POSTE ITALIANE SPA - Spedizione in AP - D.L. 353/2003 (convertito in legge 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, DCB ROMA
DA L 1952 LA RI V I S TA U F F I C I A LE D ELLA F ED ERAZI O N E PU G I LIST I CA I TALIANA N. 01 - 2016
GIOVANNI DE CAROLIS MONDIALE “UBER ALLES”
100 ANNI FPI: LA NASCITA DELLA FEDERAZIONE • INCHIESTA EUROPA PRO • BOLOGNA CITTÀ DIMENTICATA
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11/09/15
FEDERAZIONE PUGILISTICA ITALIANA. DAL 1916, L’ITALIA C
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1916-2016 CENTO ANNI DELLA FEDERAZIONE PUGILISTICA ITALIANA K
fpi.it - iocimettolafaccia.it
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Editoriale Walter Borghino
Giovanni De Carolis riporta il mondiale in Italia Stefano Buttafuoco
Media day Tommaso Gregorio Cavallaro
100 anni FPI Marco Impiglia
Gli Azzurri con lo sguardo puntato su Rio Tommaso Gregorio Cavallaro
S.P. Rocky Marciano Giuliano Orlando
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Giovanni Girgenti Gianni Virgadaula
JACK LONDON 6 10 14
Fabio Rocco Oliva
Campionato Neo Pro Giuliano Orlando
VALERIO RANALDI Aldo Bonferru
Addio McGowan Alfredo Bruno
20 22
Bologna, la cittĂ dimenticata. 26
ZAC DUNN Luca De Franco
JOHANN TROLLMANN Gianni Virgadaula
30 32 34 38 39 40 42
Maurizio Roveri
Sommario
fpi.it
BOXE RING N. 01/2016 - Direttore responsabile: Walter Borghino - Periodico bimestrale della Federazione Pugilistica Italiana (F.P.I.) - Presidente federale: Alberto Brasca Registrazione presso il Tribunale Civile di Roma N. 10997/66 del 18.05.1966 - Redazione: Viale Tiziano n. 70 - 00196 Roma - Editore: Stegip Group s.r.l. - Amministratore unico Donatella D’ambrosio - Sede legale: Viale dei Monfortani 57/b - 00135 Roma - Sede operativa: Piazza Pio IX 5 - 00167 Roma - Stampato da: FP Design Srl, Via Atto Tigri, 11, 00197 Roma. Chiuso in tipografia il 5 aprile 2016.
GERMANIA SOTTO SHOCK
GIOVANNI DE CAROLIS RIPORTA IL MONDIALE IN ITALIA Stefano Buttafuoco a pagina 6
Dual Match Italia - Estonia e Finlandia Vezio Romano
HOWARD DAVIS Alfredo Bruno
Londra tabù per Di Luisa e Pisanti Stefano Fantogina
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In buona salute l’attività dei Pro Giuliano Orlando 54 FRANCESCO FARAONI Alfredo Bruno ANGOLO BLU
GERLANDO TUMMINELLO Vincenzo Cicilese
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Presentato a Roma
ANGOLO ROSSO
DESIRÈ GALLI Alfredo Bruno
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ANGOLO BLU
STEPHANIE SILVA Alfredo Bruno
Dresda: una tradizione di campioni Federico Falzone
Alfredo Bruno
Ko al bullismo Alfredo Bruno
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60 Nomi per RIO Giuliano Orlando
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DANIELE SCARDINA Primiano Michele Schiavone
60 61 62 64
ERRATA CORRIGE: Nel n. 6 del 2015 nel servizio riguardante gli Assoluti Femminili a pag. 16 e 17 nel match dei 60 kg. Flora Ferrara (Liguria) è stata sconfitta per koti alla quarta ripresa e non alla prima ripresa come erroneamente scritto.
Coordinamento Editoriale: Alfredo Bruno (albruno@alice.it), Michela Pellegrini e Tommaso Gregorio Cavallaro; Progetto Grafico: FPI; Pubblicità: Uff icio Comunicazione e Marketing FPI; Foto di copertina: Renata Romagnoli; Hanno collaborato: Aldo Bonferru, Walter Borghino, Alfredo Bruno, Tommaso Gregorio Cavallaro, Vincenzo Cicilese, Luca De Franco, Federico Falzone, Stefano Fantogini, Marco Impiglia, Fabio Rocco Oliva,Giuliano Orlando, Michela Pellegrini, Vezio Romano, Maurizio Roveri, Primiano Michele Schiavone, Gianni Virgadaula; Foto: Aiba, Archivio Archivio FPI, Alfredo Bruno, Tommaso Gregorio Cavallaro, Luca De Franco, Nando Di Felice, Federico Falzone, Luigia Giovannini, Marco Impiglia, Luca Nava, Renata Romagnoli, Flavia Valeria Romano, Maurizio Roveri, Società Rocky Marciano.
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Editoriale Walter Borghino
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eccoci al 2016! Dopo una lunga gestazione siamo infine arrivati alla celebrazione del nostro centenario, un traguardo che, prima di noi, solo poche Federazioni possono vantare. Le principali manifestazioni messe in campo per commemorare un evento così unico e straordinario, sono state illustrate dai vertici della Federazione nel corso di un incontro con la stampa, che è stato anche l’occasione per esporre il fitto calendario nazionale e internazionale che anche quest’anno vedrà, come protagonisti unici, i nostri atleti e le nostre atlete. Si comincerà con un dual match Italia – Russia, che darà il via ad un tour itinerante di incontri tra le nostre nazionali e quelle di paesi amici e che toccherà alcune tra le città che hanno scritto la storia del nostro pugilato. Il
questo percorso costellato di ricordi e di emozioni, una tappa, e non la meno importante, sarà quella di Rio, dove questo ideale vagone celebrativo si fermerà dal 5 al 21 agosto. L’intensa e corposa stagione di preparazione, entrata ormai nel vivo, ha arruolato tra le sue fila un altro attore protagonista, già noto al pubblico italiano: il Prof. Vasily Filimonov, che ha legato il proprio nome e la sua grande professionalità ai successi dei mondiali di Chicago 2007 e di Pechino 2008. L’Italia non lo ha mai dimenticato, riconoscente. E lui si è reso immediatamente disponibile a dare una mano per affinare la fase programmatica e di preparazione specifica, un valore aggiunto nel momento in cui è d’obbligo mettere in campo tutte le risorse migliori. Incontra di nuovo alcuni di quelli che lui definisce “miei figli” (Picardi, Valentino,
“...un tour itinerante di incontri tra le nostre nazionali e quelle di paesi amici e che toccherà alcune tra le città che hanno scritto la storia del nostro pugilato. Il vero startup è fissato per il 15 marzo a Roma, quando nel corso di una conferenza stampa saranno presentate tutte le iniziative promosse dalla Federazione: un libro celebrativo, un francobollo con annullo postale e cartolina dedicata, una mostra fotografica. vero startup è fissato per il 15 marzo a Roma, quando nel corso di una conferenza stampa saranno presentate tutte le iniziative promosse dalla Federazione: un libro celebrativo, un francobollo con annullo postale e cartolina dedicata, una mostra fotografica. Lo stesso giorno ci sarà poi il vernissage di una mostra di quadri che alcuni artisti di eccellenza hanno voluto dedicare alla noble art, donando gratuitamente il loro ingegno e le loro opere che, insieme alle foto, accompagneranno le celebrazioni per tutto l’anno, con possibilità di riproporre le due mostre anche a livello territoriale, per poi trovare il loro approdo definitivo nel museo del pugilato che sarà inaugurato, a breve, ad Assisi. Il 22 marzo poi serata di Gala, alla presenza di coloro che hanno scritto le più belle pagine di questi primi 100 anni, regalandoci emozioni imperiture e gioie infinite. Tutte le categorie saranno rappresentate, nessuna esclusa, una vera festa del pugilato e dei suoi più grandi attori. Perché il pugilato non dimentica e si alimenta nel ricordo dei più grandi. Atteso il presidente Wu, oltre alle più alte cariche sportive e istituzionali italiane. E lungo
Russo), più altri giovani, ormai divenuti adulti e che hanno lasciato in lui un ottimo ricordo, Mangiacapre tra tutti. Un filo sottile, ma solido, che non si è mai veramente spezzato, facendolo sentire da subito come uno di noi. L’augurio di tutti è che i risultati siano all’altezza delle memorie passate. E per rimanere al discorso olimpico, Cammarelle ha annunziato ufficialmente che non correrà per Rio: chiuderà la sua impareggiabile e sontuosa carriera con un incontro celebrativo, per uscire di scena come vi è rimasto per tanti anni: da campione, vincente! Grazie Roberto. Con questo primo numero - con il quale riparte una nuova stagione nella quale cercheremo, come sempre, di venire incontro alle esigenze e alle aspettative dei nostri lettori - chiediamo di sostenere con forza questo progetto editoriale, che la Federazione porta avanti con tanto entusiasmo e certa di fare la gioia di tanti appassionati: gli abbonamenti sono aperti, così come lo sono le nostre linee comunicative, per ricevere le vostre indicazioni e i vostri sempre preziosi suggerimenti. Per dirla con i brasiliani: Viva sua paixão – Vivi la tua passione!
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OFFICIAL SUPPLIER
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di Stefano Buttafuoco ph Renata Romagnoli
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OFFENBURG, 9 GENNAIO 2016
Il trentunenne Giovanni De Carolis (24-6-0) ha conquistato la cintura di campione del mondo WBA dei pesi supermedi sconfiggendo per Kot all’undicesima ripresa il tedesco Vincent Feigenbitz (21-2-0) alla Baden Arena. Si è trattato di una notte storica per il pugilato italiano se è vero che erano ben otto anni che un nostro connazionale non si laureava campione mondiale. L’ultimo fu Giacobbe Fragomeni, che nel 2008 s’ impadronì della cintura iridata dei massimi leggeri imponendosi sul cecoslovacco Rudolf Kraj. Quella tra De Carolis e Feigenbutz era una rivincita molto attesa. Tre mesi fa, al termine di un incontro dal verdetto assai controverso, si era imposto di stretta misura il più giovane tedesco. Questa volta la sfida si è conclusa prima del limite, probabilmente nell’unico modo possibile per riportare in Italia una cintura così ambita. Il nostro connazionale ha vinto le prime tre riprese in maniera chiara pur senza mettere a segno colpi particolarmente significativi. Con disinvoltura si è
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GIOVANNI DE CAROLIS
RIPORTA IL MONDIALE IN ITALIA impossessato del centro del ring, lavorando molto bene con il jab sinistro ed evitando la media distanza, quella più congeniale al suo avversario. Nel corso della quarta ripresa Feigenbutz prendeva le misure tanto da dare l’impressione di poter cambiare l’andamento del match in virtù della maggiore potenza. L’allievo del maestro Mattioli tuttavia - anche se ferito all’arcata sopraccigliare sinistra - non si lasciava mai intimidire rispondendo colpo su colpo alla ritrovata pericolosità del tedesco, che nella corta distanza si esaltava con serie a due mani che gli permettevano di aggiudicarsi la quinta, la sesta e la settima ripresa. Poi l’inizio del capolavoro. Nell’ottavo round l’italiano riprendeva le redini dell’incontro facendo prevalere la sua migliore tecnica e condizione atletica. Con la lucidità e la freddezza propria dei grandi campioni De Carolis ricominciava ad anticipare il suo avversario aumentando il ritmo della sua azione d’attacco. Di contro Feigenbutz, in crescente confusione, si limitava a colpi isolati andando in evidente 7
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difficoltà nel corso della decima ripresa quando veniva colpito da un potente gancio sinistro. Nell’undicesima ripresa l’epilogo del combattimento. Al termine di un feroce scambio, De Carolis faceva un passetto indietro per liberarsi dalla pressione del tedesco centrandolo di rimessa con un chirurgico quanto potente diretto destro alla tempia. Feigenbutz accusava visibilmente, vacillava sulle gambe e bene faceva l’arbitro ad interrompere il match, decretando la vittoria per Kot del nostro connazionale. Più che comprensibile la soddisfazione del nuovo campione del Mondo che non nasconde la sua soddisfazione all’indomani del suo inaspettato successo. “Questa vittoria è il risultato di una vita di sacrifici e di lavoro. Sono contento per la mia famiglia, per il mio allenatore e per il mio manager Davide Buccioni che ha creduto in me, dandomi questa chance che non potevo non sfruttare”. C’è stato un momento particolare del match in cui sei stato in diff icoltà ? “Francamente no. Avevamo preparato questo incontro alla perfezione
decidendo di adottare una tattica più attendista rispetto alla prima sfida. Ho solo avuto paura - nelle riprese centrali - che i giudici potessero farsi condizionare dal fatto che ogni colpo di Feigenbutz era accompagnato dall’incitamento dei quattromila tifosi che lo sostenevano. Per il resto ho sempre avuto il pieno controllo del match”. Quando hai capito che ce la potevi fare ? “Il mio avversario è salito sul ring scarico, l’ho visto subito molto nervoso e contratto. All’inizio della decima ripresa era molto stanco ed allora ho pensato di mettere in pratica quello che avevamo preparato in palestra con il mio allenatore”. A cosa ti riferisci ? “Alla combinazione che ha chiuso il match. Non è stato nulla di casuale, quel colpo lo avevo tenuto nascosto fino a quel momento per giocarmelo al momento giusto e così è stato. Lui che nell’intento di pressare mi cade addosso, io che faccio un passo indietro scaricando un diretto destro di rimessa. Ho aspettato che il tedesco fosse stanco per provarlo ma ne è valsa la pena”.
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In cosa sei stato superiore al tuo avversario ? “Lui si è confermato pugile monotono, sai sempre quello che può fare. Io riesco ad adattarmi alle caratteristiche tecnico agonistiche di chi ho di fronte. In questo senso penso di essere stato più completo ed intelligente di lui”. Qual è stato il tuo pensiero nel momento in cui l’arbitro ha interrotto l’incontro ? “Appena ho centrato il tedesco con il destro ho pensato che quello doveva essere il momento per finirlo. Quando poi l’arbitro ci ha divisi ho avuto paura che si potesse inventare qualcosa sollecitato dalle proteste vibranti del clan del tedesco che reclamava per un inesistente colpo alla nuca” Cosa vi siete detti a f ine incontro con Feigenbutz ? “Lui mi ha chiesto una rivincita che non avrei problemi a concedergli, ma parlando anche con il suo manager non penso che questa eventualità possa realizzarsi. Lui necessita di riposo e di percorrere nuove strade e per me vale la stessa cosa” Ora ti piacerebbe difendere il titolo in Italia ?
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“Sarebbe un bel regalo a tutti coloro che mi sono stati vicini in questo periodo, ma sono consapevole delle difficoltà economiche che devono essere affrontate per organizzare un evento del genere nel nostro paese. Gli sponsor latitano e le risorse scarseggiano, speriamo però che qualcosa possa cambiare a livello mediatico dopo questa mia vittoria”. La domanda che a questo punto ci poniamo è se l’Italia abbia finalmente trovato quel personaggio capace di fare da traino all’intero movimento pugilistico professionistico, e la nostra risposta non può che essere affermativa. De Carolis è ragazzo umile e schivo, decisamente sui generis rispetto alla figura stereotipata del boxeur violento e maledetto. Ha due figli (Erin e Noa) e convive da nove anni con Veronica, la sua compagna di sempre che lo segue in ogni sua attività, dagli allenamenti alla gestione della loro palestra sulla Cassia. Una splendida normalità sempre più rara da trovare, che incarna al meglio i valori più profondi della “noble art”: passione, sacrificio e rispetto per l’avversario. Speriamo allora che la sua impresa possa aprire le strade per una durevole rinascita del pugilato italiano e che possa essere di buon auspicio ai prossimi impegni mondiali dei nostri pugili. Finalmente ci siamo anche noi… di nuovo. Intanto il giovane gode il suo momento di popolarità insieme alla Team Boxe Roma XI e ai suoi maestri ormai diventati storici. Andrea Catarci, presidente dell’VIII Municipio rende omaggio ai protagonisti di un’impresa memorabile, ma non è il solo vista la presenza di Nicola
Zingaretti, presidente della Regione e il vicepresidente Massimiliano Smeriglio. Persino l’on. Berlusconi non è rimasto insensibile all’impresa del giovane romano invitandolo a Palazzo Grazioli. A essere premiata oltre al manager Davide Buccioni, abile tessitore di questo mondiale, c’è anche la Team Roma Boxe XI, la società dove Giovanni è cresciuto e si è formato. Chi è De Carolis Giovanni De Carolis (24-6-0) nasce a Roma il 21 Agosto del 1984, nel quartiere Fonte Meravigliosa, sulla Laurentina. La sua è una famiglia tradizionale, molto unita, composta da una madre insegnante, un padre architetto e tre figli (Giovanni, suo fratello nove anni più grande di lui ed una sorella più piccola). Lo sport è sempre stata la sua passione. Dapprima il nuoto, quindi il calcio, il tennis infine la boxe che comincia a praticare a livello amatoriale alla Garbatella, dall’età di sedici anni. A diciotto anni decide di fare sul serio, cambia palestra e si affida al suo attuale maestro Italo Mattioli che insegna nella palestra popolare Team Boxe, nel quartiere della Montagnola. Con lui sostiene ventinove incontri da dilettante, vincendo i Campionati Universitari ed i Campionati Regionali seconda serie. Passa professionista nel 2007 con il manager Alberto Chiavarini, vincendo agevolemente i suoi primi match. Subisce la sua prima sconfitta nel 2008 per mano di Max Bursak, in Ucraina, in un incontro valido per il Titolo Youth dei pesi medi. Sempre da peso Medio tenta due volte invano la conquista del titolo italiano, perdendo contro Gaetano Nespro nel
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2009 e contro Matteo Signani l’anno dopo. Poi la svolta. Il pugile romano fatica a fare il peso e decide di cambiare categoria salendo tra i Supermedi. In questa categoria si laurea dapprima Campione WBC del Mediterraneo nel 2012 (battendo Miguel Martinez), quindi Campione Internazionale sempre WBC (sconfiggendo Roman Shkarupa), infine Campione Intercontinenatale IBF (vittoria su Geard Ajetovic). Quest’ultimo incontro è stato particolarmente importante essendo il primo in cui il pugile romano è stato assistito dal manager Davide Buccioni che si rivelerà preziosissimo nel proseguo della sua carriera. Nel 2013 combatte per la prima volta in Germania dove si fa apprezzare pur perdendo ai punti contro il forte pluricampione del mondo Arthur Abraham. Una sconfitta che vale quanto una vittoria che lo fa conoscere in tutto il mondo e gli regalerà la chance di battersi contro Vincent Feigenbutz. Diplomato al liceo scientifico, Giovanni De Carolis ha anche frequentato per alcuni anni la facoltà di Architettura della Sapienza, sostenendo sei esami. La vita lo ha però portato a dedicarsi completamente alla sua passione e quindi alla boxe. ...............
In apertura e a seguire: La Baden Aren ad Offenburg; Giovanni De Carolis esulta al momento del verdetto; De Carolis abbraccia l’avversario il tedesco Vincent Feigenbutz; lo staff che ha seguito De Carolis; verdetto a favore di De Carolis.
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Media Day Come sarĂ il 2016 e le iniziative per il centenario
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di Tommaso Gregorio Cavallaro ph Renata Romagnoli
Roma “Il 2016
è un anno importantissimo per il Pugilato Italiano, non solo perchè vi si svolgeranno le Olimpiadi, ma anche e soprattutto perchè vi si celebra il 100° anno di vita della nostra Federazione” così esordisce il presidente Alberto Brasca nel suo intervento durante il MediaDayFPI svoltosi il 21 Gennaio a Roma presso la Club House del Circolo del Tennis del Foro Italico. In questo incontro con la Stampa la Federazione Pugilistica Italiana ha voluto svelare il suo 2016 sia dal punto di vista agonistico che da quello degli eventi celebrativi per il suo centenario. Una tavola rotonda impreziosita dalle presenze di due campionissimi della Noble Art: il Neo Campione Mondiale Pro WBA Giovanni De Carolis (che il Presidente FPI Brasca ha volute omaggiare per la sua vittoria in terra tedesca con un Orologio FPI) e l’Azzurro Domenico Valentino. Il Vice Presidente Vicario, Walter Bor-
ghino, veste i panni del mediatore: “Abbiamo voluto – queste alcune parole del suo intervento - incontrarvi per presentare ciò che faremo nel 2016, ma anche tutto ciò che abbiamo fatto nell’anno precedente. Il 2016 segna il nostro primo secolo di vita e saranno molte le iniziative per festeggiare questa pietra miliare della nostra storia: Dual Match tra la nostra Nazionale e la Russia, Serata di Gala, Mostra, DocuFilm sulla Rai, Apertura del Museo del Pugilato ad Assisi e tanto altro.”. Dopo la sua prolusione il microfono passa al presidente Brasca che prima di tutto ringrazia per i loro successi sul ring sia il Neo Campione WBA De Carolis: “Giovanni la tua vittoria è stata entusiasmante, risvegliando in moltissimi italiani l’amore per la nostra disciplina”; che Domenico Valentino: “Mirko si sta preparando al meglio per le qualificazioni olimpiche così come tutta la squadra Azzurra. Sono sicuro che i nostri ragazzi si faranno valere anche quest’anno, che culminerà nell’a-
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gone olimpico di Rio2016.” Il punto di partenza del discorso di Brasca riguarda I numeri del pugilato: “Cifre in costante crescita negli ultimi tre lustri sotto tutti i punti di vista: numero di società affiliate, tesserati, atleti del settore giovanile, ”. Il Presidente poi si sposta a parlare dell’ItaliaBoxing Team: “il 2015 ci ha regalato due qualificati alle Olimpiadi (Manfredonia e Russo) e molte medaglie. Avrebbero potuto essere di più gli allori, soprattutto viste le prestazioni dei nostri. Il 2016 vedrà le nostre compagini Elite, sia femminili che maschili, impegnate nelle qualificazioni a Rio 2016, dove abbiamo la speranza di mandare un folto team”. Squadra Azzurra maschile che ha visto inserire nel suo staff tecnico il Prof. Vasilij Filimonov, già collaboratore della nostra Nazionale tra il 2007 e il 2009: “Filimonov è un enorme valore aggiunto – questo il Brasca pensiero – come dimostra il grandissimo lavoro da lui fatto negli anni quando è stato con noi.
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Una collaborazione che culminò con le fantastiche Olimpiadi del 2008.” Italia Boxing Team che nel 2015 ha visto convocati tra squadre giovanili ed Elite ben 253 atleti: “Un dato – prosegue il Pres Brasca – di grandissima importnza, che dimostra il lavoro della FPI e dei nostri quadri tecnici sia sugli atleti d’elite che sui giovani”. Boxer italiani che avranno il loro primo banco di prova nei Campionati e Tornei federali: “Anche quest’anno – dichiara Brasca – il menu è molto ricco sotto tutti i punti di vista partendo dalle Coppe del Settore Giovanile fino ad arrivare ai Campionati Italiani Assoluti”. Chiusura sui Pro: “La Vittoria di De Carolis ha ridato smalto e visibilità al settore Pro. La FPI, di concerto con la Lega Pro Boxe, sta facendo molto per i professionisti, cui, come per tutto il movimento, servirebbe una maggior copertura televisiva sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo”. Dopo un intermezzo del vicepresidente Borghino, fatto per ricordare l’enorme implementazione sui social Network e
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sul web della FPI, e del Segretario Generale Alberto Tappa sull’ormai prossima apertura a Roma del PalaBoxe Federale A. Vespucci, prendono la parola per un breve saluto Domenico Valentino e Giovanni De Carolis (accompagnato dai tecnici Ascani e Mattioli, e dal promoter Davide Buccioni). Il primo si dice pronto per la sfida Olimpica e alla possibilità di scendere di categoria di Peso (da 60 a 56 Kg), il secondo ringrazia la FPI per l’invito e la Lega Pro Boxe (rappresentata da Paolo Casserà) per aver fatto in modo che si effettuasse il suo match del 9 gennaio, lanciando anche un appello affinchè la Boxe Pro Italiana torni grande come nel passato. ...............
In apertura di articolo e a seguire: Il presidente FPI Alberto Brasca; Da sx Domenico Valentino, il Vicepresidente vicario Walter Borghino, il Presidente Alberto Brasca, il Segretario Generale Alberto Tappa e Giovanni De Carolis; I tecnici della Team Boxe Roma XI e di Giovanni De Carolis; Intervento di Paolo Casserà della Lega Pro Boxe; Il presidente Brasca e De Carolis;
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100 anni FPI
Il 2 marzo 1916 nasce a Milano la Federazione Pugilistica Italiana di Marco Impiglia ph Archivio FPI
i prodromi processo di regolamentazione a cui è andata incontro la boxe dall’epoca dei Lumi alla Belle époque rispetta, a ben vedere, la «teoria della civilizzazione» elaborata dal sociologo Norbert Elias. La società occidentale, sulla scorta dei progressi filosofici, politico-sociali e scientifici, ha modellato un patrimonio di regole di correttezza nei comportamenti tra gli uomini basato su rinovellati standard di decoro e ripugnanza. Questo processo non ha mancato di far sentire i suoi effetti in quel campo del vivere sociale rappresentato dal loisir, il tempo libero, il divertimento del gioco, la trasformazione, avvenuta in Inghilterra, di molti giochi popolari in sports. Così il pugilato. Vero è che la boxe professionale venne quasi sempre osteggiata dalle leggi vigenti. Questo aspetto della “legalità” della boxe è importante, se consideriamo che sia in Francia, e ancora di più in Italia, l’allestimento di una riunione sarebbe stato cosa proibita per lungo tempo in varie città, fino ai primi anni ‘20 del Novecento. Mentre lo si permetteva come esercizio amatoriale da farsi sotto le cure di un maestro nei club sportivi, dove il pugilato rientrò nel novero degli «sports atletici»: lotta greco-romana, lotta libera e pesistica. Molti sodalizi polisportivi dai nomi inghirlandati (Mens Sana, Robur et Virtus, Pro Patria, Audace) proponevano la ginnastica, la scherma, il ciclismo, il nuoto e, appunto, gli sports atletici. Pochi si occupavano degli open games inglesi, vale a dire l’atletica leggera, il football, il canottaggio, il tennis ecc. Codesti sport, e quasi tutti gli sport attuali, sono stati codificati in Gran Bretagna. “Codificati” significa che, da pratiche ludiche
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medievali quasi senza regole, di solito parecchio rozze e con dentro un’impronta contadina, essi sono stati adattati alla sensibilità dell’uomo borghese scaturito dalla Rivoluzione Industriale, in omaggio al citato ingentilimento dei costumi e con lo scopo di renderli funzionali alla formazione degli ufficiali in carriera nei collegi vittoriani. La boxe anglaise fu giusto il risultato finale di questo “shakeramento” avvenuto nell’Inghilterra imperiale della seconda metà del XIX secolo. Di norma, i nuovi «sports» (termine che, fino al 1880 circa, era stato sinonimo di attività di loisir legate alla caccia e ai cavalli) prima di varcare le frontiere del Regno d’Italia venivano “filtrati” in Francia. I francesi importavano le mode sportive da oltre Manica, le testavano secondo il loro gusto, le introducevano nei due circuiti, separati ma dipendenti l’uno dall’altro, dello spettacolo professionale e della pratica amatoriale. Dopo di che, piemontesi, lombardi e liguri se ne interessavano, visti i rapporti commerciali che intrattenevano coi loro vicini di casa, e a loro volta li diffondevano, a cascata e giù per latitudine, nel resto del Paese. Così, accadde che lo sport del boxing, al momento della sua maturazione, venisse accolto nei club parigini come un utile esercizio di auto-difesa, da allinearsi accanto alla savate, il pugilato mani e piedi che i francesi avevano sviluppato autonomamente. Per distinguerlo come disciplina a sé stante, i francesi lo battezzarono «boxe anglaise» e come tale noi italiani lo conoscemmo. La “boxe inglese” fu una sintesi semantica del percorso seguito dalla nuova disciplina sportiva di combattimento: nata in Inghilterra, acquisita dalla Francia. Due furono i soggetti che si interessarono in Italia alla boxe: la FAI e la
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Gazzetta dello Sport. La Federazione Atletica Italiana, sorta a Milano nel 1902 su iniziativa del marchese Luigi Monticelli Obizzi, ne curò l’aspetto amatoriale. Essa può essere a pieno titolo definita la vera antesignana della FPI. Obizzi, sportsman per hobby e frequentatore di una “Academy” di un pugile statunitense a Parigi, nel 1908 fu il primo “maestro” ad agire in un circolo: il Club Atletico Milanese. Società, per altro, da lui stesso fondata e che avrebbe funzionato da nido al primo campione dei pesi massimi, il ligure Pietro Boine. La FAI, nel gennaio del 1915, promosse un Campionato Italiano nel lussuoso Giardino d’Inverno del Casinò di Sanremo; evento che pure va ricordato come il primo del genere, nel senso che fu la prima kermesse pugilistica alla quale parteciparono atleti provenienti, oltre che dal nord, anche da Roma, dove la boxe era diventata popolare grazie a maestri girovaghi quali il bostoniano James Rivers o lo stesso Boine. Una disciplina, la boxe inglese, oggetto da pochi anni dell’interesse di canottieri, nuotatori, schermidori e lottatori. Alla Gazzetta dello Sport, va invece ascritto il vanto di aver lanciato la boxe professionale già nel 1909-1911, invitando ad esibirsi, a Milano e a Torino, due troupes di boxeur stranieri. Lo fece per motivi commerciali, ovviamente: per vendere più copie. Vedete, dunque, come abbiamo citato le tre città che sostennero l’ingresso e la diffusione della “noble art of self-defence”: Milano, Torino, Roma. La quarta sponda fu Genova, che nel 1913 allestì un campionato professionistico articolato in più giornate e categorie. Un nome storico per lo sport italiano se ne fece promotore, sir James Richardson Spensley, vale a dire quello stesso medico inglese che fu uno dei
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In questa pagina: il disegno illustra la conquista della corona continentale dei medi ad opera del milanese Bruno Frattini. Avvenimento che cade il 30 ottobre 1924 al Palasport, superato in 20 riprese l’inglese Roland Todd. Stralcio della Gazzetta dello Sport del 6 marzo 1916, nel quale viene riportata la notizia dell’inizio dell’attività della Federazione Pugilistica Italiana.
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fondatori del Genoa Cricket & Football Club; e giusto Genoa Boxing Club si chiamava il circolo che sovraintese a quel campionato. Giuseppe Carpegna, un genovese legato a una illustre famiglia di teatranti, fu il pioniere degli organizzatori, rischiando in proprio l’avventura con troupes itineranti negli anni immediatamente precedenti la Grande Guerra. Molti altri nomi andrebbero qui menzionati, in relazione all’avvento della boxe anglaise in Italia. Primo fra tutti, il giornalista e scrittore, emerito gastronomo, Alberto Cougnet, che pubblicò sul finire dell’Ottocento i primi manuali tecnici ed ebbe l’idea di provare la boxe a Milano come “sport da teatro”, sulla scorta del successo di botteghino raggiunto dalla lotta con Raicevich. Oppure il giornalista capitolino Arturo Balestrieri, fondatore della SS Lazio, che fu il primo arbitro affiliato e firmò i report sulla “rosea” degli eventi pugilistici notevoli. Ma, in sostanza, a introduzione delle ragioni che condussero alla nascita della “Pugilistica”, ci è sufficiente riassumere i quattro elementi che si saldarono nell’elica del suo Dna: codificazione inglese; promozione professionistica nei teatri; aumento delle società dilettantistiche e dei praticanti sia amatori che pro’; azione di dirigenti di circoli polisportivi pertinenti, soprattutto, alle aree Lombardia-Piemonte-LiguriaLazio. L’agente alchemico che ottenne di coagulare il tutto fu quanto mai particolare: la prima guerra mondiale! Una delle prime riunioni della neonata Federazione Pugilistica Italiana
la numero 14 allora entriamo nel vivo. Per fare il punto della situazione, diciamo subito che nel 1914 aveva appena preso forma un proto-CONI, che si occupava però solo di allestire le rappresentative azzurre per le Olimpiadi. Ma una domanda è d’obbligo: nel maggio del 1915, nel momento in cui il Regno d’Italia dichiarava guerra agli Imperi Centrali, quante Federazioni operavano sul territorio? Ce ne erano 13, riconducibili alle attuali FGI, FCI, FIC, UITS, FIDAL, ACI, FIGC, FIN, FIJLCAM, FIS, FIT, AeCI, FISE. Le abbiamo elencate in ordine cronologico. Esse non avevano esattamente queste sigle, e in realtà erano anche di più, ma con le fusioni sopravvenute nel tempo a codeste 13 noi oggi si può fare riferimento. La più antica Federazione, quella della ginnastica (FGI) nata nel 1869, era una sorta di super-federazione, in quanto le società affiliate risultavano sparse sul territorio nazionale dilettandosi in molteplici discipline. Diverse federazioni si erano emancipate dalla FGI nell’istante in cui, raggiunto un sufficiente numero di società e di iscritti, avevano capito di poter camminare con le proprie gambe. La FGI non aveva mai mostrato il minimo interesse per la boxe, ritenendola non consona ai suoi criteri di salubrità fisica. Le due federazioni consorelle per gli sport atletici, la FAI e la Federazione Italiana Sports Atletici (FISA), avevano in tal modo gestito a loro piacere la porzione dilettantistica del movimento pugilistico. La porzione professionistica, in-
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vece, ancora nel 1915 agiva in discreta libertà, dovendo rendere conto solo alla International Boxing Union allorché trattava con pugili stranieri. L’IBU esisteva dal 1913, aveva la sede a Parigi ma nessun ente sportivo italiano vi si era affiliato: mancava una “federazione ad hoc” che potesse farlo. La situazione di caos perenne (organizzatori, manager e pugili che si comportavano da perfetti anarchici, a tutto detrimento del buon nome del movimento) spinse, sul finire del 1915, alcuni esponenti milanesi ad indire un referendum propedeutico alla costituzione d’un ente ordinatore. Pure stavolta, fu la Gazzetta dello Sport a proporre l’iniziativa, con un articolo di Balestrieri del 3 gennaio 1916 dal titolo: «Per la fondazione di una Federazione Pugilistica Italiana». L’uomo che promosse e coordinò l’iniziativa fu Gian Giacomo Roseo, un piemontese di agiate origini trapiantato a Milano a lavorare come dirigente nella Banca Commerciale Italiana. Roseo vantava esperienze manageriali nel ciclismo professionistico e, da pochi anni, s’era appassionato di boxe. Ai primi di febbraio del 1916, con una festicciola informale inaugurò la nuova sede della Associazione Milanese Cultori del Pugilato (AMCP), sodalizio da lui fondato e che si preoccupava di gestire un’attività amatoriale e professionistica sia seniores che juniores. Il cavalier Roseo era anche, da qualche tempo, un collaboratore della “rosea”, buon amico di quei personaggi – Alberto e Armando Cougnet, Eugenio Camillo Costamagna, Balestrieri – che l’aiutarono a costituire la Federazione. Compito
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Il Piemontese Giangiacomo Roseo proveniva dal mondo del Ciclismo, avendo guidato la squadra Atala ai giri d’italia. Fu lui a fondare, il 2 marzo 1916 a Milano, la Federazione Pugilistica Italiana, col concorso della Gazzetta dello Sport.
non da poco, ché in un paio di mesi un Comitato Provvisorio interrogò decine di interessati, ascoltò pareri di associazioni, interpellò autorità sportive. Il complesso delle risposte e delle constatazioni ottenute, convinse il manager a condurre a termine l’impresa. Tra gli altri, Roseo andò a parlare col presidente della FISA, il suo amico alla “Gazzetta” avvocato Edgardo Longoni, appena tornato ferito dall’Isonzo, e col presidente onorario della FAI Monticelli-Obizzi, a entrambi i quali garantì che la costituenda Federazione non avrebbe accampato pretese di giurisdizione sulle organizzazioni di settore dei due enti, tutto avrebbe continuato a farsi in perfetta armonia. In un’atmosfera di “pax pugilistica”, dunque, ma anche nel contesto d’una guerra sempre più grave che rubava uomini e turbava gli animi, si concre-
tizzò, nel giro di 70 giorni, il “progetto FPI”.
un unicum ome tutte le Federazioni nazionali sportive, anche la FPI sorse nel momento in cui si ritenne raggiunto un rilevante numero di praticanti e sodalizi. È bene sottolineare che il movimento riguardava mezza Italia, dal Piemonte a Roma, e l’altra mezza aveva affari più urgenti a cui pensare. Ma anche questa era una realtà tipica dell’epoca: lo sport, nelle sue diramazioni moderne di stampo britannico, rimaneva una cosa nordista, acquisita dall’Europa settentrionale, e per molti bempensanti piccolo-borghesi appariva un passatempo perfino sconveniente.
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Ma un’altra domanda, a questo punto, è pure logico porsela: quanti erano i pugili dilettanti e professionisti, gli “amatori” che prendevano lezioni, all’abbrivio del 1916? Difficile valutare. Forse un paio di centinaia. Per intanto, la maggior parte erano partiti con la divisa addosso per i fronti del nord-est, e quindi la loro vita stava appesa a un filo. Tuttavia, che il conflitto bellico sarebbe durato quattro lunghissimi anni nessuno lo immaginava, e così la FPI nacque anche in virtù dell’ottimismo che animava l’Irredentismo e, per influenza di Gabriele D’Annunzio, quasi tutto il Paese ragionante: Trento e Trieste riconquistate in una quindicina di mesi di battaglie al massimo. Per dire: nel 1917 a nessuno sarebbe lontanamente venuto in mente di dar vita a una federazione sportiva (e infatti la “Pugilistica” rimase l’unica nell’arco
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temporale delle due guerre, la coloniale in Libia e il conflitto mondiale). Lo stesso Roseo fu comandato a servire come “ufficiale commissario” ad Ancona quattro mesi dopo la sua azione costituente. C’è anche il sospetto che, a Sanremo, in quello stesso 1916 qualcuno (si parla di un americano, tale J. Goldsmith) si attivò per far rinascere una FPI considerata ormai già bella e defunta. Insomma, la Federazione del pugilato si tirò in piedi in mezzo alla bufera, nel pieno della più sanguinosa guerra dello scorso secolo. Fenomeno assai strano e che è un “unicum” nel panorama europeo di quegli anni.
lanterne rosse per la “pugilistica” lavoro del Comitato Provvisorio condusse all’assemblea di fondazione, che si svolse a Milano la sera del giovedì 2 marzo 1916. L’assenza di documenti riguardanti l’evento non ci consentono di stabilire con certezza il luogo che ospitò la riunione. Possiamo, però, avanzare delle ipotesi. Roseo era in pratica già presidente in pectore. Di solito, in queste situazioni, si tende a fare le cose “a casa” dell’eligendo Presidente. Le associazioni sportive in quel periodo nascevano all’interno di convivi in sale riservate di ristoranti, oppure dentro associazioni maggiori che mettevano a disposizione i loro locali. Abbiamo tre ipotesi. La prima chiama in causa la palestra della scuola comunale Cardinal Borromeo in via Felice Casati 6. Era il posto dove si effettuavano le “accademie” della AMCP; tuttora esistente, rimane vicino Porta Venezia. La seconda possibilità è che Roseo abbia scelto di ospitare il convivio in un salone dell’albergo-ristorante che adoperava per le cerimonie ufficiali, il Vecchio Cervo, nei pressi della Stazione Centrale. La terza ipotesi è che l’evento si sia tenuto nel Circolo Familiare Canottieri di Milano, in via Molino delle Armi civico 19, nella zona a sud del Castello Sforzesco in direzione Lodi. Dopo l’AMCP, infatti, il Canottieri Milano fu il secondo sodalizio ad affiliarsi. Alcuni suoi dirigenti, amici
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Dall’alto, da sx a dx e nella pagina seguente: Eugenio Pilotta, fu il primo pugile a tesserarsi per la FPI; Il primo Campionato Nazionale Amateurs che vide impegnati pugili del nord e del sud si tenne al giardino d’inverno del Casinò di Sanremo nel gennaio del 1915, sotto l’egida della Federazione Atletica Italiana; Una tipica “f igura” dei primi del novecento, che nulla ha a che vedere con il moderno pugilato; Il Piemontese Giangiacomo Roseo proveniva dal mondo del Ciclismo, avendo guidato la squadra Atala ai giri d’Italia. Fu lui a fondare, il 2 marzo 1916 a Milano, la Federazione Pugilistica Italiana, col concorso della Gazzetta dello Sport; Il primo logo conosciuto della FPI.
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del Roseo che pure praticava ogni tanto il canottaggio, rientrarono nel primo organigramma. Un fatto curioso caratterizzò quella riunione di fondazione: essa fu quasi un’azione carbonara. Questo perché, quel giorno, il prefetto della città emanò un’ordinanza a tutti i locali pubblici di oscurare con delle stoffe o dei filtri rossi i lumi esterni che servivano da guida agli avventori. Si temeva il primo “bombardamento aereo” della storia su Milano. Il bombardamento dell’aviazione austriaca poi non arrivò, tuttavia i fondatori della “Pugilistica” non mancarono all’appuntamento. (O almeno, quelli che furono riportati, quattro giorni dopo, sul resoconto della GdS, non lo saltarono). Impavidi, si addentrarono in una città spettrale inondata di bagliori sanguigni, le orecchie tese ad avvertire il rombo dei velivoli nel cielo. Il Consiglio direttivo che emerse fu così composto: il marchese Luigi Monticelli Obizzi presidente onorario; il dottor Giovanni Giacomo Roseo presidente effettivo; come consiglieri: Giovanni Airoldi, Gino Arnaboldi, Pasquale Cavallari, Arnaldo Cicognini, Armando Cougnet, Alessandro Gorla. Segretario amministrativo il ragionier Angelo Gallina, presso la cui residenza, in via Rastrelli 12 in pieno centro, la FPI prese sede; segretario sportivo il Gorla e arbitro ufficiale il rag. Arturo Balestrieri, aggregato al Consiglio direttivo. Appartenenti alle due associazioni suddette, la “Cultori” e la “Canottieri”, più esponenti della GdS e delle società sportive milanesi che avevano aderito al progetto, formarono in toto l’organigramma. Nei giorni successivi, a partire dal 12 marzo, si tennero con cadenza settimanale le riunioni del CD a casa del segretario. Si approvò lo Statuto Federale, subito stampato e in vigore dal 15 aprile. Le disposizioni statutarie stabilirono quel che molti temevano, cioè i balzelli, le quote annue da pagare per tutte le categorie. Che non furono però alte. Venne proibito di svolgere nella stessa città e giorno due eventi di pugilato e furono riconosciuti tutti i campioni nazionali professionisti, con la differenza che ora, per difendere il titolo, dovevano chiedere l’autorizzazione
alla FPI e pagare una tassa. Fu quindi approvato il Regolamento Ring, già in spedizione su richiesta, e che si atteneva alle disposizioni dell’IBU, alla quale la FPI aderì. Già dopo un mese, le iscrizioni dei pugili toccarono quota 36. Si prevedeva che entro l’anno solare si sarebbero effettuati i Campionati nazionali dilettanti, ma già in aprile un’ordinanza comunale proibì la boxe in pubblico a Milano e dintorni. L’aggravarsi della guerra impedì l’allestimento dei Tricolori anche in altre città. Durante il 1916 la FPI cercò invano d’ottenere dal Governo Salandra, e poi dal Governo Boselli, l’autorizzazione a svolgere riunioni nelle varie regioni, previa la sua garanzia. Riuscì solamente a combinare un Criterium Pugilistico Alta Italia, che rullò al Teatro Cressoni di Como il 26-27 luglio; manifestazione che va ricordata come il primo evento a carattere interregionale sotto l’egida federale.
crisi di guerra e camera d’incubazione Direttivo continuò a lavorare per circa un anno, in mezzo a grandi difficoltà e combinando poco. A leggere la “Gazzetta”, viene fuori che al principio del 1917 le società aderenti erano 15, solo 3 le affiliate, 85 i pugili iscritti, di cui 42 con licenza da dilettanti e 6 da professionisti; anche in questi dati, diramati nel dopoguerra, s’intuisce il caos prodotto dal conflitto bellico. L’uscita di scena di Roseo, partito da Milano per Ancona, la chiamata alle armi di vari componenti del CD, il disinteresse del segretario amministrativo a seguire le carte, ne determinarono il dissolvimento completo. Dopo Caporetto, nell’autunno del ‘17 la FPI in pratica non era più operativa. Attivi erano ancora, tuttavia, molti dei suoi iscritti. Il revirement sportivo dell’Esercito coinvolse, infatti, i pugili sotto le armi, che si trovarono a disposizione i materiali forniti dall’americana Young Men’s Christian Association e s’impegnarono in tornei tra militi nelle retrovie. Il movimento “sotterraneo” fu tale che, in sostanza, la Grande Guerra funse, per il neonato pugilato italiano, da
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eccezionale camera d’incubazione. La permanenza di reparti inglesi, francesi e statunitensi-canadesi-australiani, tra cui numerosi i pugili, offrì il destro ai nostri di apprendere le tecniche e le astuzie che prima erano loro mancate. Altra circostanza che non va dimenticata, fu l’istituzione d’una sezione pugilistica ad Arma di Taggia (Imperia), all’interno della “squadra sportiva” del Comando Supremo. Il pioniere Carlo Volpi, distaccato al Decimo Cavalleria, consigliò il conte Carlo Zinsler come maestro di boxe al direttore della squadra, il maggiore Cesare Tifi. Da quel gruppetto di pugili-sodati sarebbero usciti campioni come i fratelli Spalla, Negri, Frattini, Marzorati e Bosetti, oltre alla prima vittoria internazionale ottenuta da Erminio Spalla alle Olimpiadi militari di Joinville a Parigi. Finito il massacro nelle trincee, i giornali ripresero subito a parlare di boxe agonistica. C’era voglia di pugilato! Al principio del 1919, si enumerarono i professionisti detentori dei titoli nazionali. Essi erano 6, nati in quelle città che rappresentavano le principali scuole. Pesi mosca: Enea Marzorati (Milano); pesi gallo: vacante; pesi piuma: Giovanni Bosetti (Milano); pesi leggeri: Edoardo Piacentini (Roma); pesi medioleggeri: Abelardo Zambon (Milano); pesi medi: Amedeo Garassini (Genova); pesi mediomassimi: vacante; pesi massimi: Eugenio Pilotta (Milano). Tutto sembrava quieto e allo stesso tempo vibrante, dopo i grandi botti. In verità, il pugilato italiano era come un serpente che aveva mutato pelle in silenzio e stava per rinascere a nuova vita. I Roaring Twenties sarebbero stati gli anni della sua crescita. ...............
LOGO ITALIA BOXING TESTO PANTONE 3015 GUANTONE VERDE PANTONE 347; ROSSO PANTONE O32
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ITALIA BOXING Gli Azzurri con lo sguardo puntato su Rio Ritiri e attività a ritmi elevati
di Tommaso Gregorio Cavallaro ph FPI Il 2016, così come per tutto il mondo dello sport italiano, vede la Noble Art Azzurra e le sue due squadre Elite (Maschile e Femminile) proiettate verso il sogno di Rio 2016 (evento cui sono già qualificati sia Clemente Russo 91 Kg che Valentino Manfredonia 81 Kg), passando obbligatoriamente per i tre tornei di qualificazione Olimpica: Quello Europeo (Samsun Turchia 7-20 Aprile) e Mondiale (Baku Azerbaijan 14-26 Giugno); Il Mondiale AIBA Femminile (Astana Kazakhstan 19-27 Maggio). La preparazione dei nostri team, quindi, è iniziata quando ancora c’era nell’aria l’odore dei fuochi di artificio con i quali è stato salutato l’arrivo del 2016. I primi training Camp, infatti, si sono svolti ad inizio gennaio con gli Azzurri che si sono allenati, presso il Centro Nazionale di Pugilato di Assisi, dal 3 al 20, mentre le Azzurre lo hanno fatto tra il 7 e il 27. Il secondo raduno dei nostri Ragazzi, il cui staff tecnico è stato implementato con la presenza del Prof. Vasiliy Filimonov già facente parte della nostra squadra nel quadriennio olimpico 2004 – 2008 che culminò con l’oro di Cammarelle a Pechino, ha avuto il suo svolgimento sempre a Santa Maria degli Angeli tra il 24 gennaio
e il 7 febbraio, culminato con il doppio Dual Match contro una mista Estonia/ Finlandia conclusosi con una duplice vittoria per i nostri: 10-1 (Assisi 4/02) e 8-1 (Spoleto 06/02). Secondo mese dell’anno che ha visto, quindi, i nostri alfieri della Noble Art andare in Kazakhstan per un lungo Training Camp in preparazione del Torneo di Strandja. Kermesse internazionale alla quale hanno preso parte anche le Azzurre, che hanno iniziato a faticare in vista Rio con un ritiro svoltosi ad Assisi tra il 4 e il 14 gennaio. Atlete che poi sono state radunate nuovamente da Coach Emanuele Renzini dal 19 al 27 per una seconda sessione di allenamenti. Prima del Torneo bulgaro, infine, le nostre ragazze hanno effettuato un lunghissimo Raduno tra Assisi, Bucarest e Bayany (Ucraina), nel quale hanno anche affrontato due volte le pari età ucraine impattando nella prima (3-3) e perdendo la seconda (8-2). Da segnalare, infine, anche il primo raduno per la Nazionale Youth Maschile, andato in scena a Roma, presso le strutture sportive del CS Esercito alla Cecchignola, tra il 1 e il 18 febbraio. ...............
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Nella pagina precedente, dall’alto: Bergamasco si ritempra nella neve; Un saluto dal Kazakhistan da parte di Bergamasco e Filimonov; Un momento di relax per la Nazionale; I nostri Tecnici e quelli del Kazhakistan; Momenti di allenamento per la squadra femminile; La Nazionale Maschile ed alcuni momenti di allenamento nell’impianto che li ospita; I coach Damiani, Bergamasco e Filimonov; Simone Fiori e Mangiacapre in buona compagnia;
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S.P. Rocky Marciano La Società fondata da Biagio Pierri, dove “nacque” Roberto Cammarelle, compie 30 anni di Giuliano Orlando
CINISELLO BALSAMO
(Mi). Con tanti sogni e pochi mezzi, il 7 luglio 1986, nasce a Cinisello Balsamo, popoloso centro (75.000 abitanti) a Nord Est di Milano, la Società Pugilistica Rocky Marciano. La fonda Biagio Pierri, professionista dal 1974 all’81, carriera di buon livello, impreziosita dal titolo italiano superpiuma nel 1978, battendo Carlo Frassinetti. Quest’anno festeggia i 30 anni di attività e gode di ottima salute, pronta al cinquantenario. Un pugliese alla conquista di Cinisello, come accadde? “Arrivo a Cinisello nel 1969 a 19 anni,
farla breve, della decina di aspiranti calciatori, l’unico a restare in palestra sono io. Comincio per curiosità col maestro Angelo Romagnesi, che tra gli allievi ha Giovanni Russi, campione italiano dilettanti nel 1973 e dei professionisti (1981) nei superleggeri. Il gym si chiama API Cinisello, presidente Diego Crippa, una grande persona. Sei mesi dopo l’arrivo, il 25 aprile del ’70 il battesimo nei piuma; nello stesso anno, arrivo secondo ai campionati italiani junior che si tengono ad Ancona. Debutto nel marzo del ’74 guidato da Firmino De Marcellis, procuratore valtellinese. Ri-
campione italiano superpiuma. Per quel match, la mia borsa è irrisoria, come previsto. Per fortuna, dopo aver fatto il metalmeccanico, nel 1975 entro nel corpo dei vigili urbani, restandoci fino alla pensione, situazione che mi permette di non contare sulle borse per sopravvivere. Per illustrare meglio la mia situazione, per potermi allenare con sparring validi, debbo andare a Sondrio, oltre 200 km. Tra andata e ritorno, dopo il lavoro. Chiudo all’inizio del 1981, e proseguo nel ruolo di insegnante all’API”. Oltre duemila persone stavano a naso in su, per non perdere un attimo del
“...arrivo a Cinisello nel 1969 a 19 anni, da Carosino nel tarantino - ricorda il maestro emerito e attuale responsabile dei tecnici lombardi - su consiglio di mio fratello Piero che vi risiede da alcuni anni, assicurandomi un lavoro e la possibilità di proseguire a giocare al calcio, da promettente ala sinistra...” da Carosino nel tarantino – ricorda il maestro emerito e attuale responsabile dei tecnici lombardi – su consiglio di mio fratello Piero che vi risiede da alcuni anni, assicurandomi un lavoro e la possibilità di proseguire a giocare al calcio, da promettente ala sinistra. Purtroppo a settembre, le squadre sono già formate e in attesa di qualche chiamata, con gli amici troviamo una palestra, per tenerci in forma. Un locale ampio nella struttura del comune dove viene praticata la boxe. Ricordo che quando i ragazzi fanno i guanti, in quattro tengono una corda per formare il ring. Per
esco a restare imbattuto per quasi due stagioni. Alla fine del ’75, De Marcellis mi mette davanti Giuseppe Mura, campione italiano in carica nei superpiuma, reduce dall’aver messo KO Giovanni Girgenti, l’unico che lo aveva sconfitto, con 22 vittorie all’attivo e un pari. Ha 32 anni, esperienza e potenza, io 9 vittorie e 3 pari. Perdo ai punti sulle otto riprese. Un modo discutibile per farmi crescere. Dopo un primo tentativo, fallito contro Liscapade a Rieti nel ’77, la sera del 21 gennaio 1978, davanti al mio pubblico di Cinisello, batto Carlo Frassinetti dopo 12 riprese spettacolari e divento
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match tra il loro Pierri e Frassinetti e assistere al trionfo del ragazzo del Sud, ormai cinesellese d’adozione, che silenziosamente si è costruito due vite parallele per giungere al doppio traguardo di uomo e atleta. Mai riunione aveva scatenato un simile furore” popolare. La fiamma accesa da Diego Crippa, presidente a tutto campo, si era propagata in tutta Cinisello al punto che si inventano le azioni pro-Pierri che gli esercenti offrono ai clienti che le acquistano volentieri. L’incasso record di oltre 7 milioni, resta tutt’ora insuperato. In questa crociata si sono spesi tutti, il comune ha
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dato il palazzetto gratis, ma pure Enzo Bonizzi e quelli della Milano Boxe, che sono Fusetti, Vignati e Scuri, che accettano la folle scommessa di allestire una riunione dai costi altissimi”. Ne vengo coinvolto anch’io, al punto che per assistere al match, mi snocciolo i tanti km che dividono Kitzbuhel (Austria) dove in mattinata si è svolta una discesa libera della Coppa del Mondo di sci alpino, viaggiando tutto il pomeriggio a buona velocità per arrivare a Cinisello e seguire in diretta un match in cui avevo creduto”. A distanza di 38 anni, rileggendo quel servizio, si capisce come la boxe non abbia limiti nel sapersi trasformare in legame affettivo, dove i pugni diventano veicoli di affetto e amicizia. In quel magico febbraio 1978, un figlio del Sud, si era identificato nella bandiera di Cinisello, un centro del milanese. Fiducia ben riposta, che ha prodotto a distanza di anni un investimento come Roberto Cammarelle, capitale che ha portato Cinisello Balsamo all’onore del mondo, il jolly scoperto da Biagio Pierri.
Quando arriva Roberto Cammarelle? “Ai primi di settembre del 1991, si presentano in palestra due ragazzoni, sono i fratelli Antonio e Roberto Cammarelle, il primo ha 12 anni, il secondo poco più di 10, ed è alto 1,67. Pur giovanissimi, dimostrano una serietà di intenti superiore alla loro età. Rispettosi e sempre in orario, si applicano e imparano bene. Antonio, molto estroverso, negli allenamenti sembra avere più qualità del fratellino, che parla poco ma ascolta molto. Il debutto di Antonio a 14 anni è poco fortunato: due sconfitte anche se di stretta misura. Roberto sale per la prima volta sul ring il 9 aprile 1995, ancora quattordicenne, agli interregionali lombardi i primi pugni, nei massimi. Li vince. A ottobre diventa campione italiano novizi A. Nell’anno del debutto disputa 10 incontri tutti vinti. Nel 1996, nonostante debba fermarsi alcuni mesi tra aprile e giugno, per il primo intervento di ernia al disco, operato a Monza (il secondo nel 2000 a Roma), vince il torneo Carnera jr. a Sequals e il titolo italiano di categoria. L’anno dopo centra sia il tri-
destro non faceva male, gli ho cambiato la guardia, ottenendo quello che volevo. Grazie alla velocità d’esecuzione il suo sinistro è esplosivo, anche se mentalmente a Roberto non interessa il ko, ma vincere con la tecnica”. Altra curiosità. E’ vero che Antonio smise su “suggerimento” deciso di Roberto? “Sicuramente qualcosa di vero dovette esserci. Il risultato fu che Antonio divenne ingegnere e Roberto il supercampione dei dilettanti con trionfi a non finire: oro, argento e bronzo ai Giochi, due ori mondiali, tornei internazionali a gogo, solo argenti europei, con verdetti che fecero a pugni con la logica, senza entrare nel merito della sconfitta a Londra nel 2012, uno dei furti più clamorosi”. Fino a quando Roberto è rimasto alla Rocky Marciano? “Fino all’aprile del 2000, quando entra nelle FFOO. Con noi ha disputato 31 incontri, vincendo 5 titoli lombardi, 7 interregionali e 4 campionati italiani. I rapporti sono rimasti sempre ottimi, quando torna dai genitori che abitano
“...ricordo che quando i ragazzi fanno i guanti, in quattro tengono una corda per formare il ring. Per farla breve, della decina di aspiranti calciatori, l’unico a restare in palestra sono io. Comincio per curiosità col maestro Angelo Romagnesi, Il gym si chiama API Cinisello, presidente Diego Crippa...” Perché hai voluto aprire una tua palestra e perché nel nome di Rocky Marciano? “Perché mi ero stufato di essere l’aiutante di un maestro che non c’era quasi mai, ma figurava da titolare. Da ragazzino le vittorie di Marciano mi entusiasmavano, mi venne spontaneo intestarla a quel grande campione, drammaticamente scomparso nel 1969, l’anno del mio arrivo a Cinisello. L’inizio non è facile, per le solite invidie della concorrenza. Ma non sono uno che si arrende facilmente e alla fine, dopo trasferimenti vari, ottengo il locale nella palestra del comune, alternandomi con l’API”.
colore di 3° e 2° serie. A quel punto lo chiamano in nazionale. Nel ’98 è ormai fisso in azzurro negli jr. Si aggiudica il Torneo Italia di categoria. Chiude l’anno ai mondiali jr. di Buenos Aires in Argentina, dove ritrova il tedesco Kretschman, meno tecnico ma atleticamente più forte, che dopo Brandenburgo, lo ribatte. Ma il tempo farà giustizia: nel 2004 ai mondiali militari a Fort Huachuca (Usa) ritrova il tedesco e lo mette ko alla prima ripresa”. Una curiosità: Roberto è un mancino naturale o impostato? “Ha iniziato in guardia normale ma il
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da sempre a Cinisello, la visita in palestra è d’obbligo e viene ad allenarsi con noi”. Il bilancio societario, oltre a Cammarelle, cosa racconta? “Competere in popolarità con uno che si chiama Cammarelle è impossibile, tenendo presente che Roberto è un prodotto che, senza nulla togliere alla nazionale e alle FFOO, nasce alla Rocky Marciano e solo dopo essersi affermato anche oltre confine con noi, è diventato il più grande dilettante italiano in assoluto. Ad ogni modo ci siamo sempre difesi per dare continuità e non lasciare
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all’asciutto il carnet della palestra. Nel recente passato diversi allievi hanno vinto titoli e medaglie regionali e nazionali. Il medio Paolo Cologna a livello regionale e il supermassimo Angelo Prota, che nel 2010, a Catania contese il titolo italiano junior e a Pisa, l’interregionale debuttanti sempre contro Guido Vianello. Nel 2006 ad Andria, ai campionati italiani cadetti, Alessandro Marafina perse da Valentino Manfredonia, per il primo posto nei 66 kg.” L’oggi della Rocky Marciano? “Contiamo su Donatello Perrulli, che ha preso la maturità scientifica ed è sempre presente nell’attività della società. Argento (2012) e oro (2013) ai campionati italiani youth, vincitore del torneo Azzurrini, tre volte campione lombardo, prossimo al passaggio nei neo pro. At-
amatori, alcuni per amore del pugilato o per restare in forma, altri per dimagrire. Eccoli: Pasquale Maiello, Donovan Costa, Martines Chavez, Marco Vaccaro, Mikola Kinaschuk, Bandiougou Sissoko, Stefano Garbetta,Stefano Bedendo, Michael Astone, Aldo Molinaro, Suhanraj Suresh, Alessandro Barcella, Luca La Gamba, Alessandro Colombo,Simone Cremonese, Alessio Di Maggio, Riccardo Donatellis, Jacopo Esposto, Davide Ponzoni, Nicoletta Bocun, Marta Segalina, Ali Youssef, Daniele Pittari, Antonio Ferraresi, Leonardo Huaman, Luis Garcia, Giorgia Veneziani, Giada Termini. Spero di far loro una bella sorpresa, citandoli sullo storico Boxe Ring”. Corrado Perrulli, presidente dal 2010, un passato agonistico di buon livello
conversione alla boxe è stato Donatello. Pensavo di portarlo a seguire le orme di papà, ma lui, senza giri di parole, mi ha detto che lo sport che intendeva praticare era la boxe. Aveva ragione. La Rocky Marciano non vuole essere solo una scuola di pugilato, ma ancor più di vita. Seguiamo gli allievi anche fuori dalla palestra. In contatto con i genitori, vogliamo conoscerne il rendimento a scuola e le compagnie che frequentano. Aiutiamo quelli che motivi diversi hanno problemi, dagli stranieri che sono in comunità e altre situazioni difficili. Alcuni arrivano bulli e bulletti e dopo qualche seduta in palestra, svoltano sulla giusta strada del rispetto reciproco. Rarissimi gli allontanamenti, semmai il contrario. Dopo averci lasciato, tornano e si mettono in riga. Tutto questo senza
“...Ai primi di settembre del 1991, si presentano in palestra due ragazzoni, sono i fratelli Antonio e Roberto Cammarelle, il primo ha 12 anni, il secondo poco più di 10, ed è alto 1,67. Pur giovanissimi, dimostrano una serietà di intenti superiore alla loro età. Rispettosi e sempre in orario, si applicano e imparano bene...” tivi sono Francesco Rizza, classe 1998, tre volte campione regionale, lo jr. Biagio Grimaldi in costante crescita, quindi Ivan Orsino, Gavrila Carmen, Dashmir Berberi, Davide Buccele, Marco Tirelli, Yassir Essoltani, Sahsa Nolasco, Elvis Bejko, Luca Leuzzi, Vasile Balmus, Estijen Stafa e altri che si stanno preparando per il debutto come Davide Cusa, Domenico Crudo, Riccardo Pagano, Franco Solidoro e Veselin Apostolov ai quali entro breve tempo si aggiungeranno Daniele Colucci, Claudia Senesi e Gary Garcia. Non mi pare che le cose vadano male. Certo, non è facile tenere i ragazzi. Le distrazioni e i richiami alternativi sono sempre più numerosi e la boxe richiede sacrifici costanti. Debbo dire ad onor del vero, che da tempo i migliori alleati sono le famiglie, che coinvolgiamo fin dal primo approccio del ragazzo in palestra”. Numerosi anche gli
nelle arti marziali, lucano come i genitori di Roberto Cammarelle, dopo essere stato il vice di Aldo Turla, svolge il ruolo con passione e determinazione, mentre la vice presidenza è stata assunta da Toto Franco. “Premetto che la mia passione verso il pugilato è nata per l’ammirazione che ho sempre avuto per il maestro Biagio Pierri e anche merito di Donatello. Il primo è un esempio illuminante, presente ogni sera, non parla troppo ma conosce tutto dei ragazzi, capisce al volo i loro problemi, una sensibilità che non sempre i piani alti capiscono. A ragione, difende i suoi ragazzi come fa la chioccia con i pulcini, ci mancherebbe altro. Per questo stravedono per lui e hanno ragione. Senza nulla togliere al bravissimo Michele Di Perna, il collaboratore di Biagio, che ne segue le orme con ottimi risultati. L’altro responsabile della mia
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coercizioni o minacce. La boxe è una disciplina esemplare, che chiede rispetto e ti fa crescere come uomo”. Attiva anche sul piano organizzativo, nel cassetto di desideri, il gemellaggio con le società che portano lo stesso nome, in particolare quella di Chieti, che dista pochi chilometri da Ripa Teatina, la terra dei Marchegiano. Un confronto tra i due team a Ripa, in occasione del Premio Rocky Marciano, rappresenta un traguardo da raggiungere, con Roberto Cammarelle ospite d’onore. I quadri societari. Presidente Corrado Perrulli; vice presidente Franco Toto; consiglieri: Aurelio Longoni, Teresa D’Onofrio e Domenico Sollecito. ...............
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Dall’alto, da sx: Cammarelle al primo titolo italiano nel 1995 a 15 anni con il consigliere Aurelio Longoni, l’ex presidente Aldo Turla e Biagio Pierri; Stella di bronzo 2010 con titolo; Foto di gruppo della Rocky Marciano; Un Cammarelle alle prime armi; A sin il Sindaco Siria Trezzi a dex Onorevole Daniela Gasparini con Biagio Pierri premiato; Cammarelle con Biagio Pierri; Con il presidente lombardo Scaramuccia, Patrizio Oliva, Fragomeni, riconoscibile anche il giovane Cammarelle; I due insegnanti, il vice presidente e il presidente attuali della Rocky Marciano.
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Un passato prestigioso...
Bologna, la città dimenticata Adesso il pugilato sopravvive, fra anonimato e indifferenza di Maurizio Roveri
Bologna com’era,
Bologna com’è. Il raffronto con la boxe del passato, è impietoso. E non vorrei neppure farlo, per non sembrare ingeneroso verso quei “quattro gatti” che ancora ci mettono l’anima - ogni giorno - per cercare di tenere in vita questa disciplina in una città che... non sa quasi più niente di pugilato e che neppure s’impegna a ricordare la prestigiosa storia che la Noble Art ha scritto qui, sotto le Due Torri. Tuttavia trovo giusto raccontarla, la vecchia grande Storia pugilistica di Bologna, e farla conoscere a chi non la conosce. Proprio come trovo onesto dire che oggi - e non soltanto da oggi - la boxe in questa città cerca soltanto di sopravvivere. Nell’indifferenza generale, o quasi. Peccato. Peccato perchè il pugilato, in un passato che purtroppo è già abbastanza lontano, ha regalato ai bolognesi “eroi” popolari e venerati. Oltre ad intense passioni e forti emozioni. A cominciare dagli Anni Venti quando la Sempre Avanti era attivissima a livello organizzativo e gli incontri di pugilato si svolgevano spesso nei Teatri: all’Arena del Sole, al Teatro del Corso che era in via Santo Stefano, al Teatro Contavalli, e successivamente al Duse, al Manzoni, al Teatro Verdi che si trovava dove adesso c’è il cinema Capitol. Alla Sempre Avanti si affiancarono poi altre Società, l’Accademia Pugilistica Bolognese e la Bologna Sportiva. Leone Blasi, un ragazzetto minuscolo ma dotato di impressionante energia e di grande ritmo, è stato il primo idolo dei bolognesi. Sul ring era inesauribile. Lo chiamavano “motorino”. Da dilettante ha combattuto oltre un centinaio di match. Da professionista si fermò presto. Scegliendo
di insegnare e diventando - più avanti - il mitico Maestro di Franco Cavicchi (il pugile bolognese più famoso di tutti i tempi) e di altri valorosi ragazzi del ring. Un altro “idolo” dei tempi pionieristici, assieme a Blasi, è stato un peso medio che si chiamava Gardini. Grande atleta. Entusiasmava il pubblico. Avrebbe potuto fare anche di più, se la sua attività pugilistica non fosse stata ostacolata dai genitori. Evidentemente contrari all’amore del figlio per la boxe. Si narra che il giovane Gardini, per sfuggire al severo controllo dei genitori e andare ad allenarsi, spesso saltasse dalla finestra. Correndo in palestra in mutande! Già negli Anni Trenta Bologna era una Capitale della Noble Art, un crocevia di pugili e personaggi. Arrivavano a combattere qui personaggi come Aldo Spoldi, Mario Bosisio, Saverio Turiello, Cleto Locatelli, Gino Bondavalli, Vittorio Tamagnini, Vittorio ed Enrico Venturi, Tiberio Mitri. Addirittura nel 1930 venne proposto ai bolognesi il pugile italiano più famoso al mondo, Primo Carnera. Il gigante di Sequals, che furoreggiava negli Stati Uniti, venne ingaggiato dalla “Bologna Sportiva” per una esibizione di 6 round. Bologna era anche una fabbrica di talenti. Nell’immediato dopoguerra è stata una grande palestra di Campioni. Il personaggio “numero uno” indubbiamente è stato Franco Cavicchi : 89 combattimenti da professionista per “il colosso di Pieve di Cento, 71 vittorie, delle quali ben 45 ottenute prima del limite. Campione d’Europa dei pesi massimi nel 1955 e ’56. Collocato da Nat Fleischer e dalla sua prestigiosa rivista Ring Magazine al 9° posto fra
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i grandi pesi massimi di quel periodo molto competitivo, dove il campione del mondo era Rocky Marciano. Un altro “prodotto” bolognese di eccellente qualità è stato Raimondo “Ray” Nobile campione d’Italia dei piuma nel 1959 e ’60, pugile da 33 vittorie e soltanto 2 sconfitte nella sua carriera professionistica. Personaggio molto apprezzato anche l’elegante welter Alfredo Parmeggiani, dalla tecnica raffinata: brillante carriera dilettantistica (sconfiggendo anche Sandro Mazzinghi) e da professionista 28 vittorie, contro 3 sole sconfitte. Remo Carati, il gobbo, è stato un duro combattente, campione d’Italia dei pesi medi nel 1962. Vincenzo Pitardi, il giramondo, peso leggero tecnico e di apprezzabile sapienza tattica, ha vinto in carriera 41 match e ne ha perduti soltanto 12 e si tratta di un “record” di notevole spessore considerando che Vincenzo ha sostenuto quasi tutta la sua carriera all’estero combattendo 42 volte lontano dall’Italia, fra Spagna, Germania, Austria, Finlandia, Danimarca, Australia, Thailandia. Un altro pugile molto stimato di quei tempi, a cavallo fra gli Anni Cinquanta e i Sessanta, è stato Luciano Mazzacurati: 154 combattimenti da dilettante, campione d’Italia, poi da professionista 9 incontri vinti e 3 perduti. E valorosi rappresentanti di quel ruggente pugilato di Bologna sono stati Vittorio Stagni, Romano Rubini, Walter Sarti, Orazio Venturi, Calogero Canì, Carlo Franco Cavicchi scuote Neuhaus per il titolo europeo; Dante Canà e Bepi Ros eterni rivali; Vittorio Stagni contro Bellini; Vittorio Stagni; Dante Canà contro Joe Bugner.
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Gabrielli, Bruno Pomaro, Arnaldo Patelli, Luciano Menzani, Franco Palmieri, Antonio Tarozzi, Bruno Baravelli. Più avanti ha conosciuto momenti di gloria Enzo Farinelli, che da professionista ha vinto 26 match ed è stato tre volte detentore del tricolore dei gallo fra il 1969 e il 1973. Poi è arrivato il periodo di Dante Canè, il gigante buono, il Campione del popolo. Anche lui peso massimo. Come Checco Cavicchi. Se Cavicchi è stato il
re delle folle, capace di portare 60 mila persone allo stadio Comunale di Bologna nelle sue sfide europee, “Dantone” - il salumiere del quartiere San Donato - è stato il più amato dai bolognesi. Per la sua semplicità, per la simpatia, per la generosità sul ring. Ha dato tutto se stesso. Sempre. E la gente lo ha apprezzato, quell’omone grande e grosso che non aveva il fisico statuario perfetto solenne di Cavicchi, e neppure la devastante potenza del colosso di Pieve di Cento, e tuttavia è riuscito a diventare comunque un “grande” aggrappandosi al sacrificio, alla passione, alla voglia di lottare. Dante Canè detiene un record: per 10 volte (sì, dieci) è salito sul trono italiano dei pesi massimi. Nel periodo che va dal 1969 al 1977. Le cinque eccitanti battaglie di Dantone con Bepi Ros - così gonfie di coraggio e di pathos - hanno fatto storia. Roba da far impallidire la serie cinematografica di Rocky... Ovviamente, raccontando il prestigioso passato del pugilato petroniano, non si può non parlare del pugile italiano più popolare degli Anni Sessanta, Nino Benvenuti. Il Campione che conquistò l’America nel 1967, andando a vincere il titolo mondiale dei pesi medi contro Emile Griffith nel leggendario Madison Square Garden di New York. Gestito dal manager bolognese Bruno Amaduzzi e allenato dal preparatoremotivatore imolese Libero Golinelli, Benvenuti preparava i suoi match - e le sue imprese - a Bologna nella palestra di via dei Poeti o nel “ritiro” estivo di Loiano. Benvenuti ha combattuto 12 volte al palazzo dello sport di Bologna. E qui hanno combattuto anche Carlo Duran, Sandro Mazzinghi, Bruno Arcari, Rocky Mattioli, Sumbu Kalambay, Patrizio Oliva, Loris Stecca, Valerio Nati, Francesco Damiani. E oggi? Oggi Bologna è una città... dimenticata dal pugilato. Lontana da un pugilato di un certo livello. Quella Bologna che fu “Boxe City” adesso ha poco. Appena due pugili neo-pro: Manuel Vignoli, decoroso prodotto della Tranvieri, che peraltro è da mesi inattivo, e Vadim Dedov esperto russo da tempo nel nostro Paese e ora gestito dalla Boxe Regis. Ci sono 6 società dilettantistiche (Sempre Avanti, Pugi-
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listica Tranvieri, Boxe Le Torri, Boxe Regis, Bononia Boxe, Palestra TPO). Vanno apprezzate per la passione che accompagna la loro attività, però... manca un progetto comune, manca una programmazione. Di riunioni dilettantistiche se ne fanno otto o nove nell’arco di un anno (più quelle in provincia), ma ogni riunione sembra essere fine a se stessa. Questo è il problema. Raramente si riesce a catturare sponsors e - peggio ancora - non si riesce a conquistare pubblico. A Bologna si pensa in piccolo. C’è un punto di fierezza rappresentato dalle due ragazze della palestra Tranvieri: Valentina Alberti (cresciuta sotto la guida di Sergio Rosa e Sergio Di Tullio) e Sara Corazza. Entrambe azzurre. A livello maschile i dilettanti della categoria Elite sono pochi pochi. I “prospetti” più interessanti li ha la Boxe Le Torri del Maestro Pesci: il ventunenne 64 chili Arblin Kaba (vicecampione d’Italia) e il ventenne 81 chili Pavel Zgurean. Una constatazione. Negli ultimi trentacinque anni - cioè dai primi Anni Ottanta - il pugilato nella città delle Due Torri ha avuto solo tre “personaggi” importanti: Lucio Cusma (campione d’Europa dei pesi leggeri nel 1983), Paolo Pesci (campione d’Italia dei welter nel 1989 e 90), Simone Rotolo (campione d’Italia dei superwelter nel 2001 e 2002, campione Intercontinentale WBA dei superwelter dal 2002 al 2004, campione d’Italia dei medi nel 2012). Soltanto le performances di questi tre Campioni hanno permesso alla boxe bolognese di respirare. E di tenere ancora un po’ accesa la fiammella della passione. ...............
In questa pagina: Valentina Aberti; Arblin Kaba (Boxe Le Torri); Nella pagina seguente: Nobile prima di affrontare Davey Moore campione del mondo; Raimondo Nobile; Franco Cavicchi.
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Riceverà finalmente la Cintura per i 100 anni FPI
GIOVANNI GIRGENTI Giovanni Girgenti: 20 incontri per il Titolo Italiano, incontrò Eder Jofre, Johnny Famechon e Josè Legra
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Quando nel maggio
del 1995 intervistai a Palermo Giovanni Girgenti per Boxe Ring, trovai un uomo tranquillo che aveva dato molto al pugilato, pur non avendo acquisito quei risultati che avrebbe meritato se fosse stato un pizzico più fortunato e meno tiranneggiato da arbitri e giudici. Nato il 18 dicembre del 1942 a Marsala, la città dello “Sbarco dei Mille”, Girgenti, dopo una brillante carriera dilettantistica che lo aveva portato a conquistare 2 titoli italiani assoluti nei piuma, una finale europea con il sovietico Stepaskin, e a partecipare nel 1964 alle Olimpiadi di Tokyo, esordì nei professionisti nel 1965 battendo per abbandono alla seconda ripresa Emilio Privato. Il suo primo procuratore fu Bruno Amaduzzi, che lasciò poi il posto ad Andrea Ciaccio, quando il manager bolognese decise di occupasi esclusivamente della carriera di Nino Benvenuti. Dopo un primo tentativo fallito nel 1968 di conquistare il titolo italiano dei piuma contro Renato Galli, il 27 luglio 1969 Girgenti raggiunse quel suo primo traguardo battendo in 12 riprese Nevio Carbi. Difese poi il titolo dall’assalto di Ambrogio Mariani, e poi da Ugo Poli, Umberto Simbola e Antonio Chiloiro, sconfitti ai punti. Egli però in quegli anni si era fatto conoscere anche all’estero. Infatti, il 9 dicembre del 1966 aveva pareggiato in 10 riprese con l’australiano (nato a Parigi) Johnny Famechon. Essendo stato quello un verdetto controverso e certo casalingo, venne organizzato nel giugno del ‘67 un 2° incontro sempre a Melbourne. Stavolta i giudici diedero vincitore l’australiano, ma è indubbio che favorirono ancora una volta il pugile locale, destinato fra l’altro a divenire il futuro campione del mondo dei piuma. E difatti, quando nell’aprile del ’69 Girgenti e Famechon si incontrarono per la terza volta, Johnny aveva già in testa la corona di campione mondiale della categoria per la WBC. Stavolta l’incontro si tenne nella elegante cornice dell’Hotel Hilton di Londra, e il match si risolse ancora una volta sulla distanza delle 10 riprese, con Famechon proclamato vincitore ai punti. Girgenti ammise poi che quell’ultimo match era stato anche
di Gianni Virgadaula ph Arcivio FPI l’unico in cui il campione si era aggiudicato il verdetto per meriti propri. Nel 1970, senza più rivali in patria, il marsalese abbandonò il titolo italiano, avendo ormai maturato altre ambizioni. Si venne così a concretizzare la possibilità di combattere a San Paolo del Brasile con Eder Jofre, lo straordinario campione che aveva dominato la categoria dei pesi gallo, e che dopo un temporaneo ritiro era ritornato sul ring con la determinazione di riconquistare il titolo mondiale. In questo contesto Girgenti era stato chiamato a collaudare le condizioni del “gallo d’oro”, ma quel 5 dicembre del ’70, il siciliano difese cara la pelle, manovrando bene il sinistro e anticipando sempre col destro un Jofre chiaramente sorpreso dall’abilità dell’avversario. Alla fine delle 10 riprese, il verdetto venne assegnato di stretta misura al brasiliano, ma Girgenti, ancora una volta defraudato da una giuria partigiana, raccolse applausi e consensi come mai prima gli era capitato in carriera. Certo è che quell’incontro con Jofre, legittimò una sua sfida in ambito europeo. Così, il 14 agosto 1971 ad Alicante affrontò per il titolo europeo dei piuma il formidabile cubano naturalizzato spagnolo Josè Legra, già campione del mondo della categoria. Girgenti combatté con la consueta generosità, ma la sua eccellente tecnica non gli fu sufficiente per arginare la forza di Legra, che infine lo sconfisse per KO al 9° round. Rientrato in Italia, Girgenti riconquistò il titolo italiano battendo Augusto Civardi per abbandono al nono tempo. Di seguito, il 20 febbraio del 1972, respinse a Palermo l’assalto di Renato Galli, superato anch’egli ai punti. Poi, il 12 maggio a Torino, lasciò il titolo nelle mani del napoletano Elio Cotena, astro nascente della categoria. Il 29 novembre 1972 nuovo incontro fra i due, ma ancora una volta Cotena riuscì ad imbrigliare la scintillante boxe di Girgenti, alla quale però fece sempre difetto un pizzico di potenza. Salito nella categoria superiore, ali inizi del ’73 il siciliano conquistò il titolo italiano dei superpiuma battendo nella sua Marsala Mario Redi; titolo che successivamente difese 7 volte anche contro uomini di valore come Mario Sanna e
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Natale Vezzoli, prima di lasciarlo nelle mani di Giuseppe Mura, che pure egli aveva sconfitto in un precedente combattimento. Nel ’74 ad Oslò, Girgenti fece anche il tentativo di conquistare la corona europea dei superpiuma contro Svein Erik Paulsen. Ma dopo 15 riprese combattute diligentemente, mantenendo una leggera ma costante superiorità, i giudici assegnarono il verdetto al pugile norvegese. Fu quella l’ennesima beffa, ed anche l’inizio del declino per il marsalese. Nondimeno, nel ’76 Girgenti tentò ancora di riconquistare il titolo italiano dei superpiuma, ma la sfida combattutasi a Magliano Sabino lo vide perdente contro Salvatore Liscapade. Fu l’ultimo suo incontro su un totale di 69 combattimenti, 48 dei quali vinti. Ne aveva perduti 15, e 6 ne aveva pareggiati. Un ricordo nostalgico mi lega a Girgenti. Nell’aprile del ’73 egli combatté e vinse a Marsala contro Amleto Restano mentre io a 15 anni debuttavo nel Torneo “Primi Pugni” nei pesi mosca. Rividi poi Giovanni per l’ultima volta proprio in occasione di quell’ormai lontana intervista, dove con serenità ricordava le sfide vinte e quelle perdute, ma si rammaricava pure di non avere mai ricevuto dalla Fexderazione la cintura di campione d’Italia professionisti. Ricordo come se fosse oggi l’appello che Girgenti rivolse dalle pagine di Boxe Ring alla FPI perché gli venisse concessa una cintura a ricordo dei titoli conquistati. Girgenti ha oggi 74 anni, e probabilmente si è rassegnato all’idea di non avere quella cintura tricolore, che pure aveva onorato con 20 incontri validi per il titolo italiano. Ma in quest’anno così particolare per la nostra boxe, sarebbe bello se la Federazione Pugilistica italiana nel Centenario della Fondazione, con un gesto generoso accogliesse la sua richiesta. Al Presidente Brasca, che è uomo di profonda sensibilità, va allora questo appello, con la fiducia che stavolta il desiderio del vecchio campione siciliano non vada disatteso.
............... Una fase del match Girgenti vs Cotena; Girgenti con il manager Ciaccio; Girgenti in trionfo.
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Pugni d’autore
JACK LONDON Scrittore e pugile
di Fabio Rocco Oliva
Jack London un uomo che viene dalla strada, che ha trascorso la sua vita affamato di esperienze che lo hanno portato in giro per il mondo di avventura in avventura. Mai fermo, mai domo, mai in pace, sempre in cerca di se stesso. Come un pugile che cerca il colpo perfetto, così Jack London si è dedicato alla ricerca della sua dimensione di uomo. Quaranta anni di vita vissuta al massimo, nato a San Francisco nel 1876 e morto a Glen Ellen nel 1916. È stato cacciatore di foche, strillone di giornali, ha lavorato in lavanderie, è andato alla ricerca dell’oro, è stato coltivatore, pescatore clandestino di ostriche, agente assicurativo, inviato di guerra e pugile. Già il pugile. Non un boxeur professionista ma un appassionato amante del quadrato, che spesso infilava i guantoni e ci dava dentro come un matto, tanto che nel 1905 Jimmy Britt, all’epoca campione del mondo dei leggeri, scrisse: “Jack London è di assoluto livello e conosce il gioco al punto che se lui facesse parte del nostro mondo, grazie alle descrizioni che sa offrire degli incontri lo proporrei o lo accetterei come arbitro”. Britt scrisse queste parole quando recensì per un giornale americano il primo racconto di London sulla boxe, The Game (Il Gioco). Erano decisamente altri tempi! Tempi in cui uno scrittore infilava i guantoni e un pugile impugnava la penna. Erano tempi in cui l’arte di boxare e l’arte di scrivere avevano molto in comune perché avevano entrambe fame di verità, bruciavano d’ardore, inseguivano la giustizia sociale. La vita e la boxe allora erano la stessa cosa, la faccia di una stessa medaglia. Joe, il giovane pugile protagonista del racconto The Game cerca di spiegare alla dolce compagna cos’è per lui il pugilato ma non
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trova le parole giuste, biascica qualcosa ma quello che dice della boxe è fondamentalmente quello che pensa della vita. Joe è un campione, è un buono. Non può essere altro che un pugile. Così di match in match sale la vetta, diventa il campione da battere. E nessuno ci riesce. Poi incontra una donna, una splendida ragazza, dolce e soprattutto pulita come lui. S’innamorano. Non capisce, non comprende perché il suo Joe ami quello sport duro, rozzo, violento. Inutile. Poi accade qualcosa. Joe la invita a vedere il suo ultimo match per mostrarle direttamente che cosa è il gioco, per superare l’equivoco delle parole. Sono altri tempi questi, sono i primi anni del Novecento, epoca in cui le donne non frequentavano i ring dove si fumava e si sbraitava, dove di lì a poco sarebbe venuto fuori quella gloria di Jack Dempsey. Così i due si organizzano, travestono la donna da uomo e le mostrano il gioco. Qui Jack London descrive il match in un modo perfetto. Siamo lì, a bordo ring, tra la folla ma anche nel quadrato con i due pugili, ne scorgiamo le gocce di sudore, ne studiamo i passi, ne sentiamo i pensieri e le strategie. Le parole filano lisce e hanno un ritmo che è quello dei pugni, delle schivate e delle parate. I due combattono a meraviglia e round dopo round la ragazza inizia a capire la boxe, ne percepisce la carica devastante, il legame con la vita. London però è uno scrittore di strada, un uomo che ha viaggiato, ha conosciuto, ha messo a repentaglio la sua vita. Questo deve fare uno scrittore per avere la visione perfetta di ciò che dovrà scrivere, quella visione che anticipa i tempi e rivela lezioni. Sì anticipa i tempi perché nel racconto – e non solo in questo – c’è un passaggio che ricorda molto da vicino una scena celebre del cinema legato al pugilato: Rocky II. Ad un certo punto i due pugili vanno
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entrambi al tappeto, sono a terra, strisciano, le ginocchia senza forze, la testa che gira e il disperato tentativo di afferrare le corde. Ma Jack London ci rivela un’altra verità insita nella boxe. I due si tirano su, continuano a lottare tra la folla indemoniata. Nonostante tutto Joe sta dominando, ha il match in mano ma poi accade l’imponderabile. Ponta, il suo avversario, indovina il pugno della vita e tutto quello che di buono Joe aveva fatto sfuma, crolla al tappeto come il nostro giovane, proprio davanti agli occhi della fidanzata. Puoi dominare un match ma un pugno solo può distruggere tutte le tue certezze, come accade nella vita. Così come accade nell’altro racconto, Una bistecca. Un racconto di una bellezza struggente, una feroce critica alla società. Tom il protagonista è vecchio pugile, ha vinto tanto, ma gli anni passano per tutti, anche per lui. Ha cinquanta anni, ridotto male e la boxe è l’unica ancora di salvataggio. Deve disputare un match contro un giovane pugile in ascesa per poter racimolare qualcosa e comprarsi una bella bistecca di cui avrebbe bisogno per poter in realtà salire sul ring e suonarle al suo avversario. Di sera, da solo, cammina per le strade fino a giungere sul ring, col pensiero fisso alla bistecca, alla vita. E qui, Jack London, ha un’altra visione di ciò che accadrà in futuro. Il match che descrive anticipa di moltissimo frammenti della vita di un gigante della boxe, George Foreman. Il vecchio Tom sembra ricordare il vecchio Foreman quando cinquantenne salirà sul ring contro Moorer. Non solo. Il match che viene raccontato assomiglia a quell’epico incontro di Kinshasa tra Alì e Foreman. Lì il genio della boxe è alle corde, assorbe i colpi in attesa di quello vincente. Qui Tom segue la stessa tattica, attende, assorbe, mostra a tratti la sua arte messa su in anni e anni di
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match durissimi. Ma il colpo vincente non arriva. La forza necessaria gli manca. È quella maledetta bistecca che non ha mangiato e per la quale combatte. Sembra di trovarci di fronte al mito greco di Tantalo che è immerso nell’acqua e sulla sua testa pende una mela. Ha fame, vorrebbe addentarla ma non ci riesce. Ogni volta che ci prova, la mela è tirata su. Ha sete ma ogni volta che vuole bere l’acqua scivola via. Jack London è stato un cercatore d’oro e probabilmente avrà provato questa sensazione più volte. Tom, il vecchio pugile, deve combattere per conquistare ciò che avrebbe dovuto avere per poter vincere. Il pugile è dunque l’uomo puro, colui che sul ring va alla ricerca della verità. Come accade in un altro magnifico racconto dal titolo L’orribile bruto. Qui il protagonista è un giovane, forte e vigoroso, cresciuto tra i monti, figlio di un ex campione che disegna per lui una carriera perfetta. Il giovane Pat Glendon si fa strada a forza di pugni, massacra i suoi avversari al primo round e lanciatissimo verso l’olimpo. Per lui la boxe è semplice: salire sul ring, combattere e dimostrare di essere il più forte. Per lui e per Jack London questo è la boxe, lottare con tutte le proprie forze per afferrare la propria vita. Non lo è però per l’uomo comune, per l’uomo non pugile e non scrittore. Non lo è per l’uomo d’affari, per chi vede nella boxe solo guadagno, per chi vede nel pugile solo un gladiatore da mandare al macello. Questo racconto è del 1915 di lì a poco la boxe diventerà uno sport sempre più popolare, sempre più ambito dalla criminalità americana che lo saprà sfruttare fino in fondo, come fecero i fratelli Garbo. Organizzazioni criminali che hanno gestito match in accordo con dirigenti. Ecco l’uomo senza guantoni macchia una disciplina pura come la boxe. La corrompe. La priva di credibilità. E così Pat Glendon, quando scopre che la sua vita di pugile è gestita e determinata da altri – non pugili – decide di mollare, mandare tutto a quel paese e di correre via verso la natura sconfinata da dove era venuto. ...............
Jack London nel 1904, in una posa da pugile e un suo libro sulla Noble Art
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Campionato Neo Pro. Assegnati a Brescia i tricolori di settore
I primi campioni nazionali della Lega di Giuliano Orlando ph Luca Nava
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brescia.
le finali il 19 dicembre scorso. Le semifinali in tre sedi: Torvajanica-Pomezia (Rm) 28 novembre, Rezzato (Bs) il 4 dicembre e Ugento (Le) il 5 dicembre. Le finali vengono ospitate a Brescia, nell’ampio Polivalente Azzurri d’Italia, per l’organizzazione della Brixia Boxe, presidente Francesca Monteleone e il promoter Mario Loreni, a bordo ring l’assessore allo sport Roberta Morelli, presente un discreto pubblico. Deejay TV riprende la serata, col supporto di Panchetti e Alex Duran. Ring an-
he fosse una scommessa difficile nessuno ne dubitava. La Lega Pro emette il primo vagito nel 2010, diventa una realtà operativa nel 2014 e si completa con la prima Assemblea Elettiva nel 2015 a Bergamo. E’ doveroso sottolineare che la FPI ci ha messo molto del suo, per tenerla in piedi e farla crescere. Con questo supporto di sostegno, dopo i primi passi incerti, la squadra presieduta da Carlo Nori, ha
“...che fosse una scommessa difficile nessuno ne dubitava. La Lega Pro emette il primo vagito nel 2010, diventa una realtà operativa nel 2014 e si completa con la prima Assemblea Elettiva nel 2015 a Bergamo. E’ doveroso sottolineare che la FPI ci ha messo molto del suo, per tenerla in piedi e farla crescere...” cominciato a capire e ambire a quei traguardi per cui era nata. Il primo era la realizzazione del Campionato Neo Pro, l’inizio di un sogno, con materiale nato dalle leve passate al professionismo in parallelo alla nuova struttura. I pessimisti dubitavano che la Lega restasse unita, in particolare nell’attività minore, dove le riunioni cosiddette miste sono allestite col supporto delle società dilettantistiche. I numeri hanno smentito il partito del no, visto che delle 201 riunioni allestite nel 2015, ben 148 sono state supportate dai club, mentre le professionistiche risultano 53. Numeri che aprono la speranza ad un futuro positivo, paragonandoli a quelli del 2014 (130
riunioni, 96 miste e 34 pro). Addirittura raddoppiati i match: 497 nel 2015, contro i 255 dell’anno prima. Idem per i campionati italiani (24 contro 16) alla base del movimento. Il torneo tricolore neo pro, ha debuttato con le prime eliminatorie che servivano per iniziare a raccogliere punti, facendo conoscere i neo pro lungo lo stivale. Il pubblico aveva modo di scoprire nomi inediti. Con questo criterio è andato avanti il programma dei combattimenti. Che hanno interessato un centinaio di località, quindi una promozione importante, che dovrebbe risvegliare interesse in tutto il territorio nazionale. Un bel segnale con l’avvio del primo campionato a febbraio e la conclusione sul ring di Brescia con
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nouncer, Mimmo Zambara, ormai un’istituzione sui ring lombardi. Incontri sui 6 round. Primo gong con i piuma e prima sorpresa. Dionise Tiganas, si presenta con 5 vittorie sotto il segno della potenza, mentre il livornese Jonathan Sannino arriva in finale con 2 successi e un pari. Inizio a tamburo battente del moldavo di stanza a Ferrara che cerca il colpo duro. Sannino non si lascia impressionare, ma si muove sulla gambe e rientra con sinistri e qualche destro precisi, colpi che Tiganas inizialmente assorbe bene, ma al quinto round paga lo scotto di una tattica scriteriata e subisce un kd. tra la sorpresa generale. Il
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resto della sfida conferma l’intelligenza tattica di Sannino che insiste al fegato e rimette ancora giù Tiganas, eroico a trovare la forza per rialzarsi, anche se il match è ormai segnato. Nei superpiuma, di fronte l’imbattuto Giuseppe Carafa (4-0-1) e il siciliano Giuseppe Bucello (3-3). I due sono divisi da una sana rivalità, accentuata dal precedente confronto di ottobre a Copertino nel leccese, dove vive Carafa, dichiarato vincitore. Il pugliese ha un’ottima base tecnica, mentre Bucello cerca il colpo duro. Anche stavolta la spunta Carafa bravo ad anticipare gli assalti del rivale, generoso ma prevedibile. Entrambi romani i leggeri Michael Magnesi (3) e Valerio Mazzulla (3-1), che si affrontano col record immacolato. Sulla carta sfida equilibrata, tra il compatto Magnesi e il longilineo Mazzulla. Il ring racconta un’altra storia, che dura meno di un minuto. Magnesi mette alle corde l’avversario e inizia un bombardamento micidiale sopra e sotto. Mazzulla cerca
avvantaggia nei primi round. Recupera nella seconda parte il campano, che comanda il match e finisce netto vincitore. Lomasto ha subito una sola sconfitta nella stagione, in marzo contro l’ex campione italiano e azzurro Davide Festosi sul ring di Padova. Una rivincita in campo neutro ci starebbe tutta. Il welter abruzzese Marco Di Giamberdino (42), 19 anni, uno dei più giovani neo pro, è migliorato strada facendo. Partito in sordina, battuto da Dedov e da Khalladi a giugno e agosto, ha fatto tesoro dell’esperienza, salendo fino alla finale, presentandosi contro il più esperto romeno Catana (3-2), ben rodato e più sicuro dei propri mezzi. Ha condotto il match con buon senso tattico, eludendo gli assalti del rivale, che cercava di entrare nella guardia dell’avversario, con poca lucidità anche se molta determinazione. Il successo dell’abruzzese di misura ma chiaro. Il titolo dei superwelter è andato al forte Arvelo Segura (7-2) al termine di una battaglia molto equilibrata
finendo il 2015 imbattuto. Barbagallo, catanese di nascita, anche se tecnicamente inferiore ha lottato con tenacia, meritandosi gli applausi per la bella prova. Per contro, certi atteggiamenti teatrali del romano, non hanno trovato l‘apprezzamento del pubblico. Meglio tardi che mai è il caso di Luca Esposito (3-2), campano di Pagani, fratello minore del professionista Samuele, campione italiano dilettanti nel 2010 a Napoli, residente da anni in Friuli. Aveva iniziato la nuova fase da pro con due sconfitte, battuto da Daniele Zito e Filippo Gallerini (3-1). Alla terza prova il risveglio e la conquista del titolo supermedi. Si è preso la rivincita sul romagnolo di Rimini, giunto in finale senza sconfitte. Purtroppo per lui, ha trovato un avversario ben diverso, più allenato e preciso, che ha fatto valere sia una migliore scelta di tempo e quella mobilità che gli mancava a inizio stagione. Sono bastati due round per decidere la sfida a favore di Esposito, con Gallerini
“...Il primo era la realizzazione del Campionato Neo Pro, l’inizio di un sogno, con materiale nato dalle leve passate al professionismo in parallelo alla nuova struttura. I pessimisti dubitavano che la Lega restasse unita, in particolare nell’attività minore, dove le riunioni cosiddette miste sono allestite col supporto delle società dilettantistiche...” prima la replica poi una difesa disperata, purtroppo per lui, inutile. Colpito duramente al viso, si affloscia e giustamente l’arbitro chiude il match, durato 52”. Magnesi non è una novità, da dilettante è stato chiamato in nazionale e ha incontrato tutti i migliori, ottenendo risultati importanti. Dovrebbe farsi largo anche tra i professionisti. Il superleggero Francesco Lomasto (7-1) ritrova il romeno residente a Siracusa, Ciprian Alberto (3-2), battuto a luglio sul ring di Aprilia (Rm) dopo una dura battaglia. Non cambia la sostanza anche nel secondo confronto. Lomasto, boxa più in linea, molto mobile con rientri veloci, mentre Ciprian cerca il contatto che lo
e spesso violenta, contro il più tecnico romano Mirko Geografo, che vantava un precedente successo. Lotta sul filo del colpo in più, più pesanti quelli di Segura, più interni quelli di Geografo. Verdetto difficile, entrambi convinti di avercela fatta. I giudici hanno scelto il pugile di S. Domingo, 32 anni compiuti in ottobre, operativo a Torino, lasciando molto deluso il più giovane Mirko (otto anni meno). Si aspetta la bella. Non ha deluso le attese il favorito Vincenzo Bevilacqua (6), salito nei medi, dopo un inizio stagione da superwelter. Carriera dilettantistica di buon livello, sul podio agli universitari del 2014, il passaggio nei pro ha confermato le buone qualità,
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in difficoltà netta, fermato dall’arbitro. Ultimo confronto, nei mediomassimi. Anche in questa categoria, cintura tricolore al favorito Adriano Sperandio (3), terzo romano titolato. Il non più giovanissimo pugile ha concluso il torneo vincendo i tre match con il minimo della fatica. Il catanese Stefano Failla (2-3-2) molto attivo, nulla ha potuto di fronte ad un avversario più esperto e potente, costretto alla resa nel corso della quarta tornata, ormai in balia di Sperandio. Una manifestazione importante, forse superiore alle previsioni, grazie alla collaborazione di tutto il settore, dai nuovi organizzatori ai maestri che si sono prodigati per portare i neo
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pro nella migliore condizione, compito non facile, perché nella sostanza la situazione economica non è cambiata. Resta la speranza che in un futuro non troppo lontano, il professionismo possa trovare una sia pur minima autonomia in grado di giustificare la scelta. Doveroso dire che la Lega Pro Boxe non è stata con le mani in mano, dal presidente Carlo Nori ai componenti del consiglio direttivo, dagli organizzatori agli insegnanti, ai pugili stessi, c’è stato un risveglio generale anche se il percorso è difficile. Sono tornate le emittenti, da RaiSport a Deejay TV, parsa la più dinamica e anche SkySport, silenziosa per parecchio tempo, ha aperto una finestrella settimanale al giovedì, affidata a Mario Giambuzzi, collega appassionato e competente. Sportitalia prosegue al piccolo trotto. Il risveglio al momento è ancora di facciata, utile come promozione, carente sul piano finanziario. L’emittente Deejay TV, la sera del 9 gennaio, ha fatto bingo, strasmettendo
“Superiore ad ogni previsione, anche se questo non significa aver risolto i problemi. I numeri delle iscrizioni sono positivi, ma il vero successo è dovuto alla volontà di tutti: pugili, maestri, promoter e organizzatori per vincere una scommessa difficile”. Nel dettaglio? “Dall’aumento dei neo pro all’organizzazione delle riunioni, la partecipazione e la presenza televisiva, la nascita di un’emittente autonoma che intendiamo potenziare, il successo di qualità dei partecipanti al campionato e l’attività dei singoli, confermano la bontà del nostro progetto. E’ stato uno sforzo che è costato al settore quasi 100.000 euro, d’altronde era anche un traguardo importante. Mi aspettavo una spinta maggiore dagli organizzatori giovani, ma anche loro hanno pagato l’inesperienza”. Il campionato Neo Pro andrà avanti? “Assolutamente sì e mi auguro arrivi a tante edizioni. Già quest’anno spero
dente AIBA Franco Falcinelli. Gli argomenti? “Per quello che mi riguarda, capire se l’atteggiamento dell’AIBA nei riguardi del professionismo, dopo Rio, potrà avere margini di flessibilità, ritoccando l’attuale statuto in modo da poter dialogare. La spaccatura attuale non fa bene a nessuno. L’impressione è che il problema sia bene presente anche in seno all’ente mondiale”. L’incremento delle riunioni e anche la presenza televisiva più costante sono un segnale positivo in prospettiva? “Sul piano promozionale siamo cresciuti non solo nei numeri, ma anche con gli spettatori. A questo, debbo dirlo con amarezza, non ha fatto riscontro la crescita finanziaria. La Lega Pro ha mantenuto alcuni sponsor storici come la Leone Sport e una multinazionale dell’informatica, ma ci vuole ben altro per assicurare ai ragazzi quell’autonomia per essere professionisti a tempo pieno.
“...delle 201 riunioni allestite nel 2015, 148 sono state supportate dai club, le professionistiche risultano 53...futuro positivo, paragonandoli a quelli del 2014 (130 riunioni, 96 miste e 34 pro). Addirittura raddoppiati i match: 497 nel 2015, contro i 255 dell’anno prima. Idem per i campionati italiani (24 contro 16) alla base del movimento...” in diretta il trionfo di Giovanni De Carolis nuovo campione supermedi WBA. Una vera manna dal cielo per l’Italia in guantoni. Il vulcanico promoter Davide Buccioni, che guida sia De Carolis che Mirko Ricci, ha inserito nella sua colonia il superleggero Lomasto e il medio Bevilacqua, che andranno a rinforzare il team dei professionisti della capitale. A questo punto, il giudizio di Carlo Nori, diventa la testimonianza necessaria per capire il destino della Lega Pro Boxe nell’ultima stagione sotto l’ombrello federale. Dal 2017 dovrà camminare autonomamente. Il bilancio del primo campionato Neo Pro, come va letto?
si giunga a undici categorie, inserendo i gallo e i massimi. La sua funzione è importante, perché i partecipanti hanno l’opportunità di fare esperienza vera. In passato abbiamo assistito a pugili con record ricchi di vittorie costruite sul nulla e al primo vero ostacolo fermarsi. Molti dei neo pro, hanno disputato match intensi e vincitori e vinti hanno fatto tesoro del risultato. In alcune categorie, i quattro semifinalisti meritavano il titolo. Alcune finali si sono avvicinate come tasso tecnico ai tricolori assoluti”. A fine anno i vertici federali, i promoter e lei, vi siete incontrati col nuovo direttore esecutivo AIBA e responsabile WSB, il francese Karim Bouzidi e il vice presi-
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Le difficoltà principali? “Fino a quando non riusciremo a convincere gli operatori che la boxe è un investimento produttivo, saremo sempre in affanno. Per fare questo ci vogliono organizzazione e capitale umano. Per troppi anni il professionismo non ha avuto ricambi e i nostri promoter fanno miracoli con quello che hanno. Avessero solo un quarto dei contributi delle TV, dei colleghi inglesi e tedeschi e adesso anche dei russi, l’Italia sarebbe ai vertici”. Come sarà il 2016 e quanti neo pro si accaseranno? “Una stagione di transizione e saremo bravi se il calo verrà contenuto.
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Non dimentichiamoci che è l’anno dei Giochi e tutta l’attenzione sarà rivolta verso quel traguardo. Sarei soddisfatto se il 20% dei neo pro trovasse il manager. Solo dal 2017 la Lega inizierà a godere del lavoro precedente”. Nel 2017 dovrete proseguire in totale autonomia. Il distacco dalla FPI come avverrà? “In molti settori camminiamo da soli, in altri quello sanitario e dei giudiciarbitri in particolare, siamo fiduciosi che la federazione sia disponibile per una collaborazione attiva su entrambi i fronti. La FPI resta il riferimento assoluto per tutti. Proprio in questa ottica, ci auguriamo che dopo Rio, l’AIBA dia
una svolta, per rendere più agevole il cammino del professionismo”. Opinione personale? “Aver fatto combattere atleti dell’APB, in due riunioni internazionali professionistiche, allestite da Sauerland e la K2 dei Klitschko, aver invitato ai mondiali i vari Pacquiaio, Khan e i fratelli Klitschko, mi sembrano segnali importanti. Aspettiamo con fiducia per il bene del nostro sport”. ............... Da sx a dx dall’alto in basso: Carlo Nori il primo presidente della Lega; Lomasto vs Albert; Tiganas vs Sannino; Magnesi vs Mazzulla; Sperandio vs Failla.
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Organizzazione della Round Zero
VALERIO RANALDI Campione dei supermedi. Lombardi battuto prima del limite. di Aldo Bonferru
CALTANISSETTA,
19. 12. 2015 - La telenovela del titolo italiano dei supermedi ha finalmente avuto il suo epilogo e a vincerla è stato il personaggio principale, vale a dire il romano Valerio Ranaldi. Si era iniziato, come la logica prevedeva, con la sfida dei due challenger designati Valerio
Ranaldi e Giuseppe Brischetto per il 30 ottobre. Poi un primo slittamento per l’indisponibilità della TV è stato l’inizio di un calvario a cui ha fatto seguito la defezione improvvisa del pugile siciliano. Ranaldi in pratica si è visto svolgere tre preparazioni diverse fino a quando finalmente si è avuto il nome del suo avversario. Luciano Lombardi, 40 anni, ha accettato coraggiosamente una sfida che per lui si presentava in discesa per il breve tempo di preparazione. Il controsenso è stato che la RoundZero ha organizzato al Palacannizzaro di Caltanisetta un titolo italiano tra un pugile romano e un pugile monzese. Un’occasione persa per la Sicilia, ma nel contempo la risoluzione di un problema di una categoria che avrebbe potuto rimanere a lungo senza il suo campione. La soluzione del match si è avuta dopo tre riprese scarse con la vittoria prima
del limite di Ranaldi. Una vittoria rapida, ma meno facile di quello che la breve durata lascia sottintendere. Valerio Ranaldi (+ 9, - 1), 28 anni, ha coronato un breve quanto sofferto inseguimento raggiungendo il primo traguardo importante dopo che alla fine del 2012 ha abbandonato il dilettantismo con un record di + 28, - 11, =3. Un finale che lo ha visto grande protagonista proprio agli Assoluti che quell’anno si sono disputati a Roma superando a sorpresa Giuseppe Perugino, ma perdendo in finale con Raffaele Munno. Dopo una bella serie di successi tra i pro scivolava sulla buccia di banana rappresentata dal francese Castegnaro, una caduta ripagata poi con una serie di 4 successi prima del limite. Tra Ranaldi e Lombardi è stato un match ad alta tensione dove a dettar legge oltre alla riconosciuta potenza dell’allievo di Marco Di Gianfrancesco c’è stata una maggior precisione dettata dalle lunghe leve del neo campione. Lombardi in un paio d’occasioni ha fatto piegare le gambe a Ranaldi, ma gli è mancato “il fiato” per una sfida che si è rivelata troppo impegnativa per lui. L’epilogo arriva dopo un serrato scambio che il romano perfeziona con un destro pesante che costringe Lombardi a indietreggiare malfermo, nessuna indecisione per l’arbitro che ferma il match. Valerio Ranaldi scrive il suo nome nell’ albo d’oro dei Campioni d’Italia dei supermedi, mentre per Luciano Lombardi forse c’è da scrivere la parola fine per una carriera, sia pure onorevole, che lo ha visto fallire l’assalto al titolo per 4 volte. ............... Ranaldi in un primo piano e con Gabriele Venturini.
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La boxe in lutto
Addio McGowan La Scozia piange Walter McGowan. Fu avversario di Salvatore Burruni e Tommaso Galli. di Alfredo Bruno ph AS FPI
Walter McGowan deceduto il 15 febbraio all’età di 73 anni, dopo che in pratica aveva passato gli ultimi anni in una casa di cura a Bellshill. Sembra una comune notizia funebre, ma non lo è certo per gli inglesi e soprattutto per gli scozzesi, che lo hanno applaudito per la conquista di un mondiale, cosa che è avvenuta il 14 giugno del 1966 a Londra spodestando il nostro Salvatore Burruni dal trono dei mosca. La Scozia mantiene una sua tradizione ben salda che oltre a Walter Mc Gowan, ha visto fior fiore di campioni come Benny Lynch, Peter Keenan, Ken Buchanan, Chic Calderwood, John McCormack, Jim Watt e altri. Walter McGowan era nativo di Hamilton. Per certi versi era un predestinato visto che il padre Thomas McGowan aveva anche lui combattuto in precedenza, facendosi chiamare “Joe Gans” in onore del grande campione che aveva spadroneggiato nel finire dell’ 800 e inizio ‘900. La carriera dilettantistica di Walter fu più che buona con i suoi 120 matches disputati e un mondiale conquistato nel 1961. Subito dopo all’età di 19 anni fece il gran salto tra i pro. Lo scozzese in qualche modo ha avuto una sorta di strada obbligatoria con la boxe italiana. Quando la sera del 24 aprile del 1964 si presentò sul ring del Palasport romano fu accolto da una salve di fischi. Alcune dichiarazioni del padre Thomas, suo manager, non erano state digerite. Ma alla fine dei suoi 15 round con Salvatore Burruni, i fischi si tramutarono in applausi. In palio c’era il titolo europeo dei mosca. Lo scozzese aveva un fisico apparentemente gracile ben diverso da quello poderoso del campione sardo, ma nonostante la sua inesperienza fu un più che valido avversario, come dimostrava il volto del no-
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stro pugile che portava vari segni della durezza del match. McGowan anche se dominato era sempre pronto a replicare coi suoi “velenosi” colpi, mostrando oltretutto un’inesauribile riserva di fiato e una velocità di gambe fuori del comune. Il 3 dicembre del 1965 ecco McGowan ripresentarsi al Palasport romano. Stavolta il pubblico era nettamente inferiore rispetto ai 15mila del match con Burruni. Lo scozzese si presentava nei gallo per contendere il titolo europeo a Tommaso Galli, beniamino del pubblico romano, divenuto campione con il successo su Mimun Ben Alì. Anche in questo caso i favori del pronostico erano per il padrone di casa. Ma ancora una volta gli spettatori ebbero la “sgradita”, si fa per dire, sorpresa di trovarsi di fronte ad un pugile eccezionale. Fu un match scintillante fra due tecnici di prima classe. Il pari salvò capra e cavoli, ma il vinWalter McGowan (calzoncini scuri) contro Salvatore Burruni; la locandina dello storico incontro.
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citore a detta dei più fu McGowan, che con molto fairplay dopo il match andò nel camerino di Galli per congratularsi con lui. Il 14 giugno 1966 a Londra si ritrovarono uno contro l’altro McGowan e Burruni, stavolta in palio c’era il titolo mondiale dei mosca detenuto dal nostro pugile. Vinse lo scozzese che riuscì a imporre la sua boxe varia e veloce. McGowan divenne così campione del mondo a 24 anni. Si ritirò ancora giovane a 27 anni dopo aver perso due volte titolo mondiale in palio con il tailandese Chartchai Chionoi, sconfitte causate da ferite sopracciliari che erano diventate il suo tallone di Achille, la causa maggiore del suo ritiro nel 1969 che avvenne dopo 32 vittorie, 7 sconfitte e un pari. Neanche a farlo a posta il suo ultimo match lo disputò con un italiano, vale a dire Domenico Chiloiro che fu sconfitto ai punti.
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Intervista
ZAC DUNN
Zac Dunn lancia la sfida a De Carolis. Il supermedio australiano è imbattuto. di Luca De Franco n pugile imbattuto che ha già conquistato il mercato australiano e che vuole farsi conoscere in tutto il mondo, questo è il peso supermedio Zac Dunn. Nato il 4 febbraio 1991 a Melbourne, in Australia, ha sostenuto una buona carriera dilettantistica disputando 170 incontri e vincendone 152. Il suo risultato più prestigioso è stato vincere la medaglia d’argento al torneo Giraldo Cordova Cardin Memorial, a Guantanamo (Cuba) nel 2010. Da professionista, ha disputato 19 incontri vincendone 15 per knock out. Dopo aver vinto numerosi titoli minori come il mondiale giovanile WBC e il titolo orientale WBO, ha conquistato il vacante mondiale IBO con una larga vittoria ai punti sul più esperto ucraino Max
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Bursak (ex campione d’Europa dei pesi medi) il 27 giugno 2015 a Carlton in Australia. Pochi mesi dopo Zac Dunn ha debuttato su un ring americano superando ai punti per split decision il mestierante Derrick Findley. Ora Zac Dunn è sotto contratto con Star Boxing, azienda di New York e vuole proseguire l’esperienza americana, ma anche proporsi come sfidante ai campioni delle altre sigle anche se questo significa andare a combattere a casa loro. Tra i suoi obiettivi c’è anche Giovanni De Carolis. Non solo perché Giovanni è in possesso del titolo WBA, ma perché Zac Dunn è in parte italiano ed uno dei suoi sogni è combattere in Italia e visitare Bolzano (la città da cui proviene la sua famiglia materna). A Boxe Ring Zac Dunn ha parlato, in esclusiva, dei suoi progetti. In Italia non si parla molto della boxe australiana, illustracela. “In Australia il pugilato è considerato uno sport importante perché le grandi riunioni attirano migliaia di spettatori ed i media danno ai campioni lo spazio che meritano. Il problema principale è di carattere economico: la maggior parte dei pugili ha un lavoro dal lunedì al venerdì. Solo chi vince un titolo prestigioso ed entra nella top ten delle principali federazioni guadagna bene. E’ fondamentale che il pugile abbia degli sponsor per diventare un professionista a tempo pieno.” Il 24 ottobre scorso hai debuttato negli Usa con una vittoria ai punti su Derrick Findley al Paramount Theater di Huntington, vicino New York. Findley non aveva un gran record (22-16-1), lo hai sottovalutato? “Sul ring mi sono reso conto che Derrick era basso, ma con un gran allungo ed era molto forte fisicamente. Avrei potuto vincere facilmente girandogli intorno e colpendolo di rimessa, ma ho voluto scambiare colpi perché so che questo
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piace al pubblico americano. Voglio dare emozioni al pubblico ed essere ricordato come un pugile spettacolare.” Hai firmato con Star Boxing solo per il match contro Findley o vuoi proseguire la carriera negli Stati Uniti? “Ho firmato con Star Boxing perché voglio dimostrare quanto sono bravo anche agli americani. Se Star Boxing mi offrirà la possibilità di combattere anche in altri Paesi, la coglierò al volo.” Ti piacerebbe combattere in Italia? “Certo, anche perché la mia famiglia materna è di Bolzano (il cognome di mia madre è Campana). In Australia ho combattuto tre volte al Reggio Calabria Club di Parkville. Ho visto su internet il video dell’incontro tra Giovanni De Carolis e Vincent Feigenbuzt e sono convinto di poter battere Giovanni. Diventare campione WBA è uno dei miei obiettivi, come lo è vincere il titolo WBC. Essendo il titolo WBA in possesso di Giovanni, potrei concretizzare due sogni in una sola volta: conquistare il titolo e subito dopo visitare Bolzano.” C’è un pugile al quale ti ispiri? “Sugar Ray Robinson, è lui il mio preferito. Mi piace guardare i suoi incontri. Da ragazzo, idolatravo Mike Tyson e Roy Jones. Poi ho iniziato a guardare i combattimenti dei migliori pugili di ogni parte del mondo e di ogni epoca.” Nel corso della tua carriera professionistica, hai cambiato allenatore o altri membri del tuo team? “Il mio allenatore è sempre stato Danny Kay. Sono fortunato di avere intorno a me persone come lui, che mi permettono di concentrarmi su quello che amo di più: la boxe professionistica”. ............... Zack Dunn con Joe De Guardia e sul ring
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JOHANN TROLLMANN Il campione “sinti” che sfidò il nazismo. Fu assassinato nel ’43 nel lager di Neuengamme. di Gianni Virgadaula on vi è dubbio che il più forte pugile che abbia avuto la Germania negli Anni ’30 fu Max Schmeling, il primo boxeur tedesco che conquistò un titolo mondiale, quello dei pesi massimi, grazie ad un verdetto di squalifica ai danni di Jack Sharkey. L’”ulano nero” seppe poi mostrare tutto il suo valore infliggendo nel ‘36 a Joe Louis un clamoroso KO al 12° round. Ma accanto a Schmeling crebbe in quegli anni una generazione di altri pugili di talento come Joseph Besselmann, Hein Domgoergen, Hein Mueller, Adolf Heuser, Gustav Eder. E fra questi non è azzardato annoverare anche Johann Trollmann. Questo ragazzo alto e forte come una quercia, fu un eccellente
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della Germania nord-occidentale. Traguardo che però non gli fu sufficiente per andare alle Olimpiadi di Amsterdam del 1928. Gli venne preferito Walter Cunow che possedeva la “purezza” della razza germanica. Al debutto fra i professionisti Trollmann sconfisse a Berlino Willy Bolze ai punti. Era il 18 ottobre del 1929. E sempre in quell’anno liquidò Alex Tomkowiak e Paul Vogel. A guidare Trollmann durante la sua carriera professionistica fu il manager Ernst Zirzow. Tuttavia questi inizi di Johann furono caratterizzati da una discontinuità di rendimento apparentemente inspiegabile, se si pensa che dal 1930 al 1933 egli vinse altri 27 combattimenti, ma subì anche 10 sconfitte e
famiglia Trollmann. Essendo poi uno sportivo in ascesa, ammirato dagli appassionati di boxe ma anche idolo delle ragazze, la Federazione lo teneva sotto stretta osservazione, non ritenendolo un atleta in grado di onorare lo sport germanico, e non solo per una questione di razza. Trollmann non piaceva neppure per il suo modo singolare di fare la boxe. Egli infatti era un tecnico, veloce di braccia ed agile sulle gambe; un “ballerino” del ring ante-litteram, e questo suo stile non era gradito a chi invece interpretava il pugilato soltanto come uno sport violento, dove l’unica cosa che contava era abbattere l’avversario con ogni mezzo. Tuttavia, nonostante l’ostilità della
“...Questo ragazzo alto e forte come una quercia, fu un eccellente mediomassimo e certo avrebbe potuto raggiungere traguardi importanti, se non avesse avuto la sfortuna di essere “un “sinti”, ovvero uno zingaro. Questa diversità che non lo includeva fra gli ariani fu la sua disgrazia. chiamato fin da ragazzo “Rukelie” (albero nella lingua sinti)...” mediomassimo e certo avrebbe potuto raggiungere traguardi importanti, se non avesse avuto la sfortuna di essere “un “sinti”, ovvero uno zingaro. Questa diversità che non lo includeva fra gli ariani fu la sua disgrazia. Nato il 27 dicembre 1907 a Wilsche, vicino Hannover. Trollmann, chiamato fin da ragazzo “Rukelie” (albero nella lingua sinti), già da dilettante ebbe un inizio di carriera molto promettente. Egli divenne campione dei pesi medi
fece 12 pari. In realtà questa alternanza di risultati aveva delle serie motivazioni di carattere psicologico. Johann infatti viveva quotidianamente il disagio e i pericoli del suo essere un “sinti” in un Paese in cui il Nazional-socialismo che si accingeva a prendere il potere aveva deciso di annientare tutte le minoranze: ebrei, zingari, rom, omosessuali, anarchici. Temeva quindi per i suoi cari: mamma Friderike, papà Schniplo, e i gli otto fratelli che componevano la grande
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Federazione, quando nel 1933 Adolf Heuser rinunciò al titolo tedesco dei mediomassimi per tentare a New York la carta mondiale contro Maxie Rosembloon, a contendersi quella cintura rimasta vacante furono chiamati proprio Johann Trollmann e Adolf Witt, un pugile di Kiel, con il quale “Rukelie” si era già battuto 3 volte nel ‘32 conseguendo una vittoria, un pari e una sconfitta. Il match della verità fra i due si svolse il 9 giugno alla “Bockbierauerei”, sul Monte
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Tempelhof di Berlino. Appena 6 mesi prima, il 30 gennaio, Adolf Hitler era divenuto Cancelliere della Germania dando vita al III Reich. Dopo 12 riprese combattute allo spasimo, Trollmann sconfisse Witt largamente ai punti, nonostante la giuria, ben indottrinata dal presidente della Federazione Pugilistica Tedesca Georg Radamm presente quel giorno a bordo ring, fece di tutto per impedire allo “zingaro” di aggiudicarsi quel titolo. Prova ne sia che il primo verdetto proclamato dall’arbitro Otto Griese fu di “No decision”. Poi però il rumoreggiare minaccioso dei tifosi e le proteste di alcuni giornalisti meno asserviti al regime, indussero i giudici ad assegnare il verdetto a Trollmann. Ci avrebbe
di boxare che non privilegiava certo i pugili tecnici e mobili sulle gambe, come appunto “Rukelie”, ma piuttosto i picchiatori. Con questo tipo di combattimento il destino di Trollmann era segnato perché egli non avrebbe potuto usare la sua arma migliore. L’incontro fra Johann Trollmann e Gustav Eder si svolse a Berlino il 21 luglio del 1933 ed ebbe nel suo preambolo un fuori programma che colpì molto i presenti, soprattutto i gerarchi delle SS e i funzionari del partito nazionalsocialista. Trollmann infatti si presentò sul ring con i capelli tinti di biondo e con tutto il corpo cosparso di farina. Chiaro che egli, consapevole di essere condotto al macello, voleva comunque sbeffeggiare i nazisti mascherandosi da
te ad Eder, la sua perfetta macchina da pugni si era rotta per sempre, ed egli continuò a combattere soltanto per racimolare qualche soldo che gli consentisse di mantenere la famiglia. Almeno sino a quando non gli tolsero definitivamente la licenza come avevano già fatto con i pugili ebrei, uno dei quali, Erich Seelig, suo amico, era stato costretto ad andare all’estero per continuare a battersi, ma soprattutto per salvare la vita. Dopo 63 incontri disputati, di cui 31 vinti, 19 perduti e 13 pareggiati, gli anni che fecero seguito l’addio alla boxe furono per “Rakelie” i più duri. Infatti, man mano che il Nazismo si faceva più feroce, le minoranze vissero tutto l’orrore di quella spietata dittatura. Così Trollmann venne anche sterilizzato per
“...L’incontro fra Johann Trollmann e Gustav Eder si svolse a Berlino il 21 luglio del 1933 ed ebbe nel suo preambolo un fuori programma... ...Trollmann infatti si presentò sul ring con i capelli tinti di biondo e con tutto il corpo cosparso di farina. Chiaro che egli, consapevole di essere condotto al macello, voleva comunque sbeffeggiare i nazisti mascherandosi da “ariano”....” pensato poi la Federazione a togliere il titolo a Johann appena una settimana dopo il match, dichiarando nullo il verdetto e accusando Trollmann di una condotta di gara non consona ad un pugile tedesco. La decisione “pilotata” da Radamm e dalle gerarchie del Partito, gettò nello sconforto Trollmann, ancor più perché la Federazione impose allo stesso un incontro con Gustav Eder, autentica gloria del pugilato tedesco. Non che Johann temesse il più titolato avversario, ma in quel combattimento gli venne imposto di battersi secondo il “faustkampf ”, ovvero lo stile che doveva distinguere ogni boxeur del Reich; in pratica un tipo di boxe dove si imponeva al pugile di stare al centro del ring e di accettare il combattimento a viso aperto. Un modo
“ariano”. Poi sul quadrato le cose andarono come da pronostico. “Rakelie” si difese eroicamente, ma non potendo combattere secondo il suo stile, subì dall’avversario, che pure era più leggero essendo un welter naturale, una pesante bastonatura. Al quinto round Eder chiuse la partita mettendo Trollmann knock-out, dopo averlo sfiancato con una serie di terribili colpi al capo e al bersaglio grosso. Dopo quella sconfitta Johann salì sul ring altre 10 volte, subendo 8 sconfitte, facendo un pari e ottenendo una sola vittoria. L’ultimo combattimento, disputato a Berlino il 9 febbraio del ’34 lo vide soccombere per KO di fronte a Walter Sabottke, con il quale in precedenza aveva già pareggiato e poi perduto. In verità, dopo la disfatta subita di fron-
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non procreare nuovi “zingari”. E quando il suo stesso nucleo familiare venne messo in grave pericolo, egli divorziò dalla moglie Olga per evitare ulteriori ritorsioni sulla donna e i figli. La Germania nazista tuttavia, quando gli fece comodo, non si fece scrupolo di utilizzare la gente “sinti” per le sue mire espansionistiche, e nel ’39, allo scoppio della guerra, la Wermacht ne arruolò 30.000, compreso Trollmann, che venne spedito prima sul fronte francese e poi su quello russo. Tornato in Germania nel ’41, l’anno successivo venne arrestato dalla Gestapo ed internato nel campo di concentramento di Neuengamme, dove il 9 febbraio 1943 per rappresaglia gli venne sparata una pallottola in testa. Ma c’è pure un’altra versione sulla sua tragica fine secondo la quale
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egli venne ucciso a colpi di badile. La sua colpa era stata quella di avere messo fuori combattimento Emil Cornelius, il kapò del campo, il quale lo aveva sfidato ad un incontro di boxe, certo che avrebbe prevalso su un uomo ormai logorato dalla fame e dai maltrattamenti subiti per mano delle guardie del lager. Quattro mesi dopo ad Auschwitz venne ucciso pure Henry, il più giovane dei fratelli di Johann. Sessantanni dopo quei tragici fatti, nel 2003, ci fu la completa riabilitazione di Trollmann da parte della Federazione Pugilistica Tedesca, che consegnò alla famiglia la corona di campione dei medio-massimi tolta ingiustamente al loro congiunto nel 1933. Ancora, nel 2004 ad Hannover venne intitolata una strada al pugile, e poi nel 2010 venne innalzato a Berlino un monumento alla memoria di “Rakelie”. Da poco sono usciti in libreria due romanzi che commemorano la vita straordinaria di questo campione e ne tratteggiano la figura in maniera molto fedele e rigorosa, senza retorica alcuna. Il primo dei romanzi ha per titolo “Razza di Zingaro” (Edit. Chiarelettere), scritto dal Premio Nobel Dario Fo, e il secondo ha per titolo “Alla fine di ogni cosa” ( Edit. Frassinelli), autore Mauro Garofalo. ............... Due intensi ritratti di Trollmann al punchbag e in posa; il libro di Mauro Garofalo “Alla f ine di ogni cosa”, che racconta le vicende del grande pugile.
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Dual Match Italia - Estonia e Finlandia Assisi e Spoleto la Nazionale vince i Dual Match. Vianello il migliore della serata
di Vezio Romano ph Flavia Valeria Romano
ASSISI 04- 02- 2016
La prima fase del Dual Match Italia - Estonia e Finlandia ha riscosso un grande successo di pubblico: oltre 1300 spettatori sono infatti intervenuti nel PalaEventi di Santa Maria degli Angeli per assistere alla manifestazione ben organizzata dalla FPI in collaborazione con la Polisportiva Valle Umbra Nord e
ria. Nei 64 kg intensi scambi a media distanza fra Di Lernia e il finlandese Kolyashin. Al termine Di Lernia, più preciso e continuo, è stato giustamente dichiarato vincitore. Nei 69 kg Mangiacapre ha offerto un ottimo spettacolo esibendo un repertorio completo, grazie al quale ha superato nettamente l’estone Hartshenko. Dopo il match di
Lizzi con un preciso gancio sinistro nella prima ripresa. Lizzi ha poi cercato di interrompere le azioni dell’avversario con colpi di sbarramento ma al termine il verdetto è stato a favore dell’estone. Negli 81 kg buona prestazione di Manfredonia che ha saputo annullare con abilità il maggiore allungo dell’estone Karlson. Nei 91 kg Russo, grazie a colpi
“...La prima fase del Dual Match Italia - Estonia e Finlandia ha riscosso un grande successo di pubblico: oltre 1300 spettatori presenti al Palaeventi di Santa Maria degli Angeli per assistere alla manifestazione ben organizzata dalla FPI in collaborazione con la Polisportiva Valle Umbra Nord e con il patrocinio del Comune di Assisi Nell’Istituto per Sovrintendenti della Polizia di Stato di Spoleto si è svolta la seconda fase del Dual Match organizzata sempre dalla FPI in collaborazione con il GS Fiamme Oro e la Scuola Sovrintendenti Polizia Spoleto....” con il patrocinio del Comune di Assisi. Nei 52 kg buona prova di Picardi che ha dominato l’estone Serikov per tutte le tre riprese. Nella stessa categoria netta anche la vittoria di Cappai, che non ha lasciato spazi al finlandese Yakhiev. Nei 60 kg più arduo il compito di Maietta che ha trovato nell’estone Tshashkin un avversario tenace che ha tentato sempre dei colpi d’incontro. Maietta, grazie ad una tattica aggressiva e senza pause, si è aggiudicato nettamente la vitto-
Mangiacapre, c’è stato l’intermezzo con l’esibizione tra Roberto Cammarelle e Nistor Nella categoria dei 69 kg. match molto teso fra Arecchia e il finlandese Abdilrasoon, con molte fasi di studio e colpi isolati. Arecchia è apparso indubbiamente più consistente ed ha ottenuto una giusta vittoria. Nei 75 kg Cavallaro ha ben figurato colpendo d’incontro con precisione il tenace e aggressivo estone Zarva. Nella stessa categoria l’estone Arro ha atterrato
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isolati ma molto precisi, ha dominato il finlandese Honka. Nei + 91 kg spettacolare e rapida vittoria di Vianello che ha piazzato un potente gancio sinistro chiudendo lo scontro con l’estone Bokan nel primo round. ...............
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SPOLETO 06- 02- 2016
Nell’Istituto per Sovrintendenti della Polizia di Stato di Spoleto si è svolta la seconda fase del Dual Match Italia - Estonia e Finlandia organizzata dalla FPI in collaborazione con il GS Fiamme Oro e la Scuola Sovrintendenti Polizia Spoleto. Anche questa volta la supremazia dei nostri atleti è stata netta: su otto incontri disputati hanno ottenuto sette vittorie. Nei 52 kg Grande ha attaccato costantemente il finlandese Yakhiev, mettendo a segno ganci in serie e ottenendo così una chiara vittoria. Nella stessa categoria buona prova di Cappai che ha colpito ripetutamente al corpo e al viso l’estone Serikov. Nei 60 kg Boufrakech ha superato il tenace estone Tshashkin grazie soprattutto ad un buon uso del montante sinistro. Nei 64 kg Mangiacapre, molto mobile sulle gambe e sul tronco, ha dominato il finlandese Kolyashin. Nei 69 kg Arecchia ha faticato un po’ a contenere la notevole aggressività dell’estone Hartshenko ma al termine ha prevalso sull’avversario, penalizzato da un richiamo ufficiale. Nei 75 kg Giorgetti ha subìto le continue azioni offensive dell’estone Zarva nelle prime due riprese; ha poi messo a segno buone combinazioni a due mani nella terza ma ormai il vantaggio dell’avversario era troppo ampio. Nella stessa categoria Cavallaro, grazie a precisi colpi d’incontro, ha superato nettamente l’aggressivo estone Arro. Negli 81 kg Manfredonia , come nella prima fase, si è imposto sull’estone Karlson. ...............
Risultati Assisi 52 kg
Picardi (ITA) b. Serikov (EST)
Cappai (ITA) b. Yakhiev (FIN) 60 kg
Maietta (ITA) b. Tshashkin (EST). 64 kg
Di Lernia (ITA) b. Kolyashin (FIN) 69 kg
Mangiacapre (ITA) b. Hartshenko (EST) Arecchia (ITA) b. Abdilrasoon (FIN) 75 kg
Cavallaro (ITA) b. Zarva (EST) Arro (EST) b. Lizzi (ITA) 81 kg
Manfredonia (ITA) b. Karlson (EST) 91 kg
Russo (ITA) b. Honka (FIN) + 91 kg
Vianello (ITA) b. Bokan (EST) ko 1 Arbitri Franchi, Marogna, Renzini, Rizzardo, Montagnini (cr).
Risultati Spoleto 52 kg
Grande (ITA) b. Yakhiev (FIN) Cappai (ITA) b. Serikov (EST) 60 kg
Boufrakech (ITA) b. Tshashkin (EST) 64 kg
Mangiacapre (ITA) b. Kolyashin (FIN) 69 kg
Arecchia (ITA) b. Hartshenko (EST) 75 kg
Zarva (EST) b. Giorgetti (ITA) Cavallaro (ITA) b. Arro (EST) 81 kg
Manfredonia (ITA) b. Karlson (EST). Nella pagina precedente: Vianello premiato come miglior pugile nella prima serata; Valentino Manfredonia; Boufrakech a Spoleto; Mangiacapre; Clemente Russo vittorioso nella prima serata; L’esordiente Giorgetti con Filimonov e Bergamasco; La Nazionale presente ad Assisi; Fabrizio Cappai;
Arbitri Franchi, Marogna, Renzini, Rizzardo, Montagnini (cr).
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Italia Boxing Team Kg 49 Manuel Cappai Kg 52 Grande Claudio ASD Pug. Massese Kg 52 Vincenzo Picardi Gruppo Sportivo Fiamme Oro Kg 56 Francesco Maietta Gruppo Sportivo Forze Armate Kg 60 Di Lernia Paolo ASD Excelsior Boxe Kg 64 Vincenzo Mangiacapre Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre Kg 64 Vangeli Dario Gruppo Sportivo Fiamme Oro Kg 69 Vincenzo Arecchia Gruppo Sportivo Fiamme Oro Kg 69 Di Russo Alfonso BT Simone Di Marco Kg 75 Salvatore Cavallaro Gruppo Sportivo Fiamme Oro Kg 75 Lizzi Vincenzo Gruppo Sportivo Forestale Kg 81 Valentino Manfredonia Pugilistica De Novellis Kg 91 Fiori Simone Gruppo Sportivo Fiamme Oro Kg 91+ Guido Vianello Gruppo Sportivo Forestale Kg 91+ Cammarelle Roberto Gruppo Sportivo Fiamme Oro Kg 91+ Carbotti Mirko Silicella Boxing Gym Staff Tecnico Raffaele Bergamasco Maurizio Stecca Vasily Filimonov
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Se ne è andato il vincitore di Montreal 1976
HOWARD DAVIS Un fuoriclasse senza titolo. di Alfredo Bruno ew York, 30. 12. 2015 – Howard Davis jr., uno dei grandi ci ha lasciato vittima di un cancro ai polmoni a 59 anni. Alle famose Olimpiadi di Montreal del 1976 da cui uscirono fior fiore di campioni come Ray Leonard, Leon e Michael Spinks, il pugile che si mise di più in luce fu Howard Davis, un leggero a cui fu assegnato il Trofeo Val Barker come il più bravo di quel Torneo, a cui aveva partecipato con il dolore per la morte due giorni prima della madre. Un riconoscimento non difficile da assegnare vedendolo combattere sul ring e la spontaneità con la quale portava i colpi in maniera vertiginosa, uno stile che a molti ricordava quello di Alì. Era difficile trovare chi potesse batterlo come dimostra il suo record di 125 vittorie e solo 5 sconfitte, tra le sue vittime gente del calibro di Thomas Hearns e Aaron Pryor. Ma non fu l’unico premio e riconoscimento, perchè nello stesso anno ricevette il Sugar Ray Robinson Award, il massimo riconoscimento stilato dalla Boxing Writers Association of America (BWAA), riconoscimento che l’anno prima andò a Muhammad Alì e Joe Frazier, che lo avevano ricevuto in precedenza altre due volte. L’anno dopo passò professionista e le premesse c’erano tutte perchè sfondasse, ma non fu così, qualcosa s’inceppò nel suo perfetto meccanismo. Aveva un fisico perfetto da atleta ed era velocissimo nella corsa. Dopo una bella serie di 13 vittorie, una anche prima del limite sul nostro Usai, si presentò nel 1980 a Glasgow per sfidare Jim Watt, titolo mondiale WBC in palio. Howard non fu brillante come il solito, forse doveva aspettare ancora un po’, difficile dirlo. Ci riprovò 4 anni dopo contro il campione Edwin Rosario. Il match fu molto equilibrato, ma il verdetto andò al
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portoricano, che tra l’altro combatteva in casa. Per certi versi la sua carriera si chiuse lì. Il suo andamento altalenante trovò disco chiuso da Hector Camacho e il pari con Meldrick Taylor, gli servì come biglietto da visita per il suo terzo mondiale, che purtroppo durò appena un round contro Buddy Mc Girt nel 1988. Sembrava che il suo destino mondiale scadesse ogni 4 anni, come se fosse un Olimpiade. Di quel famoso gruppo di Montreal solo lui, che era il più bravo, non divenne campione del mondo. Rientrò dopo vari anni, ma appese i guantoni al chiodo da peso medio nel 1996. Amava molto la musica e suonava la chitarra. In qualche modo rimase legato al mondo della boxe come insegnante. Fu anche organizzatore di MMA. Una vita tranquilla, senza scossoni, molto legato alla famiglia. Ma quest’estate è arrivata la terribile sentenza: “Un cancro ai polmoni” in stato avanzato, una sorta di beffa se si pensa che Howard non ha mai fumato o bevuto alcol. Ha lottato fino all’ultimo contro il suo male con la chemioterapia e cure alternative. Fino a quando il 30 dicembre non ha risposto all’ultimo appello. ...............
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Alcune immagini di Howard Davis jr., sul ring e durante un’intervista.
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Londra tabù per Di Luisa e Pisanti Nulla da fare per Di Luisa e Pisanti, Groves e Ward troppo forti di Stefano Fantogini ph Renata Romagnoli LONDRA, 30 gennaio 2016 E’ naufragata con due asciugamani gettati tra le sedici corde la spedizione tricolore a Londra, Andrea Di Luisa e Mario Pisanti, tuttavia, poco hanno da rimproverarsi, se il divario, come era nelle previsioni, sia risultato troppo ampio, ma il merito va agli scoppiettanti Groves e Ward, figli legittimi di un movimento in piena salute come quello britannico. L’accoppiata organizzativa anglo-tedesca della lunga serata porta la sigla di Matchroom Boxing e Sauerland Event e si è svolta nella Copper Box Arena di Hackney Wick.
George Groves (+22 -3, 17 ko) è tra i migliori supermedi al mondo e conferma di aver digerito la sconfitta iridata con Badou Jack, comanda con autorità in avvio grazie ad un jab sinistro esplosivo quanto puntuale ma è nel momento in cui sfodera il destro e accresce il lavoro al bersaglio grosso che chiude la contesa. Andrea Di Luisa (+18 -4, 14 ko) affronta l’ostacolo con maturità, quando però dalla quarta ripresa il rivale alza il ritmo diventa complicato limitarlo, tre conteggi subiti (severo nel quarto round e due in quello successivo) seppur senza danni inducono
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Franco Cherchi a chiudere la contesa nella quinta frazione. Niente titolo Internazionale WBC in palio in quanto entrambi i pugili sono stati bocciati alla prova della bilancia. La stessa cintura per la categoria superpiuma è detenuta dal promettente ventiquattrenne Martin Joseph Ward (+13 -0, 7 ko), un pugile aggressivo dalle braccia lunghe, difficile da contenere. Ci prova Mario Pisanti (+16 -3 =1, 5 ko) a limitare le offensive del temibile avversario e in parte ci riesce facendo ricorso a tutta la propria esperienza, seppur senza evitare il conteggio nella
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prima e nella seconda frazione. Il pugile laziale sta ancora lottando nel terzo round e va su tutte le furie quando Bruno Simili, maestro nonchè suocero, decide per lo stop anticipando un epilogo da intuire. Dopo le grandi attenzioni seguite al successo di De Carolis il pugilato italiano torna a confrontarsi con i noti problemi. Di Luisa e Pisanti, nonostante l’ anagrafe incomba, siamo certi possano ancora aspirare ad una chance internazionale, la speranza è che possano giocarsela con avversari alla portata come meritano. ...............
Nella pagina precedente e a seguire: L’angolo di Pisanti; Groves attacca; Un bel primo piano di Di Luisa; Scambio tra Pisanti e Ward; Groves vincitore; L’angolo di Di Luisa.
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Angolo Rosso
DESIRÈ GALLI di Alfredo Bruno ph Luigia Giovannini
Desirè Galli
(+25, -8, =2), 20 anni, da tempo è segnata nel taccuino della Nazionale. E’ una di quelle atlete di cui si riconoscono le doti, in attesa della loro consacrazione definitiva. Difficile trovare delle lacune: buona difesa, tecnica da non sottovalutare, e all’occorrenza quel briciolo di efficacia che non guasta. Il tutto migliorabile sotto ogni punto di vista. L’anno scorso dopo aver vinto il Guanto d’Oro si aspettava la sua consacrazione assoluta con i campionati italiani, ma sul suo cammino ha trovato una Cipollone implacabile Come è avvenuto l’inizio di questa “avventura”? “Diciamo che ho iniziato a 10 anni. E’ stato proprio mio padre ad accompagnarmi in palestra. Conosceva il maestro e questa è stata la prima tappa di quella che è diventata una passione difficile da schiodare”. Perchè è stato tuo padre ad accompagnarti? “Lui è un grande appassionato di questo sport. Mi accompagnò in palestra per farmi acquistare un po’ più di sicurezza, anche per difesa personale. Non dimentichiamoci che la ginnastica della boxe è universalmente conosciuta come la più completa. Oltrettutto quando ho iniziato ho messo subito in evidenza buone doti e di essere portata per questa disciplina”. Come giudichi la tua esperienza agli ultimi Assoluti disputati a Roseto degli Abruzzi? “Non è andata certo benissimo avendo io perso in finale, ma si dice che dalle esperienze negative s’impara sempre qualcosa”. Nella tua esperienza pugilistica un giorno particolare e uno amaro? “Il momento più emozionante l’ho
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provato quando ho sentito per la prima volta suonare l’inno con la maglia della Nazionale. Se dovessi selezionare un momento amaro o brutto non saprei definirlo, perchè in fondo le esperienze sono state tutte costruttive e stimolanti per migliorare”. Cosa ti dà il pugilato? “ Tanto sudore, tanto sacrificio, però mi rende felice perchè in fondo sto facendo una cosa che mi piace e quindi mi dà anche serenità”. Hai qualche altro interesse? “Oltre al pugilato è difficile averne. Rimane poco tempo libero e quello che rimane lo passo con gli amici, i fratelli, in famiglia”. Il pugilato lo segui anche al di fuori? “Abbastanza. Seguo principalmente i pugili che mi piacciono. In Italia ho una certa predilezione per Marzia Davide e Valeria Calabrese, due figure molto importanti nel nostro settore. Per quanto riguarda i pugili stranieri li seguo abbastanza, mi piace il professionismo”. Segui altri sport? “Sono molto sportiva, se così si può dire. Ho praticato nuoto e sono una fan di Federica Pellegrini. Mi piace anche la moto,il canottaggio, insomma un po’ tutti gli sport”. Come ti trovi nella tua attuale società di Fedele Bellusci? “Mi trovo benissimo, un bell’ambiente. Sono l’unica ragazza ma ho ugualmente un gran affiatamento con gli altri atleti. Ci seguono maestri bravissimi, questo mi galvanizza e mi stimola a migliorare sempre di più”. ............... In questa pagina: Scintille tra Desirèe Galli e Diletta Cipollone; Nella pagina a destra: Roberta Bonatti (blu) vs Stephanie Silva; Stephanie Silva vincitrice agli Assoluti con Roberta Bonatti.
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Angolo Blu
STEPHANIE SILVA Una fighter “tascabile” di Alfredo Bruno
Stephanie Silva,
20 anni, pugile romana “tascabile” staziona nella categoria più piccola di peso. In due anni ha bruciato le tappe con un bronzo conquistato a Keszthely ai Campionati dell’Unione Europea per le Youth e recentemente ha ottenuto un personale successo vincendo gli Assoluti a Roseto degli Abruzzi. La ragazza, che si allena alla Body Fight dei fratelli Liberati, è ormai diventata pedina preziosa della Nazionale di Emanuele Renzini. Finora ha disputato 11 match riportando 20 vittorie e 10 sconfitte. La sua arma vincente è il ritmo forsennato che impone alle avversarie, per cui contrastarla diventa un bel problema. Come si sono incrociate le strade di Stephanie e la boxe? “Ho cominciato per caso, perché sono andata in palestra per dimagrire. Poi dopo aver infilato i guantoni e cominciato a colpire il sacco non ho più lasciato”. Cosa intendi per caso? “Io prima giocavo a calcio, a un certo punto la squadra con cui mi allenavo si è trasferita lontano da dove abitavo e quindi non avevo più possibilità di andarci. Visto che ero aumentata di peso e un po’ mi vergognavo, ecco perché mi sono iscritta”. Tu hai un tipo di boxe aggressivo, da cosa dipende? “Un po’ è il mio carattere battagliero, ma anche perché sono piccola ed è l’unico modo per avvicinarmi alle avversarie”. Cosa fai nella vita? “Studio come Operatore Grafico”. Hai hobbies? “Oltre alla palestra no, anche perché ho poco tempo”. Leggi? “Solo libri di scuola”.
Segui il pugilato anche dal di fuori? “Si certo guardo molti incontri”. Il tuo colore preferito? “Il verde speranza”. Il giorno più bello e il più brutto? “Il giorno più bello è stato il primo match con la Nazionale quando sono andata ai Campionati dell’Unione Europea in Ungheria. Il giorno più brutto quando sono stata eliminata al primo match dei mondiali”. L’avversaria più difficile? “Dipende dal ring, per certi versi tutte le avversarie sono difficili”. Hai paura prima di salire sul ring? “Paura no, un po’ di ansia di non riuscire a fare il match che ti aspetti e che si aspettano gli altri di vedere”. Tu stai nella categoria più piccola, questo comporta qualche problema di peso? “Diciamo che riesco a mantenere bene il peso. Non ho problemi di alimentazione, perché sto in un peso che mi permette di combattere in due categorie. Quando devo rientrare nella mia categoria originale, ci riesco agevolmente”.
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Viaggio nelle palestre siciliane
Dresda: una tradizione di campioni Festeggia i 30 anni di attività
di Federico Falzone
ontinua il nostro viaggio attraverso il pugilato siciliano, questa volta siamo andati a Siracusa nella palestra del maestro Dresda. Una società sportiva che da molti anni si destreggia nel panorama pugilistico, formando sia giovani campioni ma anche creando un corso per piccoli dai 4-5 anni, che all’insegna del divertimento e del gioco si approcciano a questo sport. Proprio il maestro ci racconta: “E’ stata fondata nel 1983, abbiamo fatto 33 anni di attività e in questi anni ci siamo tolti delle belle soddisfazioni, sia a livello dilettantistico che professionistico. Abbiamo formato una cinquantina di campioni d’Italia, adesso l’attività
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è incentrata sul settore giovanile, cuccioli, canguri, cangurini, allievi fino agli schoolboys, juniores, youth ed elite. L’attività è focalizzata sui giovani che poi, speriamo diventino campioni d’Italia. A livello Juniores abbiamo diversi campioni: Carmelo Merchi, Giovanni Pezzinga e Sebby Dell’Aria, che è stato tre volte campione d’Italia schoolboys due volte juniores e ha calcato più volte il quadrato con i colori della nazionale. Carmelo Merchi e Giovanni Pezzinga hanno vinto la medaglia di bronzo agli europei. Questi sono quelli con più trofei poi abbiamo anche Daniele Salerno, che ha vinto i campionati italiani e ha partecipato agli europei, un ragazzo di talento
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che vuole riconfermarsi. L’anno scorso anche Giulia Alota ha fatto bene al torneo juniores, quest’anno esordirà al suo primo torneo una ragazzina che promette bene, come tutti i nostri ragazzi del resto”. Sul rapporto con il professionismo Dresda ci dice: “A livello professionistico abbiamo avuto Beniamino D’Angeli (19-5-1) che è stato un pugile cresciuto nella nostra palestra. Ma quello che ha regalato grandi successi e che rimarrà nella nostra storia è Vincenzo Rossitto(43-8-2). Lui ha vissuto la sua carriera pugilistica con la nostra società, ha avuto grossi successi da dilettante ha fatto i campionati del mondo. Da professionista ha raggiunto i migliori
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staff e gli allievi la prima cosa che salta agli occhi. Un ambiente sano dove i più piccoli si approcciano con naturalezza a questo sport e i più grandi maturano seguiti da un occhio attento e vigile. ...............
traguardi vincendo il titolo italiano nei massimi e nei cruiser, per due volte due volte ha combattuto per il titolo europeo, in Germania ed in Inghilterra. Rossitto rimarrà per sempre nel mio cuore, difficilmente ci sarà un altro come lui, perché la società non è più accomodante e i ragazzi di 1718 sono lasciati a se stessi, il pugilato professionistico per ora non offre niente. In questo momento se sei bravo hai la possibilità di entrare nelle forze armate ma devi essere costante, se devi fare tanto per farlo lo fai per divertirti. Io devo trovare un altro Rossitto per continuare l’attività professionistica, ma in questo momento è molto difficile”. Inoltre abbiamo chiesto il valore della
boxe: “Qua sanno che il pugilato ti mette al confronto con un’ altra persona, rispetti certe regole e finita la gara si vedono gli abbracci. Sono cose che emozionano, e finche questo mi emoziona continuerò. Poi lo sport riesce a dare quel qualcosa in più. Devo ringraziare i miei collaboratori Massimo Alota, Massimo Interlando, ragazzi che hanno preso il tesserino da aspirante tecnico e grazie a loro otteniamo grandi risultati; inoltre vanno ringraziati i genitori che ci permettono di lavorare con i loro figli ed hanno fiducia in noi ”. Quando si entra in questa palestra, oltre a notare che è fornita di tutto l’occorrente, è l’ambiente familiare tra lo
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A sinistra: la squadra al completo della Società Dresda; Giovani campioni crescono; in alto Vincenzo Rossitto.
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Bilancio 2015 in Italia e in Europa
In buona salute l’attività dei Pro Campioni e cifre nazione per nazione
di Giuliano Orlando el 2015 l’European Boxing Union, ha ratificato come operativi (almeno un incontro) 5480 pugili, suddivisi nelle 40 nazioni che fanno parte dell’ente professionistico continentale. Di questi, 4995 nati in Europa, i restanti 485, provenienti da altri continenti. Calcolando che nel mondo sono attivi circa 20.000 professionisti, il ruolo europeo è di grande rilevanza. La Gran Bretagna con i suoi 943 pugili è la nazione guida, staccando nettamente la Germania (381) stazionaria, mentre la Russia risulta in crescita costante, come dimostrano i 301 iscritti e l’incremento di riunioni nell’anno appena concluso. Se la Gran Bretagna a fine 2015, con dieci campioni del mondo (Tyson Fury massimi WBA, WBO e IBO, James De Gale supermedi IBF, Billy Joe Saunders medi WBO, Liam Smith superwelter WBO, Kelly Brook welter IBF, Antony Crolla leggeri WBA, Lee Selby piuma IBF, Scott Quigg supergallo WBA, Carl Frampton IBF e Jamie McDonnell gallo WBA) resta capofila, la Russia è la seconda forza a quota quattro (Grigory Drozd massimi leggeri WBC e Denis Lebedev WBA, Sergey Kovalev mediomassimi WBO, IBF e WBA, Eduard Troynovsky superleggeri IBF), precedendo l’Ucraina (Viktor Postol superleggeri WBC e Vasyl Lomachenko piuma WBO), la Germania (Arthur Abraham WBO e Vincent Feigenbutz WBA, supermedi, regno durato un mese, per merito di Giovanni De Carolis che a gennaio in Germania, lo ha detronizzato), Polonia (Krzystof Glowacki massimi leggeri WBO) e Svezia (Badou Jack supermedi WBC) e per un totale di 19 cinture iridate. Le altre nazioni col maggior numero di iscritti sono Francia (431), Ungheria (349), Italia (267), Georgia (198), Spagna (183), Polonia (152), Ucraina
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(129), Lettonia (123), Serbia (107) e Rep. Ceca (105) sopra i cento tesserati. L’Italia con la nascita della Lega Pro, ha incrementato sia il numero degli iscritti che degli incontri. L’attività dei neo pro, in sintonia con la FPI, verso l’autonomia totale che dovrebbe completarsi nel 2017 - salvo novità in seno all’AIBA che sembra più possibilista sull’attività dei professionisti - ha dato una scossa positiva, stimolando molti dilettanti. Previsionalmente il 2016 dovrebbe incrementare la tendenza positiva. Nella stagione scorsa, i nostri 267 professionisti sono saliti sul ring 772 volte e i neo pro hanno dato un notevole contributo con 171 incontri, dei quali 112 inerenti il primo campionato del settore. Attivando ben 99 riunioni, una anche in Marocco. Nel corso del 2015, in Italia sono state allestite 497 riunioni, 277 riservate ai pro, 220 miste. A livello europeo, l’Italia ha mantenuto la posizione del 2014, anche se sono diminuiti i titoli europei, lasciati da Emiliano Marsili (leggeri), Michele Di Rocco (superleggeri) e Leo Bundu (welter), non sul ring, ma volontariamente, proiettati verso traguardi mondiali. Il primo è campione Silver WBC in attesa dell’opportunità iridata, il secondo dopo due difese europee vittoriose nell’anno (il danese Kasper Bruun e il francese Alex Lepelley), è prossimo all’impegno mondiale contro Jose Benavides (Usa 23) per la WBA. Mentre il toscano della Sierra Leone, in attesa di combattere per il titolo iridato welter, ha dato appuntamento in aprile a Firenze al campione europeo in carica, Gianluca Branco inattivo dal novembre 2014, che disputerà la prima difesa contro Bundu. Poco fortunati i tentativi continentali di Orlando Fiordigiglio (superwelter) ed Emanuele Blandamura (medi) oltre a quello di Devis Boschiero a Liverpool (Ing) contro Stephen Smith
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per l’eliminatoria superpiuma IBF, lo scorso luglio. Idem per il romano Giovanni De Carolis, che a ottobre sul ring di Karlsruhe in Germania, non solo ha lottato alla pari col locale Feigenbutz per l’interim WBA supermedi, ma un pari già avrebbe favorito il tedesco. Nella rivincita mondiale disputata a gennaio, sempre in Germania De Carolis si prendeva una sonora rivincita. Marcello Matano (superwelter) dopo la conquista dell’Intercontinentale UBF, lo ha difeso due volte con successo. All’insegna della Intercontinentale WBA, missione compiuta per Matteo Signani (medi) e per il mediomassimo romano Mirco Ricci, che ha compiuto l’impresa dell’anno, spodestando a febbraio il tedesco Enrico Koelling sul ring di Berlino. Sono due, entrambi welter e nati a Roma, ma residenti all’estero, gli italiani più attivi in assoluto nel 2015. Christian Danilo Guido, anni 37, stabile a Buenos Aires in Argentina, debutto nel 2014. La scorsa stagione ha disputato 11 incontri, cinque vinti, sei perduti, alla media di un match ogni 36 giorni. L’altro stakanovista è Victor Efing Edagha, 28 anni, atleta di colore, passato pro nel marzo scorso, iscritto con la FPI, residente a Londra, nel ruolo di collaudatore, dieci incontri e altrettante sconfitte, una sola prima del limite. Lo segue con nove incontri il supergallo veneto Luca Rigoldi (8-1), 22 anni, con otto il superleggero campano Francesco Lomasto (7-1) 25 anni. A quota sette, Mohammed Obbadi, imbattuto marocchino, ora nazionalizzato, grande promessa dei mosca, Alex Goddi (7+), 28 anni, medio; Mohamed Kalladi (4+3-), 27 anni, superwelter; Luca Genovese (2+2-3=), 33 anni, piuma; Matteo Mammucari (2+5), 26 anni, leggero; Giuseppe Rauseo (1+6-), 36 anni, superwelter; Matteo Redrezza (7-), 39 anni, welter; Davide
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Calì (1+6-) 24 anni, superleggero. Altri otto sono arrivati a quota sei: Vincenzo Bevilacqua (6+), 22 anni, medio; Mirco Geografo (5+1-), 24 anni, superwelter; Dionise Tiganas (5+1-), 21 anni, piuma; Giuseppe Bucello (3+3-) 25 anni, superpiuma; Antonio Ieva (2+4-), 20 anni, medio; Marco Di Giamberino (4+2-), 26 anni, welter; Aladin Kouroum (1+5), 28 anni, medio; Cristian Pastarini (1+5-), 40 anni, superleggero. Dei 15 connazionali residenti all’estero con licenza italiana, oltre ai già citati Guido e Edagha, cinque combattono in Thailandia in modo stabile, guidati dal mediomassimo Christian Daghio, imbattuto (6) con 5 successi nel 2015, tutti per ko. Del gruppo fanno parte Riccardo Scolari (2+) superpiuma, Yuri La Monica e Simone Cecchini welter, Filippo Piantanida piuma, attivi a Pattaya. Il superwelter Dario Secci, dopo gli Usa è approdato in Germania a Berlino, il gallo Alessandro Derudas, vive a Lipsia e il medio Sebastian Lo Zito supermedio risiede ad Amburgo. Il supermedio Daniele Scardina. 23 anni, allievo di Giuseppe Caputo alla Domino di Milano, è approdato a Miami in Florida, vincendo i primi due incontri a S. Domingo. Il superwelter Sandro Mammoliti risiede a Sydney (Aus), il mediomassimo Fabio Lorenzetti, ha debuttato a Hong Kong in Cina a 37 anni, mentre l’altro mediomassimo Christian Schembri, 23 anni, primo match da pro a Malta dove combatte anche Gabriele Martelli, supermedio di 40 anni, originario di Messina. Il superleggero Luca Giacon (27-1) della OPI2000, risulta tesserato con la Federazione Spagnola e non figura con la FPI. Gianluca Branco, campione d’Europa welter, inattivo nel 2015, al momento non è iscritto nei quadri federali italiani. Nel 2015, risultano così suddivisi. Mosca: 3, gallo: 6, supergallo: 3; piuma: 20; superpiuma: 21; leggeri: 23; superleggeri: 28; welter: 25; superwelter: 35; medi: 28; supermedi: 22; mediomassimi: 12; massimi leggeri: 14; massimi: 13. Totale 253, a cui si aggiungono 14 stranieri e 11 donne professioniste. Tra i pugili con oltre 15 incontri ancora imbattuti, Emiliano Marsili (32-01), Giorgio Natalizi (22) e Carmine Tommasone (15) piuma campano (31 anni), che nel 2015 ha conquistato l’Intercontinentale WBA e la cintura UE, a spese
dell’inglese Jon Slowey. Forse per la prima volta la nostra rivista offre una panoramica completa sul professionismo europeo, tracciando la situazione delle 40 nazioni aderenti, lungo il 2015, iniziando dalla Gran Bretagna (943 iscritti), la mattatrice continentale fino alle meno presenti quali Montenegro e Malta (9), Norvegia (5), Moldova (4) e Israele (2). Per un riscontro internazionale, gli Usa hanno circa 2.800 tesserati, con 366 massimi, 209 cruiser, 185 mediomassimi, 195 supermedi, 226 medi, 288 superwelter, 350 welter, 243 superleggeri, 272 leggeri, 140 superpiuma e 125 piuma. L’Argentina è a quota 1.060 iscritti, il Brasile 342 e Cuba ne ha 40, nessuno residente sull’isola. Il superwelter Reward Marti vive a Padova, attivo dal 2007.
gran bretagna (943)
n 2014 concluso in modo trionfale, con Tyson Fury, che interrompe il lunghissimo regno di Vladimir Klitschko, iniziato nel 2000 e, salvo l’interruzione dal 2003 al 2006, proseguito fino alla sconfitta 28 novembre scorso a Stoccarda (Ger), contro il gigante irlandese di origini Pavees, an-
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tico gruppo etnico itinerante, presente anche in Italia e negli USA. Il mondiale massimi fa sognare il Regno Unito, con prospettive di spettacoli e introiti importanti nei prossimi anni, qualora la rivincita con Vladimir avesse esito positivo per Fury. I successi inglesi non sorprendono vista la base di partenza. Con tre sole categorie: leggeri (105), welter (127) e superwelter (108) supera largamente il bilancio italiano al completo: 340 contro 267. Giustificato che chiuda con dieci campioni del mondo, due europei e una schiera di sfidanti iridati e continentali. Nel corso degli anni, sono diminuiti i pugili provenienti dalla Jamaica e dal Suriname, mentre i vivai di Bristol, Liverpool, Manchester e Londra hanno fornito il materiale umano per salire in vetta. Emblematico che il solo James DeGale (supermedi IBF) sia di colore, contro i nove di pelle bianca. Nella sola Londra, i tornei dilettantistici dei quartieri, come i titoli metropolitani tra i professionisti, muovono più di 1000 atleti ogni anno. Pur contando su emittenti che acquistano gli spettacoli pugilistici, piazze come Manchester, Liverpool e Londra, assicurano un pubblico capace di coprire le spese delle riunioni.
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Altra situazione non secondaria, nessuno dei campioni in carica tocca i 30 anni. La categoria meno rappresentata è quella dei supermosca, che annovera 9 presenze, sui 21 iscritti in tutta Europa. Il resto conferma la solidità di questa nazione che si vanta di aver inventato la noble art. Mosca: 13, gallo: 23, supergallo: 29; piuma: 30; superpiuma: 60; leggeri 105, superleggeri: 92; welter: 127; superwelter 108; medi: 93; supermedi: 64; mediomassimi: 86, massimi leggeri: 64, massimi: 36.
francia (431) ultimo campione del mondo è stato il gigante della Guadalupe, Jean Marc Mormeck, che il 17 novembre 2007, lasciò lo scettro WBA e WBC dei cruiser all’emergente inglese David Haye dalla boxe abile e concreta. Otto anni dopo, stanno ancora inseguendo il sogno. Nel 2015, invano, ci hanno provato in quattro. Il massimo leggero Youri Kelenga, nato in Congo,
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brevilineo dalla muscolatura impressionante, sul ring di Mosca contro il mancino Denis Lebedev (WBA), dopo una lotta violenta (un kd a testa) ha dovuto accettare la maggiore consistenza del russo. A giugno, per la vacante cintura medi IBF, il medio camerunense Hassan N’Dam N’Jikam, a Montreal (Canada) contro David Lemieux, ha pagato la fragilità della mascella (tre kd), resistendo fino alla fine, ma battuto nettamente. In quel di Las Vegas, a luglio è stata la volta di Nadjib Mohammed, sfidare il russo Sergey Kovalev, campione WBA, WBO e IBF. Troppo il divario e fine dell’avventura al terzo tempo. Ha chiuso il massimo Johann Duhaupas, 34 anni, una carriera di piccolo cabotaggio, in casa del gigante Deontay Wilder (Usa) per il WBC. Prova oltre le attese, per una vittima designata. Prima di cedere (kot 11°) ha impegnato il campione oltre ogni attesa. Esclusa dai mondiali, promozione piena in Europa, con un poker di qualità (Mohumadi supermedi, Vitu superwelter, Masson mosca e Soru medi, il migliore dei quattro). Facile che
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nel 2016, si aggiungano altri nomi, vista la buona base. Nonostante le difficoltà organizzative per lo scarso apporto televisivo, l’attività si mantiene continua. Importante l’opportunità di nazionalizzare stranieri in poco tempo. Delusione dell’anno, la sconfitta di Romain Jacob costata l’europeo superpiuma, nella sua Calais, dove i Jacob dettano legge, anche sui verdetti. Stavolta lo spagnolo Julin Giner, catalano di 32 anni, ha fatto saltare il banco. Mosca: 6; gallo 18; supergallo: 11; piuma: 19, s.piuma: 10; leggeri: 42; s.leggeri 41; welter: 41; s.welter 55; medi: 61; s.medi 38; mediomassimi: 42; maxleggeri: 27; massimi: 20.
germania (381) nche se gli anni ruggenti sono un ricordo, la boxe in Germania resta una disciplina importante. Tramontato il regno della Universum e ridotta l’attività della Sauerland, dopo che le emittenti tedesche chiusero i generosi esborsi, è stato giocoforza adat-
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tarsi ad una situazione nuova. Conclusa la lunga fase dei campioni di estrazione straniera (Russia, Ucraina, Polonia, Armenia e Turchia), degli ultimi dinosauri, nel 2015 è rimasto al vertice solo il supermedio Abraham (WBO), mentre Sturm e Huck hanno passato il testimone, mentre si è affacciato il ventenne Feigenbutz premiato a tavolino della cintura WBA supermedi. Titolo subito perduto per merito del romano De Carolis. Il vivaio locale cresce con nomi nuovi, come dimostra l’età media da Hammer a Zeuge, Gevor, Doberstein e Mueller, Boesel e Gerber, sulla strada del ricambio generazionale, con prevalenza dai leggeri in avanti. Con un’arma in più: la fedeltà del pubblico, capace nel 2009 di arrivare in 60.000 allo stadio di Gelsenkirchen per Vladimir Klitschko contro Ruslan Chagaev e ripetersi nel 2014 a Dusseldorf: in 50.000 per Klitschko-Fury. Mosca: 1; s.gallo 1; piuma: 1; s.piuma: 4; leggeri: 13; s.leggeri 14; welter: 23; s.welter: 44; medi: 46; s.medi: 50; mediomassimi: 69; maxleggeri: 57; massimi: 63.
ungheria (349) otenza dilettantistica per lunghi anni, con le imprese di Lazslo Papp, tre ori olimpici (1948’52-’56), professionista in età avanzata (1957-’64), campione d’Europa medi. Tra il 2000 e il 2010, spiccano Istvan Kovac (piuma) e Zsolt Erdei (medio e cruiser), carriere in maglietta di vertice, giunti al mondiale, con base in Germania. Dopo quel periodo, si è mantenuta viva la fiamma, essendo praticata in tutto il territorio, pur soffrendo la mancanza di sponsor e supporto televisivo. La maggior parte dei professionisti svolge il ruolo di collaudatori all’estero. Il varesino Giuseppe Lauri, da tempo residente in Ungheria, dispone di una trentina di pugili sempre pronti alla chiamata. Nel 2014 a 31 anni, il cruiser Imre Szello, passa professionista, dopo lunga milizia nella Dolce e Gabbana Italia nelle WSB. Al momento, con 11 vittorie su altrettanti incontri è il capofila nazionale, seguito dal ventenne mediomassimo Nemesapati, pro dal 2013, con 19 vittorie ma anche due sconfitte all’estero. Con ambizioni il mediomas-
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simo Baranyi (25 anni) attivissimo nel 2015 con 4 vittorie e una sconfitta per ko, il massimo non più verde Bogdan (36 anni) e il supergallo Bedak, 32 anni, tornato nel 2013, dopo lo stop nel 2010, mondiale WBO fallito. Mosca: 9; gallo: 13; piuma: 11; s.piuma: 18; leggeri: 14; s.leggeri: 24; welter: 19; s.welter: 31; medi: 36; s.medi: 50; mediomassimi: 41; cruiser: 49; massimi: 25. (Prima puntata) ............... Nelle pagine precedenti a seguire: Bundu in una foto di Pierdante Romei; Gianluca Branco in una foto di Renata Romagnoli; Di Rocco in una foto di Marco Chiesa; Emiliano Marsili in una foto di Alessandro Sebastiani.
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Angolo rosso
FRANCESCO FARAONI Tecnica e musica
di Alfredo Bruno
Francesco Faraoni,
20 anni, è considerato la grande promessa nei 75 kg.. Buona tecnica e velocità sono le sue armi inconfondibili. Si allena nella Phoenix Gym di Simone D’Alessandri. L’anno scorso ha vinto il Guanto d’Oro, ma nell’appuntamento degli Assoluti ancora una volta ha trovato in finale a sbarrargli la strada Giuseppe Perugino. Record: +64, = 3, -14. L’inizio… “Ho iniziato nel 2006. Era uno sport che piaceva a mio padre, che qualcosa ha fatto tra i dilettanti a suo tempo. E’
stato lui a consigliarmi la palestra e così mi sono scritto alla Team Boxe Roma XI, dove già c’era mio fratello Mattia ed ora sono qui alla Phoenix Gym”. Come è avvenuto il passaggio di società? “Sentivo lo stimolo e l’esigenza di cambiare palestra, anche se la Team Boxe ce l’ho sempre nel cuore. Avviene pure nel calcio ed è la ricerca di qualcosa di diverso, di nuovo”. Che cosa ti da il pugilato? “Innanzitutto è uno sfogo utile nei momenti difficili, nei momenti di stress. Ti salva da tante situazioni psicologiche, che ti mette sul tuo cammino la vita. Stare in palestra è come stare in famiglia, mi piace la rumorosità, lo stare insieme ad allenarsi”. C’è stato un momento amaro? “Sicuramente le finali con Perugino, che è un po’ la mia bestia nera. Con lui non riesco mai a dare il massimo”. Il tuo match migliore? “Forse l’ho disputato contro un francese, che poi ha vinto il campionato dell’Unione Europea, io stavo in Nazionale in sostituzione di Ranno, pesavo 69 kg. e sono riuscito a superarlo,
si può dire a casa sua. E’ stato il match della vita contro un grande avversario”. Che fai nella vita? “ Studio Statistica alla Sapienza. Adesso devo organizzare sport e studio”. Che intenzione hai con il pugilato? “Vorrei dare la priorità allo studio. Fino a quando potrò fare tutt’e due lo farò. Si arriverà senz’altro ad una scelta finale e penso che sarà a favore dello studio e del lavoro, anche perché nel pugilato ci sono pochi margini di guadagno”. Come ti definisci? “Tecnicamente mi definisco un attendista, uno che combatte di rimessa, ma sto cercando di essere più concreto e portare più colpi. La difesa va bene ma non può essere unica strategia”. Hai interessi fuori dal ring? “Ultimamente ho poco tempo. Prima ero appassionato di musica, suonavo anche il pianoforte. Adesso mi dedico allo sport e allo studio”. Il pugilato lo segui anche al di fuori? “Abbastanza, mi piace seguire il professionismo. Il mio pugile preferito è Mayweather, per il passato Mouhammed Alì, ma mi piace seguire anche i nostri pugili come Della Rosa, De Carolis, Marsili, Bundu, Di Rocco ecc. Poi adesso che si ha la possibilità di vedere con più frequenza i grandi incontri in TV è ancora meglio”. ...............
Giuseppe Perugino e Francesco Faraoni per i 75 kg agli Assoluti Youth; Faraoni (blu) durante una ripresa contro De Carlo.
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Angolo blù
GERLANDO TUMMINELLO Un campione made in Sicily vincitore agli Assoluti Youth di Vincenzo Cicilese
Gerlando Tumminello,
75 kg., ricorda, con il dovuto rispetto, lo stile di Nino Benvenuti, con un pugilato raffinato ed intelligente. Ai campionati Youth di Livorno il giovane siciliano, classe 98, già campione regionale e campione Italiano Junior per la stessa categoria di peso a Mondovi’ (CN), nonché vincitore del torneo azzurrini per l’anno 2014, ha dimostrato che le sue vittorie non sono casuali ma determinate da un indiscusso talento per la noble art. E’ il tipico bravo ragazzo siciliano, frequenta il 5 anno dell’Istituto Nautico a Palermo e dopo il diploma spera di realizzare i propri sogni sportivi e lavorativi”. Record: +23, = 4, -12. Ma vediamolo più da vicino questo giovane atleta che e’ una sicura promessa per il futuro pugilistico italiano: “Mi sono avvicinato al pugilato per tenermi in forma e per seguire alcuni amici che mi hanno parlato positivamente delle capacità educative e formative di questo sport meraviglioso”. Quale è la ricetta giusta per diventare un campione di pugilato? “Per me la ricetta giusta per ottenere ottimi risultati nella boxe è quella di seguire un tenore di vita non particolarmente frenetico, con un’alimentazione controllata, rinunciando ad uno stile di vita, non fumare, non bere alcolici e frequentare con impegno, serietà ed assiduità la palestra”. Chi sono i tuoi punti di riferimento nel pugilato? “I miei punti di riferimento nella boxe sono campioni del calibro di Cassius Clay, Leonard, Marvin Hagler, che hanno fatto prevalere più l’aspetto tecnico tattico del pugilato piuttosto che la forza. Comunque tengo a precisare che i miei veri punti di riferimento della boxe sono i miei bravissimi maestri Natale Conti e Calogero Giordano, senza
i quali oggi non avrei assolutamente ottenuto questi risultati; dietro un buon pugile c’è sempre un grande maestro e i miei attuali maestri sono due splendide persone che contribuiscono con i miei genitori alla mia educazione, trasmettendo quei profondi valori che riesco ad esprimere sul ring quando affronto un avversario”. Quali sono i sogni che vorresti realizzare praticando questa disciplina impegnativa che è il pugilato? “Il mio sogno è quello di continuare a mantenermi su questo mio livello e magari continuare a migliorare, per potere meritare in un futuro un pass olimpico nella categoria dei 75 Kg.; un altro mio sogno nel cassetto è quello di potere entrare nei gruppi sportivi dell’esercito o delle forze dell’ordine per potermi dedicare al meglio in questo sport e nel contempo trovare un’occupazione lavorativa stabile e continuare i miei studi all’università. Per adesso sono contento di avere dimostrato di essere un pugile valido, vincere già tre tornei nazionali pur avendo soltanto 17 anni non è da tutti”.
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GerlandoTumminiello e Natale Conti; Tumminiello premiato agli Asoluti Youth
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La boxe è un romanzo
Presentato a Roma “Il fighter d’Italia”. La vita di Giancarlo Garbelli scritta dalla figlia Gianna. di Alfredo Bruno
Roma, 3 febbraio 2016
Nella Sala Auditorium del Palazzo delle Federazioni Gianna Garbelli, con il patrocinio della FPI e del CONI ha presentato il suo libro “Il fighter d’Italia” una biografia romanzo con protagonista Giancarlo Garbelli, il papà di Gianna, ma dove il protagonista non è solo un nome, ma la boxe intera di quegli anni magici che raggruppano i decenni ’50-’60, a detta di molti gli anni d’oro della nostra boxe boxe. Non è certo un libro comune con le sue 450 pagine, difficile trovarne uno biografico così consistente come afferma Alberto Brasca, presidente della Federazione, che ne illustra i pregi e il modo narrativo coinvolgente a volte in prima persona e a volte in terza persona, voluto dall’autrice. E’ la stessa Gianna a dare la spiegazione, il libro è l’eredità dei ricordi e del pensiero di quello che fu un grande campione, che infiammò con la sua boxe esuberante e imprevedibile i ring milanesi, formando con Duilio Loi e Bruno Visintin un trio formidabile, con caratteristiche diverse uno dall’altro. La presentazione inizia con un docufilm in cui il professor Ireneo Sturla ricorda come nel 2013 il WBC in
una sua Convention dichiara Giancarlo Garbelli, re senza corona, assegnandogli la cintura mondiale. Riconoscimento unico nella storia del massimo ente. Forse inizialmente il libro avrebbe dovuto essere il soggetto per un film sulla vita del padre, essendo Gianna, formatasi all’ Actor’s Studio, attrice e regista, ma dopo la morte del grande campione fu dato, in pratica già pronto, per la stampa. Enza Jacoponi, Segretario Generale EBU e delegato WBC, confessa che quando gli fu consegnato il libro di essersi preoccupata per la consistenza, ma dopo le prime pagine ne è rimasta affascinata, riuscendolo a terminare in 4 giorni. La Jacoponi descrive il suo primo impatto con la boxe in cui era entrata per necessità di un posto di lavoro, ma di esserne rimasta coinvolta conoscendo un mondo affascinante e a volte imprevedibile. Maria Pia Fusco, nota giornalista di Repubblica per il cinema, dichiara di aver conosciuto la boxe cinematograficamente parlando con “Lassù qualcuno mi ama” e altri capolavori che si sono succeduti. Ricorda di aver visionato anche film minori come “Tatanka”, “Pesi leggeri”, Rentrèe, tutti interessanti soprattutto per il loro sfondo sociale. Per lei nel libro di
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Gianna Garbelli c’è spazio addirittura per varie sceneggiature differenti. Per certi versi “Il fighter d’Italia” grazie all’instancabile Gianna, grazie anche ad una casa editrice importante come la Rai- ERI, ha il suo posto nel nostro cuore e nella nostra biblioteca, quasi come un monumento. La serata che vede la presenza oltre i giornalisti anche di arbitri internazionali, come Massimo Barrovecchio e Adrio Zannoni, e non sfuggono certo la bellissima Nadia Bengala, attrice ed ex Miss Italia, e Giuseppe Massaro, responsabile Programma Audiovisivi Media-Eu. L’ultima parola oltre al saluto del presidente Brasca spetta a Gianna Garbelli con un docufilm che ricorda la bella figura del padre in allenamento e in alcune fasi dell’incredibile match con Lazlo Papp, l’invincibile, che tutti avevano schivato ma che lui affrontò a Milano costringendolo ad un pari generoso, considerando che il formidabile ungherese fu per tre volte sull’orlo del ko. Ma questo era Garbelli, che non andò oltre il titolo italiano, ma fu il protagonista delle imprese impossibili. In alto la copertina del libro; sotto un momento della presentazione con il Presidente FPI Brasca e l’autrice del libro Gianna Garbelli.
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Un iniziativa di Maurizio Micarelli
Ko al bullismo Alla Colonna Boxe di Giuseppe D’Ambrosi anche il campione neo pro Magnesi di Alfredo Bruno
Maurizio Micarelli,
ex Fiamme Oro, ha tenuto una conferenza dentro la palestra dell’ASD Colonna Boxe. Il tema è uno dei più delicati e attuali e riguarda il bullismo, una piaga giovanile che si sta allargando. Micarelli partendo da San Cesareo ha fatto visita nella nota palestra di Colonna, gestita e fondata da Giuseppe D’Ambrosi. La Colonna Boxe ha in pratica festeggiato il suo trentennale e si è dimostrata sensibile a questo tema per far fronte a quelle che sono le problematiche giovanili. Colonna oltre alle sue numerose riunioni organizzate è stata la città natale di campioni come Franco Vescovi. La palestra è stata inoltre anche una base di allenamento di Davide Ciarlante, il pugile di Palestrina, che fu campione italiano nel 1994-95, campione d’ Europa nel 1996-97, tentò anche la carta mondiale ma fu sconfitto da Keith Mullings per ferita. Logicamente si è parlato di luoghi dove educare i giovani, soluzioni per distogliere i giovani dalle insidie della strada e dei vizi, e niente risulta più idoneo di una palestra, come può essere quella di pugilato. “Ko al bullismo” non è solo uno slogan ci vuole anche una realtà per combatterlo. In tale ottica il presidente D’Ambrosi, con un passato da consigliere civile nel Gruppo Sportivo della Polizia di Stato, ha messo a disposizione la sua quarantennale esperienza e la Società per venire incontro alle esigenze dei giovani, aprendo le porte della sua palestra a tutti coloro che abbiano bisogno di un punto d’appoggio, valutando caso per caso insieme al tecnico Marchi le difficoltà dei giovani per risolverle. Si è parlato di campioni del passato, ma dopo un saluto telefonico di Mirko Carbotti, vincitore agli Assoluti di Roseto degli Abruzzi, non sfugge la presenza di Michael Magnesi, che in pratica è nato e si è formato a Colonna. Magnesi, impa-
rentato coi Ciarlante, ad appena 20 anni è considerato una delle grandi promesse del pugilato italiano e lo ha dimostrato vincendo il Campionato Neo Pro indetto dalla Lega. Qualche domanda al giovane prospect non guasta certo. Quando hai iniziato? “Ho iniziato fin da piccolo. E’ uno sport che mi è sempre piaciuto. A casa se ne parlava molto anche per via di mio cugino, Davide Ciarlante, che è stato campione italiano ed europeo. Si respirava aria di boxe. Sono andato in palestra quì a Colonna e ho iniziato per gioco. Il maestro dopo un paio di settimane ha visto che ero portato e ha cominciato con le figure e i guanti, poi ho fatto le visite mediche ed eccomi qua”. Quanto tempo fa? “Era il 2010. A Pisa ho fatto il primo Torneo vincendolo. E da lì sono andato sempre avanti”. Tu fai il pugilato, conosci questo mondo, ti interessi a quello che avviene? “Devo essere sincero non molto, guardo qualche match in TV. Seguo i miei maestri, la palestra è diventata la mia seconda cosa, e loro insieme con i pugili sono come una famiglia per me”. Che effetto fa allenarsi con un gruppo di campioni? “E’ molto bello e per me rappresenta una carica in più, oltre a un incentivo per imitarli”. Quale è stato il match più difficile? “La finale del Guanto d’Oro con Donato Cosenza. Abbiamo combattuto per meno di due riprese per una ferita subita da lui, ma in quel breve frangente ho capito che era di un’altra levatura”. Il tuo modo aggressivo di combattere è naturale o sei stato impostato così? “E’ naturale, mi viene spontaneo a seconda del match e dell’avversario che ho di fronte”. Cosa ti prefiggi con il pugilato?
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“Voglio diventare famoso e arrivare a titoli importanti. Questo successo al Campionato Neo Pro mi ha caricato. Spero soprattutto di non deludere chi ha avuto ed ha fiducia in me”. All’incontro hanno preso parte anche due giovani pugili in rampa di lancio. “Ho assistito a episodi di violenza da parte di bulli” – dichiara il Guanto d’Oro e campione italiano NeoPro 2015 Michael Magnesi. “Il 19 dicembre ho vissuto un’emozione irripetibile, a Brescia; si associa spesso la boxe alla violenza, in realtà si perde di vista l’aspetto educativo”. Si è espresso, telefonicamente, anche il neo Guanto d’Oro e campione italiano dei pesi super massimi Mirko Carbotti, impegnato ad Assisi nel Training Camp della rappresentativa élite di categoria: “ho iniziato a fare pugilato per togliere i chili di troppo divertendomi, ed eccomi qua. Canalizzando le energie nella giusta maniera, si possono raggiungere obiettivi apparentemente inavvicinabili; sprecandone, invece, si cade in atteggiamenti irriverenti, ingiustificati ed inutili a se stessi e agli altri. Lo sport costituisce una soluzione meravigliosa, in questo senso”. Poi, con il sacrificio e la determinazione si può sempre diventare campioni. Ė ciò che auspicano gli atleti dell’ASD Boxe Colonna, dello Sporting San Cesareo e delle altre associazioni sportive e non che sono in procinto di adottare il marchio del presidente Micarelli, reperibile sulla pagina Facebook KO al bullismo.
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Si sta delineando la situazione olimpica
60 Nomi per RIO
I primi 60 promossi a Rio. Tra gli esclusi eccellenti Gomez nei medi ed Egorov nei massimi di Giuliano Orlando l 2015 si è chiuso con i nomi ufficiali dei primi 60 promossi ai Giochi di Rio, fatti conoscere dall’AIBA. Conclusi i tre tornei che assegnavano i pass olimpici: APB (20), WSB (17) e mondiali (23), restava da risolvere il problema degli atleti con due pass: i cubani Veitia (52), Alvarez (60) e La Cruz (81); Conlon (56 Irl) e Rabi (Mar) e le nazioni con due atleti nella stessa categoria, dove erano interessate l’Uzbekistan nei 60 kg, Cuba nei 75 e la Russia nei 64, 69, 75 e 91 kg. Spettava alle rispettive Federazioni, come richiesto dall’AIBA, il compito non certo piacevole di indicare i promossi e i bocciati, togliendo dal fuoco gli errori di una programmazione non felice. L’ente sapeva in anticipo che assegnando pass su tre direttrici diverse, aperte a tutti, i doppioni non sarebbero mancati. La soluzione pilatesca ha regolarizzato la situazione, ma non ha cancellato l’evidente disagio creatosi con esclusioni eccellenti e ingressi modesti a scapito della qualità dei presenti a Rio. Evidente il tentativo di attenuare il disagio delle nazioni che hanno dovuto rinunciare a pugili già promossi con accomodamenti. per mantenere gli equilibri. La Russia ha rinunciato al superleggero Kazarian (APB), al welter Butaev al medio Khamukov entrambi vincitori nella WSB, il secondo anche campione d’Europa e l’AIBA, come contropartita ha promosso il leggero Abdurashidov, eliminato sia agli europei che ai mondiali di Doha. Il quarto tolto da Rio, è stato il massimo Egorov, dominatore nei tornei APB, tre volte vincitore del nostro Clemente Russo, giustamente promosso ai Giochi. Al suo posto è finito al modestissimo tedesco Graf, battuto a Dusseldorf lo scorso novembre dal kazako Pinchuk, che non sarà a Rio. Misteri delle scelte e un re-
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galo alla Germania, che organizza nel 2017 la rassegna iridata ad Amburgo. L’Irlanda ha fatto un cambio alla pari, Conlan (56) secondo nelle WSB, oro europeo e mondiale, possedeva due pass, il secondo lo ha passato al welter Donnely, assente a mondiali ed europei, quarto nella WSB. Le altre due tessere per Rio sono state assegnate al mediomassimo croato Sep e al medio polacco Jablonski. Cuba ha sacrificato il campione del mondo dei medi Lopez a favore di Cardona, promosso nelle WSB, ma ha ottenuto il visto per il mosca Gomez, bocciato ai mondiali. Gli altri pass doppi, hanno premiato tre leggeri: lo sconosciuto Balderas (USA), assente a Doha, fermato nei quarti ai Panamericani 2015, Conceicao (Brasile) e il messicano Delgado a sua volta eliminato al primo turno ai mondiali. L’Africa ha passato il secondo pass di Rabii, l’iridato marocchino al connazionale Kharrobov (52), promosso anche l’algerino Chadi (64). In Asia, arriva l’azero Baghirov nei welter, mentre l’Uzbekistan rinuncia al leggero Abdurakhimov bronzo mondiale, a favore di Tojbaev, vincitore APB. Concluso il mercato, la Russia è passata da sette a otto promossi, manca solo l’81 kg e il +91. Cuba da sei a sette, l’Irlanda da tre a quattro, l’Azerbajan e la Germania da due a tre, la Croazia da uno a due. Prima del completamento, si erano qualificate 20 nazioni. Salite ora a 24. Questa la situazione (60 pass) attuale: Russia (8), Cuba (7), Uzbekistan (4), Kazakistan (4), Irlanda (4), Cina (3), Francia (3), Germania (3), Turchia (2), Azerbajan (2), Italia (2), Messico (2), Marocco (2), Croazia (2), Algeria (2), Thailandia (1), Romania (1), Egitto (1), Iran (1), Portorico (1), Bielorussia (1), Polonia (1), USA (1) e Brasile (1). Nel 2016, restano da assegnare 190 pass maschili e 36 femminili. Di questi 180
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attraverso i tornei continentali e altre manifestazioni. Nel settore maschile 5 ticket spettano al Brasile, nazione ospitante, altri 5 al NOC, il comitato tripartito dell’AIBA, mentre per le donne, 1 al Brasile e 3 al NOC. Le rassegne continentali che assegnano pass a uomini e donne, sono state così stabilite. Per le Americhe (25 + 5), si combatte a Buenos Aires (Argentina) dall’8 al 20 marzo. Quello africano (30 + 3) si disputa a Yaoundé in Camerun, dal 9 al 20 marzo. Nel torneo asiatico (30), che comprende anche l’Oceania, la sede è a Qian’an in Cina dal 23 marzo al 3 aprile. Quello europeo (30) è stato ubicato a Istanbul in Turchia dal 20 aprile al primo maggio. I mondiali femminili, inizialmente datati dal primo al 14 febbraio, sono stati posticipati a maggio dal 13 al 22 ad Astana in Kazakistan. Riservato ai partecipanti APB e WSB, il torneo per la qualificazione olimpica dal 13 al 22 maggio a Sofia in Bulgaria. L’ultimo appuntamento per assegnare i pass, aperto a tutti i partecipanti a WSB, APB e AIBA (uomini e donne) si svolge a Baku in Azerbajan dal 7 al 19 giugno, definito AOB mondiale. Il 18 luglio l’AIBA trascriverà i nomi di tutti i partecipanti ai Giochi di Rio, che dureranno dal 5 al 21 agosto 2016. Nel dettaglio le situazioni determinate alla fine del 2015. I promossi a Rio (in corsivo i recuperati) e le quote per categoria. 49 kg. ARGILAGOS Joahnys (Cub); BARNES Patrick (Irl); EGOROV Vasili (Rus); LYU Bin (Cin); ZHAKYPOV Birzhan (Kaz). 5 su 22. 52 kg. ALOIAN Misha (Rus); CINTRON
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OCASIO Jeyvier (Por); EMIGDIO ABARCA Elias Eliseo (Mes); KHARROUBI Achraf (Mar); MAMISHZADA Elvin (Aze); VEITIA SOTO Yosbany (Cub). 6 su 26. 56 kg. AKHMADALIEV Murodjon (Uzb); ASANAU Dzmitry (Bie); CONLAN Michael John (Irl); CRUZ GOMEZ Andy (Cub); DJELKHIR Khedafi (Fra); NIKITIN Vladimir (Rus); ZHANG Jiawei (Cin). 7 su 28. 60 kg. ABDRAKHMANOV Berik (Kaz); ABDURASHIDOV Adlan (Rus); ALVAREZ ESTRADA Lazaro Jose (Cub); BALDERAS JR Carlos Zenon (USA); DONATO CONCEICAO Robson (Bra); SELIMOV Albert (Aze); TOJIBAEV Hurshid (Uzb). 7 su 28. 64 kg. CHADI Abdelkader (Alg); CURIEL GARCIA Raul (Mes); DUNAYTSEV Vitaly (Rus); GAIBNAZAROV Fazliddin (Uzb); HARUTYUNYAN Artem (Ger); MASUK Wuttichai (Tha); TOLEDO LOPEZ Yasnier (Cub). 7 su 28. 69 kg. BAGHIROV Parviz (Aze); DONNELY Steven Gerard (Irl); LIU Wei (Cin); RABII Mohammed (Mar); SIPAL Onur (Tur); YELEUSSINOV Daniyar (Kaz); ZAMKOVOY Andrey (Rus). 7 su 28. 75 kg. ABBADI Ilyas (Alg); ABDIN Hosam (Egi); CHEBOTAREV Artem (Rus); JABLONSKI Tomasz (Pol); KILICCI Adem (Tur); LOPEZ CARDONA Arlen (Cub); MELIKUZIEV Bektemir (Uzb). 7 su 28. 81 kg. BAUDERLIQUE Mathieu (Fra); LA CRUZ PERAZA Julio Cesar (Cub); MANFREDONIA Valentino (Ita); ROUZBAHANI Ehsan (Iran); SEP Hrvoje (Cro); WARD Joseph (Irl). 6 su 26. 91 kg. GRAF David (Ger); LEVIT Vassiliy (Kaz), RUSSO Clemente (Ita); TISHCHENKO Evgeny (Rus). 4 su 18.
+91. HRGOVIC Filip (Cro); NISTOR Mihai (Rom); PFEIFER Erik (Ger); YOKA Tony (Fra). 4 su 18. I 23 “promossi” ai mondiali di Doha. Sottolineati gli esclusi dalle federazioni, anche se promossi nelle competizioni. 49 kg. Argilagos (Cuba) e Egorov (Russia). 52 kg. Mamishzada (Azerbajan) e Veitia (Cuba). 56 kg. Conlan (Irlanda) e Akamadaliev (Uzbekistan) – Asanau (Bielorussia) b. Thapa (India) 60 kg. Alvarez (Cuba) e Selimov (Azerbajan) – Abduraimov (Uzbekistan) b. Conceicao (Braile) 64 kg. Dunaytsev (Russia) b. Gaibnazarov (Uzbekistan) – Masuk (Thailandia) b. Toledo (Cuba) wo 69 kg. Rabii (Marocco) b. Yeleussinov (Kazakistan) – Liu (Cina) b. Baghirov (Azerbajan 75 kg. Lopez (Cuba) b. Melikuziev (Uzbekistan) – Abdin (Egitto) b. Oreilly (Irlanda). 81 kg. La Cruz (Cuba) b. Ward (Irlanda) 91 kg. Tishchenko (Russia) + 91 kg. Yoka (Francia). I 20 promossi APB. 49 kg. Bin Ly (Cina) e Zhakypovv (Kaz), 52 kg. Aloian (Rus) e Emigdio (Mes); 56 kg. Djelkir (Fra) e Zhang (Cina); 60 kg. Tojbaev (Uzb) e Abdrakhmanov (Kaz). 64 kg. Harutyunyan (Ger) e Kazarian (Rus); 69 kg. Sipal (Tur) e Zamkovoy (Rus); 75 kg. Kilicci (Tur) e Chebotarev (Rus); 81 kg. Bouderlique (Fra) e Rouzbahani (Iran); 91 kg. Egorov (Rus) e Russo (Ita); + 91 kg Pfeifer (Ger) e Nistor (Rom). I 17 promossi WSB. Kg. 49. Barnes (Irl); 52 Kg. Veitia (Cub) e Ocasio (Por); 56 kg. Nikitin (Rus) e Conlan (Irl); 60 kg. Alvarez (Cub) e Selimov (Aze); 64 kg. Toledo (Cub) e Garcia (Mes); 69 kg. Butaev (Rus) e Rabii (Mar); 75 kg. Khamukov (Rus) e Cardona (Cub); 81 kg. Manfredonia (Ita) e La Cruz (Cub); 91 kg. Levit (Kaz); + 91 kg. Hrgovic (Cro). I 12 ammessi in sostituzione degli esclusi 52 kg. KHARROUBI Achraf (Mar); 56 kg. CRUZ GOMEZ Andy (Cuba); 60 kg. ABDURASHIDOV Adlan (Rus); BALDERAS jr Carlos Zenon (USA), DONATO CONCEICAO Robson
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(Bra); 64 kg CHADI Abdelkader (Alg); 69 kg. BAGHIROV Parviz (Aze); DONNELY Steven Gerard (Irl), 75 kg. ABBADI Ilyas (Alg); JABLONSKI Tomasz (Pol) 81 kg. SEP Hrvoje (Cro); 91 kg. GRAF David. ...............
Quì sotto a seguire: Clemente Russo; Egorov grande escluso; Valentino Manfredonia.
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RING
Vuole diventare campione del mondo
DANIELE SCARDINA Alla scoperta dell’ America. La fantasia che può diventare realtà. di Primiano Michele Schiavone I lombardo Daniele Scardina da un anno ha lasciato la sua Rozzano, alle porte di Milano, per trasferirsi a Miami, in Florida, inseguendo il sogno americano con la voglia di raggiungere il firmamento del pugilato mondiale. L’italiano ha trovato l’accoglienza di un noto manager statunitense, John Seip, che ha creduto nelle sue qualità e gli ha firmato un contratto esclusivo. Seip è noto negli ambienti pugilistici che contano per aver guidato la carriera di Peter Quillin, diventato campione mondiale WBO dei pesi medi. Al manager nato a New York si è affidato anche il peso medio britannico Steed Woodall (9-1-1), che ha lasciato Birmingham, in Inghilterra, per cercare fortuna negli States. “Toretto” Scardina, 24 anni il prossimo aprile, ha abbandonato la canottiera dopo 56 combattimenti, alcuni dei quali gli hanno dato la soddisfazione di vincere il Guanto d’Oro ed altre medaglie nei campionati e tornei nazionali. Ha fatto esperienza nel torneo World Series of Boxing, vincendo per l’Italia Thunder Boxing Team contro la Germania. Scardina ha iniziato a praticare il pugilato seguendo un suo zio, dilettante a Rozzano, ed ha combattuto con la maglietta della locale società sportiva Domino. In una delle sue ultime interviste italiane aveva palesato il suo desiderio di diventare campione in America, ricordando la figura di Arturo Gatti, suo idolo. Questa sua aspirazione lo ha portato a “studiare” i filmati dei combattimenti di Miguel Cotto, Floyd Mayweather Jr e Roy Jones Jr per mettere a punto un proprio stile di combattente. Il suo nomignolo “Toretto” lo ha copiato dal personaggio della saga cinematografica Fast and Furious, nella quale si trova il protagonista Dominic Toretto – interpretato dall’attore Vin Diesel – che incarna tutte quelle qualità
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appartenenti ad una figura carismatica, dalla forza al coraggio e all’umanità. Un’altra caratteristica ostentata da Scardina è il suo corpo tatuato: ogni disegno rappresenta una tappa della sua vita, nella buona e nella cattiva sorte. Tra le immagini e le scritte tiene molto alla citazione che si staglia sulla testa: My Lord, rivolta a Dio, sempre presente nelle sue preghiere. L’italiano si è presentato nella storica palestra di Miami Beach, 5th St. Gym, aperta nel 1950 da Chris Dundee, dove si sono allenati tra gli altri campioni del mondo come Willie Pep, Sonny Liston, Carmen Basilio, Willie Pastrano, Archie Moore, Emile Griffith, Cassius Clay – divenuto poi Muhammad Ali – Roberto Duran e Bernard Hopkins, solo per citarne alcuni, con la voglia di apprendere le nozioni fondamentali per sfondare nel professionismo. Le sue prime frequentazioni in palestra hanno attirato le attenzioni del manager Seip. Questi si è accorto di lui soprattutto per l’ impegno che metteva negli allenamenti e ha pensato di affidarlo alle cure degli allenatori Guy Laieta e Dino Spencer, per eliminare le sue “scorie” dilettantistiche. Dopo un lungo lavoro fatto dai due tecnici l’approccio professionistico lo ha cambiato notevolmente: ora sa usare la sua altezza, è capace di combattere a distanza, mostrando un buon uso del jab e del gancio, a detta di Sep. Di lui il manager ha detto anche che ha una grande passione per il pugilato e che ascolta ed apprende ogni giorno; ha buone mani, veloci e potenti. Scardina vuole diventare campione in America. Questo è il suo sogno americano. Lui pensa che in quella terra ci sono grosse opportunità e che con il giusto aiuto il suo sogno può diventare realtà. Scardina ha le idee chiare: sta lavorano per diventare campione del mondo; perfeziona i suoi comportamenti sul ring
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per combattere di rimessa e usare meglio le braccia. Intanto ha lasciato la più pesante categoria degli 81 chili nella quale ha militato negli ultimi anni del dilettantismo; è sceso di peso per combattere tra i supermedi. I primi passi nel mondo professionistico, anche se condotti con molta cautela, hanno dato ragione a Scardina ed al suo team: 3 combattimenti nella Repubblica Dominicana ad altrettanti fulminei risultati. I loro effetti fanno ben sperare. ...............
Scardina nella palestra americana e in una fase di allenamento.
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