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Come gestire la potatura

“La potatura è una pratica essenziale e vitale i cui fini sono chiarissimi in numerosi settori ma In arboricoltura urbana non esiste un testo che dia precise e pratiche regole"

La fine dell’estate è il momento per una serie di interventi per la manutenzione dei pini

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di Fabio Agabiti Rosei

Scrivere di potatura e di corrette cure da prestarsi agli alberi in ambito urbano non è semplice. Non è semplice perché purtroppo sono sull’argomento si confrontano diverse "scuole", ciascuna delle quali pretende di avere la soluzione migliore. Si passa, così, da un estremo all'altro: dai filari di platani orrendamente scalvati, all'asserzione che le piante non necessitano mai e comunque di interventi cesori. In realtà il problema è complesso e merita delle risposte scientifiche e pratiche serie; non basate su intuizioni o soluzioni personali. Potare bene significa aiutare in modo decisivo ed insostituibile l'albero, stressato dalle condizioni in cui è costretto a vivere. Potare male significa, viceversa, infliggere all'albero un danno che si trascinerà per tutta la sua vita. È quindi importante distinguere il potare bene dal cattivo modo di potare. Gli interventi cesori dissennati sono ancora oggi, in Italia, una pratica consolidata e radicata: ma ciò non significa necessariamente che la pratica in sé sia sempre e comunque perniciosa. Questa confusione nei termini ha generato molte incomprensioni e dissapori anche tra gli addetti ai lavori e tra i tecnici. Qui si vuole fare il punto sulla potatura dando delle soluzioni che sono frutto di esperienze pratiche e teoriche e vista la complessità dell’argomento per maggiore chiarezza si è deciso di dividere le informazioni in due parti. Perché potare

La potatura è una pratica essenziale e vitale i cui fini sono chiarissimi in numerosi settori: in frutticoltura le piante sono potate per migliorare la produzione qualitativa e quantitativa, in bonsaistica per regolare la forma e l'armonia dell'albero, in floricoltura urbana per migliorare la qualità del fiore. In arboricoltura urbana le finalità non sono così chiare ed evidenti e non esiste un testo che dia precise e pratiche regole. Le situazioniì dei singoli alberi o filari sono oltretutto molto variabili e quindi i modelli o le indicazioni teoriche non possono essere applicate o seguite. Perché gli alberi di città sono potati, mentre quelli nei boschi o in foresta non lo sono? La risposta potrebbe essere banale: l'albero in foresta cresce dove si sviluppa meglio, l'albero in città cresce là dove è stato messo a dimora. La pianta nel bosco cresce in stretta comunità con gli altri alberi, i rami più bassi muoiono ancora giovani e possono essere abscissi. Gli alberi in città hanno modificato anche il portamento, avendo una chioma più aperta con rami basali più grossi. Quando questi muoiono o vengono potati e ne risultano ferite notevolmente più grosse, che diventano facile preda di patogeni. Solo in teoria, l'albero ha incrementi ponderali ad ogni stagione vegetativa. La pianta è un sistema che genera nuovi tessuti e che successivamente li perde con l'abscissione. La generazione è correlata all'abscissione. Ciò spiega perchè gli incrementi ponderali non sono correlati direttamente con le necessità di spazio e di energia. In teoria, la potatura degli alberi in città aiuta a regolare la massa e a prevenire rotture di rami con difetti strutturali e meccanici.

Quando potare

Il periodo più opportuno per la potatura dipende dalla specie, dalle condizioni vegetative e dal risultato finale desiderato. Deboli interventi cesori possono essere eseguiti in ogni periodo dell'anno, come pure la rimonda del seccume o l'asportazione di rami spezzati. La potatura nel periodo "sbagliato" non uccide, come qualcuno pensa, l'albero, ma può, temporaneamente, ridurne la fioritura o la crescita. I periodi critici annuali nel vigore di un albero sono essenzialmente due: la fase di emissione delle foglie, in cui l'albero eroga grandi energie, e l'abscissione autunnale delle medesime, in cui la fase di sporulazione di molte crittogame è elevata. In queste due epoche è meglio non potare. Il periodo più usuale d'intervento risulta essere la fine dell'inverno. La potatura verde è pratica emergente e da consigliarsi in molte situazioni. L'effetto più appariscente che provoca è la riduzione del vigore delle cacciate; in questa ottica, il periodo più efficace, su numerose specie, va dalla primavera all'inizio dell'estate. Intervenendo in questo periodo si riduce più a lungo la superficie fogliare. La potatura verde è consigliabile anche oggi negli interventi riformativi, quando cioè si tenta di correggere i danni causati da precedenti tagli di capitozzo o quando si vuole eliminare cacciate in sovrannumero. È consigliabile effettuare la potatura su conifere dopo la fioritura.

Dove potare

Per decenni, ed ancora oggi, si è detto e scritto di eseguire tagli a filo tronco e di ricoprire, poi la ferita con mastici "cicatrizzanti". Tutto ciò magari senza che fosse ben chiara l'unione tra tronco e ramo. Recenti studi sperimentali hanno chiarito questa unione che è, in genere, molto salda e a livello anatomico particolare. Si tratta, infatti, di una doppia unione che fornisce nel medesimo tempo robustezza ed elasticità. Esemplificando, si tratta di un doppio collare che in alcune specie (faggio, betulla) è molto ben evidente anche in natura. In natura, quando un ramo si secca per carenza di luce, è molto ben visibile la separazione tra il legno vivo del tronco e i tessuti morti del ramo. È necessario che anche l'intervento dell'uomo ricalchi ciò che avviene in situazioni naturali. Tagliare dunque il più vicino possibile al collare del ramo, senza andare a danneggiarlo. Nel collare sono presenti barriere chimiche di protezione che si oppongono naturalmente ai microrganismi: i tagli a filo tronco o tagli rasi ("flushcut"), rimuovendo queste

“Ogni albero è un individuo a sé, con la propria storia, i propri traumi, i propri punti interni di debolezza strutturale, la propria differente vitalità. Ne consegue che è estremamente sbagliata la potatura cosiddetta "a campione"

barriere e facilitano l'ingresso dei patogeni. In aggiunta il taglio raso va a ledere direttamente il tronco causandovi la formazione di un'eventuale "barrier zone", che è punto strutturalmente più debole e che può quindi in seguito fessurarsi o spaccarsi. L'uso e la ricopertura dei tagli di potatura con i mastici "cicatrizzanti" vengono raccomandati vivamente, tanto che in numerosi capitolati d'appalto se ne obbliga l'uso. In realtà la ricopertura con resine è da considerarsi una medicina psicologica per il proprietario dell'albero o per chi esegue i tagli; sicuramente rappresenta il tentativo più appariscente di antropizzazione delle cure da prestarsi agli alberi. In altri casi, e questo è molto grave, rappresenta per l'operatore incapace e superficiale la "vernice" che ricopre sbagli e nefandezze. Quante volte di fronte a lavori mal eseguiti o a capitozzi evidenti la risposta dell'operatore è stata "ma ho messo il mastice!"? Quali sono i motivi per cui si applica il mastice? Le risposte sono numerose, e tutte, comunque supportate da pochi o nulli dati scientifici. L'efficacia di un mastice non può essere dimostrata, anche a livello sperimentale, dalla vigoria o velocità nell'emissione dei tessuti cicatriziali. I tessuti alterati dai patogeni interessano il legno presente all'epoca della ferita. In realtà la formazione del calcio è associata al ritmo di crescita dell'albero: una pianta che cresce in fretta e vigorosamente emette velocemente un largo callo; più si esegue un taglio raso, andando a danneggiare i tessuti del tronco, più vi è veloce emissione di callo. Il vero, unico, almeno al momento, naturale cicatrizzante attivo da milioni di anni è il rispetto del collare e delle barriere protettive naturali interne. Eseguire il taglio correttamente - e tale indicazione dovrebbe entrare d'uso nei capitolati - è l'unica arma a disposizione per aiutare l'albero.

Come potare

Enunciare regole precise di taglio sarebbe semplicistico se non impossibile. Troppo diverse dall'eventuale modello teorico sono le situazioni ed il materiale vegetale su cui l'arboricoltore deve intervenire. Troppe volte si è chiamati ad intervenire su filari che per sbagli agronomici d'impianto o per errori antecedenti di potatura sono rovinati e sarebbero da sostituire, ma ciò spesso non è possibile. Come in altri settori anche in arboricoltura sarà bene prevedere modi e misure differenti di taglio, che terranno conto dell'età dell'albero e delle condizioni in cui si trova. Ciò per facilitare il compito di chi poi andrà a potare. Un'ulteriore considerazione è doverosa: ogni albero è un individuo a sé, con la propria storia, i propri traumi, i propri punti interni di debolezza strutturale, la propria differente vitalità. Ne consegue che è estremamente sbagliata la potatura cosiddetta "a campione", perché non tiene conto delle individualità precise e costituite. È bene poi non dimenticare che i tagli rappresentano comunque un'aggressione alla pianta; andranno quindi evitati tagli su grosse sezioni, superiori a 10 cm. Se il taglio è ben eseguito nel rispetto del collare e se la pianta è sufficientemente vigorosa, gli agenti cariogeni saranno isolati ed il danno patito sarà ridotto al minimo. Nel prossimo articolo si evidenzieranno le diverse tipologie e tecniche di potatura. ✻

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