Boxe Ring - 4/2015

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POSTE ITALIANE SPA - Spedizione in AP - D.L. 353/2003 (convertito in legge 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, DCB ROMA

DA L 1952 LA RI V I S TA UF F I C I A LE D ELLA F EDERAZI O N E PUGI LIST I CA I TALIANA N. 04 - 2015

Emiliano Marsili Al e Al

sfida tempo mondo


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Editoriale Walter Borghino

SAMOKOV 2015 (Bulgaria)

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Guanto d’Oro Femminile 2015 Soriano Nel Cimino

11° premio Rocky Marciano

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Angolo Blu Concetta Marchese

Sarritzu - Legrand

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Agostino Cardamone

Galassi e Goddi

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TITOLO ITALIANO LEGGERI Di Silvio

SOMMARIO

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Ricci e Della Rosa

fpi.it


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Blandamura e Scarpa

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100 Anni FPI Enrico Urbinati

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Heather Hardy

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100 Anni FPI La palestra al Flaminio

Guanto d’Oro Maschile 2015 Rossano

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Mondiali di Polizia Fairfax

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UE GALLO Giodi Scala

European Games Baku

ITABOXING

Angolo Rosso Angela Carini

Marsili - Diaz Mondiale Silver WBC

IBF Mediterraneo

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Flash d’autore Alessandra Tognarini

AIBA Women’s Jun/ Youth World Boxing Championships Pensieri e profili del Team leader Massimo Scioti

B O X E R I N G N. 04/2015 - Direttore responsabile: Walter Borghino - Periodico bimestrale della Federazione Pugilistica Italiana (F.P.I.) Presidente federale: Alberto Brasca - Registrazione presso il Tribunale Civile di Roma N. 10997/66 del 18.05.1966 - Redazione: Viale Tiziano n. 70 - 00196 Roma - Editore: Stegip Group s.r.l. - Amministratore unico Donatella D’ambrosio - Sede legale: Viale dei Monfortani 57/b - 00135 Roma - Sede operativa: Piazza Pio IX 5 - 00167 Roma - Stampato da: Romantech s.n.c. di Antonio De Luca, via Giovanni Dominici n. 6, Roma; Coordinamento Editoriale: Alfredo Bruno (albruno@alice. it), Michela Pellegrini e Tommaso Gregorio Cavallaro; Progetto Grafico: FPI; Pubblicità: Comunicazione e Marketing FPI; Foto di copertina: Alessandra Tognarini; Hanno collaborato: Walter Borghino, Alfredo Bruno, Giovanni Calabresi, Tommaso Gregorio Cavallaro, Ernesto Cusmai, Luca De Franco, Fiamme Oro, Marco Impiglia, Giuliano Orlando, Massimo Scioti, Gianni Virgadaula; Foto: Aiba, Archivio FPI, Giovanni Calabresi, Marco Chiesa, Luca De Franco, Nando Di Felice, European Games Baku, Giovanni Calabresi, Nando Di Felice, Fiamme Oro, Luigia Giovannini, Marcello Giulietti, Marco Impiglia, Paolo Marolla, Luca Nava, Fabio Renzo, Renata Romagnoli, Alessandra Tognarini. - Chiuso in tipografia il 15 settembre 2015


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RING

L’ E D I T O R I A L E

eccessivamente complesso e intricato…). Estate anche di guanti d’oro, maschile e femminile, che hanno messo in mostra delle “seconde linee” di buon livello e qualche atteso rientro (bene Desirè Galli e il suo “compagno” Mauro Forte, una bella coppia anche fuori dal ring…). Tra i professionisti, segnali importanti da Mirko Ricci, che difende con successo l’intercontinentale dei mediomassimi, e intensa difesa del titolo italiano dei superwelter di Della Rosa, che respinge con sapienza l’assalto di un buon Moncelli. Salutiamo poi, tra gli altri, Di Silvio che risale sul trono dei pesi leggeri e il debutto tra i pro di Mattia Faraoni, ennesima riprova di un movimento vivo, frizzante e in costante, positiva evoluzione. E l’estate continua con gli europei Junior e Youth femminili, in terra di Ungheria. Uno straordinario viatico per traguardi sempre più luminosi. Alla

Mesi estivi roventi ,

e non solo climaticamente. L’attività sportiva, come da logica, si esprime significativamente durante tutto l’anno e il pugilato non fa eccezioni, regalandoci una miriade di avvenimenti, incontri e emozioni. Quando manca ormai un anno all’appuntamento olimpico, Russo ci e si regala la qualificazione alla quarta Olimpiade, traguardo mai toccato prima dai suoi “colleghi”. Tatanka non tradisce le aspettative e timbra il biglietto per Rio in una serata in cui, più che con un avversario apparso scoraggiato e demotivato, ha dovuto lottare con un infortunio che lo ha certamente limitato. Anche gli europei maschili ci regalano belle emozioni e soprattutto due sorprese, forse non per tutti. I newcomers Maietta e Cavallaro rientrano in Italia con il bronzo al collo e con una gran-

“...gli europei ci regalano belle emozioni e due sorprese I newcomers Maietta e Cavallaro rientrano in Italia con il bronzo al collo e con una grande dose di esperienza internazionale, mostrando grandi doti tecniche, enormi potenzialità ancora parzialmente inespresse e, soprattutto, un grandissimo cuore...” de dose di esperienza internazionale, mostrando grandi doti tecniche, enormi potenzialità ancora parzialmente inespresse e, soprattutto, un grandissimo cuore, che gli consentirà di essere protagonisti del loro futuro e del nostro pugilato. Spiace ancora una volta dover constatare un sistema di giudizio iniquo e di livello inadeguato, che ha segnato per noi almeno due verdetti “discutibili” e senza i quali il bottino sarebbe stato, forse, più consistente e “brillante”. Peccato, soprattutto per i protagonisti e per le loro legittime aspettative. Comunque qualifichiamo altri tre atleti per Doha (entra anche Valentino, pur sconfitto nei quarti dal vincitore del campionato), dove non saremo certo dei comprimari, anche se la carta olimpica andrà solo al vincitore (altra stortura di un sistema di qualificazione

“ripresa dei lavori”, come detto mai veramente sospesi, la federazione ripartirà con due importanti e prioritari obiettivi: i giochi olimpici, come più volte detto, e le celebrazioni per il suo centenario (a proposito, è stata aperta sul sito web federale una sottoscrizione per inviare cimeli, ricordi e materiali “storici”, grazie ai quali i donatori entreranno a far parte di una speciale lista di “amici del museo nazionale del pugilato italiano” di prossima apertura, e avranno in omaggio un attestato che sarà consegnato nel corso delle celebrazioni del prossimo anno). Un modo non banale per contribuire a questa ricorrenza unica, che vogliamo diventi indimenticabile. Olimpiadi e pugilato, un connubio indissolubile che la storia, ogni quattro anni, ci regala, per essere ancora una volta protagonisti. Walter Borghino

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io ci metto la faccia e tu? #iocimett olafaccia.

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SAMOKOV 2015

saMokov2015 XLi edizione europei eLite MaschiLi

Due bronzi di gioventù: Maietta e Cavallaro. Commento generale europei di Samokov di Giuliano Orlando

saMokov

BOROVETS (Bulgaria), 7-15. 8. 2015 - Tempo di atmosfere. La precedenza a quella meteorologica-ambientale, dove si sono svolti gli europei. Ideale per chiunque voglia trascorrere una tranquilla vacanza disintossicante. Torniamo alla parte agonistica e logistica dell’evento. Ricordando che tra i campionati continentali, quelli europei, sono i più anziani in assoluto. Con questa edizione hanno raggiunto quota 41, avendo iniziato nel lontano 1925 a Stoccolma in Svezia, proseguendo fino a Samokov. La rassegna è tornata in Bulgaria per la terza volta, in precedenza era stata ospitata a Varna (1983), Plovdiv (2006) ed ora in questa frazione di Samokov, nota come Borovets, immersa nel verde dei boschi, in una bellissima conca tra le montagne di Rila e Vitosha, immersa in altissimi abeti e noccioli, che nascondono gli ingressi delle miniere inattive di ferro. Operazione promozionale molto intelligente, avendo fatto conoscere a rappresentanti di tante nazioni l’opportunità di un soggiorno estivo in una località nota per le vacanze invernali. Borovets ha dato ottimo alloggio più di mille persone, tra atleti,

tecnici e dirigenti, oltre ai media. Arbitri e quadri alti si sono fermati a Samokov, circa 40.000 abitanti, contro i 3000 di Borovets che è il più importante centro invernale bulgaro a quota 1200 metri, distante 60 km. da Sofia. Angolino suggestivo dai sapori antichi, un tempo noto per l’abilità dei maestri del legno e del ferro. Nel 1500 forniva travi per la costruzione di ponti e strade a La Mecca e ferri di cavallo a Belgrado. A Samokov, le attività sportive sono numerose e il Palazzo dello Sport, denominato Arena, capace di 12.000 posti, inaugurato nel 2008, costato 16 milioni di lev (8 milioni di euro) accoglie gare di basket, volley, lotta, judo e pugilato. L’EUBC ha accolto la richiesta di ospitare l’evento in una zona piuttosto singolare, avendo recepito il messaggio promozionale. E i numeri hanno confermato il successo di partecipazione. Segnando il record di 41 nazioni pari merito con Pola (2004) e Mosca (2010), confermando il grande interesse, visto che sono iscritte all’EUBC 44 nazioni. Altro particolare, nel segno del ricambio, nessuno dei campioni di Minsk 2013, era presente a Samokov. Hanno staccato il pass per il podio 19 nazioni su 41, con una percentuale vicino al 50%, molto incoraggiante, visto che occorre tornare al 2008 a Liverpool, unica edizione ospitata in Inghilterra, dove con11 categorie, approdarono 21 stati. Sul podio: Gran Bretagna (6 medaglie), Russia (4), Irlanda (3), Bulgaria (5), Lituania, Polonia, Georgia, Olanda, Italia, Spagna e Croazia (2), Bielorussia, Germania, Armenia, Azerbajan, Ungheria, Lettonia, Romania e Svezia (1). Turchia, Francia, Ucraina e Moldovia senza medaglie. ..........

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cLuB itaLia

Team coeso, sotto l’occhio attento di Bergamasco a cui nulla sfugge, mentre il presidente Alberto Brasca ha dato quel tocco di eleganza da dirigente responsabile, che non entra nel merito tecnico, ma è sempre presente e ha le giuste parole per ciascun atleta. Ognuno dei quali ha la propria personalità, che il c.t. conosce alla perfezione e le fa diventare situazioni positive. Il dottor Francesco Rondoni è l’esempio di chi trova il rimedio per tutti, senza mai drammatizzare. Ruolo indispensabile, come quello di Fabio Morbidini, il fisioterapista d’eccellenza che come la lumaca si porta dietro la casa, ovvero lettino e pomate varie, oltre a possedere mani magiche. Esemplare il comportamento di Giovanni Cavallaro, papà di Salvatore, nell’occasione assistente di Bergamasco, che ha svolto il compito senza la minima sbavatura. Complimenti anche per i suoi trascorsi da sollevatore a livello internazionale. Simpatico il racconto di come il figlio abbia iniziato la boxe: “Sinceramente avrei voluto praticasse altre discipline. Ci ho provato con arti marziali, orientali e non solo. Alla fine Salvo mi ha detto a muso duro: ‘Papà forse non hai capito, ma io voglio fare il pugilato, non queste arti che sono fritti misti”. Presenti alla rassegna il vice presidente federale Vittorio Lai, che fa parte dello staff organizzativo dell’AIBA, un tifoso tenace e discreto degli azzurri. Alessandro Egorov Sasha e Federico Ferro, operativi con l’EUBC sotto la guida di Franco Falcinelli. Tra gli arbitri Enrico Licini, figlio d’arte. Accennavo alla personalità dei sei azzurri. Questa l’impressione ricavata agli europei.


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FaBrizio ManueL cappai Riflessivo e misurato, molto intelligente, segue la boxe anche fuori dalle manifestazioni a cui partecipa. Carattere poco incline al chiasso, ma senza per questo essere introverso. Ha solo necessità di un pizzico di fortuna in più. I mezzi e il talento non gli mancano.

Francesco Maietta La faccia e il fisico di un ragazzino, in una testa da grande. Non è facile il passaggio da youth a senior nella boxe. Molti scompaiono, mentre Francesco ha mostrato i rostri dietro l’aria del cucciolo. Ha una filosofia personale dettata dal buon senso, sa adeguarsi al gruppo senza far rumore, mantenendo le proprie idee. Una scoperta davvero positiva, di cui Bergamasco è fiero. Anche perché la bella storia è appena iniziata.

oltre a trovare quel credito con la fortuna, che merita. Mirco non fatica, da buon campano a stare in compagnia, anche se Roberto Cammarelle, compagno di stanza per otto anni, un po’ gli manca: “Lui mi dava consigli e calmava i miei scatti. Adesso debbo essere io a farlo e questo mi fa capire che sono diventato grande e forse un po’ anziano. Mannaggia!”. Vincenzo Arecchia: altro prodotto dell’Excelsior di Brillantino, il più giovane del gruppo (18 anni), dalle grandi potenzialità e dalla personalità che sta spuntando sempre più forte. Ha la boxe nel sangue e un talentaccio che deve ancora esplodere del tutto. Estroverso nel modo giusto, finora ha messo a frutto certe doti ricevendo i messaggi tipici dei giovani: cellulare e televisione.

saLvatore cavaLLaro Ha compiuto vent’anni la sera delle finali ed è stato festeggiato dal gruppo in un ristorante dove si mangiava addirittura la “carbonara” e altri piatti italiani. Non è quel si dice un caciarone, semmai un catanese molto orgoglioso. Sorride poco e ha doti eccezionali che in nazionale stanno venendo fuori alla grande. Meritava la finale. Sarà per la prossima volta. Fabio Morbidini che lo conosce in tutte le fibre, assicura che muscolarmente è una macchina da guerra.

Mirco vaLentino Un grande esempio di volontà, tenacia e talento. Da oltre dieci anni sulla cresta dell’onda, ha la forza di misurasi con ragazzi di vent’anni e l’entusiasmo di non arrendersi mai. Non è stato fortunato, ma questo non lo ha fermato. Sarà a Doha e proverà a fermare il tempo e gli avversari,

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guido vianeLLo Gli si chiedeva il salto di qualità e lui ha risposto alla grande. Omarov era l’esame più difficile e lo ha superato. Che poi due giudici siano stati contrari alla logica e all’equità non cambia il fatto che Vianello aveva stravinto. Questo gigante dalle misure perfette, ha 21 anni d’età e la maturità di un trentenne. Mai una parola fuori luogo, toni soft, tanto buonsenso ma anche determinazione. Ricordo che cinque anni addietro, Iccio Stecca mi indicò un ragazzino altissimo, magro come un grissino, che faceva esperienza nei tornei giovanili, affrontando rivali dai muscoli esplosivi, perdendo ma senza mai mollare. Oggi quel grissino è una realtà con muscoli e cervello.

statistiche

La Bulgaria, padrona di casa è partita, con atleti in tutte e dieci le categorie, lo stesso criterio per Armenia e Moldovia. Con nove pugili Turchia, Germania e Russia. Otto per Bielorussia, Georgia e Ungheria, seguono con sette Polonia e Gran Bretagna, sei per Italia, Croazia, Repubblica Ceca, Spagna, Francia, Irlanda, Lituania e Serbia. Con cinque Belgio, Grecia, Lettonia, Olanda, Romania, Slovacchia e Ucraina. Seguono altre 15 nazioni a quote inferiori. Quattro si sono presentate con un solo pugile, oltre a Cipro, Montenegro e Svizzera, anche l’Azerbajan, che aveva esaurito il serbatoio di titolari agli European Games svoltisi a Baku, dove hanno raccolto sei ori, due con i nuovi nazionalizzati, il russo Selimov e il cubano Sotomayor. Fatto curioso: l’azero Huseynov (kg. 49), classe 1997, uno dei più giovani in assoluto,


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è entrato in semifinale portando la sua nazione al 100% delle medaglie in rapporto agli iscritti. 23 le nazioni che hanno qualificato pugili per i mondiali di Doha. Sono Gran Bretagna e Ucraina (8), Irlanda (7), Italia, Bulgaria e Russia (6), Bielorussia e Spagna (4), Turchia, Polonia, Olanda, Francia, Georgia e Germania (3), Lituania, Ungheria, Croazia e Armenia (2), Danimarca, Svezia, Moldovia e Lettonia (1). Da segnalare che la Russia, salvo cambiamenti normativi, sempre possibili, pur avendo addirittura due pugili nella stessa categoria qualificati per Rio, il supermassimo non sarà presente ai mondiali. I venti finalisti hanno un’età media di 22 anni e 5 mesi, piuttosto giovane, per gli europei. Curiosamente sia i vincitori che gli sconfitti non divergono, più vecchi di un mese le medaglie d’argento. Il più giovane campione è il bulgaro Asenov (18.5), il più anziano e il medio russo Khamukov (24.1). Queste le età degli altri campioni: Stanionis (21), Ward (21.10), Egorov (22); Hrgovic (23.2), Donaytsev (23.4), Conlan (23.8), Cordina (23.9), Tshchenko (24.1). L’inglese Ali (19.2) è il più giovane degli sconfitti in finale, seguito da Horn (19.10), McCormack (20.1); Schulz (21.7), Eranosyan (22), Ashfaq (22.8), Jakubowski (23), Kastramin (24.1), Jablonski (26.4), Mullenberg (27.8). ..........

iL caMMino europeo deLLe 10 categorie

Gli europei in guantoni hanno fatto i capelli grigi con ben 41 edizioni, dimostrando di rappresentare la vetrina più importante del vecchio continente, premiata ad ogni vigilia dei Giochi Olimpici, da quando il CIO nel 1989 impose il numero chiuso, con una precisa assegnazione dei pass a Cinque Cerchi. Stavolta la rassegna, si è dovuta accontentare di 60 pass, validi soltanto per accedere ai mondiali di ottobre (7-17) a Doha (Emirati Arabi), dove arriveranno i primi riconoscimenti ufficiali. Non molti per la verità: tre per

56, 60, 64, 69 e 75, due per 49, 52 e 81, al solo vincitore nei 91 e +91. In totale 23, il resto nei tornei del 2016. Stridente la differenza tra WSB (17) e APB (20), nello stessa stagione. La rassegna snodatasi dal 7 al 15 agosto, si è svolta all’Arena di Samokov. Nove giorni di pugni, oltre che troppe ferite, suturate molto bene a conferma che i medici presenti erano all’altezza del compito. Un fatto nuovo che deve far riflettere. Pochissimi i KO, ufficialmente solo due (91 e +91), più numerosi gli stop per ferite (5), dovute a testate. Invasione di nomi nuovi tra arbitri e giudici, giunti da molto lontano oltre agli europei, tra cui l’italiano Enrico Licini che ha avuto l’onore di dirigere la sfida finale tra il russo Duneytsev e l’inglese Mc Cormack nei superleggeri. A questo punto, direte che il cronista è sempre il solito criticone, mai contento.

iL dettagLio deLLe 10 categorie.

49 kg. (14) Per il rientrante Cappai, europei lampo. Debutta con lo spagnolo Carmona, dimostrandosi miglior tecnico, anche se il riposo forzato di un anno si fa sentire. In un contesto equo andrebbe preferito. Di questo parere è solo l’algerino Lazizi, mentre il russo Popov e il kazako Rysbayev segnano un 27-30, che esprime tutto un altro match. Quest’ultimo darà continuità all’avversità nei confronti italiani, segnando sempre cartellini a nostro sfavore. Il russo Egorov, messosi in luce negli jr. e youth, si conferma una macchinetta da pugni, mobile sul tronco e sulle gambe, imprendibile per tutti. Buona impressione dell’azero Huseynov del 1997, fermato in semifinale dall’inglese Horn, che si era imposto sul polacco Jagodzinski, uno dei favoriti.

52 kg. (13)

Dopo aver visto in azione il francese di colore Konki, dare una lezione al russo Tashkarakov, in molti lo indicavano come pretendente al titolo. Purtroppo di fronte allo spagnolo De La Nieve, volpone di 29 anni, nel corso del terzo round, una lussazione alla spalla destra lo costringeva alla resa, mentre era in netto vantaggio. Per la Francia un

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colpo basso. Sarebbe stato interessante vederlo contro l’inglese Ali, origini pakistane, che pur battendo De La Nieve ha dovuto impegnarsi parecchio. Sull’altro fronte, il diciottenne Asenov, idolo di casa, sospinto dai pugni ma ancor più dal pubblico, volava in finale passando sull’ucraino Sopinski e sul magiaro Czaka. Asenov non è certo un fenomeno, ma per i giudici è perfetto. Anche se porta sventole e usa la testa.

56 kg. (16)

Questo è l’anno di Conlan, il mancino irlandese, 24 anni a novembre, che ha già in tasca il pass per Rio (WSB) e nel carnet personale un bronzo olimpico (2012) e un argento europeo (2013), sfuggitogli nel 2011 ad Ankara, battuto da Picardi. L’irlandese è un osso duro per tutti. Ha scelta di tempo, velocità e tanto mestiere. Lo hanno capito il francese Bret, l’emergente danese Jensen e in semifinale il nostro Maietta, il cucciolo azzurro che dopo un primo round complicato, rompeva il ghiaccio mettendo pressione al rivale, che non gradiva, tanto da dover cedere il secondo tempo, col rischio di un clamoroso risultato. Evitato appunto per l’esperienza di Conlan. Stesso incedere dell’inglese Ashfaq, vincitore di Butsenko, argento uscente e dell’armeno Avagyan. Al dunque lo scontro “interno” per l’oro ha sorriso all’irlandese.

60 kg. (26)

Categoria affollata con Valentino prima testa di serie, giunto alla sesta partecipazione. Debutto al brivido, viste le conseguenze. Batte il pericoloso bielorusso Safaryants, ma l’argento europeo uscente, prima di lasciare il torneo, ferisce (testata) l’azzurro all’occhio destro in modo pesante, sul finire del terzo round. Vittoria amara le cui conseguenze le paga di fronte all’inglese Cardina, un mancino rapido e potente. Valentino non vuol cedere, combatte alla pari, ma la ferita si apre e l’arbitro sospende il match. L’inglese prosegue indisturbato battendo l’olandese La Cruz, antillano del ’93, arrivando all’oro. Sull’altra sponda avanza il georgiano Eranosyan, 23 anni, boxe essenziale ma pugni di


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marmo. Si presenta eliminando il tedesco Haratyunyan, idem contro il russo Abdurashidov, il favorito, e altro capolavoro nei confronti del bulgaro Dimitrov, molto bravo e protetto dall’arbitro Cinar, come già scritto sopra. La finale è al cardiopalma.

64 kg. (24)

Assente il russo Zakaryan, campione uscente, già a Rio (APB), non mancano i pretendenti a cominciare dal moldavo Galagot, argento a Minsk, che inizia vincendo allo sprint col francese Amzile, si impone sul bulgaro Ismetov, ma inciampa nei quarti sul russo Dunaytsev. Questo mancino biondo ha boxe di rimessa poco spettacolare ma molto concreta. Sull’altro fronte avanza l’inedito inglese Mc Cormack, longilineo ventenne, braccia lunghe che usa molto bene. Lo capiscono il turco Keles, oro nel 2011, il tedesco Sopa e il torello lituano Petrauskas, bronzo a Londra. L’’inglese e il russo si giocano il titolo. Assegnato all’unanimità a Dunaytsev, tra le perplessità di spettatori e media.

69 kg. (26)

Tra gli iscritti dei welter, una decina era presente a Minsk nel 2013. Compreso l’irlandese Nolan, giustiziere di due tra i grandi favoriti, già promossi a Rio, il turco Sipal (APB) e il russo Butaev (WSB). Il doppio sforzo si faceva sentire sulla soglia delle semifinali, contro il bielorusso Kastramin, bronzo a Minsk, dimostratosi più tonico. Il bielo si dimostrava meritevole del favore e del titolo. In semifinale supera lo svedese di colore Goyeran, vincitore con aiutino del francese Cissokho. In finale trova il lituano Stanionis, dalla boxe speculare, capace di mettere in fila il magiaro Bacskay, che era partito bene col tedesco Marutjan, argento uscente, e proseguiva col bulgaro Chamov e l’indomabile spagnolo Sissokho. La finale, condizionata dalla ferita di Katramin fin dall’avvio, è senza storia e finisce con verdetto tecnico al terzo round, a favore di Stanionis.

75 kg. (27)

Il successo nelle WSB è il segnale del salto di qualità di Petr Khamukov, russo

di 24 anni, passato nei medi nel 2013, dopo che nei 69 kg. non aveva raccolto praticamente nulla. Col pass per Rio in tasca tenta la carta europea e gli va bene, anche se torna a casa col titolo e un bel taglio al sopracciglio destro. Non è un fenomeno, ma ci sa fare: brevilineo rapido, colpi pesanti e mestiere da professionista. Lo dimostra ad ogni incontro, dal belga Boulafdal all’ucraino Kharlamov. Match violentissimo, sul finire i due si inzuccano e Petr ha la peggio. Nell’altra parte il nostro Salvatore Cavallaro è il vero eroe della categoria, disputando tre incontri con una ferita tra fronte e parte alta del naso da paura. La subisce alla partenza contro il tedesco Radovan, prosegue indomito battendo il fortissimo francese Assomo, con il quale aveva perso in due precedenti occasioni. L’inglese Williams, che si era imposto all’ottimo spagnolo Biacho, fisicamente sembra un mediomassimo. Sa che l’italiano è ferito e cerca in ogni modo di colpire il punto delicato. Cavallaro è perfetto: tocca e si sposta, evita la corta distanza e vince chiaramente, nonostante l’arbitro lituano sembra avere un conto in sospeso col nostro. Il richiamo nella seconda ripresa è il capolavoro al contrario, non riconosciuto da due giudici su tre. Vittoria strameritata. La semifinale tra Cavallaro e il polacco Jakubowski rappresenta una rivincita attesa. Cavallaro vince chiaramente le prime due riprese, mentre la terza vede il polacco più attivo anche se i colpi migliori sono dell’italiano. Giudizio controverso, il canadese sceglie il polacco, l’uzbeko l’italiano. Il terzo è quello del kazako, lo ricordate? Lo stesso del 2730 contro Cappai, che ripete contro Cavallaro. Possibile che sia sempre fuori match in buona fede? Il polacco porta a casa un regalo immeritato.

81 kg. (28)

La categoria più affollata, col ritorno alla grande del mancino irlandese Ward, ex baby prodigio, che nel 2011 a 17 anni, sul ring di Ankara coglie il primo alloro assoluto, dopo aver fatto incetta di trofei a livello giovanile. Da allora sono trascorsi 4 anni, con più ombre che luci. A Samokov parte alla grande superando il russo Shakhmanov, e prosegue senza intoppi con Sekhniashvili (Georgia),

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Dauhaliavets (Bielorussia) e l’ostico croato Sep, domato con poca fatica. Sull’altro versante l’olandese Mullenberg, protagonista a intermittenza con i Thunder Italia, da argento uscente, si presenta in grande spolvero, offrendo la migliore prestazione contro l’inglese Buatsi, una statua di bronzo di 22 anni, che aveva bene impressionato contro Karlson (Estonia) e Tryc (Polonia). Ci prova col tulipano biondo, ma deve cedere alla maggiore vivacità e continuità di Mullenberg. Che non va oltre la sconfitta onorevole in finale con Ward.

91 kg. (26)

Da favorito assoluto, il russo Tishchenko, 24 anni, vice campione mondiale 2013 ad Almaty, battuto da Clemente Russo, colma il vuoto europeo, vincendo senza sprecarsi più di tanto, addirittura non disputando la finale, per rinuncia del polacco Jakubowski. Longilineo elegante non entusiasma ma fa sempre qualcosa in più degli avversari. L’irlandese O’Neill, il bielorusso Karneyev e il bulgaro Pulev ci hanno provato invano. Nell’altra parte del girone il polacco Jakubowski, 23 anni, in crescita, arriva alla finale, con relativa facilità, non rappresentando Fress (Germania) e Grisunins (Lettonia) ostacoli importanti. Purtroppo nel match con l’ ex militante nei Thunder Italia, si procura uno strappo alla spalla e addio finale.

+91 kg. (20)

Il maestro Lello Bergamasco e il presidente Alberto Brasca, ogni volta che ci pensano hanno una contrazione allo stomaco per la rabbia. Il riferimento è alla sconfitta incomprensibile rifilata a Guido Vianello col russo Magomed Omarov, campione europeo 2011, titolare a Londra e ad Almaty, che partiva con i favori del pronostico e ha finito il match letteralmente distrutto. Il mancino russo è partito come una freccia, ma dopo 3 minuti aveva finito la benzina. Da quel momento iniziava la rimonta dell’azzurro da applausi. Il romano appariva in ottima condizione e già si cullavano sogni per un arrivo nella zona podio. A distruggere tutto


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RING

i giudizi del polacco Gorny (5 stelle) e dello svedese Nordin che segnavano un 28-29 scandaloso, contro il giusto 29-27 del canadese Huggins, a favore di Vianello. Verdetto inqualificabile. Perfino il presidente russo si scusava. Nel successivo match di Omarov, la cura Vianello si faceva sentire tutta e il bulgaro Belberov ne godeva i “frutti” lasciando al palo il russo. L’atleta di casa sembrava destinato a disputare la finale contro il croato Hrgovic, invece nel terzo round, veniva centrato dal tedesco Schulz, e il sogno svaniva. Un KO classico e clamoroso, perché al momento il più stanco appariva proprio il krukko. L’oro andava al lunghissimo Hrgovic (2.05) 23 anni, dominatore tra jr. e youth, al primo alloro elite. Prima della finale, col minimo sforzo ha battuto Gardiner (Irlanda), Bakhtidze (Georgia) e il romeno Nistor. Vista la giovane età e l’esperienza acquisita nelle WSB diventa uno dei favoriti per Rio de Janeiro. Intanto ha portato il primo oro europeo alla Croazia. ..........

8 doMande aL c. t. LeLLo BergaMasco Alla vigilia europea con quattro esordienti (Maietta, Arecchia, Cavallaro e Vianello) cosa avresti sottoscritto? Fosti proprio tu a chiedermi dopo la sostituzione dei senatori (Cammarelle, Russo ecc). come avrei proceduto. Ribadisco la mia risposta: il lavoro paga. Questi giovani hanno dimostrato che la nostra squadra non rimpiangerà il passato. Ero preoccupato, vista l’età

dei nostri e sono amareggiato perché il numero dei qualificati ai mondiali non corrisponde a quello reale e non per colpa nostra. I verdetti che hanno punito Vianello, Arecchia, Cappai e Cavallaro quanto hanno pesato nell’economia del torneo? Senza rivangare il passato, come lo scandalo di Cammarelle a Londra, nè incolpare nessuno di incompetenza o malafede, auspico che la boxe torni ad essere più obiettiva. Nel momento in cui sembra riprendere visibilità e importanza grazie ai risultati e ai campioni, ricasca nella nebbia degli scandali e dei verdetti, che macchiano il lavoro e il valore di atleti e nazioni. Una domanda che scotta: il giudice kazako Rybayev sia con CappaiCarmona che Cavallaro-Jablonski ha dato i tre round a sfavore. Sorge il dubbio che questo “5 stelle” ci sia ostile? Conosco da tempo il giudice kazako Rybayev, che ammiravo per comportamento e competenza. Dopo questo Europeo, in tutta sincerità non so cosa rispondere. Un giudizio finale sugli italiani? Sono stati tutti all’altezza e si sono distinti per la preparazione e il carattere. Si sono impegnati al massimo delle loro capacità e ho la certezza che in futuro compiranno un ulteriore salto di qualità. Faccio eccezione con Vianello, voto 10, per la determinazione sul ring, con la speranza di ottenere ciò che merita per il suo comportamento anche dopo un verdetto ingiusto. Sono calati i KO, ma aumentate le ferite. Nessuna nazione esclusa. Non sarebbe il caso di riflettere su questa situazione? Negli scorsi campionati, erano calate anche le ferite, si riteneva l’adattamento al tipo di pugilato senza caschetto. Imposto per imitare il professionistico, ignorando che questi ultimi disputano 8 o 10 round ad un ritmo medio, i dilettanti sulle 3 riprese mantengono un ritmo elevato, spesso frenetico e nella foga di ottenere il risultato si scagliano inconsciamente avanti con la testa. Spero che l’AIBA o il CIO rivedano la situazione. Perdere la qualificazione Olimpica per una ferita, dopo aver lavorato un quadriennio, è mortificante. Abbiamo sei italiani qualif icati per i mondiali di Doha. Quanti speravi di portarne?

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Dopo aver visto gli ultimi tornei, europei compresi, speravo almeno 8. Resto soddisfatto, considerando che lo standard della squadra, in tutte le grandi competizioni e stato di 6/7 atleti. La Russia nel bilancio conclusivo delle medaglie è stata superata nettamente dalla Gran Bretagna. Il tuo giudizio su queste due nazioni? La Russia è sempre stata una delle migliori squadre (se non la migliore) al mondo. La Gran Bretagna ha dei buoni pugili, ma quello che mi ha sorpreso di più è l’organizzazione capillare e scrupolosa. Siamo stati invitati a Sheffield per uno stage: allenatori, fisioterapisti, dottori, cutman, specialisti che misurano il lattato, mental coach, psicologi. Uno staff di 30 persone e un budget che in Italia lo ha solo una squadra di calcio. Alla fine la differenza si concretizza sul ring. Cosa cambieresti nei dilettanti? Sei favorevole al ritorno del casco? Vorrei si trovasse un metodo che permetta di assegnare la vittoria a chi la merita. Nel calcio c’è la rete, nel tennis le linee, nella scherma i sensori ecc. perché nel pugilato non si riesce a trovare un modo? Come già scritto in precedenza, sono favorevole al casco. Soprattutto per i risultati negati per le ferite. L’esempio è proprio Valentino in questi Europei. ..........

6 doMande aL presidente aLBerto Brasca Gli europei di Samokov su sei titolari, cinque erano tra i 18 e i 22 anni. E’ la svolta?


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RING

Il primo passo del processo di rinnovamento avviato all’inizio del nostro insediamento. Per la ricerca dei giovani abbiamo ricalibrato il Calendario nazionale, ridefinito lo staff tecnico, allargato le convocazioni in azzurro, incrementato la presenza ai tornei internazionali, avviato l’esperienza dei Campus per i giovanissimi. Raccogliendo risultati significativi, dagli Junior e Youth, e ora negli Elite. Scelta necessaria dopo un decennio eccezionale, conseguiti da un gruppo ristretto di atleti. Non era facile avviare un nuovo ciclo e trovarne i sostituti, procedendo gradualmente, ma con determinazione, avvalendoci anche del carisma dei più collaudati che pure restano parte integrante del team. Nella quasi totalità delle categorie di peso, lo dico con orgoglio, possiamo contare oggi su ricambi giovanissimi di valore assoluto. Campionati tecnicamente migliori o peggiori del passato? Le cause? E’ sempre difficile esprimere giudizi comparativi tra i livelli del presente e del passato. Chi ha una certa età, come il sottoscritto, corre il rischio di enfatizzare troppo il mito dei campioni dei “tempi d’oro”. Credo che la boxe segua la tendenza generale al miglioramento delle prestazioni. In evidenza negli sport che prevedono una misurazione dei tempi (nuoto o l’atletica leggera), ma si registra in tutte le discipline. La boxe è uno sport in piena evoluzione tecnica. Più raffinata e più varia è l’esecuzione dei colpi, delle serie, del gioco di gambe. Cresciuto il ritmo di gara e la condizione atletica. In questi europei ho visto match condotti ad un ritmo, una velocità d’azione e continuità agonistica dal primo all’ultimo gong, impensabili sino a qualche anno fa. L’AIBA ha eletto sette arbitri 5 stelle, la guida degli altri. A giudizio dei team, risultano avere precisi orientamenti. Una deriva pericolosa? Ho sempre avuto grande rispetto per la categoria degli arbitri e dei giudici a prescindere dal numero di stelle. Sono una componente decisiva del nostro sport e svolgono un compito delicatissimo e difficile. Niente da dire sulla conduzione dei match in questi Campionati, che mi è sembrata

generalmente buona. Molto perplesso circa le valutazioni in ordine a svariati verdetti. Relativamente ai nostri atleti, la perplessità riguarda le sconfitte di Arecchia e Cappai e decisamente sconvolto per quelle di Vianello e Cavallaro. Non sono sicuro siano stati gli errori più clamorosi: ho visto risultati “ribaltati” almeno in un paio di finali. Non è la prima volta. Capita anche sui nostri ring ed è capitato in tutta la storia della boxe. Problema che nessuno è stato capace di risolvere. Ma in questi europei gli errori sono stati decisamente troppi. Qualche anno fa, ricordiamocelo, dopo gli scandalosi verdetti ai Giochi di Seul il CIO minacciò di estromettere la boxe dalle Olimpiadi. Credo e spero che l’AIBA ed i suoi dirigenti si facciano carico di questo problema con un richiamo fermissimo ai propri giudici e con misure sanzionatorie severissime. A questi europei hanno preso parte molti pugili sotto i vent’anni, la Gran Bretagna ha portato giovani di talento, con cinque in f inale. Una sorpresa? C’è una decisa tendenza all’abbassamento dell’età. Buon segno perchè sino a non molti anni fa era raro entrare in una palestra di boxe molto giovani. Si cominciava tardi, magari dopo aver fallito in altri sport. Oggi in tutta Europa, c’è un’attenzione nuova ai giovanissimi. Cominciando presto si matura e si esordisce prima. Concordo sul fatto che l’Inghilterra, ma non solo, si è presentata con una squadra fortissima. Sorpresa parziale perchè negli ultimi anni non avevano ottenuto grandi risultati. Senza dimenticare che l’Inghilterra è da sempre uno dei paesi guida della boxe. La Russia ha portato in f inale solo 4 pugili sui nove iscritti, mentre la Polonia assente dal podio dal 2008, mette due atleti in f inale. Sta cambiando qualcosa ai vertici? Beh...non facciamoci troppe illusioni sul declino della Russia. Quattro atleti in finale non sono pochi. Inoltre la Russia ha campioni già qualificati per le Olimpiadi, assenti al torneo. La Russia resta una squadra fortissima al di là dei risultati in un singolo torneo. Diciamo che c’è una crescita generale a livello di competitività di altri paesi ed è finito il tempo della soggezione. I ragazzi di

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nazioni con scarse tradizioni salgono sul ring per vincere e non guardano in faccia nessuno. La differenza è dei singoli talenti, più delle scuole nazionali. Europei con rari KO, ma molte ferite. Un campanello d’allarme? Sì, i KO sono stati quasi azzerati, gli esperti dicono sia dovuto al materiale dei nuovi guantoni che attutiscono la potenza, ma troppe ferite e molte anche serie. Il ritmo di gara e l’ardore agonistico genera contatti ravvicinati, la frequenza dei match ha fatto il resto: la ferita leggera al primo match è diventata seria al secondo. Personalmente non nascondo le mie preoccupazioni e credo si imponga una riflessione sulla eliminazione dei caschetti protettivi. E’ vero che a volto libero gli atleti sono più riconoscibili ed aumenta il livello di spettacolarità, ma gli svantaggi non sono pochi: il rischio ferita è un deterrente per i ragazzi che si avvicinano al nostro sport; e nei tornei le esclusioni per ferita rischiano talvolta di falsare i reali valori in campo. Ai prossimi Campionati mondiali di Doha confido di poter incontrare il presidente Wu e intendo esternargli queste preoccupazioni, suggerendo magari la sperimentazione di un nuovo casco più leggero in lattice di gomma trasparente che potrebbe essere studiato da qualche azienda e che credo potrebbe risolvere il problema”. ..........

Foto di gruppo della squadra a Samokov.


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B L A N D A M U R A E S C A R PA

BLandaMura: un ko annunciato scarpa espLosivo L’europeo vacante dei medi al francese Soro di Giuliano Orlando ph Marco Chiesa

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MiLano

20. 06. 2015 - Mettetevi nei panni del sottoscritto, che a distanza di un paio di mesi, deve raccontare ai lettori una serata al Principe di Milano, allestita dalla OPI2000, la sigla della famiglia Cherchi, che ha il merito di tenere in piedi all’80% l’attività dei pro italiani. La vera difficoltà, oltre al fatto che nel frattempo l’estate che ha toccato punte torride come non accadeva da anni, si sta accomiatando, permane il disagio di descrivere due incontri dal destino segnato in origine. Comincio dal tricolore superleggeri, durato 2’50”. Tanto ha concesso Andrea Scarpa (18-2) all’incolpevole udinese Emanuele De Prophetis (16-8), 39 anni, professionista a 29, pugile part time, in alternativa a specialità dove vigono calci e gomitate. Designato sfidante ufficiale dalla Lega Pro, a dispetto di un percorso che doveva far riflettere. Ritiratosi dalla boxe nel 2010, riprende quattro anni dopo e mette e a frutto una vittoria contro tre sconfitte di fila (Tolppola, Acatullo e Randazzo). Se tale bilancio merita la designazione a sfidante ufficiale, siamo davvero messi male. Una passeggiata per Scarpa, undici anni meno del rivale, professionista dal 2011, con partenza laboriosa, ma dal quarto confronto mette le cose in chiaro, e inizia l’escalation giusta, sfruttando le qualità che già da dilettante aveva fatto intravvedere e sulle quali, il suo storico maestro Fillippo Grasso a Torino, giurava. Nel 2012 campione italiano superpiuma, incredibile, per un atleta di 1,83, restare sotto i 59 kg. mettendo ko Cipolletta a casa sua. Il 21 giugno dello stesso anno, stoppa l’ottimo mancino Renato De Donato, arresosi al 7° round a Milano, lasciando al foggiano-torinese il tricolore superleggeri. Divorzia da Cavallari per la OPI2000. Disputa cinque incontri e riconquista il titolo nazionale, che aveva lasciato, battendo il tenace vogherese-campano Acatullo. Al Principe la prima difesa, che abbiamo descritto. Il suo futuro lo prospetta Cristian Cherchi: “Andrea ha qualità ma deve fare ancora esperienza. Il prossimo traguardo è una cinturina di sigla. Non vogliamo bruciarlo”. Parole sante. Sulla sconfitta di Emanuele Blandamura, per il vacante europeo dei medi, è passata una stagione, la delusione si è stemperata, ma gli interrogativi restano. Ci sono anche ombre che prendono forma dopo

l’incontro. Il pugile italiano si infortuna alla schiena in allenamento, curato dall’osteopata a Napoli, onde d’urto, punture e altro, senza ottenere la guarigione sperata. A completare l’opera, l’incontro previsto il 2 luglio è anticipato al 20 giugno. Ma non è solo questo il motivo delle perplessità. La domanda è altra: valeva la pena? Il cosfidante francese Michel Soro, statua di bronzo dalla boxe essenziale, prima di Milano era andato a Newark (Usa), a spedire ko al quarto round, il superwelter Glen Tapia (23-1), numero tre WBO, fino ad allora imbattuto. Campanello d’allarme importante, tenendo conto che Blandamura, tecnico di qualità, mobile e preciso, non possiede quello che Soro ha nel suo repertorio: il pugno da ko. Una precisazione: non è mai il pugile che rifiuta l’avversario, non fosse altro per orgoglio, figuriamoci Blandamura che ha nel coraggio una delle doti naturali. Emblematica la risposta del perché, dopo sette round tattici, l’assalto improvviso a Soro, che gli è costato la sconfitta: “Mi ero stufato di fare il fuggitivo. Sono un pugile e debbo anche attaccare. Purtroppo ho pagato per la sua potenza devastante. Fino a quel momento pensavo che nessuno avesse più potenza di Billy Joe, che mi aveva sconfitto al primo tentativo europeo nel 2014. Mi ero sbagliato, Soro è fuori concorso, ha delle bombe atomiche nei guantoni”. Eppure, a distanza di tempo, conferma che è pronto a incontrarlo ancora. Normale, ma spetta a chi di dovere evitare che torni in rotta di collisione. “Dopo la sfida – mi racconta – ci siamo scambiati messaggi. Gli ho fatto i complimenti augurandogli di diventare campione del mondo. Mi ha risposto in modo carino: ‘Sei stato un grande avversario, intelligente e veloce. Ho dovuto impegnarmi al massimo per vincere. Sei anche una bella persona e sono sicuro che vincerai incontri importanti”. Il risultato lo conosciamo da tempo. Blandamura ha tenuto botta per sette round, mettendo in pratica la tattica giusta: evitare lo scambio corto, usando gambe e movimento del tronco, per non incrociare le bombe del francese, che come un gatto sornione ha avuto la pazienza di aspettare senza sprecare energie. Ha trovato il bersaglio all’ottavo tempo e la sfida è finita. Tutto da pronostico e questo mi rattrista, perché dietro la sconfitta c’è sempre una storia umana. Blandamura ci teneva a diventare campione d’Europa per dedicare il trofeo alla memoria di nonno Felice,

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scomparso un anno addietro: “E’ stato il mio vero papà, dopo che i miei genitori si separarono. Da Udine, a 8 anni andai a Roma dai nonni materni che mi accudirono con amore infinito. Nonna Isabella che ha 87 anni, dolcissima, nata a Ferrandina in Basilicata e Felice, origine pugliese, maresciallo dei carabinieri, appassionato di boxe, mi seguiva e incoraggiava sempre. Non avercela fatta mi ha devastato e stento a superare ancora oggi. Ma non mi arrendo. Ne ho parlato a lungo col maestro Massai e ricominciamo da capo”. Dopo la sconfitta è andato in Croazia a trascorrere le ferie, dopo tanta fatica e delusione, ma il pensiero fisso non si è mai discostato da quella serata infelice. Poi, giorno dopo giorno, ha iniziato la ricostruzione del sogno infranto. “Mi ha fatto bene tornare a Roma, la mia città e il mio ambiente. La boxe è la mia vita, quindi debbo imparare a superare lo scoramento della sconfitta. Per tornare più forte di prima. Anche perché la promessa fatta a nonno Felice la voglio mantenere”. Nei preliminari è arrivata l’imprevista prima sconfitta del cruiser Rondena (4-1), giunta per ferita al quarto round. Dopo una partenza balbettante, il milanese sembra aver trovato la strada dei colpi, contro il croato Martinjak (5-12-2) collaudatore smaliziato e pericoloso per la testa avanti e colpi sporchi, che l’arbitro ignora. Rondena cresce adagio. Uno stop ininfluente, ma anche il segnale di dover lavorare meglio. L’ucraino Prodan (2) nei superwelter massaggia sopra e sotto Kebet, solito croato che non gradisce e si arrende al terzo round. .................... Blandamura contro un pesante sinistro del francese Soro. In basso, Blandamura ed il suo avversario si stringono la mano durante la conferenza stampa. Segue un soddisfatto Scarpa a centro ring col suo allenatore. Qui sotto, Scarpa spavaldo dopo un colpo ben portato su De Prophetis.”


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G UA N T O D ’ O R O M A S C H I L E : R O S S A N O

guanto d’oro MaschiLe troFeo aLdo garoFaLo A Rossano la gioventù più forte tra conferme e volti nuovi di Tommaso Gregorio Cavallaro ph Fabio Renzo

ro s s a no

26, 27, 28 giugno 2015 - Il Torneo Nazionale Guanto d’Oro d’Italia Trofeo “Aldo Garofalo”, indetto dalla F.P.I. ed organizzata in collaborazione con le l’Associazioni Sportive Dilettantistiche Pugilistica Cariatese di Cariati e Amaranto Boxe di Reggio Calabria si è concluso al Pala Eventi Body Fitness di Via Candiano a Rossano (CS), che per tre giorni, si può dire con questa importante manifestazione è stata la capitale della boxe tricolore. 10 sono state le finalissime di un torneo giunto ormai alla sua nona edizione. Una kermesse nella quale hanno gareggiato i migliori under 25 e dalla quale nel tempo sono usciti boxer del calibro di Vincenzo Mangiacapre (Bronzo Londra 2012) e altri attuali nel giro della Nazionale: Turchi, Munno, Rosciglione, Fiori, D’Andrea, Rossano, Perugino, Morello, Cosenza, Gasparri, Splendori. Anche alcuni pugili attualmente Pro hanno preso parte a passate edizioni del Guanto d’Oro: Kolaj, Faraoni, De Donato, Crudetti e molti altri. Palaeventi pieno in ogni ordine di posto sia sulle due tribune che nell’area parterre. Hanno assistito ai 10 match conclusivi, infatti, moltissime personalità del mondo politico e sportive sia locale che nazionale. Da segnalare tra la presenza de: il sindaco di Rossano Giuseppe Antoniotti, l’Assessore allo Sport Giandomenico Federico, l’On. Giuseppe Graziano, Il presidente CONI Calabria Maurizio Condipodero, il Presidente Del. FPI Calabria Lavitola, il Consigliere FPI Giancarlo Ottavio Ranno e il componente CESAG Enrico APADei 73 pugili ai nastri di partenza, sono stati 20 quelli che hanno boxato per l’oro.

49 kg Nei 49 kg in finale si sono sfidati Gianluca Conselmo (SI -Pol. Melluzzo Totip) e Federico Serra (SA - Boxing Domenico Mura). Il boxer sardo si è imposto per 2-1 sul pari categoria siciliano.

56 kg Leonardo Faretina ( LB - APOT) e Mauro Forte (LZ - Bellusci Boxe Promotion) sono saliti sul ring per il titolo 56 Kg. Il pugile romano ha vinto per 2-1, salendo così sul primo gradino del podio.

52 kg La finalissima 52 Kg è stata disputata da Gabriele Gangi (LB - Master Boxe) e Claudio Grande ( TS - Pug. Massese. 3-0 a favore di Grande che si è cosi portato a casa il Guanto d’Oro dopo aver conquistato nel dicembre scorso l’oro agli Assoluti.

56 kg

60 kg Il Guanto d’ Oro dei 60 Kg se lo sono conteso Francesco Splendori (LZ GS Fiamme Oro) e Paolo Di Lernia (

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CP- Excelsior Boxe). Splendori, sconfiggendo 3-0 Di Lernia, ha fatto suo per la terza volta, dopo Roma 2011 e Firenze 2012, questo ambito premio.

91 kg Nei 91 Kg il titolo è stata una contesa tra Marvin Di Rocco (AB - Pescara Boxe) e Marius Catalin Anton (LB Mononlabe Boxe.). Anton ha superato 2-1 Di Rocco, mettendosi in valigia il Guanto dei Massimi.

75 kg

64 kg

La finalissima 75 Kg ha visto confrontarsi Umberto De Carlo ( PM - DMS Team) e Francesco Faraoni ( LZ Phoenix Gym). Successo finale e primo posto per Faraoni in virtù del 3-0 inflitto a De Carlo.

L’alloro dorato dei 64 Kg è stato un affare tra Alessandro Mazzali (LZ Team Boxe Roma XI) e Vairo Lenti ( TS - Fight Team Grosseto). Il pugilatore toscano ha sconfitto 2-1 quello romano, laureandosi Campione 2015.

+91 kg Il primo posto nei Supermassimi se lo sono giocato Tommaso Rossano (CP - GS Fiamme Azzurre) e Mirko Carbotti ( LZ - Silicella Boxing Team). Carbotti ha inflitto un 3-0 a Rossano e vinto il Trofeo Garofalo nei +91 Kg.

81 kg Negli 81 Kg si sono sfidati Ivan Zucco (LB - Master Boxe) e Antonio Lavitola (CL - Bruzia Boxe). L’atleta calabro Lavitola, fresco vincitore degli universitari, ha ottenuto il titolo anche in questo torneo grazie al 3-0 su Zucco.

69 kg Luigi Alfieri (AB - Boxing San Salvo) e Nicola Quarneti ( EM - Boxe Lugo) hanno boxato per il primo posto sul podio dei 69 Kg. 3-0 è il punteggio con il quale Alfieri ha superato il romagnolo Quarneti e così ottenuto la vittoria finale nella sua categoria.

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Qui sopra, la locandina dell’evento a Rossano. A f ianco il sindaco e l’assessore di Rossano presenti alla manifestazione pugilistica. Segue una immagine dell’hostess in costumi tradizionali.

i vincitori deL guanto d’oro neLL’edizione deL 2014 ( BergaMo ) 52kg

56kg 60kg 64kg 69kg 75kg 81kg 91kg +91kg

Obbadi M. TS

Conselmo G. SC

Gasparri S. FFOO Cosenza D. FFOO De Filippo M. PL Di Russo Alfonso AB Perugino G. FFOO Scardina Daniele LB Squeo G. Claudio PL Vianello Guido GSF

Lo Porto S. SC Benkorichi Fateh LB Mendizabal Y R. LZ Bevilacqua V. LZ Gena Saverio PL Lavitola Antonio CL D’ Ippolito E. SC Spahiu Alessio LB

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3:0

3:0 2:1 3:0 2:1 3:0 3:0 3:0 2:1


MONDIALI DI POLIZIA

- FA I R FA X

DuE oRI E uN ARGENTo PER lE FIAMME oRo Vangeli e Fiori sul podio più alto

FAIRFAX, 24/6-5/7

Si sono svolti i Campionati mondiali delle polizie 24 giugno 5 luglio 2015 Fairfax (Washington DC). Un mondiale aperto a tutte le discipline sportive. Nel pugilato i nostri ragazzi hanno ottenuto due medaglie d’ oro con Dario Vangeli nei 67 kg. e con Simone Fiori negli 81 kg., Giuseppe Perugino autore di una bella prova ha ottenuto la medaglia d’argento nei 75 kg. I partecipanti sono stati 120. Le Nazioni: Italia, Usa, Russia, Germania , Canada, India, Messico, Brasile, Spagna, Svizzera, Gran Bretagna. I nostri pugili si sono comportati molto bene ed il tecnico Carmine Cirillo ha svolto un ottimo lavoro. Capo delegazione: Claudio De Camillis.

SEMIFINAlI: Vangeli Dario

Shamkhalov A. (RUS)

Perugino Giuseppe

V.P.

Cote Patrice (CAN)

V.P.

FINAlI: 67 kg 75 kg

Dario Donato Vangeli

Vadopjanov Sergey (RUS)

V.P.

Simone Fiori

Ashramouv (RUS)

V.P.

Giuseppe Perugino

81 kg

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Liever (GER)

P.P.

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G UA N T O D ’ O R O F E M M I N I L E - S O R I A N O N E L C I M I N O

GuANTo D’oRo FEMMINIlE Il torneo dedicato a Matteo Podda Finali da...Assoluti di Tommaso Gregorio Cavallaro e Alfredo Bruno ph Luigia Giovannini

S

piccola taglia con una maggiore aggressività e velocità. Un ciclone non facile da tenere a freno. La Meazzi è riuscita, sia pure a sprazzi, ad usare meglio il suo maggiore allungo nella seconda metà del match, ma ha trovato sul suo cammino un avversaria in giornata di grazia.

oriano nel Cimino, 17-19 Luglio 2015 - Il Torneo Nazionale Elite Femminile “ Guanto d’Oro d’Italia” (2° Memorial Matteo Podda), indetto dalla F.P.I. ed organizzata in collaborazione con l’Associazione Sportiva Dilettantistica Cosmo - CR Lazio, si è concluso in quel di Soriano del Cimino con la disputa delle 9 finalissime. 61 le atlete, provenienti da tutta Italia, che hanno preso parte alla terza edizione di questa Kermesse dedicata alle migliori boxer del panorama pugilistico nazionale. 9 i match andati in scena sul ring allestito in Piazza V. Emanuele II e ai quali ha assistito un folto pubblico. Pieno anche il parterre delle autorità in cui spiccavano le presenze: (Sindaco di Soriano) Fabio Menicacci, (Presidente FPI) Alberto Brasca, (VicePresidente FPI) Walter Borghino, (Vice PResidente FPI) Vittorio Lai, (Presidente CR FPI Lazio) Roberto Aschi, (Assessore allo Sport Soriano) Luciano Perugini, (Presidente CONI Viterbo) Alessandro Piga,(Consigliere FPI) Sergio Rosa, (Amm. Comunale) Otello Fanti, (Pres. Ente Sagra Soriano) Antonio Tempesta.

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lE FINAlI

Kg. 48

Stephanie Silva (LZ)

Cristina Meazzi (PM)

3-0

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Stephanie Silva e Cristina Meazzi in pratica hanno fatto il vuoto. La pugile della Liberati ha trovato la soluzione alla sua

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Kg. 54

Francesca Grubissich (LZ)

Eva Magno (PL)

La Galli vince il suo primo grande appuntamento e lo fa nel migliore dei modi superando al termine del più bel match del Torneo l’abruzzese Cipollone, campione d’Italia uscente. Quattro riprese intense senza un attimo di sosta. Sembrano parole dette e ridette, ma le due ragazze hanno onorato nel migliore dei modi la loro sfida. L’allieva di Di Giacomo ha iniziato subito forte per scardinare le certezze dell’avversaria, che prendeva quota con diretti precisi difficili da evitare. L’abruzzese ha cercato di tenere l’iniziativa, ma la precisione della Galli è stata l’arma vincente.

WO

La Grubissich ci teneva a vincere il Guanto d’Oro, ma non per walk over della sua irriducibile avversaria. La Magno si è portata fin dalla prima giornata un occhio “variopinto” dopo il match con Maria Rosa Stellato. Nella seconda serata superava per differenza punteggio, essendo il match terminato in parità, dopo una strenua lotta la sorprendente Erika Martinuzzi. Impossibile continuare dal punto di vista medico fino a dare il via libera all’allieva di Daniele Malori, buona protagonista nelle prime due giornate. Per la Grubissich, con il dente avvelenato dagli Assoluti di Ostia l’appuntamento con la pugliese è solo rimandato.

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Kg. 57

Francesca Pietrolungo (LZ)

Cristina Grosu (TS)

3-0

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Kg. 54

Desirée Galli (LZ)

Diletta Cipollone (AB)

3-0

La Pietrolungo conquista il Guanto d’Oro con sicurezza. Cristina Grosu è una ragazza molto solida, ha cercato di infrangere in ogni modo la barriera di diretti per accorciare e cercare lo scambio ravvicinato, ma non c’è stato niente da fare. La laziale ha provato nella terza e quarta a scambiare, richiamata subito all’ ordine da Fabio Venturini, meglio non rischiare per una meritata vittoria.

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Kg. 60

Alessia Mesiano (LZ)

Jasmine Di Felice (AB)

ricolosa Laura Passatore. In semifinale sia Corazza che Patti dovevano sudare le proverbiali sette camicie per ottenere un verdetto risicato contro Passatore e Ferri. Una finale molto attesa, alla quale si è presentata una Patti vecchia maniera, tirata a lucido. Stavolta l’allieva di Brillantino ha concesso poco alla sua “eterna” rivale, apparsa leggermente appannata, con appuntamento e rivincita agli Assoluti.

3-0

Nelle prime due riprese la Mesiano rischia con l’abruzzese, ragazza dal pugno pesante. Caldarella a scanso d’equivoci la fa girare al largo per non offrire un bersaglio. I colpi isolati della laziale guadagnano punti e per la Di Felice la ricerca di un bersaglio diventa più problematica. Per la Mesiano una vittoria scacciadubbi dopo la difficile vittoria in semifinale su Alessia Canonica.

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Kg. 64

Nunzia Patti (CP)

Sara Corazza (EM)

3-0

Sara Corazza e Nunzia Patti sono ormai abituate a contendersi una finale. Ma il loro non è stato un cammino facile con l’intromissione di una rinata Chiara Ferri e di una sempre pe-

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Kg. 69

Francesca Amato (LZ)

Alessia D’Addario (AB)

3-0

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Kg. 81

Francesca Amato ha acquistato in precisione e continuità, lasciando per strada un po’ di potenza. D’altronde scambiare con Alessia D’Addario oltre a non essere una buona idea, potrebbe essere poco salutare. La ragazza dell’Esercito, che si allena nella Team Boxe Roma XI di Mattioli e Ascani sembra non avere rivali in Italia. Il finale è al cardiopalma e per due volte il destro dell’abruzzese trova dalla corta sotto forma di gancio la via maestra al volto dell’avversaria che incassa con disinvoltura e vince.

Cristina Mazzotta (PL)

Francesca Arcuri (CL)

Assunta Canfora (CP)

3-0

Kg. 81 Per Martina Labarbera (AB) l’assenza della nazionale Flavia Severin non è servita a farle ottenere il successo, visto che Assunta Canfora (CP) ha già dimostrato per l’occasione di essere pronta a traguardi maggiori per la sua boxe essenziale e scaltra.

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Kg. 75

Martina Labarbera (AB)

3-0

Cristina Mazzotta (PL) porta pochi colpi, ma tutti precisi e utili per “manipolare” a suo favore il punteggio. Francesca Arcuri (CL) piace per il suo coraggio, la calabrese è ancora all’abc, subisce anche un richiamo, ma è caparbia e indomabile. La Arcuri si commuove e anche se sconfitta è contenta di aver partecipato a questo importante Torneo, che tra l’altro le ha dato la possibilità di farsi fotografare con il suo idolo Nino Benvenuti per una vendemmiata di mi piace su facebook.

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11째 PREMIO ROCKY MARCIANO

Ripa Teatina

11째 PREMIo RoCKY MARCIANo Premiati Galassi, Mattioli, Duran e il libro su Rocky Marciano di Giuliano Orlando

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RIPA TEATINA

Decisamente in crescita il “Premio Rocky Marciano”, il quel di Ripa Teatina, giunto all’11° edizione, per ricordare in modo concreto il più illustre concittadino, salito ai vertici assoluti nel mondo della “noble art”, unico campione del mondo dei giganti a concludere la carriera imbattuto con 49 vittorie. La manifestazione allarga i confini e premia, oltre ai protagonisti abruzzesi in Italia, anche coloro che dopo aver lasciato Ripa, si sono fatti largo nelle nazioni che li hanno accolti. Riconoscimento all’ingegner Gino Nicolini, operativo in Canada, dove la sua azienda ha evaso commesse per la costruzione di strutture negli aeroporti e nei palazzi importanti. Personaggio delizioso e discreto, che con le giuste parole ha ringraziato per averlo ricordato, facendo commuovere il pubblico. La regia di Gianluca Palladinetti, assessore allo sport e organizzatore dell’evento, si va facendo sempre più perfetta e il suo senso della misura diventa anche la strada per arrivare ovunque. Il fatto che il dottor Gianni Letta, ex Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri oltre che segretario dello stesso Consiglio, abbia inviato un telegramma, scusandosi per non essere presente alla premiazione, facendo i complimenti all’iniziativa e l’elogio al libro “Rocky Marciano The King”, avendolo letto con interesse da buon abruzzese, nato ad Avezzano nella Marsicana, dando appuntamento al prossimo anno, riveste importanza notevole e amplia gli orizzonti del premio, in attesa solo di essere abbinato alla “Fondazione Marciano”, pietra miliare che darà alla patria dei Marcheggiano-Marciano, il segno indelebile del riconoscimento internazionale coinvolgendo i figli di Ripa, che hanno onorato la terra natale nel mondo. Altro segnale importante lo ha dato Nicola Di Sipio, invitando nella sua grande azienda che produce vino di alta qualità, esportato nel mondo, gli ospiti giunti a Ripa per il premio e le autorità della zona. Dal sindaco Ignazio Rucci, sottile e tenace tessitore, agli assessori coinvolti sempre più nell’operazione promozionale per il futuro della cittadina. Tra questi il vice sindaco Roberto

Luciani, Cinzia Marcello delegata alla cultura, promotrice di iniziative tra i giovani, Luciana Di Santo presidente della Pro Loco e un doveroso grazie anche alle interpreti Laura e Maria Qirko. Non dimenticando Valeria Ruggiero, propugnatrice della fondazione. Tra le iniziative anche una mostra di pittura sul tema della boxe, i cui lavori esposti alla Torre di Porta Gabella, firmati da giovani e molto promettenti artisti quali Cadoni, De Gabriele. Modena, Grisend e altri, è risultata molto gradita dalla cittadinanza. Mi corre l’obbligo di ringraziare il maestro Nicola Maria Martini, pittore di fama internazionale che mi ha omaggiato di una copia de “Le torri perdute”, a tiratura limitata. Con una dedica molto bella. La serata dedicata ai premi, non perde mai la sua suggestione scenica, aiutata dalla collocazione del piazzale prospiciente il convento dei frati di antichissima costruzione. Oltre ai personaggi di altri sport, quali il ciclismo con Gabriele Marchesani, titolare dell’Europa Ovini che ha creato per la prima volta una squadra abruzzese di ottimo livello, i grandi protagonisti sono stati il figlio di Ripa, salito al titolo mondiale nel 1977, Rocky Mattioli, che non finisce mai di stupire, per la sua verve e simpatia, Simona Galassi, ex campionessa del mondo e d’Europa, elegante e spigliata, col sorriso che affascina, il suo allenatore Alex Duran, figlio d’arte e grande protagonista per un ventennio (19832002), campione del mondo e d’Europa, diventato ottimo maestro oltre che preparato telecronista. I mattatori della serata, applauditi dal numerosissimo pubblico accorso ogni sera. Ormai di casa, Marciano jr. il figlio di Rocky, che a Ripa ritrova la terra del padre e dai sorrisi che offre, gradisce moltissimo il soggiorno. Stavolta poi ha aggiunto un cammeo di grandissima importanza, come l’inizio del film sull’illustre papà, di cui parliamo in un altro servizio. Presente anche Alessia Ganga, l’autrice dei programmi di Rai World dove le storie dei grandi campioni della boxe, non mancano. Tra i premiati, e lo dico con grande orgoglio, non già l’autore direttamente, ma il mio libro “Rocky Marciano The King”, creando un precedente storico, in quanto la regola è quella di riconoscere i meriti

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a personaggi abruzzesi. Stavolta hanno dribblato l’ostacolo, indicando come “Libro sportivo dell’anno”, la storia di Rocky, un abruzzese doc. Con l’autore, delegato a ritirare il premio. Non è mancata la serata in guantoni, ospitata nello spiazzo della Cantina “Ripa Teatina”, e a questo proposito, sono stato latore di una richiesta fatta dal gym “Rocky Marciano” fondato 30 anni fa da Biagio Pierri a Cinisello Balsamo nel milanese, tramite Roberto Cammarelle, il suo più illustre allievo, che nell’occasione ha firmato le magliette della società d’origine, consegnate a Marciano jr. al sindaco Rucci, all’assessore Palladino e a Gianni Letta che la ritirerà nel 2016, in occasione della serata dedicata al confronto tra la “Rocky Marciano” di Cinisello e un team abruzzese. All’angolo dei milanesi, ci sarà appunto il campione olimpico e mondiale. Dell’Hotel “il dito e la luna” ho già parlato in passato, ma ancor più merita la citazione nell’edizione appena messa in archivio. Il titolare Davinisio Cacciatore, ha ospitato tutti gli invitati al premio come da tempo. Lo ha fatto con grande signorilità e alta qualità a tavola. Elogio particolare è d’obbligo da parte mia, perché nell’occasione mi ha permesso di conoscere angoli incantevoli del chietino e pure il Gargano. Inoltre ho scoperto aziende agricole all’avanguardia a livello tecnologico. Territorio attivissimo, che senza far troppo rumore, produce il meglio da una zona un tempo arida e oggi bella e generosa, grazie all’impegno di persone che hanno scommesso sulla riuscita. Vino, formaggi e la pasta considerata al top non solo italiano, vengono prodotti in Abruzzo. Averlo scoperto grazie alla disponibilità di Davinisio, è stato un regalo bellissimo. .............

Nella pagina precedente da sx: Davinisio Cacciatore, Rocky Marciano jr, Alex Duran, Rocky Mattioli, Simona Galassi, Giuliano Orlando, Yochanan Marcellino; E un momento della premiazione.


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1 0 0 A N N I F P I : E N R I C O U R B I N AT I

ENRICo uRbINATI Il piu’ “grande” fra i “piccoli” di Gianni Virgadaula ph Archivio e Anna Urbinati

C’ERA IN ITAlIA

negli Anni ’30 un piccolo pugile, alto quanto un soldo di cacio, che però sapeva fare la boxe da Dio. I giovani non possono averne memoria, ma Enrico Urbinati, questo era il suo nome, ha lasciato una traccia importante nella storia del pugilato. Non a caso Roberto Fazi in una ideale classifica “pound for pound”, inseriva questo straordinario peso mosca fra i primi 10 boxeur italiani di tutti i tempi. Enrico Urbinati - detto “Piripicchio” per una nenia cantatagli da piccolo dallo zio paterno che faceva “piri picciò, piri picchiò, o forse più semplicemente perché sul quadrato era un autentico funambolo - venne al mondo a Serra San Quirico, nell’anconetano, il 12 marzo 1915. Cominciò a calcare il ring prestissimo e a 15 anni esordì fra i puri. Da dilettante si prese già le sue soddisfazioni conquistando 2 volte il titolo italiano dei mosca, nel 1932 e nel 1933, e vestendo 14 volte la maglia azzurra. 140 i combattimenti disputati in maglietta. Esordì al professionismo il 29 luglio del 1934 battendo ai punti in 6 riprese Luigi Bernabei, con il quale si sarebbe battuto in seguito altre 6 volte.“Piripicchio” disputò quel suo primo match fra i pro a Roma, che sarebbe divenuta la sua città adottiva e dove in totale fece 31 dei 61 incontri disputati. Agile sul ring, eccellente nella difesa, sempre imprevedibile nel disorientare gli avversari con la sua velocità di braccia e di gambe, gli bastarono appena 5 combattimenti per diventare campione italiano dei pesi mosca. Il titolo lo conquistò a Milano l’8 dicembre del ‘34 contro il forte Carlo Cavagnoli, che sconfisse di misura dopo 12 riprese di fuoco. Nel marzo del ’35, sempre a Milano, venne disputata la rivincita, ma senza titolo in palio, e in quell’occasione Cavagnoli costrinse Urbinati all’ab-

bandono, infliggendogli la prima sconfitta in carriera. L’incidente però non fermò l’ascesa di Urbinati che, dopo avere difeso il tricolore a Tripoli superando in 12 riprese Vincenzo Anastasi, intraprese una brillante tournee in Francia, dove nel ‘36 a Parigi sconfisse Jean Batiss, Andrè Dilani, Etienne Mura, mentre a Marsiglia batté nettamente ai punti un pugile di valore come Valentin Angelmann, il quale deteneva il titolo IBU della categoria, e che già 4 volte aveva tentato l’assalto alla cintura mondiale delle 112 libbre ben figurando contro campioni del calibro di Frank Genaro e Jackie Brown. Dopo il successo con Angelmann, Urbinati si recò a Liverpool per affrontare Peter Kane, futuro campione del mondo. L’inglese si impose per KOT all’ottava ripresa, ma “Piripicchio” si difese con onore. Poi però, il 29 ottobre, rimediò a Parigi un’altra sconfitta, stavolta ai punti contro Ernest Weiss. Rimasto imbattuto per tutto il 1937, “Piripicchio” nel ’38 tornò a difendere il titolo italiano, superando ai punti Carlo Mestriner e poi Gianni Tortolini. E se a maggio fu battuto a Marsiglia da Etienne Ferraro, egli si prese una bella rivincita due mesi dopo a Roma con un netto successo ai punti. A quel punto Urbinati era pronto per dare l’assalto alla corona europea della categoria e il 5 dicembre nella capitale, al teatro “Adriano”, gli venne data l’opportunità di incontrare il francese Pierre Louis. Fu un match senza storia. Urbinati, seguito all’angolo da Alfredo Venturi, batté nettamente l’avversario dominando le 15 riprese, e la vittoria accrebbe ancor più la sua popolarità, sfruttata abilmente anche dal Fascismo. Non a caso il 9 dicembre del 1938, a pochi giorni dalla conquista del titolo europeo, Achille Starace, Segretario del Partito, volle che “Piripicchio”, divenuto ormai per tutti il “reuccio” di Roma, posasse con lui in camicia nera a Palazzo Littorio. Ma il nostro non era

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tipo di dormire sugli allori e già nel gennaio del ’39 era nuovamente sul ring, stavolta a Milano, dove lo opposero al forte picchiatore belga Raoul Degryse. Urbinati, pur non essendo in serata, fece il match per otto riprese accumulando un margine di punti che gli avrebbe consentito di gestire tranquillamente il finale dell’incontro. Ma al nono round accadde il fattaccio. Degryse infatti, approfittando di un’ingenuità di “Piripicchio”, davanti alla guardia sguarnita dell’italiano, sparò un destro al fulmicotone che colpì il campione sulla punta del mento. Urbinati cadde a braccia aperte sul tavolato e non udì neppure il conteggio dell’arbitro. Un KO drammatico che costrinse i secondi dell’italiano a trasportare il pugile in barella sino agli spogliatoi, e poi da lì un’ambulanza portò “Piripicchio” in ospedale. Urbinati, nonostante la grande paura causata agli amici e ai suoi tanti fan, si riprese subito dal terribile knock-out e pretese un’immediata rivincita con il belga, stavolta con il titolo in palio. La seconda sfida con Degryse si combattè a Roma il 3 aprile del ’39, mentre già in tutt onfitta patita a Londra contro il campione del mondo Peter Kane, dove nel corso del primo round per tre volte l’inglese era rovinato al tappeto. Ma contro un avversario veloce e imprevedibile come Urbinati, stavolta la potenza del belga rimase inesplosa. “Piripicchio” al meglio della condizione attaccava, si difendeva, sciorinando il meglio del suo repertorio e umiliando Degryse, che più di una volta rischiò il KO. Ora davvero tutti gli ammiratori di “Piripicchio” pensavano che presto il loro beniamino avrebbe conquistato la corona mondiale. Ma l’assalto a quella cintura passava attraverso un match con l’inglese Tiny Bostok. Il match, presentato dagli organizzatori come una semifinale per l’assalto al mondiale, si disputò a Roma l’8 luglio del’39, e Urbinati combattendo da par suo ottenne una bella


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vittoria ai punti. A quel punto la sfida al titolo mondiale sembrava proprio dietro l’angolo, in un momento in la cui corona dei mosca nell’arco di un anno era passata da Peter Kane a Little Dado, ed ancora a Jackie Jurich. Ma lo scoppio della guerra e il fatto che lo stesso Urbinati venne chiamato sotto le armi in Africa, scompigliarono le carte. Alla fine l’incontro tanto atteso, quello che ogni pugile sogna di combattere almeno una volta nella vita non si fece mai. Rientrato dal fronte, il 12 gennaio 1940, Urbinati difese a Roma il titolo italiano ed europeo dei mosca costringendo all’abbandono all’undicesima ripresa Gavino Matta, dal quale “si era fatto battere” l’anno precedente pensando già ad un match dove avrebbe potuto guadagnare molte… palanche. Poi, appena un mese dopo la vittoria con Matta, nell’ennesimo match con

il suo avversario storico Bernabei perdette per squalifica al 3° round. Ed ancora, in marzo, a Firenze consegnava il titolo di campione d’Italia a Vincenzo Anastasi dopo 12 scialbe riprese. “Piripicchio” comunque, nonostante quelle battute d’arresto, rimaneva ancora il migliore del vecchio continente. E nel ’42, il 28 giugno, difendeva a Roma la corona europea dall’assalto di Fortunato Ortega, sconfitto per abbandono alla dodicesima ripresa. Seguiva a settembre la sfida con un altro grandissimo del pugilato, quel Gino Bondavalli che fu campione europeo dei piuma e dei gallo, passato alla storia anche per essere stato il pugile ita-

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liano che disputò il maggior numero di incontri da professionista, 192. Davanti al più pesante ed esperto avversario Urbinati perse la sfida. Ma fu una onorevole sconfitta ai punti. Un risultato che però lo fece riflettere e gli diede consapevolezza del fatto che ormai la sua stella volgeva al tramonto. “Piripicchio” dovette pensare che in altri tempi e con altro spirito neppure Bondavalli lo avrebbe fermato. Decise quindi di abbandonare il ring. Ma egli non volle chiudere la carriera con una sconfitta. Non era nel suo stile. A Roma, la città che più lo amava, il 30 novembre del ’42 combatté il suo ultimo incontro. L’avversario era Otello Belardinelli. In palio il titolo italiano lasciato vacante da Anastasi. E Urbinati riconquistò quella cintura che già era stata sua. Chiudeva così la sua lunga avventura fra le sedici corde con le braccia alzate al cielo. Sceso dal ring, di lui nessuno poté mai dire che fosse un ex campione, avendo appeso i guantoni al chiodo ancora detentore di due titoli: quello italiano e quello europeo dei mosca. Enrico Urbinati, a parte una parentesi che lo vide a Roma collaborare col rinomato “Caffè Borghetti”, rimase nell’ambiente del pugilato sino alla pensione, e la sua leggenda non si è mai sbiadita. Piuttosto, egli fu sempre un esempio per tutti, non solo per il suo riconosciuto talento, ma anche per la verve, l’eleganza, la signorilità, che sempre lo accompagnarono in tutta la sua esistenza facendo di lui un personaggio carismatico, un trascinatore. Non per nulla bastava scambiare poche battute con lui per innamorarsi subito della boxe. Fu così anche per Umberto Branchini, che conobbe “Piripicchio” su un treno diretto a Modena, e alla fine di quel viaggio aveva già deciso che la sua vita l’avrebbe dedicata interamente al pugilato. Urbinati morì nel 1996 all’età di 81 anni. ............. A pagina 25 alcune immagini da professionista (in alto a sinistra con Cattaneo) e un primo piano di Enrico Urbinati. In questa pagina altre foto di Urbinati in alcuni momenti di svago: in campagna, con la sua nuova auto dopo il titolo europeo ed inf ine ricoverato all’ospedale di Milano dopo il durissimo incontro con Degryse.


U E G A L L O : G I O D I S CA L A

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GIoDI SCAlA CAMPIoNE uE INFRANGE Il TAbu’ FRANCESE Buquet resiste solo tre riprese di Alfredo Bruno ph Renata Romagnoli

DIEPPE, 03. 07. 2015

In un momento particolare per il nostro pugilato che sembrava in caduta libera per le sfide titolate con i cugini francesi, c’è stato anche il rovescio della medaglia oppure l’eccezione che, speriamo, non confermi la regola. Giodi Scala (+ 7, -1), 25 anni, è andato a Dieppe a contendere il titolo dell’Unione Europea dei gallo, lasciato vacante da Omar Lamiri, al pugile di casa Anthony Buquet (+ 12, -6, =2), che recentemente aveva superato il nostro Salvini, tra l’altro vincitore di Scala. Come è andata a finire ce lo racconta Raimondo Scala, padre di Giodi, che insieme a Marco Sardellitti stava all’angolo del giovane: “Appena saputo della sua designazione abbiamo svolto un tipo di preparazione particolare viste le caratteristiche del francese, che dava l’impressione di soffrire i colpi al corpo. Diciamo che Giodi si è trasformato per l’occasione in picchiatore. Nessuno pensava ad un epilogo simile. Abbiamo visto che alla prima e seconda ripresa il lavoro al corpo stava dando i suoi frutti. Anche se replicava dava l’impressione di non aver digerito qualche colpo, finchè è arrivata la terza ripresa dove il francese era andato al tappeto e quando si è rialzato dava l’impressione di non

aver smaltito. Giodi allora lo ha colpito con continuità fino a che non gli ha messo un micidiale diretto destro e per il francese è stata la fine”. Raimondo continua:”Siamo entrati in punta di piedi e siamo usciti da vincitori. Il pubblico è stato correttissimo applaudendo il nostro ragazzo. Di questa serata conserverò a lungo il ricordo, parlo di gente che mastica di boxe a grossi livelli”. Il lato positivo di Giodi? Pronta

Giodi con 8 matches ha conquistato due titoli italiani e uno dell’Unione Europea, per certi versi è un record. Che effetto fa questo ad un padre e a un allenatore? “La boxe è parte integrante della mia vita. Per me è una sorta di scommessa. Sapevo di avere in mano qualcosa su cui poter lavorare, tenendo conto che Giodi quando è entrato in palestra pesava 80 kg. e ora ne pesa 54. Diciamo che ho vinto la scommessa”. A Castelliri logicamente si è fatto una grande festa, trattandosi di una zona con grande tradizione. La cittadina ciociara ha ritrovato l’Europa...dopo il grande Luigi Quadrini, accoglienza trionfale per Giodi, grandi festeggiamenti con fuochi d’artificio. Ma la curiosità del nome Giodi rimane: “Inizialmente avrebbe dovuto chiamarsi Giodih, nome di origini slave. Per non incorrere in equivoci l’abbiamo italianizzato togliendogli l’acca” conclude Raimondo. .............

la risposta: “Io con lui ho lavorato molto sulle figure ed ero consapevole di questa potenza sul gancio destro e il diretto destro. Questa è una sua dote. Tra i due la differenza di potenza si è notata subito”.

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Fase di studio tra Giodi scala ed il francese Buquet. Sotto Raimondo Scala e Marco Sardellitti all’angolo.


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ANGElA CARINI... di Tommaso Gregorio Cavallaro ph Marcello Giulietti

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della noble art tricolore le ha scoperte in quel di Assisi in occasione dell’Europeo Junior e Youth 2014 nel quale vinsero entrambe l’Oro come junior. Non fu un fuoco di paglia, perchè Angela Carini e Concetta Marchese hanno continuato a mietere successi anche come Youth, tanto da dare spettacolo all’ultimo Mondiale Giovanile tenutasi a Taipei lo scorso maggio. L’Isola di Formosa regalò l’oro alla Carini nei 64 Kg e l’argento alla Marchese nei 57

Kg.. Medaglie iridate che, però, non sono state prese dalle due pugili campane come un punto di arrivo, bensì come uno di partenza verso un futuro sogno chiamato Olimpiadi. 1. Parlate del vostro primo approccio con il mondo della Boxe. Quando siete entrate in Palestra per la prima volta e come è nata questa passione per la boxe?

AC: Una passione di famiglia. Sia mio nonno che mio padre sono stati dei pugili, così come lo è mio fratello Antonio. Nonno Antonio boxava per l’Audace Boxe di Roma, mentre il mio papà si dilettava tra noble art e altri sport da combattimento. Papà dovette fermarsi a causa di un incidente che lo costringe tuttora a stare su una sedia a rotelle, ma ha continuato ad andare avanti ed essere un esempio per me e mio fratello grazie a una soprannaturale forza di volontà.

E’ stato proprio lui a intuire le mie doti da pugile e portarmi nella Palestra della Pugilistica Matesina dove ho mosso i primi passi con i guantoni. CM: Tutto avvenne grazie ad una riunione pugilistica tenutasi nella mia città Marcianise. Andai a vederla con mio padre che, alla fine dell’evento, mi presentò al maestro Brillantino, il quale mi invitò ad andarlo a trovare nella sua

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Palestra: la mitica Excelsior. Vi entrai che avevo 6 anni. A 14 provai l’ebbrezza del primo match. 2. L’emozione del primo incontro? AC: Ricordo bene la mia prima vittoria. Agosto 2013, avevo di fronte una ragazza con già 5 match alle spalle. Vinsi e la cosa mi diede una spinta incredibile che mi ha consentito di ottenere molti successi sia a livello italiano che internazionale. CM: Molta ansia. Ecco cosa albergava nel mio animo

il giorno del mio primo match. Era, però, di più la voglia di dimostrare il mio valore e ciò che avevo appreso nei lunghi allenamenti in palestra. Salii sul ring e sentii scorrere nelle mie vene un potentissimo flusso di adrenalina. Cosa che mi capita ancora adesso quando sento il suono del gong. 3. Avete raggiunto grandissimi succes-


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... E CoNCETTA MARCHESE

si a livello Nazionale, Europeo e Mondiale. Quali sono i vostri prossimi obiettivi? AC: Come atleta non posso che sognare di partecipare un giorno alle Olimpiadi. Al momento, però, il mio obiettivo sono gli Europei Junior e Youth del prossimo agosto in Ungheria. Una competizione che già mi ha regalato l’oro lo scorso anno ad Assisi, ma nella quale voglio ancora trionfare. CM: A lungo termine sogno di andare alle Olimpiadi di Tokyo 2020. In questo momento, però, sono concentratissima per vincere l’oro agli Europei di Keszthely. 4. Oltre alle vostre indubbie qualità, chi vi sentite di ringraziare per la vostra fin qui scintillante carriera con i guantoni. AC: Mio papà, che è stato il primo a credere in me e mi segue costantemente. Mio fratello con il quale mi alleno spesso. Tutti i tecnici della Pugilistica Matesina,

nella quale ho mosso i primi passi sul ring. Lo staff delle Fiamme Oro Sez. Giovanile, formato dai Maestri Antonio Brillantino e Francesco Rossano, che è il mio attuale club. Non posso non citare, ovviamente, i tecnici dell’Italia Boxing Team Emanuele Renzini e Laura Tosti, che mi seguono da quando sono entrata nelle squadre nazionali. CM: In primis desidero ringraziare il mio maestro Domenico Brillantino per avermi cresciuta e per avermi fatta arrivare fin qui. Devo tutto alla mia famiglia che mi ha sempre sostenuta. Infine mi sento di dire grazie anche ai coach della nazionale “Emanuele Renzini e Laura Tosti” che hanno creduto in me fino dal mio ingresso tra le azzurre. 5. Manca poco al vostro passaggio nella qualifica elite. Come state vivendo que-

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sto momento? AC: Mi alleno tutti i giorni proprio per affrontare qualsiasi sfida come anche quella del passaggio da Youth a Elite CM: Non sarà una passeggiata, ma non sono preoccupata perchè so quanto valgo. In ogni caso raddoppierò I miei sfrorzi durante gli allenamenti per essere pronta al meglio a questo passaggio. .............

Tre belle immagini delle nostre atlete : Angela Carini a sinistra, Concetta Marchese a destra e Carini, Marchese e Irma Testa che abbracciano Marcello Giulietti.


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SARRITZu FAllISCE l’uE CoNTRo lEGRAND Al Principe di Milano: Caccia esplosivo e De Donato risale la china

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ILANO, 4 luglio 2015 - Andrea Sarritzu (34-8-5) nella ultraventennale carriera pugilistica ha scritto pagine indimenticabili, iniziando il percorso agonistico nel 1992 a 16 anni, campione italiano novizi nei minimosca. Da allora il guerriero di Cagliari ha sempre onorato lo sport che ha scelto per amore. Dopo quel primo approccio è sempre stato protagonista, sfiorando il mondiale mosca contro l’invincibile Narvaez, al quale nel 2003, strappò un pari. Tre anni dopo scala la cima europea, battendo lo spagnolo Pozo a Milano, proseguendo sempre ad alto livello fino all’ennesimo tentativo europeo dell’aprile 2014, quando avrebbe meritato di tornare ancora campione contro il romeno-iberico Valery Yanchy, bravo ma un filo sotto Sarritzu. Una sconfitta amara, perché a 38 primavere il postino bussa poche altre volte. L’ultimo capitolo, scritto sul ring del Principe di Milano è lo specchio di un crepuscolo inevitabile a 39 anni, dopo 23 stagioni di attività. A scrivere la sentenza è stato Vincent Legrand, mancino francese di 24 anni, longilineo dall’allungo infinito e con tutte le componenti tecniche per non fermarsi alla cintura dell’Unione Europea mosca, che ha mantenuto senza affanno, in tutta scioltezza. Lo stop al sesto tempo, con Sarritzu lucido ma al tappeto, non è una sorpresa, ma il riscontro del divario attuale tra i due. E adesso? Domanda scomoda per chi deve decidere cosa farà da grande, quando grande lo è già. “Perdere è sempre brutto, anche se la sconfitta con Legrand la sentivo nell’aria fin dai primi scambi. Nel pieno vigore atletico, veloce e preciso, una scelta di tempo notevole, non mi ha mai permesso di entrare nel match. Il risultato era scritto. Il vero dramma è stata quella immeritata con Yanchy, perché mi ha chiuso la porta ad un commiato di vertice, che era nel mio diritto”. Sarritzu, residente a Milano dal 2013, il ruolo di insegnante lo svolge da tempo presso la palestra OpiGym di Alex Cherchi dove opera lo zio Franco. “Abbiamo piena fiducia in Andrea – conferma Alex – anche da maestro, come è

di Giuliano Orlando ph Marco Chiesa stato da pugile. Purtroppo l’età non più quella in cui puoi cullare sogni proibiti. Deve decidere lui, senza pressioni di alcun tipo. La nostra opinione l’abbiamo espressa da tempo, che sarebbe quella di iniziare a tempo pieno ad insegnare, compito che svolge già adesso molto bene”. Che ne pensa Andrea? “Sarei uno stupido se ignorassi l’anagrafe, quindi il momento dell’addio ci sta. Ma vorrei chiudere salutando il pubblico col segno della vittoria. Mi sembra di meritare questo desiderio. Poi aprirò una nuova pagina professionale. Ci sono alcune idee che intendo sviluppare, che senza intralciare il ruolo di insegnante, potrebbero aprire orizzonti, sfruttando l’immagine che ho acquisito in anni di attività. Per fortuna, alcune persone che amano la boxe, ritengono che questo sport sia in grado di diventare un veicolo promozionale, indicando nel sottoscritto il protagonista di storie che fanno riferimento alla mia attività, quindi alle prestazioni più importanti. Si tratta di una nuova strada, che Clemente Russo ha aperto con successo. Mi piacerebbe provarci. Inoltre sto preparando un libro autobiografico. Non è poco. Tengo a precisare che il rapporto con i Cherchi è sempre stato di grande lealtà e continuerà ad esserlo anche il futuro. Errori ne facciamo tutti, quindi fanno parte del gioco. Ad esempio, non conoscevo il francese Legrand ed è stata una sorpresa amara. Lo avessi visto in filmato, sarebbe stato diverso. Comunque ogni lezione serve e anche questa rientra nel programma di prospettiva”. Andrea è dunque al bivio, diciamo all’ultimo passo, prima di varcare il fiume del dopo agonismo. Tradotto in termini pratici, significa disputare un match di commiato contro un rivale dignitoso. La situazione ha epigoni illustri come Sanavia e Fragomeni, i cui rintocchi del tempo sono superiori a quelli di Andrea. A tempi brevi l’ardua sentenza. Il resto della manifestazione ha dato il nome del nuovo campione italiano welter. Si tratta di Alessandro Caccia (14-1) che dopo aver braccato e battuto di potenza Renato De Donato, nella precedente esibizione al Principe, ha proseguito la striscia vincente col furore dei guerrieri che hanno scelto il galoppo per arrivare

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in fretta al traguardo. Vittima di turno, il toscano Giacomo Mazzoni (11-4-1), che pure vantava un pari con Moscatiello. Il cosfidante è stato spazzato via in meno di due minuti, sorpreso e colpito duramente al primo scambio, che gli è costato il conteggio. Rialzatosi, ha avuto appena il tempo di cercare la copertura chiudendosi a testuggine, Tutto inutile, Caccia ha trovato le aperture e col destro al bersaglio alto, ha chiuso la battaglia a senso unico. Per il valente crotonese residente a Ferrara, seguito da Momo Duran, si aprono diverse strade. La difesa per titolo o l’opportunità dell’Unione Europea, sempre che non si vada troppo alle lunghe, come pare dai programmi del titolare, il francese Ahmed El Mousaoui (22-1-1) che ha fissato la prima difesa volontaria in ottobre a Parigi e quella successiva nel 2016. “Voglio combattere con buona continuità – spiega Caccia – visto che sto attraversando un buon periodo di forma. Certo, il traguardo più ambito è l’europeo ufficiale, Che potrebbe arrivare il prossimo anno, magari sfidando il vincitore tra Gianluca Branco e Pauli Malignaggi”. Si è rivisto Renato De Donato (15-3) tornato nei superleggeri e passato con la OPI2000. Il mancino milanese ha dominato il romeno Gego Vari (14-11) tenendo sempre l’iniziativa, in attesa di un test più impegnativo. Proseguono i successi del medio Catalin Paraschiveanu (Rom. 9) e del superwelter Maxim Prodan (3), rispettivamente a spese di Norbert Szekeres (Ung. 16-43-3). che ha retto i 6 round, mentre l’altro magiaro Valentin Bokros (Ung. 2-3) è stato travolto in due round, incapace di reggere agli attacchi del giovane ucraino. Nei superleggeri, Marco Iuculano (4-1) batte. Davide Calì (0-3) costretto alla resa nel quarto round, dopo aver subito la superiorità del giovane messinese (23 anni) residente a Reggio Emilia. .............

In grande l’incrocio di guantoni tra Sarritzu e Legrand; Sarritzu incassa un preciso jab sinistro da Legrand. Caccia costringe in difesa Mazzoni. Una fase di De Donato - Vari.


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HEATHER HARDY La campionessa pi첫 popolare di New York

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di Luca De Franco

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, bionda, con un fisico mozzafiato e un’aggressività che spaventa le avversarie: questa è Heather Hardy. Nata a New York il 25 gennaio 1982, Heather ha avuto una carriera dilettantistica di alto livello vincendo nel 2011 il torneo nazionale di USA Boxing e nel 2012 l’edizione newyorkese dei Golden Gloves nella categoria delle 125 libbre nonché il premio riservato alla miglior combattente dell’evento. Professionista dall’agosto 2012, ha sostenuto 14 incontri: 13 vinti (2 prima del limite) e 1 no-contest. Ha combattuto sempre a New York diventando una beniamina del pubblico. L’incontro più importante di Heather risale al 15 ottobre 2014: al BB King Blues Club & Grill di Manhattan ha battuto largamente ai punti sulla distanza delle dieci riprese Crystal Hoy per il vacante titolo internazionale dei pesi supergallo WBC. Lo scorso 29 maggio, al Barclays Center di Brooklyn ha ottenuto una vittoria per split decision contro Noemi Bosques sugli otto round nel corso della manifestazione incentrata sulla sfida tra Chris Algieri ed Amir Kahn (7.000 spettatori). E’ stata Heather a far debuttare la boxe femminile al Barclays Center, il 14 giugno 2014, affrontando Jackie Trivilino nel sottoclou di Ruslan Provodnikov-Chris Algieri (6.800 spettatori). Una settimana prima, nientemeno che il New York Daily News le ha dedicato un lungo articolo descrivendola come una “una tipa dura, una mamma single proveniente dalle strade dure di Gerritsen Beach a Brooklyn”. Nell’edizione online del quotidiano erano presenti anche parecchie foto scattate alla Gleason’s Gym (dove la Hardy si allena) e una videointervista. Insomma, Heather è abituata a combattere spesso, all’interno di impianti prestigiosi, di fronte a migliaia di persone e ad essere richiesta dai media più importanti. Traguardi che solo poche campionesse riescono a raggiungere. E lei non è neppure campionessa

del mondo. Quali risultati riuscirà ad ottenere quando conquisterà il massimo alloro professionistico? Una campionessa di talento e molto bella, che sa parlare di fronte alle telecamere può diventare una star e portare pubblicità positiva alla nobile arte. Heather, quando hai iniziato a praticare la boxe? Nell’aprile 2010 sono entrata per la prima volta alla Gleason’s Gym. Un mese dopo ho sostenuto il primo incontro dilettantistico, che ho perso. Dopo aver perso anche il secondo, ho iniziato a prendere lezioni da Devon Cormack e nel giro di 18 mesi ho vinto il torneo New York Metro, i campionati regionali di USA Boxing e poi quelli nazionali a Colorado Springs. Nel 2012 ho vinto i New York Golden Gloves. Il mio allenatore Devon Cormack ha il merito di aver sempre creduto in me. Mi alleno ancora con lui e faccio sparring con sua sorella, l’ex campionessa mondiale dei supergallo WBC Alicia Ashley, e con Amanda e Cindy Serrano. Loro sono i miei modelli, mi ispirano con il loro esempio.” Qual è stata la tua avversaria più difficile da professionista? “Nydia Feliciano. La conoscevo, la rispettavo ed ammiravo il suo modo di boxare. Per questo, ero molto nervosa prima del match. Sconfiggerla è stata la mia più grande soddisfazione. Anche la mia ultima avversaria Noemi Bosques è stata molto difficile da battere, è molto forte fisi-

camente ed è una vera dura.” Chi ti piacerebbe affrontare? “Il mio obiettivo è diventare campionessa del mondo WBC, voglio affrontare chiunque indossi quella cintura. So che devo ancora migliorare prima di sostenere un match valevole per il titolo mondiale, ma so anche che ogni volta che salgo sul ring faccio dei progressi e mi sento più sicura. Mancano pochi incontri alla realizzazione del mio sogno.” Chi è il tuo pugile preferito? “Gennady Golovkin. Amo il suo modo di combattere, la sua potenza. E’ il numero uno, a mani basse.” Hai combattuto molto più spesso di altre campionesse, credi che la tua bellezza sia un fattore importante nell’ottenere ingaggi? “Non mi sono mai considerata bella… Comunque, mi ingaggiano perché a New York sono molto popolare e vendo tanti biglietti. Sono brava a parlare di fronte alla telecamera, i media mi amano, e anche questo è molto importante per gli organizzatori. Essere bella non conta se non sai combattere, ci sono atlete più belle di me che nessuno ingaggia. Combatto molto spesso perché le borse della boxe femminile non bastano a pagare le bollette. Infatti, lavoro anche come personal trainer ed istruttrice di pugilato. Ma la mia attività principale è quella di mamma.” Sei sotto contratto con Lou Di Bella, combatti solo per lui? “Si, perché questo è scritto nel contratto. Se un altro organizzatore mi vuole, deve mettersi d’accordo con Di Bella, io non ho voce in capitolo. “ Ti piacerebbe combattere in Europa, magari in Italia? “Mi piacerebbe moltissimo! L’ho detto a Di Bella e lui si è dimostrato aperto a questa eventualità. Se qualcuno gli fa una buona proposta, Di Bella la accetterà sicuramente.” .............

Una bella immagine di Heather Hardy che indossa la cintura di campionessa WBC. Qui sotto la Hardy che incrocia i guanti con Crystal Hoy.

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EUROPEAN GAMES BAKU

appUNTI dI vIaggIO di Walter Borghino

baKU mostra la sua forza, Baku stupisce. Non so quanti dei partecipanti alla prima edizione di questi attesi Giochi Europei si aspettassero una tale magnificenza e, soprattutto, una organizzazione così perfetta e funzionale. Livello olimpico, si direbbe, presagio forse di una candidatura 2024 che da molte parti si auspica (e da altre si teme…). Merito certo di un efficientismo di stampo soviet, di una indefinita disponibilità economica, ma anche della collaborazione e competenza di tanti workers

stranieri, tra cui non pochi italiani, che hanno partecipato agli sforzi del BEGOC fungendo da tecnici, ma anche da teachers, insomma le ben note “intelligenze” messe a disposizione di una nazione che vuole fare dello sport veicolo di immagine e dimostrazione di potenza. Li incontriamo a Casa Italia, anche questa volta dimora accogliente per la grande comunità italiana, e ci scambiamo impressioni e racconti. Si vive bene, a Baku, e chi è

arrivato con un contratto annuale dopo cinque anni sta ancora meditando se tornare. C’è comunque nostalgia di casa e del cibo italiano (a proposito, complimenti alle Eccellenze Campane di Terrazza Calabritto che ci hanno deliziato e coccolato, esaltando la strabiliante similitudine panoramica tra il golfo di Baku e quello di Napoli). Ci hanno stupito le location sportive a dir poco futuristiche (prima fra tutte il Kristal Hall teatro degli sforzi dei nostri pugili), ma anche la funzionalità dei trasporti, l’efficienza della sicurezza, la cordialità e disponibilità dei volontari, l’attenzione della popolazione verso un evento che, pur nella sua ipertrofia organizzativa, non ha scalfito le

abitudini di vita quotidiana, che si sviluppa per la gran parte lungo il Bulevard sempre gremito sino a notte fonda. Così come il traffico, costantemente intenso, e i locali affollati sino all’alba anche nei giorni feriali. Una città viva, in movimento ma sempre misurata, che esprime una dignità composta, che guarda ai pochi ricchissimi con interesse, ma senza invidia. Su tutti le figure onnipresenti del Presidente e della

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sua consorte, che sorvegliano sulla crescita di questa magnificenza. La terra del fuoco, l’Azerbaijan, fuoco che arde anche nello spirito combattivo dei suoi atleti, che fanno incetta di medaglie e mostrano una crescita tecnica stupefacente. Merito anche dei tanti tecnici stranieri, che hanno risposto con entusiasmo alla chiamata non rifiutabile del Comitato Olimpico (presieduto dal Presidente Aliyev) e delle Federazioni. Anche qui il sogno olimpico che si svela e che produce risultati al di sopra delle migliori aspettative. Anche il villaggio atleti si manifesta nella sua funzionale operosità, con una moltitudine di servizi che, ripetiamo, nulla hanno da invidiare alla più compiuta organizzazione olimpica di nostra memoria. Un plauso incondizionato, quindi, alla laboriosità azera e alla sua macchina organizzatrice, capace di una cerimonia di apertura stellare (e dai costi elevatissimi…) che ha stupito il mondo sportivo e non solo. Unica pecca, quella di avere offerto un prodotto così eccellente che difficilmente potrà essere eguagliato dai prossimi organizzatori (ma quali? L’Olanda si è ritirata e si attendono candidature per ora solo annunciate…). Baku stupisce, Baku intimorisce. ............. In questa pagina la spettacolare organizzazione dei Giochi di Baku. Nelle pagine seguenti: foto di gruppo della squadra agli europei; Manfredonia in azione; Picardi e Mangiacapre con Morbidini, Bergamasco e renzini; foto delle azzurre.


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CINQUe argeNTI per l’ITalIa di Giuliano Orlando b a K U , 1 2 - 2 8 g I U g NO 2 0 1 5

- In archivio i primi European Games 2015 svoltisi a Baku in Azerbajan, che ha puntato forte sullo sport e per unire l’utile al dilettevole. Oltre alla disinvolta nazionalizzazione di atleti in tutte le specialità, si concede pure il vezzo di godere di verdetti casalinghi. Oltre a Selimov, colonna russa dal 2005 al 2013, con titoli mondiali (2007) ed europei (2006-2010) hanno aggiunto il cubano Collazo Sotomayor, 30 anni, campione cubano nel 2009, argento (2011) e bronzo (2009), nel 2013 vince il titolo azero e a Baku festeggia la nuova bandiera con l’oro nei 64 kg., battendo in finale il nostro Mangiacapre con un verdetto discretamente casalingo. Per dirla in soldoni, i giudici fanno valere i colpi del cubano il doppio di quelli dell’italiano. Mangiacapre ha vinto la seconda ripresa, ma solo un giudice gliela riconosce, nella terza sono in due a dargliela. Questo per capire l’atmosfera al Crystal Zali 2. Quello di Mangiacapre è il quinto argento azzurro, a significare che la spedizione non era giunta in gita premio, ma ha lottato con qualità e grinta, raggiungendo un prestigioso obiettivo. L’Italia si è presentata con 8 maschi e 5 donne. Manfredonia (81), Mangiacapre (64), Picardi (52), la Alberti (64) e la Davide (54) colgono l’argento. Nei mosca (52) il reintegrato, Vincenzo Picardi va oltre le previsioni col posto d’onore, superando avversari e pronostici. Fortunato contro l’inglese Ali, feritosi nel primo round (perduto), batte il quotato turco Pehlivan e l’emergente slovacco Tanko, che si era permesso il lusso di superare l’armeno Argaryan, uno dei papabili al podio. Il campano lotta sempre dimostrando buon fondo. Perde in finale dal

locale Mamishzada, atleta di ottima quotazione, con grande dignità, replicando fino all’ultimo. D’Andrea (56) si ferma alle soglie del podio, dopo aver superato l’ucraino Shestak e il francese Kistohurry, risalendo nella seconda parte dei match. Contro il russo Nazirov, medaglia d’oro, si è difeso con onore, cedendo sul piano atletico. Il giovane russo attivo nelle WSB, conferma gran ritmo e pugno pungente. Il leggero Cosenza mostra limiti tattici contro McComb (Irl), più alto e rapidissimo negli spostamenti. Nei 69 kg. la prova di Morello conferma l’immaturità del calabrese, che attacca alla cieca riducendo al minimo la possibi-

lità di vittoria. L’irlandese Nolan, ex Italia Thunder, mette a nudo i limiti del giovane azzurro. Positivo il giudizio sul medio siciliano Cavallaro (21 anni) che meritava miglior sorte. Inizia bene battendo l’inglese Fowler, numero uno del ranking, uno dei favoriti, nei quarti Fedor, e infine Dmitriy, una delle punte russe. Nello scontro per l’accesso in semifinale l’azzurro gli è stato alla pari. Non fosse stato per il giudice finlan-

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dese, che gli ha negato il terzo round, contro il parere degli altri due, la vittoria sarebbe andata giustamente al nostro. Sfortuna doppia: il russo, ferito, ha dovuto dare forfait contro l’irlandese O’Really, che si aggiudica l’oro, contro l’azero Musalov, in finale grazie a sorteggi favorevoli. Esperienza utilissima per l’azzurro. Manfredonia, il terzo argento italiano va solo elogiato. Da mesi è sulla cresta dell’onda. Oltre alla fatica fisica, si è aggiunto un ampio taglio al sopracciglio sinistro. E’ andato avanti con coraggio e orgoglio, cedendo solo in finale, contro un Mammadov, sceso di categoria, che usa ogni trucco del

mestiere e sembra una piovra. Su un ring neutro e un Manfredonia tirato a lucido, il match è tutto da giocare. Nei +91 confesso che avevo fatto un pensierino al podio per Vianello, il romano di 21 anni. Purtroppo ha gettato via la vittoria contro l’irlandese Gardiner, che aveva già battuto nel torneo UE. Dopo una prima ripresa perfetta, nelle altre due, risente del problema al ginocchio, resta fermo sulle gambe e diventa bersaglio facile di un rivale che sfrutta al


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meglio la sua boxe d’attacco. Un vero peccato. Delle cinque azzurre, la Gordini nei mosca incappa all’esordio nella russa Sagataeva, con la quale disputa due round attivi, poi cala, finendo in affanno. Marzia Davide nei gallo, pur non essendo al top, arriva in finale, battendo rivali agguerrite come la polacca Wicherska, dalla struttura imponente e la Nimani, punta tedesca, forte e veloce. La fatica si sente nella sfida con la russa Saveleva (31 anni), che si prende vittoria e titolo. Nei leggeri la Marenda, parte bene, superando la giovane romena Mera, nei quarti cede all’ottima francese di colore Mossely, 22 anni, bronzo iridato in carica in ascesa. La transalpina dopo aver battuto la tedesca Bugar, in finale tiene

testa alla plurititolata irlandese Taylor, che vince ma non convince. La bolognese Alberti è la nota positiva. arrivando all’argento tra la sorpresa di coloro che si erano dimenticati come a Jeju in Corea del Sud, la sconfitta contro la locale Shim fosse stato un regalo dei giudici. L’italiana possiede boxe essenziale, colpi pesanti e veloci. Ancora un po’ frontale, ma a 21 anni c’è tempo per migliorare ulteriormente Partita alla grande, battendo la svedese Alexiusson, che tra le jr. aveva vinto tutto, si ripete con la danese Jensen e ancor meglio in semifinale, di fronte alla più alta polacca Rygielska, sempre anticipata. Di fronte alla russa Beliakova, iridata in carica e punta della nazionale, paga l’inesperienza, le rende la vita difficile. La boxe del mordi e fuggi di Anastasia è un teorema che ancora l’Alberti deve risolvere. Ma è sulla buona strada. La Amato nei medi, ha pagato l’emozione,

perdendo dall’ucraina Shambir, alla sua portata. Ma non sarebbe andata oltre, dovendo incrociare l’olandese Fontijn, 28 anni, una bacheca onusta di titoli, ai quali ha aggiunto quello di Baku. Il bilancio rispetta le previsioni, compresi i favori dei giudici ai pugili di casa. La multinazionale azera mette nel medagliere sei ori maschili, un argento e due bronzi, saltando il podio solo nei minimosca, nonostante schierasse Alizada campione europeo 2011. Aggiungendo due bronzi femminili, pur fallendo il podio con la Vistropova nei 64 kg., eliminata dall’inglese Ryan, argento mondiale, dopo una bella battaglia. Una vendemmia

prevista. La Russia conquista quattro ori, due maschili e altrettanti in rosa, quattro bronzi e due argenti. Uno a Gimbatov, 21 anni, il cosacco che da due stagioni vince il titolo russo nei +91. All’esame più importante ha perso nettamente, finendo in debito d’ossigeno contro il trentenne inglese Joyce, dal fisico imponente, che pur rischiando qualcosa, alla fine prevale nettamente. Gimbatov, brevilineo veloce di braccia, non ha potenza e si sfinisce in attacco. Ottimo il rendimento inglese (due ori) ma ancor più dell’Irlanda, partita con dodici elementi, che oltre al doppio trionfo, aggiunge un argento e un bronzo. Mancano l’oro, oltre all’Italia, Francia, Germania, Turchia, Ungheria, Bielorussia, Bulgaria, Moldavia, Romania, Polonia e Ucraina che in partenza speravano di farcela. L’Italia è

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andata più vicino al traguardo dorato, con cinque finalisti, impresa riuscita solo agli azeri (7) e ai russi (6). Il responsabile azzurro, Lello Bergamasco ha risposto globalmente alle nostre domande. “Organizzazione grandiosa a Baku, degna dei Giochi Olimpici. Il governo azero non ha badato a spese. Si capisce che sono stati un segnale importante per far capire che ormai la nazione è pronta per il più grande evento. La nostra spedizione è partita con diversi atleti non al meglio. Vianello per il ginocchio è rimasto fermo negli ultimi dieci giorni, sotto tono Cosenza e Morello. Gli altri hanno dato il massimo e qualcuno non è stato neppure fortunato con i giudici. Forse, Cavallaro e Mangiacapre meritavano qualcosa in più. Sui verdetti per

gli azeri, non ci sono stati scandali. Il discorso è diverso. Mettiti nei panni dei giudici nelle finali, con tutta la famiglia del presidente dell’Azerbajan in tribuna ad applaudire. I ragazzi di casa, partivano con un round a favore. Sulla nazionalizzazione lampo sono contrario, e l’Azerbajan ne ha fatto incetta in tutte le specialità. Da noi si è sulla sponda opposta. Si arriva ad attese di 10 anni. Abbiamo perso un ottimo elemento come Obbadi nei mosca, pur risiedendo da molti anni in Italia, ma ancora in attesa di diventare italiano. Abbiamo alcuni giovani promettenti cubani che vivono in Italia da tempo. Speriamo possano ottenere il passaporto fra non molto. ”. .............


M O N D I A L E S I LV E R W B C : M A R S I L I - D I A Z

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MONdIale sIlver wbC a FIUMICINO MarsIlI CaMpIONe sU dIaz Organizzazione OPI2000 con madrina d’eccezione: Claudia Gerini di Alfredo Bruno ph Renata Romagnoli

FIUMICINO, 01. 08. 2015

Emiliano Marsili siede sul trono mondiale Silver WBC dei leggeri al termine di 12 riprese incandescenti che hanno ampiamente soddisfatto il pubblico presente allo Stadio Cetorelli, ma quello che più conta c’è stato anche l’ottimo gradimento televisivo grazie alla Deejay TV e ad altre emittenti che hanno raggiunto una settantina di nazioni. Un titolo più che meritato, un titolo guadagnato sulle 12 riprese contro un avversario, il messicano Gamaliel Diaz, che non ha lasciato niente di intentato per vincere, dalle testate ai colpi a tempo scaduto, ma anche dotato di discreta potenza. Incredibile la resistenza, la velocità d’esecuzione, l’intelligenza tattica del pugile civitavecchiese, dimenticandoci i suoi 38 anni. Questo Diaz, El Platano come lo chiamano in Messico, ha spiazzato tutti per il suo aspetto tranquillo, quasi dimesso. Molti lo davano nella parabola discendente, ma il pugile visto a Fiumicino ha messo in luce tutto il suo valore giocandosi fino in fondo le sue carte e tenendo in apprensione il clan dell’italiano e il pubblico che scaricava ad alta voce la sua tensione. Molto belli i preliminari dopo una serata di “mare calmo” per i match che hanno preceduto il mondiale. L’entrata del messicano con il suo sombrero variopinto è valsa un Oscar per la scenografia e la musica, la presentazione fatta dalla bellissima, e non esageriamo, Claudia Gerini è stata un capolavoro vocale che ha sorpreso tutti; “Molo 4” la nuova canzone di Federico Zampaglione non poteva avere esordio migliore, cantata in diretta dal suo autore, che tra l’altro con la sua agenzia TM era il promotore insieme alla OPI 2000, alla PBE, alla Lega Pro Boxe, all’imprenditore Enrico Tantussi di una serata storica per la boxe italiana. Anche Fiumicino ha fatto la sua parte,

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il sindaco Montino ci teneva a far sapere che Fiumicino non è solo aeroporto. Sono tutte componenti, che incastonate insieme, hanno prodotto “ il match del decennio”. Arbitra l’imponente belga Van de Wiele. Giudici: Allosa, Barrovecchio M. e Perez. Molte le personalità presenti. Marsili parte bene, le sue braccia sono stantuffi e Diaz oltre all’abilità mette in luce qualche scorrettezza di troppo. Il match prosegue su questa falsariga, Marsili non dà punti di riferimento e mantiene l’iniziativa, spezzata dalla lunga traiettoria del destro di Diaz, che non desiste dal suo atteggiamento con la testa utilizzata come arma d’offesa. Il messicano comunque, meno rapido, svolge un ottimo lavoro al corpo. Il quarto round appartiene di diritto al tempismo e all’abilità del pugile di casa. Lo conferma il primo parziale punteggio: 40-36 e 39-37 per Marsili, mentre c’è un 39-38 per Diaz. Nel sesto round il lavoro continuo sembra mettere in affanno il messicano, che però ha il merito di cercare sempre la replica. Che Diaz sia sempre in corsa lo capisci nel settimo round quando Marsili deve incassare un durissimo destro. I due scambiano e una testata di Diaz stavolta trova l’arbitro pronto al richiamo. Van de Wiele non fa più sconti al messicano e gli affibbia il secondo richiamo che lo porta sull’orlo della squalifica. Diaz si scatena, ma trova un Marsili incattivito. Viene letto il punteggio dopo 8 round: non ci sono incertezze, i due richiami pesano e i tre giudici votano tutti a favore dell’italiano. Nel decimo round Diaz si gioca il tutto per tutto. Marsili spezza il momento buono di Diaz con un ottimo undicesimo round mentre lo controlla nell’ultimo, anche se il destro telefonato del messicano arriva un paio di volte a segno. Non c’è trepidazione, se non il momento di far festa, per il verdetto: il ringannouncer Valerio Lamanna scandisce 115-111 (Barrovecchio), 116-111 (Allosa), 117-110 (Perez). L’era mondiale di Emiliano Marsili è appena cominciata: la macchina organizzativa si è messa subito in moto. Prima del match mondiale possiamo definire la serata come un “tranquillo week end”. Mirko Geografo per i neopro regola ai punti il tutt’altro che disprezzabile Crivello.

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rIsUlTaTI Titolo Mondiale Silver WBC Leggeri

Emiliano Marsili(ITA) Mirko Geografo(ITA) Carel Sandon (ITA)

Mirko Larghetti (ITA) Orial Kolaj (ITA) Matteo Modugno (ITA)

b. Gamaliel Diaz (MEX) 12 Medi neopro b. Leggeri

Ignazio Crivello 4

b. Dzemil Cosovic (SER) 6 Massimi leggeri

b. Marko Martinjak (CRO) abb. 5 Mediomassimi b. Massimi

b.

Slobodan Culum squal. 2

Hrvoje Kisicek (CRO) ko 2

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I due giovani mettono in luce un buon pugilato. Geografo ha una boxe piacevole con varietà di colpi, in alcuni frangenti la sua guardia abbassata sembra un peccato di “gioventù”. Carel Sandon se la vede con il giovane serbo Cosovic, che sembra di gomma incassando colpi dalla traiettoria precisa. Il match è a senso unico. Unica pecca per la boxe scintillante di Carel è la mancanza di potenza che permettono di sopravvivere all’avversario. Mirko Larghetti nella serata è quello che rischia di più. Martinjak qualche fastidio lo procura anticipandolo in alcune occasioni. Dalla terza ripresa il nostro pugile imprime maggior consistenza nei suoi colpi e Martinjak incassa con fatica. Alla quarta ripresa una testata involontaria del croato rimette tutto in discussione e il sangue fiotta dallo zigomo sinistro. Cosa che fa infuriare il “Toro di Montefeltro” che martella l’avversario. Martinjak non ce la fà più e non si alza dallo sgabbello nel quinto round. Non è fortunato Culum di fronte a un Kolaj deciso a scendere al più presto dal ring. Il serbo prova qualche mossa di judo per frenare l’impeto del suo avversario. Nel secondo round l’intervento dell’arbitro Marzuoli gli serve come pretesto per protestare e farsi squalificare. Il match tra Modugno e Kisicek è ancora più breve, ma l’esecuzione del nostro massimo conclusa con un gancio destro è perfetta. Il ko è inevitabile quasi allo scadere del primo round. .............

Pagina precedente: Marsili e Diaz ai ferri corti e Marsili all’angolo. Pagina 38 dall’alto in basso: l’impeto di Kolaj su Culum; in piccolo, Matteo Modugno; Mirko Geografo vincitore su Ignazio Crivello. Pagina 39 dall’alto in basso: Carel Sandon in azione; Marsili a centro ring festeggiato con la corona mondiale tra organizzatori e sponsor; a f ianco la presentarice e madrina della serata: Claudia Gerini.


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GALASSI E GODDI

La Dionicius, ringrazia per il regalo

la galassI sCONFITTa... MerITava Il MONdIale Goddi conquista il silver internazionale di Giuliano Orlando ph Marco Chiesa

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MANERBA DEL GARDA, 26. 06. 2015 – Manerba del Garda sulla riviera bresciana, gioiellino di 5000 abitanti, che la leggenda vuole sia nato per ricordare la dea Minerva, è da sempre territorio estivo di marca tedesca. Il richiamo sportivo punta sulle vele e il surf. Quest’anno ha voluto aggiungere il pugilato, accolto con favore sia dai locali che dai turisti. Poteva essere una bella festa, invece ha lasciato l’amaro al pubblico e in particolare a Simona Galassi (23+ 4- 1=) il simbolo positivo della boxe femminile italiana e del suo maestro Alex Duran, che l’aveva preparata alla perfezione contro la Dionicius. La “Queen of Romagna” a 43 anni, sapeva di giocarsi l’ultima carta per tornare al vertice, in questo caso il mondiale IBF supermosca. La Galassi non la si scopre oggi. Una storia nata nel 2000, esplosa nel 2001 col primo dei tre titoli iridati, altrettanti europei e un record totale di 86 vittorie su 87 incontri. Professionista dal 2006 a 34 primavere, vince tutto: europei EBU e mondiali WBC, fino al marzo 2011, quando in Messico perde il titolo a spese della locale Juarez Polenco, premiata oltre i meriti effettivi. Torna in Italia e bussa all’IBF che le offre l’opportunità iridata il 28 ottobre a Cagliari nei supermosca. Simona batte la magiara Szikora e torna in vetta. Difesa attiva nell’aprile 2012, contro Szebeledi altra magiara, che ritrova quattro mesi dopo, per il vacante interim WBC mosca. Sul ring di Padova si presenta l’ombra della “regina”, finita ko alla terza ripresa. Simona riflette sul futuro, chiama Alex Duran per tornare ai vertici. Ricomincia da capo, coglie l’europeo nel 2013 a 41 anni, si batte alla grande contro l’armena krukka Kentichian (WBA mosca) a Stoccarda finendogli a spalla. Difende due volte lo scettro continentale, fino al momento in cui Giulio Spagnoli (Roundzero), e il contributo della Lega Pro, le consentono una nuova opportunità mondiale. Che ha il nome di Deborah Anahi Dionicius, argentina di 27 anni, 19 vittorie, iride supermosca IBF. Da dilettante è stata un vero terremoto: 105 successi contro 4 scon-

fitte. Vincitrice dei Pan-American la rassegna più importante del continente. Pro dal 2011, dopo soli 11 incontri conquista la cintura vacante supermosca IBF a spese della quotata Michelle Preston dell’Uruguay. Attivissima, la nuova campionessa disputa cinque difese e altri match, sempre vincenti. La sua boxe è unilaterale, avanti a tutta dal primo minuto senza concedere respiro alle rivali. Non è venuta meno neppure a Manerba, trovando per contro una rivale che dopo aver

pagato i reiterati assalti nei primi round, organizza una difesa-offesa ottimale che cambia la tematica iniziale per concludersi con un sia pur minimo, ma reale vantaggio. La Dionicius pressa sempre, ma un conto è colpire su braccia e guantoni cento volte, andando a bersaglio solo venti, un altro è subire i precisi diretti e anche uppercut e montanti dell’italiana, che con l’andare dei round si infittiscono a dispetto dell’età. Una bella battaglia, con punte spettacolari degne di un mondiale e verdetto sul filo del punto. Proprio quel punto, anzi due, che i giudici Lahcen Oumghar, olandese nato in Tunisia e l’italiano, residente in Lussemburgo, Luigi Zaccardi hanno assegnato all’argentina, mentre il francese Jerome Lades, che ha preferito la boxe alla rissa, dà la Galassi vincente 97-93. Può sembrare assurdo, ma nessuno dei tre ha visto un altro match. Lo hanno interpretato in

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modo diverso. Fin qui nulla di scandaloso, anche se visto l’equilibrio reale (personalmente avevo un punto per la Galassi), lo spirito nazionale avrebbe potuto far presa, se non altro per la grande prestazione di una ragazza di 43 anni. Simona, nel commento mette a fuoco una situazione ambientale di cui è stata vittima due volte: “Sono più amareggiata che delusa. Nel 2011 in Messico, non avevo perduto, ma i giudici aiutarono la messicana, atleta di casa e mi scipparono il titolo. In Italia dove a giudizio unanime avevo vinto, dei due giudici sfavorevoli uno è l’italiano, più realista del re. Se il francese mi assegna 4 punti, non credo che lo abbia fatto per simpatia. Una vera disdetta”. Alessandro Duran, il trainer, esprime il suo libero pensiero e lo fa senza giri di parole. “Qualcuno ci ha fatto pagare il ‘tradimento’ del 2012, quando Simona lascia la cintura IBF e combatte per il silver WBC. Casualmente uno dei giudici che hanno visto l’argentina vincere opera solo con la sigla che fa capo a Roberto Rea, il supervisor della sigla, scettico quando abbiamo chiesto il giusto riconoscimento di classifica per Simona, prima di questa sfida. Emblematico che la prima ad essere sorpresa della vittoria sia stata proprio l’argentina, tornata all’angolo dopo il decimo round, con la faccia della sconfitta e i musi lunghi all’angolo. Se Simona fosse stata inferiore, nessun problema, avremmo accettato serenamente la sconfitta. Così, la riteniamo una beffa. Ignorando sia il sacrificio dell’atleta andata oltre le attese e lo sforzo finanziario dell’organizzazione per portare il match in Italia. All’estero ci penalizzano anche se vinciamo, da noi facciamo beneficenza”. Per pura curiosità siamo andati a conoscere l’iter del signor Luigi Zaccardi, nato in Italia il 23 aprile 1943, 72 anni compiuti, attivo come giudice dal 2002, 30 incontri da giudice, sempre e solo con la IBF che in Europa è gestita da Roberto Rea, vice presidente della sigla che risiede a Panama, e ha al vertice la signora Marian Muhamad, unica sigla ad avere una donna presidente. Rea,


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già segretario FPI nel 2001 e poi vice presidente EBU, ha un curriculum di prima qualità in seno al Coni fin dagli anni ’70. Il signor Zaccardi è stato giudice anche per Solis, Coyle, Bundu, Esposito, Petrucci, Pagliara, Versaci e la Galassi nel 2011 contro la magiara Szikora a Cagliari. Una curiosità: la IBF è stata l’ultima sigla a riconoscere la boxe femminile. Il signor Lahcer Oumghar è olandese, nato in Marocco nel 1957 e opera sia con la WBA che con la IBF. Molto attivo, dal 1999 ha svolto la sua funzione in ben 64 riunioni. Il più giovane del terzetto è il francese Jerome Lades, nato nel 1964, attivo dal 2005, restando in ambito nazionale fino al 2012. In Italia ha giudicato Bundu, Gianluca Branco e Sarritzu. A suo giudizio la Galassi è la nuova campionessa del mondo. Peccato sia in minoranza. E adesso? Simona sorride amaro, e risponde così: “Posso stare solo alla finestra come Giulietta, aspettando un Romeo sotto forma di sponsor che abbia ancora fiducia in me e mi offra l’opportunità di riprovare. Dubito avvenga, mentre potrei accettare una sfida all’estero, ben pagata contro una campionessa iridata tra mosca e supermosca. Altro non mi interessa. Per ritrovare gli stimoli dell’ultima preparazione deve esserci il tornaconto, la motivazione giusta. Anche se sto bene, non mi illudo di essere una ventenne, per cui debbo lavorare duramente per giungere al top. Se questo non accadrà nell’anno, unirò gli amici più stretti e brinderò al ritiro dopo 15 anni di attività. Cercherò di nascondere la commozione con grandi sorrisi. Spero solo che quanto ho dato alla boxe femminile in particolare, ma anche a quella italiana, non finisca troppo presto nel dimenticatoio”. Il programma gardesano ha proposto anche il confronto tosto e più equilibrato del previsto, tra Alessandro Goddi (19-1-1), 27 anni, vanto della Sardegna e Riccardo Lecca (11-2-1) 36 anni, un romano dalla lunga milizia con i guantoni, intervallata da parentesi al-

ternative. La sfida assegnava la cintura Internazionale Silver WBC dei medi, il primo passo per scalare la cima che conta. Ha vinto Goddi molto chiaramente, ma il match è stato sempre combattuto e alla maggiore continuità offensiva dell’isolano, faceva riscontro la replica del romano. Forse meno incisiva, ma sempre attiva. Goddi ha un fisico eccezionale, ma cresce molto lentamente.

do collaudatori ragionevoli. L’ultimo è stato il romeno Mugurel Sebe (18-794) i cui numeri dicono tutto. Gli italiani i più numerosi da lui affrontati, per un totale di 41 sfide e un bilancio di 2 vittorie, due pari e 37 sconfitte. Solo Di Giacomo e l’abruzzese Mucci lo hanno messo al tappeto. Il danubiano, pur alla soglia dei 40 anni, non regala nulla e arriva sempre in fondo. E’ stato così anche contro Sinacore, vincitore netto ma solo ai punti sui 6 round. Tra i piuma Antonio Cossu (12-2-2), 41 anni, e ancora tanta velocità di braccia e gambe, contro Luca Genovese (1-7-2), il match si è fermato al quarto round col pari tecnico. Entrambi feriti e impossibilitati a proseguire. Per Ilaria Scopece, tra le più brave nei 49 kg. vincitrice del Guanto d’Oro, podi agli assoluti, allieva della Apot Milano dei fratelli Pasqualetti, alla soglia dei 30 anni, fa l’ingresso nel professionismo. Trova la bionda serba Joavana Trifunjagic (0-3), 19 anni, faccia d’angelo ma carattere di ferro che perde ma lotta come ha fatto a Milano contro la Imbrogno. Per la Scopece il primo passo verso un preciso traguardo: il titolo italiano mancato nei dilettanti. .............

Accenna ma non realizza. Contro Lecca doveva vincere e lo ha fatto. Quando il livello salirà, sarà necessario un salto di qualità. Per non restare a terra. L’altro romano, il mediomassimo Alex Sinacore (11) prosegue la striscia vincente affrontan-

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Pag 40. Gli scambi precisi e durissimi tra la Galassi e la Donicius. Pag 41. Un momento di Goddi - Lecca. Pag 42. In alto Genovese - Cossu; in basso Scopece - Trifunjagic.


NOTIZIARIO FEDERALE

BANDO DI PUBBLICAZIONE PREMIO SCIENTIFICO INTITOLATO ALLA MEMORIA DEL DR. MASSIMO MOSCETTI La Federazione Pugilistica Italiana in collaborazione con la Commissione Medica Federale e con il patrocinio della Federazione Medico Sportiva Italiana istituisce il Premio Scientifico intitolato alla memoria del Dr. Massimo Moscetti, scomparso nel 2013 dopo oltre 60 anni di attività come medico nel campo dello sport del pugilato

la cartella di 30 righe; autorizzazione al trattamento dei dati personali ai sensi del D.lg.196/2003 per gli adempimenti connessi al presente Premio. Art.5) L’assegnazione del Premio sarà determinata da una Giuria composta da cinque Medici di cui tre designati dalla FPI e due dalla FMSI presieduta da un Presidente eletto tra i cinque. Il Premio sarà assegnato a insindacabile giudizio della Giuria che deciderà a maggioranza. Il lavoro scientifico dichiarato vincitore, qualora inedito, sarà pubblicato sulla rivista Medicina dello Sport. La consegna del premio verrà effettuata con assegno circolare intestato al vincitore in occasione del corso di formazione quadriennale per medici del pugilato

CONCORSO SCIENTIFICO PREMIO MASSIMO MOSCETTI Il Premio è istituito con lo scopo di riconoscere e stimolare giovani medici impegnati nella divulgazione della cultura scientifica in Italia su tematiche relative ad innovazioni, ricerche scientifiche e prospettive future nel campo dello sport del Pugilato . Il Premio vuole essere un riconoscimento alla competenza, rigore, sintesi, completezza di contenuti, chiarezza di linguaggio e capacità di divulgazione del sapere nel campo dello sport del pugilato

Art.6) È inteso che il concorrente, con la sua partecipazione, autorizza l’organizzazione del Premio a riprodurre e diffondere su qualunque supporto, immagini e testi tratti dai materiali presentati in concorso, nelle pubblicazioni, nel materiale informativo e pubblicitario e nel sito internet del Premio stesso. L’organizzazione si impegna a citare l’autore dell’opera utilizzata.

REGOLAMENTO E MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE Art.1) Il valore del Premio, stabilito in euro 2.000, è destinato al miglior lavoro scientifico edito od inedito che nell’arco di un quadriennio olimpico affronti tematiche di carattere medico scientifico relative allo sport del pugilato

Art.7) La partecipazione al Concorso comporta accettazione incondizionata del presente bando.

Art.2) La partecipazione al Premio è gratuita e riservata a tutti gli iscritti agli ordini dei Medici che alla data della presentazione del lavoro non abbiano ancora compiuto il 35° anno di età.

Art.8) Ogni autore è personalmente responsabile dei contenuti delle opere inviate. La partecipazione al Premio implica la completa accettazione del presente regolamento, sollevando l’organizzazione da ogni responsabilità civile e penale nei confronti di terzi. Le opere inviate al concorso non saranno restituite.

Art.3) I lavori scientifici in concorso, in lingua italiana e inglese dovranno pervenire in duplice copia cartacea con raccomandata A.R. entro e non oltre il 15 giugno dell’ultimo anno di ogni quadrienno olimpico (per la prima edizione intendesi il 15/06/2016) presso il Servizio Sanitario della FPI Viale Tiziano 70 00196 ROMA con la dicitura di accompagnamento “CONCORSO SCIENTIFICO PREMIO MASSIMO MOSCETTI”

Art.9) Il Concorso, in particolare, non è soggetto alla disciplina del D.P.R. 430/2001 relativo al regolamento concernente la disciplina dei concorsi e delle operazioni a premio, avendo ad oggetto la produzione di un’opera scientifica per la quale il conferimento del premio rappresenta un riconoscimento del merito personale; di conseguenza opera la fattispecie di esclusione di cui all’art. 6 comma 1 lettera a) del D.P.R. 430/2001.

Art.4) Ogni lavoro scientifico in concorso dovrà essere corredato da: compilazione completa di una scheda relativa all’autore (nome, cognome, data di nascita, indirizzo, recapiti telefonici, e-mail, curriculum professionale,) che non superi

Art 10) Per quanto qui non espressamente previsto, il Concorso deve ritenersi disciplinato dalle norme del Codice Civile.

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AG O S T I N O CA R DA M O N E

agOsTINO CardaMONe IrpINO TeNaCe e CONCreTO Fu ad un soffio dal mondiale di Giovanni Calabresi sottovalutato Camerunense Jean Roger Tsidjo, poi al nono e al dodicesimo incontro due argentini ancora validissimi, Hugo Luero e Ramon Abeldano, due esami superati brillantemente che gli diedero il lasciapassare per un incontro per il Titolo Italiano dei pesi Medi, contro Silvio Branco, il primo match di una trilogia epica tra due grandi campioni. A Civitavecchia, in casa di Branco, Cardamone si aggiudica il verdetto ai punti, al ritorno a Montoro grandi festeggiamenti in suo onore patrocinati dal Comune con tanto di banda mu-

“HO seMpre

avuto la passione per il pugilato”- esordisce Ago, così preferisce essere chiamato Agostino Cardamone nella casa di Montoro che si è costruita con le proprie mani -“ ma la palestra più vicina era ad Avellino ed io che abitavo a Montoro, non avevo mezzi per raggiungerla così a quindici anni cominciai a frequentare una palestra di karate, e chiesi al maestro se poteva insegnarmi il pugilato, alla sua risposta negativa lasciai la palestra. Poi a venti anni lavorando come carpentiere riuscii a comprare la mia prima macchina, una Crysler, e mi iscrissi alla A.P. Avellino, tre anni da dilettante dove arrivai a disputare la finale dei campionati Assoluti a Lucca perdendo in finale”. Agostino Cardamone, guidato dal maestro Giovanni Santoro, mise in luce le sue qualità: la resistenza fisica, il coraggio, l’aggressività e quel sinistro pesantissimo che quando arrivava a segno era una bomba a innesco. Dopo tre anni di dilettantismo, nel 1988 il passaggio al professionismo sotto la procura di Patrizio Oliva. Provvisto di una ottima tecnica di base, andò via via affinandosi alla scuola di Rocco Agostino a Bogliasco, dove spesso soggiornava in occasione degli incontri più importanti. e dove poteva contare su sparring di alto livello. Al settimo incontro supera l’imbattuto e

sicale. Difende il tricolore contro Pompilio e De Cecilia, e merita la chance per il Titolo Europeo, contro il siciliano Francesco Dell’Aquila. Rocco Agostino procuratore del pugile di Campobello di Mazara è sicuro che per il suo pro-

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tetto sarà una difesa facile; quando i due fanno sedute di sparring a Bogliasco, Dell’Aquila prevale. Tuttavia si premunisce e impone a Cardamone il passaggio alla sua scuderia e gli fa firmare un contratto che lo vincola per cinque anni. Aveva visto giusto il manager genovese, perché Cardamone batte Dell’Aquila per ko alla terza ripresa ad Avellino e conquista il titolo Continentale. Seguono quattro difese del titolo Europeo, in Francia supera ai punti Frederic Sellier e in Spagna stesso verdetto contro Gino Lelong. Poi è la volta di due pericolosi britannici, il colored Neville Brown battuto in sette riprese a Solofra e il difficile Shaun Cummins superato ai punti a Sanremo. E’ il miglior periodo di Agostino, ha trenta anni con esperienza e maturità per uscire dal vecchio Continente e cercare un’impresa, la conquista del Titolo Mondiale dei pesi Medi fino ad allora riuscita solo a un altro Italiano, Nino Benvenuti contro Emile Griffith. L’avversario è di quelli da prendere con le molle, si chiama Julian Jackson, è già stato Campione del Mondo dei pesi Medi jr, anche lui come Griffith viene dalle Isole Vergini, ma ha un pugno decisamente superiore, per quarantotto volte i suoi avversari non hanno sentito il gong dell’ ultima ripresa su un totale di 60 matches. Il 17 Marzo del 1995 al Memorial Auditorium di Worchester nel Massachussets, Agostino non ha timori di sorta, mette subito alla frusta Jackson , marcia costantemente sull’avversario, il suo sinistro entra ripetutamente nella guardia del rivale, lo chiude all’angolo lo tempesta di colpi e il gong della fine del primo round giunge provvidenziale a salvare Jackson da una situazione difficile, a complicare ulteriormente le cose, i colpi di Agostino hanno aperto una brutta ferita sotto il suo occhio sinistro che in recente passato è stato operato per il distacco della retina. Nel minuto d’intervallo il medico di servizio si porta all’angolo del pugile delle Isole Vergine,sono momenti di grande ten-

sione c’è un fitto parlare concitato tra il medico e il trainer Aaron Snowell, ma in lingua inglese. Nella seconda ripresa, Jackson cambia marcia e attacca disperatamente Cardamone, trova la chiave di lettura del match, cerca l’ incrocio

sul sinistro corto dell’italiano con il suo montante destro, Rocco Agostino fiuta il pericolo e urla continuamente al suo pupillo di portare colpi dritti ma

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Cardamone sente la vittoria a portata di mano e continua ad avanzare sull’avversario bersagliando Jackson con pesanti sinistri al corpo, poi a 1’e 37” della seconda ripresa Ago centra Jackson con un sinistro, mentre si appresta a doppiare il colpo, il destro uncinato di Jackson fino ad allora andato a vuoto arriva a segno e spegne la luce ad Agostino. Peccato, forse con un comportamento tattico diverso il match avrebbe avuto un’altra storia, ma bisogna ricordare che Jackson è stato uno dei più forti picchiatori di tutti i tempi della categoria. “ Seppi dopo “ – dice Cardamone –“ che il medico aveva detto all’ angolo di Jackson che avrebbe fermato il match alla fine della seconda ripresa e avrei vinto per intervento medico, ma nel nostro angolo nessuno capiva l’ inglese, continuai a scambiare, diversamente avrei portato a termine la ripresa e vinto. Inoltre questo match venne organizzato dal figlio di Don King e ci venne proposto dal manager inglese Mickey Duff. Io avevo battuto due suoi pugili: uno era Neville Brown su cui gli inglesi puntavano molto e che mi mise in grossa difficoltà facendomi accusare un terribile destro alla prima ripresa, poi lo lavorai duramente ai fianchi per fermare la sua mobilità e così è stato. Ho seminato prima per raccogliere dopo, l’ ho sfiancato e quando si è fermato l’ho messo giù. Forse Duff organizzò il match contro Jackson per liberarsi di me nel vecchio Continente”. L’ amara sconfitta lascia il segno sul morale di Agostino che un anno dopo viene sconfitto dal russo Zaitsev per il titolo Europeo dei pesi medi, il russo con un colpo scorretto dietro la schiena gli procura la frattura di due costole già dalla quinta ripresa. “Andai avanti ancora per cinque riprese “ dice Ago -”, ma ogni volta che muovevo il tronco avvertivo delle fitte lancinanti e alla decima ripresa abbandonai.” Tuttavia il pugile di Montoro ricomincia con umiltà e il 24 aprile 1998 sul ring di Serino riconquista il Titolo Europeo dei medi sempre contro Zait-


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sev. Ma è destino che la strada di Cardamone torni a incrociarsi dopo sette anni con quella di colui che è stato il suo rivale per antonomasia, Silvio Branco. Questa volta c’è in palio la Corona Mondiale dei medi versione W.B.U. la sfida si svolge sul ring di Brindisi. Il 18 dicembre 1998, Silvio Branco, in gran forma, più alto di dodici cm, dotato di maggiore allungo, mobile sulle gambe danza instancabile intorno a Cardamone e lo tempesta di colpi dritti. Branco vince una ripresa dopo l’altra, ma Agostino instancabile, sorretto da un grande cuore, marcia costantemente sul rivale. Lo costringe a un grande dispendio di energie fisiche e mentali e alla decima ripresa il suo gancio sinistro esplode sulla mascella di Branco che crolla pesantemente al tappeto per il conto totale. Seguono attimi di grande apprensione, Branco è al tappeto privo di sen- si, e qui viene fuori la grande umanità di Agostino, anzichè festeggiare si china preoccupatissimo sul suo rivale, lo rincuora, lo abbraccia, in un gesto di fratellanza sportiva che gli valse il Premio “Fair Play” alla Certosa di Capri. Branco ripresosi elogiò il gesto nobile del suo vincitore. Tuttavia la stampa specializzata scrive che si è trattato di un colpo fortunato, e che in una eventuale rivincita Branco avrebbe avuto la meglio ai punti, punto nell’ orgoglio Ago replica che allora per dimostrare la sua superiorità in un eventuale terzo match vincerà lui ai punti. In quell’anno riceve l’Oscar di miglior pugile professionista Italiano e si commuove perché a pre-

miarlo è il suo idolo di sempre, Marvin Hagler. La rivincita ebbe luogo sul ring di Civitavecchia il 27 Marzo del 1999, Branco, probabilmente segnato nel morale fu l’ombra del bel pugile che si era abituati a vedere. “ Branco accettò questo match troppo presto”– dice Ago –“ avrebbe dovuto far passare più tempo, io ebbi

tasei battaglie alle spalle di cui ben quattordici valevoli per un Titolo, sente tutto il peso di una dura carriera e lascia la Corona Mondiale nelle mani dell’ Olandese del Suriname, Raymond Joval, e appende definitivamente i guantoni al chiodo. “Avrei potuto continuare ancora per un paio di anni – conclude Ago- ero integro, superai le visite mediche, avevo subito una sola dura sconfitta, contro Jackson. Il manager Massai mi pregò di continuare sotto la sua guida, arrivando ad offrirmi in regalo una Audi A3 la macchina dei miei sogni, ma dissi di no. Oggi a distanza di anni sono pentito della mia scelta avrei potuto dare ancora tanto al pugilato e avere una migliore sistemazione economica, le spese per allenarmi erano tante. L’azienda dove lavoravo ha chiuso i battenti e tutti quelli che mi erano accanto quando ero sulla cresta dell’onda sono spariti, se avessi scelto di vivere in un posto più rinomato di Montoro avrei avuto maggiori riconoscimenti”. Ago terminata l’avventura agonistica si è dedicato all’ insegnamento del pugilato e alla famiglia composta dalla signora Filomena,dai figli Argentina, Ciro e Marcello, quest’utimo eccellente pianista. .............

più volte l’occasione di chiudere il match prima del limite”. Tre mesi più tardi, sul ring di Benevento un Agostino Cardamone, 34 anni, in lotta con il peso, con tren-

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Pag 44, Agostino Cardamone con i suoi premi e le cinture Mondiali, Europee e Italiane. Pag 45, Cardamone in trionfo; Ago riceve il premio “Oscar del pugilato” da Marvin Hagler; Agostino Cardamone insieme a Patrizio Oliva. Pag 46, Titolo Europeo contri il francese Seillier. Sotto, con Silvio Branco.


1 0 0 A N N I F P I : PA L E S T R A A L F L A M I N I O

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la palesTra al FlaMINIO di Marco Impiglia ph Archivio Storico

sapeTe QUal’È

la più gloriosa palestra di boxe in Italia? Quella allo Stadio Flaminio, a Roma. Ma se volete visitarla, non potete: da oltre un anno è chiusa al pubblico, come sbarrato e off limits è tutto il perimetro dell’impianto, che il CONI ha dismesso nella gestione e il Comune ha abbandonato al degrado. Dentro, fino a poco tempo fa, c’erano le vestigia di un passato. Il ring, i sacchi appesi alle catene, il quadro svedese che ha visto inarcarsi Benvenuti e Oliva, la bilancia dove si è pesato nudo Cassius Clay, nei giorni magici della Grande Olimpiade. Una volta si chiamava “Stadio Nazionale”. La palestra dello Stadio ha una storia lunga quanto una quaresima: non cento anni ma quasi. Quando il “Nazionale” venne inaugurato nel 1911, nella disabitata zona a nord-ovest della città, la palestra non esisteva, perché la boxe non aveva seguito. Ma nel 1927, allorché Augusto Turati, capo dello sport fascista, decise di ristrutturare l’immen-

so stadio eretto per celebrare il cinquantenario dell’Unità d’Italia, uno spazio venne ricavato al piano terra. Così, il moderno “Stadio del Partito Nazionale Fascista”, inaugurato

Piacentini e Guazzaroni, che vi avevano inserito una piscina sotto gli spalti, con accanto sale per la ginnastica, l’atletica pesante, la scherma e, appunto, la boxe; completavano servizi e uffici. Il 21 gennaio 1930, il gerarca Turati (abile schermidore, un bresciano che lanciò la corsa automobilistica “Mille Miglia”) stabilì che nella palestra del pugilato si dovessero ospitare i primi corsi nazionali per aspiranti maestri: una Scuola volta a dare un’impronta alla tecnica pugilistica italiana. Nel 1931 le federazioni sportive dal nord Italia cominciarono a confluire allo Stadio, per cui a fianco della palestra si aprì l’ufficio della FPI dove comandava, come un re (e alcuni sibilavano la parola ‘tiranno’), in giacca scura, basettoni e papillon, il segretario Edoardo Mazzia. Questi era un romano purosangue, pioniere della nobile arte, e a lavoro arrivava col tram perché abitava tra piazza del Popolo e il Tevere. Mazzia giudicò di usare la palestra per gli allenamenti dei dilettanti nel giro azzurro. Era l’inizio di un’epopea.

la prIMa

con i Giochi internazionali universitari, ebbe la sua palestra esclusiva per il pugilato. La versatilità del nuovo impianto era stata esaltata dagli architetti

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foto che conosco di due boxeur in azione al vecchio Stadio (che comunque non era nuovo alla grande boxe, e aveva ospitato match come quello tra Bosisio e Jacovacci) risale all’agosto del 1931. La data è certa, in quanto l’imma-


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gine fu pubblicata sulla rivista “Tutti gli Sports”, ebdomadario illustrato edito a Napoli. In azione sono Mario Bianchini e il peso medio Mario Liani, e l’arbitro che li osserva attento, mentre si affrontano seguendo gli ordini del fotografo, è il ct Edoardo Garzena, prima medaglia olimpica azzurra. Bianchini aveva vent’anni, audaciano e capitano della Nazionale, campione d’Europa dei pesi leggeri; nel 1932 a Los Angeles avrebbe perso la finale per il bronzo. In quei primi anni ‘30, la palestra dello Stadio del PNF vide allenamenti di dilettanti di valore, ma non preparazioni in vista di impegni internazionali e neppure lo svolgimento di campionati italiani senior. Per questo tipo di cose c’erano i training camp all’Accademia della Farnesina e le sedi delle società sportive.

Klaus alla Pugilistica? Semplice: Klaus portò da noi il sistema americano di allenamento, più scientifico, insieme a tanti consigli tecnici, espressione d’una carriera già decennale di manager, e a una valigia colma di medicinali sconosciuti, tra

ARRiVAnO StEVE KlAuS E il CAmpiOnAtO nAziOnAlE A SQuADRE. Nel 1937 cambiò un poco lo spartito. Il 12 novembre, il presidente federale Raffaello Riccardi diramò alla stampa la clamorosa notizia: un “commissario tecnico” stava per giungere dall’America; il suo nome era Steve Klaus, e dal primo dicembre avrebbe assunto servizio nella palestra, ora messa a disposizione per gli allenamenti collegiali dei “probabili olimpici”, per i corsi istruttori e per i corsi arbitri. Mazzia informò che la prima mansione del ct sarebbe stata quella di tenere uno speciale corso per insegnanti, e che i diplomati sarebbero stati irradiati nelle regioni. Il 19 novembre Klaus fu presentato dalle autorità del CONI e della FPI. Nelle speranze di tutti, sarebbe stato l’uomo che ci avrebbe condotto alla vittoria ai Giochi Olimpici di Tokio 1940. Klaus visitò subito la palestra, che trovò attrezzata. Rilasciò un’intervista, esibendo un discreto italiano, al giornalista Decio Lucarini. Mostrò un album pieno zeppo di foto in cui in cui era ritratto insieme a star del professionismo. Perché fu così importante la planata di

pugilato nel programma di educazione fisica delle scuole superiori. Questo perché Benito Mussolini lo vedeva come uno sport completo, e quindi adatto per la gioventù. Tutto quadrava: gli americani dominavano nel “boxing” ed era logico che spettasse a loro fornirci le coordinate per la rotta. Poi li avremmo tranquillamente battuti: ai Giochi di Tokio; a quelli di Roma nel ‘44. Con altri Carnera. Una bella iniziativa fu presa nel 1941, allorché il presidente federale, Vittorio Mussolini, decise di dare il là a un campionato nazionale a squadre. Partì il 7 gennaio 1942 e vi parteciparono 14 formazioni. Ben 26 le giornate tra andata e ritorno, da disputarsi in contemporanea con le gare di calcio della Serie A. La “Bruno Mussolini” e la “Cristoforo Colombo” utilizzarono come campo di casa la palestra. E così si assistette al fenomeno inconsueto dei tifosi della giallorossa AS Roma che, finito di gustarsi la partita di pallone, correvano giù nella pancia dello stadio a vedere la “partita di pugni”. Il torneo, ridenominato Campionato Divisione Nazionale Serie A, ebbe la sua seconda e ultima edizione nel 1942-43, da ottobre a giugno.

lA pAlEStRA Di nERVi

cui una pomata miracolosa per le ferite ai sopraccigli. I primi cut-men fatti in casa, addestrati dal ‘Mister’, si misero all’opera nella palestra federale. Calcolate che, alla fine dell’anno seguente, si parlò d’introdurre l’insegnamento del

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Nel dopoguerra, la palestra e gli uffici attigui della Federazione rimasero la casa di Klaus, del suo assistente Natalino Rea e dell’onnipotente (decideva lui i presidenti) Mazzia. Nel 1956 Klaus condusse la Nazionale a Melbourne, sua terza Olimpiade azzurra consecutiva, quindi lasciò l’incarico. Era ormai prossimo l’appuntamento di Roma ‘60, e il CONI aveva deciso di ristrutturare ancora una volta lo “Stadio Torino”. (Ribattezzato così nel ‘49 in onore della squadra di calcio granata perita nel disastro aereo di Superga). Il Comitato Organizzatore dell’Olimpiade iniziò i lavori il primo luglio 1957: da una parte si demoliva coi caterpillars il vecchio, all’unisono si tirava su il nuovo. Il progetto venne affidato all’architetto Pier Luigi Nervi, coadiuvato dal


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figlio Antonio. Costò 900 milioni per un totale di 80.000 giornate lavorative: abbastanza onesto e senza sprechi, tutti ammisero. I due Nervi disegnarono un impianto da 42.000 posti, con ampio uso del cemento armato in quella versione plastica e sognante che rese celeberrimo nel mondo il mago di Sondrio. Le dimensioni di m. 180x130, su un’area di 21.600 mq, lo rendevano un soggetto di medio calibro. Tuttavia, la modernità e il pregio estetico erano evidenti: la linea ‘a onda’, l’arditezza delle rampate, la sala stampa con le cabine e le telescriventi, l’impianto d’illuminazione a tralicci. Furono tutte mantenute e migliorate le sale sportive e fu completamente ripensata la palestra semi-interrata del pugilato, fantasia nerviana con costoloni – le cosiddette ‘cavalle’ – che salendo facevano credere ai pugili di star dentro il ventre steccato della balena di Giona. Devo confessarvi che io, da piccolo, all’interno d’una vera balena mummificata ci sono stato, qui a Roma: ebbene, ogni volta che entravo nella vasta e alta palestra del Flaminio, con la luce che pioveva arcana dai lucernari come in una cattedrale gotica, provavo la stessa antica sensazione: l’idea di Moby Dick, il mistero magico di una religione. Rea e il suo vice Poggi, in quel nuovo tempio della Boxiana, rilasciarono nel 1960 un’intervista per un programma che la Rai mandò in Tv, al fine di dar conto della squadra di pugilato. Benvenuti e compagni, in effetti, vi si allenarono, e durante i Giochi diversi team vi misero piede. Cassius Clay vi si allenò. Nelle pause dei suoi esercizi, un medico della nostra Nazionale, Massimo Moscetti, si scandalizzò che quella meraviglia di muscoli di cioccolata bevesse mezzi litri d’acqua a sorsate intere dai rubinetti del bagno, mentre agli atleti italiani la cosa veniva proibita. Ma il tipo s’ingozzava di nascosto anche di coca cola: era di un’altra specie, geneticamente parlando. Dopo le Olimpiadi, la palestra al Flaminio divenne il regno di un altro personaggio mitico della boxe tricolore: “Capo Repetto”. Questi era un ligure ufficiale della Marina che all’anagrafe faceva Carlo, ma tutti i pugili lo chiamavano “Capo”, perchè capo lo era a 360 gradi. Molti dei campioni usciti dalle

file del Centro Sportivo Marina erano opera sua, vestivano il bianco-blu e frequentavano la balena di Giona: probabile che avessero la forza e l’audacia del capitano Achab. Sicuramente l’aveva Tore Burruni, che nel 1965 strappò il titolo iridato dei mosca al coreano Kingpetch allenandosi allo Stadio. Per l’esattezza, Repetto prese possesso della palestra nel 1962, e subito la arredò classicamente e la migliorò con idee innovatrici. Intanto, la palestra era anche visita

ghi, Benvenuti, Lopopolo, Oliva e altre “legends” della nostra storia sono salite sul ring del Flaminio con lo sparring e il maestro di turno. Terminata l’epopea di Capo Repetto, è toccato al Comitato Regionale Lazio FPI trasferire lì la propria sede e gestire la palestra che dal 2012 al 2014 ha condiviso con la Flaminio Boxe. Infatti, il CONI e la Coni Servizi avevano da qualche tempo rinunciato alla gestione. Sfumato nel nulla un tentativo della Federcalcio, a giugno dello scorso anno però è arrivata la notizia della chiusura e la restituzione dell’impianto al Comune di Roma. La FPI ha sovrainteso alle operazioni di sgombero degli uffici e della palestra. Mentre scriviamo, i giornali parlano dello “scandalo dello Stadio Flaminio” e si cercano affannosamente sponsor. I turisti stranieri vengono ancora a vederlo, perché lì c’è stata l’Olimpiade. Si stupiscono dell’abbandono, della stasi totale. Ora, il problema che si pone è semplice: dobbiamo salvare il Flaminio, e con esso la palestra di pugilato più gloriosa dello sport italiano. Bisogna farlo tornare a respirare e a vivere normalmente. Anche perché è semplicemente “bello”. Anche perché c’è una candidatura olimpica da sostenere, e non è intelligente mostrare come teniamo in conto i nostri templi. Malattie lo Stadio già ne ha patite in passato. Il Fascismo ci mise mano e risolse. La Democrazia Cristiana intervenne e risolse. E noi… noi che si fa? ...............

d’obbligo per i professionisti statunitensi, sudamericani e nord europei che sbarcavano a Fiumicino, pronti a disputare titoli in quei ‘60 del boom economico e delle super organizzazioni. Da Archie Moore e Ray Robinson a Fred Little, da Luis Manuel Rodriguez a Carlos Monzon, passando per Erich Schöppner, Willy Quator, Howard Winston e Juan Carlos Duran. Dopo Burruni, anche Mazzin-

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A pagina 47: Steve Klaus e Rea davanti agli allievi allo stadio e in palestra al sacco. A pagina 48/49: Archie Moore si allena con Camponeschi ;Capo Repetto; Cassius Clay al peso alle Olimpiadi del 1960 ; Monzon si allena con Calcabrini. In questa pagina e nella precedente: Enrico Urbinati e Sugar Ray Robinson; due momenti di boxe a confronto, passato e presente: un allenamento del 1930 e la Nazionale Cubana in allenamento alla palestra dello Stadio Flaminio.


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LOGO ITALIA BOXING TESTO PANTONE 3015 GUANTONE VERDE PANTONE 347; ROSSO PANTONE O32

Un luglio senza tregua di Tommaso Gregorio Cavallaro Doppia sfida con una compagine Bulgara-Rumena per le Azzurrine tra il 17 e il 19 Luglio. Due vittorie dal risultato roboante per le nostre. La prima conquistata, in quel di Torre Annunziata venerdì 17 luglio, grazie a un roboante 9-1. La seconda, ottenuta a Marcianise domenica 19 luglio, con un secco 10-0. Al lavoro anche le Nazionali giovanili

DOpO lA StRAORDinARiA avventura di Baku, che ha regalato all’Italia del Pugilato cinque straordinari argenti, ricomincia la preparazione della Nazionale Elite Maschile in vista degli ormai prossimi Campionati Europei in programma a Samokov (Bulgaria) dal 6 al 15 agosto. Coach Raffaele Bergamasco ha praticamente tenuto in ritiro permanente gli Azzurri per tutto il mese di luglio, che è stato aperto dal Training Camp di Roseto degli

Abruzzi (210 Luglio) ed è stato chiuso da quello doppio svoltosi tra la Francia (Nancy) e l’Inghilterra Sheffield. In terra Francese i nostri Pugilatori si sono allenati con i pari età d’Oltralpe dal 14 al 18 luglio, mentre dal 19 al 25 hanno potuto confrontarsi in allenamento in quel Sheffield (Inghilterra) con gli atleti delle seguenti nazioni: Inghilterra, Irlanda, Marocco, Ungheria, Estonia, Norvegia. Ricco il programma di Dual match e allenamenti per quanto concerne le nostre squadre giovanili. Le ragazze della rappresentativa Junior/Youth, che dal

maschili che hanno passato in allenamento i primi dieci giorni di Luglio (7-17) a Spoleto presso le Strutture della Scuola Sovraintendenti di Polizia. .............

15 al 24 agosto saranno impegnate a Keszthely (Ungheria) nel Campionato europeo di categoria.

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In alto, foto dei festeggiamenti in palestra per le nostre Azzurre; segue, la nostra nazionale in allenamento ad Assisi; in basso un allenamento nella palestra di Spoleto.


MEDITERRANEO IBF

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mEDitERRAnEO iBF BAttutA D’ARREStO pER lEzzi Il tunisino Ouerghi troppo forte per il barese di Ernesto Cusmai ph Paolo Marolla

BARi 31 luGliO 2015

– Torna la boxe che conta a Bari e precisamente al Palamartino con l’organizzazione della Roundzero e della Lezzi Boxing Team. Francesco Lezzi (+ 7, -4, =1) dopo la brillante prova con Ibrahim Maokola, che gli è valso il titolo Youth IBF, e il successo ottenuto al termine di un match entusiasmante contro l’indomabile Tobia Loriga, doveva superare un altro scoglio nel pericoloso tunisino Sofiane Ouerghi, un pugile evitato dai peri peso per la sua notevole potenza, residente a Rimini dove ha il suo campo di allenamento. Combatte poco Ouerghi (+ 9, - 3), 27 anni, ma nel suo record ci sono già importanti vittorie ottenute a inizio carriera su Felice Moncelli, Gaetano Nespro e da ultimo sulla grande promessa tedesca Dominick Britsch. Anche stavolta c’era un titolo in palio, il Mediterraneo IBF sulla rotta delle 12 riprese. Purtroppo già nel primo round il pugile di Bari incocciava nel micidiale destro di Ouerghi, un colpo a freddo di quelli difficili da smaltire. Non manca certo il coraggio a “Il gladiatore del Libertà”, che accetta la sfida a viso aperto cercando di ribaltare una situazione tutta in salita, ma alla settima ripresa il gancio destro di Ouerghi non trova

ostacoli e l’arbitro ferma il match. Poco prima aveva dovuto incassare una dura serie, che gli faceva volare il paradenti, pochi secondi per riprendere e poi la fine.

GiuRiA

Roberto Rea (Italia) Supervisore Jean P. Van Imschoot (Belgio) Arbitro Serge Hendrice (Belgio) Giudice Ian Teleki (Repubblica Ceca) Giudice Giustino Di Giovanni (Italia) Giudice Dr. Giuseppe Macchiarola Medico di Campionato

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Foto a centro ring del team Ouerghi. Sotto, Lezzi che tenta di accorciare le distanze con l’avversario. In piccolo in basso, l’arbitro chiama a centro ring i due atleti per le ultime raccomandazioni.


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RING

T I T O L O I TA L I A N O L E G G E R I : D I S I LV I O

il pumA AzzAnnA lA tiGRE Dura sconfitta per Acatullo: Di Silvio non perdona... di Ernesto Cusmai ph Renata Romagnoli

VOGHERA, 03. 07. 2015

Forse a nessun altro s’intaglia bene la parola “Puma”, sinonimo di imprevedibilità felina. Chi ha messo questo soprannome a Pasquale Di Slvio può dirsi soddisfatto come se avesse vinto una lotteria. L’ultimo capolavoro di Pasquale ha avuto la sua rappresentazione sul ring del PalaOltrepo di Voghera, la città di Giovanni Parisi e di Francesco Acatullo, un giovane fighter, chiamato a contendere il titolo italiano dei leggeri, lasciato vacante da Massimiliano Ballisai. Pronostico spaccato a metà: la gioventù straripante del 27enne lom-

bardo o l’esperienza del 35enne laziale? Niente di tutto questo perchè sul ring è apparso il vero “Puma”, dallo sguardo cattivo e impenetrabile, contro un Acatullo, molto teso e forse troppo responsabilizzato. La boxe ha una sua legge, sul ring vince il più bravo e il più forte, l’uovo di Colombo...che non ammette deroghe. Appena accennava ad un attacco il pugile di casa veniva anticipato da colpi velenosi, scagliati per scardinare certezze. Acatullo capisce di avere davanti un problema senza soluzione, non ha le idee chiare e forse non sente neanche le raccomandazio-

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ni dell’angolo. I due si legano, ma chi ne trae giovamento è sempre Di Silvio, abile nel passo indietro a far scattare come una molla i suoi diretti. Il conteggio subito da Acatullo è un avviso ben preciso, anche se la quinta ripresa da lui vinta illude i suoi fans. Ma nella sesta Di Silvio riconquista il centro del ring e conduce la danza. Un ritmo sempre più sostenuto che annebbia le idee del pugile di casa che nel settimo dopo una finta di sinistro viene incrociato da un destro pesante che lo costringe al tappeto. Quando si rialza Acatullo diventa facile preda e l’arbitro non esita


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a fermare il match. Una bella vittoria che rilancia Di Silvio, che sembra aver acquistato vigore e stimoli con la cura Massai. Per tranquillizzare i suoi tifosi Pasquale, adesso, deve infrangere il tabù della prima difesa del titolo che in un paio di occasioni lo ha visto sempre perdere. A Voghera è riapparso il Di Silvio implacabile del primo match con Califano e del ko inflitto a Fiorletta. Non bisogna neanche dimenticare che l’avversario più difficile per Marsili è stato proprio il “Puma”, che adesso si allena con il “Tizzo” di Civitavecchia. Il futuro è tutto da decifrare, ma per Di Silvio la vita ricomincia a 35 anni. Non è una serata favorevole ai pugili Voghera visto che Buratto viene fermato alla prima ripresa da un implacabile Mammucari. I pugili laziali sono stati l’incubo della serata di Voghera. Nei mosca tanto inconsistente è stato

l’ungherese Voros quanto bravo Mohammed Obbadi vincitore per ko alla seconda ripresa a mo di liberazione per il pubblico. Obbadi è pugile in carriera da rivedere il più possibile, ma senza i Voros di turno. Portare sul ring 140 kg. è già un’impresa, cercare di saltellare e girare attorno all’avversario non è da meno. Vyletel, pugile dignitoso ha imposto la sua maggior velocità nei colpi e ha vinto su Eugenio Indaco, un pugile che sa boxare come pochi, ma troppo votato ad aumentare di peso. Buona l’organizzazione di Mario Loreni coadiuvato dallo sponsor Giuseppe Di Masi. Graziose vallette hanno reso la serata più piacevole, con la cabina di regia di Mimmo Zambara, ringannouncer di fiducia per Loreni. .............

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RiSultAti Titolo Italiano Leggeri

P. Di Silvio

b.

M. Obbadi

b.

M. Mammucari D. Vyletel (SLO) M. Papasidero

F. Acatullo

Mosca

kot 7 rip.

R. Voros (UNG)

Leggeri b.

A. Buratto

Massimi b.

Welter

b.

E. Indaco

R. Padyk

KO 2 KOT 1 6 4

Nelle due immagini principali: una fase del match tra Di Silvio e Acatullo; Di Silvio nuovo campione insieme a Massai e Paciucci; Qui in piccolo, dall’alto in basso: Obbadi travolge Voros. Indaco incrocia con Vyletel. Prima vittoria di Mammucari.


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? ?I? R C ?C I E D E L L A R O S A

La BBT centra l’obiettivo a Mondofitness

RiCCi E DEllA ROSA RimAnGOnO CAmpiOni Moncelli cede all’esperienza...ma il futuro è suo

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In grande sullo sfondo Emanuele “Ruspa” Della Rosa insieme a Moncelli e all’arbitro internazionale sig. Luigi Boscarelli, a centro ring dopo la proclamazione del verdetto. Seguono: Lozzi che vince su Bellahcene; Alfano e Barreto dopo il loro bel match; Mattia Faraoni fa il suo ingresso sul ring accolto da un folto pubblico; Mirco “Predator” Ricci che esulta dopo la vittoria;.

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di Alfredo Bruno ph Nando Di Felice

ROmA, 27. 06. 2015

- Sulla riuscita della serata non c’erano dubbi. La BBT si muove ormai in sintonia con il pubblico e soprattutto con gli appassionati, sa come solleticare l’interesse di chiama la boxe, ma quello che più importa, l’interesse televisivo. Nella serata di Mondofitness c’erano in palio due titoli. Mirco Ricci (+ 16, - 2) pur disputando un match a senso unico contro il brasiliano Rogerio Damasco ha pienamente soddisfatto con la sua prestazione il numeroso pubblico accorso. Che Damasco fosse alla sua portata si sapeva, ma lo spettacolo offerto dallo scalpitante pugile è stato ugualmente di qualità. “Predator” ha dominato in lungo e in largo un avversario, che tutto sommato, è stato più che dignitoso incassando una valanga di colpi, provandoci sia pure in rare occasioni con rabbiose reazioni. La struttura fisica tra i due non lasciava intravvedere altra soluzione che una vittoria prima del limite a favore del romano, l’abbandono di Damasco all’inizio del 7mo round ha anticipato di poco quello che sarebbe avvenuto sul ring. Onore alle armi per il brasiliano e applausi per Ricci, che sembra aver intrapreso la strada giusta. Il giovane ha mantenuto per 6 riprese un ritmo forsennato, in continuo movimento tra colpire, fintare, avanzare. Forse potrebbe risparmiarsi qualche atteggiamento, ma al pugile di razza glielo devi concedere, non si può ingabbiare un talento che ha bisogno di esprimersi. Ha scagliato pugni industriali, più in quantità che in potenza. Forse proprio la potenza...lascia qualche spiraglio aperto, soprattutto parlando di una categoria come quella dei mediomassimi. Probabilmente deve trovare il mix giusto tra energie e forza racchiusa nei suoi colpi. Il coach Filippo sembra avviato sulla buona strada, il giovane è alla ricerca di quella maturità che sul ring diventa anche concretezza. Emanuele Della Rosa forse, a mio giudizio, ha disputato il suo match capolavoro. Aveva di fronte Felice Moncelli, 22 anni di furore agonistico, ma anche 22 anni di ingenuità da colmare con maggiore esperienza. Tutte cose

logiche e scontate, ma il vero pugile sul ring sta a casa sua per esprimere al meglio la propria personalità. Ed è stata proprio la personalità di Della Rosa l’arma vincente del match. Moncelli è lento a carburare e “Ruspa” ha riempito al meglio le pause di studio dello sfidante. Il sinistro del romano ha fatto da “cacciavite” per aprire il varco al destro, che ha trovato spesso la strada per arrivare al volto dell’avversario. Valerio Monti durante l’intervallo chiedeva anche il terzo colpo, ma non era facile perchè si trattava di non sbagliare una mossa per lasciare un varco scoperto. Il Della Rosa confusionario rivisto contro Di Fiore ha lasciato il posto a un uomo freddo, implacabile e chirurgico nella sua precisione. Le riprese sono passate con un Moncelli incapace di reagire e soprattutto di scrollarsi di dosso quel sinistro da incubo. In un paio d’occasioni il pugliese è riuscito a centrare il campione, che ha anche leggermente accusato. Ma sono state occasioni, e come tali isolate. Dal quinto round Moncelli ha pressato l’avversario con maggiore insistenza, anche se alla fine dell’8° round il vantaggio di Della Rosa era incolmabile e solo un ko avrebbe potuto risolvere la contesa. Abbiamo parlato delle note positive per Della Rosa, ma gli ultimi due round hanno confermato anche che le speranze riposte nell’allievo di Massai sono tutt’altro che infondate. Il nono round ha visto la carica di uno sfidante furioso, che finalmente aveva districato la nebbia che la personalità e bravura di “Ruspa” lo aveva avvolto. Difficile frenare una simile irruenza, oltrettutto la potenza di Moncelli è esplosiva. Della Rosa ha cercato di porre rimedio con la sua esperienza, ha pure traballato. La sua caduta fuori dalle corde oltre ai colpi è stata viziata da una spinta e l’arbitro non ha contato. Round durissimo per il campione, come pure il decimo. Della Rosa ha legato, imbrigliato l’avversario chiamando a raccolta tutte le sue forze. L’incubo del round aveva la sua fine e il verdetto unanime (due giudici con due punti, mentre il terzo aveva solo un punto) a favore di “Ruspa” lo confermava campione e riman-

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dava momentaneamente ad altra occasione Moncelli. Una bella serata dove il contorno è stato un cocktail di emozioni. A cominciare dal match ad alta tensione tra l’inesauribile e velocissimo Barreto e il “sostanzioso” e potente Alfano. La grinta e la continuità di Lozzi hanno avuto la meglio sul non disprezzabile francese Bellahcene. Vittorie facili per Ranaldi e Faraoni. Il primo sembra pronto a lanciare la sua sfida al titolo dei supermedi, mentre il secondo ha fatto il suo esordio contro un avversario inconsistente, chiamato all’ultimo momento, ma ha qualità indubbie per diventare il prossimo beniamino per gli appassionati romani. .............

RiSultAti Titolo Italiano Superwelter

E. Della Rosa

b.

F. Moncelli

pt. 10

Titolo Intercontinentale WBA Mediomassimi Mirco Ricci

b.

Damasco(BRA)

Supergallo

A. Lozzi

b.

M. Alfano

V. Ranaldi

S. Bellahcene

Superpiuma b.

E. Barreto

pt. 6

pari 6

Supermedi b.

Marti(CUB)

Massimi Leggeri

M. Faraoni

abb7.

b.

Attila Gyen

KOT 2

KO 1


APB

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RuSSO Si QuAliFiCA pER RiO I promossi del cycle 1 di Giuliano Orlando ph Luca Nava

milAnO

In una cornice suggestiva come lo spiazzo della TecnoGym Arena, tra i padiglioni della Corea del Sud e la Moldova, prospicienti il Decumano, il lungo viale che costeggia le nazioni presenti all’Expo, oltre 3000 spettatori hanno seguito con grande partecipazione la finale massimi Cycle 1 dell’APB, tra Clemente Russo e il kazako Anton Pinchuk. Posta in gioco importante: il pass che conduce ai Giochi di Rio 2016: per il casertano di Marcianise sarebbe la quarta volta. Quota mai raggiunta da pugili italiani, fermi a tre Roberto Cammarelle e Mirco Valentino. La sfida tra l’italiano e il kazako sorride al pugile di casa, dopo otto round piuttosto spigolosi e poco spettacolari. Il Clemente Russo visto un mese prima dominare l’ucraino Golovashenko all’Alcatraz non si è ripetuto, complice un problema alla schiena che lo ha tormentato e condizionato nella preparazione al match finale. Fatta la premessa, va dato atto all’italiano di grande lucidità tattica, avendo saputo leggere il match per arrivare al termine in vantaggio. Cosa avvenuta e traguardo raggiunto. Clemente Russo ha firmato il pass per la quarta presenza alle Olimpiadi. Come andrà a finire non posso certo

prevederlo a distanza di oltre un anno. Ad Almaty 2013, non erano in molti a puntare sull’oro mondiale per il massimo di Marcianise. A sorpresa, fino ad un certo punto, ha battuto tutti centrando il secondo bersaglio iridato. Detto questo, prendiamo atto che i due tornei APB, sono arrivati al traguardo con i relativi 20 pass olimpici. Un capitale

importante, che l’AIBA ha assegnato con l’okay del CIO. Resta la finalissima tra i vincitori dei due tornei, che si svolgerà in due manifestazioni, l’11-12 settembre (kg. 49, 56, 64. 75.) e il 18-19 settembre (kg. 52, 60, 69, 81, 91, +91). Queste finali sono previste sui 12 round, che a giudizio personale, rappresentano un vero assurdo. Mi chiedo che senso abbia, quando tutti i protagonisti saran-

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no chiamati l’anno dopo a combattere sui tre. Già i 10 tempi sono impegnativi, aggiungere altri due significa non avere il senso della fatica dei pugili. L’ APB è stato fortemente voluto dall’ex direttore esecutivo, il coreano Ho Kim, uscito dall’AIBA. Definire l’esperimento un successo mi pare esagerato. I motivi sono di carattere finanziario ma anche di scelte strategiche. Senza nulla togliere ai pugili, ma del centinaio di quelli che hanno ruotato nel torneo, quelli di assoluto valore non superano il 15%. Il futuro dell’APB dopo Rio non lo conosciamo, ma di fatto sappiamo che il presidente AIBA, Ching-Ku Wu ha a cuore il futuro dei dilettanti ai Giochi, come conferma la richiesta fatta al CIO di allargare a cinque le categorie femminili. Aggiungendo ai 51, 60 e 75 i 54 e 64 kg., in proiezione Tokyo 2020. Senza ridurre le dieci maschili. L’APB ha costi altissimi e il costante rischio delle sostituzioni. La normativa che vieta a due atleti della stessa nazione in ogni categoria, di essere presente ai Giochi, conferma che se accade, il sistema è imperfetto. Siamo appena all’inizio e già la Russia ha il problema nei welter: Butaev (WSB) e Zamkovoy (APB) hanno ottenuto il pass. Tocca alla federazione decidere, ma il sacrificato subirà un’ingiustizia. In attesa di conoscere l’esito della finalissima di settembre, ripercorriamo il cammino del Cycle 1, che ha promosso gli altri 10 pugili, dopo quelli del torneo inaugurale del 2014. In totale 20, più i 17 delle WSB, per un totale di 37 pugili, che


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significano altrettanti posti in meno per i dilettanti. 49 KG. A Guyang (Cina), il kazako Birzhan Zhakypov, 31 anni, batte l’ecuadoreno Carlos Quipo, che si era guadagnato la finale superando a Hong Kong, l’ostico cinese Wu a giugno, dopo una sfida molto intensa. L’azero torna così ai Giochi per la terza volta, dopo Pechino e Londra. In evidenza per la prima volta nel 2005 (bronzo mondiale) a sorpresa, nel 2013 sul ring di casa ad Almaty, coglie l’oro, inanellando vittorie su Galanov (Rus), Dusmatov (Uzb), Chacon (Por), Veitia (Cuba) e l’algerino Flissi. Un premio alla carriera e alla tenacia. Nel primo torneo APB, conclusosi definitivamente lo scorso gennaio, era stato sconfitto dal giovane cinese Bin LV all’esordio, senza riuscire a recuperare, nonostante le tre vittorie successive. Stavolta il compito è risultato decisamente più facile: superato il brasiliano Laurencao si è trovato Quipo nella finale, che pur impegnandolo non è riuscito a controbattere i colpi veloci interni di Zhakipov. 52 KG. A Città del Messico, tifo alle stelle per Abarca Emigdio, beniamino di casa, proclamato vincitore sul quotato kazako Ilyas Suleimanov (Kaz), che nel match precedente aveva messo ko Latipov, l’uzbeko bronzo ai mondiali 2011 e argento nel 2013. Emigdio, dopo una partenza a razzo ha subito il ritorno dell’asiatico, dalla boxe più ragionata, ma meno aggressiva. Al termine delle otto riprese, 77-75 dei tre giudici. Nell’altro match in Messico, Latipov si faceva cogliere impreparato nel 4° round, dal destro dell’argentino Martinez, niente male, attivo nelle WSB, che guadagna punti in previsione anche dei mondiali a ottobre. A Sofia, nella fascia bassa, il locale Alexandrov, 30 anni, presente da anni alle maggiori rassegne internazionali, si è imposto di misura sull’iraniano Mo-

hammadpour, ennesimo sostituto, mentre il deludente algerino Flissi, argento ai mondiali 2013, bissa il successo a spese del modesto francese Asloum, 34 anni, fanalino di coda. 56 KG. Ancora a Guiyang, per festeggiare il successo del longilineo Zhang, recuperato dalla Commissione Tecnica, cambiando il verdetto che aveva assegnato la vittoria al kenyano Njangiru, per una testata subita dall’africano. Anche in questo caso, tutto si è svol-

to senza fomire informazioni. La finale vede di fronte il mancino locale, dallo smisurato allungo e l’argentino Melian, grande combattente che cerca in ogni modo di tenere a bada uno Zhang dall’ottima scelta di tempo. Match difficile da giudicare. In Argentina l’avrebbe spuntata Melian, che si ritrova per la seconda volta bocciato ad un passo dal pass per Rio. Qualificato: JIWEI ZHANG (Cina). 60 KG. A Tashkent, capitale dell’Uzbekistan, gli organizzatori ospitano le due giornate, con ottima partecipazione del pubblico e il beniamino di casa, Hurshid Tojibaev, 25 anni, attivo nelle WSB con Baku (Aze) non delude le attese. Dopo il successo sul tosto irlandese Joyce, riesce a prevalere anche su Polyanskyi, il manci-

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no russo, argento agli europei di Ankara nel 2011. L’uzbeko tiene l’iniziativa per la maggior parte degli otto round, evitando gli assalti di un rivale che ha cercato la boxe di forza. Per la piccola repubblica asiatica è il primo pass per Rio. L’irlandese Joyce conferma le ambizioni, superando il più quotato brasiliano Conceicao, argento mondiale e titolare a Londra, militante nel 2013 con in Thunder Italia. Non riesce a farcela Valentino, pur mostrando segnali di ripresa, contro Suarez, pagando anche la preparazione orientata sui tre round, in vista degli europei di Sofia in agosto. 64 KG. Il turno conclusivo dei superleggeri si disputa ad Amburgo in Germania, facendo affidamento sul pugile di casa Artem Harutyunyum, radici armene, che non tradisce le attese e supera in modo netto l’algerino Abdelkader Chadi, la cui boxe di rimessa non è servita ed evitare i colpi lunghi del più alto avversario, che ha sempre anticipato un Chadi che diventa leone quando combatte in patria. Harutyunyum è pugile essenziale, pochi fronzoli e colpi ficcanti. Dopo il supermassimo Pfeifer è il secondo tedesco promosso a Rio 2016. Il lituano Petrauskas dopo un round equilibrato, nella ripresa successiva trova il più alto Aquino scoperto e infila un destro pesante che annebbia le idee all’argentino, che subisce l’attacco dello scatenato brevilineo, che si prende la rivincita della sconfitta subita lo scorso ottobre nel primo torneo. 69 KG. A Kemerovo in Siberia, previsto trionfo di Andrey Zamkovoy, 28 anni. Il due volte campione nazionale, argento ai mondiali 2009 di Milano, bronzo a Londra, attivo dal 2005, non ha faticato troppo di fronte al magiaro Gyula Kate, catapultato nella fascia alta in virtù del successo sul kenyano Rayton Okwiri. Il russo domina tutti i round e stacca il biglietto per Rio. Torna al successo Okwiri di fronte al lituano Eimantas Stanionis, che si dimostra cliente difficile, come


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conferma il 2-1 per l’africano. Il cubano Arisnoldys Despaigne, 32 anni, entrato in gara solo nel Cycle 1, facendo leva sull’esperienza di oltre 300 incontri ai vertici, argento ai mondiali di Almaty 2013, battuto dal locale Yeleussinov, indicato dall’AIBA, il miglior pugile dell’anno, domina il tedesco Marutjan, bronzo iridato, dal destro pesante, mai arrivato contro il cubano. L’iraniano Ghasemi, 29 anni, supera il coetaneo greco Tsagrakos, bene impostato ma di una linea inferiore. 75 KG. Il 26 luglio a Mosca si è disputato il primo turno del Cycle 1, in netto ritardo su tutte le altre categorie. Inizialmente l’AIBA la presenta come sfida conclusiva, smentendosi nel comunicato successivo. Nella prima fascia l’ex europeo 2010, Artem Chebotarev batte il romeno Juratoni sul filo del punto, dopo una battaglia tremenda. Il russo inizia meglio, ma finisce in riserva. Dall’angolo del romeno verdetto contestato. Nessun dubbio tra il possente Mytrofanov (Ucr) e il fragile Tavares (Fra), finito ko al settimo round, ormai privo di forze, sotto la pressione del panzer di Kiev. Nella seconda fascia il tedesco di ceppo albanese Paskali si impone sull’egiziano Abdin, mentre Abaka (Ken) soccombe all’irruento Delgado (Ecu). Finale: vincitore tra Chebotarev (Rus) e Mytrofanov (Ucr). 81 KG. Categoria dove sono saltati pronostici e favoriti. A Sofia (Bulgaria) la promozione si posa sulle spalle del pugile di casa, il modesto Spas Genov 34 anni, professionista dal 2008 al 2012 (7+), eliminato nel precedente torneo dall’irlandese Ward. Nel Cycle 1, il bulgaro dopo aver battuto chiaramente il mauritiano St. Pierre, messosi in luce nella prima manifestazione battendo il russo Ivanov, europeo 2013, nella finale Cycle 1, trova il francese Daniel Bouderlique, dalla

migliore impostazione, come dimostrano i cartellini dei 3 giudici. Nel secondo round il francese si ferisce, interviene il medico che ferma l’incontro. Decisione tecnica a favore di Genov che acquisisce il pass per Rio. Definirlo fortunato è un eufemismo. Nell’altro incontro l’irlandese Ward, dopo l’inopinata e pesante sconfitta contro il francese, nel Round 1, che gli costa la finale, batte senza problemi St. Pierre. La seconda fascia della categoria conferma il disinteresse degli organizzatori.

91 KG. Già detto di Russo vincitore del kazako Pinchuk. Poca storia nell’incontro tra l’algerino Bouloudinats e Golovashenko, conclusosi al quarto round, per l’impossibilità dell’ucraino di proseguire, sofferente dall’inizio di un’enfiagione all’occhio sinistro, tempestato di colpi dal veloce nordafricano, indubbiamente superiore. Meno evidente la superiorità del tedesco Graf sul bulgaro Tervel Pulev, che combatte a corrente alternata. Graf è stato superiore per sei round, poi Pulev lo centra duro e il tedesco corre il rischio di chiudere anzitempo. Verdetto ai punti a Graf e stupore di Tervel. Equilibrio anche tra l’argentino Peralta e il croato Calic, che conoscono bene i fondamentali ma non

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hanno esplosività. Vince Calic per qualche colpo in più. Qualificato: Clemente Russo (Italia). +91 KG. La federazione marocchina ha fatto l’impossibile, per portare il supermassimo di casa, Mohammed Arjaoui, 28 anni, in attività da un decennio, al traguardo di Rio. Dopo essere uscito dalla porta principale nel primo turno, ad opera del doppio campione del mondo Medzhidov, russo diventato azero, sul ring di Marrakesch, rientra dalla finestra con un ripescaggio fortunoso, per il forfait improvviso dell’azero Medzhidov (spalla dolorante?), ottenendo una seconda opportunità, contro il romeno Nistor, ben noto al pubblico italiano, per alcune vittorie importanti, ma anche per una sconfitta inopinata che costò ai Thunder l’accesso alle semifinali WSB 2014. Il mancino di Bucarest, non è nuovo a risultati clamorosi, nel 2011 agli europei di Ankara, spedì ko l’inglese Joshua, che l’anno dopo a Londra vinse l’oro, sia pure rubandolo a Cammarelle. Stavolta ha giocato lo scherzetto al pugile di casa, battendo sia pure per 2-1, ma sufficiente per essere lui il promosso ai Giochi. Qualificato: Mihai Nistor (Romania). Sono dodici le nazioni che nei tornei APB hanno conquistato pass per Rio de Janeiro 2016, su un totale di 35 partecipanti, quasi la metà solo con uno o due pugili. La Russia ha conquistato cinque promozioni, ma in due categorie (69 e 75) ha un doppio rappresentante, per cui dovrà indicare il prescelto. Seguono Cina, Turchia, Germania e Kazakistan con 2, mentre Italia, Francia, Romania, Bulgaria, Messico, Uzbekistan e Iran ne hanno uno. ............. In apertura Clemente Russo e il kazako Anton Pinchuk; Nella pagina precedente Russo proclamato vincitore; In questa pagina Russo intervistato da Duran e Panchetti.


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RING

F L A S H D ’ AU T O R E

AlESSAnDRA tOGnARini... ...unA pASSiOnE Al QuADRAtO di Alfredo Bruno ph Alessandra Tognarini

nOn È CERtO

una new entry nel mondo del magnesio quella di Alessandra Tognarini, anche nel suo caso ad avvantaggiarsene in questa forma di arte è stata ancora una volta la boxe. Toscana doc per lei le difficoltà sono semplici opzional da superare. Facile da riconoscere con il suo borsone carico di obbiettivi, grandangolo, filtri e l’immancabile Nikon ultimo modello. La passione è nata quando aveva appena 8 anni pronta a scattare foto con la sua lucente macchinetta in una gita a Siena. Poi appena avuto possibilità economiche la passione è diventata un investimento, anche se per emergere il sacrificio è grande e non esistono distanze che possono frenare l’impazienza di un mondo sulla carta conosciuto, ma sempre misterioso nei suoi risvolti. Le domande si succedono in

una sorta di reazione a catena: la boxe come è entrata nella sua professione di fotografa, come giudica questo sport dal lato artistico, la tecnica preferita se si può svelare. “Ho sempre prediletto la fotografia che ritraesse la vita reale nei momenti veri, senza pose, perché sono quelli che diventano i ricordi. Ho diversi amici, persone a cui voglio bene, che giocano negli azzurri di Santa

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Croce, calcio storico fiorentino, ed ho cominciato a fotografare loro, poi ho cominciato a seguirli anche durante l’anno nei vari sport da combattimento praticati e mi sono innamorata della boxe. Fin da piccola i miei genitori, in questo sono stata fortunata, mi hanno portata in giro per il mondo a vedere musei e nella boxe, artisticamente parlando, rivedo la plasticità di tante sculture classiche o le immagini di vecchie locandine, magari solo vaghi ricordi di quando ero piccola. Non ho una tecnica preferita per fotografare: entro in sintonia con quello che succede e cerco di tradurre in foto quello che provo in quel momento, infatti capita spesso che inciti i pugili mentre li sto fotografando, o che mi venga la pelle d’oca. Insomma mi faccio coinvolgere molto”. Quali sono le difficoltà per fotografare un incontro di boxe?


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RING

“ Sinceramente non ho mai avuto grandi difficoltà nel fotografare un incontro di boxe, ma dico questo non per presunzione. Le mie foto possono anche non essere perfette tecnicamente, ma non mi sono mai fatta scoraggiare dalla poca luce o dai ring più o meno alti, o da ambienti aperti o chiusi. Quando sono li sotto sono felice e do il mio meglio”. Cosa vuoi fare rilevare con le tue foto? “Questa è una domanda importante. La boxe è uno sport “di riscatto”. Io la vedo così: molti ragazzi, molti amici, che hanno avuto problemi o che vengono da situazioni difficili hanno trovato nella boxe un riscatto, qualcosa capace di imporgli delle regole là dove nessuno era riuscito e di fargli ottenere qualcosa di valore, qualcosa di conquistato, che nessuno può togliere. La boxe è uno sport che ti dà una seconda possibilità, ma che allo stesso tempo non fa sconti, pretende serietà, dedizione, sacrificio e tutto questo migliora le persone e crea legami stupendi.

Ecco questo è quello che vorrei che le mie foto trasmettessero. Tutto quello che c’è prima dell’incontro: la paura, la speranza. L’incontro è solo l’arrivo, ma la strada è sempre molto lunga e ci vuole coraggio più a mettersi in discussione in quel momento che a prendere pugni”. Ti sei fatta un’idea dell’ambiente che circonda i pugili? “Non sono certo un’esperta di boxe, ancora, ma conosco tanti pugili e tanti maestri, persone a cui voglio bene, persone che se pur giudicate “violente” dall’esterno sono capaci di gesti di una gentilezza infinita. Purtroppo l’ambiente che ho visto è un ambiente di rinunce, a tutti i livelli, dove mancano sempre soldi e si contano gli spiccioli o si cerca disperatamente uno sponsor per poter fare una serata. Dove un pugile a fine serata, visto coi miei occhi, da la propria borsa alla sua palestra, perchè possa affrontare le spese di tutti

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i giorni. Tecnicamente non posso pronunciarmi, non ne ho le competenze, ma a pelle posso dire che questo ambiente è sano, pieno di cuore ed io ne sono innamorata”. .............

RiSultAti Superwelter F. Di Fiore

b.

A. Ruggiero

b.

G. Milenkovic

a.p.6.

Supermedi A. Bojic

a.p. 4.

Medi neopro D. Zito

b.

M. Fusai

Una evocativa sequenza di foto relativa agli incontri del 24 luglio al Campo Sportivo Don Aiezzi, Tobbiano di Prato; protagonisti i pugili Francesco Di Fiore, Goran Milenkovic, Alessandro Ruggiero, Alexander Bojic, Danilo Zito, Marco Fusai .

TKO 1


X

RING

A I B A WO M E N ’ S J U N / YO U T H WO R L D B OX I N G C H A M P I O N S H I P S

DOpO tAipEi AiBA WOmEn’S Jun/YOutH WORlD BOXinG CHAmpiOnSHipS Pensieri e profili del Team leader Massimo Scioti

GiOVAnnA mARCHESE

Prima del “gong d’inizio” saluta l’angolo elargendo un sorriso fuori dal paradenti. Significa che a momenti inizierà a giocare con il suo eclettismo anche per divertirsi. E’ veramente così: spumeggiante, aggressiva, indomita. Afferma con ironia e spontaneità che ne farà un” involtino” della sua avversaria.

EmAnuElA BRESSAn

iRmA tEStA

È conservativa totale: analizza senza prendere rischi la condotta di gara della sua antagonista. Scioglie le incertezze sull’esito del confronto quando ha preso piena coscienza delle azioni di attacco e di difesa della sua avversaria. Compreso ciò libera e calibra il suo ricco comportamento da pugile. Ha guadagnato l’oro e il riconoscimento della migliore, in senso assoluto, del torneo. Che altro dire? Siamo al “top”.

Intenta a costruire il suo percorso pugilistico con qualsiasi confronto. Nel sorteggio è capitata con un’avversaria russa titolata. Ha accettato la sfida senza batter ciglio. Ha concluso il suo terzo match e si porta a casa una ricca esperienza.

È all’altezza della gara. Scala le difficoltà per vedere oltre. La sua brillante prestazione è stata incasellata in un verdetto da fotofinish.

Impone il suo ritmo di gara. Esprime un repertorio tecnico-tattico di gran livello prestativo. Rappresenta un vero spettacolo di bravura. In finale non è stata sconfitta, ha conquistato un onorevole secondo posto che gli è valso l’argento mondiale.

Agisce con cura dal warm up all’incontro. Esprime una boxe semplice ed efficace. Esegue con scelta di tempo e apprezzamento della distanza i suoi colpi. Non perde mai la concentrazione per cui ottimizza i suoi comportamenti tattici e arriva meritatamente fino all’oro. Vorrebbe vicino il suo papà e lo rende presente nel suo cuore.

QuESti nOmi ti trillano in

ROBERtA BOnAtti

COnCEttA mARCHESE

AnGElA CARini

FRAnCESCA mARtuSCiEllO

Cerca il suo centro. La boxe l’appassiona. Vorrebbe al di là del verdetto migliorarsi anche come persona. E’ curiosa e riflessiva vuole colmare le sue lacune da pugile ed è severa con se stessa.

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testa, quando salgono sul ring ti provocano flussi d’emozione: offrono istanti di puro confronto, si estendono per tutto l’incontro, colmano le loro prestazioni. Sono tutte brave. I risultati le distinguono in medagliate e non ma l’impegno è continuo e la disponibilità è seria da parte dell’intero gruppo. Con questa squadra capitanata dall’ottimo stratega Emanuele Renzini coadiuvato dal suo secondo Laura Tosti, dal non solo Fisioterapista Marcello Giulietti che sa cogliere momenti irripetibili col suo potente amplificatore oculare, si potranno tagliare ancora molte torte e brindare alla florida salute della Boxe Femminile. .............




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