Cesare Maria Casati
Il risveglio di Milano
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eramente i segni premonitori che la città di Milano, dopo un decennio di narcosi nelle attività culturali particolari e negli eventi internazionali, volesse finalmente recuperare la sua identità, che nel passato l’aveva contrassegnata nel mondo come città non solo ricca, ma propositiva nelle arti e nelle scienze (dal design all’architettura, dall’arte alla moda), erano già intuibili con il recupero della Triennale guidata da Davide Rampello e la realizzazione della nuova Fiera progettata da Massimiliano Fuksas. Ora Milano, con l’assegnazione da parte del BIE dell’incarico di realizzare la prossima Esposizione Universale del 2015 dedicata al tema “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, ha una possibilità unica per rimediare alle troppe assenze ingiustificate e sperimentare, forse tra le prime città al mondo, come un vasto territorio, situato ai suoi confini, possa diventare, a prescindere dell’evento espositivo, che durerà solo sei mesi, un vero e proprio laboratorio sperimentale per studiare come, nel prossimo futuro, l’esistenza urbana di decine di migliaia di persone possa svolgersi in un benessere compatibile con le nuove possibilità energetiche e alimentari che il pianeta ci consentirà. E’ evidente che nel 2015 e nei decenni successivi il modello di sviluppo e la qualità della vita a cui siamo abituati dovrà cambiare, e non necessariamente in peggio, se architettura, infrastrutture e costumi sapranno mutare radicalmente. Nella prima Esposizione Universale del 1851, a Londra, al di là della manifestazione espositiva voluta dal Principe Alberto, Joseph Paxton inventò letteralmente, con il progetto del Cristal Palace, un nuovo linguaggio architettonico fondato sul principio di prefabbricazione industriale, proponendo un edificio interamente in ferro e vetro. Da allora, basterà ricordare la torre Eiffel, per l’Expo di Parigi del 1900, o la biosfera di Buckminster Fuller per l’Expo di Montreal del 1967 per comprendere come ogni esposizione sia sempre stata utilizzata per impegnarsi in record progettuali e sperimentare strutture e spazialità al di fuori dell’utopia. Anche l’unica Expo finora realizzata a Milano, quella del 1906, quando fu smontata lasciò un’area urbanizzata su cui poi venne costruita la Grande Fiera Internazionale di Milano; area che ora con lo spostamento della Fiera a Rho, diventerà un nuovo brano di città, destinato a testimoniare anch’esso, con la qualità internazionale e contemporanea dei progetti degli edifici che vi sorgeranno, la volontà di Milano di competere, almeno nel linguaggio architettonico, con le grandi città europee. E’ evidente che l’Expo 2015 sarà una sfida poderosa, non tanto per i risultati positivi che l’evento porterà all’economia della città e del Paese intero, quanto perché sarà un vero esame di maturità per la città e per tutti coloro che saranno chiamati a progettare, indirizzare e gestire il progetto, e soprattutto per la destinazione futura di quelle aree. La città, o una proposta pilota di nuova città, che sorgerà dopo l’Expo penso debba assolutamente essere ideata, programmata e progettualmente impostata prima del progetto dell’Expo, vale a dire immediatamente. Sulle aree ad essa destinate, adiacenti alla nuova Fiera di Fuksas, dovrebbe sorgere un agglomerato urbano completamente nuovo nell’impostazione urbanistica, infrastrutturale e architettonica, che tenga conto, nella sua forma urbana, degli attuali modelli di vita dei cittadini, la cui qualità sta sempre più decadendo in attesa di trovare nuovi equilibri sul piano etico, fisico e ambientale che siano sostenuti anche da un corretto consumo di risorse energetiche. Il problema drammatico è oggi quello di coniugare nel tessuto urbano costruito felicità e benessere con un rapporto non conflittuale con la natura e con l’architettura, nonché quello del corretto consumo delle risorse naturali per garantire uno sviluppo possibile. Allora sarà necessario che da subito la città di Milano, responsabile interamente anche del dopo Expo, lanci al più presto una serie di concorsi internazionali di idee per chiamare tutto il mondo progettuale a proporre proposte originali e partecipare a questo grande “laboratorio” per individuare le “staminali” che nel futuro sappiano costruire tessuti abitabili e lavorativi, compatibili con il progresso scientifico e sociale contemporaneo e meno con la cultura del conosciuto e del tradizionale e del mercato immobiliare attuale ancora intriso di pregiudizi e sovrastrutture medioevali. Penso a concorsi aperti a tutti i progettisti dove si potrà, finalmente, verificare se i grandi “maestri” italiani e del mondo, titolari di studi di grandi dimensioni aziendali, vorranno generosamente partecipare mettendo a disposizione il loro sapere e le loro idee senza ingaggi “stellari” e senza garanzie. Un po’ come avvenne per il concorso del Centre Pompidou di Parigi dove parteciparono più di 500 architetti da tutto il mondo, famosi, famosissimi e vinsero il confronto con un grande e progetto innovativo dei giovanotti allora sconosciuti come Renzo Piano, Richard Rogers e Peter Rice di circa trenta anni. Il loro progetto è diventato l’icona incontestata dell’architettura postrazionalista che ha aperto la strada all’espressivismo tecnologico ancora attuale. L’impegno nostro sarà nei prossimi mesi di seguire attentamente l’evoluzione della “gestazione” del progetto dell’Expo di Milano e del suo “dopo” per collaborare alla massima trasparenza e stimolare i responsabili al raggiungimento dei massimi risultati.
The Awakening of Milan
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fter about a decade of slumbering in terms of culture and international events, the first signs that the city of Milan really wanted to recover its identity, which in the past had marked it out around the world as a city which was not just wealthy but also full of ideas in the realms of the arts and sciences (from desiring and architecture to art and fashion), could already be sensed in the restoration of the Triennial, under the supervision of Davide Rampello, and the construction of the new Trade Fair designed by Massimiliano Fuksas. Now that the BIE has awarded Milano the honour of organising the 2015 world Expo devoted to the theme of “Nourishing the Planet, Energy for Life”, it has a unique opportunity to make up for its excessive shortcomings over recent times and to experiment, perhaps one of the first cities in the world to do so, on how a vast territory, situated on its borders, can become an authentic experimental laboratory for studying how, in the near future and quite aside from the exhibition event (which will only last six months), tens of thousands of people can live comfortably and compatibly with the latest energy and food possibilities provided by the planet. In 2015 and subsequent decades, the kind of growth model and quality of life we are used to will have to change, but not necessarily for the worse, if architecture, infrastructures and behavioural patterns can be radically modified. At the first World Fair held in London in 1851, apart from the exhibition event commissioned by Prince Albert, Joseph Paxton literally invented a new architectural language based on the principle of industrial fabrication in his project for the Crystal Palace, designing a building made entirely of iron and glass. After that we need only mention the Eiffel Tower designed for the 1900 Expo in Paris and the biosphere Buckminster Fuller designed for the Montréal Expo in 1967 to point out how all these exhibitions have been used to embark on record-breaking designs, experimenting with structures and spatial designs beyond the realms of even utopian dreams. Even the only Expo so far held in Milan back in 1906 bequeathed an urbanised area after it was dismantled, where the Milan International Trade Fair district was then built; an area which, now that the Trade Fair has been transferred to Rho, will become a new fragment of the cityscape, which will also testify, thanks to the international cutting-edge status of the building projects soon be located there, to Milan’s desire to compete, at least in terms of architectural language, with Europe’s other leading cities. Expo 2015 will be a mighty challenge, not so much in terms of the positive repercussions of the event on the city’s economy and the nation as a whole, as due to the fact that it will be a real acid test for the city and for all those commissioned to design, direct and manage the overall project, and, first and foremost, for the future destination of the areas involved. I think that the city, or a pilot idea for a new city to be built after the Expo, must necessarily be thought up, planned and designed even before the Expo event, or, in other words, right away. In the areas designated for this purpose alongside Fuksas’s new Trade Fair, an urban agglomeration ought to emerge, which is completely new in terms of its urban, infrastructural and architectural layouts and whose urban form must bear in mind its inhabitants’ lifestyles, whose status seems to be constantly dropping while awaiting new ethical, physical and environmental balances to be found, also backed up by the proper management of energy resources. The dramatic issue we are facing today is the need to integrate happiness and well-being into non-conflictual interaction with nature and architecture within the urban fabric, not to mention the proper handling of natural resources in order to guarantee potential growth. This means it is absolutely vital that Milan City Council, which is entirely responsible for the post-Expo situation, launch a series of international ideas competitions as soon as possible, in order to invite the international design community to come up with some original ideas and get involved in this giant “workshop” in order to identify the “staminals” which, in the future, will enable the construction of places for living and working in, compatible with modern-day scientific and social progress and much less geared to conventional/familiar culture and the present-day property market, which is still full of prejudice and mediaeval superstructures. I am referring to competitions open to all those designers who, finally, will be able to assess whether the great “masters” from Italy and around the world (heads of major corporate firms) will be willing to generously make their know-how and ideas available without expecting massive fess or guarantees. Something similar to what happened with the competition to design the Pompidou Centre in Paris, which saw over 500 famous and even very famous architects from all over the world take part and the eventual victory of a wonderful and highly innovative project designed by three very young and unknown architects back then, Renzo Piano, Richard Rogers and Peter Rice, who were only about 30 years old. The project has become an undisputed icon of post-rationalist architecture, which also opened up the way to the kind of technological expressionism which is still very up-to-date. Over coming months we will be committed to carefully following developments in the “gestation” of Milan’s Expo project and also the “post-Expo period”, in order to ensure maximum transparency and encourage those responsible for its undertaking to achieve the best possible results. 236 l’ARCA 1
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energie rinnovabili, facilità d’uso, visibilità e affordance, valori qualitativi, funzionali e comunicativi. L’edizione 2008 del premio conferma questa sua peculiarità – che rispecchia, come è ovvio, una più vasta situazione culturale – e la rilancia anzi sul terreno della ricerca tecnica, dell’affinamento formale, delle relazioni ambientali. In controluce, nei sessanta prodotti individuati, si può leggere una profonda trasformazione della struttura formale del nostro mondo: i contorni delle cose si fanno sinuosi, le linee si aggrovigliano in suadenti intrecci, i colori si rincorrono lungo tutta la gamma dello spettro cromatico, i volumi si plasmano in morbide volute. A ben guardare, però, questa metamorfosi formale non ha alcunché di superficiale, di decorativo, come accadeva ai vecchi prodotti industriali. Al contrario, essa è resa possibile, se non addirittura imposta, da sofisticate tecnologie e da materiali di ultimissima generazione, che aprono al progetto nuove e impensabili frontiere. È per l’appunto su questo orizzonte che si innesta l’attenzione ai valori sociali e ambientali da cui il premio prende, per così dire, le mosse. Se la medesima
l “Well-tech award”, il premio dedicato all’innovazione tecnologica, è giunto, con l’edizione 2008, al suo settimo anniversario. Frutto di una costante attività di ricerca e monitoraggio da parte dell’Osservatorio Well-Tech, fondato nel 1999, il premio viene assegnato, con cadenza annuale, a una selezione dei sessanta migliori prodotti che in tutto il mondo si sono distinti per l’innovazione tecnologica, la sostenibilità, l’accessibilità e la qualità della vita. Commentando l’edizione del 2007 (l’Arca, 226, giugno 2007), osservavamo come la particolare angolazione critica e valutativa del premio mettesse in luce la complessità degli aspetti che compongono attualmente la figura del prodotto industriale, incerto tra la denotazione classica di “oggetto d’uso” e le molteplici connotazioni che intorno ad essa si addensano, da quella di oggetto tecnologico a quella di immagine, da quella di pura merce a quella di particella linguistica, con un moltiplicarsi delle funzioni che spaziano dall’ergonomia alla psicologia, dall’estetica alla sociologia, dall’invariante antropologica al mutamento storico. Di ciò fanno del resto fede i criteri di valutazione adottati dagli organizzatori di Well-Tech Award: riduzione dei consumi, applicazioni di materiali ed
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1 Ivan Palmini: All+ - Panca Loco. 2 Aptera Motors – Typ-1. 3 Verdier Light Caravaning – Verdier Solar Power. 4 CNR-ISOF (Centro Nazionale delle Ricerche-Istituto per la Sintesi Organica e la Fotoreattività): OLED Bianco.
ineccepibile cura delle strutture operative e dei particolari, tanto tecnici e funzionali, quanto estetici e formali, può essere assicurata sia ai prodotti destinati ai mercati dei Paesi più industrializzati, sia a quelli della zone più povere del pianeta, il merito va a uno sviluppo tecnologico che consente, se indirizzato nel modo giusto, di risolvere problemi minimali, eppure quasi insormontabili in certe situazioni, e problemi di elevatissima difficoltà. Non per nulla, in questo Well-Tech Award, troviamo posti sullo stesso piano il “Q Drum” che serve a trasportare l’acqua nelle lande africane e il “Typ-1”, un sofisticato veicolo a tre ruote, la “Vertical farm”, un grattacielo tecnologico della Columbia University, e la “Bogo Light”, una ingegnosa torcia elettrica destinata alle zone in cui è assente ogni forma di illuminazione, lo “Zypad WL1100”, un raffinatissimo computer, e il “Playpump Water Systems”, un sistema di pompaggio che funziona come una giostra per bambini. Il mondo si rinnova, e il design si fa interprete di questo rinnovamento. La lezione sembra chiara: basta solo prenderne atto. Maurizio Vitta
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5 Myers Motors: No More Gas (NMG) Personal Electric Vehicle. 6 Sun Ovens International: Global Sun Oven. 7 Horizon Fuel Cell Technologies: Renewable Energy Educational Kit. 8 Ross Lovegrove (con/with Sharp Solar): Artemide Solar Tree. 9 SunNight Solar: BoGo(Buy One Give One) Light.
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he “Well-tech Award” for technological innovation has now reached its seventh edition in 2008. Based on constant research and monitoring work carried out by the Well-Tech Observatory, set up in 1999, this annual prize is awarded to a selection of the sixty best products worldwide, which stand out for theri technological innovation, sustainability, accessibility, and quality of life. Commenting on the 2007 edition (l’Arca n.226, June 2007), we pointed out that the award’s own particular critical and evaluative viewpoint has managed to highlight the complexity of the various aspects currently contributing to create an industrial product, poised between its classical categorisation as an “everyday object” and all the other connotations associated with it: technological object, image conveyer, pure product, and even linguistic particle. Its multiple functions range from ergonomics to psychology, from anaesthetics to sociology, and from anthropological invariance to historical change. All these factors are duly taken into account in the guidelines adopted by the organisers of the Well-tech Award: reduction in consumption, applications of renew-
able materials and energy, ease of usage, visibility and affordance, qualitative-functional-communicational considerations. The 2008 edition of the award maintains its distinctive connotations -which, as is only to be expected, mirror a much broader cultural state of affairs - and even projects them into the field of technical research, stylistic refinement and environmental relations. The 60 products chosen provide an insight into the deep transformation under way in the formal structure of our world: outlines are now more sinuous, lines are intertwined into seductive weaves, colours draw on the entire chromatic spectrum, and structures are shaped into softly spiralling forms. Upon closer inspection, however, this stylistic metamorphosis has nothing superficial or decorative about it, as was the case with old-fashioned industrial products. On the contrary, it is made possible (or even imposed) by sophisticated technology and the very latest generation of materials, which open up new and previously unthinkable frontiers for design. This is the backdrop against which the award now focuses careful attention on social and environmental issues. The fact that the same meticulous care is 6
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1 BodyMedia: Sense Wear Patch. 2 Beurer: PM100. 3 Spidi Sport/Spidi Safety Lab: DPS 03 Airbag. 4 Leura: Mimmamà Armchair.
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taken over operating structures and technical/functional and aesthetic/formal features of products designed for both markets in industrialised countries and also in poorer areas of the world may be attributed to technological progress, which, if pointed in the right direction, can even solve those rather simple yet seemingly insuperable issues, as well, of course, as problems of the very highest degree of difficulty. It is no coincidence then that this edition of the Well-Tech Award places the “Q Drum”, designed for transporting water in African countries, “Typ-1”, a sophisticated three wheeled vehicle, “Vertical Farm”, a technological skyscraper at Columbia University, “Bogo Light”, an ingenious electric torch designed for areas where there is absolutely no form of lighting, “Zypad WL1100”, a highly elaborate computer, and “Play Pump Water Systems”, a pump system which also acts as a children's ride, all on the same plane. The world is changing and design is interpreting all this change. The lesson to be learnt is obvious: we need only take act of the changes underway. Maurizio Vitta
5 Briteobjects: The Webble. 6 Adaptive Path: CHARMR monitoring system for diabetics. 7 Didrick Medical Inc.: X-Finger. 8 Streetsurfer International: Streetsurfer. 9 R82: X Panda chair. 10 Trerè Hosiery Innovation: Fennec Runningshirt. 11 MED (Microemissive Display): Eyescreen.
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WELL-TECH AWARD 1 Q Drum Water container.
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2 Playpumps International: Playpump Water Systems. 3 Alberto Meda, Francesco Gomez Paz: Solar Bottle. 4 David Trubridge, Whiteflax, Centro Ricerche Enrico Baleri: Emily Lamp. 5 Eurotech Group: Zypad WL1100 Wearable Computer.
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2008 6 Lifesaver Systems: Lifesaver Bottle.
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7 Handsfree Transporter. 8 Columbia University: Vertical Farm. 9 Mass Studies: Tower in the Park, Seoul Commune 2026.
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Le infrastrutture e l’architettura della globalizzazione di/by Mario Virano
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11 novembre 2001, due mesi esatti dopo l’attentato alle Torri Gemelle di New York, la Cina è entrata nel W.T.O. Quel giorno può essere considerato la data simbolo che ha reso percepibile all’opinione pubblica internazionale il fenomeno epocale della “globalizzazione”: un processo rapido e contraddittorio che sta cambiando gli equilibri fra gli Stati, le relazioni commerciali, le localizzazioni produttive, la mobilità delle persone, delle merci e dei capitali a scala planetaria, ma che incide anche sulla esistenza quotidiana e sullo stile di vita di ciascun individuo in ogni angolo del mondo. In questo contesto dove va l’architettura? Quali sono gli oggetti emblematici e i caratteri peculiari della progettazione urbana, infrastrutturale e del design ai tempi della globalizzazione? Ci possono aiutare le riflessioni di Jacques Attali contenute nella sua Breve storia del Futuro (in cui riecheggiano alcune profetiche intuizioni degli anni Settanta di Roberto Vacca sul Medioevo prossimo venturo). Egli pone l’accento sui fenomeni del nuovo “nomadismo” in cui si integrano mobilità fisiche e virtuali, espressione di randagismi esistenziali indotti da inedite esigenze di flessibilità e rischi di precarietà. Il design deve così fare i conti con “oggetti nomadi” che accompagnano, aiutano, completano, collegano, divertono, illudono le persone in movimento: per esempio, grazie a Internet, il telefono portatile diventa lettore video, macchina fotografica, tele ricevitore, editor di blog ecc., secondo un inarrestabile processo di integrazione infotelematica e di miniaturizzazione dei componenti che ne mutano radicalmente il carattere: da oggetto “altro” rispetto alla persona che lo possiede, a dotazione integrativa del corpo e delle sue facoltà, ovvero “protesi”, non più dissimulata in quanto rivelatrice di una deficienza, ma esibita quale indice di un accresciuto potenziale relazionale col mondo. Nella sua drammatica straordinarietà il “caso Pistorius” è emblematico del mutamento in corso nel rapporto tra tecnologia, design e corpo umano (oltre la nozione abituale di normalità): le sue gambe mancanti non sono rimpiazzate da una copia mimeticamente dissimulata al meglio, ma sostituite da lamine arcuate di raffinata esecuzione tecnica e un disegno assolutamente non antropomorfo. L’esclusione dai Giochi olimpici di Pechino per il rischio di un eccesso di prestazioni che sarebbe consentito dalle protesi la dice lunga sui cambiamenti in atto. Quando poi il design farà i conti anche con le biotecnologie, il quadro degli “oggetti nomadi” di cui parla Attali (con il carattere di protesi griffata) assumerà una inarrestabile pervasività, ben maggiore di quella degli occhiali che vediamo come presenze ormai quasi naturali in ogni parte del mondo. Il crescente nomadismo legato alle scelte di vita, di lavoro e di svago, si traduce in una crescente mobilità che Internet e l’infotelematica non solo non hanno limitato, ma hanno ulteriormente incentivato (destrutturando i ritmi cadenzati del pendolarismo storico), accrescendo le opportunità di contatto e gli stimoli a viaggiare. L’architettura ai tempi della globalizzazione è quindi in larga misura emblematizzata dalle architetture della mobilità per gli apprendisti nomadi dell’inizio del terzo millennio: l’Arca, in questo numero, presenta alcuni esempi significativi. E’ difficile individuare le tendenze prevalenti, ma qualche riflessione può essere proposta alla discussione: anzitutto emerge una netta prevalenza dei nodi rispetto alle linee e alle reti, qualunque sia la modalità considerata: aria, acqua, ferro, gomma. Prevalgono dunque i terminal aeroportuali, le aree di servizio autostradali, le stazioni ferroviarie e marittime come grandi temi architettonici. Si tratta sempre di complesse macchine al servizio delle esigenze di mobilità dei neo-nomadi di breve e di lungo corso, con un elevato livello di integrazione fra le molteplici funzioni occorrenti: parcheggi di interscambio, intermodalità, distribuzione interna, informazione, sicurezza e confort per i viaggiatori, servizio pubblico di trasporto e aree di business privato. Quindi il valore d’uso è sempre rigorosamente perseguito unificando, attraverso il progetto, le molteplici e contraddittorie competenze che devono convivere. Ma il tratto saliente di queste esperienze è il superamento della mera efficienza funzionale, per ricercare oltre il valore d’uso, valori simbolici, suggestioni di immagine, e ricchezza di significati capaci di parlare all’immaginario degli utenti e alla sensibilità delle comunità locali interessate. In questo senso ogni aeroporto e ogni stazione sono anche “monumenti” del trasporto e templi laici della mobilità; si propongono di offrire al viaggiatore non solo un servizio, ma anche il senso identitario di un luogo di provvisoria stanzialità “hic et nunc”, in attesa di un imminente “altrove” a cui conduce il viaggio, proponendo alla percezione distratta del nomade metropolitano una tenda ospitale da memorizzare nei suoi frammentari ricordi pendolari. A questo proposito si può osservare che nell’esame delle criticità del caso Malpensa, si sono giustamente sottolineate le carenze infrastrutturali di collegamento stradale e ferroviario, mentre si è pressoché ignorato finora il problema della mancanza di identità architettonica dell’aeroporto e il suo anonimato simbolico: senza un volto riconoscibile da ricordare, non può esserci leadership, né in politica e neppure sul territorio e nei trasporti. La nuova architettura della mobilità sembra quindi voler contraddire Marc Augé creando “luoghi” anziché “non luoghi” proprio in quei nodi di servizio in cui è più facile smarrire il senso dello spazio e della vita che in esso vi transita. L’ostentata diversità che sembra programmaticamente voler rimarcare l’identità di ogni singolo intervento, lascia trasparire un tratto comune che si potrebbe definire di internazionalismo metodologico-culturale prima ancora che stilistico: sembra cioè emergere una sorta di intercambiabilità dei progetti rispetto ai siti di insediamento, come se la globalizzazione delle reti di cui queste opere sono gangli cruciali, dovesse anche comportare una de-territorializzazione in cui i rendering di simulazione sostituiscono la realtà del suolo, della vegetazione e dell’antropizzazione storica. In questa standardizzazione sotterranea dei concetti, che genera oggetti architettonici irriducibili “ad unum”, il vetro trionfa come elemento linguistico fondamentale che caratterizza largamente l’immagine. Le grandi sfide per l’architettura ai tempi della globalizzazione, nel campo della mobilità, dei trasporti e delle infrastrutture consistono però nell’estendere l’attenzione progettuale dai punti singolari dei nodi di eccellenza, alle reti, alle linee e al loro rapporto con i territori, i paesaggi e il “genius loci” dei contesti attraversati; più in generale si pone il tema cruciale della sostenibilità energetica e della compatibilità ambientale. Ampliando ancora l’ottica sarà essenziale fare i conti con i grandi numeri delle megalopoli e la pressione demografica evitando la logica solo difensiva dei recinti (reali e virtuali) che trasformano le città da “cosmopolis” a “claustropolis” come ci insegna Paul Virilio. Per l’Italia c’è una sfida in più: rilanciare con forza il tema della progettazione di qualità del nuovo, a partire dalle infrastrutture, per immaginare e realizzare, attraverso il progetto, un futuro credibile, auspicabile e perseguibile; il senso del limite che ci viene dalla storia con i suoi vincoli, e la consapevolezza del valore delle preesistenze non può generare solo blocco, impedimento a operare e mera conservazione: se si accredita l’idea che ogni nuovo progetto è anzitutto una minaccia potenziale per ciò che già c’è e non può che peggiorare l’esistente, si finisce per cadere nel paradosso di Pangloss che, (nel Candide di Voltaire) è convinto di vivere nel migliore dei mondi possibile. Il che, com’è noto, è palesemente non vero.
Infrastructures and the architecture of globalisation
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n 11th November 2001, exactly 2 months after the attack on the Twin Towers in New York, China joined the W.T.O. That day may be considered the symbolic date when international public opinion became aware of the époque-making phenomenon of globalisation: a fast and contradictory process which is changing balances between states, trade relations, production locations, and the transportation of people, goods and capital on a planetary scale, but which is also affecting the everyday life and lifestyle of every single person all over the planet. So in this context, where is architecture going? What are the emblematic objects and distinctive traits of urban and infrastructural planning and design in the age of globalisation? Jacques Attali’s thoughts in his Brief History of the Future (echoing some of Roberto Vacca’s prophetic intuitions from the 1970s in The Middle Ages of the near future) might come to our aid here. He focuses on phenomena related to a new nomadism, in which physical and virtual mobility come together as an expression of existential wanderings induced by hitherto inexistent needs for flexibility and risks of precariousness. So design must come to terms with the nomadic objects which accompany, help, complete, connect, entertain and deceive people in motion: for example, thanks to the Internet, a mobile phone can now be used as a video player, camera, TV receiver, blog editor etc, according to an unstoppable process of info-telematic integration and miniaturisation of components radically altering its nature: from being objects “extraneous” to the person who owns them to special integrations to the body and its faculties or, in other words, prostheses which are no longer dissimulated because they reveal a defect, but rather shown off as a sign of greater relational potential with the world. The so-called “Pistorius case”, in all its dramatic extraordinariness, is emblematic of the changes under way in relations between technology, design and the human body (beyond the usual notion of normality): his missing legs are not substituted by copies designed to be as unnoticeable as possible, but rather replaced by curved laminas of refined technical precision and an absolutely non-anthropomorphic design. The fact he has been excluded from the Beijing Olympic Games due to the risk that these prostheses might help him over-perform tells us a lot about the changes underway. When design finally come to terms with biotechnology, the framework of nomadic objects which Attali talks about (reminiscent of designer prostheses) will become even more pervasive than the kind of glasses and spectacles which we now see as an almost natural presence all over the world. Growing nomadism linked with choices in terms of lifestyle, work and leisure time translates into greater mobility, which the Internet and info-telematics not only have not in any way constrained, but have actually encouraged (destructuring the regular rhythms of old-fashioned commuting), increasing the opportunities for contact and incentives to travel. Architecture in the age of globalisation is, therefore, largely symbolised by the architectural works of mobility for the apprentice nomads of the early third millennium: this issue of l’Arca will be presenting some interesting examples. It is hard to detect the main trends, but it is possible to make some remarks worth discussing: first and foremost, nodes are much more prevalent than lines and networks, whatever the means of transport being considered: air, water, rail or road. Hence the predominance of airport terminals, motorway service areas, railway stations and seaports, as major architectural issues. These are all intricate machines serving the transport needs of neo-nomads travelling short and long distances, with a high degree of integration between all the various functions involved: junction car parks, inter-modality, internal distribution, information, passenger safety and comfort, public transport services and private business areas. This means that the practical side of these matters is always rigorously pursued by bringing together (through a project) the various contradictory services that must coexist. But the most salient feature of experiences like these is the moving beyond mere functional efficiency to seek out (in addition to practical considerations) the symbolic values, image-related factors and wealth of meanings capable of speaking to users’ imaginations and the sensibility of the local communities involved. In this respect, every airport and every station are also monuments to transport and secular temples to mobility; they set out to provide travellers not just a service, but also with an identifying sense of place and of “hic and nunc” transient stability, while awaiting an imminent “elsewhere” at the end of the journey, providing metropolitan nomads with a hospitable tent to be remembered in his fragmentary commuter recollections. In relation to this, it may be noted that when examining the critical nature of the Malpensa affair, emphasis has rightly been focused on the infrastructural shortcomings of road and rail links, while the question of airports’ lack of any architectural identity and its symbolic anonymity has been almost totally overlooked until now: without any recognisable face to remember, there can be no leadership either in politics or in the territory and its transportation services. Architecture in the transport sector seems to be trying to contradict Marco Augé by creating “places” rather than “non-places” when it comes to those service modes where it is easiest to lose a sense of space and of the life passing through these spaces. The kind of flaunted diversity, which seems to be programmatically attempting to mark the identity of each individual project, reveals a common trait which might be described as methodological-cultural (rather than stylistic) internationalism: in other words, these projects seem to be relatively interchangeable in relation to their sites, as if the globalisation of the networks in which these works are crucial ganglions had, necessarily, to involve de-territorialisation in which simulations replace the reality of the ground, vegetation and historical anthropization. In this subterranean standardisation of concepts, which generates architectural objects which are irreducible “ad unum”, glass triumphs as the basic linguistic element generally characterising image. The great challenges facing architecture in the age of globalisation in the field of mobility, transport and infrastructures consist, however, in extending the attention of design from the individual points of these nodes of excellence to networks, lines and other relations to the surroundings, landscapes and “genius loci” of the contexts they pass through; more generally speaking, this raises the crucial issue of energy sustainability and environmental compatibility. Broadening our horizons even further, it will be vital to come to terms with the great numbers involved in megalopolises and demographic pressure, carefully avoiding the truly defensive logic of constructing fences (both real and virtual), which will turn a city from a “cosmopolis” into a “claustropolis”, as Paul Virilio calls them. Italy faces an added challenge: to powerfully re-launch the question of high-quality new design, starting with infrastructures, in order to use new projects to envisage and realise the kind of credible future worth pursuing; the sense of a limit, which comes from history with all its constraints, and an awareness of the value of what is already in place cannot merely result in blockage, non-intervention or mere conservation: if we give credit to the idea that every new project is, first and foremost, a potential threat to what is already there and something which can only worsen matters, we will end up falling into the paradox of Pangloss, who (in Voltaire’s Candide) is convinced he lives in the best of all possible worlds. Something which, as we all know, obviously is not the case. 236 l’ARCA 11
Credits Project: Foster + Partners Norman Foster, Mouzhan Majidi Project Team: Brian Timmoney, Loretta Law, Steven Chiu, Jonathan Parr, Michael Gentz, Luke Fox, Richard Hawkins, Mark Atkinson, John Ball, Cara Bamford, Alan Chan, Young Wei-Yang Chiu, Roberto Davolio, Marcos De Andres, Rodrigo de Castro Pereira, Gunnar Dittrich, Wulf Duerrich, Andrea Etspueler, Tie Fan, Colin Foster, Kristin Fox, Marco Gamini, Gabrielle Ho, Darryn Holder, Da Chun Lin, Jun Luo, Andy McMullen, Justin Nicholls, David Picazo, Sean Roche, Riko Sibbe, Danny Sze, Pearl Tang, William Walshe, Joyce Wang, Irene Wong, Shyue-Jiun Woon, Zheng Yu, Jean Wenyan Zhu Local collaborating architect (LDI): BIAD (Beijing Institute of Architectural Design) Airport Consultant: NACO Structural and Mechanical Engineers: Arup Landscape Architect: Michel Desvigne Lighting Consultant: Speirs and Major Quantity Surveyor: Davis Langdon Baggage Handling Consultant: BNP Associates Inc. APM and Airport Engineering Consultant: Logplan GmbH Fire Consultant: Arup Facade Maintenance Consultant: Reef U.K. Retail Consultant: Design Solutions Architectural Technical Specifications: Schumann Smith Joint Venture: NACO Foster Arup Client: Beijing Capital International Airport Company Ltd.
Foster and Partners New International Terminal Beijing Il nuovo terminal internazionale di Beijing è l’edificio aeroportuale più grande e più avanzato – non solo tecnologicamente, ma anche in termini dell’esperienza offerta ai passeggeri, dell’efficienza operativa e della sostenibilità. Completato in tempo per essere la porta verso la città per gli atleti che parteciperanno alla 29° Olimpiade, è stato progettato per essere accogliente e ispiratore. A simbolo della nazione, la copertura aerodinamica si libra con la forma di un dragone per celebrare l’emozione e la poesia del volo e per evocare i colori e le forme espressive cinesi. Collocato tra l’esistente pista est e la futura terza pista, il nuovo terminal insieme al Ground Transportation Centre (GTC) racchiude una superficie di 1.3 milioni di metri quadrati che si è stimato ospiteranno, entro il 2020, 50 milioni di passeggeri all’anno. Sebbene sia stato concepito con una scala senza precedenti, il progetto dell’edificio è una estensione del nuovo paradigma della tipologia aeroportuale posto prima per Stansted e poi per Chek Lap Kok. E’ stato progettato per avere la massima flessibilità in grado di poter affrontare l’imprevedibile natura dell’industria aerea e, come i suoi predecessori, mira a risolvere tutte le complessità del viaggiare aereo contemporaneo, combinando chiarezza spaziale con alti standard di servizio. I collegamenti con il trasporto pubblico sono completamente integrati, le distanze da percorrere a piedi sono ridotte, pochi i cambi di livello e minimizzati i tempi per i transfer da un volo all’altro. Come Chek Lap Kok, il terminal si apre ad ampi panorami verso l’esterno ed è realizzato sotto una sola copertura unificante, i cui lucernari lineari fungono sia a migliorare l’orientamento sia come fonte di luce naturale. La sequenza cromatica attraverso l’edificio passa dal rosso al giallo. Il terminal, come detto, si evidenzia anche come uno degli edifici più sostenibili mai realizzati finora. Incorpora una serie di concetti ambientali passivi, quali l’orientamento sud-est dei lucernari, che ottimizza il guadagno di calore dal sole mattutino e un sistema integrato di controllo ambientale che minimizza il consumo di energia. In termini costruttivi, il progetto è stato realizzato cercando di ottimizzare le performance dei materiali selezionati sulla base della loro disponibilità locale, funzionalità, sfruttamento delle capacità locali ed economicità di reperibilità. Da rimarcare il fatto che sia stato realizzato in soli quattro anni. Beijing’s new international terminal is the world’s largest and most advanced airport building - not only technologically, but also in terms of passenger experience, operational efficiency and sustainability. Completed as the gateway to the city for athletes participating in the twentyninth Olympiad, it is designed to be welcoming and uplifting. A symbol of place, its soaring aerodynamic roof and dragon-like form celebrate the thrill and poetry of flight and evoke traditional Chinese colours and symbols. Located between the existing eastern runway and the future third runway, the terminal building and Ground Transportation Centre (GTC) enclose a floor area of 1.3 million square metres and will accommodate an estimated 50 million passengers per annum by 2020. Although conceived on an unprecedented scale, the building’s design expands on the new airport paradigm created by Stansted and Chek Lap Kok. Designed for maximum flexibility to cope with the unpredictable nature of the aviation industry, like its predecessors, it aims to resolve the complexities of modern air travel, combining spatial clarity with high service standards. Public transport connections are fully integrated, walking distances for passengers are short, with few level changes, and transfer times between flights are minimised. Like Chek Lap Kok, the terminal is open to views to the outside and planned under a single unifying roof canopy, whose linear skylights are both an aid to orientation and sources of daylight. The colour cast changes from red to yellow as passengers progress through the building. The terminal building is one of the world’s most sustainable, incorporating a range of passive environmental design concepts, such as the south-east orientated skylights, which maximise heat gain from the early morning sun, and an integrated environment-control system that minimises energy consumption. In construction terms, its design optimised the performance of materials selected on the basis of local availability, functionality, application of local skills, and low cost procurement. Remarkably, it was designed and built in just four years.
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Nelle pagine precedenti, prospettiva a volo d’uccello, vista zenitale e particolare della copertura nel modello del nuovo terminal internazionale di Beijing. Nella pagina a fianco, planimetria generale.
Dall’alto in basso, prospetto est, sezione longitudinale sinistra, prospetto nord, sezione longitudinale destra, sezione sulla sala partenze, sezione sull’atrio principale, sezione della spina centrale.
Previous pages, bird’s eye view, zenithal view and detail of the roof in the model of the new Beijing International Terminal. Opposite page, site plan. From top down, east elevation, longitudinal section
left, north elevation, longitudinal section right, departure hall section, main hall section, spine section.
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Nigel Young/Foster+Partners
Il nuovo terminal di Beijing porta a un nuovo livello il dialogo tra scala e trasparenza. La curva della sua impostazione rinforza la chiarezza del movimento dal piazzale verso terra a quello verso le piste. Tutti gli elementi del
contesto sono sempre facilmente riconoscibili da ogni punto dell’edificio. E’ un edificio che nasce dal suo contesto. Comunica un senso del luogo tipicamente cinese e rappresenta la porta della nazione a
cominciare dalla scenografica copertura a forma di drago che sembra “fiammeggiare” dei tradizionali colori cinesi, i rossi imperiali e i gialli dorati. Avanzando lungo l’asse centrale, si ha la lunga prospettiva della teoria
di colonne rosse che evocano l’immagine dei templi locali. Beijing new terminal moves the dialogue between scale and clarity to another level. The curve of its diagram reinforces the clarity of movement
from landside to airside. You are always aware of the elements and the context. No matter where you are in the building, the relationship is there. This is a building borne of its context.
It communicates a uniquely Chinese sense of place and is a true gateway to the nation. This is expressed in its dragon-like form and the drama of the soaring roof that is a blaze of traditional Chinese
colours – imperial reds merge into golden yellows. As you proceed along the central axis, a view of the red columns stretching ahead into the far distance evokes images of a Chinese temple.
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Nonostante la sua grandezza questo è uno degli edifici più avanzati al mondo in termini ambientali. In esso sono incorporati vari concetti progettuali di risparmio energetico passivo, quali l’orientamento verso sud-est dei lucernari, che ottimizza il guadagno di calore dal sole della mattina, e un sistema di controllo ambientale integrato che minimizza il consumo energetico e le emissioni di carbonio.
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Despite its hugeness, it is one of the world’s most advanced buildings in environmental terms, incorporating a range of passive environmental design concepts, such as the south-east orientated skylights, which maximise heat gain from the early morning sun, and an integrated environment-control system that minimises energy consumption and carbon emissions.
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Nick Merrick©Hedrich Blessing
Fentress Architects Incheon International Airport, Seoul Il terminal passeggeri di Incheon è il nucleo centrale dell’aeroporto internazionale di Seoul ed è stato realizzato su un’isola artificiale nel Mar Giallo. Rifiutando la spoglia atmosfera high-tech comune a molti aeroporti moderni, Fentress Architects hanno umanizzato gli spazi interni creando una sensazione che, in tutto l’edificio, richiama il volo e il movimento. Il terminal è configurato come un grande arco che accoglie in un abbraccio i viaggiatori che arrivano al marciapiede esterno protetto da una serie di pensiline che come “ali” suggeriscono l’idea del movimento e danno dinamicità all’intera facciata. Il progetto di Fentress è impregnato della ricca eredità architettonica e culturale della Corea: le ampie linee della copertura richiamano gli eleganti archi degli antichi palazzi coreani, mentre la teoria di piloni di acciaio e il sistema strutturale a catenaria della copertura evoca le navi ancorate nel vicino porto di Incheon. Arrivando in aeroporto dalla città si è accolti in un grande salone che precede l’area dei check-in. Il cuore, sia funzionale sia simbolico, è costituito dalla Millenium Hall, uno spazio torreggiante che si innalza per quattro piani con al centro un laghetto artificiale contornato da alberi di pino locali alti fino a 20 metri. Due ascensori vetrati, simili a cascate d’acqua, consentono l’accesso ai vari livelli. In tutto il terminal, i passeggeri possono avvalersi di un sistema di orientamento intuitivo con brevi distanze da percorrere a piedi tra le diverse aree. Gli interni sono abbondantemente illuminati dalla luce naturale e i materiali, legno, granito e vegetazione, contribuiscono a creare ambienti rilassanti e a migliorare il confort dei passeggeri. I tradizionali giardini coreani, che rendono l’atmosfera quantomai tranquilla, ricevono la luce naturale dai numerosi lucernari in copertura. Le ulteriori fasi di sviluppo di Incheon prevedono la realizzazione di un altro terminal verso la città e di tre altri edifici “isola” per l’attracco degli aerei per un totale di 174 gate, due nuove piste e un sistema di trasporto sotterraneo per il transito dei passeggeri tra i terminal e gli edifici dei gate. Quando sarà completato, Incheon avrà una capacità di circa cento milioni di passeggeri, di oltre sette milioni di tonnellate di merci e 530.000 voli all’anno. L’Incheon International Airport è il primo aeroporto ad aver ricevuto per tre anni consecutivi (2005, 2006, 2007) il riconoscimento alla qualità conferito dall’ACI (Airport Council International’s Airport Service Quality program), che si basa sulle risposte a un questionario posto, nel 2007, a un campione di 200.000 passeggeri
Credits Project: Fentress Architects Architect of Record: Korean Architects Collaborative International (KACI) Interior Design: Fentress Architects, KACI with Forum Design, J.M. Wilmotte Structural Engineer: Sen-Structural Engineer, Jeon and Associates, Martin and Martin, Hugh Dutton Associates Mechanical/Electrical Engineers: Han-II Mechanical Engineers, Swanson Rink Inc., McClier, Fine E&C Co. Fire Protection: Korea Fire Protection Engineering, Swanson Rink Inc., Rolf Jensen Associates
Civil Engineers: Sevan Engineering, Han Kil Engineering Landscape: Seo-Ahn Landscape Architects Associates, Civitas Lighting: Lam Partners, Kookje Lighting Curtain Wall: Heitmann and Associates Acoustical: Shen Milsom & Wilke Specifications: Carpenter Associates Building Maintenance: Citadel Consulting Inc. Wind Tunnel: Rowan Williams Davies & Irwin, Inc. Interior Transports: Lerch, Bates & Associates Baggage: BNP, Posco/AEG/ Mannesman
General Contractor: Hanjin Heavy Industrial Construction, Samsung Heavy Industries, Daewoo E&C, Keumho Construction, Flour Daniel Exterior Cladding: Hanmaek Heavy Industries Stone: Dongah Marble, Ilsin Stone, Samji Stone, Sejin Marble Metal/glass curtain wall: Eagon Industrial Kyungnam Aluminum, Han Glas Roofing: Posco, Hanmaek Heavy Industries Glazing: Han Glas, Kok Young G&M, Dongshin Glass
Doors: Yeagon Door System, New Fec Acoustical Ceilings: Kukbo Interior, Eumjiu House Interior, Arifort, Jeil Sanup, Yoo Chang, Hunter Douglas Korea, Dampa Paints and Stains: Samwha Paints Industrial Wood Flooring: Egon Industrial, Denspark Carpeting: Hanil Carpet, LG Cagm Furniture: Fursys Conveyance: LG/Otis Consortium Client: Incheon International Airport Corporation
Incheon’s passenger terminal is the centerpiece of Seoul the international airport, which is constructed on a man-made island in the Yellow Sea. Rejecting the stark, high-tech feel common to many modern airports, Fentress Architects humanized the terminal’s interior spaces and created a feeling of flight and motion throughout the building. The terminal is configured in a welcoming arc that embraces patrons arriving curbside, and a series of “winged” landside canopies suggest a sensation of movement in the façade. Fentress’ design infuses the rich heritage of Korean architecture and culture. As the terminal’s sweeping rooflines recall the gentle arc of ancient Korean palaces, numerous steel masts and a catenary roof support system emulate ships anchored nearby in Incheon Harbor. Passengers arriving curbside at Incheon are welcomed in a unique Meeters-and-Greeters Hall before proceeding to check-in. The terminal’s functional and symbolic hub is Millennium Hall, a soaring four-story space with a centerpiece reflection pond flanked by native pine trees up to 20m-tall. Two glass elevators evoking waterfalls provide access between the levels. Throughout the terminal, passengers benefit from intuitive way-finding with short walking distances between destination points. The interiors are infused with abundant daylighting and indigenous woods, granite and natural landscaping that serve to soothe and comfort passengers. Traditional Korean gardens, which lend the space a peaceful and inviting feel, are cultivated by natural daylight via the roof’s numerous clerestories and skylights. Incheon’s ultimate development includes an additional landside terminal, three remote “island” concourses for a total of 174 gates, two additional runways and an underground transit system providing passenger transportation between the terminals and concourses. Upon full build-out, Incheon will provide the capacity for 100 million passengers, over seven million tons of cargo and 530,000 flights annually. Incheon International Airport is the first airport in history to earn for three years in a row (2005, 2006 and 2007) the ACI’s quality survey (Airport Council International’s Airport Service Quality program), which is based on results from nearly 200,000 questionnaires completed by passengers in 2007.
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Jeff Goldberg/Esto
Jeff Goldberg/Esto
Jeff Goldberg/Esto
Nelle pagine precedenti, silhouette di passeggeri davanti alla facciata continua vetrata del nuovo terminal internazionale di Incheon a Seoul; schizzo preliminare, sezione e planimetria generale. Nella pagina a fianco, planimetria generale con le diverse fasi di sviluppo del terminal; l’area di attesa nel settore arrivi; il ristorante all’ultimo piano con la vetrata che si affaccia verso le piste; vista del terminal dalle piste. In basso vista aerea del nuovo terminal. A sinistra, piante del secondo e primo piano interrato e del piano terra; a fianco, piante del secondo, terzo e quarto piano.
K.Chang Shin
Previous pages, silhouette of passengers passing in front of the glass curtain façade of the new Incheon International Terminal in Seoul; preliminary sketch, section and site plan. Opposite page, site plan showing the various stages in the terminal’s development; waiting area in the arrivals sector; top-floor restaurant showing the glass window overlooking the runways; view of the terminal from the runways. Boston, aerial view of the new terminal. Left, plans of the second and first underground levels and ground floor; opposite, plans of the second, third and fourth floors.
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Jeff Goldberg/Esto
Jeff Goldberg/Esto
Jeff Goldberg/Esto
A sinistra, il marciapiede di accesso al terminal con le pensiline a forma di ali. Sotto, a sinistra, particolare della parete continua vetrata a tutta altezza. Sotto, la passerella sopraelevata che conduce dal marciapiede di accesso al livello delle biglietterie.
Nella pagina a fianco, a sinistra in alto, scorcio del salone di attesa e, a destra, vista dal piano superiore con gli spazi commerciali verso la Millenium Hall (in basso) con i giardini coreani e lo specchio d’acqua artificiale.
He opposite page, top left, partial view of the waiting lounge and, right, view from the top floor towards the retail spaces by Millennium Hall (bottom) showing the Korean gardens and an artificial pool of water.
Jeff Goldberg/Esto
Jeff Goldberg/Esto
Left, entrance path to the terminal showing the wing-shaped canopies. Below, left, detail of the full-height glass curtain wall. Below, the overhead walkway leading from the entrance path to the ticket office level.
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Hintan Associates Tirana International Airport, Rina Nel 2004, il Tirana International Airport (ex Tirana Airport Partners) ha avuto la concessione per costruire, possedere, gestire e trasferire l’aeroporto nazionale di Albania e, nel 2007, è stata così realizzata la nuova infrastruttura, un’opera di architettura contemporanea insolita per i Balcani. Il TIA è ora la porta per l’Albania, una nazione a lungo avvolta dal mistero e isolata politicamente, sepolta per più di 40 anni nella propria forma di comunismo. Il coinvolgimento nel progetto di un team comprendente professionisti di 41 diverse nazionalità segna l’apertura verso il resto dell’Europa. L’aeroporto esprime un’architettura all’avanguardia e standard operativi occidentali. L’area di Rinas è stretta tra le colline verso l’esterno dell’aeroporto e le montagne sul lato della pista. Per catturare viste di entrambe, sia la fronte che la parete posteriore dell’aeroporto sono completamente vetrate. L’edificio del terminal centrale, che contiene una piazza commerciale e una piattaforma panoramica, è dotato, oltre che degli usuali servizi, di un’area fumatori esterna e di un’area gioco per i bambini e si prevede che avrà un traffico di circa un milione e mezzo di passeggeri all’anno. La facciata principale è il risultato di un’inversione dell’approccio convenzionale verso la sezione dell’edificio che prevede la parte verso l’esterno più alta di quella verso la pista. Ne risulta che dall’esterno si ha una vista spettacolare della copertura, soprattutto quando è illuminata dalla luce della sera. La copertura, sezionata da un sistema di travi si estende da un lato all’altro dell’edificio fino a coprire anche i piazzali di arrivo e partenza, ampliando visivamente l’edificio e dando l’impressione di essere un grande biplano appena atterrato. Il piazzale arrivi è uno spazio dall’atmosfera urbana, che caratterizza questo aeroporto rispetto agli altri. I passeggeri in arrivo sono immediatamente consci dell’ospitalità albanese in questo spazio pensato come una piazza mediterranea, rivolta verso sud, semi-coperta, con un bistro/caffè e una terrazza panoramica. Quest’ultima, con pianta a forma di “T” assume, quando vista dal basso una forte tridimensionalità: come una scultura solitaria di cemento poggiata su colonne inclinate. Grazie anche al sistema di segnaletica adottato, questo spazio è presto divenuto il punto focale del terminal.
Schizzi preliminari e vista dell’area a sistemata verde che introduce al nuovo Tirana International Airport a Rinas in Albania.
Preliminary sketches and view of the landscaped access area to the new Tirana Internatinal Airport, realized at Rinas, Albania.
Credits Project: Hintan Associates Project Manager: DIWI Consult International Airport Consultants: Hochtief AirPort Retail Planners: Hochtief AirPort Retail Main Contractor: Trema Engineering 2 Client: Tirana International Airport, Hochtief AirPort
In 2004, Tirana International Airport (formerly known as Tirana Airport Partners) were granted the concession to build, own, operate and transfer the national airport of Albania, delivering in 2007, a piece of modern architecture and airport infrastructure unfamiliar to the people of the Balkans. Tirana International Airport is the national gateway to Albania, a country long shrouded in mystery and political isolation, buried in its own brand of communism for more than 40 years. The involvement of a team of more than 41 nationalities in this project marks the opening up of the country to the rest of Europe. The airport is able to showcase cutting edge architecture and airport systems that are only seen in the West. The airfield of Rinas is sandwiched by hills on its landside and mountains on its airside. The front and back walls of the terminal are fully glazed to capture their views. The Main Terminal Building, including commercial landside piazza and viewing platform, has a capacity of 1.5 million passengers per annum, and features, beyond the usual services areas, outdoor smoking zone and a children’s playground. The dominating frontage of the main terminal building is the result of inverting the conventional approach of the section of the building – high landside and a low airside as opposed to a high airside and a low landside. The result is a spectacular view of the entire roof framing from outside in during late afternoon when lighting conditions permit. The trussed zoned roof extends on either side of the building to shelter departure and arrival piazzas, widening the building and making the impression of a large bi-plane that has just landed. The Arrivals Piazza is an urban lifestyle space that will distinguish this airport from the others. Arriving passengers will experience Albanian hospitality immediately at the doorstep in the arrivals piazza. This space has been conceived as a Mediterranean outdoor space, south facing, semi protected with a bistro/café and a viewing platform. The viewing platform is “T” shaped on plan, but takes on a three dimensional quality when viewed from below. It stands as a solitary piece of concrete sculpture with inclined columns. Combined with the main airport signage, it has become the focal point of the piazza.
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Dal basso in alto, pianta del piano terra, sezioneY-Y, sezione X-X. From bottom up, plan of the ground floor, Y-Y section, X-X section.
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Ground Floor Plan 1. Departure/Market Hall 2.-9. Airline Ticket Counters 10. Departure Entrance 11. Car Rental Counters 12. Landscape 13. Retail 14. Entrance Lobby 15. WC/Baby’s Changing Room 16. WC 17. Check-in Hall 18. First Aid 19. LV Switch 20. UPS /Light & Coil 21. IT/Telecom 22.-24. Offices 25. BHS Room 26. Passenger Baggage Reconciliation 27. Free Exit Corridor 28. Landscape Area 29. Arrivals Entrance 30. Security Hall 31.-33. Offices
34. Departure Hall 35. Passport Control 36.-37. Retail Units 38. Business Lounge 39. WC/Baby’s Changing Room 40. WC 41. Children Playground 42. Bar 43. Servery/Restaurant 44. Arrivals Concourse 45. Baggage ClaimArea 46. Arrival Shops 47. Trolley Park 48. Vending Machines 49. Transfer 50. Arrival Hall 51. Health Check 52. Office 53.-54. WC 55. L&F 56. Customs Office 57. Customs Store 58. L&F 59. L&F Store
60.-61. WC 62. Vehicle Bay 63. Stand-by Generators 64. Electrical Switch Room 65. Chiller Room 66. Sprinkler Pump Room 67.-68. WC 69. Male Staff lockers 70. Female Staff Lockers 71. Bar 72. Plaza 73. Smocking Lounge 74. Passenger Queue Area 75.-76. Inspection Area 77.-78. Baggage Handling/Service Area 79. Staff Corridor 80. AHIJ Room 81. Security 82. M&E 83. Service Corridor 84. Taxis and Coaches 85. Customs
X-X Section 1. Departure Curbside 2. Departure/Market Hall 3. Security Hall 4. Service Basement 5. Departure Hall Y-Y Section 1. M&E Block 2. M&E Service Basement 3. Baggage Claim Area 4. Customs 5. Security Hall 6. First Aid Room 7. M&E 8. IT/Telecom Room 9.-11. Offices 12. BHS Room 13. Passenger Baggage Reconciliation Room 14. Inspection Room 15. Open Deck Office 16. WC 17. Inspection 18. Baggage Handling/Service Area
Viste della copertura che si articola in una parte strutturale a travi e in una piÚ esterna a montanti inclinati. La parte curva della porzione a travi è rivestita con pannelli di alluminio forato che nascondono le
attrezzature meccaniche. Views of the roof, articulated in two structural zones: a trussed zone and a beam zone. The curving underbelly of the trussed zone is clad in
perforated aluminium panels and conceals mechanical equipment.
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Il piazzale arrivi è uno spazio dall’atmosfera urbana, che caratterizza questo aeroporto rispetto agli altri. I passeggeri in arrivo sono immediatamente consci dell’ospitalità albanese in questo spazio pensato come
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una piazza mediterranea, rivolta verso sud, semi-coperta, con un bistro/caffè e una terrazza panoramica, che con la sua pianta a “T”, assume, quando vista dal basso, una forte tridimensionalità:
come una scultura solitaria di cemento poggiata su colonne inclinate. Grazie anche al sistema di segnaletica adottato, questo spazio è divenuto il punto focale del terminal.
The Arrivals Piazza is an urban lifestyle space that will distinguish this airport from the others. Arriving passengers will experience Albanian hospitality immediately at the doorstep in the
arrivals piazza. This space has been conceived as a Mediterranean outdoor space, south facing, semi protected with a bistro/café and a viewing platform. The viewing platform
is “T” shaped on plan, but takes on a three dimensional quality when viewed from below. It stands as a solitary piece of concrete sculpture with inclined columns. Combined with the main airport signage,
it has become the focal point of the piazza.
L’edificio del terminal centrale, che contiene una piazza commerciale e una piattaforma panoramica, è dotato, oltre che degli usuali servizi, di un’area fumatori esterna e di un’area gioco per i bambini e si prevede
che avrà un traffico di circa un milione e mezzo di passeggeri all’anno. The Main Terminal Building, including commercial landside piazza and viewing platform, has a capacity of
1.5 million passengers per annum, and features, beyond the usual services areas, outdoor smoking zone and a children’s playground.
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Dominique Viet
Dal basso, piante del livello 00, del primo e del secondo piano dell’Airbus Delivery Centre nella zona di Saurous, vicino a Toulouse. Nella pagina a fianco vista aerea del sistema di tettoie schermanti in alluminio e zinco che proteggono le zone di ricevimento dei clienti. From bottom, plans global 00 and the first and second floors of the Airbus Delivery Centre in the area of Saurous near Toulouse. Opposite page, a real view of the system of aluminium and zinc shielding roof canopies protecting the customer reception areas.
Credits Project: Jacques Ferrier Project Manager: Stéphane Vigoureux Project Executive: Olivier Cornefert Project Team: Katrin Wagner, Corentin Lespagnol, David Tajchman, Ramsès Salazar, Antoine Mussard, Adrian Garcin, Sylvain Prima, Claire Laurence, David Sabourdy. Structure: ADC + CE Ingénierie Fluids: Technip TPS Economist: DAL Acoustics: ACV Colourist, designer, interior designer: Frédérique Thomas General Contractor: Malet Contractors: SPIE Batignolles / Demathieu & Bard (principal building); GTM / Socotrap / GBMP (satellite), Serin & fils (Metal works), Sorecob (roofing, insulation, cladding), Garrigues (External finishings), Construction Saint Eloi (Frame works), Inéo (Electricity), Axima (Climatisation), Amec Spie/Quercy Confort (Hydraulics), Schindler (Elevators), Battut (Internal finishings), Rouzes, Massoutie/ETP (Partitions), Gevaert (False ceilings), Delvaux Combalie (Floors cladding), Roudie / Sept Résine (Paintings) Jet way: Thyssenkrupp Client: Airbus France
Jacques Ferrier Airbus Delivery Centre, Toulouse L’Airbus Delivery Centre, il centro da cui partono le consegne dei giganteschi A380, sorge della zona di Saurous, vicino a Tolosa, in un’area di 40 ettari. Il progetto è una sorta di dispositivo scenografico pensato in funzione della presentazione dell’aereo. Una galleria panoramica si apre a 180 intorno all’apparecchio disegnando una facciata concava interamente vetrata. Una balconata esterna proietta la galleria in tutta la sua lunghezza come un belvedere panoramico. Al centro della galleria si apre un vasto spazio di ricevimento mentre all’estremità est sono organizzati la sala stampa e al mezzanino la sala Vip. A ovest si trovano il bar e il ristorante mentre in posizione retrostante trovano spazio le apparecchiature per il controllo dei sistemi di proiezioni, dell’illuminazione e del sonoro. Un portico monumentale sul piazzale sud è invece riservato all’accoglienza delle personalità invitate che vengono poi dirette alla galleria panoramica. E questo uno spazio di transizione tra l’esterno e l’interno che beneficia di un microclima ideale grazie alla sua copertura in lamelle di zinco alluminio forate. Questa protezione filtra la luce naturale durante il giorno e artificiale la notte e svolge la funzione di scudo termico durante l’estate attraverso la dotazione di pannelli fotovoltaici. Sul lato pista, un’altra tettoia accoglie le personalità che arrivano con aereo privato. Uno schermo incurvato individua un’area riparata dal vento assicurando una protezione visiva efficace. La parte sottostante la copertura fa da regolatore termico che nei periodi caldi riduce il bisogno di raffrescamento dell’edificio ombreggiando le vetrate e potendo incorporare dei pannelli fotovoltaici è in grado di produrre elettricità. Dallo spazio coperto sul piazzale sud si accede all’atrio d’ingresso che distribuisce tutti gli spazi del Delivery Centre. La Sky-Hall è un volume spettacolare, un cilindro a cielo aperto in cui la luce zenitale è filtrata da un sistema di brise-soleil a pannelli fotovoltaici. Una scalinata conduce quindi al livello della galleria panoramica dove i visitatori possono scoprire l’A380. Dall’atrio d’ingresso si raggiungono anche gli uffici, distribuiti su tre piani e articolati attorno a due patii. Gli uffici sono connessi anche ai tre satelliti tramite una passerella aerea. I satelliti si sviluppano su due livelli, quello terreno ospita il personale addetto alla manutenzione degli Airbus, gli spogliatoi e i laboratori. Il primo piano è dedicato ai clienti. Di forma circolare offrono ampie panoramiche sulle aree esterne di lavoro dove stazionano gli apparecchi. Una passerella a livello del primo piano li collega tra loro e al piano degli uffici accompagnando il percorso dei clienti. The Airbus Delivery Centre, the facility from which deliveries by gigantic A380s are made, stands on a 40-hectare plot of land in Saurous near Toulouse. The project is a sort of striking set designed to present the aeroplane. A panoramic gallery opens up through 180° around the facility, creating an all-glass concave facade. An outside balcony projects the gallery along its entire length, like an observation deck. A spacious reception area opens up in the middle of the gallery, while the press room is at the east end and the VIP room on the mezzanine. There is a bar and restaurant over on the west side, while at the rear there is plenty of room for the equipment for controlling the projection, lighting and sound systems. A monumental portico in the south plaza is, on the other hand, devoted to welcoming guests, who are then guided through to the panoramic gallery. This is a transition space between the outside and inside, which enjoys an ideal microclimate thanks to its roof made of sheets of perforated aluminium zinc. This protective layer filters through natural light during the day and artificial light at night-time. It also acts as a heat shield during the summer, thanks to the photovoltaic panels it is fitted with. Over by the runway, another canopy roof hosts people arriving in private planes. A curved screen marks an area sheltered from the wind, providing effective visual protection. The part beneath the roof acts as a heat regulator, which reduces the amount of cooling required by the building when the weather is hot, also sheltering the glass windows and, because it is able to accommodate photovoltaic panels, also generating electricity. The covered space in the south plaza leads through to the entrance lobby, from where all spaces inside the Delivery Centre are set out. The Sky Hall is a spectacular construction, an open-air cylinder which exploits a system of sunscreens made of photovoltaic panels to filter through zenith light. A flight of stairs leads up to the panoramic gallery level, where visitors can admire the A380. The entrance lobby also leads through to the offices, which are set over three floors around two patios. The offices are also connected to the three satellite areas by means of an overhead walkway. The satellite areas are spread over two levels, the ground floor accommodates Airbus maintenance staff, locker rooms and workshops while the first floor is reserved for customers. These circular-shaped constructions offer panoramic views across the outside work areas, where the aircraft are parked. A walkway at first–floor level connects them together and also links them to the offices level, guiding customers through the facility.
236 l’ARCA 35
Planimetria generale e prospettiva da sud del centro collegato tramite una passerella aerea ai tre edifici satellite posizionati alle due estremitĂ opposte. Site plan and perspective view from the south of the centre connected by an overhead walkway to the three satellite buildings set at opposite ends of the site.
36 l’ARCA 236
Luc Boegly
In alto, il portico a sud di ricezione del pubblico protetto dall’ampia tettoia schermo che grazie al sistema di velette il alluminio zinco consente di filtrare la luce durante il giorno e diffonde quella
artificiale di notte. Sopra, il lato pista dove il segno avvolgente della vetrata concava esalta la vista a 180° sugli Airbus. Top, the south portico for receiving the
general public sheltered by a large shielding canopy roof, which, thanks to a system of zinc aluminium veils, lets light filter through during the day and diffuses artificial lighting at night-time.
Above, the runway side where the enveloping glass concave front exalts a 180° view of the Airbuses.
236 l’ARCA 37
38 l’ARCA 236
Nella pagina a fianco, particolare della facciata curva lato pista completamente vetrata. In alto a sinistra, particolare di uno dei satelliti di due piani che ospitano a piano terreno gli spazi dedicati alla
manutenzione e ai laboratori, e al primo piano le sale per i clienti che ricevono gli apparecchi. A destra e sopra, la galleria vetrata che affaccia sulla pista offre molteplici punti vista in un ambiente luminoso e rilassato.
Lungo tutta la galleria, una balconata panoramica protetta dal vento e dai fenomeni di abbagliamento da un schermo incurvato offre un prolungamento delle zone di accoglienza dei clienti.
Opposite page, detail of the all-glass curved facade over on the runway side. Top left, detail of one of the two-storey satellite buildings accommodating maintenance spaces and workshops on the ground floor and
rooms for hosting customers receiving packages on the first floor. Wright and above, the glass gallery facing the runway offers a range of viewpoints in a well lit and relaxing environment. A panoramic balcony
running right along the gallery, which is sheltered from the wind and from glinting by a curved screen, provides an extension to the customer reception areas.
236 l’ARCA 39
AREP TGV Est Européen Station La creazione del TGV Est Européen è stata l’occasione per la SNCF (Société Nationale des Chemins de Fer) di riorganizzare in un progetto globale le venti stazioni toccate dalla nuova linea ferroviaria. Tre sono state realizzate ex-novo: Champagne-Ardenne TGV, vicino a Rennes, Meuse-Voie Sacrée, tra Bar-le-Duc e Verdun (ai confini tra la Lorena e la Champagne) e Lorraine-TGV, a metà strada tra Metz, Nancy e Mulhouse. Le due stazioni iniziale e finale del percorso, Paris-Est e Strasbourg, sono state completamente rinnovate per adeguarle al nuovo traffico. Così come le grandi stazioni metropolitane di Reims, Nancy, Metz e Mulhouse, e le altre undici stazioni servite dalla linea o dalle sue ramificazione sono state oggetto di ristrutturazione. Grazie alla sua posizione geografica che permette di collegare Luxembourg e Francoforte via la Lorraine, e Stoccarda e Monaco, Basilea e Zurigo, da Mulhouse, la linea del TGV Est serve anche il traffico del ICE, l’omologo tedesco del TGV. Che sia nuova o ristrutturata, la stazione del TGV risponde a un programma e a un’organizzazione funzionale ben definiti. Il vecchio Edificio Viaggiatori cambia il proprio statuto e talvolta l’aspetto per divenire una piattaforma mobile di trasporti, un polo di scambio intermodale, integrata nel suo contesto urbano e tale da facilitare l’accessibilità e il percorso dei viaggiatori tra i diversi mezzi. Le stazioni di nuova costruzione, inserite ai margini della città, dialogano con il paesaggio e riflettono l’identità regionale oltre a generare uno sviluppo adeguato al territorio di competenza. Nuove o esistenti, le stazioni sono spazi evolutivi, flessibili alla creazione di nuovi servizi e commerci e alla loro rotazione. The creation of the TGV Est Européen provided the SNCF (Société Nationale des Chemins de Fer) with the chance to review its global plans to reorganise the 20 stations involved in the new railway line. Three were built from scratch: Champagne-Ardenne TGV, near Reims, Meuse-Voie Sacrée, between Bar-le-Duc and Verdun (on the border between Lorraine and Champagne) and Lorraine-TGV, midway between Metz, Nancy and Mulhouse. The two terminus stations, at the start and end of the line from Paris-Est to Strasbourg, have been completely redeveloped to adapt them to the new service. The same kind of renovation and redevelopment work has also been carried out on the major underground stations in Reims, Nancy, Metz and Mulhouse, and the other 11 stations served by the lime or branches from the line have also been restructured. Thanks to its geographical location linking Luxembourg and Frankfurt via Lorraine, and Stuttgart and Munich, Basel and Zurich from Mulhouse, the TGV Est line also serves rail traffic on the ICE, the German equivalent of the TGV. Whether brand new or restructured, TGV stations must comply with very precise programmatic and functional guidelines. The old Passenger Building has now changed its status and, in many cases, its appearance, in order to become a mobile transport platform or intermodal junction woven into its urban fabric and designed to help passengers change trains or means of transport. The newly built stations, located in the outskirts of the city, interact with the landscape and reflect their regional identity, as well as enhancing local facilities. New or old, these stations are evolutionary spaces flexible enough to cater for the creation of new services and trade opportunities.
Paris-Est L’edificio esistente è caratterizzato da un perfetta simmetria che nasconde un’edificazione in due tempi. Il padiglione Alsace, costruito nel 1864 e il Padiglione Saint-Martin costruito nel 1930, collegati da una lunga volta trasversale, in secondo piano, realizzata in cemento armato e vetro. Questo elemento è al centro della ricomposizione della stazione. Riportata alla sua antica funzione storica di volta luminosa, porta la luce fino alla zona di interscambio attraverso un ampio spazio centrale che collega alla metropolitana. Questa ristrutturazione a dimensione urbana, si accompagna alla creazione di circa 200 spazi commerciali supplementari e a un’organizzazione dei flussi più fluida e aperta che valorizza la struttura originari e dell’edificio. The perfectly symmetrical design of the old building disguises the fact it was built in two separate stages. The Alsace Pavilion built in 1864 and the Saint-Martin Pavilion built in 1930 are connected by a long crossvault made of reinforced concrete and glass. This feature is at the focus of the station’s redesign. Restored to its old-fashioned function as a luminous vault, it allows light in as far as the junction area through a wide central space connected to the underground line. This urban-scale restructuring process has been developed hand-in-hand with the creation of approximately 200 extra retail spaces and a more fluid and open arrangement of flows, which enhances the buildings original structure.
40 l’ARCA 236
Credits Project: Agence des Gares (Daab – Sncf); Arep Architects: Jean-Marie Duthilleul, Etienne Tricaud, François Bonnefille, Fabienne Couvert Works Manager: Sncf/Léonard Hamburger Technical Studies: Arep, Oth (concrete) Client: Sncf, Sncf: Direction des Gares et de l’Escale Altarea Delegated: Sncf, Acog de Paris-Est
Sncf Daab/Arep/S.Lucas
La stazione Paris-Est è stata completamente rinnovata valorizzando la sua architettura storica. L’edificio è formato da due padiglioni dalle volte vetrate e dai prospetti identici, costruiti però in epoche diverse: Alsace nel 1864 e Saint-Martin, alla fine del 1930. I due padiglioni sono collegati da una lunga volta trasversale,
posta in secondo piano rispetto all’allineamento sulla piazza, realizzata in cemento armato e tasselli vetrati che ospitava l’antico deposito bagagli. Questo elemento è al centro del nuovo progetto, ristabilita la sua funzione storica di volta luminosa, trasmette la luce fino alla sala degli interscambi che
collega alla metropolitana. La nuova stazione dalla dimensione urbana e marcatamente intermodale, è potenziata con la creazione di 2.000 mq di commerci supplementari. La ristrutturazione dei prospetti in pietra affacciati sul piazzale è valorizzata dalla limitazione del traffico ai soli taxi.
Paris-Est Station has been completely redeveloped to enhance its historical architecture. The building is composed of two pavilions with glass vaults and identical elevations, although they were constructed at different periods in time: Alsace in 1864 and Saint-Martin at the end of 1930. The two pavilions are
connected by a long glass vault set back in relation to the square, made of glass plugs and reinforced concrete, where the luggage depot used to be located. This is the focus of the new project, converted back to its old function as a luminous vault it now conveys light through to the exchange hall connected to the
underground line. The new urban-scale station is distinctly inter-modal and enhanced by the creation of 2,000 square metres of extra retail facilities. The restructuring of the stone elevations overlooking the plaza is further enhanced by restricting traffic to just taxis.
236 l’ARCA 41
Champagne-Ardenne, Lorraine, Meuse Voie Sacrée Queste opere rispondono a un programma funzionale di sistemazione del sito che coinvolge gli accessi stradali, un piazzale, dei parcheggi, un Edificio Viaggiatori e un collegamento ai binari dei treni attraverso le circolazioni verticali necessarie: ascensori, scale mobili, rampe ecc. Di configurazione simile, le sue stazioni di Champagne-Ardenne TGV/Reims-Bezannes e di Lorraine TGV (illustrata in queste pagine) a Louvigny, declinano lo stesso concetto di funzionamento e di edificio. In entrambi i casi l’Edificio Viaggiatori ha un atrio d’ingresso lungo 50 metri su 15 di larghezza, ai cui lati è realizzata, su progetto di RFR, la struttura di attraversamento e lungo il suo asse sono organizzate le rampe e delle scalinate di accesso ai binari più in basso. A Reims-Bezannes, la stazione, costruita tra la zona urbanizzata e i vigneti, è caratterizzata da un rivestimento autoportante in pietra. A Louvigny, la stazione, inserita tra i campi, ha un rivestimento in policarbonato alveolare che confonde il volume con il cielo e si illumina durante la notte. Di dimensioni più contenute, 370 m2 contro i 750 m2 delle altre due, la stazione di Meuse ha una sagoma più singolare che si ispira alle architetture dei villaggi circostanti. E’ caratterizzata da una sorta di campanile alto 16 metri e da una articolata copertura lunga 40 metri. La struttura è realizzata in pino e i molteplici pannelli di copertura rivestiti di essenze diverse, quercia o larice in base alla pendenza. All’interno la struttura è a vista, il pozzo di luce del campanile capta la luce naturale per creare ambienti diversi secondo le ore e le stagioni grazie a tasselli in acciaio inox lucidato inseriti nel doppio rivestimento. Per le banchine dei treni, la configurazione è di tipo tradizionale, con i binari a livello terreno e un attraversamento risolto da un passaggio sotterraneo collegato alla strada.
42 l’ARCA 236
These works comply with functional plans to redevelop the site, which encompass road entrances, a plaza, car parks, a Passenger Building and a link to the train tracks through all the necessary vertical circulation facilities: lifts, escalators, ramps etc. The Champagne-Ardenne TGV/Reims-Bezannes and Lorraine TGV to Louvigny stations feature a similar design, based on the idea of functionality and building. In both cases the Passenger Building has an entrance lobby measuring 50 m in length and 15 m in width. RFR has built a crossing structure along their sides. with entrance steps and ramps leading to lower platforms carefully placed along them. The station in Reims-Bezannes, built between the urbanised area and vineyards, has self-supporting stone cladding. The station in Louvigny, set out in the fields, has honeycomb-shaped polycarbonate cladding, which allows the building to blend into the skies and also lights up at night. Meuse Station, which is smaller than the other two (370 square metres compared to 750 square metres), has a very unusual outline inspired by the architectural design of nearby villages. It features a sort of 60 m tall bell tower and a fancy roof measuring 40 m in length. The construction is made of pine wood and the numerous roof panels are coated in various different wood essences, oak or larch at the bottom of the slope. On the inside the structure is exposed, the well of light coming from the bell tower captures natural light to create various different settings according to the time of day and year, thanks partly to polished stainless steel wedges incorporated in the double cladding. The platforms for the trains have been designed along conventional lines, with the tracks at ground level and a subway connected to the road for crossing over from one side to the other.
Credits Project: Agence des Gares (Daab – Sncf); Arep Architects: Jean-Marie Duthilleul, Etienne Tricaud, François Bonnefille Project Manager: Pierre-Michel Desgrange Works Manager: Tassin et Dubois, Serue Technical Studies: Arep, Coredia, Serue Client: Sncf: Direction des Gares et de l’Escale Delegated: Sncf, Acog Mets-Nancy Foot Bridge, Ramps, Lifts Project: Igoa Client: Rff
236 l’ARCA 43
Sncf Daab/Arep/Didier Boy De La Tour
44 l’ARCA 236
Sncf Daab/Arep/Didier Boy De La Tour
Strasbourg All’estremità opposta della linea, la stazione di Strasbourg, costruita dalle ferrovie tedesche nel 1883, è un edificio in granito rosa dall’aspetto monumentale, che risultava inadeguato ad accogliere un maggiore traffico viaggiatori (da 40.000 a 60.000 viaggiatori/giorno). La creazione di una grande vetrata lunga di 130 metri davanti alla stazione consente di raddoppiare la superficie utile. La curvatura e lo sviluppo di questo elemento rispettano la vista della facciata storica che si ritrova quasi “messa in vetrina” alle spalle del fronte bombato della vetrata e delle strutture ad arco. La vetrata, curvata a caldo, partecipa alla gestione climatica del volume attraverso l’uso di un vetro stratificato a bassa emissività e di una serigrafia progressiva, bianca all’esterno e nera all’interno. Qui convergono tutti i sistemi di circolazione, da quelli su strada (bus, tram-treno, bici, pedonali) a quelli sotterranei (accessi ai binari e al tram interrato, parcheggi). La spianta di quattro ettari liberata davanti alla stazione è trasformata in un ampio spazio a verde che rinnova lo spirito della configurazione d’origine. At the other end of the line, Strauss Bourg Station, which was built by the German railways in 1883, is a monumental-looking pink granite building, which could not handle the increase in passengers (from 40,000-60,000 passengers-a-day). The creation of a big glass front, measuring 130 m in length, set at the front of the station allows the amount of surface area available to be doubled. The curvature and development of this element are designed to blend in with the old-fashioned facade, which almost appears to be “showcased” at the back of the rounded glass front and arch-shaped structures The hot-curved glass front also contributes to air-conditioning the interior space through the use of low-emission stratified glass and graduated serigraphy, white on the outside and black on the inside. This is where all the circulation systems converge, those out on the street (buses, trams-trains, bikes, pedestrians) and those underground (access to the platforms and to the underground tram service and parking facilities). Thee four-hectare clearing in front of the station has been transformed into a spacious landscaped area, which calls to mind the spirit of the original layout.
La nuova struttura vetrata realizzata nella stazione di Strasbourg. Questo elemento sviluppato lungo 130 metri ha permesso di raddoppiare la superficie disponibile. La vecchia stazione, un edificio monumentale dalle facciate in granito rosa costruito nel 1883 dalle Ferrovie tedesche, risultava infatti inadeguato a sopportare il nuovo afflusso di viaggiatori conseguente all’arrivo del TGV (da 40.000 a 60.000 viaggiatori giornalieri).
The new glazed structure built inside Strasbourg Station. This 130-metre-long feature has doubled the amount of area available. The old station, a monumental building with a pink granite face built in 1883 by the old German National Railway Company, could no longer handle the increase in new passenger flow due to the arrival of the TGV (from 4 0.000-60.000 passengers-a-day).
Credits Project: Agence des Gares (Daab – Sncf); Arep Architects: Jean-Marie Duthilleul, Etienne Tricaud, François Bonnefille Project Leader for the Square and tramway station: Jacques Vigneron Project Leader for station and glass foyer: François Lagrange; Denu & Paradon (Square and tamway projects) Construction manager: Didier Sinturel Landscape designer: Michel Desvigne Engineers and landscapes: Jean-Claude Hardy Engineers: Rfr, Jean François Blassel (glass foyer structure) Coteba, Henri Ducrot (Strctural works, excluding station Ote, Marc Stoll (Structural works) Arep, Camille Mottard (Technical works, excluding square and tram station) Serue, Pierre Muller, Henri Gonnot (square and tram station) Coordination: Arep Programming, planning and coordination: Serue Client: Communauté urbaine de Strasbourg, Sncf: Direction des Gares et de l’Escale, Rff, Compagnie des Traways Strasbourgeois
236 l’ARCA 45
Dall’alto, planimetria generale, sezione trasversale e particolari del sistema di montaggio della vetrata la cui struttura metallica è costituita da elementi molto sottili per valorizzare la facciata esistente.
Sncf/Patrick Bogner
From top, site pan, cross section and details of the system for assembling the glass front, whose metal structure is composed of very thin elements to enhance the existing façade.
46 l’ARCA 236
A fianco particolari costruttivi della struttura in vetro e metallo. La vetrata è composta da una struttura primaria formata da archi e sostegni verticali disposti secondo una trama di 9 m; una struttura secondaria formata da elementi tubolari metallici rinforzati con barre d’acciaio (sistema Fink) su una trama di 4,50 m; una struttura terziaria formata da metallici a sostegno dei vetri su una trama di 1,50 m; un sistema di controventatura. La trasparenza del vetro risponde a criteri di confort interno e trasparenza, nella parte alta una serigrafia per punti, bianchi all’esterno e neri all’interno, limita gli inconvenienti legati all’irraggiamento. Opposite, construction details of the glass and metal structure. The glass front is composed of a main structure made of vertical supports and arches set out in a 9-metre pattern; a secondary structure composed of tubolar metal elements fitted with iron bars (Fink system) in a 4.50-metre pattern; a third structure formed of T-shaped metal elements supporting the glass set out in a 1.50-metre pattern; a wind-bracing system. The transparency of the glass is designed to provide interior comfort and transparency. A serigraph pattern, white on the outside and black on the inside, counteracts problems related to excessive sunlight.
236 l’ARCA 47
Sncf/Patrick Bogner Sncf Daab/Arep/Didier Boy De La Tour
Rfr/A.Pfadler
In alto, a sinistra, la stazione verso il 1900 in una cartolina dell’epoca e a destra la facciata della stazione prima dei lavori (1996) Durante il giorno la facciata trasparente disegna un nuovo prospetto sulla piazza che con l’arrivo del TGV è stata completamente ristrutturata e riorganizzata a livello di flussi di
48 l’ARCA 236
circolazione e di collegamenti. L’illuminazione notturna della facciata, trasforma la vetrata in una superficie quasi invisibile che pone in risalto la monumentalità della facciata storica.
Top, left, the station around 1900 shown in period postcard and, right, the station façade prior to the works (1996). During the day the transparent façade forms a new elevation onto the square, which has been totally redeveloped and reorganised in terms of its circulation flows and links to accommodate the TGV.
Night-time façade lighting turns the glass front into an almost invisible surface, highlighting the monumental nature of the historical façade.
236 l’ARCA 49
Sncf Daab/Arep/Didier Boy De La Tour
50 l’ARCA 236
Ger Van Der Vlugt
La nuova stazione Amsterdam Bijlmer ArenA si pone come elemento di ricucitura urbana tra una vasta zona residenziale e una commerciale dove sorge anche il nuovo stadio da 50.000 posti. Nella pagina a fianco il viadotto su cui è stato realizzato il tracciato dei binari, liberando il livello stradale. A sinistra, piante del piano terra e della copertura. The new Amsterdam Biljlmer ArenA Station is designed to stitch together the urban area between a vast housing area and a commercial district where the new 50,000-seater stadium is also located. Opposite page, the viaduct where the tracks have been constructed, freeing up the road level. Left, plans of the ground floor and roof.
Credits Project: Grimshaw Architects, Arcadis Architecten Grimshaw Team: Neven Sidor (Partner in Charge), Simon Moore, Ingrid Bille, Florian Eckhardt, Nick Grimshaw, Ben Heath, Ewan Jones, John Ridgett, Carl Shenton, Tim Schoenburg, Shoaib Rawat, Benny O’Looney, Giles Omezi Arcadis Team: Jan Schouten (Project Manager), Jan Van Belkum (Project Architect), Luc Veeger, Harry Beertsen, Hans Van Weelden, Onur Buldac, Michael Van Der Kaaij, Arthur De Groot, Jos Delhez, Christiaan Schmid Engineering and Quantity Surveyor: Arcadis Client: ProRail
Grimshaw Architects, Arcadis Architecten Amsterdam Bijlmer ArenA Station La Amsterdam Bijlmer ArenA Station si trova nell’area sud est della città lungo la linea ferroviaria che collega Amsterdam a Utrecht. A ovest c’è una zona di sviluppo commerciale, cartatterizzata dal nuovo stadio di calcio da 50.000 posti Amsterdam Arena. A est, c’è una grande zona residenziale con un’alta percentuale di case popolari abitate da molti nuovi immigrati. Prima di questo progetto, l’area era divisa in due dalla sede di quattro binari e l’unico collegamento pedonale era un tunnel stretto e oscuro che passava sotto la vecchia stazione. Su incarico della Città di Amsterdam, l’architetto olandese Pi de Bruijn ha proposto la realizzazione di un viale pedonale largo 70 metri allineato diagonalmente ai binari per collegare i due quartieri. Sebbene inizialmente la ProRail stesse progettando di aggiungere una doppia linea di binari paralleli alla vecchia linea, alla fine i due enti si sono accordati per ricostruire una linea di 2 Km. Entrambi i committenti hanno unito gli investimenti per realizzare la nuova stazione che sarà anche un nodo per i trasporti – ferrovia nazionale, Amsterdam Metro, autobus, taxi. Grimshaw ha lavorato insieme ad Arcadis allo sviluppo della stazione, che però è rimasta operativa durante tutto il periodo dei lavori. Ogni aspetto del progetto ha tenuto conto della necessità di rendere più vivibile il viadotto e di creare uno spazio pubblico piacevole e sicuro a livello stradale. Per evitare l’esistente tunnel lungo 100 metri, si è pensato di ampliare lo spazio tra le strutture di cemento. Ciascuna porzione con luce di 20 metri è supportata su ogni lato da una sola colonna grazie a una sella aggettante integrata. Le serie di colonne sono poi allineate sull’asse del viale in modo da ottimizzare la connessione visiva da est a ovest. La modulazione e i nastri vetrati che caratterizzano la copertura con struttura a “V” e le sue superfici interne rivestite con assi fonoassorbenti di Pino dell’Oregon contribuiscono a conferire nuova vivibilità sia al viale che alle piattaforme sottostanti. La mancanza di terreno su entrambi i lati ha determinato la definizione in diagonale anche dell’atrio centrale che si affaccia verso il viale; e lo stesso è valso per i vani ascensori, le scale mobili, tutti disposti in modo sfalsato. L’estetica angolare assunta dalla stazione deriva da tale metodologia. Lunghi spazi vuoti sono stati tagliati nelle piattaforme per interrompere le sezioni troppo buie lungo l’area larga 100 metri sotto il viadotto e per migliorare il senso di sicurezza attraverso un contatto visivo con l’esterno e una migliore trasparenza tra le piattaforme stesse e il livello della strada. Amsterdam Bijlmer ArenA Station is situated on the southeast of the city on the line that links Amsterdam with Utrecht. To the west there is a commercial development area punctuated by the newly built Amsterdam Arena, a 50,000 seat football stadium. To the east there is a large residential area with a high proportion of social housing which has become home for large sections of Amsterdam’s immigrant population. Prior to this project, there were four tracks running on a raised earth embankment that split the area in two. The only pedestrian connection was a narrow and dark tunnel within the old suburban station. On behalf of the City of Amsterdam, Dutch architect Pi de Bruijn proposed a 70m wide pedestrian boulevard aligned diagonally to the railway tracks to connect the two districts. Although initially ProRail were just planning to add a pair tracks on the Amsterdam-Utrecht line alongside the existing ones, they agreed to rebuild a 2km stretch of existing railway. Both clients then agreed to pool funds in respect of a new station, which was to be a transport hub in respect of the national train service, the Amsterdam Metro, buses and taxis. Grimshaw worked with Arcadis Architecten on the redevelopment of the station, which had to remain open for the entire duration of construction. Every aspect of the design process was informed by the need to civilise the viaducts and to create a pleasant and safe ground level public space. To avoid a dark 100m long tunnel, the concrete structures were spaced apart. Each 20m span was supported at each end on just one column via an integrated cantilevered saddle. Arrays of columns were then aligned on axis with the boulevard to maximise visual connectivity from east to west. The modulation and ribbons glazing of the “V”-shaped-structure roof and its acoustically absorbent Oregon pine surfaces convey civility from the perspective of the boulevard and the platforms below. The lack of land to either side dictated a corresponding diagonal station hall facing the boulevard under the tracks. This diagonal slant dictated that the escalators, stair, lifts and roofs all be staggered. The station’s angular aesthetic is derived from this methodology. Long voids are cut into the platforms to break down the overshadowed sections of the 100m wide area below the viaducts and to improve the sense of safety through visual contact and improved transparency between the platform and ground level areas.
236 l’ARCA 51
Mark Humphreys Mark Humphreys
Vista aerea e prospettiva laterale della stazione. La modulazione e i nastri vetrati che caratterizzano la copertura con struttura a “V” e le sue superfici interne rivestite con assi fonoassorbenti di Pino
52 l’ARCA 236
dell’Oregon contribuiscono a conferire nuova vivibilità sia al viale che alle piattaforme sottostanti. Nelle pagine seguenti, viste dell’atrio pubblico e delle banchine e particolare della sezione
traversale. Ogni aspetto del progetto ha tenuto conto della necessità di rendere più vivibile il viadotto e di creare uno spazio pubblico piacevole e sicuro a livello stradale.
Aerial view and lateral perspective of the station. The modulation and glass strips characterising the “V”-shaped roof and its internal surfaces covered with sound absorbent planks of Oregon pine wood
help make the avenue and underlying platforms more liveable. Following pages, views of the public lobby and platforms and detail of the vertical section. Every aspect of the design project took
into account the need to make the viaduct more liveable and to create a pleasant and safe public space at road level.
Jan Derwig
236 l’ARCA 53
Jan Derwig
54 l’ARCA 236
236 l’ARCA 55
Mark Humphreys
Mark Humphreys
Mark Humphreys
56 l’ARCA 236
Marie-Françoise Plissart
Philippe Samyn Stazione de Leuven, Belgio Il progetto della copertura della stazione di Leuven, risultato vincitore di un concorso internazionale su una rosa di sei finalisti, tra cui Richard Rogers, Grimshaw & Partners e Santiago Calatrava, fa parte del programma di rinnovamento della stazione esistente e dei quartieri limitrofi. La copertura della stazione è concepita rispettando la scala degli edifici vicini, con l’obiettivo di creare sia un legame fisico e simbolico con il centro di Leuven, sia tra le zone nuove ed esistenti che fanno parte del piano generale di rinnovamento. La composizione dell’insieme genera un miglioramento del confort per i viaggiatori, protezione dal vento e dalla pioggia, luce del giorno generosamente distribuita, leggibilità delle funzioni e della segnaletica, isolamento acustico ecc. I principi strutturali rispettano un uso ottimale della materia al fine di ridurre al minimo la presenza di pesi morti. La struttura primaria della copertura delle banchine d’attesa è sostenuta da 25 pilastri tubolari ognuno costituito da quattro colonne inclinate nella parte centrale della tettoia e da tre colonne inclinate nella parte periferica. Le colonne si riuniscono in un punto a 7,13 m di altezza sopra i binari, dove sono fissati anche i cavi ad alta tensione. La struttura primaria della tettoia è formata da 20 archi longitudinali in acciaio a forma di parabole gemellate che si sviluppano dalla sommità dei pilastri. Le forze laterali esercitate sugli archi parabolici sono trasferite trasversalmente, mentre lungo i lati, le forze orizzontali sono convertite in forze verticali da una struttura verticale che sostiene le facciate laterali sospese e vetrate. Una copertura parabolica in lamiera d’acciaio forato attraversa trasversalmente lo spazio tra gli archi primari e supporta l’isolamento e il rivestimento del tetto in alluminio. Delle aperture vetrate lenticolari si distribuiscono tra le volte al disopra di ogni coppia d’archi gemellati, lasciando filtrare la luce del giorno. Sotto la copertura in acciaio sono sospese delle piccole protezioni vetrate per offrire un riparo ai viaggiatori senza ostacolare il passaggio della luce naturale. Il confort acustico è garantito dalle forature (30%) della copertura in acciaio. Le estremità della copertura sono realizzate in foglie di acciaio spiegato che riduce le turbolenze d’aria generate dal passaggio dei treni. Una passerella in acciaio lunga 7 metri con camminamento in legno e un passaggio pedonale sotterraneo collegano i due lati della stazione e assicurano la comunicazione con la città. Cinque gabbie vetrate sulle banchine, contengono gli ascensori e contribuiscono a portare la luce naturale dalla tettoia allo spazio coperto. The project to design a roof for Leuven Station, the winning entry in an international competition whose six finalists included Richard Rogers, Grimshaw & Partners and Santiago Calatrava, is part of plans to redevelop the old station and surrounding neighbourhoods. The station roof is designed in line with the scale of neighbouring buildings, with a view to creating physical and symbolic links with Leuven city centre and between the new and old zones incorporated in the main redevelopment project. The overall design improves passenger comfort, provides shelter against the wind and rain, allows plenty of daylight to filter in, and improves the functions, signposting and sound insulation etc. The structural principles are based on making optimum use of material, in order to reduce deadweight to a minimum. The main roof structure over the waiting platforms is supported by 25 tubular pillars, each composed of four sloping columns in the central section of the roof and three sloping columns in the peripheral part. The columns converge at a height of 7.13 m above the tracks, where the high-voltage cables are also attached. The primary canopy structure is composed of 20 longitudinal parabola-shaped steel arches, twinned together, extending from the top of the columns. The lateral forces on the parabolic arches are transferred transversely, while the horizontal forces along the sides are converted into vertical forces by a vertical structure holding up the suspended, glazed side facades. A parabolic roof made of perforated steel sheets runs across the space between the primary arches and supports the layer of installation and coating over the aluminium roof. There are lenticular glazed apertures across the vaults above each of the twin sets of arches, letting daylight filter through. There are also small protective glass windows beneath the steel roof to shelter passengers without blocking out natural light. Sound is controlled through holes (30%) in the steel roof. The ends of the roof are made of carefully spread steel leaves, which reduces the air turbulence caused by passing trains. A 7 m long steel walkway with a wooden communication trench and an underground pedestrian subway connects the two sides of the station, also providing links with the city. Five glazed cages above the platforms hold the lifts and help convey natural light from the canopy to the covered space.
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Marie-Françoise Plissart
Belgio. In questa pagina, e in quelle successive, particolari della copertura in acciaio e lamiera d’alluminio. Opposite page, from top, site plan, cross/longitudinal sections and detail of
the section across the lift linked to the underground pedestrian path of Leuven Station in Belgium. This page and following pages, details of the roof made of steel and aluminium sheets.
Architecture and Engineering: Philippe Samyn and Partners Structural Engineering: Samyn and Partners with Setesco (sister company 1986-2005) if not mentioned
Services engineering: Samyn and Partners with FTI (sister company since 1989) if not mentioned Architecture: Partners in charge: L. Gestels, J. Van Rompaey, B. Vleurick. Associates:
E. Bonnewijn, B. Calcagno, B. Darras, J. De Coninck, S. De Love, L De Paepe, S. Godemont, A. Habils, V. Ilardo, E. Louis, A. Maccianti, J. Quirinen, S. Reiter, J. Terwecoren, L. Van de Velde, J.T. Van Hoof,
M. van Raemdonck, G. Verhaegen, K. Verkaik Acoustics: DAIDALOS. Signalisation: és-[dizajn] Client: N.M.B.S.
Jean De Coninck
Nella pagina a fianco, dall’alto, planimetria generale sezioni trasversale e longitudinale e particolare della sezione sull’ascensore di collegamento al passaggio pedonale sotterraneo della stazione di Leuven in
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Samyn and Partners
Jean De Coninck
Samyn and Partners
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Samyn and Partners
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Ateliers Jean Nouvel, Minimetrò, Fabio Maria Ciuffini/Naif Minimetrò Perugia Lo scorso gennaio, dopo quasi dieci anni dall’inizio della progettazione, è stato inaugurato a Perugia il Minimetrò. Si tratta di un impianto completamente automatico, con vetture senza conducente, guidate e controllate da un posto di controllo centrale. Su una linea a doppio binario in acciaio, che si sviluppa per 3 km, scorrono 25 vetture con ruote in gomma, ciascuna con capienza per 50 passeggeri. Il funzionamento automatico consente un sistema di trasporto semi-continuo: nella massima configurazione con 25 cabine in linea, il Minimetrò consente l’ingresso di una nuova vettura mentre un’altra lascia la stazione. Attesa in stazione di un minuto, grande comfort di viaggio, poco più di dieci minuti per attraversare la città, e un grande parcheggio gratuito. Il progetto delle opere civili del Minimetrò di Perugia è stato redatto secondo diverse fasi di approfondimento coinvolgendo un’articolata compagine tecnica e un complesso sistema di temi progettuali. Il progetto iniziale è stato redatto a cura dell’amministrazione comunale attraverso i propri uffici tecnici. Successivamente il progetto è stato sviluppato da Metrò Perugia, che ha affidato la progettazione delle opere civili a Umbria Domani; quest’ultima, a sua volta, si è avvalsa dell’ingegner Fabio Maria Ciuffini, già ideatore delle scale mobili all’interno della Rocca Paolina, che ha coordinato la progettazione definitiva ed esecutiva delle opere civili. Il progetto definitivo ha comportato, rispetto alle previsioni iniziali, la revisione del tracciato con una nuova stazione terminale a Pincetto e una diversa configurazione e posizione delle stazioni. Sulla base di questo progetto è stata avviata e conclusa la valutazione di impatto ambientale e sono state ottenute tutte le approvazioni tecniche e amministrative necessarie. Dopo questa fase è intervenuto Jean Nouvel, grande firma del panorama architettonico internazionale, che come direttore artistico ha “disegnato” l’infrastruttura individuando i principi compositivi e formali generali da declinare secondo le diverse tipologie d’intervento. Progettato come una architettura lineare, leggera e trasparente, il Minimetrò si presenta come un elemento continuo e puro all’interno del paesaggio e della città. Le stazioni – cinque intermedie (Cortonese, Madonna Alta, Fontivegge, Case Bruciate e Cupa) e due terminali (Pian di Massiano e Pincetto) – sono caratterizzate dalla fluidità tra interno ed esterno, da piani fluttuanti dissociati tra orizzontali e verticali, dalla dissoluzione della struttura portante, dalla ricerca di vedute strategiche. Il linguaggio architettonico adottato è semplice e minimale; i materiali sono l’acciaio e il vetro dalle linee trasparenti e nervose, accostati alla massa del cemento armato integrato di pigmenti colorati. L’idea di Nouvel è consistita nel realizzare una struttura che si identificasse, sin dal primo sguardo, come una realizzazione dedicata a un sistema di trasporto collettivo, in equilibrio con l’ambiente.
La stazione intermedia di Madonna Alta, una delle cinque fermate intermedie del nuovo Minimetrò di Perugia. Tutte le stazioni sono caratterizzate da un aspetto semplice e minimalista con ampie porzioni vetrate che consentono fluidità visiva tra esterno e interno. La stazione di Madonna Alta è su tre
livelli: i due aperti al pubblico sono il piano atrio e il piano banchina, entrambi fuori terra, mentre il livello interrato è adibito a locali tecnici. Madonna Alta intermediate station, one of five intermediate stops along the new Perugia Minimetrò line. All the stations have a
simple, minimalist look, featuring plenty of glass to allow visual fluidity between the inside and outside. Madonna Alta Station is built over three levels: the two open to the public are the lobby and platform levels, both above ground, while the underground level hosts the utility rooms.
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The Perugia Minimetrò finally opened last January after almost 10 years since it was first designed. This is a fully automatic system featuring driverless vehicles guided and driven by a central control unit. 25 rubber wheeled vehicles, which can each carry 50 passengers, travel a long a steel twin-track line covering a distance of 3 km. Automatic operating means this is a semi-continuous transport system: when running at full capacity with 25 cabins in operation, the Minimetrò allows a new vehicle to enter the station just as another leaves it. Only one minute’s waiting time at the station, high comfort standards during travel, just over 10 minutes to cross the city, and a large free car park. The project for the Perugia Minimetrò’s civil works was drawn up in various stages involving all kinds of technical operations and an intricate system of design themes. The original project was drawn up by the city council's own technical departments. The project was then further developed by Metrò Perugia, which commissioned Umbria Domani to design the civil works; the latter then turned to the engineer, Fabio Maria Ciuffini, who had already designed the escalators inside Rocca Paolina, and he, in turn, coordinated the final design and execution of the civil works. Compared to what was originally expected, the final project called for a review of the initial layout, incorporating a new terminus station in Pincetto and a different positional configuration of the stations. Based on this project, an environmental impact assessment was set underway and completed, and all the necessary technical and administrative authorisation was obtained. After this initial phase, Jean Nouvel, one of the world's leading architects, stepped in as artistic director and “designed” the infrastructure, pinpointing the main compositional and general formal principles to be set down for the various different projects. Designed as a linear, light and transparent work of architecture, the Minimetrò fits smoothly and seamlessly into the landscape and cityscape. The stations – five intermediate (Cortonese, Madonna Alta, Fontivegge, Case Bruciate and Cupa) and two terminuses (Pian di Massiano and Pincetto) – are designed so that the inside and outside flow together, featuring fluctuating levels with separate horizontal and vertical forms, a carefully dissolved bearing structure, and strategically constructed views. The architectural idiom is simple and minimal; the materials used are steel and glass with transparent and vibrant lines, combined with a mass of reinforced concrete incorporating coloured pigments. Nouvel's idea was to create a structure which, right from first sight, looked like a facility serving the community transport network, carefully geared to blend in with its setting.
Sopra, sezioni e pianta del piano terra della stazione terminale di Pian di Massiano. Sotto, lo sviluppo del percorso della linea che corre per 3.020 metri tra la stazione motrice di Pincetto e
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quella terminale di rinvio a Pian di Massiano con un dislivello massimo di 160,6 m e una pendenza massima del 11,5%. La portata massima oraria è di 3.065 passeggeri.
Above, sections and plan of the ground floor of Pian di Massiano terminus station. Below, the route taken by the line that covers 3200 m between Pincetto Station and Pian di
Massiano Terminus, negotiating a maximum height difference of 160.6 m and a maximum incline of 11.5%. It can handle a maximum of 3065 passengers-an-hour.
Schemi distributivi del terminal Pian di Massiano con gli accessi a seconda delle fasce orarie e le varie fasi di costruzione. Questa stazione appresenta la porta d’ingresso al Minimetrò. Tale accesso è consentito
utilizzando il grande parcheggio di interscambio per autovetture private e autobus turistici. La stazione è realizzata su due livelli, di cui quello interrato adibito a locali tecnici e magazzini.
Diagrams showing the layout of Pian di Massiano terminus, showing access at various times of day and at various stages in its construction. This station acts as a sort of entrance way to the Minimetrò. Access is also
available through the large junction car park for private vehicles and tourist buses. The station is built over two levels, with the underground level holding the utility rooms and store rooms.
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In alto, la Stazione Terminale di Pian di Massiano. Sopra, la Stazione di Cupa è collocata interamente in sotterraneo ed è la penultima stazione prima del centro storico. Le pareti laterali dei suoi atri e
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banchine sono costituite da palificate non rivestite, realizzate con la stessa tecnica delle gallerie artificiali. Le scale mobili consentono agevolmente di collegarla ad alcune parti del centro
storico che gravitano intorno a via dei Priori, via San Francesco, Piazza Morlacchi. E’ inoltre la stazione che consente di raggiungere agilmente la Zona Universitaria di via Pascoli, il futuro Auditorium di
San Francesco al Prato ed il Teatro Morlacchi. Top, Pian di Massiano Terminus Station Above, Cupa Station is located entirely underground and is the second to last station before the old
town centre. The side walls of the lobbies and platforms are made of uncovered piles constructed using the same method as for man-made tunnels. The closeness of the escalators provides handy links to every
part of the old town centre around Via dei Priori, Via San Francesco and Piazza Morlacchi. The station also provides easy access to the university campus area in Via Pascoli, the Auditorium planned to
be built in San Francesco al Prato, and Morlacchi Theatre.
La presenza del Minimetrò nel contesto urbano si sviluppa su una linea rossa ben visibile a sostegno delle rotaie che risale verso l’acropoli per scomparire in prossimità della stessa immergendosi nel sottosuolo. Il Minimetrò rientra nella tipologia dei sistemi APM (Automated People
Mover) con trazione a fune ed è gestito, nelle stazioni, con la tecnologia dell’agganciamento automatico. Sulla linea a doppia via di corsa costituita da binari realizzati con travi profilate standard, viaggiano una serie di vetture agganciate alla fune traente, che impone loro un moto a velocità costante. In
prossimità delle stazioni ogni vettura si sgancia automaticamente dalla fune e viene rallentata, fermata e, dopo la fermata per lo sbarco e imbarco dei passeggeri, riaccelerata da appositi gruppi di ruote gommate ad asse verticale, dette “travi di sincronizzazione”. Nei capolinea le vetture
invertono il loro moto per mezzo di una piattaforma rotante che preleva le vetture e le rimette nel circuito, inserendole nella via di corsa di ritorno. The Minimetrò is incorporated in the cityscape through a clearly visible red line supporting the tracks, which ascend towards the acropolis before
vanishing close by it and then dipping underground. The Minimetrò is a cabledriven APM (Automated People Mover) system, handled in the stations using automatic hook-on technology. A set of vehicles hooked onto the traction cable travel at a steady speed along the two-way
line made of tracks composed of standard section girders. The vehicles disengage automatically from the cable when they enter the stations and are then slowed down and stopped. After stopping at the station to let passengers on and off, they are reaccelerated by special units of rubberised wheels
with vertical axes known as “synchronisation beams”. The vehicles change direction at the terminus stations by means of a revolving platform, which takes hold of the vehicles and puts them back in the loop ready for the return journey.
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Civil Works Architectonic Project: Fabio Maria Ciuffini/Naif Coordinator: Fabio Maria Ciuffini Plants: euroengeneering Ass. pr. Structures: Sintagma Srl Geology Search: Geoconsul/Geoter SIA: Sintagma Administration: Umbria Domani Artistic Direction Project: Jean Nouvel Project Manager 1st phase: Federico Masotto Project Manager 2nd phase: Alessandro Carbone Nouvel Architectural Team: Alessandro Carbone (Project Manager), Cristina Ventura (Assistant Project Manager); Andrea Ciofi degli Atti, Raffaella Falbo, Laura Pistoia, Filippo Ortolani, Kristian Sullivan, Livia Tani; Arte Factory, Andrea Ciofi degli Atti, Carlo Prati (Synthesized images) Executive Project Coordinator: F.M. Ciuffini Architectonic and Structural Project viaduct,stations, tracks: Naif Structural Project natural gallery Pincetto: Sgai Structural Project artificial galleries and excavations: Sintagma Plants and medium tension ring: euroengeneering/ G. Drisaldi Minimetrò Works Management Works Manager: F.M. Ciuffini Executive Managers: G. Drisaldi, A. Simeone Technological Part Final, executive Project and variations: LeITNer Minimetrò Spa Technical Coordinator: Adriano Maraziti
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Process Responsible: Andrea Vignaroli Works Manager for medium tensions canalization: Luca Patiti Management Station Access Control System: Massimo Gallì Works Variations Architectonic and Structural Project: Naif Final and Executive Project and Works Management for Pincetto Upways Coordinator and Works Manager: F.M. Ciuffini Architectonic Project: Naif Structural Project: Naif / Sgai (final), Bonifica Plants: euroengeneering Ass. pr. Executive Project and Works Management for Accessibility to the Stations and Environmental Setup: Comune di Perugia Settore Opere pubbliche - U.O. Grandi Opere in collaboration with other U. O. Final/executive Project and Works Management Commercial Centre Pian di Massiano: Naif Artistic Direction: AJN Executive Project and Works Management Pian di Massiano Carpark and Environmental Setup Civil Works Project: Sintagma Srl Technological Plants Executive Project: G. Drisaldi Works Manager: G. Orsoni Minimetrò Works ManagementTechnological Part Works Manager: M. Cangiano Executive Manager: C. Ippolito Graphics and Signals: Zup associati Srl Graphics and Signals Executive Project: CBS Outdoor Client: Minimetrò
Sopra, l’ingresso ai treni alla Stazione di Pincetto. A sinistra e nella pagina a fianco, sezioni tipo di una stazione ipogea. Nella pagina a fianco, la scala mobile che collega la Stazione di Cupa al centro storico e viste della Stazione intermedia Cortonese.
Above, entrance to the trains at Pincetto Station. Left and opposite page, standard sections of an underground station. Opposite page, the escalator connecting Cupa Station to the old town centre and views of Cortonese Intermediate Station.
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Jean-Luc Manaud
Atelier 13 Jean Jaurès Metro Station, Toulouse L’intervento si concentra sul progetto della stazione Jean Jaurès, dove convergono le due linee della metropolitana di Toulouse. La città, che si era dotata di un prima linea metropolitana, la A, una quindicina d’anni fa, il giugno dello scorso anno ha inaugurato il secondo tracciato, linea B, quasi 16 km e 20 stazioni per un traffico di circa 150.000 viaggiatori giornalieri. Il progetto di Atelier 13 realizza un nuovo polo di scambio con la risistemazione degli attraversamenti Franklin Roosevelt, una galleria commerciale di circa 3.000 metri quadrati, la zona degli interscambi tra linee A e B, e la stazione stessa di Jean Jaurès/linea B. La stazione fa propri i concetti e il vocabolario dell’architettura e del design delle nuove stazioni: volumi a doppia altezza, percorsi e prospettive facilmente leggibili, trasparenza e lavoro sulla luce, materiali nobili come il granito, il cemento, il gres, il vetro e l’acciaio. Il tutto declinato in ambienti e atmosfere dall’aspetto lineare e dai colori calibrati. I viaggiatori circolano sulle passerelle che passano sopra i convogli della metropolitana, mentre le doppie altezze amplificano le proiezioni delle scalinate e delle scale mobili. Come per la linea A, anche le stazioni della nuova linea B si iscrivono in un’ottica di promozione artistica e culturale ospitando ognuna un’opera d’arte. Così per la stazione Jean Jaurès, l’opera in bianco e nero di Julje Knifer, accompagna i pedoni lungo un tragitto di 30 metri nella connessione tra le linee A e B.
A sinistra, dall’alto, planimetria generale della rete metropolitana di Toulouse, con l’incrocio delle due linee in corrispondenza della stazione Jean Jaurès, pianta del livello dove sono organizzati gli spazi commerciali e pianta del livello sottostante con la zona di interscambio e la biglietteria. Nella pagina a fianco particolare dell’opera in bianco e nero di Julje Knifer, accompagna i pedoni lungo un tragitto di 30 metri nella connessione tra le linee A e B.
Work focuses on the project to design Jean Jaurès Station, where Toulouse’s two underground lines converge. The city, where the first underground line A was built 15 years ago, officially opened its second line B last June. The line, which stretches for almost 16 km and includes 20 stations, candles approximately 150,000 passengers-a-day. Atelier 13 has designed a new junction area, involving the redevelopment of the Franklin Roosevelt avenues, a shopping mile covering approximately 3,000 square meters, the intersection area between lines A and B, and Jean Jaurès/line B Station itself. The station is designed along the conceptual lines and vocabulary of new Station architecture and design: double height structures, easy to read pathways and perspectives, transparency and careful attention to light and noble materials like granite, concrete, tiring, glass and steel. All set out in distinctly linear settings and atmospheres in carefully gauged colours. Passengers walk along the pathways which cross above the underground trains, while the double height structures amplifying the projections from the stairways and escalators. As in the case with the line A, the stations on new line B are part of an artistic and cultural promotion project and each contain a work of art. At Jean Jaurès Station, Julje Knifer’s black and white work accompanies pedestrians along a 30 meters corridor connecting lines A and B.
Left, from top, site plan of the Toulouse underground network, showing how the two lines intersect near Jean Jaurès Station, plan of the level where the retail spaces are located, and plan of the level below that where the exchange area and ticket offices are located. Opposite page details of Julje Knifer’s black and white work which accompanies pedestrians along a 30 meters corridor connecting lines A and B. Credits Project: Atelier 13, Jean Philippe Loupiac, Nicole Roux Loupiac Assistants: Roland Bohain, François Lavarenne Associates: SCP Patrick de Capèle, Paul Lamarque
Technical Studies: Systra Client: SMTC, Syndacat Mixte des Transports en Commun SMAT, Société du Métro de l’Alomération Toulousaine Tisseo
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Schneider & Saada
Schneider & Saada
Jean-Luc Manaud Schneider & Saada
Schneider & Saada
Schneider & Saada
Vista della nuova stazione, linea B, i cui ambienti presentano volumi a doppia altezza, percorsi e orientamenti facilmente leggibili, trasparenze e illuminazione nonché l’uso di materiali nobili.
Views of the new station on line B, featuring doubleheight structures, pathways which are easy to move around, clearly readable directions, transparency and good lighting, plus the use of noble materials.
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74 l’ARCA 236
Miguel Arruda Arquitectos Ponte Pedonal Malvarosa, Alverca La sfida lanciata dal committente era quella di realizzare un oggetto/collegamento tra due punti posti approssimativamente alla stessa altezza, separati da una frattura di asfalto – una separazione visibile del passaggio pedonale da un lato all’altro. La risposta emerge univocamente dalla congiunzione di questi due punti attraverso l’ausilio di un terzo punto, tenendo conto del livello più alto della passerella, che offre la soluzione tecnica in grado di poter far attraversare l’arteria stradale anche per quanto riguarda la parte più bassa e di ottenere una circolazione comoda e accessibile tra tutti e tre i punti. La struttura proposta – che si pone come come nuovo landmark del quartiere Malvarosa ad Alverca – è caratterizzata da un parapetto costituito da elementi di metallo microforato che inquadrando il passaggio pedonale in un rettangolo visuale le conferisce, di giorno, una espressività carica di purezza formale. Durante la notte, invece, lo stesso materiale, su cui sono applicati elementi illuminanti verticali, contribuisce a una sorta di demateriallizzazione della passerella e offre ai passanti una diversa prospettiva che, combinata con l’ambiente circostante, conferisce al progetto una valenza artistica. The challenge presented by the promoter was to create an object/link connecting two points with the same approximate height, separated by a tar-covered rift – a visible separation on the pedestrian passage from one point to the other. The answer unequivocally emerges from joining these two points with the aid of a third point, taking into consideration the highest point of the passage, which provides the technical solution to the lowest point to cross over the motorway, as a convenient and accessible means of circulation between the starting and finishing points. The proposed structure – without doubt a new landmark for the Malvarosa neighbourhood in Alverca – has through its “coating” a micro-perforated plating, capable of portraying through its purest formal expression a rectangular form which can been seen during the day time, while another expression is made possible by the same material during nighttime by being visible through vertical lighting elements, dematerialising the structure, thus enabling observers to gain a different perspective and, with the surroundings, to project a more artistic interaction.
Viste della nuova passerella pedonale Malvarosa, realizzata ad Alverca in Portogallo. La struttura, che è stata pensata come ricucitura tra due quartieri divisi da un’arteria stradale a
scorrimento veloce, si pone, soprattutto di notte, come una scultura di luce a scala urbana. Use of the new Malavarosa pedestrian footpath built in Alverca,
Portugal. The construction, which is designed to stitch together to neighbourhoods separated by a busy road, looks like an urban sculpture of light, particularly at night-time.
Credits Project: Miguel Arruda Arquitectos Ass./Miguel Arruda Project Architect: Pedro Pereira Project Team: Pedro Nogueira, João Lisboa Electrical Engineering: Integralux Actividades de Engenharia, Lda –Afonso Santos Construction: Socobre - Soc. Construções Client: Obriverca Construção e Projectos
236 l’ARCA 75
76 l’ARCA 236
Da sinistra, planimetria generale, pianta e particolari della sezione. Sotto, due viste generali della passerella, caratterizzata dal rivestimento in elementi di metallo microforato su cui sono applicati elementi illuminanti verticali.
From left, site plan, plan and details section. Below, two general views of the footbridge, which features a cladding made of micro-perforated metal elements with vertical lighting appliances attached to them.
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WAS-Antonio Petrov Bodies: una meta-narrativa per Chicago
I
spirata al concetto di bellezza di Kant, l’idea di “Bodies” (corpi) cerca di identificare una meta-narrativa della presenza e della realtà che richiedono una identità fisica al di là della fotogenica straordinarietà della segragazione fisica tra verticalità e orizzontalità di Chicago. Kant suggeriva che nella bellezza vi è il sublime e che nel sublime vi è bellezza e che entrambi pervadono la presenza concettuale e formale della narrativa. Mentre la meta-narrativa cerca una presenza oltre i concetti formali, essa presuppone un proprio linguaggio simbiotico che diventa capace di Comunicare e di colmare i Vuoti orizzontali e verticali del tessuto urbano deturpato. Le divisioni socio-economiche e le disconnessioni fisiche di Chicago rispetto ai propri sistemi di acqua e verde portano alla relazione astratta della negazione di se stessa. La nozione positiva-negativa di Bodies diviene una piattaforma per i processi esterni di attrazione che generano una relazione dialettica con la città e con la sua vera identità. Il progetto Bodies specula sulla possibilità teorica di una Comunità verticale che si autosostiene in grado di sfumare i confini tra assenza e presenza attraverso una espressione formale simbiotica, un Gestus del “sé” alienato. La nozione dei Bodies interagenti implica che ci siano elementi fisici e sociologici: i Bodies (Individui, Folla, Comunicazione, Movimento, Sopravvivenza, Vuoto) interagiscono e comunicano con se stessi; definiscono e ridefiniscono la condizione urbana e collegano ciò che vuole essere collegato, riconnettono ciò che ha bisogno di essere ricollegato, spostano ciò che deve essere spostato, e interagiscono con la città e con i suoi principali spazi d’acqua e di verde. Gli Individui definiscono l’unità più piccola del contesto urbano, e la Folla, la moltitudine, rappresenta la diversità della popolazione di Chicago e i flussi naturali degli spazi d’acqua e verdi della città che si ricollegano in una struttura verticale. Il principio urbano dell’organizzazione interna alla torre degli spazi pubblici e privati è una reinterpretazione della struttura delle antiche case greche di Priene. I sistemi interni di circolazione infrastrutturale collegano e comunicano con i flussi pubblici, turistici e commerciali che convergono con una nuova consapevolezza come una simbiosi tra individui e Comunità. I Bodies, gli elementi principali dello schema, sintetizzano il flusso del tessuto di dati visibile che definisce elementi di interconnettività con qualità proprie diverse dalle caratteristiche eistenti. Lo schema verticale si riferisce ai cambiamenti nella percezione della società, alle nuove forme di vita e lavoro, alla sostenibilità verticale (sociale), all’aumento di diversità delle circostanze di vita, alla separazione lavoro-vita-divertimento, allo straniamento che dà origine alla paura. L’isolamento e la segregazione socio-economica ci costringe a pensare e a sviluppare nuovi modi per stare insieme, basati sui sistemi e le strutture esistenti. La nozione di sei Bodies e la loro natura interattiva incarna la connessione della città con se stessa, definita e rappresentata dall’individuo che, fisicamente, programmaticamente e socialmente, interagisce con gli altri. La crescita dei Bodies si fonda sulla comprensione e sulla riflessione circa le strutture e i sistemi esistenti nel contesto di Chicago. I Bodies assorbono l’esistente e definiscono la città verticalmente attraverso la rappresentazione dei sei elementi di interazione. Le moltitudini esterne divengono un’unità, attratta dalle caratteristiche dei Bodies interagenti che comunicano con le condizioni urbane esistenti le quali passano naturalmente nella città verticale. Il processo autogenerativo di transizione fuori da sé riequilibra gli squilibri sociali e culturali di Chicago. Gli squilibri socio-fisici predominanti della città richiedono una nuova
Agora Dreams and Visions
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esperienza di equilibrio e di presenza consapevole, che riflette la natura e il significato dell’equilibrio, nel Gestus della torre. Equilibrio e forza sono così pervasivi e basilari per una nostra esperienza coerente del mondo. Non riflettiamo quasi mai sulla natura e sul significato dell’equilibrio e della forza. E’ importante capire che l’equilibrio è un’attività che impariamo dai nostri corpi e che la forza è l’intreccio dei significati. Diamo per scontate le forze e trascuriamo la natura delle azioni e degli effetti interattivi (attrazione e repulsione). Le forze sono correlate tra loro come espressione e processo di determinazione, apparenza fisica e percezione. Le qualità comunicative della forza non possono sfuggire al corpo. Le dipendenze di microcircolazione al di là della percezione fisica diventano processi di determinazione. L’equilibrio di forze è visto come un’attività che apprendiamo con i nostri corpi, la torre come parte dei nostri corpi rappresenta questa esperienza pervasiva e basilare in una città verticale. Collocata in modo strategico, la torre si trova alla congiunzione di Movimenti sociali, culturali, fisici, economici, infrastrutturali e naturali. Riempiendo il Vuoto, la struttura si innalza al di fuori della negazione e delle forze incidentali e diviene un attrattore che genera un Gestus dalla propria alienazione. La torre comprende il proprio ambiente e fonde la realtà esistente in una fonte di forma e funzione derivata dai flussi orizzontali e verticali. L’effetto è la forma e il Gestus della torre. L’alienazione si pone in una relazione formale e concettuale con la città e con le sue risorse, in cui il sublime è nella bellezza e il naturale nel reale. La verticalità del progetto è un risultato delle forze che si incontrano orizzontalmente per divenire verticali come riflesso di una realtà restrittiva e di un’espressione simbiotica. La simbiosi sottolinea l’immediatezza della relazione interattiva tra elementi urbani programmatici che si coinvolgono l’un l’altro e si fondono in una forma simbolica. La verticalità non dovrebbe essere interpretata come un simbolo urbano che ristruttura la natura socio-economica in uno spettacolo dello skyline di Chicago. E’, invece, un’espressione simbiotica di supporto che rappresenta un sistema bidimensionale e che si fonde nella quarta dimensione. La torre diviene un segno di supporto morale e un sistema morale di ordinamento che utilizza la “spettacolarità” come una realtà riflessiva e assertiva. I Corpi verticali sono una simbiosi dell’ambiente con se stesso, rappresentando un sistema attivo non imborghesito che scambia e si connette con tutti i livelli della città e della società. La moltitudine esterna si fonde in un unico gesto verticale con i nuovi sistemi e programmi urbani auto-generanti come transizione fuori da se stesso.
I
nspired by Kant’s conceptual approach of beauty, the idea of Bodies seek to identify a meta-narrative of real presence and reality that demands a physical identity beyond the photogenic social uncanniness of Chicago’s physical vertical and horizontal segregation. Kant suggested that within the beauty there is a sublime, and within the sublime there is beauty, both inform the conceptual and formal presence of the narrative. While the meta-narrative seeks a presence beyond formal concepts, it presupposes its own symbiotic language that becomes capable of Communicating and filling vertical and horizontal Voids within the scarred urban fabric. Socio-economic divides and the physical disconnections from Chicago’s natural blue and green systems lead to the abstract relation of the negation of itself. The positive negative notion of Bodies becomes the platform for external processes of attraction that generate a dialectical relationship to the city and its real self as part of itself. Bodies speculate on the theoretical possibility of a self-sustained vertical Community that would blur boundaries between absence and presence through a symbiotic formal expression as a Gestus of the alienating self. The notion of interacting Bodies implies that there are physical and sociological elements: Bodies (Huwomenkind, Crowd, Communication, Movement, Survival and Void) are interacting and Communicating with their own self; define and redefine the urban condition and connect what wants to be connected, reconnect what needs to be reconnected, shift what needs to be shifted, and interact with the city and its main natural blue and green spaces. Huwomenkind defines the smallest unit of the urban context, and the Crowd, existing as the many, represents the diversity of Chicago’s population and the natural flows of the city’s blue and green spaces that nexus in a vertical structure. The urban principle of the tower’s internal organization of public and private spaces is a reinterpretation of the ancient Greek house structures of Priene. Internal infrastructural circulation systems connect and Communicate with public, infrastructural, tourist and commercial flows that converge with a new consciousness as a symbiosis of individuals and Community. Bodies, the main elements of this scheme, synthesize the flux process of visible datatexture that defines elements of interconnectivity with own qualities out of existing characteristics. The vertical scheme addresses changes in society’s perception, new forms of working and living, vertical (social) sustainability, the growing diversity of living circumstances, the separation of workingliving-leisure, and the estrangement that result in fear. Isolation and socio-economic segregation forces us to think and develop new forms of togetherness based on existing systems and structures. The notion of six Bodies and their interactive nature embody the connection of the city with itself defined and represented by individual Bodies that physically, programmatically and socially interact with each other. The growth of Bodies is based on the understanding and reflection of existing structures and systems in the context of Chicago. Bodies absorb the existing and define the city vertically through the repre-
sentation of the six elements of interaction. External many ones are becoming a single one, attracted by the characteristics of the interacting Bodies and Communicating with existing urban conditions that naturally transition into a vertical cityscape. This self-generating process of transition out of itself, balances the social and cultural imbalances of Chicago. The very dominant socio-physical imbalances of the city require a new experience of balance and conscious presence, which reflects the nature and meaning of balance, in the Gestus of the tower. Balance and force are so pervasive and basic for our coherent experience of our world. To Survive, we must interact as organisms and be aware of its presence. We almost never reflect on the nature and meaning of balance and force. It is important to see that balance is an activity we learn with our Bodies and force is the network of meaning. We take forces for granted and overlook the nature of interactive operations and effects (attraction and repulsion). Forces relate to themselves as an expression and process of determination, physical appearance and perception. The Communicative qualities of force cannot escape the Body. Micro circulating dependencies beyond physical perception become processes of determination. The balance of forces is seen as an activity that we learn with our Bodies, the tower as part of our Bodies represents this pervasive and basic experience in a vertical cityscape. Strategically placed, the tower is located at the nexus of social, cultural, physical, economical, infrastructural and natural Movements. Filling the Void, the structure arises out of negating and parenthetic forces into an attractor that generates a Gestus of its own alienation. The tower understands its environment and blends the existing reality into a source of form and function derived from horizontal and vertical flows. The effect is the form and the Gestus of the tower. The alienation stands in an immediate formal and conceptual relationship to the city and its defining resources were the sublime is within the beautiful, and the raw is within the real. The verticality of the project is a result of the accumulation of forces that met horizontally to become vertical as a reflection of a restrictive reality and a symbiotic expression. The symbiotic underlines the immediacy of the interactive relationship between programmatic urban features that embrace each other and merge into a symbolic form. Verticality should not be understood as an urban symbol that re-structures the socio-economic nature into a spectacle of the Chicago skyline. Instead it’s a symbiotic expression of support signifying a two-dimensional order system that merges itself into the fourth dimension. The tower rather becomes a signal of moral support, and a moral ordering system that utilizes the “spectacle” as reflective and assertive reality. Vertical Bodies are a symbiosis of the environment with itself, representing an un-gentrified active system that exchanges and connects to all levels and layers of city and society. The external many ones are merging into a single vertical gesture with new self-generating urban systems and programs as a transition out of itself.
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Diagrammi relativi alla popolazione delle aree metropolitana e centrale di Chicago. Diagrams showing the population of the metropolitan and downtown areas of Chicago.
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Diagramma dell’attrazione ambientale esercitata dall’area centrale di Chicago. Diagram of the environmental attraction exercised by the downtown area of Chicago.
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Sopra, schema della diversità culturale: i 6 “corpi” verticali interagiscono e comunicano tra di loro definendo lo spazio dinamico della nuova Tholos World Plaza in un contesto globale. Sotto prospettiva delle 6 torri dotate di sistemi audiovisivi ad alta risoluzione per la proiezione interattiva di immagini.
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Above, diagram of cultural diversity: the 6 vertical “bodies” interact and dialogue with each other to set the dynamic space of the new Tholos World Plaza in a global context. Below, perspective view of the six towers equipped with highresolution audiovisual systems for interactively projecting images.
Schema urbano per riconnettere Chicago alle sue principali risorse naturali (lago e verde), ai nuovi sviluppi infrastrutturali, all’estensione delle funzioni esistenti, alle attrazioni turistiche e ai nessi socioculturali attraverso un panorama verticale (torre di 440 metri, 110 piani, 10 comunità ).
Urban scheme for Chicago, connecting the city with its main natural resources (blue and green spaces), new infrastructural developments, extension of existing functions and tourist attractions, and the socio-cultural nexus in a vertical cityscape (tower 440 meter 110 floors 10 communities).
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Sopra, schema delle forze, dei movimenti e delle infrastrutture che interagiscono e creano nuovi spazi e piazze e connettono la città al lago. A sinistra, sviluppo tridimensionale della piazza con lo schema delle interconnessioni. In basso, skyline delle torri della Tholos World Plaza che definiscono una struttura urbana chiusa e omogenea, chiudendo i vuoti circostanti. Le torri e la nuova densità che determinano intensifica l’atmosfera della piazza e rende visibile la comunicazione all’interno della città e nel mondo.
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Above, diagram of the forces, movements and infrastructures interacting and creating new spaces and squares and also connecting the city to the lake. Left, threedimensional development of the square showing the diagram of interconnections. Bottom, skyline of the towers forming the Tholos World Plaza, which form a closed and homogeneous urban structure, closing up surrounding spaces. The towers and the dense setting they create intensifies the atmosphere in the squares and makes communication inside the city and around the world actually visible.
Sopra e in basso, la torre, nuovo simbolo e nuovo segno visivo per chi arriva a Chicago. A sinistra, schema delle interazioni orizzontali tra il nuovo e l’esistente.
Above and bottom, the tower, a new symbol and new visual landmark for people coming to Chicago. Left, diagram of horizontal interactions between the new and old.
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Rendering della nuova torre-attrattore. Renderings of the new tower-attraction.
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LA PAGINA GIALLA/ THE YELLOW PAGE
Carmelo Strano
Architettura, Arte e Critici Architecture, Art and Critics ominciano a pullulare anche in Italia i C Carlo d’Inghilterra, i fautori della restaurazione in architettura. Abbasso
Libeskind, abbasso Zaha Hadid ecc. ecc.. Guarda caso, ciò accade quando finalmente si concepiscono idee nuove e coraggiose per Milano. Alludo ovviamente ai progetti per l’ex fiera. Cosa sono queste forme scomposte e questi volumi sconnessi? E’ ora di finirla, si sente gridare. Ma vediamo di chiarire. Che uno sia stanco del decostruttivismo può essere comprensibile. Ma se questa insofferenza è sintomatica di una reazione da tempo e ben covata contro una creatività più dichiarata, più visibile, più diretta, più coraggiosa, più inventiva, allora c’è da essere allarmati e da contrattaccare. Ma voglio ancora sperare che questa cordata sia tenuta dai nostalgici o dai semprevivi razionalisti toccati nell’orgoglio o nella committenza mancata per via che la nuova immagine della Fiera di Milano non sarà opera loro. Se così fosse, ce ne accorgeremo presto, una volta sedata la rabbia. Ma se si rivelasse invece una bandiera, strategica o ideologica, allora inviterei questi paladini a non tentare di arrestare i modi coraggiosi e vivi. Vorremmo forse una città tutta giocata (inevitabilmente) all’insegna della comunicazione e con l’immagine pubblicitaria di gran lunga più trascinante ed efficace dell’architettura. Vorremmo che quest’ultima non ingaggiasse questa gara basata sulla forza linguistica e sull’inventiva? Vorremmo una misurata e controllata presenza formale e cromatica disperdersi per le strade affollate di gente disattenta o una presenza formale addirittura aggredita e vanificata sotto il trompe-l’oeil dei tabelloni pubblicitari o delle coperture artistiche addossate alle facciate in via di restauro? E ciò non senza ricordare un pittore antesignano, Ignazio Moncada, che agli inizi degli anni Ottanta (secolo passato) aveva inventato la “Pont-Art”, ossia enormi teli dipinti coprenti le palizzate, in modo da evitare ai passanti gli sconnessi intrecci di tubature e tralicci e offrire piuttosto la visione di un grande dipinto. La smettano gli architetti dotati di avere pudore verso l’arte, e gli architetti incapaci di artisticità, la smettano di fare gli architetti. La smettano i pedagoghi complessati o occhiuti di ammannire agli studenti di architettura soltanto una formazione seccamente tecnica. E semmai cerchino di sapere da James Wines, Richard Meier, Renzo Piano ecc. come sentono il rapporto tra architettura e arte. Avranno uno sbruffo di risate in faccia. Domande da non fare, ovviamente, avendo esse come unico risultato quello di far fare brutta figura. Ha ragione Luigi Prestinenza Puglisi quando nelle sue News telematiche accusa il Darc di non avere previsto nessun critico di architettura per la Biennale di Venezia. Ma esagera. Soprattutto quando rivendica a questa figura una sorta di appartenenza corporativistica esclusiva. Come dire: tu fai l’architetto e io faccio il critico. Intanto mi pare che in qualche modo anche lui faccia l’architetto (oltre ad esserlo per titolo accademico). Vogliamo allora spostare il problema sulla prevalenza del ruolo professionale? In te chi prevale il critico o l’architetto? Domanda imbarazzante. Una rispo-
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sta possibile: Io faccio il critico al 90 per cento, l’architetto al 10 per cento, dunque sono un critico. Ancora: faccio il critico per il 52 per cento e l’architetto per il 48 per cento, dunque... ma siccome qualche volta mi capita di fare l’architetto per il 52 per cento e il critico per il 48 per cento, in questo caso mi trasformo in… Ho scherzato ed esasperato di proposito ovviamente. Anche perché un tale quesito riguarda qualunque disciplina. E rileverei quanto segue. Intanto una entrata in crisi della figura del critico. Ero certamente Cassandra quando nel 1980 partecipai a Filiberto Menna questa mia intuizione che, neanche a dirlo, lo lasciò perplesso. Il significato era ed è questo: ritorno a dinamiche operative e mercantili di tipo rinascimentale e conseguente assottigliamento del ruolo centrale che il critico aveva avuto nella contemporaneità, fino a tutti gli anni settanta del secolo passato. Dunque: chiunque con una precisa metodologia e con cognizione di causa (conoscenza della storica e della contemporaneità, e familiarità con la vita delle forme e del linguaggio specifico) fa opera di analisi sta svolgendo attività di critico. E vale anche per gli architetti con proporzione variabile tra l’impegno critico e quello progettuale. Il divario nella percentuale è solo un problema di maggiore o minore esercizio. Per il resto è un fatto di intelligenza e di intuito. Ricordo peraltro Alberto Moravia che si piccava di critica d’arte non capendone nulla e Luciano Berio che ha scritto un breve saggio su Marcel Duchamp che è un vero contributo. Non serve il tesserino di giornalista (che pure ho dal ’77). Serve vedere cosa e come scrivi. Eventualmente anche dove scrivi. is now coming up with plenty of its own Prince Charles-type characIterstaly keen to promote a programme of
architectural restoration. Down with the Libeskinds, the Zaha Hadids etc. and, surprise surprise, this is happening just at the time when new and brave ideas are finally being thought up for Milan. Of course I am talking about the projects designed for the old trade fair premises. What are these unseemly forms and disconnected structures? Enough of all that, you can hear people exclaiming. But let’s clarify this a bit more. It is understandable that people
are tired of deconstructivism. But alarm bells should start ringing and it is time to go on the counter-attack if all these complaints are symptomatic of a carefully gauged reaction against the most striking, most openly stated and most direct forms of creativity. But I still want to hope that this consortium is mainly composed of those diehard nostalgics and rationalists whose pride (not to mention client base) has been hurt by the fact that the Milan Trade Fair’s new image will not be designed by them. If that is the case then everything will become quite clear once their anger has subsided. But if it turns out that this is some sort of strategic or ideological stand, then I would suggest that the champions of this cause should not try to stop all these brave and lively new projects. Do we want the city to (inevitably) play entirely on communication and the kind of advertising image which is so much more powerful and effective than architecture? Do we want architecture to shy away from competition based on linguistic power and invention? Do we want any carefully gauged and controlled stylistic presence to be lost along streets packed with undiscerning people, or the kind of stylistic presence which is actually attacked and overwhelmed by the trompe-l’oeil effect of advertising billboards or artistic covers placed across facades being renovated? And all that without forgetting the painter, Ignazio Moncada, who, back in the 1980s, invented so-called “PontArt” or, in other words, huge painted canvases covering entire buildings to prevent passers-by from seeing a dishevelled mass of pipes and girders, offering them instead the view of a giant painting. Talented architects must stop being so shy when it comes to art, an architects incapable of being creative must give up being architects. Teachers with complexes or interested only in giving students a blindly technical education should also change their ways. They must try to learn from James Wines, Richard Meier and Renzo Piano etc. how to sense architecture’s relations to art. People will, of course, laugh in their faces. Obviously these questions should not be asked, since you will only end up making a fool of yourself. Luigi Prestinenza
Puglisi is right when, in his own Telematic Newsletter, he accuses Darc of not sending any architecture critic to the Venice biennial. But he exaggerates when, most notably, he suggests that architecture critics belong to some sort of exclusive corporation. As if to say: You do your job as an architect and I will do mind as a critic. In any case, it seems to me that he himself works as an architect ( as well as officially being one). So should we shift the issue on to the whole question of which role is most predominant? Are you more of a critic or an architect? An embarrassing question. Here is one possible answer: I am 90% a critic and 10% an architect, so I am a critic. Or alternatively: I am 52% a critic and 48% an architect, therefore… But since sometimes I am 52% an architect and 48% a critic, in that case I turn into… Of course I am only joking and exaggerating the issue, since the same reasoning could, after all, be applied to any discipline. And I would like to point out the following. Firstly, the role of the critic is going through a crisis period. I was certainly some sort of Cassandra when I first shared this idea of mine with Filiberto Menna back in 1980, who, needless to say, was quite perplexed. What I meant was, and is, this: a return to Renaissance-type mercantile operating procedures, resulting in a critic losing the central role he had in the modern-day age right down until the 1970s. Which means that anybody with their own definite working method and know-how (knowledge of history and modernity and a certain familiarity with the life of forms and their specific idiom) carrying out any kind of study is actually working as a critic. And the same applies to architects, poised between critical commitment and engagement in design. The variation in percentage between the two is just a matter of greater or lesser involvement. The rest is just intelligence and intuition. I would like to point out that Alberto Moravia, for instance, claimed to be an art critic without understanding anything about it, and Luciano Berio wrote a short essay on Marcel Duchamp which was truly enlightening. You do not need a journalist’s card. You need to know what to write and how to write it. And, in the end, somewhere to write it.
A Siracusa A Good Seminar el marzo scorso, alla Facoltà di Architettura di Siracusa, si 3-day seminar about the suburbs, headed by Zaira Dato è tenuto un seminario di tre giorni sulle periferie, coordi- A (lecturer in architectural composition) with the help of a N nato da Zaira Dato, ordinario di composizione architettonica, young scholar called Silvana Segapeli, was held at the Siracusa assistita soprattutto dalla giovane studiosa Silvana Segapeli, Tanti interventi, anche di stranieri, su un tema di estremo interesse su scala internazionale. Un bel confronto fra specialisti, una bella palestra di approfondimento per gli studenti. A fare da sfondo, una mostra di video del duo ambientalista francese Claire-Fontaine. Ne parlo principalmente perché spero che l’iniziativa ne provochi altre della stessa natura. Perché si faccia strada la consapevolezza, su cui chi scrive insiste da anni, che è cessato il vecchio rapporto centro-periferia, che ogni luogo è centro, è una ribalta senza complessi di inferiorità. Da questo punto di vista è positivo il fatto che il seminario si sia svolto non a Londra ma nell’estrema punta della Sicilia.
Faculty of Architecture last March. There were lots of speeches, some by foreign guests, on an extremely interesting international issue. An excellent means of comparing expert views and also a wonderful educational experience for the students. As a backdrop, there was an exhibition of video clips by the environmentalists Claire and Fontaine. The main reason why I mentioning this is because I hope this will lead to other similar enterprises. I am hoping this will result in a greater awareness of the fact that old-fashioned relations between the centre and suburbs no longer exist. All places are now central and nowhere needs to suffer from an inferiority complex. Bearing this in mind, it is good to note that the seminar took place in the southernmost tip of Sicily and not in London.
Rubriche e articoli sul mondo della progettazione, della produzione e della ricerca. Design, production and research.
Monumentalità flessibile In Tangier Tanger Med è un’importante operazione avviata nel 2003 dal Re del Marocco Mohammed VI con l’obiettivo di sviluppare dal punto di vista del traffico portuale, delle attività turistiche e commerciali nonché delle infrastruttre di trasporti stradali e ferroviari una zona di 550 km quadrati all’estremo nord della regione. Tra le principali ambizioni, la creazione di un porto, Tanger Med I, situato 40 km a est di Tangeri, nel sito di Oued R’mel sullo stretto di Gibilterra, che ha visto l’inaugurazione il luglio dello scorso anno, dopo cinque anni di lavori e un investimento di circa 2 miliardi di euro. Destinato a diventare una delle più importanti piattaforme per container del Mediterraneo e dell’Atantico, potrà trattare un traffico di 3,5 miloni di EPV (container equivalenti a venti piedi) entro il 2012. Ma non solo, in previsione di una sua saturazione entro il 2015, è già stato lanciato il progetto per un secondo terminal, Tanger Med II, che potrà essere in grado di trattare entro il 2012, 5 milioni di container/anno. Oltre all’importanza che questa operazione riveste a livello strategico per lo sviluppo e la competitività della regione e il potenziamento del suo bacino di influenza rispetto all’Europa e la costa orientale americana, è interessante anche dal punto di vista del progetto generale. Per garantire la qualità e l’organicità dell’intervento, sia a livello funzionale sia di integrazione nel territorio come di valore architettonico, TMSA, la società responsabile di Tanger Med, ha bandito nel 2005 un concorso internazionale a inviti che ha visto vincitore Jean Nouvel su una rosa di quattro rinomati preofessionisti (con lui, Ricardo Bofill, Zaha Hadid e Rem Koolhaas). La proposta di Nouvel interpreta, con semplicità, armonia e una poetica calata nella tradizione del Marocco, il piano di sviluppo dell’intera zona. Viene definita una maglia di progetto permeabile a un lavoro collettivo in cui possano essere integrati gli interventi degli architetti marocchini che realizzeranno una città logistica e industriale attorno al porto. Il concetto di modularità consente di dare delle coordinate comuni ai nuovi interventi senza per questo limitarne il grado di innovazione e immaginazione. Nouvel si rifà a un’idea di monumentalità “flessibile” per disegnare un luogo composto da zone con una presenza architettonica pregnante che compongono il territorio seguendo prospettive e punti di vista determinati. Orizzontalità e bianco sono gli elementi che regolano l’impianto generale del progetto. “Un’appropriazione del territorio che si vuole unitaria, armoniosa e in accordo con la geografia del sito. Qui la scrittura territoriale segue una regola innanzitutto sensibile: ritmi bianchi su sfondi naturali, volumi puri sotto la luce cruda di Tangeri, masse, contrasti forti, rivelazione del bianco. Dare al porto un carattere di eternità... inscriverlo nella modernità, dotarlo degli attributi tecnologici contemporanei e dargli un’anima, un’identità potente che lo renda unico. Facendo eco alla distesa blu del mare, quella bianca, regolare, ordinata degli hangar progettati in base a un sistema costruttivo intelligente, ripetitivo, modulare, coerente con la topografia del luogo”. La stazione multimodale è un grande spazio libero che, organizzato sotto una piattaforma bianca e massiccia, ospita le attività di svago, ristoranti e commerci, e i sistemi di trasporto, stradali e ferroviari. In periferia sono distribuiti gli uffici (35.000 mq entro il 2020) che culminano in un disegno a dentello per liberare patii aperti verso il cielo. Il centro è riservato alla sosta dei veicoli con qualche apertura tagliata nel piano della piattaforma per far penetrare la luce e proiettare la vista verso il cielo. La capitaneria, costruzione focale di questo territorio, si sviluppa verso l’alto come una squadra puntata sul mare. Un segnale bianco in cemento armato con una superficie lavorata a moucharabieh che individua con una presenza forte la sua posizione strategica sullo Stretto. Altro elemento chiave del dispositivo portuale, il porto passeggeri, che ha visto vincitore di un concorso giudicato nel novembre del 2007, il progetto di M. Khalid Molato in associazione con Odile Decq. Anche qui è stata la forza del gesto architettonico a sedurre la giuria, composta tra gli altri dallo stesso Nouvel. Un progetto che rispetta la dimensione paesaggistica e geografica del sito con un disegno dinamico che scompone nello spazio le sequenze dell’imbarco riservando una particolare attenzione al confort dei viaggiatori. E.C.
Tanger Med is an important operation begun in 2003 by Mohammed VI, King of Morocco, with the aim of developing a 550-sq-km area in the extreme north of the area in terms of port traffic, tourist activities, shopping and transport infrastructures, including roads and railways. One of the main goals was to create Tanger Med I, a port located 40 km east of Tangier, on the Oued R’mel site on the Strait of Gilbraltar, inaugurated last year in July, after five years of building work and an investment of about 2 billion euros. The port is to handle traffic levels up to 3,5 million EPV (twenty-foot containers) by 2012, and is going to become one of the most important container platforms in the Mediterranean and Atlantic. And that’s not all: predictions are that by 2015 the terminal will be saturated, so a project has been launched for a second terminal – Tanger Med II – which should be able to handle 5 million containers a year by 2012. This operation is not only important on a strategic level for the development and competitiveness of the region and the strengthening of its influence in Europe and the East coast of the United States, but it is also interesting from the point of view of the general project. So as to guarantee the quality and organic character of the operation both on a functional level and in its integration with its surroundings – as well as in terms of its architectural value – in 2005 TMSA, the company in charge of Tanger Med, launched an invitiation competition which was won by Jean Nouvel among four renowned professionals (along with him there were Ricardo Bofill, Zaha Hadid, and Rem Koolhaas). Nouvel’s plan for the development of the entire area is simple and harmonious, and is well suited to the tradition of Morocco. The organization of the project allows for collective work; Moroccan architects can take part in building a logistic and industrial city around the port. The modular concept adopted allows common coordinates to be used for the building yard without affecting the high degree of innovation and imagination. Nouvel’s conception of a “flexible” monumentality defines a place composed of largely built-up areas that make up the territory by following specific perspectives and points of view. The elements distinguishing the general layout of the project are horizontality and the color white. “this appropriation of the territory is to be harmonious and is to fit in well with the geography of the site. Here, the territorial features follow an especially sensitive rule: rhythmic white on natural backgrounds, pure volumes under Tangier’s fierce sunlight, masses, strong contrasts, a revelation of white. What’s important is to endow the port with an eternal character, inscribing it into modernity, providing it with contemporary technological features and giving it a soul, a powerful identity that can make it unique. As an echo to the expanse of blue sea there is the organized, regular, white expanse of hangars planned along intelligent, repetitive and modular building lines, consistent with the area’s topography.” The multi-modal station is a great free space laid out beneath a massive white platform, hosting leisure activities, restaurants and shops, as well as road and railway transport systems. The offices (35,000 sq. m. by 2020) are distributed in the suburbs, ending in a toothed design and opening up patios to the sky. On the other hand, another element – the building for port authorities – is not laid out horizontally but soars upwards like a squadron facing the sea. It is a white reinforced concrete sign with a Moucharabieh pattern that is easily distinguishable due to its strategic position over the Strait. Another key element is the passenger port, with a project won in Novemebr 2007 by M- Khalid Molato along with Odile Decq. Here, too, the strength of the architectural work won over the jury, in which Nouvel himself took part. The project is respectful of the landscape and geography it was designed for; a dynamic plan that breaks up the embarkation sequences, paying special attention to traveler comfort.
L’Agenda dei concorsi, convegni, corsi, mostre e fiere su www.arcadata.com. The Agenda about competitions, conferences, courses, exhibitions and trade fairs in www.arcadata.com.
Progetto: Ateliers Jean Nouvel
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Nuovo tram In Le Mans Progetto: Dubus et Richez Le Mans è tra le città francesi, tra cui Nizza, Marsiglia, Lione e Saint-Etienne, che in un’ottica di riduzione del tasso di inquinamento causato dal traffico automobilistico e potenziamento dei mezzi di trasporto pubblico si sono recentemente dotate di una nuova linea di tram. Estesa lungo oltre 15 km, attraversa la città da nord a sud con una divaricazione a forchetta toccando il centro città e la stazione. Il nuovo tracciato, che per 10 km è coperto a prato, è accompagnato da un progetto di ripavimentazione delle zone attraversate, da nuove piantumazioni, 1.300 nuovi alberi che hanno sostituito parte degli esistenti potenziandone il numero, un nuovo arredo urbano, la pedonalizzazione e ristrutturazione della centrale Place de la République. Il progetto di risistemazione urbana è stato curato dallo studio di Parigi Dubus et Richez che sono ricorsi a materiali che riprendono la tradizione architettonica di Le Mans, ocra e grigi caldi per i gres e i cementi lavorati delle pavimentazioni, marroni metallizzati vivacizzati da inserti in rosso, per i pali delle segnaletiche, le pensiline delle fermate, le panchine, i supporti dell’illuminazione urbana, i cestini dei rifiuti ecc. 300 milioni di Euro il totale dell’operazione, portata a termine in circa 3 anni di lavori, che da novembre del 2007 pemette a 25.000 cittadini di spostarsi ogni giorno in una dimensione urbana più efficiente e rinnovata.
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Le Mans is one of the French cities – including Nice, Marseilles, Lyons and Saint-Etienne – which have recently been provided with a new tramway, in view of a reduction in pollution caused by car traffic and enhancement of public transportation. The tramway entails over 15 km of a new line crossing the city from north to south and then forking out to reach the city center and the station. The new track, which is covered by grass for 10 km, is to be accompanied by new road surfacing, and 1,300 new trees will be planted along it, substituting part of the existing trees. In addition, new street furniture will be added and the downtown Place de la République will be pedestrianized and renovated. The urban upgrading plan was developed by the Parisian studio Dubus et Richez, which opted for materials that pick up Le Mans’s architectural tradition: warm ocher and gray for the stone and cement of the floorings, metallic brown enlivened by red details for the signposts, the bus shelters at every stop, the benches, the urban lamp posts, the trash cans, etc. The entire operation cost 300 million euros and was completed after three years of work. The result is that since November, every day 25,000 citizens have been traveling through a more efficient and renewed urban dimension.
Semplice e funzionale New Florence Airport Progetto: Pascall+Watson Architects – Ausglobe Formula Connotazione internazionale e stretto legame con il territorio; funzionalità e semplicità di realizzazione; soluzioni orientate al risparmio energetico e a un ridotto impatto ambientale; facilità di connessione all’intermodalità, sono le principali caratteristiche del progetto vincitore del Concorso per il nuovo aeroporto di Firenze. L’edificio, caratterizzato da un aspetto sobrio, unisce la tradizione artistica e architettonica di Firenze con la modernità e la funzionalità che devono essere proprie di uno scalo aeroportuale moderno. La nuova aerostazione sarà estremamente fruibile dal passeggero. Inoltre, avanzate soluzioni tecnologiche permetteranno il risparmio energetico e un ridotto impianto ambientale. La scelta dei progettisti di utilizzare le cellule fotovoltaiche sulla facciata non solo contribuirà alla caratterizzazione del disegno esterno e interno dell’edificio ma soprattutto permetterà di risparmiare energia. Il tetto, che sarà a verde, aumenterà le capacità fonoisolanti della copertura, ridurrà lo scambio termico fra l’interno dell’aerostazione e l’esterno e contribuirà all’inserimento paesistico della nuova struttura. Sono previste, inoltre, soluzioni di integrazione tra la struttura e le infrastrutture di trasporto (tramvia, pullman e taxi) in arrivo e partenza dall’aeroporto. Il progetto si inserisce nel piano investimenti del rifacimento del terminal, per il quale sono stati stanziati 25.000.000 di Euro, ed è destinato a essere completato nel 2010. The project that won the Competition for the new airport in Florence has a highly international character and is closely linked to the territory; functional and simple to build, it offers solutions for energy saving and a low environmental impact, as well as user-friendly intermodal connections. The building, which is sober in appearance, combines the artistic and architectural tradition of Florence with the modernity and functionality of a contemporary airport which travelers will find very welcoming. In addition, advanced technological solutions will allow for energy conservation and a low environmental impact. The planners decided to embed photovoltaic cells in the façade: this not only will characterize the building’s exterior and interior design, but will – more significantly – help to save energy. The green roof will enhance soundproofing of the building, reduce thermal exchange between the interior and exterior of the building, and will contribute to the new structure’s insertion into the landscape. Furthermore, solutions will be found to integrate transport infrastructures (tramlines, buses, and taxis) arriving at and departing from the airport. The project is part of an investment plan for the renovation of the terminal, which is to be completed in 2010 and for which 25,000,000 Euros were allocated.
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Osservatorio sulla città futura In Rome
Arrivare a Venezia A New Land Gate
Si è svolto il 1 marzo 2008, presso l’Auditorium Parco della Musica a Roma, il convegno internazionale “Le città del Futuro – il Progetto della Ragione - Architettura, Scienza, Tecnologia, Comunicazione” che, coordinato da Jacopo Fedi, vice presidente RomaEnergia, è stata occasione di straordinarie riflessioni. L’evento, contrassegnato da una una folta partecipazione internazionale di addetti ai lavori, ha preso in considerazione come il sistema planetario risponda in maniera critica alla incessante domanda di materie prime (non solo energetiche), e ha evidenziato una inquietante capacità di reazione da parte dell’ecosistema. La serie di relatori di spicco chiamati a rispondere a queste problematiche, quali portatori di riflessioni circa lo scenario determinabile dalle aree metropolitane e da quelle antropizzate nel prossimo futuro, ha avviato considerazioni su parametri storici, economici e sociali consapevoli che gli aggregati urbani necessitino di nuovi strumenti e nuovi modelli di riferimento. Nell’ambito di questi presupposti si sono alternate le relazioni di: John M. Johansen, Qiu Baoxing, Luo Li, Pier Paolo Maggiora, Pier Paolo Saporito, Alejandro Gutierrez, Marcello Contestabile, Andrea Salvati, Guido Martinotti, Lorenzo Bellicini, John P. Allen, Stefano Boeri, Marco Frey, Federico Failla, Eugenie Bisulco, mirate ad approfondimenti su: - Crisi del modello esistente basato su risorse infinite (materie prime, ambiente, forza lavoro) - Conflitto tra tendenza all’incremento dimensionale degli aggregati urbani e uso razionale delle risorse - Necessità di un cambiamento e ricerca di un nuovo modello di sviluppo - Modello energetico a generazione concentrata e diffusa - Pervasività delle nanotecnologie - Nuovi paradigmi tecnologici Tra gli oratori, presentati e introdotti da Cesare Casati, Antonio Nobili, Antonino Saggio e Giuseppe Tripaldi, si è evidenziato con particolare efficacia e suggestione, il novantaduenne e mitico architetto Statunitense John Johansen, attualmente impegnato alla ideazione di architetture futuristiche, applicando le discipline tecnologiche più avanzate offerte dalla scienza con le nonotecnologie ed evidenziate in una serie di progetti avvenieristici. Di straodinario interesse anche l’intervento di Qiu Baoxing, attuale Vice Ministro delle Costruzioni della Repubblica Popolare di Cina, che ha indicato l’ampiezza smisurata delle potenzialità costruttive del Paese e la relativa conoscenza e consapevolezza dei fattori ambientali e fisici sollecitati a livello nazionale e globale. Anche l’intervento di Pier Paolo Maggiora ha dato pensiero alle ragioni profonde che sostengono l’attuale “Dialogo Progettuale” consapevole e sostenibile, visto in un’ottica senza diaframmi. Nell’ambito del Convegno è stata inoltre allestita la mostra “Quindici studi romani. Nuove sfide per la città di domani” curata da Antonino Saggio e aperta al dialogo della sostenibilità irrinumciabile. Hanno partecipato con i loro progetti: Studio Schivo, AeV Architetti associati, Architecture + Vision, Bioprojectgroup, Centola Associati, Delogu, D’Ambrosio, Giammetta & Giammetta, Ian+, King Roselli, Labics, MaO, Nemesi, N! Studio, T Studio.
Si è concluso il 7 febbraio, nella spazialità dell’ex chiesa di Santa Marta in Dorsoduro, la mostra degli elaborati e la proclamazione del nome di chi ha vinto il concorso internazionale per il progetto preliminare di “Garage multipiano e opere connesse” indetto da APV Investimenti, con la finalità di realizzare la nuova “porta di terra” che, quale accesso a Venezia, significa la riqualificazione dell’area relativa all’ex Deposito Locomotive. L’occasione ha consentito la conoscenza di interventi destinati a migliorare e potenziare le dotazioni infrastrutturali di Venezia, con l’intento di un più pratico accesso alla città favorito dalla comune volontà e accordo tra Porto e Amministrazione Comunale, con l’intento di riqualificare alcune aree marginali prossime al porto stesso. All’intervento, valutato secondo un investimento di circa 63 milioni di euro, è stato richiesto un ottimale impatto infrastrutturale e visivo, capace di dare qualità architettonica nonché inderogabile risparmio energetico. Nella progettazione è stato previsto che gli ex edifici ferroviari ospitino un nuovo parcheggio, la stazione intermedia del People Mover e una componente ricettivodirezionale destinata a supportare egregiamente l’attività crocieristica e dei traghetti. Tra i raggruppamenti di professionisti, preselezionati su curriculum da APV per concorrere alla fase progettuale del concorso, hanno figurato i gruppi guidati dagli italiani Francesco Cellini, Mauro Galantino e Vittorio Gregotti, dagli spagnoli José Ignacio Abalos e Carlos Ferrater Lambarri, dai tedeschi Christoph Ingenhoven e Volwing Marg, dal giapponese Arata Isozaki, dal belga Philippe Samyn e dal danese Henning Larsen. Ha presieduto la giuria Teresa Ormenese, direttore tecnico di APV Investimenti. Quale progetto vincitore si è distinto quello firmato Mauro Galantino, che ha specificato come il tema del concorso richiedesse “di aggiungere un altro tassello alle infrastrutture che stanno trasformando Venezia in un’appendice della terra ferma; realtà inevitabile (forse) ma dolorosa”. Quindi il progetto, secondo gli intendimenti, ha “cercato di ricostruire una distanza. Distanza del luogo di progetto dalla città a cui si arriva, distanza da Marghera da cui si viene. Un luogo intermedio che ci parla di ciò che ci aspetta o abbiamo appena lasciato. Non siamo ancora, o non siamo più a Venezia, siamo nella sua eco. Anche per chi arriva e parte per il mare. Il luogo che dobbiamo modificare ha due caratteri principali. Un punto alto, il dosso del ponte, e un piano basso, incassato tra percorsi stradali inclinati. Tra queste condizioni sono pensati due spazi; il Parco Alto e il Parco Basso”.
On March 1st 2008, the international convention “Future cities – the Project of Reason – Architecture, Science, Technology, Communication”, was held at the Auditorium Parco della Musica in Rome. The event, which was coordinated by Jacopo Fedi, Vice President of RomaEnergia, has led to considerable reflection. A great number of professionals took part in the event, all of whom took in consideration how the planetary system is at a critical stage in which it is continuing to meet the unceasing demand for raw materials (not only in terms of energy), proving that the ecosystem has a disquieting ability to react. The series of leading spokesmen called to deal with these issues by reflecting upon the scenario that can be determined by metropolitan areas and by those that are to be anthropized in the near future has led to considerations on historical, economic, and social parameters, and to the awareness that urban aggregates require new tools and new reference points. These conditions were alternately discussed by: John M. Johansen, Qiu Baoxing, Luo Li, Per Paolo Maggiora, Pier Paolo Saporito, Alejandro Gutierrez, Marcello Contestabile, Andrea Salvati, Guido Martinotti, Lorenzo Bellicini, John P. Allen, Stefano Boeri, Marco Frey, Federico Failla, and Eugenie Bisulco, leading to in-depth analysis of: - The crisis of the existing model based on endless resources (raw materials, environment, workforce); - The conflict between a tendency towards a dimensional increase of urban aggregates and a rational use of resources; - The need for change and the quest for a new model of development, - Energy models and concentrated, widespread generation; - The pervasiveness of nanotechnology; - New technological paradigms. The spokesmen were introduced by Cesare Casati, Antonio Nobili, Antonino Saggio, and Giuseppe Tripaldi: a particularly effective and suggestive report was given by the legendary ninety-two-year-old American architect John Johansen, who is currently planning new futuristic architectural works. The architect applies the most advanced technological disciplines offered by science in the field of nanotechnology, generating a series of futuristic projects. Qiu Baoxing – the current Vice Minister of Construction of the People’s Republic of China – also gave an extremely interesting speech, pointing out the country’s immense building potential and its knowledge and awareness of the environmental and physical factors involved on a national and global level. Pier Paolo Maggiora, as well, offered food for thought on the deep reasons supporting the current conscious and sustainable “Planning Dialog”, which he presented openly, without any barriers. The Convention also featured an exhibition entitled “Fifteen Roman studies”. New challenges for tomorrow’s cities”, which dealt with unrenounceable sustainability , and was curated by Antonino Saggio. Projects by the following studios were presented at the event: Studio Schivo, AeV Architetti associati, Architecture + Vision, Bioprojectgroup, Centola Associati, Delogu, D’Ambrosio, Giammetta & Giammetta, Ian+, King Roselli, Labics, MaO, Nemesi, N! Studio, and T Studio.
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The results and winners of the international competition for the preliminary project “multi-story garage and connected works”, launched by APV Investimenti, were announced on February 7th in the former church of Santa Marta in Dorsoduro. The aim of the competition is the construction of a new “land gate” as a new accessway to Venice, which entails the conversion of an area belonging to the former Deposito Locomotive (locomotive shed). The event has led to the discovery of new ways of improving and enhancing the infrastructural features of Venice, aiming at a more practical accessway to the city thanks to a heartfelt agreement between the Municipal Port and Administration that aims at upgrading some of the suburban areas around the port itself. The work, which is estimated to cost around 63 million euros, is expected to offer an optimal infrastructural and visual impact as well as high architectural quality and absolutely mandatory energy saving. A new parking lot is to be built on the site of the old locomotive sheds: an intermediate People Mover station as well as accommodation and office facilities that are to support cruises and ferry rides. Some of the leading groups of professionals that were preselected according to their CV by APV to compete in the planning stage of the contest were led by the Italians Francesco Cellini, Mauro Galantino, and Vittorio Gregotti, the Spaniards José Ignacio Abalos and Carlos Ferrater Lambarri, the Germans Christoph Ingenhoven and Volwing Marg, the Japanese Arata Isozaki, the Belgian Philippe Samyn and the Dane Henning Larsen. The jury was chaired by President Teresa Ormonese, Technical Director of APV Investimenti. The winning project was by Mauro Galantino, who pointed out how the subject of the competition was to “add another piece to the infrastructures that are transforming Venice into an appendage of the mainland; a (perhaps) inevitable but painful reality”. Thus, the intention was to “try to reconstruct a distance. The distance of the planned place from the city one arrives at: the distance from Marghera, from which access is gained. A place in between that tells us about what awaits us or what we have just left behind. We are not yet – or not anymore – in Venice, we’re in its aura. For those that come and go from the sea, as well. The place that has to be changed has two main characteristics. A high point – the rise of the bridge, and a low plane which is wedged between sloping roads. Two new spaces are being designed for these areas: a High Park and a Low Park.”
In alto a sinistra, il progetto vincitore di/above left, the winning project by Mauro Galantino. Sopra, il progetto di/above, the project by Francesco Cellini. A sinistra, il progetto di/left, the project by José Ignacio Abalos. In basso, il progetto di/bottom, the project by Henning Larsen.
National Design Center Hermann Miller in London Con un nuovo concetto di visibilità, una dimensione di accoglienza calata nella città, un’attrattiva basata sull’invito alla scoperta, Herman Miller, lo storico gruppo americano specializzato nel settore dei mobili per ufficio, ha inaugurato il febbraio scorso il suo nuovo showroom nel centro di Londra. Posizione strategica, a piano terreno della Centrium House, all’angolo tra Kingsway e Aldwich, e 1.000 metri quadrati affacciati su strada grazie a un’ampia parete vetrata a tutt’altezza, hanno dato origine a una nuova scenografia urbana. Ed è proprio nel rapporto con la città, nella capacità di creare un’attrattiva, di fermare l’attenzione del passante frettoloso e distratto, che sta la novità e la riuscita dell’operazione. I 500 invitati all’inaugurazione sono stati la conferma del grado di accoglienza dello spazio in termini, non tanto di quantità, ma di qualità dell’allestimento. Declinato all’insegna di un’eleganza quasi suggerita, di un’immagine che coniuga creatività e professionalità, il London National Design Centre propone una sequenza di esperienze differenziate dove il cliente può accompagnare al momento professionale, quello del relax o della conoscenza e scoperta di nuovi prodotti. Il concetto che regola il progetto allestitivo, curato da Jorge Gallegos F, si fonda sull’individuazione di tre macro aree, funzionalmente distinte ma spazialmente in rapporto di continuità. Dalla zona di ingresso e accoglienza del pubblico, dove è allestita un’area bar per gli incontri informali e rilassati, si passa allo spazio dedicato alla scoperta e all’approfondimento dei prodotti Herman Miller, dove sono iscritti una saletta per seminari e conferenze, e uno spazio più separato per riunioni di affari. La presentazione dei prodotti si articola principalmente lungo la vetrata su strada mentre un’apposita area è dedicata all’esposizione delle sedute. Senza eccessi o esagerazioni scenografiche, ma in base a criteri di ergonomia, eleganza e qualità, l’ambiente riflette nel suo insieme i valori che contraddistinguono la produzione di Herman Miller, un’impresa che ha fatto della sperimentazione e del rispetto dell’ambiente una delle missioni principali. Come i materiali e le tecnologie utilizzate nei processi produttivi, anche il nuovo showroom rispetta i criteri di sostenibilità, efficienza nel contenimento dei consumi di energie, materiali riciclabili e riduzione degli sprechi. Una dimostrazione di come l’impegno nella ricerca e sviluppo (settore in cui Herman Miller investe ogni anno il 3,5% della propria cifra d’affari) possano confluire in espressioni architettoniche di grande modernità. Lo showroom londinese, che segue quello di Milano inaugurato nel luglio 2007, e anticipa la prossima apertura di quello di Parigi, prevista nella primavera del 2009, affermano la volontà e di crescita del marchio in Europa. Elena Cardani
Last February, Herman Miller – the renowned American group specializing in office furniture – inaugurated a new showroom in the center of London. The work features a new concept of visibility, a welcoming dimension cast into the city, and its attractiveness is based on the allurement of discovery. It is in a strategic position, on the ground floor of the Centrium House, on the corner between Kingsway and Aldwich; the 1,000 square meters overlooking the street thanks to a wide glazed wall reaching up to the ceiling have produced a new urban setting. Indeed, the novelty and success of the work lies precisely in its relationship with the city, in its ability to hold a great fascination and even catch the attention of hurried, inattentive passersby. The 500 guests invited to the inaugural evening proved not only the amount of welcoming space offered, but the high quality of the showroom in terms of design. Under banner of an almost implied elegance and an image that merges creativity and professionalism, the London National design Centre offers a series of different experiences where customers can combine moments devoted to work with relaxation and the acquaintance with – and discovery of – new products. The layout concept developed by Jorge Gallegos F opted for three large, functionally separated main areas that, however, give a sense of spatial continuity. From the entrance and reception lobby, which contains a bar area for informal and relaxed meetings, access is gained to a space devoted to the discovery of Herman Miller products: a small conference room/seminar hall lies on one side, while there is a more private area for business meetings. The products themselves are mainly on show along the glazed wall overlooking the street, while one area is especially devoted to the exhibition of couches. On the whole, the work reflects the values that distinguish Herman Miller’s production: no excessive or exaggerated scenography, but an ergonomic, elegant, and high-quality environment. The company’s main mission is experimentation and environmental respect, and proof of this are the materials and technologies it uses in its production processes. The new showroom reflects the firm’s respect for the highest standards regarding sustainability, efficient energy conservation, recyclable materials and waste reduction. This work proves how commitment to Research and Development (in which Herman Miller invests 3.5% of its corporate income every year) can lead to highly modern architectural expressions. The showroom in London, which follows the one in Milan inaugurated in July 2007 and precedes another to be opened in Paris in spring 2009, reflects the company’s intention to grow and open up its name to Europe.
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Mipim 2008 Success in Cannes Un successo che ha superato le aspettative quello registrato dal MIPIM di quest’anno. Oltre 29.000 partecipanti, il 12% in più rispetto all’edizione del 2007, sono confluiti a Cannes dall’11 al 14 marzo richiamati sia dal ricchissimo panorama di progetti e opportunità di investimento, sia dall’altrettanto serrato programma di eventi, presentazioni, conferenze, dibattititi, sui temi più scottanti e attuali del mercato immobiliare internazionale. Germania, Francia, Gran Bretagna e Russia i Paesi maggiormente rappresentati, con una forte presenza anche dell’Italia e l’ingresso di nuovi Paesi, dall’Albania, all’Iraq, la Malesia o il Perù. Come per le passate edizioni, interessanti e prestigiose le carrellate di architettura. Sempre più ambiziose e attraenti le sfide in altezza lanciate dai grandi architetti, da Renzo Piano con la Shard of Glass di Londra, 310 metri per la prima “città verticale” europea; Norman Foster con i 600 metri della Russia Tower, o i cinque mega progetti finalisti, quelli di Jacques Ferrier (2), Jean Nouvel, Foster & Partners, Libeskind Architect e Wilmotte Associés, del concorso per la Tour Signal a La Défense. Ma anche l’accento su nuove tematiche, che testimonia l’apertura della manifestazione e degli operatori nel recepire i principali segnali di trasformazione nel mondo del progetto e il delinearsi di prospettive future nel mercato immobiliare. Lo sviluppo sostenibile è stato al centro del dibattito con una giornata interamente dedicata alla presentazione di progetti particolarmente all’avanguardia nel campo delle energie rinnovabili. Tra questi la Incity progetta da Valode & Pistre con AIA Atelier de la Rize, a Lione, una torre di 200 metri dotata di un sistema di eoliche per produrre parte della sua energia o la Sunny Valley (4), progettata da RTKL, la seconda città pilota dopo Akademia City (Mipim 2007), presentata da Renova StoryGroup. Perfettamente integrata in di parco di 1.200 ettari nelle regione degli Urali, la città, prevista per il 2024, è attraversata da canali d’acqua e comprenderà (circa 3 milioni di mq di alloggi) servizi, strutture pubbliche e commerci (circa 2 milioni di mq), in grado di accogliere 115.000 persone. Altra tendenza che ha caratterizzato questa edizione, la centralità dell’industria turistica la cui esplosione offre vaste opportunità per nuovi investimenti, come testimonia il trend di molte società e gruppi immobiliari che si indirizzano verso questo settore. Anche qui una giornata dedicata al dibattito sugli sviluppi dei marcati in Europa, dove si sono evidenziati Paesi quali la Germania e la Spagna che possono essere ancora ampiamente sfruttati, o altre destinazioni in forte sviluppo quali Asia, Medio Oriente o Africa. Caso esemplare quello delle isole Mauritius che hanno presentato un piano di sviluppo di 25.000 nuove camere per attirare fino a due milioni di turisti entro il 2015. Sempre di grande attualità e di anno in anno sempre più ambiziosi i progetti di sviluppo urbano. In crescita l’interesse e l’attenzione nei confronti della qualità architettonica, paesaggistica e ambientale. Le star dell’architettura mondiale hanno fatto da protagonisti, e la loro partecipazione e coinvolgimento in dibattiti e presentazioni ne è una chiara testimonianza. Nel Padiglione Paris Région, Jean Nouvel, Dominique Perrault, Frank Hammoutène, Josep Lluis Mateo e Jean-Paul Viguier hanno presenziato alla conferenza di presentazione dell’operazione Ile Seguin – Rives de Seine, sul sito delle ex officine Renault a Boulogne Billancourt. Un progetto esteso su 74 ettari per la creazione di un nuovo quartiere i cui criteri guida sono la compresenza di attività diversificate (residenze, commercio, svago, cultura, uffici, istruzione), l’alta qualità ambientale degli edifici e la preservazione delle risorse e della biodiversità. 58 sono gli architetti e paesaggisti coinvolti nell’operazione che progettano sulle linee di un piano generale fimato da Patrick Chavannes, Christian Devillers, François Grether e Michel Desvignes. Nel 2010 vedranno il giorno le prime realizzazioni. Altro interessante intervento in terra francese, Lyon Carré de Soie, un’area di 500 ettari che è stata completamente riprogettata (piano generale di Bruno Dumetier). Compresenza di attività diversificate e sviluppo sostenibile sono anche qui i criteri guida supportati dal potenziamento dei trasporti comuni e la stretta relazione tra il quadro di vita degli abitanti e il sistema del verde. In aumento anche la presenza italiana con una crescente propensione verso le partnership. Bologna System, che ha presentato estesi progetti di riqualificazione – da 19 ex aree militari convertite in zone centrali della città al comparto Hera – e nuovi interventi, come la nuova stazione centrale o l’insediamento urbano Bertalia Lazzaretto. Greater Rome and Lazio Region ha presentato grandi progetti urbani come Centralità Romanina e Officine Marconi (Gruppo Scarpellini), Città del Sole (Parsitalia Real Estate), un villaggio eco-sostenibile che integra residenze e direzionale al territorio circostante secondo moderni criteri di bioarchitettura e Roma Mezzocamino (Gruppo Di Mario). Altra novità di questa edizione 2008, l’ingresso nei Mipim Award della categoria “Green Buildings” rivolta ai progetti con contenuti di sostenibilità ambientale. Le premiazioni nelle sei categorie hanno visto: la sede del Consiglio dell’Europa a Strasburgo (3), progetto: Art & Build con Denu & Paradon, promotore: Consiglio d’Europa (Centri d’affari); Unilever House, Londra, progetto: KPF, Ingegneria: Arup, promotore: Stanhope (Immobili per uffici rinnovati); Chimney Pot Park, Salford, progetto: Shedkm, promotore: Urban Splash (Sviluppi residenziali); Projekt Hotel Wasserturm – Hamburg Sternschanze, Amburgo, progetto: Falk von Tettenborn, interni: Cornelia Markus-Diedenhofen, promotore: Patrizia Projektentwicklung and Ernest Jo. Storr, gestione: Mövenpick Hotels & Resorts (Hotel e complessi turistici); Crane Track, Amsterdam (1), progetto: Design Group Trude Hooykaas (OTH), promotore: ING Real Estate Development (Costruzioni ecologiche). Elena Cardani
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presented large upgrading projects – from 19 former This year, MIPIM has seen great success, exceeding military areas converted in central areas of the city to the expectations. More than 29,000 participants –12% more Hera compartment – and new works, such as the central than the 2007 edition – met in Cannes from 11 to 14 station or the Bertalia Lazzaretto urban settlement. March, attracted both by the very wide choice of projects Greater Rome and Lazio Region have presented great and investment opportunities, and by a packed schedule urban projects, such as Centralità Romanina and of events, presentations, conferences, and debates on the Officine Marconi (Gruppo Scarpellini), Città del Sole most burning, highly topical issues regarding the (Parsitalia Real Estate), an ecosustainable village whose international real estate market. Mostly on show were residential units fit in with the surrounding area Germany, France, Great Britain, and Russia, closely according to modern bioarchitectural standards, and followed by Italy and the introduction of new countries, Roma Mezzocamino (Gruppo DiMario). including Albania, Iraq, Malaysia and Peru. Like every The 2008 edition has seen other innovations: the Mipim year, the series of prestigious architectural works on display were of great interest. The challenging skyscrapers Award has added a “Green Buildings” category for projects that show sensibility towards environmental presented by great architects are more and more sustainability. challenging and attractive: Renzo Piano with his Shard The six categories have seen the following winners: the of Glass in London –310 meters for the first “vertical city” headquarters of the European Council in Strasbourg (3), in Europe; Norman Foster with the 600 meters of his project: Art & Build with Denu & Paradon, promoter: Russia Tower, and the five finalist megaprojects by European Council (Business center); Unilever House, Jacques Ferrier (2), Jean Nouvel, Foster & Partners, London, project: KPF, Engineering: Arup, promoter: Libeskind Architect and Wilmotte Associés, from the Stanhope (Real estate for renewed offices); competition for the Tour Signal at the Défense. Chimney Pot Park, Salford, project: Shedkem, promoter: However, new themes were also highlighted, bearing Urban Splash (Residential developments); Projekt Hotel witness to the openness of the event and the participants Wasserturm-Hamburg Sternschanze, Hamburg, project: in absorbing the main signs of change in the world of Falk von Tettenborn, interiors: Cornelia Markusplanning, and the definition of future prospects in the Diedenhofen, promoter: Patrizia Projektentwicklung and real estate market. Sustainable development was the focus of the debate, with Ernest Jo. Storr, management: Mövenpick Hotels & Resorts (Hotels and tour complexes); Crane Track, Amsterdam a day entirely devoted to the presentation of particularly (1), project: Design Group Trude Hooykaas (OTH), advanced projects in the field of renewable energy. promoter: ING Real Estate Development (Ecological Among these, the Incity designed for Lyons by Valode & buildings). Pistre with AIA Atelier de la Rize stood out: a 200-meterhigh tower provided with a system of wind turbines to produce part of its energy, or Sunny Valley (4), planned by RTKL, the second pilot city after Akademia City (Mipim 2007), presented by RenovaStoryGroup. Fitting perfectly into a 1,200-hectare park in the Urals, the city – which ought to be completed by 2024 – is pierced by water channels and will comprise residential units (about 3 million sq. m. of housing units), public facilities, services, and stores (about 2 million sq. m.), for a total of 115,000 people. This edition was also characterized by the importance of the tourism industry and hotels; these booming industries offer a great number of opportunities for new investments, as proved by the trend followed by the companies and real estate groups that are moving towards this sector. A 1 whole day was dedicated to this topic, as well, with a debate on the development of the markets in Europe, especially in Germany and Spain – which can still be largely developed – and in other quickly developing areas such as Asia, the Middle East, and Africa. The Mauritius islands are an example: they have presented a development plan for 25,000 new rooms that could attract up to two million tourists by 2015. Projects for urban development, as well, are becoming more and more topical and ambitious every year. Interest in architectural quality, the landscape and the environment is growing. The stars of world architecture are the protagonists of this sphere, and proof of this is their participation and involvement in debates and presentations. In the Paris Région Pavilion, Jean Nouvel, Dominique Perrault, Frank Hammoutène, Josep Lluis Mateo and Jean-Paul Viguier took part in a conference for the presentation of the Ile Seguin-Rives de Seine operation, on the site of the former Renault plant in Boulogne Billancourt. This project is to cover 74 hectares for the creation of new quarters whose guidelines are the combination of diversified activities (housing, business, leisure, culture, offices, education), a high environmental quality of the buildings and the preservation of resources and biodiversities. 58 architects and landscapers are taking part in the operation, working on a general plan developed by Patrick Chavannes, Christian Devillers, François Grether, and Michel Desvignes. The first results 2 are to be seen in 2010. Another interesting work is to be implemented in France, in Lyon Carré de Soie, a 500-hectare area that has been completely redesigned on a general plan by Bruno Dumetier. Here, too, the guidelines are a combination of diversified activities and sustainable development, supported by general transportation enhancement and a close relationship with the inhabitants’ lifestyle, including a more natural, green environment. Italy’s presence is also growing, and is increasingly tending towards partnerships. Bologna System, which has 3
Riflessione sulla Terra È una riflessione profonda quella che ispira Terra Futura 2008 “Costruire alleanze per una Terra futura” (Fortezza da Basso, Firenze, 23-25 maggio; www.terrafutura.it): se è vero che l’emergenza clima, la crisi della biodiversità e la crescente scarsità della risorsa idrica preoccupano un sempre crescente numero di persone – così come il progressivo aggravarsi nel mondo di squilibri e disuguaglianze, ormai riconosciuto da tutti – è altrettanto vero che manca una strategia comune in grado di affrontare le enormi sfide poste da
La rassegna espositiva e il programma culturale vedono impegnate associazioni e realtà non profit, imprese eticamente orientate, enti e istituzioni a testimoniare come comportarsi in modo “alternativo” sia possibile in ogni ambito dell’abitare, del produrre, dell’agire e del governare.
questi problemi. Mentre sul piano teorico è ampia la consapevolezza che le questioni sociali, ambientali ed economiche sono assolutamente inscindibili le une dalle altre, quando si passa all’azione, infatti, prevalgono ancora i particolarismi. Alla luce di queste considerazioni, “Terra Futura”, promossa e organizzata dalla Fondazione Culturale Responsabilità Etica per conto del sistema Banca Etica, sceglie come tema centrale quello delle “alleanze”.
NEWS/DOSSIER Dal banale all’eccezione Parr in München
Macchine per l’arte In Basel
Martin Parr, uno dei membri della leggendaria agenzia fotografica Magnum, interpreta la fotografia anche come un atto da collezionista. In “Parrworld”, alla Haus der Kunst di München (www.hausderkunst.de) dal 7 maggio al 17 agosto, viene presentata la sua nuova serie “Luxury” insieme alle sue collezioni di libri fotografici, cartoline, oggetti e fotografie di artisti britannici e internazionali. L’insieme di queste immagini e oggetti forma un mondo ricco di curiosità che esprime la psicologia del suo autore, che manipolando con ironia il cliché del bizzarro collezionista inglese di vari oggetti esprime una personalità complessa. In Parr si trovano il fascino per il banale e il suo amore per le eccezioni alle regole, per l’inusuale, per il particolare, che conferiscono alle sue collezioni un carattere personalissimo.
Il Museo Tinguely di Basilea presenta fino al 29 giugno lamostra “Art Machines – Machine Art”. Siamo tutti d’accordo che l’arte sia creata dagli artisti. Ma che succede quando le macchine iniziano a produrre arte? Gli artisti divetano semplici ingegneri? Cosa c’è dietro il ritirarsi dell’artista dall’atto creativo e cosa comporta per l’originalità e unicità dell’opera? Cosa è allora da considerarsi opera d’arte: la macchina, il prodotto finale o ilprocesso creativo? La mostra si apre con una presentazione delle macchine da disegno di Jean Tonguely, risalenti agli anni Cinquanta, seguite da macchine per l’arte che arrivano ai gioni nostri. Tutte hanno lo stesso comun denominatore: producono la propria arte. Queste macchine, realizzate da Angela Bulloch, Olafur Eliasson, Damien Hirst, Rebecca Horn, Jon Kessler, Tim Lewis, Lia, Miltos Manetas, Cornelia Sollfrank, Antoine Zgraggen e Andreas Zybach, trasformano il museo in una sala di produzione. A seconda del processo meccanico, I visitatori possono prendere co sé alcune opere come I disegni prodotti dale Meta-Matics di Tinguely o fogli certificati e stampati delle macchine di Damien Hirst o Olafur Eliasson.
Martin Parr, who is a member of the legendary photography agency Magnum, also views photography as an act of collecting. In “Parrworld”, at Haus der Kunst München (www.hausderkunst.de) from May 7th to August 17th, his new work series “Luxury” will be presented along with his collections of photography books, postcards, objects and photographs by British and international artists. Together these form a cabinet of media curiosities, which simultaneously express the psyche of its creator. By ironically juggling the cliché of the bizarre British collector of different kinds of objects, Parr exposes another facet of his personality. His fascination with the trite and his preference for exceptions to rules, as well as for the unusual and peculiar, lend his collections their individual character. 1.Martin Parr, Abstract painting with abstract shirt, Dubai, UAE /Dubai International Financial Centre) Gulf Art Fair 2007. 2. Cornelia Sollfrank, net.art generator, 2007.
Museum Tinguely, in Basel, presents until June 29th the exhibition “Art Machines – Machine Art”. We all agree that art is created by artists. But what happens when machines start producing art? Do artists become simple engineers? What lies behind the artist’s withdrawal from the creative act, and what is its bearing on the originality and the uniqueness of the artwork? What can we then consider as the artwork: the machine, the final product or the process of creation? The exhibition opens with a presentation of Jean Tinguely’s drawing machines dating back to the 1950s followed by art machines down to the present day; all of these have a common feature: they produce their own art. These machines created by Angela Bulloch, Olafur Eliasson, Damien Hirst, Rebecca Horn, Jon Kessler, Tim Lewis, Lia, Miltos Manetas, Cornelia Sollfrank, Antoine Zgraggen and Andreas Zybach transform the museum into a production hall. Depending on the mechanical process involved, visitors may keep certain works such as drawings produced by Tinguely’s Meta-Matics or certified stamped sheets produced by Damien Hirst’s or Olafur Eliasson’s machines.
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Valorizzazione architettonica Fino al 16 ottobre 2008, la sede dalla Fondazione Stelline in Milano, storica istituzione attualmente punto di riferimento per l’arte contemporanea, presenta, nel suggestivo Chiostro della Magnolia, l’installazione luminosa Dreams of a Possibile City. Tendente infinito che, prodotta da Fondazione Stelline in partnership con Genworth Financial, è stata realizzata con il patrocinio della Regione Lombardia e del Comune di Milano. Ideata da Massimo Uberti e inaugurata nell’ambito dei Fuori Salone del Mobile, l’opera (27 metri di diametro e 14 in altezza), è un’installazione site specific, costituita da neon sospesi in una estensione di continuità stellare, a evocare l’impostazione di una città ideale e infinita, che richiama la pianta di
Sforzinda, progettata dal Filarete (1465 circa). Accompagna l’evento un intenso calendario di appuntamenti collaterali, come il progetto organizzato con le scuole di Milano, chiamate a esprimersi sul tema della città ideale.
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Una figura di riferimento Paulin is Back Grande ritorno in Francia per Pierre Paulin, che oggi ottantenne si vede consacrare un’importante restrospettiva al Mobilier National, Galerie des Gobelins di Parigi, fino al 27 luglio. Un riconoscimento che sta ottenendo un grade riscontro mediatico e di pubblico per questa figura che ha avuto un ruolo chiave nella storia del design francese ma che nell’ultimo decennio è stata anche messa in disparte. Il titolo della mostra “Pierre Paulin. Il design al potere” ci offre già una prima chiave di lettura della storia controversa che ha accompagnato la vita del designer. Dai suoi quarant’anni di collaborazione con il Mobilier national, ai suoi incarichi per il Louvre e l’Eliseo, passando da Georges Pompidou a François Mitterand, Paulin nel 1995 si è visto costretto a chiudere il proprio studio AD/AS, aperto con la moglie Maïa Wodzislawska, ritirandosi per dieci anni nelle Cévennes. Anti-star, convinto sostenitore del principio che è il processo industriale alla base dell’estetica di un progetto, Paulin ha rinnovato negli anni Sessanta i codici dell’arredo e dello stile francese, senza per questo stravolgerne l’immagine sofisticata, come dimostrano i mobili che ha disegnato per l’Eliseo. Circa settanta pezzi d’arredo, oltre la collezione dell’Eliseo e la sua ultima creazione realizzata per l’Atelier de Recherche e de Création scandiscono il percorso espositivo mettendo in luce la portata creativa e la grande tecnica di questa figura di riferimento che come ha sottolineato Erwan Bouroullec “fa parte di coloro che hanno tutto ridefinito: il metodo di fabbricazione, l’uso del mobile, la nozione di confort. Ci ha aperto la strada”.
Dai Metabolisti ai Manga In Frankfurt DAM Frankfurt (http://dam.inm.de) propone fino all’8 giugno la mostra “Neo Tokyo3. Architecture in Manga and Anime”. I fumetti giapponesi e i film da essi derivati rappresentano spesso modelli urbani utopistici e fantasiosi. Fin dagli anni Ottanta, i fumetti di fantascienza in Giappone hanno presentato concetti architettonici che già due decenni prima gli architetti nipponici del gruppo Metabolista aveva immaginato. Nei Manga, le loro megastrutture urbane e i masterplan utopici vengono riadattati e fungono da guida spaziale per i lettori, creando allo stesso tempo immagini di ambienti che si integrano nella trama delle storie. E non solo i Manga illustrano alcune idee progettuali di architetti quali Arata Isozaki, Kiyonory Kikutake, Kenzo Tange o Kisho Kurokawa, ma talvolta ne elaborano e sviluppano i concetti. La mostra offre alcuni esempi di come negli ultimi decenni i progetti architettonici dei Metabolisti, ma anche dei loro successori europei, come Superstudio o Archigram, abbiano ispirato il linguaggio pittorico di uno dei più popolari media contemporanei.
A great return to France for Pierre Paulin, who at the age of eighty-eight will be the protagonist of an important retrospective that will be open at the Mobilier National, Galerie des Gobelins in Paris until July 27th. This show is an important acknowledgment – which is being confirmed by the media and the public – for this figure that has had a key role in the history of French design, but who has been somewhat set aside in the past decade. The title of the show itself, “Pierre Paulin, Power to design” offers us a key to the interpretation of the controversial history that has accompanied this designer’s life. In 1995, after forty years of collaboration with the Mobilier National and commissions for the Louvre and the Elysée – passing from Georges Pompidou to François Mitterand, Paulin found himself forced to close the AD/AS studio he had opened along with his wife Maïa Wodzislawska, retiring to the Cévennes for ten years. Paulin has always been an anti-star, and has always been firmly convinced of the principle that the industrial process is the foundation of any project’s esthetics. In the 1960s he renewed the French furnishing and stylistic codes without, however, damaging its sophisticated image, as proved, for instance, by the furniture he designed for the Elysée. In addition to the Elysée collection, the exhibition features about seventy pieces of furniture and his latest creation for the Atelier de Recherche et de Création, highlighting the creative genius and technical knowhow of this model figure. As Erwan Bouroullec points out, Paulin “is one of those designers that have redefined everything: the manufacturing process, the use of furniture, the notion of comfort. He has shown us the way forward.”
featuring architectural concepts that two decades previously the Metabolist group of Japanese architects had devised. In Manga their adapted, utopian city plans and urban mega-structures serve as spatial guide for readers, while at the same time creating atmospheric images to go with the story’s plot. To this end individual ideas for designs by Arata Isozaki, Kiyonori Kikutake, Kenzo Tange, and Kisho Kurokawa are not only illustrated in Manga, some comics even take these concepts further. The exhibition provides examples of how in the last few decades architectural designs by the Metabolist but also by European successors like Superstudio and Archigram have inspired the pictorial language of one of the most popular contemporary media.
DAM Frankfurt (http://dam.inm.de) proposes until June 8th the exhibition “Neo Tokyo3. Architecture in Manga and Anime”. The Japanese comic and its film counterpart are frequently the setting in which utopian and fantasy urban models are portrayed. Ever since the 1980s, Japanese science-fiction comics have been 2
Yona Friedman a Bordeaux At arc en rêve “Tu ferais ta ville” (tu farai la tua città), è titolo della mostra in corso ad arc en rêve/centre d’architecture di Bordeaux che ben sintetizza la portata teorica e concettuale del lavoro di Yona Friedman. La mostra presenta fino al 1 giugno una selezione dei progetti più significativi del percorso creativo dell’ottantacinquenne architetto di origine ungherese le cui visioni futuriste e utopiche della città, in opposizione al diktat razionalista, furono, soprattutto nel secondo dopoguerra, a lungo contestate. L’utopia della Città spaziale, la visione di un habitat concepito a partire dall’esperienza dei fruitori, il fenomeno urbano come sovrapposizione di strati successivi, come ambiente da vivere, sono tra i temi sviluppati da Yona Friedman dagli anni Cinquanta a oggi. Il dispositivo monografico messo in scena a Bordeaux con il contributo dello stesso autore presenta in una sequenza di otto sale percorribili nei due sensi dai primi lavori come Panel Chains (1945) o Movable Boxes (1949) fino ai più recenti come Paris Olympique (2004) o Venise (2005) passando per Paris Spatial (1959) o Monte Carlo in cui Friedman già nel 1980 prefigurava la creazione di una Città Spaziale sul porto come possibilità di estendere la supercie disponibile. All’inizio e alla fine del percorso due opere inedite Balkis Island e Bordeaux.
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Biografia tridimensionale A Design Collection La Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli (www.pinacoteca-agnelli.it) di Torino presenta fino al 6 luglio “Scoprire il design. La collezione von Vegesack”. La mostra, a cura di Mathias Schwartz-Clauss, racconta la collezione di Alexander von Vegesack proponendo un inedito ritratto del collezionista, della sua passione e della particolare curiosità per la ricerca e la capacità di leggere oltre la pura estetica dell’oggetto. Un nucleo di più di 300 oggetti, divisi in ventidue sezioni, ripercorre la storia del design del XX secolo, attraverso mobili, modelli di architettura, tessuti, selle, piatti e bicchieri, libri, cataloghi, fotografie, film e documenti, provenienti dalla collezione privata di Alexander von Vegesack, innovatore culturale, fondatore e direttore del Vitra Design Museum di Weil am Rhein: un’originale “biografia” tridimensionale che, attraverso la storia della sua famiglia, racconta delle prime ricerche in un bazar del Cairo, dei rapporti con l’Europa dell’Est, della vita, del lavoro, e soprattutto dei viaggi intorno al mondo. The Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli (www.pinacoteca-agnelli.it) of Turin is presentino “Discovering design. The von Vegesack collection” through July 6th. The show, curated by Mathias Schwartz-Clauss, features Alexander von Vegesack’s collection, offering a new portrayal of the collector, of his love for art and his particular
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curiosity-driven research, as well as his ability to go beyond the pure esthetic object. More than 300 objects are divided into twenty-two sections, retracing the history of twentieth-century design through furniture, architectural models, fabrics, saddles, glasses and dishes, books, catalogs, photographs, films and documents coming from Alexander von Vegesack’s private collection. The collector was a cultural innovator, the founder and director of the Vitra Design Museum of Weil am Rhein, and the picture gallery is now offering an original three-dimensional “biography” that – through the history of his family – speaks of his first encounter with a bazaar in Cairo, his relationships with Eastern Europe, his life, work, and especially his journeys around the world.
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“Tu ferais la ville” (You will make the city), the title of a show now under way at the Arc en Rêve Centre d’Architecture in Bordeaux, well summarizes the theoretical and conceptual importance of Yona Friedman’s work. Open until June 1st, the exhibition is presenting a selection of the most significant projects by the eighty-five-year-old architect of Hungarian descent. Especially after World War II, his futuristic and utopian visions of cities, which were opposed to the diktats of rationalism, were long disputed. From the 1950s to today, the issues developed by Yona Friedman have included the utopian view of a Spatial City, the vision of a habitat built around the inhabitants’ experience, the urban phenomenon as a superimposition of a series of layers, as a living environment. The monographic show now open in Bordeaux with contributions by the author himself presents a sequence of eight exhibitions halls. The works on display range from his first, including Panel Chains (1945) and Movable Boxes (1949) to his latest, such as Paris Olympique (2004) or Venise (2005), passing by Paris Spatial (1959) or Monte Carlo, in which – already in 1980 – Friedman had foreseen the creation of a Spatial City on the harbor as a way to extend the available surface area. The beginning and end of the show feature two new works, Balkis Island and Bordeaux.
1. Pierre Paulin, tavolo basso luminoso in vetro fumé/lighting low table, smoke-grey glass, h 26 cm, diam.140 cm, Altuglas 1971 (Collection Mobilier national, photo Olivier Amsellem). 2. Un disegno Manga con sullo sfondo il progetto Cluster-in-the-Air (1962) di Arata Isozaki/A Manga showing in its background Arata Isozaki’s Cluster-in-theAir (1962). 3. Alexander von Vegesack a Luis Barragán’s Los Clubes, Mexico City, 1996 (foto: Mathias Schwartz-Clauss). 4. Yona Friedman, Moi et Balkis devant les Invalides, 2004 (courtesy Yona Friedman).
Richard Serra At Grand Palais Lo scultore americano Richard Serra (1939) è il protagonista dell’edizione di Monumenta 2008, alla Nef du Grand Palais di Parigi, fino al 15 giugno. Giunta alla seconda edizione, Monumenta invita ogni anno un artista contemporaneo a intervenire nei 13.500 mq della navata del Grand Palais confrontandosi con la maestiosiità di questo spazio. Richard Serra, utilizza i mezzi espressivi propri della sua poetica – grandi sculture d’acciaio lavorate con tecniche ingegneristiche particolarmente complesse – per creare un’installazione che invita il visitatore alla scoperta. Promenade, questo il titolo dell’opera, è un paesaggio d’acciaio, minimalista e maestoso, giocato sul contrasto con l’architettura aerea di metallo e di vetro della navata del Grand Palais. Serra con quest’opera suggestiva e coinvolgente offre un’esperienza unica che sfida le coordinate percettive dell’equilibrio e dello spazio.
Strisce western Italian West
The American sculptor Richard Serra (1939) will be on show at Monumenta 2008, at the Nef of the Grand Palais in Paris through June 15th. Monumenta, which is now at its second edition, invites a contemporary artist every year to work on the 13,500- sq.-m. nave of the Grand Palais, creating a setting of his/her own in this monumental space. Richard Serra uses his own expressive means—great steel sculptures worked with particularly complex engineering techniques—to create an installation that calls for exploration. Promenade, the title of the work, is a minimalist, majestic steel landscape played on the contrast between the airy architecture of metal and glass of the nave in the Grand Palais. With this evocative and engrossing work, Serra offers visitors a unique experience that disrupts the perceptive coordinates of physical balance and space.
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Antartide a Milano At Hangar Bicocca Nella primavera del 2007 Lucy + Jorge Orta hanno intrapreso una spedizione in Antartide per partecipare a un progetto di interventi artistici nella zona. Un viaggio reale e simbolico ai confini del mondo, dove le condizioni ambientali e di vita sono estreme, al limite della sopravvivenza. La mostra “Lucy + Jorge Orta Antarctica”, allestita all’Hangar Bicocca (www.hangarbicocca.it) di Milano fino all’8 giugno e curata da Bartolomeo Pietromarchi, espone per la prima volta in modo organico e completo le opere e la documentazione realizzati in Antartide. La mostra costituisce anche l’occasione per presentare alcune importanti opere realizzate da Lucy + Jorge Orta nel corso degli ultimi cinque anni sulle tematiche delle emergenze sociali, ambientali e umanitarie contemporanee: mobilità, diaspora, emergenza climatica e ambientale, diritti umani.
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In Spring 2007, Lucy + Jorge undertook an expedition to the Antarctic to take part in a sitespecific art project. A real and yet symbolic trip to the edges of the world, where there are extreme environmental conditions, at the limits of survival. For the first time, the show “Lucy + Jorge Orta - Antarctica”, curated by Bartolomeo Pietromarchi and open at Hangar Bicocca (www.hangar bicocca.it) in Milan through June 8th, is displaying a complete, organic survey of the works and documentation implemented in the Antarctic. The exhibition also offers the opportunity to present a number of important works that Lucy + Jorge Orta have created in the past five years, dealing with issues such as contemporary social, environmental, and human emergencies: mobility, diaspora, climactic emergencies and human rights.
Lucca come il Far West. Il mito della frontiera americana rivive nelle splendide sale di Palazzo Guinigi grazie alla mostra “…quando il West arrivò a Lucca. Il West visto dai grandi fumettisti italiani”, organizzata dal Museo Italiano del Fumetto e dell’Immagine (www.museoitalianodelfumetto.it), in collaborazione con il Comune di Lucca e con Lucca Città del Fumetto. L’esposizione, la più grande mai dedicata in Italia alle strisce western, è aperta al pubblico fino al 25 maggio e propone centinaia di illustrazioni e di tavole, tutte originali, di 10 grandi maestri italiani: Hugo Pratt, Dino Battaglia, Renzo Calegari, Paolo Eleuteri Serpieri, Ron Embleton, Ivo Milazzo, Giovanni Ticci, Sergio Tisselli, Sergio Toppi e Juan Zanotto. Lucca, just like the Far West. The myth of the American frontier has come back to life in the magnificent halls of Palazzo Guinigi thanks to the show “…when the West arrived in Lucca. The West seen by great Italian comic strip artists”. The exhibition is organized by the Italian Museum of Comic Art and the Image (www.museoitalianodelfumetto.it), in collaboration with the Town Council of Lucca and Lucca Città del Fumetto. Open through May 25th, this is the largest show
in Italy ever devoted to Western comic strips, with hundreds of original illustrations and plates on display by 10 great Italian masters: Hugo Pratt, Dino Battaglia, Renzo Calegari, Paolo Eleuteri Serpieri, Ron Embleton, Ivo Milazzo, Giovanni Ticci, Sergio Tisselli, Sergio Toppi, and Juan Zanotto.
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Senso poetico In Paris La Fondation Cartier (www.fondation.cartier.fr) di Parigi ospita fino al 22 giugno una grande personale dedicata all’opera artistica di Patti Smith. Le opere, create tra il 1967 e il 2007, offrono un approfondimento del suo universo lirico, spirituale e poetico. La sua voce espressiva enfatizza l’allestimento che presenta una sintesi di foto, disegni e film. Nonostante il nome di Patti Smith evochi l’immagine di una delle fondatrici della scena punk-rock di New York, l’artista ha esplorato la poesia e le arti visive fin dai tardi anni Sessanta. Ha cominciato a scattare foto nel 1967 per utilizzarle nei suoi collage. Nel 1995, è tornata alla fotografia con una vecchia Polaroid Land 250. Molti dei suoi scatti rappresentano effetti personali significativi: le ciabatte di Robert Mapplethorpe, la macchina da scrivere di Herman Hesse, gli utensili di Arthur Rimbaud. Altri sono ricordi visivi della sua vita da viaggiatrice. La mostra presenta anche una selezione di disegni, eseguiti con senso calligrafico con linee intrecciate da versi di poesie, e oggetti personali a lei cari, come manoscritti originali, una foto
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scattate da Constantin Brancusi, un sasso preso nel fiume dove Virginia Woolf si suicidò. The Fondation Cartier (www.fondation.cartier.fr) in Paris is hosting until June 22nd a major solo exhibition of the visual work of Patti Smith. Drawn from pieces created between 1967 and 2007, it strives to provide an insight into her lyrical, spiritual and poetic universe. Her expressive voice serves to magnify the installations created specifically for the exhibition: a synthesis of photographs, drawings and films. While the name Patti Smith evokes an image of a founder of the New York punk-rock scene, she has explored the visual arts and poetry since the late 1960s. Patti Smith began to take photographs in 1967 for use in collages. In 1995, she returned to photography using a vintage Polaroid Land 250. Many of Smith’s photographs embody significant personal meaning: Robert Mapplethorpe’s slippers, Hermann Hesse’s typewriter and Arthur Rimbaud’s utensils. Others serve as a visual record of her well-traveled life. The exhibition also features a selection of the artist’s drawings, executed with a calligraphic sense of line entwined with poetry and text, and cherished belongings taken from her personal archives, such as original manuscripts, a photograph taken by Constantin Brancusi and a stone from the river in which Virginia Woolf committed suicide.
1. Richard Serra durante l’allestimento della sua mostra a Monumenta 2008 al Grand Palais di Parigi/Riachard Serra during the installation of his exhibition for Monumenta 2008, at Grand Palais, Paris. 2. Il West di Hugo Pratt. 3. Lucy+Jorge Orta, Antarctic Village (foto Orta). 4. Patti Smith, Work boots, Polaroid.
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Sculture narrative Spender in Milan
Ambiguità geniale Bacon’s Anthology
L’antologica “Matthew Spender. Archeologia del presente” è presentata fino all’8 giugno al Castello Sforzesco di Milano. L’evento espositivo, curato da Federico Poletti, prevede una selezione di 72 lavori in materiali diversi (dalla pittura alla terracotta smaltata) per ripercorre le diverse fasi che hanno contraddistinto la carriera di Matthew Spender, artista inglese (classe 1945) ormai italiano di adozione (dal 1968 si trasferisce in Italia insieme alla moglie Maro Gorky). Attraverso il percorso espositivo emerge come la ricerca di Spender si sia nutrita nel confronto con i classici italiani, dagli antichi etruschi agli autori moderni come Arturo Martini, approdando a una propria originalità interpretativa. Recentemente ha sviluppato un ciclo di lavori narrativi, racconti legati alla vita quotidiana tradotti in terracotta smaltata e dipinta: immagini dal grande impatto cromatico in cui si fondono scultura e pittura, creando imprevedibili effetti materici e giochi luministici, sculture narrative che sconfinano verso un’estetica del kitsch contemporaneo.
E’ in corso, fino al 29 giugno, presso gli spazi di Palazzo Reale a Milano, la mostra dedicata a Bacon, anticipatrice delle manifestazione che l’anno prossimo saranno riservate all’artista dalla Tate di Londra, dal Prado di Madrid e dal Metropolitan di New York per celebrare il centenario della nascita. Si tratta di una rassegna con carattere antologico, che consente un immediato impatto con l’ineluttabilità e lo stravolgimento formale che Bacon rende stupore ed enigma ossessivo e alienante. Nemico dell’astrattismo, l’artista cattura e trasmette le pulsioni di un inconscio che, superando la rappresentatività del soggetto, raggiungono l’immaginario costringendolo a una conoscenza umana di assoluta centralità. L’esposizione è occasione di conoscenza e verifica delle opere provenienti dai più importanti Musei e collezioni di tutto il mondo, consentendo la lettura complessiva del suo iter artistico. Con le oltre cento opere esposte, quasi tutte inedite per l’Italia, è stato infatti costituito un percorso che inizia con i primissimi dipinti realizzati negli anni Trenta, dove Bacon, alla ricerca della propria identità espressiva, è già attratto dalla deformazione e ambiguità figurativa. La rassegna prosegue con i dipinti del primo dopoguerra, fortemene segnati da un ritrattismo che ha massimo riferimento nelle rapprentazioni ispirate ai Papi. Seguono le serie dei famosi ritratti degli anni Cinquanta, segnati da una fortissima connotazione spettrale ed emozionale, che precedono il periodo dove la spazialità diventa complemento per una più solida figurazione ed espressività. E a conclusione si ammirano i grandi trittici, molti dei quali dedicati al compagno di vita John Edward, che evidenziano la piena maturità stilistica e strutturale dell’artista, volta a concentrarsi sul soggetto per trasmetterne l’interiorità sconvolta in una provocazione senza remissione o confini. Alda Mercante
been living in Italy since 1968, when he moved there with his wife Maro Gorky. The show traces how Spender’s research has drawn from the Italian classics, from the ancient Etrurians to modern authors such as Arturo Martini, finally achieving his own original interpretations. Recently, he has developed a cycle of narrative works, stories linked to everyday life that he translated into painted and enameled terra cotta: very colorful images in which sculpture and painting are combined, creating unpredictable material and lighting effects…narrative sculptures that border on contemporary kitsch esthetics.
The anthology “Matthew Spender. Present Archeology” will be open through June 8th at Castello Sforzesco in Milan. The exhibition, curated by Federico Poletti, features a selection of 72 pieces in different materials (from paintings to enameled terra cotta) to trace the different stages of Matthew Spender’s career. The English artist (born in 1945) has now 1
Eleganza e inquietudine In Ferrara Mona Hatoum è l’artista scelta per rappresentare la XIII edizione della Biennale Donna, con la personale “Undercurrents”, al Padiglione d’Arte Contemporanea di Ferrara fino al 1 giugno. La rassegna, che si apre con alcuni esempi dei primi video e performance, presenta una selezione di oltre 50 opere di tecniche diverse, incluse grandi installazioni, sculture, fotografie e lavori su carta, e alcune opere recenti inedite. Le opere della Hatoum, influenzate dalla poetica minimalista e dall’esperienza concettuale, risentono fortemente di una eleganza formale frutto di una consapevole ricerca estetica, raffinata e puntuale, che affascina e seduce ma al tempo stesso sconcerta e disorienta, trasmettendo un senso di insicurezza e di inquietudine che deriva da un vissuto dominato dalla paura intesa come condizione esistenziale.
Mona Hatoum is the artist chosen to represent the 13th Women’s Art Biennale (Biennale Donna) at the Pavilion of Contemporary Art in Ferrara. Open through June 1st, the exhibition, which opens with some examples of her first video works and performances, presents a selection of over 50 works created with different techniques, including great installations, sculptures, photographs and works on paper, as well as her latest production. Hatoum’s works – which are influenced by minimalist poetics and conceptual experience – feature a very high degree of formal elegance that is the result of conscious esthetic perception. Refined and everpresent, this quality is captivating and enticing, but at the same time bewildering and disconcerting, transmitting a sense of insecurity and restlessness that comes from experience: experience dominated by fear as an existential condition.
A show devoted to Bacon opened on March 5th and will go on through June 29th 2008 at Palazzo Reale in Milan, anticipating various events that will be dedicated to the artist to celebrate the hundred-year anniversary of his birth, including shows at the Tate of London, the Prado of Madrid and the Metropolitan of New York. The show now under way has an anthological character, allowing for an immediate impact with inevitability and formal distortion, which Bacon turns into a wondrous,
obsessive and alienating enigma. The artist, who steered away from abstractionism, captures and transmits the unconscious instincts that – by going beyond the representativity of the subject – lead to imagination and to an absolutely focal human knowledge. The exhibition offers the opportunity to get acquainted with masterpieces coming from the most important Museums worldwide, allowing for an overall view of the artist’s work. The show, which includes more than a hundred works, begins with Bacon’s very first paintings from the 1930s, where the artist – on a quest for his own expressive identity – was already attracted to deformation and figurative ambiguity. The exhibition continues with paintings from just after World War I, which are strongly marked by portraitism, especially in his representations of Popes. After these, a series of famous portraits from the 1950s are on display, marked by a very strong spectral and emotional connotation, preceding the period in which spatiality becomes a complement for a more solid figuration and expressiveness. The show then ends with his great triptychs, many of which were dedicated to his companion John Edwards: these works highlight the artist’s full stylistic and structural maturity, concentrating on the subject to transmit its interiority, which is devastated by boundless, unremissive provocation.
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Intrigante intimità Immaterial Bodies
3 1. Matthew Spender, La Campionessa, Travertino di Rapolano, Travertino di Iran, Bardiglio Imperiale, Paonazzo, Statuario, Nero St. Laurent, Rosso Levanto, 208 x 224 x 86 cm, 2005. 2. Francis Bacon, Three Studies for Portrait of Lucien Freud, olio su tela/oil on canvas, 35,5x30,5x3 cm cad., 1965 (Yageo Foundation,Taiwan). 3. Mona Hatoum, Misbah, lanterna di
ottone, catena metallica, lampadine e motorino rotante/brass lantern, metal chain, lamps and rotating engine, 58x32x28,5 cm, 2006 (Courtesy dell'artista e Galerie Chantal Crousel, Parigi - foto Marc Domage) 4. Margherita Serra, Corsetto, marmo di Carrara e inserimenti in acciaio/Carrara marble and steel insertions, 2003.
La mostra “Margherita Serra. Corpi segreti”, curata da Luciano Caramel e in corso fino al 1 giugno, nella sede di Palazzo Venezia a Roma, evidenzia l’ultima produzione dell’artista costituita da una serie di opere che, sul tema dello storico corsetto femminile, viene proposta con sculture realizzate in materiali diversi come il marmo, il marmo più metallo, il vetro e con una maiolica policroma creata espressamente per l’occasione. Di singolare caratterizzazione, la mostra evoca, nella sua oggettività artistica, l’assenza emblematica del corpo e la storicizzazione di un elemento che rimane riferimento e segno dei tempi.
are sculptures in various materials, including marble, marble and metal, glass, and a polychrome majolica especially created for the occasion. A singular event, in its artistic objectivity the exhibition evokes the emblematic absence of the body and the historicization of an element that is still a reference point and a sign of the times.
“Margherita Serra. Secret bodies”, a show curated by Luciano Caramel, open at Palazzo Venezia in Rome from April 18th to June 1st 2008, highlights the latest production by the artist with a series of works focusing on the subject of historical female corsets. On display 4
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Sindrome luminosa
Creature giganti Da tempo presente in Scandinavia tra i leader del settore dell’illuminazione decorativa di design, Foscarini si è distinto in una recente performance svoltasi nello showroom Input Interiör di Stoccolma, con una serie di installazioni dimensionalmente eccezionali che, create da Marc Sadler, erano già state esposte in precedenza e con successo in un evento svoltosi a Colonia. Si è trattato di un’installazione che ha comunicato la vitalità espressiva dei prodotti Foscarini, accostando a singolari sospensioni fuoriscala, sagome sinuose costruite con lampade sovrapposte o diversamente aggregate appartenenti alle linee Mite, Tite e Kite. Tra queste anche una serie di Twiggy nere, inserite per l’occasione in un suggestivo e spaziale bouquet, dove spiccava, inaspettata ed emblematica, anche una Twiggy rossa. L’intallazione, che seguirà prossimamente altri percorsi espositivi, intendeva evidenziare la grande forza espressiva e arredativa delle lampade Foscarini, messe a confronto in un Paese fortemente interessato a proposte di esclusivi sistemi illuminanti, capaci di conferire calore e accoglienza in spazi abitativi per
condizioni ambientali spesso bui. A queste esigenze rispondono con eccellenza le lampade Foscarini.
Con una significativa cerimonia, è stato ufficialmente inaugurato lo scorso marzo a Sovico (Mi), il nuovo e prestigioso spazio polifunzionale “Reggiani International Light Forum” che, espressione “illuminata” di Goffredo Reggiani, fondatore dell’azienda, è stato realizzato secondo la sua filosofia di pensiero, dai figli Danilo, Fabio e Paolo su progetto di Antonella Gaddi. Esteso su 2.500 metri quadrati di superficie, lo spazio si articola in quattro piani, dominati dalla luce analizzata nelle sue molteplici espressività che risalgono al passato mediante un museo dove si evidenzia l’evoluzione della luce dal VI sec. a.C. a oggi, e procedono verso un futuro che trova riscontri nei progetti in fase di sviluppo esposti nella sala “Go”. Altro spazio rappresentativo è stato dedicato all’attività di ricerca, concentrata nella sala del goniofotometro, e a quella di studio sul risparmio energetico, completata inoltre dalla
galleria che ripercorre il cammino della Reggiani attraverso gli apparecchi che ne hanno segnato la storia, nonché da una panoramica sulle innumerevoli applicazioni rese possibili dalla “luce Reggiani”. International Light Forum, inteso come spazio di incontro e scambio culturale tra scienziati, architetti e lighting designer di livello internazionale, è inteso anche come sede di mostre, seminari di studio, convegni, presentazioni e darà ospitalità ai ricercatori provenienti dalle maggiori università del mondo. E’ inoltre luogo in cui monitorare i cambiamenti sul piano del risparmio energetico. Esternamente e frontalmente l’edificio provoca un impatto architettonico emozionale, mediante una sequenza di strutture a vela tese in una dinamica spaziale, con una tensione e uno slancio alato che si intride di luci ed energia.
Premio Light Art Dopo dieci anni di attività, la collezione d’arte contemporanea Targetti si evidenzia con la proclamazione dei nuovi giovani artisti vincitori della quinta edizione del premio. Si tratta della serba Alexandra Stratimirovic e dell’armeno Gevorg Zigzabian ai quali è stato assegnato il Premio Internazionale Targetti Light Art. Il secondo premio è stato invece attribuito agli italiani Stefano Cagol e Michela Colasuonno e ad Alice Azario è toccato il terzo premio. La giuria, costituita da Amnon Barzel (Direttore Artistico della Targetti Art Light Collection), Omar Calabrese, Alessandra Mammì, Peter Noever, David Sarkysian e Paolo Targetti (Presidente del Gruppo Targetti Poulsen), aveva selezionato 40
artisti under 40, impegnati a evidenziare le proprie capacità artistiche e creative, dedicate alle multiformi espressività della luce artificiale, nelle proprie opere. I vincitori hanno usufruito di premi per un ammontare complessivo di 40.000 euro, e le loro creazioni sono entrate a far parte della Targetti Light Art Collection. Il Premio, promosso e finanziato da Targetti, si propone di diffondere le potenzialità emozionali e singolari della luce nel contesto creativo e artistico internazionale. Nelle immagini l’opera di Alexandra Stratimirovic e Gevorg Zigzabian.
Su misura Con l’introduzione del maniglione fisso rispondente al modello E5511, Hoppe ha ampliato il proprio ricco catalogo con un prodotto realizzato nella finitura acciaio inox, disponibile anche in versioni eccezionali in termini di lunghezza. Lo sviluppo del modello E5511, con forma centinata e quattro lunghezze disponibili (da 800 a 2000 mm), promuove un design rigoroso ed elegante, ideale per soluzioni applicative in porte d’ingresso, a profilo e porte in cristallo. Il prodotto si distingue inoltre per l’ottimo rapporto qualità/prezzo e per la garanzia di dieci anni.
Confronti e contrasti di luce Vetrina internazionale La prima edizione di Made expo – Milano Architettura Design Edilizia – svoltasi dal 5 al 9 febbraio 2008 presso le aree della Fiera Rho di Milano, ha dato esiti particolarmente positivi confermati dalla presenza di 170.779 visitatori. La manifestazione ha evidenziato quanto di più avanzato e importante produca il mercato edile, in termini di offerte che partendo dal progetto raggiungono la costruzione, dai servizi alle soluzioni tecnologiche passando per i materiali e le finiture, pur mantenendo le specificità dei singoli comparti. Fautori essenziali del successo di Made expo, sono stati i 1914 espositori, che si sono sentiti introdotti e presi in considerazione dal mercato internazionale. Si è verificato, in effetti, un evento che ha attratto
operatori di alto profilo come architetti e progettisti, che hanno ritenuto lo spazio fieristico di Rho una struttura di eccellenza, rappresentativa e ottimamente collegata con il mercato europeo. Per il 2009, mediante Made expo, Federlegno-Arredo rafforza la strategia di internazionalizzazione anche per associazioni come Edilegno, Assolegno e Assopannelli, completando l’impegno della Federazione per tutta la filiera.
Per presentare nello showroom parigino di Cassina la nuova collezione di imbottiti “Privè” disegnata da Philippe Starck, è stata ideata, dallo stesso Starck, una combinazione allestitiva che ha messo a confronto il formalismo equilibrato dei nuovi imbottiti (dai sottointesi riferimenti erotici), con la carica emozionale e la suggestiva dinamica formale della lampada “Pulse”; realizzata in vetro di Murano da Andromeda su disegno di Massimo Bernardi. La collezione Privè è costituita da chaise longue, divani e poltroncine da boudoir che, apparentemente rigorosi, dispongono di un sistema di schienali, testate e braccioli pensati per il comfort della coppia.
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Ipotizzare il futuro La collaborazione tra Omnidecor e Simone Micheli ha dato impulso a un sofisticato percorso creativo, in termini di materiali innovativi e versatili nel contesto che ha nel design e nell’arredamento l’obbiettivo finale. La combinazione di sinergie ha trovato occasione di manifestarsi nell’ambito della manifestazione “The Monaco Spa Event” svoltasi lo scorso gennaio presso il Forum Grimaldi a Monte-Carlo, dove Omnidecor si è distinto quale sponsor dell’installazione “Milk Spa” ideata da Simone
Valorizzazione estesa Micheli. Si è trattato di una rappresentazione di forte emozionalità scenografica e illusoria, riguardante un centro benessere ambientato in un’ampia spazialità, contrassegnata da luminosità, specchiature e dalla presenza di materiali naturali che evocano il piacere dell’ambiente e della singolarità. La realizzazione del progetto si è valsa dell’impiego di vetri DecoFloDesign; una collezione di vetri satinati decorati con forte caratterizzazione e contrassegnati da un elegante e armonioso movimento grafico.
Si è svolta nell’ambito di MADE expo 2008 la cerimonia di premiazione relativa alla sedicesima edizione del Concorso Internazionale Sistema d’Autore Metra. L’evento, rinnovato nei contenuti, ha valorizzato oltre al prodotto il contesto di appartenenza, che implica una nuova impostazione alle sezioni attualmente suddivise in: Nuove Costruzioni, Restauro e Ristrutturazione, Tecnologie Innovative. Questa la premessa introduttiva alla premiazione dichiarata dal Presidente Metra Bruno Bertoli: “… nella sedicesima edizione è stato maggiormente evidenziato il valore estetico, costruttivo e innovativo delle opere presentate che, realizzate mediante l’applicazione dei Sistemi Metra e dei profilati estrusi su specifico progetto, sono state esaltate nell’eccellenza. L’attuale edizione del Concorso mette in mostra molte opere prestigiose, che conferiscono connotazioni differenti e di grande impatto
estetico e tecnologico all’involucro edilizio, evidenziando nell’alluminio il fattore di miglioramento qualitativo negli interventi. Le ventidue opere premiate, nelle tre diverse sezioni, danno spicco e visibilità alle idee dei progettisti, alcuni di fama mondiale, nonché alle capacità costruttive dei serramentisti costantemente impegnati in realizzazioni sempre più sofisticate e tecnicamente complesse”. Il Concorso ha premiato 22 progetti, 30 progettisti, 21 serramentisti e 21 committenti.
Nuovo sito internet Valore aggiunto Faraone si distingue come leader europeo di riferimento nella produzione di facciate sospese in vetro e acciaio, scale da interni, balaustre e pensiline in vetro; prodotti contrassegnati da avanzati ed elevati contenuti tecnologici, funzionali e di design. Già dai primi anni Ottanta impegnato nelle realizzazioni di facciate continue in vetro, Faraone si specializza successivamente nella produzione delle facciate a “doppia pelle”, come risposta allo sviluppo di esigenze per soluzioni innovative. Crea, negli anni Novanta, una nuova divisione specializzata nella tecnologia del vetro autoportante con fissaggio puntuale che massimizza la flessibilità del progetto. E’ mediante Air System e il nuovo
Sistema Quadrifoglio, costituiti da tensostrutture in acciaio inox, strutture in acciaio inossidabile disponibile nelle versioni satinato, verniciato e con profilato in alluminio, strutture verticali con lastre di vetro “Glasfin”, rotules e crociere, che prendono avvio i programmi capaci di evidenziare e affermare l’azienda nel mercato nazionale e in quelli internazionali, quale “fornitore esclusivo” delle architetture trasparenti con fissaggio puntuale. La più recente sfida tecnologica di Faraone è costituita dall’integrazione architettonica di impianti fotovoltaici (celle fotovoltaiche) all’interno dei vetri stratificati della facciata stessa.
KME Group, leader mondiale nella produzione di semilavorati in rame e leghe di rame, dispone attualmente del nuovo sito – www.kme.com – che, ristrutturato nei contenuti e nella grafica, concede l’accesso a un’ampia gamma di informazioni che illustrano con semplicità ed efficacia i processi di rinnovamento e quelli dimensionali del Gruppo, nonché la propria natura, i valori e i risultati. Disponibile in quattro lingue, il sito è dedicato ai professionisti di
settore, a clienti, a fornitori e a quanti altri gravitino nel contesto specifico. Una pagina iniziale consente di individuare velocemente le novità principali come l’andamento del titolo, gli ultimi comunicati stampa, gli appuntamenti finanziari ravvicinati, nonché quelli fieristici e formativi. I contenuti sono strutturati in Cinque Sezioni relativamente alle voci: Chi siamo, Prodotti e Mercati, Servizi, Investor Relations, Press Center.
Interamente in legno lamellare
Nuove sedi Proiettata nel mondo, Gewiss ha attualmente aperto, in zone ad alto potenziale di sviluppo, le due nuove sedi commerciali: Gewiss Chile e Gewiss Gulf FZE. La prima filiale risiede a Santiago del Cile, mentre la seconda è ubicata a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti. Entrambe le società sono costituite da un team di professionisti che seguono direttamente l’attività commerciale, sviluppando e promuovendo nuove strategie di mercato. Sono attualmente tredici le nazioni che hanno la presenza diretta del gruppo Gewiss con una propria sede locale.
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Holzbau è intervenuto sull’ampia e avvolgente copertura del Salaria Sporting Club di Roma, utilizzando unicamente il legno lamellare, a esclusione dei soli elementi di appoggio in acciaio. La struttura è costituita da una serie di portali realizzati tramite travi bifalda in legno lamellare, poste su pilastri compositi, sempre in legno lamellare, aventi una sagoma caratteristica stondata in sommità, che crea un effetto di continuità con il manto di copertura. Tutti gli elementi lamellari e le controventature sono stati
dimensionati in modo da avere una resistenza al fuoco di 60 minuti, studiando gli spessori delle sezioni lamellari in modo opportuno. L’opera è stata completata da una serie di tamponamenti sia laterali sia frontali, costituiti da montanti in legno lamellare avente sezione 12x29,7 cm, poggianti su un supporto in acciaio, e vincolati con giunto scorrevole verticalmente alle travi bifalda di testa, e da traversi sempre in legno lamellare di sezione 12x19,6 cm, disposti tra i suddetti montanti e tra i pilastri principali.
Un architetto appassionato 25 Years of Works Aldo Antonio Bruno Progetti e restauri 1980 – 2005 Presentazione di Nicola Pagliara Prefazione di Giovanni Di Domenico Introduzione di Pasquale Caprio Adriano Gallina Editore Napoli 2007 Un appassionato della ricerca e della sua professione, l’architetto salernitano Aldo Bruno presenta in questo volume i progetti e i lavori di restauro realizzati nell’arco di venticinque anni. I progetti presentati – tra cui si segnalano la Biblioteca Comunale a Capaccio-Paestum, il concorso Museo Archelogico Ascea-Velia, Museo dell’Acqua a Loja in Spagna, il concorso per una struttura per anziani a Ozzano dell'Emilia – traggono origine dallo studio attento dell’articolazione di volumi semplici e dalla geometria elementare, montati su un sistema di nodi e percorsi da cui si generano le distribuzioni funzionali interne, espresse con estremo rigore formale e spaziale e sempre attente al contesto. I lavori di restauro, poi, sia quelli realizzati che quelli in corso di realizzazione, esprimono analogo approccio, soprattutto dove il nuovo si
accosta all’antico, sempre con l’intento di recuperare le originarie spazialità in un dialogo fra l’antico e il nuovo che pur nel più rigoroso rispetto accoglie con intelligenza l’uso delle nuove tecnologie. A lover of research and of his own profession, with this book the architect Aldo Bruno (from Salerno) presents the projects and restoration work he has implemented in a twenty-five year span. The presented projects – which include the Municipal Library at Capaccio-Paestum, a competition for the Ascea-Velia Archeological Museum, the Water Museum in Loja (Spain), a competition for an old peoples’ home in Ozzano dell’Emilia – stem from a careful analysis of the structure of simple volumes and from elementary geometric elements that are
applied to the interior distribution of space, expressed with extreme formal and spatial rigor and always respectful of the context. The architect has a similar approach to restoration works, as proved by both his completed and his ongoing works, especially when dealing with old buildings. He always aims at maintaining the original space in a dialog between what is ancient and new, making intelligent use of new technologies with due respect for the past.
Riflessioni critiche On Contemporary Architecture Mario Pisani L’architettura del tempo presente. Dagli anni Settanta all’esordio del nuovo millennio Prefazione di Franco Purini Librìa, Melfi 2007, ill. col., 214 pp E’ una ricognizione puntigliosa e articolata quella che Mario Pisani compie sull’architettura contemporanea in questo agile volume, nel quale opere e autori vengono ordinati secondo schemi flessibili, attenti alla complessità delle tematiche contemporanee, ma sempre in un contesto informativo puntuale e circostanziato. Sebbene a prima vista possa sembrare un libro semplicemente – quantunque esaurientemente – informativo e didattico, in realtà il testo propone riflessioni critiche, punti di vista ben definiti, stimoli a ulteriori analisi, che si diffondono lungo tutta l’esposizione degli argomenti, dando
sostanza alle descrizioni e proiettandole in contesti più ampi di quelli che definiscono le singole situazioni. Il segreto sta probabilmente nella immediatezza dell’approccio, non velato da considerazioni d’ordine pesantemente teorico, ma diretto piuttosto al cuore dei problemi. Come dice del resto opportunamente Mario Pisani in chiusura di volume, “occorre prendere atto di ciò che sta avvenendo e distinguere, riconoscere ciò che si muove nella direzione giusta”, direzione che peraltro il testo non manca discretamente di additare. Maurizio Vitta
In this lively book, Mario Pisani is meticulous and articulate in his assessment of contemporary architecture. Works and planners are organized according to flexible schemes, and the author is attentive to the complexity of contemporary issues, offering accurate and detailed information. Even though at first sight – although exhaustively – the book may seem to be simply informative and didactic, the text actually puts forth a number of critical considerations, welldefined points of view, stimuli and further analyses , distributed throughout all of the
introductions to the various subjects. Each description is substantiated and cast into contexts that are broader than the single situations that are referred to. The secret of this book probably lies in the immediacy of the author’s approach, which is not veiled by purely theoretical considerations but points straight at the heart of problems. After all, as Mario Pisani himself says at the close of the book, “we must acknowledge what is happening and distinguish and recognize what is moving in the right direction”, a direction that the text discreetly points out.
macchine e macchinari industriali elevati al ruolo di mitici giganti della nostra epoca. Il suo segno, pur rimandando al dramma della disumanizzazione della contemporaneità, esprime anche poesia, amore e fiducia nella vita.
Fukasawa illustra con un?intelligente combinazione di immagini e testo.
Dario Flaccovio Editore, Palermo 2007, 428 pp Il libro affronta gli aspetti tecnici e operativi dei parcheggi e viene a colmare una carenza esistente nella letteratura tecnica: esso sarà non solo di grande utilità per molti professionisti del settore - oltre al personale delle imprese e delle amministrazioni interessate a vario titolo in questi argomenti - ma servirà anche a spianare la strada al tecnico, consentendogli di valutare convenientemente l’importanza strategica dei servizi per la sosta e di affrontare al meglio i problemi del settore al fine di adottare soluzioni durature. Il libro non tratta solamente della sosta e dei parcheggi come entità a sé stanti, in relazione alla loro costruzione e alla loro gestione operativa, ma considera in modo ampio e approfondito molti altri aspetti ed effetti collaterali, quali la mobilità urbana, la valutazione della domanda, l’impatto ambientale e le questioni amministrative ed economiche.
Segnalazioni Diego Lama Storie di cemento, gli architetti raccontano Clean Edizioni, Napoli 2007, ill. in b/n, 224 pp Questo libro vuole dare voce agli architetti che hanno pensato la città di Napoli sorta negli ultimi cinquant’anni, che sono stati al centro del dibattito culturale e che, in qualche misura, sono responsabili della sua trasformazione Una raccolta di esperienze dirette per un confronto che può servire a capire meglio la città partenopea e la sua evoluzione. Luca Matti: Babele Spaziotempo Centro d’Arte/Frittelli Arte contemporanea, Firenze 2007, ill. a colori e b/n, 212 pp Catalogo dell’omonima mostra che si è conclusa alla Galleria Frittelli di Firenze il 26 gennaio. Le opere di Matti spaziano da grandi figure di attoniti personaggi, a palazzi cuneiformi in città di cubi di cemento senza anima fino agli oggetti più comuni della vita quotidiana o a enormi
Naoto Fukasawa a cura di Naoto Fukasawa, con saggi di Antony Gormley, Jasper Morrison e altri Phaidon, London 2007, 300 ill., 240 pp Naoto Fukasawa è uno dei più famosi designer attivi negli ultimi anni. Gli oggetti da lui creati sono semplici, minimali e user-friendly, rifacendosi all’esperienza condivisa delle cose. Il lettore cd da muro disegnato per Muji nel 1999, ispirato alla forma di un aspiratore da cucina, è entrato a far parte delle collezioni del MoMA nel 2005. Il volume è la prima monografia completa in inglese dedicata al lavoro di Fukasawa. Il libro introduce il lettore all’originale e innovativo approccio al suo lavoro. Arricchito da immagini inedite, il volume mostra oltre 100 prodotti che
Mauro Pierconti Carlo Scarpa e il Giappone. Strumenti ed elementi di una riflessione Electa, Milano 2007, 200 ill a colori, 144 pp Per la prima volta un libro presenta una parte consistente delle diapositive scattate da Carlo Scarpa durante il primo viaggio, nel 1969, che tocca Giappone, Cambogia, Thailandia e Hong Kong. Un insieme di immagini che testimonia in presa diretta gli interessi, i luoghi e le persone che colpirono l’architetto veneziano. Il volume indaga i rapporti tra Scarpa e il Giappone, da cui ereditò il senso della tecnica e della tradizione che si ritrova in molti suoi progetti e realizzazioni. Andrea Roli, Marco Roli, Marco Medeghini Parcheggi. Soluzioni per la sosta nelle città italiane
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STAZIONE CENTRALE DI MILANO
LA NUOVA GRANDE STAZIONE
STAZIONE CENTRALE DI MILANO
LA NUOVA GRANDE STAZIONE Milan Central Station The New Great Station Sommario/Summary Mauro Moretti
Introduzione Introduction
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Fabio Battaggia
L’essenza della Stazione The essence of the Station
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Marco Tamino
La Stazione Centrale Central Station
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Gillo Dorfles
La distribuzione dei flussi di accesso Distribution of entrance flows
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La micromobilità interna Internal micro-mobility
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La distribuzione dei flussi interni Distribution of internal flows
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Le nuove geometrie nella Galleria delle Carrozze The new geometries of the Carriage Gallery
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Passato e futuro di una stazione Past and future of a railway station
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Segnaletica, nuova biglietteria e asse pedonale Signals, new ticket offices, and pedestrian axis
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Questo Speciale è stato promosso da/This Special has been promoted by: Direzione Centrale Comunicazione Esterna di Gruppo Ferrovie dello Stato Foto: Archivi Ferrovie dello Stato e Grandi Stazioni Illustrazioni/Illustrations: Mirko Milanesi Ferrovie dello Stato-Tutti i diritti riservati/All rights reserved
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SPECIALE l’ARCA
Introduzione Introduction
I
Mauro Moretti grandi progetti architettonici sono parte integrante del patriAmministratore monio delle Ferrovie italiane. Nel corso degli anni ne hanno Delegato scandito le linee di sviluppo e l’evoluzione del progresso tecGruppo Ferrovie nologico. All’inizio del XX secolo a Torino, Milano, Venezia, dello Stato Managing Director Napoli e Firenze si costruiscono le prime grandi stazioni ferroviaof “Gruppo rie di testa, veri e propri monumenti urbani, che testimoniavano le Ferrovie dello Stato” tendenze architettoniche dell’epoca. Così, mentre i nodi ferroviari
plasmavano l’immagine e l’organizzazione spaziale di interi quartieri, incidendo sugli assetti di molte città, le stazioni, con le loro strutture funzionali e l’impatto diretto sull’ambiente circostante, hanno definito il carattere di importanti aree metropolitane, sottolineandone la vocazione e la vitalità. La stazione ferroviaria è da sempre, infatti, una realtà complessa in continuo divenire, piazza urbana coperta, confortevole porticato, soglia che accoglie il viaggiatore nel cuore delle città. Nella veste architettonica che la rappresenta, oggi la stazione non è più concepita come porta che segna il passaggio fra il viaggio e la città, intesi come realtà definite e separate. È essa stessa movimento, è parte di un viaggio i cui confini oltrepassano gli ambienti cittadini e territoriali, e unisce, non solo idealmente, l’intero sistema ferroviario europeo. L’architettura ferroviaria vive oggi una nuova stagione di rinascita. Sotto la spinta progettuale del Gruppo Ferrovie dello Stato, le stazioni tornano a essere i soggetti privilegiati che riflettono il percorso di trasformazione degli spazi urbani e degli scenari economici e sociali. L’esempio più evidente di questa realtà è il progetto realizzato per Roma Termini, premiato con il “Best Practice Patrimoni” 2007: più della metà dei suoi attuali quattrocentomila frequentatori è, infatti, costituito da clienti dei servizi e delle attività commerciali sviluppate negli ultimi anni. Gli interventi sono numerosi e diversificati. Importanti stazioni antiche sono fatte rivivere coniugando il rispetto del passato con una aggiornata visione dei servizi. Stazioni di medie e piccole località vengono ristrutturate per migliorarne la funzionalità. Complessi architettonici di alta qualità si preparano a diventare i nodi intermodali del sistema Alta Velocità-Alta Capacità, che cambierà il modo di muoversi degli italiani e regalerà alle città nuove strade, parcheggi, piazze, servizi pubblici e parchi. Architetti e studi di fama mondiale hanno messo a punto un grande progetto di stazione per ogni centro urbano toccato dalle nuove linee veloci, guidati dall’esigenza di creare qualificate porte di accesso e dalla necessità di proporre soluzioni di integrazione con il territorio circostante: ad ABDR Architetti Associati è stato affidato il progetto di Roma Tiburtina, AREP ha ripensato Torino Porta Susa, Foster & Arup si è dedicato a Firenze Belfiore e Zaha Hadid ha curato la stazione di Napoli Afragola, la più meridionale dell’AV-AC. Nomi importanti, dunque, per un grande progetto iniziato alla fine del 2005 tra Roma e Napoli e, agli inizi del 2006, tra Torino e Novara, sulla nuova linea Torino-Milano. Con la progressiva apertura dei tratti intermedi, entro il 2009 le linee AV/AC collegheranno le principali città sugli assi Napoli-Milano e Torino-Venezia, con tempi e qualità di viaggio migliori di quelli consentiti da auto
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SPECIALE l’ARCA
e aereo, e con standard di sicurezza e controllo della circolazione senza confronti sul piano tecnologico a livello mondiale. Questo rapido sviluppo non è riservato solo ai viaggiatori delle lunghe distanze. I quasi mille chilometri di nuove linee trasferiranno i loro effetti positivi anche sui collegamenti storici, permettendo di incrementare i servizi locali e di migliorare la qualità della vita di chi si muove ogni giorno nelle grandi aree metropolitane. Con linee e traffici separati – anche le merci avranno propri percorsi alternativi nei grandi nodi urbani – aumenteranno sia la frequenza che l’efficienza dei servizi su rotaia e si darà corpo a quel riequilibrio modale da cui si attendono effetti positivi sull’ambiente, sul clima e sulla sicurezza. In particolare, per Milano e la Lombardia, puntiamo su alcuni aspetti determinanti: rafforzare la mobilità con il completamento del Passante a sud di Rogoredo, completare la linea Milano-Torino con il raddoppio della Milano-Novara e realizzare a Brescia una nuova piattaforma logistica. Il potenziamento infrastrutturale del nodo lombardo, infatti, rappresenta la giusta risposta alla crescente domanda di mobilità metropolitana e regionale e, insieme alla riqualificazione della stazione Centrale, diventa un’opera fondamentale in vista dello straordinario evento che Milano si prepara a vivere, l’Esposizione Universale del 2015 Il Gruppo che rappresento, consapevole del nuovo ruolo delle stazioni nelle grandi città, sta dunque realizzando un vasto programma di opere che comprende la costruzione delle nuove stazioni della rete Alta Velocità/Alta Capacità e la riqualificazione di quelle principali già esistenti, per adeguarle alle nuove realtà urbane. La stazione Centrale di Milano, “la più bella del mondo” secondo Frank Lloyd Wright, è nata nel primo dopoguerra su progetto dell’architetto Ulisse Stacchini. A più di settant’anni dalla sua inaugurazione, non si potevano più rinviare gli interventi per contrastare i danni procurati dai segni del tempo e dall’usura. Milano Centrale è oggi la seconda stazione italiana per grandezza e volume di traffico. La dimensione raggiunta e le prospettive di intensa crescita hanno ispirato un totale ripensamento di questo importante scalo e di tutti gli elementi che lo compongono. Nel nuovo progetto che stiamo realizzando, infatti, la stazione non è più un edificio, ma una funzione urbana, a misura di una grande metropoli multietnica, elemento catalizzatore e aggregante di culture e religioni diverse. In questa luce, Milano Centrale accoglie dallo scorso anno il Memoriale della Shoah, dedicato alle vittime delle deportazioni naziste verso i campi di sterminio. La nuova stazione milanese sarà un denso e significativo incrocio fra antico e moderno: le architetture Liberty e i preziosi elementi decorativi verranno restaurati utilizzando tecniche non invasive, mentre un programma intensivo di restauro conservativo dei manufatti originali, redatto in collaborazione con la Sovrintendenza per i Beni Culturali, è previsto come parte integrante della ristrutturazione. Le Ferrovie dello Stato interpretano, coniugando passato e tecnologia, oggi in Italia il ruolo di committente della grande architettura di qualità e continueranno a farlo con altre nuove stazioni e altri nuovi luoghi per le città.
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ajor architectural projects are an integral part of the Italian State Railways’ heritage. Down the years they have dictated the general lines of development and growth of technological progress. The first big terminus railway stations were built in to Rome, Milan, Venice, Naples in Florence at the beginning of the 20th century. Authentic urban monuments testifying to the architectural trends of the period. So, while railway junctions shaped the image and spatial organisation of entire neighbourhoods, affecting the layouts of many cities, stations, through their functional structures and direct impact on the surrounding environment, set the character of important metropolitan areas, bringing out their location and vitality. Railway stations have always been intricate constructions, which are constantly evolving: covered city squares and comfortable arcades, the threshold welcoming travellers into the heart of the city. The architectural design of today's stations no longer treats them as a gateway marking the transition between a journey and the city, taken as distinct and separate entities. Stations are now viewed as movement itself, part of a journey, whose boundaries move beyond city and territorial settings. They bring together, not just ideally, the entire European railway network. Railway architecture is going through a new renaissance at the present moment. Driven along by the design expertise of the Italian State Railways Group, stations are once again privileged players reflecting how urban spaces and economic-social scenarios are changing. The most striking example of this state of affairs is the project designed for Roma Termini, which was awarded the 2007 “Best Practice Patrimoni” Prize: over half of its current number of 400,000 visitors are actually customers using the services and commercial enterprises developed over the last few years. A vast array of different projects are being carried out. Important stations have been brought back to life by combining respect for the past with a cutting-edge vision of services. Stations in small and medium-sized locations are being restructured to make them more functional. High-quality architectural complexes are about to become intermodal junctions on the High Speed-High Capacity network, which will change the way Italian people travel and provide cities with new roads, car parks, squares, public services and parks. World famous architects and architectural firms have developed important station designs for every town and city along the new high-speed lines, guided by the need to create fully-refurbished entranceways and means of knitting into the surrounding territory: ABDR Architetti Associati was assigned the project for Roma Tiburtina, AREP redesigned Torino Porta Susa, Foster & Arup worked on Firenze Belfiore and Zaha Hadid took care of the Napoli Afragola Station, the southernmost stop on the AV-AC (High SpeedHigh Capacity) line. Really big names for a major project which began at the end of 2005 between Rome and Naples and then continued between Turin and Novara at the beginning of 2006 along the new Turin-Milan line. As various other intermediate sections are gradually opened, the high-speed/high-capacity lines will connect all the main cities
between Naples-Milan and Turin-Venice by 2009, improving the speed and quality of travel compared to road and air traffic, and offering incomparable standards of safety and control on a worldwide technological level. This rapid progress is not confined to just long-distance travellers. The almost 1000 km of new lines will also transfer their positive effects onto the old links, making it possible to enhance local services and improve the quality of life of people travelling in major metropolitan areas on a daily basis. With their separate lines and traffic – goods transport will also have its own alternative routes in major urban centres – rail services will be more frequent and efficient creating the kind of balance which will also have positive effects on the environment, climate and security. For Milan and Lombardy in particular, we are focusing on a few key aspects: boosting mobility by completing the loop line to the south of Rogoredo, completing the Milan-Turin line by doubling the service from Milan-Novara, and constructing a new logistical platform in Brescia. Strengthening the infrastructural base in Lombardy is, in fact, the right way of meeting the growing demand for inner-city and regional transport and, bolstered by the redevelopment of Central Station, it is a vital enterprise in view of the extraordinary event which Milan is getting ready to host: the 2015 World Expo. The Group I represent, which is well aware of the new role stations now play in big cities, is undertaking a vast programme of works, including the construction of new stations on the highspeed/high-capacity network and redevelopment of the main old stations to bring them in line with the emerging demands and requirements of the city. Milan Central Station, “the most beautiful in the world” according to Frank Lloyd Wright, was built after the First World War and designed by the architect Ulisse Stacchini. Over 70 years after it first opened, it was high time to carry out work to rectify the damage caused by time and general wear-and-tear Milan Central Station is currently the second biggest in Italy in terms of size and traffic. Its current scale and the prospects for considerable further growth have led to a complete rethinking of this important facility and all the features it contains. According to the new project we are currently developing, the station will no longer be treated as a building but rather as an urban function serving a major multiethnic metropolis, a catalyst bringing together different cultures and religions. In this light Milan Central Station was embellished with a very special Memorial to the Shoah last year, dedicated to the victims of Nazi deportations to death camps. The new station in Milan will, therefore, be a dense and highly significant melting pot of old and modern: the Liberty architecture and precious decorative features will be restored using non-invasive techniques, while an intensive conservative restoration project on the original construction features, devised in conjunction with the Fine Arts and Monuments Service, is also part of the overall modernisation programme. The Italian State Railways (bringing together the past and modern day technology) will be acting as a client for major high-quality architecture in Italy and will continue to do so for another nine stations and nine locations around the country.
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SPECIALE l’ARCA
L’essenza della Stazione The essence of the Station Fabio Battaggia Amministratore Delegato Grandi Stazioni SpA Managing Director of Grandi Stazioni SpA
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SPECIALE l’ARCA
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L’idea che anima il progetto globale di recupero della Stazione Centrale, elaborato dall’architetto Marco Tamino, prende le mosse dalla forte valenza architettonica che il complesso riveste: la stazione è prima di tutto un patrimonio artistico, i cui pregi saranno tutelati e, in molti casi, esaltati e riportati all’antico splendore. L’intervento di Grandi Stazioni è, infatti, uno dei più importanti restauri conservativi di architettura civile in Italia negli ultimi anni: sono stati recuperati e restaurati quasi 16.000 mq di volte e 7.000 mq di velari, oltre alla mappatura e pulitura dei 50 tipi di pietre con le quali è costruita la stazione. Un esempio concreto di queste attività, semLa riqualificazione delle aree ferroviarie rappresenta un pre condotte con la Sovrintendenza dei Beni Architettonici tema fondamentale per lo sviluppo della città. Grandi Sta- di Milano, è il restauro eseguito nella Sala Reale. zioni ha investito nei lavori dedicati alla stazione centrale Il progetto di rinnovo di Milano Centrale si pone l’obietdi Milano 120 milioni di euro e ha innescato un progetto virtuoso che rigenererà anche la zona circostante e darà un tivo di portare tutti i percorsi interni e i servizi per i viaggiatori e per i frequentatori di stazione a un alto livello di senso al lavoro compiuto. Quello attuato da Grandi Stazioni è un progetto di riqua- funzionalità, di confort, di sicurezza, oltre che di un lificazione di un’area che certamente diventerà non solo un importante contributo al rilancio anche economico dell’abiglietto di ingresso della città, ma anche una quartiere rea. Nasceranno nuovi servizi in sostituzione e integrazioprestigioso nel quale vivere e lavorare. La Stazione Centra- ne di quelli esistenti: lo spazio dedicato passerà dagli le, oltre che un efficiente centro di servizi per i viaggiatori, attuali 14.000 mq a oltre 30.000 mq, le scale mobili saranun grande spazio pubblico d’incontro, di scambio, di com- no sostituite da tapis roulant e ascensori, mentre una cenmercio, di cultura e di socializzazione, diventerà anche il trale di controllo presidiata 24 ore al giorno e una estesa motore cui agganciarsi per far crescere e sviluppare tutta la rete di telecamere eleveranno il controllo e la sicurezza in città. Un concreto esempio di questo effetto sono i quattor- tutti gli spazi di stazione. dici interventi di recupero, promossi da altri operatori pri- Questo intervento di riqualificazione, che viene condotvati, su un'area di 600.000 mq con l’obiettivo di riqualifica- to in condizioni uniche mantenendo la totale funzionalità della stazione, ha consentito di svelare tutti i segreti di uno re tutto il quadrante intorno alla stazione Centrale. dei simboli di Milano, un colosso che per volume è quasi I lavori di riqualificazione rappresentano una vera “ricol- il doppio del Duomo. Il nostro impegno per il rinnovalocazione” di Milano Centrale. E’ stata rimessa in questio- mento della Stazione Centrale è totale. Siamo consapevoli ne l’essenza stessa della stazione, per inventare e creare di operare in una immensa opera d’arte disegnata da Ulisuno spazio nuovo nel quale trascorrere del tempo, bere se Stacchini, la cui prima pietra è stata posta nell’anno delun caffè, mangiare qualcosa o acquistare un libro, anche l’Esposizione Universale del 1906 e che continuerà a rappresentare una porta di Milano anche per l’Expo del 2015. se non si deve partire. n tempo le grandi stazioni erano collocate ai margini delle città. Erano porte, luoghi statici, ricchi di fascino e di storia, dai quali le persone partivano per lunghi viaggi. Con il passare degli anni, le città si sono allargate fino ad assorbire le stazioni, integrandole nel proprio tessuto urbano. Il sistema ferroviario e la città si sono incontrati, influenzando e modificando la forma e la vita del territorio circostante. Oggi, grazie alla loro centralità, le grandi stazioni in Italia rappresentano un patrimonio inestimabile, oltre che dal punto di vista storico e architettonico anche da quello immobiliare e commerciale.
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nce upon a time, big stations were situated on the outskirts of cities. They were gateways, static places, overflowing with charm and history, departure points for people setting off on long journeys. As time passed by, cities spread to envelop stations, knitting them into their own urban fabric. The railway network and city came together, influencing and altering the shape and life of the surrounding area. Nowadays, thanks to their central location, Italy’s major stations are an invaluable resource, not just historically and architecturally but also from a commercial and real estate viewpoint. Redeveloping railway areas is a key aspect of projects to enhance the city. “Grandi Stazioni” has invested _120 million in works devoted to Central Station in Milan and has triggered off a virtuous cycle which will also regenerate the surrounding zone and make the finished work more meaningful. The project being carried out by Grandi Stazioni is designed to redevelop an area which will not just be a sort of business card for the city, but also a prestigious neighbourhood to live and work in. As well as being an efficient services centre for passengers, Central Station will also be a huge public space for congregating, interacting, trading, cultural events and socialising. It will also be the driving force behind the entire city’s growth and development. A concrete example of this regenerating effect may be found in the fourteen renovation projects being promoted by other private enterprises over an area of 600,000 sq.m, with a view to upgrading the entire block around Central Station. The redevelopment works provide Central Station with its own proper “relocation”. The very essence of the station has been called into question, in order to invent and create a new space in which to spend time, drink coffee, eat something or buy a book, even for people who are not travelling.
The basic idea behind the overall project, elaborated by architect Marco Tamino, to redevelop Central Station is based on the great architectural value of the overall construction: the station is, first and foremost, a work of artistry, whose strong points will be protected and, in many cases, enhanced and restored to their ancient splendour. Grandi Stazioni’s project is actually one of the most important conservative restoration works carried out on civil architecture in Italy over the last few years: almost 16,000 sq.m of vaults and 7,000 sq.m of skylights have been salvaged and restored. Additionally, 50 types of stone have been mapped and cleaned and then used to construct the station. A concrete example of this work, once again carried out in conjunction with the Milan Superintendent’s Office for the Architectural Heritage, is the restoration work carried out in the “Royal Hall”. The renovation project on Milan Central Station sets out to raise all the interior pathways and services for passengers and people visiting the station to a high level of functionality, comfort and safety. This will also play an important part in re-launching the area's local economy. New services will be developed to replace and integrate those already existing: the amount of dedicated space will be increased from the current 14,000 sq.m to over 30,000 sq.m, the escalators will be replaced by moving pavements and lifts, while a 24-hour control unit and extensive network of TV cameras will raise the control and safety levels in every part of the station. This redevelopment project, which is being carried out in a unique way keeping the station fully operational, has allowed all the secrets of one of the symbols of Milan to be revealed, a colossus which is actually twice as big as the city cathedral. We are totally committed to redeveloping Central Station. We are also well aware that we are operating within an immense work of art designed by Ulisse Stacchini, whose first stone was laid in the same year as the 1906 World Fair and which will continue to be a gateway to Milan for the Expo in 2015.
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La Stazione Centrale Central Station Marco Tamino Progettista Architettonico Project Architect
Il nuovo concept A quasi ottant’anni dalla sua inaugurazione, con l’enorme incremento dei flussi dei viaggiatori e con l’evoluzione delle tecnologie e dei servizi che si è verificato, la Stazione Centrale di Milano appare oggi una struttura in crisi, evidentemente inadeguata rispetto alle necessità e alle richieste della mobilità contemporanea. Il progetto di riqualificazione si confronta con il complesso di queste problematiche per riportare la stazione Centrale a un alto livello di efficienza, di qualità e di immagine architettonica, ma si pone anche l’obbiettivo di modificare il ruolo della stazione stessa per creare un nuovo “polo urbano”. Una struttura cioè che, rompendo il suo tradizionale isolamento, si apre verso la città per diventare un centro di scambio, un luogo di vita associata. Il restauro dell’edifico storico La stazione di Ulisse Stacchini che sostituisce la stazione centrale del 1864, viene realizzata in un lasso di tempo lunghissimo (1912/1931), tra grandi difficoltà e affrontando continue modificazioni. Il gusto di riferimento dell’edifico appare quello di un tardo liberty ricco di effetti spaziali solenni e di ornamentazioni pesanti, che pare ricollegabile secondo alcuni storici allo stile e ai caratteri della “secessione viennese” anche se, per dire la verità, non sembra di potervi ritrovare quell’atteggiamento anti-accademico e la freschezza innovativa che individua le esperienze architettoniche e artistiche più avanzate della Vienna di fine Ottocento. Oggetto di valutazioni diverse negli anni che hanno seguito la sua realizzazione, a volte favorevoli e più spesso critiche per i toni monumentalistici e celebrativi che presenta, come per l’imponenza e gli eccessi degli apparati decorativi eclettici (Pagano la definiva nel ’40 una melodrammatica scenografia..), la “Centrale” è comunque una testimonianza eclatante e non priva di fascino, della cultura e degli atteggiamenti di un’epoca e progressivamente è entrata a fare parte degli “edifici simbolo” del patrimonio monumentale di Milano, più radicati nella memoria e nella sensibilità della città. Nel progetto di riqualificazione, il restauro monumentale assume pertanto un ruolo fondamentale che assorbe un quarto dell’intero importo lavori e rappresenta uno dei principali interventi di restauro avviati recentemente in Italia. Il piano del restauro, parte ovviamente dall’eliminazione delle superfetazioni, delle insegne pubblicitarie e delle varie baraccopoli che nel tempo si sono aggregate e moltiplicate invadendo gli spazi di transito e pregiudicando la 8
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percezione delle architetture monumentali e si sviluppa attraverso un complesso lavoro di consolidamento delle volte e di ripristino delle finiture architettoniche, delle decorazioni e dei pochi arredi superstiti. Le nuove percorrenze interne/ la permeabilità Al rinnovo e alla riorganizzazione dei sistemi di accessibilità (la Centrale è interessata da un flusso di circa 330.000 passaggi giornalieri) e della mobilità interna, che ha sempre rappresentato il punto più debole della stazione di Stacchini, sono legati i più significativi interventi architettonici introdotti negli spazi storici restaurati; mentre le trasformazioni più rilevanti dal punto di vista urbanistico/edilizio si riferiscono alla creazione di nuove forme di accessibilità e soprattutto di permeabilità del complesso edilizio, rispetto alle aree esterne. La stazione, che costituisce oggi una barriera che separa fisicamente i quartieri esistenti al contorno, viene aperta alla città con la realizzazione di una nuova galleria pedonale che attraverserà l’intero complesso della stazione, mettendo in collegamento Piazza Luigi di Savoia e Piazza IV Novembre. L’arrivo dalla metropolitana sarà prolungato all’interno della Galleria delle Carrozze che una volta liberata dall’invadenza delle auto riporterà la vivibilità di questo grande spazio monumentale e restituirà l’originario collegamento fisico e visivo della stazione con la piazza Amedeo d’Aosta sulla quale si affaccia e con il grande asse prospettico via Pisani-Piazza della Repubblica. Il servizio taxi avverrà utilizzando un ampio spazio posto alle estremità della nuova galleria pedonale, che verrà sistemato e attrezzato e consentirà arrivi e partenze più rapide. Le percorrenze dirette verso i treni verranno assicurate, con otto nuovi ascensori di grandi dimensioni e dieci “marciapiedi mobili” che sostituiranno le scale mobili esistenti, incrementando la portata complessiva dei sistemi meccanizzati che offriranno più confort e sicurezza. Il sistema dei servizi Nelle zone nodali e lungo i percorsi in cui si addensano la maggior parte dei flussi di stazione sono stati organizzati i servizi di informazione e le nuove biglietterie, in gran parte automatizzate, e quelle servite dall’operatore realizzate secondo una formula innovativa che prevede l’eliminazione delle tradizionali barriere frontali e l’introduzione di nuovi desk operativi, per favorire un rapporto diretto tra operatore e cliente. Accanto alla biglietteria sono presenti gli altri servizi
The New Concept Almost 80 years after it officially opened, with an enormous increase in passenger flows and all kinds of progress in technology and services, Milan Central Station now looks like it is in a crisis state, clearly unable to meet the needs and demands of modern-day mobility. The redevelopment project takes on these problems with a view to restoring Central Station to a high level of efficiency, quality and architectural appearance, but it also sets out to alter the station’s very purpose in order to create a new “urban centre”. In other words, a facility which, breaking with its traditional isolation, opens up to the city to become a focus of interaction, a place for socialising. Renovating the old building The station designed by Ulisse Stacchini, which replaced old Central Station built in 1864, was constructed over a very long period of time (1912/1931) and had to deal with major problems and come to terms with constant alterations. The building appears to be inspired along the lines of the late-Liberty style, full of solemn spatial effects and heavy ornamentation, which according to some historians may be traced back to the style and distinctive traits of the “Viennese secession”, although, to tell the truth, it does not appear to have the anti-academic feel and innovative freshness characterising the cutting-edge architectural-artistic experiments carried out in Vienna in the late-19th century. Studied and assessed various times down the years after it was constructed, sometimes favourably but more often critically for its heroic and celebratory tone and also the grandeur and excesses of its eclectic decorative characteristics (Pagano described it, in the 1940s, as a melodramatic set design..), “Central Station” is however a striking and quite fascinating example of the culture and attitudes of its age, and it has gradually become one of the “landmark buildings” of Milan’s heritage of monuments, deeply engraved in the city’s memory and sensibility. Restoration and renovation work obviously plays a key part in the new redevelopment project, accounting for a quarter of the overall work and constituting one of the biggest enterprises of this kind to be undertaken in Italy over recent times. The restoration programme begins, obviously, by removing all the superfetations, advertising signs and various shanty constructions which have gradually cropped up and multiplied over time to fill up all the transition spaces, jeopardising perception of the monumental architecture.
Renovation work is taking the form of reinforcement work on the vaults and repair work on the architectural finishes, decorations and few surviving pieces of furnishing. New interior pathways/permeability The most important architectural work to be carried out on the renovated historical spaces involved renewing and rearranging the systems providing access to the station (Central Station has about 330,000 people coming in and out every day) and internal mobility, which has always been the weakest point of Stacchini’s station design; on the other hand, the most significant transformations from a town-planning/building viewpoint are the creation of new forms of access and, most significantly, means of making the building complex more permeable to the outside areas. The station, which is currently a barrier physically separating the various surrounding neighbourhoods, is being opened up to the city through the construction of a new pedestrian arcade crossing right through station and connecting Piazza Luigi de Savoia to Piazza IV Novembre. The underground arrival area will be extended into Galleria delle Carrozze, which, once freed from all the intruding cars, will make this huge monumental space liveable again and restore the station's original physical and visual link with Piazza Amedeo d’Aosta( which stands opposite) and the main perspective axis running from Via Pisani to Piazza della Repubblica. The taxi service will be moved to a spacious area at the ends of the new pedestrian arcade. The space will later be redeveloped and fully furbished to accommodate incoming and outgoing taxis. Eight new large-size lifts and ten “moving pavements” will provide direct access to the trains, replacing the old escalators and thereby increasing the overall capacity of the mechanised systems which will be more comfortable and safer. Services System Information services and new ticket booths have been placed at key points along the busiest corridors and passageways inside the station. They are largely automated and those which are manned feature an innovative design, which eliminates conventional front barriers and introduces a new style of operating desk setting up direct interaction between the operator and customer. Other key passenger services are located alongside the main ticket office, such as the restrooms with high stan9
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essenziali per l’assistenza ai viaggiatori, come i servizi igienici che avranno standard di igiene e di confort elevati e il deposito bagagli informatizzato, che permetterà il controllo, il ritiro e la consegna automatica dei bagagli in tempi brevi, sia in prossimità dei treni sia a livello strada. Nelle sale che fiancheggiano le gallerie monumentali e i percorsi principali, sono previste altre attrezzature per il ristoro, per la sosta, per attività di comunicazione e commerciali e servizi urbani, sia alla quota terra che a quella superiore (livello binari) e sui piani ammezzati. Sotto le due grandi arcate metalliche laterali sarà realizzata infine una terrazza in acciaio e cristallo destinata a servizi per l’attesa e il ristoro, che permetterà uno spettacolare affacciamento verso i treni e di contemplare come mai, la grande spazialità delle volte e la loro architettura. Considerato il grande potenziale funzionale e il ruolo che rivestono i poli di scambio nella vita urbana contemporanea, il progetto interpreta la Centrale come una nuova polarità urbana, da attrezzare con una ampia gamma di dotazioni di interesse cittadino, che si dispone ad assumere un valore d’uso e un senso completamente diverso rispetto al passato. Da “porta urbana” carica forse di una eccessiva solennità celebrativa, si avvia a riproporre in forma attuale quello che ha dato vita e senso alle piazze delle nostre città storiche e che le ha rese straordinari luoghi di incontro, di comunicazione, di informazione, di servizi e di commercio. Il problema dei servizi trova soluzione, oltre e più che sul piano del progetto, in una corretta ed equilibrata gestione delle strutture orientata a una politica di qualificazione anche di natura culturale. L’obbiettivo è riportare la Centrale a essere una sede prestigiosa di vita urbana, destinata ad accrescere, le capacità di scambio e l’immagine della metropoli milanese. L’immagine: l’architettura tra innovazione e conservazione Una stazione che rimane attiva è un organismo vivo che deve affrontare un processo deciso di evoluzione e che non può limitarsi a una blanda riqualificazione né tanto meno orientarsi verso un destino di museificazione. La sfida del progetto è quella dell’innovazione che si sviluppa senza disperdere l’identità del luogo e il fascino che anima questa cattedrale storica del movimento, anzi ne
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accresce il carattere e l’energia. Ovviamente questo risultato può avvenire solo a partire da alcune regole e dalla scelta di limitare gli interventi impattanti alle effettive necessità connesse in particolare al sistema della mobilità interna e al rinnovo dei servizi. La logica che ha indirizzato la progettazione poggia su quattro linee guida. 1. La localizzazione marginale delle trasformazioni più impattanti che vengono previste, per la maggior parte, al di fuori dei principali spazi storici, in luoghi cioè di scarso valore architettonico e privi di identità, come i magazzini e i depositi, posti al di sotto delle sale monumentali. 2. L’autonomia dal punto di vista formale dei nuovi elementi, che si distinguono chiaramente dalle preesistenze per il loro contenuto architettonico oltre che per i materiali e le tecnologie impiegati. 3. La reversibilità degli interventi; cioè la scelta di realizzare tutti i nuovi interventi architettonici e funzionali come strutture indipendenti sotto l’aspetto costruttivo, rispetto all’edificio storico e tali quindi da poter essere trasformati in relazione alle esigenze o anche eliminati in tempi successivi, ripristinando lo stato originario. I servizi posti nei saloni superiori vengono realizzati solo con elementi di arredo mobile e su mezzanini appoggiati alle strutture esistenti realizzati con architetture metalliche leggere e vetro. 4. Infine il quarto elemento di indirizzo è quello del minimo impatto progettuale. Il progetto non nasconde la sua attualità; le forme, le linee e le tecnologie costruttive dei nuovi elementi architettonici inseriti sono decise e innovative, ma evitano ingombranti intrusioni e rivalità formali nei confronti dell’architettura preesistente: sono essenziali e volutamente “minimali” sul piano del linguaggio. Non si tratta di atteggiamento rinunciatario o di un occasione progettuale perduta ma di una scelta culturale e di un atto di rispetto per un ambiente preesistente di grande valore e ricchezza formale. I materiali usati sono solo il vetro, l’acciaio e i marmi e i materiali gia presenti nella stazione e non ci sono colori tranne una tinta neutra: il grigio metallizzato chiaro che si ripete immancabilmente su tutte le superfici verniciate. A fianco della percezione della straordinaria qualità e della potenza delle strutture storiche restaurate, il progetto realizzato ricerca, con pochi segni rigorosi ed essenziali, l’esperienza della modernità: la vitalità e il senso del “nuovo”.
dards of hygiene and comfort and the computerised luggage deposit, allowing luggage to be checked, picked up and delivered automatically all very quickly, both near the trains and at street level. Extra refreshment services, rest areas, communication and commercial facilities, and urban services, are also planned to be incorporated in the rooms alongside the monumental arcades and main corridors, at ground level, upstairs (track level) and on the mezzanine levels. Finally, a steel and glass terrace will be built under the two main metal arches along the sides of the station. The terrace will provide waiting and refreshment facilities and a spectacular view towards the trains, also drawing attention to the striking spatial design and architecture of the vaults. Considering the great functional potential and role played by junctions-exchange centres in modern-day urban life, this project treats Central Station like a new urban hub to be furbished with a wide range of popular inner-city services and facilities, designed to play at quite different role from in the past. From what was once an urban gateway, possibly over-charged with celebratory solemnity, the idea now is to create a modern-day rendition of our old-fashioned historical city squares, which were once such extraordinary places for congregating, communicating and providing information, services and trade. More than on a design level, the issue of services has been handled by managing the structures in a proper and balanced way, focusing on redevelopment in terms of culture. The basic idea is to restore Central Station to its rightful status as a prestigious focus of urban life destined to enhance Milan's trade capacity and image. Image: architecture poised between innovation and conservation A fully operational station is a living organism, which has to handle a process dictated by evolution and which cannot confine itself to mere bland redevelopment, nor can it afford to become a sort of museum. The challenge facing this project is to innovate without losing the place’s distinctive identity and the charm underscoring this historical cathedral of movement. Indeed, its character and energy need to be enhanced. Obviously this can only be achieved by keeping to cer-
tain rules and by opting to constrain the number of impact-generating operations to those actually serving the purposes of the interior mobility system in particular and upgrading of services in general. Design operations work along four basic guidelines. 1. Marginalising the location of the most striking transformations, which are mainly planned to be constructed outside the main historical spaces, in places of very little architectural value and distinctly lacking in identity, such as the store rooms and deposits located underneath the monumental halls. 2. The new features are stylistically autonomous, clearly standing out from the old features due to their architectural design and the materials and technology used to construct them. 3. The operations are reversible or, in other words, all the new architectural and functional projects are designed to be self-contained structures (from a construction viewpoint) in relation to the old building. This means they can be adapted to requirements or even eliminated at a later date, restoring everything to its original state. The services located in the upper halls are all made exclusively from mobile furnishing features and set on mezzanines resting on old structures made from lightweight metal and glass constructions. 4. Lastly, the fourth guideline is minimal design impact. The project does not conceal its cutting-edge nature; the forms, lines and building technology of the newly incorporated architectural features are clear-cut and innovative, but they carefully avoid being overintrusively cumbersome or stylistically in competition with the old architecture: they are simple and deliberately “minimal” on a linguistic level. This is not a negative approach or failure to grasp a real design opportunity, but a cultural stance and active respect for a setting of such great value and stylistic richness. The materials used are just glass, steel and different types of marble, as well as materials already used in the station, and the only colours are neutral shades: a clear-coloured metallic grey crops up all over all the painted surfaces. As well as bringing out the extraordinary quality and power of the restored historical structures, the finished project draws on just a few clear-cut and simple signs to develop its own form of modernity: vitality and a sense of the “new”.
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La distribuzione dei flussi di accesso Distribution of entrance flows
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Un flusso complessivo di circa 330.000 passaggi giornalieri fa della Stazione Centrale il più importante il nodo di interscambio cittadino che presenta oggi elevate rotture di carico e bassi livelli di efficienza, con evidenti disagi e problematiche di sicurezza. Gli obbiettivi del progetto sono: - l’ottimizzazione funzionale di ogni singolo sistema di trasporto - la riduzione delle sovrapposizioni e della attuale conflittualità tra i diversi elementi presenti - efficienza complessiva del sistema attraverso l’integrazione ed interscambio tra tutte le modalità di trasporto presenti. An overall flow of approximately 330,000 passengers a day makes Central Station the city’s most important junction, although disruptions and low standards of efficiency currently cause real safety problems and other difficulties. The aims of the project are: - to functionally optimise each individual transport system - to reduce overlaps and current conflicts between the various elements - enhance the overall efficiency of the system by creating interaction and interchange between all the various means of transport available.
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Le percorrenze dirette verso i treni verranno assicurate con otto nuovi ascensori di grandi dimensioni e dieci “marciapiedi mobili” che sostituiranno le scale mobili esistenti, incrementando sensibilmente la capacità complessiva dei sistemi meccanizzati. Naturalmente la minore pendenza dei marciapiedi mobili allunga di qualche metro i percorsi meccanizzati, ma offre un risultato imparagonabile sul piano del confort e della sicurezza.
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Direct links to the trains are guaranteed by eight new large size lifts and ten “moving pavements”, which will replace the existing escalators and notably increased the overall capacity of the mechanised systems. Of course the fact that the moving pavements are less sharply inclined makes the mechanised pathways slightly longer, but provides in comparable improvements in terms of comfort and safety.
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La micromobilità interna Internal micro-mobility
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La distribuzione dei flussi interni Distribution of internal flows
Dalla Metro (livello -350) si accede direttamente all’interno della Galleria delle Carrozze pedonalizzata, utilizzando 4 marciapiedi mobili Dalla Galleria delle Carrozze si raggiunge con tre direttrici diverse la nuova galleria pedonale est/ovest che mette in connessione piazza Luigi di Savoia e piazza VI Novembre. The underground line (level -350) provides direct access into the pedestrian Carriage Gallery by means of four moving pavements. From the carriage gallery there are three different ways into a new east/west pedestrian gallery, which connects Piazza Luigi di Savoia to Piazza VI Novembre.
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Sei marciapiedi mobili portano dalla galleria pedonale a quota terra, ai mezzanini di servizio ed al livello binari. Six moving pavements lead from the pedestrian gallery at ground level to the utility mezzanines and track level.
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Le nuove geometrie nella Galleria delle Carrozze The new geometries of the Carriage Gallery
Nella Galleria delle Carrozze il disegno delle aperture per i tapis roulants segue le linee morbide dei flussi che le circondano e le geometrie monumentali delle volte. Il granito di Montorfano, che riveste le superfici ellittiche delle aperture, assume un aspetto anch’esso morbido: è il risultato, quasi impossibile, del complesso lavoro di macchine a controllo numerico ad alta tecnologia che hanno modellato il marmo seguendo geometrie tronco coniche continuamente variabili.
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The design of the openings for the moving pavements in the Carriage Gallery follows the soft lines of the flows surrounding them and the monumental patterns of the vaults. The Montorfano granite, which covers the elliptical surfaces of the openings, also takes on a soft appearance: it is the almost impossible result of the intricate work performed by high-tech numerically controlled machinery, which cuts the marble into constantly varying truncated-conical patterns.
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Il sistema dei servizi segue l’organizzazione delle percorrenze. I servizi più specificatamente destinati al viaggio (biglietterie, deposito bagagli, informazioni, assistenza alla clientela e servizi igienici) affiancano la nuova strada interna ed i tapis roulants, mentre gli altri servizi commerciali, per il ristoro ed servizi alle persone sono localizzati a fianco dei principali percorsi, in spazi precedentemente utilizzati come magazzini al piano terra e negli ex saloni di attesa e deposito bagagli al piano binari I grandi spazi monumentali che, come nel caso della Galleria delle Carrozze e il salone bilglietterie, si rendono disponibili per nuovi utilizzi offriranno ambienti prestigiosi per eventi cittadini: esposizioni, incontri pubblici, spettacoli o sfilate di moda, di straordinaria visibilità. The system of services follows the same organisational layout as the links. The services more specifically designed for travel purposes (ticket offices, luggage deposit, information points, customer services and restrooms) run alongside the new internal road and moving pavements, while the other refreshment services and passenger services are located alongside the main pathways, in areas previously used as ground floor storerooms and in the old waiting rooms and luggage deposit at track level. These huge monumental spaces, which, as in the case of the Carriage Gallery and took it all, are now available for new usages, afford a prestigious settings for city events: exhibitions, public meetings, shows or fashion parades, all quite eye-catching events.
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Passato e futuro di una stazione Past and future of a railway station
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Gillo Dorfles
uando da bambino passavo tutti gli autunni in Brianza, nella villa di una bisnonna un po’ folle, arrivando a Milano da Trieste – mia città natale – la prima cosa che mi clpiva era la stazione: la “vecchia stazione” oggi cancellata per sempre; dalla quale ci si trasferiva alla Nord, che già allora, con i suoi scompartimenti di prima dai sedili di velluto rosso, ci avrebbe portati a Erba-Incino (come allora si chiamava la città brianzola). Appena scese le scale – non ancora mobili – e raggiunto il piazzale, ecco subito rponta ad accoglierci “la macchina” con lo chauffeur (il termine autista non era ancora stato inventato dal fascismo) che era di solito l’unica o quasi che fosse parcheggiata davanti alla stazione. Ma nel dopoguerra, attorno agli anni Cinquanta, ecco che non si arrivò più alla vecchia stazione, bensì alla nuovissima, gigantesca, enfatica costruzione progettata dall’architetto Stacchini già nel 1913 e ora finalmente realizzata. Si trattava di un vero monumento che suscitava l’ammirazione della gente e che forse era più celebrato dell’atra stazione, quasi coeva e di ben altro livello architettonico, ossia la stazione di Santa Maria Novella a Firenze, progettata da Michelucci col suo team di giovani architetti d’avanguardia. Ebbene, perché non confessare che la vista del capolavoro di Stacchini faceva sulla gente (e mi faceva) una grande e ammirata impressione? Perché non confessare che quei volumi assirobabilonesi, quelle statue gigantesche, quelle decorazioni erano davvero fascinose? E’ pur vero che, trasferitomi a Milano negli anni Trenta per frequentare l’università, non appena venni a contatto con il folto gruppo di giovani architetti del CIAM e in generale con gli ambienti dell’avanguardia (penso ad amici di allora come BBPR, Magistretti, Figini e Pollini, Albini ecc.) mi arresi tosto alla generalizzata scomunica dell’edificio che arrivava con un ritardo di trent’anni e quando il verbo bauhausiano era ormai generalizzato sino a contagiare architetti di una generazione precedente come Gio Ponti, Lanza, o Muzio. Come era ammissibile infatti, ora che il verbo lecorbusieriano e miesiano dominava, costruire un edificio di quel tipo? Che oltretutto non rientrava neppure nei canoni del La Sala Reale restaurata. The restored the Royal Hall.
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liberty? Di cui Milano ospitava molte ottime prove come quelle dei Sommaruga, dei Campanini, degli Arata ecc.? Ma era ovvio che di liberty non si potesse più parlare dato che le ultime opere di quello stile datavano negli anni Dieci-Venti. Eppure, eppure, l’impatto del monumentale, pletorico, ma imponente edificio stacchiniano mi aveva stregato: bando a preconcetti tecnologici o stilistici, bando all’agguato del kitsch 8che tra l’altro non era ancora di moda). Dunque, viva la fantasiosità e spregiudicatezza stacchiniana e infatti per parecchi decenni la stazione fu considerata il vero monumentum aere perennius. Purtroppo, l’aere perennius valeva per i rivestimenti marmorei ma non per le esigenze tecnologiche. E allora, ecco finalmente quell’aggiornamento interno e comprensivo delle adiacenze urbane che – lasciando indenne l’intera struttura dell’edificio – vuole rendere finalmente aggiornati tutti i servizi, le attrezzature logistiche,pubblicitarie, segnaletiche, e il raccordo con la mobilità del traffico cittadino. Non spetta a me diffondermi sugli aspetti tecnici dei lavori eseguiti e da eseguire per rendere fruibile e praticabile la stazione e per rendere competitivo anche l’impatto visivo degli spazi interni; ma vorrei almeno accenna al fatto che – senza alterarne comunque la spazialità – si è provveduto a trasformare l’accesso dall’esterno anche con l’immissione diretta della rete metropolitana; si è abolita la galleria delle carrozze per valersi di tale spazio a uso interno; si sono moltiplicate le scale mobili che portano al livello ferrato, si è modificata l’ubicazione dei tassametri… Tutto sommato, mi sembra di poter concludere l’esame quanto mai approssimativo della stazione milanese constatando come – di fronte alle tante diatribe sollevate di solito attorno al lecito o all’illecito circa le modifiche da apportare a edifici del passato quando esigenze attuali lo richiedono – l’operazione compiuta con la stazione milanese è senz’altro corretta, tanto per il fatto di aver rispettato la costruzione originale senza alterarne le – sia pur discutibili – strutture ornamentali, quanto per aver saputo rendere attuale e tecnologicamente aggiornata quella che non si può non considerare una delle piùoriginali tra le grandi stazioni ferroviarie europee.
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hen as a child I used to spend all my autumns in Brianza, at a house owned by my great grandmother who was a bit crazy, travelling down to Milan from Trieste – my home city – the first thing that struck me was the station: the “old station” now gone forever; this is where I used to take the train heading north, which even back then with its first-class compartments with red velvet seats travelled to Erba-Incino (as the city in Brianza was then called). As soon as I descended the stairs – there were no escalators back then – and reached the main plaza, a chauffeur driven car was ready to pick me up (the term driver had not yet been invented by fascism). The car was usually the only one (or almost) parked in front of the station. But after the war, around the 1950s, the terminal was no longer the old station but a gigantic brand new station, an emphatic construction designed by the architect Stacchini back in 1913 and now finally operational. It was an authentic monument admired by everybody and perhaps more famous than that other station, built almost around the same time and of a much higher architectural standard or, in other words, Santa Maria Novella in Florence designed by Michelucci and his team of avant-garde young architects. So why not admit that people (myself included) where greatly struck and highly impressed at the sight of Stacchini’s masterpiece? Why not admit that those Assyrian-Babylonian structures, those gigantic statues and decorations, were truly fascinating? It is true that, when I moved to Milan in the 1930s to attend university, as soon as I came into contact with all those young architects at CIAM and avant-garde milieus in general (I am thinking about my friends back then like BBPR, Magistretti, Figini e Pollini, Albini etc.) I immediately fell in line with the widespread excommunication of the building that came around 30 years too late when the Bauhaus style already reigned supreme, even sweeping along architects from the previous generation such as Gio Ponti, Lanza and Muzio. How could such a building like that get constructed now that le Corbusier and Mies set the dic-
tates? After all, it did not even fit in with liberty-style canons, fine specimens of which had been built in Milan by the likes of Sommaruga, Campanini and Arata etc. But obviously the liberty style was now out of the question, since the last designs along those lines dated back to the 1910s-20s. But despite all this, the monumental, plethoric impact of Stacchini’s striking building had entranced me: so much for technological or stylistic preconceptions, so much for the risk of lapsing into kitsch (which had not yet come into vogue). So Stacchini’s vivid imagination and boldness meant that the station was considered a true “aere perennius” monument. Unfortunately, aere perennius was all right for marble cladding but not for meeting technological requirements. And so the interiors were finally updated, leaving the entire building structure intact but, at last, upgrading all the services, logistical facilities, advertising props and signposting. Everything was also connected up to the local inner-city road traffic network It is not my place to outline the technical aspects of the work carried out (and still to be carried out) to make the station fully functional and to make the interiors equally visually striking; but I would at least like to mention the fact that – without altering its spatial layout – access from the outside was altered, partly by incorporating a direct link with the underground line; the carriage arcade was removed to allow that space to be used for interior purposes; a number of escalators were introduced leading up to the platforms and the position of the taximeters was changed… All in all, I think I can conclude this very rough study of the railway station in Milan by noting that – considering all the usual diatribe regarding whether it is right or not to alter buildings from the past to meet modern day needs – the work carried out on the Milan railway station was certainly quite proper and correct, both because it has respected the original construction without altering its (nonetheless debatable) ornamental structures, and also because it has managed to technologically update and revamp what has to be considered one of the most original of all the great railway stations in Europe
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La Galleria delle Carrozze liberata dall’invadenza delle auto restituisce la vivibilità e la percezione di un grande spazio monumentale e recupera anche l’originario collegamento fisico e visivo della stazione con la piazza Amedeo d’Aosta e con il grande asse prospettico via Pisani/Piazza della Repubblica.
The Carriage Gallery, now free from intrusive cars, makes his huge monumental space more liveable and pleasant to look at again and also restores the original physical and visual link between the station and Piazza Amedeo d’Aosta and the major perspective axis running from Via Pisani/Piazza della Repubblica.
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Segnaletica, nuova biglietteria e asse pedonale Signals, new ticket offices, and pedestrian axis
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I nuovi organismi architettonici introdotti sono decisamente innovativi sul piano del linguaggio come delle tecniche costruttive, impiegano acciaio e cristallo trasparente o sabbiato e retro illuminato, o ripropongono i marmi già presenti nella stazione. Sono tuttavia segni “minimali” limitati all’essenziale e reversibili nel tempo.
The new architectural organisms introduced are decidedly innovative on a linguistic level like construction techniques, using steel and transparent/sanded rear-lit glass or re-utilising the marble already found in the station. Nevertheless there are just “minimal” signs reduced to a bare minimum and reversible at a later date if so required.
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I servizi posti nei saloni superiori vengono realizzati solo con elementi di arredo mobile e su mezzanini appoggiati alle strutture esistenti realizzati con architetture metalliche leggere e vetro. The services located in the upper halls are all made exclusively from mobile furnishing features and set on mezzanines resting on old structures made from lightweight metal and glass constructions.
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