Omar Galliani - Per vedere le ombre e i colori

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M a ri s a Ve s c ov o

OM A R G A L L I A N I P E R V E D E R E L E OM B R E E I C OL OR I

2000 & N OV E C E N T O GALLE RIA

D ’A R T E

V i a E m i li a S a n P i e tr o, 21 42100 R e g g i o E m i li a - I ta li a te l. +39 0522 580143 • f a x +39 0522 496582 e -m a i l: duemilanovecento@ tin.it we b : www.duemilanovecento.it Ora ri : 10/12.30 -16/19.30 C h i u s o la m a tti n a d i G i ov e d ì A p e rto D om e n i c a e F e s tiv i

OM A R G A L L I A N I

XVI OM A R G A L L I A N I p e r v e d e r e le o m b r e e i c olor i a c u ra d i M A R I S A V E S C OV O G I A N F R A N C O R OS S I

19 N OV E M B R E 2005 - 19 G E N NA I O 2006

2000 & N OV E C E N T O

I N C OP E R T I NA : P E R V E D E R E L E OM B R E E I C OL OR I , 2005, M A T I TA E P I G M E N T O G I A L L O S U TAV OL A (PA R T I C OL A R E )

C OM U N E D I R E G G I O E M I L I A A S S E S S OR A T O C U LT U R A

2000 & N OV E C E N T O E d i zi on i d ’A rte


alla passione for the passion


2000 & N OV E C E N T O G a lle ri a d ’A rte

XVI


Om a r G a lli a n i Per vedere le ombre e i colori

M a ri s a Ve s c ov o

2000 & NOVECENTO Galleria d’Arte via Emilia S. Pietro, 21 Reggio Emilia 19 novembre 2005 - 19 gennaio 2006

Con il patrocinio del Comune di Reggio Emilia Mostra a cura di Marisa Vescovo e Gianfranco Rossi Catalogo a cura di Omar Galliani e Erika Rossi

OM A R G A L L I A N I P E R V E D E R E L E OM B R E E I C OL OR I

Testo di Marisa Vescovo Scritto di Omar Galliani Poesie di Don Maclennan La cura e la traduzione dei testi poetici è di Marco Fazzini Organizzazione e coordinamento di Erika Rossi e M. Paule Fournier Rossi Ufficio stampa e pubbliche relazioni Gaëlle Rossi Foto di Alberto Terrile, Genova Luca Trascinelli, Montechiarugolo (PR) Erika Rossi, Reggio Emilia Cornici di Giancarlo Angeli, Parma © Don Maclennan per i testi originali in inglese / Don Maclennan for the English texts Le poesie di Don Maclennan stampate nel presente catalogo sono tratte dai seguenti volumi: Rock Paintings at Salem (2001); Under Compassberg (2003); The Poetry Lesson (1995); Letters (1992); The Road to Kromdraai (2002); The Dinner Party (2002). Si ringraziano i seguenti editori presso i quali i testi sono usciti in lingua originale: Graphics (Rhodes University); SnailPress (Cape Town); The Carrefour Press (Cape Town). Don Maclennan’s poems are taken from the following books: Rock Paintings at Salem (2001); Under Compassberg (2003); The Poetry Lesson (1995); Letters (1992); The Road to Kromdraai (2002); The Dinner Party (2002). Acknowledgements are due to the following publishers: Graphics (Rhodes University); SnailPress (Cape Town); The Carrefour Press (Cape Town). © 2005, 2000 & NOVECENTO - Edizioni d’Arte Stampato nel novembre 2005 dalla Grafiche Step, Parma

2000 & N OV E C E N T O E d i zi on i d ’A rte


p e r v e d e r e le o m b r e e i c olor i Voglio un disegno che veda dentro alle vene del foglio, voglio un disegno che abiti i muscoli del cielo, voglio un disegno che moltiplichi i doni, voglio un disegno che mi porti lontano, voglio un disegno che sfogli i petali di rose notturne, voglio un disegno che profumi di zolfo, voglio un disegno che lieviti i sogni, voglio un disegno senza colori, voglio un disegno che misuri gli oceani, voglio un disegno che profumi di sesso, voglio un disegno che dimentichi i sospiri e inauguri nuovi viaggi, voglio un disegno che esplori gli oceani, voglio un disegno che assomigli ai miei fianchi stanchi in una notte d’estate, chino su di un foglio bianco di neve raccolto a Natale tra le tue ciglia di perle sospese tra alberi adulti dove il pianto di tenere labbra chiama baci o morsi di sale e miele. Ti vedevo dall’alto e la tua nuca di rame svelta sfuggiva alle mie carezze lasciandomi un profumo intenso di rosa grave in cui il rosso del centro anima il cuore dei vivi. Vivere in te è come abitare il vulcano di notte, quando la polvere è in alto ed io abito l’abisso senz’acqua ed invoco le lacrime d’oro che hai spezzato sul mio petto una notte, la notte delle stelle migranti, che pigre scendono i fiumi delle mie vene nelle tue che oggi hai bevuto dicendomi “andiamo”. Non ti sei rassegnata e lanciandomi un grido interrotto dal vento mi hai chiamato sul grembo di vergine antica, genitrice di un nome che ha nel vello e nel corno il nobile tono che negli alti suoni beve il tuo sguardo. Carezza di pelle e unghia d’avorio abitano i tuoi respiri, donna di fede alta su trampoli di legno d’ulivo bruciato a novembre quando i tuoi sogni si svegliano acuti tra il freddo e la nebbia a Fontanellato dove Venere è sola nel suo bagno di specchi; lì ti ho vista mordere il seno di fiere indenni da terre e acque vicine. Mordimi un labbro e gli occhi, che la mia cecità ti sia di guida, fanciulla o madre delle mie mille paludi sospese tra terre di confine e d’amplesso. Giungi le mani affinchè io possa baciarle insieme nel giorno dell’angelo estremo che toglie il respiro e dona luce. La tua luce! Fiumaretta – Locanda dell’angelo 28/06/2005 Omar Galliani


i l c on c e tto d i s è e s ti le d i v i ta Il sentiero che conduce a noi stessi

“...la forma supera sempre la funzione pratica delle cose trovando nella loro configurazione le qualità visive di rotondità e di acutezza, forza e fragilità, armonia e discordia, e in tal modo le legge simbolicamente come immagini della condizione umana” R. ARNHEIM

Nel moderno politeismo dei valori – in verità sempre più deboli – ognuno di essi si pone in conflitto con gli altri, in quanto la nostra ragione non è in grado di additare un criterio universale per dare loro una scansione gerarchica, per operare nel loro ambito delle scelte. Il sapere scientifico – che non è superiore ai valori, ma si muove su un terreno altro – può solo mostrare agli uomini le diversità e i conflitti fra i valori stessi, la vastità delle scelte e il costo che ognuna di esse esige, l’inconciliabilità di una di esse rispetto ad un’altra. Il sapere scientifico, come dice Claudio Magris, può e deve demolire l’illusione di poter svicolare da queste cose inconciliabili, o di poter ricevere dalla scienza l’infallibile indicazione della strada da scegliere. La nostra odierna coscienza della crisi del senso comporta per tutti noi un’acutissima consapevolezza dei conflitti e delle lacerazioni implicite in ogni atto della vita. Dei torti che vengono sempre fatti a qualcuno con qualunque scelta, e poi della violenza e della colpevolezza sempre dietro l’angolo delle azioni umane. L’arte che nasce dal convinto confronto con le ineludibili contraddizioni del reale, è sempre pervasa dal doloroso rifiuto di ogni falsa ed impossibile innocenza, è un’arte che appartiene all’universo della realtà, alle peripezie della ricerca e della delusione, ad un mondo abbandonato dagli dei, e pervaso di nostalgia per il passato, e in particolare per l’infanzia. Oggi l’artificio prende il posto della natura, la tecnica appare l’unica realtà e uno dei pochi orizzonti immaginabili, il paesaggio metropolitano ci appare sempre più come una giungla che vive, obbedendo ad una legge che passa sopra la volontà degli uomini. Nel presente viene glorificato il simulacro, ovvero l’apparenza che non riveste alcuna verità e rimanda soltanto al proprio vuoto, anzi si tende a vedere tutto ciò che ci circonda come un simulacro, magari rallegrandosi per questa sostanziale scoperta. In questi anni di inizio millennio si stanno consolidando e diffondendo ulteriormente idee e convinzioni sulla natura umana, sulla sua strutturazione e sulla sua promozione che, mentre scaturiscono da grandi progressi scientifici, da nuovi e importanti studi, da situazioni economiche favorevoli, da un sostanziale allungamento e miglioramento della vita, da una globalizzazione fulminea e fulminante, sembrano però procedere velocemente verso derive precipuamente individualistiche e pseudoliberatorie, che rischiano di negare la complessità dell’esistenza, i valori etici e di ispirazione religiosa, intesi complessivamente. La stessa riflessione psicologica fatica, per molte ragioni, a collocarsi rispetto ai valori e alla dimensione spirituale in genere, rischiando così lo scardinamento delle posizioni svincolate dai grandi e profondi bisogni di senso e dalle nuove dimensioni sociali e etiche dell’umanità. Il rischio più grave è la rottura degli orizzonti profondi della persona sminuendo il peso dell’essere umano che non può infatti prescinde9


re dagli aspetti etici e spirituali che ne sono parte inscindibile. Tra le molte malattie del Novecento, è certo che una diffusa immaturità è sicuramente dilagata, come un virus influenzale per diventare, alla fine del secolo, un vero e proprio fenomeno di massa. Una svolazzante immagine di Peter Pan si è insinuata ovunque. Dall’animo degli adolescenti alla musica leggera, dalla politica alla vita quotidiana, dall’arte all’estetica, dalla comunicazione ai comportamenti. Anno dopo anno il culto della fanciullezza si è trasformato e radicalizzato: oggi gli individui adulti sono sempre più impegnati a conservare, a tutti i costi, la loro giovinezza, a “pensare giovane”, a vestirsi e magari a giocare come i ragazzi. Il mito dannoso del fanciullo si è venduto come paradigma di un essere ideale, quindi, rimanere o tornare ad essere bambini, sembra ormai essere diventato un destino incombente sulla nostra civiltà. Aveva ragione Milan Kundera: “I bambini non sono l’avvenire perché un giorno saranno adulti; ma perché l’umanità si avvicina sempre più loro, perché l’infanzia è l’immagine dell’avvenire”. Omar Galliani con questa sua nuova serie di opere, su tavola o su tela, “Nuovi santi”, 2004-2005, propone il suo acuto punto di vista sulla donna del nostro tempo, o meglio quella creatura, che molte donne vorrebbero essere, filiforme, androgina, aggressiva, sempre atteggiata in modo stereotipato come una top-model, tipica della carta patinata più raffinata, che magari mima l’estasi della Santa Teresa di Lorenzo Bernini – commistione di sentimento mistico e sensualità – in chiave di pruriginosa attualità. Queste donne in equilibrio instabile su tacchi a spillo, o con le gambe esili di bambina fasciate di morbidi ed erotici stivali, portano in scena il loro radicale non adattamento, teatralmente ostentato, alla normalità, alla ricerca di un’autonomia che è il sintomo sottile di una sofferenza nevrotica, mentale, chiusa in un mondo di ombre, sintomi che non possono essere facilmente eliminati, ma pure che non possono essere accettati impunemente. Potremmo definire queste creature altissime e bifronti, che stringono voluttuosamente a sé rosari perlescenti che legano le mani come manette (oppure li troviamo rotti a terra come rifiutati violentemente da un gesto di stizza, o in posizione gioco con la corda), o spade acuminate che si muovono con forza nello spazio, precisi “archetipi” capaci di abbracciare gli aspetti patologizzati e mitici, di questa nostra società del consumo estremo. Nel sintomo si articola l’etica dolente di questi soggetti malati, che ci parlano di sè, ma anche di noi, a nostra volta autori e correi della modernità. Svuotati di tutto, a secco di qualsiasi domanda articolata che li riguardi, questi soggetti ci pongono di fronte al reale fino alla materializzazione di un corpo consunto, fino alla materializzazione del vuoto e della morte. Dove vuoto e morte sono, entrambi, ossessioni e tabù dell’identità collettiva. Il reale di questi corpi rimanda al reale di un godimento tanto insopportabile quanto irrinunciabile: il godimento della pulsione di morte che, nelle generazioni del dopoguerra, sembra aver imboccato itinerari inattesi per compiere le sue stragi. Il nuovo sintomo si rifà strada, lasciandosi rappresentare da quell’inflessibile “nonnulla”, esibito dalla messa in scena di fattezze scheletriche e sguardi misteriosi, capaci di sfidare, o di incitare, il sapere dell’Altro. Di quale Altro? La Scienza, la Medicina, la Psicoterapia, la Psicanalisi, la Religione,…la Madre. Il soggetto di queste fanciulle si pone come chi dall’attribuzione di identità viene annientato. E allora in questo senso, come in altri tra cui oggi c’è anche l’arte, il soggetto “anoressico” sembra paradossalmente in grado di restituire al sintomo tutta la sua singolare e drammatica vitalità. Il soggetto sfibrato del nostro tempo si esprime per negazioni e per sottrazioni, tentando – tramite i comandi ermetici del proprio inconscio – di sottrarsi alla cattura tecnologica, al buon senso della salute, all’ideale del sapere tutto e niente, nonché all’aspirazione all’armonia e alla serenità. La serenità si presenta comunque come un mito persecutorio, di cui non si fa che parlare, poiché attraverso di esso ci si ostina a buttar fuori dalla scena il “diavolo”, e con lui il demone della contraddizio11


ne, dell’incoerenza, dell’inconciliabilità, dell’intemperanza, dell’antinomia: in ultima analisi l’estro e lo spirito sfrontato del desiderio. I pazienti di Freud, per esempio, nulla sapevano del loro animo, e del senso dei loro sintomi. I soggetti superinformati della post-modernità fidano sul fatto che fra i tanti protettori e garanti della loro eterna infanzia esistano sia gli psicoterapeuti, e in questo caso gli artisti che li leggono e li materializzano, detentori di alcune chiavi interpretative pertinenti ai loro comportamenti inquietanti, ai propri sogni, in attesa di acquisire un’altra forma di sapere che dovrebbe mettere in carreggiata ogni balordaggine e assurdità, panico o angoscia. Generato dal linguaggio e nel linguaggio il soggetto umano, oggi più che mai, non può eludere le malattie dell’inconscio che segnalano la sua essenziale relazione con l’alterità, ossia con l’enigma del desiderio. Ma Galliani vuole guardare più “dentro” le sue creature fatte d’ombra, dotate di innata eleganza, disegnandole a grafite con mano veloce e sintetica, in panni scuri, come se fossero poste in controluce su fondi luminosi o bui, cerca la presenza destabilizzante dei simboli – la spada segno fallico ma, talora simbolo di castità, è strumento in grado di cacciare i demoni, oppure arma dell’arcangelo Michele, ma soprattutto la ricordiamo tra le mani di Giuditta che taglia la testa di Oloferne, mentre il rosario è composto da una serie di perle infilate su un filo e simboleggia tutti i mondi e tutti gli stati della manifestazione dello spirito universale, ed è anche il soffio che dona loro la vita, infatti la formula pronunciata ad ogni grano deve essere collegata al ritmo della respirazione – vuole indagare la sensorialità e la concettualità delle forme che disegna con tanta danzante sicurezza, essa crea anche la forza germinale che contrasta col profilo di un’immagine coerente e compatta. Infatti sentiamo che lo sguardo di queste bellissime donne scandaglia uno specchio segreto, per capire fino a che punto esse sono possedute dall’occhio implacabile dell’anima. Ognuna di loro è straziata da un’esaltante utopia: quella di possedere il mistero dello sguardo, di dominare le lacune del desiderio, di riuscire a stornarlo dalle ombre dell’altrove. Il rapporto con l’immagine del corpo è per ogni soggetto, fin dall’origine, segnato da una lacerazione essenziale. Lacerazione con l’alterità che abita queste immagini e le fa essere, alienandole. Ma, soprattutto, nella creazione di queste immagini Galliani lavora sui vuoti, le cavità, le mancanze, più ancora che le sicurezze e le ridondanze. D’altronde l’egemonia del reale non fa né vivere né morire. Le donne di Galliani sembrano composte da un’infinità di tessere collocate secondo il pensiero dell’artista. Esse vanno forse in cerca di una nuova coscienza individuale, una “coscienza olistica, globale e universale”. Gli uomini e le donne occidentali, soprattutto in Europa, o più in generale nel cosiddetto mondo industrializzato, sono alla ricerca di qualcosa, sentono il bisogno di guarire da una malattia segreta, che li paralizza e li rende “disillusi”, essi hanno la sensazione di vivere in un mondo “disincantato”, privo di malia, d’incanto e di fascino, inconsciamente forse vogliono che inizi una nuova era. Ci sono valori positivi che occorre riconquistare: il ritrovamento del sacro, la riflessione sulle dimensioni mistiche dell’umanità, la ricerca di nuovi rapporti dell’essere umano con la natura, la difesa della donna, il tentativo di riconciliare la religione e la scienza, occuparsi della propria salute fisica e mentale, la consapevolezza della divinità presente in noi, la possibilità, a qualunque costo, di essere felici, oggi molto spesso negata da un ateismo arrogante, da troppa fede nel progresso scientifico, da un secolarismo asfissiante. Quella di oggi è forse una religione priva di Dio, ma dotata di numerosi idoli. E quindi in omaggio a tutto questo che i “nuovi santi”, o meglio le “nuove sante” in minigonna, o in blue jeans, di Galliani sono colpite da una sorta di luce (bacia soprattutto la fronte) che illumina e trasforma tutto, è un fuoco che brucia e purifica, è una presenza che concerne la parte più intima e profonda di tutti gli esseri e in particolare della coscienza, un’energia immanente nel cosmo e soprattutto nell’essere umano. Per 13


questo quando l’uomo penetra a fondo nella sua coscienza, si sente abitato da questa energia, che è il sostrato stesso dell’essere. Quando si giunge a questo sostrato, si produce una fusione fra l’essere umano e il divino, legato ad una concezione panteista del mondo legata alle religioni orientali. Le immagini che vediamo in mostra a Reggio Emilia, alla Galleria 2000 & NOVECENTO, chiudono in loro le componenti della femminilità e della mascolinità, il chè implica un’armonizzazione equilibrata sia a livello psichico che intellettuale, dell’animus e dell’anima, per superare la tradizionale contrapposizione fra il maschile (attività ed esteriorità) e il femminile (passività ed interiorità, intuizione e sensibilità). Un particolare interessante comune a tutte queste figure sono le mani, esse sono sempre in luce e chiaramente evidenziate come forme parlanti – su un’opera molto bella esse sono graffiate, con una punta sottile, su tutto il corpo della donna che affiora a fatica dall’ombra chiusa in una tuta, coronata da un’aureola di piccoli lumi rossi – infatti esse sono spesso paragonate all’occhio che vede, come pensano anche gli psicanalisti, i quali considerano la mano che appare nei sogni l’equivalente dell’occhio, le mani dell’uomo sono legate alla conoscenza e alla visione, avendo come fine il linguaggio. L’imposizione delle mani significa un trasferimento di energia o di potenza, inoltre sono arma e strumento. Galliani usa la posizione delle mani e delle dita come simbolo di atteggiamenti interiori, come si è visto per i principali mudra. In questa mostra fa sorprendentemente agire i suoi personaggi su pareti dipinte di giallo, blu, rosso, o grigio grafite, quasi a voler far provare alle sue creature il brivido di un altro mondo, fatto di luce e di cromie primeve e stranianti. Si notano inoltre delle minuscole tavolette, o meglio dittici, di cui una è lavorata a grafite e un’altra colorata e disegnata con motivi di fiori, di paesaggi, di organi del corpo così come li vediamo, nel presente, sulle riviste di medicina. Sono particolarmente intense le ultime, di clima simbolico-romantico, opere in cui si notano degli interni misteriosi (forse di interni di musei messicani) abitati da magiche piccole figure femminili che ci girano con determinazione le spalle per non lasciarsi riconoscere, o nuotano in specchianti piscine di luci trovate, donne davanti a uno schermo vuoto luminosissimo e abbacinante, o abbandonate sull’erba di un luogo saturo di mistero, galassie che appaiono e scompaiono, gondole sul ciglio di una laguna, fiori di loto e simboli fallici, cose e figure costruite con una fantasia febbricitante, come si sente in certi film messicani di Louis Bunuel. Due teste siamesi aureolate, un lampadario sfavillante abbracciato dall’ombra – realizzati con un bianconero sfarinato e intensissimo – non celebrano la vita quotidiana, routinaria, dei rapporti interpersonali che si disumanizzano, quindi delle persone che comunicano con la maschera del falso Sé, ma quella degli eventi straordinari come l’idealità, l’innamoramento, in fondo c’è una certa poetica esistenziale creata dalla soddisfazione dei desideri come l’amore, la festa, la preghiera, la poesia, la musica, che passano così dalla vita prosaica all’estasi del trascendente. Il gruppo di disegni in mostra, con la sua vaporosa lontananza di figure in metamorfosi alle soglie di un profondo cambiamento interiore, ci conduce a quando, attraversando momenti simili a paesaggi desolati, privi di ripari, ci aggiriamo presso l’ingresso di antri freddi, in un tempo che disorienta, e ci domandiamo dove si diriga la nostra vita, allora accade, talvolta, di seguire le orme di un’immagine che ci perseguita. Sono momenti in cui cerchiamo di sopportare la perdita di un bene, quando la memoria anziché placare esaspera, nella nostra solitudine, il rifiuto della fine. Sono momenti in cui si riconosce la fugacità della condizione umana e allo stesso tempo si desidera l’eternità a cui l’anima aspira, un paradosso celebrato nel mito di Orfeo. Tornano in mente le parole di Jung sulla “voce interiore”, che si forma in modo autonomo rispetto alla coscienza dell’Io ed esige di essere ascoltata, guida l’esistenza alla sua meta e, se tradita o non ascoltata, diviene spietatamente critica. Di fronte a queste enigmatiche immagini ci rendiamo conto della 15


carenza dei nostri gesti, il senso di inutilità e di vuoto, le depressioni, il bisogno di spiritualità e di valori per i quali spendere la vita, il disinganno e le delusioni che accompagnano e seguono le azioni meglio riuscite, lamentano la nostra mancanza di cura per quel legame con l’anima, senza il quale permaniamo come Orfeo nello sconforto. L’artista ha la fortuna di poter andare oltre il mondo delle apparenze, in virtù del legame sottile e connaturato che ha con il mondo delle ombre, che muove alla ricerca dell’anima perduta, ma è anche in grado di riconoscere la cifra del destino della propria creazione, quindi l’idea di morte acquista per lui una visione profonda e paradossalmente chiara, forse luminosa, della vita. Un lento e difficile cammino che ha sovente il volto della fine delle illusioni, del vanificarsi delle certezze, di un indebolirsi dell’identità. Un cammino che soltanto Ananke, la necessità, può indurci a percorrere. Costretti a un pericoloso viaggio per dare pienezza, complessità, e spessore, a un’esistenza altrimenti priva d’ombre, piatta e povera di profondità, decidiamo di scendere nel mondo delle ombre. Derain diceva che la pittura è produzione di un pathos. Per Galliani il pathos è il lancinante arresto delle cose di fronte a tutto quello che ci sopravanza, l’infinito Altro di cui il desiderio accompagna l’immagine. Marisa Vescovo

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Don Maclennan

L’intento d’ogni arte: sapere che è un miracolo che qualcosa almeno esista. L’arte ci fa vivere nell’essere, ci fa vedere. Al modo dell’amore anela ad essere incarnato; in embrione, vuole un posto per esistere. (18, da ROCK PAINTINGS AT SALEM, 2001)

Come muoiono le cose, o in realtà vivono? Sono cresciuto nel mondo fino al punto d’essere cosciente che quello mi penetrava più a fondo di ciò che mai ho conosciuto. (20, da ROCK PAINTINGS AT SALEM, 2001)

Per vedere le ombre e i colori, 2005 matita e pigmento rosso su tavola (dittico), cm 25 x 50 21


Chi vorresti essere tra queste: la donna che nuda siede al sole? o l’altra che la pioggia ama, e che s’infila dentro il letto per scaldarsi, portando con sé l’odore dei capelli inumiditi? (11, da UNDER COMPASSBERG, 2003)

Perché i testi antichi ci parlano ancora, le loro tre parole morte – dio, spirito, anima – seppellite come formiche dentro l’ambra? In quale altro modo possiamo evitare il labirinto della carne? (16, da UNDER COMPASSBERG, 2003)

Cosa è che manca allora? Il sovrastante potere dell’odore: fumo di legna, terra umida, capelli di donna, fuochi da radure, bucato pulito, pane fresco, arance tagliate il riconoscimento che il significato è nascosto nei particolari, la rivelazione di Blake che l’eternità risiede nell’amore assieme a ciò che il tempo genera. (27, da UNDER COMPASSBERG, 2003)

Per vedere le ombre e i colori, 2005 matita e pigmento rosso su tavola (dittico), cm 25 x 50 23


Osservando lo scalpello d’una mezza luna con calma tagliare il cielo freddo e scuro sono allibito, atterrito dal suo volo nella vacuità, e mi vedo crescere vecchio e rancido, diminuito da un racconto che si ripete. Sono vivo, e tu e tu e tu – che mangi, fai l’amore, indossi un vestito. Come puoi chiamare tutto questo un disordine della coscienza? (da THE POETRY LESSON, 1995)

Da bambino credevo nelle benedizioni: addio, buonanotte – eppure mi chiedevo come gli adulti sapessero esattamente come esercitare tale accarezzamento rituale. Ora capisco che è raro il tatto, il conforto, la consolazione, il piacere: siamo torturati dall’urgenza di tenerci stretti l’un l’altro – il nostro desiderio che le braccia di qualcuno riescano a fermare il precipizio dentro la disperazione. (da THE POETRY LESSON, 1995)

Per vedere le ombre e i colori, 2005 matita e pigmento blu su tavola (dittico), cm 20 x 40 25


AGLI ANTICHI Mi ritrovai nel letto rilassato e caldo, vicino a una donna i cui slanci sgorgano diretti dentro l’essere, ex nihilo, come i miei. Dopo tutto, siamo congegni ispirati che garantiscono ritorni di favore e soddisfacimenti reciproci. Per quale altra ragione il Simposio finisce in amore? (da LETTERS, 1992)

Per vedere le ombre e i colori, 2005 matita e pigmento blu su tavola (dittico), cm 20 x 40 27


REALTÀ Sogno talvolta di ripescare i principi che sottendono la mia vita. È un sogno, ovviamente. Ma il corpo tuo nell’oscurità, la vacuità, il margine del presente: vi costruirò strutture sopra, menzogne se necessario, nella lingua tremolante che Dante ebbe sottomano, diciamo “amore” e “bellezza” anche se la lampada balugina e solo una notte ancora resta. (da THE ROAD TO KROMDRAAI, 2002)

Per vedere le ombre e i colori, 2005 matita e pigmento giallo su tavola (dittico), cm 34 x 68 29


Appaio come un angelo barocco, alto, bello, con seni discreti e una voce pura come acqua minerale. Il mio giardino non è proprio il Giardino dell’Eden, ma è fresco e lindo, dotato d’una eleganza preparata e fiori grezzi e appassionati. Sono esigente, ma nel modo più gentile, nel modo più amoroso. (VIII, da THE DINNER PARTY, 2002)

EPILOGO Senza il desiderio non c’è vita. Toccando il conosciuto, la tua mano rivela ciò che è sconosciuto – acqua, pietra, donne, stelle. Misura il tuo valore contro quelli. (da THE DINNER PARTY, 2002)

Per vedere le ombre e i colori, 2005 matita e pigmento giallo su tavola (dittico), cm 34 x 68 31


Don Maclennan

The purpose of all art: to know it is a miracle that anything at all exists. Art lives us into being, makes us see. Like love it yearns to be embodied; inchoate, it wants a place to be. (18, from ROCK PAINTINGS AT SALEM, 2001)

How do things die, or really live? I grew through the world until I realised it penetrated me more deeply than I knew. (20, from ROCK PAINTINGS AT SALEM, 2001)

Per vedere le ombre e i colori, 2005 matita e pigmento rosso su tavola (dittico), cm 25 x 50 33


Who would you rather be: the woman who sits naked in the sun? or that other one who loves the rain, and getting into bed for warmth, bringing with her the smell of damp hair? (11, from UNDER COMPASSBERG, 2003)

Why do ancient texts still speak to us, their three dead words – god, spirit, soul – entombed like ants in amber? How else can we escape the labyrinth of flesh? (16, from UNDER COMPASSBERG, 2003)

What’s missing, then? The overwhelming power of smell: woodsmoke, wet rock, women’s hair, veld fires, clean washing, fresh bread, cut oranges acknowledgement that meaning is hidden in particulars, Blake’s revelation that eternity is in love with the productions of time. (27, from UNDER COMPASSBERG, 2003)

Per vedere le ombre e i colori, 2005 matita e pigmento rosso su tavola (dittico), cm 25 x 50 35


Watching the half-moon chisel calmly through the cold night sky I am dismayed, appalled by its flight into emptiness, see myself grow old and stale, diminished by the repeating tale. I am alive, and you and you and you – eating, making love, putting on a dress. How can you call this a disorder of consciousness? (from THE POETRY LESSON, 1995)

As a child I believed in blessings: goodbye, goodnight – yet wondered how the grownups knew just how to exercise such ritual caressing. Now I see that touch is rare, comfort, consolation, or delight: we’re tortured by the urge to hold each other tight – our wish that someone’s arms could stop the fall into despair. (from THE POETRY LESSON, 1995)

Per vedere le ombre e i colori, 2005 matita e pigmento blu su tavola (dittico), cm 20 x 40 37


TO THE ANCIENTS I found myself in bed, relaxed and warm, next to a woman whose urges spring directly into being, ex nihilo, like mine. After all, we are inspired contraptions that guarantee returns of favour and mutual satisfactions. Why else does the Symposium end in love? (from LETTERS, 1992)

Per vedere le ombre e i colori, 2005 matita e pigmento blu su tavola (dittico), cm 20 x 40 39


REALITY Sometimes I dream of dredging up the principles that underlie my life. It is a dream, of course. But your body in the dark, the void, the verge of the present: I will build structures over it, lies, if must be, in the shimmering language Dante found to hand, say ‘love’ and ‘beauty’ even though the lamp is flickering out and only one more night is left. (from THE ROAD TO KROMDRAAI, 2002)

Per vedere le ombre e i colori, 2005 matita e pigmento giallo su tavola (dittico), cm 34 x 68 41


I look like a baroque angel, tall, handsome, with modest breasts and a voice as pure as Evian water. My garden isn’t quite the Garden of Eden, but it’s fresh and clean, with studied elegance and passionate, rude flowers. I am demanding, but in the kindest and most loving way. (VIII, from THE DINNER PARTY, 2002)

EPILOGUE Without desire there is no life. Touching the known, your hand reveals the unknown – water, stone, women, stars. Measure your worth against them. (from THE DINNER PARTY, 2002)

Per vedere le ombre e i colori, 2005 matita e pigmento giallo su tavola (dittico), cm 34 x 68 43



Nuovi fiori, nuovi santi, 2005 matita su tavola cm 220 x 60

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Nuovi fiori, nuovi santi, 2005 matita su tavola cm 211 x 123

48


Nuovi santi, 2004 matita su tavola cm 252,5 x 187,5

50


Nuovi fiori, nuovi santi, 2005 matita su tavola cm 50 x 50

52


Nuovi fiori, nuovi santi, 2005 matita su tavola cm 50 x 50

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Nuovi fiori, nuovi santi, 2005 matita su tavola cm 50 x 50

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Nuovi fiori, nuovi santi, 2005 matita su tavola cm 50 x 50

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Nuovi fiori, nuovi santi, 2005 matita e pigmento rosso su tavola cm 60 x 60

60


Nuovi fiori, nuovi santi, 2005 matita su tavola cm 60 x 60

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Nuovi santi, 2004 carbone e pastello rosso su tavola cm 200 x 155

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Nuovi santi, 2004 olio su tela cm 226 x 168

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Nuovi santi, 2004 olio su tela cm 226 x 168

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Nuovi santi, 2004 olio su tela cm 226 x 168

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Nuovi santi, 2004 olio su tela cm 226 x 148

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Nuovi santi, 2004 olio su tela cm 226 x 168

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Nuovi santi, 2004 olio su tela cm 226 x 168

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Nuovi fiori, nuovi santi, 2005 matita e pigmento giallo su tavola cm 100 x 100

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Nuovi fiori, nuovi santi, 2005 pastelli su tavola (dittico) cm 150 x 300

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Nuovi fiori, nuovi santi, 2005 matita e pigmento rosso su tavola cm 50 x 50

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Omar Galliani è nato nel 1954 a Montecchio Emilia (Reggio Emilia) dove vive e lavora.

1997 “Disegno”, Camera dei Deputati, sede di Vicolo Valdina, Roma; “Il nuovo sipario del Teatro Civico”, Norcia (PG); Cardelli e Fontana Arte Contemporanea, Sarzana (SP); Museum Galerie, Litomyls (Repubblica Ceca); “Assunta”, Battistero, Reggio Emilia.

Principali mostre personali 2005 “Nuevos flores - nuevos santos”, Museo de Arte Contemporáneo, Guadalajara (Messico); Fon dazione Olmedo Patinio, Città del Messico; “Nuovi fiori - nuovi santi”, Museo de Arte Contemporánea, Cuernavaca (Messico); “Grande disegno italiano”, Archivi di Stato Biblioteca Reale, Torino; “Dise gno Italiano”, Mestna Galerija, Ljubjlana; “La figlia era nuda”, Fondazione Mazzotta, Milano; “Per ve de re le om bre e i colori”, Galleria 2000 & NOVECENTO, Reggio Emilia.

1996 “Blu oltremare”, Castello Doria, Porto Venere; “Per Adriano”, Museo di Villa Adriana, Tivoli. 1995 “Disegno”, Galleria d’Arte Moderna, Bolo gna; Studio Gastaldelli, Milano; Galleria Niccoli, Parma; Marella Arte Contemporanea, Sarnico (BG). 1994 Marian Locks Gallery, Filadelfia; Spazio Krizia, Milano; Museo d’Arte Contemporanea, San José de Costarica.

2004 “Madre terra”, Palazzo Binelli, Carrara; “Di polvere, perle e seta”, Polveriera Napoleonica, Palmanova (UD); “Soltanto rose”, Complesso di Santa Sofia, Salerno; “Open Your Eyes”, Galerie Beukers, Rotterdam; “Nuove anatomie”, Palazzo Magnani, Reggio Emilia.

1993 Ridotto del Teatro Argentina, Roma; Museo d’Arte Moderna e Contemporanea, Rimini; Cleto Polcina Arte Contemporanea, Roma; Galleria Gra ziano Vigato, Alessandria.

2003 “Nuove anatomie”, Spazio Consolo, Marella Arte Contemporanea, Milano; Galerie Ernst-Hilger, Vienna; “Disegnata”, Galleria d’Arte Contem pora nea Osvaldo Licini, Ascoli Piceno; “I Biennale Inter nazionale”, Millennium Museum, Pechino.

1992 “Disegno”, Museo d’Arte Moderna e Contem poranea, Modena; Pascual Lucas, Valencia; Palazzo Ducale, Urbino; “Luci e santi”, Palazzo Comunale, Norcia (PG).

2002 “Bellezza, biologia, bionica”, Palazzo Trinci, Foligno (PG); “Se non apri gli occhi”, Marella Arte Contemporanea, Milano.

1991 Rocca Paolina, Perugia; “Il nuovo sipario del Teatro Valli”, Teatro Municipale e Musei Civici, Reggio Emilia; Ss. Abbazia di Sassovivo, Foligno (PG).

2001 “Grande disegno siamese”, Galleria 2000 & NOVECENTO, Reggio Emilia; Galleria Graziano Vigato, Alessandria; Galerie Binz&Kramer, Colonie; “Ut signum poesis”, Cardelli Arte Contemporanea, Pietrasanta (LU).

1990 Pinacoteca Comunale di Ravenna. 1988 “Cadmio”, Palazzo Novellucci, Prato; Forum Zurigo; Civici Musei, Rimini; Marian Locks Gallery, Filadelfia; Enrico Gariboldi, Milano; Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, Cesena.

2000 “Aurea”, Museum of the Central Academy of Fine Arts, Pechino; Guandong Museum of Art, Can ton; “Idillio”, Flash Art Museum Trevi; Palácio Foz, Lisbona.

1987 Art Köln 21, Colonia.

1999 “Premio Marche”, Mole Vanvitelliana, Ancona; “La casa di Lucrezia”, Bolognano (PE).

1985 Arnold Herständ Gallery, New York; Civici Musei, Reggio Emilia.

1998 “Feminine Countenances”, New York University, New York; Galleria Civica d’Arte Contem po ranea, Siracusa; Pio Monti, Macerata; “Silentium”, ex Chiesa delle Concezionute, Giuliano (NA).

1984 Studio 2C, Roma; “XLI Biennale Internazionale d’Arte”, Venezia. 1983 “Le tue macchie nei miei occhi”, Lewis Johnston

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2000 “Cantico 2000”, Palazzo della Permanente, Milano; Palazzo Reale, Napoli; “Immagine di impegno - Impegno di immagine”, Complesso ex Mattatoio, Roma.

Gallery, Londra; Galleria Weber, Torino. 1982 Galleria G7, Bologna; Artra Studio, Milano; “XL Biennale Internazionale d’Arte”, Venezia.

1999 “La casa di Lucrezia”, Bolognano (PE); Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato.

1981 “Tra le tue fauci”, Galleria La Salita, Roma; Castel Sant’Elmo, Napoli.

1998 “Pittura iconica”, Galleria d’Arte Moderna, Bologna; “L’Europa era una dea”, Palazzo delle Ar ti, Marsiglia; “Acquisizioni”, Museo d’Arte Moderna, Bologna.

1980 Galleria Primo Piano, Roma; Palazzo dell’Arengo, Rimini; Museo Archeologico e Fonte Aretusa, Siracusa; International Cultureel Centrum, Anversa.

1997 “Angels”, Columbus Center - Carrier Gallery, Toronto; “49° Premio Michetti”, Fondazione F.P. Michetti, Francavilla (CH).

1979 “Inremeabilis Error”, Galleria Peccolo, Livorno; Galerie Drehscheibe, Basilea; Galleria Forma, Genova. 1977 “Rappresentazione di una rappresentazione”, Galleria G7, Bologna.

1996 “VII Biennale d’Arte Sacra”, Santuario di San Gabriele, Teramo; “XII Quadriennale Italia 1950-1990, Ultime generazioni”, Palazzo delle Esposizioni, Roma; “A world of art”, William Wipple Gallery, South W. Univ., Mashall - Minnesota (USA).

Principali mostre collettive

1994 “Di carta e d’altro”, Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato; “XII Premio Alfons Roig”, Bellreguard, Valencia; “Drawings”, Art Gallery, Hamilton - Ontario (USA).

2005 “50 anni d’arte contemporanea italiana”, Museo d’Arte Moderna, Belgrado e Reggia Ducale di Colorno “Arte Italiana dal 1950 a fine millennio”; “II Biennale Internazionale”, Millennium Museum, Pechino; “Bologna contemporanea”, Museo d’Arte Moderna, Bologna; “L’opera al nero”, Mole Vanvitelliana, Ancona e Galleria 2000 & NOVECENTO, Reggio Emilia; “Siamese drawings”, Galerie Beukers, Amsterdam.

1993 “Tutte le strade portano a Roma”, Palazzo delle Esposizioni, Roma; “International Drawings”, The Institute of Contemporary Art, Boston; Galerie Gastaud et Caiard, Parigi.

2004 “Da Balla alla transavanguardia, cento anni di arte italiana alla Farnesina”, Palazzo della Triennale, Milano; “Riflessi nell’arte”, Mole Vanvitelliana, Ancona; “Disegnare il marmo”, Palazzo Binelli, Carrara; “Carta canta”, Galleria Barbara Behan, Lon dra e Galleria Grossetti, Milano; “Umelciz R.E.”, Omoluc (Rep. Ceca).

1992 Pascual Lucas Gallery, Valencia (Spagna); Cleto Polcina Arte Contemporanea, Roma; “Drawing”, Museum of Art, Sidney. 1991 “Directions”, Marian Locks Gallery, Filadelfia; “Now in Italy”, Kodama Gallery, Hosaka; “The int. art show for end of world hunger”, Museo del Barrio, New York; “Ambienti”, Palazzo delle Stelline, Milano.

2003 “Mito contemporaneo - Futurismo e oltre”, Basilica Palladiana, Vicenza; “I Prague Biennale”, Galleria Nazionale, Praga; “I Biennale In ter na zio nale”, Millennium National Museum of Fine Art, Pe chino (Primo premio internazionale).

1990 “Artisti italiani oggi”, Museo d’Arte Moderna, Lima (Perù); Schneider Museum of Art, Ashland - Oregon (USA); Cuartel de dragones, Maldonado (Uruguay) e Museo d’Arte Contemporanea (Puertorico); Marian Locks Gallery, Chicago; Scottsdale Center for the Arts, Arizona (USA).

2001 “Raffaello e l’idea della bellezza”, Castel Sant’Angelo, Roma.

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italiana”, XVI Biennale Internazionale d’Arte, Museo d’Arte Moderna, Tokyo, Hiroshima, Kjoto, Nagasachi Museum; “Aperto ‘82”, XL Biennale In ternazionale d’Arte, Venezia; “XII Biennale di Parigi”, Musée de la Ville, Parigi; “Arte italiana - 1950-82” Hayward Gallery, Londra; “Art and critics”, Marshall Field’s, Chicago.

1989 “Arco”, Cleto Polcina Arte Contemporanea, Madrid; “100 anni d’arte europea”, Palazzo delle Esposizioni, Faenza. 1988 “Artist and hunger”, Sonia Heinie-Neils Foundation, Hovikkoden (Norvegia) e Künstmuseum, Goteborg; Kolnischer Kunstverein, Köln; Musée de Art Africans et Océanics, Parigi; Barbican Art Gallery, Londra; Marian Locks Gallery, Filadelfia; “Le collezioni difficili”, Palazzo dei Diamanti, Ferrara.

1981 “XVI Biennale”, San Paolo del Brasile; “Linee della ricerca artistica in Italia 1960-1980”, Palazzo delle Esposizioni, Roma; “Le style”, Museo d’Arte Moderna, Tours (Francia); “Situation Schhweiz”, Galerie Nachst St. Stephan, Vienna.

1986 “Arte e scienza”, XLII Biennale Internazionale d’Arte, Venezia; “Arte come storia dell’arte”, XI Quadriennale, Palazzo delle Esposizioni, Roma; “Artist and Hunger”, Minnesota Museum of Art, Saint Paul; “Anniottanta”, Galleria d’Arte Moderna, Bologna; “19601985, Aspekte der Italienischen Kunst”, Frankfurter Kunstverein, Haus am Waldsee, Berlino, Kunstverein, Hannover, Hochshule fur kunst, Vienna, Kunstverein, Bregenz; “Museo parallelo”, Piran, Koper, Ljubljana, Maribor, Sarajevo, Galleria d’Arte Contemporanea, Zagabria.

1980 “Arte e critica 1980”, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma; “Magico primario”, Palazzo dei Diamanti, Ferrara; “Nuova immagine”, Palazzo della Triennale, Milano; “Genealogie”, Studio Marconi, Milano. 1979 “I Triennale Internazionale del disegno”, Künsthalle, Norimberga; “Le alternative del nuovo”, Palazzo dei Diamanti, Ferrara; “Il nuovo contesto”, Studio Marconi, Milano; “L’annunciazione di Antonello”, Museo Bellomo, Siracusa.

1985 “Les ruines de l’espirit”, Università di Tolosa (Francia); “L’Italie aujourd’hui, 1970-1985”, Centr. N. d’Art Contemporain, Villa Arson, Nizza; “Anacronisti italiani”, Museo de Conde Duque, Madrid; “Anniottanta”, Museo d’Arte Moderna, Bologna.

1978 “Arte come storia dell’arte”, Galleria Peccolo, Livorno.

1984 “XXIX Biennale Nazionale d’Arte”, Palazzo della Permanente, Milano; “Arte allo specchio”, XLI Biennale Internazionale d’Arte, Venezia; “La forma e l’informe”, Galleria d’Arte Moderna, Bologna; “Il segno della pittura e della scultura”, Palazzo della Permanente, Milano; “XII Pariisin Biennale”, Museo Charlottenborg, Copenaghen; “Anakronisti ili slikary memorije”, Belgrado - Zagabria; “Umgang mit der aura”, Stadtische Galerie, Regensburg (Germania). 1983 “XII Biennale di Parigi”, Sara Hildénin Taidmuseo, Tampere (Finlandia) e Museo Chrlot tem borg, Copenaghen; “La forma e l’informe”, Museo d’Ar te Moderna, Bologna. 1982 “Generazioni a confronto”, Istituto di Storia dell’Arte, Università La Sapienza, Roma; “100 anni d’arte

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE GALLERIE D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA


M a ri s a Ve s c ov o

OM A R G A L L I A N I P E R V E D E R E L E OM B R E E I C OL OR I

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V i a E m i li a S a n P i e tr o, 21 42100 R e g g i o E m i li a - I ta li a te l. +39 0522 580143 • f a x +39 0522 496582 e -m a i l: duemilanovecento@ tin.it we b : www.duemilanovecento.it Ora ri : 10/12.30 -16/19.30 C h i u s o la m a tti n a d i G i ov e d ì A p e rto D om e n i c a e F e s tiv i

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19 N OV E M B R E 2005 - 19 G E N NA I O 2006

2000 & N OV E C E N T O

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