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Camperisti e camping, un’alleanza ancora possibile?

I cinquant’anni della rivista PleinAir sono l’occasione per parlare con l’attuale direttore Bruno Andrea Ciattini di due mondi uniti dalla passione per l’open air

Camperisti e camping,

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un’alleanza ancora possibile?

di Pietro Licciardi

In principio fu 2C, acronimo di Caravan e Camping, rivista fondata da Raffaele Jannucci nel 1971 sull’onda del diffondersi anche in Italia della voglia di vacanze in libertà, a bordo di roulotte. Un nuovo tipo di turista “nomade” stava percorrendo l’Italia da Nord a Sud, e per poterlo fare aveva talvolta bisogno di aree di sosta e spazi dove poter parcheggiare e soggiornare; motivo per cui la recettività all’aria aperta è subito entrata nel dna della testata, come dice l’attuale direttore di PleinAir, Bruno Andrea Ciattini, il quale ricorda anche che i camper, e con esso la locuzione “Abitar viaggiando” coniata da Alberto Galassetti, sono arrivati un pochino più tardi in ordine cronologico, «ovvero quando l’avvento della cellula abitabile motorizzata ha dato il via alla riflessione sul veicolo abitativo come strumento di libertà per vivere il proprio tempo libero a tutto campo, e al tempo stesso come opportunità per ripensare il rapporto fra l’uomo e lo spazio, fra le persone e l’ambiente». Nell’Italia del boom economico che cementificava le coste con le seconde case e gli alberghi, il campeggio e gli strumenti per viverlo erano già allora indicati dalla rivista come una strategia per un turismo sostenibile. E ancora oggi le pagine della rivista continuano a promuovere l’immagine del campeggio in Italia come all’estero attraverso articoli, inchieste, rubriche e approfondimenti di vario genere.

Ciattini, nel corso dei cin-

quant’anni di storia della rivista avete praticamente visto nascere il turismo italiano su ruote, seguendone la crescita fino ad oggi. Secondo la vostra esperienza quale sarà la prossima evoluzione del settore?

«Il turismo in camper, e in misura inferiore quello in caravan, è stato oggetto negli ultimi tempi di un impulso straordinario: la pandemia non ha fatto che accelerare un processo che in realtà era già in corso. La tendenza in atto non può che consolidarsi nel tempo a venire perché questa forma di turismo è fra quelle che, per propria natura, meglio rispondono alle tematiche legate alla tutela ambientale e allo sviluppo sostenibile. Questa voglia di veicolo ricreazionale ha trovato riscontro anche nell’ultima edizione del Salone del Camper, secondo evento europeo del settore, che ha visto affacciarsi in fiera un pubblico nuovo composto da giovani e famiglie. Come e dove orientare questa domanda? A mio avviso

“Nei decenni

passati la diffusa tendenza delle strutture a trasformarsi in villaggi se da un lato ha consentito alle strutture stesse di sopravvivere, dall’altro ha generato un certo disamore nei camperisti.

saranno in vantaggio quei territori che sapranno organizzare l’accoglienza verso questi turisti con una visione ampliata e trasversale capace di intercettare tutti i fenomeni emergenti -penso ai cammini, alla mobilità dolce in bicicletta, alla riscoperta dei borghi minori e dei territori rurali - che si sposano perfettamente con la filosofia della vacanza en plein air.

Il turismo su ruote troverà

nei campeggi, che nel frattempo sono diventati dei villaggi, ancora dei validi partner? E perché questo avvenga secondo il vostro punto di vista come dovranno adeguarsi i campeggi?

«Stando a un sondaggio realizzato da PleinAir su un significativo campione di visitatori del Salone del Camper 2020, il confronto fra campeggi e aree di sosta nelle preferenze del camperista vede le due tipologie in un sostanziale pareggio. La tendenza che emerge da parte del turista-viaggiatore è quella di non fossilizzarsi su di una specifica tipologia ma di lasciare sempre aperta la strada alle opportunità offerte dal luogo e dal momento, secondo quella creatività e libertà di interpretare il viaggio senza schemi né piani prefissati che è la vera quintessenza del pleinair. Non tutti i campeggi hanno abbandonato la propria vocazione originale di spazi-natura dove trovare tranquillità, silenzio e semplicità. Nei decenni passati, tuttavia, la diffusa tendenza delle strutture ricettive all’aria aperta a trasformarsi in villaggi se da un lato ha consentito alle strutture stesse di sopravvivere, dall’altro ha generato un certo disamore in quei camperisti maggiormente amanti della libertà di spostarsi senza vincoli né programmi né obblighi di prenotazione. Siamo convinti che sia possibile ottenere il giusto compromesso tra spazi natura e presenza di servizi, conciliando le presenze degli ospiti in tenda, camper, caravan o bungalow e offrendo a ciascuno un’esperienza di qualità. Per venire incontro al bisogno di maggiore flessibilità dei camperisti alcune strutture all’aria aperta hanno già iniziato ad adeguarsi creando al proprio interno delle aree specificamente dedicate agli itineranti, ovvero a chi soggiorna solo una o al massimo due notti, pur potendo usufruire dei servizi presenti in loco. Questa è una strada di sicuro successo e facilmente percorribile per i gestori. Un’altra chiave è trovare delle strategie per prolungare il periodo di apertura: un tema certamente complesso e non affrontabile in poche righe».

Il turismo open air, sia in ten-

da che su ruote non ha quasi mai incontrato il favore delle istituzioni, se non forse in tempi recenti con il moltiplicarsi nei Comuni di aree di sosta per camper, essendo considerato un turismo di serie B. Crede che una collaborazione tra il vostro mondo e quello delle imprese open air possa far cambiare finalmente idea alla politica?

«Ormai anche nell’immaginario collettivo la vacanza su ruote è stata sdoganata e non viene più vissuta come una vacanza economica. Del resto difficilmente può essere considerata tale, essendo praticata con mezzi che hanno un prezzo di vendita a partire da 50.000, 60.000 euro. La collaborazione fra gli attori del comparto – costruttori, rivenditori, strutture ricettive, associazioni di campeggiatori – è fondamentale per far comprendere alle istituzioni il valore di questo settore;proprio in questa direzione è andato ad esempio il Tavolo per il turismo all’aria aperta promosso nel 2020 da PleinAir e Pleinairclub in collaborazione con Apc, Assocamp, FAITA-FederCamping e Assocamping. Ora si tratta di proseguire il dialogo avviato».

A proposito della liberalizza-

zione delle aree di sosta, presenti non solo nei Comuni ma anche in agriturismi, i gestori di campeggi non sono troppo contenti di quella che considerano una concorrenza sleale. Qual è il punto di vista dei camperisti?

«Il camperista che si orienta verso le mete rurali cerca i prodotti tipici locali, l’accoglienza genuina e quel rapporto esclusivo con il fattore che, se autentico, non può che rimanere contenuto in piccoli numeri. Tant’è che l’accoglienza in spazi aperti presso le aziende agrituristiche è regolamentata da precise normative nazionali e regionali che ne limitano anche il numero di posti: le tre, quattro, sei piazzole presso una fattoria non creano certo concorrenza nei confronti di un campeggio, anzi solitamente contribuiscono a incoraggiare il flusso dei camperisti nelle aree maggiormente carenti di specifiche strutture. Diverso è il caso delle aree di sosta di fatto di configurano come campeggi sotto mentite spoglie: in questo caso spetta alle istituzioni applicare le norme già esistenti e intervenire là dove sono presenti irregolarità». ✻

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