Cesare Maria Casati
Dalla casa per tutti alla casa “eco-chic”
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opo anni di silenzio, o almeno di nessuna traccia di nuovi impegni specifici, torna di attualità in Italia il progetto per l’abitazione, la casa sociale, la casa per tutti. Effettivamente in Italia dopo il famoso “piano Fanfani” e le case “Gescal” non è avvenuto nessun programma serio di costruzione programmata per dotare le maggiori città di nuove residenze vivibili con costi democratici e proporzionati al reddito delle nuove famiglie che vanno a formarsi. Silenzio anche da parte dei progettisti che sempre più impegnati a soddisfare committenze, pubbliche o private che siano, che investono in terziario o in infrastrutture sociali e poco o nulla in nuove urbanizzazioni residenziali sostenibili per costo e gestione destinate alle famiglie, hanno trascurato di studiare e costruire nuove unità residenziali e abitative nel senso letterale della parola. Nuove per tipologia, tecniche costruttive e economia di gestione. Da parte delle amministrazioni pubbliche non si è approfittato dei processi di deindustrializzazione per destinare le grandi aree urbane lasciate libere dalle officine in dismissione per “consigliare” su quei terreni solo nuove urbanizzazioni residenziali con alloggi da vendere a costi industriali e, data la vastità dei terreni, chiedere agli architetti di proporre e sviluppare idee abitative e ambientali adeguate ai nostri tempi e costumi per formare nuovi “centri” di aggregazione sociale nelle città. E’ del tutto evidente che oggi le abitudini e le attitudini delle nuove generazioni di cittadini di vivere gli spazi domestici sono completamente cambiate rispetto alle strutture famigliari e abitative delle generazioni precedenti. Il tempo libero di ciascuno è aumentato, le prospettive di vita continuano ad allungarsi, aumentano le necessità che richiedono spazi interni individuali e collettivi differenti dalle tradizionali usanze. In fondo il secolo precedente e quello appena iniziato, tranne le esperienze del razionalismo, non solo non hanno modificato la distribuzione tipica dell’alloggio, sempre distribuito con stanze, cucina, disimpegni e servizi, ma ha anche costruito una monumentale montagna di norme edilizie e igieniche che, prefigurando gli spazi e i volumi per legge, hanno sempre bloccato ogni proposta innovativa e creato una burocrazia che ormai ha raggiunto tempi di reazione biblici. Solo per inquilini “ricchi” di denaro e di cultura internazionale, avendo viaggiato e studiato, il mercato è arrivato a proporre “il loft” come soluzione alternativa e trasgressiva e nel peggiore dei casi abitazioni “eco-chic”. Mentre Massimiliano Fuksas dichiara di volere recuperare il tempo perduto, impegnandosi anche “eticamente” a studiare dei progetti attuabili e sostenibili e sperando che anche gli altri bravissimi si impegnino presto e subito, credo sia anche necessario lanciare un grande concorso internazionale con premi “calcistici” con una vera giuria realmente indipendente e internazionale, per invitare tutti gli architetti, giovani e meno giovani, a esprimere delle idee progettuali e distributive che tengano conto della realtà attuale delle tecniche costruttive industriali e del progresso scientifico e tecnologico per progettare spazi e volumi urbani abitativi dove la felicità e il benessere degli abitanti siano coniugati equamente con una nuova etica dell’estetica e dell’economia. Significa dare delle risposte positive al mercato immobiliare trasformandolo in una reale attività industriale, con la cultura e la correttezza che ne consegue, e non più in una area di solo affari lontana dal buon senso e dall’architettura. Sono sicuro che prendendo coscienza senza pregiudizi culturali o razziali della nuova società di cittadini che si va trasformando, generazioni figlie della globalizzazione e del multiculturalismo, ancora una volta gli architetti, e soprattutto quelli giovani, sapranno proporre modelli domestici di urbanizzazione aperti al futuro possibile rendendo, come avvenne in Italia anche nel lontano passato, le città italiane nuovamente degli organismi vivi che sappiano continuamente rigenerarsi e adeguarsi alla contemporaneità non solo estetica.
From housing for all to the “eco-chic” home
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fter years of silence or, in any case, not even the slightest trace of any specific new projects, housing for all is back on the agenda in Italy. After the famous “Fanfani plan” and “Gescal” housing projects, there has been no serious programme of building projects in Italy to furbish leading cities with new housing that is pleasant to live in at affordable prices and geared to the income of the new families being formed. Silence also on the part of architects, who – increasingly committed to satisfying either public or private clients investing in services or social infrastructures and more or less ignoring new residential projects, which are sustainable in terms of cost and management and designed for families – have forgotten to study and build new residential and housing units in the literal sense of the word. New in terms of technology, building methods, and the way in which they are managed. Public administrations have failed to take advantage of deindustrialisation processes, missing the chance to allocate huge urban areas, left free after factories and workshops were closed down, to new residential projects featuring housing on sale at industrial costs and, given the sheer extent of the land involved, commissioning architects to devise and develop housing and environmental ideas geared to our age and lifestyles, so as to create new “centres” of social aggregation in our cities. It is quite obvious that the ways and means in which the latest generations of city-dwellers inhabit their homes are completely different compared to the family and living structures of previous generations. Everybody has more free time, life spans are continuing to increase, and there is a greater need for individual and collective interior spaces used for different purposes than in the past. After all, the previous century and the century which has just begun have not altered the standard housing layout (except in the case of certain rationalist experiments), inevitably involving rooms, a kitchen, landings and utilities, but they have, in contrast, created a monumental mountain of building and hygiene regulations, which, setting down spaces and structures by law, have blocked any new initiatives and produced bureaucracy whose slowness is of biblical proportions. The market has developed “lofts”, designed solely for tenants “rich” in money and international culture (having travelled and study) as an alternative, risqué solution, and, in the worst of cases, “eco-chic” homes. While Massimiliano Fuksas claims he wants to recover lost time, committing himself even “ethically” to studying feasible and sustainable projects and in the hope that other talented architects will also follow suit very soon, I think it is time to launch a major international competition awarding “football-level” prize money, so that we can invite all architects, whether they be young or not so young, to come up with design and layout ideas, which take into account the current state of industrial building methods and scientific-technological progress to design urban living spaces and structures in which the inhabitants’ happiness and well-being are combined on an equal status with a new ethics of aesthetics and economics. This means providing the property market with positive solutions, transforming it into an industrial activity (with the kind of culture and correctness that entails) and not just a business enterprise which is a far cry from common sense and architecture. I am certain that, as they become aware (without cultural or racial prejudice) of our new and rapidly changing society of city folk, generations who are the offspring of globalisation and multiculturalism, once again architects, particularly young ones, will come up with housing designs and urbanisation plans open to a possible future, once again making Italian cities (as they were in the not so distant past) living organisms capable of constantly regenerating themselves and adapting to modern-day society on more than just an aesthetic level. 238 l’ARCA 1
Giuseppe Pullara Incontra John Johansen
A Conversation with John Johansen
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on ama Peter Eisenman, ma si dichiara amico di Paolo Soleri che a 88 anni ad Arcosanti, Nevada, continua a costruire la sua città perfetta. John Johansen ha chiuso il suo studio newyorkese una ventina d’anni fa e da allora non ha smesso di fare l’architetto. Ma ha iniziato ad essere un guru. Ha studiato ad Harvard con Walter Gropius e Marcel Breuer, ha avuto famigliarità con Frank Lloyd Wright, ha anticipato gran parte delle idee dell’architettura moderna, viene considerato un Maestro, un interprete della realtà di oggi e un precursore di cio’che sarà il domani. A giugno ha compiuto 92 anni ma non si è tirato indietro quando è stato invitato ad aprire con una relazione sulle nano-tecnologie in architettura il convegno “Le città del futuro” che si è tenuto all’Auditorium di Renzo Piano a Roma. “Sono venuto tante volte in questa bella città, e torno sempre volentieri. La Roma di domani dovrà realizzarsi stendendo una fitta rete informatica di comunicazioni sul tessuto urbano tradizionale. E’ così che la città del passato può vivere il presente e proiettarsi nel futuro”. Ma non solo. “E ben vengano architetture contemporanee nella città storica: ogni edificio deve rappresentare il suo tempo. Del resto la bellezza di questa metropoli sta proprio nella sovrapposizione e nella contrapposizione dei linguaggi durante i millenni”. Johansen ha una visione chiara della città del futuro, molto diversa da quella di Soleri, considerata “pesante, strutturata”: “La vedo leggera, forte, dematerializzata. E’ distesa senza limite sul territorio, un po’ come Los Angeles, con una densa rete di ogni tipo di comunicazione. Ci sono dei centri di aggregazione, d’incontro: sono luoghi culturali. Vi si conosce l’arte, non si fa shopping”. Prima di essere architetto e di diventare filosofo, il Maestro si sente artista. “A sei anni componevo al piano, ho scritto canzoni, quartetti, poesie. Dipingo. Ho sperimentato tante cose”. Poi è venuta la danza. “Ballo da solo, sono autodidatta”. Ha uno sguardo lucente e acuto come una lama. “Non credo in un dio fuori di noi, che sta lassù. Non seguo alcuna religione organizzata: Dio è in noi, nel mondo”. Viene in mente Giordano Bruno. E’ ottimista sul futuro dell’umanità. “Credo che il mondo, nonostante tutto, andrà dalla parte giusta. A salvarlo ci saranno i mistici, gli scienziati, gli artisti. Sono i politici, che vogliono controllare e distruggere tutto, a minacciarlo”.
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Dice: “Il futuro del futuro è nel presente”. E spiega: “Non so chi l’ha detto per primo. Sembra un paradosso, ma se ci pensi… Il futuro è un’estensione dell’oggi, è una cosa decisa oggi. Insomma: oggi si prepara il futuro”. Johansen chiude gli occhi per aprire lo sguardo. “Il passato è la memoria, il futuro è anticipazione, immaginazione, progetto. Passato, presente e futuro è un processo in movimento, un flusso senza separazione”. L’autore del Theater Center di Oklahoma ricorda la sua predilezione per Breuer, “meno schematico, razionalista di Gropius: aveva qualcosa dell’artista”, e la sua passione per Palladio, studiato a lungo a Vicenza. “Ho addirittura costruito una casa in legno di stile neo-palladiano”. Quando negli anni Cinquanta apparvero nuovi materiali, “il cemento usato da Pierluigi Nervi per esempio”, decise di imprimere un cambiamento al proprio linguaggio architettonico: “Sentivo di potermi esprimere in modo nuovo”. Johansen pesca nei ricordi un “edificio temporaneo” fatto per il dittatore jugoslavo Tito, uno dei primi tentativi di sperimentare il nuovo percorso. Ma nella memoria c’è più spazio per l’immagine dell’autarca che non per le linee del suo progetto. E ora parla il guru, il grande vecchio che più è andato incontro agli anni più sembra aver scoperto il senso delle cose. “Noi non siamo contrapposti alla Natura, l’Uomo non se ne deve sentire distinto. L’umanità ne fa completamente parte e se si accanisce contro la Natura distrugge se stessa”. Ma questa tendenza dell’Uomo ad ammassarsi in colossali centri urbani, separandosi sempre di più dal contesto naturale non creerà disastri anche senza intenzioni? “Bisogna rassegnarsi: le persone amano stare insieme per parlare, per scambiarsi continuamente emozioni e cose. E’ la natura umana, non può cambiare. La tecnologia non rappresenta un ostacolo perché più si perfeziona più riflette le leggi naturali a cui si ispira. Oggi l’informazione utilizza il silicio, in fondo la pietra usata nei primi graffiti. E si andrà avanti così: le case, le città si ispireranno sempre di più agli esempi della Natura, cercando di coglierne i segreti. L’Uomo non distruggerà il mondo, non distruggerà se stesso”. Johansen sembra vedere il futuro, e sorride. “Sono ottimista perché lo so”.
John Johansen
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e is not a fan of Peter Eisenman, but claims to be a friend of Paolo Soleri, who at the age of 88 is still building his perfect city in Arcosanti, Nevada. John Johansen closed down his firm in New York about 20 years ago and since then he has never stopped working as an architect. But he has also started to be a guru. He studied at Harvard under Walter Gropius and Marcel Breuer, was good friends with Frank Lloyd Wright, has been one step ahead of most of the ideas of modern architecture, and is widely considered a master, a reader of modern-day reality and the forerunner of what will happen tomorrow. Even though he celebrated his 92nd birthday in June, he did not hesitate when he was asked to give a speech on nanotechnology in architecture at the conference entitled “The Cities of the Future” held at Renzo Piano’s auditorium in Rome. “I have visited this beautiful city many times and I am always delighted to come back. The Rome of tomorrow will have to be constructed by extending a tight computer communications network across the old-fashioned urban fabric. This is how a city of the past can live in the present and project itself into the future”. But that is not all. “Modern-day works of architecture should be more than welcome in an historical city: a building must represent its own age. After all, the beauty of this metropolis actually lies in the superimposing and contrasting of languages down the millennia”. Johansen has a clear vision of the city of the future, quite different from Soleri’s, considered to be “heavy, structured”. “I see it as light, powerful, dematerialised. And spreading boundlessly across the territory, a bit like Los Angeles, featuring a tightly knit web of all kinds of communication. There are congregation and meeting centres: they are cultural places. They provide the chance for people to get to know art, not to go shopping”. More than an architect or a philosopher, this Master feels like an artist. “At the age of six I was composing for the piano, I wrote songs, quartets and poetry. I paint. I've experimented on lots of things”. Then came dancing. “I dance alone, I am self-taught”. He has a gleam in his eye as sharp as a razor blade. “I do not believe in any god up on high, outside of us. I do not follow any organised religion: God is in us, in the world”. That calls to mind Giordano Bruno. He is optimistic about mankind's future. “Despite everything, I think the world is heading in the right direction. It will be saved by the mystics, scientists and
artists. It is the politicians who want to control and destroy everything, they are the main threat”. He says: “The future of the future lies in the present”. And explains that: “I do not know who said that first. It sounds like a paradox but if you think about it... the future is an extension of the present day, it is something decided today. In a nutshell: the future is being prepared today”. Johansen closes his eyes to open up his vision. “The past is in the memory, the future lies ahead in the imagination and planning. Past, present and future are a process in motion, a seamless flow”. The designer of the Theatre Center in Oklahoma remembers his great esteem for Breuer, “less schematic and rationalist than Gropius: he had something of the artist about him”, and also his passion for Palladio, whose work he studied for a long time in Vicenza. “I even built a wooden house in neo-Palladian style”. When new materials came on the scene in the 1950s, “for example the concrete used by Pierluigi Nervi”, he decided to change his own architectural language: “I felt I could express myself in a new way”. Johansen remembers a “temporary building” designed for the Yugoslavian dictator Tito, one of the first attempts to experiment along new lines. But there is more room in his memory for the image of the leader than for the general lines of his project. And now it is the guru’s turn to speak, the grand old man who, as he has grown older, seems to have discovered the meaning of things. “We are not opposed to Nature, man must not feel alien to it. Mankind is an integral part of Nature and if he harms it he destroys himself”. But won’t people’s tendency to mass together in gigantic urban centres, increasingly cutting themselves off from the natural setting, create disasters, even if unintentionally? “We need to resign ourselves to the fact that people like to be together in order to talk and constantly exchange feelings and things. That is human nature, it cannot be changed. Technology is not an obstacle because the better it gets the more it reflects the natural laws inspiring it. Computer technology now uses silicon, basically the stone once used for the earliest graffiti. And that is the way things will continue to be: houses and cities will be increasingly inspired by examples borrowed from Nature, striving to grasp its secrets. Man will not destroy the world, he will not destroy himself”. Johansen appears to see the future, and smiles. “I am optimistic because I know what the future holds”.
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La Dichiarazione di San Francisco sulle Ecocittà Ecocity World Summit 2008
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a Conferenza Internazionale Ecocittà, o Ecocity World Summit (www.ecocityworldsummit.org), svoltasi dal 24 al 26 aprile scorso a San Francisco, ha confermato come siamo chiamati a confrontarci in modo diretto e senza paura con la più grande delle creazioni umane, la città. Ora che l’85% della popolazione mondiale vive nelle città, piccole e grandi, dobbiamo affrontare i principi, le politiche, i particolari e gli stili di vita legati a una così importante espressione della creatività umana e della civiltà. Per lungo tempo sono state costruite città per le automobili e per l’energia a basso costo che è ora in via di esaurimento. Ora dobbiamo costruire qualcosa di diverso: le città per noi stessi, per la vita sul pianeta, non quelle per le auto e il petrolio. (da Richard Register, Ecocity Builders, organizzatore del Summit) Alla conclusione del Ecocity World Summit, la direttrice della Conferenza, Kirstin Miller, ha letto la seguente dichiarazione. La Dichiarazione di San Francisco sulle Ecocittà Una ecocittà è una città ecologicamente sana. Nel futuro, le città in cui viviamo devono consentire alle persone di prosperare in armonia con la natura e di ottenere uno sviluppo sostenibile. Pensato per le persone, lo sviluppo delle ecocittà richiede una comprensione globale delle complesse interazioni tra fattori ambientali, economici, politici e socio-culturali basati su principi ecologici. Metropoli, città e villaggi dovrebbero essere progettati per migliorare la salute e la qualità della vita dei loro abitanti e mantenere gli ecosistemi da cui dipendono. Lo sviluppo delle ecocittà integra fantasia, iniziativa popolare, amministrazione pubblica, industria ecologicamente efficiente, aspirazioni e bisogni, armonia di cultura e paesaggio in cui natura, agricoltura e ambiente costruito siamo combinati funzionalmente in modo salutare. Lo sviluppo delle ecocittà richiede: 1. Sicurezza ecologica – aria pulita, fonti sicure e affidabili di acqua, cibo, abitazioni e spazi di lavoro salutari, servizi municipali e protezione contro le calamità. 2. Condizioni igieniche ecologiche – sistemi eco-ingegneristici efficaci ed economici per il trattamento e il riciclaggio degli escrementi, delle acque nere e di tutti i rifiuti umani. 3. Metabolismo industriale ecologico – conservazione delle risorse e protezione ambientale attraverso il passaggio industriale, miglioramento del riutilizzo dei materiali, dei cicli di produzione, dell’energia rinnovabile, dell’efficienza dei trasporti, della soddisfazione delle necessità umane. 4. Integrità di ecologia e paesaggio – organizzare le strutture, gli spazi aperti (parchi e piazze), i connettori (strade e ponti), gli elementi naturali (corsi d’acqua e catene montuose), in modo da ottimizzare la biodiversità e favorire l’accessibilità alle città per tutti i cittadini, conservando allo stesso tempo l’energia e le risorse e alleviando problemi quali gli incidenti automobilistici, l’inquinamento atmosferico, il deterioramento idrologico, l’effetto serra, il riscaldamento globale. 5. Consapevolezza ecologica – aiutare la gente a comprendere la propria posizione rispetto alla natura, la propria identità culturale,
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la responsabilità verso l’ambiente, e aiutarla a modificare il comportamento consumistico per migliorare la capacità di tutti a contribuire al mantenimento di un’alta qualità negli ecosistemi urbani. Le azioni chiave necessarie: 1. Offrire un riparo sicuro, acqua, condizioni igieniche, stabilità, cibo a tutti i cittadini, con priorità per i poveri delle città e delle campagne, in un modo ecologicamente concreto così da migliorare la qualità di vita e la salute. 2. Costruire città per le persone non per le automobili. Ripensare l’espansione urbana incontrollata. Minimizzare la perdita di terra rurale con misure efficaci, inclusa la pianificazione ecologica delle regioni urbane e peri-urbane. 3. Identificare, attraverso una “mappatura delle ecocittà”, le aree ecologicamente sensibili, definire la capacità dei sistemi vitali regionali e identificare le aree in cui natura, agricoltura e ambiente costruito devono essere risistemati. Identificare quelle aree in cui uno sviluppo più denso e diversificato si dovrebbe concentrare attorno a centri di vitalità economica e sociale. 4. Progettare le città con l’obiettivo del risparmio energetico, dell’utilizzo di energie rinnovabili e del riutilizzo e riciclaggio dei materiali. 5. Costruire città a misura dei pedoni e del trasporto non motorizzato con mezzi pubblici comodi e a basso costo. Abolire i contributi per le auto, aumentare la tassazione sui carburanti e sulle auto, e investire tali introiti per progetti di ecocittà e di trasporti pubblici. 6. Offrire forti incentivi economici a imprese che costruiscono e rinnovano le ecocittà. Tassare le attività contrarie allo sviluppo salutare e sostenibile, comprese quelle che producono gas-serra e altre emissioni. Sviluppare e migliorare politiche governative che incoraggino gli investimenti nella costruzione di ecocittà. 7. Offrire programmi adeguati e accessibili per l’educazione e la formazione, per lo sviluppo della capacità costruttiva e delle abilità locali per migliorare la partecipazione e la consapevolezza della comunità verso il progetto delle ecocittà, la loro gestione e il recupero dell’ambiente naturale. Sostenere le iniziative delle comunità che favoriscono la costruzione delle ecocittà. 8. Creare agenzie governative a ogni livello – rurale, cittadino, regionale, nazionale e internazionale – per mettere a punto e realizzare politiche per la costruzione delle ecocittà e promuovere uno sviluppo ecologico. Le agenzie coordineranno e controlleranno funzioni quali i trasporti, l’energia, l’acqua, l’uso del territorio in modo olistico e faciliteranno progetti e pianificazioni. 9. In politica, a tutti i gradi del governo, e in tutti gli organi decisionali di tutte le istituzioni – università, aziende, organizzazioni non governative, associazioni professionali e così via – indirizzarsi verso piani e azioni che possano effettivamente essere portati avanti nella comunità locale relativamente alla risoluzione di problemi quali il riscaldamento globale, l’esaurimento dei combustibili fossili, la crisi globale dell’estinzione delle specie. 10. Incoraggiare e avviare la cooperazione internazionale, intercittadina e inter-comunitaria per condividere esperienze, lezioni e risorse relative allo sviluppo delle ecocittà e promuovere la pratica delle ecocittà nei Paesi sviluppati e in quelli in via di sviluppo.
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he Seventh International Ecocity Conference, also known as the Ecocity World Summit (www.ecocityworldsummit.org), held in San Francisco from April 24th to April 26th, 2008, recognizes that we have to deal with the largest of humanity’s creations directly and fearlessly. Now that over 85% of humanity lives in cities, towns and villages – the built community of our species – we must confront the basic principles and policies, details and life ways that are tied to that foundation of so much in human creativity and civilization. We have been building cities for machines and very cheap energy that is on its way out. Now we need to build something different: the city for ourselves, the city for people and all life on the planet, not the city for cars and oil. (from Richard Register, Ecocity Builders, Conference Convener) At the end of the summit, Conference Director Kirstin Miller read a declaration. The text is as follows: The San Francisco Ecocity Declaration An ecocity is an ecologically healthy city. Into the deep future, the cities in which we live must enable people to thrive in harmony with nature and achieve sustainable development. People oriented, ecocity development requires the comprehensive understanding of complex interactions between environmental, economic, political and socio-cultural factors based on ecological principles. Cities, towns and villages should be designed to enhance the health and quality of life of their inhabitants and maintain the ecosystems on which they depend. Ecocity development integrates vision, citizen initiative, public administration, ecologically efficient industry, people’s needs and aspirations, harmonious culture, and landscapes where nature, agriculture and the built environment are functionally integrated in a healthy way. Ecocity development requires: 1. Ecological security – clean air, and safe, reliable water supplies, food, healthy housing and workplaces, municipal services and protection against disasters for all people. 2. Ecological sanitation – efficient, cost-effective eco-engineering for treating and recycling human excreta, gray water, and all wastes. 3. Ecological industrial metabolism – resource conservation and environmental protection through industrial transition, emphasizing materials re-use, life-cycle production, renewable energy, efficient transportation, and meeting human needs. 4. Ecoscape (ecological-landscape) integrity – arrange built structures, open spaces such as parks and plazas, connectors such as streets and bridges, and natural features such as waterways and ridgelines, to maximize biodiversity and maximize accessibility of the city for all citizens while conserving energy and resources and alleviating such problems as automobile accidents, air pollution, hydrological deterioration, heat island effects and global warming. 5. Ecological awareness – help people understand their place in
nature, cultural identity, responsibility for the environment, and help them change their consumption behavior and enhance their ability to contribute to maintaining high quality urban ecosystems. Key actions needed: 1. Provide safe shelter, water, sanitation, security of tenure and food security for all citizens and with priority to the urban and rural poor in an ecologically sound manner to improve the quality of lives and human health. 2. Build cities for people, not cars. Roll back sprawl development. Minimize the loss of rural land by all effective measures, including regional urban and peri-urban ecological planning. 3. With “ecocity mapping” identify ecologically sensitive areas, define the carrying capacity of regional life-support systems, and identify areas where nature, agriculture and the built environment should be restored. Also identify those areas where more dense and diverse development should be focused in centers of social and economic vitality. 4. Design cities for energy conservation, renewable energy uses and the reduction, re-use and recycling of materials. 5. Build cities for safe pedestrian and non-motorized transport use with efficient, convenient and low-cost public transportation. End automobile subsidies, increase taxation on vehicle fuels and cars and spend the revenue on ecocity projects and public transportation. 6. Provide strong economic incentives to businesses for ecocity building and rebuilding. Tax activities that work against ecologically healthy development, including those that produce greenhouse gases and other emissions. Develop and enhance government policies that encourage investment in ecocity building. 7. Provide adequate, accessible education and training programs, capacity building and local skills development to increase community participation and awareness of ecocity design and management and of the restoration of the natural environment. Support community initiatives in ecocity building. 8. Create a government agency at each level – village, city, regional, national and international – to craft and execute policy to build the ecocity and promote associated ecological development. The agency will coordinate and monitor functions such as transportation, energy, water and land use in holistic planning and management, and facilitate projects and plans. 9. In policy at all levels of government and in the decision making bodies of all institutions – universities, businesses, nongovernmental organization, professional associations and so on – address in the plans and actions of those institutions specifically what can be done through the institutions’ physical design and layout relative to its local community to address global heating, the coming end of fossil fuels and global crisis of species extinctions. 10. Encourage and initiate international, inter-city and community-to-community cooperation to share experiences, lessons and resources in ecocity development and promote ecocity practice in developing and developed countries. 238 l’ARCA 7
Teoria e progetto Theory and Planning Pier Paolo Maggiora
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La globalizzazione e la transculturalità Il processo della globalizzazione ha esteso l’economia a scala planetaria. Con la diffusione delle reti di comunicazione e informazione, questo processo avvicina gli stili di vita e le tendenze di consumo in ogni parte del mondo, ma nel contempo tende ad azzerare le differenze fra luoghi, culture, civiltà. Pone in contatto necessario fra loro visioni del mondo e tradizioni culturali differenti, ma alimenta reazioni e chiusure fondamentalistiche. Chiama le grandi aree storiche e culturali a trovare, attraverso la riflessione sulla storia e sull’identità propria e altrui, ragioni e forme della loro interlocuzione. Questo compito, che configura incontro, relazione, mutua comprensione, contiene immense potenzialità per il futuro. Esso, infatti, non si limita a prendere atto dell’esistenza di una moltitudine di universi culturali, che coesistono inerti l’uno accanto all’altro. Supera il multiculturalismo statico di mondi mutuamente impermeabili, e apre il campo di un’interazione transculturale. Una interazione che conduce alla definizione e realizzazione di veri e propri monumenti transculturali, materiali e immateriali. La globalizzazione e la Città In architettura, la globalizzazione sembra autorizzi a riempire lo spazio di edifici decontestualizzati, e di funzioni esercitabili ovunque con indifferenza localizzativa totale. In un mondo “piatto” (Friedman), il territorio diventa uno spazio indefinito, privo di ancoraggi concreti. Il concetto di “non luogo” esprime il grado zero della globalizzazione, come se le proprietà del luogo non contassero più nulla nel progetto di architettura. Non è stato affatto questo il processo storico di formazione delle città. Nelle città storiche, stratificazioni e selezioni di lunga durata sono state necessarie per generare le forme urbane che ancora vediamo e abitiamo. Poi il modello industriale ha accresciuto a dismisura l’aspirazione a imporre alle città un ordine costruttivo prestabilito, che ha ridotto il compito dell’architettura a fornire risposte puramente funzionali ai problemi della moderna civiltà industriale. I processi di deindustrializzazione, che hanno toccato negli ultimi trent’anni le grandi città industriali del Nord del mondo, hanno generato i nuovi problemi della discontinuità storica nel paradigma funzionalista. Le città continuano, in tutto il mondo, ad attrarre a sé un numero sempre maggiore di immigranti e neo residenti, spinti dalla promessa di lavoro e dai sogni di consumo. Ma sono le città stesse a divorziare, via via, dai sogni che hanno sostenuto la loro crescita. Una discontinuità radicale Affrontare le tensioni che la globalizzazione introduce nei tradizionali modelli urbani ereditati dal passato è possibile solo sapendo ripensare il legame con la storia in una transizione di carattere epocale. Le città sono oggi chiamate ad affrontare discontinuità e tensioni di grande portata, rispetto ai modelli ereditati dal passato. Il modello industriale classico ha fatto crescere, non solo in Occidente, l’aspirazione a imporre alla città un ordine costruttivo prestabilito, funzionale ai problemi della moderna società industriale, fino alla tentazione di concepire la città stessa come una sorta di “macchina” ordinata esclusivamente alla produzione. Ma la transizione che stiamo attraversando evidenzia tutta la fragilità delle scelte che si chiudono entro un unico paradigma tecnologico produttivo. Chi va alla ricerca delle caratteristiche desiderabili delle città del XXI secolo non può assumere una sola linea di specializzazione settoriale come risolutiva di ogni possibilità di sviluppo, e tale da esaurire in sé tutte le potenzialità che la città può esprimere. È necessario tenere aperta la visione di molti “futuri possibili”, per costruire sistemi urbani aperti, che siano in grado di apprendere dalla loro stessa evoluzione. La tradizione italiana appare a questo proposito di grande rilevanza, in quanto essa ha manifestato nella Storia la vocazione a costruire città e parti di città, mantenendo la
coesione della trama fisica e sociale da cui la città è costituita, e assicurando l’inserimento armonico della dimensione urbana nel contesto territoriale. La storia d’Italia è segnata dal fitto tessuto di città, che hanno saputo crescere e trasformarsi, senza perdere qualità sociale e ambientale, senza annullarsi in una informe megalopoli, potenziando la vitalità dei luoghi e dei simboli che le rendono riconoscibili nel mondo. Il Metodo: il Dialogo Progettuale Il Progetto è basato su un metodo di trasformazione territoriale fondato su un presupposto, teorico e pratico, generale: il Dialogo Progettuale. Tale metodo è stato da noi concepito e già sperimentato con successo e concretezza in complessi progetti territoriali e architettonici, anche molto diversi tra loro. Le ragioni profonde che presiedono al Dialogo – che è Dialogo su la Città e il Territorio e Dialogo di Architettura – stanno nella necessità, sempre più condivisa, di dover affrontare in modo nuovo ed efficace i problemi della progettazione del territorio, quali si presentano oggi nella scena globale, trovando per essi risposte convincenti, responsabili e sostenibili. I due registri del Dialogo Progettuale: Dialogo su la Città e il Territorio e Dialogo di Architettura Il Dialogo progettuale assolve, allora, a una duplice esigenza, muovendosi su due distinti registri, che definiscono i due assi linguistici del Progetto. Un primo registro, il Dialogo su la Città e il Territorio, articola la trama complessiva dell’area, la ripartizione funzionale degli spazi, la definizione delle unità che scompongono il sito, vale a dire lo sfondo comune del progetto e i suoi riferimenti sintattici complessivi. È il registro “demotico”: lo stile urbano diffuso, l’immagine media. È la città come viene percepita nella sua tessitura ordinaria, nel suo “basso continuo”. È la lingua: l’insieme delle regole, delle convenzioni, dei coordinamenti sintattici, che tengono insieme i contenuti e le ragioni dello spazio urbano. Questo Dialogo non è un contenuto o un valore in sé. È un processo aperto, polifonico e corale, un metodo di relazioni dinamiche che, a partire dai primi scambi di opinione e fin dal primo segno sul foglio bianco (il “crimine” come lo definì Le Corbusier), si attua attraverso interazioni successive che, nel loro sviluppo – interdisciplinare e disciplinare – definiscono via via livelli di convergenza e forme di diversità. Esalta nel suo divenire la varietà delle discipline (ambientale, ecologica, urbanistica, architettonica, ingegneristica, sociologica, economica, finanziaria, giuridico–amministrativa, gestionale, ecc.) in una sintesi che risponde alla necessità di governare la complessità e le contraddizioni della realtà. Una progettazione polifonica che, a partire dalla discussione e dall’elaborazione interdisciplinare e comune del Masterplan, consentirà – nel successivo Dialogo di Architettura – ai singoli progettisti, portatori di culture e di stili diversi, di esplicare la loro libertà, nella tessitura di trame comuni e di percorsi creativi personali, rappresentando e traducendo in qualità formale la più generale qualità socio-economica. Un secondo registro, il Dialogo di Architettura, delinea gli eventi singolari, quelli che realizzano le differenze, interpretano i principi di una comunità e conferiscono allo spazio urbano la dignità simbolica ed evocativa propria dei suoi punti più alti; le emergenze che si staccano dal basso continuo e che, nel loro insieme definiscono il “geroglifico” urbano. Sono le parole: gli atti espressivi, che recano in se stessi la personalità e la visione dei singoli architetti. Il registro personale del “loro progetto”. La possibilità di esporre le scelte personali, relative ai diversi episodi urbani di cui ogni progettista porta la responsabilità, alimenta una comunicazione rivolta ad accrescere la riflessività delle posizioni e delle scelte, senza per questo confondere la singolarità di ogni specifico intervento. Alla base stanno la convinta fiducia e la speranza ragionevole che il Dialogo, determi-
Globalisation and Trans-culturalism The process of globalisation has projected the economy onto a planetary scale. Thanks to the widespread availability of communication and information networks, this process has brought together lifestyles and consumer trends from all over the world, but at the same time it tends to cancel out the differences between different places, cultures and civilisations. It necessarily brings different cultural traditions and visions of the world into contact, also triggering off reactions and causing fundamentalist clampdowns and closures. It is calling upon the great historical and cultural regions of the world to come up with different reasons for (and forms of) communicating together after reflecting on their own and other people’s history and identity. This task, which involves interaction, relation and mutual understanding, holds great potential for the future. Indeed it does not just confine itself to acknowledging the existence of a multitude of cultural realms, which silently coexist alongside each other. It moves beyond static multiculturalism between mutually impermeable worlds and opens up a field of trans-cultural interaction. Interaction which leads to the defining and constructing of authentic material and immaterial trans-cultural monuments. Globalisation and the City In architecture globalisation appears to authorise the filling of space with decontextualised buildings and functions which can be carried out anywhere totally regardless of location. In a “flat” world (Friedman), land becomes an indistinct space lacking in concrete bearings. The concept of “non-place” expresses the degree zero of globalisation, as if the properties of a place no longer counted for anything in architectural design. But this certainly was not the historical process by means of which cities were formed. In historical cities, it took stratifications and long-lasting selection processes to generate urban forms which we can still see and inhabit. Then our industrial model caused our aspiration to impose some pre-established constructive order on cities to spiral, confining the role of architecture to merely providing practical solutions to the problems of modern industrial civilisation. The processes of deindustrialisation, which have affected the major industrial cities of the northern hemisphere of the world over recent years, have generated new problems of historical discontinuity in the functionalist paradigm. Cities all over the world continue to draw in an increasing number of immigrants and new residents, driven by the promise of work and consumer dreams. But it is the cities themselves which are gradually parting company from the dreams which originally underpinned their growth. Radical Discontinuity The only way of dealing with the tensions which globalisation introduces into traditional models inherited from the past is to rethink our ties with history during an époque-making period of transition. Cities are now being asked to handle discontinuity and tensions of great scope and importance compared to the models inherited from the past. The classic industrial model has increased the desire, not just in the West, to impose on the city a certain preestablished constructive order serving the problems facing modern industrial society, to the point where it is tempting to envisage the city itself as a sort of “machine” geared exclusively to production. But the transition we are going through highlights all the fragility inherent in choices which set themselves within one single technological production paradigm. Anybody searching for the desirable features of 21st-century cities cannot take such a specialist sectorial line as a way of handling every possibility of growth and fully encompassing all the potential a city can express. We must keep an open mind for lots of “possible futures”, in order to construct openended urban systems capable of learning from their own development. In this respect Italian tradition seems to be of great impor-
tance, in that it has historically shown its vocation for constructing cities and fragments of cities, while maintaining the tightly knit physical and social web out of which the city is constructed and ensuring the smooth incorporation of the city into its territorial context. Italy’s history is marked by a closely knit fabric of cities, which have grown and transformed without losing their social and environmental qualities, without cancelling each other out into one shapeless megalopolis, instilling great life in the places and symbols which make them recognizable the world over. The Method: Design Dialogue The project is based on a method of territorial transformation grounded on a basic theoretical and practical assumption: Design Dialogue. We invented and experimented on this method with great success and concreteness through complicated territorial and architectural projects, often quite different from each other. The deep-seated reasons underpinning this Dialogue – which is a Dialogue on the City and Territory and Dialogue of Architecture – lie in the increasingly widely felt need to find a new and effective way of tackling the issues of territorial planning, as they now present themselves on the global scene, coming up with convincing, responsible and sustainable solutions to them. The Two Keys to Design Dialogue: Dialogue on the City and Territory and Dialogue of Architecture Design Dialogue actually meets a double need, moving on two distinct fronts marking the projects two linguistic axes. The first front, Dialogue about the City and Territory, sets down the intricate pattern of an area, the functional breakdown of its spaces, the defining of the units composing its location or, in other words, the common background of the project and its overall syntactic reference points. This is the “demotic” key: diffused urban style, media image. It is the city as it is perceived in its ordinary texture, its “low continuum”. It is language: the set of rules conventions and syntactic features which hold together the contents and reasons for urban space. This Dialogue is not a content or value in itself. It is an openended, polyphonic and choral process, a method of dynamic relations which, beginning with the first exchanges of opinion and the very first mark on a blank sheet of paper (the “crime” as Le Corbusier described it), is implemented through a sequence of interactions which, through its interdisciplinary and disciplinary development, gradually define the various levels of convergence and forms of diversity. As it develops it exalts the variety of disciplines (environmental, ecological, urbanistic, architectural, engineering, sociological, economic, financial, legal-administrative, managerial etc.) in a synthesis which meets the need to control the complexity and contradictions of reality. Polyphonic planning which, based on discussion and the interdisciplinary joint devising of a master plan, will allow – in the subsequent Dialogue of Architecture – the individual architects, carriers of different styles and cultures, to set their own free expression within the pattern of common traits and individual creative paths, representing the most general form of social and economic quality and translating it into stylistic quality. A second key, the Dialogue of Architecture, outlines these singular events (those that make the difference), interpret the principles behind a community and instil the symbolic and evocative dignity of its highest manifestations on urban space; protrusions from the low continuum which, together, define the urban “hieroglyphic”. They are the words: the expressive acts, which carry within them the personality and vision of the individual architects. The personal key to “their project”. The possibility of revealing your own personal decisions and choices (in relation to the various urban episodes which every single architectural designer is responsible for) fosters communication aimed at 238 l’ARCA 9
nando la forma complessiva e l’invenzione delle singole parti, possa approdare a una sintesi felice (quella sintesi che, nelle città storiche, si è realizzata – quando si è realizzata – attraverso stratificazioni e selezioni di lunga durata) fra la coerenza urbana e l’invenzione di architettura. Più ancora che unità nella diversità, come è uso chiamarla, una diversità unitaria, frutto della pluralità di matrici e riferimenti diversi, aperta al dialogo polifonico fra varietà di mondi e di esperienze storiche e culturali. È finito il dominio dell’architetto monocrate, sovrano assoluto e dimezzato, scisso fra onnipotenza e impotenza. Questa idea appare anacronistica, quanto più il XXI secolo, a differenza di quello che l’ha preceduto, fa suo il profilo di una età dei “molti”, di un tempo percorso da voci molteplici, che attendono di comporsi in polifonia senza annullare la loro varietà. Ciò significa, in generale, sviluppare il progetto in un dialogo tra architetti di differenti nazionalità, mentalità, estrazioni culturali, impostazioni stilistiche, che sappiano interpretare appieno quella cultura del mondo globale, che caratterizza le linee di forza vitali del nostro tempo. Nel quadro del più generale Dialogo Progettuale, il Dialogo di Architettura si propone di perseguire, con gli strumenti materiali e immateriali, che la cultura della nostra epoca mette a disposizione, una logica di creazione e di sviluppo della città concettualmente analoga a quella che il tempo ha determinato nella realizzazione delle grandi città del passato. Il suo carattere distintivo si potrebbe definire con un ossimoro: diversità unitaria. Pensiamo alla grande e peculiare ricchezza dell’urbanistica italiana, ai suoi modelli urbani, al suo essere il prodotto di stratificazioni temporali profonde e di accostamenti stilistici diversi. Pensiamo a esempi famosi, capaci ancora e sempre di affascinare e di ammaestrare. Il Canal Grande lo si percepisce come ambiente unitario, ma via via appaiono grandi opere di grandi architetti ed emergenze di rilievo assoluto: Sansovino, Longhena, Palazzo Grimani, Ca’ Pesaro, Rialto, Ca’ Rezzonico... A Roma, entro uno stesso ambiente, convivono una chiesa di Borromini, una fontana del Bernini, un palazzo del Maderno o di Michelangelo, del Bramante. Il Dialogo Progettuale – che interessa e coinvolge culture, istituzioni, studiosi, professionisti, progettisti – è tanto più necessario in momenti come il presente, in cui si debba delineare un futuro che non può essere la proiezione lineare di tendenze passate, ma in cui si imponga una discontinuità significativa e rilevante, quasi un salto evolutivo, nella scena storica di globalizzazione e di fronte alle sue esigenze. Solo la pluralità e il confronto delle voci, la loro convergenza resa possibile dal Dialogo, consente infatti di allargare l’unilateralità del “progettare solitario” e di immetterla in quella “creatività dei molti”, che è la condizione metodologica necessaria per ideare e realizzare interventi complessi all’altezza della sfida del III millennio. Facendo tesoro delle grandi esperienze che, in senso positivo e negativo, la storia consegna alla nostra riflessione, la nostra proposta verrà a definire, nel quadro della più avanzata cultura internazionale, il progetto di veri e propri monumenti transculturali: in grado di offrire autentiche testimonianze, visibili e vitali, della struttura formale della storia del nostro tempo e del prossimo futuro. Il principio della Sostenibilità Globale Parola chiave, e asse concettuale che orienta le nostre ipotesi di progetto, è il principio della sostenibilità. Di esso, la cultura progettuale corrente tende in prevalenza a dare una accezione cautelativa e vincolistica, attenta soprattutto a segnalare i rischi da cogliere e le minacce da aggirare. Così si richiama alla sostenibilità ecosistemica, sottolineando l’eventualità che la continuazione di un inurbamento attuato secondo i modelli fin qui praticati faccia correre (al Globo intero) rischi di dissipazioni energetiche, inqui10 l’ARCA 238
namenti ambientali, collassi climatici, che porterebbero alla distruzione permanente degli equilibri vitali delle società umane sul pianeta. Parimenti, si pone un serio e reale problema di sostenibilità sociale, avvertendo che l’inurbamento di masse, se avviene in tempi accelerati, non sorretto dalla fornitura di risorse adeguate di sussistenza e lavoro, con sradicamenti famigliari e sociali, in contesti urbani alienanti e non identificabili, è destinato ad alimentare non già stabilità e progresso, ma processi di disgregazione e violenza dall’intensità non contenibile. Queste letture in negativo della sostenibilità sono certo sensate, ma devono essere completate, ai fini progettuali, con una diversa e ben più ricca prospettiva, in cui la sostenibilità indichi soprattutto gli orizzonti positivi di senso e di qualità da perseguire attraverso il progetto. Sostenibilità naturale-ambientale: definizione dei migliori equilibri di interrelazione degli spazi dell’ambiente naturale (e le loro risorse fisiche e simboliche: le acque, le foreste, le terre) con gli spazi dell’ambiente umano artificiale costruito, in modo da assicurare quella complementarietà di umano e non umano, ambiente esterno e interno, che esalta la qualità complessiva dei luoghi. Sostenibilità antropo-culturale: la continuità dinamica tra cultura e consuetudini di un mondo tradizionale di provenienza, immesse in un modello culturale urbano, che è l’esito di processi di crescita bilanciata e di cambiamento graduale e progressivo. In modo da assicurare una dimensione di urbanesimo regolato, che riesca a fare buon uso delle identità esistenti nei luoghi, delle potenziali vocazioni di area, per definire l’identità dinamica di città emergenti, aperte e connesse al mondo, e nel contempo saggiamente radicate nel loro territorio. Sostenibilità socio-gestionale: riferita alle componenti di governance di una forma urbana, che si colloca a scala intermedia fra la grande dimensione metropolitana e un contesto rurale diffuso e disperso: in modo da favorire pratiche di governo competente e qualificato, attraverso istituzioni, risorse amministrative e servizi, che sostengono la qualità sociale e i progetti di vita, famiglia, lavoro, formazione, dei nuovi cittadini. Sostenibilità architettonico-urbanistica: dove si esalta quella ricerca di qualità nel disegno architettonico e nella realizzazione costruttiva, che conferisce alla città costruita riconoscibilità, armonia percettiva, valore formale, coerenza dell’insieme, accuratezza e stile dei componenti e dei particolari. In modo da attuare quel criterio del “territorio architettonico”, nel quale l’architettura si allarga ad abbracciare l’intero territorio, il territorio trova la sua sintesi nella qualità formale dell’architettura che lo progetta. Sostenibilità economico-finanziaria: concerne la pertinenza degli investimenti iniziali necessari all’avvio del progetto, e l’architettura adeguata dei dispositivi finanziari, che ne accompagnano la realizzazione nel tempo. Dovrà essere tale da integrare, nella operazione complessiva, oltre alle risorse immesse in via esogena e indispensabili per l’avvio e il decollo, tutte le risorse che le nuove città potranno acquisire in modo endogeno: sia in forza dell’attrattività del loro posizionamento, capace di attirare investimenti e insediamenti di imprese e servizi dall’esterno, sia con la crescita delle attività produttive e di servizi in cui verranno a specializzarsi, e la conseguente generazione di valore aggiunto e ricchezza, impiegabile per autosostenere il loro dinamismo economico. Questi cinque registri della sostenibilità “vista in positivo” (naturale-ambientale, antropo-culturale, socio-gestionale, architettonico-urbanistica, economico-finanziaria) sono chiamati a interagire fra loro, e a implicarsi vicendevolmente, rafforzando le loro positività. Ne scaturisce di conseguenza quel principio di sostenibilità globale, che è chiamato a informare di sé ogni momento e parte dell’intervento, e che offre il terreno su cui le diverse parziali forme di sostenibilità insistono e trovano coerenza.
making these positions and choices more reflexive, without this in any way detracting from the singular nature of each specific operation. At the bottom we have the certain faith and reasonable hope that Dialogue (determining the overall form and invention of the individual parts) can lead to a happy synthesis (the kind of synthesis which, in historical cities, took place – when it did actually take place – in the form of long-lasting choices and stratifications) between urban coherence and the inventiveness of architecture. More than unity in diversity, as it is often called, unitary diversity, the product of a plurality of different references and matrixes, open to polyphonic dialogue between all kinds of different worlds and historical and cultural experiences. The reign of the monocratic architect is over, the absolute, cloven sovereign, torn between omnipotence and impotence. This idea seems outmoded; all the more so as the 21st century, unlike the century the proceeded it, takes on the profile of an age of the “many”, a period in history in which many voices may be heard, which are waiting to be formed into a choir without cancelling out variety. Generally speaking, this means developing a project into a dialogue between architects of different nationality, mentality, cultural background and stylistic preference, who can really interpret that culture of a global world characterising the vital lines of force of our age. Within the more general framework of Design Dialogue, Dialogue of Architecture sets out to use the material and immaterial tools, which the culture of our age provides, to pursue a logic of urban creation and development conceptually similar to what time has brought about in the construction of the great cities of the past. Its distinctive character might be described by an oxymoron: unitary diversity. Just take the great variety and distinctiveness of Italian cities and their master plans, the way they were created out of deep-lying temporal layers and combinations of different styles. Let’s think about certain famous examples, which are still so fascinating and constructive. Canal Grande in Venice is perceived as a unitary setting, but works designed by great architects and constructions of the very highest order gradually and slowly emerge: Sansovino, Longhena, Palazzo Grimani, Ca’ Pesaro, Rialto, Ca’ Rezzonico... A church designed by Borromini, a fountain by Bernini and buildings by either Maderno, Michelangelo or Bramante all co-exist in the same area of Rome. Design Dialogue – which involves and affects various cultures, institutions, scholars, professionals and architects – is even more vital at times like the present, when we need to work out a future which is not just a linear projection of past trends, but which calls for significant and highly relevant discontinuity – almost an evolutionary jump – on the historical globalisation scene and the demands it entails. Only plurality and interaction, the kind of convergence made possible by Dialogue, will allow the unilateral nature of “solitary planning” to be broadened to encompass that “creativity of the many”, which is the necessary methodological condition for devising and carrying out complex projects capable of meeting the challenge of the third millennium. By drawing on the great experiences which, either positively or negatively, history leads us to reflect on, our proposal will define authentic transcultural monuments within the framework of cutting edge international culture: providing real, visible and vital testimony to the formal structure of the history of our age and near future. The Principle of Global Sustainability The key word (and conceptual guideline behind our project ideas) is the principle of sustainability. Present-day design tends to read this along rather cautionary and constrictive lines, mainly focusing on pointing out the risks involved and threats to be avoided. Eco-systemic sustainability is referred to, emphasising that continuing with the present process of urbanisation in accordance
with models so far imposed will inevitably entail (for the entire planet) a danger of wasting energy, environmental pollution and a collapsing of the climate, which would lead to the permanent destruction of vital balances in the human societies on our planet. Likewise, the real and serious problem of social sustainability is underlined, warning that mass urbanisation, if it happens too quickly without being backed up by the resources required to survive and work (causing entire families and social networks to be uprooted) and in alienating and unidentifiable urban contexts, is likely to create not stability and progress, but disaggregation and violence of uncontainable intensity. These negative readings of sustainability certainly make sense, but they need to be completed (for the purposes of design) by outlining different and much richer prospects, in which sustainability mainly points towards much more positive horizons in terms of their meaning and quality to be pursued through careful planning. Natural-environmental sustainability: defining the best possible balance in terms of integration between spaces in the natural environment is (and their physical and symbolic resources: water, forests, land) and spaces in the artificial built and human environment, in order to ensure the kind of complementariness between the human and nonhuman, indoor and outdoor environment, that exalts the overall quality of places. Anthropo-cultural sustainability: dynamic continuity between culture and customs in a traditional world enveloped in an urban cultural model, which is the result of processes of balanced growth and gradual, progressive change. In order to ensure a carefully gauged urban environment, which manages to make good use of the existing identities of places, the potential vocations of different areas, in order to set the dynamic identity of emerging cities which are open and connected to the world and, at the same time, wisely rooted in their own land. Socio-managerial sustainability: referring to aspects of governance of an urban form, on an intermediate scale between the metropolis and diffused and dispersed rural settings, so as to promote competent and qualified government practices through institutions, administrative resources and services, which encourage social enterprise and life projects, the family, employment and training projects for its new citizens. Architectural-town planning sustainability: focusing on the kind of quality experimentation in architectural design and construction work which makes the built city identifiable, perceptually harmonious, stylish, coherent, accurate and full of details and components. This would implement that criterion of “architectural territory” according to which architecture extends to embrace the entire landscape, a territory is summed up by the formal quality of its architecture. Economic-financial sustainability: concerning the pertinence of the initial investments required to set planning underway, ensuring the right financial measures are available to ensure it is carried out over time. It must be such as to combine (in the overall operation) not just resources injected in an exogenous way to set procedures in motion, but also all those resources which new cities can acquire on an endogenous basis: both due to the magnetic pull of a given location, capable of attracting investments and businesses-services from the outside, and by boosting manufacturing operations and services in which it specialises, thereby generating added value and wealth which may be used to support its own economic dynamism. These five keys to sustainability “viewed positively” (natural-environmental, anthropo-cultural, socio-managerial, architectural-urbanistic, economicfinancial) must interact with each other, bringing out their own respective strong points. This will trigger off that principle of global sustainability expected to inform every aspect of the overall enterprise and provide the grounds on which the various partial forms of sustainability can coherently coexist. 238 l’ARCA 11
GLOBE TOWN NIZHNY NOVGOROD Dante O. Benini & Partners Architects
L’
Credits Project: Dante O. Benini & Partners Architects Principal: Dante O. Benini PartnerArchitect in Charge: Luca Gonzo Project Architects: Dante O. Benini e Luca
Gonzo Project Directors: Ilaria Borella Project Team: Dante O. Benini, Luca Gonzo, Ilaria Borella, Sabrina Losio, Michele Corrado, Monica Lirosi, Paolo Longoni, Serena Savi, Laura Valenti Local Architects:
Nizhegorodkapstroy JSC Structural and Plant Engineering: Favero&Milan Ingegneria Urban Mobility Systems: Systematica Client: Nizhnij Novgorod Region
Schizzo preliminare, viste aeree e inquadramento geografico dell’area che ospiterà Globe Town.
Preliminary sketch, aerial views and geographic framing of the area which will accommodate Globe Town.
aspetto è quello di una metropoli del futuro costellata di grattacieli dalle forme sinuose, un paesaggio urbano fantascientifico, pronto per una fiction ambientata nell’anno 2100. Globe Town, di fatto una nuova città, verrà costruita sulla sponda del Volga, il fiume più grande della Russia e dell’Europa. Il nuovo insediamento sorgerà di fronte al centro storico di Nizhny Novgorod, una delle più importanti e antiche megalopoli russe. Il progetto per Globe Town è il risultato della cooperazione internazionale tra il Governo della Regione della città russa, che fa capo al Governatore Valery Shantsev e lo studio internazionale di architettura Dante O. Benini & Partners Architects. Valery Shantsev: “La Regione di Nizhny Novgorod è uno dei territori più vantaggiosi per lo sviluppo del grande business internazionale, così come affidabili e redditizi saranno gli investimenti. Grandi investimenti, nuovo business, costo elevato e capacità di attrazione delle proprietà sul litorale, contribuiranno a una crescita senza precedenti degli immobili nella Regione di Nizhny Novgorod”. Progettati per soddisfare la crescente domanda di alta qualità residenziale e di spazi per uffici, tutti gli edifici di Globe Town saranno realizzati secondo moderni standard di confort e sicurezza, e nel rispetto delle normative sanitarie ed ecologiche. Il progetto si inserisce nel paesaggio naturale del lungofiume ed è costituito da una diversità di architetture, soluzioni di progettazione e forme fra loro in armonia secondo uno stile unico, nel rispetto delle proporzioni secondo criteri di architettura urbana contemporanea. Il nuovo insediamento sarà composto di residenze, uffici, hotel, attrezzature per lo sport e luoghi per il tempo libero, per un totale di circa 20 milioni di metri quadrati, saranno realizzati su un’area di circa 3.000 ettari, con un’estensione del lungofiume di circa nove chilometri. E’ previsto che nella nuova area residenziale potranno abitare circa 500.000 persone.
I
t looks like a metropolis of the future full of skyscrapers with sinuous forms, a science-fiction cityscape ready for some fictional tale set in the year 2100. Globe Town, which is actually a new city, will be built along the banks of the River Volga, the biggest river in Russia and the whole of Europe. The new settlement will be located opposite the old town centre of Nizhny Novgorod, one of the most important and oldest Russian megalopolises. The project for Globe Town resulted from an international jointventure between the Regional Government, headed by Governor Valery Shantsev, and the international architecture firm Dante O. Benini & Partners Architects. Valery Shantsev: “The Nizhny Novgorod Region is one of the best areas for developing major international business, ensuring any investment are profitable and reliable. Major investments, new business, high costs, and the ability to attract new properties along the river, will help stimulate unprecedented growth on the real estate market in the Nizhny Novgorod Region”. Designed to meet the growing demand for high-quality housing and office spaces, all the buildings in Globe Town will be constructed to the highest modern standards of comfort and safety and in conformity with health and ecology regulations. The project is incorporated in the natural environment along the riverbank and features a wide range of architecture, harmoniously designed forms and structures all created in one single style in line with modern day urban architectural guidelines. The new settlement will incorporate housing, offices, hotels, sports facilities and leisure areas, covering a total of approximately 20 million square metres. They will be built on an area of approximately 3,000 ha stretching about 9 km along the riverbank. There are also plans to create a new residential area for housing approximately 500,000 people. 14 l’ARCA 238
La nuova città nasce per dare respiro alla storica e congestionata città di Nizhniy Novgorod, una delle più importanti e antiche città russe, costruita sulle rive del Volga. Globe Town potrà ospitare
500.000 abitanti con almeno 250.000 auto private, e nascerà sulla riva opposta, occupando 30 milioni di metri quadri di terra vergine e verde, per metà dell’anno ricoperta dalla neve e disseminata di
laghetti alimentati dalle piene del fiume. The new city is designed to provide some relief for the historical and now congested city of Nizhniy Novgorod, one of the most important
and ancient Russian megalopolises built on the banks of the River Volga. Globe Town will be able to accommodate 500,000 inhabitants using at least 250,000 private cars, and it will be built over on
the opposite bank of the river, covering an area of 30 million square metres of green and virgin land, covered with snow half the year round and floods with small lakes supplied by the river itself.
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Il progetto prevede innanzi tutto un sistema per governare le risorse naturali, sfruttandole senza danneggiarle. Per sopperire al problema delle inondazioni, l’acqua sarà organizzata in canali e i 4 milioni di metri quadri di terreno sui quali sorgeranno gli edifici, dovranno essere sopraelevati di 8 metri. Il verde continuerà a prevalere e a garantire riserve di ossigeno, occupando 15 milioni di metri quadrati.
Le funzioni nella città avranno la seguente distribuzione: superficie residenziale 50% (9.500.000 mq), uffici 20% (3.800.000 mq), commerciale e intrattenimento 15% (2.850.000 mq), zone ricreative/strutture amministrative 15% (2.850.000 mq). La massima altezza degli edifici sarà di 600 metri.
The project primarily involves a system for controlling natural resources, exploiting them without damaging them. To solve the problem of flooding, water will be channelled along canals, and the 4 million square metres of land where the buildings will stand must be raised by 8 m. Greenery will still prevail and provide a plentiful oxygen supply, covering an area of 15 million square metres. The city’s functions
will be set out as follows: 50% housing (9,500,000 square metres), 20% offices (3,800,000 square metres), 15% for business and entertainment (2,850,000 square metres) and 15% for recreation areas/administration facilities (2,850,000 square metres). The maximum height of buildings will be 600 m.
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In alto, schema isocrono del trasporto privato. Sopra, schema del sistema di trasporto pubblico. I nuovi cittadini godranno di servizi all’avanguardia e trasporti pubblici
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super efficienti, con strade larghe come autostrade, parcheggi interrati e un sistema policentrico con attivitĂ ed edifici organizzati per limitare al massimo gli spostamenti (al massimo 15 minuti per
il percorso centro periferia nell’ora di punta, grazie a un sistema di metropolitana, bus e navette monorotaia). Top, isochronous diagram of private transport.
Above, diagram of the public transport system. The new city dwellers will enjoy cuttingedge services and super-efficient public transport, with wide streets like motorways,
underground parking and a policentric system featuring activities and buildings designed to reduce moving around to a minimum (a maximum of 15 minutes for travelling from the suburbs to
the city centre during the rush hour, thanks to an underground railway system, bus and monorail shuttle service).
In alto, il masterplan concettuale con il diagramma delle altezze degli edifici. Sopra, diagramma della suddivisione dei quartieri della nuova cittĂ .
Top, the conceptual master plan showing a diagram of the heights of the various buildings. Above, diagram showing how the various neighbourhoods of the new city are set out.
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Case e uffici sono orientati per sfruttare al massimo i raggi del sole e realizzati in vetro alluminio e acciaio. Sulla riva del fiume è progettato un parco cittadino quattro volte più grande di Central Park, caratterizzato dalla grande sfera trasparente e illuminata (120 metri di diametro) che ospiterà il Centro delle Arti con teatri, cinema, musei,centri commerciali e servizi.
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The houses and offices are positioned take full advantage of sunlight and are made of aluminium, glass and steel. An inner-city park four times bigger than Central Park has been designed along the river bank. The park features a huge, transparent, illuminated sphere (120 m in diameter), which will hold the Arts Centre with theatres, cinemas, museums, shopping malls and services.
Modello del centro della cittĂ che punta alla massima ecosostenibilitĂ . Il sottosuolo sfruttato al massimo, con un sistema di immagazzinamento ghiaccio e acqua per garantire il fresco estivo nelle case, mentre pompe di calore garantiranno il tepore durante il lungo inverno. Rifiuti riciclati e trasformati in combustibile grazie a un rigassificatore e a contrastare smog e inquinamento anche asfalti, cementi e pitture fotocatalitici. Globe Town dovrebbe essere pronta nel 2020, con inizio lavori al 2010.
Model of the city centre which focuses on maximum ecosustainability. The subsoil is exploited to the maximum through a system for storing ice and water to ensure the houses are cool in the summer, while heat pumps ensure they are kept warm in winter. Waste is recycled and converted into fuel thanks to a regasifier, and there is special asphalt, cement and photo-catalytic paint to combat smog and pollution. Globe Town should to be ready by 2020, with building work beginning in 2010.
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CITY IN THE DESERT
RAS AL KHAIMAH, UAE OMA-Office for Metropolitan Architecture
S
ebbene coinvolte nella corsa allo sviluppo che caratterizza attualmente gli Emirati Arabi Uniti, vi sono ancora molte zone di questa regione che si possono considerare relativamente “vergini”. Queste aree, non ancora “sviluppate” come Dubai o Abu Dhabi, sono ancora in tempo per evitare il rampante modernismo globale che sta travolgendo gli EAU e optare per approcci più ponderati ed equilibrati. La Città nel Deserto segnerà una nuova era nello sviluppo dell’Emirato di Ras Al Khaimah, il più a nord dei sette emirati e il quarto in termini di popolazione. La città di 1,2 milioni di metri quadrati sarà alimentata dal punto di vista energetico da un impianto a tecnologia solare all’avanguardia e sarà costruita utilizzando materiali, estetica e stili tipici della tradizione araba così da sottolineare il suo grado di sostenibilità. Il master plan è stato concepito con l’intento di consentire un’incidenza minima di raggi solari diretti sugli edifici durante le ore più calde, mentre le strade strette e i numerosi spazi aperti sistemati a verde consentiranno di ottimizzare l’illuminazione naturale e l’ombreggiamento per il confort degli abitanti. Da qualche tempo, i nuovi insediamenti nel deserto sono stati realizzati come se fossero costruiti in un luogo qualsiasi. Grandi porzioni di deserto sono state trasformate in prati di difficile e onerosa manutenzione, con costi in
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termini energetici, di consumo di acqua ed ecologici in generale, immensi. Con i suoi 43 chilometri quadrati, che saranno occupati da circa 150.000 abitanti, la Città nel Deserto rappresenta un salto di qualità nello sviluppo della regione. La sua grande dimensione implica quasi automaticamente che le scelte che veranno fatte per la sua pianificazione si rifletteranno sull’intera regione. Quando si tratta di una città, alcune delle “cure” pensate nel XX secolo, potrebbero rivelarsi i malanni del XXI: i concetti che abbiamo preso per salutari come la bassa densità, le grandi aree a verde, la spaziosità, sono improvvisamente diventati delle bombe ecologiche a orologeria. OMA ha progettato questa nuova città come un fortino, considerando questa tipologia come la forma più efficiente e compatta di urbanizzazione, in cui gli spazi di lavoro e di residenza formano un tutt’uno integrato. Questo progetto combina la comodità della propria casa con la vicinanza ai servizi culturali e sociali, l’intimità delle strade tradizionali alla facilità di accesso, e la qualità del “reame” pubblico con la grandezza dello sviluppo… Concentrazione, densità, sinergia, simultaneità, massa critica sono le caratteristiche principali di questo progetto, e scaturiscono non dalla nostalgia ma dalla necessità. Lo sviluppo dell’insediamento si svolgerà in cinque fasi, la prima delle quali, con la realizzazione della città di servizio e supporto alla capitale Ras Al Khaimah dovrebbe essere completata nel 2012.
Planimetrie generali e rendering della Città nel Deserto, progettata da OMA come un fortino, tipologia urbana efficiente e compatta che consente integrazione delle funzioni e risparmio energetico.
E
Con i suoi 43 kmq, la città sarà abitata da circa 150.000 persone. Site plans and renderings of the City in the Desert, designed by OMA as a fort, an efficient and compact form of
urbanization which allows for the integration of functions and for energy saving. With its 43 sq.km, the city will host 150.000 inhabitants.
Credits Project: OMA-Office for Metropolitan Architecture Partners in charge: Rem Koolhaas, Reinier de Graaf Associate in Charge: Beth Hughes
ven with pressures to join the development race in the UAE, many areas of the United Arab Emirates still feel relatively virgin. Not yet “developed” to the level of Dubai or Abu Dhabi, these areas could still avoid the type of rampant global modernism that has hit other parts of the UAE and opt for a more considered approach. The new City in the Desert will herald a new era in the development of the Emirate of Ras Al Khaimah, the furthest north of the UAE’s seven emirates and the fourth largest in terms of population. The emirate occupies a prime position on some of the world’s most important trade routes. Cutting-edge solar technology will power the 1.2 million square meter city, built using locally-sourced Arabian materials and aesthetic styles to support the city’s overall ethos of sustainability. Cunning planning means that the least amount of direct sunlight will strike the city’s buildings during the warmest times of day. Lots of narrow streets and open green spaces have also been incorporated to increase natural lighting, shading and resident happiness. For some time now desert developments have been constructed as though they could have been constructed anywhere else. Large sections of the desert are being turned into high maintenance lawn. Levels of energy and water consumption are representing immense ecological cost. With 43 sq.km for 150 000 new inhabitants, the plan for the City in the
Team Schematic Design: Jin Hong Jeon, Bin Kim, Mirai Morita, Erica Osterlund, Matthew Seidel, Shuo Wang, Jing Zang Team Concept Design: Samir Bantal, Martin Galovsky,
Ravi Kamisetti, Barend Koolhaas, Tomek Bartczak, Philippe Braun, Kai van Hasselt, Beth Hughes, Pieter Janssens, Bin Kim, Daniel Klos, Miho Mazereeuw, Morai Morita, Nicola Nett,
Alain Peauroi, Mariano Sagasta, Christin Svensson, Daliana Suryawinata Images: OMA-Office for Metropolitan Architecture
Desert represents a quantum leap in the region’s development. Its sheer size almost automatically implies that choices made in relation to the Gateway Plan will turn out to be choices for the region as a whole. When it comes to the city, 20th century cures may yet prove 21st century ails: everything we have grown to like – low density, lawns, spaciousness, luscious green has suddenly become an ecological time bomb. OMA has designed this new city as a fort considering it as the most efficient and compact form of urbanisation, where work and living form a single integrated whole. This project couples the conveniences of one’s home to the proximity of cultural and social provisions, the intimacy of the traditional street to smooth accessibility and quality public realm to a large quantum of development... Concentration, density, synergy, simultaneity, critical mass are the main features of this project, not out of nostalgia, but out of absolute necessity The development will consist of five phases. Phase 1 will consist of an integrated city to service, support and supplement the capital city of Ras Al Khaimah and should be completed by 2012.
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MASDAR CITY ABU DHABI, UAE
Foster+Partners
M
asdar è una società di Abu Dhabi che investe nello sviluppo e nella commercializzazione di tecnologie avanzate e innovative per l’energia rinnovabile, alternativa e sostenibile e per il “green design”. Lo scorso febbraio, è stato avviato il progetto per Masdar City, la prima città del mondo a zero-emissioni e senza auto. In arabo, Masdar significa “la sorgente” e l’iniziativa Masdar mira a diventare la fonte mondiale per le soluzioni energetiche. Il primo progetto della Masdar Initiative (www.masdaruae.com) è la nuova città di 6 chilometri quadrati, progettata, seguendo la tradizione delle città murate, secondo i più avanzati criteri di sostenibilità, avvalendosi di tecnologie tali da farla divenire una comunità a zero-emissioni di CO2 e zero-spreco energetico. Il masterplan è stato affidato dalla Abu Dhabi Future Energy Company a Foster+Partners per progettare quello che vuole diventare il centro di sviluppo per nuove idee relative alla produzione di energia. Il programma prevede la realizzazione di una nuova università, della sede della Abu Dhabi’s Future Energy Company, aree destinate agli affari e un Centro Innovazione. Il principio su cui si basa lo sviluppo di Masdar è quello di una città murata ad alta densità, che verrà realizzata a partire da due fasi iniziali in cui verrà costruito un grande impianto fotovoltaico per la produzione di energia, che diverrà poi il luogo su cui si svilupperà la crescita della città evitando la dispersione e la bassa densità. Masdar è situata strategicamente rispetto all’esistente infrastruttura di trasporti di Abu Dhabi e sarà collegata alle comunità circostanti, all’aeroporto internazionale e al centro della capitale da una rete di strade esistenti combinata con nuove tratte ferroviarie e strade pubbliche. Radicata nel principio di essere a emissioni zero, la città sarà anche senza auto. Con una distanza massima di 200 metri tra i diversi servizi e i nodi di trasporto, la rete compatta di strade è pensata per essere percorsa a piedi ed è servita da un sistema personalizzato di trasporto rapido. I portici ombreggiati e le stradine creano un ambiente confortevole per i pedoni pur nel clima estremo della zona. Si rivela così anche la natura compatta e strettamente pianificata delle città murate tradizionali. Grazie all’attenta pianificazione della futura espansione, il territorio circostante conterrà impianti eolici e fotovoltaici, piantagioni e aziende agricole sperimentali che renderanno la città completamente autosufficiente. Il completamento di Masdar City è previsto in sette fasi, dal 2008 al 2018, nell’ambito del progetto di sviluppo Abu Dhabi 2030. Masdar City, inoltre, fa parte del programma del WWF “One Planet Living™”, un’iniziativa a livello globale che mira a dimostrare come sia possibile vivere entro limiti ecologici e migliorare la qualità di vita della popolazione. Sempre a febbraio, Masdar Initiative ha anche annunciato il vincitore del concorso per la sede della Abu Dhabi Future Energy Company a Masdar City. Il progetto è stato affidato allo studio di Chicago Adrian Smith+Gordon Gill Architecture (AS+GG). La sede sarà il primo edificio al mondo a uso misto di grande scala a “energia positiva”, cioè in grado di produrre più energia di quanta ne consumi. Oltre a essere la sede dell’azienda, ospiterà residenze e uffici di altre società che avvieranno i propri affari a Masdar. Vista a volo d’uccello di Masdar City, la città a zero-emissioni, zero-spreco e senza auto che verrà realizzata su un’area di sei chilometri quadrati nei pressi di Abu Dhabi. La città sarà murata
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su tutti e quattro i lati e avrà circa 50.000 abitanti e 1.500 aziende. L’elettricità necessaria a tutta la città sarà generata dal sole tramite pannelli fotovoltaici. All’inizio, verrà costruito un grande
M
asdar is Abu Dhabi’s company for investment in the development and commercialization of advanced and innovative technologies in renewable, alternative and sustainable energies as well as green design. On February 9, 2008, Masdar broke ground for Masdar City, the world’s first zero-carbon, zero-waste, car-free city. In Arabic, Masdar means “the source”, and the Masdar Initiative aims to become the leading source of the world’s energy solutions. The first project as a result of the Masdar Initiative (www.masdaruae.com) is a new 6 square kilometer sustainable development that uses the traditional planning principals of a walled city, together with existing technologies, to achieve a carbon neutral and zero waste community. Masterplanned by Foster + Partners, the initiative has been driven by the Abu Dhabi Future Energy Company, and will be a centre for the development of new ideas for energy production. The programme includes a new university, the Headquarters for Abu Dhabi’s Future Energy Company, special economic zones and an Innovation Center. The principle of the Masdar development is a dense walled city to be constructed in an energy efficient two-stage phasing that relies on the creation of a large photovoltaic power plant, which later becomes the site for the city’s second phase, allowing for urban growth yet avoiding low density sprawl. Strategically located for Abu Dhabi’s principal transport infrastructure, Masdar will be linked to surrounding communities, as well as the centre of Abu Dhabi and the international airport, by a network of existing road and new rail and public transport routes. Rooted in a carbon neutral ambition, the city itself is car free. With a maximum distance of 200 metres to the nearest transport link and amenities, the compact network of streets encourages walking and is complemented by a personalised rapid transport system. The shaded walkways and narrow streets will create a pedestrian-friendly environment in the context of Abu Dhabi’s extreme climate. It also articulates the tightly planned, compact nature of traditional walled cities. With expansion carefully planned, the surrounding land will contain wind, photovoltaic farms, research fields and plantations, so that the city will be entirely self-sustaining. Masdar City is scheduled to be built in seven phases from 2008 to 2018, in conjunction with Abu Dhabi’s 2030 Development Plan. Masdar City is one of the flagship projects of the One Planet Living™ programme – a global initiative launched by WWF, aiming to prove that it is possible to live within ecological limits and still improve the quality of people’s lives. On February, Masdar also announced that it has chosen Chicago architecture firm Adrian Smith + Gordon Gill Architecture (AS + GG) to design its headquarters in Masdar City. The headquarters will be the world’s first large-scale, mixed-use “positive energy” building, producing more energy than it consumes. In addition to being the location of Masdar HQ, the building will accommodate private residences and businesses starting up in the city. impianto per la generazione di energia solare che servirà a fornire l’energia necessaria alla costruzione, mentre gli edifici saranno raffrescati naturalmente tarmite “torri del vento”.
Bird’s eye view of Madar City, the zero-carbon, zero-waste, car-free city to be built on an area of six square kilometers on the outskirts of Abu Dhabi. The city would be
walled on all sides, and house 50,000 people and 1,500 businesses. The electricity for the entire city would be generated by solar energy harnessed by photovoltaic panels. To start with,
Credits Project: Foster+Partners Consultants: Cyril Sweet Limited, E.T.A., Energy, Ernst and Young, Flack + Kurtz, Systematica, Transsolar Client: Masdar-Abu Dhabi Future Energy Company
a large solar power station would be built that would meet the energy requirements during the construction of the city, while buildings would be cooled by wind towers.
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La città sarà orientata da nord-est a sud-ovest per assicurare il massimo equilibrio tra irraggiamento e ombra. I percorsi ombreggiati e le strade strette creeranno un ambiente favorevole ai pedoni pur nel contesto del clima estremo di Abu Dhabi. All’interno della città non circoleranno le auto e i residenti si potranno spostare tramite treni e veicoli automatizzati. Sono previsti tre livelli di movimento che includono una ferrovia leggera tra Masdar e Abu Dhabi, un livello
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pedonale e un terzo di veicoli personalizzati per il trasporto rapido. La rete di trasporti pubblici è progettata in modo che ciascun abitante si trovi sempre a non più di 200 metri dal più vicino collegamento pubblico. The city would be oriented north-east to south-west to ensure optimum balance of sunlight and shade. The shaded walkways and narrow streets will create a pedestrian-friendly environment in the context of Abu Dhabi’s extreme climate. There would be no
cars zooming around the city, with residents getting to and from via trains and automated transport pods. Three levels for movement for the city would include a light railway between Masdar to Abu Dhabi, a second level for pedestrians, and a third for “personalized rapid transport pods.” The public transportation has been so planned that none of the city’s inhabitants will be more than 200 meters from the nearest public transportation link.
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Adrian Smith+Gordon Gill Architecture Masdar-Abu Dhabi Future Energy Company HQ, Masdar City Al concorso per la sede Masdar hanno partecipato 159 gruppi. Il progetto vincitore dello studio di Chicago AS+GG applica numerosi sistemi tesi a generare un surplus di energia, a eliminare le emissioni di biossido di carbonio e a ridurre i rifiuti sia liquidi sia solidi.
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Il complesso utilizzerà materiali sostenibili e sarà dotato di turbine eoliche, sistemi esterni per il monitoraggio della qualità dell’aria e di uno dei più grandi impianti al mondo per l’energia solare integrati in un edificio. In confronto con edifici a uso misto
della stessa grandezza, la sede Masdar è in grado di ridurre il proprio consumo di acqua del 70%. The design competition for Masdar’s headquarters was entered by 159 participants. The winning project
by the Chicago-based firm AS+GG includes numerous systems that will generate a surplus of the building’s energy, eliminate carbon emissions and reduce liquid and solid waste. The complex will utilize sustainable materials and feature integrated wind
turbines, outdoor air quality monitors and one of the world’s largest buildingintegrated solar energy arrays. Compared with typical mixed-use buildings of the same size, the Masdar Headquarters will reduce its water consumption by 70 percent.
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Rendering degli spazi interni dell’edificio che, oltre a essere la sede della Masdar, conterrà residenze e uffici di altre società che avvieranno i propri affari a Masdar City. La costruzione della sede Masdar fa parte della prima fase dello sviluppo della nuova città e sarà completata alla fine del 2010.
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Renderings of the interior spaces of the building.which, in addition to being the location of Masdar headquarters, will accomodate private residences and businesses starting up in the city. Masdar’s headquarters is part of phase one of the new city development and will be completed by the end of 2010.
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N
ell’agosto 2005, Arup è stato incaricato dalla Shanghai Industrial Investment Corporation (SIIC) di redarre il masterplan per una ecocittà vicino a Shanghai, denominata Dongtang. Dongtang sarà una città costituita da tre villaggi che uniti al centro urbano. Si prevede che la prima fase dimostrativa, che potrà ospitare 5.000 abitanti, sarà completata per il 2010, in concomitanza con la World Expo di Shanghai. Nelle fasi successive la città crescerà fino ad avere una poplazione di circa 80.000 abitanti (nel 2020) e fino a 500.000 nel 2050. Uno degli elementi chiave del progetto è stata la delicata natura
nali e all’avanguardia, si riusciranno a tagliare fino al 70% i costi per la realizzazione degli edifici. Molti di questi saranno dotati di coperture sistemate a verde che ne miglioreranno l’isolamento, diminuiranno le infiltrazioni di acqua, e forniranno un potenziale serbatoio per l’irrigazione e lo smaltimento dei rifiuti. Il trasporto pubblico a basso inquinamento sia atmosferico sia acustico favorirà la ventilazione naturale degli edifici contribuendo a ridurre la richiesta di energia. Utilizzerà tecnologie innovative, tra cui taxi acquatici a energia solare o autobus a idrogeno. La città sarà dotata di una rete di collegamenti fatta di piste ciclabili, strade pedonali, trasporto pubblico, anche su acqua con canali, laghi e porticcioli
dell’area prescelta, su cui insiste una riserva a palude per la cui protezione e valorizzazione, con la concomitante creazione di nuova terra coltivabile, Arup ha progettato una zona-filtro di 3,5 Km di larghezza nel punto più stretto, che dividerà la città dalla piana alluvionale. Il progetto incrementerà la biodiversità della Chongming Island e realizzerà una città i cui edifici, infrastrutture e trasporti saranno completamente alimentati da energie rinnovabili. Inoltre, con l’obiettivo di diventare una città a zero emissioni e zero sprechi, verranno recuperati, riciclati e riutilizzati il 90% dei suoi rifiuti. La eco-città, costituita da molti elementi della tradizione architettonica locale combinati a un approccio sostenibile alla vita contemporanea, manterrà un’identità tipicamente “cinese” . Dove possibile, verranno utilizzati materiali e forza lavoro locali, così da ridurre i costi di trasporto e di energia associati al processo costruttivo e, grazie all’integrazione di tecnologie costruttive tradizio-
che costituiranno, tra l’altro, anche elementi ricreativi. La fornitura energetica sarà garantita da una rete locale combinata di impianti di riscaldamento/elettricità: un impianto di cogenerazione a biomassa derivata da pula di riso prelevata dagli scarti dei mulini circostanti; un impianto eolico; impianti per l’estrazione dei biogas derivati dal trattamento dei rifiuti solidi della città; impianti fotovoltaici e micro-eolici integrati negli edifici. Il progetto è ora in fase esecutiva, e SIIC e Arup sono stati affiancati da HSBC e da Sustainable Development Capital LLP (SDCL) con una associazione a lungo termine che dovrà sviluppare le strategie commerciali e di finanziamento per Dongtang e per altre eco-città in Cina. Un elemento chiave di questa strategia è il Dongtang Institute for Sustainability che avrà inizialmente sede presso la Tongji University e che si pensa diverrà uno dei centri di eccellenza nel mondo per lo studio dei collegamenti tra ambiente e prestazioni economiche.
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I
n August 2005, Arup was contracted by the Shanghai Industrial Investment Corporation (SIIC) to design and masterplan an eco-city called Dongtan, near Shanghai. Dongtan will be a city of three villages that meet to form a city centre. The first demonstrator phase of Dongtan aims to be completed by 2010, in time for the World Expo in Shanghai, and will accommodate a population of up to 5,000. Later phases of development will see the city grow to hold a population of around 80,000 by 2020 and up to 500,000 by 2050. The delicate nature of the Dongtan wetlands adjacent to the site has been one of the driving factors of the city’s design. Arup plan
ments of buildings by up to 70%. Buildings with green roofs will improve insulation and water filtration and provide potential storage for irrigation or waste disposal. Public transport with reduced air and noise pollution will enable buildings to be naturally ventilated, and in turn reduce the demand on energy. It will use innovative technologies, which may include solar powered water taxis or hydrogen fuel-cell buses. Dongtan will be a city linked by a combination of cycle-paths, pedestrian routes and varied modes of public transport, including buses and water taxis, while canals, lakes and marinas will permeate the city, providing a variety of recreation and transport
DONGTANG ECO-CITY CHINA Arup
to protect and enhance the existing wetlands by returning agricultural land to a wetland state creating a 3.5 km wide “buffer-zone” between the city and the mudflats, at its narrowest point. The project will increase bio-diversity on Chongming Island, and will create a city that runs entirely on renewable energy for its buildings, its infrastructure and its transport needs. Dongtan will recover, recycle and reuse 90% of all waste in the city, with the eventual aim of becoming a zero waste city. Dongtan eco-city incorporates many traditional Chinese design features and combines them with a sustainable approach to modern living, but not at the expense of creating a city that is recognisable as a Chinese city. Where possible, labour and materials will be sourced locally to reduce transport and embodied energy costs associated with construction and the combination of traditional and innovative building technologies will reduce energy require-
opportunities. Energy will be supplied by: a combined heat and power (CHP) plant that runs on biomass in the form of rice husks from local rice mills; wind farm; biogas extracted from the treatment of municipal solid waste and sewage; electricity will also be generated within buildings using photovoltaic cells and micro wind turbines. With the project now entering the implementation phase, SIIC and Arup have been joined by HSBC and Sustainable Development Capital LLP (SDCL) in a long-term strategic partnership to develop the commercial and financing strategy for Dongtan and other eco-cities in China. A key element of this is the Dongtan Institute for Sustainability which will initially be based in Tongji University and it is hoped that it will become one of the world’s centres of excellence for examining the connection between the environment and economic performance. 238 l’ARCA 39
Sopra, vista notturna a volo d’uccello del porto progettato per la nuova eco-city di Dongtang, che verrà realizzata in varie fasi (fino al 2050) nei pressi di Shanghai. In alto, sviluppi della planimetria generale pensata come unione di tre villaggi aperti verso un centro comune. A destra, uno dei numerosi specchi d’acqua che verranno realizzati nella città, che insiste sull’area di una riserva naturale a palude che verrà protetta e valorizzata. Nella pagina a fianco,
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in alto, vista aerea e, in basso, rendering del villaggio a sud e di quello a nord. La città utilizzerà energia rinnovabile per tutti i suoi edifici, infrastrutture e trasporti. A Dongtang saranno recuperati, riciclati e riutilizzati il 90% dei rifiuti. Above, nighttime bird’s eye view of the harbour on new Dongtang eco-city, which will be realized in several phases (through 20250) near Shanghai.
Top, developments of the site plan, where three villages meet to form a city centre. Right, one of the ponds designed around the city, which is sited in a natural wetlands reserve that will be protected and enhanced. Opposite page, top, aerial view and, bottom, renderings of the south and north villages. The city will run entirely on renewable energy and will recover, recycle and reuse 90% of all waste.
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JINHUA
100 CITIES PROJECT CHINA Pier Paolo Maggiora
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Rendering e planimetria generale del Piano Integrato del nuovo sistema urbano di Jinhua.
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Rendering and site plan of the Integrated Plan for Jinhua’s new urban system.
I
l progetto per la città cinese di Jinhua nasce nell’ambito dell’iniziativa “Progetto 100 Città” che l’architetto Pier Paolo Maggiora ha concepito come contributo dell’Italia al programma cinese di trasferire centinaia di milioni di contadini dalle campagne alla città attraverso un processo ordinato che promuova le qualità ambientali, urbanistiche e architettoniche dei nuovi insediamenti. In questa prospettiva, il progetto per Jinhua assume un valore simbolico poiché rappresenta una realtà di grande vivacità economica, leader nella produzione dei beni consumo e con rapporti d’affari in tutto il mondo. Il nuovo progetto si allinea ai più avanzati criteri di qualità ambientale ed energetica. Oggetto di studio, il Masterplan riguardante l’area del Piano Urbanistico per il Distretto di Luodian (esteso su circa 7.000.000 di metri quadri) della cosiddetta “Terza Città” verso il Monte Jianfeng. Il progetto propone un Piano urbanistico per l’intero Nuovo Sistema Urbano e dettaglia il Progetto integrato su un’area di 633.000 mq individuata dalla città di Jinhua. Nuovo Sistema Urbano. Rispetto al Piano urbanistico della città, il Nuovo Sistema rafforza la possibilità di realizzare aree a destinazioni miste, in cui possano razionalmente coesistere residenza, terziario e servizi. Gli spazi destinati a verde occuperanno almeno il 50% della superficie (oltre 3.520.000 mq), incrementando il Parco originario previsto dal Piano Urbanistico con l’integrazione di parte delle aree fondiarie che conservano comunque la loro capacità edificatoria. Il Progetto Integrato. Il luogo determina lo schema, ne rispetta le caratteristiche topografiche e altimetriche, esaltandone, attraverso l’invenzione delle “Ville Hutong” e delle “Rocche” architettoniche, la presenza visiva e paesaggistica. Funzionalmente: a ovest la distesa pianeggiante delle residenze delle “Ville Hutong”, che hanno il contrappunto a est delle due grandi “Rocche” residenziali, articolate sui rilievi più pronunciati che guardano verso il Lago e verso il Monte Jianfeng; a sud sul rilievo più contenuto, il Centro dei Servizi degli “Spazi della Comunità”; a nord-ovest, infine, oltre la strada e verso i monti, il Centro delle attività ludiche e sportive degli “Spazi del Benessere”. Il tutto integrato e permeato dal verde del Parco e dall’atmosfera spirituale e simbolica del Monte Jianfeng. Formalmente: una morfologia architettonica che si modella organicamente secondo l’ambiente, la topografia, le funzioni e la storia. Il Progetto Integrato riduce al minimo la viabilità automobilistica di attraversamento, utilizzando per il servizio alle abitazioni la viabilità perimetrale e ottenendo, di conseguenza, vaste aree verdi unitarie, non disturbate dal traffico. In sintesi, viene sviluppata una capacità edificatoria complessiva di 450.000 mq di cui 400.000 mq residenziale, cui si aggiungono le superfici destinate al Centro per gli Spazi per la Comunità (35.000 mq) e quelli per il Centro per la Salute e il Fitness (15.000 mq) nell’Area per il Benessere. Le Ville Hutong. Gli Hutong sono residenze, ma sono soprattutto modelli culturali: eleganti e domestici, semplici ma solenni. A partire da questa logica, nel Progetto è stata mantenuta, e ripresa, la vivacità delle strade pedonali, che gradualmente si dissolve nello spazio verde e dello spazio privato, con l’acqua e le aree per il tempo quotidiano della comunità. Viene quindi privilegiata una rinnovata qualità di vita, per ogni singolo residente, per ogni cittadino. Per esaltare il carattere di intimità sociale e di delicato equilibrio ambientale è stato immaginato uno spazio urbano impermeabile ai disturbi e ai clamori del traffico. Così, alla trama delle vie pedonali che si distendono da ovest verso est, corrisponde nel sottosuolo, la viabilità delle auto e il relativo sistema dei parcheggi, da cui si accede direttamente alle ville sovrastanti. Le Rocche. Baricentro simbolico dell’intera area, questa nuova verticalità irradia di sé tutte le funzioni e le architetture presenti, e dà una misura della gerarchia spaziale del nuovo insediamento. Le Rocche sono anch’esse residenze caratterizzate dalla loro emergenza rispetto alla parte piana del territorio. Derivano da questa caratteristica la loro struttura formale e tipologica, la straordinaria capacità di interpretare organicamente il rapporto funzionale della loro architettura con la topografia del sito. Nel progetto il loro organismo si definisce in cinque livelli di organizzazione tipologica che raccordano il verde naturale della pianura alla sommità artificiale delle Torri, attraverso una modulazione di materiali (verde, pietra, vetro), che visivamente sottolinea il loro ruolo di mediazione fra pianura e monti, fra terra e cielo. Gli Spazi della Comunità e l’Area del Benessere. Sono i fulcri delle attività sociali dell’area. Costituiscono le cerniere dell’area con gli ambiti territoriali esterni al Piano Integrato. La prima cerniera – a sud del Piano – accoglie, il Centro degli Spazi della Comunità: Asili e Scuole Inferiori, il Centro di Gestione dell’area del Piano Integrato e il Centro Sanitario. La seconda cerniera – a nord-ovest – si colloca verso i monti e verso gli spazi aperti che si integrano al Parco: è caratterizzata da un Centro per la Salute e il Fitness, all’interno della più ampia Area del Benessere. Il Progetto è stato presentato alla Città di Jinhua nell’autunno del 2007 ed è ora in attesa delle loro decisioni in merito all’alienazione delle aree, tutte di proprietà pubblica.
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he project for the Chinese city of Jinhua is part of the “100 Cities Project”, which the architect, Mr Pier Paolo Maggiora, has designed as Italy’s contribution to the Chinese programme to move hundreds of millions of country people into the city, based on a carefully gauged process which will promote the environmental, urban and architectural qualities of the new settlements. From this point of view, the Jinhua project takes on symbolic value as an extremely lively economic player at the cutting edge in the production of consumer goods and business relations around the world. The new project falls in line with the latest guidelines for environmental and energy quality. The carefully studied Master Plan encompasses an Urban Development Scheme for the Luodian District (covering approximately 7 million square metres) of the so-called “Third City” over by Mount Jian feng. The project proposes an urban development plan for an entire New Urban System and provides a detailed Project for an area of 633,000 square metres in the city of Jinhua. New Urban System. Compared to the city’s urban development plan, the New System provides greater opportunities to create areas serving mixed purposes, where housing and services can rationally coexist. The areas of greenery will cover at least 50% of the land (over 3,520,000 square metres), extending the original Park provided for in the urban development plan by incorporating part of the old steelworks areas, which can still be built on. Integrated Project. The place dictates the scheme, respecting its topographical features and contours, actually enhancing its visual and landscape presence by inventing the “Ville Hutong” and “Rocche”. Functioning: to the west the “Ville Hutong” are located on a flat expanse of land, counterbalanced to the east by the two large housing “Rocche” set across the steepest contours looking towards the Lake and Mount Jianfeng; the Services Centre for the “Community Spaces” is located to the south on a more gently sloping plain; finally, over to the northwest by the road and mountains, we have the Centre for Leisure and Sports Activities belonging to the “Well-being Spaces”. Everything is carefully integrated and permeated by the greenery of the park and spiritual and symbolic atmosphere of Mount Jianfeng. Stylistically: the architectural morphology is organically shaped around the environment, topography, functions and history. The Integrated Project reduces road traffic to a minimum by using perimeter roads to serve the local residents, thereby creating vast areas of seamless greenery, undisturbed by traffic. In a nutshell, there is an overall area for building covering 450,000 sq.m, 400,000 of which used for housing, plus the areas serving the “Community Spaces Centre” (35,000 sq.m) and Health and Fitness Centre (15,000 sq.m) in the Well-being Area. Ville Hutong. The Hutongs are houses but they are, above all, cultural models; elegant and homely, simple but solemn. Working along these lines, the liveliness of pedestrian streets has been maintained and taken up in the project, gradually dissolving into the greenery and private space, where there is water and areas for the local community to spend its time. Attention is focused on improving the quality of life of every single residence and town-dweller. An urban space undisturbed by noisy traffic has been envisaged to exalt the social intimacy and delicate environmental balance. The pattern of pedestrian paths stretching from west to east is matched underground by roads for cars and a special parking system, which can be directly accessed from the houses above. Rocche. As the symbolic linchpin of the entire area, this new form of verticality irradiates with all the functions and architecture found on the site, and also provides a gauge of the spatial hierarchy of the new settlement. in The “Rocche” are also houses emerging from the flat part of the land. This forms the basis of their stylistic and typological structure, their incredible ability to structurally interpret the way their architecture functionally relates to the site's topography. In the project their organism is set over five levels of typological organisation connecting the natural landscaping of the flat plains to the artificial peak of the Towers by carefully shaping materials (greenery, stone, glass) to visually underline their mediating role between the flatlands and mountains, between the ground and sky. Community Spaces and Well-being Area. They are the hubs of social activities in the area. Both help hinge the area to the surrounding land lying outside the Integrated Plan. The first hinge – to the south of the Plan – holds the Community Spaces Centre: Nursery Schools and Primary Schools, the Management Centre for the area covered by the Integrated Plan and Health Centre. The second hinge – to the north-west – faces towards the mountains and open spaces knitted into the Park: it features a Health and Fitness Centre inside a more extensive Wellbeing Area. The project was presented to Jinhua City Council in autumn 2007 and is awaiting their decisions in relation to how the areas will be used, all public property. 238 l’ARCA 45
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Nella pagina a fianco, prospettiva del modello di studio verso l’area urbana delle Rocche; schizzo di uno dei viali che, guardando verso il monte Jiafeng, portano alla zona residenziale delle Rocche. A sinistra, vista a volo d’uccello del modello con a sinistra l’area della Ville Hutong, a destra le Rocche e, in alto gli Spazi per la Comunità e l’Area Benessere. Sotto, particolare del modello con in primo piano le Rocche. In basso, modello di studio con in primo piano gli edifici destinati agli Spazi per la Comunità. Opposite page, perspective view of the study model for the “Rocche” urban district; a sketch of one of the avenues which, looking towards Mount Jiafeng, lead to the Rocche housing estate. Left, bird’s-eye view of the model showing the Ville Hutong area to the left, the Rocche to the right and, top, the Spaces for the Well-being Community. Below, detail of the model showing the Rocche in the foreground. Bottom, study model showing the buildings designed for the Community Spaces in the foreground.
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Legenda mobilitĂ Mobility Key Autostrada Highway Vie di comunicazione primarie Main thoroughfares Vie di comunicazione Secondary thoroughfares Vie di distribuzione locale Local roads
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Legenda funzioni/Functions Key
Legenda vocazioni d’uso/Vocational Uses Key
Radicamento: il lavoro, i servizi, l’abitare Rooting: work, services, housing
Turismo (spirituale, culturale, folklore, ecologico, paesaggistico) Tourism (spiritual, cultural, folklore, ecological, landscape)
Rocche
Economica: centro di raccordo e promozione dello sviluppo economico dell’intera regione Economics: Centre for connecting promoting the entire area's economic development
Rocche artificiali/artificial Rocche
Abitare
Culturale Cultural
Ville Hutong Residenze/housing Servizi/services
Servizi
Nella pagina a fianco, schema della mobilità e, sotto, schema della distribuzione delle diverse aree e funzioni. Sopra, diagramma delle vocazioni d’uso. Opposite page, mobility diagram and, below, diagram of the layout of the various areas and functions. Above, diagram of vocational uses.
Malls Commercio/business Lavoro Laboratori/laboratories Uffici/offices Uffici direzionali/business offices
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Pier Paolo Maggiora/ArchA Team ArchA si è impegnata ad avviare la costituzione del Gruppo Interdisciplinare (“ArchA Team”), che sviluppa le competenze professionali di alta qualità necessarie per l’attuazione di un progetto così complesso. L’ArchA Team ha preso forma in vista della presentazione del primo rapporto: la sua composizione, illustrata di seguito, è in progress e si implementerà con il progredire del Progetto e con l’emergere di nuove esigenze di studio e di approfondimento. L’ArchA Team potrà pertanto essere efficacemente integrato, per assicurare il necessario supporto a temi che, progressivamente, entreranno nella trattazione e nello sviluppo di questo Progetto. ArchA has committed itself to setting up an Interdisciplinary Group (“ArchA Team”), which will develop the high-quality professional expertise required to carry out such a complicated project. L’ArchA Team has taken shape in view of presenting its first report: its composition, illustrated in the following pages, is in progress and will be implemented as the project progresses and as further new study requirements emerge. L’ArchA Team may, therefore, effectively integrated to guarantee the right support on issues which will, gradually, be called into play and developed in this project.
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aguna Verde è un progetto nato per volontà del Comune di Settimo Torinese, importante centro di circa 70.000 abitanti della conurbazione torinese, a nord di Torino. Il progetto si organizza sull’asse di via Torino dove attorno alla rilocazione dello stabilimento Pirelli Gomme, che si trasferisce in un’altra sede, il Comune ha promosso l’aggregazione di altre proprietà formando un complesso omogeneo di 810.000 mq. Il Comune ha definito un “Atto di Programmazione Negoziata” con la proprietà che ha incaricato Pier Paolo Maggiora con ArchA del progetto. Il progetto si configura come un concept di cui è prevista la variante urbanistica e la conseguente evoluzione in master plan per l’autunno del 2008. Laguna Verde è un modello di struttura urbana, a elevato contenuto di sostenibilità. L’area di progetto riveste un ruolo strategico per il completamento di un vasto sistema di aree verdi di cui viene potenziata la qualità urbana, architettonica, ambientale ed ecologica rispettando un uso del suolo come risorsa ambientale da tutelare e da impiegare razionalmente. Per questo la concentrazione delle parti costruite, oltre 650.000 mq, avviene per blocchi compatti, come “isole” che affiorano in una 50 l’ARCA 238
“laguna” di giardini e aree verdi. Lo sviluppo dell’edificato consente di definire un rapporto di copertura inferiore al 50%, lasciando liberi e disponibili per il verde circa due terzi dell’intera superficie territoriale del comparto. Guardando al paesaggio delle barene veneziane, con le loro grandi distese d’acqua, da cui emergono le isole costruite, “LagunaVerde” si organizza con la logica di nuclei costruiti distinti, collegati tra loro da sistemi di viabilità separati, riconoscibili e fortemente caratterizzati dalle loro diverse architetture. Immersa nella natura, all’interno del verde – naturale e “costruito” (il sistema dei parcheggi) – la viabilità delle auto e dei mezzi di trasporto scorrerà a raso, mantenendo il tracciato attuale di via Torino. Questa “Via” costituirà la spina dorsale della viabilità veicolare: “di attraversamento”, verso i poli di Settimo e Torino, e “di servizio”, alle aree di sosta e di parcheggio. Al di sopra di questo sistema di Verde, sta la Città dell’Uomo: un sistema di passerelle, rampe, piastre, giardini, piazze e architetture, che daranno vita alla Nuova Centralità Urbana. Come il progetto che Le Corbusier propose nel 1964 per il suo nuovo ospedale con i padiglioni che galleggiano sull’acqua, i corridoi aerei che li collegano, le strutture libere al piano “zero”, il siste-
LAGUNA VERDE SETTIMO TORINESE TORINO
ma degli spazi aperti naturali, allo stesso modo, questo progetto immagina di comporre un equilibrato sistema urbano, in cui si mescolino funzioni d’eccellenza: ecologia, ambiente, qualità urbana e nuovi stili di vita. La selezione delle funzioni da insediare, e l’ambizione di realizzare una nuova centralità urbana si traducono in una estrema attenzione alla sostenibilità – ecologica, energetica e ambientale – da perseguire alle diverse scale: dalle logiche territoriali, all’impianto urbanistico, al progetto edilizio, fino al disegno degli spazi aperti e del verde. La progettazione del verde, intesa come costruzione di un sistema ecologicamente efficace diventa una prerogativa irrinunciabile e un requisito necessario. In quest’ottica il Comune di Settimo ha già una forma di sperimentazione, introducendo un coefficiente di valutazione ambientale, il BTC, indice di Biopotenzialità Territoriale, che permette di valutare l’efficacia dal punto di vista dell’ecologia del paesaggio delle trasformazioni in atto. L’area di intervento si trova in una posizione nodale, punto di cerniera tra due dei più grandi sistemi verdi dell’intera area metropolitana. Verso est, lungo l’alveo del fiume, si stende il Parco fluviale del Po, collegato direttamente con il Parco della Collina Torinese e
di Superga, e con le aree verdi e le attrezzature sportive dei Comuni di San Mauro e Settimo Torinese. Verso nord/ovest invece si trovano i 7 kmq di verde riqualificato e i 40 km di piste ciclabili della “Tangenziale Verde”, il nuovo parco metropolitano che collega il parco del Po a Venaria Reale e al parco della Mandria. L’approccio teorico al nuovo impianto urbano si è posto come obiettivo il massimo contenimento del consumo del suolo, e – allo stesso tempo – la massima permeabilità degli spazi e praticabilità delle connessioni alla quota del piano di campagna. I blocchi dei parcheggi, realizzati in strutture fuori terra, costituiscono il basamento della nuova città. Basamento che sarà di volta in volta occasione di sperimentazione di tecniche naturalistiche e forme di landart, con lo scopo di nascondere le automobili e le strutture che le ospitano, e di disegnare un paesaggio urbano innovativo. Le possibili alternative di trattamento delle facciate, di scelta delle essenze arboree, di ridisegno morfologico del suolo, e così via contribuiscono a dare identità e carattere alle isole. Allo stesso tempo – lasciando il più libero possibile il piano terreno – è possibile garantire la continuità, non solo visiva ma anche fisica, tra le parti della Laguna e i suoi diversi paesaggi.
In alto, il progetto Laguna Verde in rapporto alle emergenze architettoniche dell’area torinese. Nella pagina a fianco, planimetria del territorio interessato dall’intervento. Sopra, prospettiva a volo d’uccello dell’area di progetto. Top, the Laguna Verde project in relation to architecture in the Turin area. Opposite page, plan of the land involved in the project. Above, bird’s-eye view of the project area
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Credits (In progress) System Dialogue: Pier Paolo Maggiora Coordination: ArchA Coordination Responsibles: Livio Dezzani, Enrico Maggi Urban Planning Issues: Elena Bonifacio Project Development: Paolo Beccio, Marco Brizio,
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Paolo Ercolani, Alessandro Benedetto, Elena Bonifacio, Mattia Collo, Francesca Craveri, Marco Galasso, Marcella Gallotta, Adonella Morando, Sara Nebiolo Vietti Economic Assessment: Adriano Bilotta Commercial Town Planning Issues: Roberto Gualco
Cultural Infrastructures: Events Anthropology: Gabriele Vacis Art and Museography: Germano Celant Sociological and Territorial Issues: Dario Rei Cultural Planning: Monica Amari, Maria Perosino Knowledge and Information Economy: Massimo Lo Cicero
he Laguna Verde project was promoted by Settimo Torinese Borough Council, an important little town with about 70,000 inhabitants situated to the north of Turin. The project is set along the axis of Via Torino, where the borough council has helped bring together a number of other properties to form a seamless complex covering 810,000 square metres around the place where there was the Pirreli Tyres factory which now has been relocated. The Borough Council has set up a “Negotiated Planning Act” with the owner, who commissioned Pierre Paolo Maggiora and ArchA to carry out the project. The project is conceived like a concept which will be developed into a master plan by autumn 2008. Laguna Verde is a model for an urban structure with a high degree of sustainability. The project area plays a strategic role in completing a vast system of landscaped areas, whose urban, architectural, environmental and ecological quality is enhanced while treating the land as an environmental resource to be protected and used rationally. For this reason the concentration of built parts, over 650,000 square metres, takes the form of compact blocks, which look like 52 l’ARCA 238
Ecosustainability: Alex Riolfo Territorial Marketing: Ermanno Marocco Research and Technological Innovation: Guido Saracco Economic/Social/ Environmental Sustainability: Domenico Siniscalco New Strategic Sources ICT: Pier Paolo Saporito
New Energies: Adriano Marconetto Technological Infrastructures Agronomy and Green: Laura Gatti Hydrogeology and Geology: Renata De Vecchi Pellati Environment and Territory Engineering: Alessandro Giustetto Mobility: Piero Craveri,
Marco Dellasette Plants Technology: Natale Folzi Structures Technology: Luca Perrone Legal Issues Urban and Administrative Issues: Riccardo Ludogoroff Economic Issues Promotion, Access and Management of Community Funds: Ermanno Maritano
“islands” emerging from a “lagoon” of gardens and landscaped areas. The building work is carefully designed to ensure less than 50% of the area if covered, leaving about two thirds of the entire surface area of the site free and available for landscaping. Studying the landscape of Venetian “barene” (land which is occasionally flooded) with their great expanses of water with built islands emerging, “Laguna Verde” is constructed along the lines of separately constructed nuclei connected together by road systems which are separate, recognizable and highly distinctive due to their different architecture. Buried in nature, the roads for cars and other means of transport inside the greenery – natural and “constructed” (the parking system) – will continue to flow along the current route of Via Torino. This “Roadway” will form the backbone of the road transport network: roads running towards the towns of Settimo and Turin and “serving” the rest and parking areas. Above this system of greenery, we have the City of Man: a system of walkways, ramps, platforms, gardens, squares and architecture, which will create a New Urban Centre. Like Le Corbusier’s project from 1964 for a new hospital (with its hospital pavilions floating on water, overhead corridors connecting them, free struc-
Communication Image Management: Giorgio Scianca Events Organization and Media Coordination: Marcella Gallotta Graphic Project: Sara Nebiolo Vietti Client: Comune di Settimo Torinese
tures at level “zero” and a system of natural open spaces), this project also sets out to compose a carefully balanced urban system incorporating functions of the highest standard: ecology, environment, urban quality and new lifestyles. The choice of functions to be incorporated and the aim to create a new urban centre translate into very careful attention to sustainability (ecological, energy and environmental) to be pursued on various scales: territorial, town-planning, building design, and even the creation of open spaces and greenery. The landscape design, taken as the construction of an ecologically efficient system, turns into a vital prerogative and necessary requisite. In this light, Settimo Borough Council has already experimented by introducing an environmental assessment coefficient (BTA, Territorial Bio-potential Index), which makes it possible to assess the effectiveness of the transformations under way from a land ecology viewpoint. The project area is situated in a key position, hinging together two of the biggest areas of greenery in the entire borough. Towards the east, along the river bed, we have Po River Park connected directly to Collina Torinese and Superga Park and the landscaped
areas and sports facilities in the boroughs of San Mauro and Settimo Torinese. Towards the north/west, there are 7 square kilometres of redeveloped greenery and 40 km of cycle paths along the “Green Highway", the new inner-city park connecting Po Park to Venaria Reale and Mandria Park. The theoretical approach to the new urban master plan set itself the goal of using as little land as possible and, at the same time, maximising the permeability of the spaces and connections at countryside level. The car park blocks (constructed in the form of above-ground structures) form the basis of the new city. A base which will provide the chance to experiment with naturalistic techniques and forms of land art, in order to hide away the cars and structures holding them and to create an innovative form of cityscape. Possible alternatives in the treatment of facades, choice of tree essences and morphological redesign of the land etc. will help instil the islands with their own identity and character. At the same time – leaving the ground level as free as possible – continuity will be guaranteed on both a visual and also physical level between the various parts of the Lagoon and its various landscapes.
Nella pagina a fianco, schizzo preliminare dell’insediamento di Laguna Verde. Sopra, rendering della spina centrale della viabilità. Opposite page, preliminary sketch of the Laguna Verde settlement. Above, rendering of the backbone of the road network.
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In alto, due rendering di Laguna Verde in cui è evidenziato in rosso il percorso della strada commerciale e pedonale (“Broadway”). Il piano verde orizzontale rappresenta il verde naturale che
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stabilisce la rinnovata continuità fra la “tangenziale verde” – fino al Castello della Venaria, e oltre – a ovest, e il verde che conduce fino al parco collinare – fino a Superga – a est, e a quello lungo il Po, verso sud; questo
verde naturale di continuità strategica ambientale accoglierà la viabilità di attraversamento, di distribuzione e di servizio mitigandone l’impatto visivo, acustico e atmosferico, ma soprattutto esalterà la
recuperata dimensione naturalistica a grande scala. Top, two renderings of Laguna verdict showing in red the shopping and pedestrian street (“Broadway”).
A horizontal green plane represents the natural greenery creating renewed continuity between the “green highway” – running through to Venaria Castle and beyond – to the west, and the greenery leading through to the
hilly park – up to Superga – to the east, and then along the River Po to the south; this natural stretch of environmentally strategic seamless greenery will have various distribution and service roads running across it,
turning down their visual, sound and atmospheric impact, but above all bringing out this newly salvaged large-scale naturalistic development.
Dal piano verde orizzontale si originano i grandi volumi di verde leggero – attraversati dall’aria naturale e dalla luce – che racchiudono al loro interno i parcheggi e i volumi tecnologici; la loro espressività visiva sarà variegata e mutevole, definendo la presenza di una sorta di verde dell’artificio in continuità stretta con il verde naturale del piano e preludio alla città sovrastante. Una ricca trama di pensiline, ponti e calli collega le isole residenziali, i centri della conoscenza scientifica e tecnologica, i servizi
pubblici e definisce le connessioni e le relazioni fra le parti perché la città, di pietra, diventi autentico organismo vivente nel quadro di una recuperata dimensione di piena vivibilità, anche funzionale e ambientale. The green plane leads to the large volumes of like greenery – with natural air and light running through them – enclosing car parks and technological structures; their visual expressiveness will be varied and constantly changing, creating the presence of a sort of artificial greenery in close
continuity with the surrounding natural greenery and acting as a prelude to the city above. A thick web of cantilevers, bridges and alleys connect the residential islands, centres of scientific and technological knowledge and public services, marking the connections and relations between the various parts so that city of stone can become an authentic living organism within the framework of a much more liveable and functionallyenvironmentally friendly vision of life.
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L’
elemento chiave dell’intero progetto del Precinct 4 sul lungolago di Putrajaya in Malesia è il legame dell’insediamento con l’acqua. Mentre gli edifici disposti lungo il boulevard ne rafforzano l’allineamento visuale, quelli sulla testa della riva devono collegarsi sia ai viali retrostanti che all’acqua antistante. L’approccio concettuale si relaziona al contesto urbano e culturale e al clima tropicale. Innanzitutto gli edifici devono integrarsi all’“intelligente” sistemazione di Putrajaya a città-giardino, così sono stati progettati giardini tutto intorno all’area di sviluppo da nord a sud. Il concetto degli edifici si ispira alla metafora di una flotta di otto velieri, leggeri e trasparenti, dalle forme eleganti e possenti. Tutte le residenze sono collegate da un podio curvilineo di un piano alla base degli edifici. Forti nervature strutturali rinforzano ulteriormente la massa e la verticalità degli edifici. La struttura è un esoscheletro che ricorda lo scafo arcuato di una nave. La risultante silhouette di ciascun edificio-veliero assomiglia anche alle cupole delle moschee Islamiche caratteristiche della penisola Araba e dell’India dei Moghul. Gli otto “velieri”hanno forma simile ma diverse grandezze.
Il numero dei piani varia da 12 a 18 e le coperture, tutte sistemate a giardino, permettono di godere di ampie viste panoramiche di Putrajaya. Ogni livello è configurato come il ponte di una nave. La cornice strutturale è costituita da una serie di doppi pilastri collegati l’uno all’altro in sommità, che ricordano i telai trasversali delle imbarcazioni. Questi doppi pilastri determinano una forma ogivale con le linee che convergono verso la “chiglia” e verso l’alto. Ogni edificio è schermato da una pelle di leggeri frangisole collegati ai pilastri verticali, che consentono di controllare l’ingresso della luce naturale in ogni appartamento e conferiscono un senso generale di leggerezza e trasparenza al complesso. Questi frangisole non interferiscono con le linee prospettiche di cui gli abitanti possono beneficiare verso l’esterno. Vi è infatti l’intenzione che dall’interno di ogni appartamento si abbia la straordinaria sensazione di essere completamente circondati dall’acqua. Ogni “veliero” è stato posizionato nel master plan in modo da avere la migliore vista possibile e, inoltre, le aperture tra i diversi edifici creano viste prospettiche dinamiche e sempre diverse sia verso terra che verso l’acqua, dando come l’impressione di essere in continuo movimento.
PRECINCT 4 WATERFRONT
PUTRAJAYA CORE ISLAND MALAYSIA
Studio Nicoletti Associati + Hijjas Kasturi Associates
In alto, planimetria generale e schizzo preliminare e in basso, prospetto sud del progetto di sviluppo residenziale a Putrajaya Core Island.
Above, site plan and preliminary sketch and, bottom, south elevation of the project for the residential development at Putrajaya Core Island.
Credits Project: Studio Nicoletti Associati + Hijjas Kasturi Associates Project team Studio Nicoletti Associati Project: Manfredi Nicoletti
and Luca Nicoletti Architect in charge: Luca Maugeri Design Team: Daniele Altana, Pasquale Onorato Energy Consultant: Thomas Lefevre – Hoare Lea, London
Project team Hijjas Kasturi Associates Project: Serina Hijjas Architect in charge: Amir Hamzah Contractor: Putrajaya Holdings ltd.
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Nella pagina a fianco, sezione di uno degli edifici con schema del comportamento climatico delle facciate. In questa pagina piante del piano tipo, piano attico e giardino
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di copertura di tre tipologie di edifici. Opposite page, section of one of the buildings with diagram of the climatic behaviour of the facades. This page, plans of a
typical floor, of penthouse and roof garden of the three typologies of buildings.
he key of the overall planning for the Putrajaya waterfront in Precinct 4 is the relationship to the waterfront. Whilst the buildings on the boulevard predominantly reinforce the alignment of the boulevard, the waterfront planning should tie the boulevard back to the waterfront. The conceptual approach is relative to the urban and cultural context and tropical climate. Foremost the building must respond to the Putrajaya intelligent garden city environment, so gardens surround the site stretching from the north to the south. The concept for the buildings is inspired by the metaphor of a fleet of eight majestic “Sails”, both light and transparent. The forms are elegant and strong. The individual residences are linked by a low single storey curvilinear podium tying the building forms .Strong structural ribs further reinforce the mass and verticality of the buildings. The structure is an exoskeleton reminiscent of a boat hull construction arching from one face to another. The resulting silhouette of each building-ship resemble that of Islamic mosque domes from the architecture of the Arabian peninsula and Moghul India. The eight “Sail” Buildings have similar shapes but different sizes. The number of the floors varies from 12 to 18, capped by Roof-Gardens with panoramic views around Putrajaya. Each level of the “Sail” Buildings plans is configured similar to the deck of a ship. The structural frame is a series of double-pillars linked to each other at the summit, similar to the transversal frames of a boat. These double-pillars create an ogival shape and they converge on the line of the keel, at the summit. Each building is further protected by light brise-soleil skin connected to the vertical pillars, controlling daylight to each flat, giving an overall sense of lightness and transparency to the building form. This brise-soliel does not interfere with the sightlines of the
occupants toward the exterior from within the each flat. The intention from the inside of each flat is an extraordinary sensation of being completely surrounded by water. Each “Sail” Building has been placed on the Master Plan in order to allow the best view of the waterfront. Moreover the opening between each building allows dynamic views that are always different from the whole complex both from the land and from the water edge, giving us the idea of being constantly moving. 238 l’ARCA 59
Rendering dell’inserimento nel contesto urbano. Il concetto degli edifici si ispira alla metafora di una flotta di otto velieri, leggeri e trasparenti, dalle forme eleganti e possenti. Tutte le residenze sono collegate da un podio curvilineo di un piano alla base degli edifici. Forti nervature strutturali rinforzano ulteriormente la massa e la verticalità degli edifici. La struttura è un esoscheletro che
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ricorda lo scafo arcuato di una nave. La risultante silhouette di ciascun edificio-veliero richiama le cupole delle moschee Islamiche caratteristiche della penisola Araba e dell’India dei Moghul. Renderings showing the inserion of the project in the urban context. The concept for the buildings is inspired by the metaphor of a fleet of eight “Sails”, both light and
transparent. The forms are elegant and strong. The individual residences are linked by a low single storey curvilinear podium tying the building forms. Strong structural ribs further reinforce the mass and verticality of the buildings. The structure is an exoskeleton reminiscent of a boat hull construction arching from one face to another. The resulting silhouette of each building-ship
resemble that of Islamic mosque domes from the architecture of the Arabian peninsula and Moghul India.
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L’
associazione temporanea tra le imprese G. & G. Di Stefano spa e Federici Costruzioni di concerto con Comune di Roma – Dip.to VI – Programmi Complessi ha bandito, nell’ambito del Programma di Recupero Urbano Magliana a Roma, un concorso a inviti per la “Realizzazione di un complesso edilizio a uso commerciale, turistico-ricettivo e per servizi privati tra Via Newton e Via Frattini, con demolizione di volumetrie a destinazione industriale dismesse”. Sono stati invitati a partecipare nove professionisti: gli architetti Lorenzo Bellini, Stefano Cordeschi, Nicola Di Battista, Enzo Eusebi, Giulio Fioravanti, Christhofer Lanksbury, Paola Rossi, Carlo Sadich, Tommaso Valle, tra i quali è risultato vincitore il progetto di Stefano Cordeschi con David Sabatello (visitabile ai siti: www.architettiroma.it/dettagli.asp?id=9074 e www.designrepublic.it/viewdoc.asp?co_id=1921). La proposta di Enzo Eusebi, che qui presentiamo, appare con un contorno indefinito e si presenta in forma aleatoria o vaga, con una fluidità dello spazio tra esterno e interno. E’ un’architettura fatta di aggiunte, partendo dalle parti interne verso l’esterno, una comunione con la natura attraverso spazi di transizione flessibili ed elastici. “Accumulazione” è il titolo del progetto, testimonianza di un territorio caratterizzato e condizionato dalla quantità, dall’accumulo, dalla ripetizione in serie, dallo scarto. Dunque, estetica del quantitativo, espressività del molteplice inteso come addizione di masse edili prefabbricate. Il tutto corretto, dal punto di vista estetico, attraverso una sorta di membrana, impacchettamento che non ne disperda l’idea di unità complessiva, come anche l’omogeneità dei materiali utilizzati e il colore uniforme delle superfici. Tutto l’involucro prefabbricato, cui è delegata solo la funzione strutturale dell’intero complesso (autosilos, centro commerciale, hotel, spazio direzionale), sarà coperto con folgi e garze di rame. Nel territorio, il complesso apparirà imponente e deformato per tutta la lunghezza (570 metri). Esso accoglierà il flusso pedonale in uscita dalla prossima fermata della metropolitana nella direzione sud, forando la torre hotel e bloccandosi nel complesso direzionale. La stessa struttura materica dell’albergo è il risultato della concezione della massa edile come un continuum sopra un percorso dinamico lungo la direzione principale sud-nord-sud. Dunque, un nuovo tipo di paesaggio urbano immerso in un sistema di spazi aperti/coperti/chiusi: una “urbatettura” liberata da formule di urbanizzazione e pregiudizi di architettura. I luoghi, se necessario, si espandono (divengono piazze), si contraggono (spazi commerciali) o si ripiegano (collegamenti). I diversi flussi urbani, costituiti dalle fasce delle infrastrutture esistenti (ferrovia e arterie stradali) si incontrano, adattandosi e negoziando, punto per punto, i limiti dei comparti.
Planimetria generale e, nella pagina a fianco, vista del modello della proposta presentata da Enzo Eusebi al concorso a inviti per il recupero urbano del quartiere Magliana a Roma. Il complesso, che comprende parcheggi multipiano, un centro commerciale, un albergo, un’area destinata a uffici e spazi pubblici, si
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presenta come un edificio imponente e deformato per tutta la sua lunghezza (570 m) ed è rivestito con lastre e garze di rame con finitura superficiale laminata lucida. Site plan and, opposite page, view of the model of the design entered by Enzo Eusebi in the invitational competition to
regenerate the urban neighbourhood of Magliana in Rome. The complex, which includes all twostorey car parks, shopping mall, hotel and area devoted to offices and public spaces, looks like an imposing building deformed along its entire length (570 m) and clad with copper sheets and gauzes with shiny laminated surface finishes.
T
he temporary Association of businesses between G. & G. Di Stefano spa and Federici Costruzioni, in conjunction with Rome City Council – Department VI – Complex Programmes, has launched invitational competition as part of the Magliana Urban Redevelopment Programme in Rome to "Design a building complex for commercial, tourist-accommodation and private services purposes between Via Newton and Via Frattini, involving the demolition of abandoned industrial constructions”. Nine professionals have been asked to take part: the architects Lorenzo Bellini, Stefano Cordeschi, Nicola Di Battista, Enzo Eusebi, Giulio Fioravanti, Christhofer Lanksbury, Paola Rossi, Carlo Sadich, Tommaso Valle. The winning project was designed by Stefano Cordeschi with David Sabatello (see the websites: www.architettiroma.it/ dettagli.asp?id=9074 e www.designrepublic.it/ viewdoc.asp?co_id=1921). Enzo Eusebi’s proposal, presented here, features a vague and rather unpredictable character with smoothly interacting internal and external spaces. It is a work of architecture composed of additions working from the inside outwards. Flexible and elastic transition spaces draw in the natural environment. The project is actually called “Accumulation” to evoke the accumulation, mass reproduction and rejection associated with the area. This aesthetic of quantity expresses multiplicity as an addition of pre-
URBAN REDEVELOPMENT ROME
Enzo Eusebi/Nothing Studio
in the business centre. The hotel’s own material structure derives from how the building mass is designed like a continuum flowing over a dynamic pathway set in the south-north-south direction. This makes it a new type of urban landscape immersed in a system of open/covered/closed spaces: a piece of “urb-itecture”, free from preconceived planning principles or architectural prejudices. If necessary, the places expand (becoming squares), contract (retail facilities) or fold over themselves (links). The various urban flows, composed of the bands of existing infrastructures (railway line and roads), come together, adapring and adjusting, point by point, the bounds of the various sections.
Credits Project: Enzo Eusebi/Nothing Studio Collaborators: Y. Consorti, F. Varese, M. Clementi, M. Rosati Client: Comune di Roma Pubblico
Civic Trade
fabricated building masses. Aesthetically, all is corrected by a sort of membrane, a kind of packaging that holds onto the idea of overall unity through the homogeneity of the materials used and the uniformity of colours and surfaces. The entire prefabricated shell, which strictly serves the entire complex’s structural purposes (parking facilities, shopping mall, hotel, business centre) will be covered with copper sheets and webs. The complex will stand out as an imposing presence deformed along its entire length (570 metres). It will handle the pedestrian flow coming from the new underground tube station planned to be built in the southward direction, perforating the hoteltower and coming to a halt
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Dettaglio della facciata est della zona commerciale (sezione verticale scala 1:20).
Detail of the East facade of the commercial area (1:20 scale vertical section).
1. Pannello di rame goffrato perforato a maglia variabile Perforated variable-meshed embossed copper panel, 3000x600mm, s. 4mm 2. Sottostruttura di sostegno in scatolare d’acciaio Steel-boxed supporting sub-structure 200x80mm 3. Trave primaria di sostegno in scatolare d’acciaio Steel-boxed main support beam 270x120mm 4. Struttura di sostegno della rete in profilati a L in acciaio/Supporting structure for the web made of steel “L”-shaped sections, 100x100mm 5. Solaio/Floor slab a, s. 600mm: - pavimento in cemento industriale al quarzo industrial quartz concrete floor, s. 50mm - membrana impermeabilizzante/waterproofing membrane - pannello termo-isolante carrabile heat-insulting panel capable of handling vehicles, s. 100mm - massetto di cemento con rete elettrosaldata collaborante concrete block with electrically welded mesh, s. 50mm - solaio in pannelli predalles alleggeriti c.a.p. floor slab made of lightened prefabricated reinforced concrete “predalles” panels, s. 400mm 6. Cordolo di chiusura in c.a. con piastra di ancoraggio (s. 500x400mm) in acciaio fissata su tirafondi annegati nel getto Closing stringcourse made of reinforced concrete with a steel anchoring plate (500x400 mm) attached to cast-in tie rods. 7. Sistema di ancoraggio del telaio di supporto della parete di cartongesso System for attaching the support frame to the plasterboard wall 8. Controsoffitto (s. 50mm) in lastre di cartongesso (s. 5mm) con pannello radiante (tubi d. 20mm) e strato superiore termo-isolante (s. 20mm)/Double-ceiling (50mm) made of sheets of plasterboard (5mm) with a radiating panel (pipes measuring 2mm in diam.) and heat-insulating upper layer 9. Chiusura vertical/vertical closure, s. 400mm: - pannello in rame perforato e goffrato perforated and embossed copper panel, 3000x600mm, s. 4mm - membrana in polietilene/polyethylene membrane - guaina impermeabilizzante/waterproofing sheath - pannello in cartongesso doppia lastra idrofuga double-layered fireproof plasterboard panel, s. 55 + 25 + 55mm - isolante termico in lana di vetro heat insulator made of glass wool, s. 200mm - pannello in cartongesso doppia lastra con barriera al vapour double-layered plasterboard panel with steam barrier, s. 55 + 25 + 55mm 10. Solaio b, s. 500mm: - pavimento interno/inside floor, s. 30mm - pannello isolante resistente alla compression compression-resistant insulating panel - massetto di cemento con rete elettrosaldata collaborante concrete block with electrically welded mesh, s. 70mm - solaio in pannelli predalles alleggeriti in c.a.p. floor slab made of lightened prefabricated reinforced concrete “predalles” panels, s. 400mm 11. Sistema di ancoraggio dell'infisso/System for attaching the fixture 12. Vetro stratificato isolante vitracon solar screen vitracon insulating layered sunscreen glass 13. Grata di aerazione parcheggi interrati air grate in underground car parks 14. Pavimentazione stradale/road paving 15. Drenaggio/drainage 16. Terreno natural/natural land 17. Terreno consolidato mediante “jet grounding” o vibroflottazione ground reinforced by means of “jet grouting” or vibro-floating 18. Platea di fondazione nervata/ribbed foundation plate 19. Percorso manutenzione/maintenance way 20. Impiantistica/plant-engineering 21. Condotto raffrescamento aria/air-cooling conduit 22. Cavedio per raffrescamento (geotermia superficiale) Cooling shaft (surface geo-thermal) 23. Coibentazione cavedio di raffrescamento/insulation for cooling shaft 24. Solaio in lastre alveolari c.a.p, s. 160mm e pavimentazione al quarzo, s. 50 mm Floor slab made of prefabricated reinforced concrete and quartz flooring 25. Pilastro monolitico prefabbricato Prefabricated monolithic column, 600x600mm
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Dettaglio della facciata sud dell’albergo (sezione verticale scala 1:20).
Detail of the hotel’s south facade (1:20 scale vertical section).
1. Brise-soleil in lastre di rame perforato s. 3mm, fori d. 600mm Shutters made of 3 mm perforated copper sheets, 600mm holes 2. Sottostruttura di sostegno in scatolare d’acciaio Supporting substructure made of steel boxing 200x80mm 3. Trave primaria di sostegno in scatolare d’acciaio Main support beam made of steel boxing 270x120mm 4. Lamina di acciaio a t 140x85mm per il fissaggio alla struttura metallica in aggetto Steel lamina for attaching to the overhanging metal structure 5. Brise-soleil in lastre di rame forato/shutters made of perforated copper sheets, 3000x600mm, s. 4mm, fori d. 600mm 6. Struttura di sostegno della rete in profilati ad l in acciaio Support structure for the steel sectioned mesh, 100x100mm 7. Infisso interno delle camere con apertura basculante Internal room fixture with horizontally pivoted opening 8. Trave in acciaio ancorata a sbalzo alla struttura in c.a./steel beam attached in a overhang to the reinforced concrete structure 9. Fori di alleggerimento contenenti canali di impianti Lightening holes holding the plant-engineering conduits 10. Controsoffitto (s. 50mm) in lastre di cartongesso (s. 5mm) con pannello radiante (tubi d. 20mm) e strato superiore termo-isolante (s. 20mm)/double-ceiling made of sheets of plasterboard with a radiating panel and heat-insulating upper layer 11. Solaio/floor slab, s. 370mm: - pavimento interno/internal floor, s. 20mm - massetto di cemento con rete elettrosaldata collaborante concrete block with electrically welded mesh, s.50mm - solaio in c.a./reinforced concrete floor slab, s. 300mm 12. Pannello isolante per correzione ponte termico Insulating panel for correcting the heat bridge 13. Camera albergo, h. netta/hotel room, net height 2700mm 14. Grata antitacco bullonata alla trave in acciaio Heel-safe grate bolted onto the steel beam 15. Piano di base (locale impianti) in c.a. Base level (plant-engineering room) made of reinforced concrete
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Piante dei livelli 0.00, 7.80 e 15.60 e prospetto nordovest. In basso, vista del modello. Il complesso è diviso in quattro Poli Funzionali collegati tra loro da passerelle sospese di acciaio e
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rete di rame: A. Collegamento alla nuova fermata della Metro e parcheggi; B. Centro Commerciale; C. Albergo; D. Terziario.
Plans of levels 00, 7.80 and 15.60 and north-west elevation. Bottom, view of the model. The complex is divided into four Functional Units connected by suspended steel walkways and
copper meshing: A. Connection to the new Underground line station and car parks; B. Shopping Mall; C. Hotel; D. Services.
Particolari del modello. Il progetto propone un nuovo tipo di paesaggio urbano immerso in un sistema di spazi aperti/coperti/chiusi, in cui i luoghi si espandono (divengono piazze), contraggono
(spazi commerciali) o si ripiegano (collegamenti) se necessario. I flussi urbani costituiti dalle fasce delle infrastrutture esistenti (ferrovia e arterie stradali) si incontrano, adattandosi e
negoziando punto per punto i limiti dei comparti. La nuova topografia vuole schermare le infrastrutture (stradali e ferroviarie), coinvolgendole attraverso collegamenti pedonali, e aprirsi
verso gli spazi pubblici, diventando cosi meccanismo di “accumulazione” di un paesaggio urbano in cui naturale e artificiale si dissolvono. Details of the model. The project creates a
new type of cityscape immersed in a system of open/covered/closed spaces, holding places which expand (becoming squares), contract (commercial spaces) or fold over (links) as required. Urban flows
constituted by strips of existing infrastructures (railway and road networks) come together, adapting and negotiating (point by point) the bounds of their sections. This new topography is intended to shield the
infrastructures (road and rail), conveying them along pedestrian links and opening up towards public spaces to become a means of “accumulation” in an urban setting in which nature and artifice fade into each other.
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UBI-QUITY-CITY SOUTH KOREA Anna Conti
U
bi-quity-city è una città in movimento, su rotaie, articolata in anelli ferroviari che creano un tessuto connettivo. Si muove in tutto il territorio e permette di svolgere più funzioni in uno spazio delimitato e contemporaneamente di spostarsi da un luogo all’altro. Nel livello inferiore una metropolitana leggera crea un collegamento veloce lungo la stessa direttrice su cui si muove la città, mentre per il collegamento nella direzione opposta basterà scendere, aspettare che passi la “zona desiderata” e risalire. Ubi-quity-city non si ferma mai, è in continuo movimento. Lo scambio dall’unità mobile a terra avviene con navette-tender numerose, di facile utilizzo, di basso ingombro e peso modesto. Il sistema di “ancoraggio in corsa” consentirà anche il passaggio da un “anello” all’altro, creando così un sistema unico, una rete. Ritmiche interruzioni di “vuoto” e di verde potranno costituire gli ammortizzatori necessari a garantire la sicurezza. Sono assicurati una viabilità pedonale veloce (tapis roulant) e un sistema di spazi pubblici. L’organismo è composto da “moduli” lunghi circa un miglio divisi in vari settori come un convoglio ferroviario, con la possibilità di sostituire i moduli e di variarne il tipo 70 l’ARCA 238
e la funzione con operazioni molto più semplici che demolire e ricostruire un edificio. Oltre a una tecnologia che utilizzi materiali leggeri e resistenti, strutture scatolari secondo le forme dell’ingegneria aeronautica e navale, questa macrostruttura consente di ideare forme di auto-alimentazione con energie alternative e di recupero. La scelta di utilizzare progressivamente e secondo fasi strategiche i nastri autostradali, garantisce a priori ogni fattibilità. La città mobile può servire anche per spostarsi come un normale treno, ma offre anche tutto ciò che è possibile trovare in una città tradizionale, dotata di attrezzature al più alto livello. Immaginiamola in Corea. Utilizziamo circa un quarto della attuale rete autostradale, un anello di 800 km; riconvertiamola a sede su cui scorre, a una velocità media di 100 km/ora, la città-treno. Se la velocità è di 100 km l’ora e l’anello lungo 800 km, ogni singola parte passerebbe ogni otto ore, tre volte al giorno, da tutte le città coreane lungo l’anello e da tutto il territorio intermedio. Sarà quindi possibile lavorare sulla città mobile e vivere a Seoul, Incheon, Ansan, Son-tan…e viceversa.
U
bi-quity-city is a city in motion, set out in railway rings which create its connective tissue. It moves right across the land and allows several functions to be performed in a confined space and, at the same time, it can move from one place to another. A lightweight underground line in the lower level creates a high-speed link in the same direction in which the city moves, while for the link in the opposite direction you just need to descend, wait for the “desired area” to pass by and then re-ascend. Ubi-quity-city never stops, it is in continuous motion. The crossover from the mobile unit to ground is by means of numerous tender-shuttles, which are easy-to-use, un-cumbersome and relatively lightweight. “Hitching-on” in motion allows transition from one “ring” to another, thereby creating one single system, a network. Rhythmic interruptions of “empty spaces” and greenery provide the necessary cushions to ensure safety. There is a high-speed pedestrian walkway (moving pavement) and a system of public spaces. The organism is composed of “modules” approximately one mile in length, divided up into various sectors like a railway carriage;
with the possibility of replacing the modules and altering their design and function by means of operations much simpler than knocking down and reconstructing a building. In addition to technology drawing on lightweight and hardwearing materials, box-shaped structures based on aeronautical engineering forms, this microstructure allows forms of self-supply of alternative/recycled energy to be devised. The decision to make progressive use of motorway strips in strategic phases guarantees feasibility in advance. The mobile city can be used to move around just like a normal train, but it also offers everything which can be found in a conventional city furbished with the highest standard of facilities. Let's imagine it in Korea. We will use about a quarter of the current motorway network, a ring measuring 800 km; this will be converted into a location through which the city-train runs at 100 km an hour. If the speed is 100 km an hour and the ring measures 800 km, then every eight hours (three times a day) each separate part would pass through every Korean city set along the ring and through every intermediate area of land. This means it would be possible to work on the mobile city while living in Seoul, Incheon, Ansan, Son-tan…and vice-versa.
In alto piante del primo, secondo e terzo livello di un settore di Ubi-quity-city, progetto di città in movimento che spostandosi su tutto il territorio permette di svolgere più funzioni in uno spazio delimitato e contemporaneamente di muoversi da un posto all’altro. Sotto, rendering del sistema modulare che struttura l’organismo e in basso, schema funzionale delle diverse attività che possono essere organizzate nei vari livelli. Top, plans of the first, second and third levels of a sector of Ubi-quity-city, a project for a moving city which, as it moves right across the territory, allows several functions to be carried out in a confined space and, at the same time, enables people to move from one place to another.
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Sopra, schema di Ubiquity-city immaginata nel contesto della Corea utilizzando circa un quarto (800 km) della rete autostradale. A destra, sezioni sui moduli con la distribuzione dei sistemi di viabilitĂ , metropolitana leggera nel livello inferiore. Above, diagram of Ubi-quity-city envisaged in the context of Korea using approximately a quarter (800 km) of the motorway network. Right, sections of the modules showing the layout of the road system and lightweight underground railway network
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Rendering dell’interno dei moduli che offrono servizi, attività di svago e spazi pubblici come una realtà urbana vera e propria.
Renderings of the inside of the modules, which offer services, leisure activities and public spaces just like any real urban location.
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Jean Nouvel
SUNCAL
LOS ANGELES, USA
E’
una lama di fondo: l’architettura contemporanea del XXI secolo deve essere l’espressione dell’arte di vivere propria da un dato momento in un determinato luogo. Il clima di Los Angeles è un privilegio. Il Suncal’s 10000 Santa Monica Boulevard si sviluppa ai confini del L.A. Country Golf Club. Tutti gli appartamenti potranno godere di una vista sul raffinato paesaggio del terreno da golf. Ogni abitazione avrà un doppio affaccio, fino al quindicesimo piano si vivrà tra due paesaggi alberati e verdeggianti; i piani sovrastanti si innalzeranno verso il cielo e permetteranno di scoprire i parchi sottostanti ma anche gli orizzonti di luce della downtown e le montagne di Santa Monica. Sulla prospettiva di Santa Monica Boulevard, l’edificio è una lama. Una lama verde. Gli abitanti vivono lo spazio della città in un’intimità creata dalla protezione delle piante che circondano gli appartamenti. Prospettive lontane si liberano tra i primi piani vegetali. Ogni alloggio proietta virtualmente la propria superficie al di là delle vetrate su un paesaggio lineare completamente vegetalizzato. Le piante crescono senza terreno, in coltura idroponica. Questi piani perimetrali proteggono le vetrate dall’irradiazione solare. Anche i vegetali contribuiscono con le loro ombre a ridurre l’impatto del sole. In cima, la copertura piatta, sottile e aggettante, crea l’ombra protettrice e diviene il supporto di un’estensione di pannelli solari. La vegetazione entra negli alloggi attraverso giardini trasversali piantati a piacere dagli abitanti. Il Core Club è all’interno di un grande giardino, tra dentro e fuori, con terrazze patio, banchi in tek, facciate a scomparsa e protezioni in tela. L’ingresso si proietta su un panorama forestale lussureggiante. La lama verde è sottile, undici volte più alta che larga. Cerca di provare che è possibile ammansire l’altezza attraverso il piacere dei riflessi, delle ombre, delle vibrazioni vegetali verso le profondità di orizzonti lontani. Jean Nouvel 76 l’ARCA 238
I
t is a blade in the background: 21st-century modern-day architecture must express the art of living at a given moment in time in a given place. The climate in Los Angeles is a real privilege. Suncal’s 10000 Santa Monica Boulevard stretches along the boundaries of the L.A. Country Golf club. All the apartments will enjoy a view across the striking landscape of the golf course. Each home will face in two directions, up to the 15th floor life will go on between two tree-lined landscapes of greenery; the higher floors will rise up into the sky and reveal the parks below, as well as the horizons of light coming from the downtown districts and mountings of Santa Monica. The building is like a blade of light along Santa Monica Boulevard. A “green” blade of light. The occupants will experience the city space through the intimacy created by the shelter provided by the plants surrounding the apartments. Distant perspectives will open up between the first few levels of vegetation. Each apartment will virtually project its own surface beyond its glass windows onto a totally landscaped linear setting. The plants grow without soil by means of hydroponics. These perimeter levels shelter the windows from sunlight. The vegetation also helps by casting shadows to reduce the sun’s impact. At the top, the flat, slender, overhanging roof casts a protective shadow and turns into the support for a surface of solar panels. Vegetation enters the living quarters through transversal gardens planted as the occupants see fit. The Core Club is inside a large garden, somewhere between the inside and outside, with terraces, patios, Tek benches, vanishing facades and canvas protection. The entrance projects out onto a luxuriant forest landscape. The green blade is thin, actually eleven times taller than it is wide. It attempts to prove that it is possible to tame height through the sheer pleasure of reflections, shadows and vegetable vibrations shimmering out towards the most distant horizons.
Viste del progetto del Suncal, inserito tra il verde del L.A.Country Golf Club e il Santa Monica Boulevard. E’ una lama sottile, undici volte più alta che larga, ed è caratterizzata dalle facciate completamente vegetalizzate, grazie a colture idroponiche, che proteggono le vetrate e gli interni dall’irraggiamento solare diretto. La copertura, piatta e aggettante, oltre a creare ombra è anche supporto per il sistema di pannelli solari. Views of the Suncal project, sited between the L.A. Country Golf Club and Sanata Monica Boulevard. The thin blade, eleven times taller than it is wide, is characterized by totally landscaped facades, thanks to hydroponics plants, which shelter the windows and the interiors from direct sunlight. The flat overhanging roof casts a protective shadow and is a support for a surface of solar panels.
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L
o studio di architettura di Amsterdam Zwarts & Jansma ha presentato un progetto teso a decongestionare il traffico stradale di Amsterdam e a riportare la città alla sua bellezza e vivibilità. Hanno sviluppato un concetto della società olandese di ingegneria Strukton, che prevede la realizzazione di una città sotto la città: AMFORA (Alternative MultiFunctionele Ondergrondse Ruimte Amsterdam). Quasi 50 Km di tunnel verranno realizzati sotto i canali del centro cittadino. Subito dopo aver lasciato la circonvallazione A10, le auto saranno dirette sotto il livello stradale. I residenti e i turisti raggiungeranno così il centro tramite una rete sotterranea. A intervalli regolari nel sistema di tunnel multilivello ci saranno parcheggi, cinema, supermarket, piscine e altri servizi per lo sport, che manterranno viva la città sotterranea. AMFORA è neutra rispetto alle emissioni di CO2. Il riscaldamento e il raffreddamento saranno infatti garantiti da pompe di calore. L’energia in eccesso sarà utilizzata per il controllo della temperatura degli edifici sopraterra. Inoltre, il sistema può contribuire al migliora-
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mento dell’aria esterna grazie a tecnologie avanzate per il filtraggio dei fumi esausti, dei particolati e di altre sostanze dannose. Nel progettare AMFORA, gli architetti hanno pensato a un processo costruttivo che fosse di minimo disturbo per gli abitanti, con ampia libertà di distribuzione degli spazi e realizzabile a costi contenuti. Si è perciò pensato di usare uno spazio libero da colonne con un’ampiezza massima di 30 metri, misura che viene mantenuta anche come standard massimo per le sezioni trasversali. Per i canali più larghi, come l’Amstel, si possono utilizzare tre segmenti di 30 metri, mentre per quelli più stretti, le sezioni verranno adattate all’occorrenza. La costruzione è prevista per quanto possibile in elementi prefabbricati, che contribuiscono a rendere più veloce ed economica la realizzazione. La mappatura delle aree e degli edifici interessati è stata fatta utilizzando la tecnologia della modellazione 3D, con i laser scan 3D messi a punto da DelftTech. Grazie a questi, le aree intorno ai canali sono state scannerizzate, tradotte in “nuvole di punti” da cui si è poi definito automatica-
mente il modello 3D. Anche per la costruzione di AMFORA ci si è basati su tecnologie semplici e provate: il canale viene temporaneamente svuotato, dopo di che vengono erette due pareti diframma tra le quali viene inserita una lastra di cemento. Dopo che sono stati riempiti i due piani superiori, l’acqua viene reimmessa nel canale e il processo costruttivo successivo rimane invisibile all’esterno. Per la fornitura e lo scarico dei materiali e delle attrezzature vengono sfruttati i canali e le parti via via realizzate sottoterra. Le misure di sicurezza prevedono una partizione degli spazi sotterranei tra i ponti. In caso di calamità, quali incendi o allagamenti, i compartimenti si possono isolare. Gli spazi sotterranei sono progettati in modo da essere accessibili ai servizi di emergenza. Grazie a chip FRID e a una registrazione computerizzata, le persone presenti nei compartimenti possono essere allertate e aiutate a evacuare. Il progetto è attualmente oggetto di intensi dibattiti ad Amsterdam, e le autorità locali hanno mostrato un certo interesse verso di esso.
AMFORA
AMSTERDAM Zwarts & Jansma
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Nelle pagine precedenti, una panoramica della vita lungo i canali e in basso, comparazione degli edifici lungo Herengracht nel 1771 e nel 2001. Sopra, planimetria di Amsterdam e, a destra, schema dei tunnel e degli ingressi per le auto. A destra, schema del funzionamento del sistema di controllo, immagazzinamento e rigenerazione dell’aria calda e fredda. In basso, sezione di una porzione di tunnel destinata a parcheggio.
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Previous pages, panoramic view of life along the canals and, bottom, comparison of buildings along the Herengracht - 1771 and 2001 Above, Amsterdam site plan and, right, tunnel system and car entrances scheme. Right, diagram of the system for the control, storage, and regeneration of heat and cold. Bottom, section of a portion of the tunnel holding parking spaces.
In alto, un’immagine tratta dalla mappatura 3D della città utilizzata in avvio di progetto. Sopra, schema di una fase della costruzione: il canale viene temporaneamente prosciugato, vengono inseriti due diaframmi verticali tra i quali vengono poi realizzati i solai in cemento. A sinistra, studio per la sistemazione ottimale delle diverse funzioni così da migliorare l’esperienza vissuta nel sottosuolo.
Top, an image of 3D scanning of the city utilized at the beginning of the project. Above, scheme of a phase of the construction process: the canal is temporarily drained, two diaphragm walls are vertically planted in place, between which concrete floors can be constructed afterwards. Left, study for the optimal allocation of the functions for improving the underground experience.
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Schema delle varie funzioni distribuite nel sottosuolo: canali, strade e ponti servono a collegare il livello stradale con quello dei tunnel. Sotto, e nella pagina a fianco, rendering degli spazi pubblici organizzati nei tunnel: a intervalli regolari nel sistema di tunnel multilivello ci saranno parcheggi, cinema, supermarket, piscine e altri servizi per lo sport, che manterranno viva la cittĂ sotterranea. Scheme of the various functions distributed underground: canals, side streets and bridges help connect the world above and below. Below and opposite page, renderings of the public spaces organized into the tunnels: spread out at regular intervals over the multi-storey tunnel system one finds parkings, cinemas, supermarkets, swimming pools and other sport facilities, keeping the underground city alive.
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T
he Amsterdam-based architectural practice Zwarts & Jansma has presented a project aimed to decongest street traffic in Amsterdam and to regain the city’s beauty and liveability. They further developed a concept by Dutch engineering company Strukton, which foresees a city under the city: AMFORA (Alternative MultiFunctionele Ondergrondse Ruimte Amsterdam). Almost 50 km of tunnels will be built underneath the canals in the town centre. Right after leaving the Amsterdam ring road A10 all car traffic will be directed below street level. Residents and visitors will reach the city centre underground. Spread out at regular intervals over the multi-storey tunnel system one finds parkings, cinemas, supermarkets, swimming pools and other sport facilities, keeping the underground city alive. AMFORA is CO2-neutral. Heat pumps provide the energy for heating and cooling. Excess energy could be used for temperature control in the buildings aboveground. Moreover, the Amsterdam air will improve: exhaust fumes will be filtered using state-of-the-art technology, particulate matter and other harmful substances will therefore no longer reach the atmosphere. In the design of AMFORA the architects have started from a construction that produces the least possible disturbance for the inhabited surroundings, and the largest possible freedom for the layout and the use of AMFORA at the
lowest possible costs. To map out the existing surroundings and buildings accurately, Zwarts and Jansma made use of technology for 3D-modelling with 3D-laserscans developed by DelftTech. By means of these 3D laserscans the surroundings are scanned and translated into a “cloud of dots” from which a 3D-model of the surroundings is built up automatically. Also the construction of AMFORA is based on manageable, proven technology: the canal is temporarily filled up, after which two diaphragm walls are erected, between which concrete slabs are built. After the top two floors have been poured, the water will return in the canal and the further progress of the activities will be invisible to the inhabitants. For the supply and removal of equipment and materials use will be made of the canals and the realised underground space, which will already be accessible from the ring. For safety, the underground space is partitioned between the bridges. In case of calamities, such as fire or flood, the compartments can be closed off. The underground space is designed in such a way that it is accessible for emergency services. Due to the use of RFID chips and computer registration, persons present in the compartments can be alerted and told to evacuate the space. The project is being intensely discussed in Amsterdam and the city authorities have signaled their interest. 238 l’ARCA 83
Considerazioni sui concorsi di architettura On Architecture Competitions Luigi Prestinenza Puglisi
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opo tangentopoli sono stati rivalutati i concorsi di architettura. Se ne indicono di più e, una volta realizzati, permettono a qualche studio fuori dai giochi politici di emergere. La situazione non è però dappertutto uguale. E’ migliore al nord che al centro e al sud, dove è ancora deprimente. E’ più promettente nelle realtà di provincia piuttosto che in aree urbane dove è forte l’influsso dei gruppi organizzati: mafie politiche o camarille professionali. Tuttavia, dopo un periodo che non esiterei a definire positivo anche in considerazione del fatto che si contrapponeva ad uno precedente di rigida chiusura, la situazione appare un po’ dovunque peggiorare. Tanto da sembrare sempre più simile a quella universitaria. Dove, cioè, si prevede e quasi sempre indovinandoci chi sarà il vincitore del concorso di turno. A Roma per esempio circolava la voce che il vincitore del Palazzo dei Congressi sarebbe stato Massimiliano Fuksas, che quello di piazza Augusto Imperatore sarebbe stato Francesco Cellini, che il designato dell’area ATAC sarebbe stato Pippo Ciorra, che quello al mini-concorso per la curatela del padiglione italiano alla biennale di Venezia sarebbe stato Francesco Garofalo. Voglio precisare: erano solo voci e il fatto che si siano puntualmente avverate di per sé non dimostra nulla. Almeno sino a quando non emergeranno fatti specifici che sinora non sono emersi. Certo è però che, esattamente come avviene per l’Università, la scarsità delle sorprese non gioca a favore della credibilità delle Istituzioni e dà l’esca alle polemiche roventi degli esclusi, alcuni dei quali avanzano l’ipotesi che non si tratti di semplici coincidenze. Vengono, a volte con buone ragioni e a volte senza, tirate in ballo le amicizie, le appartenenze politiche, i rapporti incrociati e non sempre chiari tra università e amministrazioni comunali e, in particolare, possibili baratti tra incarichi e cattedre per sé o per i propri familiari, e, infine, gli scambi di ruolo come è successo per i concorsi in cui A era concorrente e B in giuria e nell’altro B era concorrente e A in giuria. Ci si chiede poi perché in certe città si coinvolgano solo alcune persone e se ne escludano altre: sempre a Roma, per esempio, per quindici anni alcuni nomi sono emersi con frequenza, mentre altri appaiono essere letteralmente cancellati. E perché si ricorra così poco all’intervento di giurati stranieri o comunque selezionati per-
ché fuori dalle beghe locali, come si fa invece in altri Paesi in questo campo più civili. Soprattutto in considerazione del fatto che in questo modo si potrebbe porre fine alle polemiche dilanianti che si scatenano quando a vincere un concorso è un architetto che ha avuto lunghi rapporti di frequentazione o di collaborazione con questo o con quel giurato. La Darc, adesso Parc, pareva essersi interessata, anche se, come al solito, cautamente e senza avanzare alcuna proposta radicale, all’argomento (del resto Pio Baldi, quando era direttore di questa Istituzione, piuttosto che assumere un ruolo super partes, diventando arbitro e censore del sistema, aveva partecipato come giurato a sin troppi concorsi). La prova che, infatti, è stata data con il lancio di Qualità Italia è stata penosa. I concorsi sono stati bloccati dall’Autorità di Vigilanza perché non rispettavano il criterio dell’anonimato. Un criterio forse inutile, perché come tutti sanno l’anonimato è un segreto di Pulcinella, ma che, se previsto, doveva essere fatto rispettare. Tempo fa avevamo lanciato un decalogo per credere ancora nei concorsi. Non lo ripetiamo: chi volesse può andarselo a trovare nel sito: http://www.prestinenza.it/articolo.aspx?id=146. In questa sede ci limitiamo a sottolineare due condizioni che speriamo siano rispettate nei prossimi. Innanzitutto l’imprevedibilità: la giuria deve essere composta in modo tale da contemperare al suo interno voci diverse, sia dal punto di vista geografico, sia delle appartenenze politiche, sia delle tendenze architettoniche, sia delle generazioni d’età. A nessuno deve, insomma, essere dato modo di avanzare previsioni sui vincitori che corrano il rischio di avverarsi. Secondo: non devono essere presenti nelle giurie coloro che fanno i concorrenti di professione. Insomma – per non restare nel generico e per fare solo qualche nome – anche se è legittimo dal punto di vista giuridico, non e' a mio avviso opportuno che personaggi come Stefano Boeri, Marco Casamonti, Francesco Cellini, Vittorio Gregotti, Paolo Portoghesi, Franco Purini giochino ora su uno ora sull’altro tavolo. Dovrebbero, se vogliono continuare a tentare la strada dell’ottenimento degli incarichi da concorso, lasciarne il giudizio ad altri, rendendo così il panorama concorsuale più chiaro e per molti aspetti più sereno.
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ollowing all the problems associated with corruption, architecture competitions have been reassessed. They are now increasingly widespread and even allow firms with no political leveraged to emerge. However, the situation is not the same everywhere. It is better in the north of Italy than in central or southern Italy, where the situation is still depressing. And things are more promising in the provinces than in urban areas, where lobbies are much more influential: political mafias or professional lobbies. Nevertheless, after a period which I would not hesitate to describe as positive, partly due to the contrast with a previous period of stringent closure, the situation now seems to be getting worse almost everywhere. So much so that it is beginning to look like what happens in our universities, where it is easy to guess (almost always getting it right) who will be the winner of the latest competition. In Rome, for example, the rumour was that the winner of the competition for the Conference Centre would be Massimiliano Fuksas and that Francesco Cellini would win the one for Piazza Augusto Imperatore. It was also thought that Pippo Ciorra would be commissioned to design the ATAC area and that the mini-competition organised to design the Italian Pavilion for the Venice Biennial would be won by Francesco Garofalo. But I would like to make one thing clear: they were only rumours and the fact that they actually turned out to be right does not in itself prove anything. At least not until definite facts emerge, and they have not so far. One thing certain, though, is that, just as in the case of universities, the lack of surprises does not help boost the credibility of our institutions and fuels the anger of those excluded, some of whom claim that all this is not just mere coincidence. Sometimes rightly and sometimes wrongly, friendships, political hand-ups and rather shady crisscrossed relations between universities and local administrations are called into play and, in particular, possible bartering between commissions and university posts for oneself or one's own family members. Finally, there is also talk of role changes, as in the case of competitions were A was competing and B was judging and those were B was competing and A judging. People also wonder why in certain cities only certain people are involved and others are excluded: again in Rome, for example, for about fifteen
years certain names cropped up all the time, while others appeared to have literally been cancelled out. And why, as is the case in other countries which are more civilised in this field, are not foreigners asked to be on panels of judges or are at least people not involved in local squabbles. Particularly in view of the fact that this would finally put an end to all the raging polemics triggered off when a competition is won by an architect who has been good friends with, or worked with, this or that member of the jury. “Darc” (now known as “Parc”) seems to be at least cautiously (as usual) interested in this issue, although without actually putting forward any radical proposals (after all, when Pio Baldi was in charge of this Institution, instead of playing an independent role as arbitrator or censor of the entire system, he actually appeared as a member of the panel of judges for far too many competitions). In actual fact, the launching of “Qualità Italia” was quite excruciating. The competitions were blocked by the Monitoring Board, because they failed to meet the anonymity guidelines. This is perhaps a useless guideline, because, as everybody knows, anonymity is really a joke. Nevertheless, if it was stipulated, it ought to have been complied with. Some time ago we launched our “Ten Commandments” for restoring faith in competitions. We will now repeat them: anybody interested can look them up at the website: www.prestinenza.it/ articolo.aspx?id=146. For the time being we will just underline two conditions which we hope will be conformed to in forthcoming competitions. First and foremost, unpredictability: the jury must be composed in such a way that different points of view are catered for, both geographically, politically, architecturally and in terms of age. In other words, nobody ought to be able to successfully predict the winner. Secondly: the juries should not include people who compete professionally. In a nutshell – to be more specific and name some names – even though it is legally permitted, in my view it is not a good idea that such leading figures as Stefano Boeri, Marco Casamonti, Francesco Cellini, Vittorio Gregotti, Paolo Portoghesi and Franco Purini be found on both sides of the table. If they want to carry on winning commissions based on competitions, they should leave the judging to others, thereby making the competitions seem clearer and, in many respects, more serene.
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Shanghai Expo 2010
The Italian Pavilion Competition Maurizio Vitta
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n concorso per la realizzazione di una struttura architettonica a carattere nazionale, da inserire nell’ambito di una manifestazione mondiale come una Esposizione Universale, presenta un duplice motivo di interesse. Si tratta infatti in prima istanza di un evento destinato a offrire una sintesi delle migliori qualità culturali del Paese e di presentare di conseguenza al mondo un’opera che ne restituisca l’immagine viva, eloquente, incisiva. C’è dunque più di una ragione per considerare con attenzione l’esito del concorso di idee per la realizzazione del Padiglione italiano all’Expo di Shanghai del 2010, la cui Commissione giudicatrice era composta dal Commissario governativo Beniamino Quintieri, presidente, Agostino La Bella, Preside della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Tor Vergata a Roma, Franco Purini, docente presso l’Università “La Sapienza” di Roma, Gaetano Caputi, del Ministero delle Infrastrutture, e Carlo Mezzetti, docente presso l’Università “Gabriele D’Annunzio” di Pescara. Come è noto, il concorso ha visto premiato il progetto di Giampaolo Imbrighi, architetto, docente di Tecnologia dell’architettura presso l’Università “La Sapienza” di Roma e autore di diverse opere scientifiche, mentre al secondo posto troviamo il progetto dello Studio Valle di Roma, e al terzo quello di Massimiliano Brugia, del gruppo BiCuadro, composto da giovani architetti provenienti dalla Facoltà di Architettura di Valle Giulia a Roma. Sgomberiamo subito il campo dall’aspetto più fastidioso della questione. In un concorso del genere, chiamato a distillare la quintessenza dei valori espressi dall’architettura italiana, ci si sarebbe aspettato che la Commissione giudicatrice fosse composta da un ventaglio di presenze professionalmente e culturalmente differenziate. L’averne invece sbilanciato la composizione, al di là delle presenze istituzionali, a favore di un’unica area geografica e delle sue strutture universitarie costituisce perciò motivo d’imbarazzo, non solo per gli osservatori, ma anche per gli stessi membri della Giuria, i quali esigono, e con ragione, che il loro giudizio sia posto, come in effetti è posto, al di sopra di ogni sospetto. Che i tre progetti premiati provengano tutti dall’area romana altro non è che una coincidenza, che nessuno mette in dubbio. Le coincidenze, si sa, esistono, checché ne dicano i protagonisti della letteratura poliziesca, da Maigret a Montalbano. Tuttavia, per fugare la pur minima possibilità di equivoco e per mettere i giurati al riparo da ogni
malevola insinuazione, sarebbe bene che nei prossimi, analoghi concorsi la Commissione giudicatrice venisse formata in modo da rispecchiare con chiarezza il variegato mondo della cultura progettuale italiana, che per fortuna offre un vastissimo campo di opzioni possibili e auspicabili. Saremmo così tutti più tranquilli e sereni, a cominciare dai membri delle future giurie e dai progettisti premiati. Ma veniamo ai risultati del concorso. Come si sa, il tema dell’Expo è condensato nel motto “Better city, better life”, e il concorso prevedeva la realizzazione di una struttura in grado di illustrare i valori della contemporaneità italiana, nonché di proporre soluzioni originali sia sul piano tecnologico, per rispettare l’imperativo dell’eco-compatibilità, sia sul piano strutturale, per consentire l’eventuale smontaggio e ricostruzione, in dimensione ridotta, in altro luogo. I progetti classificati ai primi tre posti (usiamo solo per brevità questo linguaggio da graduatoria sportiva, che non rende in genere giustizia al lavoro dei progettisti) hanno puntato molto sull’aspetto simbolico delle architetture (la “concordia nella diversità” e il richiamo all’intricata mappa delle antiche città italiane in quello di Imbrighi; l’“ambiguità pirandelliana” in quello della Studio Valle; la “città storica stratificata” di Massimiliano Brugia), ma sono stati più vaghi sotto il profilo tecnologico (soprattutto per quanto riguarda l’eventuale smontaggio e rimontaggio in scala dell’edificio). In genere è sembrata prevalere una inclinazione scenografica, senza che i progetti potessero dotarsi dei necessari contrappesi strutturali, il che costringe a sospendere il giudizio sulla loro funzionalità. Sospensione doppiamente giustificata, del resto: il bando di concorso chiedeva infatti solo un “concept”, lasciando a una successiva fase progettuale il compito di dar vita a un progetto esecutivo e, più oltre, a quello degli allestimenti interni. In pratica, ciò che si chiedeva era solo il disegno di un involucro dotabile di specifici accorgimenti tecnici e di apparati espositivi, il che conferisce ai risultati del concorso un’aura spettrale, fantasmatica. Così il cemento trasparente proposto da Imbrighi, la standardizzazione delle strutture indicata dallo Studio Valle, le lastre stratigrafiche di Brugia, definiscono un’intenzione progettuale più che un progetto vero e proprio. Probabilmente a livello concorsuale non si poteva fare di più. Ma resta il fatto che solo il progetto vincitore potrà essere saggiato nella sua validità in una realizzazione cui invece gli altri non avranno diritto.
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here are two interesting aspects to a competition to design a national architectural structure to be incorporated in a worldwide event like a World Expo. Firstly, it is likely to bring together all the best cultural qualities of a nation and, consequently, to show the world a work which presents a lively, eloquent and incisive image of that country. So there is more than one reason for paying careful attention to the result of an ideas competition to design the Italian Pavilion for the 2010 World Expo in Shanghai, whose panel of judges was composed of: Government Commissioner Beniamino Quintieri, President, Agostino La Bella, Dean of the Faculty of Engineering at Tor Vergata University in Rome, Franco Purini, lecturer at “La Sapienza” University in Rome, Gaetano Caputi, from the Ministry of Infrastructures, and Carlo Mezzetti, lecturer at “Gabriele D'Annunzio” University in Pescara. As we know, the competition was won by the project design by Giampaolo Imbrighi, an architect and lecturer in technology at “La Sapienza” University in Rome and the author of various scientific works, while second place went to the project design by Studio Valle in Rome and third place to Massimiliano Brugia from the BiCuadro team composed of young architects from the Valle Giulia Faculty of Architecture in Rome. Let’s clear up the most annoying issue straight away. In a competition like this, expected to really distil the very essence of the values expressed by Italian architecture, we might have expected the panel of judges to be composed of about 20 people from very different professional and cultural backgrounds. Leaving aside the various official presences, opting to sway the balance in the choice of judges distinctly towards one single geographical area and its university facilities is embarrassing not just for outsiders but also for the members of the panel of judges themselves, who expect (and quite rightly so) their judgements to be (and they are) above all suspicion. That the three winning projects all came from the Rome area is merely a coincidence. As we all know, coincidences exist, whatever the characters of police novels might claim (from Maigret to Montalbano). Nevertheless, to be absolutely scrupulous, avoid any chance of misunderstandings, and save the judges from any nasty insinuations, it would be advisable if the panel of judges for any similar competitions held in the future to be composed in such a way as to clearly reflect the multifaceted world of Italian design
culture, which, fortunately for us, offers a wide range of possible and desirable options. This would allow everybody to breathe more easily, starting with the members of future panels of judges and the prize-winning architects. But let’s now turn to the competition results. As we know, the Expo’s theme is summed up by the motto “Better city, better life”, and the competition envisaged the construction of something capable of illustrating the values of modern-day Italy and also of presenting original features both on a technological level (to satisfy the imperative of eco-compatibility) and structural level (to allow the construction to be dismantled and then reconstructed on a smaller scale in a different place). The top three projects (we will use this sports jargon for the sake of brevity, which, generally speaking, does not really do justice to the architectural designers’ work) focused heavily on the symbolic side of architecture (“agreement through diversity” and an allusion to the intricate map of ancient Italian cities in Imbrighi’s design; “Pirandellian ambiguity” in the design by Studio Valle; the “stratified historical city” in Massimiliano Brugia’s work), but they were more vague from a technological viewpoint (particularly as regards the possibility of dismantling and then reconstructing the buildings on a different scale). Generally speaking, there was a tendency towards creating something with a striking appearance without the project really having the necessary structural counterbalances, which cast some doubt over the assessment of their functionality. A suspicion justified on a second level, too: the competition tender actually only called for a “concept”, leaving the job of constructing an executive project to a later phase and the installation of the interiors to even after that. Practically speaking, all that was asked was the design of a shell fitted out with technical features and exhibition appliances, which gives the competition results a rather spectral, ghostly aura. The transparent concrete proposed by Imbrighi, the standardised nature of the structures put forward by Studio Valle, and the stratigraphic sheets designed by Brugia, are not so much projects in the proper sense as guidelines for design. On a competition level it was probably impossible to do more. But the fact remains that only the winning project will actually be tested out for its validity as a construction, while the others will not get the chance. 238 l’ARCA 87
1° Classificato/1st Place L’andamento spaziale dell’edificio scaturisce da riferimenti riconducibili e sintetizzabili nei punti seguenti: marcato riferimento al regionalismo quale caratteristica strutturante la poliedricità di usi e costumi delle popolazioni comunque afferenti, in entrambi i contesti italiano e cinese, a una unica realtà nazionale di grande tradizione; elemento acqua quale riferimento alla fonte di sostentamento, vita e sviluppo delle popolazioni e dell’industria; forma urbana consolidata nella tradizione come matrice spaziale e relazionale del progetto: la corte e i vicoli, le tipiche costruzioni di molte città cinesi, per esempio Shangai, (Shikumen) come nella tradizione dei borghi italiani. In tal senso tornano alla memoria temi come: compattezza e taglio/vicolo, la corte, l’acqua, quale memoria dell’avvicendarsi dei contesti diversi, degli spazi stretti e degli spazi dilatati, come si ha modo di trovare nei tessuti storici italiani e nella stessa Cina. Prima della seconda guerra mondiale oltre l’ottanta per cento della popolazione viveva in queste caratteristiche dimore; tale stimolo, unito al concetto del continuo succedersi nei tessuti storici di molte città italiane, sia per la parte storica di grandi metropoli sia per i borghi antichi tuttora incontaminati in Italia, sono stati gli assi portanti della progettazione che ha perseguito l’obiettivo di proporre la memoria storica. Altro aspetto portante è stato di creare un padiglione quale coacervo di parti distinte ma costituenti un unicum geometricamente coeso. Esso prevede la realizzazione sotto il profilo architettonico di un unico edificio diviso in più corpi, articolati come in un ideale gioco dello shanghai e collegati da strutture-ponte, in acciaio, che lascino intravedere i ballatoi di collegamento. Il discostamento dei corpi e il patio centrale evocano la tipica aggregazione morfologica, sia delle cellule abitative sia insediative. I “tagli” indicano con evidenza i varchi che confluiscono alla piazza, che in questo caso è rappresentata dalla corte centrale. Essa costituisce il cuore del padiglione, dove si incentrano vita di relazione e momenti più rappresentativi e dove avviene lo scambio e l’integrazione con la vita della città. The building’s spatial layout is inspired by the following guidelines: clear reference to regionalism as a means of structuring the multifaceted habits and customs of the various populations of two nations, Italy and China, which both have great traditions; water as a reference to the source of people’s and industry’s sustainable life and development; well-established traditional urban form as the project’s spatial and relational matrix: the courtyard and alleys, typical constructions found in lots of Chinese cities, for example Shanghai, (Shikumen) as found in traditional Italian towns and villages. In this respect, the themes which come to mind are: compactness and the cut/alley, the courtyard and water, evoking a succession of different contexts, including narrow and wide spaces, like those found in historical Italian urban fabrics and also in China. Before the 2nd World War, over 80% of the population used to live in places like this; this input, together with the concept of the kind of constant succession found in the historical fabrics of many Italian cities, both in the historical parts of big cities and in those very old villages in Italy which are still uncontaminated, were the bearing axes for a design which set itself the goal of embodying history and the past. Another bearing axis was the idea of creating a pavilion as a pile of separate parts forming one single geometrically extended construction. It involves, architecturally speaking, the construction of one single building divided into several sections, set out like some ideal game of “shanghai” and connected by bridging-structures made of steel, which leave the connecting galleries open to view. The separating of the various sections and central patio evokes the typical morphological aggregation of both housing units and the overall settlement. The “cuts” clearly mark the passageways leading into the square, which, in this case, is represented by the central courtyard. It forms the real heart of the pavilion, where social life and other community events are centred and where it interacts with and integrates city life.
Credits Project: Giampaolo Imbrighi Client: Commissariato Generale del Governo per l’Esposizione Universale di Shanghai 2010
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Uno degli aspetti importanti del progetto è di creare un coacervo di parti distinte ma costituenti un unicum geometricamente coeso. Esso prevede la realizzazione sotto il
profilo architettonico di un unico edificio diviso in più corpi, articolati come in un ideale gioco dello Shanghai. One of the project’s important aspects is the creation of a
combination of separate parts forming one single geometrically extended construction. It involves, architecturally speaking, the construction of one
single building divided into several sections, set out like some ideal game of “shanghai”.
I “tagli” indicano i varchi che confluiscono alla piazza, che in questo caso è rappresentata dalla corte centrale. Essa costituisce il cuore del padiglione, dove si incentrano vita di relazione e
momenti più rappresentativi . The “cuts” clearly mark the passageways leading into the square, which, in this case, is represented by the central courtyard. It forms
the real heart of the pavilion, where social life and other community events are centred on.
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2° Classificato/2 nd Place Il progetto per il Padiglione italiano presso l’Esposizione Universale di Shanghai 2010 è stato elaborato su un’ambiguità spaziale di matrice pirandelliana che determina uno spazio architettonico concepito sul dualismo del rapporto oggettività/relatività. Il complesso espositivo è ubicato in un’area adiacente l’argine del fiume Huangpu, a nord, e confinante, a sud e a est, con i limitrofi spazi destinati all’Expo. L’accessibilità allo spazio interno avviene attraverso il fronte sud, disegnato dalla regolarità del “setto murario” in travertino che, ripiegando a nord, definisce due delle superfici delimitanti l’involucro. La geometria dell’apparato “murario” e della pianta è dedotta da accordi armonici assimilabili a rapporti proporzionali aurei che, congiuntamente alla scelta di adozione del rivestimento “murario”, suggeriscono i caratteri estetico/formali di una “tradizione” architettonica nazionale. Il fronte di accesso è lacerato da un’unica e riconoscibile “smagliatura”, dalla dimensione “monumentale” che, tuttavia, non svela il contenuto dell’involucro ma ne preserva l’aura arcana. L’accesso al Padiglione è ubicato sul fronte sud, direttamente prospiciente uno spazio pubblico confinante con le aree di pertinenza dell’Expo. Varcata la lacerazione “muraria” di ingresso, si manifesta la complessità dello spazio espositivo, organizzato su due livelli La hall è ubicata nella prima “navata” strutturale, dotata di boutique, spazi informativi, spogliatoi e spazi di riposo per le hostess, magazzino e servizi vari, su cui si innesta la rampa, organizzata in un camminamento centrale e caratterizzata dalla potenzialità di accogliere, lateralmente, spazi espositivi di supporto. La visita degli spazi espositivi da parte di non vedenti sarà supportata da mappe-postazioni "tattili" con funzione di far percepire, a seguito di una descrizione in Braille, gli oggetti esposti. Le tipologie degli elementi strutturali sono predisposte per il riutilizzo parziale e/o globale della costruzione in altro luogo, dopo la manifestazione dell’Expo 2010. The project for the Italian Pavilion for the 2010 Shanghai World Expo is designed around spatial ambiguity of a Pirandellian nature, resulting in architectural space devised around dualistic relations between objectivity-relativity. The exhibition facility is located in an area along the banks of River Huangpu to the north and bordering on surrounding lands used for the Expo to the south and east. Access to the interior space is from the south front, which is designed along the regular lines of travertine “walling”, which, as it bends to the north, creates two surfaces around the shell. The geometric design of the walling and building plan derives from harmonic chords similar to relations of golden proportions, which, together with the decision to opt for a masonry coating, evokes the aesthetic-formal features of “traditional” national architecture. The entrance front is lacerated by one single and distinctive “flaw” of monumental proportions, which, nevertheless, does not reveal what is inside the shell but actually conserves its archaic aura. The Pavilion entrance is located over on the south front, directly opposite a public space bordering on the areas belonging to the Expo. Having crossed the lacerated entrance walling, the complexity of the exhibition space, set over two levels, suddenly emerges. The hall is located in the first structural “aisle” and is furbished with shops, information spaces, changing rooms-relaxation areas for the hostesses, storage and various utilities. There is also a ramp set in a central walkway, which can also encompass extra exhibition spaces along its sides. “Tactile” maps-stations will help the blind around the exhibition spaces, allowing them to perceive the objects on display through special descriptions written in Braille. The structural features are designed to allow the partial and/or total reusage of the construction in a different place after Expo 2010 is over.
Credits Studio Valle Progettazioni Project: Tommaso Valle, Cesare Valle, Gianluca Valle, Gianluigi Valle A.M. Architetti s.r.l. AMA Group: Alfonso Mercurio; Amedeo ed Andrea Schiattarella
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Scomposizione degli schemi strutturali. Le tipologie degli elementi strutturali sono predisposte per il riutilizzo parziale e/o globale della costruzione in altro luogo, dopo la manifestazione dell’Expo 2010.
Breakdown of the structural diagrams. The structural elements are designed to allow the partial and/or total re-usage of the construction in a different place after Expo 2010 is over.
Architetti Associati; Workshop7 Architettura: Marco Garofalo, Marta Scuncio, Massimiliano Celani; Studio tecnico Majowiecki (structures); Energia e Ambiente (sustainability);
Studio Di Bartolomeo (geotechnic) Client: Commissariato Generale del Governo per l’Esposizione Universale di Shanghai 2010
Sopra, prospetti e sezioni. La geometria dell’apparato “murario” e della pianta è dedotta da
accordi armonici assimilabili a rapporti proporzionali aurei che, congiuntamente alla
scelta di adozione del rivestimento “murario”, suggeriscono i caratteri
estetico-formali di una “tradizione” architettonica nazionale.
Above, elevations and sections. The geometric design of the “walling” and building plan derives
from harmonic chords similar to relations of golden proportions, which, together with the decision to opt for
a “masonry” coating, evokes the aestheticformal features of “traditional” national architecture.
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3° Classificato/3 rd Place L’idea guida del progetto è di un involucro scomposto in una serie di lastre “stratigrafiche” che riconducono a una successione temporale, metafora della formazione del tessuto urbano italiano. Il padiglione italiano è la rappresentazione di una “circostanza storico-spaziale” consolidata controcorrente, che nonostante tutto ancora produce e raffina eccellenze; è un prototipo che esprime la “stratificazione” dello spirito sociale e urbano italiano e riconduce all’idea di continuità storica ed economica.Venti lastre, come le regioni italiane, intervallate da tre setti “vetrina”, al cui interno trova posto il Made in Italy, strutturano il padiglione nel suo sviluppo planimetrico. Gli spazi di esposizione risentono di questa scansione e si organizzano tra le lastre come percorsi tematici su più livelli in cui si percepisce il fruire della storia. L’edificio si sviluppa attorno a uno spazio-piazza che si disvela al visitatore man mano che si addentra per passaggi ricavati dallo spazio distorto tra i setti, come le vie di un centro storico in una città italiana che portano al cuore protetto della piazza municipale. Da qui tutto è materialità percepita. Materia che protegge, che si espone, che filtra, che crea un paesaggio psicologico “locale” grazie a effetti di luce e ombra. Tutti i lati sono semi-aperti o semi-chiusi e in copertura le lastre continuano la loro successione assumendo la funzione protettiva dalla eccessiva radiazione solare estiva. Da questo luogo “intimo” si ha accesso ai diversi corpi; tutti gli ambienti “circolano” e si affacciano su questo spazio che nella sua conformazione si presta per l’incontro e socialità tra visitatori di diverse nazionalità. La volontà di rispettare, di riflesso, la natura del contesto cinese fa sì che il padiglione italiano si presenti come un volume filtrante aperto sui lati permettendo la vista del fiume con l’altra riva, dove ancora sussiste parte di un vecchio quartiere di Shanghai. The project is constructed around a shell, which is composed of a set of stratigraphic sheets evoking temporal succession, a metaphor for how Italian urban fabric was formed. The Italian pavilion represents a well-established and unorthodox “historical-spatial” circumstance, which, despite everything, still produces results of the highest standard; it is a prototype which embodies the stratification of Italian urban and social spirit and leads back to an idea of historical and economic continuity. Twenty sheets, the same number as there are Italian regions, with three “glass” stanchions placed between them and room to display Italian design on the inside, structure the pavilion’s basic layout. The exhibition spaces are affected by this pattern and are actually set out between the aforementioned sheets like thematic pathways set over various levels where you can observe the flow of history. The building is developed around a plaza-space, which is slowly revealed to visitors as they walk along the corridors constructed in the distorted space between the stanchions, like the streets of an old town centre in some Italian city leading to the carefully guarded hub or municipal square. The rest is just perceived material. Material which protects, displays, filters and creates a “local” psychological landscape, thanks to light and shadow effects. All the sides are either semi-open or semi-closed and the sheets on the roof continue in their succession, also providing shelter against excessive summer sunlight. This “intimate” place leads through to the various sections; all the premises “circulate” and face onto this space, whose specific conformation lends itself nicely to socialising and interaction between visitors from different countries. The aim to respect and reflect the nature of its Chinese context means the Italian pavilion actually looks like a filtering structure open along the sides to allow people to see across to the other side of the river, where part of an old Shanghai neighbourhood is still very much alive.
Nella pagina a fianco, L’edificio si sviluppa attorno a uno spaziopiazza che si disvela al visitatore man mano che si addentra per passaggi ricavati dallo spazio distorto tra i setti, come le vie di un centro storico in una
città ’italiana che portano al cuore protetto della piazza municipale.
Credits Project: BiCuadro Architects + Stefano Farcomeni architetto Project Manager: Massimilano Brugia (BiCuadro Architects)
Project Team: Valerio Campi (Bicuadro Architects), Francesco Bezzi (Bicuadro Architects ) Stefano Farcomeni Structures and Installations: Hydroingea
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Oppoiste page, the building is developed around a plaza-space, which is slowly revealed to visitors as
they walk along the corridors constructed in the distorted space between the stanchions, like the streets of an old town centre in some Italian city leading to the carefully guarded municipal square.
Client: Commissariato Generale del Governo per l’Esposizione Universale di Shanghai 2010
Piante e plastico del padiglione, interpretato come un involucro scomposto in una serie di lastre “stratigrafiche” che riconducono a una successione temporale, metafora della formazione del tessuto urbano italiano.
Plans and model of the pavilion, which is designed like a shell broken down into a set of “stratigraphic” sheets evoking temporal succession, a metaphor for how Italian urban fabric was formed.
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Progetto presentato/Entry L’incremento della popolazione cinese è di circa 14 milioni l’anno e anche la migrazione dalle campagne nelle città ha un aumento vertiginoso. Ogni due anni, la Cina dovrebbe costruire una nuova città grande come New York. Il risultato: inquinamento, affollamento, straniamento sociale e dalla natura. Ora la Cina guarda all’assetto urbanistico dell’Europa e in particolare dell’Italia. Il contributo italiano può consistere nel ricreare le condizioni che concorrono alla qualità della nostra vita urbana. L’assetto territoriale, per noi tradizionale, ha in sé consistenti valori di umanità e modernità. I Comuni italiani sono habitat piacevoli che traducono in realtà l’interfaccia del “villaggio globale” integrato alla natura. Anche le nostre grandi città vogliono ripristinare questo rapporto nelle configurazioni “ad arcipelago” di Roma e Milano. Sono due i messaggi trasmessi dal Padiglione Italiano. La sua forma dinamica ne rappresenta lo slancio inventivo e innovativo. Il tema “Better City - Better Life” è sviluppato, nei suoi spazi esterni e interni, esemplificando le qualità della vita urbana italiana. La struttura del Padiglione, sollevata da terra, è metafora di un essere alato: le sue sinuosità esterne, morbide, hanno la geometria “irregolare” tipica di molte creature viventi. Il Padiglione si libra sopra una piattaforma bianca punteggiata da triangoli rossi e verdi e circondata da specchi d’acqua, esprimendo una qualità che Italo Calvino attribuiva all’Italia: la “leggerezza”, intesa come “agilità, slancio, eleganza”. La struttura è costruita in acciaio, per consentire la precisione necessaria a un processo di prefabbricazione integrale e a un rapido montaggio e smontaggio delle parti pre-assemblate, rendendo la realizzazione e lo smantellamento estremamente semplici ed economici. Ciò consente la creazione di una forma iconica, inconfondibile, con una costruzione totalmente “a secco”, fattore primario di ecocompatibilita’. Tre colonne (con scale e servizi) sostengono una struttura di copertura orizzontale alla quale sono appesi i solai intermedi. Si elimina così ogni altro ingombro strutturale, dando una reale consistenza visiva all’idea di leggerezza. The population of China is rising by approximately 14 million a year, and there is also a head-spinning increase in migration from the countryside ito the city. Every two years China could build a new city as big as New York. All this results in pollution, overcrowding, social estrangement and disruption to nature. China is now looking to how Europe, and Italy in particular, organises its cities. Italy’s contribution may lie in recreating the conditions which combine to enhance the quality of our urban life. The layout of the land, traditional for us, actually encompasses values of humanity and modernity. Italian cities are pleasant places in which to live, an actual embodiment of the interface between "the global village" and nature. Even our major cities are attempting to restore relations like this in the new "archipelago” configurations of Rome and Milan. The Italian Pavilion is sending out two messages. It’s dynamic form represents its inventive and innovative thrust. The “Better City - Better Life” theme is developed in both its inside and outside spaces, exemplifying the distinctive qualities of Italian urban life. The Pavilion’s structure, raised above the ground, is a metaphor for taking off: its soft and winding external forms have the characteristic "irregular" geometric layout typical of many living creatures. The Pavilion opens up above a white platform speckled with red and green triangles and surrounded by pools of water, expressing a quality which Italo Calvino attributed to Italy: "lightness", taken as "agility, thrust, elegance". The structure is made of steel to allow the necessary precision for a full-scale fabrication process and rapid assembly and dismantling of the preassembled parts, making construction and dismantling extremely simple and economic. This allows the creation of an unmistakable iconic form involving totally “dry” construction, a key factor in eco-compatibility. Three columns (holding staircases and utilities) support a horizontal restructure supporting the intermediate floor slabs. This gets rid of any kind of structural cumbersomeness, giving real visual substance to the idea of lightness. Credits Project: Manfredi Nicoletti Team Project: Manfredi Nicoletti, Luca Nicoletti, Luca Maugeri, Nicoletti Associati: (Chiara Angioli, Giuseppe Colucci, Alessandra Rapaccini, Matteo Santini) Planning Advice: Studio Marcelloni, Maurizio Marcelloni, Laura Ferretti, Carmen Mariano Consultant General: Elena Giussani
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Structures: Ingegneri Associati (Adelio Rossi, Mario Salabè) Plants: Ingegneri Associati (Roberto Rinforzi) Acoustics: Xu Acoustique (Albert Y. Xu) Landscape: Giuseppe Zammataro Computi: Luigi Serino, Roma Frames Works and Coatings: Permasteelisa (Ing. Riccardo Casini)
Furniture fixed conference room and Boiserie: Poltrona Frau Cassina: arch. Alberto Gullini Video: Res Fictae (Gianluca Botti) Client: CommiSsariato Generale del Governo per l’Esposizione Universale di Shanghai 2010
Planimetria generale e piante. La struttura del Padiglione, sollevata da terra, è metafora di un essere alato: le sue sinuosità esterne, morbide, hanno la geometria “irregolare” tipica di molte creature viventi.
Site plan and plans. The Pavilion’s structure, raised above the ground, is a metaphor for taking off: its soft and winding external forms have the characteristic "irregular" geometric layout typical of many living creatures.
Nella pagina a fianco, dettagli e sezioni. La struttura è costruita in acciaio, per consentire la precisione necessaria a un processo di prefabbricazione integrale e a un rapido montaggio e smontaggio delle parti pre-assemblate.
Opposite page, details and sections. The structure is made of steel to allow the necessary precision for a full-scale fabrication process and rapid assembly and dismantling of the preassembled parts.
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Progetto presentato/Entry I contenuti simbolici e rappresentativi che il padiglione italiano è chiamato a comunicare sono: immediata espressione della storia e della cultura italiana rappresentate da criteri di armonia, levità, grazia, equilibrio di materia e di colori; capacità di tradurre nel linguaggio formale contemporaneo una tradizione culturale collaudata nei secoli, ma tuttora vitale; realizzazione di quei principi di ospitalità, funzionalità, comodità e impeccabilità del dettaglio che fanno parte del modello di vita e di accoglienza italiano; perfetta padronanza di una tecnologia avanzatissima per la produzione di energia pulita indipendente dalle risorse fossili, utilizzata ai fini del rispetto dell’ambiente, del risparmio energetico, dello sviluppo sostenibile e della qualità della vita; manifestazione di una civiltà in grado di portare in tutti i campi – dalla moda all’arte, dal design all’artigianato, dalla musica allo spettacolo, dalla tecnica alla scienza, dalla cucina all’agricoltura – una visione del mondo imperniata sui concetti di bellezza, umanesimo, civiltà. La forma architettonica: una macchina energetica. Il padiglione si presenta come un parallelepipedo rettangolare leggermente posato su un bacino di acqua “nera”, che richiama la grande stagione moderna dell’architettura italiana, e insiste sulla semplicità dei contorni, delle superfici, dei volumi, esaltata dall’uso incontrastato del bianco come segnale d’identificazione, riferimento diretto a una tradizione che ha i suoi punti di forza nelle teorie dell’Alberti e nelle realizzazioni di Andrea Palladio, e arriva fino alle intense ricerche dei Sant’Elia e del Terragni. Poiché un’architettura da esposizione deve porsi come obiettivo primario il massimo livello di distinzione, ovvero spiccare in un panorama fitto di episodi visivi, di immagini, tale semplicità formale è arricchita da una “pelle” esterna costituita, sui quattro lati, da centinaia di microgeneratori eolici, che, come un grande “merletto” anch’esso assolutamente bianco, è destinato a imporsi e, per contrasto di forme e funzioni, a risaltare, stagliandosi sul volume strutturale della costruzione imponendosi come segnale di una superiorità di chiara matrice storica. The Italian pavilion is designed to symbolise and represent the following: an immediate embodiment of Italian culture and history through harmony, lightness, grace and a carefully balanced combination of material and colours; a modern-day stylistic translation of an age-old cultural tradition, which is still very much alive; a rendering of those principles of hospitality, functionality, comfort and impeccable detailing which are part of modern-day Italian life and hospitality; a perfect mastery of cutting-edge technology for generating clean energy without drawing on fossil resources, designed to safeguard the environment, allow energy savings, and foster sustainable development and quality of life; an embodiment of a civilisation capable of bringing a vision of the world geared to the concepts of beauty, humanism and civilisation to every field of culture – from fashion, art, design and craft to music, entertainment, technology, science, cuisine and farming. Architectural form: an energy machine. The pavilion looks like a rectangular parallelepiped gently resting on a pool of “black” water, which evokes the great modern period of Italian architecture and focuses on the simplicity of its contours, services and structures, exalted by the unchallenged use of white as a means of identification, direct reference to a tradition whose strengths lie in the theories of Alberti and constructions of Andrei Palladio, and which even touches on the intense experimentation carried out by Sant’Elia and Terragni. Since a work of exhibition architecture must principally aim to stand out or, in other words, be a landmark on an area full of visual episodes and images, this stylistic simplicity is enhanced by an outside “skin” composed, on all four sides, by hundreds of wind-powered microgenerators, which, like a giant piece of “lace”, is also absolutely white. It is designed to catch the eye and, through its contrasting forms of functions, to stand out from the rest of the construction’s structural design, as a sign of superiority of a distinctly historical nature.
Credits Project: MDN Marco Visconti & Partners, Marco Visconti, Donatella Chiaruttini, Giuliano Pairone; J.M. Schivo & Associati, Lucilla Revelli, Giovanni Marco Schivo;
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Studio D.A. designers associati, Cesare Maria Casati, Matteo Pietro Casati Consultants: Walter Caresio - Bell Comunication; Teresio Asola - Pianeta; Roberto Maggio; Pierpaolo Saporito; Maurizio Vitta;
Anna Covone; Antonio D’Arco; Manolo Gallo; Sergio Mazzolini; Gabriele Sacchi Client: Commissariato Generale del Governo per l’Esposizione Universale di Shanghai 2010
La forma architettonica: una macchina energetica. Il padiglione si presenta come un parallelepipedo rettangolare leggermente posato su un bacino di acqua “nera”, che richiama la grande stagione moderna dell’architettura italiana.
The architectural form is like an energy machine. The pavilion is a rectangular parallelepiped gently resting on a pool of “black” water, which evokes the great modern period in Italian architecture.
Il rigore formale del padiglione è arricchito da una “pelle” esterna costituita, sui quattro lati, da centinaia di microgeneratori eolici, che, come un grande “merletto” anch’esso assolutamente bianco, è destinato a imporsi e, per contrasto di forme e
funzioni, a risaltare, stagliandosi sul volume strutturale della costruzione imponendosi come segnale di forte presenza iconica. The pavilion’s formal position is enhanced by an external “skin” formed, along four sides, by hundreds of micro-wind
generators, which, like a large “piece of lace” also absolutely white, is designed to make an impact and stand out from the main building structure due to the contrast of forms and functions, forming a powerful iconic landmark .
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Rubriche e articoli sul mondo della progettazione, della produzione e della ricerca. Design, production and research.
Recupero e rispetto In Shanghai Progetto: Mario Occhiuto Architecture Il progetto di Mario Occhiuto ha vinto il concorso per la progettazione e il recupero ambientale di ex padiglioni industriali all’interno della Best Urban Practices Area (UBPA) dell’Esposizione Universale Shanghai 2010. Il concorso internazionale indetto dalla Shanghai World Expo Land Holding ha premiato il lavoro di Occhiuto, che si è concentrato sul tema del recupero degli ex fabbricati industriali in chiave tecnologica ed eco-compatibile, nel rispetto dell’identità locale, per trasformarli in nuovi padiglioni espositivi. I fabbricati esistenti, conservati nella loro struttura e forma, saranno trattati con una copertura di grandi lastre di cotto, di 120x120 cm, che li ricoprirà e che si trasformerà, secondo le esigenze, in corpo illuminante o schermante; questa seconda pelle in cotto, in parte traforato, servirà inoltre per migliorare le prestazioni termiche dell’involucro. L’edificio annesso, invece, è progettato ex-novo e fornirà i servizi di accoglienza per tutta l’aerea della UBPA, estesa su 15,12 ettari. Proponendosi come una prosecuzione della piazza antistante, permetterà, attraverso vari percorsi interni e con grandi scalinate che salgono in copertura, di accedere ai padiglioni tramite una passerella sospesa. Quest’ultima, infilandosi tra la rete e le pareti originali, crea un percorso a clima mitigato fruibile in ogni stagione. La sostenibilità è garantita da una serie di principi progettuali quali il rispetto dell’identità architettonica, l’integrazione con il contesto, la flessibilità funzionale e l’accessibilità. Non meno importanti le soluzioni di risparmio energetico, come la predisposizione di pannelli fotovoltaici sulle falde del tetto esposte a sud e tagli vetrati su quelle a nord, per migliorare la diffusione della luce all’interno, le tende coprenti tirate dal carroponte e lo stesso percorso a clima mitigato. Mario Occhiuto’s project has won a competition for the planning and environmental recovery of former industrial complexes within the Best Urban Practices Area (UBPA) at the 2010 Universal EXPO in Shanghai. The international competition, announced by the Shanghai World Expo Land Holding, rewarded Occhiuto’s work, which focuses on the recovery of former industrial buildings with a technological and eco-compatible approach, respecting the local identity and converting them into new exhibition pavilions. The existing buildings, which were preserved in terms of structure and shape, will be covered with great 120x120-cm terracotta slabs. This covering will not only serve as such, but, according to requirements, will turn into a lighting or screening element; this second skin in terracotta, which is partially pierced, will also serve to enhance the covering’s thermal performance. On the other hand, the annexed building is newly designed, and will contain the reception and service area for the entire UBPA complex, extending over 15,12 hectares. Appearing as a sort of continuation of the opposite square, through internal pathways and great stairways leading to the roof, it will afford access to the pavilions thanks to a suspended walkway. The latter, which runs between the net and the original walls, features a controlled climate and can be used in any season. Sustainability is ensured thanks to a series of planning principles entailing respect for architectural identity, integration with the surroundings, functional flexibility and accessibility. Just as important are the planner’s solutions in terms of energy saving, such as the photovoltaic panels installed in the roof pitches facing south and glass panels in those facing north so as to enhance light diffusion in the interior , curtain screens tracked by a gantry crane and the controlled climate system itself.
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Agro-Housing Project Progetto: Knafo Klimor Architects Secondo un rapporto ONU, nel 2010 circa il 50% della popolazione cinese vivrà nelle città. Questa enorme migrazione dalle regioni rurali alle nuove megalopoli produrrà una crisi culturale e sociale, la perdita delle tradizioni e una grande disoccupazione. Il concetto di Agro-Housing* è una nuova visione urbana e sociale che si confronta con i problemi dell’urbanizzazione caotica, creando un nuovo ordine nella città. Il suo programma combina un complesso di grattacieli per appartamenti con una serra verticale. La serra è una struttura su più livelli per la coltivazione di verdura, frutta, fiori e spezie, dotata di un sistema di irrigazione a goccia, riscaldamento e ventilazione naturale. Il progetto prevede spazi per attività comunitarie. La serra può servire da luogo per incontri, il giardino in copertura offre uno spazio aperto per momenti ricreativi, lo sky club è progettato per accogliere feste e raduni e il piano terra contiene un asilo. Il progetto ha una impronta al suolo minima così da mantenere il massimo della superficie per la coltivazione e la raccolta delle acque piovane. I materiali usati per la pavimentazione sono riciclati e coprono una superficie minima. I giardini utilizzano i cicli dell’ambiente naturale per armonizzarsi col paesaggio. La struttura dell’edificio è costituita da una griglia di colonne e travi di metallo di 10x9 m. Questa struttura leggera di acciaio sarà prefabbricata e installata in situ. La struttura dell’edificio sarà consolidata dalla scala interna di cemento. Il sistema strutturale di acciaio prefabbricato consente di creare spazi flessibili e contribuisce alla sostenibilità del progetto che, alla fine del suo ciclo vitale, sarà facilmente riciclabile. I pannelli esterni della facciata a griglia modulare saranno anch’essi prefabbricati. I pannelli vetrati saranno dotati di tende parasole scorrevoli, mentre il resto del rivestimento sarà di piastrelle di terracotta. La scelta dei materiali prende in considerazione le loro qualità termiche e la loro capacità di essere riciclati a fine uso. La partizione interna di ciascun appartamento sarà soggetta alla scelta degli abitanti. Il progetto consente loro di decidere la distribuzione degli ambienti interni così da realizzare abitazioni personalizzate. Tutte le pareti divisorie sono previste in pannelli leggeri di cartongesso che possono essere spostati e riciclati con facilità.
According to a UN report, in 2010 about 50% of the Chinese population will reside in cities. This huge migration from rural regions to new urban megalopolises will create a dramatic cultural and social crisis, a loss of existing traditions and considerable unemployment. The concept of Agro-Housing* is a new urban and social vision that will address problems of chaotic urbanization by creating a new order in the city. Its program combines a high-rise apartment complex with a vertical greenhouse within the same building. The greenhouse is a multi-level structure for cultivating crops such as vegetables, fruits, flowers, and spices. It is equipped with a drip-irrigation system, a heating system, and natural ventilation. The Agro-Housing project suggests spaces for community activities. The greenhouse may serve as a place of casual or professional meetings. The roof garden offers an open air green space for recreation and informal gathering. The sky club on the roof is designed to host social gatherings and celebrations, and the ground floor features a kindergarten. The project has a minimal footprint in order to free maximum ground surface for gardening and rainwater harvesting. The materials used for paving are recycled and cover limited surfaces. The garden vegetation uses the natural cycles of the local environment to harmonize the landscape. The proposed structure of the building will be composed of metal columns and beams on a grid of 10x9 m. This light steel structure will be prefabricated and installed on site. The concrete staircase will consolidate the building structure. This prefab steel system will create flexible spaces in the building and will contribute to the sustainability of the project. In the end of life of the building it will be easy to recycle. The exterior panels will be prefabricated under a modular facade grid. The glazed panels will have sliding shading in the same dimension. The other panels on the façade will be covered with terracotta tiles. The choice of materials in the building will take under consideration their thermal qualities and abilities to be recycled at the end of life of the building. The partition of the interior space of the apartments will be subject to the individual choice. The design will allow the tenants to decide about the preferred distribution of spaces in their own place to create their personal home. All the partitions will be made of light plaster panels that can be moved and recycled very easily.
Credits Design Architects: Tagit Klimor, David Knafo Project Architect: Oded Kidron Project Team: Uri Halel, Efrat Tennebaum, Arie Hayun, Yossi Shitrit, Omer Goldstien, Matan Poran Green house & irrigation technology consultants: Chief agronomist Asia & Pacific: Dubi Raz China branch: Sagi Shlomi, director Tian Dunhua, Brain Li, China agronomist Netafim
Structural Engineers: Itzhak Rokach/ Rokach-Ashkenazi Engineer, Consultant Energy, ventilation & air conditioning: Shafi Aharoni-Assa Aharoni Consulting Engineering *Vincitore del/Winner of the 2nd Living Steel International Architecture Competition for Sustainable Housing
238 l’ARCA 99
I quattro volti della Grande Halle In Arles Progetto: Moatti & Rivière, Philippe Donjerkovic Progetto affascinate e scenografico, la Grande Halle di Arles declina i temi delle più avanzate tecnologie proiettandoli in una raffinata dimensione artistica, di forte impatto urbano. Bravi Moatti&Rivière, associati a Philippe Donjerkovic, che hanno sostenuto la loro idea progettuale circondandosi di autorevoli contributi quali RFR (responsabili degli aspetti strutturali e dei sistemi di facciata), Veritas (controllo tecnico), Ayda (acustica), Alma Provence (strutture e ingegneria idraulica) nonché di due artisti come Ange Leccia e il collettivo EXYZT che si muovono nella ricerca e sperimentazione della video-arte. Inserita in un ex-area industriale fino agli anni Ottanta occupata dagli antichi laboratori ferroviari della SNCF, la Grande Halle, struttura monumentale del XIX secolo ha ritrovato con questo intervento, vincitore di un concorso del 2005, una nuova vitalità e un nuovo impulso divenendo l’emblema del rinnovamento e del riscatto del passato industriale di questa zona. Un investimento di 7 milioni di euro, finanziati dalla regione Paca (Provence-Alpes-Côte d’Azur) ha permesso di creare un nuovo polo di attrazione artistico-culturale votato alle nuove tecnologie nei campi della creazione multimediale, immagine digitale e virtuale. La forza dell’insieme è giocata su un’idea di architettura come “creazione di luoghi immaginari ai quali noi diamo un volto nella realtà”. E infatti sono quattro i volti, le facciate, che individuano la volumetria d’insieme. Uno spettacolare merletto in acciaio individua la facciate ovest, dove si apre l’ingresso principale. Tra mistero e alta ingegneria, questa complessa struttura filtra la luce, controlla il calore e protegge dall’irraggiamento solare. Un’illuminazione assicurata da un gioco di proiettori a ioduri metallici inseriti nella struttura al di sopra delle porte d’ingresso esalta gli effetti della maglia metallica limitando l’impatto visivo della struttura portante. Uno schermo visivo di 3.000 metri quadrati, dotato di oltre 130.000 diodi elettroluminescenti sviluppato con il contributo di Ange Leccia e il collettivo EZYTZ, e che oggi trasmette le immagini di due opere visive degli artisti, potrà essere utilizzato per proiettare immagini virtuali, opere di video artisti, filmati ecc. Il lato sud è intelligentemente sfruttato a fini energetici: dotato di 3.000 metri quadrati di cellule fotovoltaiche che potranno fornire energia all’intero circondario. La copertura offre inoltre alte prestazioni di fonoassorbenza e permetterà di ridurre l’impatto dell’inquinamento acustico sugli edifici limitrofi durante gli spettacoli musicali. Pannelli di vetro opaco e due portali acustici, garantiscono l’isolamento della facciata est, dove si aprono gli ingressi degli artisti e dei fornitori, rispetto al traffico della linea ferroviaria. Elena Cardani An intriguing, spectacular project, the Grande Halle of Arles embodies the most advanced technologies, projecting them into a refined artistic dimension with a strong urban impact. The duo Moatti & Rivière, in association with Philippe Donjerkovic were successful in implementing their plan: they received important contributions from RFR (which was in charge of the structural elements and the façade systems), Veritas (technical control), Ayda (acoustics) Alma Province (hydraulic engineering and systems), as well as from two artists such as Ange Leccia and the EXYZT ensemble, which work in the field of video-art research and experimentation. Through this work, the Grande Halle – a monumental nineteenthcentury structure rising on a former industrial area belonging to the old SNCF railway company – has found new vitality and fresh impetus, becoming the symbol of renewal and redemption from this area’s industrial past. Financed by the PACA (Provence-Alpes-Côte d’Azur) region, a 7-million euro investment has allowed to create a new center of attraction for art and culture, devoted to new technologies in the spheres of multimedia creation, digital and virtual images. The strength of the ensemble lies in the idea of architecture as the “creation of imaginary places to which we give a face in reality”. Indeed, four different faces distinguish the overall volumetric layout . The west face is characterized by a spectacular steel lace featuring the main entrance. This complex, mysterious structure – an example of advanced engineering – filters light, controls heat and protects the interior from direct sunlight. Lighting is provided by a play of metal iodide lamps inserted in the structure above the entrance doorway, enhancing the effect of the metal mesh and limiting the visual impact of the bearing structure. A 3,000-square-meter visual screen equipped with more than 130,000 electroluminescent diodes was developed thanks to contributions from Ange Leccia and EZYTZ: today, images of two of the artists’ visual works are being shown. The screen can be used to show virtual images, works by video artists, films, etc. Intelligent use was made of the southern front, which was exploited for energy production: 3,000 square meters of photovoltaic cells will supply enough energy for the entire surroundings. The roofing is phonoabsorbent, reducing the impact of sound pollution on the adjoining buildings during music shows. Opaque glass panels and two acoustic portals provide insulation for the east face, where – with respect to railroad traffic – the entrances for artists and suppliers open up.
100 l’ARCA 238
Super nodo urbano IAT Office in Milan
Italia a Londra Festival of Architecture
Il progettuale e costruttivo nuovo intervento dedicato al punto Informazioni e Accoglienza Turistica (IAT) della Provincia di Milano, ha consentito la riqualificazione di un centralissimo spazio milanese (tra piazza Duomo e la Galleria Vittorio Emanuele), noto in passato come Albergo Diurno Cobianchi. Si tratta di un’area sotterranea di 1.500 metri quadrati, già ristrutturata nel 2003, alla quale è stato dedicato particolare riguardo alla conservazione di una parte originale in Stile Liberty e Decó dell’epoca, dove tuttora risiedono gli sportelli dello IAT gestiti dalla Provincia di Milano. L’attuale ristrutturazione, a cura di Simone Micheli, ha sviluppato l’aspetto moderno del complesso, preposto a migliorare l’accoglienza e la promozione turistica mediante spazi dedicati a vernissage e conferenze, nonché prevedendo molteplici canali informativi, dal tradizionale cartaceo agli audiovisivi distribuiti su 12 monitor, dalle audio guide scaricabili direttamente sul cellulare tramite Blue Tooth all’assistenza turistica virtuale. Il progetto, nella sua complessa articolazione, è stato sostenuto da importanti aziende italiane, ed è stato presentato al pubblico, a completamento avvenuto, nel corso degli eventi Fuori Salone concomitanti con il grande Salone del Mobile 2008.
Il London Festival of Architecture 2008 è alla sua terza edizione. Il tema del Festival è “FRESH! – fresh thinking, fresh talent, fresh approach, fresh air and fresh food”. Fino al 20 luglio Londra ospita centinaia di eventi articolati intorno a cinque punti nevralgici della città collegati tra loro da un battello sul Tamigi e da percorsi ciclabili. L’Italia è presente con la mostra “Sustainab.Italy - Energies for Italian Architecture”. Dopo il call for paper dello scorso febbraio, sono arrivati alla PARC (Direzione generale per la qualità e la tutela del paesaggio, l’architettura e l’arte contemporanee, direttore Carla Di Francesco; www.darc.beniculturali.it), 174 progetti sul tema della sostenibilità. I curatori ne hanno selezionati 41, la maggior parte presentati da giovani architetti provenienti da tutta Italia (18 dal Nord, 15 dal Centro, 7 dal Sud). Ben 25 dei lavori selezionati sono già stati realizzati, 7 sono in corso di realizzazione e gli altri sono in avanzato stato di progettazione o recenti vincitori di concorsi. Le opere sono localizzate lungo tutto il Paese (17 progetti riguardano il Nord, 9 il Centro, 10 il Sud), e alcune anche all’estero (in Portogallo, in Burkina Faso, a San Paolo del Brasile, a Shanghai, New York, Beijing). La selezione è suddivisa in tre grandi aree tematiche: A misura d’uomo, Frammenti attivi di paesaggio, Energie per l’ambiente. A misura d’uomo: opere e progetti in cui l’ecologia sociale, legata al benessere di una comunità e del cittadino, diventa un tema di produzione spaziale avanzato. Ci sono asili (come quello realizzato dallo studio C+S in provincia di Treviso); centri polivalenti o il piccolo impianto di co-generazione di Bressanone, progettato dai MODUS. Frammenti attivi di paesaggio: connubio di storia, natura e contemporaneità. Per esempio il recupero del patrimonio storico in contesti urbani o paesaggistici (come l’intervento di Elastico sulla casa del fiorista vicino Torino o il nuovo stadio del Siena nell’area adiacente la città dello studio Marazzi con Iotti e Pavarani, dove il recupero di una vecchia cava diventa l’occasione per risarcire il paesaggio, o il centro di canottaggio sul lago di Como dello studio MARC). Energie per l’ambiente: comprende varie tipologie costruttive e funzioni capaci di essere rappresentative di una nuova generazione di edifici eco-compatibili. Alcuni esempi: la Torre verde progettata da Boeri Studio a Milano, il recupero attento e discreto di un grande insediamento industriale a nuove residenze e uffici a Milano dello studio de Amicis.
The well-planned, constructive work devoted to the IAT (ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica), the central tourist information office in Milan, has allowed for the upgrading of one of the city’s most central areas (between Piazza Duomo and Galleria Vittorio Emanuele), once known as the Albergo Diurno Cobianchi. This is a 1,500-square-meter underground area that had already been renovated in 2003. Special attention had already been devoted to the site – where, still now, the IAT offices managed by the Milan Province are based – for the preservation of original Art Nouveau and Art Deco elements. The current renovation of the site, led by Simone Micheli, has developed the modern aspect of the complex, so as to improve tourist reception and promotion thanks to the addition of areas devoted to previews and conferences, as well as a number of information channels ranging from traditional paper material to audiovisuals distributed over 12 monitors, and from audio guides that can be downloaded directly to your cell phone through Bluetooth to virtual tourist assistance. In its complexity, the project has been backed by important Italian companies, and, after completion, was presented to the public parallel to (but not as a part of) the course of events at the Salone del Mobile 2008 (2008 Furniture Fair).
The London Festival of Architecture 2008 is at its third edition. The theme of this year’s Festival is “FRESH! – fresh thinking, fresh talent, fresh approach, fresh air and fresh food”. Throughout July 20th, London will host hundreds of events revolving around five of the city’s key areas, connected to one another by a ferry on the Thames and by bicycle lanes. Italy is taking part with the show “Sustainab.Italy – Energies for Italian Architecture”. After last February’s call for paper, 174 projects on the theme of sustainability arrived at the PARC (the General Directorate for landscape quality and protection, contemporary architecture and art, Director: Carla Di Francesco; www.darc.beniculturali.it). The curators selected 41 of these, most of which were presented by young architects coming from all over Italy (18 from the North, 15 from the Center, 7 from the South). Twenty-five of the works have actually been built already, 7 of them are under way, and the others are in an advanced planning stage or have recently won competitions. The works are located throughout Italy (17 projects are for the North, 9 for the Center, 10 for the South), and some were planned for other countries (Burkina Faso, Portugal, São Paulo in Brazil, Shanghai, New York, Beijing). The selection is divided into three main themes: On a human scale, Active landscape fragments, Energies for the environment. On a human scale: works and projects in which social ecology linked to the wellbeing of the community and individuals becomes a theme for advanced spatial production. These involve kindergartens (such as the one realized by the C+S studio in the province of Treviso); multifunction centers or the small cogenerative facility of Bressanone, designed by MODUS. Active landscape fragments: a combination of history, nature, and contemporaneity. For instance, the recovery of a historical heritage in urban or landscape contexts (such as Elastico’s work on the florist’s house near Turin; or the new stadium for the Siena soccer team in an area near the city, by the Marazzi studio jointly with Iotti and Pavarani, where an old pit has served as the means to renovate the landscape; or the canoeing center on Lake Como by the MARC studio). Energies for the environment: this includes new ways of building and new functions that can represent a new generation of eco-compatible buildings. A few examples are the Green Tower designed by Boeri Studio in Milan, and the de Amicis studio’s careful and discreet recovery of a great industrial area, again in Milan, which is to be converted into new residential blocks and offices.
Studio Lacasasullalbero, Casa Joras, residenza temporanea sostenibile/temporary sustainable residence, Parco del Pollino, Calabria.
238 l’ARCA 101
Arte italiana alle Olimpiadi In Beijing
Design e ricerca scientifica
Alfio Mongelli è fra i 20 artisti selezionati dal China Sculpture Institute per partecipare al progetto “Beijing International Sculpture Exhibition Invitational”, le cui opere sono installate nel Beijing Olympic Park. La sua scultura H2O è posta davanti all’avveniristica Piscina Olimpica “Water Cube”. L’opera, lunga 20 metri per 6 di altezza e 5 di profondità, si compone di cinque moduli in acciaio inox che riprendono la forma dell’elemento grafico dell’acqua, H2O, ripetuti in successione uno dietro l’altro. Richiamandosi al simbolo chimico dell’acqua, sostanza vitale che esprime energia, purezza, salute e bellezza, H2O invita a riflettere sulla necessità di conservare e tutelare questo bene prezioso della natura. Al contempo, la sua stuttura in acciaio dà vita a un gioco di specchi e rimandi volti a evocare la perenne mobilità dell’acqua ed è progettata come una fontana che, con i propri simboli ed evoluzioni formali, richiama l’idea di fratellanza fra i popoli.
Lo scorso maggio, le Manifatture Knos di Lecce hanno ospitato il progetto “Nano-tech Design – dispositivi periferici” curato e ideato da Marco Petroni nell’ambito della rassegna “Il materiale e l'immaginario – percorsi di design, cultura e percezione del progetto” promossa da Id&a-Associazione di Imprese, Design & Affini (www.ideaedesign.it/idea). Grazie alla disponibilità del Laboratorio Nazionale di Nanotecnologie di Lecce (NNL), i designer Antonio Piccirilli e Matteo Cibic sono stati invitati a studiare possibili scenari produttivi legati alle nanotecnologie e in particolare agli OLED (diodi organici a emissione di luce) prossima generazione di fonti luminose a basso costo e altissima efficienza. Il design e la ricerca scientifica si confrontano così in un campo aperto, dove l’innovazione tecnologica si fa materia prima per la creazione di nuovi oggetti e nuove funzioni. Il progetto grafico di Alvise Guadagnino completa la presentazione dei progetti delle molteplici possibilità applicative di queste rivoluzionarie tecnologie destinate a disegnare la forma del futuro.
Alfio Mongelli is one of the 20 artists selected by the China Sculpture Institute to take part in the project called “Beijing International Sculpture Exhibition Invitational”, whose works are installed at the Beijing Olympic Park. His sculpture, H2O, is placed in front of the “Water Cube”, the futuristic Olympic swimming pool. The work, which measures 20 meters in length, 6 in height and 5in depth, is composed of five stainless steel units that are reminiscent of the graphic element of water, H2O, repeated in sequence, one after the other. In referring to the chemical symbol of water, the vital substance that expresses energy, pureness, health and beauty, H2O invites us to reflect upon the need to preserve and protect this precious natural gift. At the same time, its steel structure gives life to a play of reflections and references that are meant to evoke water’s eternal mobility, and it is thus designed like a fountain that – through its own symbols and formal evolution – brings to mind the idea of brotherhood among all nations.
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102 l’ARCA 238
Giardini d’architettura In Bordeaux Nell’aprile scorso a Bordeaux arc en rêve centre d’architecture ha promosso nel quadro di Agora 2008 – biennale d’architettura, urbanistica e design – l’interessante iniziativa “Jardin d’architectures”, volta a sensibilizzare maggiormente il pubblico all’architettura. La strategia vincente è stata quella della freschezza e della leggerezza del dispositivo mediatico che ha permesso di avvicinare i visitatori al tema coinvolgendoli attivamente in 4 “situazioni” progettate da altrettanti designer e architetti. Realizzate in vari spazi pubblici, tutte le opere di natura effimera hanno veicolato altrettante visioni di architettura interrogandosi sul rapporto tra dentro e fuori, ognuno attraverso una diversa esperienza. La “casa salice piangente” di Matali Crasset (1) si ispira alla transizione sottile tra spazi interni ed esterni che suggerisce questo albero protettore. La sua casa-salice è nel contempo un filtro sonoro, visivo, sensoriale e punto di incontro tra naturale e artificiale. Realizzata con una struttura ombrello omaggio all’intelligenza delle costruzioni in natura, è dotata di rami cadenti in Bioplast fabbricati con fecola addizionata a zucchero e copoliestere, una materia prima biodegradabile, decomponibile e riciclabile. Lightec+Datoo architecture con ] in Tex ] (2) hanno invertito con un paradosso il rapporto tra interno ed esterno. Nella loro installazione, l’esterno si è trasformato in uno spazio iconografico dove la casa tradizionale diviene un oggetto di consumo; la casa viceversa, come uno scrigno, protegge lo spazio esterno, specialmente la delicatezza e l’intimità di un albero, simbolo della natura, di un giardino che ognuno deve conservare. Forma semplice, involucro, unitario, un solo materiale, squadratura, assemblaggio rudimentale, economia di geometrie: la “capanna d’ayou” (3) progettata da Atelier provisoire con Pascale de Tourdonnet offre la funzione primaria ed essenziale del riparo, e si rivela a poco a poco in relazione al luogo e all’esperienza alla quale invita. Lo studio Encore heureux ha invece optato per il viaggio, inteso come ricerca di una microarchitettura perduta. Meta, la Cina con un itinerario di 15 giorni determinato di volta in volta. Ne è nata la “chinoiserie”, una sorta di capanna, di cupola, realizzata con delle rete da pesca che in base alla trama della maglia e al numero degli strati, alterna opacità e trasparenza.
Last April in Bordeaux, within the sphere of Agora 2008, the Biennale of Architecture and Urban Design, the arc en rêve centre d’architecture promoted the interesting initiative “Jardins d’architecture”, which is meant to enhance public awareness of the world of architecture. The winning strategy was a new, light media tool that allowed visitors to approach the subject by involving them actively in 4 “situations” planned by 4 designers and architects. All of these transitory architectonic works were built in various public areas, creating different architectural visions and examining the relationship between the interior and exterior in diverse ways. Matali Crasset’s “weeping willow house” (1) drew inspiration from a subtle transition between indoor and outdoor areas, just like this guardian tree evokes. His willow-house is simultaneously a sound, visual, and sensory filter, and is a meeting point between the natural and artificial world. Drawing from the intelligence of natural constructions, the building is in an umbrella structure, with pendulous Bioplast branches made with starch added to sugar and copolyester, a biodegradable, decomposable and recyclable raw material. Lightec+Datoo architecture and In Tex (2) have inverted the indoor/outdoor relationship through a paradox. The exterior is transformed into an iconographical area where the traditional house becomes a consumer item; vice versa, the house is like a case that protects the outdoor area, especially through the subtle intimacy of a tree…a symbol of nature that we must all protect. The “Ayou hut” (3), designed by Atelier provisoire with Pascale de Tourdonnet is a simple, enveloping, unitary design, a sole material used for its squared-off layout, a rudimental assembly, limited use of geometrical elements. The structure’s primary, essential function is that of a shelter that is gradually revealed according to the place and experience it invites visitors to enjoy. On the other hand, the Encore heureux studio opted for a journey, a quest for a lost micro-architecture. The destination is China, with a 15-day itinerary that changes from trip to trip. A sort of “chinoiserie” was created, a kind of hut or cupola made with fishing nets: the opaqueness or transparence of the structure varies according to how tightly the net is woven and the number of layers that are used.
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Fauves ungheresi L’intento della mostra è appunto quello di rivalutare la portata di questi artisti i cui dipinti si confermano nella loro autenticità e identità pur rivelando una particolare vicinanza con le opere dei francesi, sia per i colori, sia per i temi e il dinamismo pittorico. Sono così evidenziate le affinità e le disparità tra le due tendenze, rintracciando le corrispondenze tra i luoghi caratteristici del fauvismo ungherese, da Parigi a Budapest, e il milieu francese che fu alle radici della sua formazione.
Al Museo d’arte Moderna di Céret (cittadina a 30 km da Perpignan nei Pirenei Orientali) è in corso fino al 12 ottobre una mostra che illustra dieci anni (1904-1014) di pittura ungherese particolarmente rappresentativi nel percorso e nell’evoluzione dell’arte dei primi del Novecento del Paese. Forti sono i legami tra pittori ungesi e i fauves francesi al punto che si possono considerare i primi artisti stranieri a interessarsi di questa corrente.
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1. Ziffer Sándor, Vieux pont à Nagybánya, olio su tela/oil on canvas, 50,5x65 cm, 1908 (Coll. Lorenz Czell). 2. Martha Rosler, The Gray Drape, fotomontaggio/photomontage, 101,6x16,2 cm (Courtesy de l’artiste et Mitchell-Innes & Nash, New York).
NEWS/DOSSIER Ambizione dell’arte Creative Paths interpretations the artists have given to their time. Thus, the exhibition seems to invite us to reflect upon our situation with respect to the world (Alighiero Boetti), our ability to see (Daniel Buren), our relationship with objects (Tony Cragg), forgotten mythologies (Luciano Fabro), the rediscovery of a contemporary religiousness (Anish Kapoor), the relationship between the individual and infinity (On Kawara), machoism (Martha Rosler), reconstructed images (Jeff Wall), poetry (Lawrence Werner), shifting and extraneousness (Jordi Colomer), or the city and its illusions (Yona Friedman).
“Ambition de l’art” raccoglie nelle undici sale dell’Institut d’art contemporain de Villeurbanne (Rhône-Alpes) le esperienze di una selezione di altrettanti artisti contemporanei che l’Istituzione ha ospitato nell’arco dei 30 anni dalla sua fondazione. Le opere, in mostra fino al 21 settembre, testimoniano l’evoluzione dei vari percorsi creativi alla luce delle diverse interpretazioni che gli artisti hanno dato del loro tempo. La mostra si propone così come un invito a riflettere sulla nostra situazione rispetto al mondo (Alighiero Boetti), sulla nostra capacità di vedere (Daniel Buren), sul rapporto all’oggetto (Tony Cragg ), sulle dimenticate mitologie (Luciano Fabro), sulla riscoperta di una religiosità contemporanea (Anish Kapoor), sul rapporto individuo/infinito (On Kawara), sul machismo (Martha Rosler), sull’immagine ricostruita (Jeff Wall), sulla poesia (Lawrence Werner), sullo slittamento e l’estraneità (Jordi Colomer) o sulla città e le sue utopie (Yona Friedman). Each of the eleven halls of the Institut d’art contemporain de Villeurbanne (Rhône-Alpes) will host a contemporary artist for the show “Ambition de l’art”. All of the artists have already been invited to display their work at the Institute in the 30 years since its foundation. The works, which will be on show through September 21st, bear witness to the evolution of various creative paths, in light of the different
Protagonisti italiani Italian Masters La mostra “Maestri Italiani del XX secolo”, aperta fino al 5 ottobre alla Rocca-Centro per l’Arte Contemporanea di Umbertide (Perugia) e curata da Angelo Calabrese, presenta un percorso di oltre cento opere, provenienti da prestigiose collezioni tra le quali l’Archivio Cagli. Attraverso le singole personalità dei più rappresentativi e importanti Maestri, che meglio hanno reso protagonista l’Italia nella storia dell’arte soprattutto della prima metà del Novecento, attraverso le diverse tendenze e stili di poetica e linguaggio, la mostra offre al visitatore un’occasione straordinaria per cogliere l’originalità e la qualità del contributo degli artisti del nostro Paese all’arte occidentale del secolo da poco concluso. Ogni opera sarà affiancata da un breve testo, in modo da creare un percorso didattico che ripercorra la storia dell’arte di un secolo.
the show offers visitors an extraordinary opportunity to get acquainted with the quality of the contribution our country’s artists have given to Western art in the past century. Each work is accompanied by a brief text, so as to create a didactic course that retraces the history of a century’s art.
The show “Twentieth-century Italian masters”, open through October 5 at the Rocca – Center for Contemporary Art of Umbertide (Perugia) and curated by Angelo Calabrese, presents more than a hundred works coming from prestigious collections, including that of the Cagli Archive. Through the single personalities of the most important and representative Masters – those who, through different trends and styles in terms of poetics and language made Italy a protagonist in the history of art, especially in the first half of the twentieth century –
Mario Sironi, Figure, disegno a matita su carta/pencil drawing on paper, 25,5x35,5 cm, 1919.
(advertising, picture postcards, posters, stickers, record covers, etc.). Since the early 1990s, Opie has taken to developing his works on the computer: he scans real photos which he then transforms, using cutting edge software, into easily readable two or three-dimensional virtual views. Julian Opie has also been working with moving images for some years now: digitally drawn humans and landscapes are gently animated and shown on large flat screens mounted on art museums or other suitable buildings. The MAK exhibition in Vienna until September 21st, “Julian Opie. Recent Works”, brings together many facets of his œuvre. In the center of the show is a new series of portraits (2007–2008), based on Baroque models.
Julian Opie, View of the mountains from the Nihon Alps Salada road, computer film – Double 46” LCD screen – PC, 2007 (© Julian Opie and Lisson Gallery/MAK).
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Al MAK Vienna Recent Opie Esponente della “Nuova Scultura Brtannica”, Julian Opie (Londra, 1958) si è fatto conoscere a metà degli anni Ottanta per le sue sculture di metallo fatte con oggetti quotidiani verniciati. La sua linea artistica minimale si ispira ai fumetti e alla pop art e la sua opera complessa richiama i Manga giapponesi e sembra debitrice del contesto consumistico (pubblicità, cartoline, poster, adesivi, copertine di dischi ecc.). Fin dai primi anni Novanta, ha iniziato a produrre opere con l’ausilio del computer: scannerizza fotografie e poi le trasforma in vedute virtuali a due o tre dimensioni. Da alcuni anni, Opie si sta dedicando anche alle immagini in movimento: figure umane e paesaggi disegnati in digitale vengono poi animati e proiettati su schermi montati all’esterno
dei musei d’arte o di altri edifici. La mostra “Julian Opie. Recent Works”, al MAK di Vienna fino al 21 settembre, raccoglie le molte sfaccettature dell’arte di Opie. Al centro della mostra, la nuova serie di ritratti (2007-2008), basati su modelli Barocchi. An exponent of “New British Sculpture”, Julian Opie (London 1958) became known in the mid1980s for metal sculptures made of everyday objects with painted surfaces. He borrows from comics and pop art from his clear and reduced line work. The artist’s complex œuvre also evokes associations of Japanese Mangas and seems indebted to a consumer sphere context
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Le Corbu olistico In Lisbon Il lavoro di Le Corbusier (1887-1965) è tutt’oggi importante e di rilievo nell’architettura contemporanea. Tuttavia durante i due decenni passati, nessun museo ha sottolineato e messo in evidenza i diversi aspetti che ancora oggi rendono il lavoro di Le Corbusier un importante punto di riferimento per l’architettura contemporanea e urbana. Per sopperire a questo il Museu Colecção Berardo (www.museuberardo.pt) porta a Lisbona (fino al 17 agosto) la mostra “Le Corbusier – L’arte dell’Architettura” del Vitra Design Museum, Weil am Rhein, in collaborazione con il RIBA e il NAI di Rotterdam, che riproduce una retrospettiva sui lavori dell’“Architetto del secolo”. L’imponente opera esposta di Le Corbusier ricopre un periodo di 60 anni – dai suoi primi anni nella sua città natale di La Chaux-de-Fonds fino alle abitazioni bianche e cubiche degli anni Venti, come l’iconica Villa Savoye (1928-31), e culminando negli ultimi lavori tra gli anni 1950-1960, i cui esempi maggiori sono la cappella di Ronchamp (1950-55) e le costruzioni per la città indiana di Chandigarh (1952-64). Divise in tre sezioni indipendenti dal titolo: “Contesti”, “Pubblico e privato” e “Arte delle costruzioni”, la mostra risulta in una conoscenza olistica dell’opera di Le Corbusier, la cui idea centrale della “synthèse des arts” ha portato al legame tra architettura, progettazione urbana, pittura, design, cinema e altre discipline.
architecture. To make up for this, until August 17th the Museu Colecçao Berardo (www.museuberardo.pt) is presenting a show in Lisbon: “Le Corbusier – the art of Architecture” of the Vitra Design Museum, Weil am Phein, in collaboration with the RIBA and NAI of Rotterdam, which reproduces a retrospective on the works by the “Architect of the Century”. The imposing amount of Le Corbusier’s work on display spans a 60-year period, from the first years in his hometown, La Chaux-de-Fonds, to the white, cubic homes of the 1920s, such as the iconic Villa Savoye (1928-31), up to his last works from 1950-60. The main examples of the latter are the chapel of Ronchamp (1950-55) and the buildings for the Indian city of Chandigarh (1952-64). The exhibition, which is divided into three independent sections entitled “Contexts”, “Public and Private”, and “The Art of Construction”, results in a holistic knowledge of Le Corbusier’s work, whose main thread, the “synthèse des arts”, has led to connections between architecture, urban planning, painting, design, cinema, and other disciplines.
Dialogo sul Cubo La Fondazione Bevilacqua La Masa ospita fino al 14 settembre una personale dell’artista tedesco Gregor Schneider (classe 1969; vincitore del Leone d’oro nel 2001 alla 49a Biennale di Venezia) negli spazi restaurati della Galleria di Piazza San Marco. La mostra riunisce presentazioni in 3D, modelli, fotografie, disegni che documentano l’ideazione e il significato del progetto Cube Venice nelle fasi della sua elaborazione. Cube Venice 2005, una grande scultura geometrica nera, senza un ingresso accessibile, sollevata su una base di 12x13 metri e con un’altezza di 15 metri, che doveva essere ancorata al pavimento di Piazza San Marco, fu presentato alla 51a Biennale di Venezia, ma
rifiutato dalla direzione in quanto ritenuta pericolosa per le reazioni politiche che avrebbe potuto suscitare. La suggestione verso un volume così enigmatico e impenetrabile nasce infatti dalla riflessione sulla Ka’ba, il luogo simbolo dell’Islamismo. Ma il progetto si distanzia da una mera riproduzione di questa architettura; il grande volume è pensato per essere una scultura fatta con materiali diversi e con una diversa funzione: essere legame tra l’arte moderna occidentale e il luogo simbolo del culto Islamico, creando una tensione “mistica” in cui l’oggetto e lo spazio si fondono e dove forse due mondi diversi possono trovare un punto di dialogo.
Le Corbusier’s work is still important today in the world of contemporary architecture. Yet, in the past two decades, no museum has highlighted and pointed out the different aspects that still today make Le Corbusier (1887-1965) an important point of reference in contemporary and urban
Milano/Torino In Stockholm
Finlandia e Cina alla Cité de l’architecture
Per celebrare il suo 50° Anniversario, il Moderna Museet di Stoccolma (www.modernamuseet.se) ha scelto di dedicare tre mostre a “punti caldi” degli anni Sessanta nel mondo: Rio de Janeiro, Milano/Torino e Los Angeles. L’idea è quella di indagare il periodo di creazione del Moderna Museet secondo una prospettiva internazionale, mostrando una selezione di espressioni artistiche, architettoniche, di design, letterarie, cinematografiche e musicali mai esposte insieme in Svezia. Curata da Luca Massimo Barbero, “Time & Place: Milano/Torino, 1958-1968” esplora, fino al 7 settembre, un momento decisivo nell’arte italiana, concentrandosi su queste due città come emblematici luoghi d’origine di una nuova identità. La mostra, articolata in tre sezioni in cui sono presenti opere dei maggiori rappresentanti dell’arte italiana del periodo indaga il passaggio da Azimut all’Arte Povera con una prospettiva che si concentra sulle questioni centrali sviluppate in quei vitali contesti artistici, come la monocromia, il grado zero dei segni, la tabula rasa della pratica concettuale. Per approfondire questo periodo di eccellenza della cultura italiana, il Moderna Mu-seet presenta un programma di film di Pier Paolo Pasolini, Michelangelo Antonioni, Federico Fellini e altri cineasti italiani.
Museet was created, showing a selection of artistic, architectural, design, literary, cinematographic and musical expressions that have never been shown together in Sweden. Curated by Luca Massimo Barbero, “Time & Place: Milano/Torino, 1958–1968”, open through September 7th, explores a decisive moment in Italian art, concentrating on these two cities as two emblematic places that gave rise to a new identity. The exhibition, divided into three sections in which work by the main representatives of the period’s Italian art are on show analyzes the shift from Azimut to Arte Povera , focusing on the main issues developed in those lively artistic contexts. For an in-depth examination of this excellent period in Italian culture, the Moderna Museet is presenting a selection of films by Pasolini, Antonioni, Fellini, and other Italian movie-makers.
Stato dell’arte dell’architettura finlandese e le trasformazioni che stanno modificando il paesaggio urbano della città cinese, sono al centro delle due esposizioni presentate alla Cité de l’architecture et du patrimoine di Parigi. La prima, fino al 7 settembre alle Galeries d’actualité, presenta una selezione di 25 interventi architettonici realizzati nel biennio 2006-2007 sia a Helsinki, sia in altre città finlandesi e all’estero. Sono considerate tutte le scale di intervento, dalla più piccola al programma urbanistico più esteso e le diverse tipologie di edifici, sia pubblici, dove prevalgono le opere uscite da concorsi, sia privati, soprattutto residenze e spazi commerciali, a cui si affiancano anche un certo numero di trasformazioni di vecchi complessi industriali a nuove funzioni, soprattutto culturali. “Nella città cinese” , fino al 19 settembre alle Galeries d’expositions temporaines et alle Galeries d’actualité apre invece un’ampia
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On the occasion of its 50th anniversary, the Moderna Museet of Stockholm (www.modernamuseet.se) has decided to dedicate three exhibitions to the “hotspots” of the 1960s around the world: Rio de Janeiro, Milan/Turin, and Los Angeles. The idea behind the shows is to examine – according to an international perspective – the period in which the Moderna 1. Alighiero Boetti, Manifesto, 1967 (© Alighiero Boetti/BUS 2008, Collezione Alessandro Riscossa, Torino). 2. Pei Zhu, Digital Beijing, 2008.
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panoramica sulle trasformazioni che megalopoli come Pechino, Shanghai, Suzhou o altre meno note come la conurbazione tra Canton e Shenzhen hanno subito nel corso degli ultimi dieci anni, fino alle vertiginose dimensioni di Chongqing. La mostra, curata da Frédéric Edelman, giornalista per l’architettura a Le Monde, con Françoise Ged, responsabile dell’Osservatorio dell’Architettura della Cina Contemporanea, si articola in tre parti. La prima illustra la storia della Cina urbana dal XX secolo fino agli ultimi dieci anni; la seconda, permette di esplorare sei delle più importanti megalopoli; un terzo insieme dal titolo “Position” traccia un profilo della nuova generazione di architetti cinesi attraverso una quarantina di realizzazioni dal 2003 al 2008 che si affermano in risposta ai mega progetti di Pechino a firma soprattutto di star internazionali, da Koolhaas, a Herzog & de Meuron, Foster, Architecture Studio o Andreu.
Arte spagnola contemporanea In Palermo twentieth-century Spanish art, this group represents the turning point from modernity to contemporaneity. Modern and contemporary Spanish art follows the path traced by don Quijote by Cervantes and the Baroque tradition, thus the show is not in chronological order, but is divided into sections: Quijotismo trágico, Misticismo pagano, Existencialismo barrocco, Tenebrismo hispánico, Astrazione simbolico-formale. Through side-by-side analysis, this thematic and narrative layout highlights a continuity in terms of style and content. The show comprises works by about seventy artists – including Pablo Picasso, Joan Mirò, Salvador Dalí – whose work, thanks to constant renewal, has continued to represent a point of reference for succeeding generations.
Fino al 14 settembre a Palazzo Sant’Elia di Palermo è aperta la mostra “España 1957-2007” (www.mostraespana.it). La mostra muove dal 1957, anno di costituzione del gruppo El Paso, che nel panorama dell’arte del Novecento Spagnolo rappresenta il momento di passaggio dalla modernità alla contemporaneità. L’arte spagnola moderna e contemporanea si snoda nel solco tracciato a partire dal Seicento dal don Quijote di Cervantes e dalla tradizione Barocca, la mostra non è pertanto suddivisa cronologicamente ma seguendo un percorso espositivo per sezioni: Quijotismo trágico, Misticismo pagano, Existencialismo barrocco, Tenebrismo hispánico, Astrazione simbolico-formale. Una impostazione tematica e narrativa che accosta le opere in modo da sottolineare la continuità di stili e contenuti. La mostra include opere di una settantina di artisti, tra cui Pablo Picasso, Joan Mirò, Salvador Dalí, il cui lavoro, rinnovandosi, ha continuato a rappresentare un punto di riferimento per le generazioni successive.
Frontiera e metafora Doors of Mediterranean hanno scelto la complessità della vita e delle relazioni che si articolano intorno a questo mare quali tematiche privilegiate delle loro opere.
Il Mediterraneo, concepito non come una regione geografica, ma come metafora delle relazioni umane, gli scambi culturali e sociali, è protagonista della rassegna “Le Porte del Mediterraneo” che si svolge fino al 28 settembre a Rivoli e a Torino con un denso programma di inziative culturali. In particolare a Rivoli è allestita in due spazi espositivi una mostra d’arte. Una sezione storica, “Viaggiatori e artisti piemontesi alla scoperta del Mare Nostrum”, alla Casa del Conte Verde ricostruisce attraverso dipinti, incisioni, disegni e immagini fotografiche le relazioni fra il Piemonte e il Mediterraneo e la passione per il Mediterraneo come crocevia di culture e culla di civiltà, che ha segnato l’esistenza di tanti studiosi, archeologi e viaggiatori piemontesi. La sezione contemporanea, “Rotte dell’arte contemporanea”, a Palazzo Piozzo è costituita dagli interventi (in buona parte prodotti proprio per questa occasione) di 17 artisti provenienti quasi tutti dalle sponde del Mediterraneo, che
The Mediterranean, seen not as a geographical region but as a metaphor of human relations, as well as cultural and social exchanges, is the protagonist of the show “The Doors of the Mediterranean”, which will be on through September 28th in Rivoli and Turin , with a comprehensive schedule of cultural initiatives. Especially in Rivoli, an art show was organized in two exhibition areas. A historical section, “Piedmontese travelers and artists discovering Mare Nostrum”, at the Casa del Conte Verde, retraces the relationship between Piedmont and the Mediterranean through paintings, etching, drawings, and photographic images. Piedmont’s passion for the Mediterranean is also highlighted; the Sea’s role as a crossroads of different cultures and civilizations, an area that has marked the existence of a great many Piedmontese scholars, archeologists and travelers. The contemporary section, “Routes of contemporary art”, at Palazzo Piozzo, comprises works (many of which were especially created for this occasion) by 17 artists coming from almost all the shores of the Mediterranean. These artists have devoted themselves to themes regarding the complexity of life and the relations that develop around this sea.
The exhibition “España 1957-2007” (www.mostraespana.it) will be open through September 14th at Palazzo Sant’Elia in Palermo. The show begins with the year 1957, when the El Paso group was founded; within the sphere of 1. Antonio Saura, Ponteja, olio su tela/ oil on canvas, 162x130 cm, 1962 (Madrid, Colección De Pictura © Antonio Saura By SIAE 2008). 2. Khaled Hafez, 3 Cats and Bat in Gemmanism, 2007.
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Grandi mostre At MART Nell’ambito dell’intenso e importante programma espositivo Mart 2008-2009, assume un particolarissimo rilievo l’evento dedicato ai migliori protagonisti della giovane pittura tedesca che, esposti negli ambienti del Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto dal 28 giugno al 26 ottobre, si evidenziano nella mostra: “Germania contemporanea. Dipingere è narrare”, a cura di Gabriella Belli e Achille Bonito Oliva. La manifestazione presenta opere di Tim Eitel, David Schnell e Matthias Weischer che, formatisi alla Hochschule di Lipsia, esprimono l’energia e la singolare creatività che già distinse i locali ambienti artistici per la forza emozionale comunicata al tempo della caduta del muro di Berlino. I tre protagonisti della mostra manifestano con grande sensibilità innovativa il tema della pittura mediante un linguaggio figurativo che, con sorprendente originalità, dà un nuovo impulso al concetto di ritratto, paesaggio e alla pittura di interni. Con la medesima data di inaugurazione (28 giugno – 16 novembre), è presente al Mart anche la mostra “Eurasia. Dissolvenze geografiche dell’arte”, che coincide con la programmazione della settima edizione di “Manifesta”; Biennale itinerante europea di arte contemporanea, ospite nel 2008 della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige, con presenze a Fortezza, Bolzano, Trento e Rovereto. Eurasia è nata da un’idea di Achille Bonito Oliva che, affiancato da un team internazionale, ne ha curato la messa a punto. Si tratta di un evento che propone una visione dell’arte capace di “bucare” identità separate ed evocare trasversalità e convergenze centrate sulla comunione di un linguaggio artistico comune tra Europa e Asia. Queste due mostre precedono le numerose previste nell’intenso programma espositivo di Mart 2008-2009.
Within the remarkable, intensive Mart 2008-09 exhibition program, a particularly important event is devoted to the best protagonists of young German painting. On display at the Museum of Modern and Contemporary Art of Trent and Rovereto from June 28th to October 26th, the focus is on : “Contemporary Germany, Painting is narrating”, curated by Gabriella Belli and Achille Bonito Oliva. The exhibition presents works by Tim Eitel, David Schnell and Matthias Weischer, who were trained at the Hochschule of Leipzig and express the energy and singular creativity that had already distinguished the local artistic milieus thanks to the emotional strength that was communicated at the time of the fall of the Berlin wall. 3 With great innovative sensibility, the three protagonists of the exhibition display the theme of painting through a figurative language that – with surprising originality – gives new impetus to the concept of portraits, landscapes and indoor settings. The show “Eurasia. Geographical fadeouts of art” was inaugurated on the same date (June 28th – November 16th) at the Mart; it coincides with the schedule of the seventh edition of “Manifesta”, a traveling European Biennial of contemporary art that in 2008 has been invited by the Autonomous Trentino-Alto Adige Region, stopping at Fortezza, Bolzano, Trent, and Rovereto. Eurasia stemmed from an idea by Achille Bonito Oliva, who, seconded by an international team, has organized all the details of the show. This event offers a vision of art that is capable of “piercing” separate identities and 4 evoking transverseness and convergences 3. Tim Eitel, Portrait (ritratto, portrait), centered on the communion of an artistic olio su tela/oil on canvas, language shared by Europe and Asia. cm, 2002 (Collezione di John These two exhibitions precede a number of other 140x170 A. Smith e Vicky Hughes, London, shows on schedule in the intensive exhibition courtesy Galerie Eigen + Art Leipzig/Berlin program of Mart 2008-09. and PaceWildenstein).
4. Adrian Paci, Centro di Permanenza Temporanea [Temporary Shelter Center], videoproiezione/videoprojection 16:9, 5’30”, 2007 (Courtesy Galleria Francesca Kauffmann, Milano).
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Progressioni in movimento In Paris L’artista inglese Bridget Riley (1931) è al centro della retrospettiva presentata fino al 14 settembre al Museo d’Arte Moderna di Parigi. Oltre 100 dipinti e circa duecento disegni, documentano il percorso creativo della pittrice, attiva dagli anni Sessanta, che si colloca nella sfera espressiva dell’arte astratta. La sua ricerca, che si concentra sull’esplorazione degli effetti ottici del colore e della forma, parte da un vocabolario essenziale per imprimere alle composizioni l’illusione del movimento, dello spazio o delle variazioni di luce. In mostra dalle prime tele ispirate a Seurat, alle tavole in bianco e nero Op’art, fino alle opere più recenti tra cui i due murales monumentali, wall-drawing, un disegno, e wall-painting, un dipinto, appositamente ideate per l’esposizione.
The English artist Bridget Riley (1931) is the protagonist of a retrospective presented through September 14th at the Museum of Modern Art in Paris. Over 100 paintings and about 200 drawings trace the painter’s creative career, which began in the 1960s and is considered to fit into the expressive sphere of abstract art. Her research – which concentrates on the exploration of the optical effects of color and form – starts out with an essential vocabulary that endows her compositions with the illusion of movement, space, and light variations. On show are her first canvases inspired by Seurat, her black and white Op’art illustrations, and her most recent works, including two monumental murals: wall-drawing (a drawing) and wall-painting (a painting), which are site-specific, as the artist created them purposely for the exhibition.
1. Bridget Riley, Movement in Squares, tempera su tela/on canvas, 123,2x121,3 cm, 1961 (Arts Council Collection, Hayward Gallery, London). 2. Georg Baselitz, Orangenesser, olio su tela/oil on canvas, 162x130 cm, 1982 (Baselitz storage Basel).
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Valenze liberatorie In Naples Il Museo MADRE di Napoli ospita fino al 15 settembre un’ampia retrospettiva dedicata all’opera di Georg Baselitz, attraverso circa 120 opere, tra dipinti, disegni e sculture a partire dai suoi esordi negli anni Sessanta. Influenzato dall’arte e dagli scritti di artisti e pensatori come Kandinsky, Malevic, Nietzsche, Baudelaire, Beckett e Artaud, Baselitz si lasciò in seguito profondamente coinvolgere e ispirare dall’arte prodotta da persone affette da disturbi mentali e altri soggetti emarginati. Il suo lavoro fu inoltre influenzato dall’arte tradizionale africana, dalla pittura manierista francese e italiana, dalle stampe del XVI secolo, così come da un profondo senso dell’ornamento e della decorazione. Le opere per cui è senza dubbio più noto sono i dipinti capovolti, lavori in cui il soggetto è rappresentato al contrario, in cui l’artista, ribalta lo spazio, lo presenta in una dimensione dissimile dall’usuale, obbligando l’osservatore ad utilizzare un punto di vista diverso. L’arte di Baselitz, aggressiva e spesso inquietante, comprende figure semi-astratte, animali e paesaggi all’interno di tele piene di colore e pennellate dalla valenza liberatoria. Until September 15th, a large retrospective devoted to Georg Baselitz will be open at the MADRE Museum of Naples. About 120 works are on show, from the beginning of his career in the 1960s onwards, including paintings, drawings, and sculptures. Influenced by the art and writings of artists and philosophers such as Kandinsky, Malevic, Nietzsche, Baudelaire, Beckett and Artaud, Baselitz was later deeply 2
Omaggio a Schifano In Rome
Al Lieu Unique In Nantes
La Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, a dieci anni dalla scomparsa di Mario Schifano, gli rende omaggio con una rassegna di una settantina di dipinti, cronologicamente distribuiti attraverso i quattro decenni della sua attività. Aperta fino al 28 settembre, la mostra presenta inoltre: una sezione di circa 50 disegni, selezionati tra i moltissimi fatti da Schifano, che consentirà di riflettere sui modi più “intimi” di costruzione e di progetto del lavoro e una sezione dedicata alle fotografie e ai film che nell’ambito del difficile rapporto tra pittura e altri media nei primi anni Settanta, presenterà la soluzione convincente e originale fornita dall’artista. La scelta delle opere ha voluto indicare i lavori germinali e rappresentativi di ogni ciclo, una sorta di esempio poi ripetuto in infinite varianti nel corso del tempo. Ne emerge una straordinaria varietà di temi, spesso legati alla storia e all’attualità che si traduce per il pubblico in una spettacolarità continuamente rinnovata.
Wolfgang Winter (1960) e Berhold Hörbelt (1958) sono due artisti tedeschi che dal 1992 lavorano insieme privilegiando materiali come le resine, la plastica o il metallo, per realizzare attraverso processi industriali le loro sculture. Fino al 31 agosto sono di scena al Lieu Unique di Nantes dove sono intervenuti con un’istallazione in situ, pratica già sperimentata in Germania, Belgio, Brasile ecc. e ora per la prima volta in Francia. Looking out/facing investe i 1200 metri quadrati della corte del Lieu Unique trasformandone l’ambiente in una sorta di piazza urbana. L’intervento nasce dalla ricerca condotta dagli artisti sugli spazi pubblici. Attraverso le loro opere, quasi tutti oggetti che associano una spiccata funzionalità alla dimensione pratica – dai chioschi alle pensiline degli autobus fino ai contenitori in plastica per bottiglie riciclate – cercano di rivitalizzare i luoghi dove scelgono di intervenire esaltandone le qualità sociali ed estetiche.
Ten years after Mario Schifano passed away, the National Gallery of Modern Art in Rome pays homage to the artist with a show including about seventy paintings that are chronologically distributed throughout the four decades of his career. Open through September 28th, the exhibition also presents a section comprising about 50 drawings selected among the great number produced by Schifano; this will allow for reflection on his most “intimate” methods of construction and planning in his work. Another section is devoted to photographs and films: in the midst of the difficult relationship between painting and other mediums in the early Seventies, these present a convincing, original solution provided by the artist himself. The works were selected so as to focus on the initial and most representative examples; examples that were repeated with infinite variations throughout the course of time. An exceptional variety of themes results, often linked both to history and current events.
3. Mario Schifano, A De Chirico, smalto su carta intelata/enamel on tissue-stiffened paper, 170x150 cm, 1962 (collezione Iieana Sonnabend, presso il Museo MADRE di Napoli). 4. Winter/Hörbelt, Swing, griglia di acciaio ricoperta di resina/ resin-clad steel grid, 90x20x40 cm, 2005, (Space now and then - art and architecture, AaBe Fabrieken Tilburg, The Netherlands). 4
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involved in and inspired by the art produced by the mentally disturbed and other outcasts. His work was also influenced by traditional African art, French and Italian Manneristic painting, and sixteenth-century prints, and he developed a deep ornamental and decorative sense. His most renowned works are without doubt his upside-down paintings, in which the subject is reversed and the artist overturns space, presenting it in an unusual dimension and forcing the observer to resort to a different point of view. Aggressive and often disquieting, Baselitz’s art includes semi-abstract figures, animals and landscapes on extremely colorful canvases full of liberatory brushstrokes.
Wolfgang Winter (1960) and Berhold Hörbelt (1958) are two German artists who have been working together since 1992, using materials such as resins, plastic or metal to create their sculptures through industrial processes. Until August 31st, their works will be on display at the Lieu Unique of Nantes, where they have set up a site-specific, or in situ installation, a practice that has already been experimented in Germany, Belgium, Brazil, etc., and is now being implemented in France for the first time. Looking out/facing covers the 1,200 square meters of the courtyard at Lieu Unique, turning it into a sort of urban square. The work stems from research the two artists have carried out on urban public areas. Through their works, which almost all deal with objects that are both highly functional and practical – from the kiosks to the bus shelters to plastic containers for recycled bottles – aim at revitalizing the places they work on, enhancing their social and esthetic qualities.
Icona di luce
Pensiero globale
Ideata da Ron Arad per iGuzzini, PizzaKobra è un’opera-struttura-luminosa, allusiva a due coincidenti riferimenti, dove Pizza sta come definizione di una base inerte, circoscritta in se stessa e appiattita a disco, e Kobra come elemento vitale di un potenziale dinamismo che si vale di spire per entrare in movimento. La “lampada” dispone quindi di due fasi: quella in “riposo” che assume l’aspetto di “pizza”, e quella in “funzione” dove diventa rivelazione e si manifesta con straordinaria singolarità in un movimento di elevazione. Un tale “oggetto”, dove tecnologia, funzione e forma si coordinano suggestivamente, ha richiamato l’attenzione generale, compresa quella del Moma di N.Y., che ne ha richiesto un esemplare per metterlo in mostra e integrarlo ad altri elementi di design realizzati da Ron Arad. L’opera è stata inserita tra i migliori 100 oggetti di design del 2007, ed è stata esposta sino al mese di aprile presso il Design Museum di Londra per l’evento “Design of the Year”. Appare inoltre nel volume “1000 Interior Design for the Home”, e Moroso l’ha adottata inoltre per creare suggestioni luminose nel proprio show room newyorkese. Attualmente annovera i due premi: Red Dot “best of the best” per la categoria design, e quello assegnato dalla rivista tedesca “AIT” (primo premio) per la categoria “architettura e innovazione”.
La filosofia aziendale di Methis, già collaudata da 40 anni di storia, è impostata sulla linea di una continuità che unisce al concetto di fabbrica quello di cantiere, evidenziandosi nella coerenza progettuale, produttiva, culturale e di gestione, rivelando come l’integrazione di una comune e profonda visione architettonica tra il valore oggettivo dell’edificio e la sua abitabilità, assicuri al cliente affidabilità, equilibri e quella componente di sapienza e conoscenza che diventa patrimonio comune, come nel caso specifico di strutturazioni dello spazio ufficio. Methis, nel confronto con il progetto, si misura quindi con la ricerca di soluzioni innovative ed eccellenti per il cliente, sostenendo assistenza e consulenza al progettista, nonché sostenibilità aziendale dei processi, confermata dalle opportune certificazioni e dalla marcatura CE nei diversi sistemi di partizione. Il piano strategico 2008-2010, prevede impegno di innovazione nelle tre aree prodotto di riferimento come: pareti, arredi, sedute. Due i nuovi prodotti attualmente presenti nel mercato di competenza: Delta Executive ed Evosquare. Delta Executive è la collezione Methis studiata per spazi direzionali, costituita da una gamma di proposte di assoluta componibilità e completezza che rende possibile innumerevoli scenari e concezioni lavorative. Si tratta di tavoli, satelliti, librerie, consolle, caratterizzati sia dalla particolare sezione triangolare delle strutture che consentono singolarità formale, raffinatezza e uniformità stilistica, sia dalla pregevolezza delle finiture
realizzate con materiali di alta qualità che garantiscono innumerevoli abbinamenti materici (ceramica, essenze, cristalli verniciati, acciaio cromato e verniciato). Evosquare è invece la nuova parete vetrata a singola lastra, che consente di articolare lo spazio secondo partizioni di eccellente purezza formale e operativa, conferendo leggerezza ambientale e modernità. Il risultato viene evidenziato dall’impiego di un nuovo profilo sottile, dal disegno quadrangolare e dalla nuova finitura in alluminio anodizzato. La possibilità di unire lastre vetrate al vivo, escludendo l’impiego del profilo verticale, esalta la leggerezza e l’uniformità consentite dal sistema alle esigenze progettuali. La messa a punto del prodotto ha coinciso con la presentazione della nuova e vasta collezione di porte, sia a battente che scorrevoli.
secondo le tre sezioni: - Manutenzioni straordinarie, Restauri e Risanamenti conservativi, Ristrutturazioni, Ampliamenti; - Nuove costruzioni nel: residenziale – terziario
– edifici pubblici; - Realizzazione di involucri edilizi con tecnologie innovative (fotovoltaico, bioclimatico, puntuali, domotica ecc.)
Pronti per il concorso E’ aperta la partecipazione alla prossima edizione del Concorso Internazionale Sistema d’Autore Metra, abbinato a Made Expo (4 -7 febbraio 2009) presso il quartiere fieristico di Milano Rho. Questa XVII edizione, sempre dedicata a progettisti e serramentisti, nonché a committenti, si concluderà con la cerimonia di premiazione fissata nella mattinata di giovedì 5 febbraio 2009, unitamente all’evento che premierà i tre vincitori della terza edizione del Premio Biennale Metra – Migliore tesi di laurea sull’alluminio -.
Il diritto a partecipare implica l’invio del materiale relativo al progetto presentato (scheda di partecipazione e fotografie) entro il 30 settembre 2008 tramite il sito web www.metra.it nella nuova modalità. Nella sezione “Concorsi Metra” si trovano tutte le indicazioni per la partecipazione. Per maggiori informazioni è a disposizione il seguente indirizzo: concorsometra@metra.it Il Concorso Internazionale Sistema d’Autore è strutturato, dall’edizione 2008,
Nel segno dell’innovazione In linea con l’innovazione e il progresso in termini di progettazione e linguaggio architettonico, Frener & Reifer orienta la propria filosofia aziendale verso le nuove esigenze del contesto, mirando la propria qualità e competenza aziendale nella progettazione e realizzazione di involucri architettonici in vetro e acciaio. L’azienda di Bressanone, con sedi a Rovereto (TN), Monaco di Baviera, Zurigo, New York e Mosca, si vale di oltre trent’anni di esperienza, ed è attiva in Europa, Usa, Inghilterra e Russia, confermandosi riferimento d’eccellenza per i grandi nomi della progettazione internazionale, garantiti da prodotti e dettagli tecnici di elevatissima qualità e contenuti innovativi. Quale riferimento di recente realizzazione eseguito in Italia dall’azienda, si distingue la nuova sede della Living Divani che, disegnata da Piero Lissoni, si evidenzia per il sistema originale di schermatura solare fissa, che utilizza elementi U-Glass posti in orizzontale e lunghi più di tre metri, in grado di conferire un aspetto singolarissimo all’edificio. La struttura metallica esile ed elegante protegge
la facciata col montante traverso Frener & Reifer (F&R500), mentre le ante strutturali a scomparsa con apertura manuale, hanno una lunghezza eccezionale di 3.30 m. L’azienda si è occupata della ingegnerizzazione e realizzazione della facciata vetrata, delle schermature esterne fisse, di quelle interne mobili, nonché delle parti strutturali in acciaio tra cui la passerella. Supporto, ricerca e sviluppo di soluzioni “custom” sono stati i riferimenti base per la progettazione del singolare involucro.
A sostegno della povertà Nell’ambito della tematica relativa alla VIII Conferenza Mondiale Infopoverty: “Tecnologie intelligenti a Basso Costo per Combattere la Povertà e Salvare il Pianeta”, svoltasi dal 16 al 18 aprile 2008, presso il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite a New York, si è svolta la Tavola Rotonda: “Nuove Tecnologie e Fonti Energetiche Alternative: Un Binomio Per Vincere La Povertà”, connesso in videoconferenza con Milano (Politecnico e Università Cattolica). In concomitanza e in diretta con l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, si è tenuta inoltre L’Allucuzione di Sua Santità Benedetto XVI, in occasione del 60° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Nella giornata del 17 aprile, in occasione dell’ottava edizione della Infopoverty World Conference, si è svolta, nel Politecnico di Milano, presieduta da Alberto Rovetta, Ordinario di Robotica, la sessione dedicata al “ruolo dell’Italia nei processi di innovazione capaci di contribuire alla lotta contro la povertà”, in previsione di Expo 2015, secondo una impostazione articolata su tre macroaree di intervento: - “Nuove forme di cooperazione pubblicoprivato”, con moderatore Roberto Rossi
- “Servizi a banda larga: la telemedicina”, presieduta da Francesco Sicurello - “I mercati emergenti e il sistema Italia”, presieduta da Piergiacomo Ferrari, Presidente del Comitato Promozione e Sviluppo Occam. E sempre il 17 aprile, nel corso del pomeriggio, il Politecnico di Milano si è collegato con le Nazioni Unite a New York per l’inaugurazione ufficiale della Conferenza, annoverando la partecipazione di noti personaggi come Giulio Ballio, Letizia Moratti, Alberto Rovetta, Maurizio Decina, Giovanni Bozzetti e Alfredo Mariotti. Nel pomeriggio del 18 Aprile si è invece svolta, nell’Aula Magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, la Tavola Rotonda “Nuove Tecnologie e Fonti Energetiche Alternative: Un Binomio per Vincere la Povertà?” moderata da Maria Grazia Cavenaghi-Smith, Direttore dell’Ufficio del Parlamento Europeo a Milano. A conclusione della VIII edizione della Conferenza, si è tenuta una tavola rotonda finale presieduta da Pierpaolo Saporito, presidente OCCAM e Fondatore dell’Infopoverty World Conference, al quale hanno partecipato i presidenti delle precedenti sessioni.
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Per utilizzi flessibili Con City e Streets, Lea Ceramiche ha messo a punto una versione che segue la precedente esperienza confermata con la collezione Studies di Diego Grandi, e inaugura nuove tecniche produttive e inediti accostamenti materici che aprono a nuove espressività e a una inedita creatività nel settore delle ceramiche. Streets punta sul concetto di mappa urbana espresso mediante una impostazione di interferenze geometriche che, proposta in versione smaltata lucida in rilievo per il formato 60x120 cm, e con trame a bassorilievo nel formato 60x60 cm, evidenzia cromie che richiamano i grigi dell’asfalto. In City il tracciato della mappa urbana diventa più astratto, sino a
Sostanzialmente innovativo evocare effetti metallizzati, su base bronze, antracite, silver e steel. Il prodotto suggerisce le veloci emozioni del dinamismo urbano.
Prefa Solar XL, distribuito in Italia da Alpewa, è il nastro fotovoltaico progettato per la produzione di energia elettrica che, connotato da un design moderno e ben integrabile, contribuisce a una eccellente gestione dell’energia. Si tratta di un prodotto creato per coperture in doppia aggraffatura Prefalz® a bassa pendenza, valido come soluzione unica, studiata in coerenza con i principi del rispetto ambientale. Prefa Solar XL va ad affiancare la tegola fotovoltaica Prefa Solar (già distribuita da Alpewa), inserendosi nel contesto evolutivo del sistema Prefa® per l’edilizia, e garantendo a sua volta un’ottima performance anche dopo diversi anni dall’installazione. Conforme alla normativa IEC 61646 (che regola il
monitoraggio e la licenza dei pannelli fotovoltaici terrestri a strati sottili), Prefa SolarXL, grazie al sistema di captazione in silicio amorfo, viene applicato su superfici poco pendenti, ed è adatto per falde che presentano un orientamento diverso da quello a sud, assicurando un’ottima performance anche in situazioni di luce diffusa. Il sistema si rivela ideale in posizioni che escludono l’utilizzo della tegola Prefa Solar, integrando perfettamente la gamma dei prodotti fotovoltaici Prefar®. Il nastro, applicato su lastre in alluminio Prefalz®, è costituito da celle solari in silicio amorfo, integrate in falda senza ulteriori elementi di fissaggio, e incollate con un adesivo in copolimeri etilene e propilene. Il prodotto è disponibile in due differenti dimensioni.
Multilaminare ecologico Con Tabu Parquet, Tabu ha introdotto nel mercato di settore una nuova e prestigiosa collezione realizzata in 40 tonalità e strutture. Distinta nelle linee Caleidosystem e Caleidomass, la collezione, in parquet di legno multilaminare ecologico tinto in tutto lo spessore, si distingue nei modelli Caleidosystem 20 e Caleidosystem 40 preverniciati in legno multilaminare (M.W.) con uno strato nobile di 2 e 4 mm. Il legno multilaminare che li costituisce è un materiale ecologico, atossico, resistente e creativo, composto da molte lamine sottili di varie specie legnose colorate singolarmente, e successivamente impaginate e assemblate con tecniche particolari al fine di ottenere legni masselli, anche in funzione di ricavarne piallacci. Il modello Caleidomass 80/99 costituisce invece la terza linea Tabu che, quale parquet in legno multilaminaremassello tinto in
tutto lo spessore, risponde a una tipologia di posa e assemblaggio che consentono una singolare creatività. I parquet Tabu uniscono, alle caratteristiche del parquet tradizionale, i vantaggi del legno multilaminare distinguibili per la migliore esecuzione, la maggiore densità e resistenza, tempi brevissimi di posa e semplicità per la manutenzione. Carteggiabili e riverniciabili, possono essere posati su nuove solette, vecchi pavimenti o moquette preesistenti.
Scala di eccellenza Gemme vincenti Lo Studio Richard Fleischman + Partners Architects , con il progetto Job Corps di Cleveland, che ha visto l’impiego dei materiali prodotti da Impronta Ceramiche, ha vinto l’edizione 2008 della Ceramic Tiles of Italy Design Competition nella categoria istituzionale. Gli edifici del campus sono stati infatti rivestiti esternamente con 9.000 mq di piastrelle ceramiche che, realizzate dall’azienda e appartenenti alla collezione Gemme nei formati 30x30 cm e 30x50 cm, si distinguono sia per la superficie classica e levigata sia per la singolare brillantezza che crea suggestivi riferimenti. La collezione Gemme di Impronta
Ceramiche si ispira alla pietra naturale, della quale ripete le venature, gli effetti cromatici e le irripetibili sfumature.
Azienda specializzata nella produzione di scale, Rintal si propone nel mercato di settore con una singolare novità, frutto della collaborazione con Giugiaro Architettura. Si tratta della porta “Prima”; prodotto innovativo tecnologicamente, formalmente e strutturalmente, nonché per i materiali impiegati tra i quali, per la prima volta, si evidenzia l’alluminio. I moduli che compongono la struttura sono adattabili a ogni situazione di spazio che esiga la presenza di una scala a spirale o diritta, con alzate e pedate regolabili. La ringhiera in metallo conferisce leggerezza con un unico foglio che si piega a formare delicate vele, e una linearità dalle curve dinamiche per una forte caratterizzazione ambientale.
Convegno ecologico In occasione del convegno “Insieme, Amiamo la Terra”, svoltosi a CastelBrando, in Cison di Valmarino, lo scorso 19 marzo, Tegola Canadese ha riunito un importante consesso di personalità istituzionali, culturali e manageriali come: Fabio Gava, Assessore all’Economia e alle Politiche Istituzionali della Regione Veneto; Carlo Magnani, Magnifico Rettore dell’Università IUAV di Venezia; Mauro Spagnolo, dell’Università La Sapienza di Roma; i rappresentanti di United Solar Ovonic per l’Europa; Luciano Mazzer, Amministratore Delegato di Tegola Canadese e il Direttore Commerciale Italia Fulvio Cappelli, nonché le presenze dei rappresentanti della maggiori organizzazioni professionali della regione Veneto, e la stampa di settore.
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Per l’occasione sono state dibattute tematiche riguardanti le energie rinnovabili, con particolare attenzione al fotovoltaico e alle nuove architetture di integrazione dei relativi moduli sui manti di copertura. In linea con le problematiche relative alla protezione ambientale e all’inquinamento, si è discusso di questo tema e delle verosimili ipotesi di esaurimento delle riserve di combustibili fossili e dei forti costi riservati alle fonti energetiche, evidenziando la necessità di ricercare nuove risorse di energia pulita e rinnovabile. Il dibattito si è quindi attestato sulle opportunità concesse dal sole mediante l’energia solare, disponibile in termini di impianti fotovoltaici che ne consentono la trasformazione, diretta e istantanea in energia elettrica, senza impieghi di combustibile,
sfruttando “l’effetto fotoelettrico”; ossia la capacità di alcuni semiconduttori, opportunamente trattati, di generare elettricità quando esposti alla radiazione luminosa. Per sviluppare questa progetto, Tegola Canadese ha instaurato una partnership con United Solar Ovonic, azienda leader a livello mondiale nel campo dei sistemi fotovoltaici, realizzando “Tegosolar”; la prima tegola fotovoltaica perfettamente integrabile nei tetti in tegola canadese, anche dove è richiesta alta valenza estetica e architettonica, come nei centri storici. La tecnologia adottata per la realizzazione del prodotto è quella del silicio amorfo a tripla giunzione, che utilizza, oltre la luce diretta, anche quella diffusa per catturare meglio i 3 colori dello spettro solare, garantendo una resa energetica che supera, fino al 20%, quella dei moduli tradizionali.
Tegosolar è flessibile, leggera, pedonabile, facile da trasportare e da posare, autopulente e resistente alla grandine, nonché antiriflettente e consente una veloce e facile ispezione e manutenzione dei collegamenti elettrici. Nell’ambito di una forte attività in Ricerca & Sviluppo, la società, da sempre attenta alle problematiche ambientali e all’innovazione di prodotto, e confermata leader di mercato in Europa per la produzione industriale di tegole bituminose rivestite in graniglia e/o metallo sia per tetti che pareti, investe in ricerche anche in termini di nanotecnologie e sulla progettazione di materiali con tecnologia fotovoltaica per tetti e pareti, valendosi di collaborazioni con varie università, laboratori di fisica-nucleare e consorzi di ricerca.
Metropoli sperimentali MVRDV/UWMS. Skycar City. A Pre-emptive Historys Actar, Barcelona, New York 2007 L'ipotesi presa in esame in Skycar City. A Preemptive History, libro a cura di Winy Maas e Grace La, è quella di una possibile liberazione della società dalle limitazioni che le citycars impongono al trasporto urbano, nonché alla comunicazione interpersonale, attraverso la loro sostituzione con le skycars che offrono all'utente una libertà di movimento pressoché assoluta. Questo porta anche, come diretta conseguenza, a una concezione di città completamente nuova. Tale idea prende spunto da un precedente scritto di Winy Mass, e contenuto nel libro di MVRDV, KM3, intitolato appunto SkyCarCity. “Possiamo aspettarci SkyCarCity quanto prima. Saranno studiate”, scrive l’autore, “le drammatiche possibilità dell'uso delle skycars che si muovono liberamente tra gli edifici. Questo porterà a città con strade a ogni livello, o forse a una città perfino senza strade. E’ una città dove le luci del traffico sono rimpiazzate con un sistema di navigazione a bordo della macchina. Essa può usufruire di parcheggi dovunque, e di avvalersi di un criterio del tutto rivoluzionato per gli indirizzi. E’ senza segni, perché questi saranno regolati da uno schermo nella macchina, funzionante mediante un’interspaziatura tridimensionale basata sulle possibilità di manovra della sky car ”. Il nuovo libro Skycar City, parte da una domanda cardine che Maas e La fanno comparire sul margine in basso della copertina: “Che cosa potrebbe accadere alle nostre città se fossero inventate delle macchine in grado di
volare: rispettose dell'ambiente, silenziose, disponibili skycars che si muovono senza arrecare disturbo tra gli edifici?”. L’interrogativo, riassume l’essenza del libro, in quanto, da un lato, manifesta una sorta d’esitazione o d’intima resistenza a proporre qualcosa di cui non sono note le conseguenze dei suoi effetti e, quindi, la volontà di controllare il problema in maniera razionale esaminando la questione in ogni sua possibile piega e, dall'altro, il fascino dell’azzardo che il tema pone, per la sua valenza utopica e che, tuttavia, stimola, incuriosisce, solletica a ricercare. Tale duplice atteggiamento concettuale è rafforzato da una serrata sequenza di ulteriori quesiti posti da Maas nelle pagine iniziali del libro. Le risposte “possibili” sollecitate da tale, singolare, ipotesi di studio, saranno diluite nel succedersi delle pagine, capitolo dopo capitolo, tuttavia, espresse con la consapevolezza di essere, per il momento, del tutto teoriche anche se impostate con un metodo scientifico. Del resto lo scopo dichiarato di tale studio è quello di contribuire a trasmettere una maggiore consapevolezza sul tema della città, della sua crisi in senso generalizzato, della sua incapacità a corrispondere alle necessità molteplici di una società globalizzata, nonché della necessità di affrontare l’impegno di una sua radicale trasformazione in un tempo più o meno prossimo. “Nel medioevo, il diametro delle città era, più o meno, pari a 5 chilometri (percorribili in un’ora di cammino a piedi), negli anni
Cinquanta pari a 15 chilometri (percorribili in un’ora di percorso in automobile), nel Duemila pari a 500 chilometri (percorribili in un’ora di volo aereo). Quale sarà l'identità del futuro sistema urbano quando le infrastrutture risulteranno cambiate in modo radicale?”. Con tale ulteriore domanda, gli autori affrontano il problema in maniera immediata e diretta prendendo in esame la skycar come sostituto dalla tradizionale citycar, ossia come strumento teorico/pratico per ipotizzare la crisi dell'attuale assetto urbano e della mobilità in senso tradizionale. “La skycar appare per la prima volta nelle pagine di Popular Mechanics, più di un secolo fa”, si legge nella premessa, “nell’aprile del 1906, quasi 15 anni dopo è immaginata nelle illustrazioni di Albert Robida. Venendo solo tre anni dopo il volo dei fratelli Wright e sei anni dopo l’automobile di Karl Benz, il concetto di skycar è stato presente per un secolo nei film, nella letteratura e nelle illustrazioni, esposizioni universali, libri di fumetti: è un’icona del futuro”. Così, partendo dall'elemento in sé rivoluzionario della skycar (non schiava della superficie e in grado di muoversi liberamente nello spazio), di cui peraltro il libro presenta dei modelli sperimentali, viene ad aprirsi un ventaglio di ipotesi progettuali volte a rispondere ad una serie di problemi che il veicolo pone: dai nuovi assetti di parcheggio, alle nuove tipologie urbane. In questo diverso tipo di metropoli i traffici leggeri saranno rimpiazzati con un
sistema di navigazione aerea, con la possibilità di parcheggiare in maniera più complessa e libera, all’interno di torri o in strutture alveolari a sviluppo verticale. L’obiettivo dello studio, è quello di prefigurare un mondo futuro in cui la congestione urbana, le difficoltà e i costi di comunicazione, di trasferimento da un luogo a un altro siano debellati attraverso la conquista di un diverso assetto basato sullo sviluppo spaziale della dimensione familiare-lavorativa-sociale, lontano dal radicamento al suolo dell’attuale sistema, alla sostanziale “bidimensionalità” del suo sviluppo. Michele Costanzo
Percorso formativo Laura Francesca Ammaturo L’esperienza del segno Pitagora Editrice, Bologna 2008, illustrazioni b/n, 152 pp Con questo volume, Laura Francesca Ammaturo traccia un percorso formativo di base alla progettazione per i futuri designer e architetti. Forte di un’esperienza accademica e professionale che la vede docente incaricato alla Facoltà di Disegno Industriale del Politecnico di Milano e architetto associato nello studio Arnaboldi e Partners, l’autrice fornisce attraverso le esperienze raccolte negli anni di insegnamento alcuni strumenti culturali e pratici per chi vuole approcciare l’universo progettuale.
Ammaturo ci indica con un linguaggio chiaro e diretto le basi per far proprio un atteggiamento in un continuo divenire evitando ricadute nella banalità e uniformità di soluzioni scontate e di facile assimilazione mediatica. Come sottolinea acutamente Maria Benedetta Spadolini nella prefazione “questo libro… cerca indubbiamente di far luce in modo propositivo sui meccanismi che regolano la percezione dei segni e la loro evoluzione , ma soprattutto indaga il campo del progetto nella sua globalità”.
I 24 capitoli, dai titoli immediati e persuasivi – i fondamenti dell’operatività…la forma della struttura…linguaggio e definizione…il colore, lo spazio, ecc. – introducono da subito allo spessore del contenuto la cui struttura si definisce come un vero e proprio metodo che, una volta assimilato, fornirà un “background tecnico/compositivo” applicabile a ogni settore e tipologia di progetto.
Daniela Colafranceschi Landscape + 100 words to inhabit it Gustavo Gili, Barcelona 2007, ill. in b/n, 208 pp Il libro vuole presentare i temi legati al paesaggio contemporaneo attraverso una collezone, agile e immediata, di termini, definizioni, idee, microstorie, brevi testi e annotazioni di alcuni dei protagonisti del settore.
evidenzia il ponte culturale e la continuità delle loro esperienze con quelle dell’architettura “radical” degli anni Sessanta.
Segnalazioni Andrea Bosco Benvenuti a Milano. La città delle città Edizioni CELIP, Milano 2007, illustrazioni a colori, 152 pp Collana diretta da Nicola Partipilo Volume esauriente e sintetico nei testi ottimamente corredati e splendidamente illustrati con foto di Piero Orlandi, Ci si inoltra, con un’escursione suggestiva, sulle tematiche della città vista nei propri famosi monumenti e riferimenti storici, e in quelli più moderni e noti che hanno sviluppato ed evidenziato nuove forme architettoniche, coerenti con le attuali culture e concetti. Ne consegue un confronto armonico che fa convivere tempi e spazi dei luoghi, stemperando polemiche e sofismi passatisti o genericamente nostalgici.
Florence Exit-Segnali e fermenti di una nuova generazione di architetti Artout Maschietto Editore, Firenze 2007, ill. a colori, 248 pp Catalogo dell’omonima iniziativa scoltasi fino a giugno 2007 presso il Teatro dell’Affratellamento di Firenze, il volume illustra le attività della giovane generazione di architetti fiorentini in una chiave di lettura che ne identifica il percorso coerentemente “fiorentino” e nel quale si
Emilio Isgrò La cancellatura e altre soluzioni Skira editore, Milano 2007, ill. in b/n, 270 pp Talento estroverso, Isgrò racconta nel libro quarant’anni delle proprie esperienze mediante intense riflessioni che provocano, analizzano, evidenziano e introducono nei percorsi dell’arte e nell’introspezione di un mondo apparente e supposto. Scrittore garbato, ironico e paradossale, Isgrò analizza con un’interiorità singolare personaggi reali quali protagonisti di riferimento culturale, storico e sociale, e consente di avvicinare l’emblematico messaggio della “cancellatura”, così da lui stesso evocata: “La cancellatura è come lo zero in matematica, chiamato a formare, da solo,
tutti i numeri e tutti i valori”. Patrizia Scarsella I colori del design – il progetto del colore come fattore successo dei prodotti industriali Franco Angeli, Milano 2008, ill. a colori, 124 pp Serie di architettura e design Esemplificando sette casi particolarmente significati nell’attuale contesto produttivo, il testo tratta il colore quale elemento particolarmente indicativo e di distinzione per i prodotti industriali come comprova Apple mediante il bianco traslucido dei propri computer, piuttosto che BTicino con i colori dei propri accessori o le nuove tinte “vintage” studiate per la nuova Fiat 500 o le colorazioni strepitose delle porte Lualdi sino all’extra withe del vetro Saint-Gobain Glass. Testimonial di riferimento la color designer Beatrice Santiccioli.
238 l’ARCA 109
COMPETITIONS + europaconcorsi
Albania – Tirana
1° Marco Petreschi (capogruppo/team leader), Giulia Amadei, Maurizio Pascucci, Nilda Valentin; coll.: Claudio Merler, Luca J. Senatore; cons.: Enzo Siviero, Livio De Santoli, Annio Calandrelli, Mauro Angeletti, Piergiorgio Santoro, Marco Travaglini 2° Dini Architettura Associati. 3° Studio Valle Progettazione
Restauro e Ampliamento della Banca di Albania a Tirana Il progetto per il restauro e l’ampliamento della Banca di Albania, opera di Vittorio B. Morpurgo, situata nella centro storico di Tirana, propone una soluzione alla complessa problematica relativa alla compatibilità tra nuovo e vecchio organismo architettonico. Renovation and Expansion of the Bank of Albania Building Competition for the renovation and expansion of the Bank of Albania building, originally designed by Vittorio B. Morpurgo, sited in Tirana city centre.
1°
1°
Corea del Sud/South Korea Incheon Concorso internazionale per la Cheongna City Tower La realizzazione della torre nell’area di Lake Park of Central District deve trasformare l’area in un confortevole ambiente di standard internazionale, promuovere gli investimenti in modo da divenire centro economico della regione dell’Asia Nord-Orientale, porsi come simbolo d’avanguardia con una torre osservatorio di grande altezza con funzioni per il turismo e il divertimento high-tech, simboleggiare la libertà della regione. International Competition for Cheongna City Tower Construction of City Tower at the main Lake Park of Central District is to transform IFEZ Cheongna into convenient and comfortable environment of international standards to uplift the stature as international city, to promote foreign investments to become economic center of North-East Asian region, to construct cutting-edge and super tall observatory tower introducing tourism/leisure and high-tech amusement functions and to symbolize the free economic zone as regional and national landmark.
1° Tower Infinity GDS Architects, Inc/GDS Korea Architects: Charles I. Wee, Jang, Jae Young,Hyun, Gun Bo 2° Inverse Obelisk Kunwon Architects Planners Engineers: Hahm, In Sun,Kang, Min Gu, Sinn, Dong Won, Kim, Young Kyoon, Lee, Jeong Jin 3° Urban Play BAAR: Burapa Prommul, Suchon Pongsopitsin Menzioni d’Onore/Honorable Mentions: A- Open Window To The World IaN+: Carmelo Baglivo, Luca Galofaro 1° B- Water Drop Tower SwiMcau: Robert MacLeod, Jennifer Daniels, Linda Daniels, Adam Casey, Richie/Gelles
Giuria/Jury: Craig Gibbons, Kenneth Hogg, Suk Won Kang, Jin Kyoon Kim, Sergio Zeballos, Yong Ho Yeo Committente/Client: Korea Land Corporation 2° Menzione A
Menzione B
3°
110 l’ARCA 238
1° ex aequo A- Zaha Hadid Architects B- Delugan Meissl Associated Architects, Vienna/Austria
Centro per le arti e la Cultura Darat King Abdullah II L’edificio, in posizione prominente nel centro di Amman deve essere pensato per ospitare tutti i tipi di performance artistiche, per le prove, incontri, insegnamento di teatro, musica, danza. Darat King Abdullah II for Culture and Arts Proposed at a prime location in the heart of the Jordanian capital, the complex is planned to house all types of performing arts. Conceived as a place to rehearse, discuss, teach, study and perform, the complex is to become the premier venue for theater, music and dance performances and education – a vital element of the cultural life and identity of Amman and all of Jordan.
3° C- Snøhetta, Oslo/Norway Finalisti/Shortlisted D- Atelier Christian de Portzamparc, Paris/France E- HLT - Henning Larsens Tegnestue, Copenhagen/Denmark F- Kerry Hill Architects, Singapore
Giuria/Jury: Omar Maani, Kifah Fakhoury, Michael Schindhelm, Lina Attel, Amer Bashir, Julia Bolles-Wilson, Gulzar Haider, Klaus Kada, Jafar Tukan, Dominique Lyon, Yousef Borno, Klaus Daniels, Wolfgang Moll, Rashad Shaheen, David T. Staples Committente/Client: Greater Amman Municipality (GAM) Amman/Jordan
+ europaconcorsi
A
COMPETITIONS
Giordania/Jordan – Amman
B
C
E
D F 1° Ming Tang, Dihua Yang 2° Luis Aguirre Manso 3° Shinya Okuda, Kung Yick Ho Alvin, Lam Yan Yu Ian
Spagna/Spain - Barcelona Concorso Casa Autosufficiente Il concorso richiedeva il progetto di una casa che si possa costruire da soli con materiali semplici e sistemi costruttivi innovativi. Self-sufficient housing Competition The competition asked for a self-built house which can be realized with simple raw materials and with innovative construction systems. Giuria/Jury: Yung Ho Chang, Turlif Vilbrandt, Young Joon Kim, Michel Rojkind, Josep Lluís Mateo, J.M. Lin, Julio Gaeta, Greg Lynn, Vicente Guallart, Willy Muller, Lucas Cappelli, Rodrigo Rubio, Daniel Ibañes Committente/Client: Institute for Advanced Architecture of Catalonia.
2°
1°
3°
238 l’ARCA 111