ARTE | STORIA | ARCHEOLOGIA | LETTERATURA | SOCIETÀ | MUSICA | SCIENZE 77|2022 NUMERO LUGLIO Lapauragrande ISSN 1127-5871Rivista di divulgazione culturale e artistica del territorio marchigiano | Sped. in a.p. - 70% - Filiale di Ancona anni50fa
3Preludio
Quella che doveva essere una tragedia alla fine si rivelò per Ancona una grande opportunità e la città seppe rialzarsi con forza La gestione dell’emergenza fu portata come esempio per la creazione della moderna Protezione Civile che nasceva così sul “modello Ancona” Alfredo Trifogli, per la comunità diventerà il “sindaco del terremoto” la luce della sua stanza al secondo piano del municipio era sempre accesa
Lo sciame sismico durò 11 mesi 7 mila edifici inagibili 30 mila persone sfollate Ma nessuna vittima tra le macerie
Quel sisma dimostra che si deve reagire Durante il periodo della mia presidenza, che si va a concludere, ci sono state tante cose felici, in cui abbiamo rivissuto il piacere di ritrovarci insieme e di condi videre la passione per le tante bellezze, artistiche e naturali, della nostra regione - e non solo e purtroppo ci sono state alcune sciagure di carattere planetario, che hanno inciso profondamente nelle nostre vite. Sembra adesso che il tem po sia scandito da questi even ti epocali. Siamo così segnati da questi, che viene da pensa re ad altri eventi catastrofici, come una sorta di filo nero che collega le sciagure tra di loro nella nostra mente. Così il mio pensiero corre, per una sor ta di richiamo ineluttabile, al terremoto, per fortuna senza vittime, che ha colpito la città di Ancona nel lontano 1972. Ricordo soprattutto quel fa tidico 14 giugno. Erano circa le nove di sera di una giornata trascorsa seguendo le nostre quotidianeAll'improvviso,occupazioni.mentre io e la mia famiglia stavamo mangiando, sentimmo una forte scossa. Sui nostri volti si disegnò la paura. Istintiva mente ci avviammo tutti alla porta-finestra, che immetteva in un'ampia terrazza, nella ricerca comune di uno spazio aperto. Non fu però una mos sa precipitosa, nessuno cercò di arrivare per primo davanti agli altri, ma ci fu il rispetto per così dire delle gerarchie fa miliari. Prima uscì mio patre, poi mia madre, poi mia sorella, che era più grande di me, poi io. Quando uscimmo sul ter razzo vedemmo un'ala del no stro palazzo e il fabbricato pro spiciente che ondeggiavano paurosamente. E per la prima volta, nella spavalderia della mia giovinezza, constatai l'im potenza dell'uomo davanti ad eventi incommensurabilmen te più grandi che sfuggivano ad ogni possibilità di controllo. Terminata la scossa, che fu di una durata insopportabile perché sembrava non finire mai, decidemmo di partire per andare a Jesi a casa di pa renti, dove poi trascorremmo l'estate e altro tempo ancora. Quell'inaspettato atteggia mento di compostezza prose guì durante i preparativi, che ovviamente furono veloci. Quando poi alla guida dell'automobile di famiglia co minciai a spostare l'auto per intraprendere il viaggio della salvezza, nel fare retromarcia andai ad urtare l'auto di mio cognato, che si era messa in colonna dietro di Evidentementenoi.la paura aveva reclamato i suoi diritti e aveva clamorosamente infran to quella regola tacita di com postezza, che tutti avevamo condiviso. Per fortuna, l'urto fu lieve, e i danni di poco conto, sicchè potemmo poi prosegui re e trovare rifugio nella città vicina. Fu un periodo duro, ma c'era tanta voglia di futuro. La reazione fu orgogliosamente energica e la città potè avviare caparbiamente il suo percor so di ricostruzione, lasciando dietro di sé quella terribile esperienza. Dunque quel ter remoto è stata una calamità epocale, ma la ricostruzione che ne è seguita dimostra che si può e si deve reagire. Tor nando ad oggi allora riesce più agevole pensare che anche gli eventi epocali che ci stanno at tualmente affliggendo avran no una fine e che ritorneremo ad essere padroni del nostro destino. ¤ di Fernando Piazzolla Presidente de Le Cento Città Fu un periodo duro ma c’era tanta voglia di futuro e la chericostruzioneneèseguitaèstatalaprova che ci si può rialzare
5L’editoriale
Scossa interminabile in una “gabbia” al buio di Franco Elisei Direttore de Le Cento Città I oscillavanopalazzi quasi sfiorandosi e l’ascensorecominciò a paurosamenteondeggiare
La redazione de Le centocittà ringrazia per i fotograficicontributil'artista Roberto Bonfigli e Foto Pelosi Foto di Copertina di Roberto Bonfigli ed elaborazione grafica Sergio Giantomassi
Pagine di ricordi, di paure, ma anche di re azioni coraggiose che riportano la memoria indie tro negli anni. Due ricordi in particolare: nel 1952, a Cabernardi dove i minatori dell’”oro del diavolo”, lo zol fo, hanno scritto nella storia la più grande protesta dei lavoratori del dopoguerra in Italia. Si sono “sotterrati” per quaranta giorni a cin quecento metri di profondità pur di opporsi alla chiusura dell’estrazione e agli inevita bili licenziamenti che avreb bero ridotto sulla strada centinaia di famiglie. Paura, coraggio e speranza. Gli stes si stati d’animo che hanno accompagnato un altro even to drammatico marchigiano vent’anni dopo: il terremoto ad Ancona, una scossa lunga undici mesi che ha fatto crol lare edifici ma non la volon tà di reagire. La più forte, o meglio, la scossa che ha dato la percezione della potenza distruttrice della natura, si è materializzata la sera del 14 giugno del 1972. Abbia mo cercato di descriverla, in queste pagine, con lo sguar do rivolto soprattutto verso la ricostruzione, dando spa zio anche a qualche ricordo, tornando alle 21.01 quando la terra ha iniziato a scuo tersi e i palazzi a ondeggia re, sfiorandosi l’uno con l’al tro. Ero appena entrato in ascensore. Avevo poco meno di vent’anni e pur di non far pesare troppo sulla famiglia le mie spese universitarie, ero riuscito a trovare un lavoro per l’estate come centrali nista nell’allora Sip. Avevo spinto il bottone che mi do veva portare al quinto piano, nella sala operativa, quando all’improvviso la luce si è spenta e la cabina ha iniziato a ondeggiare paurosamente, con crescente intensità, impe dendomi quasi di rimanere in piedi. Le pareti completa mente in metallo sbattevano sulle guide del vano ascenso re. Con violenza. Pensavo di precipitare e in quell’attimo mi sono immaginato perso, ma non avevo la sensazione della caduta. Ricordo di aver allargato le braccia cercan do di toccare le pareti con le mani per tenermi in equili brio. Un tempo lunghissimo. Poi all’improvviso lo stop. La cabina si è bloccata. Ho pensato che fossero entrati in funzione quei freni di servi zio che impediscono la corsa. Fortunatamente non mi sono perso d’animo. E ho cercato di comunicare con l’esterno, intrappolato in quella gab bia di metallo, chiuso nel buio più profondo. Ho cercato a tentoni il tasto dell’allarme ma non sapevo dov’era po sizionato. Così ho iniziato a schiacciarli tutti, metodica mente, dall’alto verso il bas so e viceversa. Tre-quattro, cinque volte, finché l’ascenso re ha avuto un sussulto e ha lasciato aprire un pertugio a metà di un piano. Non ho esitato: ho allargato il var co e saltato l’ostacolo che mi separava dal pianerottolo ritrovandomi in mezzo a chi gridava e a chi fuggiva. Da quel momento credo di aver vissuto tutte le scosse sul po sto di lavoro, al quinto pia no, ma con un privilegio: un attimo prima dello spasmo tellurico tutto il quadrante degli spinotti telefonici si il luminava. Come un albero di Natale. Ci avvertiva. Una “delicatezza” insperata. ¤
6Il punto
7Argomenti Sommario Il mistero La “Passio” di san Terenzio santo ma senza palma del martirio DI ALESSANDRO BETTINI Marchigiani nel mondo Duecentomila giovani I nuovi emigranti DI PAOLA CIMARELLI L’anniversario Sottoterra 40 giorni per difendere il lavoro e “l’oro del diavolo” DI PAOLA CIMARELLI Il ricordo | 1 Il poeta del cielo è ora tra le sue stelle DI FEDERICA FACCHINI Il ricordo | 1 “Le stelle” DI WALTER VALENTINI Il ricordo | 2 La finezza dei disegni tra le pagine musicali DI NANDO CECINI La scomparsa L’eleganza di Ricci intellettuale dell’arte DI ALBERTO PELLEGRINO 33312927221910
8Argomenti Sommario L’artista Barocci, il solitario tra i torricini di Urbino DI GRAZIA CALEGARI Il sisma 50 anni fa ad Ancona | 1 Terremoto, dalla paura a grande opportunità DI CLAUDIO SARGENTI Il sisma 50 anni fa ad Ancona | 2 Moro chiamò Trifogli Grandi aiuti finanziari DI MARCELLO BEDESCHI Il sisma 50 anni fa ad Ancona | 3 Modelli innovativi caso unico in Italia DI SERGIO AGOSTINELLI Il sisma 50 anni fa ad Ancona | 4 Il nodo città-porto fa ancora riflettere DI ANNA TERESA GIOVANNINI Il sisma 50 anni fa ad Ancona | I ricordi Giorni in cui si registrò una “scossa” al design DI GIORDANO PIERLORENZI Il sisma del 2016 Sarnano, salvati libri antichi e preziosi DI ROSANGELA GUERRA 59555149453935
9Argomenti Sommario Solidarietà Nuove povertà aiuti dalla Vallesina DI NICOLA DI FRANCESCO Lirica Rof e Sferisterio Al via le grandi stagioni DI FABIO BRISIGHELLI Freschi d’accademia | 1 La scienza non ha genere ma premia il valore DI ALESSANDRO RAPPELLI Freschi d’accademia | 2 Le patologie del cuore e i nuovi biomarcatori DI ROSITA GABBIANELLI Freschi d’accademia | 3 “Giovane architetto viaggia e confronta” DI PIPPO CIORRA Freschi d’accademia | 4 Il sindacato e la legge prove d’orchestra DI FEDERICO SIOTTO Freschi di stampa Sfogliare di nuovo i libri nella città del Poeta DI MAURIZIO CINELLI 83797471696563
La figura di san Terenzio, nei secoli, ha subito mol te trasformazioni e ma nipolazioni di identità. Il più antico documento che attesta, a mio avviso, in modo inoppu gnabile la effettiva presenza a Pesaro del culto dei Santi Terenzio, Germano, Decen zio già in epoca bizantina, è l’affresco riscoperto nel 1752 dall’Olivieri, dal Venturucci e dal Passeri nella cripta della basilica di San Decenzio e ora conservato, molto deteriorato e lacunoso, nei Musei Civici pesaresi. Scrive l’Olivieri: Or quanto sperai, tanto avvenne Nel 1752, essendo andato il dì della viglia dell’Ascensione… a visitare l’antica Chiesa de’ Ss. Decenzio, e Germano, nella quale si celebra quella festa, e calato nella Chiesa sotter ranea, che diciam Confessio ne, vidi dirimpetto all’Altare della medesima… scoperta una antichissima pittura, rappresentante quattro San ti col nimbo, e colla iscrizione a canto de’ nomi loro. Uno di essi era Terenzio, insignito di gran tonsura Clericale, e ve stito di Pianeta coll’amicolo, che sopra quella si rialzava, in atto di orare a mani supine, e al destro lato del Santo legge vasi S Terencius. Quali fossero di Alessandro Bettini
La “Passio” di san Terenzio santo ma senza palma del martirio
Il mistero
LA TRAVAGLIATA STORIA DEL VESCOVO E PROTETTORE DI PESARO RILETTA PARTENDO DALL’AFFRESCO RISCOPERTO DALL’OLIVIERI NELLA CRIPTA DELLA BASILICA DI SAN DECENZIO
Devono passare oltre due secoli per avere un’altra noti zia certa del culto di san Te renzio, infatti, nel 911, in una pergamena conservata presso l’archivio arcivescovile di Ra venna è citato un terreno in “vallis Sancti Terentii”. In una lettera del 4 giugno 1183 il vescovo Pietro II accenna alla festa di san Terenzio senza il titolo di martire. A Fossom brone, in località Bellaguar dia, intorno al 1200 esisteva un monastero intitolato a san Terenzio. Il culto era, quindi, vivo a Pesaro e a Fossombrone ed era particolarmente vene rato in alcuni monasteri be nedettini, non dimentichiamo che la basilica di san Decenzio era officiata dai monaci. Anco ra non appare in nessun docu mento il titolo di martire. Alla bolla di Innocenzo III del 1199 si fa risalire l’inizio dell’autonomia comunale di
11 i sentimenti, che nel mio cuo re a questa vista si destarono, non istò a ridirlo, potendosi facilmente da chiunque com prendere”. La copia, commissionata da Olivieri a Giannandrea Lazzarini e oggi conservata nel Museo Diocesano, fu vera mente provvidenziale perché parte dell’affresco in pochi anni a causa dell’umidità del la cripta e per l’incuria degli uomini è andato irrimedia bilmente perduto. Si tratta, a mio avviso, del manifesto inoppugnabile del culto, da tempi antichissimi, dei santi protettori della chiesa pesa rese. L’imperatore raffigura to nella copia del Lazzarini e scomparso nell’affresco origi nale è Costantino IV Pogona to e l’affresco è stato eseguito, molto probabilmente, tra il 681 e il 685. Al massimo po trebbe essere stato dipinto prima del 726 quando Pesaro con la pentapoli si ribellò agli imperatori bizantini.
12Il mistero
Nelle pagine precedenti, l'affresco con raffigurati da sinistra san Germano, san Decenzio e san Terenzio, conservato nei Musei Civici di Pesaro. Qui sopra un particolare della figura di san Terenzio e a destra in alto la copia conservata al museo diocesano. Sotto, un particolare in cui è raffigurato Costantino IV Pogonato Pesaro. All’epoca la città era divisa in quattro quartieri di cui quello intorno alla Catte drale, era intitolato a San Te renzio. È questo il periodo in cui san Terenzio acquista la palma del martirio. Come al tre realtà comunali, anche Pe saro aspirava, probabilmente, ad avere un Santo martire come protettore della città che aveva versato il sangue per la fede. Nel XIII sec. si era con solidata una Passio dei santi Decenzio e Germano che si festeggiano il 29 ottobre, pro babilmente scritta da qualche monaco dell’omonimo mona stero pesarese. La memoria di questo racconto fantastico, pieno di anacronismi ed even ti miracolosi fu raccolta dal Diplovatazio nel suo Chroni con Civitatis Pisauri scritto agli inizi del Cinquecento. La leggenda, in sintesi, racconta che Decenzio e Germano pro venivano dalla Britannia e nel 296 arrivarono a Roma dove si convertirono alla fede cristia na e furono battezzati da San Giovanni prete. Durante le persecuzioni contro i cristiani furono arrestati, ma liberati dall’aiuto divino, ripartirono da Roma per giungere a Pesa ro. Successivamente Decenzio fu eletto vescovo di Pesaro e Germano ordinato diacono. La notte del 29 ottobre del 312 fu rono barbaramente trucidati a bastonate da alcuni pagani invidiosi del loro apostolato. I loro corpi furono gettati in mare ma le correnti li sospin sero a riva fino a risalire il corso del torrente Genica dove furono ritrovati e lì sepolti. In quel luogo fu eretta una chie sa a loro dedicata che divenne la prima cattedrale di Pesaro. Poiché san Terenzio, come evidenziato nell’affresco, è sempre stato unito nella ve nerazione a Decenzio e Ger mano, probabilmente, venne accomunato nel martirio. Questa evoluzione traspa re nel periodo tra il 1276 e il 1291 essendo vescovi di Pe saro in successione fra Fran cesco e Accursio. Nel 1282 il vescovo Francesco attribu isce a San Terenzio il titolo di Martire una prima volta in occasione della concessio ne delle indulgenze a quanti concorreranno alle spese per la nuova campana maggiore della Cattedrale “… Beatique Terentii Martyris nostri Pa troni..”, la seconda sempre in occasione della concessione di indulgenze per le offerte fina lizzate alla sistemazione della Cattedrale “… ac Beati Te rentii Martyris nostri Patroni meritis…” e, infine, per le in dulgenze a quanti visiteranno la Cattedrale “…in die Solep nitatis Beati Terentii Martyris, cujus corpus in dicta Ecclesia requiescit… Anche il vescovo Accursio nel 1284 in un altro caso di indulgenze chiama San Terenzio martire “...San ctissimi Patris nostri Terentii Martyris …” Non vi è alcuna prova da questi documenti dello stato di san Terenzio: vescovo o lai co, ma l’Olivieri, esaminando i sigilli degli stessi vescovi Uguccione, Francesco e Accur sio ritiene che all’epoca fosse ancora viva l’episcopalità di san Terenzio. Infatti nel 1731 riordinando l’archivio del ca pitolo della cattedrale ritrovò i sigilli dei vescovi Uguccione, Francesco e Accursio che raf figuravano un vescovo bene dicente e suppose che fosse la raffigurazione di san Terenzio vescovo senza i simboli del martirio. In breve tempo, però, la memoria di San Terenzio si identifica sempre più con il martirio. A poco a poco sfuma, anche, la figura del Santo Ve scovo per essere sostituita con la figura di un laico martire della fede. Questo periodo di transizione è sintetizzato in modo esemplare nel sigillo del vescovo pesarese Pietro V (1317–1343) che era conserva to nell’archivio delle Monache di S. Maria Maddalena sull’at to di concessione delle Indul genze in occasione della con sacrazione della chiesa fatta L’affresco deteriorato e molto lacunoso è conservato nei musei civici di Pesaro, ma la copia nel museo Diocesano è provvidenziale
èraffiguratoL’imperatoreCostantino IV Pogonato e l’opera è stata realizzata molto probabilmente tra il 681 e il 685
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il 15 settembre 1325. Siamo, probabilmente, nel periodo in cui si afferma la leggenda di san Terenzio e la migrazione da vescovo a martire laico. Il sigillo del vescovo Pietro sin tetizza il momento di transi zione. Il sigillo è, infatti diviso in tre scomparti sovrapposti: nella parte superiore è raf figurata la Vergine a cui era dedicata la cattedrale, seduta con il bambino in braccio; nel lo scomparto centrale, diviso verticalmente, in due parti sono raffigurati due perso naggi: da un lato un giovane benedicente con aureola e pal ma del martirio in una mano che con l’altra mano regge la città di Pesaro mentre nell’al tro scomparto è raffigurato un vescovo benedicente senza i segni del martirio. Entrambi i personaggi possono, ragione volmente, essere interpretati come due raffigurazioni di san Terenzio. Infine nell’ul timo scomparto in basso è raffigurato il vescovo Pietro inginocchiato. Il vescovo Pie tro non sapendo cosa scegliere raffigura san Terenzio sotto la duplice veste di martire laico o santo vescovo! La più antica memoria della Passio di san Terenzio dispo nibile all’epoca in cui l’Olivieri scrisse del santo, era la tradu zione in lingua volgare della leggenda inserita dal Maner bi monaco camaldolese nelle Storie dei Santi stampata in Venezia nel 1475. Il Manerbi aveva tratto le storie dei Santi dal Leggendario di Giacomo da Varagine, arcivescovo di Genova morto nel 1297, ag giungendovi nuove vite. Tra queste, a pagina 277, anche la leggenda di san Terenzio che non era presente nel mano scritto del Varagine. Abbiamo, quindi, una prima probabile datazione post quem 1297 per l’origine della leggenda di san Terenzio giunta fino a noi. L’Olivieri ritrovò anche una copia della leggenda di san Te renzio fatta dall’Almerici che l’aveva tratta da una copia originale che si conservava a Fossombrone e che era stata portata a Pesaro. Il mano
scritto originale è scomparso o forse è conservato, anonimo, nell’archivio diocesano o alla biblioteca Oliveriana. L’Oli vieri ipotizzava che la prima stesura fosse stata scritta tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo. Egli traeva tale convincimento dal fatto che la leggenda di San Terenzio era accomunata nel testo origina rio conservato a Fossombrone a quella di San Aldebrando morto intorno al 1257 e il cui culto si consolidò nel corso del trecento. Dunque tra la fine del XIV e l’inizio del XV sec. le fonti documentarie della Passio erano conservate a Pe saro e a Fossombrone. Questa coincidenza fa presupporre un collegamento religioso e cultu rale tra le due città. L’Olivieri supponeva che il manoscritto con le due leggende provenisse da Pesaro e fosse stato porta to a Fossombrone dal pesare se Oddone Ranieri quando si insediò vescovo nel 1372. Alla sua morte nel 1408 fu sepol to nel coro della cattedrale di Fossombrone e sul suo sepol cro fu posta una iscrizione, ora scomparsa, ove si tessevano le lodi come maestro di poesia e di letteratura mentre in altri documenti veniva definito po eta insigne. È molto probabi le che la passio fu scritta da Oddone quando era canonico della cattedrale e pienamente divulgata quando divenne ve scovo di Fossombrone. Come scrive l’Albarelli la passio è un componimento letterario, un piccolo gioiello per quel tem po. È il periodo in cui si affer mano molte storie dei santi. Quasi sempre alla morte di un Santo non ci si premurava di scrivere immediatamente la storia. Raramente capitava che un biografo contempora neo ne scrivesse la storia e ne delineasse la figura spirituale. Ma con il passare del tem po, di generazione in genera zione, sfumava sempre più il ricordo della vita del San to. Punti fermi restavano la tomba, il nome e la data del la ricorrenza che coincideva con la morte. A poco a poco il popolo reclamava una storia per essere informato sui fatti e sulle gesta del santo protet tore. Allora gli agiografi me dievali iniziarono a scrivere storie che si riferivano spesso a uomini morti molti secoli prima. Senza punti di riferi mento certi, utilizzavano testi preconfezionati in cui gli unici elementi certi erano il nome e la data della commemorazio ne. Per il resto si rifacevano agli esempi che avevano sotto mano, meglio se di un santo con lo stesso nome Così l’estensore della Passio utilizzò molto probabilmente quelle a sua disposizione di San Terenzio di Luni e di San Terenzio di Metz, entrambi spogliati e uccisi dai brigan ti per impossessarsi dei loro beni adattandola alle esigen ze locali. La leggenda antica di San Terenzio narra che il futuro Patrono, nativo della Pannonia, perseguitato dal re Dagno, nome completamente sconosciuto alla storia con la madre Emerentiana, tramite l’abate Pannunzio si rifugiò ad Aquileia ma per la sua fede cri stiana fu rinchiuso in prigione insieme ad altri cristiani. La
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Nel 1199 la città di Pesaro era divisa in quattro quartieri e quello attorno allaeracattedraleintitolato a San Terenzio
Portato in città il vescovo Flo renzio pose il corpo in un’arca marmorea che fu posta nella cattedrale: era il 24 settembre dell’annoLentamente,247. la leggenda fu accolta dal popolo come documento storico. Anche il clero a poco a poco perderà la memoria della vera figura di San Terenzio ma molto più lentamente della tradizione popolare. Il 17 luglio 1447 il vescovo Giovanni Benedetti fece estrarre il pesantissimo sarcofago con il corpo di san Terenzio dalla cripta della cat tedrale ove era custodito. San Terenzio fu rivestito di abiti laicali e posto in una splendi da urna eseguita da Michele da Firenze e dal figlio Marsi lio mentre al pittore Giovanni Antonio da Pesaro fu commis sionato il coperchio con l’effige di san Terenzio. Ormai affer mata la Passio, anche il ve scovo Benedetti nei suoi sigilli effigiò san Terenzio giovinetto martire. L’opera di Michele da Firenze durò poco: nel 1503 il bombardamento della città da parte delle truppe di Cesare Borgia asserragliate a Rocca Costanza distrusse il campa nile della cattedrale che franò sull’abside cancellando l’arca di san Terenzio e l’opera di Intorno al 1200 per la prima volta a San Terenzio viene attribuita la palma del martirio come per i santi Decenzio e Germano
In alto a sinistra, il sigillo del vescovo fra Francesco (1284); sotto, disegni dei sigilli del vescovo Benedetti (1447-1451). Qui sopra, due sigilli del vescovo Accursio (tra 1284-1291)
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Il mistero Marsilio di Michele. Dopo al cuni anni si diede avvio alla ricostruzione della cattedrale e dell’urna di san Terenzio. Nel 1519 terminata la nuova arca, san Terenzio fu rivesti to con abiti laici. Nel 1616 il vescovo Baglioni Malatesta istituì la processione solenne con il corpo di san Terenzio la vigilia della festa. Ancora nel 1625 al tempo del vescovo Ma latesta Baglioni, in occasione della ricognizione del corpo e il trasferimento dell’urna dall’abside alla nuova cappel la del Santissimo sacramento, san Terenzio era vestito con una veste di seta rossa con falde fino al ginocchio con un dardo infilzato alla parte sini stra della propria persona due spugne insanguinate ai piedi di detta cassa ed alcuni pez zi di camicia pur anche loro macchiati di sangue. A seguito del decreto del papa Urbano VIII che impo neva di scegliere la festa di un solo patrono, la città di Pesaro nell’adunanza consigliare del 4 febbraio 1643, confermando quanto si era consolidato da secoli, acclamò san Terenzio protettore di Pesaro. Agli ini zi del settecento, anche per l’impulso dato agli studi critici dal benedettino Jean Mabil lon in Francia, dai Bollandisti in Belgio e da Ludovico Mu ratori in Italia, la questione sull’autenticità della vita di san Terenzio narrata nella passio, tornò ad interessare gli storici pesaresi. Nel 1776 l’Olivieri pubblicò il libro su san Terenzio ove riaffermava l’episcopalità di san Terenzio. Come era prevedibile, anche se l’Olivieri se ne stupì, il libro provocò accese diatribe nel clero pesarese ma il vescovo di Pesaro, card. Gennaro De Simone accolse pienamen te le conclusioni dell’Olivieri e fece rivestire il Santo con paramenti episcopali. Ma l’e piscopalità di san Terenzio durò poco e presto riprese il sopravvento la laicità “guer riera” del Santo. Nel 1799 san notte del terzo giorno vi fu un gran terremoto che fece crolla re le mura del carcere così che Terenzio e gli altri cristiani poterono uscire. Alle porte del la città l’Angelo del Signore lo benedisse e gli indicò la strada verso l’Urbe. Terenzio arrivò a Roma dove voleva morire ma l’Angelo del Signore gli disse che doveva recarsi nella città Picena dove sarebbe morto. Terenzio si rimise in viaggio ma lungo la strada in un luo go denominato acqua mala fu assalito dai briganti che per tre ore lo bastonarono a morte per depredarlo della preziosa veste e gettarono, poi, il corpo in acqua. L’Angelo del Signore avvertì in sogno la matrona Theodosia indicandole dove troverà il corpo di Terenzio.
16Il mistero Sopra, copia del sigillo del vescovo Pietro in cui appare san Terenzio nelle due versioni di martire e santo (1325) In alto l'urna di san Terenzio nella cattedrale di Pesaro Sotto, una tempera su tavola di san Terenzio di Giovanni Antonio da Pesaro Terenzio è già ricordato come guerriero. Il 7 giugno 1799 un gruppo di pesaresi guida ti dal parroco di San Pietro in Calibano don Sebastiano Grandi, occuparono Pesaro scacciando i francesi che con trollavano la città. Il 9 giugno un’armata francese composta da circa 1400 uomini si mosse da Fano per riconquistare la città. Vi fu un’aspra battaglia ma nonostante la disparità di forze, i pesaresi ottennero una memorabile vittoria. Le cronache parlano di 200 morti tra i francesi mentre i pesare si ebbero pochi feriti e un solo morto. Si narra che insieme ai difensori fu visto, sugli spal ti san Terenzio che, prese le sembianze un giovane guer riero a cavallo, aiutato da una nobile matrona distribuiva le munizioni e percorreva le mura della città spronando e combattendo con i difenso ri fino alla vittoria contro gli atterriti francesi. La vittoria ottenuta per intercessione di san Terenzio fu celebrata con la istituzione della festa del Patrocinio di San Teren zio, appunto il 9 giugno, e con un triduo di ringraziamento. Lo stesso Terenzio Mamiani scrisse il famoso “inno a san Terenzio”. Nel 1817 il vescovo Andrea Mastai Ferretti, zio del futuro papa Pio IX, in oc casione della ricognizione del corpo del Santo, fece di nuovo rivestire san Terenzio con abi ti laici. L’episcopalità del pa trono aveva resistito meno di quarant’anni. Ormai sembra va definitivamente consolida ta la figura laica di san Teren zio ma nello spirito conciliare che pervadeva la chiesa, il 17 maggio 1963, il vescovo Luigi Carlo Borromeo annuncia va solennemente al clero e a tutti i fedeli della diocesi che, volendo restituire a san Te renzio il titolo con il quale era stato venerato nei primi secoli e riaffermare la sua dignità episcopale si sarebbe procedu to ad una solenne ricognizione del corpo e una più dignitosa collocazione del patrono in una nuova urna ove fu posto rivestito con le insegne episco pali. Tutto sembrava definito e chiarito ma non era così. Nei primi due volumi della storia di Pesaro veniva posta seria mente in dubbio l’affermarsi di una precoce comunità cri stiana a Pesaro e l’esistenza storica di san Terenzio e degli altri santi venerati Decenzio e Germano. Ma la pietra d’in ciampo era l’affresco ritrovato dall’Olivieri in san Decenzio. Eugenio Russo il più convinto assertore della non storicità di san Terenzio, seguito da altri studiosi, datava l’affresco a dopo il mille così che non era più il manifesto coevo della venerazione dei nostri san ti ma un antico ricordo di un mito che si perdeva nelle neb bie del tempo, tanto da poter affermare che il san Terenzio pesarese non era mai esistito ed era una derivazione di san Terenziano da Todi vescovo di quella città o di san Terenzio di Luni. Dunque da oltre mil lequattrocento anni il clero e Terenzio martire laico o santo vescovo? È storia
nelPietrotravagliata:Vraffigurò1300entrambeleipotesinelsuosigillo
17Il mistero il popolo di Pesaro venerava no il corpo di uno sconosciuto! Anche recenti studi hanno ne gato l’esistenza storica di san Terenzio, ma non è così. L’affresco ritrovato nel 1752 dall’Olivieri e dai suoi amici è, senza dubbio, il “manifesto” della chiesa pesarese. Poche altre città possono vantare un così antico e inoppugnabile documento sulla figura e sulla venerazione dei Santi protet tori. Sulla datazione dell’affre sco gli studiosi si sono divisi e sbizzarriti andando dal V al XII secolo! Come afferma to da tutti gli studiosi nella rappresentazione medioeva le ogni dettaglio conserva un preciso valore, nessun margi ne è lasciato alla casualità. Il personaggio che contribuisce in modo determinante, a mio avviso, a datare l’affresco è l’imperatore di nome Costan tino che diversi autori hanno voluto identificare con Co stantino il Grande senza con siderare che nell’affresco l’im peratore è nimbato.Dall’epoca di Costantino il Grande fino a tutto l’VIII-IX secolo diviene consueto associare il nimbo solo agli imperatori viventi. In tutta l’iconografia Costantino non è mai stato considerato Santo o raffigurato con l’au reola tanto che anche nell’af fresco il nome non è preceduto dalla S di santo come per gli altri personaggi raffigurati. Tutti gli studiosi che hanno negato la datazione al 680685 dell’affresco hanno notato la strana presenza dell’impe ratore accanto ai santi della chiesa pesarese senza riuscire a trovare più adeguata spiega zione che in cervellotiche rap presentazioni della lotta tra il papato e l’impero. Al contrario abbiamo un collegamento sto rico coevo tra Pesaro e l’impe ratore Costantino IV Pogona to, infatti nel 681 il vescovo di Pesaro Beato, intervenne al consiglio di Costantinopoli in detto proprio da Constantino IV. Ritengo che sia l’omaggio della chiesa pesarese all’im peratore Costantino IV Pogo nato.Anche i paramenti sacri Il caso dell’autenticità della vita di san aiglitornònarrataTerenzionellaPassioainteressarestoricipesaresiprimidelSettecento
dei tre personaggi raffigurati concorrono a datare l’affresco al VII secolo. L’amitto sempli ce con cui sono coperti i colli dei tre santi era in uso dal V secolo e solo dal IX secolo, come ricorda l’Olivieri venne ricamato in oro. La lunga ve ste (dalmatica) di Germano è semplice, intervallata da na stri verticali e piccoli ricami come era in uso a quei tempi mentre solo diversi secoli dopo fu arricchita da ricami in oro. I paramenti sacri dei tre san ti: l’orarion, l’omophorion e il palio vescovile lunghi e stretti sono compatibili con il VII se colo mentre dopo il IX secolo si allargano fino a coprire l’in tera spalla quasi fossero degli scialli. Anche la posizione dei santi rispecchia la tradizio ne pesarese: san Terenzio ha le mani alzate, è l’orante il protettore della città, san De cenzio ha il Vangelo in mano è l’evangelizzatore della città, colui che ha portato o ripor tato la fede dopo le invasioni barbariche, san Decenzio è il diacono come ci tramanda la tradizione.Altroelemento importante dell’affresco è l‘indicazione che i tre santi pesaresi non sono martiri, infatti, non hanno in mano la palma del martirio. La palma assunse già dal IV secolo il significato specifico di rappresentare la vittoria dei martiri su chi li aveva tortu rati e uccisi ed è sempre pre sente nelle raffigurazioni dei martiri e sulle tombe. D’altra parte nel martirologio Geroni miano che elenca tutti i marti ri fino alla metà del V° secolo non risulta nessun martire pesarese e un solo martire di nome Terenzio: il vescovo di Metz. Ma chi erano e da dove provenivano i Santi venerati a Pesaro?Molto probabilmente erano tre monaci che provenivano dalla Britannia come indicato nella passio dei santi Decen zio e Germano, forse retaggio di un antico ricordo. Come aveva, già, osservato l’Olivieri, nell’affresco i tre santi protet tori, sono raffigurati con gran de tonsura come era in uso per i monaci, inoltre l’affresco fu dipinto nella basilica di san Decenzio che era officiata dai monaci benedettini sin dalla sua costruzione e a Fossom brone vi era un monastero dedicato a san Terenzio. Dopo le invasioni barbariche vi fu una massiccia migrazione di monaci irlandesi e inglesi che dai monasteri della Scozia e dell’Irlanda percorsero l’Eu ropa rievangelizzandola e fon dando monasteri famosi come Bobbio o Gallo mentre altri furono eletti vescovi di varie città come Fiesole o Taranto e acclamati santi e protettori di quelle città dopo la loro mor te come il monaco Cataldo a Taranto o il monaco Gallo in Svizzera. Auspico che nuovi studi e nuove ricerche possa no accrescere le conoscenze sui nostri santi protettori e confermare la storicità di san Terenzio, san Decenzio e san Germano che da secoli il po polo pesarese venera e alla cui intercessione ricorre nei mo menti di calamità e nei giorni bui della storia. ¤
In alto, gli imperatori Costantino IV EraclioPogonatoeTiberio con l’arcivescovo Reparato Ravenna, San Apollinare in Classe
L’affresco ritrovato nel 1752 dall’Olivieri però è il “manifesto” della chiesa pesarese e raffigura i tre santi senza la palma del martirio
Il mistero 18
Duecentomila giovani I nuovi emigranti CARTONE MA LAUREA E TANTE SPERANZE di Paola Cimarelli
I Paesi scelti dai nuovi emi grati sono Argentina (46,5%), Regno Unito da 11.012 perso ne, Francia e Svizzera da oltre 10 mila ognuno, Germania da 8.728 e Spagna da 7.722. Questi numeri si aggiungono ai 1,5 milioni di marchigia ni emigrati negli ultimi due secoli di cui 1 milione solo in Argentina, rappresentati da 60 associazioni e 5 federa zioni attive in 12 Stati e tre continenti, Europa, America e Oceania. “Il dato argen tino dei nuovi iscritti Aire
NIENTE VALIGIA DI
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Il comitato dei marchigiani del mondo a Recanati davanti al Museo dell'emigrazione
Marchigiani nel mondo “Essere Marchigiani è un destino. Signi fica stare al mondo in modo tellurico e fantastico al tempo stesso. Aver sem pre la necessità di scappare e sempre - sempre - patire la nostalgia ineludibile del ri torno. Significa avere la netta sensazione che la vita si svol ga altrove, per poi scoprire che la si è persa in tutto ciò che si è lasciato”. Così scrive va Carlo Antognini nel 1971, citato nel libro ”Pelos vapores do Matteo Bruzzo”, la saga della famiglia Giorgi, che Pri scila Gambary ha dedicato alla storia della sua famiglia, dalle origini a fine '800 del bisnonno Eugenio sulle colli ne recanatesi di Bagnolo alla nuova vita in Brasile. Le parole dello scrittore, evocate nell'incontro con il Comitato dei Marchigiani nel mondo al Museo dell'e migrazione marchigiana di Recanati, diretto da Luigi Pe truzzellis, potrebbero essere condivise ancor'oggi dai tanti giovani che stanno partendo. Un'inquietudine e un deside rio di scoperta che sembrano attraversare le nuove gene razioni che non partono più con povertà e valigia di carto ne come compagni di viaggio ma con il lavoro nello smar tphone, con laurea, dottorati e specializzazioni. Dal report 2021 della Regione, i mar chigiani residenti all'estero, iscritti all'Aire, sono 167.147, raddoppiati rispetto al 2005, con un aumento del +4,9% fra il 2020 e il 2021. Altri 20 mila circa sono all'estero ma non registrati, per un totale di quasi 200 mila. Macerata è la provincia con il più alto numero di iscritti (56.496) mentre Fermo quella che re gistra il maggiore incremen to, +6,1%. L'età prevalente è fra i 35 e i 44 anni (16,4%).
20Marchigiani nel mondo
Nelle pagine alcune immagini suggestive del Museosituatodell'emigrazionemarchigianaaRecanati è in realtà anomalo perché racchiude molti discendenti di famiglie marchigiane che desiderano riacquistare la cittadinanza italiana - spiega Franco Nicoletti, presidente dei Marchigiani nel mondo -. E' evidente che sono i giovani quelli di nuovo coinvolti nel fenomeno emigrazione: quel li che tornano nelle Marche per scoprire le proprie radici e quelli che partono per cer care lavoro e fare nuove espe rienze”. Per capire chi sono i secondi, gli “expat”, il Comi tato ha chiesto al Censis, pri ma della pandemia, un son daggio su un campione di 99 ragazzi 18-35 enni espatriati, la maggior parte con un titolo di studio elevato. Il motivo principale del tra sferimento è il lavoro, per il 37,7% un desiderio e non una scelta obbligata. Per il 30% del campione quella di vivere all'estero è una scelta defini tiva, su cui esprime in mag gioranza giudizio positivo, ma il 69,8% tornerebbe in ltalia se le remunerazioni fossero competitive con quelle stra niere. Il 41,4% è partito con l'accordo incondizionato dei familiari. Un marchigiano su quattro pensa, infatti, che sia “una cosa normale perché i giovani si sentono cittadini del mondo e vanno dove tro vano le condizioni migliori per vivere”. Per il Censis, che ha anche intervistato 800 cittadini, ben il 69,9% della popolazione marchigiana co nosce almeno un giovane che vive all'estero, con un titolo di studio “forte” sul mercato del lavoro internazionale ma nei fatti meno apprezzato sul suolo natio. Anche per que sto, la maggioranza del cam pione ritiene importante che la Regione Marche sviluppi politiche a favore dei giovani all'estero. “Dal confronto che abbiamo avuto a giugno con l'amministrazione regionale, anche sulla base dei risul tati del sondaggio del 2019 - dice Nicoletti -, è emersa la volontà di collaborare con il Comitato e le associazioni dei marchigiani nel mondo sia per la diffusione della cultura e dell'identità sia per cercare di far rientrare i gio vani che sono emigrati negli ultimi anni, per recuperare il loro sapere e professionali tà. Anche attraverso il nuovo sito internet in costruzione, lavoreremo insieme per crea re una rete con gli expat, che sono sparsi in tutto il mon do”.Il Comitato ha incontrato il presidente dell'Assemblea legislativa Marche, Dino La tini, la prima commissione Affari istituzionali, rappre sentata dal presidente Renzo Marinelli, e la Giunta regio nale guidata da Francesco Acquaroli. Fra gli interventi programmati dall'assessore regionale Mirco Carloni, il “creare opportunità per gli emigrati di seconda e ter za generazione che vogliono tornare per investire nelle Marche; sostegni al turismo di ritorno per incentivare i soggiorni dei marchigiani residenti all’estero; la for mazione professionale dei discendenti grazie alle op portunità offerte dai quattro atenei marchigiani e dalla necessità del sistema pro duttivo regionale di reperire lavoratori specializzati in di versi settori imprenditoriali”.
Previsti cambiamenti an che per la legge regionale 39 del 1997 che non include gli “expat” fra i suoi destina tari. Alla luce di questi mu tamenti, come continuare a coinvolgere le persone, specie i più giovani, nelle attività delle associazioni? Per Juan Pedro Brandi, Federazione marchigiana della Repubbli ca Argentina, “dopo le fasi del mutuo soccorso dell'800, di un'associazione tipo club degli anni '50-'70, delle pic cole fondazioni degli anni '90-2000, credo si possa pen sare ad un nuovo modello che sia un contenitore in cui mi L’età prevalente è fra i 35 e 44 anni e il motivo principale del trasferimentoèillavoro Un quarto di loro proviene da Macerata
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Intanto a settembre ripar te l'educational tour in Italia per i giovani marchigiani nel mondo.Unavisita di studio e co noscenza per 20 ragazzi, di massimo 30 anni, originari dei Paesi di emigrazione che verranno per studiare l'ita liano e per scoprire la storia e la cultura della terra dei loro progenitori. ¤
schiare il percorso collettivo, che ha ricadute sul territorio e nella società, e un luogo d'incontro delle diverse indi vidualità. Questa la sfida che ci attende”. Per Luca Silvi, uno dei giovani dell'Associa zione marchigiana in Brasile, partito a 22 anni da Recanati per San Paolo, “è importante incontrarsi di persona, non solo attraverso la tecnologia, parlare, condividere cultura, informazioni e storia delle nostre origini. Vogliamo con tinuare a trasmettere questo tipo di emozioni, che fanno battere il cuore. Non sarà facile ma credo che questa sia l'anima che spinge per fare andare avanti le cose”. L'associazione, dice Fausta Polidori, Alma Canada (ndr. articolo nel numero 76 della rivista), “significa lavorare insieme, una forza del vo lontariato per creare delle attività che uniscono le co munità. Un'occasione d'in contro e di conoscenza in cui molta dell'organizzazione degli eventi sta giustamente passando nelle mani dei più giovani, che portano nuove idee”.Secondo Javier Lucca, As sociazione famiglia marchi giana di Rosario, in Argen tina, “oltre al tramandare le tradizioni della nostra terra, occorre un nuovo concetto di associazionismo per far ap prezzare la regione alle nuo ve generazioni, farli venire a studiare qui anche nelle Uni versità, fare dei progetti con i giovani artisti. Far conoscere le Marche fuori dalle Marche nelle Marche e le Marche fuori, che è anche quello che cerco di fare con il program ma Voce alla radio”.
Destinazioni Argentina Regno unito, Francia Svizzera, Germania Ma due su fossesetornerebberotrelaremunerazionecompetitiva
Silenzio. Questo è rima sto per anni a Caber nardi dopo la chiusura della miniera di zolfo. Silen zio per le vie, svuotate dei 1.600 lavoratori, delle loro famiglie. Silenzio di un’e conomia di un territorio fi nita. Silenzio sulla vicenda dei minatori protagonisti di quella che viene considerata la prima grande protesta dei lavoratori del dopoguerra in Italia. Quaranta giorni, dal 28 maggio al 5 luglio 1952, occuparono il 13° livello, a meno 500 metri. Quaranta giorni sottoterra per difen dere il posto di lavoro dalla decisione della Montecatini di chiudere il sito minerario e per chiedere all’azienda di cercare nuovi filoni di zolfo da sfruttare. Gianni Rodari, giovane giornalista, li definì “Sepolti vivi” su “Vie nuo ve”. Per il 70° organizzatoMarcheconedell’occupazione,anniversarioilComudiSassoferratoeilParnazionaledellozolfodieRomagnahannouncalendario di appuntamenti per ricor dare, spiegare e mostrare la storia di un comprenso rio, documentata anche nel locale Museo. Una scultura, realizzata da Marco Cesan dri, ricorderà quei giorni a chi andrà a visitare il Par co minerario, inaugurato nel 2015. In quel 1952, le pagine dei giornali si riem pirono delle storie di questi uomini che osarono sfidare la Montecatini, che aveva già annunciato l’intenzione di fermare il sito di Caber nardi, il più grande, quello di Percozzone e più a valle l’impianto di raffinazione di Bellisio Solfare dove lo zol fo grezzo veniva trasferito con una teleferica. Con un manifesto, ricordano anche Luigi Balsamini e Graziano Ligi nel recente libro “Coppi maglia gialla”, per Edizio ni Malamente, il 3 maggio l’azienda aveva informato la popolazione che avrebbe licenziato 860 persone per esaurimento della minie ra. L’abbandono di questo di Paola Cimarelli Dal 28 maggio al 5 luglio del 1952 i occuparonolavoratori il 13esimo livello a circa 500 metri di profondità
L’anniversario
In molti scelsero la via delle miniere di carbone del nord di Belgio e Francia. Il pro cesso degli occupanti si con cluse nel novembre 1955 con l’assoluzione per applicazio ne dell’amnistia ai minatori denunciati. “È stato il primo grande sciopero del Paese che ha coinvolto, all’inizio, tutte le forze sindacali a cui è seguita però una divisione. È rimasta solo la Cgil a por tare avanti la rivendicazio ne – afferma il docente Gra ziano Ligi -. Si era creato un fronte di protesta contro la Montecatini ma che, grazie alla sua potenza di rapporti, ottenne la meglio. La lotta è stata persa dai minatori ma in loro è rimasto, negli anni, l’orgoglio di aver combattu to per una causa giusta, che era quella del pane per le proprie famiglie”. Lo sciope ro, ricorda Ligi, “è stato fat to perché la miniera era già
Sottoterra 40 giorni per difendere il lavoro e “l’oro del diavolo”
23 minerale, l’oro del Diavolo, largamente usato in agri coltura e medicina, era do vuto anche ad una minore redditività, come in molti cambi di rotta economici e di mercato. Riguardava tutto il sistema minerario Monteca tini di Marche e Romagna, i cui siti produttivi sono ora raccolti nel Parco nazionale. L’azienda puntava a nuovi orizzonti e ad un nuovo in vestimento, quello nella chi mica di sintesi. Il 27 maggio s’interruppero le trattative fra sindacati e impresa, che iniziava così il percorso per scrivere la parola “fine” con i primi 550 licenziamenti. Alle 10 di sera del 28 mag gio, a chiusura turno, entrò in galleria un carrello con la scritta “Coppi maglia gial la”. Era il via alla protesta. Furono 176 i minatori che non uscirono e occuparono. Altrettanti rimasero fuori, con i sindacati, a controllare che la manifestazione riu scisse. Il 29 maggio partiro no, nero su bianco, le lettere di licenziamento. Il sito ven ne isolato e controllato dal le forze dell’ordine. Non si doveva avvicinare nessuno, ne parlare con gli occupan ti. Ma le donne, le mogli, il paese li sostenne e li sfamò. Il 4 luglio le parti trovarono un accordo con la sospensio ne dei licenziamenti e così, al quarantesimo giorno, l’oc cupazione finì. I 40 minatori rimasti in galleria, protet ti da scuri occhiali da sole, uscirono il 5 luglio, accolti dalla gioia delle famiglie e della popolazione. Sembrava una vittoria per Cabernardi, narrata da firme del giorna lismo e della politica, Pietro Ingrao, Giuliana Dal Pozzo, Italo Toni, coincisa proprio con la maglia gialla di Fau sto Coppi al Tour de France, ma non lo fu. Montecatini, che aveva intanto denuncia to 333 occupanti, procedette con i loro licenziamenti. Pri ma della chiusura definitiva della miniera, avvenuta il 5 maggio 1959, 100 operai furono collocati in pensione, più di 300 furono trasferiti negli stabilimenti di Pon telagoscuro di Ferrara, in Toscana, Sicilia e Trentino.
CABERNARDI, 70 ANNI FA LA GRANDE PROTESTA IN MINIERA
in chiusura. Un fatto che ha poi provocato un fenomeno di emigrazione. Chi aveva occupato non è stato reim piegato dall’azienda mentre chi non aveva partecipato alla protesta è stato sposta to in altri impianti che la Montecatini stava aprendo in quel periodo. L’occupazio ne ha creato anche una di visione fra le famiglie degli occupanti e quelle di chi non aveva partecipato anche per le conseguenze che hanno dovuto subire”. Molte le fa miglie toccate. “Mio padre Luigi aveva iniziato a lavo rare in miniera nel 1932, a 15 anni. Da Caudino di Arcevia, doveva fare 20 chi lometri per raggiungere la miniera, prima a piedi poi in bicicletta - dice Ardenio Ot taviani, insegnante in pen sione, storico dell’associazio ne La Miniera -, È stato uno degli ultimi 40 ad uscire dei circa 200 del primo giorno. Ci furono divisioni durante l’occupazione su influenza di alcune forze sindacali e politiche che cercarono di fiaccare il fronte della pro testa”. Quando il padre uscì, ricorda Ottaviani, “venne portato in ospedale, non sta va bene. Già soffriva di una forte anemia da quando era stato in guerra in Grecia, più di quattro anni. Dopo il licenziamento non ha più trovato lavoro. La famiglia, per almeno dieci anni, è andata avanti grazie a mia madre Anna che non si è mai sottratta al lavoro, da sarta, cuoca, faceva le pun ture, in campagna”. A Cabernardi, dice Ot taviani, “c’era un senso di prostrazione, di silenzio”, descritto anche da Gillo Pontecorvo nel suo corto metraggio “Pane e zolfo” del 1954. “Quando ero ragazzo – ricorda Ottaviani -, non ho mai sentito parlare della mi niera in casa, non solo nella mia famiglia, che era stata una di quelle sconfitte per ché mio padre si era esposto in prima persona, ma anche nel paese. Tutto si era svuo tato. C’erano case iniziate e lasciate a metà perché le persone non avevano più soldi o erano andate via. Un silenzio durato almeno 25 anni, con una situazione sociale passata da florida a problematica, con famiglie sconvolte, con i figli andati all’estero”. Per il padre Lu igi, “gli ultimi cinque anni sono stati i migliori della sua vita, i più sereni, perché aveva ottenuto finalmen te lo stato di perseguitato politico per essere stato li cenziato dopo l’occupazione, con il riconoscimento della carriera in miniera, anche dal punto di vista pensioni stico come per altri lavora tori, grazie ad una vertenza sindacale, e la conferma di aver subito un’ingiustizia dopo essere stato messo al bando per quello che aveva fatto. Per poter mettere noi in collegio e farci studiare aveva dovuto fare una sorta di mea culpa sulle sue azio ni. Il suo cruccio è sempre stato quello di non aver po tuto studiare, che qualsiasi persona con la cultura, come un avvocato, lo facesse sta re zitto. ‘Mi tappa la bocca’ diceva”. Ai non occupanti, Montecatini offrì la via di Ferrara dove stava nascen do il nuovo impianto pe trolchimico. “Sono nato nel 1946 a Cabernardi dove ho fatto la prima elementare –racconta Guido Guidarelli, presidente dell’associazione Cristalli di nebbia -, poi ab biamo raggiunto mio padre che era già a Ferrara. I primi tempi non sono stati facili per la comunità marchigia na, molto unita, 1.600-1.800 persone che hanno portato la loro cultura, il loro modo di vivere. Ci sono state tensioni con gli abitanti di Pontelagoscuro, dove Mon tecatini in meno di un anno ha costruito il Villaggio, poi Ben 176 i lavoratori rimasero chealtrettantidellaall’internominierasfidaronodafuorilaproprietàavevaannunciato860licenziamenti
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la nebbia di Ferrara”. Con l’associazione, “continuia mo a promuovere iniziative, a partecipare a studi che approfondiscono come si è svolta l’integrazione, a livel lo sociale, economico, politi co, l’evoluzione delle fami glie. La prima generazione di Pontelagoscuro si è quasi tutta laureata seguendo la spinta a soddisfare le aspet tative dei genitori”. Una storia da valorizzare, quella di Cabernardi. Uno dei compiti che si prefigge l’associazione La Miniera, nata nel 1996 per raccoglie re documenti, testimonianze e promuovere la conoscenza del polo estrattivo, fondata da Giuseppe Paroli, appe na scomparso, che promos se l’allestimento del primo Museo della miniera nella ex scuola insieme al Comu ne di Sassoferrato. Dal 2020 la gestione e l’organizzazio ne turistica del Parco mi nerario e del Museo sono affidati alla cooperativa Happennines. "Come asso ciazione – dice la presidente Patrizia Greci -, continuia Una serie di iniziative per edelloedipromossel’anniversariodalComuneSassoferratodalParconazionalezolfodiMarcheRomagna detto dei marchigiani. Era no casette a schiera, con il bagno, un piccolo orto. Gli abitanti del paese, distrutto dalla guerra, speravano nel la ricostruzione post-bellica per avere un lavoro e una casa. Sembrava che chi ar rivava dalle Marche glieli stesse rubando ma erano lavoratori specializzati, che avevano fatto esperienza in miniera e che ora lavorava no nel petrolchimico anche in reparti molto duri, con una paga praticamente di mezzata rispetto a prima. Erano persone disposte a tutto per avere un salario, che hanno partecipato al successo della creazione del polipropilene di Giulio Nat ta”. Con il tempo è arrivata l’integrazione, “anche con matrimoni misti”, dice Gui darelli. Dopo aver avuto il circolo Acli come riferimen to per la comunità marchi giana, nel 1994 hanno cre ato Cristalli nella nebbia, per mantenere il legame con Cabernardi, e unire, an che nel nome, “le due realtà di riferimento, la miniera e Nella pagina a fianco in alto a sinistra un abbraccio alla fine adelleQuiconall'uscitaSotto,dell'occupazionedueminatoridiunagalleriailcarrellopienodizolfosopra,unamanifestazionemogliesorellesostegnodellaprotesta
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mo nell'attività di ricerca storica, della valorizzazione della miniera, nell'editoria di testi specializzati e siamo promotori del nuovo Archi vio storico comunale della miniera di zolfo, inaugura to nella ex scuola ad inizio luglio, il luogo dove saranno conservati tutti i documenti raccolti finora da Comune, La Miniera e fondi privati, con il desiderio che diven ti punto di riferimento per quanti vogliano attingere e consultare il materiale. Un progetto che si collega alla ricognizione e alla futura digitalizzazione di tutti gli archivi delle miniere di zolfo di Marche e Romagna". Una ricchezza culturale che è alla base del lavoro del Comune di Sassoferrato an che per questo anniversario.
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“Con le manifestazioni di quest’anno – afferma il sin daco Maurizio Greci - non abbiamo voluto pensare solo al ricordo di quanto è suc cesso ma siamo voluti parti re da quel valore, che era la forza dei minatori, per fare un discorso orientato ad una proiezione futura di quello può essere la fruizione della miniera riaperta soprattut to a livello turistico. L’inten to è quello di trasformare in positività i fatti che sono avvenuti, mantenere viva la memoria e allo stesso tempo lavorare per il territorio”. Un futuro che passa an che dal Parco nazionale dello zolfo di Marche e Ro magna. “Il nostro compito –spiega il direttore Francesco Buoncompagni – è coltivare la memoria, la storia e pa rallelamente creare investi menti, rivitalizzare i terri tori e coinvolgere i giovani. Abbiamo già organizzato un progetto didattico-educativo rivolto a 70 scuole da Bolo gna ad Ancona”. Il bacino zolfifero di Cabernardi “era unico, gigantesco dal punto di vista geologico, fra i più importanti in Europa fino al dopoguerra, così come era unica la comunità dei mi natori, che lavoravano tutti per Montecatini. Lo zolfo, allora, era la modernità e in queste zone si crearono dei distretti produttivi anti litteram, che anticiparono il boom economico nazionale, con la presenza di un forte indotto”. L’occupazione, ag giunge Buoncompagni, “fu un evento importante allora quanto sconosciuto oggi, che vogliamo promuovere per ché ha un valore che in tutti questi anni purtroppo non è cambiato ma è anzi attualis simo. Restano i problemi le gati al mondo del lavoro, ai rapporti fra multinazionali e lavoratori, alle aziende che lasciano i territori per delo calizzare”. ¤ Vittoria temporanea: la miniera chiuse dopo sette anni ma nei minatori è rimasto l’orgoglio di aver lottato per una causa giusta In alto, il Parco minerario di Cabernardi Sotto, la scultura dedicata alla storia della miniera realizzata da Marco Cesandri
Se n’è andato in silenzio, in punta di piedi, con la discrezione che gli ap parteneva Walter Valentini l’artista nato a Pergola nel 1928 ma che dal 1955 ha vis suto e lavorato a Milano, dove si è spento il 20 maggio scorso dopo un periodo di malattia, lasciando la moglie Rita e i due figli Francesco e Andrea. Il “poeta del cielo” - come è stato più volte definito – ora riposa nel tranquillo cimitero di Lambrate a Milano. Non era sceso nelle Mar che neppure nel settembre scorso per partecipare all’at tesissima inaugurazione del Santuario del Sacro Cuore di Gesù a Ca’ Staccolo di Urbino, progettato insieme all’archi tetto giapponese Yasuo Wata nabe - dello studio Interstudio e con interventi di Vincenzo Tiboni - su cui ci ha lavorato per almeno vent’anni, tra la posa della prima pietra e va riazioni in corso d’opera.
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Per lui Pesaro e il suo terri torio d’origine hanno sempre rappresentato il buen retiro, scendeva da Milano per tra scorrere l’estate al mare e in compagnia degli amici, ma ormai da qualche anno non ci riusciva più.
A Valentini, “sciamano cele ste”, era stata dedicata anche la copertina del numero 72/73 de Le Centocittà nel 2020 e sul numero 75 dell’anno successi vo, desiderò anche condividere scrivendolo, un personalissi mo ricordo con Anna Magna ni.Riconosciuto tra i Maestri dell’arte grafica contempora
Il poeta del cielo è ora tra le sue stelle
WALTER VALENTINI, L'ARTISTA GENTILUOMO CI HA LASCIATI di Federica Facchini
28Il ricordo |1 nea, la sua formazione profes sionale era iniziata proprio a Urbino, alla Scuola del Libro. Qui si era sviluppato il suo in teresse per l’incisione e per la culturaL’equilibrio,rinascimentale.l’armonia, la proporzione e la misura sono stati infatti gli elementi fon danti della poetica di Valenti ni che si risolvevano nel senso dello spazio e delle proporzio ni delle sue architetture e nel le partiture dei suoi segni. Quella con la città di Ur bino, fu una vera e propria affinità elettiva tanto che qui nacque il suo alfabeto segni co, declinato secondo i detta mi di quella regola aurea o divina proporzione, derivata dagli assunti rinascimentali di architetti come Francesco di Giorgio Martini e Luciano Laurana o pittori quali Piero della Francesca e Paolo Uccel lo. Un alfabeto segnico utiliz zato quasi a decodificare nella contemporaneità dei codici ancoraValentininascosti.fece della dimen sione celeste uno spazio misti co e magico da cui attingere e verso cui tendere. La sua stes sa natura, analitica e poetica, lo ha portato spesso a solleva re lo sguardo indagatore verso l’infinitezza di un cielo che, al tempo stesso seduce e sgo menta. Basti scorrere i titoli delle sue opere per compren dere una tensione, mai esau rita, alla misurazione dell’in commensurabile volta celeste. Segni, graffiati o a rilievo, che si fanno ellissi, costellazio ni, linee dell’orizzonte, traiet torie di pianeti in movimento, pentagrammi, alfabeti segnici, in un universo visionario che sembra nascondere occulte ri sposte ad eterne domande. Segni modulati in serrate scansioni ritmiche, quasi a voler sottolineare una mu sicalità che dalla geometria trascende all’immanenza del le cose. Unendo con maestria rigore tecnico e capacità inno vativa, Valentini ci ha lasciato degli universi geometrici ca richi di risonanze, che hanno saputo conciliare il metodo e la disciplina con l’esigenza li rica di dare rappresentazione al cosmo, alla memoria e al fluire del tempo. Quello di Walter Valentini è un linguaggio originale che, pur nella perenne ricerca di equilibrio, scaturisce da un gioco degli opposti, di polarità, di antinomie: rigore tecnico e lirismo, astrattismo-concre to e suggestioni materiche e cromatiche, e ancora bianco e nero, sogno e realtà, imma nente e Emergetrascendente.lavolontà di conci liare armonicamente questi elementi o in alcuni casi, an che di lasciar prevalere uno sugli altri, in un gioco forza che riflette le asperità del la vita stessa. Ricordo bene quando nel 2014 per la rasse gna “Novilara Borgo dell’Ar te”, curai insieme a Davide Leoni la mostra “La Grande Misura” incentrata sulla sua produzione grafica di grande dimensione, con importanti incisioni ad acquaforte ed ac quatinta. Un progetto nato da un’emozione che l’artista visse in prima persona proprio a Novilara e ricordo una cita zione che fece : «Tolstoj dice va: “Se vuoi essere universale parla del tuo villaggio”… io parlo del mio cielo e per farlo Novilara è il più bel posto del mondo» concluse con il sorriso benevolo che lo contraddistin gueva fiero e felice del proget to che mettevamo in atto. Un progetto site-specific per un luogo timido e affascinante, com’è il borgo di Novilara, da cui ritarare “La grande mi sura”, che desiderava riflet tere - e fare riflettere - sulla dimensione privilegiata della grafica, fondamentale nella ri cerca artistica di Walter.
In quello stesso anno a ce lebrare l’ampia ricerca di Va lentini furono altre tre mostre sparse nella regione Marche: da Monte Vidon Corrado alla Casa-Museo Osvaldo Licini “Siderea Mensura”, organiz Nella pagine alcune emblematicheopere di Walter Valentini Valentini fece della
L’armonia,celestedimensioneunospaziomisticoemagicol’equilibrioelamisuraisuoielementifondanti
Le|1 stelle
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E’ l’ultimo scritto di Walter Valentini che aveva consegnato alla rivista de Le Cento città poche settimane prima di ricongiun gersi con il suo cielo. Ci piace ricordarlo con le sue stesse parole che raccontano come si è lasciato attrarre dalla dimensione celeste, diventata per lui l’imprinting artistico irri nunciabile…. Ero un ragazzino. Frequentavo il gin nasio, l’attuale scuola media. Ma già sognavo a occhi aperti. Di sera, per esempio, il nero assoluto cominciava ad avvolgere Pergola. Tutto diventava irreale: i passi, le parole, i rumori, galleggiavano intorno a me, come nelle opere di Chagall. Lentamente, insicuro, mi dirigevo verso il Caffè Grande. Pensavo di essere arri vato, ma al buio i calcoli erano sbagliati, l’orientamento era suggerito da quelli che parlottavano qua e là. Si chiudevano le fi nestre, si spegnevano le luci, perché c’era Comel’oscuramento.gliantichi naviganti, mi affidavo a quei punti misteriosi appesi nel cielo. E nel cielo, c’era la Via Lattea che indicava la strada per Roma. Più il buio diventava im penetrabile, più mi sentivo attratto dalla volta celeste. Lentamente mi dimenticavo di avere i piedi per terra, i miei pensieri si rivolgevano alle stelle. E proprio le stelle Don Pietro Gilli mi inse gnò ad amare. “Che fai tu luna in ciel, dimmi che fai, si lenziosa luna?” Don Pietro tentò di spie garmi anche questo mistero facendomi ascoltare la voce di Leopardi. “Ma a te pia ce il cielo? Bisogna andare verso la strada della stazione, potremmo vedere Aldeba ran, la stella più luminosa, la gigante dal colore arancione”. Altre cose mi insegnò Don Gilli: oltre alle diverse costellazioni, il latino, per esempio. Una sera, volli andare con lui verso il Giardino quando, dal nulla, le lucciole apparvero a migliaia. Si erano date appuntamento. La vallata del Cesano comincia da lì e allargandosi arriva fino al mare. Le lucciole la invasero per tutto l’orizzonte e, mescolandosi alle stelle, non riuscivi più a capire quali fossero le une e quali le altre. A questa visione Don Pietro quasi si commosse e mi ringraziò con affet to per avergli fatto vivere questo momento. E io, ancor oggi, ringrazio Don Pietro. I miei cieli, probabilmente, sono nati con lui. Walter Valentini
zata dal Centro Studi Osval do Licini e curata da Daniela Simoni con quaranta le opere che illustravano il percorso artistico del Maestro; a Fermo alla Biblioteca Civica “R. Spe zioli” nel cui Gabinetto delle Stampe e dei Disegni erano esposti bellissimi volumi d’ar tista a tiratura limitata con opere grafiche sui testi lette rari di autori che in qualche modo presentano affinità con la sua poetica: dalla “Città del Sole” di Tommaso Campanel la a “I canti” di Leopardi, al “Sidereus Nuncius” di Galileo, fino ai testi di Mario Luzi e al tri. A Pesaro “Promenade dal 1972 al 2014” mostra con pit ture, sculture e installazioni a cura di Roberto Budassi. Una strana congiunzione, di quelle che raramente capi tano, “occasionale” per dirla nei termini con cui la definì l’artista: «Con queste quattro mostre penso di riassumere il mio lavoro di tanti anni – spie gò Valentini - dandogli il tem po di rivivere e coniugando proprio quei luoghi della mia infanzia che si ritrovano nel mio lavoro».
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La suagenerositàgrande e signorilità si completavanoconilrigore la serietà e lo intellettualespessore
Ringrazio Walter per i ricor di che mi ha lasciato e il modo con cui mi accolse, in prepara zione della mostra, nella sua casa- studio milanese. Rac contandomi la sua vita e il suo lavoro, mi disse: Quando me ne andai da Urbino a Milano fu come trovarsi di fronte ad un muro di cemento. Una con dizione negativa che cercai di superare attraverso un lavoro mai abbandonato sullo spazio, sul tempo e sull’architettura. Mi piace ricordare le volte in cui mi accingevo alla scoperta e allo studio degli spazi e delle architetture di Urbino, allora non avrei mai pensato di poter contribuire anch’io, un giorno, alla loro definizione.
La sua grande generosità, signorilità e umanità mani festate nel quotidiano con gli altri rappresentavano l’e spressione complementare del rigore, della serietà e dello spessore intellettuale che ma nifestava costantemente nella sua ricerca, in solitudine. Ora mi piace pensarlo in cielo, nel suo cielo, a misurare da vicino i rapporti e i colori di una “ri velata” cosmologia. ¤
FIN
Il vero maestro di Valentini è stato il professor Carlo Ceci. Apro una parentesi persona le: ho conosciuto Ceci. Insieme scherzavamo sulla ambiguità dei rispettivi cognomi. Lui minuto, magro, con i capelli bianchi e ondulati era Ceci, il grande, io in carne e con i capelli folti e scuri ero Cecini, il piccolo. Chiusa la parentesi. Nel 1954 Valentini ha ormai ventotto anni, frequenta il corso superiore del Magiste ro presso l’Istituto d’arte di Urbino, conseguendo alla fine del corso (1956) la specializ zazione in litografia. Titolo confermato dal direttore della scuola, Francesco Carneva li nel volume “Cento anni di vita dell’Istituto d’Arte di Ur
Da anni raccolgo pub blicazioni edite dall’I stituto d’arte di Ur bino, conosciuto anche come “Scuola del libro”. Con piace vole sorpresa, pochi mesi fa, in una libreria antiquaria di Ravenna dell’amico Matteo Tonini, ho rintracciato questa introvabile edizione: Dolce sonno dal cielo scendi, con il sottotitolo Ninne nanne po polari italiane e d’altri paesi raccolte e armonizzate da Do menico de Paoli, Urbino Isti tuto Statale d’Arte, 1956. In 8 ad album, tela editoriale con impressioni a secco ai piatti, p.32 n.n,, con righi musicali e piccole litografie in colore infratesto.Dallungo colophon si rice vono ulteriori notizie tutte importanti per i bibliofili; le decorazioni delle pagine e delle risguardie sono state inventate ed eseguite sulla pietra litografica da Walter Valentini, allievo del corso di Magistero durante l’anno scolastico 1954-55. Il progetto della copertina (in tela blu) e l’impaginazione sono dovute allo stesso allievo. Le pagine musicali sul manoscritto di Domenico de Paoli sono state riprodotte in fotolitografia, il testo tipografico composto e stampato dai nostri tipografi, le pagine musicali e le deco razioni dai nostri litografi; la legatura a opera degli inse gnanti e degli alunni de labo ratorio di legatoria. La colorazione delle litogra fie di Valentini è stata esegui ta dall’allora giovane allievo urbinate di nascita e pesarese d’adozione Franco Fiorucci nell’anno scolastico 1955-56
A fianco e nella pagina seguente alcune finissime decorazioni eseguite sulla pietra litografica da Walter Valentini per il libro ormai introvabile "Dolce sonno dal cielo scendi"
VALENTINI DA STUDENTE SI ERA DISTINTO DAGLI ALTRI di Nando Cecini
La finezza dei disegni tra le pagine musicali
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32Il ricordo |2 bino“ (Urbino 1961) quando accerta, oltre il titolo, anche la nuova attività dell’ecceziona le allievo: “Walter Valentini, Pergola 1928, abilitato all’in segnamento professionale della litografia (1955). Svolge bella attività di grafico a Mi lano ed è direttore artistico dello studio Radar pubblicità. E’ sposato a Rita Pretelli”Carnevali, nel volume uf ficiale della scuola non solo conferma il titolo accademico di Valentini; esprime anche un giudizio di merito “bella attività di grafico” e arriva a indicare eventi familiari come il matrimonio, certo segno di particolare attenzione. Carlo Ceci è stato uno dei maestri più amati della scuo la del libro. La poetessa Mari sa Zoni in un libricino, “Poesie su C.” (Urbino, istituito d’ar te, 1974) immagina che Ceci si racconti così: “ho fatto/ ho detto/ ho ascoltato/ ho avu to/ schiere di ragazzi/ come soldati/ e anche/ barbari/ qualcuno intelligente/ ho se parato/ segnato/ deriso/ con giunto/ tutta la vita/ dentro il libro”. Ed è dentro un libro dell’al lora studente Carlo Ceci che si può trovare l’archetipo della prima illustrazione edi toriale di Walter Valentini, considerato dal maestro tra quei “qualcuno intelligente” tra centinaia di allievi succe duti negli anni. Il libro in que stione è di Giuseppe Fanciul li, “Le foglie d’oro” (Urbino, Regio istituti d’arte del libro s.d.). Nel colophon è specifi cato “Finito di stampare il 27 luglio dell’anno XV”, dove la data in numeri romani sta a indicare il quindicesima anno dell’era fascista, per noi il 1937. Sfogliando le pagine del libro di Valentini, pubblica to vent’anni dopo, non si può non cogliere le grandi affinità di realizzazione dell’impianto tipografico alla finezza dei di segni, alla disposizione delle immagini e dei numerosi fi nalini.Sullibro delle ninne nan ne del musicista De Paoli, illustrato da Walter Valen tini, non ho trovato molti riferimenti. Cito per la sua essenzialità lo scritto di Da niela Serafini nella scheda dedicata all’artista pergolese per il catalogo “La scuola del libro di Urbino” in occasione della mostra organizzata nel maggio 1986 a Copenaghen dall’istituto italiano di cul tura. Scrive la Serafini delle litografie di Valentini: “ne deriva un gusto grafico illu strativo estremamente nuovo che, nell’intento di seguire il testo musicale, raggiunge raf figurazioni stilizzate anche se ancora chiaramente defini te, dove traspare cristallina l’influenza dei maestri Ceci e Carnevali”.Uninizio figurativo dun que, trascurato da tutta la critica, anche se in parte giu stificato dalla evoluzione dei straordinario valore dell’arti sta nel mondo dell’astrazione tra geometria e poesia. ¤
Sue le piccole litografie a decorare le pagine di una rara edizione della scuola statale di Urbinoeraquandoancora allievo dell’istituto
HA LASCIATO UN FORTE SEGNO NELLA SUA MACERATA
L’attività di promozione dell’arte di Nino Ricci ha lasciato un segno nella vita culturale di Macerata e del la nostra regione dagli anni Quaranta fino ai primi anni del Duemila. Ha intessuto forti legami culturali con im portanti artisti marchigiani come Osvaldo Licini, Ar noldo Ciarrocchi, Giuseppe Mainini, Elvidio Farabollini e Virgì Bonifazi. Ha tenuto mostre personali a Roma, Firenze, Bologna, Padova, Piacenza, Bari, Matera, Ca gliari e naturalmente a Ma cerata. Le opere di Nino Ric ci sono state raccolte in varie pubblicazioni a cominciare nel 1980 da una monografia con testi di Giuseppe Appel la e Libero De Libero, uscita a cura di Vanni Schiewiller nella collana “Arte Moder na in Italia”; la monografia intitolata Nino Ricci, opere pittoriche 1957-2002 (2003), pubblicata a cura di Giu seppe Appella dalle edizioni de La Cometa di Roma; la monografia Nino Ricci, Le metamorfosi della geometria – Opere dal 1957 al 2013 (2013), pubblicata a cura di Giuseppe Appella presso De
La preistoria e l’uomo e L’uomo scava nel tempo la propria storia hanno segnato l’inizio di una ricerca caratterizza ta dalla purezza della co struzione geometrica che si esprime attraverso la ripe tizione, ma anche attraverso variazioni nei rapporti tra i solidi, articolazioni dei movi menti di piano e delle modu lazioni cromatiche, cercando con ammirevole coerenza di trasmettere le sensazioni e le emozioni generate dal se gno grafico e da forme segna te dal ritmo delle costruzioni geometriche e del colore.
L’eleganza di Ricci intellettuale dell’arte
di Alberto Pellegrino Artista eclettico incisore, hascenografiapittore,scultoreespertodifotografiaecinemasceltolaprovinciacomecampod’azione
33La scomparsa Èscomparso Nino Ricci (1930-2022), pittore e incisore nato a Mace rata, dove ha sempre vissu to e lavorato pur essendosi artisticamente affermato a livello nazionale. Aveva stu diato nella “Scuola del Libro” di Urbino, dove aveva appre so le tecniche eProgettazioneteLiceiIstituticarrieraregionale.tivepromozionesferiresiemezionedaartisticanatoall’esteromaciacerata,Klee,brandt,produzionel’opportunitàformale;vanomoltissimini,glifrequentatonematografico.lizzazioneavevadisodiBellenografiaquentatosuccessivamentedell’incisione;avevafrelasezionediscedell’AccademiadiArtidiRoma.VincitoreunaborsadistudiopresilCentroSperimentaleCinematografiadiRoma,conseguitolaspeciadicostumistaciNeglianniCinquantahaassiduamenteambientiartisticiromalegandosiall’ArtClubeaartisticheaderiall’astrattismoeall’inhaavuto,inoltre,diconoscerelaartisticadiRemEnsor,Picasso,PaulMorandieFautrier.Nel1954èritornatoaMascegliendolaprovincomesuocampod’azione,sièrecatovarievolteperessereaggiorsututtalaproduzionedeltempo,nonsolousarecomefonted’ispiraartisticamacomeindiconoscenzedatranelladocenzaenelladivarieiniziaculturalisulterritorioHasvoltolasuadiinsegnanteneglidiBelleArtieneiScientifici,comedocendiDecorazionepittorica,architettonicaStoriadell’arte.Tra1966e1968icicli
34La scomparsa
senzarealizzateprincipalmenteaolioeadacquarellodimenticareunacontinuasperimentazione
In alto, Nino Ricci nel suo studio e qui sopra una sua opera
Luca Editore d’Arte; infine nel 2018 l’Associazione Cul turale Centofiorini ha pub blicato la monografia Una poetica della vita – Gli scritti di Nino Ricci, a cura di Lucio del Gobbo e Luigi Ricci. Ap passionato e attento lettore di poesia, Ricci ha realizza to anche diversi libri d'arte, mettendo in relazione le sue opere con le composizioni po etiche di Leonardo Sinisgal li, Bartolo Cattafi, Eugenio De Signoribus e Wislawa Szymborska.Laproduzione artistica di Nino Ricci si è sviluppata principalmente con opere dipinte ad olio o ad acqua rello su diversi supporti senza mai dimenticare una continua sperimentazio ne con vari materiali come il carbone e la sabbia, gli acrilici, la plastica, l'allu minio, l'acciaio e la cartape sta. Hanno un particolare rilievo le sue opere su carta realizzate con tecniche mi ste, incisioni all’acquaforte, litografie e serigrafie. Ricci ha sempre collocato la forma nell'intero spazio della tela o della carta, senza lasciarsi prendere dall’angoscia della ripetizione, ma rimanendo costantemente fedele a un geometrismo razionale che si è tradotto nella creazio ne di solidi che prendono la forma di cristalli dalle infinite sfaccettature, am pliando continuamente il proprio campo d'azione, sen za tuttavia assoggettare la propria fantasia al dominio delle geometrie. La dimen sione delle sue opere è lega ta a un movimento in senso trasversale o longitudinale, con continui cambiamenti di direzione e con il bisogno di passare dalla superficie della tela all’uso di materiali diversi capaci di sollecitare la sua creatività ha sempre prodotto opere segnate da una forte tensione lirica con un’ultima predilezione per la raffigurazione di oggetti totemici caratterizzati da tenui variazioni cromatiche volte a creare liriche armo nie“Laesistenziali.delicatezza emotiva, la tenuità, il minimalismo caratteristico della sua pit tura – scrive il critico Lucio Del Gobbo - descrivono la sua sensibilità, il suo equili brio, il senso della misura, la prudenza e ponderatezza di giudizio critico, la sua anti retorica…Nino Ricci è stato uno straordinario conosci tore e cultore di tecniche ed è stato un artista eclettico, incisore, pittore, scultore, esperto di fotografia, di sce nografia e di cinema, è dun que importante considerare che egli, anche in virtù di tali esperienze e delle nume rose corrispondenze avute, si è presto formato come intel lettuale dell’arte, cioè artista di una razza oggi assai rara, che oltre a praticarla, l’arte, l’ha anche studiata, insegna ta, considerata attraverso il tempo e le mode, giudicata nei suoi vari aspetti, e frui ta a livello di pensiero come strumento di riflessione e autocontrollo. Lo studio del la tecnica, l’ansia per una innovazione stilistica, l’inte resse per i giovani, la critica di certe degenerazioni che il mercato oggi provoca all’in terno del sistema dell’ar te, tutto questo trapela con equilibrio dalle sue opere, dai suoi scritti e dalle sue ri flessioni”. ¤ Le sue opere sono
35L’artista
La vera conoscenza di Federico Barocci stra ordinario pittore, dise gnatore, incisore, è iniziata nel 1975, quando si tenne al Museo Civico di Bologna una grande mostra curata da An drea Emiliani, il cui catalogo rimane uno strumento insu perabile di analisi e di siste mazione critica. Molti anni dopo, nel 2008, seguì la pub blicazione di due importanti volumi per conto della Fon dazione Montanari di Fano e della Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, sempre con la guida di Emiliani, il maggiore studioso di Barocci, al quale rivolgo un amiche vole pensiero di gratitudine: allo storico dell'arte, urbinate di provenienza e bolognese di adozione come Sovrintenden te ai Beni storici e artistici, che ha capito fino in fondo la grandezza e i tormenti del pit tore, dopo averne catalogato tutte le fasi del lavoro.
A Urbino si è tenuta nel 2021, alla galleria Albani a cura di Luca Baroni, giovane storico dell'arte e studioso del pittore, una bella mostra di Barocci incisore: per la prima volta nella sua città c'è stato un omaggio vasto e molto col to alla grandezza di creatore di acqueforti, che hanno avuto una straordinaria importanza anche europea, non solo nel seicento.Oggivorrei dare un contri buto soprattutto divulgativo, e piuttosto che elencare i titoli sterminati della produzione pittorica, grafica, incisoria di Federico Barocci ho preferi
Barocci, il solitario tra i torricini di Urbino STRAORDINARIO PITTORE E INCISORE RIFIUTÒ LA CAPITALE di Grazia Calegari
Nella foto in alto Martirio di San Sebastiano (particolare)
Nell'immagine in alto Martirio di San Sebastiano; qui sopra, Stimmate di San Francesco In alto a destra, Annunciazione; sotto, un particolare de Madonna di San Simone Roma non era per lui la sede congeniale e
nellatantoful’esperienzadeludentedafavorireilsuoritornocittànatale
Inizio dal 'Martirio di San Sebastiano', dipinto a venti due anni entro il 1568 per la Cattedrale di Urbino dove si trova tuttora, dopo avere subito nel 1982 il furto con taglio del viso di Benedetto Bonaventura (figlio del com mittente in basso a sinistra) fortunatamente rintracciato negli Stati Uniti dall'antiqua rio Giancarlo Ciaroni e risiste mato a cura di Confindustria di Pesaro Urbino e della TVS di Gastone Bertozzini. “Già nel bellissimo 'Martirio di san Sebastiano' il pittore marchigiano aveva prefigura to quella che sarà la situazio ne reale di Annibale Carracci: rianimare in nuovi timbri, versare sentimenti diretti en tro termini di cultura, non di natura.” Scriveva nel 1956 il mio grande, amatissimo ma estro bolognese Francesco Arcangeli, al quale Emiliani si rivolgeva quasi a saldare le presenze bolognesi con quelle urbinati.QuiBarocci fonde le memo rie di Tiziano, di Raffaello, di Taddeo Zuccari con una terza dimensione e con un cangian tismo coloristico tutto suo, con una esperienza scenografica sia statica che dinamica, nella torsione dell'arciere col piede destro sospeso, e nell'avanza re del corpo di San Sebastiano che offre la sua affascinante corporeità.Inprecedenza il pittore era stato chiamato a Roma, tra il 1561 e il 1563 a lavorare alla decorazione ad affresco del Casino di Pio IV nei giardini dei Palazzi Vaticani, ma la ca pitale non è la sede congeniale per lui e l'esperienza può dirsi deludente, tale da favorire il suo ritorno nella città natale.
Deve rappresentare, oltre alla dolce Madonna con Bam bino col piccolo libro in mano, due santi martiri non molto conosciuti: Giuda Taddeo e Simone Zelota, entrambi apo stoli che predicarono il vange lo in Siria e in Mesopotamia. Sono accompagnati dallo strumento del martirio, l'ala barda imponente per Giuda Taddeo, la sega per Simo ne Zelota. Ma l'alabarda è sontuosa, la sega è quasi un bastone d'appoggio, e l'ange lo che posa la corona di fiori sbuca dalla tenda mobile e ag giunge il suo gesto dinamico al movimento dei protagonisti, in presa diretta, quasi istanta nea. Sono martiri di una reli giosità trasmessa attraverso le movenze dei panni e delle pieghe, dei sorrisi e delle ca denze cangianti. Quegli occhi di Giuda Taddeo ci guardano con interrogativa complicità e il tema sacro è confidenziale, umano, facile da capire, come era accaduto all'altro grande urbinate Raffaello, che dalla sua città se n'era andato per scegliere alla fine definitiva mente Roma, da cui non tor neràPoi,più.dovendo riassume re sinteticamente momen ti significativi, mi soffermo sull''Annunciazione' dipinta tra il 1582 e il 1584 per la cappella di Francesco Maria II della Rovere nella Basilica di Loreto, oggi alla Pinacoteca Vaticana.Un'immagine notissima, diffusa in incisioni dell'autore e in copie di numerosi suoi al lievi, un'immagine preceduta da disegni infiniti.
Attorno al 1567 per la chie sa di San Francesco a Urbino esegue il gioioso quadro con la 'Madonna di San Simone', oggi alla Galleria Nazionale delle Marche, che ci consente di capire alcuni tratti defini tivi del suo linguaggio. Anzi tutto l'esecuzione è sofferta, Barocci prova e riprova i gesti e le figure con un numero im precisato di disegni oggi divi si in numerosi musei (Uffizi, Berlino, Leningrado, Londra, Parigi, Roma, Urbino).
36L’artista to scegliere alcune opere che analizzerò in breve, per ren dere l'idea delle sue scelte in quiete, del posto da lui occu pato nell'Italia del 500-600 e nella nostra sensibilità.
i tor ricini, bagnati da una luce di mattino primaverile, espri mono per il pittore questa in teriorità religiosa, mentre gli arrivano commissioni dall'I talia e dall'Europa, mentre i suoi allievi e collaboratori dif fondono i suoi insegnamenti e moltiplicano la diffusione del 'baroccismo'.Ancorai torricini, verso il 1582, fanno parte della tor mentata esecuzione della 'De posizione di Cristo' per la chie sa di Santa Croce a Senigallia. Un grande quadro verticale, nel quale Barocci vede dall'al to e raffigura quello scendere lento del corpo di Cristo depo sto sul lenzuolo, sorretto dai due barellieri decisi, mentre le donne a sinistra si stringo no alla Madonna. A destra, accanto all'uomo che prepara panni e unguenti, la Madda lena s'inginocchia, coi capelli che si muovono, col grande manto che si agita in panneg gi scomposti . A sinistra, sopra una larga pietra, il minuzioso reper torio di lavoro per qualsiasi crocifissione, molto frequente all'epoca di Gesù: i chiodi, la tenaglia, il martello, la corona di spine. Un realismo didasca lico dolente e quasi ossessivo, come un bisogno di distin guersi rispetto alle esecuzioni del tema degli altri pittori, sia antichi che contemporanei. Nella Galleria Nazionale delle Marche è oggi conserva ta l'enorme tela del 1994-95 circa con le 'Stimmate di San Francesco', pagata da Fran cesco Maria II Della Rovere e destinata alla chiesa dei Cap puccini sul colle omonimo, a occidente della città, posto di fronte alle logge dei torricini. La chiesa è raffigurata nel paesaggio notturno di fondo, avanti ad essa si vede una scena di pastori nella quale si può identificare l'uccisione di Abele da parte di Caino. E' un simbolo del delitto che san Francesco propone di espiare, e mentre, pregando sul monte assieme a fra' Rufino, gli ap pare l'immagine del Crocifisso tra le ali dell'angelo, nel suo corpo compaiono le stimmate che ne avvicinano le sembian ze a quelle di Cristo in croce. L'evento è un notturno di Grande creatore di
Dietro questa dia gonale mossa solo dagli sguar di e dal gesto della Vergine che posa il libro, c'è una fine stra che si apre su Urbino, la città dalla quale Barocci dopo il 1580 non ha voluto più spo starsi, continuando a ricevere commissioni da varie parti. Solitudine, problemi di salu te malferma, o forse soltanto esigenza di libertà e legame totale con la sua città in len ta decadenza, in cui chiuder si tra le stradine e la vista di quel Palazzo ducale partecipe di stati d'animo e sfondo quasi costante ai soggetti sacri, nel le diverse ore del giorno e nel le stagioni Nell''Annunciazione'dell'anno.
L’artista E' soprattutto la Vergine a Impegnare il pittore, ne vuole fare una ragazza con gli occhi bassi, stupita ma consapevo le di quell'arrivo improvviso dell'angelo.
nonancheimportanzaunacheacquefortihannoavutostraordinariaeuropeasolonelSeicento
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38L’artista
La sua vita è solitaria e im mobile, trascorsa in un lavoro continuo, lentissimo, snervan te, tranne brevi spostamenti a Loreto, Arezzo, Senigallia. La fuga da Roma è definitiva: dai primi del 600 peggiorano le condizioni di salute , nel 1604 il duca Francesco Maria II, altro grande malinconico, gli paga l'ultima quadro di cui vorrei parlare, il 'Crocifisso spirante' che molti anno dopo, nel 1628 il duca destinerà per volontà testamentaria “alla maestà del re Cattolico di Spagna”.Ildipinto arriva a Madrid nella Cappella dell'Alcazar, più tardi nel Palacio Nuovo, infine è giunto al Prado, dove è esposto dal 1964. C'è una serie splendida di disegni per mani, braccia e gambe di que sto Crocifisso nel Gabinetto dei disegni del Museo Statale di Berlino. Il paesaggio è esat tamente quello che si vedeva dalla finestra della casa in via San Giovanni: Valbona, il Mercatale, la strada che gira, la fiancata del palazzo duca le, sullo sfondo lontano il Ca tria, il Petrano, il Nerone. E' la prima veduta dal vero della pittura italiana. Quando anni fa, al Prado, sono arriva ta davanti al 'Crocifisso spi rante', alla fine di un percorso come si sa, elevatissimo, e ho visto Urbino ad apertura di finestra dalla casa di Barocci, ho provato un'emozione stra niante, raramente provata. Aria di casa in quei mattoni e luci di Urbino, nella Madrid che era stata la città della giovinezza del duca France sco Maria II, educato per due anni alla corte di Filippo II di Spagna. Un quadro spostato non per normali trafugazio ni o giri museali, ma voluto lì da Francesco Maria II Del la Rovere e che solo Federico Barocci poteva eseguire, con Urbino come sfondo alla mor te di Cristo, dipinto come la vedeva dalla sua finestra, ogni giorno. Nel 2004, per il catalo go della mostra “I Della Rove re” sceglievo quest'immagine come conclusione alla fine di quella signoria, dopo la quale sarebbe cambiata la storia e sarebbe iniziata la dominazio neIlpontificia.duca,ormai solo perchè gli era morto l'unico figlio ed erede Guidubaldo da cinque anni, scomparso Federico Ba rocci da sedici anni, nel 1628 voleva per testamento che il re di Spagna fosse il legittimo proprietario di quel Cristo mo rente, con lo sfondo di Urbino. ¤ La sua Urbino e i torricini di Palazzo
compaionoDucalespessocomesfondonellesueoperepiùimportanti
Nella foto sopra, Cristo spirante e di seguito Deposizione
Solo Barocci poteva rende re la notte protagonista delle 'Stimmate di san Francesco': natura nella notte, natura davvero romantica: non è lo sfondo "nero" di Caravaggio, che contemporaneamente si esprimeva in un altro modo rivoluzionario.L'urbinatenon vuole rivolu zionare, la sua pittura è ela borata con lentezza e fatica, disegni su disegni, lavoro con tinuo accanto agli allievi nella sua casa di via San Giovanni .
straordinaria emozione, con quell'uccello rapace a sinistra che davanti al lampo resta ab bagliato, nel sottobosco di fag gi e di terreni diversi. “E' forse impossibile indicare un altro notturno di questa imponente sommersione romantica nella pittura fra cinque e seicento; ed insieme una così raffina ta compenetrazione nel pae saggio locale, testimoniata da una serie stupenda di disegni di alberi.” (Emiliani, 1975)
14 GIUGNO 1972 LA SCOSSA
E LUNGA
39Il sisma 50 anni fa ad Ancona | 1
Passerà alle cronache come il più lungo terre moto della storia della città, quello che investì Anco na giusto cinquanta anni fa. La prima scossa, lo ricordia mo, fu avvertita la sera del 25 gennaio, mentre quella più grossa, quella più devastante, l’assalto più violento, arrivò quasi sei mesi più tardi, il 14 giugno e lo sciame sismico durò per 11 lunghi mesi la sciando il capoluogo di regione letteralmente in ginocchio. Ma quella che doveva essere una tragedia (per fortuna non ci furono morti sotto le mace rie, ma solo pochi deceduti per effetti “collaterali”), si rivelò presto per la città una grande opportunità.Delresto, Ancona era, per così dire, abituata ad affron tare disastri del genere. Vale la pena, infatti, ricordare i bombardamenti della Secon da Guerra Mondiale, e il ter remoto precedente, quello del 1930.Ogni volta, la città ha sapu to rialzarsi, senza grosse pole miche, in maniera dignitosa e operosa, com’è poi nella na tura stessa dei Marchigiani e degli Anconetani. Senza, come si direbbe, piangersi addosso. Fu così anche allora, anche dopo quel terribile 1972. Con oltre 30 mila persone sfollate, costrette a vivere nelle ten dopoli o in alloggi di fortuna, di Claudio Sargenti In alto, le prime tende montate ad Ancona dopo la scossa del 14 giugno 1972 opportunitàadallaTerremoto,pauragrande PIÙ DEVASTANTE
Il sisma 50 anni fa ad Ancona | 1
Chi è avvezzo a consultare le ingiallite carte degli archivi o leggere i primi libri a stampa redatti dagli storici anconetani non rimane stupito nel momento in cui legge di un terremo to, più o meno forte, che ha colpito la città. Questi eventi ad Ancona ci sono sempre stati e tra i più antichi e noti vi sono quelli risalenti all’epoca ro mana come dimostrano gli interventi fatti a sostegno e rafforzamento delle strutture dell’anfiteatro sotto il Gua sco, del I secolo d.C. Questo territorio è da sempre area ad interesse sismico e nelle mappe scientifiche è colorato di giallo, arancione, rosso scuro, come la fascia appenninica e la costa tra Ancona e Senigallia. Tutte le Marche sono interessate da questi fenomeni anche se le zone che nel tempo sono state più colpite sono quelle dell’ap pennino Umbro Marchigiano e quelle del centro e sud della regione. Anche per questo nel capoluogo, dal 2000 è presente l’Istituto nazionale di geofisi ca e vulcanologia, con sede a Torrette presso il Centro Pastorale “Stella Maris”, dove risiede anche la Protezio ne civile della Regione Marche. L’Ingv svolge “un’azione di monitoraggio a carattere regionale, dalla macro sismica alla moderazione 3d della crosta, dalla ricerca pura a quella funzionale ai servizi della Protezione civile della Regione Marche.” Oltre a questo l’Istituto svolge una miriade di altre attività di ricerca e formazione, pubblicando lavori e studi scientifici di settore, fornendo a cittadini ed enti pubblici una elevata quantità di infor mazioni utili a comprendere meglio l’argomento ma anche mettendo a di sposizione, preventivamente agli enti locali, valutazioni sulla pericolosità sismica e sui conseguenti ed eventuali danni causai da un terremoto. Per chi volesse saperne di più sui terremoti nelle Marche e in Italia, consigliamo di consultare il sito dell’Istituto www. an.ingv.it dove è possibile trovare una consistente quantità di informazioni sull’argomento “sisma” e non solo. A cura di Claudio Desideri
40|41 01 23 marzo 1617 ................................... Jesi .................................................................. 4.4 02 12 maggio 1626 Macerata 5.1 03 anno 1689 Montefeltro 5.1 04 23 dicembre 1690, ora 00:20 ............ Costa anconetana .......................................... 5.58 05 23 ottobre 1692, ora 20:10 ................ Costa pesarese................................................ 4.16 06 dicembre 1698 Anconetano 4.63 07 31 marzo 1717 Costa pesarese 4.16 08 18 agosto 1718 ................................... Maceratese ..................................................... 4.4 09 14 dicembre 1727, ora 19:45 ............ Valle del metauro ........................................... 5.24 10 20 ottobre 1733 Anconetano 4.4 11 24 aprile 1741, ora 09:20 Fabrianese 6.17 12 10 giugno 1742, ora 01:00 Appennino marchigiano 4.4 13 25 maggio 1744 ................................. Costa pesarese................................................ 4.59 14 4 gennaio 1778, ora 16:30 Ancona 4.63 15 3 giugno 1781 Cagliese 6.51 16 18 aprile 1788 Costa pesarese 4.4 17 19 giugno 1795, ora 23:30................. Maceratese ..................................................... 4.7 18 28 luglio 1799, ora 22:05 Appennino marchigiano 6.18 19 9 maggio 1805, ora 01:00 Maceratese 4.4 20 25 agosto 1809, ora 12:13 Macerata 4.63 21 23 giugno 1838 .................................. Costa pesarese................................................ 4.63 22 14 aprile 1841, ora 04:00 Cagliese 4.4 23 23 gennaio 1842 San severino marche 4.41 24 8 febbraio 1870 Anconetano 5.15 25 12 marzo 1873, ora 20:04 ................. Appennino marchigiano ................................ 5.85 26 3 febbraio 1874, ora 06:00 Maceratese 4.4 27 16 agosto 1882 Costa ascolana 5.15 28 15 agosto 1884 Alto maceratese 4.16 29 26 maggio 1887 ................................. Jesi .................................................................. 4.44 30 28 novembre 1889, ora 19:10 Monti sibillini 4.19 31 25 ottobre 1895, ora 12:10 Fermo 4.16 32 giugno 1897, ora 19:04 Apecchio 4.34 33 21 settembre 1897............................. Marche settentrionali .................................... 5.4 34 28 ottobre 1897, ora 10:40 Fermano 4.16 35 27 novembre 1898, ora 01:00 San ginesio 4.39 36 22 giugno 1899, ora 13:20 Corridonia 4.08 37 25 settembre 1901, ora 23:40 ........... Costa pesarese................................................ 4.23 38 2 settembre 1904, ora 11:21 Maceratese 4.63 39 17 marzo 1908, ora 03:59 Marche meridionali 4.61 40 15 marzo 1915, ora 11:23 Alta valle del chienti 4.97 41 4 luglio 1916, ora 05:06..................... Monti sibillini ................................................. 4.82 42 21 marzo 1917, ora 00:30 Monti sibillini 4.44 43 5 novembre 1917, ora 22:47 Costa anconetana 5.22 44 10 febbraio 1920, ora 23:57 Monti sibillini 4.3 45 28 agosto 1921, ora 10:45 ................. Monti sibillini ................................................. 4.66 46 8 giugno 1922, ora 07:47 Valle del chienti 4.73 47 11 ottobre 1922, ora 06:43 Costa anconetana 4.34 48 12 luglio 1923, ora 20:49 Marche meridionali 4.28 49 2 gennaio 1924, ora 08:55................. Senigallia ........................................................ 5.48 50 30 maggio 1928, ora 20:01 Senigallia 5.02 51 22 gennaio 1929, ora 10:06 Marche centrali 4.4 52 7 aprile 1930, ora 17:17 Monti sibillini 4.5 53 4 agosto 1930, ora 15:02 ................... Marche meridionali ....................................... 4.44 54 30 ottobre 1930, ora 07:13 Senigallia 5.83 55 9 novembre 1930, ora 01:33 Monti sibillini 4.31 56 25 giugno 1931, ora 05:01 Senigallia 4.02 57 9 dicembre 1936, ora 07:34 .............. Caldarola ........................................................ 4.76 58 26 novembre 1937, ora 21:58 Costa pesarese 4.16 59 19 dicembre 1941 Monti sibillini 5.02 60 16 gennaio 1943 ................................ Monti sibillini ................................................. 5.04 61 29 gennaio 1943 Monti sibillini 4.94 62 25 marzo 1943 Marche meridionali 4.85 63 31 luglio 1943, ora 04:37 Senigallia 4.16 64 3 ottobre 1943, ora 08:28 .................. Ascolano .......................................................... 5.67 65 6 dicembre 1949, ora 03:46 Costa anconetana 4.38 66 3 settembre 1950, ora 22:41 Ascolano 4.4 67 1 settembre 1951 Monti sibillini 5.25 68 11 novembre 1957, ora 21:40 ........... Costa anconetana .......................................... 4.5 69 8 dicembre 1960, ora 05:38 Montefeltro 4.16 70 23 gennaio 1962, ora 17:31 Costa pesarese 4.35 71 5 ottobre 1962, ora 23:00 Appennino maceratese 4.35 72 25 gennaio 1963, ora 05:27............... Monti sibillini ................................................. 4.31 73 29 gennaio 1968, ora 03:14 Ancona 4.16 74 25 gennaio 1972, ora 20:24 Costa anconetana 4.49 75 4 febbraio 1972, ora 02:42 Costa anconetana 4.57 76 4 febbraio 1972, ora 09:18 ................ Costa anconetana .......................................... 4.36 77 5 febbraio 1972, ora 01:26 Costa anconetana 4.36 78 5 febbraio 1972, ora 07:08 Costa anconetana 4.46 79 5 febbraio 1972, ora 15:14 Costa anconetana 4.36 80 6 febbraio 1972, ora 01:34 ................ Costa anconetana .......................................... 4.36 81 8 febbraio 1972, ora 12:19 Costa anconetana 4.46 82 14 giugno 1972, ora 18:55 Costa anconetana 4.68 83 14 giugno 1972, ora 21:01 ............. Costa anconetana....................................... 4.43 84 26 novembre 1972, ora 16:03 ........... Marche meridionali ....................................... 5.48 85 30 novembre 1972, ora 11:25 Costa pesarese 4.52 86 20 aprile 1973, ora 22:18 Ascolano 4.4 87 24 maggio 1980, ora 20:16 Monti sibillini 4.48 88 1 maggio 1985, ora 16:57 .................. Ascolano .......................................................... 4.09 89 13 ottobre 1986, ora 05:10 Monti sibillini 4.46 90 3 luglio 1987, ora 10:21 Costa marchigiana 5.06 91 3 luglio 1987, ora 11:55 Costa marchigiana 4.02 92 3 luglio 1987, ora 17:38..................... Costa marchigiana......................................... 4.34 93 5 luglio 1987, ora 23:54 Costa marchigiana 4.22 94 4 settembre 1987, ora 16:42 Costa marchigiana 4.66 95 10 settembre 1987, ora 13:24 Costa marchigiana 4.38 96 22 settembre 1987, ora 04:24 ........... Costa marchigiana......................................... 4.13 97 11 settembre 1989, ora 02:46 Marche meridionali 4.04 98 30 dicembre 1995, ora 15:22 Fermano 4.19 99 1 gennaio 1996, ora 12:21 Maceratese 4.2 100 24 ottobre 2000, ora 07:52 ................ Monti sibillini ................................................. 4.11 101 10 aprile 2006, ora 19:03 Maceratese 4.06 102 21 ottobre 2006, ora 07:04 Anconetano 4.21 103 29 marzo 2007, ora 04:37 Monti sibillini 4.08 104 20 settembre 2009, ora 03:50 ........... Maceratese ..................................................... 4.65 105 12 gennaio 2010, ora 08:25 Maceratese-fermano 4.22 106 12 gennaio 2010, ora 13:35 Maceratese-fermano 4.16 107 5 dicembre 2012, ora 01:18 Ascolano 4.29 108 13 giugno 2013, ora 05:44................. Costa anconetana .......................................... 4.1 109 21 luglio 2013, ora 01:32 Costa anconetana 5.14 110 22 agosto 2013, ora 06:44 Costa anconetana 4.45 111 24 agosto 2016, ora 03:36 .............. Monti Sibillini ............................................. 3.99 112 27 agosto 2016, ora 02:50 ................. Monti sibillini ................................................. 4.28 113 28 agosto 2016, ora 15:55 Monti sibillini 4.33 114 3 settembre 2016, ora 10:18 Monti sibillini 4.48 115 30 ottobre 2016, ora 06:55 Monti sibillini 4.21 116 30 ottobre 2016, ora 07:01 ................ Monti sibillini ................................................. 4.1 117 10 aprile 2018, ora 03:11 Appennino umbro-marchigiano 4.75 118 21 maggio 2018, ora 08:49 Appennino umbro-marchigiano 4.22 Dati dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) - Lavoro svolto da. Rovida A. , Locati M., Famassi R., Lolli B., Gasperini P., Antonucci A., - 2022 Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (CPTI15), versione 4.0 La selezione dei dati rappresentata nelle pagine prende come riferimento le scosse superiori al 4° grado di magnitudo
Trentamila sfollati costretti a vivere in tendopoli, nei bus nei vagoni ferroviari e in nave 7000ancoratatraghettoinportoedificiinagibili
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In alto, la tendopoli allestita all'interno dello stadio Dorico al Viale della Vittoria Qui sopra, volontari rifocillano gli anconetani che hanno trovato rifugio nei vagoni ferroviari A destra, giacigli di fortuna all'interno della nave traghetto perfino negli autobus o nei va goni ferroviari o in una nave traghetto ancorata in porto, con 7 mila edifici dichiara ti inagibili comprese scuole, edifici pubblici di primaria importanza, palazzi storici e chiese (una sua tutte la Catte drale di San Ciriaco), la città seppe rimboccarsi le maniche e ricominciare a vivere. Merito certamente dei suoi abitanti, persone laboriose e con grande spirito pratico, ma merito anche di una classe politica aperta e consapevole della gravità del momento. In quei difficili mesi dell’e mergenza quando si doveva decidere dell’assistenza agli sfollati e prendere i primi provvedimenti per la ricostru zione, furono messe da parte le contrapposizioni tra partiti per procedere uniti. Fu così che furono rifiutate le baracche e le soluzioni prov visorie, preferendo sistema re gli sfollati negli alberghi e iniziare subito il risanamento. Una ricostruzione che fu rapi da, ma anche “pulita” perché non fu mai interessata da in chieste della magistratura. Furono introdotti e utilizza ti strumenti giuridici nuovi e quasi rivoluzionari per l’epoca, come l’istituto dell’esproprio temporaneo in capo all’am ministrazione comunale che risultò fondamentale per met tere mano a tanti edifici del centro storico, molti dei quali risultavano divisi, fraziona ti, parcellizzati tra numerosi proprietari.Vennero riorganizzati gli uffici tecnici e di lì a poco fu creato il Comitato di gestione del Centro Storico, incaricato di un primo esame dei piani di recupero e di ristrutturazio ne dei quartieri più antichi e quindi più colpiti della città.
Venne, in definitiva, ridise gnato il nuovo volto urbanisti co di QuelAncona.terremoto di cin quant’anni fa e in particolare la gestione dell’emergenza e poi la ricostruzione furono portati da esempio, intanto per la creazione della moder na Protezione Civile, ad opera del Sottosegretario Zamber letti, che nascerà proprio sul “modello Ancona” e poi per il terremoto che colpì pochi anni dopo il Friuli, tanto che le nor me per quella ricostruzione furono definite proprio come “legge Marche Friuli”. Non si può, poi, non ricorda re la figura di Alfredo Trifogli, quello che per la sua comuni tà diventerà presto il “sindaco del terremoto”. Quella figura schiva, per certi versi anche burbera, divenne presto un punto di riferimento per la città e per gli Anconetani che in quelle serate buie, tetre quando si veniva svegliati da boati sinistri e minacciosi che anticipavano le scosse, trova rono nella luce sempre accesa nella stanza del sindaco, al secondo piano della Residenza Municipale, più di una testi monianza, più di un conforto. Quella luce, quella presenza divenne presto un punto fer mo, la dimostrazione, visibile, che il sindaco era ancora lì e non aveva lasciato la città al suoDunque,destino.dicevamo all’inizio, di un terremoto lungo e vio lento, ma che divenne presto un’opportunità. Sulle macerie prodotte dalle scosse, presero nuova vita antichi e storici quartieri come il Guasco, San Pietro e Capodimonte. Venne ro confermate e rese ancora più stringenti le norne antisi smiche per rendere più sicuro il patrimonio edilizio, vennero poste le basi per la crescita e lo sviluppo del capoluogo di regione.Eppure. Eppure ogni volta che si citano buone pratiche di gestione di aree terremota te, si parla sempre del Friuli come di un esempio e mai di Ancona. Colpa del carattere schivo degli Anconetani, cer tamente, ma anche e forse so prattutto del fatto che, come si diceva, non ci furono vittime sotto le macerie, a parte un
I Daldati1617al2018
Dal modello Ancona nacque la Protezionemodernacivile
43Il sisma 50 anni fa ad Ancona | 1 paio di morti per lo spavento e un giovanissimo Vigile del Fuoco deceduto in un inciden te stradale mentre aiutava a sgomberare l’ospedale psi chiatrico allora ancora funzio nante.Ilfatto è che quei lugubri sacchi neri portati dalla nave “San Marco” insieme agli uo mini del Battaglione e alle tende e alle attrezzature per ospitare e aiutare gli sfollati, quei sacchi neri, dicevamo, tornarono indietro per fortuna vuoti.Un terremoto senza vittime evidentemente non fa notizia. Poco importa se un’intera co munità finita in ginocchio si era rialzata con grande digni tà e fermezza; poco importa se la ricostruzione è stata rapida e “pulita”. Poco importa, infi ne, se le ingenti somme stan ziate dallo Stato sono state spese senza che i giudici della Corte dei Conti abbiano solle vato rilievi di sorta. Non vuole, invece, dimen ticare la città e quanti hanno vissuto quell’esperienza sulla propria pelle. Per questo il Co mune di Ancona e l’Anci Mar che insieme alla Prefettura e al Dipartimento nazionale della Protezione Civile hanno messo a punto un calendario di iniziative e di manifesta zioni lungo tutto l’anno per ri cordare quelle giornate. Nella consapevolezza, evidentemen te, che senza memoria non c’è futuro.Iniziative solo in parte mo dificate a causa della pande mia da Covid ma che hanno visto la partecipazione di quanti ancora ricordano quel la brutta esperienza ad inizia re, manco a dirlo, dai Vigili del Fuoco.Una su tutte quella che si è tenuta al Teatro delle Muse. Si sono avuti autentici mo menti di commozione quan do sono scorse sullo schermo vecchie immagini in bianco e nero, perché sono servite a ri accendere ricordi mai del tut to sopiti. O nel rievocare espe rienze, fatti e nomi di persone che magari non ci sono più ma che si sono impegnate in quei giorni per dare letteralmente una mano per scaricare ma gari coperte, preparare i pasti o comunque alleviare disagi e sofferenze. E poi la Banda del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ha regalato un grande concerto quasi liberatorio a tutta la città. Perché Ancona lungo tutto quest’anno fa in qualche modo i conti con il suo passato, con le sue paure, ri cordando però anche i suoi uo mini migliori. Una targa è sta ta posta nella scalinata della Residenza Municipale proprio in memoria del sindaco Trifo gli. “Sindaco tenace e realizza tore”, come lo definirà Valeria Mancinelli, primo cittadino ai giorni nostri del capoluogo. “Terry” così alla fine confi denzialmente chiameranno il terremoto gli Anconetani qua si a volerlo esorcizzare, perché adesso fa meno paura. Perché nel frattempo Anco na proprio grazie alle oppor tunità nate dopo il terremoto è cresciuta, è divenuta un polo di eccellenza nella sanità, ad esempio, o in prestigiosi corsi universitari ed è diventata un punto di riferimento per i Pa esi delle sponde al di là dell’A driatico. ¤ La città seppe reagire furono rifiutate le baracche e soluzioni provvisorie
Al termine dell’incontro il Papa disse a Maccari che la provvidenza aveva vo luto ad Ancona un sindaco come Trifogli, uomo tenace, realizzatore e guida per la sua città (Papa Montini lo di Marcello Bedeschi Assistente del sindaco Alfredo Trifogli Papa Paolo VI volle conoscere da monsignor Maccari quantodandoavvenutoimpulsoallanascita delle Caritas diocesane
Ricordare ciò che avven ne allora, nei primi momenti, è veramente arduo, complesso e, allo stes so tempo, emozionante. E’ stata una esperienza che mi ha fatto capire l’a more che il sindaco Troiogli e un gruppo di suoi stretti collaboratori, nutrivano per la loro città : “Ancon dorica civitasL’eventofidei”del 1972 ebbe le caratteristiche di un pro lungato sciame sismico che ebbe tre momenti: - Le prime scosse si veri ficarono il 25 gennaio 1972. - Dopo alcuni giorni di cal ma il terremoto riprese il 4 febbraio e si prolungò con centinaia di sommovimenti. - Il picco si ebbe il 14 giu gno del ’72 e continuò per quasi tutto l’anno, con ancora migliaia di scosse.Negli anni 1972 e ‘73 ho avuto la possibilità di es sere vicino a Trifogli quale dirigente comunale alla Par tecipazione democratica, ov vero ai Consigli di quartiere. Subito dopo i primi terremo ti, il sindaco chiese la mia collaborazione e mi incaricò anche della sua segreteria personale per tutti gli aspet ti riguardanti l’emergenza, tanto che essendo la mia fa miglia rifugiatasi a Porto S, Giorgio, presi alloggio, per alcuni mesi direttamente nella Residenza Municipale, ricavandomi uno spazio per sonale presso la sala Giunta. Desidero però iniziare il mio racconto ricordando un fatto che mette in luce la fi gura del professor Trifogli. Nel novembre del 1972, l’Arcivescovo di Ancona, monsignor Carlo Maccari, fu ricevuto in udienza da Papa Paolo VI, il quale vo leva conoscere quanto avve nuto ad Ancona con il sisma.
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Montesicuro.minaristimunali,scaricarlepersonaledelAnconapertecandochiamòlafuronoviaretanticonoscenzatoquartiereattivareContestualmenteparrocchiali.sicercòdiiprimiConsiglidigiàcostituiti.DellanotiziadelterremodiAnonavenneprestoatuttaItaliaeinsimobilitaronoperinaiuti.EiprimiaiutiinviatidaTorinodalFondazioneAgnelli.FulostessoAvvocatocheilsindacocomunil’inviodiduemilacochepoiarrivaronoadalle3delmattino6febbraio.Nonavendodisponibile,perpressolasedecosichieseaiutoaisecherisiedevanoaNelpomeriggiodel5feb Trifogli DI SISMOLOGIA
Moro chiamò
Grandi aiuti finanziari TUTTI MOBILITATI: PREFETTURA, MILITARI, CURIA ED ESPERTI
45 aveva conosciuto negli anni Quaranta quando Trifogli era presidente della Fuci di Ancona).Nellostesso
incontro, Pao lo VI, venendo a conoscenza di quanto fatto dalla locale Diocesi per assistere i ter remotati, diede impulso alla costituzione delle Caritas diocesaneL’esperienza del terremo to del ’72 e la strettissima e intensa collaborazione con il sindaco è stata per me un’e sperienza unica sia dal pun to di vista umano che profes sionale.Quando nel gennaio del ’72 iniziarono le scosse an ticipatrici, il primo atto che fece Trifogli, su indicazione dell’allora assessore all’Ur banistica, Franco Balletti, fu quello di riconfermare le normative antisismiche per le edificazioni sia pubbliche che private, applicate dopo il terremoto del 1930 e che erano state messe in dubbio da alcuni membri del Consi glio Comunale. Tale decisione fu salutare per frenare ogni possibile azione speculativa. Il 4 febbraio iniziò il se condo ciclo sismico, a parti re dalle due della notte fino alle 20 di sera: si verifica rono ben 600 scosse di cui 15 d’intensità tra il 5° e l’8° grado della scala Mercalli (allora il terremoto si misu rava così, ndr) e man mano che passavano le ore ci si rendeva conto del panico che i sommovimenti tellurici preceduti da forti boati, sta vano provocando alla citta dinanza.Dalprimo pomeriggio la città cominciò a svuotarsi tanto che le strutture ammi nistrative vedevano il pro prio personale allontanarsi perché, chi poteva, cercava posti dove mettere in sicuro le Bisognafamiglie,ricordare, infatti, che allora non esisteva la Protezione Civile e che alcu ni compiti di soccorso erano affidati alle prefetture. Trifogli, rendendosi con to della delicata situazione che veniva a crearsi, prese contatto immediatamente con la Prefettura per chiede re assistenza attraverso le strutture militari presenti in città. Prese contatto an che con la Curia Arcivesco vile affinché fossero attivate le strutture
Nella pagina precedente, un'area allestita per i primi servizi di emergenza ad Ancona Nel dettaglio, un tecnico esamina i dati sismologici registrati dalle strumentazioni Nelle pagine alcune immagini degli alloggi di fortuna e della distribuzione di derrate alimentari braio, ricordo che Trifogli ri cevette alcune telefonate di grande importanza: dall’on Aldo Moro, che aveva sapu to della delicata situazione sismica dai parenti della moglie Eleonora Chiavarel li che abitavano ad Ancona; dal prof. Leopoldo Elia, dal professor Beniamino Andre atta, dal prof. Giuseppe Laz zati: tutti, per vari motivi, amici di Trifogli e legati in qualche modo ad Ancona. Queste personalità consi gliarono a Trifogli di pren dere contatto con il mar chigiano professore Enrico Medi, scienziato e studioso di terremoti già presidente dell’Agenzia Europea “Euro atom”.Ilcontatto avvenne e da lui si ebbero le prime indica zioni comportamentali e so prattutto l’invio ad Ancona di strumenti di rilevazione sismica. Il professor Medi venne in seguito in città per incontri scientifici e per so pralluoghi.Nelpomeriggio del 4 feb braio, con dichiarazione dello stesso sindaco, l’Am ministrazione comunale fu messa in stato emergenzia le.Il primissimo provvedi mento fu quello di dare ri covero notturno agli anziani che non volevano rientrare nelle proprie abitazioni. A tal fine si utilizzarono gli autobus cittadini che venne ro collocati nelle varie zone del capoluogo e, vista la ca renza di autisti, si creò an che in questo caso, una col laborazione sinergica tra la Curia diocesana e l’Azienda deiNelletrasporti.stesse ore del 4 feb braio Trifogli costituì un gruppo di lavoro permanen te della Giunta costituito da Franco Balletti, Aldo Bevi lacqua, Romano De Angelis, Giancarlo Mascino, Bruno Regini, Eugenio Spegne. Sin dal primo momen to il sindaco ebbe, precisa, la necessità di coinvolgere nelle decisioni le istituzio ni, soprattutto la Provincia e la neonata Regione e, su indicazione del presiden te del Consiglio Andreotti, l’Ammiraglio Ferrari Agra di, responsabile dell’Ammi ragliato del Medio ed Alto Adriatico, fratello del Mi nistro per le partecipazioni statali.L’Ammiraglio diede la to tale disponibilità destinando un ufficiale di collegamento (il Comandante Manini) che si insediò presso il Comune di Ancona e tranquillizzò il sindaco che era molto preoc cupato anche per la messa in sicurezza del patrimonio culturale mobile della città (soprattutto quello conser vato nella pinacoteca co munale e nelle Chiese). Con un gesto encomiabile, aprì le zone top secret ed antia tomiche dell’Ammiragliato per farne depositi di nume rose opere d’arte, Altra decisione che venne presa in quei difficili mo menti fu quella di coinvol gere tutte le forze politiche presenti in Consiglio comu nale. In particolare, ricor do un incontro avvenuto nell’ufficio del sindaco con l’avvocato Cleto Boldrini, autorevole rappresentante dell’allora opposizione co munista.Durante l’incontro, con grande senso di responsabi lità, si decise di attivare un fattivo rapporto di consulta zione e di avviare proposte concordate sia per superare la fase emergenziale sia per la fase post terremoto. Ri sultato di tale incontro, che venne aperto poi a tutte le forze politiche, fu quello di fare argine a tutte le richie steParticolarecorporative.attenzione fu dedicata alla mobilitazione della Chiesa anconetana che sin dalla prima fase si era attivata con tutte le parroc chie e le associazioni laicali Anche Agnelli chiamò
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assicurandoTrifoglil’inviodiduemilacoperteEmoltianzianifuronoospitatiinautobus
Evangelisti e tutti i membri del governo. In particolare ricordo i determinanti in contri con i ministri Mario Ferrari Agradi, Emilio Co lombo e Paolo Emilio Tavia ni,Gli incontri proseguirono per tutto il periodo del ter remoto e nella fase legata ai provvedimenti per la ri costruzione. Ci furono poi incontri con il presidente Mariano Rumor che venne anche ad Ancona, accom pagnato dall’on Arnaldo Forlani, allora segretario nazionale della Democrazia Cristiana. Ma in quel pe riodo molti ministri e par lamentari delle varie forze politiche visitarono Ancona. Il sindaco Trifogli, nella sua azione amministrativa, ha avuto sempre presen te che la fase emergenziale dovesse essere fortemente legata alle prospettive del post terremoto, specie per quanto riguarda le struttu re sanitarie, l’università, il cantiere navale e, soprat Solo il 4 febbraio dalle 2 di notte si studiosoilebenverificarono600scosseadAnconaarrivòprofessorMediditerremoti
la prima fase, nel corso della seconda si iniziò subito ad avviare il proces so di proposta per provvedi menti legislativi ad hoc per Ancona.Atalproposito
sono stato testimone in prima persona di combattivi incontri che il professor Trifogli ebbe ri petutamente a Roma con il Presidente del Consiglio Andreotti, il Sottosegretario
47Il sisma 50 anni fa ad Ancona | 2 per l’assistenza ai terremo tati.Ilprimo dormitorio con 40 brandine fu allestito presso la Chiesetta di S.Paolo che essendo totalmente costru ita in legno dava sicurezza. Non deve essere poi di menticato il rapporto di collaborazione che Trifogli avviò con la dirigenza degli ospedali ed in particolare con Fulvio Montillo, allora presidente dell’Ospedale di Ancona, che permise l’eva cuazione e successiva col locazione degli ammalati nelle strutture ospedaliere limitrofe.Passata
L’azione dell’Amministra zione fu talmente convin cente che in una lettera personale che l’allora Mini stro Ferrari Agradi scrisse al sindaco in data 27 ot tobre 1972, si può leggere: “voglio in primo luogo assi curarti che i problemi che stai affrontando per definire una concreta piattaforma di rilancio del capoluogo e dell’intera regione sono se guiti con attenzione da tutto il Questigoverno…”.che ho riportato sono limitati ricordi per ché quello che venne fatto in quell’anno richiederebbe giorni e giorni di racconto. Termino assicurando che stiamo raccogliendo detta gliate relazioni che verranno pubblicate per lasciare un ricordo di quell’anno straor dinario che sconvolse la vita di un’intera comunità per ché è importante mantenere sempre viva la memoria del nostroSento,passato.però, la necessità di riferire due fatti che mi rendono fiero di aver vissuto l’esperienza di quel biennio 1972/73.Ilprimo è quello legato agli immensi aiuti finanziari che sono arrivati ad Ancona sia nel periodo emergenzia le che per la ricostruzione. Tutti controllati dalla Corte dei Conti che mai ha rileva to obiezioni o richiesto inda gini.Il secondo riguarda il ri conoscimento dell’opera to positivo di Ancona e di quanto fatto durante il pe riodo emergenziale e poi per la ricostruzione che venne preso ad esempio sia in oc casione del terremoto del Friuli che dell’Irpinia dove Trifogli, io e Cinelli, un al tro dirigente comunale di allora andammo di persona chiamati dall’on. Giuseppe Zamberletti, un’altra gran de personalità che è ancora oggi ricordato come il Padre della Protezione Civile. ¤ Due immagini emblematiche della tendopoli allestita dalla Croce Rossa in piazza Cavour Per proteggere le opere d’arte furono aperte in via eccezionale le zone top secret e dell’Ammiragliatoantiatomiche
48Il sisma 50 anni fa ad Ancona | 2 tutto, la riqualificazione del tessuto urbano con partico lare attenzione alla conser vazione dell’assetto urbani stico e storico della città
Certo è che l’intervento di ristrutturazione del centro storico della cit tà di Ancona operato dopo gli eventi sismici del 1972 costi tuisce un caso unico nel pano ramaUnicoitaliano.perché, in un tempo definito, ha restituito alla cit tà l’agibilità e l’uso di intere parti di città senza che siano insorte le consuete criticità burocratiche e/o giudiziarie che hanno bloccato, ritardato o reso inattuati tanti inter venti post-calamità naturali. Ancor oggi può essere utile analizzare come ciò sia stato possibile, a prescindere dalle condizioni specifiche dell’e poca. In realtà la complessità di un intervento sull’edilizia esistente è sempre stata la stessa: si trattava e si tratta ancora oggi di affrontare con temporaneamente ed in modo coordinato una serie di aspet ti urbanistici, edilizi, sociali, economici e gestionali, la cui concatenazione (interdipen denza) si presenta sempre diversa a seconda del livello di intervento (edificio, isolato, comparto, ecc.) e del contesto più generale (grandi città, piccoli centri, zone marginali, ecc.).Quali furono gli strumenti a disposizione?Subitodopo gli eventi si smici furono celermente atti vati una legge speciale scritta bene, articoli lineari, senza bisogno di interpretazioni, un consistente finanziamen to destinato al centro storico ed alcune innovazioni impor tanti: tra tutte l’istituzione di una Commissione tecnica speciale partecipata da tutti gli Enti che, anticipando quel le che oggi sono le Conferenze dei Servizi, poteva rilasciare un’unica approvazione sui progetti.All’inizio vennero avviate le iniziative “tradizionalmente” usate in questi casi: un ente gestore nazionale, la Gescal titolare dei finanziamenti, af fidò una serie di incarichi a varie università, docenti uni versitari e professionisti di tutta Italia, per la redazione di ricerche di settore. Dopo due anni a fronte di tanti studi e progetti, in atte sa di decidere chi e come si po tesse concretamente “mettere a terra” le iniziative, non era stata ancora posta alcuna pie tra. La svolta avvenne a segui to di due passi fondamentali, il trasferimento dei 29 miliar di di lire previsti per il centro storico dalla Gescal al Comu
di Sergio Agostinelli Architetto Venne istituita una Conferenzaanticipandocontecnicacommissionespecialetuttiglienticosìlaattualedeiservizi
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Modelli innovativi caso unico in Italia UNA RICOSTRUZIONE SENZA CRITICITÀ BUROCRATICHE
In quel periodo l’Ufficio cen tro storico era costituito dal sottoscritto, giovane ed ine sperto architetto e dal geom.
Cecchi.Ladisponibilità diretta dei finanziamenti pose subito il Comune di fronte alla neces sità di dotarsi di un program ma, di una struttura operati va e di un percorso decisionale consiglio-giunta comunale-uf fici diretto ed efficiente. Il rischio era che gli interes si di imprese, professionisti, docenti universitari, proprie tari, inquilini ed enti vari, con ovvie connessioni con le varie posizioni politiche e sindacali, determinassero una deleteria conflittualità tra le parti o ancor peggio una “spartizione consensuale”.Isegnalic’erano tutti e già pressioni, manovre e richieste si stavano Probabilmentemanifestandolasfida era così enorme che quando con l’allora assessore Mascino e con il Segretario generale An tinori provammo ad ipotizzare un modello organizzativo, de cidemmo di tenere conto solo dei problemi da risolvere e degli obiettivi da raggiungere. In poco tempo vennero deli neati:La struttura dell’ufficio centro storico, interna al Co mune ma autonoma e dotata di tutte le professionalità ne cessarie per dare risposte e gestire ogni tipo di problemi (urbanistica, edilizia, espropri, direzione lavori, appalti, con tabilità, assegnazioni, affitti, ecc.). L’obiettivo era quello che chiunque cittadino, tecnico, impresa, avesse a che fare a qualunque titolo con il centro storico, poteva rivolgersi in un unico ufficio in grado di forni re qualunque tipo di risposta ed assumere qualunque tipo di iniziativa. La struttura della Commissione consiliare per il centro storico, compo sta da consiglieri comunali di maggioranza e minoranza che esprimevano pareri preven tivi su tutte le deliberazioni da sottoporre al Consiglio co munale e con la possibilità di interloquire direttamente e velocemente con l’Ufficio cen tro storico. ¤
La disponibilità di risorse impose al Comune di dotarsi di strutturaprogrammioperativa e percorso decisionale diretto ed efficiente
In alto un'immagine significativa dei danni causati dal sisma Sopra, uno scorcio con i primi interventi sugli edifici lesionati
50Il sisma 50 anni fa ad Ancona | 3 ne di Ancona e la costituzione dell’Ufficio centro storico.
La premessa è stato il terremoto, il quale in qualche modo ha acce lerato tutte le scelte urbani stiche, alcune delle quali già allo studio in precedenza. Tra queste erano i piani partico lareggiati del centro storico, redatti a cura del prof. Mario Coppa e dell’architetto Paola Salmoni, che furono termi nati ed adottati a tamburo battente immediatamente dopo gli eventi sismici. Anche perché la legge speciale pre vedeva di inquadrare l’emer genza all’interno della griglia normativa di piani particola reggiati.Questi piani erano dotati tuttavia di una normativa edilizia abbastanza scarna, che garantiva la sola conser vazione dell’impianto urbano e delle quinte edilizie, subor dinando tuttavia tali scelte ad una valutazione delle con dizioni di salubrità generale, cosicché per assicurare ade guate distanze tra gli isolati, si operarono scelte limitate di diradamento - es area via Bagno ex Benincasa a Ca podimonte o via Sciacavalli a Guasco-. La conservazione dell’impianto urbano potreb be oggi essere considerata un obiettivo minimale, ma per quei tempi tale non era affat to ….e devo dire neanche per i tempi di oggi, se guardiamo come sta andando in alcune aree colpite dal terremoto 2016 del centro Italia. Nelle aree di ricostruzione, rese libere per diradamento, demolizioni belliche o per danni strutturali irrecupera bili, furono localizzati piani di edilizia economica e popo lare (Peep), di fatto una delle rarissime occasioni nel pa norama italiano in cui detti strumenti vennero localizza ti nelle zone storiche. Le fina lità di tali ricostruzioni, effet tuate solo per minima parte dal Comune, per realizzare i c.d. alloggi parcheggio, dove trasferire cioè gli abitanti dei comparti da ristrutturare, erano legate all’attivazione di programmi integrati e pa ralleli a quello di recupero in sostituzione dei privati di competenza comunale, in modo che normativaCapodimonte,pianoquindinononturaledallatappetostandardizzate,checonquestionifrontateInnanzidideilimitivennerodell’esperienzadallaterraconservazionediscontravanolestradiventareAnconamaicanzaicilunghi.privato,sa,scalaol’interventocomplessivamentepubblico-direttoconvenzionato-partissesusufficientementediffuperfaredavolanoaquellocheavevatempipiùGliesitiarchitettoniditaliricostruzionifuronopiùdiversi,perché,inmandiriferimenticoncreti,realizzatifinoadallora,scontòilrischiodiunaspeciedipadovesiincontravanoelediversescuolepensierosulrapportotraerinnovo.Intanto,conlamessaadeiprogettiereditatiGescaleconilcresceredeicantieri,messiinlucealcunidelquadronormativopianiparticolareggiatiGuascoeCapodimonte.tuttononeranoafadeguatamenteleinterdisciplinari,ilprevaleredelletecnid’interventostrutturaleapplicateaindipendentementequalitàediliziaestrutdegliimmobili,chesempremaspessovandiparipasso.Sièmessomanoadunnuovoparticolareggiatodidotatodiunaarticolatainin Anna Teresa Giovannini
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di
Architetto Il nodo città-porto fa ancora riflettere DA VALUTARE LA NECESSITÀ DI UN DISEGNO DI INSIEME
Il terremoto a suo tempo ha tutteacceleratolescelteurbanistichepressate dalla legge speciale
Nel nuovo piano veniva affrontato anche un timido tentativo di considerare an che il cosiddetto connettivo urbano con la stessa dignità dei piani. Va infatti ricor dato che il primo campo di progettazione architettoni ca autonoma per l’Ufficio è stato proprio quello degli spazi a terra, vicoli e cortili interni, attacco a terra dei fronti soprattutto lato mare, cogliendo opportunità che si manifestavano anche con l’eliminazione dei corpi ag giunti che intasavano spazi interni agli isolati ed aree di margine. Era un campo che spesso i progetti dei comparti non avevano previsto, affron tato con l’obiettivo di realiz zare un continuum coordina to ed omogeneo nelle scelte. Potrebbe essere definito un lavoro umile di ricucitura ma è stato molto formativo per gli sviluppi successivi dell’at tività dell’ufficio, stimolando quell’attitudine futura ad inquadrare ogni scelta archi tettonica in un contesto più ampio, ma soprattutto sti molando a considerare come necessaria la continua inter sezione tra le varie scale dì intervento, da quella edilizia a quella urbanistica e vice versa, come avviene sempre quando i piani debbono esse re effettivamente realizzati in tempi certi. Una fase progettuale, im mediata conseguenza di questo modo di operare, fu rivolta alla riprogettazione delle opere di urbanizzazio ne, in particolare i sistemi di accesso e sosta carrabile, con strutture sempre pensate come elementi urbani di ri connessione e ricucitura tra le diverse parti di città. Que sta esperienza portò in luce che, forse, per affrontare con Ancona scontò il rischio di diventare una specie di palestra dove si incontravano e scontravano scuole di pensiero tra rinnovo e conservazione
terventi prescritti consentiti per ogni unità edilizia, classi ficata secondo un sistema di valori riconosciuti e ricono scibili anche attraverso i ri lievi a tappeto a disposizione, perché predisposti nell’am bito delle Ricerche Generali ereditate dalla Gescal.
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53Il sisma 50 anni fa ad Ancona | 4 successo il tema dei grandi vuoti potenziali lasciati dalle vicende belliche nel tessuto urbano del centro storico, in particolare nella parte alta di Guasco, ovvero le parti di cit tà comunque problematiche, bisognava adottare un me todo di progettazione ibrido, in cui gli esisti progettuali in tridimensionale vengono indagati in parallelo alle fun zioni dello zoning. C’è da dire che in questo senso furono molto formati ve le esperienze che gli uffici vissero attraverso professio nisti esterni che lavorarono a contatto con gli uffici stessi nella prima metà degli anni ottanta. Prima l’architetto Ralph Erskine, che propose un masterplan per la rico struzione della parte alta di Guasco e delle pendici del colle verso il Porto, chiaman dolo con squisita ironia “una proposta di un barbaro per una città mediterranea”. La proposta, seppure strema mente affascinante, aveva, a mio parere, limiti di fattibili tà, legati al substrato arche ologico non ancora indagato, ma introdusse un altro punto di vista nel dibattito, dimo strando che la vera vitalità dei luoghi storici non è solo la memoria delle pietre ma an che quella dell’attività uma na di ripopolamento. L’altra esperienza, risalente a metà degli anni ottanta, fu quella organizzata dall’architetto Marco Porta che, nell’ambito della XVII Triennale di Mila no, sceglie Ancona come una delle “città immaginate”, por tando una serie di progettisti famosi (Ignazio Gardella, Umberto Riva, tra gli altri), insieme a professionisti loca li, giovani e meno giovani, a lavorare sul tema che avreb be poi caratterizzato il futu ro dibattito cittadino e cioè come ridefinire il rapporto tra città e Porto e soprattut to ripristinare permeabilità tra i due confini., insomma il tema dei temi per Ancona, il cosiddetto waterfront. A que sto punto però era stato adot tato ed approvato un nuovo Prg. Questo piano essendo uno strumento tutto rivolto alla soddisfazione del fabbi sogno abitativo, prevalente mente attraverso il riutilizzo del patrimonio edilizio esistente, portava con se’ una normativa edilizia puntuale per ogni edificio che rischiava di sovrappor si a quella già esistente per il centro storico. Tuttavia la specificità dei piani del centro storico, legati dalla legge speciale alla fattibili tà dell’intervento pubblico, compresa la loro durata, con sigliò di stabilire un rapporto per cui le previsioni edilizie di tali piani sarebbero state prevalenti su quelle del Prg, mentre si sarebbero dovu te adeguare ad alcune parti dello zoning funzionale dello strumento generale. Questo regime di relativa autonomia normativa nel centro storico è durato fino alla decadenza dei piani particolareggia ti dopo il 2013, quando cioè ormai anche i finanziamenti speciali per la ricostruzione si erano esauriti. L’Assesso re all’urbanistica Giancarlo Mascino è stato motore e diffusore della esperienza di recupero del centro storico, grazie anche al suo ruolo di vicepresidente dell’Istituto di Urbanistica (Inu), ha messo in contatto gli uffici con re altà progettuali esterne sti molanti, come quelle riferite sopra, portando così le strut ture tecniche del Comune fuori dall’ isolamento ed au toreferenzialità che rischia no talvolta le piccole realtà locali. Una delle cose in cui credeva di più Mascino, era concepire gli strumenti non come scrigno di vincoli ma come un insieme di azioni di indirizzo positivo dell’attivi tàApprofittandoedilizia. del fatto che l’attuazione di gran parte de gli interventi sarebbe stata Nelle pagine alcune vedute della città di Ancona, con ponteggi ed impalcature per sostenere gli edifici e monumenti pericolanti
dinonturaledallatappetostandardizzate,checonquestioniaffrontatenalepareredinareilquello,d’insieme.anespazi,co,turaspecifichepreferìuscitotalisticadieffettuatogliovennealGuascocheorganica,siall’Ufficiopresa.nistrazionechevaronodicareconferenzazione,taronoFrancescoCarlo,masionaliComunale,dell’Amministrazionetrefigureprofesdirilievonelpanoraitaliano-GiancarloDeMassimoCarmassieVenezia-presentrepropostedisistemazioneeriorganizzamoltodiversetraloro.Leistituzionichiamateindiserviziagiutalipropostenontrounpuntodisintesiconvincessetutte,AmmicomunalecomVennedatomandatodifareunasintedelleproposteinmanierainunmasterplancoprivalapartealtadielesuependicifinoPorto,ilqualenel2007approvatodalConsiComunale.Untentativosuccessivamentefarrientrarenell’urbaniufficialeunapartedipropostenonèperòriadandareavanti.Sirisolvereconpropostealcunitemi(coperdelloscavoarcheologisistemazionedeisingolisistemad’illuminazioetc),rimandandoforsetempimiglioriildisegnoEdèforseproprioildisegnod’insieme,temaacuisidovrebbetorinfuturo,dopodecennipragmatismo,almenoastrettamentepersodichiscrivenoneranoadeguatamenteleinterdisciplinari,ilprevaleredelletecnid’interventostrutturaleapplicateaindipendentementequalitàediliziaestrutdegliimmobili,chesempremaspessovannoparipasso.¤
Nelle parti della città più bisognavacomeproblematichenellazonaaltadelGuascoadottareunmetodo di progettazione ibrido
54Il sisma 50 anni fa ad Ancona | 4 sostenuta dalla mano pubbli ca, si è sperimentato un nuo vo metodo nella redazione del piano dell’area del futuro Parco Cappuccini-Cardeto. Si sono utilizzate, ad integra zione della normativa base, una serie di schede- progetto, che raccoglievano le cono scenze, i rilievi, le ricerche storiche nonché criteri di pro gettazione per tutti gli edifici più importanti compresi nel piano. Infine un’ esemplifica zione progettuale applicava/ verificava la correttezza dei criteri, senza che l’osservan za della stessa costituisse un’opzione obbligatoria per i futuri progettisti, ma solo una semplificazione dell’iter autorizzativo.Pocoprima degli anni duemila, con l’intento di re alizzare una delle proposte che sembravano più fattibili della proposta Erskine e cioè il parcheggio di lungomare Vanvitelli, venne alla luce la vasta area archeologica del Porto Traianeo. Lo scavo comportò la cancellazione di una parte della viabilità a cavallo tra città e Porto, zona già compromessa dai dan ni bellici e dalla successiva malricostruzione. L’area in questione era diventata un coacervo di elementi tra loro in evidente contrasto funzio nale e formale: importanti monumenti, resti archeo logici, edifici, residenziali e non, ricostruiti fuori scala a ridosso della più importante attività produttiva cittadina, il cantiere navale, antica e nuova viabilità interrotta, il tutto in un continuum che aveva perso ormai una logi ca prevalente. Per affrontare in maniera unitaria la rior ganizzazione dell’area, su invito
‘More sueto’, osserva tutto con cura l’am biente, le attrezzature, le aule e con fare disinvolto ma au torevole dialoga affabilmente con i miei studenti e docenti presenti.Allafine sentenzia ‘coram populo’: “E’ una scuola nevro tica, proprio come il suo diret tore. Ma tanto creativa, capa ce di eruzioni vulcaniche”.
Questa battuta tra il serio e il faceto, accarezzando il mio ego mi lusingò addirittura e mi fece rammentare in modo vivido quei terribili mesi, come pure quello che mia madre mi ricordava spesso rimproverando il mio caratte re irrequieto: ”Mi hai fatto la rivoluzione già in grembo”. Ho vissuto il terremoto, ras segnato a subire le frequenti scosse studiando soprattutto la notte, in cui il sonno soprag giungeva per sfinimento. Pre paravo i miei ultimi esami per conseguire la prima laurea in Lettere presa nel 1973, a cui seguirono la laurea in Filoso fia nel 1975 e in psicologia nel 1980. Il disagio psicologico e logistico per gli spostamenti frettolosi e frequenti in val lesina in rifugi occasionali da parenti, era contenuto e controllato dalla gran voglia di laurearmi prestissimo. Il traguardo della mia laurea era l’appiglio sicuro a cui mi attaccavo per non pensare alla precarietà del presente e all’incertezza del futuro, in cui intravvedevo però in modo ni tido la mia professione di do cente di filosofia, cui tendevo conL’esperienzafermezza. dura del terre moto a me ventenne, ha for giato il carattere accentuando almeno due tratti che consi dero qualità: la spontaneità/ improvvisazione e la cura per i dettagli e concepitodesignlinoBauhausnelcollegialistudentesco,presiedendozionehoschi-Ferruccisideilza,dieliartedirezionerata,arierastataL’esperienzal’approfondimento.sismicacerto,èpreziosaperlamiacardidocenteuniversitarioUrbino,BolognaeMacemasoprattuttoperladell’AccademiaPoincuipotevocoltivareraffinareletecnichesocialileadershipeautorevolezattingendoalmiomodello,prof.MarioGiachini,preallemagistraliFrancediAncona,dovesperimentatol’organizzasocialeedemocraticailprimocomitatounodegliorganiistituitidalgoverno1967.Allasequelainfatti,della(Weimar1919-Ber1933),laprimascuoladialmondo,hosempreestrutturatol’Acca Giordano Pierlorenzi La paura del sisma si tradusse in uninnovativoprogetto di formazione sul design, fabbrile ed entusiastico
55Il sisma 50 anni fa | I ricordi Che all’origine dell’Acca demia di belle arti e de sign Poliarte di Ancona, ci sia il terremoto? Ci ho pensato qualche volta, ma senza dare troppa impor tanza alla coincidenza. Il dubbio comunque s’insi nua e permane; ma quale le game può intercorrere? Certo è, che nel tardo autun no 1972 ebbero inizio i primi corsi formativi brevi di orien tamento e di all’arteterapia.unoliarteinattesamacozionealloracometoriperrispettivamenteaggiornamentopergiovanieaspirantieneoimprendisull’artigianatoartistico,ricordanoitestimonidipresentiall’inauguradel50°AnnoAccademidellaPoliarte.Unfattoulterioremiconferlapossibilecoincidenza.Ungiornocapitainvisitaall’AccademiaPodiAnconauncollega,psicologoclinicoavvezzo
Giorni in cui si registrò una “scossa” al design NEL 1972 I PRIMI CORSI DELLA POLIARTE, ORA ACCADEMIA di
Odore di muffa. Da giorni si viveva in tre in una stanza messa a disposizione da una generosa famiglia. Il terremoto, in pochi minuti, mi aveva tolto la rassicurante abitu dine ad un conosciuto quotidiano. A tredici anni non avevo più casa, dispersi gli amici, via la scuola. La paura mi accompagnava e per delegittimarla la rendevo viva ed osserva bile. Si era in grado di stimare il tipo e l’inten sità delle scosse telluriche. Mi trovavo in una nuova città, in tre in una stanza, con un forte odore di muffa. Mio padre mi accompagna va nella conoscenza di scrittori, filosofi, poeti. Era quello il periodo di Remarque, Russel, Ungaretti. Di quest’ultimo ho vivo il ricor do della partecipata spiegazione di una sua poesia: autunno /si sta / come su gli alberi / le foglie . Passare dal vissuto dei soldati al fronte della Prima Guerra Mondiale alla vita dell’uomo fu naturale. L’autunno come stagio ne che preannuncia la vicina conclusione del tuo ciclo di vita. Periodo, allora stimato tra i 40 e i 60 anni, cui permane l’estiva percezione di sé ma si vivono conferme di graduali ridu zioni di forza, di energia. Ci si conforta con la chimerica certezza di aver acquisito esperien za e dosata saggezza, per poi confrontarsi con le periodiche imprudenze e crisi di identità. Una stagione che oltre ad imbiancare i capelli rischia di inaridire l’anima. L’odore di muffa corrispondeva all’autunno. Oggi sono nel bel mezzo di questa stagione e la mia adolescente convinzione non è riuscita a determinare l’es sere in funzione del desiderio culturale di con fermare ciò che è ritenuto giusto. Per me sta assumendo valore il pensarmi nuovo alchi mista. Infatti in autunno il lavoro dell’alchi mista è quello del discernimento. Separare ciò che è utile da ciò che non serve più, quello che è salutare da quello che è dannoso. Quello che è ormai morto in noi lo si elimina per lascia re spazio al nuovo. Il mio autunno è questo e quell’odore di muffa si è trasformato nel pro fumo di una vita riscoperta. Franco de Felice
56Il sisma 50 anni fa | I ricordi
Tre in una stanza con un forte odore di muffa demia Poliarte, - che per inci so dirigo dal 1 gennaio 1976 -, come una comunità educante, un tutto dinamico, fabbrile, entusiastico. Una grande fa miglia di cui ciascuno è parte e, nel proprio ruolo e funzioni, contribuisce al tutto riceven done la quota che gli spetta. Il principio che sostiene tale impianto pedagogico risale all’antico filosofo cinese Lao Tse, rielaborato da altri filoso fi e pedagogisti occidentali, e si riferisce alla sua proverbiale massima: “L’insieme è sempre maggiore della somma delle sue parti”. Con ciò si spiega bene il sistema organicistico e sistemico che dovrebbe vigere in una comunità umana, in particolare quella promiscua di ragazze e ragazzi in forma zione. Una comunità formati va, sicuro non proprio nevro tica, come il collega psicologo ironicamente la qualificò, ma vulcanica, eruttiva, socratica mente capace di far emergere, ex-ducere, il talento di ciascu noSi,studente.suquella battuta del collega, che d’acchito mi tur bò un poco, ritornai più volte pensando che in realtà l’arte è anche ‘nevrosi’, esplosione creativa incontenibile e illi mitata, che nel tempo trova comunque la sua naturale canalizzazione. Decido così, di indagare sulla questione; e via via scopro sempre di più. La nascita della Poliarte sembra davvero dovuta, come in un parto, ad un trauma; al trauma lungo e dramma tico del sisma del 1972 con l’epicentro al largo del mare di Ancona, che ha così dura mente e lungamente colpito la nostra comunità dorica. Si può parlare perciò, dal punto di vista psicologico, di ‘effetto oppositivo’, di chiasmo. Nella fattispecie si suppone che la grande paura del terremoto abbia generato il coraggio di una palingenesi, di un cam biamento forte e radicale che nella Confartigianato delle Marche si tradusse in un pro getto innovativo di formazio ne sul design che nel mondo e in Italia stava esplodendo con il boom economico. I pionieri del design infatti, fondatori del Cripa, acronimo di Con sorzio Regionale Istruzione E nacque così l’anima di “cometransavanguardiaforseunpo’nevrotica…ilsuodirettore”Maanchefortementecreativa
57Il sisma 50 anni fa | I ricordi Professionale Artigiana, devo no aver provato certamente la voglia di un riscatto dalla crisi prodotta dal sisma e la spinta alla rinascita con le emozio ni di rimbalzo per il passato pericolo. Così, ecco un’ipote si plausibile di coincidenza. La Poliarte scopre ora la sua vera, primigenia e profonda anima creativa, contestatrice e di transavanguardia, e forse anche un po’ ‘nevrotiva’, che le deriva allora, proprio dalla “congiuntura sismica” in cui è nata e che la sua storia cin quantenaria oggi conferma. Si può dunque pensare re alisticamente che le onde si smiche del terremoto abbiano provocato nei fondatori del Cripa vibrazioni tali da ge nerare in loro la vis creativa, come resilienza: la capacità psicologica di affrontare e superare l’evento traumatico attraverso la creatività: un progetto utile alla città, agli artigiani e ai giovani. Quella resistenza alla paura che tra sforma ‘le difficoltà in oppor tunità’ scatenando il genius lociLa. motivazione ufficiale in dica la larga e condivisa esi genza di completare con un’i stituzione di alta formazione rivolta alle arti e al design, il progetto dell’Università di Ancona, nata nel 1969 come costola dell’Università di Ur bino per gli studi economici e poi estesi a quelli di medicina, ingegneria, scienze e agricol tura. L’obiettivo dunque, è quello di formare artisti e de signer per l’industria e l’arti gianato assecondando quella spinta, avvertita fortemente anche nelle Marche, del boom economico e la promozione del made in Italy e dell’italian style; brand che si propaga vano celermente sui mercati internazionali. Il primo di rettore generale del Cripa fu Giuseppe Luciano Landi di Jesi, esperto di formazione e cultore del design su cui vol le saggiamente scommettere, che mi assunse come docente di scienze umane. Il terremoto allora, fu una scossa vigorosa alle coscien ze di imprenditori sagaci che nella ricerca creativa e inno vativa trovano la chiave di lettura dei nuovi trend del mercato. Fu una scossa però, anche per i giovani che cerca vano nel design un progetto di vita in un lavoro creativo, piacevole e economicamente interessante.Unastoria che incomincia proprio in quel fatidico autun no dell’anno 1972 con incontri tra artisti, artigiani, pedagogi sti, esperti di formazione pro fessionale e politici per inizia re con un programma di corsi brevi finanziati dalla Camera di Commercio sull’artigianato artistico e l’individuazione dei primi docenti e organizzatori. Dunque, un anno di vibrate agitazioni sulla scia delle tan te e intense scosse telluriche da dimenticare. Certo qualcu no, e io con loro, potrebbe ipo tizzare che l’energia scaturita dalla terra coniugandosi con quella creativa dei pionieri dorici del design, abbia fecon dato la città, generando ‘La scuola di design di Ancona’, che, come si è detto, dopo una breve fase sperimentale nel biennio 1972/73, dal 1974, cre ando subito occupazione, inco mincerà a svolgere sistemati camente corsi biennali della Regione Marche nelle quali fiche professionali di: design grafico, fotografia, design di prodotto e design della moda con docenti reclutati anche tra i designer che venivano nelle Marche per collaborare con aziende importanti qua li IGuzzini, Ariston Merloni, Poltrona Frau, Nazzareno Ga brielli, Biblos e Genny. Durante i miei studi univer sitari ho avuto modo di legge re il meraviglioso libro “Geop siche”, dello psicologo tedesco Willy Hellpach (1877-1955), precursore della psicologia ambientale, che ritiene che tra la terra e l’uomo viga una relazione ancestrale profonda Alcuni scatti fotografici dei danni e degli aiuti durante il periodo del terremoto che ha colpito Ancona nel 1972
Era l’Inverno del 1972, io studiavo a Bologna e la mia famiglia viveva in Anco na. Da giorni, nelle telefonate quotidiane sentivo crescente preoccupazione dei miei per le continue scosse di terremoto. Decisi di andare a trovarli: li vidi molto provati e cercai di minimizzare quello che stava succedendo e di distrarli in qualche modo così, nel po meriggio ci eravamo seduti intorno al tavolo per giocare a ramino o a canasta quan do sentii come se spostassero violentemente il tavolo dissi: “Ma state fermi !” poi un cre scente, sordo rumore che pa reva venire da ogni direzione, alzai gli occhi dalle carte e vidi mia madre e mia sorella che si erano già riparate agli angoli della stanza. Passato quel momento cenammo e poi andammo a letto. Verso le due, se non ricordo male, mi svegliai con una sgrade vole sensazione allo stomaco, come se qualcosa ribollisse dentro e subito dopo un boato ed una scossa fortissima che fece anche cadere un vaso di bronzo dalla mensola con un clangore che ho ancora nelle orecchie. Decidemmo subito che era meglio non rimanere lì e caricai sulla macchina mia madre e mia sorella per portarle a Bologna; mio pa dre invece, che era il direttore dell’Ospedale Psichiatrico, rimase ad Ancona perché do veva organizzare l’evacuazio ne dell’ospedale - avrebbe poi trasferito gli uomini all’Ospe dale psichiatrico di Pesaro e le donne a quello di Macera ta-. Non potrò mai dimenti care la sensazione di impo tenza e di angoscia di quei giorni e poi, successivamente, il vedere Ancona così puntel lata nei palazzi del centro, così svuotata, così silenziosa. Ancora dopo molti anni si potevano vedere file di rou lotte in via Angelini ed in via SalvatoreGentiloni….Passanisi che si concreta in un’osmosi continua e dialettica, fitta di armonie e contrasti. Ebbene, della geopsicologia, che reputo una disciplina illuminante sul piano cognitivo e strategica sul piano progettuale, ho vo luto applicare i principi in nu merosi interventi di interior e di enviromental design speri mentandone l’efficacia con i miei studenti e docenti. Dalla sua prospettiva non posso che confermare che il sisma del 1972 abbia certamente contri buito al progetto in fieri della ‘Scuola di design di Ancona’ ed in particolare abbia influito sull’atmosfera che da 50 anni si mantiene positiva e stimo lante. Il Cripa, nel 1976 divie ne Cnipa, estendendo a livello nazionale la sua attività di formazione e ricerca, diffusa ormai in 25 scuole presenti in diverse regioni italiane e con il 1978 la sede della ‘Scuola di design di Ancona’, deno minazione che io cambierò in ‘CSD, Centro Sperimentale di design’ per sottolineare la sua natura euristica, da Piazza Stracca viene definitivamente trasferita in via Miano dove è tuttora, in una proprietà in concessione della Regione Marche. Nel 2001 il Cnipa passa la titolarietà e la ge stione del Centro Sperimen tale di design di Ancona alla Poliarte, che nel 2016 ottiene dal Ministero dell’Università il riconoscimento di Accade mia di Belle arti di Ancona. Nel 2022, ottiene un altro im portante riconoscimento: en tra come socio in UniAdrion, l’associazione delle università e centri di ricerca della macro regione europea Adriatico-Io nica, dove è la prima e l’unica accademia presente. E allora parafrasando Dante possiamo affermare: “Galeotto fu quel terremoto” che suscitò l’amore tra Ancona e il design. ¤
Il terremoto divenne una scossa vigorosa per imprenditori che nella ricerca creativa trovarono la chiave di lettura di nuovi trend Grande sensazione di impotenza e angoscia Sopra, uno dei locali dell'attuale sede dell'Accademia di Belle Arti e Design Poliarte di Ancona
58Il sisma 50 anni fa | I ricordi
La biblioteca comunale di Sarnano, divenu ta pubblica nel 1868, nasce come biblioteca fran cescana e affonda le sue ori gini nel XIV secolo, quando i minori conventuali in se guito alla distruzione del loro primitivo convento di Roccabruna (oggi Valcajano) si stabilirono entro la cinta muraria (1327-1329). Ere dita il notevole patrimonio bibliografico della bibliote ca francescana (risalente al XIII secolo) e quello prove niente dalle biblioteche degli altri ordini religiosi presenti a Sarnano (Filippini, Agosti niani, e Cappuccini), della consistenza totale di circa 5.000 volumi. Il nucleo originario della Biblioteca di Sarnano è rap presentato da manoscritti raccolti dai frati francesca ni nel loro primo convento di Roccabruna, dove visse fra Ugolino da Montegior gio (c.1250-1345), autore dei Fioretti di San Francesco. Il patrimonio bibliografico dell’antica biblioteca france scana, di cultura prevalente mente filosofico-teologica, si andò arricchendo nel corso dei secoli grazie allo zelo di dotti e insigni religiosi; tra questo va citato il Cardinal Costanzo Torri (1529-1595) nativo di Sarnano professo re di metafisica e teologia nelle università di Perugia, Padova e Roma, al quale si deve probabilmente la rac colta di importanti codici filosofici e teologici medie vali tutt’ora conservati nella Biblioteca. Numerosi sono i codici manoscritti del XIV e XV secolo, manoscritti dal XVI secolo in poi, incunabo li, cinquecentine, seicentine, settecentine e ottocentine, con edizioni rare ed esem plari unici. Il patrimonio bi bliografico consiste di oltre 20.000 volumi di cui circa 15.000 circa costituiscono il fondo moderno. Già nel 2017, l’allora So printendenza archivistica e bibliografica dell’Umbria e delle Marche, richiedeva alla Direzione Generale Bi blioteche e Diritto d’Autore, di poter accedere a contribu ti legati alla quota dell’8 per mille per interventi conser vativi su beni bibliografici danneggiati dal sisma del 24 agosto 2016 e scosse succes sive, nello specifico per un progetto di spolveratura e catalogazione bibliografica. Le istanze furono invia te nuovamente anche ne gli anni successivi, finchè, ai sensi del Dpr 10 marzo 1998 n. 76, Fondi otto per mille Irpef con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 aprile 2021
Sarnano, salvati libri antichi e preziosi DALLA SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA BIBLIOGRAFICA
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I libri antichi della biblioteca comunale di Sarnano salvati dopo il terremoto del 2016 di Rosangela Guerra
grazieprofessionistiliberiqualificatialfondoottopermilledell’Irpef
di ripartizione della quota dell’otto per mille dell’Irpef a diretta gestione statale per l’anno 2019 per la tipologia “Conservazione Beni Cultu rali” viene finanziato l’inter vento di “Spolveratura, cata logazione e collocazione del patrimonio bibliografico –fondo antico – Biblioteca co munale di Sarnano” (per un importo di 40.860,00 euro e che ha inizio nel novembre 2021 e si è concluso nel mag gioL’intervento,2022. realizzato da liberi professionisti qua lificati incaricati dalla So printendenza archivistica e bibliografica delle Marche, è stato effettuato prevedendo da un lato un lavoro di de polveratura della parte di biblioteca ospitante il fondo antico, successivamente og getto di catalogazione, e di restauro di alcuni volumi a rischio perdita in quanto fortemente danneggiati, con conseguente digitalizzazio ne.La depolveratura ha in teressato tutti i volumi del fondo antico della Bibliote ca, compresi arredi e pavi mento, per un totale di 550 metri lineari circa, con una sanificazione delle scaffala ture.E’ seguita quindi la ca talogazione del materiale librario antico che ha visto impegnate professionalità diverse a seconda che si trat tasse di libro antico, incuna bolo o Sonomanoscritto.staticatalogati 1250 libri antichi in totale, se condo la catalogazione “li bro alla mano”, mediante il rispetto di standard ca talografici internazionali International Standard Bi bliographic Description per il libro Antico, Isbd (A), le regole catalografiche elabo rate dall’Iccu, Istituto Cen trale per il Catalogo Unico, rispettando la modalità di lavoro adottata nell’ambito del Servizio Bibliotecario Nazionale per l’alimentazio ne del catalogo, la cosiddetta Catalogazione Partecipata, le regole italiane di cata logazione, Reicat, l’utilizzo di software dedicati, la pre ventiva ricerca sui repertori cartacei e online disponi bili, per avere un riscontro e una corrispondenza con le edizioni sotto mano, pri mo fra tutti l’Opac (OnLine Public Access Catalogue) di Sbn (Sistema Bibliotecario Nazionale), ma anche Edit 16 catalogo del Censimen to nazionale delle Edizioni italiane o straniere in lin gua italiana del XVI secolo, Worldcatil catalogo che re gistra le collezioni di 20000 biblioteche in 123 paesi ed altri. Particolare attenzione è stata posta nell’analisi del “manufatto” libro al fine di estrapolare il maggiore nu mero possibile di dati come note d’uso e tutti i segni lasciati sui libri per poter procedere ad individuare i possessori precedenti, fa cendo riferimento alla storia locale, informazioni sulla legatura, sulle note mano scritte trovate all’interno dell’esemplare, eventuali timbri. Sono stati raccolti i dati per segnalare eventua li futuri restauri qualora lo stato di conservazione li ren desse necessari. Fra i numerosi esemplari oggetto di lavorazione, sono risultati particolarmente in Recupero e restauro effettuati da
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In alto il libro "Li reali di Francia" pubblicato tra il 1650 e il 1711 a fianco la nota manoscritta sulla proprietà del libro Qui sopra, "Lo scoglio dellaoperetta-lepido-critico-poetico-moraledell'umanità"del1785.Adestainbasso,unraroesemplarediedizioneinebraicoconservatooltrecheaSarnanoancheaTorinoAdestrainalto,unapreziosainizialefigurata,(unaC,conracemirossieverdichesisviluppanodalcorpolettera,alcuiinternoèraffiguratouncororeligioso)delXVsecolo
61Il sisma del 2016 teressanti-Lireali di Francia nei quali si contiene la genera tione de gli imperatori, re , duchi, prencipi, baroni, e pa ladini di PubblicatoFrancia.In Venetia et in Bassano Per Gio. Antonio Remondini, tra il 1650 e il 1711, anni di attività dell'e ditore.Diquesto libro colpisce non l'edizione ma la nota di possesso manoscritta sulla carta di guardia: “Se questo libro si perdesse ma il padro ne non si sapesse a Giuseppe Perfetti si ridaccesse della terra di Sarnano deocensis Cammerinis Governatores Macerata m. de cochio anno Dni 1745”. - Lo scoglio dell'umanità ossia avvertimento salutare alla gioventù per cautelarsi contro le male qualità delle donne cattive. ditore.1805,gerstrasse,undbastiansteninberoquindinonscrizioneguaPapegaai,naastverkopervoormirate”inlezionelare1785.leArcade.dipido-critico-poetico-moraleOperetta-leDiunilgoValdeciopastorPubblicatoInVeneziadalstampediAntonioZatta,Diquestaedizioneèsingoilcontenutoel'illustraconlascritta”Voichedonnedisoverchioamatequestospecchiovostrofin-GodvrugtigeleidsmanPubblicato:TeAntwerpenF.J.vanTetrode,boekindeKalverstraat,deRoomseKerkde[1789].Diquestaedizioneinlinolandeseèstataladeexnovo,poichéerapresentenell'Opac,adogginondovrebessercialtriesemplarialtrebibliotecheitaliane.-AndachteneinesChriPubblicato:WienbeySeHartelBuchbinderBuchhändlerinderSinfrail1782eilannidiattivitàdell'eQuestaedizioneèstata
edaidipatrimonioereditacomunalebibliotecadiSarnanol’ingentecinquemilalibrifratifrancescanidaaltrireligiosi
descritta ex novo, quindi non dovrebbe essere posseduta da altre biblioteche italiane. Si tratta di una deliziosa edizione in 18° stampata con caratteri gotici, con an tiporta incisa da Sebastian Mansfeld, sul frontespizio la vignetta calcografica reca il motto: Liebe deinen Nächs ten.-Sefer Musar melakhim ... ‘al inyene ha-tefilot yeha-be rakhotPubblicato: Weneziah Nel la Stamparia Vendarmina, 1744.Edizione in ebraico. Gli unici esemplari risultano a Torino e a Sarnano.
Con la catalogazione degli incunaboli, cosiddetti “Libri in Culla”, libri stampati con tecnica a caratteri mobili tra metà del XV e il XVI secolo incluso, sono stati rilevate 67 edizioni conservate in 40 vo lumi e alcuni rilegati in mi scellanea con i manoscritti. Data questa circostanza, la ricognizione ha incluso an che l’esame dei manoscritti, La
62Il sisma del 2016 in collaborazione con la dott. ssa Costanza Lucchetti che si è occupata della cataloga zione di quei manufatti, per poter allineare le descrizioni dei 7 esemplari rilegati in unico volume all’interno di codici. Dopo la ricognizione degli incunaboli presenti nel fondo, muovendo dal riscon tro tra i precedenti catalo ghi e inventari elaborati in passato dai bibliotecari, con il preciso fine di verificarne l’esatta consistenza, si è poi proceduto con il loro esame diretto, per cui si sono rese necessarie verifiche anzitut to con le descrizioni offerte nei principali repertori spe cializzati.Alfinedi poter riscontrare lo stato di ogni singolo volu me in ordine alla completez za e alla eventuale presenza di varianti, si è ricorsi anche alle riproduzioni digitali li beramente consultabili nei repository delle principali biblioteche europee (Eu ropeana, Gallica, Internet culturale, progetti di digita lizzazione delle Biblioteche statali tedesche e spagnole), oltre ai principali repertori specializzati cartacei.
L’esame dei singoli esem plari ha poi coinvolto gli aspetti più squisitamente bibliologici, e quindi le lega ture, i segni di possesso e di provenienza (marks in bo oks) la cui descrizione com pleta l’attività catalografica. L’analisi e la decodifica di questi material evidences è stato condotto con l’ausi lio di risorse diverse: dalla bibliografia storica locale, agli strumenti dedicati allo studio delle provenienze, de terminando anche una linea interpretativa per l’esame autoptico del resto della col lezione.L’attività di catalogazione ha interessato, infine, 525 unità catalografiche secondo le norme previste dall’Iccu, con riscontro sui cataloghi cartacei preesistenti, esa me bibliografico e materia le dei volumi, utilizzo del software Manus OnLine, e ha permesso di identificare le opere e gli autori con l’au silio dei repertori cartacei e online (Dizionario biografico degli italiani, Patrologia La tina, ecc…). Il numero tota le dei volumi catalogati è di 244 (come risulta da Manus OnLine: Risultati ricerca manoscritti - Manus Online (sbn.it). (con la collaborazione di Laura Venanzi, Costanza Lucchetti, Franco Panzone, Monica Bocchetta Stefania Segatori, Raia Annamaria). ¤
Dall’analisi dei volumi dai segni lasciati dai possessori dalle note manoscritte legatura e dai timbri è stato possibile risalire alla loro storia Sopra, il dettaglio di un'iniziale filigranata all'interno della quale è realizzato un volto stilizzato realizzata nel 1380
coniremalatAbbiamoFermo,rivagricoltura,cooperativele)disupermercatirialicommercialiunanemoltinellaraesclusivamenteContidiFondazioneportoInoltrepresentistatiacutoroSanPietrod’Assisi,parrocchiainservecomunedeicheentratoRosora.Mergo,Cupramontana,Monteroberto,Castelplanio,PoggioSanMarcello,Successivamenteènell’associazioneanilcomunediJesi.OltreasostenerelecaritascomuniconfinanticonildiJesilastrutturaassociazionicaritatevoliJesieprecisamente:Adra,diSanFrancescoparrocchiadiSanMartire,parrocchiadiGiuseppeedilmonastedelleClarisse;nelperiododellapandemiasonoancheassistitiigiostrainelterritoriojesino.sièinstauratounrapdicollaborazioneconlaMastai-FerrettiSenigalliaelaFondazionediMergo(quest’ultimeperlafornitudellattefresco).Inseimesiabbiamogiratonostrazonaedanchealtricomunidallaregioedabbiamoconvenzionatocinquantinadiattivitàedimprenditochecifornisconocibosono(90%diaziendeJesi,Falconara,Chiaravalfornai,grossisti,pastifici,diprodottidell’aecc.LamercearanchedallaprovinciadiPesaroeMacerata.ottenutodallaParlattefrescodadistribututtiigiorniallefamigliefiglidopounestenuante Nuove povertà aiuti dalla Vallesina UN'ASSOCIAZIONE ONLUS RIESCE A UNIRE BEN 12 COMUNI Sono quasi 2.500 le persone in difficoltà e senza lavoro che vivono da sole sostenute ognidallegiornovarie eccedenze alimentari di Nicola Di Francesco
La crisi economica che sta attraversando il nostro Paese ha messo a dura prova anche le famiglie dei co muni della Vallesina, un am pio territorio della provincia di Ancona costituito da 21 co muni. Soprattutto le famiglie quelle nelle quali uno o più componenti ha perso il lavoro, dove ci sono figli in età scolare. Aumenta il numero delle per sone che non può acquistare con regolarità il cibo necessa rio per una corretta alimenta zione.Èuna nuova povertà che sta avanzando, spesso silenziosa e discreta. Per rispondere alle famiglie e alle persone con difficoltà insieme all'amico Augusto Bordoni ho dato vita ad una associazione di volon tariato contro il parere inizia le dei comuni del territorio, le parrocchie, le caritas per rac cogliere le eccedenze alimen tari di negozi, supermercati, pastifici, aziende agricole per poi ridistribuire a chi ne ha momentaneamente bisogno creando così un circuito vir tuoso.Nel giugno 2014 nasce l'as sociazione "Solidarietà in Vallesina onlus" che ottiene il riconoscimento da parte della regione Marche, con proprio decreto, dopo appena due mesi. L'associazione opera nei settori dell'assistenza sociale, della beneficenza e dell'impe gno sociale, “attraverso inizia tive a favore di persone svan taggiate o bisognose o di una onlus o di enti pubblici che operano nell'ambito dell'assi stenza sociale e socio-sanita ria, dell'assistenza sanitaria, della tutela dei diritti civili." Così si legge all’articolo 4 dello statuto.Neiprimi mesi di attività, visti i risultati che si stavano ottenendo, 12 comuni della Vallesina decidono di aderire e delegano il lavoro alle par rocchie e più propriamente alle loro caritas. Si tratta dei comuni di Monsano, San Mar cello, Morro d’Alba, Santa Ma ria Nuova, Castelbellino, Ma iolati Spontini,
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corteggiamento durato quasi otto mesi, il nostro magazzino in una circostanza particolare è stato oggetto di un controllo da parte del presidente regio nale del banco alimentare con sede a Pesaro ed è stata avvia ta una collaborazione fattiva e costante nell’ottenere cibo per i nostri cari amici sfortuna ti, è venuta a farci visita l’on. Maria Chiara Gadda che ha elaborato la legge nazionale contro lo spreco alimentare e ci ha fatto conoscere all’Italia intera durante una conferen za stampa alla Camera dei Deputati per essere l’unica associazione che sia riuscita ad unire più comuni in questa azione di beneficenza, abbia mo ottenuto gratuitamente dalla Cooperlat di Jesi un fur gone con cella frigorifera dopo che il nostro precedente auto mezzo cadeva a pezzi per aver percorso in 7 anni oltre 650 milaL’associazionechilometri!!
è sistemata in un capannone a Pianello Vallesina ottenuto in como dato d’uso gratuito, è dotato di un’ampia cella frigorifera (anche questa ottenuta in co modato d’uso gratuito) per il mantenimento della frutta e verdura e del latte fresco, due super congelatori di cui uno di proprietà e diversi frigori feri sempre in comodato d’uso gratuito; inoltre l’associazione dispone di diverse scaffalatu re necessarie per il deposito della merce.
La merce arriva giornal mente in magazzino con bolla di consegna emessa da parte delle ditte fornitrici e l’asso ciazione usa lo stesso siste ma per fare uscire la merce e consegnarla giornalmente alle strutture caritatevoli servite. L’amministrazione dell’asso ciazione è gestita dal segreta rio/tesoriere con l’aiuto di un commercialista e periodica mente il dott. Marcello Comai, già dirigente Asl responsabile del settore attività commer ciale effettua dei sopralluoghi al magazzino per il controllo dello stato di igiene dei cibi. Sono ormai quasi 2.500 le persone che l’associazione aiu ta a sopravvivere giornalmen te con questa attività. Sono famiglie che hanno perso il lavoro, di persone che vivono sole, di malati abbandonati. Pochi sono gli stranieri, men tre sono in aumento gli italia ni.L’associazione “Solidarietà in Vallesina” dal giugno 2014 a dicembre 2021 ha distribu itopane 4.831 quintali, pasta 185 quintali, frutta e verdura: 26.140 quintali, bibite: 32.158 litri, latte 182.209 litri, latti cini 230 quintali, alimentari vari 4.800 quintali, dolciumi 294 quintali, conserva e po modori pelati 427 quintali. le aziende che ci aiutano non ri escono a darci zucchero ed olio extra e scatolame vario (ton no, ceci, fagioli ecc). ¤
“Solidarietà in Vallesina onlus” opera dal 2014 nei dell’assistenzasettorisociale e della beneficenza Nelle immagini l'intensa attività "Solidarietàdell'associazioneinVallesina" che in pochi anni ha distribuito migliaia di quintali e litri di cibo e latte
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Rof e Sferisterio Al via le grandi stagioni DI MUSICA E CANTO A PESARO E MACERATA di Fabio Brisighelli Valentina Carrasco regista della Tosca di Puccini che apre il Macerata Opera Festival
DUE MESI
L’offerta musicale a latere di quella operistica prosegue peraltro nel corso della ma nifestazione con altri appun tamenti di rilievo: con una serata, sabato 23 luglio (dopo la ‘prima’ il 22 di Tosca) dedi cata a Mascagni autore della colonna sonora per il celebre film del 1917 Rapsodia sa tanica, cinepoema ispirato al Faust con la regia di Nino Oxilia e con protagonista la diva del muto Lydia Borelli, e con proiezione del film stesso restaurato dalla Cineteca di Bologna con le musiche origi nali eseguite dal vivo dal ma estro Marcello Panni (che ha lavorato sulla partitura) alla guida della Form-Orchestra Filarmonica Marchigiana; con l’aggiunta di tre intermezzi mascagnani dalle opere Gu glielmo Ratcliff, Cavalleria rusticana e Amica Il 30 luglio il maestro Do nato Renzetti sarà sul podio del concerto della Filarmonica Gioachino Rossini dedicato ai 90 anni del compositore e di rettore d’orchestra americano John Williams e alla colon na sonora di Star Wars (una delle sue tante celebri per il cinema). Renzetti guiderà poi il Corso internazionale per giovani direttori d’orchestra e giovani cantanti che si terrà a Macerata dal 4 all’11 agosto. Da segnalare ancora, per il 4 e 6 agosto. i cinque concerti per pianoforte di Beethoven interpretati dal noto pianista Jan Lisiecki; il programma dedicato alle Marche dalla
“…E quindi uscim mo a riveder le stelle”. L’ulti mo celebre verso dell’Inferno dantesco ci sembra nella cir costanza un incipit azzeccato per i riferimenti a seguire con riguardo alle due principali stagioni liriche estive delle Marche: il Macerata Opera Festival e il Rossini Opera Fe stival, la prima delle quali è al via in questi giorni. Dante ha lasciato il diffi cile percorso delle bolge in fernali, ma anche a noi pare di rivedere la luce dopo il lungo e drammatico perio do della pandemia (sarà poi veramente così?). Nel campo della cultura musicale, che qui prendiamo in esame, gli appuntamenti con la musica e con il canto si apprestano a realizzarsi senza soluzione di continuità, come nel caso, che a noi interessa da vicino, dei due successivi eventi ora ricordati.“Ungrande spettacolo”, se condo la definizione usata dai suoi organizzatori (un richia mo all’aria di sortita di Ca nio nei Pagliacci, che è opera in programma?), è quello che si snoda allo Sferisterio (ben ventidue serate) e per due serate al Lauro Rossi di Ma cerata, tra opere, cinema e repertorio sinfonico. Quest’ul timo è l’elemento di novità, posto che nel grande conteni tore en plein ciel due grandi concerti precedono l’avvio dei titoli attinenti al melodram ma: ad aprire il festival questo 19 di luglio è infatti l’Orche stra e Coro del Maggio Mu sicale Fiorentino diretti da Zubin Mehta, con la Sinfonia n.9 di Beethoven, una chicca che pregustiamo da tempo; a cui fa seguito, il 21 di luglio, la presenza dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con il direttore Myung-Whun Chung per un’altrettanto al lettante proposta beethove niana all’insegna delle Sinfo nie n.6 (la “Pastorale”) e n.7.
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Cappella Neapolitana diret ta da Antonio Florio (Teatro Lauro Rossi, 18 agosto) sulle Litaniae Lauretanae di Mo zart e di Giuseppe Giordani, la serata dedicata alla musica brasiliana con il cantante e chitarrista Toquinho (13 ago sto), e finalmente lo spettacolo di danza Fuego, firmato da due artisti iconici come il co reografo e ballerino Antonio Gades e il regista Carlos Sau ra, con in scena la Compagnia Antonio Gades e la Filarmoni ca Marchigiana diretta da Mi quel Ortega (per le musiche di Manuel De Falla sulle quali è costruita l’azione coreografi ca). alloL'OperaSferisterio
La stagione lirica comincia con Tosca di Giacomo Puccini, melodramma in tre atti (pri ma rappresentazione a Roma nel 1900) su libretto di Giu seppe Giacosa e Luigi Illica, che debutta venerdì 22 luglio, con repliche il 24, il 29 e il 31, sempre alle ore 21. Questa nuova produzio ne, con la regia di Valentina Carrasco, le scene di Samal Blak e i costumi di Silvia Ay monino, è ambientata in un set cinematografico (il mondo del cinema unisce a più livelli il cartellone del festival all’a perto). Ne sono protagonisti vocali Carmen Giannattasio (Floria Tosca), Antonio Poli (Mario Cavaradossi) e Clau dio Sgura (Scarpia): Sul podio orchestrale Donato Renzetti, nuovo direttore musicale della manifestazione.Operadirepertorio, la To sca, ma complessa da rappre sentare: per la consonanza ap punto di intenti scenici, vocali e musicali che essa richiede af finché risultino compiutamen te e organicamente espresse le variegate sue sfaccettature di composizione ricca di momen ti realistici di marcata eviden za drammatica, di espressioni erotico-passionali che acqui stano nell’aguzzino Scarpia sottili venature di sadismo, di una struggente mozione degli affetti che negli “assolo” melo dici di celebrata fama si piega al più intenso e coinvolgente lirismo. I momenti vocali topi ci sono fin troppo noti. Il secondo titolo in cartello ne è Pagliacci, dramma in un prologo e due atti su libretto e musica di Ruggero Leoncaval lo, programmato per venerdì 5 agosto con repliche il 7 e l’11. E’ una nuova produzione dell’allestimento 2015 firmato da Alessandro Talevi, con le scene di Alessandro Talevi e Madeleine Boyd e i costumi di Anna Bonomelli. La novità consiste nel film che lo prece de: la proiezione sul muro del lo Sferisterio di uno dei capo lavori di Charlie Chaplin, The Circus, nella versione restau rata dalla Cineteca di Bologna e con la prima esecuzione dal vivo, dopo il lontano debutto della pellicola nel 1928, della colonna sonora originale ri pristinata da Timothy Brock, specialista internazionale di queste operazioni di recupero di musica e film. Nella condu zione dell’opera dirige, tra gli altri, i cantanti Rebeka Lokar (Nedda), Fabio Sartori (Canio) e George Petean (Tonio).
In alto Alessandro Talevi regista de i "Pagliacci" A destra in alto, Daniele Menghini che firma il "Barbiere di Siviglia" per la stagione del registaSotto,OperaMacerataFestivalHugodeAnade"LeComteOry"alRossiniOperaFestival
L’opera, che è del 1892 (Mi lano, Teatro dal Verme), con la “consorella” Cavalleria rusti cana di Pietro Mascagni (di due anni precedente, ma de stinate ben presto a figurare spesso insieme sulla scena te atrale) è un po’ l’emblema del “verismo” musicale, riscontra bile soprattutto nella scelta del soggetto, attinto alla real tà della vita contemporanea, nel caso specifico a un fatto brutale di cronaca nera real mente avvenuto. Sulla scia del lavoro mascagnano, ha saputo subito conquistare il favore del pubblico, affascinato dal la truculenza drammatica e dall’innegabile vigoria di certi accenti, così come dall’incisivi tà di alcune melodie vocali. E arriviamo al terzo e ul Intensa anche l’offertaeconmusicalealaterecinemadanzarepertoriosinfonico
Lirica
Lirica timo titolo operistico in pro gramma: Il barbiere di Sivi glia, melodramma buffo in due atti di Gioachino Rossini su libretto di Cesare Sterbini, tratto dalla commedia Le bar bier de Séville di Pierre-Augu ste Caron de Beaumarchais (la ‘prima’ nel 1816 al Teatro Argentina di Roma). Va in scena allo Sferisterio, dopo una lunga assenza da questo palcoscenico il 12 agosto, con repliche il 14, il 19 e il 21. Si tratta di un nuovo allestimen to firmato da Daniele Men ghini, con le scene di Davide Signorini e i costumi di Nika Campisi. Sul podio orche strale il maestro Alessandro Bonato. Il cast di questo nuo vo Barbiere - ambientato an ch’esso in un set, questa volta più da studio televisivo o casa di produzione di format per il grande pubblico, una fabbrica della finzione - è composto tra gli altri da Ruzil Gatin (Il con te di Almaviva), Roberto de Candia (Bartolo), Serena Mal fi (Rosina), Alessandro Luon go (Figaro) e Andrea Concetti (Basilio).Questa celeberrima com posizione può considerarsi la quintessenza e al contempo la sublimazione dell’opera buffa, una cartina di tornasole del la spigliata e scattante “vis” comica dell’autore, che attra verso una scrittura musicale di esemplare fluidità e facilità espressiva innesta sulle ca denzate e “meccaniche” mo venze settecentesche, sull’al gido e stereotipato sorriso del Secolo dei Lumi un dinami smo sonoro e un prurito ritmi co e orchestrale, serrati sulle ali di un martellante “crescen do”, fino ad allora sconosciuti. In tutti e tre i titoli operistici figurano, come ormai da tra dizione, La Form-Orchestra Filarmonica Marchigiana e il Coro Lirico Marchigiano “Vin cenzo Bellini” guidato da Mar tino Foggiani. I Pueri Canto res “D.Zamberletti” diretti da Gianluca Paolucci sono impe gnati in Tosca e Pagliacci Il diRofPesaro Il Rossini Opera Festival di quest’anno ha una configu razione di allettante profilo. Come sempre, si potrà dire. Sì, ma il riferimento speci fico è nel caso rivolto alla ri proposta, anche se in nuova produzione, di due capolavori rossiniani che al festival han no lasciato il segno, sin dalla prima uscita negli anni ’80: Le Comte Ory (Il Conte Ory) e Otello, ai quali si aggiunge La gazzetta, che è un riallesti mento dell’edizione andata in scena nel 2015. E’ forse opportuno ricorda re che Le Comte Ory con la regia di Pier Luigi Pizzi fece la sua prima, brillante appa rizione in quel di Pesaro nella stagione 1984, come secondo titolo dopo Il viaggio a Reims, il dramma giocoso (o cantata scenica che dir si voglia) desti nato a diventare da subito lo spettacolo-icona del festival, annoverato tra gli allestimen ti di spicco della storia liri co- teatrale del secolo scorso, tenuto come fu a battesimo da una coppia di artisti me morabili, Luca Ronconi alla regia e Claudio Abbado alla direzione musicale. Una mes sinscena-capolavoro assoluto. Al punto tale che, dopo i fasti delle grandi edizioni del pas sato, viene ora puntualmente riproposto quasi come spetta colo-scuola ad ogni stagione, con interpreti scelti dell’Ac cademia Rossiniana. Va rile vato altresì che molti numeri musicali del Viaggio Rossini li ha fatti confluire, opportu namente adattati al diverso tema, proprio nella partitura dell’Ory, nella logica tutta ros siniana dell’ “autoimprestito”, di brani cioè che il composi tore trasferisce all’occorrenza da un’opera all’altra. Le Comte Ory (prima rap presentazione: Opéra di Pari gi, 1828) è in programma alla Vitrifrigo Arena di Pesaro nei giorni 9, 12, 16 e 19 agosto alle Macerata apre con la Tosca e diThepreceduticonprosegueiPagliaccidalfilmCircusCharlieChaplin
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In alto, Marco Carniti regista de "La gazzetta" Qui sopra, Rosetta Cucchi che firma perl'"Otello"ilRof
68Lirica ore 21. E’ una nuova produzio ne con la regia, scene e costu mi di Hugo De Ana. Sul podio, a dirigere l’ Orchestra Sinfoni ca Nazionale della RAI, c’è il maestro Diego Matheuz, nel la compagnia di canto spicca, nel ruolo del titolo, il nome di Juan Diego Flórez, il tenore di riferimento del Rof negli ulti miConvent’anni.quest’opera Rossini suggella la sua brillante espe rienza teatrale attraverso il recupero ultimo della fonda mentale categoria del comico, temperata però da un superio re sorriso di distacco, da una disposizione più compassata a secondare la vena del diver tito coinvolgimento emotivo. Il compositore è vicino alla not te della sua creatività lirica: dopo il sublime canto del cigno del Guglielmo Tell, del succes sivo 1829, non comporrà più melodrammi.AlTeatroRossini, nei giorni 10, 13, 15 e 18 agosto (ore 20), va in scena La gazzetta (Napo li, Teatro dei Fiorentini, 1816) con la regia di Marco Carniti, con il maestro Carlo Rizzi che guida l’Orchestra Sinfonica G.Rossini e con una compa gnia di canto ben congegnata sulla lunghezza d’onda del lo spirito del lavoro. Questo dramma giocoso per musica diverte con la sua ironia sui massmedia già dallo spunto iniziale dell’esuberante pièce, cioè dall’avviso pubblico, sul la gazzetta appunto, del ridi colo Don Pomponio, che cerca marito per la figlia Lisetta. Il lavoro rielabora gli stimoli te atrali da Commedia del’Arte e recupera parodisticamente e in chiave di satira brani di al tri precedenti lavori del com positore, nella sua personale logica dell’autoimprestito. Si ritorna al Vitrifrigo Are na, l’11 il 14, 17 e 20 agosto (ore 20) per Otello, dramma per musica in tre atti, opera bellissima, che appartiene alla musa seria e drammati ca degli anni napoletani del Nostro (grosso modo il periodo 1815-1822). Fu rappresentata appunto a Napoli, al Teatro del Fondo, nel 1816. Se per determinati aspetti è legata al passato, perché ossequia nella scrittura vocale le esigenze del virtuosismo e della colo ratura del belcanto classico, è al contempo opera in cui ine quivocabili si configurano i se gnali premonitori del nascen te clima romantico, in modo particolare nel bellissimo ter zo atto, dove la pregnante pre ghiera del gondoliere, misura ta sul celebre verso dantesco (“Nessun maggior dolore”) e premonitrice di un’afflizione intensa e palpitante, introdu ce la celebre romanza di De sdemona (“Assisa a piè d’un salice”), intrisa di profonda mestizia, presaga della mor te imminente. Alla sua prima uscita, nel 1988, Pier Luigi Pizzi ne fece un capolavoro scenico. Questa nuova produ zione , con la regia di Rosetta Cucchi, vede il maestri Yves Abel alla guida dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, e un cast di voci di sperimen tata vitalità. Ci sono, a latere dell’opera, numerosi concerti lirico-sinfonici e di belcanto nei giorni del festival. Da non perdere, l’appuntamento fina le del 21 (Vitrifrigo Arena, ore 20.30), “Tra Rondò e Tourne dos”, ovvero il festeggiamento per i 40 anni al Rossini Opera Festival di Pier Luigi Pizzi, una delle icone più celebrate della manifestazione attra verso gli anni. ¤
A Pesaro vengono riproposti due rossiniani:capolavori Le Comte Ory e Otello oltre a La gazzetta
Il Magnifico Rettore dell'Università di Camerino professor Claudio Pettinari
Rettore Claudio Pettinari per aver scelto tre professionisti di altissimo livello: la pro fessoressa Rosita Gabbianeli, Ordinario di Chimica Biolo gica, per l’Area Agro-Bio-Me dica, il professore Federico Siotto, Associato di Diritto del Lavoro, per l’Area Giuridi co-Economica ed il professore Pippo Ciorra, Ordinario di Composizione Architettonica, per l’Area Tecnologica. Ha preso quindi la parola il Magnifico Rettore professore Claudio Pettinari che dopo aver dato il benvenuto all’As sociazione “Le Cento Città”, ha brevemente illustrato le principali caratteristiche dell’Ateneo Camerte sottoli neando che “la scienza, per essere al servizio della col lettività, è fondamentale che sia accessibile, con le stesse opportunità riservate a uomi ni e donne, a tutte e a tutti, indistintamente. Questo è il progetto che Unicam ha in trapreso molti anni or sono e che, con il costante impegno di delegate e prorettrici, si è sostanziato in un percorso che sta portando ad una pari tà di genere strutturale, dove tutte e tutti sono chiamate a dare il proprio contributo”. “Un convinto modo di es sere Universitas, dunque, di tutte e tutti, per tutte e tutti, senza mai lasciare indietro nessuno. La scienza non ha genere. E’ possibile per ogni uomo e per ogni donna esse re persona di valore in ogni disciplina: Unicam ci crede e per questo attua politiche ed adotta misure che vanno in questa direzione”.
la parità strutturale” Si è svolta a Camerino, nella Sala Convegni del Rettorato dell’Universi tà, la sesta edizione di “Fre schi d’Accademia”. Il nostro presidente Ferdi nando Piazzolla ha ricordato che quest’iniziativa nacque, alcuni anni fa, da un’idea del nostro Past-President Lucia no Capodaglio nell’intento di valorizzare e far meglio conoscere le eccellenze scien tifico-culturali espresse negli ultimi anni dalle università marchigiane. Spesso, infatti, capita che, anche fra gli ad detti ai lavori, non si sia a co noscenza dei risultati, talora di altissimo livello, conseguiti nelle nostre università anche per quella sorta di ritrosia che impedisce ai ricercatori di farsi pubblicità tramite i mass media.
“OpportunitàPettinari: per studiosi e senzastudiosealcunadistinzione.Quiesiste
“Il covid – ha proseguito il Rettore – non ha fermato cer tamente il percorso della di dattica che, anzi, si è ulterior di Alessandro Rappelli
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Il rettore
La scienza non ha genere ma premia valore UNIVERSITÀ PRESENTA
In un mio breve interven to ho ricordato che “Freschi d’Accademia” prevede che sia compito dei Rettori scegliere fra i loro docenti e ricercato ri quelli che, a loro giudizio, abbiano ottenuto negli ultimi anni risultati di eccellenza nell’ambito di tre lorosoAssociazioneneconsentanogegneriatematica,facoltàchenomia,za,ricomprendelaMedicinaVeterinaria,prendeagro-bio-medicascientifico-culturali:macroareequellachericomleFacoltàdiAgraria,Biologia,Scienze,eFarmacia,quelgiuridico-economicacheGiurisprudenScienzePoliticheedEcoequellaTecnologicaraggruppatuttelealtrescientifichecomeMaFisica,Chimica,IneArchitettura.IpresceltidaiRettoriprequindiilororisultatiunarelazioneinoccasiodell’incontroconlanostraequindiuncaringraziamentovaal
DI CAMERINO
il
I SUOI STUDI ECCELLENTI
I RELATORI ROSITA GABBIANELLI Professore Ordinario di Biochimica Vice Direttore della Scuola di Farmacia dell’Università di Camerino. Delegata per l’Erasmus ed perfezionamentodellaInternazionalizzazioneScuoladiFarmaciaDirettricedelCorsodipostlaurea in “Aspetti molecolari della nutrizione: dalla nutrigenomica alla nutrizione funzionale” Direttrice del Centro di Biologia Mole colare e Nutrigenomica presso la Scuola di Farmacia dell’Università di Camerino. E’ membro dell’International Society of Nutrigenomics and Nutrigenetics. E’ Presidente del Comitato Scientifico dell’European Summer School on Nutrigenomics PIPPO CIORRA Professore Ordinario di Composizione Architettonica. Dal 2018 è Chief Editor della rivista acca demica “Villard Journal” ed è tra i curatori del Premio Italiano di Architettura MAXXI-Triennale. E’ stato membro o presidente di numerose giurie di concorsi di architettura nazionali e internazionali compresa la giuria per la XV edizione della Biennale di Venezia e dal 2009 è Senior Curator per il MAXXI Architettura di Roma FEDERICO SIOTTO Professore Associato di Diritto del lavoro presso la Scuola di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Camerino.È componente del Comitato editoriale della Rivista Italiana di Diritto del Lavoro. Ha vinto il Premio nazionale “Ludovico Barassi” per la migliore tesi di laurea in diritto del lavoro (2004) e il Premio nazionale “Marco Biagi” per la migliore tesi di dottorato in diritto del lavoro (2009). Dal Novembre 2021 è Delegato del Rettore al Lavoro e Valorizzazione delle Relazioni Sindacali
70Freschi d’accademia | 1 mente rinnovata nella sua offerta formativa, ascoltando le esigenze del mercato del lavoro, senza mai abbando nare i principi di cooperazio ne e coesione, legando quelli che sono i pillar dell’Europa con le nostre competenze: dal prossimo anno accademico partirà la laurea magistrale in “Nutrizione e sport”. Grande successo ha avuto il nuovo corso in “Informatica per la comunicazione digita le”.Stiamo progettando nuo vi percorsi formativi sulle tecnologie innovative per la ricostruzione e per la valoriz zazione del patrimonio cultu rale, un nuovo corso di laurea in Scienze giuridiche per l’in novazione organizzativa e la coesione sociale. Una Università che non investe sui giovani, sul pre sente del suo futuro, è altro, e invece noi siamo e restiamo Universitas”. Notevoli anche i successi riportati dal Rettore nel settore della ricerca: “Le entrate derivanti dai proget ti di ricerca competitivi sono aumentate nell’ultimo trien nio di più del doppio (132%) rispetto al triennio preceden te. Abbiamo assunto 13 tra ri cercatrici e ricercatori di tipo A, 19 di tipo B. Abbiamo as segnato 18 borse di dottorato su tematiche green e sui temi dell’innovazione, 83 dottorati in totale solo quest’anno. No nostante il Far 2020 non sia ancora concluso, siamo già pronti a pubblicare il bando 2022, incrementando il fon do a disposizione, e bandito tre progetti competitivi per le nostre piattaforme tecno logiche. Abbiamo progettato e messo in campo azioni in terne per favorire la candida tura di giovani ricercatori al bando Erc Starting Grant. Si stanno inoltre svolgendo 37 importanti progetti di ricer ca internazionali con un in cremento del 20% rispetto al triennio precedente. Abbiamo deciso di destinare 2,5 milioni di euro nel prossimo triennio per l’acquisto o l’ammoderna mento di strumentazione per la ricerca scientifica, E’ stato possibile realizzare tutto ciò anche grazie al lavoro svolto dal tavolo di coordinamento della“Perricerca”.rafforzare l’interdi sciplinarietà, abbiamo indi viduato i tre pilastri su cui concentrare la nostra ricerca: ambiente ed energia; salute e benessere; cultura, società, diritti e tecnologie, in piena coerenza con i 17 obietti vi dell’agenda 2030. Il Pnrr consentirà di porre al centro la Ricerca e l'innovazione tecnologica, chiaramente con un approccio di condivisione: le Università potranno es sere importanti protagonisti all'interno delle sei missioni e le parole chiave saranno di gitalizzazione, competitività, cultura, rivoluzione verde e transizione ecologica, sosteni bilità, formazione, inclusione e coesione, salute e benesse Ilre”.Rettore ha poi riferito che nello scegliere i tre nominati vi per questa giornata di “Fre schi d’Accademia” ha tenuto conto non solo dell’eccellenza della produzione scientifica dei prescelti ma anche del le tematiche oggetto dei loro studi così che le loro presen tazioni siano espressione di quanto innovative e attuali siano le ricerche che si svolgo no nell’Ateneo Camerte. ¤ Il virus non ferma la didattica: in atto 37 internazionali;diprogettiricercaassuntioltre30ricercatoriestanziati2,5milioni
La ricerca scientifica ne gli ultimi decenni ha ampiamente dimostra to il ruolo chiave dello stile di vita (es. alimentazione, atti vità fisica, stress, esposizione a sostanze tossiche etc.) sulle risposte molecolari associate alla salute. In particolare, il cibo che assumiamo esercita un effetto determinate sulla modulazione di tali risposte. In questo contesto, la nutri genomica ha permesso di decifrare i meccanismi mole colari che vengono attivati in seguito all’assunzione degli alimenti: la comprensione di come e quando il cibo può modulare le risposte dei no stri geni ha consentito di ela borare strategie di preven zione utili al mantenimento della salute e della longevità.
Per numerosi anni il TMAO è stato considerato un fattore di rischio cardio vascolare, visto che in se guito ad interazione con i macrofagi, forma le cellule schiumose che si depositano sulla parete vasale contri buendo alla formazione della placcaConsiderandoateromatosa.lerecenti ri cerche, la comunità scientifi ca è perplessa su chi tra TMA e/o TMAO sia il metabolita nocivo per la salute, alla luce del fatto che il TMAO è pre sente in prodotti considerati salutari quali il pesce (grazie al contenuto di acidi grassi omega-3).Relativamente al secondo biomarcatore oggetto del no stro studio, il mtDNAcn, la ricerca scientifica ha sin ora evidenziato che in questo or ganulo citoplasmatico, sede dei principali metabolismi, sito di produzione dell’ener gia (ATP) per la cellula, pos sono essere presenti un mt DNAcn diverso. Un elevato mtDNAcn è stato associato ad un profilo in salute. L’in vecchiamento e le patologie
I fattori di rischio per le CVD ( es. ipertensione, fumo, dia bete, età, sesso e capacità di filtrazione glomerulare) e il biomarcatore troponina sono stati identificati e correlati a nuovi biomarcatori: la trime tilammina (TMA), l’ossido di trimetilammina (TMAO) e il numero delle copie di DNA mitocondriale (mtDNAcn).
Il nostro interesse è stato dedicato allo studio di stra tegie utili alla prevenzione delle CVD. In particolare, la ricerca sviluppata presso l’U nità di Biologia Molecolare e Nutrigenomica di Unicam è stata incentrata sull’identi ficazione di nuovi biomarca tori di rischio cardiovascola re, correlati all’esposizione a fattori di rischio modificabili, da associare a quelli classici, giàLonoti.studio, svolto in colla borazione con l’Università di Danzica, ha coinvolto una corte di 394 soggetti affetti da patologie cardiovascolari e 153 soggetti sani (controlli).
Il TMA è un metabolita formato dai batteri della flora intestinale in seguito all’assunzione di alimenti di origine animale (es. carne, uova, formaggi, pesce, etc.); una volta formato il TMA viene portato mediante il circolo portale al fegato ove viene ossidato a TMAO.
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Le patologie cardiovasco lari (CVD) sono patologie non comunicabili, la cui in sorgenza deriva per il 70% da fattori modificabili, cioè dipendenti dallo stile di vita che il soggetto assume.
LEGAMI
Le patologie del cuore e i nuovi biomarcatori TRA MECCANISMI MOLECOLARI E STILI DI VITA di Rosita Gabbianelli
72Freschi d’accademia | 2 sono invece caratterizzati da un più basso mtDNAcn; nei soggetti affetti da patologie cardiovascolari, ad esempio, è stato identificato un ridotto mtDNAcn nelle cellule ema tiche.Considerando che la ricer ca ha accertato la presenza dei mitocondri nel sangue intero, e che, stimare il mt DNAcn nel sangue intero anziché previo isolamento delle cellule, rappresenta un percorso più rapido di accer tamento clinico, abbiamo mi surato in esso, il mtDNAcn, i livelli di TMA e TMAO nei due gruppi in studio.
I risultati della ricerca svolta mostrano che nei sog getti con patologie cardiova scolari il TMA è ridotto del 4,8% rispetto al gruppo di controllo, mentre non sono state misurate variazioni nel livello di TMAO. Una corre lazione positiva tra il livello di TMA e quello del TMAO è stata identificata solo nei soggetti con CVD. Lo stu dio ha permesso inoltre di identificare che il mtDNAcn è diminuito del 33,8% nei soggetti affetti da patologia cardiovascolare rispetto ai controlli; tale variazione è significativamente presente nei soggetti con ipertensione. Il mtDNAcn correla con la capacità di filtrazione glome rulare nei soggetti con CVD: ad un basso mtDNAcn si os serva una ridotta capacità di filtrazione glomerulare. Una correlazione positiva è stata osservata anche tra i livelli di TMA e il mtDNAcn, mentre una correlazione in versa è stata misurata tra i livelli di troponina e il mt DNAcn. Ciò significa che ad alti livelli di troponina (bio marcatore noto di CVD) si osserva un basso mtDNAcn.
La ricerca Unicam insieme all’università di Danzica ha studiato 394 soggetti affetti da cardiovascolaripatologie e 153 soggetti sani
AB
Al fine di identificare qua li fattori siano in grado di predire la patologia cardio vascolare sono stati costruiti due modelli contenenti 3 pa rametri (mtDNAcn, iperten sione e sesso) o 5 parametri (mtDNAcn, ipertensione, sesso, fumo e diabete); i ri sultati hanno mostrato che, in entrambi i modelli a 3 e 5 variabili, il mtDNAcn rap presenta un buon biomarca tore per la stratificazione del rischio cardiovascolare. La capacità di predire lo stato della malattica (acuto/ stabile) risulta essere me glio prevedibile utilizzando il parametro troponina anzi ché il modello a 3 parametri. Invece quest’ultimo model lo a 3 parametri, è efficace nel predire la severità della malattia (moderata/severa) in modo migliore della tropo nina.In conclusione il nostro studio ha evidenziato che il mtDNAcn nel sangue inte ro dei soggetti con patologia cardiovascolare è diminuito e lo è soprattutto negli iper tesi e con ridotta capacità di filtrazione glomerulare. Il mtDNAcn correla con il livel lo di TMA e risulta essere un nuovo interessante biomar catore di patologia cardiova scolare tenendo in considera zione anche l’ipertensione e il Lasesso.ricerca di nuovi biomar catori della patologia cardio vascolare si configura utile alla stratificazione del rischio cardiovascolare e all’identifi cazione di nuovi pathways molecolari, potenziali targets di prevenzione primaria e secondaria delle patologie Nei grafici in alto numero delle copie di DNA mitocontriale nei controlli e nei soggetti con patologia cardiovascolare (A); correlazione tra il numero delle copie di DNA mitocondriale e la capacità di filtrazione glomerulare (B)
Nei grafici qui sopra correlazione tra il numero delle copie di DNA mitocondriale e il livello di TMA (A) e tra il mtDNAcn e la troponina (B) in pazienti con CAD stabile o acuta In alto, plasmaticheconcentrazionidiTMA(A) e TMAO (B) nei pazienti di controllo (n = 153) e CAD (n = 394). Grafico a punti a dispersione con linee come valori mediani
AB
iEsaminatifattoridi rischio e i nuovi biomarcatori da cui emerge una correlazione tra i livelli degli stessi e la patologia
73Freschi d’accademia | 2 cardiovascolari. Individuare i parametri che permettono di fare una prevenzione pri maria significa poter fornire indicazioni utili a prevenire l’insorgenza della patologia, mentre la ricerca sulla pre venzione secondaria ha come obiettivo quello di identifica re biomarcatori precoci della patologia stessa. La presente ricerca ha aperto la strada a nuove ap plicazioni di questo biomar catore: il mtDNAcn è infatti influenzato dall’assunzione di alimenti con caratteristi che composizionali diverse (salutari/non salutari) e dal diverso rapporto TMAO/ TMA che ne deriva. La ri cerca scientifica nell’ambito della nutrigenomica rappre senta quindi un importante area di studio utile alla defi nizione dei meccanismi mo lecolare attivati in risposta al cibo che assumiamo. La divulgazione delle evi denze acquisite in questo set tore ha come obiettivo anche quello di fornire strumenti utili al personale sanitario per una inconsapevole“programmazione”dellalongevitàsalutedellapopolazione.¤
di Pippo Ciorra
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Caro “giovane archi tetto” io non sono un architetto praticante, o almeno non lo sono stato per un bel po’ di tempo, al meno da quando – nel 2009 – ho assunto il mio ruolo di senior curator per l’archi tettura al MAXXI, il Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo a Roma. Il mio ruolo oggi è più quello di un curio so piuttosto informato dei fatti architettonici. Credo quindi che questo ruolo di osservatore mi metta nella posizione adatta per argo mentare in favore dell’archi tettura e delle prerogative che ha e che non dovrebbe perdere.Ilmodo migliore per farlo mi pare quello di ricorrere a un mezzo apparentemente un po’ obsoleto, ma in real tà ancora piuttosto efficace, vale a dire “scrivere una lettera”. Una missiva nel la quale raccogliere in un solo breve testo tutte quelle idee, reazioni, emozioni che oggi siamo abituati a fram mentare e distribuire nei nostri variegati canali di co municazione digitale, socia media, email, articoli brevi ecc.. Peraltro, approfittando dell’inerzia dello spleen do mestico che ci viene dal lock down (e che sta diventando un problema per il paese), non è escluso che potremmo davvero sederci a un tavolo e scrivere qualcosa che ha al meno il tono e la lunghezza tipica di una lettera. La lettera si compone in realtà di tre piccole storie, il cui significato dipende mol to dalla natura e dallo stato d’animo del lettore. Ognu na delle storie è legata a un viaggio che ho compiuto in passato per poter avere un’esperienza diretta di uno spazio architettonico. Un gesto banale, certo, ma allo stesso tempo anche sovver sivo, data la poca rilevanza che si tende ad attribuire nel discorso rappresentazionevericontemporaneoarchitettonicoagliedificiepropri(enonallalorodigitale)
La missiva è diretta a chi si avvicina alla nonperprofessione“leggerne”messaggisolotecnicimasociali
di questi viaggi è ambientato in Sicilia, nei primi anni ’80. La destina zione era Gibellina, una cit tà completamente distrutta dal drammatico terremoto del Belice del 1969. Passa to lo shock la città si è tra sformata da scena di una catatstrofe a un caso-studio esemplare della “ricostruzio ne”: un sindaco decisionista e amante dell’architettura e delle arti aveva infatti pen sato di affidare appunto a un variegato gruppo di artisti e architetti famosi (prima ar tisti e poi architetti) il com pito di consegnare la vecchia Gibellina alla memoria e di costruire la Nuova Gibelli na “da zero” a una ventina di chilometri di distanza: Andai a visitare Gibellina (Vecchia e Nuova) nel perio do in cui preparavo la tesi, a cavallo tra studente e archi tetto, osservandola quindi con la pedanteria dello stu dente che voleva fare del suo meglio per imparare e allo stesso tempo con lo sguardo obliquo di chi si sente giù in grado di formulare un giu dizio critico. Ma quello che riportai a casa con me era soprattutto l’impressione che mi avevano lasciato due progetti specifici, due esem pi limpidi del potere dell’ar chitettura e dell’arte. Il pri mo era l’amatissimo Cretto con cui Burri aveva sigillato le rovine del vecchio borgo; il secondo il museo della città realizzato da Francesco Ve nezia. Il Cretto di Burri è un capolavoro riconosciuto, una coperta di cemento di alcune centinaia di metri di lato e qualche metro di spessore stesa sopra quanto era rima sto degli edifici esistenti e incisa con dei piccoli canyon in coincidenza con quel lo che era il tracciato delle vecchie strade. L’esperienza estetica di chi all’improvvi so vede, e poi attraversa, il Cretto è davvero struggente, “Giovane architetto viaggia e confronta”
STORIE
TRE EMBLEMATICHE IN UNA LETTERA RIVOLTA A FUTURI PROFESSIONISTI
75 e alla necessità di visitar ne fisicamente gli spazi per comprenderne carattere e valore.Ilprimo
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Nella pagina precedente in alto un momento della presentazione di "Freschi d'accademia" con l'intervento dell'architetto Pippo Ciorra alla presenza da sinistra del FernandopresidentePiazzolla di Alessandro Rappelli e del rettore di Camerino professor Claudio Pettinari Sempre nella pagina precedente tre immagini del Cretto di Burri a Gibellina; qui sopra, due immagini del complesso residenziale Sugar Hill a New York progettato dallo studio di David Adjaye (nella foto) ma nel mio caso si trattava anche della prima volta in cui comprendevo le possibi lità diverse e infinite della salvaguardia della memoria (al di là delle nozioni tradi zionali di restauro o riuso) e del ruolo che l’arte può giocare in questo processo. Anche il progetto di Fran cesco Venezia partiva dalle vestigia della vecchia città: piuttosto che disegnare una nuova facciata per il nuovo museo della città Venezia decide di recuperare alcu ni elementi del prospetto crollato di uno dei palazzi più importanti di Gibellina vecchia e di incorporarli con naturalezza nel suo nuovo progetto. Di nuovo, ciò che ho portato con me della vi sita al museo di Francesco Venezia è ovviamente un altro approccio non sconta to al tema della memoria e della sua conservazione. Ma insieme a questo c’era anche lo stupore e l’ammirazione per il mix di libertà, com plessità e ricchezza formale espressi dall’autore in un periodo – i primi anni ’80in cui la maggioranza degli architetti perdevano molto del loro tempo in dispute maldestre su stili e linguag gi, di volta in volta troppo o troppo poco “postmoderni”. Tuttavia, davanti ai due progetti citati, l’impressione attuale è che la mia reazione fosse più emotiva che razio nale. Me ne stavo impietrito e sopraffatto in entrambi gli spazi, convinto per la prima volta che la mia passione per l’architettura potesse non essere del tutto occasio nale, sottomesso a interessi politici e intellettuali, ma in qualche modo devota al po tere intrinseco del progetto.
Il secondo viaggio che vor rei raccontare risale a pochi anni fa. La destinazione era New York e l’obiettivo speci fico – almeno per il giorno in questione – era una visita a un altro progetto piuttosto noto, vale a dire il complesso residenziale Sugar Hill, rea lizzato dallo studio di David Adjaye su una bella collina di Harlem. Il complesso com prende 124 appartamenti ad affitto controllato, una scuola materna e un Chil dren’s museum of Art and Storytelling (Museo dell’ar te e del racconto per bambi ni). I pregi architettonici e sociali dell’edificio, esito di un importante programma di beneficenza di una chari ty newyorchese impegnata a offrire spazi residenziali low-cost a famiglie ed indivi dui bisognosi, sono ben noti e sono stati già presentati molte volte al pubblico degli architetti. Quello di cui in vece vorrei parlare in questa lettera è proprio la mia vi sita all’edificio e le reazioni che ha suscitato. Nel sopral luogo avevo due guide. C’e ra un membro dello studio Adyaje che mi raccontava la storia e i dettagli del proget to. Invece Ellen Baxter, fon datrice e leader della Broa dway Housing Communities (la non-profit promotrice del progetto) mi spiegava tutti gli aspetti sociali, finanziari e “umani” del progetto. La cosa interessante era che lei stessa, responsabile della non-profit e quindi di una serie di progetti altrettanto importanti, avesse deciso di impegnarsi direttamente nella gestione quotidiana di Sugar Hill in qualità di manager dell’edificio e dei programmi ad esso collegati. Ero colpito da come la sto ria architettonica ed edilizia del progetto si intrecciasse in modo stretto e virtuoso con quella della comunità che ora lo abita e lo gesti sce. La doppia narrazione mi ha molto colpito, soprat tutto dalla consapevolezza di quanto un programma architettonico possa dovere il suo successo alla presenza di un annesso programma sociale. Di nuovo la mia rea Nella prima storia la dimostrazione di come un intervento puòunatrasformaretragedia in un frammento di bellezza sociale
77Freschi d’accademia | 3 zione a uno spazio specifico e ai suoi significati aveva una forte componente emotiva, ancora una volta in presen za di architetture o progetti artistici capaci di entrare in forte risonanza con fenome niConsociali.il terzo itinerario torniamo in Sicilia, eviden temente un contesto ina spettatamente produttivo per l’architettura contem poranea. In questo caso la destinazione del mio pelle grinaggio era un progetto misterioso di una dei proget tisti che più stimo in Italia, Maria Giuseppina Grasso Cannizzo. Il difficile compito affidatole da un committen te legato all’attività agrico la, in un borgo remoto della Sicilia interna, era trasfor mare una scuola per l’infan zia in una casa unifamiliare. Il progetto è ora completato da un paio d’anni e il risul tato appare affascinante e inquietante allo stesso tem po. Vista da fuori, la scuola continua a sembrare una scuola. Osservandola dal cancello ci aspetteremmo di vedere uscire una maestra o un maestro uscire seguita da un nugolo di alunni da un momento all’altro. O di vederci affiancare da un nu golo di genitori che vengono a prendere i figli all’uscita.
All’interno, l’impressione è che la progettista sia riusci ta nell’intento di trasforma re un edificio pubblico in uno spazio domestico operando come una scacchista, con poche e precise mosse, e pra ticamente senza costruire nessun nuovo muro. Anche in questo caso ero molto col pito, soprattutto dopo aver chiacchierato un po’ con la famiglia, che sembrava davvero felice del carattere così poco tuttoturasiègettotrovola“domestico”tradizionalmentedeglispazidelcasa.CiòchesoprattuttoconvincentedelprodellaGrassoCannizzolacapacitàdiinserirequa“abusivamente”l’architetinunacostruzionedelanonimainpratica
Nella seconda storia la dimostrazione di come un acollegandolopossaarchitettonicoprogettoaveresuccessoprogrammisociali
Qui sopra la progettista Maria Giuseppina Grasso Cannizzo autrice della trasformazione di un edificio pubblico in una casa unifamiliare
78Freschi d’accademia | 3 senza dover attuare veri e propri interventi edilizi. Mi rendevo conto che l’oggetto del lavoro dell’autrice non è solo il disegno degli spazi, la scelta dei materiali e via dicendo, ma che comprende anche la vita delle persone che dovranno abitare quello spazio.Letre piccole storie rac contate sono tenute insieme dal mio desiderio di porta re alla vostra attenzione il potenziale straordinario compreso nel lavoro dell’ar chitetto. Soprattutto quando riguarda l’intenzione di in tervenire direttamente nel disegnare o modificare spazi che hanno molta importan za nella vita sociale, politica o intima delle singole per sone. Trovo giusto incorag giare e sostenere architetti e studenti quando sono ir resistibilmente attratti dai “grandi temi” del nostro tempo, dalla sfera sociale ed ecologica a quella del le tecnologie e del digitale. Ma allo stesso tempo credo sia importante continuare a sviluppare ed espandere conoscenze e strumenti in terni alla disciplina, molto spesso quelli più urgenti quando il dialogo tra archi tetto e “utente” singolo si fa più intenso e ravvicinato. Conviene quindi continuare (o riprendere) a viaggiare e a vedere architettura, visto che la pandemia sembra co minciare a darci una tregua meno effimera. Potreste im parare come il progetto può trasformare una tragedia in un frammento di bellezza sociale e memoria colletti va (Gibellina), un forma di consapevolezza politica in uno spazio (New York), una struttura pubblica “in rovi na” in una splendida resi denza senza consumare un metro quadrato di nuovo suolo e senza utilizzare un grammo di nuovo cemento. La politica è architettura, e non abbiamo nessun biso gno di fare una scelta tra le due.Un abbraccio ¤ Nella terza storia ecco come un edificio pubblico in rovina può diventare una senzaresidenzaconsumo di suolo e cemento
Il sindacato la
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legge prove d’orchestra RUOLO E FUNZIONE DELINEATI DALLA COSTITUZIONE di Federico Siotto
e
Si può immaginare un palcoscenico, un fonda le di scena per mettere il tema di ricerca al posto che merita. Sicuramente al cen tro campeggerebbe il sinda cato, corpo intermedio prota gonista di grande storia ma segnato da una profonda cri si. L’aspirazione a ritornare attore principale – come sog getto collettivo espressione del mondo del lavoro (e non solo) – passa attraverso una rivisitazione della propria natura e struttura giuridica. Il sindacato emerge e si evolve in parallelo alla sto ria del movimento operaio, riflettendo quella contrap posizione tra capitale e la voro conseguenza essenziale della rivoluzione industriale. Il sindacato, pertanto, costi tuisce un fenomeno tipica mente moderno (metà del secolo XIX – inizi XX seco lo), inteso come espressione dell’autonomia dei lavora tori. Infatti, per i lavorato ri militanti, il sindacato è innanzitutto l’anno 1920, le fotografie ingiallite in cui compaiono operai armati che montano la guardia davanti alle fabbriche occupate ed è soprattutto l’«autunno cal do» del 1969, l’immagine di grandi battaglie sociali che mettono in questione il po tere padronale nell’impresa e fanno nascere nuove forme di democrazia nei luoghi di lavoro: assemblee, delegati di reparto, consigli di fabbrica. È inevitabile che eventi del genere diano origine ad una «visione mitologica». Esiste una storia romanzata delle lotte italiane che assegna un ruolo decisamente controver so alle organizzazioni sinda cali «tradizionali», spesso in conflitto con la spontaneità operaia: in forza di questo schema, i dirigenti sinda cali si oppongono incessan temente ai lavoratori della base, i quali ritrovano la loro «autonomia» grazie all’eser cizio della «democrazia». Come tutti romanzi, an che questo ha la sua parte di verità ma conserva un pre giudizio ingiusto verso una organizzazione, quella sinda cale, che è stata anche moto re di alcuni cambiamenti so ciali ed economici del nostro Paese. Per tale ragione può apparire importante studia re e analizzare il «sistema o i sistemi collegati di norme, con criteri di enunciazioniciononostante,nenovitagni,regolerappresentativa,legittimazioneconpropriedicompetenza»(Giu1960)chegovernanoladeisindacati.Nell’ordinamentoitalianonesisteunadefiniziolegislativadisindacato,inbasealledottrinalie
Riflessioni sulla definizionelegislativa sul profilo strutturale e sul potere comparandoeffettivosistemi di relazioni industriali
80Freschi d’accademia | 4 giurisprudenziali, il sindaca to può definirsi come l’asso ciazione libera e spontanea di singoli individui, nello specifico status di prestatori di lavoro, aventi lo scopo di difendere gli interessi pro fessionali della categoria che rappresentano.Ilsindacato, sotto il pro filo strutturale, si presenta come un’associazione non riconosciuta, disciplinata dalle «brevi e povere norme» (Rescigno, 1956) del Codice Civile del 1942 (artt. 36-38), nate per gruppi di fatto mol to diversi da quelli sindacali. L’art. 39 della Costituzione (1948), poi, ha stabilizzato la posizione dell’organizzazione sindacale nell’ordinamen to garantendole l’immunità da controlli e riconoscendo le un’importante funzione di protezione degli interessi collettivi legati all’attività lavorativa.Ciòconsente di spostare il focus sul concetto di «potere sindacale», il quale può eser citarsi a condizione che esso adotti una disciplina delle at tività e una regolamentazio ne delle proprie decisioni. In tal senso va ricordato il note vole contributo di un grande studioso del diritto sindacale comparato (Khan-Freund, 1977), per il quale il delicato equilibrio tra democrazia e autonomia sindacale si regge sulla constatazione proprio che «i sindacati sono porta tori di potere. Devono avere il potere per svolgere il ruolo nella società senza il quale non possono esserci rapporti di lavoro» («Trade unions are bearers of power. They must have power in order to play the role in society without which there can be no labour relations»).
Non è un caso, infatti, che il sistema di relazioni indu striali italiano sia tradizio nalmente accostato a quello inglese in ragione della in formalità, frutto del princi pio di abstention of the law, che caratterizza entrambe le esperienze sul lato delle attività sindacali. Se però si presta l’attenzione all’atteg giamento legislativo verso il soggetto sindacale i due sistemi anziché affini si pre sentano concettualmente agli estremi opposti: mentre nel sistema italiano è accolto un indirizzo politico asten sionista, nell’esperienza in glese è stato seguito un indi rizzo che potremmo definire interventista.L’opzionesembra figlia di una «scelta di campo» opera ta dai giuslavoristi italiani e celebratasi simbolicamen te nel 1954 in un congresso a Taormina. Si confrontano l’opzione pubblicistica – pa trocinata da Costantino MŒ, che intende risistemare la materia alla luce della fonte costituzionale teorizzando la funzione pubblica del sinda cato – e l’opzione privatistica – caldeggiata da garantitadelladellale,nalispettoricucendoporsiblicinelrepubbliciperseguimentosindacatiStatodellaessendofunzionamentonozionevadelesecondapassatounvedespicaSantoro-Passarelli,Francescocheauilritornoalleoriginienellapubblicizzazionepericolosoretaggiodelregime.Siimponedigranlungalalineainterpretativail«modellocostituzionale»dirittosindacalenontroattuazione.Isindacati,secondol’oppubblicistica,assumounruoloessenzialeneldelloStato,elementicostitutivistrutturasocialedellostesso.L’attivitàdeièspessovoltaaldiinteressie,tuttavia,peressericompresaperfettamentenoverodeisoggettipubdeveedovrebbesottoaformedicontrollo,ladeviazioneriaiprincipicostituzio(MattarellaB.G.,2003).L’organizzazionesindacasecondolamaggioranzadottrinaeunapartegiurisprudenza,ègiàdalriconoscimento
La presenza di quelle nor me esplica tuttora, in base ad alcune ricostruzioni, una efficacia ‘negativa’, nel sen so che non consente di per venire ai medesimi risultati (riconoscimento personalità giuridica ed efficacia genera le dei contratti collettivi) con gli strumenti ordinari del di rittoSecondocomune.una lettura ‘posi tiva’ e innovativa, invece, la mancata attuazione non co stituisce un zione,democraticitànelvio4voguitoBozziprogettostituzionalesindacaledisciplinareefficaciapulareregistrazionesoggettanobuire39smomatocostituzionale,inadempimentocomeafferinpassato.Ilmeccanideicommi2-4dell’art.Cost.èdirettoadattriaisindacatichesiasalcontrollodellailpoteredisticontratticollettiviconergaomnes,nonainséilsoggetto(D’Antona,1999).Lepropostediriformaco(apartiredaldellaCommissionedel1985)hannopersesenzasuccessol’obiettidisostituireicommi2,3edell’art.39Cost.conunrinallaleggeordinariache,rispettodelprincipiodidell’organizzaattribuisseallastessa
81Freschi d’accademia | 4 della libertà sindacale nega tiva degli individui (art. 39, comma 1, Cost.; art. 15, com ma 1, lett. a), l. n. 300/1970) e dal regime giuridico delle associazioni non riconosciu te (Rescigno, 1956). Secondo impostazioni ulteriori, vi sa rebbe la potenziale applica bilità della disciplina delle persone giuridiche per quan to non espressamente pre visto dagli artt. 36 ss. Cod. Civ., in quanto soggetti di di ritto (Galgano, 1960; Ghezzi, 1963).La Carta Costituzione italiana ha sancito in modo chiaro il principio di libertà sindacale (art. 39, comma 1, Cost.). La seconda parte dell’art. 39 Cost. contiene una serie di disposizioni che prevedono l’obbligo/onere di registrazione dei sindacati (comma 2), la necessità che gli statuti sanciscano un or dinamento interno a base democratica (comma 3) e la possibilità che i sindacati registrati (cioè con persona lità giuridica) possano sot toscrivere contratti collettivi di lavoro efficaci erga omnes Le ragioni della mancata at tuazione della seconda parte dell’art. 39 Cost. sono state ampiamente studiate e si condensano nel timore che il procedimento di registra zione, con i relativi controlli sul numero degli iscritti e so prattutto sulla esindacalehasostegno’zionaleminiparzialmentealtrattualeundaglidacaleèvitamissionediveniredell’organizzazione,democraticitàpotessestrumentodiintrodelloStatonellainternadelsindacato..Conilpassaredeltemposiconsolidatounsistemasin‘difatto’che,apartireanni’60,haacquistatoaltogradodipotereconepoliticoerispettoqualeillegislatorehasolorispostointerdiattuazionecostituconla‘legislazionedi(l.n.300/1970)chepresuppostoilsistema‘difatto’esistentenehaattuatounindiretto
riconoscimento.Èpurveroche le conse guenze dovute alla mancata attuazione dell’art. 39 commi 2-4 della Costituzione, sulla qualificazione e sulla disci plina delle organizzazioni sindacali, hanno comportato l’accentuazione della natura privatistica e l’appartenenza delle associazioni sindacali al novero delle associazioni non riconosciute. Del resto, rientra nella discrezionalità politica del legislatore ordi nario ritenere l’attuazione della seconda parte dell’art. 39 Cost. come un risultato utile o opportuno o, comun que, valutare, se una disci plina eteronoma del soggetto sindacale sia o meno un prez zo troppo elevato da pagare a questo fine (Mancini, 1963).
neledcambiamentidièsindacaleL’organizzazionestatamotorestoricisocialieconomicinostroPaese
costituzionaleleNumerosepropostediriforma e i disegni di legge mai arrivati a conclusione Nelle pagine precedenti alcune manifestazioni di sciopero Qui sopra, l'articolo 39 della Costituzione Italiana che sancisce il principio di libertà sindacale
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Tutti questi progetti di leg ge più recenti, da un lato, e gli ultimi accordi interconfe derali, dall’altro, hanno sol lecitato i soggetti sindacali a costruire un più stringente controllo sui dati che riguar dano gli iscritti e, conseguen temente, ad elaborare para metri certi di misurazione del consenso sul potere di «stare per» e di negoziare per le lavoratrici e i lavoratori. Le proposte oscillano tra quelle che privilegiano un’ot tica di esclusiva o prevalente eteronomia e altre che rifiu tano il modello legislativo, auspicando che sia solo l’au tonomia collettiva a traccia re la natura e la struttura dei sindacati oltre che il po tere di negoziare e l’efficacia della contratto collettivo. In assenza di un inter vento normativo, sindacato e sindacalismo rimangono essenzialmente un prodotto della storia. Nessuna defini zione giuridica, al momento, può spiegare le ragioni per cui un’aggregazione di inte ressi economici possa acqui stare un’identità specifica e differenziale e munirsi di una organizzazione ricono sciuta (Giugni, 1997). Ciò trova conferma nella consi derazione iniziale secondo cui il sindacato non è questa o quella definizione: il sinda cato diventa una determina ta definizione e cioè assume una determinata configu razione (anche giuridica) in quanto le forze e le volontà che lo costituiscono gli impri mono quell’indirizzo e pongo no alla sua azione quel fine affermato nella definizione (Gramsci, 1920). Tuttavia, le Costituzioni moderne e le leggi di molti Paesi sono ‘amiche’ del sindacato, il qua le per sua natura è ‘nemico’ giurato della dittatura tota litaria, proprio perché stori camente l’ha combattuta. Il legame con la democrazia è certo e coloro che ne rappre sentano gli interessi, come i sindacati, hanno il compito di rafforzare questo legame. «Poiché la vera democrazia è sempre più minacciata. Essa funziona più affannosamen te, con maggiori attriti e diffi coltà dei sistemi autoritari e totalitari perfettamente olia ti e organizzati. A maggior ragione essa ha bisogno del la solidarietà di tutti coloro che non vogliono più essere privati dei loro diritti» (Hor kheimer, 1979). ¤
la possibilità di trovare solu zioni normative diverse per la valutazione della rappre sentatività del sindacato e per il conferimento di effica cia generale alla contratto collettivo.Altrettanto numerosi sono stati i tentativi di riforma tramite legge ordinaria che si sono succeduti nel tempo, a partire dal noto d.d.l. Giu gni presentato alla Camera dei deputati il 13 gennaio 1994 per arrivare ai più re centi d.d.l. CAtalfo presenta to al Senato il 12 luglio 2018, d.d.l. Nannicini, presentato al Senato l’11 marzo 2019 e alla p.d.l. Gribaudo, presen tata alla Camera dei depu tati il 26 giugno 2018. Sono da annoverare anche altri progetti come la Carta dei diritti universali del lavoro elaborata dalla Cgil, la pro posta elaborata dai giuristi della rivista Diritti Lavori Mercati e il d.d.l. elaborato dal gruppo denominato Frec cia Rossa.
83Freschi di stampa Recanati, 29 giugno 1898: la città è in grande festa. Nota bili nazionali della politica, della cultura, dell'arte sono convenuti nella tranquilla cittadina marchigiana per celebrare, con la popolazio ne locale, il centenario della nascita del Poeta; e la cele brazione è tanto più signi ficativa, perché ne fa parte anche l’inaugurazione del nuovo Palazzo comunale: il “Civico Palazzo”, per l'esat tezza.Disegnato da Pietro Col lina, architetto comunale, completato dagli ingegneri Enrico Ambrosini e Gae tano Koch (collaboratore, quest'ultimo, di Giusep pe Sacconi, l'architetto di Montalto Marche al quale è stata commissionata la costruzione a Roma dell'Al tare della patria), il Palazzo, di forme neorinascimentali, insieme all'ampia piazza antistante (ovviamente inti tolata a Giacomo Leopardi) che architettonicamente lo completa, si erge sull'area già occupata dal vecchio Pa lazzo dei priori e dall’annes so Convento dei domenicani, demoliti allo L'iniziativascopo.di costruire un nuovo Palazzo comunale è stata assunta dall'ammi nistrazione dell'epoca non soltanto al fine di celebrare il grande concittadino; l’in tendimento è anche quello “di dar vita a un grande in tervento di valorizzazione in chiave civile e nazionale del genio leopardiano” (così Marco Moroni nel libro del quale si dirà tra poco).
A LA EDIZIONE DELL'INIZIATIVA di Maurizio Cinelli
Nella splendente, fastosa Aula magna del nuovo Pa lazzo quel giorno il massimo poeta nazionale del momen to, Giosuè Carducci, pronun cia il suo discorso celebrati vo del genio marchigiano. In quella stessa, splen dida, gloriosa Aula magna, così carica di storia civica, all’Associazione l’Ammini strazione comunale ha con sentito di svolgere l’edizione 2022 di “Freschi di stampa”, l'evento annuale, aperto alla popolazione, giunto alla XIII edizione, ormai una tradi zione de “le Cento città” e suo motivo di orgoglio. Non avrebbe potuto esservi sede più prestigiosa, dunque, per riprendere “in presenza”, il 22 aprile u.s., la serie degli incontri di presentazione dei libri di soggetto marchi giano o di autori marchigia ni, dolorosamente interrotta dalla pandemia due anni fa (v. il fascicolo 72-73 /2020 di questa Rivista, alle pp. 115 e seguenti).L'interesse per l'iniziati va, ma, sicuramente anche il piacere di ritrovarsi nuo vamente insieme, hanno fatto sì che l’ Aula, assai spaziosa, si sia rapidamente riempita. E la qualità dell'e vento non ha di certo deluso chi vi ha assistito o preso parte. D’altronde, la presen za per tutta la durata dei la vori dell'Assessora alla cul tura, dottoressa Rita Soccio, a manifestazione tangibile dell'interesse della Ammini strazione comunale per l’i niziativa culturale, ha con tribuito alla gratificazione di presenti e organizzatori . Di alta qualità, anche stavolta, i libri selezionati. E incresciose le esclusioni; ma neppure questa volta è stato possibile evitare che opere altrettanto pregevoli
RECANATI
TREDICESIMA
Sfogliare di nuovo i libri nella città del Poeta
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Nelle varie pagine le copertine dei libri selezionati da "Freschi di stampa" la tredicesima edizione dell'evento organizzato dall'associazione"LeCentocittà" Freschi di stampa restassero escluse: il limi tato tempo a disposizione è veramente tiranno. Il primo volume della serie non poteva che essere «Reca nati in età contemporanea», Andrea Livi ed., presentato dal suo stesso Autore, Mar co Moroni, autorevole sto rico, già docente di storia economica presso la facoltà di economia dell'Università politecnica delle Marche e membro della direzione del la rivista di storia regionale “Marca/Marche”. Nel volu me – il terzo ed ultimo della silloge dedicata alla storia della sua Città – l'Autore analizza in profondità gli svolgimenti della realtà lo cale dall'epoca napoleonica fino all'attualità, senza per dere di vista, peraltro, nessi e riferimenti alle vicende storiche generali in Italia e fuori, ma anzi ad essi pun tualmente raccordando, a maggior chiarimento, le vi cende e gli svolgimenti della storia cittadina.
Ad Alberto Pellegrino è spettato il compito di pre sentare, a seguire, due ope re molto diverse tra loro, ma legate da un filo invisibile e saldissimo: quella qualità misteriosa e vincente, che dà alla donna, e solo a lei, l'accesso ad una dimensione della realtà impalpabile e fascinosa; realtà che l'uomo può solo vagheggiare e, tal volta, fugacemente assapo rare.La prima delle due opere –“Nome non ha” di Loredana Lipperini e Elisa Seitzinger (l’una per il testo intrigan te e fascinoso, la seconda per la grande suggestione delle illustrazioni), edita da Hacca di Matelica – è il racconto di un viaggio di piacere di tre ragazze , che in un giorno d'estate parto no da Roma alla volta della costa marchigiana, per una breve vacanza al mare, ma che, appena superato il va lico montano di Colfiorito, un guasto dell'auto, blocca (in attesa della riparazione, non agevole) a Serravalle del Chienti. Ed è a quel pun to che il viaggio di piacere si trasforma in una sorta di viaggio iniziatico nel mon do misterico e senza tempo della Sibilla. Il preannuncio di quanto sta per accadere le tre ragazze lo ricevono, inconsapevoli, nella picco la chiesa locale dedicata a Santa Lucia, “una delle sette vergini del canone ro mano”, e ha la veste della sorpresa: la sorpresa “di tro vare donne nude dipinte in una chiesa (…), con le tuni che color pastello, il sorriso che non riesci a decifrare, i cartigli, i nomi” (e qui l'elen co delle varie sibille). Ma la guida vera sarà la vivace, fa scinosa, enigmatica, giovane donna che si offre di ospitar le, in attesa della riparazio ne del guasto: Viola, il cui nome già rimanda al colore profondo e inquietante che avvolge chi ha il cuore di ad dentrarsi tra le gole, i reces si, gli anfratti di quei monti, azzurri finché li si guardi da lontano. Per “riconoscere il destino che ignoravamo, non è sempre necessario tro varsi in un luogo che giudi chiamo adeguato: un tempo occorreva scendere in grotte e sotterranei e guadare fiu mi e respirare vapori; non è più così. Le storie sono ca pricciose: a volte tralascia no i luoghi dove sono nate e a cui come sempre hanno lasciato un nome. In questo caso, quei luoghi non sono le forre o i crepacci o le morene o le gole (…). Non alcuno dei territori misteriosi dei mon ti Sibillini”. E quando, final mente riparato il guasto, le ragazze possono ripartire da Serravalle, è un po' come se non fossero più le stesse; e Viola le saluta enigmatica con la mano, con il vento che le scompiglia i capelli e le scompone la gonna: e, per un attimo, sembra di intrav Nellaaulaprestigiosamagna del palazzo comunale ladipresentazionelibridiautori o soggetti marchigianiselezionati
85Freschi di stampa vedere qualcosa di somi gliante a un piede caprino. La seconda dice molto già dal titolo: “«Tacete, o ma schi». Le poetesse marchi giane del '300”, con illustra zioni di Simone Pellegrini, Argolibri, ed. Si tratta di uno dei primi casi, probabilmen te, della formazione in Italia di un vero e proprio nucleo letterario composto da sole donne, che si coordinano per poetare su quella questione, sempre attuale, del “conflit to” uomo donna; e ciò, singo larmente, avviene proprio in territorio marchigiano. E a conferma dell'attualità di quella querelle, a quelle an tiche poetesse rispondono, a distanza di secoli, alcune tra le più autorevoli poetesse del nostro tempo: Marian gela Gualtieri, Antonella Anedda, Franca Mancinelli. Di una storia vera si ali menta il romanzo presen tato da Rosangela Guerra: quello di Ivan Sciapeconi, “40 cappotti e un bottone”, Mondadori ed., appena pub blicato, eppure già tradot to in più lingue e prossimo ad essere utilizzato per un film. Si tratta della storia di un gruppo di ragazzi e bam bini ebrei, che, grazie ad un'organizzazione della re sistenza ebraica, nell'estate del 1942 riescono a fuggire dalla Germania nazista, con destinazione la Palestina, ma che, dopo continui cambi di direzione ai quali la guer ra li costringe, approdano a Nonantola in provincia di Modena, dove riescono a tro vare accoglienza e alloggio presso Villa Emma. La vita, dopo tanti patemi, comincia a fluire serena fino a quan do, nell'autunno del 1943, in quella stessa zona si ac campano le truppe naziste; la fuga dei giovani viene organizzata, questa volta, dall'intero paese. La presen tazione dell'opera si è potu ta giovare della coinvolgen te testimonianza alla quale l'Autore, presente in sala, si è reso disponibile per dar conto di motivazioni e senti menti che lo hanno condot to alla scelta dell'episodio e alla sua divulgazione. Al medesimo periodo sto rico e alle relative tragiche vicende è dedicato anche il romanzo breve di Elisa Re, “Un fiore per Isabella”, Fa raeditore, opera che si se gnala, oltre che per la scrit tura chiara ed efficace e per l'intreccio avvincente e ricco di pathos della vicenda trat tata, per la giovanissima età dell'Autrice, studentes sa liceale, nata nel 2004. Il romanzo pur essendo stato scritto all'età di 17 anni, ri vela una mano sicura (non per niente è stato già desti natario di premi) e lascia presagire una personalità fortemente predisposta per la narrativa. È la storia di una insegnante, a suo tempo vittima del nazismo, che già varie volte ha portato la sua personale testimonianza sui tragici eventi della perse cuzione nazista nelle aule scolastiche, ma che, in un’ul tima occasione, prima di concludere definitivamente la sua carriera di docente, decide di raccontare ancora la sua storia; ma questa vol ta mettendo a nudo, di fron te alla classe di studenti che per l'occasione la ascolta, le ferite profonde dell'anima e i segni infamanti che ancora porta nel corpo: il numero di matricola impresso a fuoco sul braccio, che finalmente si decide a scoprire per mo strarlo a tutti. Come riferi to da Sergio Palma, che, in vista dell’assolvimento del compito di presentare il li bro, ha brevemente intervi stato l'Autrice, il racconto non è stato scritto sulla base di qualche esperienza perso nale, più o meno indiretta, come il pathos, la crudezza di alcune descrizioni, la per cepibile immedesimazione in tanti momenti dramma Protagoniste le donne: da “Nome non ha” viaggio intrigante a “Tacete o maschi” sulla secolare querelle fino a “Un fiore per Isabella”
E, stante la tipologia di reato e il suo fermo rifiuto a qualsiasi forma di colla borazione con la giustizia (Rocco è consapevole che se così non fosse, la vita dei suoi stessi familiari sarebbe in forte pericolo), quell’er gastolo non sarà come tut ti gli altri – cioè come una condanna a vita, sì, ma co munque con un fondo di spe ranza che dopo un adeguato periodo di buona condotta e di ravvedimento, si renda possibile riacquistare la li bertà: sarà, invece, irrime diabilmente perpetuo, senza fine e senza speranza; sarà, cioè, per dirla in termini tec nici, “ergastolo ostativo”. Da questo punto in poi della vicenda, il romanzo prosegue non attraverso la descrizione di fatti, ma at traverso l’epistolario, dram matico e sconsolato, che intercorre tra l’ergastola no e la moglie; e il libro da noir si fa saggio sociologico, pamphlet di denuncia con tro quella forma di morte a lento rilascio che è appun to l'ergastolo ostativo: una condanna detentiva, a giu dizio di tutti, peggiore della stessa condanna a morte. Naturale, dunque, che, per l'occasione, a presentare l'opera fosse un altro avvo cato (e scrittore anche lui, e parimenti su temi di alto impatto etico giuridico: v. il n. 74/2021 di questa rivi sta, p. 83 e seguenti), Mar cello Marcellini. La sapien te presentazione del tema da parte del predetto e il successivo intervento dello stesso Autore hanno offerto all'uditorio una rappresen tazione in termini sintetici, ma chiari e rigorosi, della problematica che pone quel terribile regime detenti vo. Un tipo di ergastolo, è bene ricordarlo, introdotto come misura temporanea in un momento di particolare emergenza all'inizio degli anni '90, ma poi prorogato e, infine, reso permanente; finché nel maggio 2021 la Corte costituzionale lo ha giudicato contrario ai prin cipi della Costituzione, e, con una sentenza monito, ha assegnato al Parlamento un termine per provvedere alla Spazio alla fotografia di earchitetturaairomanzi con i riflettori puntati anche suldell’editoremestiere dal piombo al digitale
86Freschi di stampa tici avrebbero potuto far pensare: determinante è stata – ha dichiarato l’Au trice – l'impressione ricevu ta nell'ascoltare il racconto svolto in classe da una delle sueAllainsegnanti.fotografia di archi tettura è dedicato il volume di Fabio Mariano, “Paesag gi d'architettura, con brevi note storiche sulla fotogra fia dell'architettura”, An drea Livi ed.: una raccolta fotografica che copre un arco cinquantennale di scat ti aventi ad oggetto architet ture o elementi architettoni ci. Una raccolta di immagini provenienti da vari paesi, le quali – come ha ricordato nella sua presentazione Al berto Pellegrino – assolvono il ruolo di strumento indi spensabile di lavoro per uno storico dell'arte, delle città o del paesaggio, paragonabile a quello che vale, in altre discipline, per la ricerca sto rico critica o documentaria. Il romanzo di Giuseppe Bommarito, “La leggenda del santo ergastolano”, Af finità elettive (l'assonanza con il titolo di un celebre ro manzo breve di Joseph Roth non può sfuggire) si presen ta, a prima vista, come un noir: dopo l'uccisione del padre da parte di una cosca mafiosa rivale, il protagoni sta, Rocco, decide di entrare a far parte della “famiglia” antagonista; e di questa Rocco ben presto diviene strumento. Per qualche tempo riesce a nascondere anche alla moglie l’intensa attività criminale alla quale è dedito per conto di quella “famiglia”, fino a che, ar restato e processato, viene condannato all'ergastolo.
ne da Fabio Mariano, amico personale di Andrea, da lun ga data uno degli autori di punta della sua Casa editri ce, oltre che prestigioso com ponente del comitato scien tifico della suddetta rivista di storia regionale. E qui si è chiuso l'evento clou della giornata. È giusto però ricordare anche il pro logo di quell'evento pomeri diano; e ciò, anche in ragio ne della sostanziale affinità del tema che ha connotato anche l’iniziativa svolta in mattinata: la scrittura.
87Freschi di stampa sua eliminazione o alla sua riforma.Lapresentazione delle opere selezionate si è con clusa con l'illustrazione da parte di Fabio Brisighelli del romanzo di Alessandro Badaloni, “Con fortuna di mare e forza di vento spes so ti attende un porto di tormento”, Affinità elettive, opera già selezionata per la precedente edizione di “Fre schi di stampa”, sospesa a causa della pandemia (v. n. 72-73 /2020 di questa Rivi sta, p. 117), e, dunque, do verosamente ripescata per l'occasione.Protagonista della secon da parte della manifesta zione – cioè, della “Finestra sull'editoria”, che da vari anni ormai accompagna e integra “Freschi di stampa” – , Andrea Livi, che, dalla città di Fermo esercita l'edi toria nelle Marche e per le Marche da oltre 50 anni. Il volume celebrativo “Il mestiere dell'editore dai caratteri di piombo al digi tale”, che l’interessato ha pubblicato nel 2021 offre, a chi lo voglia consultare, uno spaccato impressionante dell'attività e della produt tività della Casa editrice da lui fondata: per numero di titoli, così come per silloge dei documenti che attestano il fervore e il costante, eleva to livello nel tempo del pro dotto editoriale. Ad Andrea (che da vari anni ormai è anche socio de “le Cento città”) va anche il particolare merito di aver fondato nel 2013, e di dirige re sapientemente, la presti giosa, già ricordata rivista di storia regionale “Marca Marche”, semestrale che si avvale della collaborazione e dell'apporto scientifico e di consulenza delle personalità della cultura più prestigiose in ambito regionale. La èzione,presentazione-celebrapuntualeeaffettuosa,statacurataperl'occasio
Infatti, il mattino, dopo l'accoglienza in Comune da parte di pressochévaleScuolaga”eversosullementeun“Malleus”,l'Anticagruppodellemunaledell’Amministrazionerappresentantecoelavisitaguidatasalepiùprestigiose,ilsièrecatoavisitarebottegaamanuenseoggioperanteincastellomedievalefedelricostruitoaffacciatocollinechedigradanoilmare,edoveanticomodernosifondono.Intalesingolare“botteoperano:laprestigiosadiminiaturamedieediscritturagotica,un unicum nel panorama nazionale; una assai fervida attività di ela borazione (fantasiosi, com plicati e sempre diversi di segni decorativi, compresi) delle pergamene di laurea per università italiane e eu ropee; la sala d'incisione ed elaborazione di musica sen soriale, ed altro ancora. An fitrione lo stesso ingegnere Enrico Ragni – è lui “Mal leus” –, inventore e sovrano di tutto quanto si raccoglie nell’ Antica bottega; ed è lui che ha accolto da castellano i visitatori, fatto da guida e, a dimostrazione pratica del la qualità di amanuense, ha omaggiato ciascuno di essi con un cartiglio recante il relativo nome scritto all’im pronta con i caratteri che hanno reso famoso Malleus e la sua Antica bottega. ¤
Enrico Paciaroni (agosto 2005 – dicembre 2006)
Ettore Franca (agosto 2011 – luglio 2012)
Walter Scotucci (agosto 2009 – luglio 2010)
si pone lo scopo di promuovere e coordinare studi ed azioni finalizzati a raf forzare l’identità culturale della Regione Marche e a favorirne lo sviluppo economico e sociale attraverso la conoscenza e la valorizzazione delle realtà esistenti, il recupero e la tutela del passato, la collaborazione tra soggetti pubblici e privati, la partecipazione al dialogo culturale interregionale ed europeo, nonché con le comunità marchigiane all’estero.” (Art.3 dello Statuto)
Mario Canti (gennaio 2004 – luglio 2005)
Alberto Pellegrino (agosto 2008 – luglio 2009)
LE CENTO CITTA’ Associazione per le Marche Fondata nel 1995 “L’Associazione
Tullio Tonnini (gennaio 2007 – dicembre 2007)
Maria Luisa Polichetti (agosto 2010 – luglio 2011)
Bruno Brandoni (gennaio 2008 – luglio 2008)
Catervo Cangiotti (gennaio 1996 – dicembre 1997)
Maurizio Cinelli (agosto 2013 – luglio 2014)
Marco Belogi (agosto 2016 – luglio 2017)
Giorgio Rossi (agosto 2017 – luglio 2018)
Alberto Berardi (gennaio 2000 – dicembre 2001)
Giovanni Danieli (agosto 2014 – luglio 2015) Luciano Capodaglio (agosto 2015 – luglio 2016)
Le Cento Città
Evio Hermas Ercoli (gennaio 2002 – dicembre 2003)
Direttore responsabile Franco Elisei Direttore editoriale Maurizio Cinelli Comitato editoriale
89L’associazione
Marco Belogi Fabio Brisighelli Paola ClaudioGiordanoRosangelaFedericaClaudioCimarelliDesideriFacchiniGuerraPierlorenziSargenti Coordinamento progetto grafico e impaginazione Prof. Sergio Giantomassi Progetto grafico AccademiaPoliarte di Belle Arti e Design di Ancona Direzione, amministrazioneredazione Associazione Le Cento Città redazionecentocitta@ gmail.com Rivista riconosciuta come bene culturale di interesse storico dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali Presidente Le Cento Città Fernando Piazzolla Stampa Errebi Grafiche Ripesi Falconara M.ma Sede Via Asiago 12 60124, Ancona Poste Italiane Spa spedizione in abbonamento postale 70% CN AN Reg. del Tribunale di n.20Anconadel10/7/1995Anno XXVI
Filiberto Bracalente (agosto 2020 – luglio 2021)
Mara Silvestrini (agosto 2018 – luglio 2019)
Natale Frega (agosto 2012 – luglio 2013)
Donatella Menchetti (agosto 2019 – luglio 2020)
GiovanniPresidentiDanieli (marzo 1995 – dicembre 1996)
Folco Di Santo (gennaio 1998 – dicembre 1999)
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