Il controllo del Dermanyssus gallinae all’interno della zoosfera
Ribaltamento (flip-over) nei tacchinotti: cause e soluzioni Deposizione di grasso in broiler alimentati con dieta ipoproteica
Il controllo del Dermanyssus gallinae all’interno della zoosfera
Ribaltamento (flip-over) nei tacchinotti: cause e soluzioni Deposizione di grasso in broiler alimentati con dieta ipoproteica
Appositamente realizzate per grandi allevamenti, grazie alla facile regolazione della quantità di mangime e all'assenza della griglia (che impedisce ai pulcini di rimanere intrappolati), le tramoggette Gió presentano numerosi vantaggi: semplici da usare e veloci da pulire, portano ad una notevole riduzione dei costi di lavoro.
L’editoria storicamente ha conquistato un posto di primaria importanza in ogni contesto sociale. Ancora oggi, anche se si parla sempre più di “editoria elettronica”, la carta stampata rimane uno dei principali mezzi di diffusione della cultura e dell’informazione.
È stato detto che la stampa rappresenta uno dei poteri che controllano la nostra società e la verità di tale affermazione è dimostrata dall’attenzione che ad essa viene prestata da parte di ogni potere politico ed economico.
La rivoluzione telematica e informatica hanno interessato ovviamente anche l’editoria, ma le novità non devono essere interpretate come una condanna per la carta stampata. L’editoria elettronica è una nuova tecnologia che si pone come nuova realtà da affrontare e da utilizzare. La rapidità delle informazioni telematiche presenta indubbi vantaggi, che non possono essere ignorati, ma l’efficacia della parola scritta – soprattutto in riviste tecnico-scientifiche – sarà insostituibile.
La storia ci insegna che niente può opporsi alla forza delle cose nuove, se portano progresso: occorre pertanto adeguarsi, aprirsi al nuovo, e non dimenticare che in tutte le discipline esiste la complementarità.
PRIMO PIANO
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MSD Animal Health presenta “Uova e galline”, la prima puntata della campagna Around the table 16
Il controllo del Dermanyssus gallinae all’interno della zoosfera...........................18
MARKETING
Dinamiche e modelli dell’industria avicola nei Paesi del G19 tra il 2010 e il 2020. Parte 2 – Commercio di uova ...........................................................................24
Ribaltamento (flip-over) nei tacchinotti: cause e soluzioni 32
La densità della dieta di inizio deposizione e la dimensione delle galline influenzano la produttività e la qualità delle uova a fine deposizione? ................ 36 Deposizione di grasso in broiler alimentati con dieta ipoproteica 42
Nocardiosi polmonare nei tacchinotti ............................................................... 48
Spennatura delle carcasse: togliere le piume proteggendo la qualità 50 MARKET
Se non sarà possibile garantire prezzi accessibili e stabili, è in gioco la sopravvivenza del settore: questo il grido di allarme lanciato dall’AVEC durante la 64a Assemblea generale.
“Gli operatori della filiera avicola europea stanno facendo fatica a mantenere i livelli di produzione a causa dei prezzi molto elevati di energia e mangimi. Chiediamo alle istituzioni di dare priorità alla produzione di cibo e di carni bianche per garantire la possibilità di continuare a produrre e garantire approvvigionamenti nelle settimane a venire”. È questo il messaggio lanciato da Paul Lopez, presidente uscente di AVEC, nel corso della 64a Assemblea generale dell’associazione dei produttori avicoli europei, che si è tenuta a Riga, in Lettonia, il 9 settembre scorso. A partecipare all’Assemblea anche una delegazione di Unaitalia, guidata dal presidente Antonio Forlini, dai vice presidenti Mario Veronesi e Giovanni Fileni e dal direttore Lara Sanfrancesco
“Come è successo durante la crisi dovuta al Covid-19, il settore avicolo è impegnato a collaborare con le istituzioni europee per garantire ai cittadini dell’Ue una fornitura costante di prodotti avicoli di alta qualità ed economicamente accessibili”, si legge nella nota dell’AVEC. “Ma senza l’intervento dei decisori europei, questa missione sta diventando sempre più impegnativa e rischiamo lo stop. Si risente lungo tutta la filiera di un aumento senza
precedenti dei costi dell’energia (soprattutto gas naturale, carburante ed elettricità), della CO2, degli imballaggi e della manodopera, aumenti che minacciano la continuità della produzione. L’approvvigionamento di energia e gas, in particolare, è fondamentale per la fase di allevamento e per garantire il benessere degli animali. L’invasione russa dell’Ucraina ha anche comportato un aumento sostanziale dei prezzi dei mangimi, che rappresentano per il 70% il costo di produzione. Ciò ha portato alla situazione per cui le aziende, nelle prossime settimane, potrebbero essere costrette a interrompere la produzione piuttosto che correre il rischio di grosse perdite finanziarie. Ci sono enormi difficoltà a sostenere i rialzi dei costi lungo la filiera ed è urgente il supporto delle istituzioni. Bisogna continuare a dare la priorità al settore avicolo per l’accesso sia all’energia che ai mangimi, come è stato fatto per fronteggiare la crisi legata al Covid quando l’avicoltura è stata considerata un settore cruciale e da preservare. Ma ciò non è sufficiente: se non sarà possibile garantire prezzi accessibili e stabili è in gioco la sopravvivenza del settore”.
“La Commissione europea deve aiutare gli Stati membri a intervenire per portare i prezzi dell’energia a livelli ragionevoli, per aumentare la liquidità sui mercati energetici, per diversificare l’approvvigionamento energetico e cercare soluzioni come porre un tetto ai prezzi dell’energia e dei mangimi” conclude AVEC. “La produzione sostenibile è la nostra priorità e consideriamo il nostro settore come parte della soluzione nella lotta ai cambiamenti climatici. Pertanto chiediamo alle istituzioni di sostenere con forza il nostro settore per sviluppare e accelerare la transizione verso fonti di energia sostenibili, per limitare la dipendenza dai fornitori stranieri di combustibili fossili e mangimi e aumentare la resilienza del settore”.
Concedere più spazio, abbassare le temperature massime e ridurre al minimo i tempi di viaggio sono tutti elementi necessari per migliorare il benessere degli animali d’allevamento durante il trasporto, si afferma nelle raccomandazioni pubblicate dall’EFSA.
More space, lower temperatures, journeys up to max 12 hours: these are some of the key recommendations to improve the welfare of animals transported in containers, included in a new scientific opinion by EFSA.
Il parere dell’EFSA è stato consegnato alla Commissione europea nell’ambito di una serie di cinque pareri scientifici intesi a coadiuvare la revisione in corso della legislazione sul benessere degli animali nell’Unione europea (UE), elemento cardine della strategia UE “dal produttore al consumatore” Farm to Fork (F2F).
Sufficient floor space so all can sit at the same time without overlapping. The height of the container should be such that the comb or head does not touch the ceiling when birds sit with their head and neck in a natural posture.
max
Sufficient floor space to sit in a natural resting posture. The height of the container should be at least 35 cm to ensure rabbits (up to 3 kg) can sit with their ears extended in a comfortable position TIME
The most efficient measure for preventing heat stress is to transport animals in vehicles using effective mechanical ventilation or air conditioning.
The journey duration of animals transported in containers should be considered as the whole time the animals are confined. EFSA recommends journeys up to a maximum of 12 hours, including ‘on farm’ feed withdrawal.
EFSA recommends transporting fertilised eggs instead of day-old chicks, and hatching them on the farm of destination
Good animal welfare practices not only promote intrinsic animal wellbeing but also help to make animals healthier. This is a key element for the safety of the food chain considering the close links between animal welfare, animal health and food-borne diseases, in line with the One Health principle.
I pareri scientifici riguardano i piccoli ruminanti (ovini e caprini), gli equidi (cavalli e asini), i bovini (vacche e vitelli), i suini e gli animali trasportati in contenitori, compresi i volatili domestici (polli, galline ovaiole, tacchini, ecc.) e i conigli. Vi si individuano le varie conseguenze sul benessere degli animali durante le varie fasi del trasporto, i pericoli che potrebbero esserne la causa scatenante e gli indicatori diretti del benessere dell’animale (ABM) mediante i quali è possibile valutarle. Per tutte le specie l’idoneità dell’animale al trasporto è ritenuta della massima importanza.
“Le buone pratiche per il benessere degli animali non solo riducono inutili sofferenze, ma contribuiscono anche a rendere gli animali più sani. Si tratta di un elemento cardine per la sicurezza della filiera degli alimenti, considerati gli stretti nessi tra il benessere degli animali, la loro salute e le malattie veicolate da alimenti, in linea con il principio di salute unica
RABBITS CHICKSglobale One Health al quale l’EFSA si ispira”, ha affermato Guilhem de Seze, responsabile del dipartimento dell’EFSA che si occupa di valutazione dei rischi
L’EFSA ha stabilito soglie quantitative per le temperature che devono essere mantenute all’interno di un veicolo, nonché tolleranze minime per lo spazio riservato agli animali, descrivendo anche lo sviluppo o la progressione nel tempo di varie altre conseguenze sul benessere durante il trasporto come la fame, la sete e la stanchezza. Ad esempio, per gli animali trasportati in contenitori (pollame e conigli), l’EFSA raccomanda che il periodo complessivo di permanenza degli animali nei contenitori sia quello della durata del viaggio e che per i pulcini di un giorno di età l’unico modo per evitare ripercussioni sul benessere sia quello di trasportare le uova fecondate facendole poi schiudere nell’allevamento di arrivo.
L’attuale legislazione UE sulla tutela degli animali durante il trasporto è entrata in vigore nel 2005. Le conclusioni
dell’EFSA, contestualizzate nella strategia F2F, fungeranno da base per la prevista revisione di tale legislazione da parte della Commissione europea, che mira ad allinearla alle più recenti evidenze scientifiche, ampliarne il campo di applicazione, renderne più facile l’applicazione e, in ultima analisi, garantire un livello più elevato di benessere degli animali. La proposta di revisione della Commissione è attesa per la seconda metà del 2023.
Evento pubblico sul benessere degli animali Nel frattempo il 26 settembre l’EFSA ha tenuto un evento pubblico durante il quale ha presentato le risultanze dei pareri scientifici sul trasporto degli animali e i pareri recentemente pubblicati sul benessere dei suini negli allevamenti.
Per ulteriori informazioni visitate il sito www.lubingsystem.com O scrivete una mail a info@lubing.it
Il Comitato tecnico scientifico di Fieravicola si è riunito a Forlì per un incontro, in presenza e da remoto, che è stato l’occasione per scaldare i motori in vista dei prossimi appuntamenti che interessano la filiera avicola.
con l’obiettivo di incidere sul settore. Con il Poultry Forum di maggio abbiamo dato continuità a questo progetto partito con la prima edizione di Fieravicola due anni fa, e con la giornata convegnistica del 28 ottobre abbiamo messo ancora una volta a dialogare tutte le realtà dell’avicoltura, associazioni, Unaitalia e Assoavi, comunità scientifica, produttori”.
Nella sala Borsa avicola di Forlì sono stati presentati i primi appuntamenti collegati alla fiera del prossimo anno, a partire dalla giornata convegnistica del Poultry Forum che si è svolta a Forlì il 28 ottobre con il Simposio scientifico di Sipa e la tavola rotonda durante la quale è stata presentata l’analisi Ismea sull’andamento del mercato delle carni bianche e delle uova.
Nel frattempo si sta già lavorando a pieno ritmo alla prossima edizione di Fieravicola che si terrà a Rimini dal 3 al 5 maggio 2023 in concomitanza con la fiera internazionale dell’ortofrutta Macfrut. Fieravicola, che – lo ricordiamo – è a cadenza biennale e si tiene negli anni dispari, sarà un nuovo momento per riunire tutto il settore dell’avicoltura. La presentazione al Comitato tecnico scientifico è stata l’occasione per raccogliere suggerimenti da parte dei produttori presenti e per illustrare il percorso di avvicinamento alla prossima edizione della fiera.
“Stiamo lavorando sia sulla parte della promozione commerciale sia sul cronoprogramma per organizzare alcune presentazioni internazionali, sicuramente in Algeria e almeno un paio in est Europa”, ha dichiarato il presidente di Fieravicola Renzo Piraccini. “Conto molto sull’apporto di tutti, la fiera deve essere un’opportunità importante
“Abbiamo ottenuto risultati importanti grazie alla collaborazione tra le due associazioni di produttori e alla scelta di agganciare Fieravicola a Macfrut”, ha commentato Stefano Gagliardi, coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico e direttore di Assoavi, “presentarci uniti come è accaduto in occasione del Poultry Forum a maggio è stata la carta vincente per instaurare un forte dialogo con le istituzioni, che hanno capito l’importanza del settore avicolo. Oggi possiamo contare su importanti interlocutori ed essere entrati come filiera nel Decreto aiuti del Governo è sicuramente un grande risultato”.
Anche Unaitalia, nelle persone del presidente Antonio Forlini e del direttore Lara Sanfrancesco, hanno sottolineato l’importanza di fare squadra per ottenere più ascolto come settore, un settore che dovrà affrontare sfide gigantesche nei prossimi anni.
Da giugno a settembre è stato segnalato in Europa un numero senza precedenti di casi di infezione da virus ad alta patogenicità (HPAI) di Influenza Aviaria in volatili selvatici e domestici: è quanto afferma l’analisi condotta dall’EFSA, dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie e dal Laboratorio di riferimento dell’UE. Negli anni scorsi, durante il periodo estivo, sono stati rilevati pochi casi, se non nessuno, mentre la stagione HPAI 2021-2022 ha fatto registrare la più grande epidemia finora osservata in Europa.
Tra l’11 giugno e il 9 settembre 2022 sono stati segnalati 788 casi di virus HPAI in 16 Paesi dell’UE/SEE e nel Regno Unito: 56, 22 e 710 rispettivamente nel pollame, nei volatili in cattività e in quelli selvatici. L’insolita persistenza negli uccelli selvatici si è protratta per tutta l’estate in 15 Paesi europei. Il virus ha raggiunto le colonie di riproduzione di uccelli marini sulle coste atlantica settentrionale e del Mare del Nord, causando una massiccia mortalità, in particolare in Germania, Francia, Paesi Bassi e Regno Unito.
I volatili selvatici fortemente infetti rappresentano un rischio continuo di infezione anche per i volatili domestici. Da giugno a settembre il numero di focolai infettivi nei volatili domestici è diminuito rispetto ai mesi precedenti, ma è risultato più che quintuplicato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
“Facendo riferimento ai casi rilevati nel pollame e nei volatili selvatici fino a settembre è chiaro che l’attuale epidemia è tuttora in corso. Con l’inizio della migrazione autunnale e l’aumento del numero di volatili selvatici che svernano in Europa è probabile che un maggior numero di essi risulti a rischio di infezione da HPAI, a causa della persistenza del virus in Europa”, ha dichiarato Guilhem de Seze, responsabile del dipartimento EFSA che si occupa dell’elaborazione di valutazioni del rischio.
L’EFSA raccomanda la celere messa in atto di adeguate, sostenibili strategie di attenuazione dell’HPAI, tra cui appropriate misure di biosicurezza e strategie di sorveglianza per l’individuazione precoce. Nelle aree densamente popolate e nei sistemi di produzione avicola altamente esposti all’Influenza Aviaria andranno prese in considerazione strategie di prevenzione a medio e lungo termine.
La stagione dell’HPAI in corso ha prodotto la più grande epidemia vista finora in Europa, con un totale di 2.467 focolai nel pollame e 47,7 milioni di volatili abbattuti negli stabilimenti interessati dal virus. Inoltre sono stati notificati 187 rilevamenti in uccelli in cattività e sono stati registrati 3.573 casi di HPAI in uccelli selvatici. La portata geografica dell’epidemia di quest’anno è senza precedenti, con casi segnalati che vanno dalle isole Svalbard in Norvegia al Portogallo meridionale fino all’Ucraina, per un totale di 37 Paesi europei. Nell’autunno del 2021 il virus HPAI A(H5N1) ha varcato per la prima volta l’Oceano Atlantico,
diffondendosi dall’Europa al Nord America lungo le rotte migratorie e causando una grave epidemia nel pollame in diverse province canadesi e degli Stati Uniti, oltre a causare mortalità negli uccelli selvatici.
Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), che ha contribuito alla stesura del rapporto, ha concluso che nell’UE/ SEE il rischio di infezione per la popolazione umana in genere è basso, e da basso a medio per i soggetti esposti per motivi professionali, con elevato grado di incertezza dovuta all’estrema diversità dei virus dell’Influenza Aviaria che circolano
nelle popolazioni di volatili. Il rischio di trasmissione all’uomo attraverso l’esposizione a prodotti derivati dal pollame contaminati è ritenuto trascurabile.
Inoltre l’ECDC ha pubblicato una relazione tecnica dal titolo “Test e rilevamento delle infezioni zoonotiche da virus influenzali nell’uomo nell’UE/SEE”, alla quale hanno contribuito anche l’EFSA, il Laboratorio di riferimento dell’UE e l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro.
Il Report integrale è disponibile a questo indirizzo: efsa.onlinelibrary.wiley.com/doi/epdf/10.2903/j. efsa.2022.7597
La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ha chiesto al Governo di impegnarsi per integrare i fondi a disposizione in relazione alla possibile evoluzione del quadro epidemiologico.
Sono molte le aziende della filiera avicola, infatti, che – si legge nel documento – “hanno subìto, nel periodo dal 23 ottobre 2021 al 31 maggio 2022, danni indiretti e indipendenti dalla loro volontà nel programmare, gestire e trasportare gli avicoli di loro produzione verso le aziende colpite dalle misure sanitarie restrittive di polizia veterinaria situate nelle zone focolaio di Influenza Aviaria.”
Le Regioni hanno chiesto al Governo di estendere il Fondo Aviaria anche alle aziende non ubicate nelle zone di restrizione sanitarie, ma comunque coinvolte (e danneggiate) indirettamente dalle misure.
In particolare le Regioni hanno chiesto al Governo un impegno per integrare i fondi a disposizione, anche in relazione alla possibile evoluzione del quadro epidemiologico, includendo nel quadro degli interventi economici anche quelle aziende non ubicate all’interno delle zone di restrizione sanitaria, ma che hanno subìto danni indiretti dalle misure sanitarie, nonché gli incubatoi ubicati sia nelle aree sottoposte a restrizione sanitaria sia nelle zone focolaio di Influenza Aviaria, per il periodo 23 ottobre 2021 - 31 maggio 2022.
Il Presidente di Unaitalia ha fatto gli auguri all’onorevole Francesco Lollobrigida, nuovo Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare.
“ Rivolgiamo i migliori auguri di buon lavoro al Presidente del Consiglio, onorevole Giorgia Meloni, e a tutti i membri del Governo. Al nuovo Ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, onorevole Francesco Lollobrigida, formuliamo le nostre congratulazioni e la nostra piena disponibilità al dialogo, la filiera avicola è aperta al confronto per la ricerca di soluzioni per superare il difficile momento vissuto dalle imprese lungo tutta la filiera agroalimentare e zootecnica”. Così Antonio Forlini, presidente di Unaitalia, associazione di rappresentanza della filiera avicola italiana, ha commentato l’insediamento del nuovo Governo.
“ Nonostante le molte sfide da affrontare, a partire da quella energetica, la filiera avicola, unica filiera zootecnica autosufficiente e totalmente integrata, è impegnata nella ricerca di un equilibrio tra sostenibilità ambientale, sociale ed economica, ma è fondamentale il sostegno alle filiere e al Made in Italy per continuare a garantire agli italiani l’accesso al cibo e alle proteine nobili di carni bianche e uova”, ha concluso il presidente di Unaitalia.
Fonte: Unaitalia
Piatto più basso utilizzabile dal primo all’ultimo giorno. Regolazione mangime a 6 livelli. PREZZO COMPETITIVO.
Disponibile versione specifica per gabbie. Regolazione da fase pulcinaia a fase adulta
UN SECONDO per aprire i piatti per una pulizia rapida e totale.
Un solo impianto di sollevamento per linea acqua e mangime. Maggior spazio libero nel capannone. Utilizzabile dal primo all’ultimo giorno di vita degli animali.
Regolazione livello mangime ed acqua
Il 17 settembre scorso, nella storica sede di Caraglio (CN), la famiglia Giordano ha celebrato con una grande festa insieme a partner, distributori e clienti il suo sessantesimo anno di attività nel settore avicolo.
Alle celebrazioni hanno partecipato oltre 200 persone provenienti da 28 Paesi, a dimostrazione di quanto Giordano Poultry Plast sia cresciuta nel corso degli anni, partendo da una distribuzione rivolta al mercato italiano e a quello francese, per poi espandersi in tutta Europa e nel
Fondata nel 1962 da Osvaldo Giordano, l’azienda da 60 anni occupa un posto di primo piano nel settore avicolo, occupandosi della concezione, progettazione e realizzazione dei suoi prodotti, grazie a una diretta conoscenza degli ambiti di utilizzo e delle esigenze tecniche e pratiche dei diversi comparti all’interno del mondo avicolo mondiale. resto del mondo. Durante la giornata è stata organizzata una visita in azienda, durante la quale gli ospiti hanno potuto osservare da vicino il processo di produzione di attrezzature e materiali plastici per l’avicoltura che hanno reso l’azienda famosa in tutto il mondo. È seguito un lunch durante il quale Osvaldo, Oscar ed Enrico Giordano hanno consegnato alcuni riconoscimenti a collaboratori storici e nuovi partner nel mondo. I festeggiamenti si sono conclusi con una cena di gala presso il Filatoio Rosso di Caraglio, il più antico setificio rimasto in Europa e tra i pochi in Italia a essere stato recuperato con finalità museali.
Elanco Italia S.p.A., PM-IT-22-0445
Durante il World Poultry Congress, tenutosi a Parigi nel mese di agosto, si è discusso dell’importanza dell’Integrità Intestinale (I2) nel broiler. In questa occasione Elanco Animal Health ha presentato nuovi dati che mettono in relazione il punteggio dell’Integrità Intestinale con una serie di parametri legati alla sostenibilità.
Tom Hepburn, Elanco Knowledge Solutions Technology & Analytics Leader, durante la sua relazione ha richiamato l’attenzione dei partecipanti sull’indice di Integrità Intestinale: strumento chiave per valutare la salute intestinale nel broiler e raggiungere un produzione efficiente e redditizia. Il concetto è stato ripreso anche da altri relatori invitati al simposio, che hanno descritto l’impatto negativo della coccidiosi sulla salute intestinale e l’importanza di razioni alimentari formulate per ottimizzare il ritorno sull’investimento. “Una condizione non ottimale dell'Integrità Intestinale può influenzare negativamente la redditività dell’allevamento, specialmente nell’attuale contesto del mercato che vede un significativo aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia. Infatti, una cattiva salute intestinale si può tradurre in un peggioramento dell’indice di conversione alimentare (ICA), un aumento dei costi di alimentazione, un aumento della mortalità e un ritardo nel raggiungere il peso di macellazione”.
Un peggioramento dell’indice di Integrità Intestinale genera un effetto domino su altri parametri associati a sostenibilità sociale e ambientale dell’allevamento del broiler. Ad esempio, un peggioramento di tale indice può comportare un aumento dell’uso di antibiotici, una minore efficienza alimentare con incremento di consumo di mangime, acqua e spazio necessari per chilogrammo di carne prodotta.
Uno strumento come l’Health Tracking System (HTSi) di Elanco Animal Health può aiutare i produttori a interpretare in maniera corretta le informazioni raccolte e utilizzarle per prendere, tempestivamente, le giuste decisioni sulla gestione dell’allevamento e sulla scelta dei protocolli anticoccidici più adatti per il controllo della coccidiosi, una malattia parassitaria che ancora oggi rappresenta una minaccia per la salute e l’Integrità Intestinale del broiler e che per il settore avicolo, a livello mondiale, può costare fino a 10,5 miliardi di euro all’anno.1
I dati di HTSi evidenziano come negli ultimi anni, in Europa, il picco dell’infezione da Eimeira acervulina sia leggermente anticipato e duri più a lungo. Fattore da tenere in opportuna considerazione per approntare protocolli anticoccidici mirati.
Gli ionofori rappresentano un’ottima soluzione al problema della coccidiosi. Il mercato mette a disposizione diversi ionofori con diverse peculiarità; alcuni di essi sembrano essere in grado di proteggere meglio l’Integrità Intestinale, la salute e la performance degli animali; tra questi troviamo Narasin. Molti studi
scientifici dimostrano, ad esempio, migliori risultati di Narasin rispetto alla Salinomicina in termini di crescite e conversione alimentare. Un recente studio di campo condotto in Europa dimostra che Narasin, rispetto alla Salinomicina, è in grado di migliorare l’assunzione giornaliera di mangime (da 3 a 8 g/dì), di migliorare le crescite ottenendo pesi corporei più elevati (da 2 a 3,6%). Narasin può contribuire a un ritorno sull’investimento pari a 3:1 in termini di ICA e pari a 4,6:1 in termini di peso corporeo. 2, 3
L’indice di Integrità Intestinale (I2) è un parametro originale di Elanco che valuta la salute intestinale del gruppo di animali sulla base dei dati raccolti con il sistema HTSi. È il risultato dell’analisi di 23 parametri intestinali, comprese le lesioni da coccidi. I punteggi sono calcolati su una scala che va da 0 a 100, in base a una media ponderata di tutti i parametri intestinali, con il peso maggiore assegnato alle lesioni che hanno il maggiore impatto sulla salute intestinale degli animali e, di conseguenza, sulla loro performance. Il punteggio diminuisce secondo il grado di riduzione di I2. l’Indice di Integrità Intestinale è uno strumento che ci può aiutare a prevedere l’andamento dei principali indicatori dell’efficienza produttiva nel broiler; ciascun punto di incremento di I2 rappresenta un miglioramento di 0,04g di IMG, di 0,0013 punti di ICA, di 0,52 punti di EPEF e di un 5% di vivibilità (livability).4, 5
1 Blake, D.P. et al. Re-calculating the cost of coccidiosis in chickens. Vet Res 51:115 (2020)
2 Becker, A. et. al. Effect of Monteban and Salinomycin on Broiler Performance and Mortality during Cycling Temperature Heat Stress. Research Trial Study 808. Oklahoma State University. 2013, p. 1-8
3 Elanco. Data on file
4 Kasab-Bachi H. et al. Prev Vet Med (2017) 130 (v 1.0)
5 Swirski A.L. Agriculture (2020) 1 (v 1.0)
HTSi, Elanco e la banda diagonale sono marchi registrati di Elanco o sue affiliate. © Elanco 2022 Contenuto sponsorizzato Elanco
Un viaggio attraverso la filiera zootecnica italiana alla scoperta del legame tra il benessere animale e il valore nutrizionale degli alimenti.
Around the table, Appuntamenti One Health con Evelina Flachi è la nuova campagna ideata dalle principali associazioni di categoria della filiera zootecnica, grazie al supporto non condizionato di MSD Animal Health, volta a sensibilizzare professionisti e consumatori su come la sostenibilità ambientale e il benessere degli animali si traducono in reali benefici per l’equilibrio nutri-
zionale dell’essere umano. Questo concetto è infatti il cuore pulsante dell’approccio One Health, tema centrale del progetto nonché della vision di MSD Animal Health. In questo percorso, la dott.ssa Evelina Flachi, nutrizionista e specialista in Scienze dell’Alimentazione, accompagna l’utente attraverso un viaggio alla scoperta della filiera zootecnica italiana, raccontata dai pro -
fessionisti che lavorano ogni giorno per garantire al consumatore materie prime sane e controllate perché realizzate secondo gli standard di benessere animale e sostenibilità. Attraverso quattro puntate, MSD Animal Health mostra come sia possibile contribuire alla salute collettiva proprio a partire dalla tavola. La prima puntata dal titolo “Uova e Galline” è supportata dall’associazione di categoria Assoavi, che valorizza la produzione del settore avicolo e che, insieme a MSD Animal Health, si impegna a diffondere una corretta comunicazione basata su informazioni scientifiche, combattendo le fake news.
In questo primo appuntamento, la dott.ssa Evelina Flachi incontra gli esperti del settore avicolo, tra i primi ad adottare un approccio One Health in Italia. Grazie al lavoro congiunto di medici veterinari, allevatori e professionisti del settore e grazie anche alle nuove tecnologie impiegate nella filiera avicola, è stato infatti possibile assicurare un habitat controllato agli animali e ideare efficaci programmi di prevenzione basati sulla vaccinazione. Questa nel tempo è andata a sostituirsi sempre più all’uso delle terapie antibiotiche, contribuendo alla salute delle persone e del pianeta stesso, perché permette di contrastare il fenomeno dell’antibiotico resistenza.
Grazie a una continua ricerca, medici veterinari come la dott.ssa Marta Caramori si impegnano ad aiutare gli allevatori a mettere in pratica regole condivise e sostenibili per la sicurezza e la salute degli animali, delle persone e dell’ambiente. Gli allevatori avicoli, come Laura Longoni e Luca Biasibetti, a loro volta uniscono studio e passione e inve -
stono nell’ammodernamento delle strutture e nelle innovazioni tecnologiche, ottimizzando così la salute delle proprie galline, il cui benessere determina una maggiore qualità e valore nutrizionale delle uova, e quindi la salute delle persone che le consumano.
“Ormai si sa... siamo quello che mangiamo... e per questo gli alimenti devono essere sempre di più il risultato di un processo produttivo sicuro e sostenibile. Attraverso un approccio One Health, l’equilibrio ambientale si può riflettere anche sull’aspetto nutrizionale dei cibi. Infatti, anche per l’impegno di allevatori, medici veterinari e associazioni di categoria, tutta la filiera avicola ha intrapreso da tempo percorsi virtuosi, capaci di assicurare ai consumatori alimenti sani e ricchi di nutrienti. Nel caso delle uova questo è possibile grazie a un’attenta selezione delle razze di
galline e all’uso di mangimi sempre più sani e bilanciati sotto il profilo nutrizionale”. Inoltre, la dott.ssa Evelina Flachi, madrina del progetto, ricorda che “le uova, con poche calorie, possono sostituire altre proteine di origine animale, fornendo importanti nutrienti e antiossidanti protettivi per l’organismo.”
Per seguire la prima puntata di Around the Table, scansiona il QR code
Le perdite economiche dovute all’infestazione da Dermanyssus gallinae influiscono gravemente sulla produttività dell’industria delle uova. La lotta a questo parassita rappresenta una vera e propria sfida per ogni allevatore.
Il Dermanyssus gallinae è un acaro ematofago obbligato, in grado di parassitare oltre la gallina anche altri uccelli, i topi e l’uomo. Per completare un pasto di sangue, che lo può saziare anche per sei mesi, il Dermanyssus gallinae impiega circa 30-50 minuti; terminato il pasto, si allontana dall’animale per rifugiarsi in nascondigli rappresentati da anfratti e crepe dei muri, pieghe delle lamiere, tubi e luoghi vari, in cui la femmina depone le uova.
Il ciclo biologico (da larva a protoninfa, a deutereoninfa, a ninfa, fino all’acaro adulto in grado di alimentarsi di sangue) può durare da 7 a 17 giorni, a seconda della temperatura. Una femmina produce da 30 a 50 uova, la schiudibilità cala se la temperatura supera i 35 °C, gli adulti muoiono a -20 °C oppure sopra i 45 °C, mentre a 5 °C il ciclo replicativo è molto lento. L’ingresso del parassita in allevamento può avvenire direttamente dall’ambiente silvestre oppure attra-
verso gabbie di trasporto, nuovi accasamenti, pallet, topi e mosche. Una gallina può ospitare da 25.000 a 50.000 adulti; la presenza dei parassiti causa riduzione della produzione, aumento delle uova di scarto, nervosismo, stress, peggioramento dell’indice di conversione, fino ad arrivare alla morte delle galline per anemia.
Nell’ambiente silvestre l’acaro è un parassita degli uccelli nidiacei; dall’analisi del ciclo riproduttivo si evince che la nascita dell’industria dell’allevamento per la produzione di uova ha creato “nidi artificiali”, ideali per la riproduzione degli acari, che trovano temperature ideali e cibo (ovvero animali da parassitare) in quantità illimitata, a differenza dell’ambiente silvestre, dove le condizioni di temperatura tra giorno/notte ed estate/inverno sono sfavorevoli al ciclo riproduttivo dell’acaro, che, soprattutto nel caso di uccelli migratori, si ritrova senza nutrimento dopo la migrazione.
Il Dermanyssus gallinae è presente in tutto il mondo e la percentuale di allevamenti colpiti è maggiore nei Paesi più caldi e negli allevamenti con condizioni igieniche
scadenti. Una recente revisione epidemiologica riporta che l’83% degli allevamenti europei è infestato da Dermanyssus gallinae e l’infestazione colpisce tutti i tipi di produzione, dai cortili alle fattorie biologiche, ai sistemi più intensivi.
Inoltre la normativa sul benessere della gallina ovaiola, sebbene concepita proprio per migliorarne il benessere, ha portato al passaggio di sistemi di stabulazione che hanno creato ambienti più complessi (gabbie arricchite, voliere), che offrono agli acari molti più nascondigli per sfuggire a trattamenti efficaci, favorendone la proliferazione e il relativo aggravamento del problema.
Le perdite economiche dovute all’infestazione da Dermanyssus gallinae influiscono gravemente sulla produttività dell’industria delle uova. Le conseguenze dell’infestazione da acari rossi incidono con un impatto negativo sull’indice di conversione del mangime, causando un calo della deposizione di uova, un aumento di quelle declassate e della mortalità.
Mangime complementare liquido per avicoltura
Utile per il fisiologico benessere durante la crescita e nei periodi intensi (riproduzione e produzione)
Contiene estratti di Oliva (OleaeuropaeaL.) e di agrumi (da Citrobex®) ricchi di vitamina C, bioflavonoidi e polifenoli (antiossidanti naturali).
Gli antiossidanti sono notoriamente utili al metabolismo nei momenti di stress produttivo.
Per
“L’ingresso del parassita in allevamento può avvenire direttamente dall’ambiente silvestre oppure attraverso gabbie di trasporto, nuovi accasamenti, pallet, topi e mosche. Una gallina può ospitare da 25.000 a 50.000 adulti; la presenza dei parassiti causa riduzione della produzione, aumento delle uova di scarto, nervosismo, stress, peggioramento dell’indice di conversione, fino ad arrivare alla morte delle galline per anemia”
Per tutti questi motivi, l’infestazione da Dermanyssus gallinae è ampiamente riconosciuta come una questione di benessere animale dalla comunità scientifica.
Dermanyssus gallinae è coinvolto nella trasmissione di numerosi agenti patogeni del pollame, inclusi patogeni zoonotici come Salmonella enteritidis, che è responsabile di una delle zoonosi più diffuse al mondo, la salmonellosi non tifoide. Questa malattia, tra le varie patologie zoonotiche, ha il più alto tasso di mortalità umana globale e i prodotti alimentari a base di uova e pollame rappresentano una delle fonti più comuni della malattia. Gli acari ne diventano portatori per contatto cuticolare esterno o per ingestione di un pasto di sangue da galline infette. È stato scoperto che la salmonella sopravvive internamente al Dermanyssus gallinae fino a quattro mesi, con riproduzione batterica che si verifica all’interno degli acari. Il parassita può trasmettere la salmonella al pollame quando questo ingerisce acari infetti.
Il controllo dell’infestazione al Dermanyssus gallinae si basa quasi esclusivamente sull’impiego di acaricidi.
Il primo segno clinico osservato negli animali infestati è l’anemia subacuta dovuta a ripetuti morsi di acari: una gallina ovaiola può perdere più del 3% del suo volume sanguigno ogni notte, fino a morire a causa di una grave anemia.
L’infestazione da acari porta a un aumento di 1,5 volte dei livelli ematici di corticosterone e a una diminuzione del 22% dei livelli di beta-globulina, indicando stress somatico e immunosoppressione; inoltre, i livelli di adrenalina raddoppiano e indicano uno stress psicogeno. Nelle infestazioni da acari si osserva un aumento dell’autopulizia, sintomo caratteristico dell’ansia: la gravità delle lesioni risultanti da tale comportamento è attualmente limitata dal taglio del becco, ma si prevede che aumenterà in seguito al divieto di questa pratica programmato in diversi Stati europei.
Diverse molecole acaricide si sono dimostrate efficaci nei suoi confronti, sia in sperimentazioni in vitro che in vivo: carbaryl, bediocard, dichlorvos, triclorfon, tetraclorvinphos, phoxim, flumetrina, permetrina, fervarelato, cialotrina e amitraz, ivermectina, fipronil sono tutti acaricidi che, mediante meccanismi d’azione diversi, inducono la paralisi dei parassiti e di conseguenza la morte dell’acaro.
La maggior parte di queste molecole non è però registrata nei confronti dell’acaro: sono stati registrati e immessi sul mercato solo due prodotti, uno a base di un composto organo fosforico (phoxim) e l’altro a base di spinosad. Gli allevatori hanno sempre impiegato acaricidi registrati in campo agricolo o per altre specie di animali da reddito. In assenza di prodotti specificamente registrati nei confronti del Dermanyssus gallinae il servizio veterinario aveva sempre tollerato l’uso di questi acaricidi nell’industria avicola, solo quando l’impiego avveniva esclusivamente tra due cicli produttivi e in assenza di animali. La soluzione è arrivata con un acaricida estremamente ef-
ficace, il furalaner, da somministrare due volte, a distanza di otto giorni l’una dall’altra, per via orale nell’acqua di abbeverata. Questo farmaco libera dall’infestazione, che però, purtroppo, si ripresenta dopo un periodo di circa 60-90 giorni, in quanto non ha effetto sulle uova.
L’impiego improprio degli acaricidi da parte degli allevatori per il controllo del Dermanyssus gallinae ha portato a due conseguenze:
• l’inefficacia delle molecole impiegate e la relativa comparsa di popolazioni resistenti all’azione degli acaricidi;
• l’accumulo di residui di pesticidi in organi e tessuti degli animali o nelle uova, con conseguente rischio per la salute umana. L’insensibilità di un organismo parassitario al trattamento può essere dovuta all’acquisizione di un certo grado di resistenza degli acari alle molecole acaricide oppure al non corretto impiego dell’acaricida (per esempio, un impiego in concentrazioni troppo basse oppure modalità di applicazione e tempistiche non corrette).
La tendenza degli allevatori ad aumentare la dose, se il trattamento non risulta efficace e duraturo, complica ulteriormente la situazione: trattamenti ripetuti e continuativi o a concentrazioni sbagliate possono, infatti, causare la morte di alcuni acari sensibili ma la sopravvivenza e la proliferazione di altri resistenti. In questa maniera, si sviluppano nuove generazioni di individui resistenti. Infine, è ben noto che gli animali destinati al consumo alimentare possono assumere residui di pesticidi dal mangime, dall’acqua o mediante diretta o indiretta esposizione nel corso di trattamenti con pesticidi. Quando la pressione chimica è elevata, gli acaricidi possono accumularsi nei muscoli, nel fegato, nel grasso, nella cute, nei reni e anche nelle uova, a causa della natura lipofilica delle molecole acaricide.
La causa di molti insuccessi nella lotta al Dermanyssus gallinae è legata in parte alla sua capacità di rifugiarsi in nascondigli difficilmente raggiungibili dagli interventi spray e in parte agli utilizzi errati, alle concentrazioni non corrette e più in generale a un uso improprio degli acaricidi.
Allo studio c’è un vaccino in grado di sviluppare una risposta immunitaria, come nella malaria, quando il parassita che ha ingerito il sangue viene in contatto con un anticorpo che identifica la proteina Bm 86, la quale si ritrova nell’intestino dell’acaro che in questo modo viene distrutto; in realtà, non si tratta solo di anticorpi, ma
sono coinvolte anche le interleuchine IF Ny, IL 4, IL 5, IL 10, IL 13.
In attesa del vaccino si è studiato l’acaricida ideale, che deve essere caratterizzato da queste proprietà:
• essere in grado di raggiungere tutti i luoghi in cui l’acaro si nasconde;
• avere un’efficacia prolungata;
• essere selettivo;
• non indurre resistenza;
• essere innocuo per l’ospite;
• essere di semplice applicazione;
• non corrodere le superfici;
• avere un periodo di sospensione nullo;
• essere economico.
Al momento, le uniche molecole attive nei confronti del Dermanyssus gallinae, in grado di soddisfare questi requisiti, sembrano essere gli enzimi lipolitici associati a enzimi chitinolitici, insieme ai batteri produttori di tali enzimi.
Per comprendere questa azione, occorre fare riferimento alla zoosfera, cioè quella parte della biosfera abitata e sfruttata dagli animali; tale termine viene utilizzato per definire gli animali non come singoli individui, bensì come un insieme (sfera), in modo da studiare le relazioni che tale insieme ha con le altre parti presenti e cioè i microorganismi, le larve, gli insetti presenti nella zoosfera.
Ben diversa è la zoosfera nell’ambiente silvestre da quella dell’allevamento. Nella zoosfera silvestre l’acaro e i nidiacei devono sottostare alle condizioni climatiche naturali e condividere la zoosfera con fitoseidi entomofagi, micorrize, spore e batteri tellurici, tutti potenzialmente antagonisti del Dermanyssus gallinae; inoltre, i nidiacei possono abbandonare o comunque allontanarsi dal nido infestato (i migratori, per esempio, abbandonano il nido all’arrivo dell’autunno). Nella zoosfera dell’allevamento industriale, invece, troviamo un ambiente climatizzato, privo di antagonisti dell’acaro e ricco al contrario di potenziali patogeni per gli animali presenti: salmonelle, enterococchi e stafilococchi, oltre a insetti vettori con le loro larve.
Nell’allevamento industriale della gallina ovaiola, infatti la zoosfera è rappresentata dal locale che accoglie gli animali, comprese le attrezzature, la lettiera con tutti i microorganismi, le larve e gli insetti presenti. I microorganismi della zoosfera dell’allevamento possono influenzare la crescita e la salute degli animali presenti.
L’elevata produttività della moderna zootecnia è resa possibile dall’impiego mirato di mangimi, antibiotici, antifermentativi e – nel caso del controllo del Dermanyssus gallinae – dall’uso di antiparassitari chimici. Poiché, come abbiamo visto, questi antiparassitari diventano inutilizzabili quando l’acaro manifesta resistenza, occorre trovare soluzioni alternative e sostenibili; tale opzione è resa possibile dal sostegno mirato fornito dai microorganismi della zoosfera e dai loro servizi prestati agli animali e all’ambiente. Una comprensione approfondita dei microbioti della
zoosfera costituisce pertanto la base per lo sviluppo di soluzioni future sostenibili, relative alla lotta antiparassitaria del Dermanyssus gallinae ma non solo.
Un pool enzimatico, insieme ai batteri produttori di lipasi e chitinasi, è in grado, una volta aderito all’acaro, di intaccarne l’esoscheletro che, come tutti gli apparati di rivestimento, presiede a funzioni di protezione, secrezione ed escrezione e, come tutti gli apparati di sostegno, offre supporto agli organi e l’attacco al sistema muscolare. La struttura base dell’esoscheletro si compone dei seguenti tre strati dall’interno all’esterno:
• un tessuto connettivale, detto membrana basale;
• un tessuto epiteliale, detto epidermide;
• un tessuto inerte, detto cuticola. È la cuticola – che a sua volta si divide in due strati, l’epicuticola, più esterna, e la procuticola, più interna – a conferire all’esoscheletro le caratteristiche di rigidità, elasticità e inerzia chimica.
L’epicuticola, dal punto di vista chimico, è di natura cerosa-lipoproteica-tannica, mentre la procuticola è formata da fibrille di chitina, organizzate in strutture pluristratificate.
Il pool enzimatico chitinolitico contiene enzimi lipolitici in grado di disgregare lo strato ceroso dell’epicuticola, permettendo agli enzimi chitinolitici di intaccare la procuticola. Questa azione combinata provoca la disgregazione dell’esoscheletro dell’acaro, che perde la sua proprietà protettiva, provocandone la morte. Inoltre i batteri produttori di lipasi e chitinasi, una volta venuti a contatto con
l’acaro, possono essere veicolati dallo stesso nei rifugi e nei nidi e completare così l’opera di dissoluzione di tutti gli esoscheletri presenti.
Infine, è possibile intervenire anche attraverso la somministrazione orale di estratti di aglio, tanaceto e curcuma in grado di liberare diverse sostanze antinfiammatorie, che danno sollievo al rossore e gonfiore provocato dalle lesione dell’acaro, e che aiutano il corpo a rispondere all’infiammazione inibendo la produzione e il rilascio di sostanze irritanti, quali l’istamina.
Altre sostanze, quali l’allicina, svolgono una funzione repellente ma il responsabile del 90% dell’efficacia è sicuramente il tujone, presente nel tanaceto. Una somministrazione continuativa, oltre all’azione antinfiammatoria e repellente, è in grado di ridurre in modo significativo la popolazione di acari, in quanto l’azione convulsivante del tujone è provocata dalla sua tossicità sul sistema nervoso dell’acaro. La tossicità è molto bassa, al punto da ritenere questo composto innocuo per l’uomo e per i vertebrati. L’insieme di aglio, curcuma e tanaceto (quest’ultimo, a differenza delle piretrine, non produce effetti abbattenti) concretizzerà i risultati dopo un certo periodo di tempo. Risulta valido quindi il suo impiego appena si ha la comparsa dei parassiti, poiché contribuisce ad arrestare la crescita della popolazione di acari.
In conclusione, interagire favorevolmente sulla zoosfera, indirizzando le crescite dei diversi microorganismi, ci permette di convivere con il Dermanyssus gallinae, favorendo parallelamente lo sviluppo sostenibile e sano delle derrate di origine animale.
Il G20 è stato fondato nel 1999 a Berlino come forum di 19 singoli Paesi membri e dell’UE1, sostituendo l’ex G8. L’obiettivo principale del forum è quello di intraprendere azioni che contribuiscano alla stabilità della situazione finanziaria globale. In questo articolo vengono analizzati 19 Paesi invece di 20: l’Unione europea è omessa in quanto quattro Stati membri fanno parte del G19.
L’autore è Professore Emerito all’Università di Vechta e Visiting Professor all’Università di Medicina Veterinaria di Hannover, Germania
Nel 2020 i Paesi del G19 hanno contribuito all’inventario mondiale delle galline ovaiole con il 70,5% e alla produzione mondiale di uova con il 74,3%. Il loro contributo al commercio mondiale di uova è stato molto inferiore, con il 34,9% nelle esportazioni e il 33,8% nelle importazioni mondiali. Nell’articolo pubblicato lo scorso mese (Zootecnica International 10/2022) sono stati analizzati i modelli spaziali della produzione di uova a livello nazionale; questo articolo tratterà
invece delle dinamiche e dei modelli del commercio delle uova tra il 2010 e il 2020.
Dinamiche e modelli delle esportazioni di uova nei Paesi del G19
Al contrario della carne, che può essere congelata, le uova fresche possono essere solo raffreddate. A causa della durata di conservazione relativamente breve, quindi,
1 S ono Stati membri del G20: Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Corea del Sud, Messico, Russia, Arabia Saudita, Sudafrica, Turchia, Regno Unito, Stati Uniti e Unione europea.
le uova vengono spedite nella maggior parte dei casi solo su brevi distanze e sono pertanto prodotte principalmente per il consumo interno. La quota del volume di scambi nella produzione è molto bassa: nel 2020 solo il 2,4% delle uova prodotte ha raggiunto il mercato mondiale. Sono invece di notevole importanza economica per alcuni Paesi le importazioni di uova.
Le esportazioni globali di uova sono aumentate di 255.500 tonnellate (14,0%), mentre le esportazioni dei Paesi del G19
Totale: 0.726 mill. t
Totale: 2.081 mill. t Mondo 3,7% 2,1%
G19
2,2% 2,5% 2,5% 4,1% 4,6% 10,0% 16,3% 22,0%
30.0%
Turchia USA Germania Cina Francia Russia Giappone U.K. India Italia Altri
7,7% 10,5%
66,2% 0,8% 0,8% 0,9% 0,9% 1,4% 1,6% 3,5% 5,7%
Figura 1 – Contributo dei dieci Paesi leader del G19 alle esportazioni mondiali di uova e a quelle del G19 nel 2020 (design: A.S. Kauer sulla base di dati FAO).
sono cresciute di 84.400 tonnellate, pari al 13,2% (Tabella 1). Il loro contributo nella crescita globale assoluta è stato del 33,2%. Ovviamente diversi Paesi del G19
sono stati in grado non solo di intensificare la loro produzione, ma anche di generare un surplus rispetto alla domanda, in modo da esportarlo. Uno sguardo più
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Tabella 1 – Sviluppo delle esportazioni di uova da parte dei Paesi del G19 tra il 2010 e il 2010 e relativi contributi alle esportazioni mondiali; dati in migliaia di tonnellate (fonte: database FAO).
2010 2020
Paese Export Contributo (%)
Turchia Germania Cina USA Franc ia Arabia S. India Italia Brasile Russia Regno Unito Sudafrica Messico Canada Argentina Giappone Rep. Corea Australia Indonesia
131,6 115,1 100,2 86,1 57,0 41,2 34,9 27,7 13,9 12,9 6,8 5,7 2,8 2,6 1,1 0,9 0,4 < 0,1 < 0,1
7,2 6,3 5,5 4,7 3,1 2,3 1,9 1,5 0,8 0,7 0,4 0,3 0,2 0,1 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1
Paese Export Contributo (%)
Turchia USA Germania Cina Francia Russia Giappone Regno Unito India Italia Brasile Sudafrica Rep. Corea, Arabia Saudita Canada Australia Indonesia Argentina Messico
217,9 159,3 118,4 72,9 33,3 30,0 18,1 18,0 16,1 15,6 12,8 11,0 1,6 0,4 0,2 0,2 < 0,1 0 0
10,5 7,7 5,7 3,5 1,6 1,4 0,9 0,9 0,8 0,8 0,6 0,5 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 0 0
G19 640,9 35,1 G19 725,8 35,9
Mondo 1.826,4 100,0 Mondo 2.081,9 100,0
attento ai cambiamenti della classifica e ai volumi di esportazione rivela alcun dinamiche interessanti. La Turchia rimane il primo esportatore: nel 2020 ha contribuito al volume mondiale dell’export con il 10,5%. La Germania è stata sostituita dagli Stati Uniti al secondo posto, la Cina ha perso una posizione e il 2,0% della sua precedente quota, la Francia l’1,5% e la Germania lo 0,6%. Al contrario, la Turchia ha guadagnato il 3,3% e gli Stati Uniti il 3,0%. A prima vista è sorprendente che la Germania con un’autosufficienza inferiore al 70% abbia esportato 11.400 tonnellate di uova fresche. Ciò è dovuto al fatto che diversi proprietari di allevamenti olandesi possiedono anche allevamenti nella Germania orientale, da dove spediscono uova nei Paesi Bassi. Giunte qui, le uova vengono ulteriormente esportate
oppure trasformate, ma vengono comunque conteggiate come esportazioni dalla Germania e come importazioni nei Paesi Bassi.
La Tabella 2 elenca i Paesi del G19 in base alla variazione assoluta delle loro esportazioni di uova. Turchia, Stati Uniti, Giappone e Russia si sono classificati nelle prime quattro posizioni e il loro volume in totale è cresciuto di 193.800 tonnellate. Cina, Francia, India e Italia hanno invece ridotto notevolmente le loro esportazioni. Cina e India hanno esportato meno uova a causa del rapido aumento del consumo pro capite e di una crescente domanda interna. Il calo nelle scorte di galline ovaiole in Francia e in Italia spiega la riduzione dei loro volumi di esportazione. Le variazioni relative hanno oscillato tra 1.911,1% per il Giappone
e -53,9% per l’India. I tassi di crescita per la Turchia riflettono la rapida crescita della produzione di uova e un elevato surplus rispetto alla domanda (vedi Tabella 5).
Tabella 2 – Paesi del G19 con il maggior aumento e la maggiore diminuzione nell’esportazione di uova tra il 2010 e il 2020; dati in migliaia di tonnellate (fonte: database FAO, calcoli dell’autore).
Paese Export Variazione (%)
Turchia USA Giappone Russia Regno Unito Sudafrica Germania Rep. Corea Brasile Italia India Franc ia Cina
86,3 73, 2 17, 2 17,1 11, 2 5,3 3,3 1, 2 - 1,1 - 12,1 - 18,8 - 23,7 - 27,3
65,6 85,0 1 911,1 132,6 164,7 92,9 2,9 300,0 - 7,9 - 43,7 - 53,9 - 41,6 - 27, 2
G19 84,4 13,2 Mondo 255,5 14,0
La Figura 1 mostra la notevole concentrazione regionale nelle esportazioni di uova del G19. I dieci Paesi leader hanno contribuito con il 96,3% al volume complessivo delle esportazioni, i primi quattro con il 78,3%.
Dinamiche e modelli delle importazioni di uova nei Paesi del G19
Le importazioni di uova dei Paesi del G19 sono cresciute più lentamente delle importazioni mondiali, che sono aumentate di 468.000 tonnellate nell’ultimo decennio e hanno raggiunto un volume di 2,1 milioni di tonnellate nel 2020, con una cre -
scita relativa del 27,9%. Le importazioni dei Paesi del G19 sono invece aumentate di 57.500 tonnellate, ovvero dell’8,6%. Alla crescita globale i Paesi del G19 hanno contribuito soltanto con il 12,3% (Tabella 3): ciò indica che il commercio di uova nei Paesi che non appartengono al gruppo G19 ha mostrato una dinamica notevolmente più elevata.
Un confronto tra la classifica dei Paesi del G19 nel 2010 e nel 2020 mostra alcuni cambiamenti interessanti (Tabella 4). Mentre la Germania è rimasta al primo posto, nonostante abbia perso il 10,9% della quota precedente, la Russia ha guadagnato tre posizioni. Anche l’Arabia Saudita e il Messico sono saliti in classifica, mentre Francia, Italia, Regno Unito e Stati Uniti sono scesi. Nel 2020 otto dei Paesi del G19 si sono spartiti meno dello 0,1% del volume mondiale delle importazioni oppure non hanno affatto importato uova fresche. La concentrazione regionale delle importazioni di uova è stata addirittura superiore a quella delle esportazioni: la Figura 2 mostra che i
“Le importazioni di uova dei Paesi del G19 sono cresciute più lentamente delle importazioni mondiali, che sono aumentate di 468.000 tonnellate nell’ultimo decennio e hanno raggiunto un volume di 2,1 milioni di tonnellate nel 2020, con una crescita relativa del 27,9%. Le importazioni dei Paesi del G19 sono invece aumentate di 57.500 tonnellate, ovvero dell’8,6%ˮ
- novembre 2022 -
Tabella 3 – Lo sviluppo delle importazioni di uova nei Paesi del G19 tra il 2010 e il 2020 e il loro contributo al volume mondiale di importazioni; dati in migliaia di tonnellate (fonte: database FAO).
2010 2020
Paese Import Contributo (%) Paese Import Contributo (%)
Germania Franc ia
Italia
Regno Unito Canada Russia Messico USA Arabia S. Turchia Australia Giappone Rep. Corea Cina India Brasile Indonesia Sudafrica Argentina
481,5 54,2 39,9 36,1 24,9 16,7 7,3 3,4 2,0 0,8 0,8 0,8 0,5 0,2 0,1 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1
28,7 3,2 2,4 2,2 1,5 1,0 0,4 0,2 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1
Germania Russia Franc ia Arabia S. Messico Italia Regno Unito Canada USA Turchia Australia Giappone Rep. Corea Brasile Sudafrica India Argentina Indonesia Cina
382,4 79,4 57,4 53,9 44,5 42,2 29,7 27,0 3,7 2,2 1,6 0,7 0,5 0,2 0,2 < 0,1 < 0,1 0 n, d,
17,8 3,7 2,7 2,5 2,1 2,0 1,4 1,3 0,2 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 < 0,1 0 n, d,
G19 669,3 39,9 G19 725,6 33,8
Mondo 1.677,2 100,0 Mondo 2.145,2 100,0
Tabella 4 – Variazione assoluta e relativa delle importazioni di uova da parte dei Paesi del G19 tra il 2010 e il 2020; dati in migliaia di tonnellate (fonte: database FAO; calcoli dell’autore)
Paese Import Variazione (%)
Russia Arabia Saudita Messico Franc ia Italia Canada Sudafrica Turchia Australia USA Regno Unito Germania
62,7 51,9 37, 2 3, 2 2,3 2,1 1,6 1,4 0,7 0,3 - 6,4 - 99,1
375,4 2 595,0 409,8 5,9 5,8 8,4 39 900,0 175,0 92,7 8,9 - 17,8 - 20,6
G19 57,5 60,9 Mondo 468,0 67,4
dieci principali Paesi del G19 hanno condiviso il 99,7% del volume complessivo delle importazioni, i due principali il 63,6%, la Germania da sola il 52,7%. Nella Tabella 4 i Paesi del G19 sono elencati in base alla variazione assoluta di importazioni di uova. Dieci Paesi hanno importato più uova nel 2020 che
nel 2010; otto Paesi hanno ridotto le proprie importazioni o non hanno importato affatto. Solo l’Argentina non ha importato uova nel 2010 e nel 2020. Il più alto aumento delle importazioni lo ha fatto registrare la Russia, seguita da Arabia Saudita e Messico.
La Germania, primo importatore di uova, ha ridotto le proprie importazioni di 99.100 tonnellate nonostante un aumento del consumo pro capite: ciò è stato possibile grazie al rapido aumento (circa 14 milioni tra il 2010 e il 2020) delle consistenze di galline ovaiole. La Federazione Russa, dove il consumo pro capite è cresciuto di oltre 50 uova nell’ultimo decennio, ha dovuto aumentare notevolmente le importazioni.
Le maggiori importazioni del Messico sono il risultato di diversi focolai di Influenza Aviaria, che hanno provocato una carenza di uova. La crescita delle importazioni dell’Arabia Saudita è il risultato di una domanda interna in rapida crescita. Gli Stati Uniti sono stati costretti a importare uova perché alcune aziende di trasformazione non sono state in grado di rispettare i contratti con l’industria alimentare a causa delle massicce perdite di ovaiole durante i focolai di Influenza Aviaria del 2015.
Solo in due dei nove Paesi con importazioni in diminuzione, ovvero Regno Unito e Germania, la riduzione ha raggiunto importi considerevoli.
Nel Regno Unito la crescente produzione e un consumo pro capite più o meno stagnante hanno permesso di ridurre le importazioni. In Germania la produzione di uova è aumentata del 28,9% tra il 2010 e il 2020
a causa delle scorte più elevate. Una forte riduzione delle importazioni ne è la conseguenza.
La
bilancia commerciale delle uova nei Paesi del G10 nel 2020
2,7% 3,7% 17,8% 0,3% 0,3% 0,5% 3,7% 4,1% 6,1% 6,1% 7,4% 7,9% 10,9%
Totale: 0.722 mil. t G19 52,7%
Totale: 2.145 mill. t Mondo 66,2% 0,1% 0,2% 1,3% 1,4% 2,0% 2,1% 2,5%
Figura 2 – Contributo dei dieci Paesi leader del G19 alle importazioni mondiali di uova e a quelle del G19 nel 2020 (design: A.S. Kauer sulla base di dati FAO).
e Sud Africa. Il più alto deficit commerciale lo hanno mostrato Germania, Arabia Saudita, Russia, Messico, Canada, Italia e Francia. I dati nella Tabella 5 indicano che la concentrazione regionale è stata molto elevata sia nelle bilance commerciali positive che negative. Alcuni Paesi hanno registrato un notevole avanzo rispetto alla domanda e R www.valli-italy.com Area Baby Area Bellavita Castello Casa Piramide Plus Vita VLV Plus
Turchia USA Cina Giappone India Francia Italia Canada Messico Russia Arabia S. Germania -264,0 -53,4 -49,4 -44,5 -26,8 -26,6 -24,1 16,0 17,4 72,9 155,6 215,7
-300-225-150 -75 0 75150225300
Figura 3 – Bilancia commerciale delle uova di alcuni Paesi selezionati del G19 nel 2020; dati in migliaia di tonnellate (design: A.S. Kauer sulla base di dati FAO; calcoli dell’autore).
solo pochi hanno registrato disavanzi notevolmente elevati nei loro scambi di uova fresche (Figura 3). I dati documentano nuovamente che la maggior parte dei Paesi produce uova principalmente per la propria domanda interna.
L’analisi fin qui condotta ha mostrato che la quota dei Paesi del G19 nel commercio mondiale delle uova è stata molto più bassa, con circa il 33% nelle esportazioni e nelle importazioni rispetto alla produzione. Ciò riflette la capacità della maggior parte dei Paesi del G19 di soddisfare la crescente domanda intensificando la produzione interna di uova. Tuttavia le bilance commerciali delle uova dei singoli Paesi hanno mostrato notevoli diffe -
renze tra un’elevata eccedenza e la necessità di importare grandi quantità di uova per soddisfare la crescente domanda e gli elevati volumi di esportazione. È possibile prevedere che la quota dei Paesi del G19 nel commercio mondiale delle uova au-
menterà ulteriormente a causa delle notevoli dinamiche in diversi Paesi come India, Indonesia, Brasile e Turchia. La rapida crescita della domanda in alcune parti dell’Asia occidentale potrebbe determinare un aumento delle importazioni. D’altro
Tabella 5 – Bilancia commerciale relativa alle uova nei Paesi del G19 nel 2020; dati in migliaia di tonnellate (fonte: database FAO; calcoli dell’autore).
canto, i progressi compiuti da diversi Paesi del G19, che negli ultimi dieci anni hanno investito in sistemi di produzione efficienti, possono consentire loro di aumentare i volumi delle esportazioni.
I dati della Tabella 5 indicano che la concentrazione regionale è stata molto elevata sia nelle bilance commerciali positive che in quelle negative. Alcuni Paesi hanno registrato un surplus considerevole rispetto alla domanda e solo pochi hanno registrato disavanzi notevolmente elevati nei loro scambi con le uova fresche.
Fonti, bibliografia e consigli di lettura
FAO database: http:// www.fao.org/faostat G 20: https://en.wikipedia. org/wiki/G20.
Paese
Bilancia commerciale Turchia USA Cina Giappone India Brasile Sudafrica Rep. Corea Argentina Indonesia Australia Regno Unito Francia Italia Canada Messico Russia Arabia Saudita Germania
215,7 155,6 72,9 17,4 16,0 12,6 10,8 1,1 0 0 - 1,4 - 11,7 - 24,1 - 26,6 - 26,8 - 44,5 - 49,4 - 53,4 - 264,0
Windhorst, H.-W.: Patterns and dynamics of the EU poultry industry: a status report. Part 1: Laying hen husbandry, egg production and egg trade. In: Zootecnica International 43 (2021), n. 12, p. 22-26.
Windhorst, H.-W.: Patterns and dynamics of global egg trade: the situation in 2020. In: Zootecnica International 44 (2022), n. 5, p. 14-17.
Worldbank: https://data. worldbank.org/.
I primi giorni di vita del tacchinotto sono un’estensione del processo di incubazione; l’intero procedimento, incluso l’accasamento, non è altro che una catena forte tanto quanto lo sarà il suo anello più debole. Per cominciare, occorrono uova di buona qualità, costantemente monitorate nel corso dell’incubazione e della schiusa. Poi i tacchinotti vanno aiutati, mantenendoli alla giusta temperatura corporea (39,4-40 °C) durante il procedimento di schiusa, in attesa del trasporto e durante la consegna. È importante, successivamente, fornire immediato accesso all’acqua e al mangime in allevamento. Occorrono anche una giusta temperatura e ventilazione. Nel caso i pulcini arrivassero surriscaldati o infreddoliti, bisogna prevedere una specifica procedura per farli riprendere, senza stress ulteriori.
Il flip-over (ribaltamento) può derivare da diversi fattori:
• raffreddamento oppure surriscaldamento dei pulcini in incubatoio o nel camion durante il trasporto;
• eccesso di temperatura in pulcinaia quando i pulcini sono lenti a muoversi, abbeverarsi o alimentarsi;
• surriscaldamento prolungato, che causa affanno, disidratazione e conseguente ribaltamento.
Questo fenomeno può, sin dall’inizio del ciclo, compromettere uniformità, salute e performance del gruppo.
La finestra di schiusa è uno strumento che consente di valutare l’incubazione e la schiusa, onde evitare il surriscaldamento dei pulcini e consiste nel controllare il numero di tacchinotti schiusi in un periodo specifico, prima di dare inizio all’apertura delle macchine.
A 36 ore dalla loro apertura, lo scopo sarebbe avere 1-2% di soggetti schiusi nelle incubatrici a stadio unico e l’1-5%
in quelle a multistadio. A distanza di 24 ore non dovrebbe superare il 15% e a 12 ore dovrebbe essere del 95%.
È importante controllare frequentemente la temperatura del guscio e regolare le impostazioni dell’incubatrice secondo le istruzioni, per ottenere le temperature desiderate. Lo scopo è avere temperature del guscio inferiori a 37,8 °C per tutta la schiusa. I pulcini esposti a temperature elevate durante l’incubazione spesso hanno un’alta temperatura corporea interna. Ad esempio, se l’uovo nell’incubatrice è esposto a temperature superiori a 38,3 °C, ne possono derivare pulcini la cui temperatura, al momento della schiusa, varia dai 41,1 °C a temperature maggiori. Il nostro scopo è invece quello di avere tacchinotti la cui temperatura cloacale sia tra i 39,4 e i 40 °C.
Tale rilievo va eseguito al momento dell’apertura dell’incubatrice, nel corso della lavorazione del pulcino, in una stanza apposita. I soggetti surriscaldati non vogliono bere o mangiare e sono inclini a ribaltarsi. Il sistema immunitario del tacchinotto inizia a svilupparsi quando mangia e beve; se una volta arrivato in pulcinaia non mangia o beve imme-
diatamente, diventa quindi più esposto alle malattie. Lo scopo di qualsiasi schiusa è produrre tacchinotti di ottima qualità, e ciò si riflette nella bassa mortalità dopo l’accasamento, oltre che nelle performance a fine ciclo.
L’attività dei tacchinotti va controllata dopo l’accasamento: dovrebbero essere attenti, attivi e alla ricerca di cibo e acqua. È utile controllare la loro temperatura corporea sia all’arrivo che dopo 6-12 ore, per essere certi che l’ambiente risulti confortevole. I cambiamenti comportamentali sono un altro valido indicatore dello stato di comfort del pulcino. Ad esempio, se si ammassano significa che hanno freddo; se sono in affanno e aprono le ali hanno caldo. Nel 2016 è stato condotto uno studio sulla temperatura corporea dei tacchinotti al momento della spedizione e a 7 giorni, confrontandola con la mortalità. Si è visto che quelli con temperatura tra i 39,4 e i 40 °C avevano pesi maggiori e minore mortalità. Il caldo è importante, ma non bisogna esagerare. Se i pulcini hanno una temperatura troppo bassa al momento della spedizione, va aumentata la temperatura ambientale di un paio di gradi, evitando però sbalzi termici. La temperatura del suolo, tra le mangiatoie e gli abbeveratoi non deve superare i 35-35,6 °C. Se diventa troppo caldo, il tacchinotto non ha spazio per trovare la zona di comfort e quindi verrà sottoposto a uno stress ulteriore. Il calore andrebbe ridotto dopo 8-10 ore dall’accasamento, fino a raggiungere una temperatura della lettiera di 33,3-34,4 °C. Se i pulcini non smettono di capovolgersi e rovesciarsi, può essere utile allestire una zona infermeria per farli rialzare, prima che siano completamente disidratati ed esausti. Queste aree però non dovrebbero rappresentare la routine; in caso contrario significa che, da qualche parte nella catena di schiusa, lavorazione, spedizione, ecc. esiste una falla di qualche tipo alla quale bisogna porre rimedio.
Nel caso sia troppo caldo e i pulcini siano surriscaldati, il sistema andrebbe regolato per ottenere una corretta temperatura al suolo. La ventilazione dovrebbe essere regolata con un termostato e non solo con l’impostazione di ventilazione minima. È importante controllare frequentemente il comportamento del tacchinotto e la sua temperatura corporea. Se ha freddo, bisogna aumentare la temperatura ambiente e della lettiera. Anche in estate, quando la temperatura esterna è alta, bisogna comunque
prevedere un riscaldamento prima dell’accasamento, in modo da garantire una lettiera tiepida. Le nuove cappe sono dotate di sistemi elettronici che le regolano secondo la temperatura impostata dal computer del capannone. Per essere certi che le cappe funzionino e che il riscaldamento e le temperature target siano impostati insieme, si consiglia di spegnere il riscaldamento a ½ grado sopra la temperatura impostata nelle prime 8-12 ore.
Hybrid Turkeys suggerisce in inverno di preriscaldare il capannone 72 ore prima dell’accasamento, in modo che le temperature interne siano raggiunte 24 ore prima dell’arrivo dei pulcini. È importante che la temperatura della lettiera sia 33,3-34,4 °C nello spazio tra le mangiatoie e gli abbeveratoi. A 5 giorni di età del gruppo si può abbassare a 31,1 e a 7 giorni di età a 30,5 °C. Seguire queste indicazioni favorisce da parte dei tacchinotti nella prima settimana la ricerca di acqua e mangime, migliorando le performance dell’intero ciclo. Se i tacchinotti sono letargici, è importante controllare che nel capannone non ci siano livelli eccessivi di CO2, che dovrebbe restare sempre inferiore a 2500 ppm, oppure di CO, che deve essere inferiore a 20 ppm. Oltre questi livelli, il tacchinotto sente freddo. Anche l’intensità luminosa favorisce l’attività degli animali e li incoraggia a mangiare, perché consente loro di identificare mangiatoie e abbeveratoi. Gli addetti all’allevamento non hanno una chiara percezione dell’intensità luminosa, pertanto è importante procedere con la misurazione: nei primi 5-7 giorni bisognerebbe avere 80-100 lux. Un facile accesso ad acqua e mangime diminuisce il numero di ribaltamenti. Pulcini che mangiano e bevono, infatti, iniziano ad assorbire subito il sacco vitellino. Usare la carta per favorire l’accesso ad acqua e cibo è una buona soluzione, nei primi 2 giorni, per ridurre la disidratazione ed evitare gozzi compatti. Tale fenomeno avviene quando il tacchinotto trova da mangiare ma non da bere: avremo allora soggetti che si ribaltano per il gozzo troppo pieno e asciutto. Esistono anche validi prodotti reidratanti che favoriscono una buona partenza, soprattutto nei gruppi che vengono spediti il giorno successivo alla schiusa.
Dunque incubazione, schiusa, lavorazione, spedizione, consegna e preparazione della pulcinaia sono tutti passaggi importanti nel determinare una buona o scarsa partenza del tacchinotto. La chiave del successo è avere un sistema di monitoraggio, come la finestra di schiusa e/o le temperature del tacchinotto e quelle di trasporto e ambiente correttamente monitorate. Non sarà tutto sempre perfetto, per questo è importante sapere sempre cosa fare prima di accasare i tacchinotti.
I sistemi Jansen sono noti per la loro qualità e affidabilità. Vengono proposte varie soluzioni, tra cui sistemi a voliera per ovaiole commerciali e svezzamento pollastre, nidi per ovaiole commerciali e riproduttori.
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W.I. Muir1, Y. Akter1, K. Bruerton2 and P.J. Groves3
1 School of Life and Environmental Sciences, Faculty of Science, Poultry Research Foundation, The University of Sydney, Camden, NSW 2570, Australia
2 PO Box 1362, Elanora, Queensland, 4221, Australia
3 Sydney School of Veterinary Science, Faculty of Science, Poultry Research Foundation, The University of Sydney, Camden, NSW 2570, Australia
Il peso della pollastra ha un’influenza significativa sulla sua maturità sessuale, sulla produzione di uova e sull’uniformità del gruppo. In questo studio i ricercatori hanno indagato se anche la densità della dieta a inizio deposizione possa influenzare la produttività delle ovaiole a fine ciclo.
Nello studio la produzione totale e le uova deposte a fine ciclo sono state valutate in galline pesanti e leggere di linea Isa Brown, alimentate con un mangime ad alta densità nutrizionale (HND) o a bassa densità (LND) nel corso della deposizione. Le pollastre di
18 settimane sono state suddivise in gruppi di peso standard (BSW ), superiore (HW ) oppure inferiore (LW ). Ciascuno di questi gruppi ha ricevuto mangime ad alta oppure a bassa densità a inizio deposizione (HND o LND), ovvero dalle 18 alle 24 settimane di
La densità della dieta di inizio deposizione e la dimensione delle galline influenzano la produttività e la qualità delle uova a fine deposizione?
vita ( WOA). Le galline nutrite con HND sono passate poi a un mangime LND a 25 settimane e da quel momento tutte hanno ricevuto lo stesso mangime, che è cambiato a 40 e poi a 70 settimane. Sono state quindi registrate le performance delle galline dalla 18a alla 89a settimana e la qualità delle uova su 12 soggetti individuati per ogni gruppo, tra l’86a e la 90a settimana. A 89 settimane le galline più pesanti avevano un peso significativamente maggiore, maggiore consumo di mangime e massa di uova rispetto a quelle leggere LW. Circa il peso delle uova, le galline pesanti alimentate con dieta leggera LND hanno prodotto le uova più pesanti, mentre quelle leggere con dieta pesante hanno prodotto le uova più leggere. Le HW hanno inoltre prodotto più uova per gallina e hanno fatto registrare un migliore rapporto di conversione del mangime a fine ciclo; le galline LW con dieta HND hanno avuto invece la minore conversione a fine ciclo. Infine, il colore del tuorlo e il peso del guscio, come percentuale di peso delle uova, non sono risultati diversi, ma lo spessore del guscio e la resistenza alla rottura è risultato significativamente maggiore nelle galline alimentate con mangime HND. Soprattutto, le galline LW hanno evidenziato benefici dalla dieta HND somministrata a inizio deposizione.
Il peso della pollastra (BW ) ha un’influenza significativa sulla sua maturità sessuale, sulla produzione di uova e sull’uniformità del gruppo. I gruppi australiani sono spesso 100-300 grammi più pesanti rispetto allo standard di razza (BSW). Tipicamente depongono uova più grandi delle galline LW, ma il peso corporeo maggiore è sintomo di obesità, che causa una produzione di uova troppo grandi e una bassa persistenza in deposizione a fine ciclo, rispetto alle galline più leggere. Pertanto, allevare pollastre di peso leggermente inferiore può migliorare la persistenza in deposizione e la qualità delle uova, soprattutto se depongono oltre le 80 settimane.
L’industria delle uova, infatti, sta estendendo la deposizione fino a 100 settimane di vita, in modo da migliorarne la sostenibilità. Ma affinché ciò avvenga, occorre avere una produttività, uno stato sanitario e una qualità delle uova a fine deposizione accettabili. Pare che una migliore alimentazione della gallina leggera all’inizio della deposizione sia in grado di favorire un ciclo più lungo. Però, poiché galline più piccole hanno consumi inferiori FI rispetto a quelle più pesanti, potrebbero non riuscire a
consumare abbastanza mangime per soddisfare le proprie necessità nutrizionali, specialmente con diete formulate sulla base di pesi standard (BSW) e dei relativi consumi giornalieri (FI). Una dieta con maggiore densità nutrizionale HND a inizio ciclo potrebbe dunque prevenire i problemi legati a un consumo insufficiente, in galline leggere, raggiungendo le richieste di nutrienti, pur con consumi limitati di mangime. Tali diete potrebbero influenzare una produzione più elevata. Questa prova ha valutato la maggiore durata della deposizione e la qualità del guscio, oltre che l’efficienza alimentare, in galline pesanti HW e leggere LW, alimentate da giovani con dieta concentrata HND o a bassa densità LND a inizio deposizione.
La prova consisteva in uno studio a 2x2 fattori con mangimi a due diverse densità (HD ed LD) e 2 gruppi di galline di 18 settimane con un peso medio di 1,65 kg (HS) e di 1,49 kg (LW). A 16 settimane, sono state acquistate 240 pollastre Isa Brown per essere trasportate all’Università di Sydney, dove sono state accasate in capannoni con box singoli (25x50x50 cm), ciascuno dotato di mangiatoia e abbeveratoio individuali.
Le galline alimentate LND a volontà sono state sottoposte a un periodo di acclimatamento di 2 settimane. Tutte sono state pesate a 18 settimane e 120 sono state smistate nel proprio gruppo di peso (HW o LW). Da ogni gruppo 60 sono state assegnate a caso sia al gruppo alimentato HND (90 g FI/giorno, 2900 kcal/kg, 0,83% lisina SID) sia al gruppo LND (90 g FI/giorno; 2725 kcal/kg, 0,737% lisina SID): queste diete sperimentali sono state somministrate da 18 a 24 settimane. Alla 25a settimana le galline che con dieta HND consumavano almeno 100 grammi/giorno, venivano passate alla dieta LND. A 40 settimane tutte le galline passavano alla dieta da metà deposizione (110 grammi/dì; 2724 kcal/kg; 0,695% lisina SID) e poi, a 78 settimane, alla dieta da fine deposizione (110 gr/dì; 2752 kcal/kg; 0,728% lisina SID) fino alla 90a settimana.
Dalle 18 alle 90 settimane si è misurata la deposizione di ogni singola gallina, in termini di uova prodotte (EP), del loro peso (EW) e del consumo alimentare (FI), aggiungendo la massa di uova prodotte settimanalmente e la conversione FCR settimanale. Tra l’86a e la 90a set-
timana, le uova di 12 soggetti individuati venivano valutate per qualità ogni settimana. I dati sono stati poi sottoposti ad analisi fattoriale ANOVA considerando il peso a 18 settimane e la densità del mangime come dati principali.
Secondo le condizioni tipiche australiane, il peso delle pollastre a 16 settimane era superiore alla media (BSW), ma le pollastre BW e LW erano selezionate senza prendere le estremità del gruppo (le più pesanti o le più leggere). Il peso e la produzione delle galline sono riportati in Tabella 1. I dati di produzione sono presentati a 89 settimane, visto che il campionamento di alcuni soggetti a 90 settimane non completava l’intera settimana: per avere almeno 32 soggetti per ogni gruppo, necessari all’analisi statistica, ci si è fermati alla 89a
HW 2,23 111 81,7 62,4 469,7 58,4 27,6 2,14 LW 2,01 101 80,8 61,6 462,6 53,5 26,2 2,10 DND
HND# 2,12 107 81,3 61,9 464,8 55,4 26,8 2,11 LND 2,11 105 81,2 62,1 467,5 56,5 27,0 2,12
Interazione
HW*HND 2,25 111 83,2 61,5a,b 464,9 57,9 27,1 2,16
HW*LND 2,20 111 80,3 63,4a 474,5 58,9 28,1 2,12
LW*HND 1,99 103 79,4 62,3 a,b 464,7 52,9 26,5 2,07
LW*LND 2,02 99 82,1 60,8 b 460,4 54,2 25,9 2,13
P- Valore
BW < 0,0001 <0,0001 0,83 0,21 0,29 < 0,0001 0,02 0,33 DND 0,78 0,47 0,98 0,81 0,70 0,29 0,69 0,85
BW*DND 0,31 0,30 0,52 0,02 0,31 0,86 0,14 0,21
BW (18woa): peso a 18 settimane di età; HW: galline con peso maggiore; LW: galline con peso minore; DND: densità nutrizionale della dieta; HND: mangime ad alta densità nutrizionale (90 g FI/ giorno, 2900 kcal/kg, 0,83% lisina SID); LND: mangime a bassa densità nutrizionale (90 g FI/giorno; 2725 kcal/kg, 0,737% lisina SID); BW (Kg): peso a 90 settimane di età; FI: consumo giornaliero a 89 settimane di età; EP(%): percentuale media di produzione uova a 89 settimane; EW: peso medio delle uova a 89 settimane; uova/gallina cumulative: numero totale di uova prodotte tra le 18 e le 89 settimane di vita; CFI: assunzione cumulativa di mangime tra le 18 e le 89 settimane di vita; CEM: massa cumulativa delle uova (18-89 settimane di vita); CFCR: tasso di conversione cumulativo del mangime (18-89 settimane).
La dieta HND è stata somministrata fino al termine della 24a settimana di vita, poi sostituita con la dieta LND. Dalla 40a settimana a tutti gli animali è stata somministrata una dieta formulata con 110 grammi/dì; 2724 kcal/kg; 0,695% lisina SID e dalla 78a settimana una dieta formulata con 110 gr/dì; 2752 kcal/kg; 0,728% lisina SID. abc Valori entro una colonna senza sovrascrittura comune differiscono significativamente (P<0,05)
Il peso medio BW a 90 settimane e il consumo medio giornaliero fino a 89, il consumo totale dalla 18a alla 89a settimana e la massa delle uova (CEM) dei soggetti HW sono risultate significativamente superiori (P<0,05) rispetto ai soggetti LW. Le galline pesanti a 18 settimane erano del 10,7% più pesanti rispetto al gruppo LW a 90 settimane. Quindi non c’è stata una crescita compensativa, che invece altri studi avevano evidenziato. Le galline HW avevano un consumo totale del 9,2% in più di mangime, con una massa delle uova superiore del 5,3%, ovvero, per ogni 100 grammi di peso in più, a 90 settimane, consumavano 4,5 grammi di mangime in più e producevano 0,36 grammi al giorno in più di massa dell’uovo. Leeson (1978) aveva trovato un aumento medio di 3,5 grammi di consumo mangime al giorno e un aumento di 1,2 grammi di massa delle uova per ogni 100 grammi di peso in più nelle galline livornesi.
La densità della dieta ha comportato differenze significative nel peso delle uova EW a 89 settimane, con un’interazione significativa per i soggetti HW con dieta iniziale LND rispetto a quelli LW con dieta iniziale LND. Però non si sono registrate differenze significative nella produzione delle uova a 89 settimane e neppure nelle uova cumulative. La conversione FCR cumulativa non differiva significativamente, comunque a 69 settimane le galline LW avevano un FCR cumulativo significativamente inferiore e ciò è proseguito, con un FCR inferiore a 89 settimane. Alla luce del fatto che in Australia si preferiscono galline pesanti, è interessante considerare una semplice analisi costo-beneficio a 89 settimane sul costo addizionale dei 4,9 kg
di mangime consumato dalle galline HW, che davano 7 uova in più rispetto alle galline leggere LW. È interessante notare che la dieta HND non dava una riduzione significativa di consumo giornaliero FI fino alle 24 settimane. Questa mancanza di aggiustamento dei consumi, secondo la densità nutrizionale, è stata in precedenza poco notata da altri ricercatori, mentre lo era la regolazione del consumo giornaliero legata alla densità. Non è chiara la ragione di queste differenze. L’effetto del peso e della densità nutrizionale sulla qualità dell’uovo,
valutata a 86-90 settimane, viene riportato in Tabella 2. Le unità di Haugh delle galline HND erano significativamente inferiori rispetto alla dieta LND, ma entrambe le misure erano superiori a 90. Perez nel 2012 aveva anche osservato un indice di Haugh significativamente inferiore, nelle uova deposte tra 56-59 settimane, nelle galline Hy-Line marroni alimentate con una dieta a maggiore energia. Ma occorre notare che queste consumavano le diete in prova dalla 24a alla 59a settimana, diversamente da questo studio, in cui sono state somministrate solo prima della deposizione. Si è anche notato un
BW (18 sett,) HW 92,7 9,15 9,7 0,35 3799 LW 92,6 9,01 9,9 0,36 3781 DND HND# 90,6 9,15 9,9 0,36 3896 LND 94,8 9,01 9,8 0,35 3683
HW*HND 91,6 9,30 9,7 0,36 3884 HW*LND 93,8 9,00 9,7 0,35 3714 LW*HND 89,5 9,01 10,1 0,37 3908 LW*LND 95,7 9,02 9,8 0,35 3653
P-Valore
BW 0,98 0,23 0,11 0,64 0,86 DND 0,05 0,20 0,37 0,03 0,05
BW*DND 0,35 0,18 0,19 0,15 0,69
BW (18woa): peso a 18 settimane di età; HW: galline con peso maggiore; LW: galline con peso minore; DND: densità nutrizionale della dieta; HND: mangime ad alta densità nutrizionale (90 g FI/giorno, 2900 kcal/kg, 0,83% lisina SID); LND: mangime a bassa densità nutrizionale (90 g FI/giorno; 2725 kcal/kg, 0,737% lisina SID).
La dieta HND è stata somministrata fino al termine della 24a settimana di vita, poi sostituita con la dieta LND. Dalla 40a settimana a tutti gli animali è stata somministrata una dieta formulata con 110 grammi/dì; 2724 kcal/kg; 0,695% lisina SID e dalla 78a settimana una dieta formulata con 110 gr/dì; 2752 kcal/kg; 0,728% lisina SID. abc Valori entro una colonna senza sovrascrittura comune differiscono significativamente (P<0,05).
calo dell’indice di Haugh nelle HyLine W36 tra le 33 e le 70 settimane, quando consumavano una dieta ad alta energia rispetto a una a bassa, da 19 a 70 settimane. Il colore del tuorlo e la percentuale di peso del guscio non differivano, come anche risulta da altri studi. Come da Tabella 2, la percentuale di guscio era superiore al 9,7%, ovvero il minimo, sotto al quale si verificano fratture del guscio più frequentemente. È importante notare che la dieta HND somministrata all’inizio deposizione risultava in un guscio significativamente più spesso, e con maggiore resistenza alle fratture. La letteratura sullo spessore del guscio, legata a una variazione di nutrienti nella dieta, è limitata e alcuni studi non hanno trovato differenze nella resistenza del guscio in presenza di diete ad alta energia.
Mentre i soggetti pesanti avevano maggior consumo cumulativo giornaliero, una maggiore massa di uova EM e un maggior FCR, quelli leggeri, e soprattutto le galline alimentate con dieta energetica, avevano la conversione cumulativa FCR minore e nessuna differenza nella deposizione. Le diete HBD aumentavano anche lo spessore del guscio e la sua resistenza alle fratture.
Dunque le galline leggere possono produrre bene, anche in una lunga deposizione, con benefici sulla produzione e sulla qualità delle uova, se alimentate con dieta HND a inizio deposizione. Tali trattamenti andrebbero infine valutati anche in allevamento alternativo, non in gabbia.
Bibliografia disponibile su richiesta Dagli Atto dell’Australian Poultry Science Symposium 2022
P.H. Selle1, S.P. Macelline1, P.V. Chrystal2, S.Y. Liu1
1 Poultry Research Foundation within The University of Sydney
2 Complete Feed Solutions, Australia and New Zealand
Questo studio affronta il problema dell’eccesso di deposizione di grasso nel pollo sottoposto a dieta ipoproteica, che pare causata da una neolipogenesi, derivante dal surplus di glucosio generato dalla digestione dell’amido. Tale eccesso di grasso potrebbe essere interpretato come una “carbotossicità”.
Lo sviluppo di diete con riduzione proteica (CP) nel pollo ha diversi potenziali vantaggi, inclusa la riduzione della dipendenza dalla soia da parte dell’industria avicola. Tipicamente le diete CP contengono meno pannello di soia ma più granaglie (e quindi amido), oltre che più amminoacidi sintetici. Ridurre le proteine nel mangime da 200 a 150 gr/kg in diete isoenergetiche diminuisce la crescita, altera la conversione e aumenta la deposizione di grasso addominale. Lo scopo di questo articolo è considerare la deposizione di grasso in relazione all’eccesso di amido, il che dà luogo a una “carbotossicità” in caso di mangimi ipoproteici.
a base mais mostravano una concentrazione di amido che variava da 303 a 448g/kg, inversamente proporzionale rispetto alla concentrazione di proteina grezza, che variava da 215 a 155 g/kg. Infine, le inclusioni di amido nel mangime aumentavano in modo quadratico il peso relativo del pannello lipidico addominale. Le stime sul
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Figura 1 – Relazione quadratica (r=0,678; P=0,004) tra l’inclusione di amido nella dieta e la presenza di grasso nelle carcasse di broiler alimentati con una dieta a base mais in tre studi (Chrystal et al., 2020) che hanno coinvolto 21 osservazioni in cui: y=0,749*amido+0,000772*amido2-115,167.
grasso della carcassa erano dedotte dai pesi di molti pannelli addominali, con un fattore di 4,83. Quindi, aumentare il livello di amido in modo quadratico fa aumentare il grasso totale della carcassa in modo significativo, come mostrato in Figura 1
È curioso notare che polli sottoposti a 165 g/kg di una dieta a base mais superavano nettamente quelli alimentati con mangime a base frumento del 53% (2370 grammi rispetto a 1549 g/animale) di peso e del 19,9% di conversione (1,473 rispetto a 1,840), ma avevano anche il 71% in più di grasso addominale (12,8 grammi rispetto a 7,5 g/kg). In altri studi, non ancora pubblicati, polli con una
Figura 2 – Relazione quadratica (r=0,729; P<0,001) tra rapporti amido/proteine e relativo grasso addominale nei broiler alimentati con una dieta a base mais in 3 studi (Chrystal et al,, 2020) che hanno coinvolto 21 osservazioni in cui: y=10,24*rapporto+1,3647* rapporto2-4,0194.
dieta di 175 gr/kg CP a base sorgo, superavano quelli con dieta a base frumento del 6,08% come peso e del 4,90% come conversione, ma avevano un deposito lipidico del 42% maggiore (12,2 rispetto a 8,6 g/kg). Quindi, le proprietà dell’amido di una determinata granaglia paiono avere un riflesso tangibile sulla deposizione di grasso nel pollo sottoposto a dieta a bassa proteina: mais e sorgo sembrano promuovere maggiormente la deposizione di grasso rispetto al frumento. Questo è un enigma, perché mentre il frumento stimola di meno la deposizione di grasso, al tempo stesso non stimola neppure la crescita, diversamente da mais e sorgo, in un contesto di mangime ipoproteico.
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2. inviare una mail a abbonamenti@zootecnica.it indicando l’indirizzo al quale deve essere spedita la rivista
Amido a digestione lenta e rapida e rapporto proteine/amido nel mangime
È importante notare che in studi di laboratorio in vitro l’amido del frumento viene digerito più velocemente (0,036/ minuto) rispetto a quello del mais (0,017/minuto) o del sorgo (0,018/minuto) e che la proporzione di amido rapidamente digeribile nel frumento (29,5%), è maggiore di quella del mais (20,9%) e del sorgo (16,2%). Queste correlazioni paiono traslarsi in vivo, visto che il tasso di digestione dell’amido del frumento (0,117/minuto) è risultato più rapido del mais e sorgo in polli sottoposti a diete nutrizionalmente equivalenti.
Pare che l’amido digerito rapidamente rispetto a quello digerito lentamente nell’uomo abbia un andamento metabolico postprandiale diverso. Inoltre si sono notate differenze sostanziali nell’area di curva (IAUC) incrementale di glucosio e insulina nell’uomo, in risposta all’amido a digestione rapida o lenta. Quello a digestione rapida stimolava un aumento di IAUC del glucosio del 53% e dell’insulina del 91%. Dunque, come rilevato, l’amido a digestione rapida genera cambiamenti maggiori e più rapidi del glucosio ematico, dell’insulina, e degli acidi grassi non esterificati, rispetto all’amido a digestione lenta.
Non è però facile applicare questi fenomeni individuati nell’uomo anche agli avicoli, date le differenze nell’asse glucosio/insulina che esistono tra le due classi. Ciononostante è possibile che livelli elevati di glucosio e insulina nel sangue, derivati da diete a base mais e sorgo, promuovano maggiormente la lipogenesi, rispetto agli avicoli sottoposti a dieta con amido ad assorbimento veloce. Potrebbe darsi che il glucosio derivante dall’amido a rapida digestione del frumento venga catabolizzato più velocemente, per generare energia sia dalla mucosa intestinale che a livello pre o post enterico; invece il glucosio che deriva da amido a lenta digestione viene convertito più facilmente in glicogeno, e quindi in grasso, tramite una neolipogenesi.
Il rapporto proteine/amido nel mangime è connesso alla loro assimilazione nel sistema digerente del pollo e, se alteriamo tale rapporto, abbiamo una maggiore deposizione di grasso. Ciò viene chiaramente illustrato dalla relazione quadratica (r=0,729; P<0,001) tra i rapporti amido/proteine analizzati nella dieta e i relativi pesi del cuscinetto lipidico addominale nei polli, come risulta dalla Figura 2. Ovviamente, un modo per correggere il problema della deposizione di grasso sarebbe contenere o porre un limite al rapporto amido/proteine nelle diete ipoproteiche. Tale soluzione è stata valutata in una prova assai promettente. È stato inoltre completato un secondo studio, nel quale il rapporto amido/proteine era condensato al 15% in una dieta a base mais, grazie alla sostituzione del pannello di soia con la soia intera, proveniente dallo stesso produttore. Come mostrato nella Tabella 1, condensare il rapporto alimentare da 2,76 a 2,35 in una dieta con 175 g/kg di proteina ha aumentato il peso del 3,45% (2398 rispetto a 2318 g/capo) e la conversione del 3,75% (1360 rispetto a 1413) con una riduzione marginale del peso lipidico plantare da 12,78 a 11,47 g/kg.
Questo approccio che lavora sul rapporto amido/proteina nella dieta è promettente, ma il vero problema è sostituire il pannello di soia con altre materie prime che contengono meno proteine, senza però compromettere le performance di crescita. In Australia, l’alternativa più ovvia è il pannello di colza, ma la sua inclusione in una dieta ipoproteica, al posto della soia, resta ancora da valutare completamente. Inoltre, se è importante verificare la digestione dell’amido, può essere che in una dieta ipoproteica a base sorgo o frumento miscelati, si riesca a fornire con maggiore facilità una quota di amido più facilmente assimilabile, che migliori la digestione. Chiaramente queste due strategie non si escludono a vicenda e potrebbero essere associate.
Concludendo, lo sviluppo di diete ipoproteiche per polli in Australia potrebbe essere facilitato da una gestione del rapporto amido/proteine, insieme a una dieta a base sorgo/frumento miscelati, per ottenere tassi migliori di digestione dell’amido.
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La nocardiosi è una malattia opportunistica, non contagiosa, piogranulomatosa o suppurativa degli animali domestici e della fauna selvatica che colpisce anche l’uomo. Negli animali domestici è causa di mastite, polmonite con lesioni granulomatose ai polmoni, ascessi e lesioni cutanee.
ti ambientali. Negli animali domestici sono state descritte finora almeno trenta specie di Nocardia, responsabili di varie sindromi. La nocardiosi è considerata una malattia poco frequente sia negli animali che nell’uomo, anche se i casi sono in aumento a livello mondiale. Viene riscontrata raramente negli avicoli domestici; fino a oggi è stata isolata prevalentemente in anatre, piccioni e pappagalli. I polli sono sensibili all’infezione sperimentale, dopo inoculazione orale o intraperitoneale. In questo articolo viene descritto un caso di nocardiosi nel tacchinotto.
Le specie Nocardia sono actinomiceti aerobi che appartengono all’ordine delle Actinomicetales, che includono un complesso di patogeni come il Micobatterio e il Corinebatterio, refrattari alle terapie consuete. Le specie Nocardia sono ampiamente diffuse nel suolo, nel materiale organico, nelle acque, dolci e salate, nella polvere e in altre fon-
Un gruppo di 12.000 tacchinotti maschi allevati a scopo commerciale ha mostrato un aumento del livello di mortalità nella prima settimana di pulcinaia. I tacchinotti erano allevati su trucioli di pino. Dopo un periodo di cinque giorni la mortalità è arrivata al 7,2%. Dopo la prima settimana è calata, senza alcuna terapia, e alla fine della seconda settimana è risalita al 9,5%. I soggetti malati erano depressi e alcuni mostravano evidenti sintomi respiratori. Un gruppo coetaneo di femmine sorelle, proveniente dalla stessa schiusa e accasato in un altro allevamento, non ha mostrato alcuna mortalità anomala. L’esame post-mortem è stato eseguito su quindici tacchinotti di cinque giorni di età. Dieci presentavano lesioni renali e polmonari: i polmoni apparivano congestionati e con granulomi multipli e grigi; i reni avevano ampie aree pallide distinte dal tessuto normale; fegato e milza erano congestionati. I rimanenti cinque tacchinotti mostravano lesioni dovute al digiuno.
Polmoni e fegato sono stati sottoposti a coltura su un terreno standard di agar sangue, agar McConkey e agar Sabouraud. Dopo 48 ore erano evidenti solo singole colonie di E. coli
I polmoni mostravano aree multiple di necrosi e infiammazione all’interno del parenchima polmonare, con zone centrali di necrosi, scarti di cellule infiammatorie ed essudato fibrinoso circondato da bordi poco definiti di macrofagi e cellule giganti multinucleate. Nei parabronchi c’erano ulteriori macrofagi, cellule giganti multinucleate, fluido proteico e fibrina. Alcuni piccoli vasi contenevano fibrina e trombi. Intorno ai granulomi polmonari era presente una modesta congestione. I reni presentavano ampie aree di necrosi e infiammazione, circondate da macrofagi e cellule giganti multinucleate.
Le sezioni polmonari colorate con Gram mostravano numerosi batteri filamentosi nei granulomi, che però non prendevano una colorazione chiara. La sezione con colorazione PAS dei granulomi polmonari non mostrava le classiche ife fungine. Con una colorazione Fite-Faraco, alcol-acido resistente modificata, si notavano lunghi batteri con filamenti, ma non tutti ben colorati.
Si sono esaminati i granulomi polmonari per la PCR e il sequenziamento del gene 16S rRNA. Entrambi gli esami hanno presentato batteri del genere Nocardia. Il sequenziamento ha rivelato che l’isolato era al 100% identico a due specie di Nocardia farcinica e Nocardia otitidiscaviarum, strettamente correlate tra loro.
Fino a oggi in letteratura non sono stati descritti casi di Nocardiosi nel tacchino. Esiste solamente un articolo che descrive l’infezione sperimentale del pollo con Nocardia asteroides e Nocardia transvalensis. Dieci tacchinotti di un giorno, infettati sia oralmente che a livello intraperitoneale, sono risultati suscettibili all’infezione. I sintomi clini-
ci, depressione e affanno, sono stati più gravi nei soggetti con infezione nel peritoneo; tre su dieci sono deceduti. Nel nostro caso l’infezione era autolimitante. La mortalità si è arrestata dopo tre settimane, senza alcuna medicazione. Si può speculare che la via di infezione per inalazione derivasse dai trucioli contaminati. I bacilli Nocardia sono abbastanza resistenti alle terapie e i farmaci utilizzati per la maggiore sono i sulfamidici, somministrati per lungo tempo.
Non si è riusciti a isolare le specie Nocardia con le colture standard e 48 ore di incubazione. In letteratura si suggerisce un’incubazione molto lunga, fino a due settimane, a una temperatura di 37-43 °C, poiché i batteri hanno uno sviluppo lentissimo in coltura. Non è stato possibile un secondo tentativo di isolamento colturale in quanto non erano disponibili campioni.
Le sezioni istopatologiche sono state sottoposte a colorazione con Gram e Fite-Faraco. Questi metodi hanno colorato solo parzialmente i microbi oggetto di studio. Secondo Lerner, circa il 50% dei batteri Nocardia non viene colorato da Gram, nonostante siano batteri Gram positivi; anche il metodo Fite-Faraco comporta un 60% di Nocardie che non si colora. La dimostrazione che Nocardia farcinica e Nocardia otitidiscaviarum provochino polmonite è importante. I risultati derivanti da studi sulla patogenicità effettuati sui topi dimostrano che Nocardia farcinica è altamente infettiva. Si consiglia quindi di differenziare la nocardiosi polmonare del tacchino da altre malattie respiratorie, come l’aspergillosi e la polmonite streptococcica, usando tecniche microbiologiche standard.
Lerner P. I., (1996). Nocardiosis. Mt. Sinai Medical Center, School of Medicine, Cleveland Ohio. Okoye J.O.A, Gugnani H.C., Okeke C.N., (1991). Experimental Infection of chickens with Nocardia asteroides and Nocardia transvalensis. Avian Path. 20:17- 24.
Pal M., (1997). Nocardia asteroides as a cause of pneumonia in a buffalo calf. Rev. Sci. Tech. Off. Int.Epiz. 16 (3) 881-884.
Swayne D. E., et al. (2013). Other bacterial diseases. Diseases of Poultry 13th Ed. pp 1023. The Merck Veterinary Manual (2014) Overwiew of Nocardiosis.
Dagli atti della Turkey Science and Production Conference
Poultry Processing Consultant, Brasile fabio.g.nunes@hotmail.com
“Senza uno standard non esiste alcuna base logica per prendere decisioni e per agire di conseguenza”
Joseph M. Juran (1904-2008)
Le penne degli avicoli non sono edibili e devono pertanto essere rimosse durante la lavorazione. Tale operazione consiste nel fare scorrere la carcassa lungo la linea di spiumatura, provvista di dita di gomma rotanti, che massaggiano la cute e al contempo estraggono le piume dal follicolo. In questa fase piuttosto aggressiva occorre preservare l’integrità delle carcasse, garantendo altresì una spiumatura ottimale: l’operazione richiede una costante armonizzazione nella lavorazione dell’impianto, interagendo tra la vasca di scottatura (scalder), le carcasse e le dita spiumatrici.
Il primo prerequisito della spiumatura è la scottatura, durante la quale i soggetti scorrono con entrambe le zampe appese agli appositi ganci. La resa della scottatura determina in gran parte quella della successiva spiumatura, sia come efficacia che come delicatezza, influendo quindi sulla qualità delle
carcasse. La scottatura deve considerare il peso vivo dei polli per avere una circolazione abbondante e intensa di acqua calda attorno a tutta la carcassa, per ammorbidire le penne e fare così entrare l’acqua calda a contatto con i follicoli. Inoltre, il tempo trascorso nella vasca e la temperatura dell’acqua vanno at-
tentamente monitorati per essere certi che i follicoli assorbano abbastanza calore, favorendo una facile e delicata rimozione delle piume.
Secondo la nostra esperienza, un tempo di permanenza breve nella vasca e una temperatura dell’acqua alta sono preferibili a un tempo di permanenza lungo con temperatura inferiore. Comunque ogni macello deve regolare la combinazione ottimale, basandosi sui propri macchinari e sulla propria struttura.
La scottatura di carcasse bianche o gialle è un tema legato alle preferenze del consumatore; è importante sapere, però, che le carcasse a cute gialla richiedono una scottatura più lunga e una temperatura inferiore, con una spiumatura più lunga e complessa, e quindi più rischiosa, rispetto ai soggetti a cute bianca.
previsto dal fornitore. Le dita di gomma sono il vero cuore della spiumatrice e sono quindi le responsabili di una spiumatura delicata, che non crei lesioni cutanee. Quindi acquistate sempre quelle di miglior qualità, anche perché, pur se più costose, alle fine non solo lavorano meglio, ma durano anche di più e quindi hanno una migliore resa economica. In genere le dita sono fatte di gomme di diversa durezza. Quali utilizzare? Inoltre è meglio usare macchine con dita di durezze singole o multiple? La risposta a queste domande dipende dall’analisi di alcune variabili, come il tipo di dita, i parametri di scottatura, la velocità della linea di stordimento e sgozzamento, il colore della cute maggiormente richiesto dal mercato, ecc.
Le dita vanno controllate quotidianamente, rimpiazzando quelle perse, rotte o rovinate. Infatti se sono in cattive condizioni diminuiscono le rese dello spiumamento e sono causa di danni alle carcasse. Quindi non cercate di risparmiare.
Le carcasse di avicoli a cute gialla richiedono particolari condizioni di scottatura.
Il tempo che intercorre tra l’uscita dalla vasca e l’ingresso nelle macchine spiumatrici deve essere limitato, perché la perdita di calore rende più difficile la spiumatura, e quindi il mantenimento dell’integrità della carcassa. Secondo la nostra esperienza, un periodo di 10 secondi tra l’uscita dalla vasca e l’ingresso in spiumatrice può fare diminuire la temperatura della carcassa di 4 gradi. Di conseguenza, se non ci sono limitazioni architettoniche, è utile mettere la spiumatrice il più vicino possibile all’uscita dall’acqua.
Una volta che le carcasse sono ben riscaldate, sono pronte per la spiumatura. Visto che si tratta di un processo essenzialmente meccanico, la manutenzione regolare delle macchine è cruciale per garantire che le dita siano sempre in perfette condizioni e capaci di funzionare in modo efficace ma al contempo delicatamente. A tal fine seguite pedissequamente il programma di manutenzione
Mantenere le dita meccaniche, cuore del procedimento, in perfette condizioni.
Carcasse e cute si raffreddano lungo la linea di spiumatura, il che ne altera l’estrazione dai follicoli, rendendola più ostica, con possibili danni cutanei. Per prevenire il raffreddamento della cute, e quindi favorire la spiumatura, le carcasse dovrebbero essere bagnate con acqua tiepida tra i 36 e i 40 °C lungo tutta la linea. Infine, non trascurate mai l’esperienza del responsabile del macello, per prendere decisioni sulle modalità operative del processo. Infatti, spiumare non è solo una scienza, ma piuttosto un’arte!
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