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Octobre/Ottobre/October 2012
Sommaire Contenuti Summary
02
EDITORIALE/EDITORIAL/EDITOR’S TEXT
Cos’altro possiamo ancora inventarci? Que pouvons-nous encore inventer ? What else can we invente? Joseph di Pasquale
Composants et systèmes pour l’architecture
Componenti e sistemi per l’architettura Components and systems for architecture
04 Context and technology
SPECIAL 02 16 Driiiiiin... Driiiiiin... Driiiiiin... Matteo Citterio
20 Ancora una volta Arch&type Citterio + Baldi
Fabrizio Schiaffonati
10 Jean Prouvé, Nancy 2012 Sébastien Cherruet
Domino Les entreprises protagonistes Le aziende protagoniste Leader companies
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10.000 anni di materiali per l’architettura 10.000 annÊes de matÊriaux pour l’architecture 10.000 years of materials for architecture
incominciato questo viaggio, anche e forse soprattutto nel mondo dell’architettura. Se prendiamo i 10.000 anni di storia umana documentata e li consideriamo come un giorno di 24 ore in cui il 2012 si trova al termine della giornata, allo scoccare della mezzanotte, possiamo dire che alle 9 di stamattina è stata inventata la ruota, che Roma è stata fondata alle cinque del pomeriggio e che Alessandro Volta ha inventato la pila solo a mezzanotte meno un quarto, cioè un quarto d’ora fa. Potremmo altresĂŹ dire che l’uomo ha usato pietra e legno come materiali da costruzione fino alle 17.00 quando cioè è stato inventato il mattone, intorno alle sei del pomeriggio i romani hanno inventato il cemento, e appena 15 minuti fa (alle 23.45) si è iniziato a utilizzare anche ferro, vetro e cemento armato. Ma il primo vero “nuovo materialeâ€? creato artificialmente dall’uomo, la plastica polimerica, è stato inventato da Giulio Natta solo cinque minuti fa! In pratica abbiamo solo fatto capolino nel mondo dei “nuovi materialiâ€? e sarĂ solo nel “domaniâ€? di questa giornata, nelle prossime “oreâ€? del progresso umano e anche nei pochi o molti minuti di cui ciascuno di noi potrĂ essere testimone diretto, che verranno le sorprese e le meraviglie piĂš importanti e con esse si apriranno nuove possibilitĂ espressive e concettuali
COS’ALTRO POSSIAMO ANCORA INVENTARCI?
Henry Ellsworth, direttore dell’ufficio brevetti degli Stati Uniti, in un rapporto ufficiale indirizzato al Congresso sostenne che le conquiste della scienza e dell’arte erano state talmente grandi nel suo secolo che “si avvicinava ormai l’epoca in cui il progresso umano sarebbe finitoâ€?. Eravamo nel 1843!!! Pochi anni dopo il presidente William McKinley istituĂŹ una commissione che aveva l’obiettivo di chiudere l’ufficio brevetti poichĂŠ ormai “tutto quello che si poteva inventare era stato inventatoâ€?. Era il 1899! Ma poteva mai immaginare Henry Ellsworth che un giorno avrebbe potuto parlare a distanza con un suo amico dalla parte opposta del mondo mentre passeggiava tranquillamente per la strada? Ma cosa avremmo pensato noi stessi se qualcuno anche solo dieci o vent’anni fa ci avesse detto “ho fatto una foto col telefonoâ€? oppure “Te l’ho appena inviata. L’hai vista?â€?. Probabilmente avremmo suggerito al nostro interlocutore di consultare un bravo psichiatra. Anche noi oggi soffriamo per certi versi di questa doppia percezione: da un lato siamo meravigliati e compiaciuti del nostro attuale livello scientifico e tecnologico, ma nello stesso tempo non riusciamo ad immaginare come possa ulteriormente evolvere e abbiamo la tendenza a considerare la nostra come l’epoca “conclusivaâ€? di questo progresso. Insomma oltre a tutto quello che abbiamo scoperto e inventato cos’altro si potrebbe ancora inventare o scoprire? Tutto! Ecco la risposta piĂš corretta. E quello che abbiamo scoperto e inventato in realtà è appena l’inizio. Oggi, nel 2012, abbiamo appena
EDITORIALE EDITORIAL EDITOR’S TEXT
nell’architettura e nel design! Insomma, convinciamoci che per gli architetti e per i designer il bello deve ancora venire, e c’è tutto ancora da inventare. Si tratta solo di uscire dall’atmosfera autoreferenziale e sterile di un’architettura che oggi sembra ripetere ciclicamente quanto prodotto negli ultimi cinquant’anni, troppo chiusa accademicamente e aristocraticamente in un proprio piccolo recinto nel quale vengono considerati “nuoviâ€? dei materiali che in realtĂ sono usati da centinaia e migliaia di anni. Occorre tornare a essere anche noi dei “tecniciâ€?, vale a dire prestare maggiore attenzione a quello che sta succedendo al progresso scientifico e tecnologico in continua ebollizione, per rivoluzionare ancora una volta il mondo espressivo dell’architettura ridefinendone i codici sorgente. Si tratta di tornare ad adempiere al vero “ruolo socialeâ€? che l’architettura è sempre stata chiamata a svolgere: della tecnologia i tecnici e gli ingegneri possono conquistare il “comeâ€?, ma solo gli artisti e gli architetti con la loro sensibilitĂ per la bellezza e con la loro creativitĂ possono comprenderne e svelarne veramente il “perchĂŠâ€?. Buona rivoluzione! Joseph di Pasquale
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QUE POUVONS-NOUS ENCORE INVENTER ?
les architectes et les designers, le summum doit encore venir et que tout est encore à inventer. Il s’agit seulement de sortir de l’atmosphère autoréférentielle et stérile d’une architecture qui, Henry Ellsworth, directeur du bureau des brevets aujourd’hui, semble répéter cycliquement ce qui a été produit lors des cinquante dernières années, des Etats-Unis, dans un rapport officiel adressé renfermée académiquement et aristocratiquement au Congrès, affirma que les conquêtes de la dans son propre petit enclos où sont considérés science et de l’art avaient été tellement grandes au cours de son siècle que “l’époque où le progrès “nouveaux” des matériaux qui, en réalité, sont utilisés depuis des centaines et des milliers humain serait terminé était désormais proche”. d’années. Nous devons encore, nous aussi, Nous étions en 1843 !!! Quelques années plus redevenir des “techniciens”, c’est-à dire faire tard, le président William McKinley institua davantage attention à ce qui est en train d’arriver une commission qui avait pour but de fermer le au progrès scientifique et technologique en bureau des brevets car désormais “tout ce que ‘ébullition’ continue, afin de révolutionner l’on pouvait inventer avait déjà été inventé”. encore une fois son propre mode expressif, en C’était l’année 1899 ! redéfinissant ses codes source. Mais Henry Ellsworth pouvait-il seulement Il s’agit d’assumer une fois de plus le véritable imaginer qu’un jour il aurait pu parler de loin avec un de ses amis à l’autre bout du monde alors “rôle social” que l’architecture a toujours été appelée à jouer : partant de la technologie, les qu’il se promenait tranquillement dans la rue ? techniciens et les ingénieurs peuvent conquérir Mais qu’aurions-nous pensé nous-mêmes si le “comment”, mais seuls les artistes et les quelqu’un, ne serait-ce qu’il y a dix ou vingt ans, nous avait dit “j’ai pris une photo avec mon architectes, par leur sensibilité envers la beauté et leur créativité, peuvent comprendre et en dévoiler téléphone” ou bien “je viens de te l’envoyer. vraiment le “pourquoi”. Tu l’as vue ?”. Nous aurions probablement suggéré à notre interlocuteur de consulter un bon Bonne révolution ! psychiatre. A l’heure actuelle, nous souffrons aussi, sous certains aspects, de cette double perception : d’une part, nous sommes étonnés et fiers de notre niveau scientifique et technique actuel, mais en même temps nous n’arrivons pas à imaginer comment peut-il évoluer ultérieurement et nous avons tendance à considérer notre époque comme In an official report he sent to Congress, étant la “conclusion” de ce progrès. Bref, à part Henry Ellsworth, the head of the United States tout ce que nous avons découvert et inventé, que Patent and Trademark Office, claimed that pourrait-on encore inventer ou découvrir ? the conquests of science and art had been Tout ! Voici la réponse la plus correcte. Et ce que so great that century that “the time is now nous avons découvert et inventé, en réalité, n’est drawing near when human progress will come que le début. Maintenant, en 2012, nous venons to an end”. That was back in 1843!!! A few de commencer ce voyage, même et peut-être years later President William McKinley set surtout dans le monde de l’architecture. up a commission whose task it was to close Si nous prenons les 10.000 ans d’histoire the Patent and Trademark Office because humaine documentée et les considérons comme “everything that could be invented had been une journée de 24 heures dont 2012 se trouve à invented” by now. That was 1899! la fin, dès que minuit sonne nous pouvons dire Could we ever have imagined that one day que la roue a été inventée à neuf heures du matin, Henry Ellsworth would have been able to speak que Rome a été fondée à cinq heures de l’aprèsto a friend over on the other side of the world midi et qu’Alessandro Volta n’a inventé la pile while walking along the road? And what would qu’à minuit moins le quart, c’est-à dire il y a un we have thought if somebody had told us just quart d’heure. Nous pourrions également dire ten or twenty years ago that “I have taken a que l’homme a utilisé la pierre et le bois comme photo with my phone” or “I have just sent it to matériaux de construction jusqu’à dix-sept you. Have you seen it?” We would probably heures, c’est-à dire quand on a inventé la brique ; have advised the person in question to go and vers six heures du soir les Romains ont inventé le see a good shrink. béton et il y a seulement 15 minutes (à 23h45) on Even nowadays we still suffer, in some respects, a également commencé à utiliser le fer, le verre et from this kind of double vision: on one hand we le béton armé. Mais le premier véritable “nouveau are amazed and smug about our current scientific matériau” créé artificiellement par l’homme, le and technological know-how, but at the same plastique polymère, a été inventé par Giulio Natta time we cannot imagine how things might il y a cinq minutes à peine ! Pratiquement, nous evolve even further and we tend to consider avons juste jeté un regard dans le monde des our age as the “end” of progress. In a nutshell, “nouveaux matériaux” et ce sera seulement le in addition to everything we have already “lendemain” de cette journée, dans les prochaines discovered and invented, what else could be “heures” du progrès humain, également pendant invented or discovered? les rares ou nombreuses minutes dont chacun de Everything! That would be the most correct nous pourra être le témoin direct, qu’arriveront answer. And what we have discovered and les surprises et les merveilles les plus importantes invented is really only the beginning. Now, in et c’est avec celles-ci qu’apparaîtront de the year 2012, we have only just set off on this nouvelles possibilités expressives et conceptuelles journey, and that also applies (and perhaps first dans l’architecture et le design ! and foremost) to the world of architecture. Bref, nous devons nous convaincre que, pour If we take 10,000 years of documented human
WHAT ELSE CAN WE INVENT?
history and compress it into a 24-hour day with the year 2012 being at the end of the day, at the stroke of midnight, then we could say that the wheel was invented at nine o’clock this morning, Rome was founded at five o’clock in the afternoon and Alessandro Volta only invented the battery at a quarter to twelve or, in other words, a quarter of an hour ago. We could also say that man used stone and wood as building materials until five o’clock when bricks were invented, that around six in the afternoon the Romans invented concrete and just 15 minutes ago (11:45 PM) we began using iron, glass and reinforced concrete too. But the first “new man-made material”, polymeric plastic, was invented by Giulio Natta just five minutes ago!!! We have basically only just entered the world of “new materials”, and it will only be the day after today, over the forthcoming “hours” of human progress and during those few or several minutes in which each of us can directly witness all this that the most important surprises and wonders will happen, and they will open up new expressive and conceptual possibilities for the realms of architecture and design! So we must convince ourselves that the best is yet to come for architects and designers, and everything still needs to be invented. It is just a matter of emerging from the self-referential and sterile atmosphere of modern-day architecture that just seems to cyclically repeat what has been achieved over the last fifty years, shut away aristocratically in its own academic ivory tower where materials which in actual fact we first used hundreds and even thousands of years ago are still considered “new”. We need to rediscover the “technicians” in us, which means paying greater attention to what is happening in the effervescent world of scientific and technological progress, in order to once again revolutionise the expressive world of architecture by redefining its basic codes. We need to once again ensure that architecture performs the true “social purpose” it has always been expected to fulfil: technology will allow technicians and engineers to learn “how”, but only artists and architects with their own special sense of beauty and their own unique creativity can really understand and reveal exactly “why”. Enjoy the revolution!
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IL SIGNIFICATO
e il ruolo della tecnologia nell’architettura è cresciuto in questi ultimi anni con un peso senza precedenti: tecnologia come insieme dei materiali, dei componenti, dei sistemi edilizi e impiantistici che conformano la costruzione. Ma non solo, tecnologia anche dei sistemi decisionali per il governo del progetto e della realizzazione dell’opera. L’innovazione tecnologica è una caratteristica intrinseca dell’architettura, da cui non si può prescindere sia dal punto di vista della funzionalità che della forma del manufatto. Mai come ora questo nesso appare determinante per il linguaggio architettonico e rimanda in modo esplicito all’evoluzione continua degli elementi tecnici incorporati nella costruzione, non più occultati in un sistema gerarchico dove l’involucro edilizio governa univocamente l’esito comunicativo. Pertanto la forma è sempre più correlata alle determinanti tecnologiche in grado di contribuire significativamente alla trasformazione delle stesse logiche funzionali e fruitive dell’organismo architettonico. Il linguaggio è evoluto con effetti di smaterializzazione, trasparenza, fluidità, tali da caratterizzare sia lo spazio esterno che interno in modo radicalmente diverso rispetto all’architettura del recente passato. La città contemporanea “rappresenta” questa nuova narrazione dell’architettura con un tasso di tecnologia che, a ritmi crescenti, implementa la costruzione delle sue opere. Mentre l’impianto urbano palesa ancora elevati fattori di resistenza a processi di razionalizzazione che potrebbero essere raggiunti con un più diffuso uso delle tecnologie (si pensi alle infrastrutture, alle reti, ai servizi in genere), l’architettura dell’edificio appare ormai contraddire molti dei principali riferimenti culturali del Movimento Moderno. Un’aporia tra architettura e città lontana dal ricomporsi in una razionale forma unitaria. Questa distanza è particolarmente significativa nella rottura della relazione forma-funzione che per un secolo ha orientato l’architettura moderna, improntata a criteri di razionalità con una semplificazione dell’approccio formale, determinato in primo luogo da scelte economiche e funzionali per l’organizzazione dello spazio della città, delle sue gerarchie e delle tipologie edilizie. L’architettura moderna ha infatti rappresentato quel processo di razionalizzazione della città e degli edifici nel solco di una “linearità” del tutto coerente con il progresso della rivoluzione industriale, dei modelli organizzativi della produzione e delle trasformazioni socio-economiche. La fase post-industriale vede la rottura di questo modello di sviluppo, il palesarsi di nuove logiche con l’emergere di paradigmi scientifici non più riferibili alle certezze deterministiche. Ciò ha comportato la rottura di molti paradigmi sia nell’ambito della produzione che dell’organizzazione sociale, con un cambiamento delle relazioni a scala planetaria, visibile anche nella forma dell’architettura e della città. I primi segnali si manifestano con l’architettura post-moderna, negli anni Ottanta, quando si destruttura il linguaggio rompendo il nesso forma-funzione. Un periodo di breve durata che anticipa la successiva irruzione di un’architettura
Fabrizio Schiaffonati
CONTEXT AND TECHNOLOGY
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“ipertecnologica”, quando anche non motivata da ragioni economiche e funzionali. La tecnologia come l’icona di una nuova modernità, dato imprescindibile della comunicazione, logo e brand della “tecnostruttura”. L’immagine simbolo di questa fase è Gehry a Bilbao. Qui tutti i canoni vengono sovvertiti in una ricerca che rimanda a una “dimensione artistica” del progetto che può contravvenire a millenarie regole, dall’architettura trilitica alla modellizzazione statica, al superamento di una impostazione stereometrica degli spazi, per una prospezione fluida dell’involucro e dell’interno, in un processo di radicale decontestualizzazione dell’organismo architettonico rispetto allo spazio urbano. La tecnologia è lo strumento principale della proposta, dal programma informatico all’ibridazione dei materiali, il mezzo che rende possibile una configurazione spaziale con una forma senza precedenti. Un esito che va ben oltre la svolta negli anni Settanta del Beaubourg di Rogers e Piano, con ascendenti negli Archigram e nei Metabolisti. Bilbao rende pensabile un’architettura diversa, anzi un approccio diverso al progetto di architettura, un progressivo allontanamento dal contesto in uno scenario in cui le differenze non siano più segnate dalla tradizione della storia, ma da nuove icone tecnologiche, da un esibizionistico stupore, da un gratuito possibile come simbolo di una globalizzazione che cancella le specificità. Un’architettura per alcuni non più architettura ma design, con la sua progressiva assimilazione a oggetto d’uso senza l’obiettivo della permanenza, una diversa declinazione della “fine della storia”. Estremi di un dibattito sull’architettura contemporanea che rischia, come tutti gli approcci ideologici, di allontanare da un approfondimento disciplinare, necessario per non consegnare tout court l’architettura all’effimero e alla contingenza delle mode. L’architettura trae la sua storicità nella necessità imprescindibile dell’abitare heideggeriano. È necessario quindi avviare un approccio al progetto dove il dato tecnologico non sia stravolto dall’esibizione manieristica dello stesso, e dove quindi si operi di fatto nell’ottica del suo occultamento, per poterlo invece conoscere e comunicare. La tecnologia incorpora un altissimo tasso di conoscenza, è l’espressione certamente più pregnante della contemporaneità. È importante quindi farne strumento per una consapevolezza delle sue potenzialità. Nell’architettura, come in ogni altro campo. La tecnologia nell’architettura contemporanea vanifica certamente steccati e frontiere dell’architettura tradizionale, in un sistema relazionale del tutto diverso. La componentistica edilizia determina continue e diversificate “interfacce”, incroci e ibridazioni che un progetto responsabile non può lasciare al caso o a semplici processi di ingegnerizzazione. La sfida progettuale deve aumentare le capacità di governo della trasformazione con una finalità non già deterministicamente incorporata nell’invenzione tecnologica del singolo sistema o manufatto. Non c’è dubbio che oggi lo scenario contemporaneo con la sua enfasi tecnologica ci offra lo stimolo per avviare una riflessione critica per il superamento della sua pura esibizione virtuosistica. Un confronto che riconnetta l’architettura con il governo delle trasformazioni, più di quanto oggi non accada.
Arata Isozaki: Cluster in the Air, model, 1962.
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LA SIGNIFICATION
et le rôle de la technologie dans l’architecture se sont développés sans précédents au cours de ces dernières années: technologie comme ensemble des matériaux, des composants, des systèmes de construction et de sous-systèmes qui ‘concourent’ à la réalisation d’un édifice. Mais également la technologie des dispositifs décisionnels pour la maîtrise du projet et la création de l’ouvrage. L’innovation technologique est une caractéristique intrinsèque de l’architecture, incontournable aussi bien du point de vue de la fonctionnalité que de la forme de l’ouvrage. Jamais comme à présent, ce lien n’apparaît déterminant pour le langage architectural et ne renvoie d’une façon explicite à l’évolution continue des éléments techniques incorporés dans la construction, qui ne sont plus dissimulés dans un système hiérarchique où l’enveloppe du bâtiment maîtrise de façon univoque le résultat communicatif. Par conséquent, la forme est de plus en plus reliée aux déterminantes technologiques en mesure de contribuer d’une façon significative à la transformation de ces mêmes logiques de fonction et d’utilisation de l’organisme architectural. Le langage est évolué, avec des effets de dématérialisation, transparence, fluidité caractérisant aussi bien l’espace extérieur qu’intérieur d’une façon radicalement différente par rapport à l’architecture du passé récent. La ville contemporaine “représente” cette nouvelle narration de l’architecture avec un taux de technologie qui, à des rythmes croissants, implémente la construction de ses ouvrages. Tandis que l’organisation urbaine révèle encore de grands facteurs de résistance à des processus de rationalisation qui pourraient être atteints par un usage des technologies plus répandu (que l’on pense aux infrastructures, aux réseaux, aux services en général), l’architecture de l’édifice semble désormais contredire un grand nombre des principales références culturelles du Mouvement Moderne. Une aporie entre l’architecture et la ville, loin de se recomposer en une forme unitaire rationnelle. Cette distance est particulièrement significative dans la rupture de la relation forme-fonction qui, pendant un siècle, a orienté l’architecture moderne, basée sur des critères rationnels avec une simplification de l’approche formelle, déterminée en premier lieu par des choix économiques et fonctionnels pour l’organisation de l’espace de la ville, de ses hiérarchies et des typologies du bâtiment. En effet, l’architecture moderne a représenté ce processus de rationalisation de la ville et des édifices dans le sillon d’une “linéarité” tout à fait cohérente avec le progrès de la révolution industrielle, des modèles d’organisation de la production et des transformations socio-économiques. La phase postindustrielle voit la rupture de ce modèle de développement, la révélation de nouvelles logiques avec l’apparition de paradigmes scientifiques qui ne peuvent plus être rapportés aux certitudes déterministes. Cela a entraîné la rupture d’un grand nombre de paradigmes aussi bien dans le domaine de la production que de l’organisation sociale, avec un changement des rapports à l’échelle planétaire, visible également dans la forme de l’architecture et de la ville. Les premiers signes se manifestent par l’architecture postmoderne, dans les années quatre-vingts, lorsque le langage se déstructure en brisant le lien forme-fonction. Une période de courte durée, qui précède l’irruption successive d’une architecture “hypertechnologique”, même si elle n’est pas motivée par des raisons économiques et fonctionnelles.
Charles Willard Moore + Perez Architecte, Piazza d’Italia, New Orleans, 1978.
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La technologie comme l’icône d’une nouvelle modernité, donnée incontournable de la communication, logo et brand de la “technostructure”. L’image-symbole de cette phase est Gehry à Bilbao. Là tous les règles sont renversés en une recherche qui renvoie à une “dimension artistique” du projet pouvant contrevenir à des règles millénaires, allant de l’architecture ‘trilithe’ à la modélisation statique, au dépassement d’une formulation stéréométrique des espaces, en vue d’une prospection souple de l’enveloppe et de l’intérieur, en un processus de décontextualisation radicale de l’organisme architectural par rapport à l’espace urbain. La technologie est le principal instrument du projet, qui va du logiciel à l’hybridation des matériaux, le moyen permettant une configuration spatiale ayant une forme sans précédent. Un résultat qui dépasse largement le passage, dans les années soixante-dix, du Beaubourg de Rogers et Piano, avec des ascendants dans les Archigram et les Métabolistes. Bilbao rend concevable une architecture différente, ou plutôt une approche différente au projet architectural, un éloignement progressif du contexte dans un scénario où les différences ne sont plus marquées par la tradition historique mais par de nouvelles icônes technologiques, par une stupeur exhibitionniste, par une possibilité gratuite en tant que symbole d’une mondialisation qui annule les spécificités. Une architecture qui, pour certains, n’est plus architecture mais design, par son assimilation progressive avec un objet usuel sans l’objectif de la permanence, une déclinaison différente de la “fin de l’histoire”. Extrémismes d’un débat sur l’architecture contemporaine qui risque, comme toutes les approches idéologiques, d’éloigner d’un approfondissement disciplinaire, nécessaire pour ne pas livrer tout court l’architecture à l’éphémère et à la contingence des modes. L’architecture tire son historicité de la nécessité incontournable de l’habitation selon Heidegger. Il est donc nécessaire de mettre en route une approche au projet dans laquelle la donnée technologique ne soit pas dénaturée par l’exhibition maniériste de celui-ci et qu’on opère donc réellement dans l’optique de sa dissimulation, afin de pouvoir, par contre, le connaître et le communiquer. La technologie incorpore un très haut degré de connaissance, c’est certainement l’expression la plus riche de la contemporanéité. Il est donc important d’en faire un instrument pour avoir conscience de sa potentialité. En architecture comme dans tout autre domaine. Dans l’architecture contemporaine, la technologie fond certainement les barrières et les limites de l’architecture traditionnelle en un système relationnel tout à fait différent. Les composantes du bâtiment déterminent des “interfaces” continues et diversifiées, des croisements et des hybridations qu’un projet responsable ne peut pas laisser au hasard ou à de simples processus d’ingénierisation. Le défi conceptuel doit accroître les capacités de maîtrise de la transformation dans un objectif non déjà incorporé d’une manière déterministe dans l’invention technologique de chaque système ou ouvrage. Il n’y a aucun doute qu’à l’heure actuelle le scénario contemporain, par son emphase technologique, nous offre le stimulus pour nous pencher sur une réflexion critique afin d’aller au-delà de sa pure exhibition de virtuose. Une comparaison pouvant rapprocher l’architecture à la maîtrise des transformations, plus que ce qui se produit actuellement.
Frank O. Gehry, Guggenheim Museum, Bilbao, 1997.
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THE SIGNIFICANCE
and role of technology in architecture have developed in unprecedented ways over recent years: with technology being taken as all the materials, components, building and plant-engineering systems constituting a construction. But not only that, technology also refers to the decision-making systems controlling the design and construction of architectural work. Technological innovation is an intrinsic trait of architecture, a vital part of the functionality and form of a construction. More than ever before this seems to be crucial in terms of architectural language and explicitly refers to constant developments in the technological features of a construction, no longer hidden away in a hierarchical system in which the building shell completely controls the communicational side of a project. In this respect, form is increasingly correlated with technological features capable of significantly contributing to the transformation of the architectural organism’s functional and operational logic. Language has developed along the lines of dematerialisation, transparency and fluidity, so that these traits now characterise both interior and exterior space in a radically different way compared to the architecture of the recent past. Modern-day cities “represent” this new architectural narrative drawing on a degree of technology that, at increasingly fast paces, now dictates the construction of architectural works. Whereas the urban environment is still showing notable resistance to processes of rationalisation that could easily be achieved through more widespread use of technology (take, for example, infrastructures, networks and services in general), building architecture now seems to be contradicting a number of the main cultural benchmarks of the Modern Movement. An aporia between architecture and the city that cannot be decomposed into some rational unitary form. The gap in question is particularly evident in the breakdown in the relationship between form and function, which guided modern architecture for an entire century along the lines of rationality, resulting in a simplification in formal approach, primarily determined by economic and functional decisions in terms of the organisation of urban space, its hierarchies and building types. Modern architecture actually represented the aforementioned process of rationalising cities and building through a kind of “linearity” perfectly in line with progress in the industrial revolution, organisational models of production and socio-economic changes. The post-industrial period has witnessed a breakdown in this growth model, the emergence of new lines of thinking based on scientific paradigms that can no longer be linked to deterministic certainties. This has duly resulted in the breakdown of numerous paradigms both in the realm of production and social organisation, determining a change in relations on a planetary scale, also visible in the form of both architecture and city. The first signs could be seen in 1980s’ postmodern architecture, when language was deconstructed to break the bonds between form and function. A short period in time anticipating the subsequent outbreak of “hyper-technological”
Renzo Piano + Richard Rogers, Centre Georges Pompidou, Paris, 1977.
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architecture, no longer necessarily justified along economic and functional lines. Technology as an icon of a new kind of modernity, an essential means of communication, logo and brand for “techno-structures”. The symbolic image of this period is Gehry’s work in Bilbao. Here every canon was upturned through experimentation evoking the “artistic side” of the design, actually capable of contravening thousand-year-old rules ranging from trilithic architecture to static modelling, moving beyond the stereometric layout of spaces to create more fluid shells and interiors as part of a radical process of de-contextualising the architectural organism from its urban location. Technology is the main means of implementing this process. From computer programming to the hybridisation of materials, technology is the means that makes an unprecedented form of spatial configurations possible. Results moving well beyond the turning point marked by the 1970s’ Beaubourg Building designed by Rogers and Piano and the work of the Archigram and Metabolism teams. Bilbao makes a different kind of architecture now feasible, indeed a different approach to architectural design, a gradual distancing from context as differences are no longer marked in terms of historical tradition but by new technological icons, by exhibitionistic amazement and a gratuitous vision of the possible as a symbol of globalisation that cancels out all the distinction. Some people feel that this is no longer architecture but rather design, gradually producing useful objects no longer intended to last, a different take on the “end of history”. Extreme positions in debate on contemporary architecture, which are likely, like all ideological approaches, to detract from the kind of further enquiry required to prevent architecture from being condemned to the transient and contingents realms of fads and fashions. Architecture gets its historicity from Heidegger’s notion of the essential nature of dwelling. This means architectural design must be approached in such a way that technology is not overwhelmed by mere mannerist exhibitionism, which means working along the lines of hiding it away so that it can be understood and communicated more effective. Technology incorporates an extremely high degree of knowledge and is certainly the most significant expression of modern-day society. This means it is important to make it an effective means of conveying its own potential. In architecture, as in every other field. In modern-day architecture technology certainly breaks the boundaries of conventional architecture based on a totally different kind of relational system. Building components create constant and extremely varied “interfaces”, crossovers and hybridisations. The challenge of architectural design must enhance our ability to control transformation, so that its ultimate purpose is no longer deterministically incorporated in the technological design of any single system or construction. There is no doubt that the modern-day scene with its emphasis on technology provides us with the input for triggering off critical thinking aimed at moving beyond pure virtuoso exhibitionism. This kind of thinking will reconnect architecture to control over transformation and changes much more closely than is currently the case.
Archigram, Walking City in New York, 1964 (©Ron Herron).
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“ Moi, je suis prêt à fabriquer des maisons en grande série comme Citroën l’a fait dès 1919 pour les automobiles…” “ Sono pronto a fabbricare delle case in grande serie come Citroën ha fatto dal 1919 per le automobili…” “ I am ready to mass-produce homes in large numbers as Citroën did since 1919 for cars ...”
“ On peut construire des maisons en grandes séries, en variant à l’infini les hauteurs, les largeurs, les formes, les volumes, l’esthétique enfin …” “ Si possono costruire delle case in grande serie, variando all’infinito le altezza, le larghezze, le forme, i volumi e in conclusione l’estetica…” “ We can build houses in large numbers in infinitely varying heights, widths, shapes, volumes, and, ultimately aesthetics…”
Jean Prouvé devant sa maison, Nancy vers 1955 (Centre Pompidou, Bibliothèque Kandinsky, fonds Jean Prouvé).
Sébastien Cherruet
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Maison du Peuple de Clichy, 1935-1939 (Centre Pompidou, Bibliothèque Kandinsky, fonds Jean Prouvé).
Fils du peintre Victor Prouvé qui prend la direction de l’Ecole de Nancy à la mort d’Emile Gallé, Jean Prouvé (1901-1984) est profondément ancré dans l’histoire nancéienne. La ville dont il fut maire à la Libération lui consacre aujourd’hui deux expositions permanentes, l’une au Musée des beaux-arts, l’autre au Musée de l’histoire du fer, ainsi que quatre présentations temporaires qui permettent de retracer les différentes facettes de l’œuvre du constructeur nancéien1. Face à la place Stanislas, le Musée des beaux-arts abrite une riche collection dont les éléments d’architecture illustrent l’horizon vers lequel se tourne Jean Prouvé : l’industrialisation de l’architecture.
Concepteur de systèmes constructifs Ferronnier de formation, Jean Prouvé fonde son premier atelier dès 1924. Son travail s’inscrit dans la tradition de l’Ecole de Nancy d’une alliance entre art et industrie mais l’esthétique des productions se démarque rapidement de l’Art nouveau. La grille qu’il dessine en 1927 pour l’hôtel Reifenberg conçu par Robert Mallet-Stevens en est l’illustration2. L’entreprise connaît une forte croissance et fait l’acquisition d’un outillage moderne. L’emploi de machines à plier le métal est un tournant décisif ; la tôle d’acier devenant rapidement le matériau de prédilection du nancéien. La production de mobilier ne s’oppose pas au développement de l’architecture : “Il n’y a pas de différence entre la construction d’un meuble et d’une maison” 3 affirme Prouvé. En 1935, Prouvé imagine une structure métallique préfabriquée en usine pour l’aéro-club Roland Garros à Buc, dont l’architecte Marcel Lods a préalablement défini la distribution intérieure. La Maison du Peuple de Clichy (1935-1939) est une autre réalisation marquante4. Intégralement métallique, le bâtiment présente une ossature distincte de l’enveloppe composée de panneaux préfabriqués en acier. Dominique Clayssen évoque à ce sujet la visite de Frank Lloyd Wright qui, en 1938, consacre Jean Prouvé comme l’inventeur de la technique du
mur-rideau5. Les années 1930 voient aussi la mise au point de bâtiments destinés à être produits en série. En février 1939, les Ateliers Jean Prouvé déposent un brevet relatif à des constructions métalliques à portique axial. Une première application voit le jour à Issoire pour les usines de la SCAL mais la guerre n’est pas une période favorable à la commande et il faut attendre la Libération pour que puisse se développer les “maisons usinées” 6 que Prouvé appelle de ses vœux. La Reconstruction offre de vastes perspectives pour le développement de l’architecture préfabriquée. La production destinée aux colonies ainsi que le besoin de constructions scolaires en métropole constituent également des marchés porteurs. Le Salon des arts ménagers est une tribune de choix pour présenter les innovations développées dans les nouveaux ateliers de Jean Prouvé, installés à partir de 1947 à Maxéville. En 1950, une maison à portique type “Métropole” est présentée et connaît un large écho dans la presse spécialisée. L’année suivante, un nouveau système constructif est mis en avant : la maison “coque”. Un élément préfabriqué dérivé des sheds courbes que Prouvé conçoit en collaboration avec Bernard Lafaille assure une continuité du sol au plafond 7. Un système constructif novateur qui annule la distinction traditionnelle entre mur porteur et couverture. Au salon de 1952, une école préfabriquée annonce le système “béquille” adopté en 1957 pour la réalisation d’un groupe scolaire à Villejuif. Ce dernier présente de larges surfaces vitrées, rythmées par des poteaux raidisseurs qui semblent retenir la couverture et confèrent à l’ensemble une grande légèreté. A partir de la fin des années 1950, Jean Prouvé imagine de nombreuses solutions pour la réalisation de mur-rideau en collaboration avec la Compagnie Industrielle de Matérielle de Transport. La façade du CNIT à La Défense, le bâtiment n°5 de l’Unesco à Paris, ou encore l’hôtel de ville de Grenoble sont des exemples de réussites architecturales dans ce domaine. l’AI 02 11
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Vers une architecture par l’industrie ? “Jean Prouvé a élevé sur le quai Alexandre III, la plus belle maison que je connaisse : le plus parfait moyen d’habitation, la plus étincelante chose construite !“ 8 déclare Le Corbusier en 1956 lorsqu’il visite la maison “Les jours meilleurs“ conçue pour l’abbé Pierre. Cet enthousiasme est indissociable de la perspective d’une production en série. Mais dans cet exemple - comme pour de nombreux autres procédés constructifs - la production en série ne voit pas le jour. Si l’influence des lobbies du béton armé explique une part des difficultés que connaît Prouvé, d’autres obstacles semblent avoir freiné le dessein du constructeur. Jean Prouvé envisage l’industrialisation de l’architecture à travers la production d’ensembles cohérents : maisons, immeubles d’habitations, écoles, etc. Lorsqu’il affirme “Je suis prêt à fabriquer des maisons en grande série, comme Citroën l’a fait dès 1919 pour les automobiles” 9 il convoque les modèles de l’industrie automobile et aéronautique en rejetant l’approche d’une industrialisation par composants. Cette vision n’est cependant pas partagée par le cartel de l’Aluminium français devenu majoritaire au sein du conseil d’administration de la société anonyme “Ateliers Jean Prouvé” à partir du début des années 1950. Cette différence de stratégie industrielle, ainsi que l’incompréhension des nouveaux actionnaires quant au mode de cogestion des ateliers conduit Jean Prouvé à démissionner de la présidence de l’entreprise en juin 1953. Il ne se résoudra jamais à concevoir sur une planche à dessins des pièces détachées, commercialisées par catalogue. Pour lui, une construction est un tout dont les parties ne sont pas dissociables. A cet égard, il refuse qu’on le qualifie d’inventeur du mur-rideau, car cet élément ne constitue pas un ornement moderne que l’on peut concevoir indépendamment de l’ossature du bâtiment. Erigée en modèle par Jean Prouvé, la célèbre 2 CV de Citroën connaît un grand succès auprès du public. Néanmoins, les français dans les années d’après-guerre ne semblent pas prêts à consommer des maisons au même titre qu’une voiture. Tout se passe comme si l’habitation relevait d’une autre sphère où l’aspect pérenne représente une qualité indispensable. La vision du logement que Prouvé soutient aurait pourtant permis la mise au point de nombreux systèmes aux qualités techniques et esthétiques, loin de l’idée d’une banalisation de l’Architecture invoquée par les détracteurs de l’industrialisation.
L’héritage du constructeur A l’œuvre bâtie vient s’ajouter l’enseignement que dispense Jean Prouvé au sein du Conservatoire National des Arts et Métiers de 1957 à 1970. Il intervient également à travers des conférences, ainsi qu’auprès des élèves de l’atelier d’Edouard Albert. Un enseignement qui souligne l’importance de l’idée constructive en lien avec les conditions de production : “ne rien dessiner qui ne puisse être construit” 10. Une maxime qui reste aujourd’hui d’actualité. Pour Jean Prouvé, la recherche de la forme seule n’a pas de sens. Technique et esthétique ne s’opposent que dans une dialectique stérile, étrangère à l’œuvre du nancéien. L’influence de Jean Prouvé se retrouve dans plusieurs réalisations qui constituent aujourd’hui des jalons de l’histoire de l’architecture moderne. Ainsi, le Centre Pompidou conçu par Renzo Piano et Richard Rogers est une construction intégralement métallique11. Mais au-delà de sa structure, c’est sa modularité qui évoque un bâtiment bien antérieur, conçu par Jean Prouvé : la maison du Peuple de Clichy. Cette réalisation révèle une autre dimension fondamentale dans l’œuvre de Jean Prouvé : son éthique. Un héritage que souligne Renzo Piano lorsqu’il affirme qu’être architecte est “un métier de militant” 12. Et Jean Nouvel de souligner l’esthétique iconoclaste de Prouvé, “Celle-là même qui fait peur aux bourgeois” 13. L’essentiel de l’héritage de Jean Prouvé ne réside pas dans une collection de bâtiments dont on pourrait aujourd’hui tirer des pastiches. Réaliser en 2012 des maisons “coque” serait sans doute absurde pour celui qui tout au long de sa carrière innove en tirant partie des techniques les plus modernes. C’est dans ce regard tourné vers une architecture sans concession avec le passé et destinée au plus grand nombre que réside le legs de Jean Prouvé. 1 Pour plus d’informations sur ces manifestations www.jeanprouvenancy2012.com. 2 Jean Prouvé est aux cotés de MalletStevens, l’un des fondateurs de l’Union des Artistes Modernes en 1929. 3 Benedikt Huber et Jean-Claude Steinegger (éd.), Jean Prouvé, Une architecture par l’industrie, Zurich, Artemis, 1971, p. 142 4 Béatrice Simonot, La Maison du Peuple, Clichy-la-Garenne, monografik éditions, 2010. 5 Dominique Clayssen, Jean Prouvé l’idée constructive, Paris, Dunod, 1983, p. 92. D’autres réalisations à l’image de l’immeuble du Bauhaus conçu par Walter Gropius préfigurent cependant cette innovation. 6 Christian Enjolras, Jean Prouvé : les maisons de Meudon, 1949-1999, Paris, Editions de la Villette, 2003, p. 189. « Il faut des maisons usinées », [Conférence de Jean Prouvé, 6 février 1946, mise en forme par Catherine Coley] 7 Ces sheds sont imaginés dans le cadre de la reconstruction de l’imprimerie Mame à Tours, Bernard Zehrfuss architecte, 1951. 8 Bernard Marrey, L’abbé Pierre et Jean Prouvé, Paris, éd. du linteau, 2010. 9 Jean Prouvé, vers 1950, cité par Fédéric Pottecher dans Catherine Coley, Jean Prouvé en Lorraine, Nancy, Presses universitaires de Nancy, 1990, p.2. 10 Jean-François Archieri et Jean-Pierre Levasseur. Prouvé, Cours du CNAM 1957-1970, Liège, Pierre Mardaga, 1990. 11 Rappelons ici que Jean Prouvé est président de Jury de sélection du projet destiné à abriter le futur Centre Pompidou. 12 Catherine Coley et Claire Stoulig (dir.), Jean Prouvé, Paris, Somogy, 2012, p.13. 13 Catherine Coley (dir.), Jean Prouvé, Paris, galerie Patrick Seguin, 2007, vol.2, p. 18
En haut / In alto / Top, Maison à portique présentée au Salon des arts ménagers, Paris 1950 (Institut pour l’histoire de l’aluminium, coll. photographique de l’Aluminium français). Dessous / Sotto / Below, Prototype de la Maison tropicale, Maxéville 1949 (Centre Pompidou, Bibliothèque Kandinsky, fonds Jean Prouvé).
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Figlio del pittore Victor Prouvé che assume la direzione dell’Ecole de Nancy alla morte di Emile Gallé, Jean Prouvé (1901-1984) è profondamente radicato nella storia della sua città natale. Nancy gli dedica quest’anno due esposizioni permanenti, una al Museo des Beaux-Arts, l’altra al Museo della storia del ferro, oltre a quattro mostre temporanee che consentono di rintracciare i differenti aspetti dell’opera del “costruttore” di Nancy1. Affacciato su place Stanislas, il Museo des Beaux-Arts ospita una ricca collezione dove gli elementi di architettura illustrano l’orizzonte al quale si rivolge Jean Prouvé: l’industrializzazione dell’architettura.
Progettista di sistemi costruttivi Formatosi nell’arte del ferro, Jean Prouvé fonda il suo primo atelier nel 1924. Il suo lavoro si inscrive nella tradizione della Scuola di Nancy per il legame tra arte e industria, benché l’estetica delle sue produzioni si stacchi quasi subito dall’Art Nouveau. La griglia che disegna nel 1927 per l’hotel Reifenberg, progettato da Mallet-Stevens2 ne è un esempio. L’atelier si sviluppa notevolmente e acquista delle attrezzature più moderne. L’uso di macchine per piegare il metallo segna una svolta decisiva, la lamiera d’acciaio diviene rapidamente uno dei materiali privilegiati da Prouvé. La produzione dei mobili non contrasta con lo sviluppo dell’architettura: “Non c’è differenza tra la costruzione di un mobile e di una casa” 3 afferma Prouvé. Nel 1935, Prouvé progetta una struttura metallica prefabbricata per l’aero-club Roland Garros a Buc, dove l’architetto Marcel Lods ha curato la distribuzione interna. La Casa del Popolo di Clichy (1935-1939) è un’altra realizzazione emblematica4. Totalmente metallico, l’edificio presenta una struttura separata dall’involucro costituta da pannelli prefabbricati in acciaio. Dominique Clayssen ricorda a questo prosito la visita di Franck Lloyd Wright che, nel 1938, elegge Jean Prouvé inventore della tecnica della facciata continua5. Gli anni 1930 vedono anche la messa a punto degli edifici destinati a essere prodotti in serie. Nel febbraio 1939, gli Ateliers Jean Prouvé depositano un brevetto relativo alle costruzioni metalliche a portico assiale. Una prima applicazione viene inaugurata a Issoire per le fabbriche della SCAL, ma la guerra non è un periodo favorevole alle commesse e bisogna aspettare la liberazione perché si possano sviluppare le “maisons usinées” 6 di cui Prouvé è gran fautore. La ricostruzione offre ampie prospettive per lo sviluppo dell’architettura prefabbricata. La produzione destinata alle colonie come il bisogno di edifici scolastici in città rappresentano altri settori portanti. Il Salon des Arts Ménageres è una piazza privilegiata per presentare le innovazioni sviluppate nei nuovi Ateliers Jean Prouvé, situati a partire dal 1947 a Maxéville. Nel 1950 viene presentata una casa con struttura a portico tipo “Métropole” e ottiene un ampio riscontro da parte della stampa specializzata. L’anno successivo, viene lanciato un nuovo sistema costruttivo: la casa “coque” (guscio). Un elemento prefabbricato derivato dagli shed curvi che Prouvé progetta con Bernard Lafaille garantisce la continuità del pavimento con il soffitto7. Un sistema costruttivo innovativo che elimina la distinzione tradizionale tra muro portante e copertura. Al salone del 1952, una scuola prefabbricata annuncia il sistema “béquille” (stampella) adottato nel 1957 per la realizzazione di un complesso scolastico a Villejuif. Quest’ultimo presenta delle ampie superfici vetrate, ritmate da pilastri di irrigidimento che sembrano trattenere la copertura conferendo all’insieme una grande leggerezza. Dalla fine degli anni 1950, Jean Prouvé progetta numerose soluzioni per la realizzazione di facciate continue in collaborazione con la Compagnie Industrielle de Matérielle de Transports. La facciata del CNIT a La Défense, l’edificio n° 5 dell’Unesco a Parigi, o il municipio di Grenoble sono degli esempi di soluzioni architettoniche riuscite in questo settore.
Questa visione tuttavia non è condivisa dalla federazione dell’Alluminio francese che, dagli inizi del 1950, aveva ottenuto la maggioranza in seno al consiglio d’amministrazione della società anonima “Ateliers Jean Prouvé”. Questa differenza di strategia industriale, come la chiusura dei nuovi azionari rispetto al modo di gestione partecipata degli atelier, portò Jean Prouvé a dimettersi dalla presidenza dell’azienda nel giugno del 1953. Egli non si piegò mai a progettare su una tavola da disegno dei pezzi separati, commercializzati su catalogo. Per lui, una costruzione rimane un tutto in cui le parti sono indissociabili. A questo proposito, egli si rifiutò di essere qualificato inventore della facciata continua, poiché questo elemento non rappresenta un componente moderno che si può progettare indipendentemente dall’ossatura dell’edificio. Eletta a modello da Jean Prouvé, la famosa 2 CV di Citroën conobbe un grande successo di pubblico. Ciononostante, i francesi negli anni del dopoguerra non sembravano pronti a fruire delle case allo stesso modo delle auto. E’ come se l’abitazione appertenesse a un’altra sfera dove l’aspetto di perennità ne rappresenta una qualità indispensabile. La visone dell’abitazione che sosteneva Jean Prouvé avrebbe comunque permesso la definizione di molti sistemi dalle particolari qualità tecniche ed estetiche, lungi dall’idea di una banalizzazione dell’architettura invocata dai detrattori dell’industrializzazione.
L’eredità del costruttore L’opera costruita si accompagna all’insegnamento impartito da Jean Prouvé al Conservatoire National des Arts et Métiers dal 1957 al 1970. Egli intervenne anche attraverso delle conferenze, oltre che con gli allievi dell’atelier d’Edouard Albert. Un insegnamento che sottolinea l’importanza dell’idea costruttiva in stretto collegamento con le condizioni di produzione: “non disegnare nulla che non possa essere costruito” 10. Una massima che rimane ancor oggi di attualità. Per Jean Prouvé la ricerca solo della forma non ha senso. Tecnica ed estetica non si oppongono se non in una dialettica sterile, estranea all’opera di Prouvé. La sua influenza si ritrova in molte realizzazioni che sono oggi tra i capisaldi della storia dell’architettura moderna. Così il Centre Pompidou di Renzo Piano e Richard Roger è una costruzione interamente metallica11. Ma al di là della sua struttura, è la modularità che ricorda un edificio di molto anteriore progettato da Jean Prouvé: la Casa del Popolo di Clichy. Questa costruzione rivela un’altra dimensione fondamentale nell’opera di Prouvé: la sua estetica. Un’eredità che mette in evidenza Renzo Piano quando afferma che essere architetto è “un mestiere militante” 12 . E Jean Nouvel quando sottolinea che l’estetica iconoclasta di Prouvé è “quella stessa che fa paura ai borghesi” 13. L’essenziale dell’eredità di Jean Prouvé non risiede in una collezione di edifici da cui poter ricavare delle imitazioni. Realizzare nel 2012 delle “maisons coques” sarebbe senza dubbio assurdo per colui che, durante la sua carriera, innova prendendo spunto dalle tecniche più moderne. E’ in questa visione rivolta verso un’architettura senza concessioni con il passato e destinata a tutti che va trovata la lezione di Prouvé.
Verso un’architettura per l’industria? “Jean Prouvé ha costruito sul lungofiume Alexandre III, la più bella casa che io conosca: il modello d’abitazione più perfetto, la cosa costruita più folgorante” 8 dichiara Le Corbusier nel 1956 durante la sua visita alla casa “Les jours meilleurs” progettata per l’abbé Pierre. Questo entusiasmo è indissociabile dalla prospettiva di una produzione in serie. Ma in questo esempio – come per altri numerosi processi costruttivi – la produzione in serie non diviene realtà. Se l’influenza delle lobbies del cemento armato spiega una parte delle difficoltà che conobbe Prouvé, altri ostacoli sembrano frenare il disegno del costruttore. Jean Prouvé concepisce l’industrializzazione dell’architettura attraverso la produzione di insiemi coerenti: case, edifici residenziali, scuole ecc. Quando afferma “Sono pronto a fabbricare delle case in grande serie, come Citroën fa dal 1919 per le automobili” 9 convoca i modelli dell’industria automobilistica e areonautica rifiutando l’approccio di un’industrializzazione per componenti.
1 Per maggiori informazioni sulle manifestazioni www.jeanprouvenancy2012.com. 2 Jean Prouvé è a fianco di MalletStevens, uno dei fondatori dell’Union des Artists Modernes nel 1929. 3 Benedikt Huber e Jean-Claude Steinegger (ed.), Jean Prouvé, Une architecture de l’industrie, Zurich, Atremis, 1971, p. 142. 4 Béatrice Simonot, La Maison du Peuple, Clichy-la-Garenne, monografik éditions, 2010. 5 Dominique Clayssen, Jean Prouvé l’idée constructive, Paris, Dunod, 1983, p. 92. Altre realizzazioni simili all’edificio del Bauhaus di Walter Gropius anticipano tuttavia questa innovazione. 6 Christian Enjolras, Jean Prouvé : les maisons de Meudon, 1949-1999, Paris, Editions de la Villette, 2003, p. 189. « Il faut des maisons usinées », [Conferenza di Jean Prouvé, 6 febbraio 1946, trascrizione di Catherine Coley] 7 Questi shed sono progettati nel quadro della ricostruzione della stamperia Mame a Tours, Bernard Zehrfuss architetto, 1951. 8 Bernard Marrey, L’abbé Pierre et Jean Prouvé, Paris, éd. du linteau, 2010. 9 Jean Prouvé, circa 1950, citato da Frédéric Pottecher in Catherine Coley, Jean Prouvé en Lorraine, Nancy, Presses universitaires de Nancy, 1990, p.2. 10 Jean-François Archieri e Jean-Pierre Lavasseur, Prouvé, Cours du CNAM 1957-1970, Liège, Pierre Mardaga, 1990. 11 Ricordiamo che Jean Prouvé è presidente della giuria di selezione del progetto destinato a ospitare il futuro Centre Pompidou. 12 Catherine Coley e Claire Stoulig (dir.), Jean Prouvé, Paris, Somogy, 2012, p. 13. 13 Catherine Coley (dit.), Jean Prouvé, Paris, galerie Patrick Seguin, 2007, vol. 2, p. 18
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Chaise standard n°300, 1950 (Galerie Patrick Seguin).
Jean Prouvé (1901-1984), the son of the painter Victor Prouvé who took over the running of the Ecole de Nancy when Emile Gallé died, is deeply entrenched in history of his home town. This year Nancy is paying tribute to him by organising two permanent exhibitions, one at the Fine Arts Museum and the other at the History of Iron Museum, together with four temporary exhibitions retracing the various aspects of the work of the “builder” from Nancy1. Overlooking Place Stanislas, the Fine Arts Museum is hosting a collection whose architectural exhibits point towards Jean Prouvé’s favourite field: the industrialisation of architecture.
Designer of Construction Systems Having trained as a blacksmith, Jean Prouvé set up his first workshop in 1924. His work fitted in with the traditional School of Nancy style due to the way it combines art and industry, even though the aesthetics of his products were instantly quite different from Art Nouveau. The grille he designed in 1927 for Reifenberg Hotel designed by Mallet-Stevens2 is a fine example. The workshop soon expanded and purchased more modern equipment. The use of metal folding machinery marked a decisive turning point and sheets of steel soon became one of Prouvé’s favourite materials. His furniture manufacturing did not interfere with his architectural work: “There is no difference between constructing a piece of furniture and constructing a house” 3, so Prouvé claimed. In 1935 Prouvé designed a prefabricated
Structure de la Maison Ferembal (Galerie Patrick Seguin) ; Maison coque présentée au Salon des arts ménagers, Paris 1951 (Institut pour l’histoire de l’aluminium, coll. photographique de l’Aluminium français).
metal structure for the Roland Garros Air Club in Buc, where the architect Marcel Lods designed the interior layout. The council housing project in Clichy (1935-1939) is another emblematic work4. Made entirely of metal, the building’s structure is separated from the shell made of prefabricated steel panels. In relation to this construction, Dominique Clayssen remembers Frank Lloyd Wright coming to visit in 1938 and declaring Jean Prouvé to be the inventor of the curtain facade technique5. buildings designed to be mass produced were also developed in the 1930s. In February 1939 Ateliers Jean Prouvé applied for a painting is for metal constructions with axial porticoes. The first application was on the SCAL factories in Issoire, but the war was not a very good time for commissions, so it was not until the liberation that “maisons usinées” 6 could be properly developed, strongly promoted by Prouvé. Reconstruction provided notable opportunities for developing prefabricated architecture. Work on community facilities and the need for school buildings in the city were the main operating sectors. The Arts Ménageres Show was a privileged showcase for presenting the latest developments of the Ateliers Jean Prouvé, located in Maxéville as of 1947. A “Métropole”type porticoed house was presented in 1950 and was highly acclaimed by the specialist press. The following year a new construction system was launched: a “shell” (coque) house. A prefabricated element based on the curved
sketches that Prouvé designed with Bernard Lafaille ensured continuity between the floor and ceiling.7 An innovative construction system cancelling out the conventional distinction between bearing wall and roof. A prefabricated school presented at the 1952 show featured the “béquille” (crutch) system adopted in 1957 to build a school facility in Villejuif. This latter had wide glass surfaces supported by reinforcement columns that appear to hold up the roof making the overall construction much lighter. From the late 1950s Jean Prouvé designed lots of solutions for creating curtain facades, working in partnership with the Compagnie Industrielle de Matérielle de Transports. The façade of CNIT in La Défense, Unesco Building no.5 in Paris, and Grenoble Town Hall, are all examples of successful architectural solutions in this sector.
Towards architecture for industry? “Jean Prouvé has built one of the most beautiful houses I have ever since along Alexandre III River: the most perfect housing design and most dazzling construction”8 , so Le Corbusier stated in 1956 when visiting the “Les jours meilleurs” house designed for Abbé Pierre. This kind of enthusiasm was closely connected with the prospect of mass production. But in this instance - as with many other construction processes mass production never came about. Although reinforced concrete lobbying partly explains the problems Prouvé encountered, other obstacles
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Montage du Pavillon du centenaire de l’aluminium, Paris 1954 (Institut pour l’histoire de l’aluminium, coll. photographique de l’Aluminium français) ; Tour Nobel, Paris La Défense 1964-1966 (Institut pour l’histoire de l’aluminium, coll. photographique de l’Aluminium français).
seemed to have hampered the builder’s plans. Jean Prouvé envisaged architectural industrialisation as a means of producing coherent wholes: houses, residential buildings, schools etc. When he said “I am ready to mass produce houses, just like Citroën did with cars starting in 1919” 9, he was referring to car and aeroplane manufacturing processes, rejecting the kind of approach to industrialisation in terms of components. Nevertheless, this vision was not shared by the French Aluminium Federation, which held a majority on the Board of Directors of “Ateliers Jean Prouvé” from early 1950. This difference in industrial strategy, just like the closed-mindedness of new shareholders as regards the participated management of the workshops, resulted in Jean Prouvé retiring as president of the company in June 1953. He never designed separate pieces at the drawing board ready to be sold in catalogues. For him a construction was a whole, of which the various parts were inseparable. Likewise he refused to be described as the inventor of the curtain façade, because this particular feature was not a modern component that could be designed separately from the building frame. The Citroën 2 CV that Jean Prouvé took as a benchmark was a big hit with the general public. Nevertheless, in the 1950s the French did not seem to be ready to view houses along similar lines. It was as if houses belonged to a different realm, where perpetuity was seen as an essential quality. Jean Prouvé’s view of housing
Publicité CIMT-Jean Prouvé (Bauen+Wohnen, n°7, juillet 1964).
did, though, result in the creation of numerous systems with very distinctive technical-aesthetic traits, anything but the kind of bland architecture detractors of industrialisation inevitably evoked.
The builder’s legacy Building work moved hand-in-hand with Jean Prouvé’s teaching work at the Conservatoire National des Arts et Métiers from 1957-1970. He also gave conferences, as well as working with students and apprentices at Edouard Albert’s workshop. His teaching emphasised the importance of structural ideas in close connected with the production procedures: “never design anything that cannot be built” 10 . A theory that is still valid today. According to Jean Prouvé, research into form alone is meaningless. Technology and aesthetics are not contradictory except in terms of the kind of sterile dialectics that are quite extraneous to Prouvé’s work. His influence can be seen in lots of what are now considered landmarks in the history of modern architecture. Renzo Piano and Richard Rogers’ Pompidou Centre is, in fact, an all-metal construction11. But even leaving aside its structure, it is its modularity that calls to mind a much earlier building designed by Jean Prouvé: the People’s House in Clichy. This construction reveals another fundamental aspect of Prouvé’s work: its aesthetics. A legacy Renzo Piano emphasises when claiming that being an architect is a “military job” 12, as does Jean Nouvel when underlining the fact that Jean Prouvé’s iconoclast aesthetics is “the kind
that scares the middle classes”13 . The real core of Jean Prouvé’s legacy does not lie in a collection of buildings ready to be copied. Constructing “coque” buildings in 2012 would, in actual fact, be absurd for somebody who, throughout his career, innovated drawing heavily on the latest technology. What Prouvé really has to teach lies in a certain vision opening up to a kind of architecture that makes no concessions to the past and is designed for everybody.
1 For further information about these events: www.jeanprouvenancy2012.com 2 Jean Prouvé is standing next to Mallet-Stevens, one of the founding members of the Union des Artists Modernes, in 1929 3 Benedikt Huber and JeanClaude Steinegger (ed.), Jean Prouvé, Une architecture de l’industrie, Zurich, Atremis, 1971, pg. 142 4 Béatrice Simonot, La Maison du Peuple, Clichyla-Garenne, monografik éditions, 2010 5 Dominique Clayssen, Jean Prouvé l’idée constructive, Paris, Dunod, 1983, pg. 92. Other similar constructions to the Walter Gropius’s Bauhaus building provide a foretaste of this kind of innovation. 6 Christian Enjolras, Jean Prouvé: les maisons de Meudon, 1949-1999, Paris, Editions de la Villette, 2003, p. 189. « Il faut des maisons usinées», [Conference by Jean Prouvé, 6 February 1946, transcription by Catherine Coley] 7 These sketches were designed as part of the reconstruction of Mame Printing Works in Tours, Bernard Zehrfuss architect, 1951 8 Beranrd Marrey, L’abbé Pierre et Jean Prouvé, Paris, éd. du linteau, 2010 9 Jean Prouvé, around 1950, cited by Frédéric Pottecher in Catherine Coley, Jean Prouvé en Lorraine, Nancy, Presses universitaires de Nancy, 1990, pg.2 10 Jean-François Archieri and Jean-Pierre Lavasseur, Prouvé, Cours du CNAM 1957-1970, Liège, Pierre Mardaga, 1990. 11 Let’s remember that Jean Prouvé was the chairman of the panel of judges for selecting the project designed to accommodate the future Pompidou Centre. 12 Catherine Coley and Claire Stoulig (dir.), Jean Prouvé, Paris, Somogy, 2012, pg. 13 13 Catherine Coley (dit.), Jean Prouvé, Paris, galerie Patrick Seguin, 2007, vol. 2, p. 18
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Broad Sustainable Building (BSB) costruirà l’edificio più alto del mondo in 90 giorni: lo Sky City One (838 metri). L’azienda cinese, dopo aver realizzato il Broad Pavillion all’Expo di Shanghai nel 2010 e un prototipo di un hotel di 30 piani sulle sponde del lago Dongting in 15 giorni, prova a scuotere il mondo delle costruzioni, dell’impresa, della ricerca e più in generale dell’architettura. Vi siete mai interrogati sul perché, oggi, si impieghi lo stesso tempo di costruzione di 500 anni fa? Per scelta non tratterò di estetica, grammatica, linguaggio, forma e qualità. Solo di tempo. Abdico nei confronti di qualsiasi velleità olistica. La mia unica bussola saranno le lancette dell’orologio. Se nel 1930 14 mesi bastarono per raggiungere i 381 metri dell’Empire State Building (443,2 m se si considera anche l’antenna televisiva sulla sua cima) e conservare il titolo di grattacielo più alto del mondo fino all’arrivo del World Trade Center (1973), oggi è solo sufficiente per un complesso abitativo di 7 piani e qualche decina di appartamenti. Camminiamo nel tempo e per l’Italia.
Matteo Citterio
Broad Sustainable Building (BSB) construira l’édifice le plus haut du monde en 90 jours : le Sky City One (838 mètres). L’entreprise chinoise, après avoir réalisé en 2010 le Broad Pavilion à l’Expo de Shanghai et le prototype d’un hôtel de 30 étages sur les rives du lac Dongting en 15 jours, essaie de secouer le monde de la construction, de l’entreprise, de la recherche et, plus généralement, de l’architecture. Vous êtes-vous jamais demandés pourquoi, aujourd’hui, on nécessite le même temps de construction qu’il y a 500 ans ? De mon propre chef, je ne traiterai pas d’esthétique, de grammaire, de langage, de forme et de qualité. Seulement de temps. J’abdique vis-à-vis de toute velléité holistique. Mon unique boussole, ce seront les aiguilles d’une montre. Si, en 1930, 14 mois suffirent pour atteindre les 381 mètres de l’Empire State Building (443,2 m, si l’on considère également l’antenne de télévision à son sommet) et conserver le titre de gratte-ciel le plus haut du monde jusqu’à l’arrivée du World Trade Center (1973), à l’heure actuelle, cela suffit seulement pour un complexe d’habitation de 7 étages et quelques dizaines d’appartements. Bref parcours à travers le temps et l’Italie.
1459-1462. Bernardo Rossellini impiegò solo tre anni per rimodellare interamente il borgo di Corsignano, poi Pienza: 36 mesi per un’intera piccola città. Un corso, un duomo, una cattedrale, palazzo Piccolomini, palazzo Ammannati, palazzo Pubblico, palazzo Vescovile, palazzo Jouffroy. 1508-1512. Sempre 36 furono i mesi necessari a Michelangelo per affrescare senza alcun aiuto l’intera volta della Cappella Sistina (40,93 metri di lunghezza per 13,41 di larghezza). 1571-1572. 12 i mesi necessari a Palladio per la costruzione della Loggia del Capitanio. 1867. Dopo 24 mesi dall’inizio dei lavori si inaugurò a Milano la Galleria Vittorio Emanuele II. Lasciamo l’architettura per la rete. L’unità di misura del tempo si comprime. Gli anni diventano minuti e se facessimo l’esercizio di misurare cosa avviene in 60 secondi (go-gulf.com; “60 Seconds - Things That Happen On Internet Every Sixty Seconds”) scopriremmo che vengono inviate 168 milioni di email, caricate su flickr 6.600 nuove foto, fatte 694.445 interrogazioni su Google, uploadati 600 nuovi video su Youtube per un totale di oltre 25 ore di durata, scaricate
13.000 app per iPhone, scritti 1.500 post, registrati 70 nuovi domini, aggiornati 695 mila status su Facebook e postati 510 mila commenti sulle bacheche dei propri amici, generati 98 mila tweet e realizzati più di 370 mila minuti di chiamate su Skype. L’informazione corre. L’architettura no. Perché? Terry Moore risponderebbe così: “Perché non sappiamo allacciarci le scarpe!”. Ecco un estratto del testo della sua performance sul palcoscenico di TED nel 2005: «Sono solito immaginare il pubblico di TED come un insieme bellissimo di alcune delle persone più intelligenti, di successo, intellettuali, dall’ingegno fine, accorte e innovative al mondo. E ritengo che sia vero. Ho tuttavia ragione di credere che molti, se non la maggior parte di voi, si allaccino le scarpe nel modo sbagliato. (Risate) Lo so che sembra ridicolo. E credetemi, ho vissuto la stessa triste vita fino a circa tre anni fa. Fino a quando non ho comprato quello che per me era un paio di scarpe molto costose. Ma quelle scarpe avevano stringhe di nylon arrotondate, e io non riuscivo a tenerle allacciate. Quindi sono tornato in negozio e ho detto al proprietario: “Adoro queste scarpe,
DRIIIIIIN... DRIIIIIIN... D 1459-1462. Bernardo Rossellini n’employa que 3 ans pour remodeler entièrement le bourg de Corsignano, puis Pienza. 36 mois pour une petite ville toute entière. Un cours, une cathédrale, le palais Piccolomini, le palais Ammannati, l’Hôtel de Ville, le palais Episcopal, le palais Jouffroy. 1508-1512. 36 mois furent également nécessaires à Michel-Ange pour peindre ‘a fresco’, sans aucune aide, la voûte entière de la Chapelle Sixtine (40,93 mètres de longueur sur 13,41 de largeur). 1571-1572. Douze furent les mois nécessaires à Palladio pour la construction de la Loggia del Capitanio. 1867. 24 mois après le début des travaux, on inaugura à Milan la Galerie Victor-Emmanuel II. Passons de l’architecture au réseau. L’unité de mesure du temps se compacte. Les années deviennent des minutes et, si nous nous exercions à mesurer ce qui arrive en 60 secondes (go-gulf.com ; “60 Seconds - Things That Happen On Internet Every Sixty Seconds”), nous découvririons que l’on envoie 168 millions d’emails, charge 6.600 nouvelles photos sur flicker, fait 694.445 interrogations sur Google, charge 600 nouvelles vidéos sur Youtube pour une durée
totale de plus de 25 heures, télécharge 13.000 App pour iPhone, écrit 1.500 messages, enregistre 70 nouveaux domaines, met à jour 695.000 statuts sur Facebook et poste 510.000 commentaires sur les vitrines de ses amis, crée 98 mille tweets et réalise plus de 370 mille minutes d’appels sur Skype. L’information court. L’architecture non. Pourquoi ? Terry Moore répondrait ainsi : “Parce que nous ne savons pas lacer nos chaussures !”. Voici un extrait du texte de sa performance sur la scène du TES en 2005: «J’ai l’habitude d’imaginer le public du TED comme un magnifique ensemble de quelques-unes des personnes les plus intelligentes, à succès, intellectuelles, à l’esprit fin, attentives et innovantes qui soient au monde. Et j’estime que c’est vrai. Toutefois j’ai raison de croire que bien d’entre vous, si ce n’est la plupart, lacent leurs chaussures d’une façon incorrecte (Rires). Je sais que cela semble ridicule. Et, croyez-moi, j’ai vécu la même triste expérience jusqu’à il y a trois ans. Jusqu’à ce que j’achète celle qui était pour moi une paire de chaussures très coûteuses. Mais ces chaussures avaient des lacets en nylon arrondis et je n’arrivais pas à les garder lacées. Je suis donc retourné au magasin et j’ai dit au propriétaire: “J’adore ces chaussures,
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ma odio le stringhe”. Lui, dopo un’occhiata mi ha detto: “Oh, Lei le allaccia male”. Ora, fino a quel momento pensavo che, giunto all’età di 50 anni, uno dei talenti che nella vita avevo appreso per bene fosse quello di allacciarmi le scarpe. Ma non era vero. Lasciate che ve lo dimostri. Questo è il modo di allacciarsi le scarpe che la maggior parte di noi ha appreso. Ora scopriamo che esistono una versione forte e una debole di questo nodo e a noi hanno insegnato la versione debole. Ed ecco il perché. Se tiriamo la stringa alla base del nodo, vedete che l’asola si posiziona seguendo l’asse longitudinale della scarpa. Questo è il nodo debole. Ma non preoccupatevi. Se ricominciamo e andiamo semplicemente nell’altra direzione, intorno all’asola, otteniamo questo, il nodo forte. E se tirate la stringa sotto il nodo, vedete che l’asola si posiziona lungo l’asse trasversale della scarpa. Questo è un nodo più forte. Non si slaccerà facilmente. Vi deluderà meno. E non solo: è anche più bello. Facciamolo ancora una volta. (Applausi) Partiamo come al solito, andando intorno all’asola nell’altra direzione. È un po’ difficile per i bambini, ma
penso che voi possiate farcela. Tiriamo il nodo. Eccolo qui: il nodo da scarpa forte». Ora, ritornando alla nostra domanda sulla quiescenza dell’architettura, ho preso a prestito questa breve dimostrazione per affermare come a volte un piccolo gesto, un dettaglio irrilevante può farci ottenere risultati incredibili. Uno di questi risultati incredibili in campo costruttivo lo ottenne un giardiniere parigino di nome Joseph Monier: nel tentativo di produrre vasi da fiori notò che la gabbia di metallo usata per trattenere e modellare il cemento dimostrava la proprietà di non staccarsi facilmente dal calcestruzzo stesso. Il 16 luglio 1867 si fece rilasciare il primo brevetto riguardante la costruzione di vasi e recipienti in cemento con armatura di ferro. Li presentò all’Esposizione Universale di Parigi dello stesso anno dove probabilmente furono visti da Julien Guadet che, alla Scuola Nazionale Superiore di Belle Arti di Parigi, fu insegnante di Auguste Perret. Proprio quell’Auguste Perret che nel 1903 costruì in rue Franklin 25 bis a Parigi il primo edificio con la struttura integralmente in cemento armato. Oggi da allora, nulla è più cambiato in architettura.
Albert Einstein pubblica la teoria della relatività ristretta (1905); i fratelli Lumière inventano la fotografia a colori (1907); inizia a circolare la Ford Model T (1908); Charles Strite inventa il primo tostapane pop-up dotato di timer (1919); Miele commercializza la prima lavastoviglie elettrica d’Europa (1928); Clyde Tombaught scopre il pianeta Plutone (1930); Ladislo Biro inventa la biro (1938); Peter Goldmark inventa la tv a colori (1940); Percy Spencer inventa il forno a microonde (1946); Richard Buckminster Fuller brevetta la cupola geodetica (1954); nasce la Fiat 500 (1957); Neil Armstrong e Buzz Aldrin camminano sulla Luna (1969); Gates e Allen fondano la Microsoft Corporation (1975); è in vendita Macintosh al prezzo di 2.495 dollari (1984); debutta l’euro sui mercati finanziari (1999); David R. Ward vince con Strawjet il primo concorso internazionale per inventori organizzato da History Channel e National Inventors Hall of Fame sostenuti da Time (2006); Tim Cook presenta iphone 5 (2012) e in architettura… nulla. La sveglia cinese riuscirà a squassare questa apatia?
DRIIIIIIN... DRIIIIIIN... DRIIIIIIN... mais je déteste les lacets“. Celui-ci m’a dit après un coup d’œil : “Oh, vous les lacez mal”. Or, jusqu’à ce moment-là je pensais qu’arrivé à l’âge de 50 ans, une des choses que j’avais bien apprises dans ma vie était la façon de lacer mes chaussures. Mais ce n’était pas vrai. Permettez-moi de vous le démontrer. Voici la façon de lacer ses chaussures que la plupart d’entre nous a apprise. Maintenant nous découvrons qu’il existe une version forte et une faible de ce nœud ; or on nous a appris la version faible. Et voici pourquoi. Si nous tirons le lacet à la base du nœud, vous voyez que la boucle se place selon l’axe longitudinal de la chaussure. Celui-ci est le nœud faible. Mais ne vous inquiétez pas. Si nous recommençons et nous allons simplement dans l’autre direction, autour de la boucle, nous obtenons celui-ci, le nœud fort. Et, si vous tirez le lacet sous le nœud, vous voyez que la boucle se place le long de l’axe transversal de la chaussure. Celui-ci est un nœud plus fort. Il ne se dénouera pas facilement. Il vous décevra moins. Mais encore : il est même plus beau. Faisons-le encore une fois (Applaudissements). Partons comme d’habitude, en allant dans l’autre direction autour de la boucle. C’est un peu
difficile pour les enfants, mais je pense que vous pouvez y arriver. Tirons le nœud. Le voilà : le nœud fort pour les chaussures». Maintenant, pour en revenir à notre problème sur le retard de l’architecture, je me suis servi de cette courte démonstration pour affirmer comment parfois un petit geste, un détail insignifiant, peut nous faire obtenir des résultats incroyables. Un de ces résultats incroyables dans le domaine de la construction fut obtenu par un jardinier parisien qui s’appelait Joseph Monier : en essayant de produire des pots de fleurs, il remarqua que la cage métallique utilisée pour retenir et modeler le ciment avait la propriété de ne pas se détacher facilement du ciment. Le 16 Juillet 1867, il se fit délivrer le premier brevet concernant la construction de pots et autres récipients en ciment à armature en fer. Il les présenta la même année à l’Exposition Universelle de Paris où ils furent probablement vus par Julien Guadet qui, à l’Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts de Paris, fut l’enseignant d’Auguste Perret. Justement cet Auguste Perret qui, en 1903, construisit au 25bis Rue Franklin à Paris le premier édifice à structure intégrale en béton armé. Depuis lors et jusqu’à présent, rien n’a plus changé en architecture.
Albert Einstein publie la théorie de la relativité restreinte (1905) ; les frères Lumière inventent la photographie en couleurs (1907) ; la Ford Model T (1908) commence à circuler ; Charles Strite invente le premier grille-pain pop-up équipé d’un minuteur (1919) ; Miele commercialise le premier lave-vaisselle électrique en Europe (1928) ; Clyde Tombaught découvre la planète Pluton (1930) ; László Biró invente le stylo à bille (1938) ; Peter Goldmark invente la télévision en couleurs (1940) ; Percy Spencer invente le four à micro-ondes (1946) ; Richard Buckminster Fuller brevète la coupole géodétique (1954) ; naissance de la Fiat 500 (1957) ; Neil Armstrong et Buzz Aldrin marchent sur la Lune (1969) ; Gates et Allen fondent la Microsoft Corporation (1975); Macintosh est mise en vente au prix de 2.495 dollars (1984) ; l’euro apparaît sur les marchés financiers (1999) ; David R. Ward gagne, avec Strawjet, le premier concours international pour inventeurs organisé par History Channel et National Inventors Hall of Fame, soutenus par Time (2006) ; Tim Cook présente iphone 5 (2012) et en architecture… rien. Le réveil chinois arrivera-t-il à donner une forte secousse à cette apathie ? l’AI 02 17
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Broad Sustainable Building (BSB) plans to construct the tallest building in the world in 90 days: Sky City One (838 metres). After constructing the Broad Pavilion at the 2010 Shanghai Expo and a prototype for a 30-storey hotel along the banks of Lake Dongting in just 15 days, the Chinese company wants to rattle the world of building, business, research and, more generally speaking, architecture. Have you ever wondered why, nowadays, it still takes the same amount of time to construct a building as it did 500 years ago? I have deliberately decided to ignore such issues as aesthetics, grammar, language, form and quality. I will only be considering time. I am abandoning any presumption of adopting a holistic approach. My only guidelines will be the hands of a clock. Whereas back in 1930 it only took 14 months to construct the 381-metre-tall Empire State Building (443.2 m if you include the TV antenna at the top), which was destined to be the world’s tallest skyscraper until it was superseded by the World Trade Center (1973), nowadays it takes the same amount of time to construct a seven storey housing complex and a few dozen flats.
Let’s take a wander back in time and around Italy. 1459-1462. Bernardo Rossellini only took three years to totally redesign the towns of Corsignano and then Pienza. 36 months for an entire little city. An avenue, a cathedral, palazzo Piccolomini, palazzo Ammannati, palazzo Pubblico, palazzo Vescovile and palazzo Jouffroy. 1508-1512. Again it took only 36 months for Michelangelo to paint frescoes all over the entire vault of the Sistine Chapel (40.93 m in length and 13.41 m wide) working entirely on his own. 1571-1572. It took Palladio 12 months to build the Loggia del Capitanio. 1867. Vittorio Emanuele II Gallery in Milan officially opened just 24 months after construction work began. But let’s leave architecture and move on to the Web. The unit of time in play here is compressed. Years become minutes and, if we actually measured what happens in 60 seconds (gogulf.com; “60 Seconds - Things That Happen On Internet Every Sixty Seconds”), we would discover that 168 million e-mails are sent, 6600 new photos are uploaded on flickr, Google is consulted 694,445 times, 600 new videos are
uploaded on You-Tube lasting a total of 25 hours, 13,000 appliances for iPhones are downloaded, 1500 posts are written, 70 new domains are registered, 695,000 statuses are updated on Facebook and 510,000 comments are posted on friends’ boards, 98,000 tweets are sent out and over 370,000 minutes of phone calls are made on Skype. Information travels fast. Architecture does not. But why? Terry Moore would provide the following answer: «Because we do not know how to fasten our shoelaces!”. Here is an excerpt from his performance for TED in 2005: I’m used to thinking of the TED audience as a wonderful collection of some of the most effective, intelligent, intellectual, savvy, worldly and innovative people in the world. And I think that’s true. However, I also have reason to believe that many, if not most, of you are actually tying your shoes incorrectly. (Laughter) Now I know that seems ludicrous. I know that seems ludicrous. And believe me, I lived the same sad life until about three years ago. And what happened to me was I bought, what was for me, a very expensive pair of shoes. But those shoes came with round nylon
1) BSB, Sky City One, concept rendering, 2010. 2) Bernardo Rossellini, Piazza Pio II, Duomo, Palazzo Piccolomini, Pienza, 1459-62. 3) Andrea Palladio, Loggia del Capitanio, Vicenza, 1571-72.
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laces, and I couldn’t keep them tied. So I went back to the store and said to the owner, “I love the shoes, but I hate the laces.” He took a look and said, “Oh, you’re tying them wrong.” Now up until that moment, I would have thought that, by age 50, one of the life skills that I had really nailed was tying my shoes. But not so - let me demonstrate. This is the way that most of us were taught to tie our shoes. Now as it turns out - thank you. Wait, there’s more. As it turns out, there’s a strong form and a weak form of this knot, and we were taught to tie the weak form. And here’s how to tell. If you pull the strands at the base of the knot, you will see that the bow will orient itself down the long axis of the shoe. That’s the weak form of the knot. But not to worry. If we start over and simply go the other direction around the bow, we get this, the strong form of the knot. And if you pull the cords under the knot, you will see that the bow orients itself along the transverse axis of the shoe. This is a stronger knot. It will come untied less often. It will let you down less. And not only that, it looks better. We’re going to do this one more time. (Applause) Start as usual, go the other way around the loop. This is a little hard for children, but I
think you can handle it. Pull the knot. There it is: the strong form of the shoe knot». Now let’s return to our question about architecture’s deep slumber. I have borrowed this brief demonstration to show once again that a small gesture, just an irrelevant detail, can allow us to obtain incredible results. An example of this kind of incredible result in the field of construction was achieved by a Parisian gardener called Joseph Monier: in an attempt to make flowerpots, he noticed that the iron mesh used for holding and shaping the concrete had the property of not detaching itself very easily from the concrete itself. On 16th July 1867 he obtained the first patent for making concrete pots and other receptacles with iron-wire reinforcements. He went on to present them at the Paris World Fair later that same year, where they were probably seen by Julien Guadet, who was Auguste Perret’s teacher at the National School of Fine Arts in Paris. In 1903 Auguste Perret actually built the first building with a complete reinforced concrete structure in Rue Franklin 25 bis in Paris. Since then nothing more has changed in architecture.
Albert Einstein publishes the special theory of relativity (1905); the Lumière brothers invent colour photography (1907); the Ford Model T takes the road (1908); Charles Strite invents the pop-up toaster with a timer (1919); Miele manufactures the first electric dishwasher in Europe (1928); Clyde Tombaught discovers the planet Pluto (1930); Ladislo Biro invents the biro (1938); Peter Goldmark invents colour TV (1940); Percy Spencer invents the microwave oven (1946); Richard Buckminster Fuller patens the geodetic dome (1954); the Fiat 500 is brought out (1957); Neil Armstrong and Buzz Aldrin walk on the Moon (1969); Gates and Allen set up the Microsoft Corporation (1975); the Macintosh goes on sale for 2.495 dollars (1984); the Euro makes its debut on financial markets (1999); David R. Ward’s Strawjet wins the first international competition for inventors organised by the History Channel and National Inventors Hall of Fame with the backing of Time (2006); Tim Cook presents iphone 5 (2012) and in the world of architecture… nothing. Will China manage to wake us up from this deep slumber?
4) Giuseppe Mengoni, Galleria Vittorio Emanuele II, Milano, 1865-67. 5) Macintosh 128K, 1984. 6) Tim Cook, iPhone5, 2012.
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Così come Betty Crocker, anche l’architettura è icona di se stessa. Le scatole di oggi sono le stesse di duemila anni fa. Chi è Betty? È il volto della Società Washburn Crosby, poi General Mills. Betty perché popolare, semplice e molto americano; Crocker in onore di William Crocker, direttore di Washburn Crosby. È un’astrazione e miscela di 75 donne differenti per età, istruzione ed estrazione sociale. Dal 1927 al 1996 ha cambiato faccia 9 volte interpretando i caratteri idealtipici della casalinga americana. Risultato: Betty in 70 anni è rimasta sempre Betty. Colori, posa, portamento, sorriso e sfondo anonimo si ripetono generando 9 fotocopie. Noi cambiamo, ma Betty e l’architettura no. O è espressione di genialità o di pigrizia. Forse di entrambe.
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ARCH&TYPE Tout comme Betty Crocker, l’architecture, elle aussi, est une icône d’elle-même. Les boîtes d’aujourd’hui sont les mêmes qu’il y a deux mille ans. Qui est Betty? C’est le visage de la Société Washburn Crosby, devenue General Mills. Betty parce que populaire, simple et très américain ; Crocker en l’honneur de William Crocker, directeur de Washburn Crosby. C’est une abstraction et une union de 75 femmes différentes par l’âge, l’instruction et l’extraction sociale. Entre 1927 et 1996, elle a changé 9 fois de visage, interprétant les caractères “idéaltypiques” de la femme au foyer américaine. Résultat : en 70 ans, Betty est toujours Betty. Couleurs, pose, allure, sourire et fond anonyme se répètent, donnant lieu à 9 photocopies. Nous changeons, mais pas Betty et l’architecture. C’est l’expression de la génialité ou de la paresse. Peut-être de toutes les deux.
ARCH&TYPE Just like Betty Crocker, architecture is also an icon itself. Today’s boxes are the same as they were 2000 years ago, So who is Betty? She is the face of the Washburn Crosby company, later known as General Mills. Betty because she is popular, simple and very American; Crocker as a tribute to William Crocker, the Managing Director of Washburn Crosby. She is an abstraction formed out of a mixture of 75 different women in terms of age, education and social background. She has changed face nine times from 1927-1996, interpreting the ideal-typical traits of an American housewife. Result: after 70 years Betty is still Betty. Her complexion, posture, attitude, smile and anonymous background are repeated to create 9 photocopies. We change but Betty and architecture do not. O is an expression of brilliance or laziness. Perhaps both.
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Mercati di Traiano, Grande Aula, Roma, 110. Vishvakarma (cave), Ellora, 700 ca. Ottone di Bamberga, Cathedral, Spira, 1080. Basilique de St. Sernin, Toulouse, 1080-1120. Basilique Sainte-Madeleine, Vézelay, 1120-50. Basilica Inferiore San Francesco, Assisi, 1228-30.
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Giovanni degli Eremitani, Palazzo della Ragione, Padova, 1306. Cloister, Cathedral, Gloucester, 1373-1412. Filippo Brunelleschi, Spedale degli Innocenti, Firenze, 1427. Leon Battista Alberti, S.Andrea, Mantova, 1472. Donato Bramante, Santa Maria presso San Satiro, Milano, 1476-82. Pietro Lombardo, Santa Maria dei Miracoli, Venezia,1481-89. Galleria delle Carte Geografiche, Musei Vaticani, Roma, 1506. Raffaello Sanzio, Scuola di Atene, Musei Vaticani, 1509-11. R. Ely, Kings College Chapel, Cambridge, 1441-1515. Qaysariyya Bazaar, Isfahan, 1619. Santo Domingo de Guzmán, Oaxaca, 1572-1666. Amedeo di Castellamonte, Reggia di Venaria Reale, Venaria Reale, 1658-79. Al-Hamidiyah Souq, Damasco, 1780. Christian Frederik Hansen, Cattedrale, Copenhagen, 1829. Henri Labrouste, Bibliothèque Sainte-Geneviève, Paris, 1838-50. Thomas Paxton, Crystal Palace, London, 1851.
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Vittorio Mengoni, Galleria Vittorio Emanuele II, Milano, 1867. James William Wild, V&A Museum of Childhood, London, 1872. A.N. Pomerancev, V.G. Šuchov, GUM (Glavnyi Universalnyi Magazin), Moscow, 1893. Victor Laloux, Gare d’Orsay, Paris, 1898-1900. Pier Luigi Nervi, Aviorimessa, Orvieto, 1935. Paolo Soleri, South Vault, Arcosanti, 1971. Louis I. Kahn, Kimbell Art Museum, Fort Worth, 1972. Harry Weese, Pentagon City Station, Washington DC, 1977. Balkrishna V. Doshi, Gandhi Labour Institute, Ahmedabad, 1980-84. Donald Judd, Chinati Foundation, Marfa, 1986. Loom Studio, Onan Observatory, Norwood Young America, 1990. Santiago Calatrava, Allen Lambert Galleria, Brookfield Place, Toronto, 1992. Shigeru Ban, Japan Pavilion, Hannover, 2000. EMBT, Mercado de Santa Caterina, Barcelona, 2001. Raphael Viñoly, Kimmel Center for the Performing Arts, Philadelphia, 2001. ECDM, Gymnase du Lycée La Tourelle, Sarcelles, 2005. 51N4E Architects, Vault Room, Bruges, 2005-07. Peter Rich, Mapungubwe Interpretation Centre, Mapungubwe, 2008. Foster and Partners, Terminal 3 Beijing Capital International Airport, Beijing, 2008. B+C Architectes, Tep Poliveau, Paris, 2010.
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AGC le verre dans l’habitat AGC, premier producteur mondial de verre plat, a développé une vaste gamme de solutions verrières en décoration d’intérieur. Que ce soit en revêtement mural, mobilier, portes, cloisons, crédences de cuisine, parois de douche, ses applications sont nombreuses et variées : opaque ou translucide, clair ou coloré, brillant, mat ou satiné, AGC renouvelle constamment ses palettes de couleurs. Cette année, Lacobel & Matelac comptent 25 & 15 couleurs standard travaillées selon les dernières tendances qui s’allient parfaitement avec d’autres matières telles que le bois ou le métal. La réflexion de la lumière dans une couleur éclatante avec Lacobel et la délicatesse d’un ton satiné avec Matelac ouvrent de nouveaux horizons aux professionnels de la décoration. Lacobel, Matelac et Mirox ont été classifiées A et A+ en émissions de COV, ce qui atteste, outre le label Cradle to Cradle* CertifiedCM Silver, de la qualité environnementale des produits AGC. Pour ses verres clairs, miroirs et laqués Lacobel, AGC propose une version antibactérienne (AB) et un service de couleur à la demande (MyColour by Lacobel). * Cradle to Cradle CertifiedCM est une marque de certification délivrée par le Cradle to Cradle Products Innovation Institute.
Il vetro nell’habitat. AGC, primo produttore al mondo di vetro per architettura, ha sviluppato una gamma molto ampia di soluzioni per l’arredo di interni. Le applicazioni sono numerose e varie e vanno dal rivestimento murale ai mobili, dalle porte agli elementi separatori, dagli arredi per cucine alle docce: AGC rinnova di continuo la linea cromatica nelle finiture opaco, translucido, brillante, satinato, colorato o chiaro. Dal 2012 le gamme Lacobel & Matelac sono disponibili in 25 & 15 colori standard che si intonano perfettamente con materiali come il legno e il metallo. I professionisti dell’arredo possono disporre di infinite soluzioni grazie alle delicatezze dei toni satinati di Matelac o ai colori accesi di Lacobel. Lacobel, Matelac e Mirox sono classificati A e A+ in emissioni di COV: la qualità ambientale dei prodotti AGC è attestata anche dal marchio Cradle to Cradle* CertifiedCM Silver. Per i vetri, gli specchi e i laccati Lacobel, AGC propone poi una versione antibatterica (AB) e un servizio di colori su ordinazione (MyColour by Lacobel). * Cradle to Cradle CertifiedCM è un marchio di certificazione rilasciato da Cradle to Cradle Products Innovation Institute.
Glass for housing. AGC, the world’s leading manufacturer of glass for architecture, has developed an extremely wide range of interior furnishing solutions. They have lots of different applications ranging from wall coatings to furniture, from doors to dividing partitions and from kitchen furniture to showers: AGV constantly updates its range of colours with opaque, translucent, shiny, satined, coloured or clear finishes. As of 2012 the Lacobel & Matelac ranges are available, respectively, in 25 and 15 standard colours that are ideal for materials like wood and metal. Furnishing professionals have endless solutions at their disposal, thanks to the delicate shades and tones of Matelac or the bright colours of Lacobel. Lacobel, Matelac and Mirox are A e A+ class for COV emissions: the environmental quality of AGC products has resulted in them obtaining Cradle to Cradle* CertifiedCM Silver rating. For Lacoble lacquers, glass and mirrors, AGC also offers an anti-bacteria version (AB) and a colour service by order (MyColour by Lacobel). * Cradle to Cradle CertifiedCM is a certification rating granted by Cradle to Cradle Products Innovation Institute.
En résidentiel, le verre AGC trouve sa place dans toutes les pièces de l’habitat : Lacobel en crédence de cuisine ou en lieu et place de la faïence dans la salle de bains ; Matelux pour cloisonner une pièce tout en laissant filtrer la lumière ; le jeu entre mat et brillant avec Lacobel & Matelac pour les portes de placards ou en revêtement mural.
Nell’ambito residenziale, il vetro AGC trova posto in tutti gli ambienti della casa: Lacobel nelle aree della cucina o in sostituzione ceramica nel bagno; Matelux per la suddivisione degli ambienti pur lasciando filtrare la luce. I giochi tra lucido e opaco di Lacobel e Matelac sono ideali per le porte degli armadi o i rivestimenti murali. For the housing sector, AGV glass is ideal for everywhere in the home: Lacobel in kitchen areas or in place of bathroom ceramics; Matelux for separating different premises while allowing light to filter in. Interplay between shininess and opacity in the Lacobel and Matelac ranges is ideal for wardrobe doors or wall coatings. 44 l’AI 02
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AGC www.agc-distribution.fr/france.cfm www.glastetik.fr Tel +33 (0)1 57 58 30 31 france@eu.agc.com
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Barrisol® Normalu® Leader mondial du plafond tendu, le Groupe Barrisol® Normalu® propose des solutions alliant technicité et esthétisme, déclinables pour murs, plafonds et structures design. La grande variété et la matière noble de ses toiles, leurs caractéristiques uniques, leur adaptation aux formes les plus audacieuses en font un matériau idéal pour architectes, décorateurs et designers. Présent dans 145 pays, Barrisol® offre plus de 20 systèmes de plafonds tendus (mural, acoustique, lumineux, imprimé, forme 3D…) ; 230 coloris et 15 finitions (mat, satiné, laqué, métal, daim, translucide…). 100 % conformes à la norme CE, étiquetées A+, ces toiles sont composées de polychlorure de vinyle (entièrement recyclables). Resistance au feu, à l’humidité et à la condensation, non-toxicité certifiée, pose rapide, propre et sans risques, grande adaptabilité, font des toiles Barrisol®, le matériau adéquat pour tous les projets de construction et de rénovation des lieux publics et résidentiels. Parmi les nouveautés en 2012 : une nouvelle finition acoustique A15 plus performante (αw= 0,65 sans isolant, αw = 0,90 avec isolant), une nouvelle toile Fleures Noires dans la gamme Les Effets Matière, une nouvelle finition Nuages dans la gamme Les Effets Lumière, une nouvelle gamme Barrisol® Mirror avec deux premières finitions Gold et Silver. Découvrez tout l’univers Barrisol® sur barrisol.com! 1
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Leader mondiale del soffitto teso, il Gruppo Barrisol® Normalu® propone delle soluzioni che associano tecnica ed estetica, adatte a pareti, soffitti ed elementi di design. La grande varietà e la materia nobile delle sue tele, le loro caratteristiche uniche, la loro adattabilità alle forme più audaci ne fanno una materiale ideale per architetti, designer e architetti di interni. Presente in 145 Paesi, Barrisol® offre oltre 20 sistemi di soffitti tesi (murali, acustici, luminosi, stampati, 3D), 230 colori e 15 finiture (opaco, satinato, laccato, metallo, daino, traslucido). 100% conformi alla norma CE, etichettate A+, queste tele sono composte da policloruro di vinile (interamente riciclabile). Resistenza al fuoco, all’umidità e alla condensa, non tossicità certificata, posa rapida, pulita e senza rischi, grande adattabilità, fanno delle tele Barrisol® il materiale adatto a tutti i progetti di costruzione e di ristrutturazione degli spazi pubblici e residenziali. Tra le novità 2012, una nuova finitura acustica A15 maggiormente performante (αw= 0,65 senza isolante, αw= 0,90 con isolante), una nuova tela Fleures Noires nella gamma Les Effets Matière, la finitura Nuage nella gamma Les Effets Lumières, una nuova linea Barrisol® Mirror con due finiture Gold e Silver. Scoprite l’universo Barrisol® su barrisol.com! The Barrisol® Normalu® Group, the leading manufacturer of stretched ceilings, offers solutions combining technology and aesthetics that are ideal for walls, ceiling and design products. The great variety and high quality materials used, their unique properties and adaptability to even the boldest forms make them ideal for architects, designers and interior designers. Operating in 145 countries, Barrisol® markets over 20 stretched ceiling systems (wall, acoustic, luminous, printed, 3D) in 230 colours and with 15 finishes (opaque, satinized, lacquered, metal, deerskin, translucence. Fire resistance, damp and condensation resistance, certified non-toxicity, speed of installation, cleanness and safety, and also adaptability, are all properties making Barrisol® stretched ceilings ideal for every kind of construction and restructuring operations on public and residential spaces. Among the new products for 2012 there is a new higher-performance A15 acoustic finish (αw = 0,65 without insulation, αw= 0,90 with insulation), a new Fleur Noire product in the Effets Lumières range, and a new Barrisol® Mirror® range with two Gold and Silver finishes. Discover Barrisol®’s world on barrisol.com!
1) Musée Ferrari (It), arch. Jan Kaplicky (Future Systems) & Andrea Morgante (Shiro Studio), Barrisol® Blanc Venus 2) UFR Nantes (Fr), réalisation par l’artiste Orlan, Barrisol® Print Your Mind® 3) LiquiKristal (Triennale de Milan, It), designer Ross Lovegrove, Barrisol® translucide et animation Led’s 4) Aéroport Roissy (Fr), Barrisol® cadres ouvrants lumineux 5) EdenGreen Pyramide (Pl), designers Aleksandra Lepka & Lukasz Banaszkiewicz, Barrisol® Print Your Mind® 6) Urgan Shoes (Tr), Barrisol® Lumière Color® 7) Prem House (Sing.), designer Y2 Space, Barrisol® Lumière Color® et Forme 3D 8) London Aquatics Centre (UK), arch. Zaha Hadid, Barrisol® Lumière Acoustics®.
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Barrisol® Normalu® Route du Sipes 68680 Kembs - France www.barrisol.com Tel. +33 (0)3 89 83 20 20 mail@barrisol.com
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Bertolotto Porte
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Des portes qui durent toute une vie, la meilleure matière première, la collaboration d’un personnel qualifié, la qualité parfaite de chaque élément du produit, voilà les garanties que Bertolotto Porte offre à sa clientèle. Entreprise italienne leader dans la conception, la production et la commercialisation des portes d’intérieurs classiques, modernes et design, Bertolotto a exercé, dès sa fondation en 1988, une activité d’expansion continue et constante. Seize collections comptant plus de 38.000 modèles de portes, 35 essences et 78 couleurs de série, le tout complété par des accessoires, des vitres, des poignées, garantissant aux distributeurs et revendeurs Bertolotto une forte présence sur le marché. Dans sa structure de production de plus de 50.000 m2, la technologie à l’avantgarde de ses équipements et les robots de la dernière génération sont créés et contrôlés par l’expérience artisanale afin d’atteindre et de maintenir les hauts niveaux qualitatifs des détails de Bertolotto Made in Italy. Tous les produits Bertolotto sont garantis par le sceau circulaire en relief, la clé marquée, l’emballage personnalisé et le manuel d’instructions pour l’usage et l’entretien. A partir de 2008, BIhome, la branche de l’entreprise qui produit des éléments d’ameublement design, tels que portes et parois coulissantes, dressings et cloisons en aluminium et verre, y a ajouté des portes traditionnelles, pour offrir au client une gamme de produits de plus en plus vaste.
Porte che durano una vita, la miglior materia prima, la collaborazione di personale qualificato, la qualità assoluta in ogni componente del prodotto, sono le garanzie che Bertolotto Porte offre alla sua clientela. Azienda italiana leader nella progettazione, produzione e commercializzazione delle porte per interni in stile classico, moderno e di design, Bertolotto ha promosso, sin dalla sua fondazione nel 1988, una continua e costante attività di espansione. Sedici collezioni per oltre 38.000 modelli di porte, 35 essenze e 78 colori di serie, completati da accessori, vetri, maniglie, garantiscono ai distributori e rivenditori Bertolotto una forte presenza sul mercato. Nella sua struttura produttiva, di oltre 50.000 m2, l’alta tecnologia di macchinari all’avanguardia e robot di ultima generazione sono plasmati e controllati dall’esperienza artigiana per raggiungere e mantenere gli alti livelli qualitativi dei dettagli di Bertolotto Made in Italy. Tutti i prodotti Bertolotto vengono garantiti dal sigillo circolare in battuta, la chiave marchiata, l’imballo personalizzato e il libretto di uso e manutenzione. Dal 2008 BIhome, il ramo aziendale che produce elementi d’arredo di design, quali porte e pareti scorrevoli, cabine armadio e pareti divisionali in alluminio e vetro, ha affiancato le porte tradizionali, per offrire al cliente una gamma di prodotti sempre più ampia.
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Doors that last a lifetime, the very best raw material, the assistance of highly qualified staff and the absolute quality of every single product component, are the special guarantees that Bertolotto Porte offers its customers. Bertolotto, Italy’s leading company in the design, manufacture and marketing of classic, modern and designer doors for interiors, has constantly grown and expanded ever since it was originally founded in 1988. Its 16 collections count a total of 38,000 different types of doors in 35 essences and 78 standard colours, complete with accessories, glass panels and handles to ensure that Bertolotto’s distributors and retailers maintain a powerful market presence. The high-tech cutting-edge machinery and latest generation robots in its manufacturing plant, covering over 50,000 m², are shaped and controlled through great craft experience, so as to reach and maintain the highest quality standards in the details characterising Bertolotto’s Italian design. All Bertolotto products have a circular seal of guarantee, a branded key, custom packaging and an operating/maintenance manual. Since 2008 BIhome, the branch of the company manufacturing designer furnishings features such as sliding doors and walls, walk-in wardrobes and dividing walls made of aluminium and glass, has enhanced the range of conventional doors to provide customers with an increasingly wide selection of products.
1) Plana Minimal, BIhome Collection 2) Plana Luxor, BIhome Collection 3) Simple Wood, Natura-BIhome Collection 4) Plana Luxor, BIhome Collection 5) Inside, BIhome Collection 6) Inside Wood, BIhome-Fashion Collection.
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Bertolotto Porte Circ G.Giolitti 43/45 12030 Torre San Giorgio (CN) - Italy www.bertolotto.com Tel +39 0172 9128 800 034392 staff@bertolotto.com
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Carré Bleu Depuis sa création en 1972, Carré Bleu a affirmé son positionnement sur le marché de la piscine haut de gamme, en démontrant au travers de son réseau de concessionnaires en France, en Suisse et au Portugal, son savoir-faire et son professionnalisme. Avec plus de 40 000 piscines construites, l’enseigne Carré Bleu dispose aujourd’hui d’un patrimoine “notoriété” et “image” très fort, qu’elle développe avec des entreprises portées par les mêmes valeurs : professionnalisme, adaptabilité, personnalisation, dans une recherche permanente d’Excellence. Une piscine Carré Bleu, c’est avant tout un savoir-faire technique reconnu au service de la création et du style. Les architectes, les paysagistes et les bureaux d’études choisissent depuis de très nombreuses années les concessionnaires du réseau Carré Bleu dans la conception de projets ambitieux, techniquement complexes. 40 ans après sa création, Carré Bleu pousse l’innovation toujours plus loin avec l’installation de la première piscine à double paroi de verre : une prouesse technique et technologique rendue possible par l’expérience et l’expertise de Carré Bleu, partagées avec les meilleurs ingénieurs qui viennent de mettre au point Aquaglass, un procédé révolutionnaire. 1
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Dalla sua fondazione nel 1972, Carré Bleu ha consolidato il suo posizionamento nel mercato delle piscine d’alta gamma, dimostrando attraverso la sua rete di concessionari in Francia, Svizzera e Portogallo, il suo savoir faire e la sua professionalità. Con oltre 40.000 piscine costruite, il marchio Carré Bleu dispone oggi di un grande patrimonio di “notorietà” e “immagine” che porta avanti con aziende fondatesugli stessi valori: professionalità, adattabilità, personalizzazione, in una ricerca permanente di eccellenza. Una piscina Carré Bleu è innanzitutto maestria tecnica riconosciuta al servizio della creazione e dello stile. Gli architetti, i paesaggisti e gli uffici tecnici scelgono i concessionari della rete Carré Bleu per la creazione di progetti ambiziosi e tecnicamente complessi. A quarant’anni dalla sua nascita, Carré Bleu continua sulla strada dell’innovazione con l’installazione della prima piscina a doppia parete di vetro: un successo di tecnologia reso possibile grazie all’esperienza e alle competenze di Carré Bleu e ai suoi tecnici che hanno messo a punto il rivoluzionario Aquaglass. Ever since it was first established in 1972, Carré Bleu has strengthened its position on the top-of-the-range swimming pools market thanks to its network of agencies in France, Switzerland and Portugal, its expertise and profession. Having constructed over 40,000 swimming pools, the Carré Bleu brand can now boast a “reputation” and “image” projected by companies grounded on the same values and principles: professionalism, adaptability, customisation and constant drive towards excellence. A Carré Bleu swimming pool is, first and foremost, technical wizardry in the name of creativity and style. Architects, landscape designers and technical departments have been turning to agencies on the Carré Bleu network for years, in order to create ambitious and technically intricate projects. Forty years after its birth, Carré Bleu continues to innovate with the installation of the first double-glass walled pool: a successful technology made possible thanks to the experience and expertise of Carré Bleu and its technical staff who have developed the revolutionary Aquaglass.
1-2-3) Carré Bleu Agretec, Artigues-près-Bordeaux (Gironde), procédé breveté Aquaglass. Architecte Maison Albert Chidiac, Bordeaux (Gironde) 4) Carré Bleu Concept & Création, Linas (Essonne). Architecte Lode Architecture, photo: Daniel Moulinet 5) Carré Bleu Soleil Bleu, Chapelle-sur-Erdre (Loire-Atlantique) 6) Carré Bleu Carrière Piscines Evolution, SaintYrieix (Charente). Photos François Deladerrière 7) Carré Bleu Piscines Pyrénées Atlantique, Bidart (Pyrénées-Atlantiques). Photo M. Pito 8) Carré Bleu Agretec, Artigues-près-Bordeaux (Gironde). Architecte Henri Blanchot, photo François Deladerrière.
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Carré Bleu International 50, Chemin du Razas 26780 Malataverne - France www.carrebleu.fr Tel + 33 (0)4 75 90 70 45 contact@carrebleu.fr
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Casalgrande Padana Bios Self Cleaning Ceramics® est une nouvelle ligne de carreaux en grès cérame autonettoyant en mesure d’associer les caractéristiques autonettoyantes, antibactériennes et réductrices des agents polluants. Elle est le résultat du partenariat entre Casalgrande Padana, un des protagonistes dans le secteur des céramiques bioactives pour l’architecture et des produits environmentally friendly, et l’entreprise japonaise Toto, leader dans le secteur des revêtements photocatalytiques portant la marque Hydrotect®. Bios Self Cleaning Ceramics® s’adapte aussi bien aux enveloppes de façades, traditionnelles ou ventilées, qu’aux applications dans les intérieurs, telles que les dallages et revêtements de salles de bains, cuisines, espaces de remise en forme et piscines. La gamme chromatique, les finitions et les formats modulaires permettent des solutions esthétiques et des finitions de haut niveau, fournissant des prestations techniques d’excellence. La formulation exclusive du revêtement Hydrotect® est basée sur l’association de deux différents principes actifs : le bioxyde de titane (TiO2) qui, en présence d’une irradiation lumineuse, confère au produit les caractéristiques photocatalytiques servant à obtenir l’autonettoyage et la dépollution, et une formulation calibrée d’argent et de cuivre garantissant les prestations antibactériennes. Pour l’industrialisation et la commercialisation de Bios Self Cleaning Ceramics®, Casalgrande Padana a récemment achevé la construction d’un nouvel équipement dans une zone à l’intérieur du périmètre de l’entreprise.
Bios Self Cleaning Ceramics® è la nuova linea di piastrelle in grès porcellanato che coniuga caratteristiche autopulenti, antibatteriche e di riduzione degli agenti inquinanti. Nasce dalla partnership tra Casalgrande Padana, protagonista nelle ceramiche bioattive per l’architettura e negli environmentally friendly products, e la giapponese Toto, leader nei coating fotocatalitici con il marchio Hydrotect®. Bios Self Cleaning Ceramics® è adatta per gli involucri di facciata, tradizionali o ventilati, e per le applicazioni in interni, (pavimentazioni, rivestimenti di bagni o cucine, locali fitness, piscine). La gamma cromatica, le finiture e i formati modulari, consentono soluzioni estetiche e di finitura di elevato livello con prestazioni tecniche di eccellenza. L’esclusiva formulazione del coating Hydrotect® è basata sulla combinazione di due principi attivi: il biossido di titanio (TiO2), che in presenza di irraggiamento luminoso conferisce al prodotto le caratteristiche fotocatalitiche utili a ottenere autopulenza e disinquinamento e una calibrata formulazione di argento e rame che assicura le prestazioni antibatteriche. Per l’industrializzazione e la commercializzazione di Bios Self Cleaning Ceramics®, Casalgrande Padana ha recentemente realizzato un nuovo impianto in un’area all’interno del perimetro aziendale.
Bios Self Cleaning Ceramics® is the latest range of self-cleaning ceramic tiles with anti-bacterial, pollution-reduction and self-cleaning properties. They are a result of a joint-venture between Casalgrande Padana, a leading player in the bio-active ceramics for architecture industry and environmentally-friendly products sector, and the Japanese company Toto, a leading player in the photo-catalytic coatings sector under the trademark Hydrotect®. Bios Self Cleaning ceramics® is ideal for conventional and ventilated facade shells and interior applications, such as bathroom walls and floors, kitchens, fitness facilities and swimming pools. The colour range, finishes and modular formats allow a high standard of aesthetic solutions and finishes with top-of-the-range technical properties. The exclusive Hydrotect® coating formula is based on a combination of two different active principles: titanium dioxide (TiO2), which instils products with photo-catalytic properties in the presence of light rays that are useful for obtaining self-cleaning and de-polluting effects, and a carefullygauged combination of silver and copper for antibacterial purposes. Casalgrande Padana has recently completed the construction of a new plant in an area within the company perimeter to industrialise and market Bios Self Cleaning Ceramics®.
Creative Center, le siège de Casalgrande Padana, conçu par Cerri Associati. Page ci-contre, l’oeuvre de Kengo Kuma Casalgrande Ceramic Cloud.
Creative Center, la sede di Casalgrande Padana, progettata da Cerri Associati. Pagina a fianco, l’opera di Kengo Kuma Casalgrande Ceramic Cloud. Creative Center, the headquarters of Casalgrande Padana, designed by Cerri Associati. Opposite page, Casalgrande Ceramic Cloud by Kengo Kuma. 52 l’AI 02
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Casalgrande Padana Via Statale 467, 73 42013 Casalgrande (RE) - Italy www.casalgrandepadana.it Tel +39 0522 99 01 Fax +039 0522 84 10 10 marketing@casalgrandepadana.it
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Ceramiche Caesar Effort constant en Recherche &Développement, valeur de la matière et du respect de l’environnement : avec ces objectifs importants, Ceramiche Caesar se prépare à affronter les nouveaux défis de l’avenir avec un grès cérame italien, synonyme de qualité depuis toujours. Parmi les nouveautés, Caesar Tech Solutions – ensemble de solutions innovantes pour le bâtiment – propose les nouvelles gammes des systèmes Aquae Wellness Project et Aextra20, cette dernière étant enrichie par une solution éclairagiste Tech_Led et le traitement antibactérien Care. Dans le monde des articles à usage professionnel, l’ensemble des collections coordonnées Caesar Contract Solutions, réalisées dans le plus grand respect de l’environnement, s’enrichit des nouveautés Classique et Smart. L’attention et le respect pour l’environnement sont également un jalon pour Solid Colors, projet entièrement ‘made in Italy’, dans lequel l’attention envers la couleur est associée à la culture de la matière, caractérisée par 20% de produit recyclé ‘pre-consumer’. Les chaudes nuances naturelles du bois sont reprises par deux autres nouveautés, Wabi et Root, tandis que Flow, Tecnolito et Gate sont complétés par de grands formats. Roxstones rénove également son look par de nouvelles finitions de surfaces. Parfaites pour les architectes et les designers, les collections Archiproject offrent, par contre, des services spécifiques servant de soutien pour la conception.
Impegno costante in Ricerca&Sviluppo, il valore della materia e del rispetto ambientale: con questi importanti obiettivi, Ceramiche Caesar si prepara ad affrontare le nuove sfide del futuro con un gres porcellanato italiano da sempre sinonimo di qualità. Tra le novità, Caesar Tech Solutions – contenitore di soluzioni innovative per l’edilizia – propone le nuove gamme dei sistemi Aquae Wellness Project e Aextra20, arricchita quest’ultima di una soluzione illuminotecnica Tech_Led, e il trattamento antibatterico Care. Nel mondo del contract, l’insieme di collezioni coordinate Caesar Contract Solutions, realizzate nel pieno rispetto dell’ambiente, si arricchisce delle nuove Classique e Smart. L’attenzione e il rispetto per l’ambiente sono un punto cardine anche per Solid Colors, progetto totalmente Made in Italy dove l’attenzione per il colore si sposa alla cultura per la materia, caratterizzata dal 20% di prodotto riciclato pre-consumer. Le calde sfumature naturali del legno vengono riprese da altre due novità, Wabi e Root, mentre Flow, Tecnolito e Gate vengono completati dai grandi formati. Anche Roxstones rinnova il suo look con nuove finiture di superficie. Ideali per architetti e designer, le collezioni Archiproject offrono invece servizi specifici a supporto della progettazione. Constant commitment to Research&Development, the importance of materials and environmental respect: these are the key targets around which Ceramiche Caesar is getting ready to take on the latest challenges of the future working with Italian ceramic tiles that have always been synonymous with quality. The latest Caesar tech Solutions – a package of innovative solutions for the building industry – include new ranges of the Aquae Wellness Project and Aextra20 systems, the latter enhanced by a Tech-Led lighting design package and Care anti-bacterial treatment. The coordinated collection of Caesar Contract Solutions designed for the contract world, created with complete respect for the environment, have now been extended through the Classique and Smart ranges. Attention and respect for the environment are also key aspects of the entirely Italian Solid Colors project, in which attention to colour combines with a focusing on material based on 20% of pre-consumer recycled product. The warm natural shades of wood are also part of two new projects, Wabi and Root, while Flow, Tecnolito and Gate are completed by large format versions. Roxstones is also being given a make-over through some new surface finishes. Ideal for architects and designers, the Archiproject collections, on the other hand, offer specific services to support design work.
Changements et innovations sont les mots d’ordre à travers lesquels Ceramiche Caesar se prépare à affronter les challenges du futur grâce au grès cérame italien, synonyme de qualité.
Cambiamento e innovazione sono le parole d’ordine con cui Ceramiche Caesar si prepara ad affrontare le sfide del futuro, con un gres porcellanato italiano sinonimo di qualità. Innovation and change are the key words for Ceramiche Caesar to face the challenges of the future, with an Italian parcelained gres, synonymous with quality. 54 l’AI 02
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Ceramiche Caesar Via Canaletto, 49 41042 Spezzano di Fiorano (MO) - Italy www.caesar.it Tel. +39 0536 81 71 11 Fax +39 0536 81 72 98 - 81 73 00 info@caesar.it
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Ceramiche Refin S’appropriant du concept de “projet chromatique”, Ceramiche Refin présente la collection de carreaux Cromie, dans laquelle la couleur n’est pas une valeur ajoutée mais une substance conceptuelle du produit lui-même. En se référant au système chromatique NCS - Natural Color System®, qui s’appuie sur la description de la couleur au travers les modalités humaines de sa perception – Cromie ouvre de nouveaux horizons créatifs au projet céramique. La collection se présente en quatre familles (Poussière, Terre, Boue, Tendances), chacune avec sa propre identité chromatique. Dans les Poussières, elle va du clair au foncé, aux gris neutres, mais aussi aux dits gris chromatiques, froids et chauds, dans lesquels il est encore possible de percevoir une petite quantité de la teinte, bleu et rouge-jaune, qu’ils dissimulent et laissent transparaître dans l’interaction avec d’autres couleurs. Dans les terres et dans les boues, déclinées du clair au foncés, les teintes partant du jaune assument une connotation de plus en plus rouge. Mais si les couleurs Boue se caractérisent surtout par leurs bas niveaux de saturation, dans les Terres les couleurs deviennent plus marquées et laissent émerger une dominante dans la zone du jaune. Enfin la famille des Tendances suggère de nouvelles possibilités chromatiques dans le domaine du produit en céramique et, plus en général, du projet d’intérieurs. En effet, la collection est également véhiculée par différents propositions de rapports entre les couleurs qui représentent autant de possibilités conceptuelles de caractérisation chromatique des espaces intérieurs, non seulement des sols mais aussi des murs, des meubles, des tissus, etc.
Facendo proprio il concetto di “progetto cromatico”, Ceramiche Refin presenta la collezione di piastrelle Cromie nella quale il colore non è valore aggiunto, ma sostanza progettuale del prodotto stesso. In riferimento al sistema cromatico NCS - Natural Color System®, basato sulla descrizione del colore attraverso le modalità con cui l’uomo lo percepisce, Cromie apre nuovi orizzonti creativi alla progettazione ceramica. La collezione si articola in quattro famiglie (Polvere, Terra, Fango, Tendenze) ciascuna con una sua identità cromatica. Nelle polveri sono declinati dal chiaro allo scuro grigi neutri, ma anche i cosiddetti grigi cromatici, freddi e caldi, in cui è ancora possibile percepire una piccola quantità della tinta, blu e rosso-gialla che celano e lasciano emergere nell’interazione con altri colori. Nelle terre e nei fanghi, declinati per chiarezza, le tinte dal giallo vanno assumendo una connotazione via via sempre più rossa. Ma se i colori Fango si caratterizzano soprattutto per i bassi livelli di saturazione, nelle terre i colori si fanno più pieni e lasciano emergere una dominante nell’area del giallo. La famiglia delle Tendenze, infine, suggerisce nuove possibilità cromatiche nell’ambito del prodotto ceramico e, più in generale, del progetto di interni. La collezione viene infatti veicolata anche attraverso diverse proposte di relazioni tra i vari colori e che rappresentano altrettante possibilità progettuali di caratterizzazione cromatica degli spazi interni, non solo pavimenti ma anche pareti, arredi, tessuti ecc. Drawing on the idea of “colour design”, Ceramiche Refin is now presenting its collection of Cromie tiles in which colour is more than just an extra touch, it is a substantial part of the product design. In reference to the NCS (Natural Color System®) based on a description of colours in terms of how people perceive them, Cromie is opening up new cultural horizons for ceramic design. The collection is divided into four sets (Polvere, Terra, Fango, Tendenze), each with its own chromatic identity. The Polvere (dusts) family ranges from light to dark neutral greys but also so-called (warm and cool) chromatic greys, in which it is still possible to perceive a small amount of colour (blue and red-yellow) that is concealed and allowed to emerge through interaction with other colours. In the Terra and Fango (Earth and Mud) ranges, coming in various different degrees of lightness, the different shades of yellow all tend increasingly towards red. And whereas the Mud colours mainly stand out for their low levels of saturation, the Earth colours are fuller and much more yellowy. Lastly, the Tendenze (Trends) range suggests new chromatic possibilities for ceramic products and interior design in general. The collection is also based on various kinds of relations between different colours, each offering its own means of chromatically characterising interior spaces, not just floors but also walls, furniture, fabrics etc.
NCS-Natural Color System®© property of and used on licence from NCS color 56 l’AI 02
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Ceramiche Refin via 1° Maggio, 22 - Salvaterra 42013 Casalgrande (RE) - Italy www.refin.it Tel +39 0522 99 04 99 Fax +39 0522 84 92 70 info@refin.it
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Clipso Clipso s’affirme comme l’un des fabricants français leader de revêtements techniques de grande laize allant jusqu’à 5,10 m. de large. Pour le neuf et la rénovation, Clipso propose une gamme complète de revêtements nobles et de profilés innovants permettant de nombreuses possibilités d’applications : plafond tendu, revêtement mural, habillage stand, caisson lumineux, panneau acoustique, cadre imprimé, etc. Les revêtements Clipso peuvent être associés à des solutions décoratives et fonctionnelles : impression personnalisée, intégration d’éclairage/ rétroéclairage, optimisation acoustique, traitement antibactérien, etc. Respectueux de notre environnement et de votre bien-être, les revêtements Clipso sont éco-labellisés Oeko-Tex et bénéficient de l’étiquetage A+ (meilleur résultat). Revêtements sans PVC et Phtalates - Absence de substances cancérigènes (dites CMR) et de composés organiques volatils (dits COV). Les produits Clipso sont aux normes CE et de Fabrication Française certifiée ISO 9001 à partir de matières premières en provenance de la CEE. Clipso, votre nouvelle source d’inspiration et d’expression !
Clipso si afferma come uno dei produttori francesi leader dei rivestimenti tecnici di grandi dimensioni con larghezze fino a 5,10 metri. Per il nuovo e le ristrutturazioni, Clipso propone una gamma completa di rivestimenti nobili e di profilati innovativi che permettono numerose possibilità di applicazione: soffitti tesi, rivestimenti murali, arredo stand, cassoni luminosi a soffitto, pannelli acustici, cornici stampate. I rivestimenti Clipso possono essere associati a soluzioni decorative e funzionali stampe personalizzate, integrazione di illuminazione e retroilluminazione, ottimizzazione acustica, trattamento antibatterico. Nel rispetto dell’ambiente e del benessere, i rivestimenti Clispo sono eco-certificati Oeko-Tex e beneficiano dell’etichettatura A+ (miglior risultato). Rivestimenti senza PVC e Ftalati – assenza di sostanze cancerogene (CMR) e di componenti organici volatili (COV). I prodotti Clipso sono a norma CE e di fabbricazione francese certificata ISO 9001 a partire dalle materie prime provenienti dalla CEE. Clipso, la vostra nuova risorsa di ispirazione e di espressività! Clipso has made its mark as one of the leading French manufacturers of largesize technical coverings up to 5.10 metres in width. Clipso offers a full range of top-quality coatings and innovative panels that can be put to all kinds of uses: stretch walls and ceilings, stand decoration, lighted ceiling panels, sound panels, printed frames etc. Clipso coverings may be combined with decorative solutions and customised screens, lighting/rear-lighting combos, sound optimisation and anti-bacterial treatment. Clipso coatings are Oeko-Tex eco-certified and can boast A+ labelling (highest rating). PVC-free and Phtalates-free coatings – absence of carcinogenic substances (CMR) and volatile organic compounds (VOC). Clipso products conform to EC standards, are made in France, and are ISO 9001 certified based on raw materials coming from the European Union. Clipso, your new source of inspiration and expression!
Plafonds imprimés retroéclairés Clipso au Centre Commercial Akmerkez, Turquie. Architecte Filiz Yilmaz, installateur TTI Elektrik Elektronik, photos Hakan Hatay. Suite aux travaux de rénovation effectués en 2010, le Conseil international des centres commerciaux (ICSC), en association avec Bloomberg Television, lui a décerné le prix du plus beau design intérieur européen.
Soffitto stampato retroilluminato Clipso (Centro Commerciale Akmerkez, Turchia). Architetto Filiz Yilmaz, installazioni di TTI Elektrik Elektronik, fotografie di Hakan Hatay. I lavori di ristrutturazioni, del 2010, sono stati premiati come il miglior design di interni in Europa dal Consiglio Internazionale dei Centri Commerciali (ICSC) con Bloomberg Television. Backlighted printed ceiling Clipso (Shopping Center Akmerkez, Turkey). Architect Filiz Yilmaz, installations of TTI Elektrik Elektronik, photos by Hakan Hatay. In 2010, restructuring works have been awarded as the best interior design in Europe by the International Committee for Shopping Centers (ICSC) with Bloomberg Television. 58 l’AI 02
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Clipso 5 rue de l’Eglise 68 800 Vieux-Thann - France www.clipso.com Tel +33 (0)3 89 37 10 84 info@clipso.com
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ConstruirAcier Recyclable, recyclé, pérenne et performant, l’acier accompagne les démarches architecturales les plus abouties. Matériau de la légèreté et de la transparence, il est aussi celui des audaces et des prouesses technologiques dans le respect des impératifs du développement durable. Marque de fabrique des bâtiments exceptionnels et d’ouvrages d’art particulièrement délicats, il est présent dans toutes les typologies d’ouvrages, répondant aux conditions de mise en œuvre les plus exigeantes. Polyvalence, rapidité de construction, souplesse de montage et flexibilité d’usage, font de l’acier un matériau irremplaçable. Ses grandes portées, facteur d’économie des ossatures, autorisent toutes les combinaisons sur les plans, les parements deviennent vêtures ou textures, les enveloppes feuilletées optimisent les échanges thermiques avec l’extérieur et isolent du bruit. Associés à d’autres matériaux, comme le verre, le bois, le béton, il incarne l’efficacité autant qu’il participe au renouvellement du langage architectural. Plate-forme d’échanges, de réflexion et d’actions entièrement dédiée à la promotion de l’acier dans la construction, ConstruirAcier informe et conseille les architectes sur les défis architecturaux, économiques et environnementaux relevés par l’acier dans le monde de la construction.
Riciclabile, riciclato, perenne e performante, l’acciaio accompagna i progetti architettonici più riusciti. Materiale della leggerezza e della trasparenza, è anche quello delle sfide e delle prodezze tecnologiche, nel rispetto degli imperativi della sostenibilità. Marchio di fabbrica di edifici prestigiosi e di opere d’arte particolarmente complesse, l’acciaio si adatta a qualsiasi tipologia rispondendo alle condizioni di messa in opera più esigenti. Polivalenza, rapidità di costruzione, facilità di montaggio e flessibilità d’uso, fanno dell’acciaio un materiale insostituibile. Le grandi portate, fattore di economia delle ossature, autorizzano ogni distribuzione di piani, i rivestimenti diventano texture, gli involucri stratificati ottimizzano gli scambi termici con l’esterno e isolano dal rumore. Associato ad altri materiali, quali il vetro, il legno e il cemento, l’acciaio incarna l’efficienza contribuendo al rinnovamento del linguaggio architettonico. Piattaforma di scambi, di riflessione e di azioni interamente dedicate alla promozione dell’acciaio nella costruzione, ConstruirAcier informa e consiglia gli architetti sulle sfide architettoniche, economiche e ambientali avvalorate dall’acciaio nel mondo della costruzione.
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Recyclable, recycled, durable and highly efficient, steel is part of many of the most successful architectural designs. This light, transparent material is also capable of meeting the toughest challenges and producing the most startling exploits in conformance with the latest demands for sustainability. A signature feature of prestigious buildings and particularly complex works of art, steel adapts to all kinds of technology meeting even the most demanding installation requirements. Steel’s multi-purpose nature, ease of construction and flexibility in terms of usage make it an irreplaceable material. The spans it can cover (such a key feature for frameworks) mean any kind of floor layout can be handled, as coatings turn into textures and stratified shells optimise heat exchanges with the outside, also providing sound insulation. Combined with other materials, such as glass, wood and concrete, steel embodies efficiency as it contributes to the updating of architectural language. ConstruirAcier, a platform for exchanging thoughts, ideas and operations entirely devoted to promoting steel in the building industry, informs and advises architects about the architectural, economic and environmental challenges steel can take on in the world of building.
1) Pont Trencat, Sant’Celoni (Espagne), architecte Xavier Font Solà (crédit : Xavier Font) 2) Pyramide du Louvre, Paris, architecte leoh Ming Pei (crédit : ConstruirAcier, L. Delaporte) 3) Parking Circé, Montpellier, architecte Brullmann & Crochon (crédit : ConstruirAcier, L. Delaporte) 4) Siège social de la société Voestalpine à Linz (Autriche), architecte Dietmar Feichtinger (crédit : J. Pausch) 5) Salle de spectacles Le Phare, Chambéry, architecte Patriarche & Co (crédit : ConstruirAcier, L. Delaporte) 6) Passerelle Simone de Beauvoir, Paris, architecte Dietmar Feichtinger (crédit : ConstruirAcier, L. Delaporte).
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ConstruirAcier 20 rue Jean Jaurès 92800 Puteaux - France www.construiracier.fr Tel +33 (0)1 55 23 02 30 Fax +33 (0)1 46 92 05 28
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Dacryl ® Dacryl® est une société française spécialisée dans la fabrication de panneaux décoratifs en acrylique coulé, produits haut de gamme et très créatifs. Son savoir faire est reconnu dans les inclusions de végétaux, minéraux, textiles etc. dans la matière ainsi que dans la coloration sur mesure. Grâce à la qualité de sa fabrication, sa garantie décennale e son très faible jaunissement en extérieur, Dacryl® est utilisé aussi bien en intérieur qu’en extérieur, pour des usages très différents : habillage de façade de bâtiments publics, signalétiques, mobiliers urbains ; mais aussi garde-corps, paroi de douche, tables, consoles etc. Créatifs et originaux, les panneaux Dacryl® s’adaptent aux exigences de ses principaux interlocuteurs, architectes, designers, promoteurs immobiliers, assurant légèreté, innovation, transparence et lumière. Les créations sur mesure de Dacryl® valorisent d’importantes réalisations, telles que la Médiathèque de Tours, les salles du conseil d’Etat et du conseil Constitutionnel, des totems de signalétiques et cloisons de séparation des salles d’embarquements pour les aéroports de Paris.
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Dacryl® è una società francese specializzata nella produzione di pannelli decorativi in acrilico colato, prodotto di alta gamma e dalle elevate possibilità creative. La sua particolarità è rinomata soprattutto per le inclusioni di vegetali, minerali, tessili nella materia e nella colorazione su misura. Grazie alla qualità della sua produzione, la sua garanzia decennale e il basso livello di ingiallimento in esterni, Dacryl® è usato per esterni come per interni, per applicazioni differenti: rivestimento di facciata di edifici pubblici, segnaletica, arredo urbano; ma anche balaustre, pareti doccia, tavoli, mensole e così via. Creativi e originali, i pannelli di Dacryl® si adattano alle esigenze dei suoi principali interlocutori, architetti, designer, promotori immobiliari, assicurando leggerezza, trasparenza e luce. Le creazioni su misura Dacryl® valorizzano importanti realizzazioni, quali la Mediateca di Tours, le sale del Consiglio di Stato e del Consiglio Costituzionale, i totem di segnaletica e gli elementi divisori delle sale di imbarco degli aeroporti di Parigi. Dacryl® is a French company specialising in the manufacture of coloured acrylic decorative panels, top-of-the-range products with great creative potential. It is particularly renowned for the inclusion of vegetables, minerals and textiles etc in its materials and customised colour schemes. Thanks to the quality of its production range, the ten-year guarantee it offers and low degree of yellowing when used for exteriros, Dacryl® is popular for both exteriors and interiors for various different applications: cladding the facades of public buildings, signposting, urban furniture, as well as balusters, shower walls, tables, shelves etc. Creative and original, Dacryl® panels adapt to the needs of the company’s main customers, architects, designers and real-estate developers, guaranteeing lightness, transparency and light. Dacryl® custom creations enhance such important constructions as the Media Library in Tours, the Council of State and Constitutional Council Chambers and signposting columns and dividing partitions in the boarding halls of Parisian airports.
1) Dacryl® a conçu une matière spécifique - réalisée à la main - pour les façades des hémicycles du Conseil d’Etat à Paris 2) Médiathèque de Tours : habillage de façade en Dacryl® 3) Bar Le Notger à Liège 4) BNP : garde-corps en Dacryl® cintré et en forte épaisseur 5) Plisse-cascade : panneaux décoratifs Dacryl® incluant de nombreux textiles avec effet 3D 6) Zoom : modèle alliant le mat et le brillant 7) Panneaux décoratifs pour le yacht Pelegrina (projet J.P Fantini et D.Chopard).
1) Dacryl® ha progettato una materia specifica - realizzata a mano - per l’emiciclo del Conseil d’Etat a Parigi 2) Mediateca di Tours: rivestimento di facciata in Dacryl® 3) Bar Le Notger a Liegi 4) BNP: balaustra in Dacryl® centinata e di elevato spessore 5) Pannelli decorativi Dacryl® con inclusione di elementi tessili ed effetto 3D 6) Zoom: modello che coniuga l’opaco e il brillante 7) Pannelli decorativi per lo yacht Pelegrina (progetto di J.P Fantini e D.Chopard).
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1) Dacryl® designed a special handmade material for facades for the chambers of the Council of State in Paris 2) Médiathèque de Tours: Dacryl® cladding of the façade 3) Bar Le Notger, Liège 4) BNP: Construction of thick, centred baluster made of Dacryl® 5) Dacryl® decorative panels with the inclusion of different 3D fabrics 6) Zoom: model combining brightness and opacity 7) Dacryl® decorative panels for Pelegrina yacht (project J.P Fantini et D.Chopard).
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Dacryl® 51 rue Auguste Comte 69002 Lyon - France www.dacryl.fr Tel +33 (0)4 78 38 01 64 contact@dacryl.fr
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Glas Trösch
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Leader en Europe des entreprises familiales fabricant et transformant du verre, le groupe Glas Trösch est synonyme de produits verriers de la plus haute qualité. Avec une soixantaine de sites de production en Suisse, en Allemagne, en France, en Pologne, en Ukraine et en Moldavie, cette entreprise familiale propose des solutions idéales pour chaque projet d’architecture. Sous le nom d’Euroglas, le groupe est propriétaire de 4 sites de production de verre plat en Allemagne, en France et Pologne. Grâce à des installations de dénitrification ainsi qu’un processus breveté de recyclage des débris de verre, ces lignes de float comptent parmi les plus respectueuses de l’environnement au monde. Chez Glas Trösch, le façonnage du verre plat a lieu dans cinq installations d’enduction par pulvérisation magnétron. Même la transformation du verre plat en verre de sécurité trempé et feuilleté ou en verre isolant s’effectue dans leurs propres usines. Les produits de Glas Trösch s’utilisent aussi bien à l’intérieur qu’à l’extérieur. Pour extérieurs, la marque Silverstar offre un large assortiment de verres à couche. Avec sa couche Luxar®, la filiale Hy-Tech-Glass® offre un verre antireflet qui élimine la gêne occasionnée par la réflexion de la lumière sur les vitrines assurant une transmission lumineuse élevée pour les façades en verre isolant. Pour un usage intérieur et extérieur, le verre incurvé Swissform est également transformable en verre de sécurité feuilleté ou en verre isolant.
Leader in Europa tra le aziende a conduzione familiare che operano nella produzione e nella trasformazione del vetro, il gruppo Glas Trösch è sinonimo di prodotti in vetro di alta gamma. Con una sessantina di siti di produzione in Svizzera, Germania, Francia, Polonia, Ukraina e Moldavia, questa azienda famigliare propone delle soluzioni ideali per per ogni progetto di architettura. Con il nome di Euroglas, il gruppo è proprietario di 4 siti per la produzione del vetro piatto in Germania, Francia e Polonia. Grazie agli impianti di denitrificazione e a un processo brevettato di riciclaggio delle scaglie di vetro, queste linee di Float sono tra le più ecosostenibili del mondo. Con Glas Trösch, la lavorazione del vetro piatto avviene in 5 impianti di induzione per polverizzazione con Magnetron. Anche la trasformazione del vetro piatto in vetro di sicurezza temperato e stratificato o in vetro isolante si realizza negli stabilimenti di proprietà. I prodotti di Glas Trösch vengono utilizzati per interni ed esterni. Per gli esterni, il marchio Silvestar offre un’ampio assortimento di vetri stratificati. Con lo strato Luxar®, la filiale HyTech-Glass® propone un vetro antiriflesso che elimina il fastidio causato dalla luce sulle vetrine garantendo una trasmissione luminosa elevata per le facciate in vetro isolante. Il vetro curvo Swissform è anche trasformabile in vetro di sicurezza stratificato o in vetro isolante (per interni ed esterni). The Glas Trösch Group, Europe’s leading family company as glass manufacturer and transformer, is synonymous with top-of-the-range glass products. This family business with about sixty manufacturing plants in Switzerland, Germany, France, Poland, Ukraine and Moldavia, offers ideal solutions for every imaginable architectural project. Under the name Euroglas, the group has four plants for manufacturing flat glass in Germany, France and Poland. Thanks to dentrification systems and a patented process for recycling shards of glass, these Float lines are among the most eco-sustainable in the world. Glass Trösch works flat glass in 5 induction plants for pulverisation by means of Magnetron. Flat glass is also converted into strengthened and layered safety glass or double glazing inside their factories. Glas Trösch products are used for both interiors and exteriors. The Silvestar brand provides a range of layered glasses for the exterior. Hy-Tech-Glass®, one of the company branches, produces a non-glint product, Luxar®, that gets rid of annoying reflections of light on glass windows, guaranteeing high light transmission for double-glazed facades. Curved Swissform glass suitable for both indoors and outdoors can also be converted into layered safety glass or double glazing.
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1) Centre de Recherche et Développement L’Oréal, Saint-Ouen (France) 2) Metro Central Hotel, Dubai 3) Capital Center, Abu Dabi 4) Théatre, Gütersloh (Germany) 5) Siège principal Glas Trösch, Bützberg (Suisse).
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Glas Trösch Industriestrasse 29 CH-4922 Bützberg - CH www.glastroesch.ch Tel +41 (0)62 958 52 52 Fax +41 (0)62 958 52 55 info@glastroesch.ch
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Kerakoll Pour contraster les inconvénients causés dans de nombreuses constructions neuves ou dans des édifices récemment restructurés par l’usage inconsidéré de certains vernis et solvants, associé à une ventilation insuffisante et à la transpirabilité réduite des matériaux utilisés, KeraKoll a créé une nouvelle philosophie de construction ayant un faible impact environnemental : le GreenBuilding. Construire à l’enseigne du GreenBuilding, cela signifie créer des endroits sains, tout en garantissant de grands standards énergético-environnementaux par l’emploi de matériaux écocompatibles et la redécouverte de mortiers, crépis et peintures naturelles qui laissent respirer le mur. Conformément au GreenBuilding, les solutions proposées par KeraKoll réduisent les émissions de CO2 dans l’air et comportent une meilleure utilisation de matières premières recyclées et régionales. En outre, la “respiration” naturelle des murs, qui maintient l’édifice en équilibre parfait en réduisant la concentration de polluants présents dans l’air intérieur et en limitant l’apparition des pathologies qui provoquent le Syndrome de l’Edifice Malade, détermine le confort et le bien-être immédiats de l’habitation. Le GreenBuilding garantit des endroits secs, sains et désinfectés tout en évitant la prolifération des acariens, des champignons et des bactéries, responsables du nombre croissant d’allergies et de cas d’asthme chez les enfants et les adolescents, ceci grâce au pH basique élevé des solutions KeraKoll.
Per contrastare gli inconvenienti causati in molte nuove costruzioni o in edifici ristrutturati dall’uso inconsapevole di determinate vernici e solventi, associato alla scarsa ventilazione e traspirabilità dei materiali messi in opera, KeraKoll ha sviluppato una nuova filosofia costruttiva a basso impatto ambientale: il Green Building. Costruire all’insegna del GreenBuilding significa creare ambienti sani con elevati standard energetico-ambientali attraverso l’impiego di materiali eco-compatibili e la riscoperta di malte, intonaci e pitture naturali che lasciano respirare il muro. In linea con il GreenBuilding le soluzioni KeraKoll riducono le emissioni di CO2 nell’aria e comportano un maggior utilizzo di materie prime riciclate e regionali. Inoltre la “respirazione” naturale delle murature, che mantiene in equilibrio perfetto l’edificio riducendo la concentrazione di inquinanti presenti nell’aria indoor e limitando l’insorgere delle patologie che provocano la Sindrome dell’Edificio Malato, determina confort e benessere abitativo. Il GreenBuilding garantisce ambienti asciutti, sani e disinfettati ed evita la proliferazione di acari, funghi e batteri, responsabili di allergie e di casi d’asma, grazie all’alto pH basico delle soluzioni KeraKoll. To combat inconveniences caused to lots of new buildings or recently modernised constructions by the inadvertent use of certain paints and solvents, combined with poor ventilation and the low degree of breathability of the material employed, KeraKoll has developed a low environmental impact building philosophy: GreenBuilding. Constructing along the lines of GreenBuilding means creating healthy premises while guaranteeing buildings have high energy-environmental standards by using eco-compatible materials and reverting once again to natural paints, plasters and mortars leaving walls free to breathe. In accordance with GreenBuilding, KeraKoll’s solutions reduce CO2 emissions into the air and involve greater use of recycled and regional raw materials. Moreover, the natural “breathability” of walls, which keeps buildings in perfect balance by reducing the concentration of pollutants found in indoor air and constraining the number of cases of pathologies connected with Sick Building Syndrome, guarantees instant comfort and well-being. GreenBuilding ensures dry, healthy and disinfected environments and prevents bugs, fungi and bacteria from spreading (a leading cause of numerous allergies and cases of asthma among children and young people) thanks to the high base pH of KeraKoll solutions.
Chaux, pouzzolane, terre et minéraux colorés pour la ligne Biocalce de KeraKoll: matériaux écocompatibles pour construire et vivre dans le respect de l’environnement et du bien être.
Calce, pozzolana, terre e minerali naturali colorati per la linea Biocalce di KeraKoll: Materiali da costruzione eco-compatibili per progettare, costruire e vivere nel rispetto dell’ambiente e del benessere abitativo. Lime, pozzuolana, earths, coloured natural minerals for the Biocalce series by KeraKoll: ecocompatible materials for designing, building and living in the observance of the environnement and of the living well-being. 66 l’AI 02
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Kerakoll Via dell’Artigianato, 9 41049 Sassuolo (MO) - Italy www.kerakoll.com Info: global service Kerakoll Tel +39 0536 81 15 16 info@kerakoll.com
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JK Technic Depuis 1996, JK Technic fabrique et réalise tous vos projets en caillebotis, grilles de sécurité et escaliers hélicoïdaux. Acteur incontournable dans l’architecture contemporaine, le caillebotis est aujourd’hui un produit novateur qui permet une grande créativité dans l’esthétique d’un bâtiment moderne : brises vue, sols industriels, brises soleil, escaliers métalliques. Le caillebotis devient ainsi un élément esthétique définissant des espaces, des surfaces, laissant à la lumière la possibilité d’éclairer naturellement des lieux, tout en créant des jeux de formes. Parce qu’être leader du caillebotis en France c’est aussi préparer l’avenir, JK Technic innove, poursuit et accompagne le développement de tous vos projets et ceci de l’étude à la livraison.
Dal 1996, JK Technic fabbrica e realizza ogni tipo di progetto per graticci metallici, griglie di sicurezza, e scale elicoidali. Sempre più utilizzata nell’architettura contemporanea, la rete metallica è ormai un prodotto innovativo che consente grande creatività nell’estetica degli edifici con moltissime applicazioni funzionali come schermature, nelle pavimentazioni industriali, nelle scale metalliche, nelle facciate e come para-luce. La griglia è divenuta un elemento architettonico di definizione degli spazi e delle superfici, lasciando filtrare l’illuminazione naturale e consentendo così un infinito gioco di forme. Ma essere il numero uno nel settore delle griglie metalliche per l’architettura vuol dire anche progettare il futuro: JK Technic persegue l’innovazione, affiancando ogni progetto dagli studi preliminari fino alla realizzazione e alla consegna. JK Technic has been manufacturing and constructing every imaginable type project for metal grill-works, safety gratings and spiral stairs since 1996. Increasingly popular with modern-day architecture, metal meshing is now an innovative product allowing notable creativity in the aesthetic design of buildings with lots of different practical applications, such as screens, industrial floors, metal stairways, facades and light shades. Grates have become key architectural features for defining spaces and surfaces allowing natural light to flow in to provide an endless interplay of different forms. But being the number one in the metal grating for architecture industry also means designing the future: JK Technic pursues innovation by covering everything in its projects from preliminary studies to actual construction and delivery.
Le caillebotis JK Technic est utilisé dans de nombreux projets architecturaux. Il se décline dans une variété infinie de mailles et d’épaisseurs, de matières métalliques diverses ( acier, inox, aluminium…) de formes et de couleurs variées… Le caillebotis de façade JK Technic donne un aspect métallique design au bâtiment et apporte une protection solaire importante. Il filtre la lumière du jour, et crée à l’intérieur des pièces, un jeu d’ombre et de lumière particulièrement intéressant. Le caillebotis brise soleil JK Technic, fixé à l’horizontal tout au long des baies vitrées d’une façade, protège de la lumière et accentue le style ou le design de la construction. Le caillebotis JK Technic est aujourd’hui un élément incontournable pour servir vos projets : créer un escalier métallique, un garde-corps, un plancher ajouré, une façade… Notre bureau d’études est à votre disposition pour vous conseiller et vous aider à concrétiser vos idées.
Le griglie JK Technic si declinano in un’ampia gamma di maglie, di spessori, di metalli e di forme e colori diversi. La griglia di facciata dà un’ottima protezione solare e crea all’interno piacevoli giochi d’ombra. Le griglie brise-soleil utilizzate in orizzontale sulle facciate vetrate proteggono dalla luce accentuando lo stile dell’edificio. Progettare una scala metallica, una balaustra, una facciata: l’ufficio tecnico di JF Technic è a completa disposizione dei progettisti. JK Technic grating comes in a wide range of meshes, thicknesses, metals and forms in different colours. Façade grating provides excellent solar protection and creates pleasant shadow effects on the inside. Sunscreen grating used horizontally on glass facades provide shelter against light, emphasising a building’s stylistic features. JF Technic’s technical department is always ready and willing to help designers design metal stairways, balustrades and facades. 68 l’AI 02
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JK Technic Parc Industriel Sud - ZI Edison Rue Abbé Louis Verdet 57200 Sarreguemines - France www.jktechnic.fr Tel. +33 (0)3 87 98 88 76 Fax +33 (0)3 87 98 82 87 jktechnic@jktechnic.fr
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Metalco Mobil Concepts Mobil Concepts est représentant exclusif en France et dans les pays francophones du groupe Metalco, premier fabricant européen de mobilier urbain. Innovation, Qualité et Design sont les valeurs de la renommé du groupe dans le monde. En France Mobil Concepts s’appuie sur ses mêmes valeurs et développe sa propre philosophie sur la ville de demain. La société s’investit sur les projets liés aux transports urbains à travers une division spécifiquement dédiée à ces projets et met ainsi son expertise à disposition des concepteurs. Parmi ses dernières références la réalisation de pergolas pour la ligne 3 du Tramway de Montpellier, la réalisation d’abris voyageurs, de kiosques à billettique et d’armoires techniques pour le tramway d’Alger, la réalisation d’abris voyageurs et l’aménagement des abords du tramway de Casablanca et dernièrement, avec la RATP, le développement de la station expérimentale de bus ESBF (European Bus System of the Future). L’approche intégrée de la conduite de projet fait partie du champ d’expertise de Mobil Concepts comme l’étude des contraintes techniques et économiques du projet, la recherche de solutions adaptées, la réalisation des notes de calcul, les plans d’exécution ou encore la gestion intégrée du projet, la sélection, l’évaluation et la gestion des sous-traitants, l’assistance à la pose et au montage, la prise en charge de la gestion du “Post-projet”. 1
Mobil Concepts è rappresentante esclusivo in Francia e nei Paesi francofoni del gruppo Metalco, primo produttore in Europa di arredo urbano. Innovazione, qualità e design sono i valori della notorietà del gruppo nel mondo. In Francia Mobil Concepts si basa sugli stessi valori e sviluppa la propria filosofia sulla città di domani. La società investe sui progetti legati ai trasporti urbani attraverso una divisione specificatamente dedicata a questi progetti mettendo così le sue competenze a disposizione dei progettisti. Tra le ultime realizzazioni, quella delle tettoie per la linea 3 del tram di Montpellier, quella delle pensiline viaggiatori, dei chioschi delle biglietterie e dei contenitori tecnici per il tram di Algeri, le pensiline viaggiatori e la sistemazione dei dintorni del tram di Casablanca e recentemente, con la RATP, lo sviluppo della stazione sperimentale del bus ESBF (European Bus System of the Future). L’analisi dei condizionamenti tecnici ed economici, la ricerca delle soluzioni adeguate, gli elementi di calcolo, il programma di realizzazione e la gestione integrata del progetto, la selezione e la gestione degli appalti, l’assistenza alla posa e al montaggio, la gestione del post-progetto fanno parte delle competenze di Mobil Concepts.
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Mobil Concepts is the Metalco Group’s (Europe’s leading urban furniture manufacturer) exclusive agent in France and French-speaking nations. Quality and design are the group’s distinctive traits that have made it famous worldwide. In France Mobil Concepts is based on the same values and is developing it own philosophy about the city of tomorrow. The company invests in urban transportrelated projects through a department specially dedicated to these projects, making its own know-how and expertise available to designers. Its latest enterprise include the canopies for Line 3 of the Montpellier tram system, the passenger shelters, ticket booths and technical receptacles for the Algiers tram line, the passenger shelters and surrounding refurbishing operations for the tram line in Casablanca and, recently, in partnership with RATP, the development of an experimental ESBF (European Bus System of the Future) station. Studies into technical and financial constraints, the search to find ideal solutions, computation operations, the scheduling of works and overall project management, the selection and handling of tenders, help with installations and assembly operations, and post-project management, are all part of Mobil Concepts’ skills and expertise.
1-2) Pergolas tramway ligne 3, Montpellier 3-4) Station Osmose, Paris, design Marc Aurel (© Y. Monel) 5) Pergolas tramway, Casablanca 6-7) Kiosque billetique et pergolas tramway, Alger.
1-2) Pensilina tram linea 3, Montpellier 3-4) Stazione Osmose, Parigi, design Marc Aurel (©Y. Monel) 5) Pensilina tram, Casablanca 6-7) Chiosco biglietteria e pensilina tram, Algeri. 3
1-2) Tramway line 3 shelter, Montpellier 3-4) Osmose Station, Paris, design Marc Aurel (© Y. Monel) 5) Tramway shelter, Casablanca 6-7) Tramway shelter and ticket booth, Algiers.
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Metalco Mobil Concepts 37 chemin de Mujolan Domaine de la Poste Royale 34690 Fabrègues- France www.metalco.fr Tel +33 (0)4 67137474
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Olivari B. Fondée à Borgomanero (Novare) en 1911 pour la production de poignées de portes et fenêtres en laiton, bronze et alpaca, Olivari B. compte parmi les entreprises leader au niveau mondial pour la recherche et l’innovation. Dans les années 30, elle est parmi les premières entreprises italiennes qui commencent à collaborer avec les architectes les plus importants de l’époque, qui utiliseront les poignées dans des projets devenus les icônes du siècle. Dans les années 50, on met au point l’alliage d’aluminium et le procédé d’oxydation anodique. Au cours des années 70, Olivari B. propose en Italie une nouvelle matière, la résine, révolutionnant les formes et introduisant les couleurs. Ou encore, les années 90, pendant lesquelles elle affirme son leadership au niveau mondial dans le secteur des poignées, par sa haute technologie et sa grande attention à la qualité esthétique et formelle. Le prix Compasso d’Oro (1991) date de ces années-là. Dans les années 2000, sur le front de la finition, la grande innovation est Superfinish®, un nouveau cycle technologique breveté par Olivari B., grâce auquel la couleur et le brillant de la surface restent inaltérés dans le temps. Et encore Biocromo®, un procédé de chromage écologique : Olivari B. est la première et unique entreprise au monde à appliquer sur le laiton le chrome trivalent au lieu du chrome hexavalent, nuisible pour la santé et polluant pour l’environnement. Plus de 100 ans d’histoire, au cours desquels Olivari B. a produit des poignées signées par les plus grands architectes et designers, les accompagnant dans leurs projets.
Fondata a Borgomanero (Novara) nel 1911, con la produzione di maniglie per porte e finestre, in ottone, bronzo e alpacca, Olivari B. si qualifica tra le aziende leader a livello mondiale per ricerca e innovazione. Negli anni ’30, è tra le prime aziende italiane a stringere collaborazioni con i più importanti architetti dell’epoca che utilizzeranno le maniglie in progetti divenuti icona del secolo. Negli anni ‘50, viene messa a punto la lega di alluminio e il processo di ossidazione anodica. Negli anni ‘70, Olivari B. propone in Italia un nuovo materiale, la resina, rivoluzionando le forme ed introducendo i colori. O ancora gli anni ‘90 durante i quali consolida la sua leadership a livello mondiale nel settore maniglie, per alta tecnologia e grande attenzione alla qualità estetica e formale. E’ di questi anni il premio Compasso d’Oro (1991). Negli anni 2000 sul fronte della finitura è Superfinish® la grande innovazione, un nuovo ciclo tecnologico brevettato da Olivari B., che mantiene inalterati nel tempo il colore e la brillantezza della superficie. E ancora Biocromo®: un processo ecologico di cromatura che fa di Olivari B. la prima e unica azienda di maniglie al mondo ad applicare sull’ottone il cromo trivalente anziché il cromo esavalente, nocivo per la salute e inquinante per l’ambiente. Oltre 100 anni di storia in cui Olivari B. ha prodotto maniglie firmate dai più grandi architetti e designer accompagnandoli nei loro progetti. 2
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Founded in Borgomanero (Novara) in 1911 to manufacture brass, bronze and nickel-silver door and window handles, Olivari B. is one of the world’s leading companies in research and innovation. In the 1930s it was one of first companies in Italy to set up working partnerships with the leading architects of the day, who incorporated their handles in what were destined to become iconic architectural designs. In the 1950s aluminium alloy and the anodic oxidisation process were developed. In the 1970s Olivari B. introduced a new material, resin, to Italy, revolutionising forms and introducing colours. Then in the 1990s it firmly established itself as the world leader in the handle-manufacturing industry, due to its cutting-edge technology and great attention to aesthetic-formal quality. This was also the period when it won the Compasso d’Oro (1991). In the year 2000 it introduced a real innovation into finishing, Superfinish®, a new technological cycle patented by Olivari B., which helps surfaces keep their colour and shininess over time. This was followed by Biocromo®: an eco-friendly chroming procedure, the first and only company in the world to apply trivalent chrome to brass in place of hexavalent chrome that is a health hazard and pollutes the environment. A background stretching back over 100 years during which Olivari B. has manufactured handles bearing the hallmark of the greatest architects and designers to be incorporated in their projects.
1) Euclide and Euclide Q, design Nicola Novelletto 2-8) Arc, design Rodolfo Dordoni 2010 3-5) Laser, design Richard Sapper 1998 4) Denver, design Daniel Libeskind 2009 6) Beijing, design Steven Holl 2007 7) Lama, design Gio Ponti 1954 9) Trend, design Studio Olivari.
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Olivari B. Via Matteotti 140 28021 Borgomanero (NO) - Italy www.olivari.it Tel +39 0322 83 50 80 Fax +39 0322 84 64 84 olivari@olivari.it
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photo Valsir
Valsir Le nouveau pôle productif Valsir à Vobarno (Brescia), inauguré en août dernier douze mois après le lancement du chantier, réunit tout le cycle de production des systèmes d’évacuation – cinq lignes d’extrusion pour le polypropylène, deux pour le polyéthylène, une ligne pour le système phonoisolant Silere et une autre pour le système phonoabsorbant Triplus – en plus du centre logistique. Le complexe a été étudié de façon à réduire au minimum l’impact environnemental et les consommations d’énergie, allant des matériaux pour les finitions extérieures et des couleurs choisies pour s’intégrer parfaitement avec l’environnement, aux installations de production, placées de façon à ne pas nuire au centre urbain voisin. Toute la structure, parfaitement isolée pour réduire au minimum les dispersions d’énergie, est conçue pour utiliser au mieux la lumière solaire et améliorer la qualité des lieux de travail. Les 1.000 kW de panneaux photovoltaïques de la couverture garantissent une production d’environ un milion de kWh/an, qualifiant l’usine parmi les premières installations “éco-industrielles” d’Italie. Partout une grande attention est consacrée aux économies d’énergie. Les surfaces intérieures sont chauffées par un système plancher chauffant Valsir, alimentée par une pompe à chaleur qui produit en même temps de l’eau réfrigérée servant aux processus de production. A l’extérieur, on a installé 60 km de tuyau pour le refroidissement de l’eau utilisée dans la production ainsi que pour le déneigement.
photo Valsir
Il nuovo polo produttivo Valsir in Vobarno (BS), inaugurato l’agosto scorso a un solo anno dall’inizio degli scavi, riunisce l’intero ciclo produttivo dei sistemi di scarico – cinque linee di estrusione per il polipropilene, due per il polietilene, una linea per il sistema fonoisolante Silere e una per il sistema fonoassorbente Triplus – oltre all’intero centro logistico. Il complesso è stato studiato per ridurre al minimo l’impatto ambientale e i consumi energetici, dai materiali per le finiture esterne e i colori scelti che si integrano perfettamente nell’ambiente circostante, agli impianti produttivi, posizionati in modo da non disturbare il vicino centro urbano. Tutta la struttura, perfettamente isolata per ridurre al minimo le dispersioni energetiche, è progettata per sfruttare al meglio la luce solare e potenziare la qualità dell’ambiente lavorativo. I 1.000 kW di pannelli fotovoltaici in copertura danno una produzione di circa un milione di KWh/anno che qualificano lo stabilimento tra i primi insediamenti “eco-industriali” d’Italia. Grande attenzione al consumo energetico anche negli impianti. Le superfici interne sono riscaldate con impianto a pavimento Valsir, alimentato da una pompa di calore che allo stesso tempo produce acqua refrigerata per i processi produttivi. All’esterno sono stati installati 60 km di tubo per il raffreddamento dell’acqua utilizzata in produzione, e allo stesso tempo per lo snevamento per le aree esterne. The new Valsir manufacturing plant in Vobarno (Brescia), which opened last August, encompasses the entire production process for pipes designed for exhaust systems – five extrusion lines for polypropylene, two for polyethylene, one line for the Silere soundproofing system and one for the Triplus soundproofing system – as well as the entire logistics centre. The complex is designed to reduce environmental impact and energy consumption to a minimum. The materials for the outside finishes and colour scheme fit perfectly into the surrounding environment and the manufacturing plants are carefully positioned so as not to disturb the nearby town centre. The entire structure, which is perfectly insulated to reduce energy dispersion to a minimum, is designed to exploit sunlight and raise the standard of the working environment. The 1.000 kW of photovoltaic panels on the roof generate approximately one million KWh/year making this one of Italy’s first class A “eco-industrial” plants. Great attention is paid to energy wastage in all the plants. The interior surfaces are heated by means of a Valsir under-floor system fed by a heat pump that simultaneously generates cold water for manufacturing processes. 60 km of cooling pipes for the water used for manufacturing (and also for getting rid of snow) have been installed outside.
Le nouveau pôle productif Valsir à Vobarno (Brescia). A gauche, l’intérieur de l’usine et détails des phases de production.
photo Valsir
Il nuovo stabilimento Valsir di Vobarno (Brescia). Nelle altre immagini, l’interno dell’opificio e alcuni particolari delle lavorazioni (fasi di bicchieratura e di marchiatura). The new production plant Valsir in Vobarno (Brescia). In the other images, the interior of the factory and details of some production lines.
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Tel +39 0365 87 70 11 Fax +39 0365 81 26 8 valsir@valsir.it
photo Valsir
photo Valsir
photo Valsir
Valsir LocalitĂ Merlaro, 2 25078 Nozza di Vestone (BS) - Italy www.valsir.it
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Composants et systèmes pour l’architecture
Componenti e sistemi per l’architettura Components and systems for architecture SPECIAL
02 2012 Octobre/Ottobre/October Impression Stampa Printed by Presservice 80 via Fonderia Rumi, 7 24068 Seriate (BG), Italy
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