available and stylistic idiom, the architects only demolished what they absolutely had to, in order to make use of and

Pianta del secondo piano. Plan of the second floor.

Pianta del primo piano. Plan of the first floor.

Pianta del piano terra. Plan of the ground floor.

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exploit what was already there. The warehouses, set in three groups, have been opened up, reorganised and reconnected to participate in the urban cohesion, focusing on the identity of the various programs and encouraging social relations on a people-friendly scale. From an architectural viewpoint, modularity, appropriational expertise, the pertinent nature of the spaces, and quality of the facilities, are the aspects on which design work has mainly focused. Each program has its own corresponding structure: an “umbrella-pavilion” for the Ecole des Beaux Arts, another for the mediation programme and, lastly, a third pavilion for the university services and reception facilities for businesses and artists. The original shell has been conserved to provide a huge umbrella offering various degrees of comfort according to usages.


has been treated and looked after turns into a key feature of the seamless continuity between the interior of the warehouses and outside environment, underlining the inside/outside mix and spirit of social permeability/transparency/porosity running right through the project. Progression inside the school is dictated by the development of an internal axis guaranteeing a smooth transition between the communal spaces, square and area reserved for students and teaching staff. Thanks to the ease with which the set of warehouses can be read, the landscape design and powerful identity of the communal spaces, Esbanm is a key feature of urban interaction on the island, combining local demands with more global needs on a social, cultural, political and territorial level.

ŠFAA

The demolition of certain structures and opening up of two visual perspectives, one running north-south and one east-west, have allowed the space to be recomposed while readjusting the urban web and creating a new kind of permeability. This operation brings out the three industrial entities, whose original structure made of glass and steel has been conserved, simultaneously exploiting the interior of this huge structure to create a system of self-contained boxes. The presence of a large square over on the west side allows the creation of a covered and carefully reinforced reception space. The square, providing an entrance to the institute, opens up to the extension to the garden along the sides of the Law Court building designed by Jean Nouvel, exploiting an outlet towards the Loire and creating a natural meeting place. The way the ground

Sezioni longitudinali e trasversale. Longitudinal and cross sections.

271 l’ARCA 89


©FAA ©FAA

In questa pagina e nelle precedenti, rendering della futura Ecole Supérieure des Beaux Arts di Nantes Métropole, nata dalla trasformazione dei vecchi magazzini industriali Alstom, sull’Ile de Nantes.

90 l’ARCA 271

In this and in the previous pages, renderings of the future Ecole Supérieure des Beaux Arts in Nantes Métropole, realized through the transformation of former Alstom industrial warehouses on the Ile de Nantes.


©FAA

Renderings of the internal spaces, distributed along a central axis which allows for the linking and the transition between the entrance plaza and the areas reserved to students and teachers of the Institute.

Credits Project: Franklin Azzi Architecture Technical studies: Setec Bâtiment Environmental studies: Tribu Landscaping: Bureau Sas Smet

Economist: 12 Eco Acoustic: Lamoureux Acoustique Fire proofing and accessibility: Casso & Associés Client: Samoa – ESBANM – Nantes Métropole

©FAA

Rendering degli spazi interni strutturati lungo un asse centrale di attraversamento che permette la coesione e la transizione tra il piazzale d’ingresso e gli spazi riservati agli studenti e insegnanti dell’istituto.

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AMPLIAMENTO DEL PANUM COMPLEX SCIENCE TOWER AND URBAN PARK IN COPENHAGEN C.F. Møller Architects

Un progetto che avrà un impatto significativo nel panorama della città, grazie al suo punto focale rappresentato dalla Torre della Scienza, e che doterà l’area circostante di un nuovo parco urbano.

A project which will make a significant impact on the cityscape, having its focal point in the Science Tower, and will also provide the surrounding area with a new urban park.

Il concorso per il progetto dell’ampliamento del Panum Complex presso l’Università di Copenhagen, nel centrale quartiere Blegdamsvej della capitale danese, è stato vinto da C. F. Møller Architects, together with SLA and Rambøll. Uno degli obiettivi del progetto di ampliamento è di creare il miglior ambiente possibile per la ricerca e l’insegnamento. Altro scopo è la realizzazione di un edificio che si imponga come fulcro scultorio dalla forte identità non solo rispetto all’esistente Panum Complex ma anche all’intera area del Campus Universitario Nord. Il nuovo complesso, destinato a ospitare laboratori di ricerca, è inteso anche come generatore di un positivo sviluppo urbano sia per i suoi dintorni immediati che in relazione all’intera città. La Torre della Scienza, alta sedici piani, avrà la funzione di unificare il complesso e dotarlo di uno spazio centrale dinamico dalla forma chiaramente leggibile. Come un albero ha le sue radici, la torre poggia su una serie di edifici più piccoli che contengono le funzioni comuni: gli auditori, le aule, la mensa, un laboratorio dimostrativo, sale convegni e una caffetteria-libreria. La parte di maggior spicco di questa rete di edifici è la grande piazza che formerà il centro sociale del complesso, collegando tutte le funzioni tra il complesso nuovo e l’esistente. Gli spazi pubblici sono

pensati come uno sviluppo verticale della piazza e comprendono l’enorme atrio che dimensiona il centro dei sedici piani dell’edificio. Il pubblico sarà invitato a visitare la cima della torre dove troverà una caffetteria, un salone e punti panoramici. Il rinnovato Panum Complex apparirà come una struttura aperta verso l’esterno, con un piano terra trasparente che contribuirà a sfumare i confini tra l’edificio e la città. Nuove piazze verranno create tra gli edifici con giardini interni attrezzati con panchine e pergole. Questi spazi oltre ad aggiungere oasi verdi alla città, saranno anche un’estensione degli ambienti per lo studio e degli uffici. Un campus diffuso, con percorsi pedonali e ciclabili, che creerà un vivace parco urbano strettamente legato al tessuto cittadino circostante. Con le sue forme organiche, l’edificio esprime un forte segnale di innovazione, ma, allo stesso tempo, si adatta al complesso esistente riprendendone lo schema cromatico, il ritmo e il volume. La facciata è costruita come una struttura a griglia di finestre alte quanto i piani che alleggeriscono le massicce dimensioni dell’edificio. Il progetto, inoltre, si pone all’avanguardia nell’uso dell’energia, infatti l’energia dispersa dal sistema di ventilazione verrà riciclata nel sistema generale dell’edificio a un grado finora senza precedenti.

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Nella pagina a fianco, diagramma del rapporto tra paesaggio naturale e artefatto. In alto, diagrammi funzionali delle unità di ricerca e distribuzione in pianta. Sopra, diagrammi degli accessi e delle fasi di realizzazione. A sinistra, analisi del contesto urbano caratterizzato da diversità e giustapposizioni spaziali, funzionali e tipologiche.

The competition for the design of the extension of the Panum Complex at University of Copenhagen on Blegdamsvej, in the heart of the Danish capital, has been won by C. F. Møller Architects, together with SLA and Rambøll. The extension of the Panum complex has been designed with the aim of creating the best possible environment for modern research and teaching. A parallel objective has been to create a building which will stand out as an identity-creating, sculptural linchpin for the entire Panum complex and the university’s Nørre Campus as a whole. The new complex, destined to host research laboratories, is also intended to act as the generator of a positive urban development in its immediate neighbourhood and in relation to the entire city. The sixteen storeys tall Science Tower will provide the complex with a unifying and dynamic focal point in a clear and readable form. But just as a tree has its root network, the tower rests upon on a series of smaller buildings which contain the common functions: the auditoriums, classrooms, canteen, show lab, conference rooms and book café. The most striking part of the root network is the extensive science plaza, which will form the new social hub of the complex. The plaza accommodates the main entrance and will serve as the main social meeting-place, linking all functions between the new and the existing

Opposite page, diagram of the relationship between natural and artefact landscape. Top, functional diagram of research units and floor plan layout. Above, access diagrams and construction phases. Left, urban context analysis, characterized by spatial, functional and typological diversity and juxtaposition.

Panum complex. The public spaces are conceived as a vertical design along with the plaza. It comprises a huge atrium that scales the center of the 16-story building. The public will also be invited to visit the top of the tower, where there will be a café, lounge and viewing points. The new Panum Complex will have an open and outward-looking appearance, with a transparent ground floor that will help to blur the boundaries between the building and the city. Between the buildings, new plazas will arise, together with internal garden spaces equipped with alcoves and seating. These will function as an extension of the study rooms and offices, but will also add new green oases to the city. A campus thoroughfare passing through the area, together with pedestrian and cycle paths, will create a vibrant urban park with intimate links to the surrounding city. With its organic forms, the building expresses signal power and innovation, but is also adapted to the existing Panum Complex through its colour scheme, rhythm and gravity. The facade is built up in the form of a grid structure of storey-high window fields that break up the building's large scale. The project will be pioneering in energy usage, in fact waste energy from the ventilation system will be recycled in the overall energy balance of the building to a hitherto unprecedented degree. 271 l’ARCA 93


In alto, planimetria generale e schizzo del piano terra. Sopra, schizzo per la definizione del masterplan a stella che può essere realizzato in varie fasi e essere ampliato. Sotto, schizzi della scala centrale ed delle sale convegni sospese che occupano gli atrii interconnessi e schizzo delle connessioni che unificano il complesso. Nella pagina a fianco, diagramma della sostenibilità e vista aerea dell’area con il rendering del progetto.

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Top, site plan and sketch of the ground floor. Above, sketch of the star-shaped masterplan that can be constructed in phases and allows for further extensions. Below, sketches of the central stair and of the suspended meeting rooms occupying the connecting atriums, and sketch of the connections that tie together the complex. Opposite page, sustainability diagram, and aerial view of the site with the rendering of the project.


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Piante del piano terra e del primo piano. Nella pagina a fianco, piante di un piano tipo e del 14° piano; rendering del parco urbano all’esterno della Science Tower e vista dell’atrio di ingresso.

Plans of the ground floor and of the first floor. Opposite page, plans of a typical floor and of the 14th floor; renderings of the urban park outside the Science Tower and of the entrance atrium.

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MIR

MIR

Credits Project: C. F. Møller Architects Engineering: Rambøll Landscape: SLA Collaborators: aggebo&henriksen, Cenergia, Gordon Farquharson and Innovation Lab Client: The Danish University and Property Agency and the University of Copenhagen

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Rubriche e articoli sul mondo della progettazione, della produzione e della ricerca. Design, production and research.

Nuovo Campus Istituto Europeo del Design In Turin Progetto: MCA-Mario Cucinella Architects Lo studio di architettura MCA-Mario Cucinella Architects ha vinto il concorso internazionale per il progetto del nuovo campus dell’Istituto Europeo del Design a Torino da realizzare su un’area di 12.700 metri quadrati precedentemente occupata dall’industria di componenti per auto Ghia. Il progetto prevede la riqualificazione dei capannoni esistenti che verranno convertiti in parcheggio e la costruzione di una nuova piastra orizzontale destinata a ospitare una biblioteca per 40.000 volumi, aule per seminari, uffici e di una torre con le residenze per gli studenti, per complessivi 9.500 metri quadrati, il tutto circondato da giardini. L’area di intervento è di forma triangolare ed è delimitata su due lati dai binari della ferrovia. La torre residenziale per gli studenti con 180 posti letto è una sorta di lama lunga 75 metri e alta 41 metri sui quali si sviluppano 12 piani e svetta come nuovo simbolo architettonico ponendosi come collegamento visuale con il centro della città di Torino. Al piano terra la struttura si apre in una grande piazza-giardino aperta al pubblico, con percorsi, giardini, fontane e spazi per ospitare iniziative e manifestazioni organizzate allo IED. Obiettivo del progetto è realizzare un edificio a emissioni zero, un nuovo polmone verde per questa ex area industriale attraverso l’adozione di strategie ambientali sostenibili e di elementi di energia passiva come l’integrazione di pannelli fotovoltaici nella struttura. MCA-Mario Cucinella Architects won an international competition for a project involving the new campus of the European Institute of Design in Turin. The project is to be implemented on a 12,700-square-meter surface area that was formerly occupied by the Ghia car parts industry. The existing sheds are to be converted into parking areas, and a new horizontal platform is to host a library with the capacity for 40,000 books, lecture rooms for seminars, offices, and a student housing tower, for a total of 9,500 square meters, all of which is to be surrounded by gardens. The lot is triangular, and is marked off on two sides by railroad tracks. The student residential tower, with room for 180 beds, is a blade measuring 75 meters in length and 41 meters in height and is divided into 12 stories. The building soars upwards as a new architectural symbol, establishing itself as a visual landmark for the Turin town center. The structure opens up on the ground floor into a great public garden-square with pathways, gardens, fountains, and areas meant to host initiatives and shows organized by the IED. The aim of the project is to implement a zeroemission building, a new green lung for this former industrial zone through the adoption of sustainable environment strategies and passive solar energy, such as photovoltaic panels built into the structure.

Credits Project: MCA-Mario Cucinella Architects Engineering: Politecnica Ingegneria e Architettura Renderings: Engram Studio Client: IED-Istituto Europeo del Design

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Le Fuseaux, Saint-Dizier Progetto: Nicolas Michelin Iscritto nella politica di sviluppo economico e turistico del centro città, il progetto per il nuovo centro culturale di Saint-Dizier, la cui inaugurazione è prevista per la fine del 2013, costituirà l’elemento strutturante dell’entrata nord della città. L’edificio, progettato da Nicolas Michelin vincitore su quattro gruppi finalisti (Denu e Paradon, Rudy Ricciotti, Dominique Coulon, Nicolas Michelin)) è caratterizzato da un forma morbida e allungata, con un sistema di fusi (“Fuseaux” da cui il nome del progetto) che si sviluppano tra le linee vegetali disegnando l’entrata della città. L’atrio d’ingresso, si apre generosamente sulle rive dell’ Ornel che diventa parte integrante del nuovo intervento definendo in uno sviluppo stratiforme, la zona del parcheggio e il piazzale della sala per spettacoli. L’edificio è individuato da una copertura formata dalla successione di curve che si dispongono su una stessa linea orizzontale da cui si proietta una tettoia arrotondata e luminosa che crea un sottile gioco di ombre e di luci. Cuore del progetto, la sala per spettacoli può ospitare fino a 1130 persone sedute e 2000 in piedi. Il progetto prevede inoltre una sala polivalente per le prove e una sala dedicata alle musiche contemporanee con uno studio di registrazione. Due importanti assi di circolazione distribuiscono la sala e tutti gli altri ambienti. Due grandi porte scorrevoli aprono l’ampio atrio verso il piazzale esterno e verso il fiume stabilendo la relazione con il paesaggio. Con una superficie di circa 300 metri quadrati, il piazzale consente di accogliere agevolmente il pubblico prima e dopo gli spettacoli. Dall’atrio d’ingresso si entra direttamente nella sala principale per spettacoli. Degli spazi tampone circondano la sala degli spettacoli garantendo nel contempo l’isolamento acustico. La sala, così protetta, si definisce come il cuore dell’edificio, individuata dalla una sagoma leggermente svasata rinforzata dalla presenza delle balconate disposte lungo le pareti laterali che sottolineano la relazione tra il pubblico e la scena contribuendo a creare un’atmosfera particolarmente intima. Il rivestimento interno trattato in lame di legno disposte orizzontalmente, contribuisce a creare un ambiente caldo e accogliente arricchendo con una nuova immagine l’offerta culturale della città.

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Massima interazione Kolding Campus Progetto: Henning Larsen Architects Il Kolding Campus, che si propone come nuovo centro di eccellenza per la formazione, ospiterà i corsi di comunicazione, design, cultura e lingue della Università della Danimarca Meridionale. L’edificio, che occupa un’area di 13.600 metri quadrati, si trova a Grønborg, nel centro di Kolding, nei pressi del porto, della stazione e del lungofiume. Inoltre il Kolding Campus formerà una stretta interazione con altri istituti della città come la Design School e l’International Business Center. La sua forma triangolare e le particolari facciate determinano un forte dialogo tra l’interno e l’esterno dell’edificio. La facciata, formata da elementi mobili triangolari che permettono di regolare il flusso luminoso, è parte integrante dell’edificio e contribuisce a crearne l’immagine peculiare e variabile. All’interno dell’atrio alto cinque piani, la posizione sfalsata delle scale e delle balconate di accesso genera una particolare dinamica in cui la forma triangolare si ripete in posizioni sempre diverse ai vari piani. Le attività si aprono verso la città così che la piazza del campus e l’universo dello studio all’interno diventano un unico spazio urbano interconnesso col parco nella parte posteriore e con la piazza pubblica urbana nella parte anteriore. L’edificio è dotato di una serie di elementi legati alla sostenibilità, quali il raffreddamento che sfrutta l’acqua del vicino fiume, la ventilazione meccanica a basso consumo energetico, le cellule solari. Le aree verdi sono collegate tra loro in una infrastruttura ecologica che andrà a far parte del parco di ricerca. Si è posta grande attenzione nell’organizzazione e distribuzione degli uffici e delle aule di gruppo a ciascun piano in modo che ci fosse un collegamento costante tra centro e periferia. Le aule possono aprirsi agli ambienti di studio più vivaci organizzati sulle balconate o essere ampliate in occasioni di riunioni e presentazioni grazie a porte scorrevoli. Le balconate possono essere sfruttate sia come ambienti comuni che individuali essendo arredate con elementi divisori bassi che permettono agli studenti di studiare da soli o in gruppo nelle postazioni di lavoro distribuite lungo le balconate stesse e nelle varie aree e sale che vi si affacciano. L’obiettivo sotteso a questa organizzazione degli spazi di lavoro ai vari piani è quello di creare la massima interazione tra professori, ricercatori e studenti, assicurando, allo stesso tempo, la possibilità di ritirarsi in aree più tranquille. Insomma, la nuova Università della Danimarca Meridionale si propone come un ambiente internazionale di studio molto stimolante di cui beneficeranno non solo i suoi fruitori diretti ma anche i cittadini di Kolding. As the new learning centre of excellence, Kolding Campus will house the courses in communications, design, culture and languages of the University of Southern Denmark. The building is located in a 13,600 square metres area on the Grønborg grounds in the centre of Kolding close to the harbour, station and scenic attraction of the river. Kolding Campus will form a close interaction with the other educational institutions of the town, Kolding Design School and Kolding International Business Center. The triangular shape and facades of the building create a powerful dialogue between the inner life of the building and the outside observer. The façade, consisting of consists of movable, triangular elements that regulate the inflow of light, is an integrated part of the building and together, they create a unique and varying expression. Inside in the five floor high atrium, the displaced position of the staircases and access balconies creates a special dynamics where the triangular shape repeats its pattern in a continuous variety of positions up through the different floors. The activities open up towards the town so that the campus plaza and the interior study universe become one interconnected urban space with a green park at the back and a common recreational town plaza at the front. The building features a number of sustainable initiatives, for instance cooling by means of water from Kolding River, mechanical low-energy ventilation and solar cells. The green areas are tied together in an ecological infrastructure, which will eventually become part of the research park. Strong focus has been on ensuring that the offices and group rooms on each floor is organised with offices and formal group rooms placed in the periphery. As required, these rooms can be opened up to the more vibrant study environment on the balconies just as the sliding doors make it possible to open up the rooms in connection with presentations and meetings. The balconies are based on individual as well as group environments and are furnished by means of low dividing elements enabling students to study individually or in groups at work stations on the study balconies, in the lounge areas or in the enclosed group rooms. The objective behind the structure of all the floors has been to create cross-fields between professors, researchers and students while at the same time ensuring available areas for quite contemplation. In all ways, the new University of Southern Denmark will appear as an exciting, international study environment of benefit and inspiration to its users as well as the town of Kolding. Credits Project: Henning Larsen Architects

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Client: The Danish University and Property Agency


Ampliamento dell’EPFL, Losanna Progetto: Dominique Perrault L’Ecole Polytechnique di Losanna continua la vasta operazione del suo ampliamento e della sua trasformazione facendo coinvolgendo nomi importanti dell’architettura contemporanea. Dopo la costruzione del Rolex Learning Center,opera di SANAA; nel febbraio scorso è stato aggiudicato un concorso per la trasformazione dei vecchi padiglioni di meccanica e della biblioteca centrale dell’EPFL che dominano il nuovo centro ricerche. Dominique Perrault, con il gruppo svizzero Karl Steiner, firmano il progetto vincitore che porterà alla trasformazione di un’area di 15.500 metri quadrati dove, oltre alla ristrutturazione e all’ampliamento dei vecchi padiglioni di meccanica e della biblioteca, verranno realizzati un nuovo Teachning Lab, sale di conferenze, laboratori, sale espositive e uffici. Il progetto nasce come conseguenza del trasferimento del contenuto della vecchia biblioteca all’interno del Rolex Learning Center, liberando una notevole volumetria che potrà accogliere a intervento realizzato una parte dei servici centrali della EPFL, nuovi laboratori per gli studenti della Facoltà di scienze e tecnologia. Il progetto di Perrault, si definisce sul legame tra i vecchi edifici e le nuove costruzioni dando vita a una nuova dinamica urbana, un nuovo spazio di vita a metà strada tra il Rolex Learning Center e il nuovo Centro dei Congressi attualmente in cantiere. Il un secondo tempo, è prevista la realizzazione di un edificio emblematico, il più alto del campus, che Perrault ha soprannominato Teaching Bridge. Si tratta di una struttura destinata alla formazione che ospiterà su più livelli degli spazi per l’insegnamento mettendo in primo piano le più moderne formule pedagogiche.

The Ecole Polytechnique of Lausanne continues its vast extension works and renewal, involving important names in the world of contemporary architecture. After building the Rolex Learning Center, designed by SANAA, last February the winner of a competition for the conversion of the former mechanical pavilions and the EPFL central library—which overlook the new research center—was named. The winning project was by Dominique Perrault and the Swiss group Karl Steiner. Their work concerns a 15,500 square-meter-area, which, in addition to the renovation and extension of the old mechanical pavilions and library, includes a new teaching Lab, conference halls, laboratories, exhibition halls, and offices. The project stems from the transfer of the old library’s contents to the Rolex Learning Center, freeing a remarkable amount of space which, when renovated, can hold a part of the university’s central services, new laboratories for the students at the Faculty of Science and Technology. Perrault’s project is defined along the lines of the connection between the old buildings and the new architectural works, giving life to a new urban dynamics, a new living area between the Rolex Learning Center and the new Congress Center, which is currently being built. Following this, an emblematic building is to be erected, which Perrault nicknamed the Teaching Bridge and is to be the tallest on campus. It is a building meant for training and will host teaching areas on its various stories, focusing on the latest pedagogical formulas.

Tempo di ceramiche Negli spazi suggestivi del Museo Bagatti Valsecchi di Milano, si è svolta la mostra “Il decoro in tavola. Forme e colori di Guido Andloz”. Si tratta di una rassegna di opere che, a firma del designer e ceramista Guido Andloviz (1900-1971), sono state ideate per la decorazione della tavola. Dal 1923 impegnato come creativo nella S.C.I. - Società Ceramica Italiana di Laveno, e successivamente direttore artistico e direttore della produzione sino al 1962, Andloviz viene identificato come esimio maestro sia nella terraglia forte sia nella porcellana, ideando oggetti d’uso comune quali piatti e servizi da tè e caffè, nonché vasi, candelieri, sanitari, piastrelle e pezzi di esclusiva e singolarissima creatività. Capace di una sintesi raffinata nelle forme e nello stile, e di eclettismi pittorici di una vitalità immediata e cromaticamente esaltante, Andloviz viene esposto, in un percorso scenografico ed espositivo pensato da Andrea e Roberto Comotti, e curato da Anty Pansera, con una raffinata serie di pezzi e prestigiosi elementi unici provenienti da esclusive raccolte private, evidenziati in “tavole” raffinatissime e in una sezione di progetti e disegni di Andloviz che comprendono molti inediti. E’ stata inoltre allestita una sala dedicata ad Atonia Campi, che successe ad Andloviz come Art Director di S.C.I., e indicata quale prossima protagonista di una mostra monografica, sempre presso il Museo Bagatti Valsecchi, in occasione del compimento dei novanta anni.

Premi Nazionali IN/ARCH-ANCE Lo scorso 24 maggio si è svolta la cerimonia di premiazione della quarta edizione del Premio Nazionale IN/ARCH-ANCE. La giuria, composta da Domenico De Masi (presidente), Carmen Andriani, Paolo Buzzetti, Cesare Casati, Jo Coenen, Margherita Guccione, Adolfo Guzzini, Gabriele Lelli, Alfredo Letizia e Guendalina Salimei, ha assegnato i seguenti riconoscimenti: Intervento di Nuova Costruzione Museo Nazionale dell’automobile di Torino (nella foto), progettisti Cino Zucchi Architetti (capogruppo), Recchi Engineering, Proger Intervento di Housing Sociale Residenze sociali, parco e servizi al quartiere Gallarate a Milano, progettisti MAB Arquitectura Massimo Basile e Floriana Marotta Intervento Realizzato, Progettato da un Giovane Progettista - Bagnoli Hub Centro Servizi a Napoli, progettisti ATI Servizi Integrati-IDI e Silvio D’Ascia - Domus Technica a Brescello (RE), progettisti Iotti+Pavarani Architetti - Museo Pitagora a Crotone, progettisti OBR-Open Building Research Intervento di Riqualificazione Edilizia - Restauro del Tempio Duomo a Pozzuoli (NA), progettisti Marco Dezzi Bardeschi (capogruppo) - Allestimento del percorso archeologico ipogeo al Rione Terra di Pozzuoli (NA), progettisti Gnosis Architettura Premio Nazionale IN/ARCH-ANCE "Bruno Zevi" per la Diffusione della cultura architettonica - Archiworld.tv, ideatore/fondatore Giorgio Scianca, direttore Alessandra Comazzi - Report, direttore RAI3 Paolo Ruffini, direttore responsabile della trasmissione Milena Gabanelli Premio Nazionale IN/ARCH-ANCE alla Carriera Lucio Passarelli

Project: Dominique Perrault Architecture Concept-construction project with: Steiner Group Technical studies :

Felix construction (facades), Tecnoservice (CVC), Duchein SA (sanitary-ware), Daniel Willi SA (structure) Client : Confédération Suisse

represented by the Conseil des écoles polytechniques. Delegated: EPFL Ecole Polytechnique Fédéral de Lausanne

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Fabio Fornasari, Al di là dell’architettura Osservando un famoso disegno di Ruggero Lenci, “Le acquisizioni linguistiche dell’architettura contemporanea”, è interessante notare come le diverse correnti architettoniche vengano tra loro poste in uno strano equilibrio, “tra contenuto ed espressione”. L’intenzione è quella di trovare un’argomentazione grafica convincente al fine di giustificare la contrapposizione tra correnti architettoniche organiche e quelle invece vicine alle ideologie razionaliste. Se uno stratagemma critico simile, nella sua estrema semplificazione potrebbe anche essere più o meno condivisibile per leggere il periodo a cavallo tra le due guerre, lo schema salta completamente nel momento in cui entra (o sarebbe meglio dire: “rientra”) in gioco una concezione dell’architettura secondo la quale l’esecuzione dell’opera coincide con la sua rappresentazione. Una concezione che vede coincidere il massimo del formalismo con il massimo della comunicazione, i cui prodotti arriveranno, in alcuni casi, a raggiungere risultati più incisivi rispetto a quelli di edifici effettivamente realizzati. Da Piranesi a Marcos Novak, le immagini di progetti utopici e città futuribili hanno sempre avuto il potere di esercitare sull’immaginario collettivo quella forza e quella immediatezza evocativa che spesso i progetti delle avanguardie architettoniche non sono riuscite a raggiungere. Ed è in questa linea di sviluppo che occorre inserire le sperimentazioni che Fabio Fornasari ha portato avanti dal 2007 a oggi in Second Life, il quale, nonostante il grande successo critico che la transarchitettura ha avuto dagli anni ‘90 fino ai primi anni del nuovo millennio, non è che uno dei rari professionisti il cui curriculum possa vantare la realizzazione, e l’entrata in uso, di vere e proprie architetture virtuali. Architetture che fra l’altro godono del vanto di essere promosse da importanti istituzioni, come ad esempio LucaniaLab, sede virtuale dell’Agenzia di Promozione Territoriale della regione Basilicata, oppure Neo-Kublai, progetto di restyling della vecchia sede dell’associazione per lo sviluppo locale Kublai, promosso dal Dipartimento per le politiche di sviluppo del Ministero dello Sviluppo Economico. Il pretesto che spinge Fornasari a iniziare a lavorare con il digitale è in realtà tra i più pragmatici: per lui infatti, l’architettura non è altro che l’espressione di una connessione tra corpi e gli oggetti che li circondano. Oggetti che non sono altro che la manifestazione di una cultura diffusa, una cultura che “non presume di esprimere in esclusiva un valore, un criterio di eccellenza”, bensì che si limiti “a riferirsi al comportamento comune, cioè medio”1. In un contesto in cui la quotidianità si riempie sempre più di oggetti immateriali, virtuali, la vera sfida consiste nel riuscire a concettualizzare i rapporti tra questa nuova forma di oggetti e una speculare nuova forma di corpo. Così Fornasari decide di dar vita a un nuovo corpo, un avatar, Asian Lednev, attraverso il quale cercare di tessere una nuova trama di relazioni. Date queste premesse, si capisce come non sia facile dare una definizione tipologica delle produzioni di Fornasari in ambiente virtuale. Certamente vi è un residuo della disciplina architettonica che è difficilmente trascurabile, ossia l’attitudine fortemente spaziale che Fornasari imprime nei suoi progetti in ambiente virtuale, dimostrando spesso di essere a conoscenza delle esperienze prima accennate riguardanti la transarchitettura. Lo stesso prefisso trans indica un al di là dell’oggetto in questione, un al di là dell’architettura che è possibile ricercare nel binomio tra artefatto e naturale. Per Masiero infatti “l’architettura è per propria natura artificio e ha come altro da sé il naturale. Va pensata quindi nella dialettica artificio/natura. Il suo “dentro” è l’artificiale; il suo “fuori” è il naturale”2. Ma in una modernità in cui il primo termine ha letteralmente fagocitato il secondo, la dialettica tra artificio e natura non può essere più considerato come valida: non vi è più alcun al di là nella natura, perché questa è entrata a far parte del dominio della creazione umana. “L’artificio non ha così niente altro che sé, non ha più un esterno, né un ‘al di làù’. Detto in altri termini tutto è diventato architettura” (ivi). Un destino che viene condiviso con l’artefice di tale artificio, nel momento in cui esso, l’uomo, diviene oggetto della tecnica e soggetto alla tecnica, aprendo così alla condizione transumana3. Esclusa la possibilità di trovare un al di là nella natura, la transarchitettura ha spostato il proprio interesse verso la dialettica tra materiale e immateriale, concentrando la propria attenzione sul tema della percezione visiva. In molti hanno sottolineato come le ricerche dei protagonisti di questa stagione ricadano nella speculazione sul virtuale, influenzando non poco il cammino di questi architetti, i quali, lentamente, si sono indirizzati verso la mera apologia del software, impegnandosi nell’esaltazione delle possibilità dei modellatori tridimensionali e tralasciando ogni aspetto legato all’immaginario. E’ in questo punto che si innesta il lavoro che Fabio Fornasari ha intrapreso con Second Life: nel momento in cui l’al di là dell’architettura viene inseguito all’interno dei mondi silicei elaborati al computer, egli sceglie di contaminare questa dimensione con un immaginario architettonico ricco di citazioni e di suggestioni visive. Un immaginario che si nutre delle proprie esperienze, da ricostruire e da rendere fruibile in base a precisi impulsi. Vi è infatti una notevole componente autobiografica in questa ricostruzione: Fornasari fa rifluire le proprie letture, i propri interessi, la propria abilità di architetto ed artista nei suoi lavori. Una strategia che permette un rapporto curiosamente intimo con i progetti che elabora, ma che, esauriti gli stimoli, non permette la possibilità di proseguire oltre. Emmanuele Jonathan Pilia

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1) LucaniaLab, 2009 In LucaniaLab, Fornasari accenna ad una dissoluzione degli elementi architettonici nell’organico, avvolgendo le emergenze superstiti in reti sinaptiche appartenenti ad un’anomala biologia aliena. Vi è un forte riferimento alla nozione di Terzo Paesaggio elaborata da Gilles Clément nella liquefazione dell'architettura nel dominio della natura. I due regni sono ormai riconciliati in un curioso cyberpunk, il quale,

invece di infettare carni e corrodere metalli, dona al regno vegetale un abito quasi senziente. 2) Neo-Kublai 2010 Il progetto di Neo-Kublai invece parte da un presupposto completamente diverso. L'associazione Kublai infatti aveva già una sede nel quale svolgeva i propri incontri, quando capisce di aver bisogno di un restyling del proprio quartier generale virtuale. L'idea Fornasari porta avanti è così quella di un piano di conservazione della memoria storica del luogo, attraverso una

stratigrafia di segni che accompagnano il visitatore, l'avatar, all'interno dello spazio. Un'enorme teca traslucida viene così poggiata sopra un antico reperto architettonico, raggiungibile tramite un unico accesso nascosto. Vengono così creati due piani sovrapposti: uno inferiore, lo spazio interno alla teca, in cui è possibile visitare, quasi fosse uno scavo, la vecchia sede di Kublai, e quello superiore, la copertura della teca, pensata come un campo da gioco, ricoperta di

oggetti ludici disseminati per l’intera superficie. In tale maniera, si cercano di aggirare due tra i luoghi comuni più affermati all'interno delle logiche della rete: da una parte, l'idea di una “archeologia del virtuale” si oppone all'indebolimento della nozione di “ricordo”, mentre dall'altra, l'aver creato un'unica via di accesso, tenta di suggerire un rapporto con il territorio meno distratto, il quale, seppure virtuale, necessita dello sguardo per definirsi paesaggio.


Through the observation of a famous design by Ruggero Lenci, “The linguistic acquisition of contemporary architecture”, it is interesting to note how – “between content and expression” – diverse architectural trends acquire a strange sort of balance with one another. The aim is to find a convincing graphic point that can justify the conflicts among organic architectural trends and those that are closer to rationalist ideologies. Although in its extreme simplification, with such a critical stratagem one could more or less share the opinion that it could be used to interpret the period between the two Wars, the pattern breaks apart completely when a conception of architecture comes into play (or “comes back” into play), according to which the fulfillment of the work coincides with its representation. A conception which sees utmost formalism coincide with utmost communication, and whose results will, in some cases, be more incisive than those of buildings that have actually been constructed. From Piranesi to Marcos Novak, images of future utopian projects and cities have always had the power to exert – on collective imagination – the strength and evocative immediacy that projects by architectural avant-gardes have not been able to achieve. Indeed, Fabio Fornasari’s experimentations fit in with the above-mentioned line of development, which he has been carrying on from 2007 to today in Second Life. Despite the great critical success that transarchitecture has had from the 1990s to the first years of the new millennium, Fornasari is but one of the rare professionals whose virtual architectural works have been implemented and are actually in use. In addition, his architectural works were promoted by important institutions, such as LucaniaLab, the virtual seat of the Basilicata Region’s Territorial Promotion Agency, or Neo-Kublai, a project for the restyling of the old headquarters of the association for the local development of Kublai, promoted by the Department for Development Policies of the Ministry of Economic Development. What actually drove Fornasari to begin working in the digital world is actually quite pragmatic: indeed, he sees architecture as the expression of a connection between bodies and the objects that surround them. Objects which are none else but the expression of a popular culture that “does not presume to express an exclusive value, a standard of excellence”, but that limits itself “to referring to common behavior, thus average behavior 1. In a context in which daily life is being filled more and more with immaterial, virtual objects, the true challenge consists in managing to conceptualize the relationships between this new object form and a new mirroring body form. Thus, Fornasari decided to give life to a new body, an avatar, Asian Lednev, through which he intends to weave new patterns of relationships. After this introduction, it is clear that it is not easy to give a typological definition to Fornasari’s production in the virtual field. Certainly, something that is very difficult to ignore has remained of the architectural discipline: the strong spatial aptitude that Fornasari imprints in the projects he creates in a virtual environment, often showing he is familiar with the abovementioned experiences related to transarchitecture. The prefix trans means beyond the object in question, beyond architecture, which can be sought in the binomial between artefact and nature. Indeed, according to Masiero, “architecture is by nature an artefact, and beyond itself it retains what is natural” 2. It is thus to be considered in the artifice/nature dialectic. Its “inside” is artificial; its “outside” is natural . But within a modernity in which the former has practically absorbed the latter, the dialectic between artifice and nature cannot be considered valid anymore: beyond nature does not exist anymore, because nature has become part of the supremacy of human creation. “Thus artifice has nothing but itself, it has no exterior, nor a (beyond). In other words, everything has become architecture” (therein). A fate that is shared with the creator of such an artifice, when the creator – man – becomes the subject of technique and is at the same time subject to technique, thus opening up a transhuman condition 3. Beyond nature is not possible, therefore transarchitecture has shifted its interest toward a dialectic that lies between the material and immaterial, focusing on the theme of visual perception. A great many scholars have pointed out how the work by the protagonists of this season fall into the speculation on what is virtual, wielding quite an influence on the path taken by these architects, who have slowly drifted towards a mere apologia of software, committing themselves to the exaltation of the opportunities offered by three-dimensional molders and leaving out any aspect linked to imagination. This is where the work Fabio Fornasari has undertaken with Second Life comes in: when what is beyond architecture is followed within by the siliceous worlds processed through computers, he tends to contaminate this dimension with an imaginary architectural world that is full of references and visual evocations. This imaginary world feeds upon its own experience, which is to be rebuilt and made practicable according to precise impulses. Indeed, there is a remarkable autobiographical component in this reconstruction: Fornasari makes his readings, his interests, his ability as an architect and artist flow into his work. This strategy allows for a curiously intimate relationship with the projects he develops; yet, when the motivating force is exhausted, he cannot go any further.

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1) Project files LucaniaLab, 2009 In LucaniaLab, Fornasari hints at a disintegration of the architectural elements in the organic whole, wrapping the surviving emergences in synaptic networks belonging to an anomalous alien biology. In the liquefaction of architecture within the dominion of nature, there is a strong reference to the notion of the Third Landscape developed by Gilles Clément.

The two kingdoms have now been reconciled in a bizarre cyberpunk, which, instead of contaminating meat and corroding metal, dresses the plant kingdom with almost sentient clothing. 2) Neo-Kublai 2010 On the other hand, the Neo-Kublai project starts with another assumption. In fact, the Kublai association already had another center where meetings took place, but its virtual headquarters needed to be restyled.

Fornasari thus went ahead with his idea, through a plan for the preservation of the location’s history. He did this through a stratigraphy of signs that accompany the visitor, an avatar within the area. An enormous translucent case-like reliquary is placed upon an ancient architectural work, which can be reached through a sole hidden accessway. Thus, two superimposed floors are created: the lower floor is the space within the case, which is seen as a playground covered with recreational

objects scattered over the entire surface area. In this way, two of the most commonplace established ideas within the logic of the network are bypassed: on one hand, the idea of a “virtual archeology” counters the weakening of the notion of “memory”, while on the other, the fact of having created a sole accessway attempts to propose a less inattentive relationship with the territory, which is virtual but still needs to be looked at for it to be called a landscape.

271 l’ARCA 103


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