Boxe Ring - 4/2016

Page 1

POSTE ITALIANE SPA - Spedizione in AP - D.L. 353/2003 (convertito in legge 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, DCB ROMA

D A L 1 9 5 2 L A R I V I S TA U F F I C I A L E D E L L A F E D E R A Z I O N E P U G I L I S T I C A I TA L I A N A N . 0 4 - 2 0 1 6

Rio...

amara

• GIOVANNI DE CAROLIS SUL TETTO DEL MONDO • INTERVISTA A FRANCO FALCINELLI • LEONARD BUNDU FERMATO DA ERROL SPENCE JR. • SPLENDIDA TERNA AZZURRA AGLI EUROPEI SCHOOLBOY


follow us on buy online on w w w . box eurdes rues . c om inf o: s ales @ajmalloy . c om


FEDERAZIONE PUGILISTICA ITALIANA. DAL 1916, L’ITALIA 1916-2016 CENTO ANNI DELLA FEDERAZIONE PUGILISTICA ITALIANA

fpi.it - iocimettolafaccia.it


Editoriale

4

Rio... amara

6

Walter Borghino

di Giuliano Orlando e Michela Pellegrini GIOVANNI DE CAROLIS

Edoardo Mazzia

32

Io sono Joe Smith

36

di Marco Impiglia

di Luca De Franco

Torneo Nazionale Maschile Elite Guanto d’Oro d’Italia 38

Sono un campione normale

20

Scarpa campione Silver WBC

23

LUISELLA COLOMBI

24

Guanto d’Oro Femminile e Nazionale Maschile, i protagonisti

Non solo storia, ma anche tradizione

26

Il punto del Presidente Franco Falcinelli su provvedimenti e novità post Rio 42

Europei Schoolboy

28

ANGOLO ROSSO

di Stefano Buttafuoco di Comunicato PBE

di Giuliano Orlando

SPORT CLUB VIRTUS DI LA SPEZIA

di Marco Callai

di Giuliano Orlando

Ranaldi vs Sinacore una sfida d’altri tempi di Stefano Buttafuoco

di Tommaso Gregorio Cavallaro

di Tommaso Gregorio Cavallaro

di Michela Pellegrini

Assunta Canfora di Alfredo Bruno

30

40

ANGOLO BLU

Carmela Donniacuo di Alfredo Bruno

Sommario

44 45

fpi.it

BOXE RING N. 04/2016 - Direttore responsabile: Walter Borghino - Periodico bimestrale della Federazione Pugilistica Italiana (F.P.I.) - Presidente federale: Alberto Brasca Registrazione presso il Tribunale Civile di Roma N. 10997/66 del 18.05.1966 - Redazione: Viale Tiziano n. 70 - 00196 Roma - Editore: Stegip Group s.r.l. - Amministratore unico Donatella D’ambrosio - Sede legale: Viale dei Monfortani 57/b - 00135 Roma - Sede operativa: Piazza Pio IX 5 - 00167 Roma - Stampato da: FP Design Srl, Via Atto Tigri, 11, 00197 Roma. Chiuso in tipografia il 30 settembre 2016.


Rio...

amara

GIULIANO ORLANDO E MICHELA PELLEGRINI DA PAGINA 6 A PAGINA 19

Premio Marciano a Bundu, Cipollone, Oddo e Rivera di Giuliano Orlando

Bundu battuto per Ko di Alfredo Bruno

Torneo Internazionale GOLDEN GLOVE di Tommaso Gregorio Cavallaro

L’Italia alza la Coppa “Memorial Alberto Mura” di Michela Pellegrini

Randazzo nuovo tricolore dei superleggeri di Giuliano Orlando

46 48

VISSIA TROVATO

59

di Giuliano Orlando

ANGOLO ROSSO

50

51

52

54

La storia di Mario D’Agata

57

di Alfredo Bruno

58

di Giuliano Orlando

JACOPO FAZZINO

Hernest Hemingway per chi suona la campana? di Fabio Rocco Oliva

VALERIA IMBROGNO

di Alfredo Bruno

ANGOLO BLU

60

ALESSIO GENOVESE

61

Fiordigiglio ripunta all’europeo

62

A Vargas Tommasone centra Rio

64

di Amedeo Raffi

di Giuliano Orlando

di Giuliano Orlando

errata corrige del n. 3: Nel servizio a pagg. 48-50 relativo alla “festa delle azzurre” è stato indicato erroneamente che lo stage si è svolto a Riccione, mentre in realtà il tutto ha avuto luogo a Cattolica, dove le atlete hanno svolto gli allenamenti nella palestra gestita da Giorgio Campanella e alloggiato nella struttura dell’Hotel Sans Souci di Gabicce Mare. A pag. 37 le foto sono di Davida Ruggieri. A pag. 34 la firma dell’articolo è Corrado Beldì. Coordinamento Editoriale: Alfredo Bruno (albruno@alice.it), Michela Pellegrini e Tommaso Gregorio Cavallaro; Progetto Grafico: FPI; Pubblicità: Uff icio Comunicazione e Marketing FPI; Foto di copertina: Fabio Bozzani; Hanno collaborato: Walter Borghino, Alfredo Bruno, Stefano Buttafuoco, Marco Callai, Tommaso Gregorio Cavallaro, Luca De Franco, Marco Impiglia, Fabio Rocco Oliva, Giuliano Orlando, PBE, Michela Pellegrini, Amedeo Raff i, Vezio Romano. Foto: AIBA, Archivio FPI, Fabio Bozzani, Alfredo Bruno, Marco Callai, Tommaso Gregorio Cavallaro, Luca De Franco, Barbara Ferrando, Ryan Green, Marco Impiglia, Davide Migliorati, Foto Panichi, Michela Pellegrini, Renata Romagnoli, Francesco Ventura, WBC, David Andre Weiss.


X

RING

Editoriale di WALTER BORGHINO

a

internazionali, maschili e femminili, anche a livello giovanile. Negli anni è notevolmente aumentato il numero delle società affiliate e, di conseguenza, quello dei tesserati, alimentato da un movimento anche amatoriale in grosso fermento e carico di entusiasmo. L’emisfero femminile ha finalmente trovato il suo posizionamento e rinsaldato la sua credibilità. La condizione dei professionisti – la cui formula di inserimento nel nuovo sistema dovrà comunque essere rivista dall’AIBA per ottimizzarne i possibili e auspicati benefici - è stata gestita in maniera intelligente e al meglio delle alternative possibili, tanto che ora il “ricongiungimento”, al netto delle inevitabili concertazioni, potrà produrre frutti vantaggiosi ad entrambe le parti. Senza dimenticare l’adozione di provvedimenti di grande impegno non solo economico verso le

vevamo immaginato e sperato di potervi raccontare con ben altro entusiasmo le prestazioni e i risultati dei nostri atleti alle recenti Olimpiadi di Rio. Purtroppo, quando ci leggerete, tutti saprete invece come è andata. Certamente una delusione corale e profonda, che ha toccato i cuori e la mente di tutto il mondo pugilistico italiano e che potrebbe rischiare, se non correttamente analizzata ed elaborata, di avere una ricaduta negativa negli anni a venire. Ma non ci uniamo ai toni drammatici che hanno sin da subito accompagnato la “disfatta”, perché non è di questo che si parla. Prestazioni incolori? certo; avversari non imbattibili affrontati con poca determinazione e ancor meno fervore agonistico? indubbiamente; insomma una brutta pagina sportiva, ma non la rappresentazione assoluta

“...una delusione profonda, che potrebbe rischiare, se non correttamente analizzata ed elaborata, di avere una ricaduta negativa negli anni a venire. Ma non ci uniamo ai toni drammatici che hanno sin da subito accompagnato la “disfatta”... Prestazioni incolori? certo; avversari non imbattibili affrontati con poca determinazione e ancor meno fervore agonistico? indubbiamente...” società, sempre con una particolare attenzione ai conti pubblici grazie all’apporto di una gestione oculata e efficiente. Per finire, ma non da ultimo in ordine di importanza, un piano di comunicazione di alto profilo professionale, che pone oggi la Federazione come esempio di grande efficienza nell’ambito sportivo nazionale. Insomma, non vorremmo che i mancati risultati facessero dimenticare quanto di buono è stato invece fatto; auspichiamo invece che, così come alcune volte le medaglie hanno il merito di nascondere disagi molto profondi, questo crollo per alcuni versi inaspettato e per alcuni inspiegabile possa invece far nascere una grande voglia di rivincita e, per assurdo, si ponga alla base di una crescita innovativa, pur in un solco di continuità con un passato luminoso. Certo c’è molto da fare e il lavoro che attende la dirigenza attuale e futura non sarà semplice, e ancor meno agevole. Resta al momento una grande tristezza, come quella che affligge tutti noi per l’improvvisa scomparsa della nostra amica Luisella, brillante compagna di viaggio in tante avventure vissute sempre con entusiasmo, correttezza istituzionale e amore per il pugilato e per la vita, che troppo presto le è sfuggita di mano. Riposa in pace, ci mancherai.

del pugilato italiano. Da questo quadro certamente negativo - cui dovrà essere posto immediato rimedio anche attraverso provvedimenti severi e impopolari – non può infatti essere disgiunta l’immagine inopportuna che l’AIBA ha mostrato, con verdetti arbitrali più che discutibili (tanto da scatenare le ire spietate di atleti e accompagnatori vari), la rimozione in tronco del direttore generale, l’allontanamento di arbitri che sino ad allora erano visti e considerati dei mammasantissima. Tutti provvedimenti che, adottati ad Olimpiadi praticamente concluse, lungi da assumere un significato di serietà e autorevolezza, non possono che essere giudicati tardivi e tesi a mettere una “pezza” ad una situazione esplosiva che rischiava di far saltare il banco. Innegabile che tutto ciò abbia contribuito ad alimentare un clima di sfiducia intorno all’intero movimento, tacciato addirittura di essere corrotto e palesemente fazioso, tanto da far dire a qualcuno che “A Rio è morto il pugilato”. Come non ci siamo arruolati nel partito dei super ottimistici, pensiamo sia onesto non iscriverci ora al movimento del disfattismo. Faremmo torto ad un quadriennio olimpico che, con alti e bassi, ha visto l’Italia giocare un ruolo da protagonista in quasi tutte le competizioni

4


OFFICIAL SUPPLIER


Rio... a 6


amara 7


X

RING

RADIOGRAFIA DELLE OLIMPIADI DI RIO

Un’Italia deludente a secco, trionfano Uzbekistan e Francia Categoria per categoria: maschile e femminile

D

di GIULIANO ORLANDO ph FABIO BOZZANI

ovevano essere i Giochi con i grandi professionisti alla ribalta, ma a Rio non si sono visti e sul podio non è salito nessun “prize fighter”. I pochi presenti sono usciti con le orecchie basse senza lasciare traccia. Chi ha lasciato un segno e non da poco è l’Uzbekistan, tre ori, 2 argenti e altrettanti bronzi, nazione posta nell’Asia centrale, grande quanto la Svezia, e una gioventù che rappresenta il 25% dei 29 milioni di abitanti, vogliosa di emergere.

Il presidente Islam Karimov, 78 anni, in carica dal 1990, già al vertice prima del distacco dall’Urss, ha scommesso sullo sport come vetrina per far conoscere il territorio. Il pugilato è sempre stato popolare, quindi la sorpresa è relativa. La differenza tra il passato e gli ultimi tempi, sta nel fatto che mentre prima gli uzbeki andavano ad allenarsi in Kazakistan, che aveva strutture, dal 2008 c’è stata la svolta. A Taskent la capitale, quasi due

milioni e mezzo di residenti e non solo, sono sorte numerose palestre e i ragazzi sembrano costruiti per la boxe. Hanno iniziato a vincere nelle categorie giovanili e adesso raccolgono i frutti anche a livello assoluto. I soliti incompetenti dal video hanno parlato di sorpresa, ignorando che nel 2011 ai mondiali di Baku (Aze) han-

pugili anche a Sydney 2000, Atene 2004 e Londra 2012. Adesso si tratta di proseguire e non è tanto facile, perché la concorrenza si amplia sempre di più. A Rio i cubani hanno tenuto a livello di vittorie, chiudendo in pratica al professionismo, anche se non è vietato. Ma le aspettative erano ben altre, visto che avevano porta-

no raccolto due bronzi, nel 2013 ad Almaty (Kaz) un argento e bronzo e l’anno scorso a Doha nel Qatar, tre argenti e tre bronzi, prefazione al trionfo di Rio. Capaci di vincere il bronzo ai Giochi 1996, prima apparizione, con Tulaganov nei superwelter. Bronzo ripetuto con altri

to la squadra più forte degli ultimi tempi. Se Ramirez (56) ha saputo ripetere Londra salendo di categoria, se l’evanescente La Cruz ha concluso l’inseguimento negli 81 kg., non va ignorato che Iglesias (69) non è salito neppure sul podio, idem per Toledo (64), Veitia (52) e Pero (+91),

8


X

RING

che Alvarez si è fermato al bronzo come Savon (91). La conferma riguarda il medio Lopez. Non molto per una squadra che mirava alla cinquina, come minimo. Reggono, ma faticano Kazakistan e Russia, comunque meno brillanti del passato. In particolare i secondi, un solo oro con tanti dubbi. Pure la Cina appare in calo, anche se ha messo sul ring alcuni giovani interessanti, presente nelle tre categorie femminili. Il Brasile festeggia il suo primo oro in guantoni, mentre la Croazia la prima medaglia (bronzo) in assoluto. L’Irlanda torna a casa a mani vuote, nell’edizione da dimenticare per troppe disavventure, dentro e fuori dal ring. Tutto il contrario della Francia che tra uomini e donne porta a Parigi il bottino più ricco della sua partecipazione ai Giochi. In un colpo raccoglie 6 medaglie, di cui due d’oro. Nella storia dei Giochi,

iniziata agli albori del 1900, solo nel 1920, 1936 (2) e 2000 i galletti salirono sul podio più alto. Quattro ori nel giro di quasi un secolo. A Rio l’esplosione, con merito e fortuna. I cugini lavorano sodo e bene, ma si trovano come l’Italia a do-

ver fare di necessità virtù. Poi capita che tutto gira nel verso giusto e ti ritrovi in un colpo quello che ti era magari stato tolto negli anni. Yoka prima di Doha era una ex speranza fallita, la Ourahmoune dopo la fiamma del 2008, non aveva quotazione. La crescita della Mossely (60) è stato un lavoro perfetto, infatti è stata l’unica novità delle tre categorie, dove la Adams (51) e la Shields (75) si sono riconfermate alla grande. Vedremo se i francesi a Tokyo sapranno ripetersi. L’Italia torna a casa con le tasche vuote e non è mai piacevole, anche se per il sottoscritto, visti i sorteggi, non è stata una sorpresa. Ignorare che la coperta azzurra è corta, significa non avere il polso della situazione reale. Per troppi anni il ricambio è mancato, troppe presunte speranze non hanno mantenuto le attese. Capita, ci sono annate ricche e altre misere. Il c.t. Lello Bergamasco è andato avanti con ciò che il convento offriva e i frati che remavano erano sempre quelli della prima ora (2004, 2008, 2012). Diciamo

che a Rio è stato un anno nero, che non vuol dire zero. Basterebbe informarsi sui risultati azzurri nelle categorie giovanili per smentire le cornacchie di giornata. Importante è non mettere la testa sotto la sabbia. Il presidente dell’AIBA, l’architetto WU, in una intervista dopo i Giochi, ha confermato che nella quasi totalità non ci sono stati verdetti contestati. Senza mettere in dubbio nulla, resta

9

da capire perché gli arbitri-giudici Ryasbaev (Kaz), Basi (G.B.), Kheira (Alg), Gorny (Pol), Malishev (Rus), Poggi (Arg) e Gallagher (Irl) in pratica i più attivi del torneo, dal giorno 16 agosto, con oltre 70 incontri ancora da disputare, in un torneo finito il 21 agosto, siano totalmente scomparsi. Franco Falcinelli, vice presidente AIBA e charmant europeo, ha assunto l’incarico di direttore esecutivo dell’ente mondiale. Così il torneo nel dettaglio delle dieci categorie maschili.

Q

uello del pugilato è il torneo più lungo dei Giochi, due settimane per un totale di 273 incontri, che ha visto impegnate 36 atlete e 250 atleti. Dei dieci ori maschili, tre sono stati conquistati dall’Uzbekistan che ha completato il ricco bilancio con 2 argenti e 2 bronzi, meglio di Cuba: 3 ori e 3 argenti. Francia, Russia, Brasile e Kazakistan il quartetto che ha raccolto un oro. Solo argento

per Azerbajan, Usa, Colombia e Gran Bretagna le altre quattro finaliste. A Londra i padroni di casa ottennero due ori (quello di Joshua nei +91, fu un furto ai danni di Cammarelle) e un argento. In totale 17 le nazioni salite sul podio come nel 2012. 49 kg. l giovane uzbeko Dusmatov (23 anni) non figurava certo tra i favoriti. Nel 2013 esordisce ai mondiali di Almaty (Kaz), ma esce agli ottavi;

I


X

RING

due anni dopo a Doha, fuori al primo turno dall’azero Huseinov. Si rifà alle qualificazioni in Cina a marzo, vincendo il torneo. Un biglietto da visita da tenere in considerazione, ma non determinante. Due i fattori principali a suo vantaggio: il sorteggio fortunato e l’eliminazione dei due favoriti d’obbligo: il russo Ergorov a spese di Hernandez, ventenne Usa che all’esordio si impone sul nostro Cappai. Il biondino americano dopo l’aspra battaglia col russo, supera anche l’ecuadoreno Quipo e fa sudare pure l’uzbeko in semifinale. L’altro è il cubano Argilagos, 19 anni, che prima di Rio ha vinto tutto e si presenta da favorito. Debutta contro l’inglese Yafai, ottimo elemento, vincitore a Samsun, tanto che il caraibico vince con la spintarella (2-1), passeggia col keniano Warui, ma inciampa nei quarti con-

tro l’emergente colombiano Martinez, vincitore di Ladon (Tha) e dell’ispano Carmona (2-1) che si era imposto all’irlandese Barnes. Il colombiano per nulla impressionato dallo show del cubano, impegnato a nascondere la fatica di restare nel peso, colpisce con meno eleganza ma più sostanza. Verdetto difficile che premia Martinez, finalista con Dusmatov, in ottima forma, vincitore chiaro di un rivale sempre battagliero, ma in riserva di energie. 52 kg. oirov, il secondo oro dei tre conquistati dall’Uzbekistan, non figura neppure tra le teste di se-

Z

rie. Ai mondiali in Qatar esce all’esordio, ma nel torneo di qualificazione in Cina, domina e si prende la rivincita su Hu. A Rio marcia spedito verso il podio, superando l’irlandese Irvine, Vargas (Usa) e il campione del mondo Mamishada (Aze) in semifinale, quindi l’emergente venezuelano Finol (19 anni), una delle novità positive dei mosca, capace di fermare l’inglese Ali e l’algerino Flissi, bronzo a Doha. Cede all’uzbeko, per l’accesso alla finale, sul piano fisico e dell’esperienza. Dall’altra sponda capeggiata dal cubano Veitia, bronzo (2013) e argento (2015) iridati e dal mancino russo Aloian, (27 anni) origini armene, bicampione del

A

mondo (2011-2013), giunto alla piena maturità. Il cubano (24 anni) parte facile contro Kharroubi (Mar) solo generoso, ma inciampa sul cinese Hu, pur conoscendolo bene per averlo battuto in semifinale a Doha. Stavolta l’asiatico riesce ad anticiparlo quel tanto da convincere due giudici che lo promuovono in semifinale, dove entra in rotta di collisione con Aloian, rivelatosi più furbo e tempista, confermando la boxe al limite delle regole. Tutto questo non basta al russo in finale, nonostante l’impegno profuso, contro

sperienza di un veterano. Esordisce a Rio, battendo l’armeno Avagyan, volpe del ring di 25 anni. Nei quarti trova il russo Nikitin, altro promosso alle WSB, biondo carro armato. Tre riprese fotocopia con l’irlandese che colpisce, mentre il russo incurante dei pugni ricevuti va sempre avanti, mulinando le braccia. Il rapporto dei colpi è di 4-1 per Conlan. Il viso di Nikitin al termine del match è sfigurato. I giudici Rosario (Bra), Kiridena (SRL) e Gorny (Pol) vedono Nikitin vincitore 3-0! Pubblico sbigottito, Conlan incre-

10

Zoirov, dalla boxe speculare, non certo elegante, come spesso accade tra due mancini. Il 3-0 è di misura e favorisce il meno quotato dei due, lasciando in lacrime Aloian, al quale l’argento sa di beffa. 56 kg. i mondiali di Doha 2015, tra i poster che giganteggiano lungo il viale che porta al Palasport, figura quello di Conlan, l’irlandese che si è fatto strada nelle WSB militando col team italiano, per poi vincere i titoli europeo e iridato, con grande autorevolezza. Conlan ha boxe spumeggiante e usa il sinistro come un fioretto, ha 24 anni e l’e-


X

RING

dulo. Due giorni dopo i medici ritengono il russo inabile a combattere, per le ferite riportate. Nessun commento. Il torneo prosegue con Stevenson, 19 anni, un contratto in tasca da professionista con Mayweather, che si ritrova in finale senza fatica, vista la rinuncia forzata di Nikitin. In precedenza il giovane yankee di colore batte De Jesus (Bra) e il coetaneo Erdenebat (Mongolia). In finale arriva anche il cubano Ramirez, 22 anni, “enfant prodige” oro a Londra nei 52 kg., ripescato al torneo di Baku (giugno), dopo essere stato fermato dalla federazione cubana per indisciplina. Vince il titolo nazio-

nale, gli viene concessa l’opportunità olimpica, togliendo il posto a Cruz Gomez. A Rio supera Thapa (India), Hamout (Marocco), Zhang (Cina) e l’uzbeko Akhmadaliev dopo una battaglia tosta. La sfida contro Stevenson sulla carta è un gioco tra allievo e docente. Invece il ragazzino Usa, dimostra di non essere un bluff, forse il migliore dei giovani a Rio. Vince Ramirez di misura, addirittura un giudice assegna il match a Stevenson. Per-

sonalmente ritengo che Conlan avrebbe battuto il cubano. 60 kg. esta brasiliana con Conceicao, 27 anni, un passato con il team italiano alle WSB, capace di compiere imprese storiche: batte il tajko Yunusov, l’uzbeko Tojbaev che aveva superato l’inglese del Galles, Cordina, campione europeo. In semifinale ritrova il cubano Alvarez, 25 anni, prima testa di serie, uno che ha in bacheca tre mondiali (2011-2013-2015), il bronzo olimpico a Londra nei 56 kg. Nel 2013, ai mondiali di Almaty i due disputarono la finale vinta dal cubano. A Rio il sostegno del pubblico e una terza ripresa tutto cuore, determinano il successo del pugile

F

di casa. Per l’oro, trova lo scomodissimo francese Oumiha, dal naso alla ciclista vecchia maniera un allungo smisurato. Il transalpino arriva al traguardo della finale dopo aver spedito ko il thailandese Ruenroeng 36 anni, giunto dalla qualificazione di Vargas (Ven), col biglietto da visita di ex mondiale mosca nei pro. Col francese rimedia un ko al terzo round, in aggiunta a quello subito in Venezuela dal messicano Delgado. Oumiha sorprende tutti e in primis il mancino russo Selimov (30 anni), che a Rio, batte bandiera azera, una carriera con la bandiera natale ricca di titoli europei e il mondiale 2007 a Chicago, dove batte l’ucraino

11

Lomachenko, evento storico, anche se il verdetto non rispecchia i valori veri. Infatti l’anno dopo a Pechino, l’ucraino lo elimina subito dai Giochi. A Rio, contro il francese che aveva superato ai Giochi europei di Baku nel 2015, viene anticipato e perde l’autobus delle semifinali. La marcia di Oumiha prosegue col successo sul tosto mongolo Dorynyambuu, che non trova bersaglio nonostante lo sovrasti sul piano muscolare. Si ferma solo di fronte a Conceicao, abile a non farsi incrociare dal lungo sinistro del rivale, rientrando e uscendo dall’area minata. Verdetto di misura ma giusto. Il nostro Tommasone, inizia battendo il messicano Delgado, quello della vittoria sul thailandese e già questa è un’impresa, si batte alla grande contro Alvarez, uscendo dai Giochi a testa alta.

64 kg. ’uzbeko Gaibnazarov centra il bersaglio a cinque cerchi, dopo averlo fallito nei leggeri a Londra 2012, fuori nei quarti contro il coreano Soon-Chul, giunto all’argento. Il mancino asiatico supera l’indiano Kumar, poi rischia contro il ventenne Russel (Usa) e il 2-1, poteva essere anche capovolto. In semifinale ritrova il russo Dunaytsev, campione europeo e iridato, solitamente trattato bene dalle giurie, che ai mondiali di Doha lo aveva superato in finale. La rivincita vale l’ingresso in finale, ma anche stavolta il verdetto è da monetina. Toltosi il sassolino, incrocia per l’oro il lunghissimo cubano Sotomayor, (31 anni) pure lui con bandiera azera, giunto alla fina-

L


X

RING

le in bella sicurezza. Mette alle spalle il francese Amzile e l’ex connazionale Toledo (27 anni), argento a bronzo mondiale (2013-2015), che a Rio contava di salire all’oro, dopo il bronzo di Londra. Lo scontro sorride al più anziano Sotomayor, in modo più netto del previsto. In semifinale va sul velluto contro il tedesco Harutunyan (26 anni) origini armene. Niente da fare, dopo un buon primo round, dove mulina la lunghe braccia con abilità e tempismo, la fatica attanaglia i muscoli, mentre Gaibnazarov inizia a martellarlo impietosamente. Non bastano le poche reazioni e i molti abbracci. La vittoria è per l’uzbeko alla grande, anche se il match è di scarsa qualità tecnica. 69 kg.

M

olti i pretendenti al soglio a cominciare dall’oro di Londra, il cubano Iglesias, in una stagione altalenante, bocciato ai mondiali di Doha, ha dovuto ricorrere alle qualificazioni americane a Buenos Aires per accedere a Rio. Altri clienti di riguardo il marocchino Rabii, eroe a Doha, diventato campione tra lo stupore di tutti, infine il kazako Yeleussinov, che il nostro Mangiacapre sconfisse a Londra nei 64 kg. per l’accesso alla semifinale. Il kazako che l’AIBA indicò nel 2013 come il miglior pugile dell’anno, dopo il trionfo iridato di quell’anno è andato a corrente alternata, non esaltante nelle WSB, si era preparato al meglio a Doha, perfetto fino alla finale dove Rabii lo mise in difficoltà netta, non poteva fallire a Rio, considerato l’effettivo tasso tecnico che possiede. Infatti l’ha spuntata, facilitato dal sorteggio in discesa. Meglio di Kelly (G.B.), di Maestre il venezuelano giunto ai quarti, grazie all’impossibilita di combattere per Mangiacapre. L’azzurro batte il messicano Romero, irruento e scorretto anche se tecnicamente inferiore, fino a che nel terzo round, con una zuccata di pregio, frantuma lo zigomo destro al campano, che deve rientrare in Italia anzitempo per l’intervento chirurgico. Se non è sfortuna, ditemi voi. Nessuno ignora che dopo Maestre, incrociava il kazako, ma ogni match ha la sua storia. Lungo la strada si perde Baghirov (Aze), battuto dal francese di colore Cissokho, giunto in semifinale a spese di Ardee un thailandese difficile. Escono il campione d’Europa, il lituano Stanionis e il cubano Iglesias, en-

trambi ad opera dell’uzbeko Giyason, 23 anni, nome inedito, esploso alle qualificazioni in Cina. Accede in finale superando il campione del mondo Rabii. Che non sia un bluff lo dimostra contro Yeleussinov, costretto a difendersi dalle folate del giovane mancino, che non dimostra alcuna titubanza e cede di stretta misura, dopo strenua lotta. L’incontro è arbitrato dall’italiano Licini, uno dei migliori a Rio, fuori da ogni polemica e altro. 75 kg. ochi i dubbi sul nome del vincitore, indicato nel cubano Arlen Lopez, iridato a Doha, preferito all’altro Lopez Cardona, vincitore nelle WSB, per il solito pasticcio AIBA. L’andamento del torneo non ha fornito sorprese clamorose, l’unica scintilla per merito dei giudici, assegnando la vittoria nei quarti al messicano Rodriguez, un toro senza regole, ai danni dell’egiziano Abdin, esprime boxe regolare e aveva strabattuto il chico. Altro fatto collaterale, l’irlandese O’Reilly che per giungere a Rio, ha disputato tornei su tornei, dopo aver conquistato il pass a Baku a giugno, viene trovato doping e squalificato. Pensare che il bronzo iridato 2015 era la terza testa di serie. Fuori forma il russo Chebotarev, lascia il passo all’azero vero Shakusurvaly che avanza fino alle semifinali, grazie alla vittoria sul più quotato kazako Alimkhanuly, che resta ai piedi del podio. Lotta il francese Billi, ma Lopez è di altra categoria, come dimostra anche di fronte all’emergente azero e in finale contro il mancino Melikuziev, migliorato in rapporto a Doha, ma ancora un passo indietro nei confronti di un Lopez che fa il minimo indispensabile per vincere, confermando grandi mezzi, che a 23 anni, sono ancora in fase di miglioramento.

P

81 kg.

D

opo aver fallito a Londra, battuto nei quarti dal brasilero Yamaguchi Falcao, sul ring di Rio a 27 anni, si prende l’oro, ma se debbo dirla tutta, questo Julio Cesar de la Cruz, che ha iniziato a vincere giovanissimo, personalmente non mi ha mai convinto. Troppo ostruzionistica la sua boxe di rimessa. Abilissimo di gambe e nella scelta di tempo, vince ogni round portando un paio di pugni, l’ultimo pensiero è quello

12

di accettare il minimo scambio. L’antitesi del pugilato che predica l’AIBA, aiutato dall’altro finalista, il kazako Nyazymbetov, abbonato ai posti d’onore. Per la cronaca era al via il camerunense Njikan, professionista promosso a Vargas. Ha chiuso all’esordio battuto dal brasiliano Borges, fermato ai quarti da La Cruz, con il solito show antispettacolo. Sono arrivati al bronzo l’esperto francese Bouderlique e il giovane inglese Boatsi, gigante di colore di 23 anni, vincitore per ko dell’uzbeko Rasulov, trentenne che ha fatto da apripista alla squadra negli anni scorsi. Deludente il mancino irlandese Ward, superato dall’irruento Mina dell’Ecuador, come l’azero Mammadov, fermo ai quarti per merito dell’azero. Fosse stato possibile non avrei assegnato l’oro per mancanza di combattività. L’arbitro magiaro Juhasz il coraggio di richiamare il cubano a colpire, doveva trovarlo. Invece si è adeguato passivamente. Il nostro Manfredonia, nato a Recife, è uscito subito, per merito del bielorusso Dauhaliavets, che ha avuto il merito di muovere le braccia, mentre il nostro si è svegliato forse troppo tardi, anche se il verdetto ha lasciato qualche dubbio. 91 kg. Ognuno ha le proprie idee, ragion per cui vanno rispettate. Quelle dei giudici Gallagher (Irl), Carbonel (Col) e Sidi Karin (Alg), hanno sentenziato che la finale dei massimi, tra il russo Thishchenko e il kazako Levit spettasse al primo. L’arbitro argentino Poggi ha alzato il braccio al russo, esultante anche se traballante, felice per la vittoria, che il pubblico ha subissato di fischi. Quando succedono certe cose, sorgono domande e dubbi. Cose che non fanno bene alla boxe. Realisticamente Levit era stato superiore al russo tre riprese su tre. Thishchenko in forma precaria, aveva subito e le repliche erano flebili. L’arbitro gli ha dato respiro nel round finale, chiamando il medico per una ferita superficiale, operazione durata oltre un minuto. Tutto questo ha indispettito il pubblico e il verdetto finale ha fatto il resto. Questi i fatti, non altro. Il nostro Clemente Russo (34 anni) ha sfiorato la medaglia, approdando ai quarti, dopo aver battuto il tunisino Chaktami, giovanotto molto forte ma non abbastanza per superare l’italiano. La sfida contro Thishchenko non è un inedito. Nel 2013 ai mondiali, il baldo Clemente ebbe la meglio in finale


X

RING

in modo chiaro. Tre anni dopo l’italiano è ancora valido, ma non abbastanza per superare il gap, di un rivale nove anni più giovane, che dopo Almaty ha vinto europeo e mondiale e si è guadagnato il posto a spese di Egorov, tre volte vincitore dell’italiano. Il russo non ha incantato e la vittoria è stata di stretta misura. Un merito che l’azzurro si è guadagnato tutto. Grande la delusione in casa cubana, per la sconfitta di Savon in semifinale, di fronte ad uno scatenato Levit, cranio lucido, come lucida l’idea di tenere l’iniziativa dal primo all’ultimo secondo del match. Oltre a Savon l’altro bronzo arride all’uzbeko Tulaganov, che nei quarti ha battuto il randellatore azero Abdullayev, fermato dal russo in semifinale. +91 Kg. a Francia completa l’edizione trionfale di Rio, col successo di Tony Yoka, gigante di colore, 24 anni, una carriera iniziata nel 2008 a soli 16 anni. Debutta agli europei youth nel 2009 in Polonia. L’anno dopo ai mondiali di Singapore, incrocia il croato Hrgovic, pure lui di due metri e qualche centimetro, la sua bestia nera fino al 2015 che lo supera in finale. I suoi mentori giurano trattasi di un talento assoluto, ma i risultati in chiaro scuro sembrano smentirli. Disputa con Parigi le WSB nel 2011 a 19 anni, affronta Russo, che gli rende 15 kg. e 20 centimetri e rimedia la sconfitta. Nel 2014 fa parte dei Thunder Italia, ma raccoglie poco. Debutta ai mondiali nel 2011 e il coetaneo cubano Savon lo mette ko. Nel 2013 è Cammarelle e bloccarlo subito, Lo scorso anno si presenta ai mondiali di Doha, sorridente con la fidanzata. Lo incrocio e mi assicura di stare benone. “Mi sono allenato a Cuba, vedrai che sarò la sorpresa dei mondiali”. Ci rifletto e ammiro la fiducia, visto che in precedenza ha subito diversi stop. Eliminato con l’APB, dove rimedia sconfitte con Pfeifer (Ger) e addirittura con Arajoui, il marocchino dalla boxe orripilante, rinuncia a battersi con Nistor, mentre Hrgovic sceglie le WSB che vince e si aggiudica pure l’europeo. Questo il pugile che tenta per la terza volta la strada iridata di accesso per Rio. Tra la sorpresa generale arriva all’oro, passando sopra il cinese Wang, si prende la rivincita su Hrgovic, in semifinale stacca l’inglese Joyce che a Baku, qualche mese prima ai Giochi europei lo

L

aveva battuto. Approda in finale contro il kazako Dychko argento uscente, che deve accontentarsi dello stesso metallo, visto che Yoka lo supera chiaramente. A Rio è la testa di serie numero uno e ripete più o meno il percorso mondiale. Debutta contro Clayton delle Isole Vergini, capace di stoppare il tedesco Pfeifer che cullava ambizioni, ma impotente a fermare i colpi lunghi del francese. Contro il jordano Iashaish, che aveva goduto di un verdetto bugiardo col romeno Nistor, passeggia ed è semifinale. Dove ritrova Hrgovic, invelenito dalla sconfitta di Doha, deciso a rimettere le cose a posto. Il croato giunge in semifinale a spese del turco Demirezen e del cubano Pero, messo ko al secondo round. La sfida con Yoka è rovente e cattiva. Il croato parte a tutta e tempesta di colpi il rivale, abile a coprirsi e rientrare con precisione. L’errore di Hrgovic è quello di non ragionare con la freddezza di Yoka, che si fa preferire da due giudici. L’inglese Joyce, con la sua boxe a corta distanza, che bada poco alla difesa, ma è terribilmente efficace, avanza senza intoppi lasciando al palo l’uzbeko Jalolov e lo statuario kazako Dychko che deve accontentarsi del podio basso. La sfida per l’oro è la fotocopia dei due precedenti incontri (Baku e Doha), vista l’impostazione dei protagonisti. Joyce fa pressione e porta colpi al bersaglio grosso, Yoka chiuso a testuggine, replica per linee interne. La valutazione dei giudici premia il francese, ma poteva essere anche il contrario. Di fatto Yoka, si è trasformato da pulcino nero a cigno bianco con l’oro olimpico al collo. Guido Vianello il gigante di casa nostra, purtroppo ha combattuto contro il cubano Pero sotto le aspettative. Contratto dall’emozione, subisce la boxe elementare del caraibico, un massimo naturale, senza mai la scintilla di quell’orgoglio di cui è pure dotato il romano. ...............

In apertura di articolo da sinistra a destra: 51kg Nicola Adams (GBR); 52kg Shahobiddin Zoirov (UZB ); 56kg Robeisy Ramirez (CUB); 60kg Estelle Mosselly (FRA); 60kg Robson Conceicao (BRA); 64kg Fazliddin Gaibnazarov (UZB). Nelle pagine seguenti: 69kg Daniyar Yeleussinov (KZK); 75kg Arlen Lopez (CUB); 75kg Claressa Shields (USA); 91kg Evgeniy Tishchenko (RUS); +91kg Tony Yoka (FRA);

13

I RISULTATI Preliminari 1/16 maschili 2016-08-06 49kg N. Hernandez usa M. Cappai ita 3:0 2016-08-06 60kg C. Tommasone ita L. Delgado mex 3:0 2016-08-08 69kg V. Mangiacapre ita J. P. Romero mex 2:1 2016-08-07 81kg M. Dauhaliavets blr V. Manfredonia ita 2:1 Preliminari 1/8 maschili 2016-08-09 60kg L. Alvarez cub C. Tommasone ita 3:0 2016-08-11 69kg G. Maestre ven V. Mangiacapre ita WO. 2016-08-08 91kg C. Russo ita H. Chagtemi tun 3:0 2016-08-13 +91kg L. Perot cub G. Vianello ita 3:0 Quarti di finale maschili 2016-08-10 91kg E. Tishchenko rus C. Russo ita 3:0 Finali maschili 2016-08-14 49kg K. Dusmatov uzb Y. Martinez col 3:0 2016-08-21 52kg S. Zoirov uzb M. Aloyan rus 3:0 2016-08-20 56kg R. Ramirez cub S. Stevenson usa 2:1 2016-08-16 60kg R. Conceicao bra S. Oumiha fra 3:0 2016-08-21 64kg F. Gaibnazarov uzb L.Sotomayor aze 2:1 2016-08-17 69kg D. Eleusinov kzk S. Giyasov uzb 3:0 2016-08-20 75kg A. Lopez cub B. Melikuziyev uzb 3:0 2016-08-18 81kg J. de la Cruz cub A. Niyazimbetov kzk 3:0 2016-08-15 91kg E. Tishchenko rus V. Levit kzk 3:0 2016-08-21 +91kg T. Yoka fra J. Joyce gbr 2:1 Preliminari 1/8 femminili 2016-08-12 60kg I. Testa ita S. Watts aus 2:1 Quarti di finale femminili 2016-08-15 60kg E. Mosselly fra I. Testa ita 3:0 Finali femminili 2016-08-20 51kg N. Adams gbr S. Ourahmoune fra 3:0 2016-08-19 60kg E.Mosselly fra Y. Junhua chn 2:1 2016-08-21 75kg C. Shields usa N. Fontijn hol 3:0


X

RING

VERSO TOKYO 2020

Rio: tutto da rifare per l’Italia

Il racconto dei protagonisti di un’impresa mancata di MICHELA PELLEGRINI ph FABIO BOZZANI

Se a vida lhe der um limão, faça dele uma Caipirinha/ Se la vita ti dà un limone, fanne una Caipirinha.

C

on lo spirito di questo noto proverbio brasiliano, dal 5 al 21 agosto, si sono svolti a Rio de Janeiro i Giochi della XXXI Olimpia-

de. Poche risorse ma tanta voglia di trasformarle in qualcosa di buono, potendo contare su una grande solidarietà sportiva che ha visto in prima linea anche il CONI. Ed il 5 agosto tutto è stato azzerato all’Estádio Jornalista Mário Filho, meglio noto come Maracanã. La spettacolare creatività di Fernando Merelles, Daniela Thomas e Andrucha Waddington, a costi dimezzati rispetto a Londra e Pechino, ha entusiasmato il mondo intero proiettandolo verso un evento indimenticabile. Nonostante la tempe-

sta politica di Lula e Dilma Rousseff, le corse dell’ultimo minuto, sottolineate ironicamente dal numero uno del CIO Thomas Bach, tra la paura della Zika e della violenza endemica, delle acque inquinate e delle opere incomplete, la città brasiliana, la prima sudamericana ad

“transito”, il comune traffico, passano in secondo piano, dove tutto è possibile. Anche eguagliare Londra 2012 e, con 28 sport partecipanti, per un totale di 42 discipline e 307 atleti, di cui 163 uomini e 144 donne, raggiungere il 9° posto nel medagliere olimpico. Questo

ospitare un’edizione dei Giochi Olimpici estivi, ha vinto la sfida del secolo. E non solo. A chiunque abbia avuto il piacere e l’onore di percorrere le avenidas del Parco Olimpico fino a Copacabana, Rio ha lasciato un ricordo indelebile. Una terra che incanta, nel suo perfetto connubio tra civiltà e natura, dove anche l’urbanizzazione estremizzata ed il

ha fatto l’Italia, questo è il grande risultato raggiunto dall’Italia Team CONI e dal Presidente Giovanni Malagò che ha esultato per i 28 podi (8 ori, 12 argenti 3 in più rispetto a Londra - e 8 bronzi), testimonianza del buono stato di salute dello Sport Italiano. E per ogni medaglia il giusto risalto nella sbalorditiva CasaItalia, “la più bella di sempre”, all’interno

14


X

RING

del Costa Brava Club, in quel lembo di terra tra Barra de Tijuca e Sao Conrado dove l’eccellenza italiana si è espressa ai massimi livelli verso il sogno di Roma 2024. Continuando per proverbi: allegria di alcuni, tristezza per altri. Per tutte le discipline che sono rientrate a mani vuote e tra queste il Pugilato Tricolore che purtroppo non ha continuato la sua tradizionale ascesa al podio olimpico. L’ultima spedizione a zero medaglie fu quella di Atlanta 1996 e vent’anni fa l’Italia tornò a casa con un solo quarto di finale (a Rio 2) , quello di Pietro Aurino nei mediomassimi. Eppure l’inizio sembrava buono: ben sette atleti qualificati come a Londra 2012, di cui sei uomini e una donna. Per non parlare dei record che

comunque, nel bene o nel male, h a n no reso unica questa edizione: Irma Testa (Kg. 60), prima boxer italiana a qualificarsi per un agone olimpico; Carmine Tommasone (Kg. 60), primo pro nella storia a staccare un

pass olimpico, e Clemente Russo (Kg. 91), primo azzurro di sempre a prendere parte a quattro Olimpiadi. Insieme ai tre primatisti: Manuel Fabrizio Cappai (Kg. 49), Vincenzo Mangiacapre (Kg. 69), Valentino Manfredonia (Kg. 81) e Guido Vianello (Kg. +91). Sotto la supervisione del Presidente Alberto Brasca e del Team Leader e Segretario Generale Alberto Tappa, facenti parte della spedizione olimpica del CONI, la Squadra Azzurra, guidata dall’Head Coach delle Nazionali Maschili Raffaele Bergamasco insieme all’Head Coach delle Squadre APB Francesco Damiani ed all’Head Coach delle Nazionali Femminili Emanuele Renzini e supportata dal fisioterapista azzurro Fabio Morbidini, ha fatto il suo ingresso nel Riocentro Pavilion 6 del Parco Olimpico sabato 6 agosto. Nella venue della Boxe, con grandi schermi e animazione ma poco pubblico, posizionata di fronte

all’ingresso del Villaggio Olimpico, ha preso il via il torneo più ambito a livello mondiale: 206 atleti partecipanti in rappresentanza di 76 nazioni e 4 continenti per un totale di 273 incontri. In prima fila i due Vicepresidenti Federali Vittorio Lai e Walter Borghino, come da prassi per le recenti edizioni olimpiche, insieme al Prof. Vasiliy Filimonov, responsabile della Preparazione della Squadra Azzurra di pugilato. A bordo ring il Presidente Onorario Franco Fal-

15

cinelli, nel suo duplice ruolo di Vicepresidente AIBA e Presidente EUBC. Sul ring un altro italiano, l’arbitro e giudice Enrico Licini, tra i 36 designati dall’AIBA, che a pieni voti si è guadagnato la finale dei 69 Kg. tra il kazako Yeleussinov e l’uzbeko Glyasov, finita con la vittoria del primo. Il pensiero dei protagonisti match dopo match 60 Kg. Carmine Tommasone: bene la prima per il pro italiano. Non ho nessun rammarico della mia partecipazione olimpica. Certo, la sconfitta fa sempre male, soprattutto se hai una mentalità vincente come la mia, ma penso di aver dato il massimo in questo torneo. Per il primo match con il messicano Delga-

do, sono salito sul ring determinato e caparbio come sempre, con l’idea di non dover dimostrare niente a nessuno ma solo di fare il mio lavoro, ossia il pugile. Il messicano, che ha vinto il torneo in Venezuela, è stato un ottimo avversario e si vedeva la differenza fisica. Ho fatto un incontro di intelligenza, battendolo sulla tecnica. Lui, del resto, è molto più esperto e forte di me fisicamente. La sfortuna ha poi voluto che al secondo turno incontrassi il numero uno al mondo, il cubano Alvarèz, anche lui con leve lunghissime ed un pugilato da attendista. Ho cerca-


X

RING

to, in attacco e contrattacco, di approfittare dei suoi pochi momenti di errore per portare dalla mia il punteggio ma purtroppo lui è stato più bravo, sapendo sfruttare al meglio allungo ed esperienza. Ho fatto la mia parte, combattendo nella categoria dei 60 Kg. che non è la mia. Da pro combatto nei 57 Kg. Dolore e amarezza ci stanno ma sono tornato a casa contento e soddisfatto di questa bellissima esperienza e di aver fatto parte di un grande Team.

di averla vinta. La terza sono calato un po’ ed ho boxato in maniera scomposta, perché mentalmente sapevo che il secondo round era andato male e, per la foga di recuperare, ho perso la lucidità e mi sono bloccato. Storia diversa da Londra ma purtroppo lo stesso finale. Per Tokyo aggiusterò sicuramente il tiro.

49 Kg. Manuel Cappai: purtroppo lo stesso copione.

N

N

81 Kg. Valentino Manfredonia: da italo-brasiliano una doppia responsabilità. on voglio giustificarmi ma l’emozione ha giocato forte. Ho cercato di nasconderla ma

vets era alla mia portata, tecnicamente già lo conoscevo e quindi avrei dovuto sapere cosa fare. Solito pugile menaccione, chiuso, che avanza con i ganci. Io dovevo fare un pugilato di colpi lunghi e stare a distanza. Nello scambio ho subito, come al mio solito, anche una testata al sopracciglio. Nella prima ripresa, persa nettamente, ero un po’ impacciato, lento. Mi sono un po’ sbloccato alla seconda, e fatto bene la terza, dove ho portato qualche colpo in più che ha fatto barcollare il mio avversario. E’ stato un anno difficile, anche per la ripresa della spalla operata, ma mi rialzerò più forte di prima.

on avrei mai pensato di uscire al primo turno. La categoria sicuramente ha influito. Ho

sempre sofferto il peso ma a Rio ancora di più. Sono rientrato in Italia con una grande delusione perché avevo ambizioni e obiettivi differenti. Bisogna comunque accettare qualsiasi verdetto, dalla sconfitta meritata a quella non meritata. Non sempre si vince ma si impara anche da queste sconfitte. Analizzando il match disputato contro lo statunitense Hernandèz, il primo round sicuramente non ho brillato; il secondo ho iniziato bene fino a trenta secondi dalla fine, quando il mio avversario mi ha dato due colpi che non pensavo potessero influire così tanto sul giudizio. Non è stata una grande ripresa ma di misura pensavo

non ce l’ho fatta. Già dal primo giorno, al Villaggio, ho sentito la pressione addosso. La distanza dalla famiglia, dagli amici, dalla mia compagna. Non sono riuscito a scrollarmi di dosso questo carico. La mia prima Olimpiade e per giunta in Brasile: questo mi ha fregato. Sono salito sul ring teso, bloccato sulle gambe, un paradosso per me che invece mi muovo sempre in velocità. Non ho fatto il pugilato che so fare e questo mi ha penalizzato. Il bielorusso Dauhalia-

16

91 Kg. Clemente Russo: ad un passo dal traguardo.

D

opo aver rotto il ghiaccio nel primo incontro, seppur teso, ero sicuro di farcela. Sui tre round non combattevo da tanto e l’ultima competizione mondiale è stata nel 2013. La mia vera sfida l’ho iniziata ai quarti, impostando il match come do-


X

RING

vevo: restare sulla media lunga distanza e non sprecare colpi. Quelli che ho portato si sono sentiti. Non riesco ancora a crederci! Ho disputato una finale anticipata contro Tishchenko e penso di aver dato tutto, gestendo in modo intelligente tutte e tre le riprese contro un avversario comunque scomposto. Sono partito bene e sinceramente non ho sentito i colpi del russo, anzi a contarli sono stati sette, al massimo dieci. Per carità, il campione del mondo, che conosco molto bene, è un ottimo pugile, alto, bravo, continuo e ci avrei scommesso che avrebbe raggiunto il podio più alto. Una delusione grandissima perché q u a t t ro

anni di sacrifici e duro lavoro non si possono cancellare così. Ho centrato l’obiettivo storico della partecipazione a quattro Olimpiadi e la medaglia avrebbe coronato il tutto. Ora mi riposo e poi non escludo una parentesi televisiva al Grande Fratello VIP. Fino al 2018 ho un contratto con l’APB e tra sei mesi è in programma la sfida contro il campione mondiale pro Deontay Wilder, che

ho battuto a Pechino. Poi, perché non arrivare a 38 anni a Tokyo? Mi sento ancora giovane sia fisicamente che mentalmente. 64 Kg. Vincenzo Mangiacapre: una seconda ripresa fatale.

S

ono partito convinto e determinato, come a Londra, a riportare a casa una vittoria e di dare il massimo in questa Olimpiade. Fare ritorno in Italia con lo zigomo fratturato e senza il sapore della medaglia è stata veramente una prova durissima. Mi sono sentito uno straccio a non poter salire sul ring e, dopo la vittoria del primo incontro,

disputare il match degli ottavi con il venezuelano Maestre, ma il destino ha scelto per me questa sorte. L’operazione per fortuna è andata bene ed il Prof. Evaristo Belli è riuscito ad effettuare, dopo un’esposizione mininvasiva sotto controllo endoscopico, la riduzione della frattura sotto controllo in scopia, senza bisogno di mettere mezzi di sintesi. Riprenderò presto la mia attività di pugile. Mi sono piegato ma non mi spezzerò, andrò avanti e proseguirò il mio futuro divertendomi e danzando ancora sul ring olimpico.

17

+91 Kg. Guido Vianello: un’eredità e un sogno rimandati.

I

o e la mia compagna Laura ci siamo conosciuti in Azerbaijan e qui a Rio ci siamo ritrovati perché all’ultimo è stata convocata dalla FIPAV. Siamo tornati a Roma insieme, con grande rammarico e una punta di sorriso in quanto siamo arrivati tutti e due agli ottavi. Peccato! Pero come avversario andava bene. Ho chiuso il torneo preolimpico al top della forma mentre a Rio ho dato solo il 60%. La tensione era tanta ed ero convinto di averla immagazzinata bene e controllata nei dodici giorni di attesa. Non voglio dare la colpa all’emozione o altro ma solo al fatto che il cubano

è stato più forte ed esperto di me. Mi ha messo in difficoltà perché appena facevo un’azione lui indietreggiava ed io gli cadevo addosso. Quando mi sono reso conto che il match mi stava sfuggendo, ho cercato di rincorrere fino all’ultimo la vittoria. Alla terza ripresa sono riuscito a fare qualcosa in più ma ormai era troppo tardi. A ventidue anni penso di avere ancora molto margine di crescita e quindi mi rimetterò subito all’opera. Tokyo 2020 è il mio obiettivo e mi impegnerò molto per arrivarci al top. E da romano il sogno continuerebbe con Roma 2024.


X

RING

Raffaele Bergamasco: nel pugilato non si finisce mai di imparare.

M

i assumo le responsabilità di questa spedizione che, per la parte maschile, non ha portato medaglie. Siamo stati sfortunati nei sorteggi ma sicuramente si poteva fare di più. I ragazzi hanno provato a dare tutto e per questo li ringrazio, come Francesco Damiani, Emanuele Renzini, Fabio Morbidini e tutto lo staff tecnico che ci ha supportati in questi anni: Maurizio Stecca, Gianfranco Rosi, Michele Caldarella, Gianmaria Morelli, Giulio Coletta e molti altri. Tommasone, la vera rilevazione di Rio, ha fatto un ottimo primo match contro un avversario ostico, che avevamo avuto modo di conoscere in Venezuela dove aveva vinto il Torneo di Qualificazione Olimpica APB/ WSB, e nel secondo incontro non si è risparmiato. Per me ha vinto la sua Olimpiade. Mi dispiace molto per Cappai, che è partito bene, vincendo il primo round per poi, però, perdersi un po’ nei restanti due. Credo che l’azzurro inizi a soffrire questa categoria di peso, nel senso che fatica molto a rientrarvi vista la sua struttura fisica. Manfredonia non è riuscito ad essere freddo ed esprimere il suo solito pugilato. L’emozione gli ha giocato un brutto scherzo. Russo avrebbe strameritato la finale, invece ci è andato Tishchenko. Per quanto riguarda Mangiacapre che dire: la sfortuna gli ha impedito di dimostrare il suo grande valore e sicuramente avrebbe fatto un ottimo torneo. Vianello è caduto nella trappola del cubano, ottimo pugile ma non infallibile. Ha pagato molto la sua inesperienza. Una squadra ben assortita con un fanalino di coda che si è rilevato il vero leader: Irma Testa. Purtroppo abbiamo chiuso come Atlanta ‘96 ma dopo questa edizione olimpica c’è stata la rinascita. Speriamo che questo si possa ripetere in futuro. Nel mio piccolo ho raggiunto il traguardo di questo quadriennio, ossia chiudere un ciclo, che era durato tre quadrienni, e avere il coraggio di ricostruire la Squadra Olimpica. Questo è stato fatto e sono state poste buone basi, con ragazzi che avranno molto

tempo per mettersi in mostra. Al Centro Tecnico Federale abbiamo avuto un complesso di più di centoventi atleti convocati nel giro olimpico ed i migliori che hanno ottenuto risultati in Italia sono rimasti. Nel 2013 e 2014 abbiamo lavorato molto e ottenuto risultati a livello Youth, che era da anni che la Federazione non li otteneva. Poi tante medaglie a livello internazionale, a livello europeo e mondiale, quattro solo ai Giochi Olimpici Europei, fino al 2015-2016, anni in cui abbiamo dovuto rimodulare tutto l’assetto organizzativo per le decisioni AIBA, partecipando alle WSB e lavorando collateralmente su altre competizioni per la qualificazione olimpica. Il continente europeo è stato l’ultimo ad organizzare il torneo di qualificazione, ad aprile a ridosso dei Giochi Europei e dei Mondiali, e ne ha pagato le conseguenze. L’andamento delle Olimpiadi ne è la riprova. Da gennaio 2016, vista dunque la mole di lavoro, la Federazione ha ritenuto di farci coadiuvare nella preparazione da una vecchia conoscenza, il Prof. Vasiliy Filimonov. La sua esperienza ci ha permesso di arrivare alle Olimpiadi ma si sa, un torneo olimpico per funzionare ha bisogno di tante componenti, se una di queste viene a mancare non si raggiunge il risultato. Francesco Damiani: anni di sacrifici svaniti in nove minuti.

U

n’Olimpiade difficile da ogni punto di vista. Clemente, alla sua quarta Olimpiade, ha dimostrato comunque di essere ancora un ottimo pugile, di grande levatura. Mancava da una competizione così importante da quasi un anno e questo ha influito nel primo match. Ha boxato abbastanza bene con il tunisino, anche se nella prima ripresa è stato troppo passivo. Con Tishchenko è stata tutta un’altra storia e Russo ha aggiustato il tiro, conoscendo bene il suo avversario. Insomma, ha fatto tutto quello che doveva. Ha disputato e gestito un bellissimo match e sinceramente non ho capito il verdetto. Prima e terza ripresa vinte nettamente. Purtroppo a Rio si è avuta la sensazione, poi confermata dai provvedimenti presi dall’AIBA, che

18

molti verdetti non abbiano confermato la realtà dei fatti. Ormai sembra che l’unico modo per garantirsi la vittoria sia quello di portare in gara dei fenomeni come fanno i cubani. Difficili da fermare. Quando invece i livelli si equivalgono, tutto può succedere. Un vero peccato, soprattutto quando si fanno molti sacrifici. Di Clemente sono soddisfatto. Si è guardato un po’ dentro ed è stato protagonista. I giudici hanno visto altro e questo purtroppo succede. E’ successo nell’Olimpiade scorsa con Cammarelle! L’unico rammarico è che il lavoro di tre anni, specialmente quello degli ultimi sei mesi, anche con Vittoriano Romanacci che ha preparato questo ragazzo in maniera eccellente dal punto di vista fisico, sia svanito così in nove minuti. Irma Testa: la giovane farfalla si è colorata di esperienza.

È

stata molto dura. A fatica ho rotto il ghiaccio contro l’australiana Watts ma l’emozione ci sta alla prima esperienza e te la porti dietro dalla vita del Villaggio, dove ho vissuto momenti difficili ma anche costruttivi, accanto a campioni veri. Ho visto finale e semifinale di Fabio Basile e Odette Giuffrida e sono rimasta impressionata dalla loro concentrazione. In loro due ho visto la stessa voglia e determinazione che avevo io. Sono rimasta da sola a dover difendere il tricolore e questa per me è stata una grande responsabilità, come quella di essere la prima donna pugile ad ottenere un pass olimpico. Certo, il risultato è mancato e per quanto mi riguarda ho perso una grande occasione. All’inizio del secondo match credevo di stare in vantaggio. Ce l’ho messa tutta ma non è bastato. Ho faticato per arrivare qui, purtroppo anche in condizioni fisiche sfavorevoli, e ringrazio la Federazione, il Gruppo Sportivo delle Fiamme Oro, Renzini, Tosti e tutto lo staff tecnico, la mia famiglia per essermi stati vicini. E un’amica speciale, la grande campionessa e membro del CIO Manuela Di Centa che ha tifato per me sugli spalti insieme al Presidente Brasca. Ne sono onorata! Sono giovane ed avrò tempo per rifarmi.


X

RING

Emanuele Renzini: un primato storico che è solo l’inizio. esperienza di Rio è servita a tutti. Irma ha confermato di essere una combattente e, dopo giorni di attesa, ha comunque passato il primo turno. Ovviamente mi aspettavo una prestazione sottotono con l’australiana, trattandosi di un esordio. Irma anche quando va male fa quel qualcosa che le basta per vincere: una prerogativa del campione in genere. Alla seconda ripresa, quando il match si è rimesso in equilibrio, ha tirato fuori la grinta necessaria. Dopo un match comunque adrenalinico, eravamo coscienti della difficoltà di battere la Mossely, un’atleta conosciuta sì ma sicuramente più preparata e quindi pericolosa rispetto al passato, visto l’oro mondiale. Sono rammaricato per il mancato risultato ma Irma ha dato tutto quello che poteva, considerando anche la lombalgia, non prevedibile, che non le ha permesso di allenarsi al meglio nell’ultimo mese e quindi di arrivare al top. Ha fatto una grande prestazione e parliamo di un’atleta di diciotto anni che ha vinto europei e mondiali, cambiando tre categorie di peso e militando da Elite solo dal primo gennaio. Rivedremo con calma il match, lavoreremo sulla sua impulsività per un maggiore equilibrio, cresceremo insieme in vista di Tokyo 2020. Per Irma è solo l’inizio.

L’

Presidente Alberto Brasca: bilancio amaro ma si riparte dal duro lavoro quotidiano.

A

lla sua quarta Olimpiade da dirigente federale ed alla prima da Presidente, il numero uno del Pugilato Italiano Alberto Brasca ha seguito in loco la sua “squadra dei record”, vivendo in prima persona ansie, sorrisi e lacrime, a bordo ring e dietro le quinte di quella che si può benissimo considerare l’Olimpiade più dura degli ultimi venti anni. Una condivisione di stati d’animo ed emozioni difficilmente gestibili ma facilmente interpretabili da chi ha fatto della sua passione il proprio impegno. Buone premesse, tante aspettative ma anche molte consapevolezze sulle quali il Presidente Brasca aveva messo in guar-

dia: “la spedizione azzurra segna un rinnovamento nella continuità e quindi con nuove leve il rischio non mancherà come il cambiamento di rotta, che vede in forte ascesa alcuni paesi, soprattutto africani e asiatici”. Di certo qualcosa è mancato ai guantoni tricolori e quindi il bilancio non può che essere amaro... Siamo partiti con il piede sbagliato già dal primo giorno, con l’uscita di scena di Manuel Cappai. Altra delusione cocente con Valentino Manfredonia. Sia lui che Cappai hanno affrontato due avversari alla loro portata. Se fossero stati quelli che sappiamo essere non avrebbero avuto problemi a vincere. Hanno perso di misura ma non c’è nulla da recriminare. Avrebbero potuto puntare in alto. Peccato! Una parentesi di respiro l’abbiamo avuta con l’ottima prova di Carmine Tommasone che, dopo una prima e più che meritata vittoria, è stato sconfitto dal pluricampione del mondo, dando tutto se stesso e rispondendo colpo su colpo senza mai arretrare. Il nostro top player, il più famoso, Clemente Russo al primo turno non ha fatto una prestazione brillantissima però ha combattuto con sicurezza, superando le incertezze, comprensibili, del primo match. Alla sua maniera ha vinto, scontando poi la sua ascesa con una discutibile sconfitta contro il favorito russo Tishchenko, salito poi sul podio. La boxe di Russo può non piacere ma è sempre molto redditizia, non scordiamoci i due argenti olimpici ed i due ori mondiali, e con gli uomini alti ha sempre fatto la sua parte. Mi dispiace perché Tatanka avrebbe potuto conquistare la sua terza medaglia olimpica. Purtroppo è girato tutto storto e anche chi aveva vinto come Vincenzo Mangiacapre è stato fermato da una brutta frattura. Vincenzo è probabilmente l’atleta con il tasso di classe più alto. L’ultima speranza azzurra tra gli uomini è stata Guido Vianello. Ha perso senza discussione ma ha anche fatto un match generoso. Ha dato il massimo ma naturalmente non poteva dare quello che non aveva e cioè un’esperienza sufficiente per controllare un avversario furbo e abile. Non è riuscito a trovare i tempi giusti ed ha cercato di supplire all’inesperienza con la foga, con la grande voglia di vincere. Forse facendo un incontro più da attendista e cercando di prenderlo di rimessa avrebbe avuto maggiori possibilità. Guido è molto giovane e davanti ha

19

un avvenire importante. Fino all’ultimo abbiamo legato i nostri destini in mano ad una donna, Irma Testa, che anche al suo secondo appuntamento ha disputato un match equilibrato e, francamente, la sconfitta netta in tutte e quattro le riprese mi è sembrata un po’ eccessiva. Accetto assolutamente il verdetto ma rimango comunque perplesso per l’unanimità dei giudizi. Irma, prima atleta italiana a salire su un ring olimpico, ha comunque la strada spianata e il suo valore è indiscutibile. Non carichiamola dunque di eccessiva responsabilità, perché a diciotto anni qualsiasi risultato va bene ed è già stata brava a qualificarsi. Con lei abbiamo chiuso la nostra avventura a cinque cerchi. Avremmo voluto fare la nostra parte nell’Italia Team ma purtroppo non ci siamo riusciti. Il bilancio, ovviamente, è negativo. Un sorteggio difficile, l’incidente di Mangiacapre, qualche verdetto opinabile e sicuramente alcune prestazioni deludenti ma ripartiremo da qui per mettere a frutto le esperienze, convinti che il lavoro fatto e le basi poste in questi quattro anni porteranno a risultati in futuro. Del resto, siamo alla fine di un ciclo in cui abbiamo vinto sempre con gli stessi uomini. Non ho nessun rimprovero da fare ai ragazzi perché tutti hanno fatto quello che hanno potuto. Hanno partecipato ad una competizione di altissimo livello e qualcuno ha pagato l’inesperienza, la tensione, il carico di responsabilità. Certo non pensavo che uscissero tutti. Siamo abituati a vincere e quando si perde l’amarezza è grande. La riflessione sullo staff tecnico è d’obbligo, visto che nella preparazione qualcosa di sbagliato c’è stato. Non tutti erano al massimo come in altre occasioni. Cercheremo di impostare il lavoro per tornare a vincere in vista di Tokyo 2020, con una programmazione più efficace e strutturata. La boxe, però, non esiste solo ogni quattro anni ma esiste quotidianamente. E’ uno sport popolare e quindi, per poter crescere, va vissuto a trecentosessantagradi, in tutte le sue sfumature ed espressioni”. In apertura di articolo da sinistra a destra: Carmine Tommasone; Manuel Cappai accompagnato dai due tecnici Bergamasco e Damiani; Vincenzo Mangiacapre; Guido Vianello; Renzini e Bergamasco. Nelle pagine seguenti: Clemente Russo, Irma Testa; Guido Vianello con il Presidente Alberto Brasca; il tifo italiano; una vista del campo di gara.


X

RING

Sono un

campione “normale” 20


X

RING

Giovanni De Carolis pari con Zeuge a Berlino ma il verdetto casalingo non gli toglie il titolo mondiale. di STEFANO BUTTAFUOCO ph RENATA ROMAGNOLI

BERLINO, 17. 07. 2016

Ha vinto l’uomo prima del pugile, ha vinto la sua generosità, la sua determinazione, la sua voglia di rimanere - da solo - sul tetto del mondo. Ha vinto la piccola ed umile Italia pugilistica contro la ricca ed influente organizzazione tedesca, capace di ferire una volta di più la parte pìù autentica della noble art, quella del rispetto per l’avversario, della sportività e del merito. E si perche i cartellini dei tre giudici (114 a 114, 114 a 114 e 115 a 114 per Zeuge) sono apparsi ai più quantomeno “discutibili” tanto da lasciare ben intendere cosa sarebbe potuto accadere se il nostro connazionale non fosse stato capace di

Gli ultimi tre round, quelli decisivi, di nuovo tutti per il trentunenne pugile romano, complice anche un infortunio alla spalla sinistra del tedesco costretto a combattere in guardia destra. In Germania ora lo riaspettano a fine anno per onorare un contratto che gli impone di difendere il titolo - una volta di più - contro un pugile della Sauerland che con ogni probabilità sarà Arthur Abraham o lo stesso Tyron Zeuge che ha subito chiesto una rivincita. “Per me un avversario vale l’altro, da quelle parti ormai mi sto iniziando a sentire di casa” ci dice con un pizzico di ironia l’allievo del maestro Italo Mattioli.

imporsi in modo così netto. Il verdetto di parità permette comunque a De Carolis di mantenere la cintura di Campione del Mondo Wba dei pesi Supermedi e questo è quello che conta insieme ad una prestazione straordinaria soprattutto se rapportata alle evidenti difficoltà ambientali ed al valore dell’avversario. Quello svoltosi all’Arena di Berlino non è stato un incontro facile, tutt’altro, ma cosi come otto mesi fa contro Vincent Feigenbutz, sono stati gli “occhi della tigre” a fare la differenza. Prime riprese a favore dell’italiano abile a conquistare il centro del ring, a sfruttare il suo maggior allungo e ad imporre la sua personalità. Poi il ritorno di Zeuge, che sembrava trovare le giuste contromisure ed a prendere il tempo al suo avversario.

Sei d’accordo con il verdetto ? “Pensavo di aver vinto in maniera netta ma va bene anche cosi. Il mio avversario si è dimostrato molto più forte di Feigenbutz anche se meno potente. Zeuge è un ragazzo sportivo tanto che a fine match si è voluto complimentare riconoscendo la sconfitta e precisando che il suo infortunio alla spalla fosse derivato da un mio colpo. Non avrei problemi a ricombattere con lui, sono sicuro che uscirebbe fuori un altro grande match”. Hai mai avuto paura di perdere l’incontro? “Non voglio sembrare spocchioso, ma francamente no. Ho sempre sentito il comando del match anche se lui era molto bravo a schivare ed a ripartire in velocità. Solo alla fine ho temuto la beffa, vedevo un pò di agitazione tra i

21


X

RING

giudici e la lettura del verdetto per me è stata una liberazione”. Sei soddisfatto della tua prestazione? “Si, avevamo studiato tutto nei minimi particolari d’altra parte. Sapevamo che sarebbe stato difficile e che per mettere pressione al mio avversario avrei dovuto dare il meglio di me dal punto di vista fisico. Vedere Zeuge più stanco di me nel corso delle ultime riprese mi ha fatto capire quanto bene abbia lavorato con il mio staff ”. Dove si può far meglio ? “Si può e si deve migliorare sempre. Sono perfettamente consapevole del fatto che per rimanere in paradiso dovrò lavorare ancora più di quanto non abbia fatto fino ad ora. Quando sei campione del mondo sai che non potrai più sostenere incontri facili e che tutti ambiscono a prendere il tuo posto con

una fame che rischia di essere maggiore della tua. Io non mi sento arrivato, credo di stare a metà del mio percorso e voglio pensare che il meglio debba ancora venire”. Il meglio potrebbe essere una difesa del titolo a Roma.. “E’ il mio sogno. So che in Italia è difficile se non impossibile organizzare un evento del genere. Gli sponsor latitano così come le televisioni e senza di loro le risorse vengono meno. Ma mai dire mai, chissà che qualcosa non cambi da quì a qualche mese. Mi auguro che le istituzioni possano concretamente attivarsi per realizzare questo progetto che spero di realizzare”. Come sei stato accolto dagli allievi della tua palestra al tuo ritorno ? “Con tanto entusiasmo. Loro hanno vissuto da vicino tutti i miei sforzi, le

22

mie rinunce. Vedermi tornare vincitore per loro ha rappresentato un motivo di orgoglio ma anche di speranza. Da me si allenano tanti pugili che quotidianamente fanno i miei stessi sacrifici e adesso sanno che così come ce l’ho fatta io ce la possono fare anche loro. Basta crederci fino alla fine e lavorare”. Questo è Giovanni De Carolis, campione di umiltà e di concretezza, un ragazzo sfacciatamente “normale”, per un giorno al di sopra di tutto e di tutti. ...............

In apertura, un intenso primo piano di De Carolis, a seguire alcune fasi del match; De Carolis con il team; con Arthur Abraham suo possibile futuro sf idante; una veduta dell’Arena di Berlino.


X

RING

BATTUTO PRIMA DEL LIMITE HIBBERT

Scarpa campione Silver WBC

OPI 2000 premiata “Organizzatore dell’anno” dall’EBU. di COMUNICATO PBE ph WBC

DOPO CLAUDIO RANIERI,

un altro italiano ha compiuto un’impresa sportiva in Inghilterra: sabato 25 giugno, a Londra, il peso superleggero Andrea Scarpa ha prodotto la migliore prestazione della carriera battendo per ko tecnico al sesto round John Wayne Hibbert per il vacante titolo Silver WBC. Una vittoria che garantisce al pugile “100% foggiano” l’ingresso nella classifica dei primi dieci pesi superleggeri del World Boxing Council. Hibbert era un avversario di alto livello, che si presentava con un record di 17 vittorie e 3 sconfitte e combatteva di fronte al suo pubblico. Nel suo curriculum, il titolo internazionale WBC e quello del British Commonwealth. Andrea Scarpa non si è fatto intimidire, anzi ha affrontato l’avversario con grande sicurezza dominandolo per tutte le sei riprese, spedendolo al tappeto nella quinta (con un diretto destro allo zigomo sinistro) ed obbligando l’arbitro ad interrompere l’impari contesa nella sesta. Hibbert aveva un brutto taglio sotto l’occhio sinistro e un altro sul sopracciglio destro (che si è aperto nel corso della seconda ripresa a causa di un gancio sinistro di Scarpa). Proprio a causa dei tagli, Hibbert aveva capito che doveva tentare il tutto per tutto e all’inizio della sesta ripresa ha aggredito Scarpa, che ha assorbito i colpi, ha controllato l’avversario ed ha reagito centrandolo con diversi ganci destri al volto. Hibbert è rimasto in piedi, ma sanguinava copiosamente (il suo sangue era anche sui pantaloncini di Andrea) e l’arbitro ha chiamato il medico che ha espresso parere negativo alla prosecuzione del combattimento. L’arbitro ha fermato Hibbert quando mancavano cinque secondi alla fine del sesto round. Sul ring a festeggiare Andrea, il suo procuratore Christian

Cherchi, il presidente della Principe Boxing Events Alessandro Cherchi, il presidente dell’Opi 2000 Salvatore Cherchi e il suo team: l’allenatore Tony Di Rienzo, il cutman Roberto Pedrale e il mentore Alberto Calandretti proprietario della palestra Kombat Sport di Moncalieri (Torino). Subito dopo la vittoria, Andrea ha mostrato al pubblico la maglietta della squadra di calcio del Foggia con la scritta “Scarpa 100% foggiano”. Come fanno i veri sportivi, Hibbert non ha cercato scuse, ma ha applaudito Andrea Scarpa. Adesso il record del 29enne Andrea Scarpa è composto da 20 vittorie, 10 prima del limite, e 2 sconfitte (al secondo ed al terzo match da professionista nel 2011). E’ stato campione d’Italia in due categorie di peso: i superpiuma ed i superleggeri. Il 28 novembre 2015 è diventato campione intercontinentale dei superleggeri IBF superando ai punti il francese Lyes Chaibi al palasport Le Cupole di Torino. Quella londinese era la prima trasferta per Andrea che ha dimostrato di avere il carattere per combattere di fronte ad un pubblico ostile, in una grande arena, nell’ambito di un evento importante trasmesso in mondovisione e a livello nazionale da Fox Sports Italia (canale 204 della piattaforma Sky): il main event della serata era, infatti, il combattimento tra il campione del mondo dei pesi massimi IBF Anthony Joshua e Dominic Breazeale (vinto da Joshua per ko al settimo tempo) e l’O2 Arena era esaurita (ventimila spettatori). “Adesso Andrea difenderà il titolo Silver – spiega Salvatore Cherchi – contro avversari di alto livello. Vincendo scalerà la classifica WBC. Non parliamo ancora di mondiale, l’intenzione è quella di proseguire su questa strada. Come disse il presidente WBC Mau-

23

ricio Sulaiman nel corso della sua visita alla Opi Gym di Milano l’anno scorso, il titolo Silver serve per selezionare gli aspiranti al mondiale e per farli abituare a combattere sulle dodici riprese, in una situazione molto simile a quella di un mondiale. Tanti fuoriclasse hanno vinto il titolo Silver prima di diventare campioni del mondo. Andrea ha le qualità per seguire il loro esempio.” Infine, lo scorso 4 giugno, a Bruxelles (Belgio), nel corso del convegno della European Boxing Union la Opi 2000 di Salvatore Cherchi è stata premiata come “Promoter of the year 2015”. E’ la sesta volta che l’azienda presieduta da Salvatore Cherchi riceve questo prestigioso riconoscimento. “Sono onorato di ricevere questo premio – commenta l’organizzatore sardo – e voglio dividerlo con i miei due figli Alessandro e Christian che mi aiutano quotidianamente. Alessandro attraverso la sua società (la Principe Boxing Events) ha contribuito a rilanciare la nobile arte sulla piazza milanese.” ...............


X

RING

SCOMPARSA PREMATURAMENTE, ERA PRESIDENTE DEL CR LOMBARDIA

LUISELLA COLOMBI

Prima donna a raggiungere l’importante posizione nella regione. di GIULIANO ORLANDO

E’ stato Biagio Pierri, responsabile dei maestri in Lombardia, giunto a Ripa Teatina per il primo confronto con i pugili di Chieti, nel corso delle giornate dedicate al Premio Rocky Marciano ad informarmi. “Ti debbo dare una brutta notizia. Luisella è morta nella prima mattinata del 14 luglio, era ricoverata all’ospedale di San Giuseppe a Milano. Sono senza parole, in fondo era bello discutere con lei, molto battagliera e innamorata della boxe”. Luisella era giunta al Comitato lombardo, ignorando tutto di una disciplina che poi l’avrebbe coinvolta a tempo pieno. Accadeva undici anni addietro, nel 1995 allorché la signora Luisarosella Colombi, per tutti Luisella, decise di presentarsi al Comitato, che necessitava di una segretaria part-time.

“La scomparsa improvvisa di mio marito – ricordava – mi costrinse a rivoluzionare la mia vita. Fino ad allora avevo fatto la moglie e la mamma e anche un po’ di sport. Da un giorno all’altro dovetti prendere la decisione di tornare a lavorare. C’era Chiara, la prima figlia che frequentava l’università e volevo si laureasse. Necessario trovare qualcosa per far quadrare il bilancio. Seppi casualmente che il Comitato Lombardo di pugilato cercava una persona e mi feci avanti. Venni assunta, calandomi in un mondo assai diverso da quello frequentato prima, ovvero nuoto e canoa, i miei sport preferiti. La fortuna è stata trovare due persone diversissime come il presidente Francesco Scaramuccia e il vice Emilio Vaccari, ma uguali nella passione infi-

24

nita. Il primo era un vulcano sempre in attività, mentre il secondo specchiava la serenità in persona. Da loro ho imparato tutto, anche ad amare questo sport che ha valori incredibili, morali e sociali”. Questo mi diceva Luisella tre anni fa, presidente di fresca nomina, in occasione di una cena di lavoro, una delle tante durante le quali più delle portate, consumava sigarette su sigarette, il suo hobby, in alternativa ai guantoni. Chi le faceva osservare che il fumo non è un buon compagno di viaggio, sorrideva e scrollava le spalle. Risposta emblematica, per far capire che si predicava al vento. “Mi resi subito conto – specificava – che dovevo capire questa disciplina andando a visitare le palestre. Così feci e fu una scoperta entusiasmante. Mai avrei pen-


X

RING

sato all’umiltà dei ragazzi, alla passione dei maestri e all’ambiente, magari ruspante, ma molto bello, coinvolgente. Il colpo di grazia in occasione della sfida al Palafiera di Milano tra Italia e Cuba. Era la prima volta che vedevo la boxe dal vivo. Amore assoluto che ha preso dimensioni incredibili. Dopo i Giochi di Pechino nel 2008, mi venne proposto di candidarmi alla presidenza, ma rifiutai perché non mi sentivo sicura e proseguii a fare la segretaria in Comitato”. Nel quadriennio precedente, quello con Scaramuccia, era nato un feeling operativo perfetto. “Scaramuccia non era uomo da scrivania. Libero da impegni, essendo andato in pensione, operava al 100% per la boxe lombarda che voleva crescesse senza soluzione di continuità. Non sempre eravamo d’accordo, ma sempre si trovava la soluzione. Una volta mi disse che mi avrebbe fatto uscire senza indicarmi la porta. Calma, gli risposi che non serviva l’indicazione. Sapevo trovarla da sola. Quando venni eletta nel 2013, ritenni di aver acquisito l’esperienza giusta per il ruolo. Certo non mancavano i problemi. A cominciare da quelli amministrativi, un vero caos all’inizio. Poi la situazione della boxe femminile, tutta da costruire”. Sul tasto del pugilato in rosa, non ci dormiva la notte. Sognava la loro crescita e tanti tornei, puntando ad allestire gli assoluti in Lombardia. Ci sarebbe riuscita sicuramente. Il destino le ha tirato un brutto scherzo. Troppo presto, visto che aveva solo 66 anni e molti progetti nel cassetto della scrivania in comitato, dove trascorreva molte ore, ricevendo, scrivendo e discutendo. In apparenza sembrava non avere dubbi, nella sostanza soffriva e non poco quando venivano meno gli impegni auspicati.

Carolina, la segretaria, le è stata accanto fino all’ultimo: “E’ successo tutto all’improvviso. Alcuni giorni prima era stata ricoverata in via precauzionale per insufficienza respiratoria. Si era ripresa al punto che mi chiamò per portare avanti il lavoro anche in ospedale. Mercoledì pomeriggio mi mandò a spedire i pagamenti degli arbitri. “Altrimenti – commentò – dicono che sono sempre gli ultimi”. Quando torno, incrocio la figlia Chiara molto preoccupata, dicendomi che è stata riscontrata un’embolia polmonare. Alle 6.20 del mattino di giovedi 14 luglio, Luisella aveva chiuso gli occhi per sempre. Quanto mi manca. Per me è stata più di un presidente, una mamma che mi ha insegnato tante cose utili. Era una lavoratrice infaticabile. Portava avanti le pratiche del comitato ovunque. Non aveva orari, per lei era sempre il momento buono per lavorare. Sotto la sua presidenza la Lombardia ha superato le 100 palestre, un primato storico”. Corrado Perrulli, vice presidente che l’ha sostituita nell’incarico, in attesa delle nuove elezioni nel 2017, ha parole di sincero cordoglio. “Ha dato una svolta al Comitato, sempre presente, creandosi uno spazio a tempo pieno. Il comitato era la sua vita e l’ha fatto crescere senza danni, semmai riguadagnando spazi, perduti in precedenza. Era la sua vita, emanava una forza propulsiva impressionante, premiata dai risultati. Contava anche a livello nazionale, le sue relazioni e i suoi pareri avevano peso. Una perdita imprevista e dolorosa. Mi mancheranno le belle discussioni che si facevano, utili a far crescere il movimento”. Insegnava ai più giovani, ma sapeva anche crescere nel nuovo ruolo. “Col tempo ho imparato a contare fino a 10 prima di rispondere, ma spesso fac-

25

cio fatica. Mi aiuta la memoria, una delle mie armi. In apparenza sembro tergiversare, in realtà la decisione la prendo quasi sempre di primo acchito, poi la perfeziono, senza cambiarla”. Aveva amici e avversari. Come capita spesso a chi ha la responsabilità di un comitato importante come quello lombardo. Le battaglie erano una costante a significare che operava, per alcuni bene, per altri controcorrente. Buona tessitrice, correva voce che in un futuro prossimo un ruolo da consigliera nazionale, poteva diventare realtà. Entrando sull’argomento, estraeva dalla capace borsa il pacchetto e accendeva l’ennesima sigaretta. In quel filo di fumo, forse c’era la risposta. Quando si trovava a Roma, i consiglieri la chiamavano ‘la longobarda” e lei andava fiera della definizione. Sapeva sorridere, aveva il senso dell’ironia e della misura, salvo qualche scatto quando trovava ostacoli insuperabili. Difendeva i progetti lombardi in sede nazionale con la tenacia tipicamente femminile. Alle riunioni non stava mai seduta, sempre in movimento. Salutava atleti e insegnanti, prendeva appunti, dialogava con tutti. Non si faceva scrupolo a dichiararsi tifosa dei suoi ragazzi lombardi. Nel 2014 a Gallipoli nelle Puglie, aveva realizzato col supermassimo Alessio Spahiu, costruito dalla Bergamo Boxe della famiglia Bugada, il sogno di riportare in Lombardia un campione italiano assoluto. Un primo passo, non certo l’ultimo. Purtroppo il destino crudele non gli ha permesso di realizzare il seguito del suo progetto. Ciao Luisella. ...............


X

RING

SPORT CLUB VIRTUS DI LA SPEZIA

Non solo storia, ma anche tradizione Nella società nacquero f ior f iore di campioni. di MARCO CALLAI ph FPI

26


X

RING

SPORT CLUB VIRTUS.

Un’istituzione dello sport ligure, un polo storico di sviluppo per tanti pugili. Gli anni della Polisportiva sono 110, la nascita ufficiale del pugilato spezzino risale, invece, al 21 luglio 2013. I pionieri sono Capponi, Roni, Rabagliati, Cappellazzi, Dovicchi, Degl’Innocenti. I massimi risultati agonistici arrivano sotto la presidenza dell’imprenditore Antonio Cortesia. Le pagine più avvincenti di una storia

affascinante e di lungo respiro sono quelle dei match di Bruno Visintin con Duilio Loi agli Europei Pesi Leggeri 1954, del bronzo di Giorgio Bambini a Città del Messico 1968, della sua sfida con George Foreman e della sua esibizione con Mohamed Alì a Genova nel 1973. Alberto Serti è campione d’Europa tra i professionisti e poi, assieme a Tito Rodinetti, uno degli storici tecnici della Virtus. Il teatro Monteverdi, tradizionale sede degli eventi, “a tappo” per l’esibizione di Primo Carnera. Marco Valdettaro, oggi tecnico del settore boxe, ci apre le porte dello Sport Club Virtus e ricorda subito l’esempio di Visintin. “Un grande stimolo per i giovani: sino a quando la malattia non glielo ha impedito è sempre stato presente in palestra, dispensando consigli e “meraviglie” tecni-

che, eseguendo anche repertori di estrema difficoltà con la naturalezza che solo lui poteva permettersi”. L’amicizia con Loi. “Per ammissione della figlia del pugile triestino, lo stesso Duilio disse che il loro primo incontro era stato vinto da Bruno. I due divennero grandi amici”. Alla Spezia la boxe sta risalendo la china con fatica e notevole impegno. “Indubbiamente, un tempo, c’era maggiore attenzione: i più anziani ricordano ancora la gloria pugilistica del passato e stanno tornando piano piano ad assistere alle nostre manifestazioni. Stiamo ricostruendo la nostra immagine dopo un recente passato difficile, dovuto a vicissitudini sociali e allo scarso interesse delle istituzioni”. Per oltre quarant’anni, sino al 2013, la sede della Virtus era ubicata presso il palazzetto Coni in località Limone della Spezia, uno dei quattro costruiti in Italia espressamente per il pugilato. “Gloriosa sede di allenamento e di combattimenti, con il ring fisso e le ampie sale che consentivano di organizzare all’interno le manifesta-

zioni pugilistiche” ricorda, con un filo di nostalgia, Valdettaro. Poi la vendita della struttura allo Spezia Calcio con la conseguente demolizione per la costruzione di un nuovo campo da calcio. “Ci siamo trovati per strada, senza aiuto da parte di nessuno. L’ultima riunione pugilistica l’abbiamo disputata all’interno di palazzetto ormai in disarmo e semidismesso. Abbiamo perso quasi tutti i nostri tesserati ma dal 2014 è iniziata una ristrutturazione societaria, con nuovi dirigenti e tecnici e una nuova sede, a Ceparana, dove siamo ospitati presso Dimensione Fitness, una ASD già esistente”. Oggi il presidente è Antonello Canonici, supportato dal vice Alessandro Andellini. Gli insegnanti, assieme a Valdettaro, sono Marco Giannarelli e Alberto Gottardo ed il settore

27

giovanile viene curato da Michela Sisti. “Lo stimolo ad andare avanti, nonostante le difficoltà, deriva dall’assoluta necessità di non disperdere un patrimonio sportivo e culturale probabilmente unico in Italia – spiega Canonici – C’è la consapevolezza della responsabilità di indossare i colori biancocelesti”. Fitta è l’attività della Virtus. “Nel 2015 abbiamo organizzato quattro riunioni di boxe ed a maggio 2016 abbiamo celebrato i 110 anni di vita della nostra Polisportiva. Ricorrente, inoltre, è il Memorial Visintin e la riunione natalizia che da quest’anno intendiamo dedicato allo storico presidente Antonio Cortesia”. I giovani al centro dell’attenzione, assieme anche alle numerose ragazze tesserate, due con buona esperienza agonistica ed altre in procinto di fare il loro esordio. “Ci sono giovani promettenti ma la strada è lunga…” procede Canonici mentre Valdettaro riassume una parte importante del lavoro dello staff tecnico. “Durante i nostri allenamenti ci concentriamo sull’esame video dei match di campioni e non solo, in modo che ragazzi e ragazze possano vedere applicate al meglio le tecniche loro insegnate”. Virtus in tre parole? Per Valdettaro, “onore, per indossare i colori che sono stati portati da campioni di ogni tempo, responsabilità, per ciò che questo comporta, orgoglio, nel continuare una nobile tradizione nonostante i pochi mezzi”.L’ascesa dello Sport Club Virtus, in queste ultime tre stagioni, è nei numeri. Dal posto numero 513 (2013), maturato con soli 44 punti in classifica, al numero 179 (2015). Secondi in Liguria con 428 punti, punteggio già superato a fine maggio 2016. In apertura Giorgio Bambini; a seguire Bruno Visentin; Giorgio Bambini con Giulio Rinaldi; Bruno Visentin con l’Ing. Podestà; il gruppo dei nuovi atleti.


X

RING

SPLENDIDA TERNA AZZURRA A ZAGABRIA

Europei Schoolboy

Oro a Genovese (50 kg), argento a Micheli (59 kg) e bronzo a Dovizioso (43 kg).

L

di GIULIANO ORLANDO ph MARCELLO GIULIETTI

a storia europea degli schoolboy - dai 13 fino al compimento dei 14 anni, dopo si passa negli junior - nasce nel 2003 a Roma. Si combatte sui 3 round di 1’30”, il resto del regolamento è identico alle altre categorie. Nell’ultima edizione svoltasi a Zagabria in Croazia, la pattuglia azzurra guidata da Giulio Coletta, un tecnico dalla lunga navigazione, al quale

notte. Il giorno dopo abbiamo iniziato la riscossa con Salerno (48), Genovese (50), Recupero (56) e Micheli (59), proseguendo con Dovizioso (43). Poco fortunato Filippi (54) che ha trovato il locale Hlaca, vincitore dell’oro, sia pure con verdetti molto casalinghi. Come pure Casiraro (52) che di fronte al polacco Dordzik non aveva perduto. Gli europei schoolboy crescono ogni anno e stanno toccando livelli

la FI ha assegnato dal 2012 il non facile compito di far crescere tutto il settore giovanile, può a giusta ragione essere pienamente soddisfatta. “Il bilancio migliore in assoluto – conferma – con l’oro di Genovese, l’argento di Micheli e il bronzo di Dovizioso. Eravamo partiti con fondate speranze, ma dopo l’inizio disastroso con l’uscita immediata di Buonciro (38,5), Guastella (40), Dell’Albani (41,5), Ferraro (44,5) e Baldassi (46) c’è stato un attimo di buio, per fortuna durato una

tecnici incredibili. Purtroppo il nostro gap è la scarsa attività sia interna che internazionale, oltre al fatto che molte altre nazioni iniziano a far combattere i giovani addirittura a 10 anni. Oltre ai russi che sembrano ventenni, ci sono ucraini, moldavi, bulgari e romeni che si presentano con più di 50 incontri, alcuni vicino ai 70-80. L’ucraino Laguta, che ha vinto il titolo nei 38,5, nel libretto segnava 90 incontri, contro i sei di Buonciro. Lo stesso per inglesi e irlandesi, che hanno investito

28

da anni sulle categorie giovanili, la rampa di lancio per il movimento futuro. Per fare un esempio, nella prima edizione 2003, hanno vinto il titolo Amir Khan e i fratelli turchi Sipal, mentre un certo Frampton irlandese, oggi campione del mondo professionista, si fermava al bronzo come l’inglese Campbell, oro a Londra. Cito

questi nomi, ma lungo le varie edizioni se ne trovano moltissimi”. L’Italia nonostante le oggettive difficoltà sta crescendo negli ultimi anni. “Verissimo ed è un bel segnale. Siamo stati assenti per ben sei anni, dal 2007 al 2012. Gli altri crescevano e noi fermi al palo. Quando nel 2012 ho iniziato, le società sono state straordinarie nella


X

RING

collaborazione. Debbo a loro, ai maestri e ai presidenti, se oggi possiamo essere rientrati tra le nazioni con ambizioni di medaglie. Va dato atto alla federazione di aver capito l’importanza del settore e avermi messo nella condizione di fare stage e allenamenti ad Assisi, un centro meraviglioso, ma se non ci fossero i maestri delle palestre che mi consegnano questi giovani con buone basi, non sarebbe possibile crescere e confrontarsi con nazioni che ci sovrastano in tutto. La Russia di muove da una base di 100.000 bambini di 10 anni, noi siamo dei nani. Eppure presentiamo un Genovese capace di battere il russo Bobkov, indicato favorito. Il grossetano è un talento naturale, dalla boxe istintiva e imprevedibile. Ha carattere e non teme nessuno. Il russo non ci ha capito niente. Va dato atto alla sua società, la

Fight Gym di Grosseto del presidente a appassionato Amedeo Raffi e all’intuizione del maestro Raffaele D’Amico di averlo scoperto. Come per Micheli, il gioiello del maestro Silvano Setaro del gym “Palestra Popolare il Quadraro”, che ha bat-

tuto il turco Kuru, l’ungherese Horvath e l’irlandese Irwin che si era permesso il lusso di superare il russo Ageyev. In finale ha lottato alla pari col moldavo Gudzi dal fisico impressionante. Lo stesso discorso vale anche per Dovizioso, il brindisino della Rodio, ottimo tecnicamente, un sinistro quasi perfetto, deve solo migliorare nel fondo, ma il ragazzo c’è, eccome”. Il resto della squadra come si è comportato? “Hanno dato il massimo tutti, nessuno escluso, compatibilmente con la loro possibilità. Il casertano Buonciro (Medaglie d’Oro) ha incrociato subito l’ucraino, il migliore dei 38,5, ma stava lottando con grande orgoglio. Lo stop dell’arbitro è stato immotivato. Guastella (41.5), siciliano della “Eagle” di Avola ha buone basi tecniche, longilineo dal carattere forte, può far bene. Il compagno di palestra Dell’Albani (41.5), classe 2003, ha tenuto contro l’espertissimo inglese O’Donnell, giunto al bronzo, doveva fare esperienza e così è stato. Il siracusano Salerno (48) della Dresda, partito col giusto piglio, battendo il locale Ruic per KO, è stato defraudato della vittoria con l’irlandese Lewsi (2-1). Peccato, perché meritava il podio. Baldassi (46) della Vesuviana di Torre Annunziata (Na) ha margini di miglioramento notevoli, purtroppo ha trovato subito l’inglese Doherty, altro vincitore finale, ma è stato bravo a lottare con intelligenza. Il romano Ferraro (44,5) della Sperandio ha dato il massimo, ma l’irlandese Quinn era troppo esperto e veloce. Pure Casiraro (52) l’altro siracusano della ASD, ha lottato alla pari col polacco Dordzik, perdendo solo a maggioranza. Il romano Filippi (54) della Bellusci, ha confermato la buona impostazione, deve fare esperienza. Contavo su Recupero (56) della Trinacria di Palermo, partito deciso, ha ceduto all’irlandese Collins d’un soffio. Può fare strada anche negli junior. Solo sette nazioni sono arrivate all’oro e tra queste anche l’Italia. Un traguardo che mancava dal 2003, l’anno della prima edizione. Oggi il nostro medagliere conta su 2 ori, 2 argenti e 8 bronzi su sei partecipazioni, una media di due medaglie a rassegna. Con la ferma intenzione di fare sempre meglio, nonostante la concorrenza qualificata”. Gli europei stanno crescendo ad ogni edizione. Nonostante le assenze di alcune nazioni come l’Azerbajan, la Francia e del Nord Europa, impegnate sul fronte olimpi-

29

co, si sono presentati 27 paesi e 235 atleti. Eppure non ci sono i mondiali. Perché? “Domanda legittima, anche se l’AIBA riconosce la categoria, al momento è l’EUBC ad allestire l’attività e mi pare operi molto bene, come dimostrano i risultati”. A livello statistico, la Russia ha ospitato ben cinque edizioni (2005, 2009, 2011, 2012, 2015), due l’Ungheria (2004, 2014), una ciascuna Italia (2003), Ucraina (2006), Inghilterra (2007), Serbia (2008), Bulgaria (2010), Irlanda (2013) e Croazia (2016). La Russia risulta la dominatrice assoluta con 137 ori, seguita da Ucraina 28, Irlanda 13, Inghilterra 11, Turchia 10 (6 nella prima edizione), Azerbajan 8, Armenia 5, Ungheria e Moldovia 4, in sei a quota 2 ori: Bielorussia, Georgia, Germania, Israele, Bulgaria e Italia. Un successo per Lettonia, Romania, Danimarca e Croazia. ............... Nella pagina seguente: la nazionale azzurra;. il giudice Italiano Franchi; Vittorio Lai vicepresidente FPI; i tecnici e il portabandiera; qui sotto la locandina della manifestazione

ITALIA BOXING TEAM 38.5 Kg: A. Generoso, Cp - ASD M. D’Oro 40 Kg: S. Guastella, Sc - ASD Eagle 41.5 Kg: S. Dell’albani Sc - ASD Eagle 43 Kg: I. Dovizioso, Pl - ASD Pug. Rodio 46 Kg: M. Baldassi, Cp - ASD Vesuviana 44.5 Kg: M. Ferraro, Lz - ASD E. Sperandio 48 Kg: D. Salerno, Sc - ASD Pug. Dresda 50 Kg: A. Genovese, Ts - ASD F. G. Grosseto 52 Kg: F. Casiraro, Sc - ASD T. Fitness 54 Kg: M. Filippi, Lz - ASD Bellusci Pr. 56 Kg: G. Recupero, Sc - ASD Trinacria B. 59 Kg: G. Micheli, Lz - ASD P. P. Quadraro Staff: Team Leader Sergio Rosa; Tecnico Fed. Giulio Coletta; Tecnico Fed.Gianfranco Rosi; Tecnico Fed. Massimiliano Alota; Physio Marcello Giulietti; Re Carlo Franchi:


X

RING

Ranaldi vs Sinacore una sfida d’altri tempi Ranaldi si conferma campione italiano. Sinacore strenuo avversario.

30


X

RING

di STEFANO BUTTAFUOCO ph RENATA ROMAGNOLI

MACCARESE, 30 LUGLIO 2016

Valerio Ranaldi si è confermato campione italiano dei supermedi sconfiggendo ai punti, per majority decision, Alessandro Sinacore, al termine di un incontro vibrante, che ha lasciato con il fiato sospeso i numerosi appassionati di boxe che hanno seguito il match all’interno dello stabilimento balneare “L’Ancora” a Maccarese. E’ stato definito a ragione da tutti gli addetti ai lavori presenti uno dei più emozionanti, se non il migliore incontro di pugilato a livello italiano del 2016. Entrambi romani, i due contendenti si sono affrontati a viso aperto lasciando in secondo piano tatticismi e verosimili strategie di combattimento preparate in allenamento. L’incontro è stato una vera e propria battaglia conclusasi con i due protagonisti a braccia alzate, ad abbracciarsi, nello stile più autentico e sportivo di quella che ancora ci piace chiamare “noble art”. Ranaldi, seguito all’angolo dai maestri Marco Di Gianfrancesco e Gabriele Venturini, ha vinto di stretta misura, in virtù di una boxe più precisa. Ma va dato atto ad Alessandro Sinacore di essere stato protagonista di un incontro di grande generosità e sacrificio e di aver messo sovente in difficoltà il campione in carica abile a ribattere con lucidità e forza fisica le sue violente azioni di attacco. Due giudici hanno decretato la vittoria di Ranaldi con 3 ed 1 punto di vantaggio (97 a 94, 96 a 95), mentre il terzo ha assegnato un salomonico verdetto di parità (95 a 95). Dettagli importanti ai fini del risultato finale ma che appaiono poco significativi di fronte allo straordinario spettacolo offerto dai due pugili.Grande soddisfazione da

parte di Ranaldi, sceso dal ring con la consapevolezza di essere stato autore di una prestazione maiuscola, resa possibile solo grazie ad una preparazione studiata nei minimi dettagli che gli ha permesso di mantenere per tutto il match un ritmo elevatissimo: “Sapevo che sarebbe stato difficile e così è stato. Il mio avversario è stato bravo a mettermi pressione ed a cercare di non fare esprimere la mia boxe più tecnica. Io ho accettato consapevolmente la bagarre, mi sentivo bene e volevo dimostrare di essere un pugile completo. Sono stato bravo a non perdere mai la testa ed a mantenere una certa pulizia nei colpi. Credo che questo abbia fatto la differenza e credo che questo i giudici hanno voluto premiare. Ma in questo momento di mia personale soddisfazione non posso non complimentarmi con il mio avversario, un osso duro che conoscevo bene e che mi ha impegnato allo spasimo”. A cosa hai pensato quando al termine del match hai visto il tuo sfidante alzare le braccia al cielo in segno di vittoria ? “Credo faccia parte del gioco. Il match era equilibrato ma francamente non sono mai stato in difficoltà. Sinacore è un mancino dal pugno pesante, ma sono riuscito a bloccare le sue iniziative e ripartire sfruttando al meglio le traiettorie interne dei miei colpi, quelle più efficaci”. Era la tua seconda difesa del titolo. Tempo di pensare a qualcosa di più importante ? “Perché no. Credo che farò almeno un’altra difesa, poi in sintonia con il mio manager Davide Buccioni valuteremo opportunità internazionali. Mi sento cresciuto, a livello fisico, tattico e di personalità. Un incontro come quello di ieri sera ti fa acquisire una grande consapevolezza

dei tuoi mezzi e questa è stata la vittoria più importante”. A chi ti senti di dedicare la vittoria ? “Ai miei maestri che mi sono stati dietro per tre mesi rinunciando a tutto. Alle loro famiglie, ai loro amici, al loro tempo libero. Si parla spesso poco di loro, io non voglio fare questo errore di leggerezza. Sia Marco che Gabriele (i suoi due allenatori) sono stati straordinari facendomi salire sul ring in una condizione fisico e mentale ottimale. Senza di questa tutto sarebbe stato più complicato”. Soddifatto della prestazione - anche se chiaramente meno del risultato - Alessandro Sinacore: “Pensavo di aver vinto, penso di aver portato più colpi del mio avversario e di essermi meritato la cintura, ma i giudici evidentemente l’hanno pensata diversamente. Ma va bene così, sono contento di aver contribuito ad uno spettacolo di ottimo livello e di aver dimostrato di poter competere con i migliori”. Pienamente soddisfatto dello spettacolo offerto Davide Buccioni. “Quella di sabato sera è stata una riunione che mi rimarrà nel cuore per le emozioni che mi ha regalato e sono contento del fatto che il main event della serata sia stato trasmesso da Rai Sport. Spesso ci si lamenta del disinteresse delle televisioni nei confronti della boxe. Io credo che viviamo in un paese dove il calcio monopolizza purtroppo fortemente i palinsesti televisivi ma è altresì onesto fare anche un pò di autocritica. Troppo spesso si allestiscono manifestazioni di scarsa qualità all’interno di location inadeguate. Ieri sera non è stato cosi e sono contento che chi ha assistito agli incontri sia potuto tornare a casa felice di come ha speso i propri soldi ”. Nel sottoclou vittorie ai punti per il campione italiano dei supergallo Vittorio Parrinello contro Gheorghe Trandafir, del mediomassimi Adriano Sperandio contro Attila Nagy e dei due superwelter Francesco Lomasto e Mirko Geografo contro rispettivamente Ivans Levickis e Artem Karasev. Scambio tra Sinacore e Ranaldi; un’altra fase del match Ranaldi vs Sinacore; Ranaldi dichiarato vincitore di Sinacore; Mirko Geografo; nuovo successo di Sperandio; Parrinello vincitore di Trandaf ir.

31


X

RING

Edoardo Mazzia Il Segretario per eccellenza della “Pugilistica”.

32


X

RING

di MARCO IMPIGLIA

P

I trascorsi da pugile agonista er parlare di questo personaggio dobbiamo cominciare dal fiume Tevere. E da una vecchia società ancora in vita, tra le prime in assoluto a praticare la “noble art”: la Romana Nuoto. La “boxise”, all’incirca nel 1910, ce la portarono, sul galleggiante della SRN giù a ponte Cavour, tre allampanati sarti irlandesi: Carl, Bill e Jack Plank. Carl era stato campione dell’Australia e dell’Africa del Sud, e fu lui a impiantare la scuola. In quegli anni pre-bellici, diversi altri sodalizi s’interessarono alla nuova disciplina: la Canottieri Aniene, la Tevere Remo, la Rari Nantes, la Ginnastica Roma, la Gioventù Cristiana, la Podistica Lazio, l’Audace. Un colored di Boston, James Rivers, impartiva lezioni a pagamento, mentre un giovane avvocato appartenente alla buona borghesia cittadina, Carlo Volpi, aveva portato nella valigia dall’Inghilterra un manuale, impancandosi subito a boxer e magister. Nell’aprile del 1914, in una sala da ballo piuttosto nota, la Picchetti, rullò un torneo sperimentale. Nella prima categoria, quella dei leggeri fino a 63 kg, vinse un ventiseienne che già s’era messo in mostra come nuotatore. Si chiamava Edoardo Mazzia e, nella SRN, ricopriva l’ufficio di economo. In autunno, però, la boxe fu vietata alla Romana, per cui “Edo” si tesserò come pugile alla Società Ginnastica Giovine Italia. Nel gennaio del 1915 fallì la qualifica ai campionati nazionali della FAI a Sanremo, superato nella selezione centromeridionale dall’anconetano Enrico Coppi, che poi si sarebbe aggiudicato il titolo. La rampa di lancio come arbitro e dirigente. La guerra non spezzò questa liaison così speciale, che era già qualcosa di più d’una infatuazione passeggera. Nel 1919, Mazzia fu tra coloro che riorganizzarono la boxe nella Capitale, precisamente nella grande palestra a via della Consulta vicino al Quirinale. Sezioni di boxe nascevano come funghi nelle polisportive, con maestri come Husson, Byrne, Amati, i fratelli Rea, Tavani, Lefevre, De Santis. Spiccava l’Audace Club Sportivo, che ai primi campionati FPI, a Milano nel 1920, s’impose nettamente. La conquista di tre

“scudetti” (Giunchi, Della Valle, Barbaresi) fu festeggiata alla Romana Nuoto con un banchetto in affaccio sul fiume. Padrone di casa Mazzia, che pure aveva viaggiato a Milano coll’allievo Guido Guidi. Nel 1921 Mazzia partecipò alla prima vera assemblea nazionale federale, iscritto dal novembre del ‘19 in qualità di “arbitro”. Divenne subito uno dei più gettonati referee calcanti i quadrati capitolini. Contemporaneamente, come consigliere federale dirigeva, assieme ai conti Vittorio Ravizza e Carlo Zinsler, un Comitato Centromeridionale collegato sì alla Federazione, ma non ossequiente del tutto, critico verso i milanesi per la loro maniera partigiana di fare le cose. In sostanza, Mazzia fu protagonista nella querelle che significò quasi la spaccatura della ”Pugilistica”, per cui si formarono due leghe nord e sud, e ci fu un momento in cui venne allontanato dalla carica di consigliere. Intanto, aveva inaugurato nel 1923 una rivista in formato giornale, Il Ring, antagonista della milanese La Boxe. E due anni dopo s’era ingegnato a dare alle stampe un Annuario, coll’intento di fornire un panorama dell’attività professionistica che s’andava estendendo a macchia d’olio; libello che comprendeva dati su 220 “boxeur”. I dodici anni da segretario generale in Era Fascista Ma il momento topico fu il biennio 1928-29, allorché, quand’era presidente del Comitato Regionale, lo spostamento a Roma della sede federale e la rivoluzione organizzativa operata da Augusto Turati, n. 2 del Partito Nazionale Fascista, ne favorirono l’ingresso a segretario generale, evento occorso il 20 aprile 1929. A partire dal 31 maggio, Mazzia divenne in sostanza il reggente della FPI, per cui volle subito indire un censimento delle forze a disposizione, calcolate in 109 società affiliate e 2.605 tesserati. La Lombardia aveva il grosso, e furono giusto i milanesi a tentare un ammutinamento nei suoi riguardi, disertando un campionato a Roma. Le accuse di “tirannia” sarebbero state una costante nelle vicende di Mazzia. Ed è vero che la centralizzazione burocratica degli anni Trenta fu opera sua, ma essa fu solo il frutto della prassi fascista, ci sarebbe stata anche con un’altra persona al comando. Mazzia governò con

33

pugno di ferro la FPI nel breve lasso del commissariamento turatiano. Quindi la diresse “alla Mazzarino” nella decennale presidenza di Raffaello Riccardi, fino al 12 gennaio 1940. Tempi felici in cui s’installò negli uffici assegnati alla FPI dentro lo Stadio del PNF con le qualifiche di segretario-tesoriere e capo della Commissione Tecnica. Viaggiò a più riprese in Europa e in Nord America per seguire le trasferte azzurre e presenziare ai congressi internazionali, ricoprendo cariche nell’IBU e nell’AIBA. E, attenzione!, fu il primo segretario a porre sotto contratto un bel numero di impiegati, costituendo il nocciolo dell’apparato oggi esistente a viale Tiziano. Una certa aria di crisi spirante nel comparto professionistico (le sirene d’oltre oceano catturavano i migliori), e il desiderio del figlio prediletto del duce, Bruno Mussolini, di prendere in mano le redini di uno degli sport più pompati dal regime, condussero alla sua rimozione d’emblée. Lo si rimpiazzò coll’amico prediletto del nuovo presidente: il tenente aviatore Domenico Musti de Gennaro. Ma non si trattò d’una punizione perché, a tirare le somme della gestione 1928-1939, vediamo che il comm. Mazzia, insignito nel giugno del 1938 della Stella al Merito Sportivo, ottenne risultati notevoli e fu il promotore di indirizzi decisivi: 1) organizzò la macchina FPI come un’impresa parastatale, sfruttando i fondi stanziati dal CONI e rendendola efficiente e veramente “nazionale”, nel momento in cui riuscì a coinvolgere nella crescita le regioni fino ad allora rimaste a guardare; 2) diede valenza prioritaria all’attività dilettantistica, arrivando al punto di ritardare il passaggio tra i pro agli azzurri buoni per le Olimpiadi; 3) scoprì e ingaggiò il tecnico che avrebbe poi rivoluzionato i metodi d’allenamento, l’americano Steve Klaus. Infine, con Mazzia a dirigere la FPI, l’Italia ebbe un world champion nella categoria più prestigiosa, il mitico Primo Carnera. E ci sono pochi dubbi che il movimento amatoriale fosse il migliore in Europa, secondo nel mondo solo a quello statunitense. Il decennio da mattatore nel secondo dopoguerra Nel 1945, caduto il fascismo grazie all’arrivo delle truppe alleate, Mazzia riordinò


X

RING

le fila del pugilato capitolino. Il ritorno del CONI “riunificato” per mano di Giulio Onesti, e soprattutto la propensione dell’avvocato ex canottiere a mantenere al vertice delle federazioni gli uomini migliori e più competenti in materia di sport, purché non esposti nell’avventura suicida della Repubblica Sociale, gli consentirono di rimettersi in pole position. (Elezione

Di Campello aveva avuto modo d’apprezzare le qualità dirigenziali dell’ex segretario generale, sapeva quanto estese fossero le sue conoscenze negli ambienti internazionali, come fosse bravo nelle strategie. E quando il conte si defilò, nella primavera del ‘47, toccò a Mazzia pilotarne la successione. Nel farlo, si oppose al favorito dai pronostici, il vicepresidente Mario Te-

abilissimo, al limite della prestigiditazione, nell’impedire a inglesi e francesi di frapporre ostacoli al ritorno in cattedra degli ex “nemici italiani”. Già nel maggio del ‘47 guidava, assieme all’allenatore federale Klaus, la spedizione del “Guanto d’Oro” per la sfida dell’Europa agli USA a Chicago, e questo nonostante gli azzurri non si fossero aggiudicati nemmeno un titolo ai

ufficiale a segretario al I° Congresso del 1946 a Lucca). Importante, nel ripescaggio di Mazzia, fu la stima che nutriva per lui il conte Francesco Di Campello, sodale di Onesti e amico intimo del principe Umberto II, chiamato a dirigere la Pugilistica nel caos della “Ricostruzione”. Gia vicepresidente negli anni dell’orbace,

odori, non esattamente un amico, mentre facilitò l’avvento di Bruno Rossi, giovane industriale già fondatore della AP Fiorentina. Questo duo invero straordinario – Mazzia&Rossi, quasi l’etichetta d’un vermouth – funzionò magnificamente nella logica d’un rapido recupero sui fronti nazionale ed estero. Mazzia si dimostrò

campionati continentali di Dublino. Cooptato nell’EBU a dispetto dei suoi trascorsi di segretario nell’IBU nazifascista, acquisì anche la carica di vicepresidente dell’AIBA. Si trattava dei due organismi deputati a governare la boxe nell’Occidente post-bellico. Fu così giudice-arbitro a Londra 1948 e a Helsinki 1952, come lo

34


X

RING

era stato a Los Angeles 1932 e a Berlino 1936. Portò la sfida del “Golden Gloves” nello scenario del Foro Italico, sull’onda del successo (migliore nazione per punteggio totale) conseguito ai Giochi Olimpici londinesi. Sul versante interno, il rilancio registrò numeri in impetuosa salita sia per i dilettanti che per i professionisti: cifre mai raggiunte prima né più dopo. Questo perché i ragazzi proletari volevano fare la boxe sul serio, divenire un giorno campioni osannati e strapagati, a costo di

racina, il pugile del ghetto di Roma, ad espatriare nel 1940 in America per sfuggire alle persecuzioni razziali. (Quindi, nel 1945, Edoardo aveva spedito negli States a Settimio una lettera, chiedendogli di scagionarlo dalle accuse di “ex uomo del regime”). Passione che pure, a volte, l’aveva spinto a tramare intrighi e a rendersi inviso a uomini che condividevano con lui lo stesso potente amore per la causa. La sua fine fu emblematica: colpito da infarto sul tavolo di lavoro nel pomeriggio del

qualsiasi sacrificio personale, per cui riempivano a frotte le palestre, in fila indiana proprio, e il vecchio cavalier Mazzia sapeva come apparecchiare loro la tavola. La morte sul campo Una passione inesausta l’ardeva da dentro. Passione che gli aveva fatto fondare il giornale federale Boxe Ring, vera bibbia pugilistica, affidandolo all’arbitro Piero Pini. Passione e umanità che gli aveva fatto scrivere nel 1927 una biografia di Leone Jacovacci, il mulatto italo-congolese rivale del milanese Mario Bosisio; e che l’aveva indotto ad aiutare Settimio Ter-

primo luglio 1954, mentre stava preparando il congresso estivo dell’AIBA e l’apertura d’una Mostra storica al Palazzo delle Esposizioni. Accompagnato nella sua casa vicino piazza del Popolo dal carissimo amico Enrico Urbinati, l’ex campione europeo dei mosca al quale aveva assicurato un posto in Federazione, morì nella notte del 10. Preoccupandosi solo, nei momenti di lucidità, di sapere come andavano le cose con i programmi, di venire confortato sui suoi progetti per far grande nel mondo il nome del pugilato italiano.

35

In apertura: Un busto in bronzo. Collezione Gianfranco Mazzia; a seguire, in allenamento per i Campionati Romani nell’estate del 1914 sul galleggiante della Società Romana di Nuoto. Archivio Marco Impiglia; Sempre alla Romana Nuoto, festeggia i neo laureati campioni alla rassegna tricolore di Milano: Barbaresi, Giunchi e Della Valle. Secondo da sinistra è il futuro vicepresidente della FPI, conte Francesco di Campello. Lo Sport Illustrato, 25 luglio 1920. Archivio Marco Impiglia; Dirigente accompagnatore a Budapest nell’aprile del 1931. Di f ianco, il trainer Edoardo Garzena. Archivio FPI; Agosto 1948: di ritorno a Roma dai G.O. di Londra. In primo piano le medaglie d’argento

olimpiche Spartaco Bandinelli e Gianni Zuddas. Archivio FPI; New York, primi anni ‘50: Mazzia con alcuni pezzi grossi della boxe professionistica americana. Spiccano Jack Dempsey e “Doc” Jack Kearns, che fu il manager anche di Mickey Walker, Joey Maxim e Archie Moore. Archivio FPI; In posa con Carnera a Roma nel 1933. C’è anche il presidente della Federazione, Raffaello Riccardi. Collezione Gianfranco Mazzia; Olimpiadi di Helsinki 1952: Mazzia discute le strategie col presidente Bruno Rossi e i due tecnici federali Steve Klaus e Natale Rea. Archivio FPI.


X

RING

Io sono Joe Smith 36


X

RING

Joe Smith, il nuovo Re del KO, l’astro nascente dei mediomassimi, lancia la sfida a Kovalev e Stevenson. La sfida tra il campione internazionale dei pesi mediomassimi WBC Andy Fonfara e Joe Smith svoltasi a Chicago (Usa) lo scorso 18 giugno avrebbe dovuto essere una formalità per Fonfara ed aiutarlo a scalare posizioni nella classifica del World Boxing Council. Il polacco combatteva di fronte ai suoi tifosi (molti abitanti di Chicago sono di origine polacca), in una manifestazione organizzata dalla Premier Boxing Champions e trasmessa su scala nazionale dalla rete televisiva NBC. Nel 2014 Fonfara aveva perso ai punti contro il campione del mondo WBC Adonis Stevenson, in Canada. Nel 2015 Fonfara aveva battuto Julio Cesar Chavez Jr. per il vacante titolo internazionale ed aveva difeso la cintura contro Nathan Cleverly. Battere Joe Smith era un ulteriore passo avanti, ma che non preoccupava Fonfara ed i suoi sostenitori accorsi a migliaia all’UIC Pavillon. Purtroppo per loro, avevano fatto i conti senza l’oste. Nel primo round, Fonfara parte all’attacco, ma viene centrato da un gancio destro alla mascella di Smith: Fonfara vola al tappeto, si rialza e Smith lo colpisce con un altro gancio destro alla mascella facendolo barcollare, lo spinge a suon di pugni contro le corde, poi al centro delring ed infine lo chiude all’angolo spedendolo nuovamente al tappeto. Smith non sbaglia un colpo e finisce il lavoro con l’ennesimo gancio destro alla mascella. L’arbitro dichiara il knock out dopo 2 minuti e 32 secondi dall’inizio del primo round. Il presentatore annuncia la vittoria del “bombardiere irlandese, la bestia della costa est” Joe Smith. Nato il 20 settembre 1989 a Long Island (nello stato di New York), alto 183 cm, professionista dall’ottobre 2009, Joe Smith ha sostenuto 23 incontri, vincendone 22 (18 prima del limite) e perdendone 1 nella fase iniziale della

di LUCA DE FRANCO

carriera. Ha combattuto quasi sempre a New York e dintorni, quello contro Fonfara era il suo primo match contro un pugile molto quotato. Per Smith perdere avrebbe significato rimanere un pugile di seconda fascia che viene ingaggiato solo per riempire il programma della manifestazione. Ora che indossa la cintura di campione internazionale WBC, la carriera di Joe Smith dovrebbe decollare. Lo pensa anche il suo promoter, Joe De Guardia, presidente di Star Boxing: “Joe Smith ha il potenziale per battere chiunque, inclusi il campione del mondo WBC Adonis Stevenson e il campione del mondo IBF/WBO Sergey Kovalev. Non lo dico perché ha battuto Fonfara, ne sono convinto da molto tempo. Mi sempre ha dato l’impressione di essere un giovane dal grande cuore, dal pugno pesante e con una notevole forza di volontà. Lo rispettavo anche prima di conoscerlo perché sapevo che per mantenersi lavorava come operaio edile ed io ingaggio solo pugili che sono abituati a lavorare duro. Cercherò di fargli avere gli avversari più importanti nel più breve tempo possibile. Sono sicuro che la sua popolarità aumenterà in modo esponenziale e che diventerà campione del mondo.” Ma Joe Smith si sente pronto per sfidare Stevenson e Kovalev? Ecco la sua risposta: “Certo che mi sento pronto. Conosco bene Adonis Stevenson e Kovalev, li ho visti combattere diverse volte. Sono disposto ad affrontarli entrambi. Ho già detto al mio promoter che salirò sul ring con il primo che accetta di difendere il suo titolo contro di me. Sono sicuro di poter mettere knock out sia Stevenson che Kovalev. Se il mio prossimo match non sarà per il titolo mondiale, difenderò la cintura internazionale WBC.” Quando hai iniziato a praticare la nobile arte? “A tredici anni, mio padre mi ha portato in palestra per farmi stare in un ambiente sano. Quattro mesi dopo ho sostenuto il mio primo incontro dilettantistico , che ho vinto per ko. Questo mi ha dato grande fiducia ed ho proseguito l’attività agonistica. Il 17 aprile 2008 ho vinto l’edizione di New York dei Golden Gloves, fra i novizi, nella categoria delle 178

37

libbre. L’anno seguente sono diventato professionista. “ Quando ti allenavi, avevi degli idoli pugilistici a cui volevi somigliare? “Muhammad Ali, Roy Jones e Mike Tyson. Credo di essere più simile a Tyson.” Finora, chi è stato il tuo avversario più difficile? “Uno dei primi che ho affrontato da professionista. Non ricordo il suo nome, ma ricordo che faceva male e che incassava di tutto. Sono riuscito comunque a metterlo ko.” Ora che hai battuto Fonfara, pensi di dedicarti solo alla boxe o continuerai a lavorare come operaio edile? “Non ho ancora deciso, mi sono preso un periodo di ferie dal lavoro edile. Ho detto al mio promoter che il mio obiettivo è vivere di solo pugilato. Quindi, è necessario ottenere grandi borse per combattere contro i più grandi campioni. Da sette anni lavoro in cantiere e poi, ogni sera, vado in palestra per diverse ore. Per questo, voglio affrontare Stevenson e Kovalev. E li batterò!”


X

RING

A GORIZIA CONFERME E INTERESSANTI NOVITÀ

Torneo Nazionale Maschile Elite Guanto d’Oro d’Italia Il Palabrumatti protagonista per tre giorni.

di TOMMASO GREGORIO CAVALLARO

8 SPETTACOLARI FINALI

hanno chiuso l’edizione 2016 del Torneo Naz. maschile Elite Guanto d’Oro d’Italia Trofeo A. Garofalo, che per tre giorni ha fatto del PalaBrumatti di Gorizia il principale Ring della Boxe AOB Tricolore. Folto il pubblico presente per la giornata conclusiva di questo evento, organizzato dala FPI in collaborazione con la ASD Planet Fighters e il CR FPI Friuli. Ai Match, ripresi dalle Troupe di Raisport che li manderà in differita Domenica 24 Luglio ore 20.45, hanno assistito il Presidente FPI, Alberto Brasca, il VicePresidente FPI, Vittorio Lai, il Consigliere Federale Sergio Rosa, Paolo Vidoz, Bronzo Sydney 2000, Il Generale della Forestale Sergio Cossa. Prima dell’inizio degli incontri è stato fatto rispettare un doveroso minuto di raccoglimento per i luttuosi eventi di Nizza e Puglia nonchè

per la scomparsa del Presidente CR FPI Lombardia Luisella Colombi. RISULTATI FINALI Nella Finalissima 52 kg Federico Serra (Boxing Club Mura - SD) ha battuto Gianluca Conselmo (Melluzzo Totip- SC) 3-0. Per Serra si tratta del terzo alloro consecutivo dopo il Guanto 2015 e l’Oro ai campionati Italiani Assoluti 2015. Tutti trofei vinti a danno proprio del boxer siciliano della Melluzzo. Primo alloro da Elite per il 56 Kg Giuseppe Canonico (Eagle Boxe - SC) che nella finalissima di categoria si è imposto sul campano Vincenzo La Femina (Thunder - CP) per 2-1. Stesso discorso per il 60 Kg Francesco Maietta (CS Esercito - LZ) che, superando l’abruzzese Mattia Di Tonto (Pug. Diodato Chieti - AB) 3-0, si mette al collo il primo alloro “Italiano” da pugile Elite (Maietta aveva già sperimentato l’ebbrezza di una medaglia da elite in quel di Samokov dove nell’agosto scorso conquistò un bronzo agli Europei, ndr). L’oro 60 Kg agli Assoluti 2015, Paolo Di Lernia (Excelsior Boxe - CP), si conferma anche nei 64 Kg sconfiggendo Francesco Sarchioto (Imperium Boxe - LZ) e regalan-

38

dosi il primo Guanto d’Oro della carriera. Bello e meritato successo per il romano Mirko Natalizi (Il Gladiatore Boxe Academy - LZ) nei 69 Kg, che ha battuto in finale per TKO al 1° round il lombardo Simone Mattia Brusa (APOT - LB). Anche per lui questo è il primo trofeo da Elite. Derby romano nella finalissima 75 Kg; ad aggiudicarselo è stato Giovanni Sarchioto (CS Esercito - LZ), impostosi per 2-1 sul Guanto d’Oro 2015 Francesco Faraoni (Phoenix Gym - LZ). Primo Guanto d’Oro per il pugilatore dell’Esercito. Grande prestazione e vittoria negli 81 Kg per Riccardo Valentino (Excelsior Boxe - CP), che ha avuto la meglio per 3-0 sul marchigiano (ASD Olympia - MC). Valentino si è così regalato il primo successo da Elite. Il Toscano Davide Brito (Boxe Nicchi Arezzo - TS) ha fatto suo il Guanto nei 91 Kg, vincendo per 2-0 il contest final ai danni del pugliese Filippo Spinelli (Pug. Francavillese - AB). Tutti i match sono stati trasmessi in diretta Streaming sul Canale Youtube Ufficiale dela FPI FPIOfficialChannel e su www.livefpi.it, disponibili alla visione.

...............


X

RING

In apertura uno dei match disputati, la condandina dell’evento, a seguire i Kg. 64 Di Lernia e Sarchioto F.; Kg. 52 Serra e Conselmo; Kg. 56 Canonico e La Femina; Kg. 69 Natalizi e Brusa; Kg. 75 Sarchioto G. e Faraoni F.; Kg. 60 Maietta e Di Tonto; Il Presidente FPI e la Società organizzatrice; Kg. 91 Brito e Spinelli; Kg. 81 Valentino e Seghetti; gli arbitri, seduti davanti ci sono i membri del CESAG e Brasca. In ordine: S. Sapuppo, A. Brasca, M. Barrovecchio, E. Apa.

39


X

RING

100 ANNI DELLA BOXE IN LIGURIA

Guanto d’Oro Femminile e Nazionale Maschile, i protagonisti Torna la Boxe a Sanremo.

di TOMMASO GREGORIO CAVALLARO

A SANREMO TRA IL 23 E IL 26

giugno ha avuto luogo una quattro giorni di grande boxe, che ha fatto della città dei fiori la Capitale della Noble Art Tricolore. Dopo il Dual Match Elite Maschile tra Italia e Francia, vinto dalla nostra compagine per 5-4, ha avuto luogo la fase finale del Guanto

d’Oro Femminile 2016 Trofeo E. Barigelli. L’evento, indetto dalla FPI e organizzato dalla Sanremo Boxe, ha visto la partecipazione di 57 boxer, che hanno dato vita forse alla migliore delle 4 edizioni di questa competizione, la cui prima si svolse in quel di Roseto degli Abruzzi nel 2013. Folto il pubblico presente alle finalissime del 26 giungo, cui hanno presenziato anche il Presidente FPI, Alberto Brasca, l’Assessore al turismo del Comune di Sanremo, Daniela Cassina, il Consigliere Federale, Sergio Rosa, il Presidente del CR FPI Liguria, Mauro Tiraoro, e il Responsabile Tecnico delle Nazionali Femmini-

li di Pugilato, Emanuele Renzini. Gli spettatori presenti sono stati deliziati dalle gesta delle 18 boxer, che si sono date sportivamente battaglia per i nove Guanti d’Oro in palio. Da segnalare il premio consegnato da Alberto Brasca, Presidente FPI, a Riccardo Zunino, Presidente Sanremo Boxe per l’ottimo lavoro organizzativo. LE FINALI Per quanto attiene la parte meramente sportive, la prima finale ad avere luogo è stata quella dei 48 kg, nella quale Stephanie Silva (Body Fight Liberati - LZ) ha battuto Roberta Bonatti (Salus et Virtus - EM) per 2-1, chiudendo una

40

splendida tripletta: Guanto 2015, Assoluti 2015 e Guanto 2016. Exploit nei 51 Kg da parte di Giorgia Mascetti (Suat Boxe - LB), che, imponendosi su Clarissa Oddi (Phoenix Gym LZ) per 2-0, si è guadagnata l’oro e le attenzioni del Responsabile Tecnico delle nazionali femminili Renzini, che l’ha subito convocata in Azzurro. La piemontese, Arianna Giulia De Laurenti (Boxe Canavesana - PM), ha superato nel contest finale 54 kg la laziale Maria Cecchi (Pug. Volsca - LZ) 3-0, bissando il recente successo ai Campionati Nazionali Universitari di Reggio Emilia. Il derby romano della Finale 57 Kg tra Francesca Pietrolungo (Talenti Boxe LZ) e Roberta Mostarda (New Boxe - LZ) ha visto imporsi quest’ultima per 2-1. Nei 60 Kg il massimo gradino del podio è stato calcato da Linda Righini (Fearless Boxing Team - FVG), vittoriosa per 2-1 su Irene Spagnoli (Acc. Pugilistica Livornese - TS) 2-1


X

RING

Conferma nei 64 Kg da parte di Nunzia Patti (Forestale - CP), che dalla prima edizione continua a vincere l’oro in questa competizione. Stavolta a farne le spese è stata Federica Incognito (Sport Club Caltagirone - SC) superata per 2-0. Match molto combattuto e incerto nei 69 Kg. Ad aggiudicarselo è stata Carmela Donniacuo (Real San Felice- CP) Oro anche agli Assoluti del 2015 – impostasi per 2-1 sulla pugliese Cristina Mazzotta (Pug. Rodio - PL) Vittoria per Assunta Canfora (Leone Fazio CP) nei 75 Kg per 3-0 sull’emiliana Claudia Salerno (Boxe Tricolore - EM). Emilia che si è rifatta nei +81 Kg grazie alla Vittoria di Giada Epifani (Boxe Tricolore EM) per 3-0 su Chiara Giacomini (Sport Village Santa Monica - VE) 3-0.

...............

41

In apertura, la londandina dell’evento, a seguire, 48kg Stephanie Silva e Roberta Bonatti; da sx Alberto Brasca, presidente FPI, Riccardo Zunino, presidente Boxe Sanremo e Mauro Tiraoro, presidente Comitato Ligure; 51kg Giorgia Mascetti e Clarissa Bocci; 57kg Roberta Mostarda e Francesca Pietrolungo; 75kg Assunta Canfora e Claudia Salerno; 60kg Linda Righini e Irene Spagnoli; 64kg Nunzia Patti e Federica Incognito; 81+kg Giada Epifani e Chiara Giacomini; 69kg Carmela Donniacuo e Carmela Mazzotta; 54kg Arianna Delaurenti e Maria Cecchi; gli arbitri e il Presidente FPI Alberto Brasca.


X

RING

L’AIBA VERSO TOKYO 2020...

Il punto del Presidente Franco Falcinelli su provvedimenti e novità post Rio di MICHELA PELLEGRINI

G

iochi Olimpici ancora in corso, precisamente il 18 agosto, l’AIBA ha diffuso un comunicato stampa relativo alle decisioni prese sulla questione “arbitri-giudici”, che ha riempito le pagine di giornali a pochi giorni dalla chiusura del Torneo. L’ente mondiale, come riportato nel documento, non si è sottratta alle proprie responsabilità, al fine di continuare ad assicurare un regolare svolgimento della competizio-

ne. Sono stati così rimossi alcuni arbitri-giudici dai Giochi di Rio, nessuna modifica però ai giudizi. L’organo di governo ha rivisto tutti gli incontri disputati, dichiarando di aver trovato che “meno di una manciata” non erano al livello previsto. Con effetto immediato il Direttore Esecutivo Karim Bouzidi è stato riassegnato ad un nuovo incarico all’interno dell’organizzazione e le responsabilità operative sono dunque passate in mano al Vice Presidente

42

AIBA Franco Falcinelli, Presidente EUBC e Presidente Onorario della FPI, che ci ha illustrato provvedimenti e novità introdotti dall’AIBA dopo i XXXI Giochi e verso Tokyo 2020. Presidente, qual è stato il bilancio post Rio da parte dell’AIBA e quali disposizioni sono state prese? Subito dopo i Giochi Olimpici di Rio, il Presidente dell’AIBA dr. C.K. WU ha convocato l’Executive Board dell’AIBA - Osvaldo Bisbal, il sottoscritto e Ted


X

RING

Tunner- più alcuni Presidenti di Commissione -Ray Silvas, Tom Virgets - a Losanna per affrontare alcuni importanti aspetti legati alla 31ma Olimpiade e per orientare sin d’ora il futuro ciclo olimpico dal punto di vista tecnico ed organizzativo. I principali argomenti posti sotto osservazione del Bureau dell’AIBA hanno riguardato gli Arbitri-Giudici; le scoring system; il ruolo del “Cutman”; il ruolo del Direttore Esecutivo; il rigoroso rispetto dell’Anti Doping; il ruolo delle Commissioni Mondiali; il Pugilato ai Giochi di Tokio 2020. Per quanto concerne il primo argomento sono state assunte due determinazioni. La prima: la commissione AA/GG sarà la sola a determinare la selezione di coloro che saranno chiamati a partecipare ai grandi eventi internazionali ed i Giochi Olimpici. La scelta avverrà su una rosa molto ampia dei migliori 200 Arbitri/Giudici dei 5 Continenti con approvazione finale

dirigenziali dei vari Dipartimenti. Sarà direttamente responsabile del “personale”, dovrà condurre e facilitare tutte le iniziative delle varie Commissioni e sovrintendere al buon esito degli accordi stipulati con i partners dell’AIBA, comprese le attività delle Confederazioni Continentali. Sull’Antidoping, dopo aver ribadito che il nostro è uno sport “pulito”, l’AIBA Bureau ha raccomandato alla Commissione Medica AIBA di verificare attentamente tutti gli eventi internazionali svolti sotto l’egida dell’AIBA e delle Confederazioni Continentali al fine di attuare tutte le direttive impartite dalla WADA ed inoltre confidare sui test a sorpresa che i Comitati Olimpici predispongono nei confronti degli atleti di livello internazionale. Le Commissioni dell’AIBA avranno un ruolo fondamentale di studio e di proposta nei vari settori di competenza. Quindi il Comitato Esecutivo esaminerà solo le proposte

professionisti top ranking di 10 categorie e 6 round x 3’); 40 posti alle donne (8 pugili in cinque categorie e 3 round x 3’); 6 posti per il Paese ospitante. Si tratta di proporre al CIO una variazione in termini di durata della competizione. Come il nuoto, l’atletica leggera, la canoa e altre discipline sportive che assegnano medaglie olimpiche e titoli mondiali su competizioni che hanno lo stesso contenuto tecnico, ma differenti distanze di gara. Il presidente WU l’ha ritenuta interessante e sarà sottoposta alla Commissione Tecnica e quindi al prossimo Comitato Esecutivo. L’intervento del “Cutman” a Rio ha messo in evidenza un inconveniente assai grave. In certi casi l’interruzione del combattimento per 60-120 secondi ha cambiato decisamente il decorso del combattimento. La mia proposta di utilizzare il Cutman come terzo componente dell’ “angolo” e consentire l’intervento sul pugile ferito solo nel minuto di inter-

“...finalmente si tornerà al verdetto dei cinque giudici di bordo ring. Il computer non potrà più selezionare, a caso, tre su cinque dei risultati; il risultato finale sarà quello formulato dai 5 giudici...” del Presidente WU. La seconda: sono annullate le qualifiche “5 Stelle” ed il conseguente salario attribuito. Tutti gli AA/GG saranno qualificati 1.2.3 Stelle. Gli Arbitri/Giudici in attività non potranno essere docenti a nessun Corso di formazione o di aggiornamento e non potranno più svolgere funzioni di valutazione dei propri colleghi durante le competizioni. Finalmente si tornerà al verdetto dei cinque giudici di bordo ring. Il computer non potrà più selezionare, a caso, tre su cinque dei risultati; il risultato finale sarà quello formulato dai 5 giudici. Non ci saranno più i 2-1 che qualche volta hanno assegnato la vittoria al pugile che aveva ottenuto un 3 a 2 a suo sfavore. Il ruolo ed il potere del Direttore Esecutivo sarà ampiamente ridimensionato. Egli dovrà dirigere l’attività operativa dell’AIBA seguendo le direttive del Presidente e di coloro che avranno responsabilità

ed i suggerimenti proposti dai rispettivi Presidenti. Questo dimostra che il governo dell’AIBA è consapevole della conoscenza e della cultura sportiva dei membri che compongono le varie Commissioni e intende valorizzarne le esperienze e la capacità progettuale. Ultimo e fondamentale punto: le novità introdotte per Tokyo 2020. Quali ed in che modalità verranno attuate? A Tokio 2020 il Presidente WU ha annunciato il suo massimo impegno nei confronti del CIO per ottenere l’ingresso di almeno 5 categorie femminili. Durante la lunga discussione che si è sviluppata su questo argomento ho formulato la seguente proposta. Dobbiamo chiedere al CIO di rivedere il format della competizione olimpica. L’AIBA si impegna a mantenere il numero di 286 atleti cosi ripartiti: 160 posti AOB (16 per categoria e 3 round x 3’); 80 posti APB/WSB ( 8 pugili

43

vallo, ha riscosso ampia condivisione. Si riaffida al medico di bordo ring la facoltà di sospendere il match per ferita. In un Torneo di Pugilato solo il medico può determinare se l’atleta può concludere l’incontro, ma soprattutto se potrà continuare il Torneo. I WO per ferita danneggiano il vincitore e lo sconfitto. Si sono affrontati tanti altri argomenti, ma il Presidente WU si è soffermato sulla ferma determinazione di tutelare l’integrità, la trasparenza e l’etica della nostra Federazione Internazionale e del pugilato olimpico. L’AIBA non è corrotta !!! Tutti coloro che tenteranno di agire contro le regole tecniche e morali che guidano lo sport olimpico e AIBA saranno duramente sanzionati dalla Commissione Disciplinare. ...............


X

RING

ANGOLO ROSSO

Assunta Canfora Una napoletana con la boxe nelle vene.

di ALFREDO BRUNO ph VEZIO ROMANO

ASSUNTA CANFORA,

24 anni, ha raggiunto il settimo cielo con la chiamata di questi giorni in Nazionale. La ciliegia sulla torta dopo una breve e significativa carriera (+ 12, = 1, -1) che l’ha vista nel giro di due anni sotto la sapiente guida di Rosario Colucci, maestro della Boxe Leone Fazio, bruciare le tappe con le vittorie al Torneo Italia e al Guanto d’Oro, sconfitta solo nella finale degli Assoluti da Gelsomina Morano in un derby campano infuocato. Come hai iniziato? “Ho iniziato pugilato per dimagrire e per seguire mio fratello, anche se non è mai stato agonista per motivi di lavoro. Ricordo che addirittura avevo vergogna perchè credevo fosse uno sport troppo maschile, non conoscevo nulla del pugilato”. Cosa è successo dopo ? “Giá dopo pochi allenamenti capii che forse era quello lo sport che desideravo fare, nonostante da piccola mia madre mi avesse fatto praticare quasi tutti gli sport possibili e immaginabili, ma con scarsi risultati, perchè ero una pigrona. Mi appassionavo sempre di piú e dopo un anno di duro allenamento cambiai palestra, perchè volevo provare cosa significasse salire sul ring, mi rivolsi al maestro Rosario Colucci della “Leone Fazio”, e fu subito “amore a prima vista”. Ero la prima donna che allenava e il mio coraggio e la mia grinta lo spinsero subito a credere in me”. Cosa fai nella vita? “Lavoro con mio fratello, abbiamo una tipografia nostra e associare gli orari di lavoro con gli allenamenti è stato davvero tragico, ma non mi sono mai arresa”. Cosa pensano della boxe i tuoi familiari, f idanzato, conoscenti? “Il mio fidanzato mi ha sempre spinto a

non mollare mai, lavorando addirittura al mio posto quando era necessario. Mi segue sempre, ovunque vada, qualsiasi match, qualsiasi torneo, qualsiasi collegiale. La mia famiglia anche è fiera, ad ogni vittoria vedo il loro viso pieno di gioia e di orgoglio. Sono i miei primi tifosi. È stata davvero una brutta delusione la sconfitta agli italiani, ma ho imparato tanto da quella, anche se non mi aspettavo di perdere. Infatti abbiamo iniziato subito a lavorare sui punti dove ce n’era bisogno”. Ricordi un momento particolarmente positivo? “Il giorno piú bello da pugile non so. Ce ne sono due: il mio primo match, ricordo quell’ ansia che mi soffocava, mi fece stare in apnea per tutti i 4 round, feci delle cose sul ring che non mi aspettavo, fui davvero soddisfatta. Poi c’è il primo Guanto d’Oro, scegliemmo apposta la categoria superiore data la mia poca esperienza (solo 3 match). Ricordo il giorno della finale, salii le scalette del ring mi guardai intorno e non ci credevo, con 8 mesi di palestra (dal maestro Rosario) ero arrivata già li. Dovevo vincere. Per forza!!” Il giorno più brutto? “Il giorno più brutto, mi sa, proprio ai campionati italiani”. Come ti def inisci caratterialmente e tecnicamente? “Ho un carattere molto forte, anche per i vari problemi di famiglia, forse questa è una delle cose che mi fa andare sempre avanti, sia nel pugilato che nella vita. Non mi abbatto facilmente, ci rimango male si, ma subito mi rimbocco le maniche e mi do da fare”. Cosa chiedi alla boxe? “Alla boxe chiedo solo di continuare a darmi tutte queste emozioni e nuovi traguardi da raggiungere, ovviamente a patto che mi impegni sempre piú”.

44

Hai un modello di donna pugile ? “In realtà non ho un modello preciso di donna pugile, mi affascina in certi casi di piú la boxe maschile. Il mio preferito in assoluto resterà sempre Tyson”.


X

RING

ANGOLO BLU

Carmela Donniacuo Prima donna pugile in Irpinia.

di VEZIO ROMANO ph VEZIO ROMANO

CARMELA DONNIACUO,

nata ad Avellino nel 1990, categoria 64 kg, negli ultimi due anni si è messa notevolmente in luce, raggiungendo prestigiosi traguardi. Nel 2015 ha conquistato la medaglia d’oro ai Campionati Universitari a Salsomaggiore e ancora oro ai Campionati Italiani Assoluti a Roseto degli Abruzzi; nel 2016 oro al Torneo Cintura Montana in Francia e oro al Guanto d’Oro d’Italia a Sanremo. Come hai iniziato a praticare il pugilato? Sinceramente ho iniziato per rompere la monotonia di una noiosa vita di paese, senza emozioni e con pochi interessi. Sono così entrata nella palestra della Pugilistica Cardamone a Montoro. Quando ho iniziato non pensavo a combattere. Poi dopo due anni,

vedendo gli altri agonisti combattere, la passione è aumentata e ho deciso di debuttare. Sono stata la prima donna pugile in Irpinia e in quel contesto non è stato facile. Quale è stata la tua più grande soddisfazione? L’oro al Torneo Cintura Montana in Francia, che credo sia stato più impegnativo dei Campionati Italiani. In finale la mia avversaria Schonoeberger, molto brava tecnicamente, partiva nettamente favorita ma io l’ho attaccata, pressandola per tutte le riprese senza lasciarle alcuno spazio. E la più grande delusione? Il mio terzo match quando mi sono ritrovata a combattere da sola in Lombardia e mi sono sentita a disagio. Dal punto di vista pugilistico, come ti

45

vedi? Sono sempre stata aggressiva, istintiva. Attacco sempre con continuità, non mollo mai: è il mio carattere. Ora in Nazionale, dove mi trovo molto bene, ascolto i preziosi consigli dei maestri Renzini, Caldarella e Tosti e sto così cercando di migliorare dal lato tecnico. Credo di avere buoni margini di miglioramento. Quali progetti hai per il tuo futuro? Tutto è legato alla passione per la boxe. Con mio fratello abbiamo creato l’ASD Real San Felice dove insegna il maestro Giancarlo Sarro. Per quanto riguarda il mio futuro agonistico spero di restare in Nazionale e il mio obbiettivo è di riuscire a qualificarmi per i Giochi Olimpici. Altrimenti penso di passare professionista.


X

RING

XII EDIZIONE A RIPA TEATINA

Premio Marciano a Bundu, Cipollone, Oddo e Rivera Cittadinanza onoraria a Rocky Mattioli e Giuliano Orlando. RIPA TEATINA - Contrassegnato dalla variabilità meteorologica, il Premio Marciano edizione XII, ha ampliato il respiro organizzativo, portando a Ripa Teatina nel chietino, personaggi di grande richiamo, tra i quali il giornalista Alessandro Milan, voce di punta di Radio 24, che ha intervistato Rivera, l’indimenticabile campione, idolo calcistico degli anni ‘60-’70, presentando il libro di grandi dimensioni “Gianni Rivera, ieri,

di GIULIANO ORLANDO Giulio Ciccone, vincitore di una tappa al Giro d’Italia 2016. Il comune di Ripa mi ha assegnato la cittadinanza onoraria, assieme a Rocky Mattioli, iridato medi jr. nel 1977, nativo di Ripa. Riconoscimento di straordinario valore, che ho apprezzato con emozione. Il mio grazie al sindaco Ignazio Rucci, a Roberto Luciani, Mauro Petrucci, Cinzia Marcello che ha tracciato con grande trasporto il mio percorso verso l’amore per Ripa, e a tutti

podio iridato solo da una frattura alla mano destra. Incidente che fa parte del passato, perché Diletta tra i 56 kg. è una vera forza della natura. La campionessa ha ricevuto il premio da Walter Borghino, Vicepresidente Vicario della Federazione, presente alla manifestazione. Che Bundu sia un simpatico naturale è risaputo e il suo pur breve soggiorno a Ripa, ospite al “Il dito e la luna” di Cacciatore Davinisio, lo ha confermato,

oggi” dove racconta in prima persona non solo la straordinaria carriera con foto inedite, ma l’infanzia e il presente, in modo stimolante. Il collega Claudio Arrigoni della Gazzetta dello Sport, ha trattato il tema-problema degli atleti portatori di handicap, mettendo a fuoco difficoltà ma anche i successi di una categoria da non dimenticare mai. Presenti con interessanti relazioni Riccardo Noury, di Amnesty International Italia, gli scrittori John Doe e Luca Leone che firmano per la Infinito Editore. Questo e altro, grazie al lavoro coordinato dalla professoressa Marcello Cinzia con Dario Ricci, a sua volta giornalista di Radio 24, ideatore delle giornate alternative al premio Marciano. Tra i prescelti per il 2016, Massimo Oddo il tecnico abruzzese che ha portato in serie A il Pescara calcio e il giovane e promettente ciclista locale,

gli altri consiglieri che hanno approvato la scelta e soprattutto a Gianluca Palladinetti, coordinatore del Premio, che mi ha “scoperto”, nel 2012 assieme a Marcello Petrucci, allora sindaco, allacciando un feeling che prosegue tutt’ora. La rassegna legata al nome di Rocky Marciano, l’immenso campione dei massimi, non poteva dimenticare i campioni di casa nostra con i guantoni. La scelta di Leo Bundu e Diletta Cipollone ha una valenza importante, perché premia chi l’età l’ha messa alle spalle e continua ad essere protagonista assoluto, ancora sul tetto d’Europa e in grado di puntare nuovamente al soglio iridato e chi per contro, è il caso della pescarese Cipollone di 26 anni, pluricampionessa italiana, gioiello della fucina “Di Giacomo” di Montesilvano, azzurra a tempo pieno, titolare ai mondiali 2016, fermata nella corsa al

dimostrandosi marito e papà affettuoso, sempre disponibile e sorridente. Da non dimenticare la serata agonistica nella località dove troneggiano gli impianti della Cantina vinicola di Ripa, che ha visto incontri tra i gym dell’Abruzzo, ma anche la prima sfida tra la Rocky Marciano di Cinisello Balsamo (Mi) guidata dal maestro Biagio Pierri, lo scopritore di Roberto Cammarelle, che ha presentato tre suoi allievi. Grimaldi e Berberi hanno battuto i chietini D’Angelo e D’Ettore, mentre l’esordiente Garbetta ha ceduto a Catalessi. Questo il 2016, che nella prossima edizione, la tredicesima, annuncia altre novità e un allargamento di iniziative partite dal 2014 e proseguite nel 2015, per assumere carattere di stabilità quest’anno e la volontà di ampliare richiami culturali dove le situazioni contingenti vengono

46


X

RING

messe a fuoco. Un contributo importante, decisivo per il salto di qualità che proietti il Premio dai confini regionali a quelli nazionali e anche oltre. Intervista a Rocky Marciano jr. Dal 2012, il figlio di Rocky Marciano è stato ospite di Ripa Teatina, in concomitanza col Premio nel nome del genitore, unico campione del mondo imbattuto nei massimi, con 49 vittorie su altrettanti incontri. Rocky jr. questa volta è andato alla scoperta non solo dell’Abruzzo, ma pure di Roma e delle Marche. “Davvero fantastica l’Italia, la terra dei miei nonni, che sento sempre più mia. Debbo ringraziare gli organizzatori del premio che si mi hanno dato questa grande opportunità”. Il ritorno non è solo turistico, tra il numero sempre crescente di arrosticini

alla prima e vedendosi sconfitto non nascose la delusione. Famosa la sua battuta: “Per fortuna i produttori erano del Tennessee, dove ho molti amici, fossero stati di New York, finivo ko al primo round”. A distanza di quasi mezzo secolo, il dischetto è ancora in vendita. Non solo, i contatti su You Tube, nonostante manchino i primi match di papà, ricordando che ebbe un avvio di carriera migliore di quello di Tyson, si mantengono altissimi. Nel 2015, oltre i 7 milioni di contatti”. Nonostante questa sconfitta, Alì è ritenuto globalmente il più grande sportivo in assoluto al mondo, non solo nella boxe. Mentre Marciano dopo il ritiro non ha più mantenuto quella popolarità avuta sul ring. “Troppe situazioni e ragioni rendono il confronto improponibile. Mio padre ebbe visibilità limitata, visto che negli anni ’50 la tv muoveva i pri-

importante e la prima ospite era Marylin Monroe. Non certo l’ultima venuta”. Un giudizio sulla boxe americana attuale ? “Non gode più della popolarità del passato avendo rivali come il basket e il football americano che hanno una continuità programmata, trasmesse in televisione gratuitamente. Dove il pugilato si difende benissimo è negli eventi importanti. La sfida tra Mayweather e Pacquiao a Las Vegas è stato l’evento del 2015, superiore ad ogni altra manifestazione. Volevo andare a vederlo ma già un mese prima non c’era un biglietto regolare in vendita. Ho visto il match a Miami in un bar, stretto come un’acciuga, pagando 50 dollari. Il vero pericolo è la MMA, la lotta ad oltranza con calci e pugni e poche regole. Organizzano moltissimo e trovano un pubblico sempre più numeroso. Spero sia solo una moda temporanea. La

e piatti vari prelibati, gustati al “Dito e la luna”, l’albergo ristorante di Davinisio Cacciatore, che lo accoglie ogni volta, le lunghe soste a tavola, producono anche idee. Si sta concretizzando il progetto di aprire un canale di vendita negli USA, con base a Miami dove vive Rocky jr., imperniato sul vino, denominato “Marciano” con l’effige stilizzata del campione, prodotto dalle Cantine di Ripa. Tra una portata e l’altra, sfrutto l’occasione per conoscere la verità sul famoso incontro al computer tra Marciano e Ali, che venne proposto nel 1969, pochi mesi dopo la tragica scomparsa del papà. Fu un successo? “Strepitoso. Gli ideatori mantennero il segreto del risultato fino al giorno della proiezione, confondendo i curiosi, avendo preparato la vittoria di entrambi. Alla fine papà vinse per ko al 12 round. Lo stesso Alì, ignorando il verdetto, andò

mi passi a livello sportivo. Le emittenti trasmettevano l’evento solo in una zona della nazione. Le serate di New York non raggiungevano il Pacifico e quelle di Los Angeles non toccavano l’Atlantico. Detto questo sono d’accordo nel ritenere Muhammad Ali il più grande protagonista dello scorso secolo, non solo nello sport, ma anche nel costume e sul piano politico inteso come uomo di grande valore morale. Facilitato dal pazzesco riscontro mediatico. Ogni sua dichiarazione, ogni gesto, ogni presenza pubblica, facevano il giro del mondo ingigantendone la popolarità. Fosse stato così anche per papà, considerata la spettacolarità dei sui match, vere e proprie battaglie, almeno nella boxe non avrebbe avuto rivali. Non è vero che dopo il ritiro perse popolarità. Nell’anno della sua morte, aveva dato il via ad una trasmissione televisiva

boxe è ben altro”. Da tempo si parla del film su Marciano, cosa c’è di concreto? “Una produzione sconosciuta aveva propalato notizie sul film, ma alle parole non ha fatto seguire i fatti, il film su mio padre sta entrando in dirittura d’arrivo con la regia dei Marcellino e la mia supervisione. Si chiamerà “Marciano 49-0, the blockbuster” e avrà attori di grande rilievo. L’uscita all’inizio del 2018. Alcune scene a Ripa Teatina dove è nato nonno Francesco Marcheggiano, e dove papà ha la sua radice”.

47

............... In apertura: Leonard Bundu e Giuliano Orlando; Walter Borghino, Vicepresidente Vicario FPI, Diletta Cipollone e Rocky Mattioli; Leonard Bundu e Rocky Mattioli; due immagini di Marciano chiamato sul ring.


X

RING

SPENCE JR È UN CAMPIONE, MA PER 6 ROUNDS BUNDU NON È DA MEN

Bundu battuto per Ko Alto gradimento televisivo.

di ALFREDO BRUNO ph DAVID ANDRE WEISS/ RYAN GREEN

NEW YORK, 21 AGOSTO 2016

In altre situazioni sarebbe stato un match da evitare quello che ha visto di fronte Leonard Bundu (+ 33, -2, = 2), 41 anni, contro Errol Spence jr. (+ 21, 18 per ko), 26 anni, al Ford Amphitheater di Coney

Island (New York). Da evitare perchè sulla carta era solo il primo passo per arrivare alla vetta dei welter su cui siede l’inglese Kell Brook, altro pugile imbattuto, anche lui un fuoriclasse nel vero senso della parola. Fare un match del genere per arrivare a Brook sembra una sadica forma di suicidio. Ma se entri dentro i vari risvolti viene facile dire che il match si doveva fare anche col classico senno del poi. Prima di tutto per Bundu sta per suonare la campanella dei 42 anni, non è poca cosa e bisogna quindi prendere o aggrapparsi

a quello che passa il “convento”. Il fiorentino della Sierra Leone oltrettutto ha un record invidiabile, che fa cassetta: una sola sconfitta subita proprio in America da quel Keith Thurman, altro pezzo pregiato della categoria e di tutto il movimento globale. Andare al tappeto al primo round, a freddo, e poi ripren-

guantone di Bundu, che subiva anche una spinta da Spence jr., l’arbitro non contava, segno che anche a lui quel micidiale colpo era sfuggito. Il nostro pugile doveva riprendere subito, sarebbe stato meglio un conteggio, e doveva subire un montante al corpo che lo costringeva ad abbassare la difesa lasciando il volto libero per il suc-

dere pian piano le fila di un match difficilissimo tanto da costringere Thurman a cambiare strategia, trasformandosi in “pedalatore” per non incorrere in guai, ha fatto un certo effetto in chi ha visionato il match. Ed era proprio su questo che l’organizzatore Di Bella ha fatto leva: battere un pugile dall’ottimo record, ma soprattutto fare meglio di quel Thurman, che sembra essere diventato un chiodo fisso. Il match tra Bundu e Spence jr. è stato spaccato a metà da una drammatica sesta ripresa quando un montante sinistro con traiettoria a uncino apparentemente veniva ammortizzato dal

cessivo gancio destro. Un’esecuzione perfetta quanto micidiale: la caduta di Bundu era “senza ritorno”, drammatica, che ci ha tenuto con il fiato sospeso. Il nostro campione rispondeva bene alle domande dei medici, dimostrando una lucidità rassicurante. In mattinata su facebook appariva il suo messaggio indirizzato ai suoi numerosissimi tifosi: “Mi dispiace che è andata a finire così, comunque tanto di cappello a Spence, un vero campione. So che mi avete seguito in tanti e questo significa molto per me. Grazie di cuore a tutti voi. Vi voglio bene amici miei. Grazie ancora. Io comunque sto bene”.

48


X

RING

Non è facile uscire a testa alta dopo un ko. Leo è riuscito in questa impresa: al computer sono stati conteggiati un totale di 137 colpi a segno su 388 per una percentuale del 35% per il vincitore; da parte sua, Bundu è arrivato a segno con 51 dei 201 colpi scagliati per una percentuale di 25 %. Segnale inequivocabile che i due non si sono risparmiati e hanno giocato tutte le carte in loro possesso. Leo aveva studiato con il maestro Boncinelli alcuni filmati del suo avversario. Erano stati scelti per la preparazione alcuni sparring mancini. Si notava che negli ultimi match Spence jr. accorciava la distanza tra piede destro e sinistro cercando lo scontro dalla corta, cosa che apparentemente favoriva il tipo di boxe caro a Bundu. Ma

che sprovveduto. Il match che sembrava incanalato non era per niente scontato, anche se gli esperti avevano paragonato questa sfida, con i dovuti parametri, a quella tra Foreman e Frazier, dove quest’ultimo per il tipo di boxe (corta distanza e movimento di tronco) avrebbe rappresentato l’italiano. “Penso che la mia prestazione sia stata ottima. Ero un po’ in difficoltà nella prima e seconda ripresa, ma poi sono entrato nel ritmo giusto per il resto del match”, dichiara Spence. La critica è benevola nei suoi riguardi fino a un certo punto, ma riconosce che con la sua potenza riesce a risolvere situazioni tutt’altro che facili come si era dimostrato contro Bundu, che per cinque round lo aveva tenuto

purtroppo la differenza era nella potenza, e qui il divario era netto. Difficile trovare uno con le caratteristiche dell’americano, che per certi versi ci ricorda Don Curry, un fenomeno, che venne bruciato in sfide impossibili. C’è anche un particolare, “The Truth” (la verità) fa male anche con il destro, il che rende tutto più difficile per i suoi avversari. Bundu nelle prime riprese cambiava con frequenza guardia per non dare un punto di riferimento. Se la cosa inizialmente infastidiva l’avversario, diventava un arma a doppio taglio quando Leo accettava lo scambio dalla corta, in cui l’americano si dimostrava tutt’altro

sotto pressione. Spence con questo successo è diventato lo sfidante obbligatorio del campione dei welter IBF Kell Brook, ma anche qui la situazione è tutt’altro che limpida, perchè mentre siamo in stampa l’inglese affronterà Gennady Golovkin nella categoria dei medi. Il problema è che al di là di ogni pronostico per Brook sarà molto difficile ritornare tra i welter. Che cosa farà adesso Bundu? Qualsiasi cosa decida al primo posto ci sarà la sua carta d’identità, il fisico risponde, sia pure con enormi sacrifici, benissimo ma l’anagrafe non fa sconti soprattutto dopo 25 anni di boxe. Stranamente adesso negli

49

Stati Uniti ha acquistato molti fans attraverso le sue uniche sconfitte. Deciderà a casa con le idee “snebbiate” dal ko in una piccola “assemblea” composta dalla

moglie Giuliana e dai piccoli Andrè e Frida. Intanto si toglie una piccola soddisfazione: oltre ai 4mila spettatori presenti all’Arena nella catena televisiva della NBC lo hanno seguito per un ora intera 4,6 milioni di utenti con un picco di 6,40 milioni. Un record: considerato che non c’era titolo in palio e in contemporanea c’era la chiusura delle Olimpiadi. Al centro l’incontro con Spence jr; alcuni momenti di Bundu, tra allenamenti e match disputati negli Stati Uniti


X

RING

A VOJVODINA VALANGA DI MEDAGLIE PER GLI AZZURRI

Torneo Internazionale GOLDEN GLOVE Angela Carini tra le migliori pugili del torneo.

di TOMMASO GREGORIO CAVALLARO ph FPI

12 I BOXER AZZURRI YOUTH

RISULTATI AZZURRI

(5 uomini e 7 donne) che hanno preso parte in quel di Vojvodina (Serbia) alla 5° edizione del Trofeo Internazionale Golden Glove. In Totale l’Italia ha conquistato 4 Ori (Carini 64 Kg F, Garofalo 51 Kg F, Marchese 57 Kg F, MoHuiidine +91 Kg M), 1 Argento (LaMagna 54 KgF) e 4 Bronzi (Zuppardo 56 Kg M Scala 81 Kg M, Scarda 64 Kg M, Di Bari 48 Kg F). Angela Carini è stata eletta Miglior Boxer Competizione Femminile.

GOLDENGLOVE 2016 19/07 56 Kg M. Zuppardo vs Matyas 3-0 64 Kg M. Scarda vs Jovanovic SRB 3-0 48 Kg F. Di Bari vs Geogeva BUL 3-0 51 Kg F Garofalo vs Brankovic SRB 3-0 20/07 60 Kg M. Iozia vs Toltayev KAZ 1-2 54 Kg F. Lamagna vs Vorovina UKr 3-0 64 Kg F. Carini vs Stoiko UKR 3-0 69 Kg F. Eusepi vs Yonuzva BUL 0-3 21/07 Semifinali 48 Kg Di Bari vs Salider RUS 1-2 22/07 Semifinali 91 Kg Mouhiidine vs Daurenuly KZ 3-0 81 Kg Scala vs KAZ 1-2 56 Kg Zuppardo vs Makhumt KAZ 1-2 64 Kg Scarda vs Mirkhatuly KAZ 1-2 54 Kg F. LaMagna vs Zekic 1-2 23/07 Finali 51 Kg F

Garofalo vs Rohova UKR 3-0 64 Kg F

Carini vs Yonuza BUL 3-0 57 Kg F

Marchese vs Lundstrom SWE 3-0 60 Kg F

Albini vs Dovha UKR 1-2 91 Kg M

Mohuiidine vs Ulaluny KAZ 3-0

In questa pagina in sensoorario: Lucy Garofalo oro e il maestro Mammana; Daniela Albini argento con Michele Caldarella e Laura Tosti; Michele Caldarella con Angela Carini oro e miglior pugile del Torneo; La nostra Nazionale. Nella pagina seguente: Per la nostra Nazionale un dolce premio dopo la vittoria; Protagonisti e organizzatori della manifestazione.

50


X

RING

VITTORIA NEL DUAL MATCH CON LA FRANCIA

L’Italia alza la Coppa “Memorial Alberto Mura” Manifestazione perfettamente riuscita nel segno dei Mura. di MICHELA PELLEGRINI

Grande successo a Stintino per la seconda tappa del Dual Match Italia vs Francia, “Memorial Alberto Mura”, svoltosi sul suggestivo ring allestito come vuole la tradizione nel Porto Turistico. Dopo il primo confronto di Sanremo, finito con la vittoria della Squadra Azzurra per 6 a 4, l’Italia ha vinto anche la seconda sfida contro la Francia per 6 a 1 ed ha alzato la coppa Alberto Mura, con dedica speciale al grande promoter e maestro di boxe sardo scomparso nel 2012 ed a tutto lo staff organizzativo della Boxing Club Alberto Mura Porto Torres, guidata da Lu-

STINTINO, 26 GIUGNO 2016

Di Fraia, la serata di boxe olimpica è iniziata con i saluti di Luciano Mura, Presidente della Boxing Club Alberto Mura. Prima degli inni, un minuto di silenzio in ricordo di Alberto Mura. Il primo gong è suonato per la categoria dei 49 Kg. che ha visto opposti il francese Jean- François Savarino, guidato dai tecnici Alain Pelay e Stéphane Cottalorda, e l’azzurro esordiente Federico Serra della Boxing Club Aberto Mura, che, dopo la prima riprese di misura, si è imposto progressivamente fino alla vittoria per 3 a 0. Combattutissimo il match dei 75 Kg. tra il francese Clément Hong Sik Kee e l’azzurro Gio-

con tutto lo staff al competo della Boxing Club Alberto Mura, il campioncino Daniele Oggiano ed il campione Salvatore Erittu insieme a Claudio De Zan. La kermesse è ripresa con il quinto incontro, il più atteso per la Sardegna, con l’idolo di casa Manuel Fabrizio Cappai,del GS Fiamme Oro e qualificato a Rio 2016, che nei 52 Kg., con velocità e tattica, ha portato dalla sua il risultato contro un avversario scorbutico, il francese Malik Nahim. Nel sesto match un agguerrito Mirko Carbotti, della Silicella Boxe Academy, nei +91 Kg. dopo il primo match di studio, con grande poten-

ciano, Renato e Giovanni Mura. Sotto la direzione del Responsabile Tecnico delle Nazionali Maschili Raffaele Bergamasco, coadiuvato dal tecnico federale Maurizio Stecca e dal fisioterapista Marcello Giulietti, sono saliti sul quadrato i tre atleti qualificati a Rio, Manuel Cappai (52 Kg), Vincenzo Mangiacapre (69 Kg) e Valentino Manfredonia (81). All’appello purtroppo è mancato il quarto atleta qualificato, Clemente Russo, impossibilitato a partecipare per defezione medica. Per l’occasione i due coaches azzurri hanno schierato anche Federico Serra (49 Kg), Simone Giorgetti (69 Kg), Giovanni Sarchioto (75 Kg), e nuovamente Mirko Carbotti (91+ Kg). Presentata da Angelo

vanni Sarchioto, del CS Esercito, che, dopo un confronto equilibrato, ha avuto la meglio per 2 a 1. Nel terzo match, categoria 69 Kg., non c’è stata storia con il bronzo olimpico di Londra 2012 Vincenzo Mangiacapre, delle GS Fiamme Azzurre e qualificato a Rio 2016, che si è imposto per 3 a 0 sul francese Medi Boufoudi, in un crescendo di tecnica ed esperienza. Il quarto match è stato il primo e l’ultimo vinto dalla Francia con Yanis Mehah che nei 69 Kg. ha battuto per verdetto unanime, 3 a 0, Simone Giorgetti, della Fight Gym Grosseto. Una breve pausa per le premiazioni ha visto protagonisti sul quadrato il Sindaco di Stintino Antonio Diana, oltre a numerose istituzioni e,

za e determinazione, ha trovato il giusto ritmo per contrastare il francese Donald Bordey, richiamato al secondo round. Per l’ultimo e settimo match il tifo si è fatto sentire: sotto i riflettori l’azzurro Valentino Manfredonia, Kg. 81, della Pugilistica De Novellis e anche lui a pochi giorni dalla partenza per Rio, ha battuto per 2 a 1 il francese Kevin Lele Sajo, rifacendosi dell’incontro di Sanremo. La stretta di mano tra i due Team Leader Mr. Alain Ibos e il Pres. del CR Sardegna Franco Pala ha chiudo la serat, organizzata in modo in modo impeccabile da Giovanni Mura. Arbitri: per la Francia Serge Hermosilla e Laurent Zuili e per l’Italia Pier Matteo Venturu e Antonio Marogna.

51


X

RING

A VALENZA PO PER L’ORGANIZZAZIONE DI MARIO LORENI

Randazzo nuovo tricolore dei superleggeri Buono il rientro di Emiliano Marsili.

di GIULIANO ORLANDO ph BARBARA FERRANDO

VALENZA (Al), 23 luglio 2016

Nell’ultracentenaria storia della boxe italiana, Valenza, la cittadina nota per la lavorazione dei brillanti e dell’oro, nell’alessandrino al confine con la Lombardia, non aveva mai ospitato un tricolore. Lo ha fatto per dare a Luciano Randazzo (8-2), 23 anni, il guerriero di Lentini nel siracusano, da anni operativo a Spineto

svantaggio. Che fosse un verdetto transitorio lo si prevedeva su entrambi i fronti. Sicuri che la riprova avrebbe premiato il proprio protetto. In effetti a Valenza la sfida è stata decisamente migliore, sia sul piano tecnico che spettacolare. I due pugili erano consapevoli che la sconfitta avrebbe pesato parecchio sul proprio futuro. Per De Donato (29 anni) la non facile rinascita dopo le sconfitte pesanti

conquistato quel tricolore che rappresenta la prima tappa di una carriera iniziata con modestia e poi cresciuta match dopo match. Adriano Godoni, il suo maestro da sempre, che dirige la gloriosa Associazione Pugilistica Valenzana, nata negli anni ’30 e riaperta dopo un lungo silenzio nel 1968, ha idee molto chiare e lo ha dimostrato anche all’angolo nel corso del combattimento. “Il ragazzo ha

Scrivia (330 abitanti), l’opportunità di conquistare quel tricolore superleggeri, sfiorato lo scorso maggio al Principe di Milano, contro lo stesso avversario Renato De Donato, che lo sovrastava in fatto di esperienza (16-4). Il pari precedente non aveva soddisfatto nessuno, per entrambi il dubbio che quel verdetto li avesse defraudati della vittoria. Personalmente avevo visto una sfumatura per Di Donato, anche se il mancino milanese non aveva offerto una prestazione brillante. Per contro Randazzo, dopo una prima parte molto garibaldina, col passare dei round, si faceva anticipare dai colpi lunghi del rivale, che recuperava lo

contro Scarpa (2013) e Caccia (2015) e quel salto di qualità auspicato ma mai realizzato, l’esame con Randazzo sulla carta appariva alla sua portata. Il ring già al Principe faceva ricredere gli ottimisti, in quanto i difetti di sempre (testa alta, difesa approssimativa e scarsa resistenza ai colpi) si ripetevano anche nell’occasione dello scorso maggio. La riprova, sia pure sul ring esterno a Valenza, confermava i timori della vigilia, anche se è doveroso dire che il mancino milanese qualcosa di più ha fatto. Non abbastanza per fasi preferire dai giudici, che sia pure con giudizi diversi ma unanimi, hanno optato per il più giovane rivale, che ha

margini di miglioramento notevoli, è giovane e quindi ci si può lavorare bene. Da dilettante ha disputato 50 incontri ed è arrivato in medaglia sia tra gli youth nel 2010 che agli assoluti l’anno dopo. Contro De Donato, più alto e contrista la tattica era quella di levargli la distanza e pressarlo. Per farlo devi stare concentrato e questo richiede un dispendio di energie muscolari ma pure nervose. Il pericolo era appunto quello di rilassarsi, normale lo spronassi con forza”. Caratterialmente com’è il neo campione italiano? “A temperamento andiamo bene, anche se il titolo gli ha portato una bella po-

52


X

RING

polarità nell’ambito locale e quindi lo festeggiano in tutto il circondario. Lucio non deve esagerare e capire che adesso è il momento di impegnarsi più di prima”. Ci riesce? “Lo deve fare, altrimenti getta via quanto conquistato. Gli era capitato da dilettante di lasciarsi andare e non rispettare le regole. Fui chiaro: se non si rimetteva chiudeva con me. Capì la lezione in tempo. La conferma del cambiamento l’ha data nel primo incontro a Milano. Due mesi prima del match si è dovuto operare al metacarpo della mano destra, tanto che porta una placca. I tempi erano strettissimi, pensavo di chiedere un invio ma Lucio non volle. Ha combattuto col dolore e nessuno si è accorto del fatto” I primi due sfidanti sono il triestino Luca Maccaroni (7-3-4) e Roberto Ruffini (66-3), li conosce?

veremo col titolo in palio”. Siete passati da Cavallari a Loreni, perché? Inoltre, dopo il tricolore? “Due modi di gestire il pugile, con Cavallari è tutto molto lento, con Loreni si va al sodo. Ci sei o non ci sei. Tutto qui. Al momento prevediamo almeno due o tre difese, poi d’accordo con Loreni proveremo qualcosa a livello di sigle”. A questo punto interviene il campione per metterci al corrente di un progetto a tempi brevi, molto interessante. “Ho conosciuto mesi addietro alcuni ragazzi appassionati di boxe che vivono nel Texas. Mi hanno invitato a trascorrere un periodo di allenamento da loro. L’idea mi stuzzica, perché potrei fare esperienza utile nella terra della boxe. Al momento stacco e mi prendo le vacanze, dopo sei mesi senza sosta tra allenamenti e incontri. Ma l’invito nel Texas mi ron-

disatteso. Il welter calabrese Dario Morello (6), organicamente un torello, lunga esperienza in azzurro e tante vittorie nel settore giovanile, pur vincendo sempre non aveva incantato. Troppa foga e poca precisione. Sotto le cure del maestro Caloi a Bergamo, sembra aver imboccato la strada giusta. Contro il magiaro Daniel Botik (7-36-3) non ha perso tempo in preamboli, accorciando nel modo giusto, costringendolo alla resa in meno di due minuti. Prosegue spedita la striscia positiva del giovane piuma torinese Francesco Grandelli (6-1-1), stavolta a spese del pakistano residente a Botticino nel bresciano, il battagliero Shoaib Zaman (3-3) preso in velocità e anticipato sistematicamente. Positivo anche il cammino di Ilaria Scopece (3) peso mosca milanese, ottima carriera nei dilettanti, decisa a salire ai vertici anche da pro. Nulla da

“Li ho visti combattere entrambi. Il primo è un mancino dalla boxe speculare a Lucio, mentre Ruffini sul piano tecnico è più rognoso, poco propenso ad accettare la battaglia. Ritengo siano alla portata del mio pugile”. Due sconfitte, con Michele Esposito e Giancarlo Bentivegna nei primi due anni. Le ragioni? “Il primo era decisamente più pesante, col secondo il verdetto è stato deciso dall’arbitro, che non ha mai permesso a Lucio di boxare da vicino. Abbiamo chiesto la rivincita diverse volte, ma la risposta è stata negativa. Magari lo ritro-

za in testa e potrebbe essere un’esperienza utilissima”. Emiliano Marsili (32-01), già campione d’Europa, dopo la conquista della cintura Silver WBC leggeri, in quel di Fiumicino il primo agosto del 2015, battendo nettamente il navigato messicano Gamael Diaz (39-13-3), per una serie di ostacoli è stato costretto alla sosta forzata di un anno. Nel frattempo ha cambiato procuratore e con Mario Loreni è tornato sul ring, in un test contro il dignitoso bulgaro Yordan Vasilev (18-442) dominato per tutti gli 8 round, nonostante un problema alla mano sinistra. In attesa di quel segnale importante finora

fare per la magiara Andrea Lakatos (111), troppo fragile per la furia offensiva di una rivale più forte e decisa a sbrigare in fretta la lotta, durata meno di due round. Per tutti i protagonisti, dopo le vacanze estive la prospettiva di proseguire a tempi brevi in avanti è un impegno a cui tenere fede. ...............

53

Randazzo in posa con la cintura; Una fase del match con De Donato in difficoltà; L’esultanza di Randazzo.


X

RING

Ernest

Hemingway per chi suona la campana? 54


X

RING

di FABIO ROCCO OLIVA

Coraggio ed avventura nella boxe, Ernest Hemingway era appassionato della noble art.

È

il 23 settembre del 1957. L’estate è da poco finita e l’autunno inizia a far cadere le foglie dagli alberi. In questo periodo dell’anno New York ha un fascino particolare, le strade della metropoli sono bagnate da un sole tiepido e da un vento fresco, le pizzerie italiane risuonano di viaggiatori, i neon di Broadway abbagliano le strade, il ponte di Brooklyn s’inarca sul fiume Hudson e lo Yankee Stadium svetta nel Bronx dove una folla indemoniata incita un piccolo uomo che ha la fronte alta e il naso schiacciato. Il pugile è chiuso nel suo accappatoio mentre si avvicina al ring e tira qualche pugno. È Carmen Basilio e il suo avversario è un trentaseienne di colore, alto e dal fisico di marmo che picchia duro e si muove veloce: Sugar Ray Robinson, il campione del mondo dei medi, l’incubo di Jack LaMotta, il toro del Bronx. Carmen Basilio non ha paura, ha solo voglia di combattere e di mettere tutta la sua vita sul piatto per quindici riprese. Per quindici dure e martellanti e furiose riprese, l’italoamericano si infila tra le lunghe leve di Sugar Ray senza fermarsi, colpendo e colpito, ma alla fine

sul tetto del mondo, nuovo campione dei medi. La folla è in delirio e tutti cantano il nome di Basilio e anche se il verdetto non è stato unanime lo Yankee Stadium del Bronx lo porta in trionfo. E lì, in quella grande confusione, è seduto un vecchio grassone dalla barba bianca, che dice all’amico: “Non mi è piaciuto. Andiamocene a bere qualcosa!”. È Ernest Hemingway, lo scrittore americano che appena tre anni prima aveva ricevuto il premio Nobel per la letteratura. Quel match non gli è piaciuto e non vuole perdere altro tempo lì dentro, nello Stadium infuocato. Vuole andarsene in giro per New York col suo amico e mentre cammina vuole pensare e rivedere altri match e parlare della boxe, di come portare i colpi, di come stare ben piantati sulle gambe e assestare un montante. Vorrebbe infilare i guantoni e salire sul ring. Non è il coraggio che gli manca. Sono gli anni. Hemingway ha quasi sessanta anni, il fegato quasi spappolato dall’alcol, il cervello quasi bruciato dagli elettrochoc. Lui, tra i padri della letteratura mondiale del Novecento, che da giovane appena ventenne volò in Europa per partecipare alla prima guerra mondiale e fu spedito in Italia. Non aveva una buona vista e lo assegnarono alle autoambulanze e un giorno mentre era in bicicletta per portare il cibo ai soldati in trincea esplose una bomba e fu ferito ma non si perse d’animo e si caricò un poveraccio sulle spalle. Lo portò in salvo e ricevette una medaglia. Quel ragazzo aveva un grande cuore che pulsa ancora nel petto del vecchio ma il corpo ormai non è più quello di una volta, non è più quello che in Spagna andava di corrida

55

in corrida affascinato dai toreri, dalla lotta che li porta ad un passo dalla morte. Non ha più quel corpo ma ha ancora quel coraggio, quel fuoco dentro che gli brucia l’anima e che lo porta a muoversi freneticamente di avventura in avventura, in cerca della vita. È notte ormai ed Hemingway si ferma stanco e ubriaco sul ponte di Brooklyn e guarda l’orizzonte. L’amico conosce i suoi pensieri, sa che lo scrittore ha qualcosa dentro che lo sta divorando. Ha scritto quel capolavoro che è il Vecchio e il mare, il crollo delle illusioni e la fine delle speranze: dopo una lunga lotta non resta che una carcassa all’amo, e la riva è ormai vicina. L’amico sa che quel silenzio dello scrittore sarà rotto da un colpo di fucile quattro anni più tardi quando la moglie lo troverà a terra in una pozza di sangue. Ernest Hemingway guarda l’orizzonte dal ponte e dice: “Questa città è diventata troppo caotica, anche Cuba ha perso il suo fascino”. Guarda poi l’amico e gli parla degli elettrochoc: “Vogliono cancellarmi la memoria che è il mio capitale”. E mentre guarda dritto avanti a sé, le mani gli tremano un poco così come quando da giovane battevano la macchina da scrivere con una furia e una precisione che solo un pugile conosce e lui è stato scrittore e pugile e ha scritto come se combattesse sul ring e ha infilato i guantoni come se stesse per prendere a pugni una storia. L’amico gli ricorda che i suoi scritti sono la sua memoria. E il vecchio Ernest li vede ora i suoi scritti, vede le sue parole, le pagine che raccontano di match di pugilato di un’altra epoca, lui giornalista che scriveva pezzi d’arte sugli incontri del tempo,


X

RING

che a Parigi vede pugili combattere in un ristorante e poi dopo servire ai tavoli. Ma anche lui come Jack London aveva capito che la boxe e il pugile sono due binari che non si incontreranno mai. Aveva capito che il sistema pugilistico, il mondo degli affari legato alla boxe e l’universo delle scommesse avevano sporcato l’animo del boxeur. Hemingway si rivede ora dal ponte mentre le sue mani scrivevano il racconto Cinquanta bigliettoni, rivede Jack il vecchio pugile che si prepara prima dell’ultimo match contro Walcott, giovane e destinato a batterlo. Sente Jack che gli dice: “Ho rinunciato a tante cose per fare il pugile”. Combatterà il suo ultimo incontro e scommetterà sulla sua sconfitta. Eccolo Jack che fa a pugni con Walcott, si pestano duramente e il giovane gli piazza un colpo basso per buttarlo giù perché è l’unico modo che ha per vincere ma Jack resta in piedi e non denuncia il colpo basso all’arbitro mentre tutti gli dico di farlo. Lui non può perché deve perdere, perché ha scommesso sulla sua sconfitta. Ma è un pugile. E vuole perdere vincendo. Così piazza un colpo basso che fa crollare Walcott al tappeto e lo fa incoronare campione del mondo ma al tempo stesso si riempie il portafogli di dollari e il cuore della soddisfazione di vedere il giovane a terra. Hemingway ride e il suo amico gli chiede perché. Il vecchio scrittore dice: “Ho scritto il miglior racconto sulla boxe senza scrivere di boxe”. Ernest Hemingway ha viaggiato molto e se lo ricorda ora che il vento soffia su un ponte di New York. Ha preso migliaia di treni e una volta ne fu sbattuto giù. Era Nick Adams, il suo alter ego, la sua anima viva nei racconti. Nick Adams che cadde da un treno una notte qualunque e si ritrovò nel racconto Il lottatore, del quale Hemingway rideva poco prima col suo amico. Lo ripete ancora soddisfatto: “Ho scritto il miglior racconto sulla boxe senza scrivere di boxe”. Nick è rotolato giù per una scarpata, si è rialzato subito anche se ammaccato. Si è guardato intorno e non c’era niente se non un bosco o una foresta a qualche centinaio di metri più in là nella notte profonda. Zoppicando un po’ ha notato un fuoco che illuminava un angolo del bosco e ha preso a camminare più velocemente. Lì nel bel mezzo del nulla assoluto si è nascosto dietro un albero e ha visto un uomo seduto accanto al fuoco. Gli si avvicina, scambiano qualche

battuta e le fiamme illuminano quel viso: “Alla luce del fuoco Nick vide che il suo viso era deforme. Aveva il naso schiacciato, gli occhi che sembravano due fessure, e delle labbra con una strana forma. Nick non notò subito tutto questo, vide solo che il volto di quell’uomo era mutilato e aveva una strana configurazione. Il colore era quello dello stucco. Cadaverico alla luce delle fiamme”. È il volto della boxe, del vecchio pugile Ad Francis, un tempo campione del mondo. Le sue mani avevano picchiato i migliori pugili e le sue imprese erano ricordate da tutti e i giornali parlavano di lui e le belle donne gli morivano dietro. Ora era solo la carcassa di se stesso. Dopo tante lotte e tante battaglie la luce dei riflettori s’era spenta e adesso riluceva solo quella di un fuoco in un bo-

sco perduto. Aveva avuto la gloria, adesso solo la follia era il suo avversario. Era diventato matto e Ad lo dice con orgoglio e rabbia. Un matto che vive in un bosco con un ragazzo nero che se ne prende cura. Nick Adams non può crederci. Lo conosceva e aveva visto i suoi match. Il ragazzo di colore prende a cucinare delle uova e della pancetta e ne offre un po’ anche a Nick Adams. Mangiano mentre le stelle si intravedono tra i rami degli alberi e lontano si sente lo sferragliare dei treni sui binari che portano alla città. Il ragazzo è gentile e a Nick sta passando l’odio verso il capotreno quando Ad, il vecchio pugile, gli chiede di passargli il coltello. Nick si rifiuta. Scatta qualcosa. Come se un vecchio leone si risvegliasse dalla tana in cui è stato gettato. Gli occhi di Ad si arrossano e diventano feroci e fissano la preda. Nick sente il pericolo. Il vecchio pugile si alza. “Nick fece un passo indietro. L’ometto puntava lentamente su di lui, avanzando con i piedi ben piantati al suolo, facendo col sinistro un passo

56

avanti, strisciando il destro fino a unirlo all’altro. «Picchia» disse accennando con la testa. «Prova a colpirmi»”. Da dietro Bugs, il ragazzo di colore, lo colpisce con un manganello e Ad crolla a terra. Nick resta lì pietrificato e ascolta da Bugs la storia del vecchio pugile che perde tutto e diventa matto e pericoloso e, poco prima che si svegli, il ragazzo gli consiglia di andarsene, si prenderà cura lui di Ad. Nick va via, verso le rotaie del treno e cammina, cammina fino ad arrivare sul ponte di New York, fino a guardare all’orizzonte con Ernest Hemingway, il suo amico, che pensa alla serata di boxe, al match di Basilio e Robinson e pensa ad Ad Francis, il vecchio matto pugile perduto in un bosco nel bel mezzo del nulla. Ecco chi è il pugile, ricorda Ernest mentre Nick guarda le rughe dell’amico e il vento gli carezza la barba bianca. Un uomo è un pugile sempre anche quando le corde del ring non gli appartengono più, un uomo è un pugile prima e dopo il ring, è un pugile quando è perduto, quando è solo nella foresta della sua notte, quando i riflettori diventano debole luce e lui ha solo voglia di difendere se stesso, la sua terra, la sua memoria, quando non può e non sa fare altro che alzarsi e puntare i piedi a terra, essere saldo e stringere i pugni. Il pugile è il coraggio di battersi sempre, anche quando ormai non ha più la forza per farlo, perché il suo unico modo di vivere è avanzare verso l’avversario e sfidarlo. Il coraggio di lottare sempre, di andare a caccia del pugno, dell’angolo di corpo in cui affondare il proprio guantone. Ad Francis non è solo lo spettro del boxeur ma è l’anima sempre viva della nobile arte. Hemingway guarda ancora Nick Adams e senza dire parole gli mostra nei suoi occhi che ha amato la boxe perché in essa ha amato il coraggio che non teme nulla e il folle vitalistico desiderio d’avventura. Quando quattro anni più tardi si sparerà, l’ultima campana sarà suonata per lui non come un atto di codardia di fronte alle difficoltà della vita, ma come naturale ultima campana dell’ultimo round. ...............

Nella pagina precedente alcune immagini che mostrano la passione di Hemingway per la noble art; Le copertine dei libri dove sono presenti alcuni racconti sulla boxe; in questa pagina, una scena del f ilm “I gangster” ripreso da una novella di Hemingway con protagonista Burt Lancaster, che impersona un ex pugile.


X

RING

LA BOXE È UN ROMANZO SENZA FINE

La storia di Mario D’Agata Il canto del Gallo, di Alberto Chiodini.

di ALFREDO BRUNO

ALBERTO CHIODINI

non è un esperto di pugilato, neanche un appassionato, ma semplicemente, si fa per dire, scrittore nel vero senso della parola: la sua vena scorre dalla poesia alla prosa, dalla lirica alla satira, dalle filastrocche al vernacolo. Chiodini è nato a Rondine, una frazione di Arezzo, la città (e dintorni) dove sono nati Francesco Petrarca, Pietro Aretino, Giorgio Vasari, Piero Della Francesca, Michelangelo, Roberto Benigni e tanti illustri personaggi. E’ anche la città dove è nato Mario D’ Agata, il secondo pugile italiano a conquistare il titolo mondiale dopo il leggendario Primo Carnera. In Toscana tutti conoscono o hanno sentito parlare di D’Agata, fa parte del patrimonio culturale e sportivo della Regione. Ma come accade in molti campi il tempo purtroppo “aiuta” a dimenticare. L’incontro, più o meno fortuito, tra Annamaria, la figlia del grande campione, e Alberto Chiodini è servito a rinsaldare il ricordo delle grandi imprese del pugile sordomuto. Da questa collaborazione durata circa un anno è nato “Il canto del gallo”, titolo curioso facilmente abbinabile all’alba che sorge e al peso di Mario D’Agata, un gallo di 54kg con muscoli d’acciaio, inossidabile, in un epoca, quella degli anni 50-60 ricca di incredibili personaggi. Annamaria è rimasta sempre legata al mondo di suo padre e lo ha tramandato alla figlia Carlotta, arbitro e giudice del Comitato Toscano. Mario D’Agata aveva innate anche particolari doti artistiche come disegnatore, intagliatore di legno e decoratore di ceramiche, ma lui aveva scelto la boxe, sport duro che richiedeva sacrifici non indifferenti. Per certi versi era un predestinato anche fisicamente con cuore incredibile e resistenza sovrumana. Tardava un po’ a carburare, ma con il passare dei minuti diventava una vera e propria

macchina da guerra. In pratica lottò fin dall’inizio per fare accettare la sua disabilità, ma alla fine vinse pure questa battaglia, la più difficile. Per certi versi con l’entusiasmo suscitato aprì la strada al periodo aureo della nostra boxe, quello degli anni ’60. Attorno a lui ruotano personaggi indimenticabili dalla moglie Luana, anche lei sordomuta, a Bruno Giuliattini che fu il suo allenatore e per certi versi fu come un fratello maggiore, un padre. Lo stile di Chiodini è pura letteratura, dove al racconto fanno cornice foto inedite ma anche poesie scritte dall’autore che inizia così: “ Al suono del gong, che io mai sentirò, dentro i guantoni stringo i ruvidi pugni ad abbattere i muri”. Da professionista la sua è una marcia irresistibile, che abbatte i muri, che non sono solo gli avversari sul ring, ma anche il destino quando viene colpito al petto da una fucilata durante la lite tra suo padre e un debitore. La fine di tutto? Nossignore il fisico eccezionale reagisce alla grande. La fine della boxe?

57

Nossignore è l’inizio di una riscossa che lo porterà fino al titolo mondiale. Arriva allo Stadio Olimpico di Roma, il 29 giugno 1956, da campione d’Europa e ne esce campione del mondo dopo aver distrutto Robert Cohen in sei riprese. Assapora poco questo titolo, perchè la sua prima difesa la effettua a Parigi contro l’astro nascente, Alphonse Halimi. Uno dei matches più controversi della storia con sospetta interruzione dovuta a mancanza di luce proprio quando D’Agata stava iniziando a carburare. Un fatto strano che colpiva il nostro pugile nel più profondo: trovarsi completamente al buio senza udire ne poter dialogare. Quando ripresero le ostilità al resto ci pensò l’arbitro a spezzare l’azione del nostro. Il verdetto favorevole fu assegnato ad Halimi che non ebbe neanche la forza di sorridere tanto era stremato e non accettò mai di concedere la rivincita. Dopo pochi mesi D’Agata riconquisterà il titolo europeo contro il suo amico-rivale Federico Scarponi, e sarà proprio quest’ultimo a chiudergli la carriera stavolta per il titolo italiano a Roma il 19 luglio del 1962. Il fisico non lo aveva mai abbandonato e lo dimostrò il suo record che non lo vide mai toccare il tappeto. Il libro è un caleidoscopio di situazioni e personaggi. Lo scrittore ce li fa assaporare, ci rende in un certo senso partecipi e la sua conclusione, così come aveva fatto all’inizio è scritta in versi : Era il ring la sua foresta di cui fu spesso Re. Contenuto nei trionfi, altero nelle sconfitte mai si fermò a leccar le ferite; mai piegò la testa nè le ginocchia. ............... Alberto Chiodini Il Canto del gallo Mario D’Agata: storia di un uomo che sconfisse anche la morte. Schegge IBISKOS - Editrice Risolo


X

RING

LA BOXE AL FEMMINILE...

VALERIA IMBROGNO Campionessa d’Europa minimosca, laureata in psicologia e specializzata in criminologia.

S

e le difficoltà aiutano a crescere, Valeria Imbrogno, attuale campionessa d’Europa nei minimosca, titolo conquistato il 24 giugno scorso allo stadio Rigamonti di Brescia, in fatto di problematiche superate, può paragonarsi ad un gigante. A 37 anni, salire sul tetto continentale dopo aver subito colpi mancini a non finire, significa credere oltre ogni limite in un futuro migliore. “Il pugilato è stato la terapia vincente in ogni avversità – afferma con grande convinzione – uno sport sincero e vero, che andrebbe fatto conoscere nelle scuole, per formare i ragazzi all’abitudine del confronto diretto nel rispetto delle regole. Lo affermo avendo alle spalle anni di insegnamento sia negli istituti di pena che nei riformatori. La boxe ha la grande

di GIULIANO ORLANDO

capacità di trasformare potenziali delinquenti in persone normali. Sono laureata in psicologia e specializzata in criminologia, ho fatto esperienza sia in Italia che in India, dove sono rimasta dal 2009 al 2015, portando avanti un progetto nella città di Goa, approvato dal governo locale, per il recupero dei più disagiati e vi assicuro che l’India non scherza su questo argomento, ottenendo risultati stupefacenti. Poi, per motivi contingenti che mi hanno costretto a tornare in Italia, ritrovandomi in una situazione a dir poco drammatica, ne sono uscita grazie allo sport che mi ha accompagnato fin da ragazzina”. Valeria, nata nel 1979, residente da sempre a Milano, scopre la boxe a 18 anni, dopo aver praticato la kick. “Inizio alla Doria col maestro Stefano Sirtori, mai cambiato, al quale non finirò mai di dire grazie. Con lui ho debuttato e con lui all’angolo nel 2008, sono passata professionista, sotto l’ala di Mario e Graziano Loreni. Da dilettante ho conquistato un bronzo europeo nel 2006, due titoli italiani universitari (2003-2004), uno assoluto nel 2007, dieci dei 35 incontri li ho disputati con la maglia azzurra. Ho sempre saputo gestire lo sport e lo studio senza grandi difficoltà, aiutata dalla famiglia che non ha mai frapposto ostacoli, semmai li ha eliminati quando si presentavano”. Perché la specializzazionein criminologia? “Scelta naturale. Da sempre ho sviluppato interesse ai risvolti che determinano atteggiamenti violenti e nello stesso tempo, capire e cercare di cambiare i soggetti. Ho operato a Milano, in particolare nel carcere di Bollate, dove la direzione è un grande esempio per il recupero dei più giovani, con metodologie all’avanguardia, ma anche in altri istituti, riuscire a ottenere la fiducia di ragazzi socialmente disadattati, è una grande soddisfazione. In India ci sono capitata per caso, durante una vacanza. A Goa ho conosciuto una collega che operava sia nelle cliniche ma anche per strada

58

e ne sono rimasta affascinata e coinvolta. L’India è un grande paese dove ai picchi di qualità, come le università dove escono grandi talenti in particolare nelle facoltà scientifiche, esistono sacche di povertà spaventose, il terreno fertile per la criminalità. Parlando l’inglese, dal 2009 al 2015 ho lavorato sia nella struttura principale, destinata a diventare la più importante della città, che tra i meno fortunati nella periferia della metropoli. Nel frattempo mi sono sempre allenata in una palestra dove ho trovato molte ragazze che combattono. Peccato che non sia permesso alle straniere di salire sul ring. Per questo motivo sono rimasta ferma per quasi cinque anni, dopo aver disputato i primi cinque incontri da pro tra il 2008 e 2009”. Il motivo del rientro improvviso? “Nel giro di pochi giorni muore mio padre e il mio compagno resta vittima di un incidente stradale tremendo, che gli costa l’immobilità e la perdita quasi totale della vista. In quel momento mi è crollato in mondo addosso. Ho un fratello che vive in Australia e accanto a mia madre disperata e a Fabiano, sono rimasta solo io. L’unico rifugio è stato il pugilato. Sirtori e i Loreni mi sono stati vicini e, tornando in palestra ho trovato anche la voglia di lottare contro un destino decisamente crudele. Ho ripreso a combattere e dopo i due test vittoriosi, ho l’opportunità di battermi per l’europeo. Mi alleno ferocemente e Sirtori mi suggerisce la giusta tattica: non l’assalto scriteriato, ma il gioco di rimessa. Di fronte una rivale giovanissima di 19 anni, ma più esperta e al secondo tentativo europeo, l’ungherese Kleopatra Tolmai. Eseguo bene il consiglio e vinco addirittura alla sesta ripresa per fuori combattimento. Il primo successo per KO. Davvero emozionante, in un contesto come lo stadio Rigamonti di Brescia, davanti a tanta gente che ti applaude. Mi sono commossa e non poco. Uno schiaffo alla sfortuna”.


X

RING

LA LEONESSA CHE LE “CANTA” E LE “SUONA”

VISSIA TROVATO

Una vita all’insegna di sport e diplomi. È andata a conquistare l’europeo dei mosca in Svizzera.

L

o scorso 11 giugno, sul ring di Ascona, in Svizzera, nel Canton Ticino, la milanese Vissia Trovato, allieva del maestro Alfredo Farace, operativo alla palestra “The Ring” a Cernusco sul Naviglio, con soli 4 incontri da pro alle spalle, affrontava e batteva la magiara Renata Domsodi (14-10) veterana di 41 anni, decisamente più esperta, vantando qualcosa come sette sfide titolate, con un titolo iridato nel 2014, costretta alla resa al quinto round per l’europeo dei piuma. Un successo ottenuto alla maniera forte, imprevisto per qualcuno, non per chi ha seguito la carriera di questa guerriera chiamata giustamente dagli amici ‘leonessa’. Chi è questa nuova campionessa europea, non più giovanissima (33 anni), ma precocissima nella conquista? “Ero una bambina assai vivace e i miei genitori hanno sempre pensato che lo sport fosse il miglior calmante. A distanza di anni, non finisco di ringraziarli. Anche la scelta di farmi frequentare il liceo scientifico, mentre io volevo andare all’artistico. Col senno di poi, avevano ragione. A scuola sono sempre stata tra le migliori, il massimo voto al liceo, all’Accademia di restauro d’arte contemporanea alla Scala un bel 110 e lode. Idem all’Accademia Musicale Italiana di Milano. Nel frattempo ho percorso un cammino esplorativo su molti fronti. Per un certo tempo pensai che la kick fosse lo sport ideale per me, sicura che calci e pugni esprimessero il meglio della propria personalità, oltre che formarmi un fisico da sballo”. Il primo contatto col pugilato? “Nel 2010 a 27 anni, in modo casuale e in momento apparentemente ideale anche a livello professionale e affettivo. Iniziavo a insegnare canto, la grande passione di sempre, iniziata giovanissima, prendendo parte alla selezione dello ‘Zecchino d’Oro’ su Antenna 3. Tra l’altro è successo in modo casuale: un’amica mi informa che non lontano da casa c’è una palestra di pugilato, i cui orari collimano con gli impegni di lavoro.

di GIULIANO ORLANDO

A quel tempo prendevo lezioni di chitarra e canto dal grande maestro Franco Cerri. Sono una mezzosoprano, specializzata nel jazz, ma aperta a sempre nuove esperienze compreso il gospel. In questa nuova dimensione ho ridisegnato la mia vita, lasciando il fidanzato e la kick, per intraprendere percorsi nuovi. Col maestro Farace che è anche il mio compagno, abbiamo iniziato la carriera da dilettante con una certa fretta, visto che non sono più una diciottenne. In tre stagioni disputo 33 incontri, spesso in trasferta, partecipo al Guanto d’Oro nel 2012, prendo parte agli assoluti di Padova (2013) e Roma (2014), vinco due volte le Cinture Lombarde. Nel 2012 soggiorno per un mese a New York e frequento lo storico Gleason a Brooklyn, allenandomi con la Heather Hardy, una che negli USA va alla grande. Esperienza utile anche in proiezione al professionismo”. Avvenuto nel 2015, debuttando sul lido adriatico di Gatteo Mare l’8 agosto. Battendo Elga Comastri, nome noto, che aveva vinto i primi due incontri. Match a rischio. “Uno dei motivi per cui abbiamo fatto il salto è quello che da dilettante per combattere dovevo affrontare atlete più pesanti e in trasferta. A quel punto se rischio doveva esserci, meglio affrontarlo da professionista. Nel secondo match siamo andati ad Ascona in Svizzera contro Viviane Obenauf, imbattuta con sei vittorie, una brasiliana residente a Birsfelden vicino a Basilea nel Nord della Svizzera. Vinsi sui 6 round e nel quarto la feci anche contare. Il mio procuratore Mario Loreni a quel punto inizia a pensare che in tempi brevi potevo puntare all’europeo. Combatto altre due volte, a Rezzato e Vicenza, batto la croata Mikulic e la Acs, magiara abbastanza bravina. Quando arriva l’offerta per la cintura europea vacante, non mi tiro certo indietro. La sede è ancora Ascona, dove si è formato un gruppo di miei sostenitori e dove si parla italiano”. La cosfidante di Vissia Trovato scelta dall’EBU è l’ungherese Renata Domsodi

59

(15-10), molto più esperta, ha 41 anni, una carriera sempre al vertice. “Sapevamo anche che nel 2014 e 2015 a New York (Usa) ha affrontato Heather Hardy e quest’anno Cindy Serrano. Incentivi per salire sul ring, decisa a vincere. Infatti così è stato. La Domsodi che non perdeva prima del limite dal 2014, è finita KO alla quinta ripresa, nettamente indietro nel punteggio. Dopo soli 5 incontri sono diventata campionessa d’Europa pesi piuma. Ed è solo l’inizio. Tra le persone che mi hanno aiutato a tagliare questo importante traguardo, al di fuori di Alfredo, la mia guida dentro e fuori dal ring, voglio ricordare Stefano Lopopolo, il figlio del grande Sandro, attuale mio mental coach, indispensabile nell’eliminare le scorie che si addensano in testa quando prepari un match”.


X

RING

ANGOLO ROSSO

JACOPO FAZZINO Un duro con le idee chiare. Si allena alla Boxe Casalbruciato.

di ALFREDO BRUNO

JACOPO FAZZINO

(+18, - 4, = 4) ha appena 22 anni, ma la sua quotazione è già alle stelle entrando nel mondo degli Elite senza caschetto. Si allena nella Casalbruciato insieme ai maestri Moreal, che in pratica l’ha seguito dagli antipodi, Zonfrillo e Moretto. Stile da fighter con guardia raccolta e corta distanza sono le sue caratteristiche. Sta migliorando anche dalla media distanza da dove piazza i “suoi” ganci che non sono certo carezze. Quest’anno sta bruciando le tappe scalando posizioni in classifica, tanto da presentarsi al prossimo

Torneo Regionale Elite tra i protagonisti, un torneo durissimo quello dei 69kg per i partecipanti di qualità. Quando hai iniziato? “La boxe non è stato il mio primo sport. Nello Judo ho partecipato anche a Tornei di buon livello”. Poi che è successo? “Dopo un periodo però non mi interessava più. E’ stato allora che ho voluto provare con la boxe. A La Rustica avevano aperto una palestra e ho cominciato ad allenarmi. Devo dire che pian piano mi

sono cominciato ad appassionare a questo sport, sentivo dentro di me di aver trovato la strada giusta. I maestri, i compagni, il pubblico con il suo incitamento, con gli applausi, avevano rafforzato la mia decisione di dedicarmici sempre di più. A La Rustica ho conosciuto e avuto come maestro Marco Dell’Uomo, personaggio eccezionale che mi ha insegnato “i segreti” di questo sport. La mia impostazione deriva dal suo modo di combattere. Poi

circa tre - quattro anni fa sono entrato a Casalbruciato, dove ho trovato un ambiente sano e ho fatto amicizia con tutti i ragazzi. Oltre a Moreal, che conoscevo da prima, ho adesso come maestri Zonfrillo e Moretto, che con la loro esperienza stanno limando il mio stile e soprattutto stanno mettendo un freno alla mia ir-

60

ruenza. Sul ring devi anche ragionare”. Hai hobbies? “Andare con gli amici, ballare, ma è tutto ridotto. Ho responsabilità di famiglia che unite alla boxe lasciano un margine di tempo esiguo. Ma sono contento così”. Che lavoro fai? “Attualmente lavoro in fabbrica nel ramo macelleria. Prima facevo saltuariamente il manovale. Sono tutti lavori molto duri, ma tutto sommato mi servono per mantenermi in forma”. Qual’è il tuo campione preferito? “Fino a poco tempo fa mi piaceva Miguel Cotto. Poi ho visto i filmati

di Roberto Duran e Ray Leonard e ho cambiato idea, non c’è paragone”. Che intenzioni hai con la boxe? “Diciamo che ho intenzioni serie, di continuare ad oltranza. Ce la sto mettendo tutta e vedo di volta in volta i miglioramenti. Lasciare una cosa a metà non rientra nel mio carattere. Io ci credo. Voglio fare ancora un po’ di esperienza tra i dilettanti, magari partecipando anche agli Assoluti, e poi passare pro. Sono giovane e non vado di fretta”.


X

RING

ANGOLO BLU

ALESSIO GENOVESE

Medaglia d’Oro a Zagabria. Dopo 13 anni un titolo europeo Schoolboys torna in Italia. di AMEDEO RAFFI

ALESSIO GENOVESE,

quattordici anni, cinquanta kg. In cm. 160 di altezza, guaglione grossetano a tutti gli effetti, ma di origine napoletana, primo e unico maschio di sei figli, spirito indipendente dall’intelligenza viva, ma che non va molto d’accordo con la scuola. In poco tempo è diventato, vista la sua giovane età, un pezzo pregiato della nostra boxe. Partito per gli europei schoolboy in Zagabria come scommessa, imbattuto dopo sei matches, è tornato da trionfatore

con la medaglia d’oro appesa al collo. Il suo sport preferito era il calcio che praticava negli allievi dell’ F.C. Grosseto con ottimi risultati, ma poi invitato dall’amico Halit Eryilmaz a provare nella palestra di pugilato si presenta insieme ad un amico ucraino alla palestra della Fight Gym Gosseto nel settembre scorso. I due ragazzi non sfuggono all’attenzione del maestro Raffaele D’Amico che nota in loro qualità ec-

cezionali, ma la sera dopo torna solo Alessio Genovese. Alessio perché la scelta è caduta sul pugilato e hai abbandonato il calcio? Perché mi sono accorto che gli stimoli nel pugilato sono maggiori e comunque ti devi allenare forzatamente e con più intensità. Sul ring ci sali da solo, non è come nel calcio dove ci possono essere gli altri che corrono per te quando sei stanco, se non ti al-

leni i pugni sono tuoi. Hai vinto i campionati italiani, il torneo Italia ed infine i campionati europei, ti ritieni soddisfatto? Ho già avuto ottimi risultati e sono soddisfatto, ma non pago, voglio molto dal pugilato. Fra i miei istruttori c’è Emanuela Pantani che è sta-

61

ta campionessa mondiale, io vorrei raggiungere quei livelli e perché no superarli. Consiglieresti la palestra di pugilato della Fight Gym Grosseto ai tuoi amici coetanei? Certamente è una palestra dove si lavora duramente, ma è anche un gruppo dove gli agonisti più esperti ti aiutano e ti consigliano, dove i maestri Raffaele D’Amico, Giulio Bovicelli, Emanuela Pantani e Matteo Diddi con il presidente Amedeo Raffi ti fanno sentire all’interno di una grande famiglia.

Nella precedente ein questa pagina alcune immagini delle due giovani promesse Jacopo Fazzino e Alessio Genovese.


X

RING

DOPO IL RISCATTO A SEQUALS

Fiordigiglio ripunta all’europeo Fuori dal tunnel dopo una serie d’infortuni.

F

di GIULIANO ORLANDO ph DAVIDE MIGLIORATI/FOTO PANICHI

uori dal tunnel, dopo mesi infernali. Orlando Fiordigiglio, campano di Torre Annunziata, aretino dall’età di otto anni, lo scorso 16 luglio a Sequals nel Friuli, terra natale di Primo Carnera, ha iniziato un rilancio, che sembrava stregato. “Dopo la rocambolesca sconfitta contro il francese Cedric Vitu a Brescia, per l’europeo superwelter, sembrava fosse iniziata una serie infernale contro di me. Come non fosse bastata la frattura composta al metacarpo della mano destra, appena uscito dal quel guaio ecco la rottura del radio, che mi costringe a portare il gesso per 45 giorni, dalla spalla alla mano. Ma non ho mai mollato. Andando in palestra ugualmente, facendo cyclette e lavorando con la parte sinistra. Debbo dire grazie a Giulia, la mia compagna che fa il medico, senza di lei e della sua pazienza e dedizione non ce l’avrei mai fatta. Quando il 22 aprile scorso, ho combattuto a Firenze, ero in condizioni atletiche disastrose. A complicare le cose, trovo un avversario come il georgiano Gary Abaiyan, un becco a gas, che fa della boxe un esercizio di furbizia al li-

mite e anche oltre il regolamento. Per fortuna il pubblico, che ringrazio, ha capito la situazione e mi ha applaudito anche se ero al lumicino della condizione. Con la spalla destra infiammata, senza poter fare i guanti, mancando misura e potenza dei colpi. A quel

punto, al fondo della crisi, ho trovato il fisioterapista giusto in Emiliano Fioraggi che ha lavorato con la Federica Pellegrini e il nutrizionista del Cesena Calcio, che mi hanno ridato quella condizione atletica e di equilibrio che sembrava una chimera”. La svolta a Sequals? “Dopo tanti tormenti ho potuto pre-

62

pararmi come non accadeva da tempo. Col maestro Gordini abbiamo studiato le caratteristiche di Carmelito De Jesus, un brasiliano che aveva esperienza da vendere e veniva in Italia per portare a casa l’Intercontinentale IBF. Me lo disse chiaramente il suo tecnico al peso: “Sarà una sorpresa Carmelito, forse lo avete sottovalutato, ma è un ottimo pugile nonostante non sia più giovane”. L’avviso non giunge inatteso. Fiordigiglio conosce tutto del rivale e sul ring dimostra di aver fatto tesoro del consiglio: “L’andamento del match ha seguito la nostra previsione. Inizio prudente e aumento della pressione dopo aver scaldato il motore. I miei pugni al fegato hanno cominciato a fare effetto, tanto dopo metà incontro il brasiliano ha il gomito destro incollato al corpo, tanto che ad un certo punto ho temuto di essermi fatto male al sinistro che trovava sempre l’osso del gomito a protezione della parte sensibile. Una vittoria importante che mi ha ridato fiducia, dopo tanti incidenti e delusioni. Debbo ringraziare i Loreni che non hanno mai smesso di credere in me, offrendomi l’opportunità di tornare ancora in vetta. L’Intercontinentale IBF è il primo scalino, non certo il traguardo definitivo”. Il futuro come lo avete disegnato?


X

RING

“Quello più immediato si chiama Giovanni, il primo figlio che nascerà a dicembre e sarà l’evento più importante della mia vita. Nel frattempo continuerò a curare il problema alla spalla destra, in modo da eliminare anche l’ultimo intoppo. Con i Loreni abbiamo fatto due conti e pur essendo lo sfidante ufficiale all’europeo superwelter, calcolando che Vitu difende il titolo contro lo spagnolo Isaac Real (15-1) in casa a Levallois solo il 5 novembre e comunque il vincitore avrà diritto ad una difesa volontaria, si andrà all’estate del 2017. Troppi mesi per non guardare anche oltre la sfida europea. Vista la situazione è probabile una difesa volontaria IBF entro l’anno, diciamo a dicembre. Per non stare troppo fermo

cendo l’impossibile per farmelo disputare davanti al pubblico che mi segue da sempre”. In passato hai fatto diversi stages negli USA, non ne senti la nostalgia? “E’ stato sicuramente un momento molto formativo. Recentemente sono venuti a trovarmi gli amici che mi hanno ospitato negli anni scorsi e ci siamo dati appuntamento per l’anno prossimo. Sarà anche il primo viaggio di Giovanni, che così scoprirà l’America. Lo porterò nella mitica palestra di New York, il Gleason nel Brooklyn, il tempio che ha scritto la storia della boxe mondiale, aperta dalle 5 del mattino alle 24. Quando mi allenavo, prima di uscire, mi estasiavo a guardare i manifesti che ricoprono le pareti, leggevo

la presenza prevalente è di quelli che fanno boxe per diletto, con molti vip, che hanno il trainer personale”. Come dividi la giornata italiana? “Da anni lavoro all’ENEL e debbo ringraziare i miei superiori che non mi creano ostacoli, semmai il contrario, facendo in modo che ci siano gli spazi per la preparazione. Mi alzo prestissimo, vado a correre, poi in ufficio e dopo la giornata di lavoro prendo la macchina e via verso la palestra del maestro Gordini. Al ritorno a casa spesso mi addormento sul divano come i ragazzini. E non mi chiedo neppure chi te lo fa fare, perché la passione per il pugilato è superiore a qualsiasi sacrificio. Con la fortuna di avere una compagna che mi sostiene e mi sopporta anche quando

combatterò il 5 novembre a Siena, nella serata dove i ragazzi della scuderia Loreni disputeranno titoli. Obbadi, ormai italiano per l’UE dei mosca, il lanciatissimo Fabione Turchi e Angelo Ardito puntano al tricolore. Per il sottoscritto sarà un impegno sui 6 round, in attesa di difendere il mio titolo, che il presidente della Boxe Arezzo sta fa-

nomi e date e mi venivano i brividi. Da Robinson a La Motta, Louis e Marciano, il grande Ali, Frazier, Foreman fino a Tyson. Tutti i più grandi sono venuti in questo gym. Che non ha mai avuto problemi di presenze. Oggi i campioni arrivano a metà mattinata e concludono il lavoro nel primo pomeriggio, mentre al mattino presto e la sera tardi,

le cose si complicano e divento nervoso. In quei momenti Giulia è la terapia giusta per farmi tornare sereno”.

63

...............

Orlando Fiordigiglio insieme al suo maestro Bartolomeo ‘Meo’ Gordini


X

RING

PRO E REDUCI DI WSB E APB

A Vargas Tommasone centra Rio 16 nazioni hanno usufruito dei 26 PASS a disposizione.

A

Vargas in Venezuela, si sono incontrati Ching-Kuo Wu, il presidente AIBA e quello della WBA Gilberto Jésus Mendoza che ha assicurato una fattiva collaborazione con l’ente. Se pensiamo a qualche mese addietro, ci sarebbe da trasecolare. Evidentemente qualcosa è cambiato. Sperando che porti frutti positivi a tutti i livelli e che i dilettanti non paghino troppo il prezzo delle alleanze come è stato lungo la strada per Rio. Si è concluso l’ultimo torneo in guantoni a Vargas in Venezuela, ufficialmente riservato ai reduci di WSB e APB, ma aperto a tutti i professionisti, con l’assegnazione di 26 pass, portando a 240 titolari per i Giochi di Rio, gli altri 10 il NOC gli assegnerà al Brasile paese ospitante e ai Paesi in via di sviluppo pugilistico, senza alcun iscritto. Ho espresso subito le perplessità di una manifestazione svoltasi troppo a ridosso dei Giochi (meno di un mese), clamorosamente ignorata: dei 197 Paesi iscritti all’AIBA hanno aderito in 40 per un totale di 79 atleti, che hanno svilito importanza dello stesso. Quipo (Ecu) nei 49 kg., Finol (Ven) nei 52, i messicani Delgado nei 60 e Romero (69) dopo un solo incontro erano già promossi a Rio, mentre a Velazquez (Mes) 49 kg.; Avila (Col) 52; Rodrigez (Col) e Garcia (Rep. Dominicana) nei 56, oltre a Ruenroeng (Tha) nei 60 ne sono occorsi due. Dei promossi solo il colombiano Carillo nei mediomassimi, la più affollata con 13 iscritti, ha disputato quattro incontri, gli altri un massimo di tre. Per fare un confronto, ai mondiali di Doha nel Qatar, edizione contingentata, erano iscritti dai 22 ai 26 pugili per categoria, alle qualificazioni di Baku in Azerbajan, con 375 pugili, in sei dei dieci pesi, superata

di GIULIANO ORLANDO ph AIBA quota 40 e nei medi addirittura 50. Numeri che stridono con Vargas, a conferma che l’AIBA per i Giochi 2020 dovrà correre ai ripari, oltre che mantenere una linea tecnica coerente, e non sconvolgere i programmi delle nazioni, come è stato con l’assemblea di giugno, che apriva le porte a tutti i professionisti, dopo averle chiuse agli “estranei dell’APB” per due anni. In questa minirassegna che doveva irrorare i Giochi con tanti professionisti, il risultato non può certo definirsi soddisfacente. A

Rio andranno solo in tre: Ruenroeng (Tha) nei leggeri, finito clamorosamente ko in finale dal messicano Delgado e ci chiediamo se dopo i riscontri medici sarà abile per i Giochi, il nostro Tommasone, molto bravo a sfruttare l’opportunità, il mediomassimo franco-camerunense Njikam, sconfitto in finale dal colombiano Carilllo. Se pensiamo ai nomi sventolati nel recente passato, la cosa fa riflettere assai. Gli altri due italiani presenti, il gallo D’Andrea e il superleggero Ballisai, fuori all’esordio. Sono 16 le nazioni che in questo appuntamento

64

hanno raccolto il premio del pass. Su tutte il Venezuela, nazione ospitante che, oltre ai meriti ha goduto di un clima molto casalingo. Quattro ticket sono un poker importante che raddoppia il bilancio precedente, appaiandosi a Cina e Algeria, alle spalle di Cuba, Kazakistan, Uzbekistan, Azerbajan, Gran Bretagna, il quintetto al completo, seguita a quota nove dalla Francia. L’Italia è salita a sei uomini , lo stesso numero di Usa e Messico, che a Vargas ha incamerato tre pass, come l’Ecuador risalito a quota quattro. Colombia, Argentina e Ucraina ne incamerano due, uno testa oltre all’Italia, pure Argentina, Armenia, Repubblica Dominicana, Kenya, Qatar, Spagna, Thailandia, Turchia e il Camerun che si è avvalsa del professionista Hassan Ndam Njikam, residente in Francia per la quale ha svolto la carriera, giunta ad un tentativo iridato nei medi. A bocca asciutta sono rimasti la Corea del Sud, l’India, la Polonia, il Brasile, la Cina e gli Usa, che si è vista bocciare i suoi due giganti, il 91 Awesome e il +91 Lynch, ma ancor più delusa la Russia che ha tentato in tutti i modi di portare il supermassimo a Rio. Dopo la bocciatura di Babanin a Baku, neppure il mancino Omarov, campione europeo 2011 e presente a Londra, superato in Venezuela dall’ucraino Arkhipenko, che non è riuscito a centrare Rio, superato in finale dal locale Munoz, anche se il verdetto non ha convinto tutti. Incredibile ma vero che Russia e Usa non abbiano il supermassimo ai Giochi. Obiettivo raggiunto dall’Italia, col giovane romano (21 anni) Guido Vianello. Grazie alle scelte continentali, saranno a Rio nei +91, i rappresentanti di Giordania, Trinidad e Tobago, Isole Vergini, Nigeria, Tunisia e Marocco, paesi di scarse tradizioni con i giganti.


ABBONAMENTO SPECIALE 2016 (TESSERATI FPI)

• 6 NUMERI BOXE RING Euro 12,00 • 6 NUMERI BOXE RING + ALMANACCO FPI 2015 Euro 20,00

ABBONAMENTO ORDINARIO 2016 (NON TESSERATI FPI)

• 6 NUMERI BOXE RING Euro 20,00 • 6 NUMERI BOXE RING + ALMANACCO FPI 2015 Euro 28,00 PER ABBONARTI ALLA RIVISTA EFFETTUA IL PAGAMENTO TRAMITE: BONIFICO - CODICE IBAN: IT05E0760103200000076199926 - POSTE ITALIANE; CARTA DI CREDITO MODALITA’ POS BNL (PAGAMENTI ON LINE) INTESTATO A: FEDERAZIONE PUGILISTICA ITALIANA - VIALE TIZIANO 70, 00196 ROMA. INDICA NELLA CAUSALE: ABBONAMENTO ORDINARIO BOXE RING 6 NUMERI O ABBONAMENTO ORDINARIO BOXE RING 6 NUMERI + ALMANACCO ABBONAMENTO SPECIALE BOXE RING 6 NUMERI O ABBONAMENTO SPECIALE BOXE RING 6 NUMERI + ALMANACCO COMPLETA L’ABBONAMENTO INVIANDO COPIA DELL’AVVENUTO PAGAMENTO VIA FAX AL 0632824250 O VIA E-MAIL BOXERING@FPI.IT

SFOGLIA BOXE RING ON LINE SU FPI.IT


MAIN SPONSOR


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.