Sped. in a.p. - 70% Filiale di Ancona
Rivista di divulgazione culturale e artistica del territorio marchigiano
Supplemento al n. 56/2016 Le Cento CittÃ
NUMERO SPECIALE
GUIDA AGLI EVENTI ANNO SOCIALE 2016/2017
NUMERO SPECIALE Edizioni
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CO. FER. M.
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60035 JESI (AN) Interporto Marche Via Coppetella Tel. 071 946362 r.a. Fax 071 946365
info@coferm.it www.coferm.it Le Cento Città , n. 56
Introduzione
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Le Marche che non ti aspetti GUIDA AGLI EVENTI DELL’ ANNO SOCIALE 2016-2017
Marco Belogi Presidente de Le Cento Città 2016 - 2017
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li eventi in programma per l’anno 2016-2017 sono raccolti in questo inserto del 56esimo numero della rivista Le Cento Città per favorire la massima partecipazione alle iniziative dell’ associazione, che sta iniziando il suo 22esimo anno di vita. Per l’elevato numero di soci raggiunto e per le numerose attività svolte in campo culturale,scientifico e sociale, da tempo si avvertiva l’esigenza di avere un una guida, agile, incisiva, di piacevole lettura, all’inizio dell’anno sociale. Si tratta, dunque, di una guida che offre itinerari scelti per lo più in luoghi poco frequentati del nostro splendido territorio, studiati da chi vive in questa terra che non finisce mai di stupire chi la percorre nelle pieghe più nascoste, scritti come invito esplicito a conoscere e far conoscere le sue più diverse caratteristiche, dalla costa alla montagna, in un susseguirsi continuo di paesaggi suggestivi, di borghi, paesi, castelli, dimore storiche, di crinali e valli dove la natura e l’uomo hanno nei secoli impresso armonie, dimensioni ed un tessuto di straordinaria valenza culturale, artistica ed ambientale. In queste Marche, cosiddette minori, così sfuggenti e misteriose, c’è tutta l’arte italiana: “l’Italia in una regione”. Tutto ciò che la pittura italiana ha pensato e concepito si trova proprio qui. Quasi un appuntamento, non per caso, con storie e umane vicende commoventi, come quella di
Lorenzo Lotto, la più toccante di tutte. Spesso dietro questi grandi c’è l’intuito di un committente marchigiano, che, a volte lontano dalla sua città, vuol comunque arricchire e ricordare con straordinari doni artistici la sua terra di origine: dottori in legge o in medicina, chiamati ad esercitare la professione presso la curia romana, alti prelati giunti ai vertici della carriera ecclesiastica compresi i pontefici marchigiani. Ci sono poi le tante congregazioni religiose che hanno popolato con i loro conventi e monasteri la nostra terra, costantemente battuta da schiere di pellegrini tra Loreto, Tolentino e Roma. Basta ricordare l’Ordine Agostiniano, che nelle Marche ha avuto fin dalle sue origini, risalenti al 1256, oltre cinquanta fondazioni molte delle quali in centri minori, per non parlare dei numerosi insediamenti francescani da cui nasce l’appellativo di provincia stellata, per renderci conto di quale patrimonio artistico sia dotata la nostra regione, primo luogo, dopo Roma, dove si sono insediati i colti e raffinati seguaci di san Filippo Neri e dove sono nati i cappuccini. Terra fin dal V-VI secolo prediletta dai primi eremiti provenienti dall’Oriente seguiti dai benedettini, le cui abbazie coronano luoghi tra i più suggestivi del territorio. Le loro abbazie, le chiese, gli oratori, le biblioteche, le dimore storiche costituiscono un patrimonio unico, sparso nel territorio che lo rende museo diffuso in un contesto paesaggistico tra i più fecondi ed interessanti nel panora-
Introduzione
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ma nazionale. Pergola, Corinaldo, Arcevia, San Ginesio, Sassoferrato, Fabriano, Offida, Castignano, Barchi sono luoghi da scoprire in modo inusuale: oltre al contesto storico, artistico e ambientale, anche nei personaggi che li hanno resi illustri con le loro opere. Particolare attenzione è ri-
servata al collezionismo ed alla rappresentazione del territorio, non causale né ripetitiva, mettendo in luce le sue autentiche vocazioni, senza trascurare tradizioni, miti e senso di appartenenza, inconfondibili caratteristiche di questa regione al plurale. In tale prospettiva emerge la vocazione turistica, che oggi costituisce, senza dubbio, un valore aggiunto fondamentale per lo sviluppo locale e per affrontare le sfide di un
turismo sempre più vicino alle esigenze richieste dagli utenti. Alberghi, dimore storiche, villaggi turistici, country house, bed and breakfast, agriturismi, offrono una recettività articolata che ben si inserisce nei vari itinerari proposti. Oltre tutto ciò non poteva mancare il teatro, presente così capillarmente nel territorio regionale insieme alla musica. Al teatro ed al conservatorio Rossini di Pesaro, infatti, è stata dedicata una giornata per una conoscenza inusuale, come anche la visita al museo del pianoforte storico e del suono di Fabriano. Ci sono poi importanti appuntamenti associativi, come l’assemblea generale prenatalizia, il forum sulla Macroregione, freschi di stampa e di accademia, rispettivamente a Macerata e a Camerino. Infine la gita annuale nella Sabina e nella Tuscia: luoghi che presentano affascinanti legami con le Marche. Appuntamenti a cui non si può mancare per la loro valenza culturale e scientifica, oltre a favorire la socializzazione tra i membri dell’associazione. Anche per tale motivo è nata questa guida, arricchita con i suggerimenti, consigli, testi di molti soci, esperti e qualificati,ai quali va il mio sentito ringraziamento. Tutto ciò ha portato ad intensificare quei nodi di rete, su cui molto si è dibattuto negli ultimi forum condotti brillantemente dal presidente Luciano Capodaglio, risultati preziosi mezzi di contatto con le autorità del posto disponibili ad offrire calorosa accoglienza alle nostre visite. ¤
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Sommario 7
Pergola | Domenica 4 settembre 2016 Alla scoperta dell’alta val Cesano ARTE, PAESAGGIO, SPIRITUALITÀ
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Arcevia | Domenica 2 ottobre 2016 Dimore storiche, borghi e castelli di Arcevia INASPETTATE BELLEZZE
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San Ginesio | Domenica 6 novembre 2016 “Per San Martino” sugli Appennini nel maceratese ALLA SCOPERTA DI TESORI NASCOSTI
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Ancona | Sabato 26 novembre 2016 Facoltà di economia e commercio Villa Rey, Ancona CONVEGNO: “MARCHE, IL FUTURO POSSIBILE”
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Jesi | Domenica 18 dicembre 2016 Assemblea generale dei soci HOTEL FEDERICO II
Pesaro | Sabato 11 febbraio 2017 Visita particolare al teatro segreto e al conservatorio Rossini CITTÀ DELLA MUSICA
Le Cento Città Direttore editoriale Marco Belogi Comitato editoriale Fabio Brisighelli Romano Folicaldi Natale G. Frega Giuseppe Oresti Giancarlo Polidori Direzione, redazione amministrazione Associazione Le Cento Città redazione@lecentocittà.it Direttore responsabile Edoardo Danieli
Testi di Marco Belogi Foto di Bramante Santoni Progetto grafico Corso di web e graphic design Poliarte di Ancona Beatrice Bassetti Martina Fratini Andrea Sufferini Letizia Orsini Andrea Mariani Stefano Galeassi Giulia Ribichini coordinati dal docente Sergio Giantomassi Stampa Errebi Grafiche Ripesi Falconara M.ma
Numero speciale de Le Cento Città Associazione per le Marche Sede, Piazza del Senato 9 60121, Ancona Tel. 071.2070443 Fax 071.205955 info@lecentocittà.it www.lecentocittà.it Poste Italiane Spa spedizione in abbonamento postale 70% CN AN Reg. del Tribunale di Ancona n.20 del 10/7/1995
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Sommario 23
Camerino | Sabato 18 marzo 2017 Dall’antica Università di Camerino AD UNA STUPENDA ABBAZIA E UN SORPRENDENTE MUSEO SULLA VIA DEL RITORNO
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Loreto | Sabato 22 aprile 2017 Dai camminamenti di ronda della Basilica pontificia di Loreto ALLA BIBLIOTECA MOZZI - BORGETTI DI MACERATA
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Castignano | Sabato 13 maggio 2017 Castignano, terra di calanchi e vini doc SULLE ORME TEMPLARI E FARFENSI
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Tra Umbria e Lazio | Venerdì 2, sabato 3 domenica 4 giugno 2017 Per antiche abbazie e dimore rinascimentali SULLE TRACCE DI STORIA MARCHIGIANA
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Visitate il sito dell’Associazione www.lecentocitta.it
Corinaldo | Domenica 25 giugno 2017 Da Corinaldo, tra i borghi più belli d’Italia ALLE COLLINE DI BARCHI ROVERESCA
Pergola | Domenica 4 settembre 2016
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Alla scoperta dell’alta val Cesano ARTE, PAESAGGIO, SPIRITUALITÀ
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ittà con quasi settemila abitanti, Pergola, appartata rispetto ai grandi flussi della costa, riempie di stupore chi la visita oggi per la natura di un paesaggio rimasto quasi intatto nel tempo e per la ricchezza del suo patrimonio artistico-culturale. Fondata nel 1234 dagli eugubini per dilatare i loro commerci in quella posizione strategica, divenne famosa per la lavorazione di lane e pelli che si svolgevano sui due fiumi da cui è abbracciata. Negli anni Ottanta del secolo scorso è tornata alla ribalta con il gruppo dei Bronzi Dorati che la critica ufficiale annovera tra i grandi bronzi dell’antichità (I sec. d. C. ). L’itinerario inizia alle ore 10 con il saluto del sindaco Francesco Baldelli nel Palazzo comunale. Edificio monumentale, tipico della cosiddetta “architettura delle legazioni”, ebbe inizio nel 1751 su progetto dell’architetto Giovan Francesco Bonamici, epoca in cui Pergola ricevette il riconoscimento di città. Nell’ampia sala consiliare si custodisce, tra l’altro, una grande terracotta robbiana, già pala d’altare del soppresso convento della Romita. Teatro Angelo dal Fuoco, prende il nome dal famoso capitano di ventura del XV secolo che colpì la fantasia del Manzoni. A tre ordini di palchi, edificato nel vecchio magazzino dell’Abbondanza, da pochi anni è stato riaperto al pubblico. Chiesa di Sant’Andrea, contemporanea alla fondazione della città, edificata
dai monaci avellaniti, al suo interno custodisce due dipinti di pregio: La Vergine tra i santi Andrea e Ubaldo, firmata da Jacopo Palma il giovane (1544-1528) e Lo Sposalizio di Santa Caterina d’Alessandria, di Claudio Ridolfi (1570-1644). Chiesa di San Francesco, fondata nel 1263 dai discepoli di san Francesco nel cuore medievale della città, conserva un bel portale trecentesco a sesto acuto, evidenziato da una serie di formelle in pietra arenaria scolpite a motivi floreali e animali. L’interno, in stile neoclassico, presenta pregevoli opere: L’Annunciazione di Lavinia Fontana (1552-1614); tavola trecentesca della Crocefissione attribuita a Mello di Gubbio; Il riposo della fuga in Egitto, di Claudio Ridolfi, commissionata dalla corporazione dei falegnami. Da questa chiesa proviene il dipinto della Immacolata Concezione, firmato da Carlo Crivelli 1492, ora esposto nella National Gallery di Londra col numero 906. Palazzo Giannini. Visita gentilmente concessa dalla proprietaria, contessa Giovanna Giannini Guazzugli di Roma, è tra i palazzi più belli della nobiltà pergolese. Costruito a metà del Settecento su progetto del monaco converso camaldolese Paolo Soratini, molto attivo in zona, riprende i canoni allora molto diffusi nelle città delle legazioni pontificie. L’interno, elegantemente arredato con mobili provenienti da case patrizie romane, presenta un salone con ampio camino or-
Pergola | Domenica 4 settembre 2016
nato da stucchi che raffigurano scene mitologiche secondo modelli di Federico Brandani. Chiesa delle Tinte. Ricostruita nel XVIII secolo, a pianta greca, in cotto, dominata da un’ampia cupola ottagona, sormontata da un tiburio anch’esso ottagono, costituisce l’edificio religioso più singolare della città, che si colloca con armonia nel paesaggio circostante raccordandolo con il quartiere dei tintori, sorto proprio lungo il fiume. L’interno, con chiare reminescenze barocche, conserva pregevoli opere, tra cui copia dell’Annunciazione, che Federico Barocci fece per la cappella dei duchi di Urbino nel santuario di Loreto. Bronzi Dorati di Pergola. Nella campagna pergolese, durante l’apertura di un fossato di scolo, nel 1946 tornarono alla luce circa nove quintali di frammenti di statue in bronzo dorato, riferibili ad un monumento del primo secolo d. C., personaggi forse appartenenti alla famiglia di Tiberio. Dopo un restauro durato decenni e prolungati contenziosi con il museo archeologico anconetano, il gruppo ha trovato definitiva sistemazione nel Polo Museale Misto, ricavato nei locali dell’antico complesso conventuale di san Giacomo, insieme ad altre opere importanti per la storia pergolese, tra cui la statua del patrono San Secondo, in pietra, risalente al XV sec., la cui veste è istoriata con il motivo del tralcio di vite, pianta da cui ha preso il nome la città.
In alto, quartiere Birarelle di Pergola A destra, un panorama della città
Oratorio dell’Ascensione al Palazzolo. Sulla strada verso Sassoferrato, appena usciti dal centro urbano, in una semplice costruzione a capanna, proprietà del professor Mariani, è racchiusa una serie di affreschi attribuiti al pittore Lorenzo D’Ales-
8 sandro, attivo tra il 1462 ed il 1503, uno dei momenti più alti della pittura a fresco del Quattrocento marchigiano. Santuario della Madonna del Sasso. Attraversando la gola del Sasso, prima di salire le pendici del Catria, arrampicato su un roccioso sperone, si scorge, dalla strada a fondo valle, il piccolo santuario della Madonna del Sasso, che si può raggiungere solo a piedi, attraverso un ripido sentiero scavato nella roccia. Torre di avvistamento medievale, poi cenobio avellanita, fu risistemato nel 1569 da Claudia dei Medici, moglie dello sfortunato Federico Ubaldo della Rovere, in occasione di un suo pellegrinaggio nel santuario. Monastero di Fonte Avellana. Fra tortuose strade e ripidi tornanti si raggiunge il venerabile eremo di Santa Croce di Fonte Avellana. Con i suoi dieci secoli di storia, al visitatore di oggi si presenta nella sua massiccia imponenza, dominato dalla robusta torre campanaria, solida sentinella sulla valle che racchiude la strada d’accesso. Un regno di pietra, la stessa che crea il Gibbo che si chiama Catria (Dante, Paradiso XXI, 109). Una bellezza ruvida, come si addice alla vita austera e di rigore degli antichi monaci.Le spesse mura, le arcate forti ed ardite, le volte poderose, hanno richiesto gran quantità di pietra ricavata dalla stessa montagna sovrastante, con la quale il manufatto si è unito in simbiosi continuando a vivere in armonioso silenzio. Qui giunse nel 1035, a soli 28 anni di età, san Pier Damiani, quando era priore quel Guido d’Arezzo inventore della notazione musicale. Uomo coltissimo, conoscitore di grammatica, scrittore potente, si pose alla guida di quella piccola comunità e con la sua forza intellettuale e spiritua-
Pergola | Domenica 4 settembre 2016
le, trasformò quello che era un piccolo cenobio sperduto tra le gole dell’Appennino, in uno dei più importanti luoghi del Medioevo. Pausa Pranzo all’interno del monastero di Fonte Avellana, a base di prodotti tipici del luogo. Nel primo pomeriggio, all’ interno della basilica Santa Croce di Fonte Avellana, consacrata nel 1197, al centro della quale si innalza un Crocefisso ligneo di proporzioni naturali, datato 1597, concerto del coro polifonico Gaudium Vocis (segue programma) diretto dal maestro Francesco Santini, con letture di passi della Divina Commedia, riguardanti luoghi e personaggi della provincia di Pesaro-Urbino. Visita al monastero.
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Varcato il portone principale, si presenta subito il chiostro del secolo XI, cuore dell’eremo, quindi la sala capitolare, la biblioteca ed attraverso una porta sull’angolo, si entra nella cripta, la parte più antica, costruita come prima chiesa.E’ una delle opere più pure e potenti del secolo XI. Voltata su archi massicci a tutto sesto, con tre absidi di perfette proporzioni, scavata in un unico gigantesco masso, evoca una suggestione irresistibile.Attraverso una scala interna si accede poi alla basilica. La giornata termina con la visita allo Scriptorium, unico nel genere con le sue ventuno finestre, tutte a luce diretta, dove verrà esposta la Divina Commedia in tre volumi, illustrata dal pittore Oscar Piattella insieme ad altre sue opere. ¤
Pergola | Domenica 4 settembre 2016
Panoramica del complesso abbaziale di Fonte Avellana
Monastero di Fonte Avellana, il chiostro
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Arcevia | Domenica 2 ottobre 2016
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Dimore storiche, borghi e castelli di Arcevia INASPETTATE BELLEZZE
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rcevia, situata nell’alta valle del Misa, è chiamata “perla dei monti” per la bellezza dei suoi monumenti e per la sua eccezionale posizione (535m.s.l.m.) che permette di godere scorci incantevoli. Di notevole estensione, comprende numerosi castelli medievali ben conservati e suggestivi. La città, all’epoca Rocca Contrada, ha origine all’inizio del Duecento con la fusione di due nuclei fortificati, dando inizio ad una grande espansione territoriale. Per la sua fedeltà guelfa ha ricevuto il conferimento del titolo di Propugnaculum Ecclesiae. Dalla fine del Cinquecento, la città ha iniziato un lento declino ,conseguenza della progressiva perdita di importanza strategica e militare. Ha dato i natali a numerosi artisti, tra cui i pittori Ramazzani ,discepoli del Lotto, e gli architetti Vici, allievi del Vanvitelli. Oggi Arcevia con le sue chiese e i suoi musei, per la sua ricchezza artistica, culturale e ambientale del centro storico, dei suoi castelli e dello splendido paesaggio in cui sono immersi, offre un turismo diversificato e di qualità. L’itinerario di visita inizia alle ore 10 ,con il saluto del sindaco Andrea Bomprezzi, nel Palazzo Comunale, il monumento più antico di Arcevia, edificato intorno al 1259. Modificato da numerosi interventi nei secoli successivi, si trova nella “Piazza Grande”, cuore della vita cittadina. La facciata, costruita in pietra calcarea, presenta un arco gotico di accesso nella parte inferiore e sei finestre bifore in quella superiore.Una serie di merli guelfi,
dalla sommità squadrata, coronano l’edificio, al cui fianco si erge una possente torre, visitabile utilizzando l’antica scala a chiocciola. Nell’atrio si conserva una piccola edicola con un affresco cinquecentesco raffigurante la Madonna col Bambino e Serafini. Al piano superiore è esposta una tela del pittore Bruno d’Arcevia, realizzata in occasione dell’ottavo centenario di fondazione del Comune. Il lato sinistro della piazza è occupato dall’ex Episcopio, vasta struttura edificata intorno alla metà del Trecento. Ampliata e modificata successivamente, fu utilizzata dai vescovi di Senigallia fino agli inizi dell’Ottocento. Sul lato destro, si apre il portico del palazzo Mannelli poi Pianetti (sec. XVI-XVII) che diverrà dimora scharme regionale. Si tratta di una splendida costruzione tardo rinascimentale, tra le più belle della provincia. Fatta costruire nella seconda metà del secolo XVI dal vescovo di Nocera, Girolamo Mannelli, e dal nipote Flaminio, esponenti della nobile famiglia originaria del luogo, il palazzo passò di proprietà ai marchesi Pianetti di Iesi nel Settecento. La splendida facciata, severa ed elegante, è adorna di un bel portale con stemma gentilizio. Interessante l’interno con decorazioni parietali a stucchi ed intarsi, panneggi, porte decorate e grandi camini d’epoca. Da notare nel salone d’ingresso il grande camino del ‘500 e una grande tela a carattere mitologico di buona fattura, ma di autore ignoto (sec. XVII). Lasciato il centro storico, il viaggio riprende in direzione
Arcevia | Domenica 2 ottobre 2016
Cartolina panoramica di Arcevia - 1917
del castello di Castiglioni, tra i più interessanti del territorio arceviese. Situato su una collina alla confluenza di due fossati, sul confine di Serra de’Conti, viene menzionato fin dal 1289 tra le proprietà dell’abbazia di sant’Elena sull’Esino. La dicitura Podium Castellionis lascia presumere che l’abitato non fosse ancora dotato di apparati difensivi, che in effetti risalgono agli inizi del Quattrocento, quando il paese era ormai da tempo sotto il dominio di Rocca Contrada. Il castello, a pianta allungata, tagliata in due dalla strada principale, presenta due porte d’accesso. La più antica si apre poco lontano dalla quattrocentesca Chiesa di sant’ Agata, che, in pietra arenaria, si affaccia sulla piazza del borgo medievale. Il bell’interno in stile neoclassico, è stato recentemente restaurato. Nella seconda cappella a sinistra è esposta la tela della Madonna del Rosario tra Santi (1589), una delle migliori opere di Ercole Ramazzani, racchiusa dentro un altare ligneo assieme a piccole scene con i Misteri del Rosario. Nel presbiterio da notare un
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Crocefisso quattrocentesco di scuola umbro-marchigiana. L’altare è decorato con la Cena di Emmaus di Bruno d’ Arcevia. Pausa pranzo nel villaggio turistico “Le Betulle”. Il pomeriggio è dedicato alla visita del castello di Avacelli (Castrum Lavacellorum), attestato fin dagli inizi del Duecento. Sorge su un’altura circondata dal verde all’interno del Parco della Gola della Rossa e di Frasassi. La sua posizione, a cavallo tra la valle dell’ Esino e quella del Misa, insieme alla conformazione della collina particolarmente acclive, ne ha fatto nel Medioevo un presidio strategico di particolare importanza. Il nucleo abitato infatti conserva tutt’ora parte delle mura difensive, costruite probabilmente nella metà del Trecento. Al castello si accede oltrepassando un arco a sesto acuto. Sulla piazza sorge la chiesa di San Lorenzo, che risale agli inizi del Quattrocento, anche se con ciestile del portale indicano una datazione più antica. L’interno offre un ricco patrimonio artistico: nella prima cappella a sinistra, un prezioso altare ligneo del Settecento contie-
Arcevia | Domenica 2 ottobre 2016
13 ne una bella tela cinquecentesca di scuola emiliana con Madonna in trono e Santi; più avanti un Crocefisso in terracotta policroma ,forse di frà Mattia della Robbia; al centro dell’altare maggiore uno spettacolare dossale cinquecentesco in terracotta invetriata con la Madonna della Misericordia, accanto al quale sono collocate due sculture lignee di Sant’Ansovino e San Venanzio. Al di sotto del castello medievale di Avacelli, la valle del Fosso Fugiano protegge una delle più antiche chiese della Valle dell’Esino, Sant’Ansovino, proprietà dell’abbazia di Sant’Elena sull’Esino e poi,
Avacelli - Sant’Ansovino; a destra, la facciata della chiesa di Sant’Agata a Castiglioni
secondo tradizione, dell’Ordine dei Templari. Lo dimostrerebbe una candida lastra marmorea sopra il portale recante una croce astile accompagnata ai lati da sei sfere. L’interno della chiesetta, a navata unica, è interessante per la ricca e varia decorazione dei capitelli di stile longobardo, scolpiti con motivi animali, floreali, fantastici, geometrici, e due figure coronate. Antico territorio longobardo al confine con la pentapoli bizantina, Avacelli e le sue valli furono infatti un punto di snodo fondamentale per il ducato di Spoleto tra Sentino, l’alto Esino e l’alto Misa. ¤
Arcevia | Domenica 2 ottobre 2016
L’ Antica Rocca Contrada di Ercole Ramazzani XVI secolo
Castello di Castiglioni
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San Ginesio | Domenica 6 novembre 2016
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“Per San Martino” sugli Appennini nel maceratese ALLA SCOPERTA DI TESORI NASCOSTI
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l nome di San Ginesio è legato al patrono, Lucio Ginesio, martire romano, che fu attore, musico e mimo. Visse sotto l’imperatore Diocleziano (284-305) che lo fece decapitare, nonostante che gli fosse molto caro, perché dopo aver a lungo dileggiato i cristiani nei suoi spettacoli, improvvisamente si convertì alla nuova fede. Le sue spoglie sono custodite nella Chiesa Collegiata, uno dei monumenti più interessanti di tutto il territorio maceratese. Oggi San Ginesio è un comune di quasi quattromila abitanti. Posto a 696 m s.l.m., è denominato il balcone dei Sibillini e fa parte del circuito tra i borghi più belli d’Italia. E’ diviso in quattro rioni, che ogni anno si sfidano nel Palio del Santo Patrono. L’ itinerario di visita inizia alle ore 10 nel Teatro Leopardi con il saluto del sindaco Mario Scagnetti. Il tetro si trova sulla piazza principale, dedicata al grande giurista Alberico Gentili, nativo del luogo, accanto alla Collegiata e all’interno del Palazzo Comunale (1863). Progettato dall’ing. Dionisio Frapiccini al secondo piano del palazzo, i lavori terminarono nel 1875 con le decorazioni di Pietro Giovannetti. Dotato di sei scenografie, opera di Enrico Andreani, il teatro venne inaugurato il 18 agosto 1875. La sala è a forma di ferro di cavallo con una piccola platea, senza il primo ordine di palchi, sostituito da una galleria aperta con parapetti di ghisa. Dei pilastrini sorreggono due ordini di tredici palchi ciascuno con parapetti a bauletto, spartiti da pilastrini che sal-
gono a sostenere la volta ellittica lunettata. Segue la Pinacoteca Comunale, situata nell’ex chiesa di San Sebastiano e nell’ex Monte Frumentario, dove sono collocate numerose opere pittoriche, fra cui spiccano per importanza: 1. La bellissima tavola Battaglia tra ginesini e fermani (attr. a Nicola di Siena), evento leggendario dell’apparizione di Sant’Andrea che permise ai ginesini di resistere all’assedio dell’esercito fermano nel novembre 1377; 2. Scuola del Ghirlandaio-Sposalizio mistico di Santa Caterina d’Alessandria; 3. Simone de Magistris-La Pietà (1584); 4. Vincenzo Pagani-Madonna col Bambino, S. Francesco e Beato Liberato; Madonna col Bambino in trono e Santi. Pittore nato a san Ginesio nella metà del XV secolo, attivo nelle Marche tra il 1492 e il 1533 fu un artista eclettico che risentì dell’influsso del Crivelli e della scuola umbra, specialmente del Pinturicchio (Madonna col Bambino e Santi, 1492, Pinacoteca di Sarnano; Sposalizio di Santa Caterina, 1507, Collegiata di S. Lorenzo, Urbisaglia). La Collegiata (1098) Sorge nella piazza principale, il gioiello di San Ginesio: è la chiesa collegiata, che si presenta con la facciata suddivisa in due parti, di cui l’inferiore è più antica e comprende il ma-
San Ginesio | Domenica 6 novembre 2016
In alto, facciata della collegiata di San Ginesio; sotto, oratorio di San Biagio - Madonna e Santi
gnifico portale (sec. XI) in travertino, con archi concentrici a tutto sesto che continuano lo stesso ritmo architettonico delle colonnine e dei pilastrini. Incastonata in una formella, nell’angolo destro del portale, vi è la rozza figura del santo istrione, forse longobarda. Fra i capitelli delle colonnine del portale fanno capolino a destra, il volto di San Ginesio e a sinistra la mano dell’Eterno che sorregge la Sphaera Mundi, il globo della terra. La parte superiore della facciata è un vero ricamo in cotto: suddivisa in cinque prospetti di uguale larghezza ma di diversa altezza, fu costruita da un maestro tedesco nel 1421, durante le ultime fioriture del gotico, che s’innesta sulla tradizione romanica. Accanto alla facciata è la torre civica romanica, con cuspide a bulbo, ricostruita nel XVII secolo. Interno della Collegiata: viene definita dallo storico Allevi “una galleria dove sei invitato a osservare i segni che dopo il Mille ogni secolo ha voluto imprimervi senza evidenti contrasti”. Con le sue tre navate, suddivise da pilastri cilindrici e poligonali, la chiesa si presenta in modo maestoso con testimonianze di ogni epoca e stile, a cominciare dal Crocefisso ligneo portato da 300 esuli nel 1450 durante il loro ritorno a San Ginesio. Numerose sono le opere pittoriche custodite, tra le quali vanno segnalate: . Madonna col Bambino e Santo Patrono della scuola del Perugino; . Madonna del Popolo di Pietro Alemanno; . Madonna in trono e Santi, affresco di Stefano Folchetti; . Una tela di Simone de Magistris, nella cappella del Capitolo; . Una tela di Simone de Magistris nell’abside; . Un quadro di Federico Zuccari;
16 . Due affreschi attribuiti al Pomarancio; . Affreschi di scuola riminese nell’abside; . La Cappella ai Caduti della Grande Guerra con affreschi di Adolfo De Carolis. Oratorio di san Biagio, una cripta composta da tre vani a volta, corrispondenti alle tre absidi aggiunte alla chiesa nel 1294; nella cappella di destra si trovano i meravigliosi affreschi di Lorenzo Salimbeni, realizzati nel 1406 e raffiguranti le storie di San Ginesio. Chiesa di San Francesco, splendido monumento in stile romanico gotico, edificato nel 1050: l’armonioso portale e l’abside sono le testimonianze più antiche, mentre l’interno, in stile neoclassico, ospita opere pregevoli tra cui una Crocefissione ed altri affreschi di scuola riminese- marchigiana. Ospedale dei pellegrini (XIII) così chiamato per l’ assistenza e ospitalità donata ai pellegrini, che transitavano per San Ginesio, diretti a Loreto o Roma. La bella facciata del complesso, che insieme alle mura cittadine risale al periodo gotico, si può ammirare entrando in città attraverso Porta Picena, accanto a cui sorge il Parco delle Rimembranze (1927), unico esempio di monumento funebre ,dedicato ai caduti della Grande Guerra, rimasto integro nelle Marche. Pausa pranzo in un ristorante nella piazza centrale. Nel pomeriggio visita al Teatro Flora di Penna san Giovanni. In questo piccolo borgo dell’Appennino Maceratese si trova un’eccezionale testimonianza di architettura settecentesca, perfettamente conservata nella struttura lignea e nella decorazione originale, un esempio di altissimo valore
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Penna San Giovanni - Teatro Flora
per la storia del teatro, forse il più importante del Settecento marchigiano: un piccolo gioiello del teatro rococò con una capienza di 99 posti. Nel 1780 una Società teatrale formata da dieci condomini, decise di costruire, all’interno del Palazzo dei Priori, una sala teatrale. La realizzazione venne affidata all’ebanista decoratore Antonio Liozzi, di Penna San Giovanni. L’interno contiene una platea e due ordini di palchi, sorretti da colonnine decorate in finto marmo. Il parapetto di ogni palco è decorato da un cartiglio barocco e sormontato da un festone con motivi floreali. Il soffitto è arricchito da un bel disegno scenografico policromo che conferisce grande eleganza a tutto il complesso. MONTE SAN MARTINO La Pinacoteca civica è ospitata al primo piano di Palazzo Ricci (XV sec.). E’ costituita dalla collezione di monsignor Ricci e comprende circa 46 og-
getti tra dipinti, bassorilievi, arredi e paramenti sacri che risalgono al secolo XVII, oltre ad una raccolta di libri antichi. Chiesa di San Martino, dove si conservano degli autentici capolavori dell’arte marchigiana: . trittico e polittico di Vittore Crivelli (c.1440-c.1502); . una pala d’altare di Girolamo di Giovanni da Camerino (not.1449-73); . polittico di Vittore Crivelli, dove è possibile riconosce re, nei volti della Madonna e del Bambino, la mano del celebre fratello Carlo (1430/35-c.1500). Chiesa di Santa Maria delle Grazie. Chiesa rurale, con numerosi rimaneggiamenti, in passato fu luogo cimiteriale. All’interno presenta numerosi affreschi, alcuni dei quali riportati alla luce recentemente e risalenti al XVI secolo. Veneratissimo un Crocefisso che si ritiene non eseguito da mano umana. Sulla via del ritorno
una breve visita a Servigliano. Il suo nome richiama un Servilius o gens Servilia. Anticamente insediamento romano, sorgeva a 4 chilometri di distanza, in posizione più elevata rispetto all’attuale locazione. Nel 1771 il paese franò e fu ricostruito per volere di papa Clemente XIV, prendendo in suo onore il nome di Castel Clementino. La costruzione proseguì sotto il successore, Pio VI. Nel 1863, con l’unità d’Italia, il paese riprese l’antico nome. Nel 1915 a Servigliano fu costruito un grande campo di prigionia, che dalla prima guerra mondiale fino al 1955 condizionerà pesantemente le vicende storiche del paese che vide dapprima la presenza di prigionieri austriaci, quindi ebrei, greci, inglesi, americani, maltesi e infine profughi italiani dell’Istria, Libia, Etiopia. Si tratta di un piccolo centro che rappresenta un esempio di urbanizzazione razionale secondo i principi dell’architettura illuminista. ¤
San Ginesio | Domenica 6 novembre 2016
Facciata Ospedale dei Pellegrini
Sopra, Monte San Martino - Polittico del Crivelli; a destra, pianta di Servigliano
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Ancona | Sabato 26 novembre 2016
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Facoltà di economia e commercio Villa Rey, Ancona CONVEGNO: “MARCHE, IL FUTURO POSSIBILE”
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ella relazione introduttiva del prof. Pietro Alessandrini, professore emerito di Politica Economica presso l’Università Politecnica delle Marche e nostro socio, vengono presentate le principali indicazioni che sono emerse dal Progetto Marche +20, coordinato per conto della Regione Marche
In alto, facoltà di Economia e Commercio di Ancona
dal professor Alessandrini. Si è trattato di un vero check-up dello stato di salute del sistema economico e sociale della regione, necessario per capire su quali punti di forza contare e su quali punti di debolezza intervenire per affrontare le sfide e le opportunità di sviluppo del futuro. Il Progetto Marche +20 si propone di costruire un’agenda di lavoro per preparare un futuro migliore. La frase ricorrente è “Il futuro non si prevede, si fa. Ma non si può navigare a vista”. Non si può essere preveggenti, perché il futuro non lo si conosce. Si deve essere previdenti riconoscendo i problemi attuali che, in assenza di correttivi, si aggraveranno in futuro. Il rapporto Marche +20 rappresenta, a quanto è dato conoscere, il resoconto più ampio
e aggiornato della situazione della economia e società delle Marche. Tre sono gli aspetti principali del rapporto: 1. La realtà economico-sociale delle Marche è stata confrontata con quella di altre 5 regioni a struttura simile: Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Abruzzo e con la media italiana. All’interno di questo confronto si possono intravvedere le potenzialità della possibile costituzione della macroregione dell’Italia di mezzo, composta da Toscana-Umbria-Marche. 2. Sono stati individuati 18 ATSL (Ambiti Territoriali di Sviluppo Locale) che riflettono la struttura policentrica dei sistemi locali delle Marche. Questa analisi georeferenziata consente di avviare la programmazione territoriale “community led”, come auspicato dalla Commissione europea. 3. Viene delineato un nuovo modello di sviluppo polivalente, che deve contare sull’attivazione di più motori di sviluppo: Attività industriali, Ruralità e risorse ambientali, Servizi per il mercato e Turismo, Istruzione e formazione, Servizi sociali, Servizi sanitari, Servizi per il territorio e l’ambiente, Cultura, Energia e Infrastrutture. Dopo questa relazione sono previsti due interventi programmati di un sociologo e di un economista. Seguirà la discussione con interventi liberi nonché un break lunch. ¤
Jesi | Domenica 18 dicembre 2016 ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCI presso Hotel Federico II
Hotel Federico II - Jesi; in alto, Gentile da Fabriano - Adorazione dei Magi - 1423
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Pesaro | Sabato 11 febbraio 2017
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Visita particolare al teatro segreto e al conservatorio Rossini CITTÀ DELLA MUSICA
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In alto, ritratto del giovane Rossini Sotto, facciata del conservatorio
’itinerario di visita inizia alle ore 10* con una passeggiata al Teatro Rossini per scoprirne, in maniera insolita e nuova, i segreti e i luoghi più nascosti. Un appuntamento in cui un cicerone” teatrale” ci accompagna nella magica atmosfera di questo luogo affascinante. L’idea che guida questa originale proposta culturale è quella di immaginare il teatro Rossini non più nella sua sola veste tradizionale di palcoscenico e di contenitore di spettacoli. Ora lo spettacolo è il Teatro stesso che si svela come luogo di emozioni vissute in maniera insolita e nuova ,anche da chi lo frequenta da spettatore, certi che lo svelare i segreti della macchina teatrale non faccia che aumentarne il fascino. Costruito nel 1637 come Teatro del Sole, per liberalità di papa Urbano VIII che aveva concesso come luogo di rappresentazione di spettacoli pubblici le vecchie scuderie ducali , fu riedificato nel sito originale nel 1818 per opera dell’architetto Pietro Ghinelli, con la denominazione di Teatro Nuovo. Del vecchio edificio fu salvato il bel portale bugnato di Filippo Terzi, che tutt’ora ne costituisce l’ingresso principale. Venne inaugurato il 10 giugno dello stesso anno con la messa in scena della Gazza Ladra di Gioachino Rossini, sotto la direzione al clavicembalo dello stesso compositore, già celebre anche se appena ventiseienne. Il teatro Rossini, che dal 1855 ha preso il suo nome attuale in onore del grande compositore, ha una capienza di 860 posti, con un auditorium proget-
tato con la classica forma a ferro di cavallo con quattro ordini di palchi più il loggione. Eventi sismici (1930) prima, deterioramento di molte parti poi, hanno determinato la chiusura dello stabile per diversi anni. Fu nuovamente riaperto il 6 aprile 1980, proprio in concomitanza con la prima edizione del Rossini Opera Festival. Il sipario dipinto fu realizzato tra il 1817 e il 1818, secondo i canoni della pittura neoclassica, dal milanese Angelo Monticelli per l’interessamento di Giulio Perticari a cui il pittore era legato da amicizia e che insieme al Monti, al Pindemonte, al Costa e alla moglie Costanza, vi risulta effigiato in posizione eminente. Il riquadro centrale ha come soggetto mitologico-allegorico La fonte Ippocrene, sorgente di ispirazione invocata dai poeti, con ricca cornice decorata. Dietro le rocce si apre il panorama luminoso di Atene, con lo sfondo dell’Acropoli, allegoria della classicità da recuperare come nostalgia di grandezza. Pausa pranzo nel ristorante la Guercia in piazza centrale. Nel primo pomeriggio visita al Conservatorio con sede nel palazzo Olivieri. Edificio costruito nel 1749 su progetto di Giannandrea Lazzarini (1710-1801) e su commissione di Annibale Olivieri, fu destinato a sede della Biblioteca e Musei, da lui stesso costituiti e donati alla città. Agli inizi degli anni ’80 dell’Ottocento, in seguito alla decisione di collocarvi il Liceo Musicale Rossini, il palazzo fu ristrutturato per le nuo-
Pesaro | Sabato 11 febbraio 2017
In alto, la facciata del Teatro Rossini di Pesaro; sotto, l’interno del teatro, l’auditorium e un’aula del conservatorio Rossini
ve funzioni.Ad integrazione della struttura, nel 1892 fu portata a compimento l’edificazione di un’imponente sala da concerti, il salone Pedrotti, sull’area disponibile alla destra del palazzo, la cui settecentesca facciata dovette subire un rilevante ampliamento con la creazione di un secondo ingresso (identico e simmetrico rispetto a quello originale disegnato dal Lazzarini) e di una balcone centrale in pietra. Nel primo cortile interno è stata collocata un’imponente statua in bronzo di Rossini, opera di Carlo Marchetti. All’interno del palazzo vi sono due importanti sale: . Galleria degli uomini e donne illustri pesaresi (1763) ; . Sala dei Marmi (1772) che racchiude un ciclo di affreschi raffiguranti la fondazione della città di Pesaro pagana e cristiana, eseguiti sia dal Lazzarini che dai suoi allievi; . Tempietto rossiniano, il cui soffitto è decorato con motivi pompeiani tipici del neoclassicismo, che conserva preziosi cimeli del grande musici- sta pesarese.
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Conservatorio tra i più antichi e prestigiosi, nato per espressa volontà testamentaria di Gioachino, prese avvio nel 1882. Di alto livello artistico fin dalle origini per la presenza di alcuni direttori, tra i più grandi compositori d’epoca, primo tra i quali fu Carlo Pedrotti, a cui si deve, tra l’altro, la costruzione dell’Auditorium, inaugurato nel 1892. A seguire prestigiosi direttori come Pietro Mascagni, Amilcare Zanella, Riccardo Zandonai, artefici di un autentico patrimonio culturale, che ha alimentato una tradizione didattica e artistica famosa nel mondo. Tra gli allievi che hanno conseguito un successo a livello internazionale vanno tra gli altri ricordati Renata Tebaldi, Mario del Monaco, Riz Ortolani. Si visiterà inoltre il laboratorio di musica elettronica, sala ambisonica SPACE, di recente inaugurazione. ¤ * Per esigenze di spazio nei luoghi da visitare, i partecipanti, se numerosi, verranno divisi in due gruppi che si alterneranno nelle visite dei due edifici e si riuniranno al ristorante nella pausa pranzo.
Camerino | Sabato 18 marzo 2017
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Dall’antica Università di Camerino AD UNA STUPENDA ABBAZIA E UN SORPRENDENTE MUSEO, SULLA VIA DEL RITORNO
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a mattinata, presso il rettorato dell’Università di Camerino, è dedicata a “freschi di accademia”, seconda prestigiosa edizione promossa dalla nostra associazione e curata egregiamente dal professor Alessandro Rappelli (seguirà programma). Pausa pranzo
In alto, un panorama di Sassoferrato
Nel pomeriggio a Sassoferrato, per visitare la stupenda abbazia di Santa Croce. Si tratta di un complesso abbaziale che sorge appena fuori Sassoferrato, alla confluenza dei fiumi Marena e Sanguerone nel Sentino. E’ un edificio architettonico appartenente ad un gruppo di quattro chiese, datate tra l’XI ed il XII secolo, unicum nella regione in quanto a pianta a quinconce, cioè a croce greca inscritta in un nucleo quadrangolare in cui lo spazio interno è caratterizzato da nove campate, tre
absidi in fondo ed altre due contrapposte nelle pareti laterali; schema di origine orientale, con massima diffusione nelle chiese bizantine della Grecia e dei Balcani. I quattro edifici ecclesiali sono: San Vittore alle Chiuse presso Genga, prototipo al quale si allineano Santa Croce di Sassoferrato, Santa Maria delle Moje presso Iesi e San Claudio al Chienti presso Corridonia. Vengono definite “chiese deuterobizantine” poiché ricalcherebbero modelli tipici del secondo periodo aureo dell’arte dell’Impero Bizantino, periodo in cui si afferma la pianta a quinconce in seguito sviluppata dall’architettura delle chiese armene e dei monasteri greci, con appendici anche in area slava e balcanica Attraverso quale percorso questo modello architettonico sia giunto nelle Marche non è ancora stato ben chiarito. Per quanto riguarda la chiesa di Santa Croce, a causa degli
Camerino | Sabato 18 marzo 2017
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Panorama di Camerino
La piazza di Camerino
interventi di restauro e degli ampliamenti che ne hanno caratterizzato la storia, non è facile ormai poter seguire dall’esterno l’andamento del perimetro originario, anche perché non solo l’edificio è stato inglobato nella struttura conventuale ma, nel corso dei secoli, le sono stati addossati dei corpi di fabbrica sul lato nord che ne hanno mutato sostanzialmente la forma esteriore. Riguardo alla data di fondazione le notizie sono tra loro in contrasto. Una recente indagine volta sulle murature dell’intero complesso per individuarne le principali fasi costruttive, ha permesso di datare i lavori per la costruzione della chiesa tra la prima metà del XII secolo e il 1170, considerando quest’ultimo come il termine ante quem fornito da un’iscrizione funeraria. Costruita in perfetto stile romanico, la chiesa presenta un nucleo centrale definito da quattro alti pilastri composi-
ti, a ciascuno dei quali sono addossate due semicolonne in granito e pietra calcarea, variamente proporzionati, provenienti dalle rovine di Sentinum. Ciò che caratterizza la chiesa è il modo regolare e organico con cui il materiale romano è stato inserito, non con intento esclusivamente utilitaristico, ma anche con precisi fini stilistici e decorativi. Seguono criteri di uso puramente estetico i reimpieghi delle epigrafi, una tipologia di materiale antico assai ben rappresentata in Santa Croce. Le lapidi sentinati attualmente esistenti all’interno del complesso abbaziale di S. Croce sono cinque. Presso l’ingresso del monastero si può leggere l’iscrizione dedicata IOVI SOLI INVICTO SARAPIDI (databile dopo il 161 d.C.), un dono a Giove Sole Invincibile Serapide posto dal procuratore imperiale Tito Elio Antipatro che ringrazia il dio Sera-
Camerino | Sabato 18 marzo 2017
Panorama di Fabriano
pide, Mitra. Di certo non si può negare che anche a Sentinum, come nel resto dell’impero, il culto mitriaco abbia trovato un ampio consenso, anche se gli edifici di culto non sono stati ancora identificati. Le rimanenti epigrafi sono state risistemate in epoca più recente, per cui non se ne conosce la collocazione originaria all’interno della chiesa. Questi pezzi si trovano in una nicchia, a sinistra dell’ingresso, che venne creata in seguito ai lavori di ristrutturazione della chiesa nel 1914: in essa trova posto una sorta di piccolo allestimento museale, in cui sono riuniti un buon numero di pezzi sentinati di reimpiego, insieme ad altri di epoca più tarda. La serata si conclude con la visita al museo del pianoforte storico e del suono, nuovissima struttura posta nel complesso monumentale di san Benedetto a Fabriano. Inaugurato nel 2012, il museo è costituito da trenta
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pianoforti storici della collezione di Claudio Veneri che coprono lo spazio temporale da fine Settecento ai primi del Novecento. Si tratta di fare un viaggio nella storia del pianoforte e parallelamente della storia musicale con grandissimi compositori che, su questi strumenti, hanno scritto molte delle loro opere più importanti. Un incontro ravvicinato con Bach, Mozart, Beethoven, Chopin, Debussy, Ravel, attraverso gli strumenti originali su cui hanno composto ed eseguito i loro brani più famosi, ascoltati nella sonorità originale grazie alle esecuzioni di un pianista-concertista che guiderà la visita, suscitando nei visitatori emozioni e suggestioni inedite e straordinarie. È dunque una esposizione sceneggiata, dove la magia del suono originale si confonde con immagini che rimandano a costumi e atmosfere del tempo. ¤
Camerino | Sabato 18 marzo 2017
Una performance al Museo della musica
Abbazia di S. Croce
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Loreto | Sabato 22 aprile 2017
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Dai camminamenti di ronda della Basilica Pontificia di Loreto ALLA BIBLIOTECA MOZZI - BORGETTI DI MACERATA
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In alto, camminamenti di ronda visti dall’esterno e dall’interno
attino ore 10, giro panoramico attraverso i camminamenti di ronda della basilica pontificia di Loreto, alla scoperta di scorci insoliti. Tra i più importanti e visitati santuari del mondo cattolico, fin dalle sue origini, che risalgono al 10 dicembre 1294 con l’arrivo della Santa Casa di Nazaret, Loreto ha ricevuto folle di pellegrini, giunti da ogni parte per pregare dentro questa preziosa reliquia, percorsa la via lauretana. Importanza storica, dunque, ma anche artistica. Monumento gotico rinascimentale tra i più importanti d’Italia, raro esempio di tempio fortilizio, fu iniziato nel 1468 e completato nel 1587, grazie all’ l’impegno che diversi pontefici hanno profuso verso questo luogo di culto mariano, tra i quali spiccano i papi marchigiani e i Della Rovere, Sisto IV e Giulio II, che hanno inviato i migliori architetti dell’epoca: Marino di Marco Cedrino, Baccio Pontelli, Giuliano da Sangallo, Giuliano da Maiano, Francesco di Giorgio Martini, Bramante, Andrea Sansovino, Antonio da Sangallo il giovane. Il complesso religioso si configura come una fortezza, costruita per preservare quella preziosa reliquia dalle incursioni turche, dopo le scorrerie sulle coste dell’Adriatico avvenute nella seconda metà del Quattrocento. Basti ricordare le sanguinose incursioni di Otranto del 1480 e di Grottammare nell’anno precedente. Sisto IV, appena salito al soglio pontificio, inviò a Santa Maria di Loreto il cardinale Girolamo Basso Della Rovere, suo nipote.
Quel prelato in trent’anni di grande impegno, iniziato fin dal 1476, svolse una intensa attività a favore della fabbrica, non solo per la struttura architettonica, ma anche per la decorazione artistica. Temendo l’invasione di Maometto II, prese provvedimenti per la fortificazione della chiesa, ricorrendo all’opera degli artisti più famosi del tempo, tanto da renderla arx munitissima. Nel novembre del 1507 Giulio II notificava al rettore della Santa Casa che intendeva inviare l’architetto pontificio Bramante, per disegnare nuove opere e riparare quanto era necessario. L’edificio deve la sua impostazione di fortezza a Giuliano da Maiano. Del suo progetto originale rimane, oggi, solamente la merlatura saliente a filo di muro del torrione nord est, poiché dal 1488 i lavori vennero affidati all’ingegnere generale delle rocche pontificie nella Marca d’Ancona, Baccio Pontelli, che scelse una soluzione funzionale alla difesa, ma nello stesso tempo esteticamente gradevole, secondo canoni di gusto rinascimentale. L’intero complesso divenne quasi una fuga di torrioni di una rocca, nata per la salvaguardia di una reliquia così preziosa, coronata da un vero camminamento di ronda su becchetelli, ingentilita dagli alti finestroni gotici in pietra bianca del Conero. Dotando, infatti, l’intero perimetro della costruzione di un camminamento di gronda aggettante su archetti a sbalzo sorretti da mensole, l’artista fiorentino rese elegante tutto il complesso. Le cosiddette rocchette non furono mai
Loreto | Sabato 22 aprile 2017
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A sinistra, la piazza della basilica; sopra Lorenzo Lotto - 1555 - Presentazione al Tempio - Loreto Palazzo Apostolico
usate come strumento di difesa nei secoli successivi, ma offrono, oggi, la possibilità unica di compiere un viaggio suggestivo alla scoperta di scorci insoliti della basilica. Dopo la salita di circa ottanta scalini, si accede al bastione che percorre tutto il lato sinistro della chiesa, la zona absidale e quindi il lato destro. A questo punto il percorso rientra nell’edificio, passando nell’affascinante sottotetto, tra le capriate del tetto e la volta del soffitto sottostante, per poi ridiscendere all’esterno. Dietro i camminamenti, nella parte alta della basilica, si trovano le stanze, un tempo adibite ad alloggio per le guardie, oggi a museo e raccolta di oggetti antichi, cimeli sportivi dell’aeronautica e di altri usi religiosi, tra cui ex voto. I camminamenti di ronda, restaurati e visitabili dal 2009, costituiscono una passeggiata che lascia il visitatore senza fiato davanti ad una visuale che spazia tra il mare e il paesaggio collinare che si
perde sino agli Appennini. Al termine breve visita al Museo Antico Tesoro della Santa Casa, ospitato nel magnifico Palazzo Apostolico iniziato dal Bramante, modificato da Antonio Sangallo il Giovane e completato nel Settecento dal Vanvitelli. La visita sarà incentrata sulla sezione dedicata alle opere di Lorenzo Lotto (1480-1556) eseguite dal pittore negli ultimi anni della sua vita, terminata nel santuario, come oblato della Santa Casa. . Cristo e l’adultera (1548-1550) . Combattimento tra la Fortezza e la Fortuna infe lice (ante 1550) . San Michele Arcangelo caccia Lucifero (1545) . Il sacrificio di Melchisedech (ante 1545) . Il battesimo di Cristo (1544) . Adorazione dei Magi (1552-1555) . Adorazione del bambino (1546.1549) . San Cristoforo, San Rocco
e San Sebastiano (1532-1533) . Presentazione di Gesù al tempio (1555) considerata l’ultima opera dell’artista, interrotta dalla sua morte. Breve sosta all’interno della Basilica, con la visita alla Cappella dei Duchi di Urbino, unica non restaurata nel XIX secolo. Voluta dai Duchi di Urbino Guidobaldo II e Francesco Maria II, suo figlio, contiene affreschi di Federico Zuccari, decorazioni del Brandani e una pala in mosaico con l’Annunciazione, copia della splendida tela di Federico Barocci, caduta tra le spoliazioni napoleoniche. La cappella è una sintesi straordinaria di arte tardo rinascimentale. Pausa pranzo presso il ristorante da Zi Nenè. Alle 15 partenza per Macerata dove alle 16,30 inizierà l’VIII edizione di Freschi di stampa organizzata, brillantemente come al solito, dal socio Maurizio Cinelli (segue programma). ¤
Castignano | Sabato 13 maggio 2017
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Castignano, terra di calanchi e vini doc SULLE ORME TEMPLARI E FARFENSI
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In alto, i calanchi di Castignano
asciata la costa, risalendo le pendici collinari al confine tra le valli del Tesino e del Tronto, si giunge a Castignano (m 473; ab.3.016). Un suggestivo agglomerato dalla forma piramidale si staglia su un paesaggio intatto, caratterizzato da terreni argillosi, spesso sconvolto da frane e moti tellurici, che disegnano suggestivi calachi: profonde fenditure formatesi per l’azione erosiva dell’acqua piovana su quei terreni, impermeabili, privi o poveri di vegetazione. Il paese è sorretto da un’imponente muraglione, con tredici arcate, che nei secoli ha cercato di rallentare l’erosione, che al tempo stesso risulta essere caratteristica e pericolosa, rendendo inconfondibile il versante meridionale di Castignano. Il nome deriva dal latino castanetum, in quanto circondato da un bosco di castagni. Da questo luogo proviene la
stele di Castignano, conservata presso il Museo Archeologico Statale di Ascoli Piceno, datata VII-VI sec. a.C. e sulla quale è incisa un’iscrizione bustrofedica (tipo di scrittura nella quale le righe seguono il movimento del bue - dal greco giro di bue che traccia i solchi nel campo con l’aratro, vale a dire da sinistra a destra e da destra a sinistra e così via) in antico alfabeto italiano: documento di notevole importanza della civiltà picena. Nell’undicesimo secolo compare nelle cronache farfensi tra i possedimenti dell’importante cenobio. Saluto del sindaco Polini Fabio nel Palazzo comunale, seguito dall’ assaggio dell’anice verde con biscotti del luogo. Visita del centro storico, che ha mantenuto intatte le caratteristiche di borgo medievale. Risalendo via dei
Castignano | Sabato 13 maggio 2017
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Panorama di Castignano
Templari, tra edifici dal tipico colore rossiccio del cotto, si raggiunge la sommità del paese, sulla quale si eleva la romanica chiesa dei SS. Pietro e Paolo, con il caratteristico rosone, proprio nel cuore del vecchio castello. Il nucleo primitivo dell’edificio risale all’XI secolo, anche se l’attuale struttura è trecentesca. L’interno conserva alle pareti altari barocchi, un pregevole coro ligneo (XV sec.) e tele del Cinquecento. Sulla parete destra della chiesa affascina l’affresco quattrocentesco del Giudizio Universale.
In alto, Castignano - chiesa dei SS. Pietro e Paolo Sotto, museo delle icone russe
Alla chiesa è annessa la sezione locale dei Musei Sistini del Piceno - Museo di Arte Sacra di Castignano, ricco, tra l’altro, di un artistico e prezioso reliquiario-ostensorio della Santa Croce, in argento dorato, commissionato nel 1488 all’orafo ascolano Pietro Vannini, a cui di recente si è aggiunta una sezione dedicata alle icone russe
(più di ottanta manufatti, rari e preziosi, distribuiti in cinque sale). Il museo, aperto nel 2009, è frutto dell’appassionato collezionismo quarantennale del castignanese Monsignor Vincenzo Catani. Nella cripta dell’ Addolorata, cui si accede dall’esterno della chiesa, risalente con tutta probabilità al periodo farfense, sono conservati una Pietà in terracotta di arte nordica (XV sec.) e tracce di affreschi attribuiti a Vittore Crivelli e Vincenzo Pagani. La toponomastica ricorda la presenza dell’ordine religioso militare dei Templari, ai quali si deve la fondazione nell’XI sec. della Chiesa di Santa Maria del Borgo, detta anche dei templari, per tracce che porterebbero alla loro presenza in questo borgo, insieme ad un convento e ad un ospedale annessi alla chiesa. Tra queste una formella con il simbolo esoterico del Tau,
Castignano | Sabato 13 maggio 2017
tipico di quell’ordine, inserita nella cornice del portale in cotto. La scoperta di affreschi all’interno e la loro datazione, supportano l’idea di una chiesa più antica, già preesistente, che appunto la tradizione vuole edificata dai templari. Alla metà di agosto, in occasione di Templaria, la cittadina rievoca la presenza dell’ordine con spettacoli, giochi e tavole medievali. Pausa pranzo nel ristorante “Teta” Nel pomeriggio, dopo una tavola rotonda coordinata dal prof. Natale Frega sulle tradizioni più radicate nella popolazione, visita alla cantina di Castignano dove potranno essere degustati i tipici vini del luogo: Templaria e Gramelot. In alto, la stele di Castignano
Sulla via del ritorno, sosta nella chiesa di Santa Maria
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della Rocca, di Offida. Maestosa struttura isolata dal resto del complesso cittadino, circondata su tre lati da dirupi che si aprono su due vallate, in laterizio ,di forme romanico-gotiche, fu eretta da Maestro Albertino nel 1330 su una preesistente piccola chiesa benedettina. La facciata è articolata da lesene e sul lato opposto sono presenti tre absidi poligonali, con paraste di pietra bianca, monofore e archetti gotici. Sull’abside centrale si apre un portale gotico che immette nella cripta, larga quanto la chiesa superiore e ornata di affreschi trecenteschi attribuiti al Maestro di Offida. Anche nella chiesa superiore si conservano affreschi di influsso giottesco, attribuiti sempre allo stesso autore; altri sono attribuiti a Giacomo da Campli (XV sec.). Negli altari laterali, eretti in epoche diverse, si segnala quello dedicato a Sant’Andrea, con dipinto di Vincenzo Pagani. ¤
Castignano | Sabato 13 maggio 2017
Offida - chiesa di Santa Maria della Rocca
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Tra Umbria e Lazio | Venerdì 2, sabato 3, domenica 4 giugno 2017
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Per antiche abbazie e dimore rinascimentali SULLE TRACCE DI STORIA MARCHIGIANA
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unti di raccolta uscita autostrada: Marotta ore 7; Montemarciano ore 7,45; Ancona Sud ore 8,40; Civitanova Marche ore 9,45; Partenza tour prevista ore 10 ed arrivo a Foligno ore 12 circa con visita all’abbazia Santa Croce di Sassovivo.
In alto, Abbazia di Santa Croce di Sassovivo - esterno Sotto, chiostro - particolare
L’abbazia Santa Croce di Sassovivo Nelle immediate vicinanze di Foligno, a 520 metri di quota, in un territorio ricco di acque e avvolto da un fittissimo bosco di lecci, roveri, pini d’Aleppo e ginepri, sorge in stupendo isolamento l’ abbazia santa Croce di Sassovivo. Bellissimo complesso architettonico, in passato fiorente comunità benedettina, oggi è abitato dai piccoli fratelli della Comunità Jesus Caritas, che si ispira a Charles de Foucauld. La nuova comunità, sede di noviziato, giunse a Sassovivo nel 1979 per volontà di fratel Carlo Carretto. La prima citazione del toponimo Sassovivo compare
tra le carte monastiche in un documento del 1087, con riferimento al monastero già eretto in quel luogo di stretta osservanza benedettina. Prima della vera e propria fondazione dell’abbazia, nel bosco vivevano diversi eremiti, alcuni dei quali di origine siriana. Sembra che il nucleo iniziale di vita eremitica sia sorto a Sassovivo intorno al luogo di martirio di due siriani uccisi. Evidentemente era questo un luogo battuto da monaci siriani, in fuga a causa delle lotte di religione nei loro paesi. Il primo abate e fondatore della comunità, fu Mainardo, di cui scrive san Pier Damiani, proveniente dal monastero di Sitria, fondato da san Romualdo sulle pendici del monte Catria. Sassovivo divenne comunità ricca e potente non solo per le molte donazioni ricevute da benefattori ma anche per le rendite dei loro mulini ad acqua che alimentavano cartiere a pale, producendo grandi quantità di carta pregiata,
Tra Umbria e Lazio | Venerdì 2, sabato 3, domenica 4 giugno 2017
lavorata con abilità e perciò molto richiesta. Tutto questo condusse al possesso di migliaia di ettari di terre seminative e vigne sparse per l’Italia centrale ed al controllo di novantadue monasteri, quarantuno chiese e sette ospedali. Gli stretti legami con l’Oriente continuarono sempre negli anni successivi anche con importanti aiuti economici da parte dei monaci tanto che il patriarcato di Beirut volle consegnare in dono al monastero nientemeno che la testa di san Marone. L’abbazia visse il massimo splendore tra il 1100 e il 1400. Lo testimonia ancora oggi la parte architettonica di grande pregio rimasta intatta e originale: il bellissimo chiostro. Fatto costruire nel 1229, secondo il modulo romanico, è ornato di centoventotto colonnine tra loro appaiate, disposte a sorreggere cinquantotto archi a tutto sesto; lungo la trabeazione che li sovrasta corrono appunto due file di decorazioni a mosaico in marmo per le quali fu interpellato Nicola Vassalletto, uno dei marmorari più famosi dell’epoca. Al contrario del chiostro, la chiesa è stata distrutta dal terremoto e ricostruita alla fine del 1800. Unica eccezione, rimane la cripta del Beato Alano, risalente al Mille. Allo stato attuale delle cose, dopo le varie vicende subite negli ultimi secoli, Sassovivo è una comproprietà: una parte appartiene al demanio, una ai privati, una alla chiesa diocesana. Oggi, tra le montagne di Foligno, la spiritualità relativamente giovane dei piccoli fratelli di Sassovivo si incontra con quella antica dei monaci che vi dimorarono nove secoli fa, unite entrambe dal medesimo intento di ricerca spirituale, per il quale l’uomo si impegna oggi come in passato. In alto, chiostro romanico - 1229; Caprarola - Palazzo Farnese, una veduta dall’esterno, la Scala Regia e gli affreschi del Vignola all’interno
Pausa pranzo presso Hotel “Relais Falisco” a Civita Ca-
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stellana. Secondo giorno visita a Caprarola, Bomarzo, Bagnaia e Civita di Bagnoregio. Villa Farnese di Caprarola costituisce uno dei migliori esempi di epoca manierista, costruita tra il 1559 e il 1575. Nata intorno al 1530 come residenza con caratteristiche difensive sotto la direzione di Antonio Sangallo il giovane, su commissione del cardinale Alessandro Farnese il vecchio, la costruzione fu interrotta per la morte dell’architetto. Il cardinale Alessandro il giovane insediandosi a Caprarola volle riprendere i lavori,affidandoli al Vignola. Il progetto del nonno fu radicalmente mutato, trasformando quella costruzione in un imponente palazzo rinascimentale, che divenne residenza estiva dell’alto prelato e della sua corte. Pur mantenendo la pianta pentagonale, al posto dei bastioni angolari, furono inserite ampie terrazze, mentre al centro fu realizzato un cortile circolare a due piani, con il superiore leggermente arretrato. L’edificio fu integralmente armonizzato con il territorio circostante e collegato da un’ampia strada rettilinea con il centro del paese sottostante. All’interno vi lavorarono i migliori artisti dell’epoca. I temi degli affreschi ispirati dal letterato di corte Annibal Caro, furono realizzati da Taddeo Zuccari, poi sostituito alla sua morte (1566) dal fratello Federico. Il giardino è uno splendido esempio tardo rinascimentale, con terrazzamenti alle spalle della villa collegati attraverso ponti. I lavori del giardino si conclusero nel 1630 sotto la direzione di Girolamo Rainaldi. Le volte dei porticati del cortile furono affrescate da Antonio Tempesta. Nel piano nobile si trovano vere meraviglie,tra cui la camera delle celebrità, detta anche stanza dei fasti farnesiani, con affreschi che
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Caprarola - Villa Farnese - Sala dei fasti farnesiani; Bomarzo - palazzo dei mostri
rievocano la vita dei Farnese e quella delle Geografie o del Mappamondo, tra le più rappresentative. Pausa pranzo in cantina medievale di Caprarola Palazzo dei mostri (Bosco sacro o villa delle Meraviglie) di Bomarzo. E’ un parco naturale ornato da numerose sculture risalenti al XVI secolo, raffiguranti animali mitologici,divinità,mostri,secondo il genere grotesque, ideato da Tino Ligorio su commissione del principe Pierfrancesco Orsini detto il Vicino. In questo luogo, come scrive Bruno Zevi, la finzione è travolgente, l’osservatore non può contemplare in quanto vi è immerso, in un intreccio di sensazioni che confonde le idee, sopprime emotività e porta verso un mondo onirico, assurdo, ludico ed edonistico. L’Orsini chiamò il parco Bosco sacro e lo volle dedicare alla moglie Giulia Farnese.
Chiari sono i rimandi letterari al Petrarca, all’Ariosto e al Tasso. Il parco si estende su una superficie di tre ettari, immerso in una foresta di conifere e latifoglie. Secondo alcuni il complesso di Bomarzo viene interpretato come luogo iniziatico. Villa Lante di Bagnaia. E’ uno dei giardini più famosi del XVI secolo molto simile a Bomarzo. La sua attuazione è attribuita al Vignola su commissione del cardinal Gambarara. La villa si compone di due casini quasi identici. Dopo la morte di Gambarara, avvenuta nel 1587, gli successe il nipote di Sisto V, cardinale Alessandro Peretti di Montalto. Fu lui a far costruire il secondo casino. I giardini costituiscono l’attrazione principale di villa Lante. Nel cuore del complesso si trova la famosa Fontana dei Mori di Giambologna, che porta lo stemma dei Montalto. Civita di Bagnoregio e la valle dei calanchi. Chiama-
ta anche la città che muore, per i continui smottamenti, è abitata da pochissime persone. Si raggiunge attraverso un ponte pedonale in cemento armato. Fondata dagli Etruschi 2500 anni fa, sorge sulla strada, un ramo della via franchigena, che collega il Tevere al lago di Bolsena. Da visitare case medievali, quella natale di San Bonaventura e la chiesa di San Donato. Il paesaggio circostante lascia il visitatore senza fiato. Rientro in Hotel, cena e pernottamento. Terzo giorno: partenza da Civita per Farfa Abbazia benedettina di Santa Maria di Farfa ( 37 km da Rieti) Tra la tarda antichità e il primo medioevo nessun avvenimento ha caratterizzato tutta l’Europa sul piano culturale e del paesaggio umano come il proliferare di monasteri benedettini. Dalla fine dell’impero romano fino al XII secolo le
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In alto, Bagnaia - Villa Lante Sotto, Bagnaia - Villa Lante - la fontana di Pegaso
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più importanti trasformazioni dello spazio sono dovute ai monaci e il mondo monastico divenne fattore primario del costruirsi dell’Europa. L’abbazia benedettina di Farfa è annoverata tra le prime fondazioni benedettine italiane. Secondo la tradizione, ebbe origine nel V secolo per opera del vescovo orientale san Lorenzo Siro. Come avvenne per altre primitive fondazioni fu distrutta dalle invasioni barbariche e ricostruita verso il 705 da san Tommaso di Morienna, monaco franco alla guida di un gruppo di pellegrini reduci dalla Terra Santa. Iste est quem tibi promiseram locus. Sono le parole che la Madonna rivolse al santo indicandogli il luogo della abbazia distrutta. Si tratta, dunque, di un complesso monastico e culturale tra i più antichi e importanti del medioevo. Ebbe numerosissimi possedimenti in tutta l’Italia centrale comprese le Marche, tra cui,il più celebre, santa Vittoria in Matenano. Possedimenti che a nord raggiungevano la città di Senigallia. Conobbe il suo alto splendore sotto Carlo Magno, che visitò l’abbazia prima di essere incoronato in Campidoglio. Rimane famoso per la qualità dei codici del suo scriptorium, soprattutto quelli dei primi secoli dopo il Mille, dove si creò una scrittura propria, distinguendosi da tutte le altre del tempo, chiamata la Romanesca Farfense, che troverà massima diffusione nelle opere di Gregorio da Catino (1062-1133), autore di fondamentale importanza per la storia italiana ed europea del Medioevo. Fu occupato dai saraceni nel X secolo. Rivitalizzato dai cluniacensi, divenne commenda nel XV secolo, poi abbazia vescovile, finché fu soppresso nel 1861. Oggi l’abbazia è presidiata da una piccola comunità di monaci appartenenti alla Comunità di San Paolo fuori
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le mura. La chiesa è rinascimentale, mentre il complesso claustrale conserva elementi più antichi, talvolta romanici ed alto medievali, come la cripta, dove è conservato un bel sarcofago romano del II secolo con una scena di battaglia tra romani e barbari, il Chiostro grande e il Chiostrino Longobardo. Alla base della possente torre campanaria (sec. IX-XIII) vi conservano interessanti affreschi di scuola romana della metà dell’XI secolo. L’interno della basilica a tre navate, offre al visitatore preziose opere pittoriche, tra cui, sulla parete di fondo, un grande olio su muro raffigurante il Giudizio Universale del 1561,opera di Henrik van der Broek, pittore fiammingo e, nelle tre cappelle della navata di sinistra, dipinti di Orazio Gentileschi e suoi allievi. Nel soffitto del transetto e nel coro grottesche, insolite per un ambiente monastico, della scuola degli Zuccari. Splendido il soffitto a cassettoni della chiesa risalente al 1494, con al centro lo stemma degli Orsini. Affascinante il paesaggio circostante. Poi in direzione Spoleto per abbazia di San Pietro in Valle di Ferentillo.
In alto, veduta panoramica di Civita di Bagnoregio; Civita di Bagnoregio la valle dei calanchi; Abbazia di Farfa - Veduta paoramica
L’abbazia di San Pietro in Valle di Ferentillo A tredici chilometri circa da Spoleto, città che nell’alto medioevo fu potente ducato longobardo, è situata Ferentillo, borgata ricca di storia, arrampicata su un pendio, lambita dalle acque del fiume Nera che vi fluisce accanto. A poca distanza da qui sorge l’abbazia di san Pietro in Valle, la cui presenza è strettamente legata alla storia di Ferentillo e, inevitabilmente, a quella di Spoleto. Costruita su un ripiano del monte Solenne, inserita in uno scenario naturale ancora intatto si arriva all’abbazia dopo aver percorso una stretta strada di montagna. La sua fonda-
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zione origina con la presenza di due eremiti profughi dalla Siria, che giunsero in questo luogo, insieme ad altri trecento monaci siri nella seconda metà del VII secolo,alla ricerca di un luogo dove potersi stabilire. La ricerca ebbe fine proprio sulle pendici di questo monte, punto strategico poco lontano da un’importante via di comunicazione. Essi seguivano la regola di san Basilio, abitualmente osservata dai monaci del medio Oriente. La costruzione dell’edificio religioso fu attuata dal duca longobardo Faroaldo II, seguendo un sogno premonitore. Si tratta dello stesso duca che si era curato di restaurare l’importante abbazia di Farfa in Sabina, uno dei centri di maggior irradiazione monastica del centro Italia. Quando il crudele figlio Trasmondo II gli usurpò la guida del ducato di Spoleto, si ritirò nel monastero fatto da lui costruire, dove morì otto anni dopo. Sembra che il suo corpo fosse sepolto in un sarcofago di origine romana ancora oggi visibile all’interno della chiesa e noto come “sarcofago di Faroaldo”. Più tardi l’abbazia divenne mausoleo dei duchi longobardi di Spoleto. Verso la fine del IX secolo distrutta e depredata dai saraceni, fu riedificata per volontà di Ottone III di Sassonia. Successivamente divenne diretta dipendenza della santa sede, che portò intensi scambi culturali ed artistici con Roma. La decadenza iniziò nel 1346, quando il governo dell’abbazia venne affidato alla nobile famiglia Ancajani. Dopo il 1860 il monastero con tutti i suoi beni passarono in parte al comune di Ferentillo, e in parte acquistati da privati, cadendo nel più completo abbandono. La chiesa di san Pietro in Valle, notevolmente impoverita dei suoi arredi originari più belli, è oggi di pertinenza della parrocchia di santa Maria in
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Abbazia di Farfa - interno della basilica - Il Giudizio Universale
In alto, Abbazia di Farfa - affreschi della torre campanaria - particolare Sotto, Abbazia di S. Pietro in Valle - sarcofago di Faraoldo e l’Altare Maggiore di Ursus Magister
Ferentillo, ma il resto appartiene agli ultimi proprietari che l’hanno acquistato. La chiesa, come si mostra oggi, è quella ricostruita nel IX e X secolo; di struttura semplice, è arricchita da una bella torre campanaria annessa al braccio sinistro del transetto, aggiunta nella seconda metà del XI secolo. L’interno, caratterizzato da un’ombra diffusa scaturita da feritoie, dona la sensazione di isolamento e di protezione dal mondo esterno, in quel tempo sconvolto da devastanti conflitti bellici di potere. L’edificio si presenta a unica navata con transetto che termina a tre absidi. E’ certo che l’abbazia attinse a resti di antichi tempi romani e a sua volta, secondo il medesimo criterio, l’attuale edificio ottoniano ha accolto numerosi resti della primitiva costruzione longobarda: mense d’altare e sarcofagi. L’altare maggiore, presenta la cosiddetta lastra di Ursus Magister dell’ ottavo secolo
ed, accanto al transetto di destra, il sarcofago di marmo più antico, quello di Faraoldo, di notevolissima fattura. Vicino c’è anche un sarcofago del III secolo che, paradossalmente, nonostante utilizzato per sepoltura di monaci, porta scolpita la rappresentazione di Amore e Psiche. Da vedere il ciclo di affreschi, o meglio quanto di essi è rimasto essendo stata utilizzata la chiesa come stalla, ciclo risalente agli anni compresi tra il 1190 e il 1200. Originariamente, come volevano i dettami dell’arte romanica, l’affresco ricopriva completamente le pareti della navata della chiesa. L’opera, considerata anche la vastità del lavoro, rappresenta il più importante ciclo pittorico di influsso romanico superstite del medioevo nell’Italia centrale. Un patrimonio dunque talmente vario di ricchezze artistiche, inserito in un ambiente naturale davvero splendido, da cui si è irradiato il primo monachesimo d’Occidente. ¤
Corinaldo | Domenica 25 giugno 2017
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Da Corinaldo, borgo tra i più belli d’Italia ALLE COLLINE DI BARCHI ROVERESCA
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In alto, veduta di Corinaldo
osizionata in cima ad un colle, da cui il toponimo corri più in alto, Corinaldo è una splendida cittadina dell’entroterra senigalliese, dall’impianto urbano medievale e rinascimentale. Difesa da un’intatta cerchia muraria, fra le meglio conservate nelle Marche, costituisce uno straordinario esempio di architettura. Un chilometro circa di fortificazioni intervallate da porte bastionate, poderosi baluardi poligonali, torrioni circolari e poligonali, guardiole e piombatoi. L’attuale perimetro risale al 1367, in seguito ampliato tra il 1480 e il 1490. All’interno delle mura si sviluppa una struttura urbana che, se pur subendo nel corso dei secoli necessarie ristrutturazioni, ha conservato una omogeneità nei materiali e nella architettura che donano al centro storico una configurazione del tutto particolare e di grande suggestione. All’interno murario si trovano numerosi monu-
menti, per lo più barocchi e neoclassici: chiese e pregevoli palazzi signorili. All’esterno delle mura, ma facilmente raggiungibili, diverse chiese interessanti tra cui la basilica paleocristiana di Madonna del Piano, che, con il sito archeologico adiacente, sta mettendo in luce la sua antica origine. Interessanti da vedere sono le case in terra poste in località Sant’Isidoro e in contrada Nevola. Mattino ore 10 ,saluto del sindaco Matteo Principi nel palazzo comunale. L’edificio, costruito tra il 1784 e il 1791 su disegno dell’architetto Francesco Maria Ciaraffoni, sorge sul luogo di una precedente struttura rinascimentale. Notevole esempio di architettura neoclassica è caratterizzato da un ampio loggiato prospicente a via del Corso. Attraverso un ampio scalone si accede alla sala grande Arnaldo Ciani, dove, sotto un soffitto neoclassico, sono conservati i ritratti di
Corinaldo | Domenica 25 giugno 2017
Claudio Ridolfi - La Maddalena ai piedi della Croce
alcuni concittadini che hanno resa famosa Corinaldo. Segue la visita alla Civica Raccolta D’Arte Claudio Ridolfi, sistemata in alcuni locali dell’ex convento agostiniano, con un nucleo di circa 40 opere religiose, distribuite su un arco cronologico che va dalla seconda metà del Cinquecento a tutto il Settecento, a cui si è aggiunto un gruppo di opere contemporanee dell’artista pesarese Nori de’ Nobili. Il percorso comprende opere di pittori tra cui spiccano per importanza: . San Rocco, 1562-Ercole Ramazzani (Arcevia 1530ca.-1598); . Adorazione dei pastori, 1577-78- Gaspare Gaspa rini (Macerata 1540ca. 1590); . Cristo alla colonna, 1628; San Tommaso da Villanova, 1628-Claudio Ridofi (Vero na 1560 - Corinaldo 1644) . Trasferitosi dalla città na tale a Venezia come allievo di Paolo il Veronese, Clau-
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Visaccio - Annunciazione - Chiesa SS. Resurrezione - Barchi
dio Ridolfi si reca prima a Roma e poi ad Urbino, dove frequenta la bottega di Federico Barocci. Artista ormai affermato, diventa uno dei pittori più richiesti, diffondendo le sue opere nel territorio di Urbino e nella Marca anconetana. Agli inizi del nuovo secolo si stabilisce definitivamen te a Corinaldo . . Madonna col Bambino, il Padre Eterno e Santi, 1658 - Domenico Peruz zini (Urbania 1602- Anco na 1673). Da ammirare, oggetti sacri devozionali, raccolti da fra Bartolomeo Orlandi, durante le sue cariche di provinciale dell’ordine agostiniano. Si tratta di 8 reliquiari e 18 stupendi busti-reliquiario. Il primo tipo presenta una struttura a parallelepipedo con vetrina sul fronte, mentre gli altri sono deliziosi busti in legno intagliato, laccato e dorato, decorati naturalisticamente con motivi vegetali, oltre una serie di statuette in calcare alabastrino, portate dalla Sicilia dallo stesso religioso.
Nel Palazzo Brunori, sempre lungo via del Corso, da visitare la Raccolta Bojani di ceramiche d’arte contemporanea. Il professor Bojani, fanese di origine , per decenni direttore del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, oltre insegnante universitario di Storia della ceramica, di cui fu massimo esperto in campo internazionale, ha voluto donare alla città di Corinaldo, suo buen retiro da oltre trent’anni, una significativa raccolta di circa duecento ceramiche d’arte contemporanea per allestire una mostra permanente, inaugurata di recente. In gran parte si tratta di oggetti frutto del suo intenso rapporto con molti artisti contemporanei o di omaggi al grande studioso. Sulla strada che porta alle colline di Barchi si incontra la Chiesa di Santa Maria del Piano, la più antica testimonianza architettonica di Corinaldo e della diocesi di Senigallia. Lo stesso precedente toponimo di Santa Maria in Portuno testimonia l’esistenza in quel luogo di un tempio pagano dedicato
Corinaldo | Domenica 25 giugno 2017
al culto del Dio Portuno, divinità fluviale. Rivestì grande importanza nell’alto medioevo. Proprietà prima del monastero avellanita poi del Collegio Germanico, subì numerose modifiche, soprattutto tra il Sette e L’Ottocento, portandola ad una solo navata, con tetto a capriate ed abside. Da ammirare: . tre colonne di epoca roma na; . affresco raffigurante la Madonna del Buon Confor to ( attr. alla scuola di Vin cenzo Pagani); . affreschi quattrocenteschi raffiguranti la Madonna del latte; . la Maddalena ai piedi della Croce, uno dei capolavori di Claudio Ridolfi; Pausa pranzo nel giardino della residenza Fiorini di Barchi.
In alto i nomi degli artisti della raccolta Bojani; ceramiche Bojani - uomo, donna; una veduta panoramica di Brachi
Nel pomeriggio visita al castello di Barchi, arroccato su una delle più alte colline che domina la vallata del Metauro, da cui si gode un suggestivo panorama. Posto sui confini meridionali del ducato di Urbino, per la sua posizione e il clima, veniva utilizzato come residenza estiva, e più tardi per battute di caccia, fin dai tempi di Giovanni della Rovere, capostipite della gloriosa casata ducale d’Urbino. Fu poi Guidobaldo II ad incaricare l’architetto Filippo Terzi della nuova sistemazione urbanistica di Barchi, conformando quel piccolo centro ad una sorta di cittadella ideale, dall’impianto geometrico e proporzionato. Viene infatti considerato il suo capolavoro “italiano”, che gli aprì le porte di Roma, prima di approdare definitivamente alla corte portoghese. Nato a Bologna nel 1520, Filippo Terzi si era trasferito con la sua famiglia a Pesaro, città da poco diventata capo-
41 luogo del ducato. Conseguiti gli studi di architettura, era entrato a collaborare con Girolamo Genga in molte località del territorio. Fu poi il figlio, il duca Francesco Maria II, a far ricostruire, all’interno del castello, tra gli anni 1600 – 1605, la chiesa dedicata a Sant’ Ubaldo, in onore della nascita tanto attesa del principe. Più tardi, elevata a collegiata, prenderà il nome di chiesa della Resurrezione. L’edificio a tre navate, con quella centrale più alta delle laterali e con una facciata in laterizio che segue la divisione dell’interno, è elegante e luminoso. Conserva altari in pietra arenaria, muniti di stemmi nobiliari e dipinti di pregio, tipici del periodo della costruzione dell’edificio e testimoni degli stretti legami di questo piccolo centro, un tempo strategico castello roveresco, con la casa ducale urbinate e i pittori della sua corte. Da ammirare, tra le altre, le due tele attribuite ad Antonio Cimatori detto il Visacci, diretto allievo del Barocci: . Cristo Risorto con i Santi Ubaldo e Tommaso d’Acqui no, protettori del castello; . L’Annunciazione con S. An tonio; . Il battistero in pietra rosa del Furlo; . organo, risalente al 1789, realizzato dall’artista ve neto Gaetano Antonio Cal lido, recentemente restau rato dalla famiglia Fiorini. Restano da ammirare, come segni dell’antica grandezza, gli avanzi della cinta muraria e del castello, con le sue porte, il palazzo della Rovere, oggi residenza comunale, insieme alla superba torre civica, che domina l’abitato protetto dalle sue antiche mura. La serata verrà conclusa con un Concerto d’organo nella chiesa della Resurrezione (seguirà programma). ¤
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Barchi - disegno di Massimiliano Muratori
Note di viaggio
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