POSTE ITALIANE SPA - Spedizione in AP - D.L. 353/2003 (convertito in legge 27/02/2004 n. 46) Art. 1, comma 1, DCB ROMA
D A L 1 9 5 2 L A R I V I S TA U F F I C I A L E D E L L A F E D E R A Z I O N E P U G I L I S T I C A I TA L I A N A N . 0 3 - 2 0 1 6
GUIDO VIANELLO E ROBERTO CAMMARELLE
PASSAGGIO DI CONSEGNE • ASTANA: MESIANO PESO D’ORO • ADDIO MUHAMMAD ALÌ...SIMBOLO DELLA BOXE MODERNA • RIMINI WELLNESS: UN SUCCESSO! • STORIA DELLE NOSTRE OLIMPIADI
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11/09/15
FEDERAZIONE PUGILISTICA ITALIANA. DAL 1916, L’ITALIA C
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1916-2016 CENTO ANNI DELLA FEDERAZIONE PUGILISTICA ITALIANA K
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Editoriale Walter Borghino
WOMEN’S WORLD BOXING CHAMPIONSHIPS ELITE
Mesiano peso d’oro di Giuliano Orlando
Muhammad Alì di Giuliano Orlando
Alì boma ye: nel cuore delle tenebre di Fabio Rocco Oliva
Roberto Cammarelle dal ring alla scrivania di Giuliano Orlando
Per Di Silvio una sconfitta con applausi di Emil Arnold
MICHELE DI ROCCO
Sogno mondiale infranto di Giuliano Orlando
Alfano è campione su Salvini di Stefano Fantagini
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EMANUELE DELLA ROSA
L’Europa è tabù
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Europa “SI” per Piazza, Europa “NO” per Lovaglio
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L’attività Azzurra a 360%
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Oro per Cordella e bronzo per Pirrera
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Devon Cormack, allenatore di campionesse
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di Alfredo Bruno
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di Primiano Michele Schiavone
di Tommaso Gregorio Cavallaro
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di Tommaso Gregorio Cavallaro
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di Luca De Franco
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ANGOLO ROSSO
Volti nuovi della Nazionale di Vezio Romano
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ANGOLO BLU
Volti nuovi della Nazionale di Vezio Romano
RIMINIWELLNESS 2016
La Gym Boxe si è fatta in tre di Michela Pellegrini
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Sommario
BOXE RING N. 03/2016 - Direttore responsabile: Walter Borghino - Periodico bimestrale della Federazione Pugilistica Italiana (F.P.I.) - Presidente federale: Alberto Brasca Registrazione presso il Tribunale Civile di Roma N. 10997/66 del 18.05.1966 - Redazione: Viale Tiziano n. 70 - 00196 Roma - Editore: Stegip Group s.r.l. - Amministratore unico Donatella D’ambrosio - Sede legale: Viale dei Monfortani 57/b - 00135 Roma - Sede operativa: Piazza Pio IX 5 - 00167 Roma - Stampato da: FP Design Srl, Via Atto Tigri, 11, 00197 Roma. Chiuso in tipografia il 25 luglio 2016.
GUIDO VIANELLO E ROBERTO CAMMARELLE
PASSAGGIO DI CONSEGNE GIULIANO ORLANDO A PAGINA 16 E A PAG 56
Tra Manco e Bassi un pari...che conta di Gabriele Fradeani
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TITOLO ITALIANO DEI WELTERS
Michele Esposito è il nuovo campione di Luigi Carini
LA BOXE È UN ROMANZO SENZA FINE
Alla fine di ogni cosa di Massimo Scioti
CAMPIONATI NAZIONALI UNIVERSITARI 2016
I laureati di Reggio Emilia di Tommaso Gregorio Cavallaro
I NUMERI DI UNA STORICA PALESTRA
Celano Boxe di Marco Callai
Michele Palermo di Gianni Virgadaula
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TORNEO ITALIA “ALBERTO MURA”
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di Tommaso Gregorio Cavallaro
Per Giodi Scala questa volta la Francia è tabù
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Tricolore per De Donato e Randazzo
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di Alfredo Bruno
di Giuliano Orlando
FLASH D’AUTORE...
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Cipolletta si conferma campione contro Crudetti 46 di Franco Ciardi
di Aldo Bonferru
di Giuliano Orlando
A Mondovì il festival dei giovani 51
TORNA LA GRANDE BOXE A GROSSETO
Gianluca Mandras è il nuovo re dei massimi
Festa a Riccione delle azzurre con Giorgio Campanella
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Elettra Mallaby: attrice e fotografa di Corrado Baldì
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ULTIMO TORNEO DI QUALIFICAZIONE AOB
A Baku, un super Vianello conquista Rio
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Carrellata Olimpica della nostra Nazionale
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di Giuliano Orlando
di Adriano Cisternino
fpi.it
Coordinamento Editoriale: Alfredo Bruno (albruno@alice.it), Michela Pellegrini e Tommaso Gregorio Cavallaro; Progetto Grafico: FPI; Pubblicità: Uff icio Comunicazione e Marketing FPI; Foto di copertina: Fabio Alfano (PH Activa); Hanno collaborato: Emil Arnold, Aldo Bonferru, Walter Borghino, Alfredo Bruno, Marco Callai, Luigi Carini, Tommaso Gregorio Cavallaro, Franco Ciardi, Adriano Cisternino, Luca De Franco, Stefano Fantogini, Gabriele Fradeani, Fabio Rocco Oliva, Giuliano Orlando, Michela Pellegrini, Vezio Romano, Primiano Michele Schiavone, Corrado Beldì, Massimo Scioti, Gianni Virgadaula. Foto: AIBA, Archivio FPI, PH Activa, Marco Callai, Tommaso Gregorio Cavallaro, Marcello Giulietti, Elettra Mallaby, Maurizio Pavone, Michela Pellegrini, Renata Romagnoli, Flavia Valeria Romano, Davida Ruggieri.
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Editoriale
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WALTER BORGHINO
erminata la lunga e articolata fase delle qualificazioni, il pugilato italiano si prepara a recitare un ruolo da protagonista alle ormai imminenti Olimpiadi di Rio. Il periodo preolimpico ha saputo come sempre regalare emozioni forti, con quell’alternanza di gioie e dolori che è poi la raffigurazione stessa della vita. E se qualche atteso protagonista ha fallito l’appuntamento, altri hanno saputo sopperire con forza e determinazione. Tra questi, non è difficile scegliere due figure che, certamente, segneranno il nostro pugilato anche negli anni a venire: Alessia Mesiano e Guido Vianello. Nulla li unisce, apparentemente, ma la loro storia e il loro percorso sono legati da un filo sottile fatto di una scelta meditata e anche osteggiata, grinta, serietà, impegno e grandi doti fisiche
qualche atteggiamento che giudichiamo “discutibili” e antisportivo e sui quali bisognerebbe forse andare a fondo…Questo tourbillon di emozioni e impegni, cui hanno fatto da ricco contorno gli europei junior di Anapa conclusisi ahimè con poche soddisfazioni, ha quasi relegato in secondo piano la scomparsa del “più grande”, del campione che ha saputo cambiare il mondo, una icona sociale, l’eroe imperfetto che, nel bene e nel male, ha saputo portare il pugilato oltre i suoi limiti. Grazie Ali per averci fatto sognare, sempre! Come sempre molto attivo e frizzante il movimento Pro, che ufficialmente proseguirà il suo percorso all’interno della Federazione, con buona pace di tutti e, soprattutto, con il consapevole suggello dell’AIBA, che ancora una volta ha saputo stupire e forse sconcertare: dopo un
“...Il periodo preolimpico ha saputo come sempre regalare emozioni forti, con quell’alternanza di gioie e dolori che è poi la raffigurazione stessa della vita. E se qualche atteso protagonista ha fallito l’appuntamento, altri hanno saputo sopperire con forza e determinazione. Tra questi, non è difficile scegliere due figure che, certamente, segneranno il nostro pugilato anche negli anni a venire: Alessia Mesiano e Guido Vianello...” e tecniche. Mentre tutti si aspettavano e si auguravano la qualificazione olimpica di Marzia Davide (punita probabilmente anche da un verdetto troppo penalizzante…), i mondiali di Astana ci hanno invece regalato la bella vittoria di Alessia, che con un percorso netto e brillante ha saputo stupire, non solo noi. La categoria di peso non le consente di spiccare il volo olimpico (dovremo aspettare almeno sino al 2020…), ma certamente le si apre un futuro luminoso e pieno di grandi successi. Lo merita. Che dire, poi, di Guido! In un torneo ostico e molto competitivo, caratterizzato peraltro da un’organizzazione logistica fatiscente e per alcuni aspetti imbarazzante, il nostro “super” ha saputo e fortemente voluto conquistarsi una vittoria esaltante, mettendo in tasca con grande merito l’unico pass olimpico a disposizione in categoria. Sono purtroppo cadute le altre pur legittime ambizioni, per cause diverse e con percorsi dissimili. Rimane loro una grande amarezza per aver toccato da vicino un sogno olimpico e, soprattutto, per alcune decisioni e
periodo di caccia all’untore, ha rivisto le posizioni più intransigenti, addivenendo ad una pace salomonica che speriamo porterà buoni frutti al pugilato e ai suoi principali attori, gli atleti. Ci prepariamo, quindi, a vivere l’ennesimo sogno olimpico, che oltre all’aspetto sportivo caratterizzerà la presenza dell’Italia a Rio con una serie di iniziative socio-culturali e di promozione integrata, che ancora una volta metteranno in evidenza il forte legame tra il nostro paese e il Brasile, terra dalle mille contraddizioni, ma sempre emozionante e affascinante. Speriamo di potervi raccontare molto di questo nel prossimo numero. Buona visione e Forza Azzurri! P.S.: Mentre andiamo in stampa apprendiamo con piacere della carta olimpica conquistata nel torneo di qualificazione APB/WSB dal nostro Carmine Tommasone, primo pugile pro (e avellinese…) a partecipare alle Olimpiadi. Una ennesima grande soddisfazione per l’intero movimento pugilistico.
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Women’s World Boxing Championships Elite. L’Italia conquista l’ oro nei 57kg DI GIULIANO ORLANDO PH MARCELLO GIULIETTI
ASTANA, 19-27/05 2016
Astana, la nuova capitale del Kazakistan, ha ospitato la nona edizione mondiale femminile a distanza di due stagioni da quelli maschili, dove l’Italia ad Almaty, l’antica capitale, guidata da Lello Bergamasco e Francesco Damiani raccolse l’oro di Clemente Russo e i bronzi di Roby Cammarelle e Mirco Valentino. L’avventura in rosa della nostra squadra, alla vigilia della rassegna, gode di molta stima, consolidata sia dai successi delle due precedenti edizioni, in Cina 2012 (argento Gordini) e in Corea del Sud nel 2014 (argento Davide, bronzo Gordini e Mesiano). Le cose cambiano quando arrivi al sorteggio e a certi verdetti che lasciano sbigottiti. Un percorso iniziato nel peggiore dei modi. Ce lo racconta Emanuele Renzini, il maestro di lungo corso sul fronte femminile, presente assieme a Lello Bergamasco fin dalla prima edizione del 2001 a Scranton negli USA. “Sapevamo che era una delle edizioni più difficili, per l’alta posta in palio in particolare nelle tre categorie olimpiche e non meno equilibrata appariva la concorrenza nelle altre sette. Presenti le migliori del mondo in assoluto”. D. Irma Testa ha fatto una timida apparizione, battuta dalla ventenne svedese Alexiusson in modo netto. La Severin è salita di categoria all’ultimo momento e si è visto che non era in palla. La Calabrese, veterana azzurra di fronte alle più brave le manca qualcosa per superarle. La debuttante Cipollone meritava certo miglior fortuna. “Tutto esatto, ma questo sul piano generale, che non entra nei particolari, che sono il motivo di ogni risultato. Partiamo da Irma, la prima a combattere e la prima ad uscire. Dire che speravamo in una vittoria e forse due è la verità. Sarebbe stato utile per ottenere una posizione buona nel sorteggio a Rio. Ma sapevamo anche che si era allenata dieci giorni e il resto lo aveva passato a rappresentare la boxe italiana tra una intervista e un invito televisivo. Ragion per cui la sconfitta è stata la meno dolorosa. Valeria Calabrese
dopo il successo sulla Chin di Taipei ha trovato la cinese Wang, giunta poi in finale. Il match lo ha perduto nei primi due round, svegliandosi tardi a dimostrazione che bastava una maggiore cattiveria e determinazione per arrivare al podio. La Davide era venuta ai mondiali per guadagnarsi Rio, purtroppo si vince anche sul piano psicologico e Marzia, imbattibile in Europa, quando arriva ai mondiali sembra bloccarsi. La tedesca Nimani a mio parere non l’aveva battuta, ma per convincere i giudici doveva essere ancora più cattiva, togliere l’iniziativa ad una rivale che aveva già superato. Peccato perché meritava il premio dei Giochi, dopo tanti
“... Astana, la nuova capitale del Kazakistan, come Almaty, l’antica capitale, dove l’Italia raccolse l’oro di Clemente Russo, Cammarelle e Mirco Valentino...” anni di successi. Penso che ora voglia appendere i guantoni al chiodo, salutando agli assoluti. Dopo l’eliminazione mi ha detto che intende fare solo la poliziotta e la mamma. Riguardo alla Severin, abbiamo rispettato la sua voglia di scendere ai 75 kg. per puntare alla qualificazione olimpica, ma sapevo che era impossibile. Ad Astana è arri-
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vata a 100 grammi dal limite, ma non si reggeva in piedi e non era pensabile farle correre rischi. Se avesse svolto una preparazione per gli 81 kg. c’era il margine per salire sul podio. Ha perso contro la scorretta Crews (Usa) proprio per una condizione precaria e una situazione psicologica non al meglio. A questo punto ho lasciato a Flavia la scelta di cosa intende fare da grande. Se decide di proseguire entra in squadra, ma senza rimpianti per il rugby, che l’ha spesso condizionata. Ben diversa la situazione di Diletta Cipollone che era il nostro jolly, la carta a sorpresa e davvero qui la fortuna ci ha sbattuto la porta in faccia. Ci avrei giocato la camicia che sarebbe arrivata almeno in semifinale e forse oltre. Aveva cancellato l’irlandese Dervila, una veterana di 33 anni, e lo stesso trattamento avrebbe riservato alla francese Mancini e alla Cruz (Usa). Diletta, 26 anni, proviene dalla Di Giacomo di Avezzano ed è in grande crescita tecnica e muscolare, fa male, organicamente è fenomenale. Produce un volume di colpi incredibile e tiene il ritmo per tutti i round. Ha talento e temperamento, cattiva il giusto, ha solo rinviato la scalata”. D Oltre alla Davide (51) e alla Mesiano (57), anche l’Alberti (64) era testa di serie, uscita al primo turno. Per fortuna Alessia Mesiano ha compiuto il miracolo dell’oro, salvando un bilancio altrimenti deficitario. “In effetti non è stato un mondiale tranquillo. In particolare il 23 maggio. Il giorno prima un sabato, erano uscite Cipollone, bloccata dalla frattura del match precedente e la Severin. Per fortuna Alessia aveva debuttato superando la quotata Peggett (Usa) col piglio giusto. Comunque iniziavo a preoccuparmi, avendo ridotto a quattro le nostre presenze. La mazzata è arrivata la domenica: tre incontri e tre sconfitte: Calabrese, Davide e appunto la Alberti, 22 anni,la più giovane della squadra, trattata molto severamente di fronte alla coetanea locale Tsoloyeva, strapagata dai giudici. Tre sconfitte, due per 2-0 e una sola azzurra ancora in gioco. Mi sentivo veramente nudo. Dopo
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aver lavorato tanto con Laura Tosti e Michele Caldarella, mi ritrovavo con la sola Mesiano che aveva sulle spalle tutto il peso della squadra. Mi è venuto il cattivo pensiero di fare le valigie, poi ho ricordato un vecchio detto: ‘Meglio fortunati che ricchi” e siccome ricco non lo sono, ho pensato che a quel punto doveva cambiare il vento”. Così è stato e se un’italiana meritava l’oro quella era la Mesiano. Per la tenacia e per non aver mai mollato. Per oltre due mesi si è allenata da sola non potendo usare il destro, che soffre da anni di una lesione capsulare all’indice. Ha accettato la scelta di restare nei 57 kg. sapendo che non rientrava nei Giochi, proseguendo la preparazione con grande entusiasmo, impegnandosi
le attese locali si sono infrante di fronte all’indiana Lather che ha assalito la giovane rivale, costringendola a difendersi senza permettergli repliche tali da capovolgere l’andamento. Un successo nitido per la campionessa indiana degli ultimi anni. La finale ha vissuto sull’equilibrio per due round, nel senso che il primo è andato all’asiatica, più attiva e precisa, il secondo cambiava fisionomia con la Mesiano che iniziava a stantuffare sinistri e destri diritti poco graditi dalla rivale. Nella terza tornata il sorpasso decisivo. La Lather appariva in affanno anche se il temperamento l’aiutava a replicare con rabbia, ma poca precisione. I due minuti finali confermavano la superiorità della Mesiano, abile a chiudere con una combinazio-
parla molto, ma ha idee chiare. Quando è rientrata a Roma, ad attenderla c’era Manuel Cappai il suo compagno e sapete cosa gli ha detto, dopo gli abbracci e i baci? “Adesso tocca a te lavare i piatti. Ma se vinci l’oro a Rio, si torna all’antico”. Ironia e serenità non guastano mai.” Il bilancio conclusivo? “Abbiamo centrato il canestro della vittoria a un secondo dalla fine, tirando da centro campo, in svantaggio di un punto. Se Alessia fosse arrivata all’argento, che era pur sempre un fior di risultato, i musi lunghi si sarebbero sprecati. Solo l’oro serviva per tornare col sorriso e molta esperienza in più. Adesso pensiamo solo a Rio con Irma, ma proseguiamo a lavorare per far crescere una
sempre al massimo. Ha battuto la russa Kuleshova, che aveva clamorosamente spodestato nella selezione interna, la Dobrynina, campionessa europea 2014, sulla quale puntavano per la vittoria. E’ stato un match vibrante, intenso perché si confrontavano le due migliori della categoria. Alessia alla fine del terzo tempo era sotto, ma ha trovato i colpi giusti e la freddezza di vincere netto il quarto round e il match. Da quel momento è scattata la consapevolezza di poter centrare il bersaglio d’oro. La semifinale contro la bulgara Eliseeva, veterana di 35 anni, scesa di categoria per centrare il risultato è stato a senso unico per l’azzurra, dominatrice assoluta. I pronostici indicavano una finale con la kazaka Khojabekova, classe ‘95, considerata dai tecnici il nuovo fenomeno nazionale. Sul ring in semifinale,
ne di tre colpi a bersaglio. Il 2-1 non rispecchiava i valori, perché l’egiziano Osman era fuori punteggio, mentre il canadese Huggins e l’argentino Poggi segnavano un corretto 39-37 per la ragazza di Latina, che toccava il punto più alto di una carriera destinata a proseguire a lungo ai vertici. Un ritratto della campionessa del mondo? “Proviene dall’atletica, una velocista su 200 e 400 metri. Organicamente è la fuoriclasse della squadra, solo la Cipollone si avvicina ai suoi valori quando si tratta di portarli al massimo. Caratterialmente è una tranquilla, molto razionale, ma determinata e in costante progresso sia tecnico che atletico. Adesso fa anche male e questo non guasta. Ha molto senso tattico e legge bene il match. Si adegua alle situazioni, avendo una base tecnica ampia. Non
squadra che guarda non solo agli europei e ai mondiali ma getta le basi per Tokyo 2020. Con la fondata speranza che si aggiungano i 57 kg. dove saremo competitivi come mai in passato” Un team molto coinvolto, capace di restare unito anche quando sembrava che il naufragio fosse inarrestabile. Giusto? “Esatto. La Tosti e Caldarella sono stati una presenza talmente importante da considerarli la mia seconda pelle. Il team leader Sergio Rosa ha sofferto e gioito con noi, incoraggiando sempre la squadra, il fisioterapista Marcello Giulietti che oltre a curare i muscoli è perfetto come fotografo, una presenza fissa e indispensabile. Un grazie importante lo merita il dottor Luciano Lucania, capace di trovare la cura giusta per ogni guaio delle atlete e in particolare per la Mesiano, che ha combattuto grazie
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ai lenitivi e alle terapie per alleviare il problema della mano destra. Forse questa difficoltà che poteva condizionarla è stata la molla per vincere nonostante i problemi. Tipico delle campionesse e mi viene in mente Giovanni Parisi a Seul nell’88, costretto in una categoria non sua, con digiuni pazzeschi, vincere l’oro a dispetto della logica”. Aggiungiamo anche l’arbitro Maria Rizzardo, che ha operato talmente bene da meritare di dirigere anche la finale, nel caso specifico quella dei medi, con la Shields (Usa) e la Fontijn (Olanda) due campionesse assolute nella categoria regina dei Giochi.
Liq (Cina) restano fuori dal podio. La Shields (Usa), come l’inglese Adams, vince l’oro. Sono ben 42 le nazioni salite sul podio nel corso delle nove edizioni. Le ultime due: Taipei e Germania con un bronzo ciascuna, mentre l’Irlanda ha interrotto la serie d’oro di Katie Taylor, che vinceva dal 2006, mancando il sorpasso all’indiana Marie Kom, ferme entrambe a quota 5. In questa classifica, la Russia guida largamente su tutte, forte di 21 ori, 10 argenti e 23 bronzi, seguita dalla Cina (14-11-15), che dal 2008 in avanti ha fatto meglio della Russia (12 ori, contro i 6 della rivale), quindi India (8-6-14), Canada (8-1-9), la Corea Nord (7-7-7), che salvo le edizioni del 2001 e 2014, ha sempre raccolto me-
casa a Podolsk nel settembre 2006, sul podio in tutte le 13 categorie: 7 ori, 1 argento e 4 bronzi. Non male neppure la Cina nel 2008 a Ningbo City, con 5 ori, 2 argenti e 4 bronzi, l’India in casa nel 2006: 4 ori, un argento e 3 bronzi, mentre il Kazakistan stavolta ha messo assieme 4 ori e 2 bronzi. Dall’abbondanza al quasi digiuno, parliamo della Russia che ad Astana ha toccato il fondo assoluto, un solo argento con nove iscritte, peggio del 2008 in Cina, dove mise assieme 2 argenti e 3 bronzi. La più giovane partecipante ai mondiali di Astana è risultata la nostra Irma Testa, nata il 28 dicembre 1997, seguono la dominicana Almanzar (239), Huang di Taipei (31-8), la lituana Sutkute (25-8), la turca Yildiz (4-7),
I NUMERI E LA CURIOSITÀ DEI MONDIALI FEMMINILI DI ASTANA
daglie. Usa (6-9-17), Turchia (5-4-11). Grazie al poker in casa, il Kazakistan (5-3-6) posizionato oltre la ventesima posizione nel 2014, è ora ottavo. Irlanda (5-1-1), al decimo posto l’Italia: 4 ori ( Galassi 3, Mesiano 1, 3 argenti (Davide 2, Gordini 1) 3 bronzi, (Davide, Gordini e Mesiano). L’Italia ha preso parte a otto delle nove edizioni, unica assenza nel 2008 a Ningbo City in Cina, l’ultima edizione con 13 categorie, scese nel 2010 e mantenute fino ad ora a 10. Pluripresente azzurra la Calabrese (6), seguita dalla Davide (4), Gordini e Galassi (3), due per Tosti, Bellandi, Marenda, Mesiano, Alberti e Severin, mentre Cerpi, Como, Amato e Cipollone sono a quota uno. In totale 14 le azzurre ai mondiali. Il bottino di medaglie più congruo in assoluto lo ha raccolto la Russia in
la marocchina Mouttaki (22-6), l’azera Gadzhieva (14-6), Chen di Taipei (10-5), l’armena Grigorian, la magiara Takacs (9-3) e la Gonzales Usa (13-2). Sul fronte opposto, la meno giovane è la neo zelandese Lallu Sunita 40 anni compiuti l’11 giugno, seguono la Koddithuwakku dello Sri Lanka, 38 a dicembre, la moldova Venglovscaia e la Farrag (Dominica) a quota 37. Quando nel 2001, l’Italia prese parte alla prima edizione iridata a Scranton (Usa) tornando a casa con un oro e un bronzo (30 nazioni e 125 atlete), la FPI annoverava meno di 30 iscritte. Oggi le ragazze di casa nostra che hanno scelto l’attività agonistica sfiorano le 800, definirlo un boom, non sembra azzardato. Nella decima edizione mondiale del 2017, verranno abbondantemente superate le 2000 presenze. Dopo Astana
Ad Astana si sono presentate ben 15 delle 20 atlete qualificate ai tornei continentali. Con esito disastroso. Nei 51 kg. Elzahraoui (Mar), Bujold (Can), Petrova (Bul), Ren Cancan (Cina), Valencia (Col) e la Adams (G.B.) che ha poi vinto il titolo, le altre cinque fuori prima delle semifinali. Unica assente l’uzbeka Mirzaeva. Nei leggeri stesso destino per le cinque presenti: Yin (Cina), Mayer (Usa), Alekseevna (Aze), Lachgar (Mar) e Testa (Ita), assente la Watts (Aus). Nei 75 kg. non si sono presentate la Iakushina (Rus) e la Shakimova (Kaz), mentre Fortin (Can), Laurell (Sve), Mardi (Mar) e
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la cifra è di 1995, con quasi 90 nazioni sul ring. La Cina ha ospitato due volte la rassegna (2008, 2012), una ciascuna gli Usa (2001), la Turchia (2002), la Russia (2005), l’India (2006), le Barbados (2010), la Corea del Sud (2014) e il Kazakistan (2016). Delle dieci vincitrici 2016, la palma della più giovane spetta alla welter kazaka Valentina Khalzova che ha compiuto 20 anni a gennaio, seguita dalla Shields (Usa) di 21, ma che nel 2014, a 19 aveva fatto suo il titolo a Jeju. Seguono le due kazake Kyzabay (48 kg.) 23 anni a settembre e la Zholaman (54) 24 a ottobre. Quindi la francese Mossely (60) 24 in ottobre, la Mesiano (57) 24 dallo scorso dicembre. Le cinesi Yang, la Wenlu (64) 25 compiuti e la Xiaoli (81) 26 a
Corea del Sud. Difficile scalzare questi due fenomeni. L’indiana è anche la campionessa con più presenze ai mondiali, salvo il 2014, ha preso parte alle altre otto edizioni. La segue l’irlandese Taylor, giunta a quota sette, con lo stesso numero di ori. Qualche giorno dopo la chiusura dei mondiali, RaiSport ha mandato in onda otto delle dieci finali, facendo attendere gli appassionati ben due ore (dalle 21 alle 23) come segnalato dall’emittente nazionale. La voce in onda trattando la differenza tra le riprese dei professionisti con i dilettanti, facendo riferimento alla boxe femminile, spiegava che combattono sui tre round, nonostante che sullo schermo si combattesse sui quattro. Senza scoraggiarsi, affermava
sette nei 60, quattro nei 75) e le nazioni sono 11: Russia 2, G.B. 2, Francia 2, Bulgaria 2, con una Italia, Olanda, Svezia, Azerbajan, Irlanda, Finlandia e Ucraina. L’Asia ha otto titolari e allinea 4 atlete nei 51 kg., una nei 60 e tre nei 75, salvo qualche arrivo dal Comitato. Le nazioni sono la Cina (3), il Kazakistan (2), Thailandia, Uzbekistan, Taipei. Sei dalle Americhe (due atlete per ogni categoria) con Usa (2) Canada (2), Colombia e Brasile. L’Africa è rappresentata dal Marocco con tre atlete. Infine per l’Oceania, l’Australia con la Watts nei 60 kg., per un totale di 33 presenze, con 21 nazioni, contro le 22 di Londra. Mancano un 51 e due 75 kg. Impressionante il regresso dell’Africa, a Londra con Nigeria, Kenya, Tu-
settembre. Segue la Kungeibayev (+81) quarta kazaka, 29 a dicembre, fanalino di coda l’inglese Adams classe ’82, vicina ai 34 anni. A proposito di campionesse precoci, la palma della più giovane resta all’indiana Mary Kom, nata il primo marzo 1983 che il 27 ottobre del 2002 a 19 anni e 7 mesi sul ring di Antalya in Turchia, batteva in finale nei 45 kg., la nord coreana Jang Song Ae, conquistando il primo dei cinque ori consecutivi dal 2002 al 2010. L’anno prima a 17 anni, nella prima edizione, si era inchinata solo in finale di fronte alla turca Hulya Sahin, sfiorando l’impresa clamorosa. Per l’inezia di due mesi, l’americana Claresa Shields (17-2-1995) deve accontentarsi del posto d’onore, in questa particolare classifica, avendo centrato lo stesso obiettivo a 19 anni e 9 mesi, il 24 ottobre 2014 a Jeju in
che le quattro riprese venivano disputate solo per le finali. Sbagliare è umano, insistere un po’ meno. Ai mondiali 2015 a Doha, in occasione dei barrage dei semifinalisti che si affrontavano per qualificarsi ai Giochi di Rio, lo stesso telecronista spiegava che da sempre questi confronti vengono disputati per assegnare il bronzo. Ignorando che dal 1952 ai Giochi di Helsinki, ai due semifinalisti viene assegnata la medaglia a pari merito. L’ultima edizione con la sfide anche per il terzo posto è stata nel 1948 a Londra. La rassegna iridata ha di fatto concluso le qualificazioni femminili. Restano vuote solo tre caselle, che la Commissione tripartite assegna a sua discrezione. Cina e Marocco, sono le uniche ad avere tre promosse. L’Europa sarà presente a Rio con 15 atlete (4 nei 51 kg,
nisia e Marocco la sola presente a Rio. L’Asia perde India, Tajikistan e Corea del Nord, ma acquista Thailandia, Uzbekistan e Taipei. L’Europa supplisce alle assenze di Polonia e Romania, con l’ingresso di Francia, Italia, Olanda, Finlandia e Ucraina. L’Oceania perde la Nuova Zelanda. Le Americhe, senza il Venezuela, immettono Canada e Colombia con Usa e Brasile confermati. In attesa di conoscere le ultime tre mancanti.
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............... In apertura di articolo e nelle pagine successive: Alessia Mesiano con la medaglia; il logo dei Mondiali ad Astana; Scenograf ia dell’inaugurazione; la presentazione della Nazionale; i due ring sui quali si sono svolti i mondiali; i tecnici della nazionale, Renzini e Caldarella; il team al completo; Irma Testa con i tecnici; Laura Tosti.
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SI È SPENTO A PHOENIX A 74 ANNI UN MITO IMMORTALE
MUHAMMAD ALÌ La vita del campione dentro e fuori dalle corde
DI GIULIANO ORLANDO PH ARCHIVIO FPI
MUHAMMAD ALI si è accomiatato dalla vita terrena. Se il suo sonno segna l’addio alla fisicità dell’uomo e il distacco dagli affetti dei suoi cari, tutto il resto resta scritto nell’ideale marmo della memoria. Il personaggio sportivo più popolare al mondo ha chiuso gli occhi nell’ospedale di Phoenix nello stato dell’Arizona, a 74 anni. Un percorso da predestinato, iniziato prima del settembre 1960, Giochi di Roma, dove conquista l’oro nei mediomassimi. Ha 18 anni, i romani lo scoprono come un ragazzotto ciarliero, che la sera esce a conoscere la città, al Colosseo circondato dai gatti, a gettare monetine nella Fontana di Trevi. Quando torna nella casa di Buechel, paesino a ridosso di Louisville nel Kentaky, ha il futuro assicurato. L’anno prima nel 1959 a 17 anni, va ai Panamericani ma lo blocca Bob Foster, più anziano ed esperto, che diverrà a sua volta campione del mondo nei mediomassimi. Il ragazzo è deluso, teme di dover tornare a fare il baby sitter o aiutare a vendere frutta in una bancarella al mercato rionale. Invece lo attende una sorpresa. Il miliardario locale Bill Faversham (distilleria di whisky) e altri imprenditori di Luisville, gli propongono un contratto in apparenza allettante. “Diventerai il più grande campione e guadagne-
rai montagne di dollari. Penseremo noi a tutto. Avrai assicurato il 10% delle borse e al 35° anno un bonus di 100.000 dollari sarà a tua disposizione. Oggi sei nessuno, domani un uomo ricchissimo”. Per Cassius è la manna del cielo. Firma e quando torna da Roma viene affidato ad Angelo Mirena, origini siciliane, in arte Dundee, che lo seguirà sempre, anche dopo aver
lasciato il ring, diventando più amico che manager. Per un certo periodo gli affiancano Archie Moore, per la parte tecnica, ma non dura molto. Due mesi dopo l’oro olimpico debutta al professionismo sul ring di casa, battendo Tunney Hunsaker sui 6 round. Il primo squillo di una carriera salita a vertii mai raggiunti da nessun altro campione dello sport. Raccontare
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l’iter di Ali è esercizio impossibile. Diciamo che i suoi capitoli sono infiniti. Il primo, dall’avvio fino al mondiale contro Liston, dal ’60 al ’65 è quello meno limpido. Ma è onesto dire che di queste faccende Clay è il meno colpevole, semmai una pedina, suo malgrado, nelle mani di affaristi senza scrupoli. Per capire bastano alcune cifre. L’introito del primo confronto Clay-Liston del 25 febbraio 1964 a Miami Beach, supera il milione e mezzo di dollari. Più della metà vanno sulla sponda di Liston, che paga i vari Sam Margolis, Katz, Barone, Nilon, gli avvocati Cherry e Avena tutti alla corte di Frankie Carbo che guida la carriera di Sonny. A Clay il 10% oltre alla cintura mondiale. E’ scritto tutto nelle memorie della Sottocomitato Antitrust degli USA. La rivincita a Lewistone nel maggio 1965, dopo che Boston aveva rifiutato il match, fu indubbiamente una farsa. Un teatrino indegno, con Walcott che dopo aver contato Liston sul colpo fantasma al primo round, ascolta gli urli di Nat Fleischer il giornalista “santone” del boxing USA, e dichiara la fine del confronto. Tra le proteste del pubblico che lancia monetine e altro sul ring. In una storia salita alla cima della popolarità ci sta anche qualche nuvola di piombo. Per la cronaca Clay guadagna circa un milione di dollari
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nei due confronti con “l’orso”. Esperti in materia assicurano che nell’arco della lunga carriera Alì abbia incassato oltre 100 milioni di dollari. Ma che sia arrivato al limite della bancarotta alla fine degli anni ’70 per gli alimenti alle ex mogli, in particolare la prima, l’affascinante Sonj Ray, cattolica, troppo orgogliosa per accettare la legge islamica del marito. Il divorzio costa ad Ali 10 milioni all’anno per dieci anni sotto la voce alimenti dal 1965 al 1974. L’altro salasso arriva con Malcom X e la scelta mussulmana, mai approvata da papà Marcellus: “Non concepisco e non
pione del mondo per la terza volta. Ha 36 anni, il pugile che vola come una farfalla è un ricordo, Angelo Dundee gli consiglia di smettere. Sembra convinto e annuncia il ritiro. Resta fermo due stagioni, ma il 2 ottobre 1980 lo ritroviamo ancora sul ring, sulla soglia dei 39 anni, appesantito nel fisico e nel lanciare i pugni. Infatti l’emergente Larry Holmes, per anni suo sparring preferito, difende facilmente la cintura, mettendolo KO all’11 round. Incredibile ma vero, l’11 dicembre 1981, sulla soglia dei 40 anni, a Nassau la capitale delle Bahamas, stuzzicato dalla bor-
che, sono state la palestra d’avvio per altre missioni di valore assoluto. Esternazioni inframmezzate da parentesi di alto valore umano e civile, come il rifiuto di combattere nel Vietnam contro un popolo di cui non si sente nemico e che afferma con forza, non lo chiama “sporco negro”. La presa di posizione gli costa lo stop forzato di oltre tre anni, nel momento di maggior vigore atletico. Eppure quando torna, il 26 ottobre 1971, battendo il bianco Jerry Quarry, sangue irlandese, sul quadrato di Atlanta, il tempo pare si sia fermato al giorno prima. Ovvero al 22 marzo 1967
approvo le loro idee settarie e radicali. Gli hanno rubato una montagna di dollari e adesso mio figlio deve ricominciare da capo. Per me, resterà sempre Cassius”. Il tempo attutisce tutto, anche questi passaggi, sulle ali di una farfalla che punge e fugge alle repliche dei rivali. Ali riempie le cronache comunque e ovunque. Dopo le ombre con Liston, diventa una macchina inarrestabile. Superando ostacoli incredibili. La carriera vera si conclude nel settembre del 1978 a New Orleans, quando ottiene la rivincita su Leon Spinks e, unico massimo nella storia, torna cam-
sa degli organizzatori, si confronta con Trevor Berbick, un giamaicano residente in Canada, dodici anni più giovane, che lo batte sui10 round e che nel marzo del1986 diventa campione del mondo, regno brevissimo, interrotto otto mesi dopo dal ventenne Mike Tyson, che a Las Vegas lo distrugge in due round, diventando il più giovane campione del mondo dei massimi. Record imbattuto. Fine della storia agonistica e inizio di quella dell’uomo che riesce a convogliare i consensi del mondo. Le qualità istrioniche messe in atto nei vent’anni di battaglie pugilisti-
al Madison di New York, battendo l’aitante Zora Folley KO al settimo round. Nessuno sapeva che dopo quella difesa il suo nome sarebbe scomparso dai cartelloni per oltre tre anni. Ero a bordo ring e fu anche l’occasione per conoscere personalmente Rocky Marciano, ormai ex da oltre un decennio, molto disponibile e sorridente, forse il momento in cui scattò in me la voglia di scrivere la sua storia. Da Quarry, inizia una fase nuova: la scoperta da parte del mondo di un protagonista che va al di sopra dei pugni e si pone come missionario e volano di altre batta-
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glie, che vanno dai diritti del suo popolo di colore alla denuncia delle ingiustizie nel globo. La vedova di Martin Luther King, dopo aver assistito ad un suo incontro dichiara. “Ali non è solo un campione della boxe, ma il campione della giustizia e della pace”. Profezia avveratasi alla grande. Il ClayAli degli sberleffi, del chiacchierato mondiale con Sonny Liston delle difese a raffica con i suoi pugni troppo rapidi per qualsiasi avversario, fossero Patterson, Chuvalo, Cooper, London, Mildenberger, Williams, Terrel fino a Zora Folley,
ciaio del gigante texano, osannato da un pubblico infinito che lo adora, segna la tappa indelebile che trasforma un campione in simbolo. La terza sfida contro Smokin’Joe Frazier a Manila (Filippine) a fine ’75, la battaglia più cruenta sostenuta dai due, con l’abbandono di Joe allo scadere del 14° tempo, entrambi sfiniti, segna la reale conclusione del ciclo di due grandi guerrieri. Il resto è la sfumatura conclusiva. Ugualmente la storia agonistica protrattasi altre sei stagioni, ha cementato questo concetto, ampliando il suono del-
to che anche se il tramonto stava avvicinandosi, Ali era sempre più vivo. Personalmente mi reputo molto fortunato ad aver assistito da bordo ring, alla sua vittoria olimpica nel 1960, di averlo visto combattere diverse volte, sia in Europa che negli Usa, averlo intervistato grazie all’amicizia dell’amico e collega Gianni Minà e, sempre col suo supporto nel 1983, nel corso della trasmissione televisiva “Blitz”, il grande campione assieme a Nino Benvenuti, presentarono “La storia del pugilato”, vincitore del premio Coni, e la foto che lo ritrae col mio libro è sempre
il plotone di sfidanti respinti, del primo racconto, come quello del ritorno dopo lo stop forzato, la sua popolarità non ha mai conosciuto tramonti. Non la sconfitta contro Frazier, un martello di colore che non conosce soste nel colpire, e tantomeno le infinte esibizioni nei primi anni ’70, pagatissime da un pubblico che arriva da ogni ceto sociale. La rivincita contro Frazier a New York, dieci mesi prima dello zenit di Kinshasa nello Zaire, la notte del 30 ottobre 1974, con Foreman distrutto non solo dai pugni, ma dal carisma di un Ali, che sembra non sentire i pugni d’ac-
la missione in tutti i continenti. Gli anni successivi, dalla scoperta del Parkinson al sempre crescente impegno dell’uomo verso quella salita infinita delle riparazioni dei torti sopportati dalle minoranze, dagli emarginati e dalle vittime di guerre sempre più violente quanto ingiuste e inutili, hanno idealizzato e fatto materia il suo spirito di missionario per la giustizia. L’ultimo messaggio, recente è stata la risposta negativa all’ennesimo sproloquio di Trump, contro l’esodo degli emigranti mussulmani. La sua fioca voce è salita nel cielo dei media e tutto il mondo ha sapu-
stata la più preziosa della mia pur vasta galleria personale. Oggi Ali ha salutato la vita terrena, ma il suo ricordo non si cancellerà mai, perché il suo messaggio va oltre il tempo e si staglia come il pugno più bello della sua vita.
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............... In apertura di articolo: Alì mette ko Liston al 1° round; a seguire, Alì in una delle sue apparizioni italiane, dietro c’è Gianni Mina; Alì porta il montante sinistro contro Patterson; Alì con Benvenuti e Amaduzzi.
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LA SFIDA CON FOREMAN
Alì boma ye: nel cuore delle tenebre The Fight, libro capolavoro di Norman Mailer DI FABIO ROCCO OLIVA
lì, boma ye! Alì, boma ye! Il ritmo scandito da migliaia di voci nere è come quello dei tamburi di guerra. Una guerra tribale, feroce e selvaggia. Senza possibilità di fuggire. Lo urlano a ripetizione, in maniera ipnotica. È un mantra che penetra la carne, che scava nelle ossa e serpeggia nel cuore. Norman Mailer, scrittore americano di altissimo livello, poco conosciuto in Italia, autore del celebre libro Il nudo e il morto, l’ha sentito quell’urlo, l’ha visto espandersi nell’aria. E ne ha capito il senso profondo. È il 30 ottobre del 1974. È il 30 ottobre del 1974, Kinshasa, Zaire. Già Zaire, un nuovo Stato governato dal dittatore Mobutu. Norman Mailer ci accompagna verso il match indagando con lo sguardo dello scrittore, dell’antropologo, del viaggiatore in eterna ricerca, tutto ciò che è intorno a quell’epico incontro. Un match di pugilato non è solo ciò che appare sul ring, non è solo gocce di sudore e muscoli in azione, non è solo pugni e reni e gambe. Quello che vibra nel ring è solo una parte di un percorso, di una storia che dura da tempo. È un frammento di matasse energetiche. Alì e Foreman saliranno sul ring di Kinshasa. Perché proprio lì? Alì voleva combattere in Africa tra i suoi fratelli, voleva che il mondo intero guardasse l’Africa e capisse in che stato era (ed è) ridotta, voleva dare dignità agli schiavi e incitare tutti coloro che hanno i polsi legati a distruggere le catene. Ma c’è dell’altro. E Norman Mailer ce lo fa capire in questo libro, La sfida, tra i libri più belli scritti su Alì. Lo Zaire è il Congo, un immenso Stato nel cuore dell’Africa. È il centro del continente nero. Ad inizio Novecento, un altro immenso scrittore, Jospeh Conrad vi aveva ambientato un suo romanzo, Cuore di tenebra, dal quale poi Francis
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“... Alì voleva combattere in Africa tra i suoi fratelli, voleva che il mondo intero guardasse l’Africa e capisse in che stato era (ed è) ridotta...” Ford Coppola avrebbe tratto la materia per il suo film Apocalypse now ambientandolo in Vietnam. Già, il Vietnam. Qualche anno prima Alì aveva alzato la testa e con orgoglio si era rifiutato di andare lì giù ad uccidere gente che non gli aveva fatto niente, gente che come lui era innocente. Gli tolsero il titolo mondiale, gli tolsero la licenza di boxare, cosa che equivale a mettere le manette, rendere di nuovo schiavo, non essere libero di decidere di se stesso. Alì fece il
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suo gran rifiuto e iniziò la sua battaglia. Non contro gi Stati Uniti ma contro ogni forma di violenza, di oppressione, di prepotenza. Proprio come era capitato al Congo. Lì erano giunti i coloni belgi che avevano commesso i delitti più atroci. Avevano sterminato la popolazione africana in nome del progresso del mondo occidentale. Erano giunti lì come gli inglesi, i francesi, i tedeschi, gli olandesi, gli svedesi e avevano devastato popoli su popoli. Rendendoli schiavi. Il Congo si era ribellato. Il Congo era Muhammad Alì. Poi il Congo divenne Zaire e lo Zaire era invece la reazione violenta. Il dittatore Mobutu aveva represso ogni forma di dissenso. Pare fosse stato messo lì dagli americani, o quanto meno dagli occidentali che gli permettevano di fare quello che voleva della sua popolazione purché restasse un interlocutore con cui fare affari. Il Congo di Conrad era il luogo del male, o meglio, dell’Orrore, il luogo dove la bestemmia, la violenza e la crudeltà hanno trovato la loro massima espressione. E questo era ancora pulsante quando vi giunsero Alì, i suoi uomini e Norman Mailer. Lo scrittore americano, tra i padri della beat generation (quella di geni come Kerouac, Ginsberg e Barroughs) aveva sentito nell’aria africana che il match di Alì contro Foreman aveva ragioni profonde e doveva svolgersi solo in Congo perché lì si era annidata la guerra, la devastazione, l’orrore dell’uomo che distrugge l’uomo per odio e cupidigia. Bisognava che splendesse la pace della boxe di Alì. Norman Mailer, nel suo stile impeccabile, ci mostra come Alì e Foreman non furono, quel 30 ottobre del 1974, due esseri umani che salirono su un ring ma furono due vere e proprie divinità africane che si misurarono sul baratro del quadrato. Alì, boma ye! Alì, boma ye!
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Così incitavano gli africani il loro Dio quando entrò alle quattro di mattina nello stadio. Sessantamila persone erano giunte lì per vedere due anime tribali contendersi l’universo. Cantavano e guardavano il ring sotto il quale c’erano gli spogliatoi dove Alì e Foreman si erano preparati prima di entrare in scena. Loro probabilmente non lo sapevano, ma Mailer sì. Sapeva, lo scrittore americano, che in quegli spogliatoi qualche mese prima erano stati ammassati trecento tra i criminali più pericolosi di Kinshasa e una cinquantina di loro furono trucidati per incutere timore in tutti gli altri. C’era sangue dappertutto. Mobutu aveva mostrato l’orrore. Nessuno avrebbe dovuto commettere crimini durante lo spettacolo. Tutto il mondo doveva apprezzare il suo regno, lo Zaire. In quegli stessi spogliatoi dove Foreman e Alì si preparavano per andare in scena, era scorso tanto sangue. E in quegli stessi corridoi gli uomini di George urlavano George boma ye, disperato tentativo di appropriarsi di un urlo che non poteva essere loro. Alle quattro del mattino Alì e Foreman sono al centro del ring. La folla incita. Tra i telecronisti un avvelenato Frazier pronostica la vittoria di Foreman. Mailer osserva i preparativi e sente Alì sussurrare a Foreman che riceverà una dura lezione dal suo maestro. Sono davanti all’arbitro e sta per iniziare un match senza precedenti. Perché non fu un semplice incontro di boxe, come scrive Mailer, ma furono due divinità a manifestarsi all’uomo comune, due divinità africane: la forza cieca, la violenza e la ferocia devastante contro l’eleganza, l’eloquenza, l’intelligenza e infine l’armonia. Era Foreman contro Alì, ma non solo: era l’Occidente che opprime contro la fantasia liberatrice dell’Africa, era la prepotenza del sistema capitalistico contro l’uguaglianza tra fratelli, lo sfruttatore e lo sfruttato ma anche la vittima e il carnefice. Di più, era il momento in cui il carnefice doveva essere punito come solo un carnefice deve essere punito. E infine (e forse soprattutto) era il match di Alì contro Alì. Mohamed Alì aveva vinto la sua battaglia, gli era stata riconsegnata la licenza per combattere, era salito sul ring ma Frazier aveva vinto, ha dovuto lottare ancora per guadagnarsi l’opportunità di sfidare il campione del mondo. Aveva trentadue anni ormai.
Norman Mailer ci descrive in maniera magistrale gli allenamenti e lo stato d’animo di Alì durante i giorni precedenti al combattimento. Lo aveva seguito, aveva addirittura avuto il privilegio di fare jogging con lui una mattina (alle tre di notte nel bel mezzo dell’Africa nera!). Aveva visto un leone stanco, non più ballerino, floscio. E si chiedeva come mai. Alì era come un leone che prima di attaccare si gode la pace, quegli ultimi momenti prima del delirio. Giocava con
“... Alì, boma ye! Alì, boma ye! Il ritmo scandito da migliaia di voci nere è come quello dei tamburi di guerra. Una guerra tribale...” Bundini e ogni tanto declamava le sue poesie (che a dire la verità non erano un granché quelle scritte, mentre quelle improvvisate in una delle sue orazioni sono vere e proprie poesie che hanno il potere magico di infiammare). Aveva visto un leone stanco, un uomo alle corde così come aveva fatto durante gli allenamenti. Quando nell’arena Norman Mailer aveva sentito Alì boma ye, aveva capito il senso profondo di quell’urlo, aveva visto tutto quello che intorno a quell’urlo
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palpitava: l’intera esistenza di Alì stesso, il momento estremo del riscatto. Alì boma ye, significava Alì uccidilo, ma il più grande di tutti non doveva uccidere Foreman ma se stesso, tutti i suoi limiti, i suoi incubi, doveva uccidere la parola “impossibile”, doveva spezzare le catene che avevano imprigionato il suo popolo e se stesso. E riuscì a farlo con quel capolavoro di match alle corde, passando per il quinto round (forse il più bello della storia della boxe, come sostiene Mailer), per giungere a quell’ottavo round, dove il leone si era svegliato e aveva deciso di mordere al collo la sua preda. Alì inchioda Foreman al tappeto non tanto e non solo con i suoi pugni ma con la potenza di quello sguardo che lo segue per tutta la caduta, come un magnete incontrastabile. La folla esplode. Tutti abbracciano Alì che per pochi secondi sviene. Sì sviene. Mailer è lì e non può crederci: «Forse era un fulmine di Allah, un ammonimento contro l’orgoglio eccessivo negli anni a venire, o forse era una spossatezza improvvisa, chi lo sa? Poteva essere persino lo spasmo di un riflesso che aveva affinato inconsciamente per mesi, l’abilità di riaversi in pochi secondi dall’incoscienza totale». In querl momento la pioggia inizia a cadere. Per purificare.
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In apertura di articolo e a seguire: Alì a Kinshasa; Il crollo di Foreman; La copertina del libro.
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AL PALABADMINTON DI MILANO L’ULTIMO MATCH
Roberto Cammarelle dal ring alla scrivania Una carriera difficile da eguagliare
DI GIULIANO ORLANDO PH ENRICO DATTI
oberto Cammarelle uno e due. Il primo lungo capitolo è andato in archivio il 2 maggio, con l’ufficialità del passaggio da pugile a quello di direttore tecnico presso le FFOO, il corpo di polizia di cui fa parte dal lontano aprile 2000. Sedici anni con le insegne delle Fiamme Oro, battezzate dal primo titolo assoluto sul ring di Pisa a cui seguiranno altri otto scudetti, l’ultimo nel 2012 a Roma. Un patrimonio infinito, lungo una carriera che ha firmato in oltre 230 incontri, tre podi d’Olimpia (bronzo 2004, oro 2008 e argento 2012), due ori iridati (20072009) e un bronzo (2013), tre vittorie ai Giochi del Mediterraneo, mondiale militare nel 2004, tre ori con l’Unione Europea e altrettanti argenti europei, oltre ad un consistente numero di tornei internazionali vinti, da meritare il titolo di più grande dilettante italiano di tutti i tempi. I due capitoli si sono intersecati nell’ultima parte, come spiega Cammarelle: “L’ultimo match, l’ho disputato nel doppio ruolo di pugile e dirigente, visto che è avvenuto il 29 maggio al Palabadminton di Milano. Proprio questo evento mi ha traghettato senza alcun problema da un ruolo all’altro”. Si è parlato a lungo che avresti puntato ai Giochi di Rio. Quanto c’è di vero? “Alla fine del 2015, con Lello Bergamasco abbiamo parlato di questa opportunità e lui mi ha lasciato libero di scegliere, con l’intesa che se avessi optato per le qualificazioni, dovevo iniziare subito. Per un po’ ci ho creduto, poi ho capito che il peso della preparazione era troppo. Senza smettere del tutto, tanto che dopo 29 mesi di assenza dal ring, ho combattuto in una condizione atletica decorosa, battendo un giovane russo di 25 anni, dieci meno del sottoscritto, ma avevo già la testa al nuovo ruolo. L’espe-
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“... il 9 aprile 1995 a 14 anni, debuttai sul ring, avevo le idee chiare. La boxe mi piaceva, ma intendevo farla da campione. Ho sempre avuto una determinazione feroce. ...” rienza di tanti anni di ring mi avrebbe aiutato e magari sarei riuscito a ottenere il ticket. Il problema era mantenere la concentrazione fino ai Giochi. C’era poi una seconda considerazione. La boxe senza casco nei dilettanti non mi piace.
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Dopo oltre un decennio ho accettato il confronto e il bronzo mondiale del 2013 mi promuove, vista la situazione in quel momento, ma mentalmente la rifiutavo e continuo a pensarla così”. Chiudere con l’agonismo, dopo oltre vent’anni, cosa comporta a livello di impatto con la nuova ruotine quotidiana? “I realtà sono 25 anni che mastico sport. Nel 1991, con mio fratello Antonio ci siamo presentati alla palestra “Rocky Marciano”, di Cinisello Balsamo, fondata e diretta da Biagio Pierri. Nel 2013 abbiamo preso parte ai Giochi della Gioventù con scarso successo. Eravamo alti ma impacciati e finimmo in coda. Meglio l’anno dopo, migliori dei lombardi ma staccati dai migliori. Comunque la ginnastica fatta ci aveva costruito bene e quando il 9 aprile 1995 a 14 anni, debuttai sul ring, avevo le idee chiare. La boxe mi piaceva, ma intendevo farla da campione. Non amo le esternazioni, ma ho sempre avuto determinazione feroce. Ho superato problemi fisici notevoli, venendone fuori con l’applicazione e tanti sacrifici. Facendo il possibile di meritare quanto la boxe mi ha dato”. Le soddisfazioni in assoluto e le delusioni cocenti? “Sono scritte nel mio record. L’oro di Pechino su tutto, e anche i due mondiali, in particolare quello di Milano 2009, davanti al pubblico di casa, dove venni premiato come miglior pugile della rassegna iridata, ma anche l’oro mondiale militare negli Usa, nel 2004, dove misi ko il tedesco Kretschmann, che nel ’98 da jr. mi aveva battuto due volte, facendo leva sul fisico. A parità di condizione, lo stesi. Per quanto riguarda le delusioni, la più cocente è stata la finale olimpica di Londra, una pugnalata al cuore. Io non sono il tipo che protesta, ma dentro di me, mi cadde il mondo addosso. Sapevo di aver vinto in modo netto e
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tutti i media lo scrissero e denunciarono il verdetto politico, purtroppo ufficialmente il campione è l’inglese Joshua. Poi,almeno due sconfitte contro il russo Povetkin, le più clamorose agli europei di Perm 2002 e Pola 2004, verdetti sfacciatamente di parte. Per finire nel 2011 ad Ankara in Turchia, ancora finale europea contro Omarov, altro russo e stessa beffa. Ecco perché non ho mai vinto l’oro europeo. Per contro e lo dico con orgoglio, non ho mai avuto regali”. Il match più difficile? “La semifinale mondiale 2013 ad Almaty in Kazakistan, contro il russo-azero Medzhidov, che avevo battuto a Londra dopo una lotta serrata. Inizio male, subisco un colpo alla nuca molto pesante, che reggo a fatica, poi un destro e mi ritrovo al tappeto. Mi rialzo, faccio cenno all’arbitro dell’irregolarità. Recupero comunque bene e finisco in attacco. Nel secondo round guido io, ma Medzhidov mi rifila una gomitata facendomi gonfiare l’occhio sinistro. L’arbitro lascia correre e solo nell’ultimo round, si decise a richiamare l’azero. Due giudici segnano parità 28-28 e solo l’algerino Lazisi vede 29-27 al pugile locale. Un altro richiamo e sarei entrato in finale. Quel primo round è stato il più difficile, soprattutto per il colpo alla nuca, che col casco non avrebbe avuto gli stessi effetti. Ulteriore dispiacere, l’insistenza in tv, di Nino Benvenuti, il mio mito da ragazzo, nel dichiarare che intendevo abbandonare dopo il conteggio. Mentre in effetti, indicavo all’arbitro il colpo ir-
regolare”. Hai mai pensato di fare l’allenatore? “Quando mi proposero di sostituire l’ottimo Claudio De Camillis, già arbitro internazionale e poi responsabile tecnico, valutai anche tale opportunità. Che scartai a priori, considerato che il settore tecnico pugilistico è ottimamente coperto. Semmai intendo collaborare attivamente e ampliare il campo operativo per ottenere altri risultati a livello internazionale. Al momento fanno parte della squadra maggiore 10 uomini e 5 donne. I primi sono: Cappai, Picardi, Valentino, Splendori, Cosenza, Arecchia, Marziali, Cavallaro, Fiori e Federici. Le seconde: Davide, Testa, Carini, Mesiano e Floridia. Cappai e la Testa promossi a Rio, la Mesiano campionessa del mondo in carica. Puntando a migliorare ancora e far crescere altri campioni”. Come siete coordinati? “A Roma con Giulio Coletta, Michele Caldarella e Domenico Filippella si sono aggiunti Carmine Cirillo e Dario Vangeli, a Marcianise nel casertano operano Antonio Brillantino e Francesco Rossano, in attesa di altre iniziative. Il mio ruolo è quello di mantenere i collegamenti relativi all’attività nazionale e internazionale, vagliare con i tecnici le scelte per le varie manifestazioni alle quali le FFOO saranno presenti. Oltre ai contatti con i responsabili delle nazionali sia maschile che femminile, che fanno capo a Lello Bergamasco ed Emanuele Renzini, tutto questo senza
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mai prescindere dalla continua informazione con i vertici delle FFOO, che gestiscono lo sport del corpo”. Hai già personalizzato l’ufficio? “Lontano da me rivoluzionare un assetto di ottimo gusto. Al massimo qualche piccolo ritocco, tipo le foto di famiglia e dei momenti importanti della vita da pugile. Al momento ho portato il primo attestato che mi hanno dato proprio i colleghi e il trofeo, piuttosto imponente, dei mondiali 2009 come miglior pugile. Il resto è ancora intatto. E penso che, visti gli impegni che mi aspettano, non avrò molto tempo per cambiare e sostituire la precedente sistemazione” Cammarelle ex pugile, significa anche l’addio alla palestra in modo totale? “Compatibilmente con gli impegni e avendo a disposizione in quel di Assisi uno degli impianti più moderni e completi, farò il possibile per respirare l’aria della palestra. Sarà anche l’occasione per salutare i ragazzi e i tecnici. Oltre un certo peso non intendo andare. Ogni tanto potrei anche mettere i guantoni e il casco è tirare qualche colpo”. ...............
In apertura di articolo e a seguire: due intensi primi piani di Roberto Cammarelle; La vittoria più importante alle Olimpiadi di Pechino;
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IN PALIO L’INTERNAZIONALE WBC
Per Di Silvio una sconfitta con applausi Sconf itto ai punti da Sean Dodd
DI EMIL ARNOLD PH RENATA ROMAGNOLI
LIVERPOOL, 29/05/2016
E’ facile associare Pasquale Di Silvio a Michele Di Rocco nella sconfitta in terra britannica, ma entrambi hanno scusante più che valida. Michele Di Rocco non è...salito sul ring, Pasquale Di Silvio sul ring del Goodison Park Stadium ci è salito e ha fatto vedere le streghe a Sean Dodd, un pugile che a giudizio degli esperti dovrebbe fare strada tra i leggeri cominciando da questo titolo Internazionale WBC. L’allievo di Marcello Paciucci è stato un banco di prova molto difficile per l’inglese, che è stato impegnato fino all’ultimo, anzi con un finale che ha visto il nostro pugile all’attacco. I complimenti si sono sprecati soprat-
tutto da parte degli organizzatori di una riunione “monstre” con vari titoli in palio. Lo abbiamo detto a più riprese “El Puma” tecnicamente è uno dei migliori, qualsiasi pugile di valore con lui rischia, ma gli manca quel quid per essere “perfetto”, ricordiamoci poi, particolare non da poco, che ha 36 anni e avremo la radiografia di quello che è e che avrebbe potuto essere. Fino a metà strada ha lottato da pari a pari, poi ha ceduto terreno contro un avversario molto forte fisicamente e sopportato dall’arbitro nelle scorrettezze, ma ha avuto comunque degli sprazzi che hanno tenuto in allarme Dodd e il suo clan. Dodd ha vinto all’unanimità (due 98-92 e uno 97-93).
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Nella stessa serata si è assistito ad un ko spettacolare avvenuto nella terza ripresa ad opera dell’idolo di casa Tony Bellew (+ 27, - 2, = 1) che ha fatto onore al suo nickname “Bomber” polverizzando il pur bravo sudafricano Ilunga Makabu (+ 19, - 2). In palio era il titolo Mondiale WBC dei Cruiser, lasciato vacante da Grigory Drozd. ...............
Nelle foto: Di Silvio e Massai di spalle; Tony Bellew nuovo campione WBC dei Cruiser; una fase del match; la conclusione del match con la vittoria di Bellow
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DI GIULIANO ORLANDO PH RENATA ROMAGNOLI
Michele Di Rocco battuto a Glasgow da Ricky Burns. Il suo futuro è nei welter. Avevo parlato con Michele di Rocco una settimana prima della sfida iridata di Glasgow. Le sue parole mostravano sicurezza e fiducia di tornare a casa campione del mondo. “Vado in Inghilterra per vincere. Voglio giocarmi al meglio la grande occasione. Non sono più un ragazzino, è giunto il mio momento”. I fatti purtroppo hanno smentito il sogno, tramutandolo in incubo. La Scozia si è dimostrata arcigna oltre ogni pessimistica previsione. La vacante cintura superleggeri WBA, ha sorriso al padrone di casa Ricky Burns, davanti a oltre 13.000 spettatori accorsi all’SSE Hydro, esaltati dall’impresa del loro beniamino, che in fatto di titoli mondiali non scherza affatto. Quello raccolto a spese
amente. Subentra il toscano Scapecchi. Il 21 settembre 2007, a Livorno, in palio l’UE e l’Internazionale WBC vacante, il varesino Giuseppe Lauri a sorpresa, lo batte con un KO ricco di strascichi polemici al settimo round. Di Rocco parte meglio, ma dopo il quinto round accusa la fatica e Lauri, avvezzo a soffrire e resistere, sta accorciando il divario. Dopo un attacco a suo favore, senza una plausibile ragione l’umbro volta le spalle e si dirige verso l’angolo. A quel punto Lauri, si avventa su Di Rocco, non essendoci stato alcuno stop dell’arbitro Dolpierre e ne nasce una rissa degna di miglior causa. Dopo conciliaboli a non finire il risultato è di abbandono da parte di Di Rocco. Non è un bel momento per il pugile, che
disastroso, al tappeto nel primo tempo, rimonta la situazione, finendo sconfitto per split decision. Infine, sul ring di Hidalgo nel Texas, ha pagato il fattore ring, nel senso che al locale Omar Figueroa jr. era permesso tutto e per batterlo dovevi solo stenderlo. Match ai punti e vittoria locale. A contorno ci sono 40 vittorie, il Commonwealth per lunghi periodi, affrontando gente tosta, perché in Inghilterra le battaglie iniziano al debutto e finiscono quando ti ritiri. Il lungo excursus fa capire, sia pure in parte, la frittata di Michele a Glasgow. Di Rocco si è trovato di fronte un campione che aveva molti fattori a suo vantaggio: l’esperienza a battersi ad alti livelli, la lucidità tattica e quindi la fred-
Sogno mondiale infranto di un Michele Di Rocco, apparso come la vittima sacrificale, è il terzo e lo premia quale unico pugile scozzese ad aver raggiunto tale traguardo. Raccontare l’incontro è ferire l’orgoglio di un pugile che comunque ha fatto onore all’Italia in numerose occasioni. Di Rocco, 34 anni compiuti a maggio, ha cominciato a frequentare la nazionale nel 1998 a 16 anni, l’anno dopo vince il tricolore piuma assoluto, ripetendosi altre tre volte fino al 2002. Difende l’onore azzurro ai mondiali jr. nel 2000 conquistando il bronzo, sul podio ci sale anche agli europei nel 2002, oltre a numerosi tornei, si qualifica per i Giochi di Atene 2004, due vittorie iniziali e la sconfitta contro il romeno Jonut, che lo esclude dal bronzo. Conclude l’attività in maglietta con un record di quasi 130 incontri e un centinaio di vittorie. Il 2 ottobre a Grosseto inizia l’avventura da professionista, che sembra inarrestabile, dopo undici incontri e un anno di professionismo, è campione italiano ai danni del generoso Massimo Bertozzi. Nel dicembre del 2006 conquista l’Unione Europea a spese del romano Marinelli, che qualche mese prima gli aveva imposto il pari. Nel frattempo l’idillio con lo storico maestro Gerardo Falcinelli che lo aveva svezzato dall’esordio, finisce almeno temporeane-
dopo dieci mesi di riposo, passa nei welter tra mille polemiche, stagioni con pochi contenuti: tanti incontri con modesti avversari, senza concludere nulla in fatto di cinture dal 2008 al 2011. Parziale recupero nel 2012 con la rivincita su Lauri ad aprile. Le stagioni dal 2013 al 2015, sono le migliori in assoluto. Diventa campione d’Europa superleggeri, quattro difese vittoriose e il riconoscimento al ruolo di cosfidante WBA contro Ricky Burns. Traguardo raggiunto dopo trattative infinite e avversari cambiati, un capolavoro dei tessitori Salvatore e Cristian Cherchi, che non si sono smarriti di fronte al susseguirsi di variazioni al vertice dei vari campioni (Vargas, Benavides e Broner), per citare i principale e la scelta definitiva contro Burns, rivale ottimo, ma il meno pericoloso del gruppo inseguitore al titolo. Questo sulla carta purtroppo. Leggendo con attenzione il record dello scozzese ti accorgi che è stato campione iridato nei superpiuma e nei leggeri, che ha disputato nove mondiali e le cinque sconfitte vanno lette con attenzione. Le ultime tre in particolare. Di fronte a Terence Crawford ha pagato la difficoltà di restare nei leggeri e il valore assoluto dell’americano, imbattuto. Col montenegrino Dejan Zlaticanin, altro imbattuto, dopo un avvio 21
dezza per gestire al meglio ogni situazione, oltre al pubblico. Per contro l’italiano presentava una carriera di tutto rispetto, ma disputata ai piani inferiori, il cui tetto è stato l’europeo. Già questo rappresentava un gap notevole. In aggiunta è accaduto che il nostro non ha retto la pressione, salendo sul ring ormai fuori controllo. Il percorso agonistico è stato un tormento per lui e per i tanti tifosi che speravano nel solito miracolo all’italiana. Così non è stato. Burns ha preso subito in mano le redini, anticipando l’avversario che si immolava round dopo round verso il sacrificio assoluto. Di Rocco attaccava senza un criterio tattico, gettandosi avanti frontalmente, facendo il gioco di un rivale che usava i colpi diritti con ottima scelta di tempo. Così per otto round, compreso un conteggio al terzo e un secondo poco prima dello stop. Troppo crudele il verdetto, per essere quello vero. Ce lo conferma lo stesso protagonista che si confessa a tutto campo. “Le ragioni di una sconfitta – specifica – sono sempre molteplici. Prima di tutto il valore di Burns, che ha sulle spalle una carriera di ben altro livello della mia. Campione del mondo in tre categorie, ha combattuto dieci volte per titoli iridati. Forse lo avevo sottovalutato e anche questo è stato un errore. Altro
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contrattempo la lontananza dal ring, oltre un anno, che mi ha nociuto parecchio. Inoltre ho lottato per mesi con un paio di chili che non volevano scendere. Sono rimasto a digiuno due giorni alla vigilia e sul ring avevo le gambe di pastafrolla. Questo non giustifica la sconfitta bruciante, ma lascia capire lo stato d’animo che avevo salendo sul quadrato. Che sia entrato in confusione non c’è dubbio. D’altronde quando capisci che il match della vita ti scappa dai guantoni, chiaro che arriva la disperazione che non è una buona consigliera. Nelle condizioni in cui ero è stato un miracolo aver resistito otto round. L’ho fatto pensando alla mia famiglia, al mio orgoglio, ma se c’ero
un traguardo fantastico, quindi mi sta bene. Ho difeso l’europeo dei superleggeri ma in realtà ero un welter da almeno due anni. Un fatto normale, il metabolismo dopo i trent’anni cambia. Conto di rientrare a settembre con un paio di incontri d’approccio e poi tentare l’europeo o una cintura internazionale per provare a riacciuffare quel treno che mi è sfuggito. Nel frattempo rifletto sulla sconfitta, perché la botta è stata dura. In oltre 18 anni di carriera tra dilettanti e professionismo, nessuno mi aveva trattato così. E’ pur vero che ci ho messo del mio, ma il risultato resta. L’unica cosa certa è che non appendo i guantoni al chiodo. Troppa la voglia di combattere, per lasciare.
frequentato e spero di avere una vasta clientela che apprenderà solo pugilato. Sarà il posto dove mi allenerò, rifinendo la preparazione a Milano, alla OpiGym con Franchino Cherchi, maestro impagabile. Ad Assisi mi seguiranno sia il medico amico Lamberto Boranga che il mio preparatore atletico. Situazione ambientale ideale, avendo il Centro Nazionale dove sia allenano le nazionali azzurre a due passi e dove spero di poter usufruire dell’attrezzatura e di sparring di altissimo livello, oltre che amici”. Il postino bussa sempre due volte. C’è ancora un’opportunità da sfruttare. “Se la vita inizia a 40 anni, mi restano altre sei stagioni per agganciare l’occasione
con la testa non rispondevano braccia e gambe e contro uno che fa poche cose ma molto bene, tira colpi diritti e sceglie il momento giusto, la lotta è impari”. Salvatore Cherchi ha detto che ricomincerai da dove eri partito, ovvero dall’europeo, ma quello dei welter, magari sf idando Leo Bundu. Che ne pensi? “La proposta di Salvatore mi sembra la più logica. Arrivare alla sfida con Leo è
Ho perso una battaglia, ma la guerra continua. Col tempo questa esperienza mi aiuterà a crescere ancora. Al momento mi brucia come un ferro rovente”. Michele Di Rocco da welter, in cosa cambia? “A breve apro una palestra a mio nome ad Assisi, a poca distanza da Bastia Umbra dove sono nato è ho la casa di residenza. Ho preso in affitto un ampio locale nella struttura polisportiva “Epyca”, assai
che conta e stavolta farò tesoro degli errori, in modo che si trasformino in effetti positivi”.
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In apertura: DiRocco; una fase del match; L’arbitro scherza con Burns; la f ine di un incubo; Alessandro Cherchi.
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IN PALIO IL TITOLO DEI SUPERPIUMA
Alfano è campione su Salvini Nel sottoclou...i giovani danno spettacolo
DI STEFANO FANTOGINI PH RENATA ROMAGNOLI
ario Alfano (+8 -0 =1, 3 ko) è il nuovo campione italiano dei superpiuma, titolo aggiudicato meritatamente sul palco del TendaStrisce di Roma grazie al successo nel derby capitolino contro il co-sfidante Emiliano Salvini (+17 -23 =2, 2 ko). Unanime il verdetto in favore del pugile della San Basilio Boxe. Avvincente il sottoclou della riunione allestita dalla “Buccioni Boxing Team”. Questa volta è il caso di partire d a l l o sconfitto, perchè Salvini si è meritato il rispetto e la gratitudine di addetti ai lavori e pubblico, anche quello di parte avversa, salvando una riunione che sembrava persa dopo la rinuncia all’ultimo momento di Pisanti. Ancora una volta si è dimostrato “globetrotter” del ring, da sedici anni proiettato in ogni angolo d’Europa a svolgere con dignità ciò che sa fare meglio, oggi chiamato a combattere a pochi km dalla sua casa ma con un preavviso di due giorni in una categoria di peso ancora mancante nel lungo curriculum. Anche Alfano non ha dovuto fare tanta strada da casa per raggiungere la splendida location, per SuperMario, undici anni e trentatré match in meno dell’avversario, è tuttavia il primo grande appuntamento di una carriera in rampa di lancio, la prima fatica sulla lunga distanza, naturale sia la tensione il primo avversario da sconfiggere. Gli umori condizionano il confronto soprattutto in avvio, Salvini appare più sciolto e lavora in serie ma è pur vero che Alfano mette a segno i colpi più puliti con la determinazione di chi vuole portare a casa il risultato. Sono l’esperienza e la tranquillità di chi si trova a proprio agio tra le sedici corde come tra le mura di casa a permettere a Salvini di muoversi per dieci round, la preparazione non al top è giustificata e già dopo qualche minuto consente al co-sfidante di tenere il pallino del match.
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Senza strafare e senza mai esser stato in difficoltà, Alfano punta e raggiunge l’ambito traguardo con un verdetto chiaro (cinque punti di vantaggio per i giudici Marzuoli e Di Mario e due punti per Derasmo). Sarebbe orgoglioso Carlo Maggi, al quale il vincitore dedica il successo, lo è Daniele Petrucci che sta proseguendo con passione il lavoro del compianto maestro. Per “Bucetto” il primo titolo da uomo d’angolo proprio nel luogo dove ancora si può ascoltare l’eco del suo trionfo contro Craig Watson di otto anni fa. SOTTOCLOU - Più di un contorno, i match non titolati coinvolgono il pubblico per combattività e tensione. L’esperto georgiano Giorgi Abramishvili (+15 -8 =1, 7 ko) non è un cliente facile e Manuel Lancia (+14 -1 =1, 3 ko) deve ricorrere a tutte le qualità che lo hanno portato a conquistare prima l’italiano e poi l’Unione Europea per avere la meglio. Il pugile di Guidonia deve tuttavia passare una quarta ripresa durissima nel quale l’avversario non dà tregua lasciando il pubblico in apnea. Il ritorno del “Treno” è di quelli attesi solo da un campione, il pupillo di Fiori lavora a due mani ad un ritmo e con una precisione ineguagliabili per l’altro. Pericolosissimo anche il georgiano Sandro Jajanidze (+5 -3, 5 ko), bastano poche battute per capire il motivo di un record dal ko facile. Vincenzo Bevilacqua (+8 -0) gli si oppone con intelligenza e maturità, è abile a non farsi soffocare dalla pressione avversaria e nel momento opportuno esplode il gancio. La Phoenix Gym di Pomezia fa il bis con la vittoria di Francesco Lomasto (+9 -1) su Eder Barreto (+8 -9 =3, 2 ko) in un confronto vivace come era lecito attendersi. Nelle fasi centrali del combattimento l’abitudine alle battaglie del peruviano di Ostia sembra avere la meglio, Lomasto ha il grande merito di
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reagire e scovare nel destro di prima intenzione in anticipo l’arma per spostare la bilancia del verdetto. La riunione professionistica si apre con il destro di incontro esplosivo del romano Mirko Geografo (+6 -1), il rumeno residente a Pomezia Adi Catana (+3 -4) crolla inevitabilmente al tappeto. Match concluso nel secondo round? Tutt’altro, Catana è un pugile di carattere che non conosce resa, si rialza e torna ad aggredire l’avversario senza soste. Geografo non abbassa la concentrazione e sciorina fino all’ ultimo gong un pugilato fatto di cambi di guardia, mobilità e risposte da ogni angolazione. ...............
Nelle foto in basso: un bell’affondo di Alfano su Salvini; Giorgi Abramishvili non è un cliente facile e Manuel Lancia.
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L’EUROPA È TABÙ
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DI ALFREDO BRUNO PH RENATA ROMAGNOLI
Pari per Della Rosa. Il titolo UE dei superwelter rimane vacante, il f inale del francese influisce sul verdetto. iumicino, Roma, 30 aprile 2016 All’annuncio del verdetto, al termine della serata organizzata dalla OPI 2000, lo stupore ha fatto capolino su quasi tutto il pubblico, abbastanza numeroso, presente al Palasport di Via Danubio. Logicamente la delusione maggiore c’è stata tra i protagonisti: Emanuele Della Rosa (+ 36, - 2) per aver tenuto l’iniziativa per gran parte del match e Zakaria Attou per essere arrivato a un soffio dal colpo clamoroso proprio nell’ultima ripresa, in cui ha costretto il suo avversario ad ascoltare un conteggio, ma soprattutto a subire e sbarellare di fronte al suo disperato rush finale. Un giudice alla lettura aveva un 114-113 per Della Rosa e gli altri due avevano il pari con 114-114, la conclusione è semplice parità, il titolo dell’Unione Europea dei superwelter rimane con una casella da riempire. Un verdetto inatteso, ma non certo scandaloso, anche se ha tolto qualcosa al pugile italiano, reo in pratica di un ultimo round sull’orlo del baratro, ma consapevole di aver attaccato per almeno nove round senza buttarsi, intelligentemente, allo sbaraglio. Il Della Rosa attuale piace molto, facendone un pallido ricordo del pugile arruffone di molti suoi match del passato quando il suo fisico possente avrebbe dovuto fare sfracelli. Così non è stato e per certi versi ha una doppia giustificazione: non è facile raggiungere un equilibrio sul ring quando hai alle spalle una giornata pesante di lavoro che inizia all’alba. “Ruspa” in qualche modo è riuscito a conciliare le due cose con la grande passione per uno sport che gli ha richiesto enormi sacrifici, ma che per ora si è fermato solo, si fa per dire, alla conquista del titolo italiano e a quella in un passato più remoto di alcuni titoli pregiati internazionali, che lo avevano portato ad essere accettato come challenger al mondiale del tedesco Zbik. Con quest’ultimo si presentò in condizioni fisiche precarie, ma gli fece vedere “le streghe”, come si dice in gergo.
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Ma se soddisfazioni l’allievo di Agnuzzi e Monti se ne è tolte, ha trovato al contrario semaforo rosso in Europa. Molti non dimenticano il drammatico match disputato due anni fa a Ostia con lo spagnolo Real, un pugile di notevole potenza. L’opportunità con Attou era più che ghiotta per il 36enne romano per entrare a buon diritto nel “regno” dell’Unione Europea. Il francese pur essendo buon pugile non appariva uno scoglio insormontabile e l’andamento del match lo lasciava capire. Della Rosa ordinato acquistava subito il centro del ring su un avversario che lo aspettava al varco con unodue pungente e veloce. A metà match il nostro aveva senz’altro acquistato un tesoretto da gestire, che al termine della decima ripresa poteva essere tranquillamente di 4 o 5 punti. Niente di eclatante, un match con qualche sussulto che sembra incanalato nella decisione favorevole al romano. Ma in pratica si decideva ugualmente tutto nella 12ma ripresa, dove forse il nostro aveva accumulato un po’ di ragionevole stanchezza. Attou capisce che deve giocarsela tutta e taglia la strada all’avversario, che viene spinto al tappeto, ma giustamente non contato, ma nel seguente assalto un duro sinistro precede il destro che incrocia il mento di Della Rosa, che accusa e va al tappeto. Dopo il conteggio è un assalto continuo del transalpino, per fortuna ammortizzato con esperienza dal nostro. Per certi versi si è ripetuto, in una sorta di fotocopia, il match che Della Rosa disputò con Moncelli, dove rischiò molto nelle ultime riprese. Mancanza di concentrazione? Stanchezza? O forse le doti d’incassaggio, soprattutto dopo il match con Real, diminuite? Difficile dare una risposta, cosa che dovrà fare lui, soprattutto se si disputerà il match di rivincita, visto che il titolo EBU è rimasto vacante. Un intenso primo piano di Emanuele Della Rosa; Della Rosa e Hattou ai ferri corti; Sinacore vs Halasz; Moruzzi vincitore di Sebe.
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RISULTATI NEO-PRO LEGGERI
M. Magnesi b. N. Sablion (SRB) a.p. 4. PRO MEDI
R. Lecca b. A. Bojc (SRB) a. p. 6 PRO LEGGERI
M. Gentili b. S. Radovanovic (SRB) a.p. 6 PRO MEDI
D. Moruzzi b. M. Sebe (RO) a.p. 6 PRO MEDIOMASSIMI
A. Sinacore b. R. Halas (SRB) a.p. 6 PRO MEDI
E. Blandamura b. G. Milenkovich (SRB) a.p. 6 PRO SUPERWELTER “TITOLO UE VACANTE”
E. Della Rosa e Z. Attou (FR) pari 12
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A TORINO IN PALIO DUE TITOLI
EUROPA “SÌ” PER PIAZZA EUROPA “NO” PER LOVAGLIO
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DI PRIMIANO MICHELE SCHIAVONE PH RENATA ROMAGNOLI
Loredana domina e scoppola per Maurizio.
orino, 13 maggio 2016 – La frase “venni, vidi, vinsi” ci pare appropriata per sintetizzare l’andamento del confronto tra il locale campione Maurizio Lovaglio, impegnato nella difesa della cintura UE dei pesi massimileggeri, ed il suo sfidante ufficiale belga Geoffrey Battelo. Il piemontese ha iniziato bene con il pericoloso avversario, utilizzando il lungo sinistro e piazzando spesso anche il destro insidioso e potente. Poi Lovaglio, kg 88.200, ha smarrito la via maestra ed ha lasciato l’iniziativa a Battelo, kg 89.600, permettendogli di rubargli la strategia ed il tempo per arrivare prima a bersaglio. Quando il belga ha preso coscienza che poteva avanzare con meno rischi, ha reso difficile la vita all’italiano, capace di veder i colpi arrivare ma non abbastanza lesto a neutralizzarli. Nella quinta ripresa Lovaglio ha indietreggiato senza movimento sul tronco, così da prendere un destro tanto vigoroso da finire al tappeto fuori dalle corde. Dopo il conteggio il torinese, benché poco lucido, ha guadagnato la distanza per sfuggire all’offensiva del belga. Mentre Battelo ha continuato ad avanzare, Lovaglio non ha cercato espedienti per frenare l’aggressività avversaria; è caduto, invece, nel tranello del suo temperamento ed ha cercato di replicare, finendo al tappeto per la seconda volta. Dopo il successivo conteggio l’arbitro gli ha concesso una nuova chance, anche se riteniamo che non fosse più in grado di riprendere la lotta perché non ha risposto al suo invito di spostarsi con le gambe in avanti per dimostrare di essere nelle condizioni di continuare il combattimento. Alla ripresa delle ostilità Battelo, che sentiva la vittoria a portata di mano, ha dovuto fare poco per far ripiombare l’italiano al tappeto. A quel punto l’arbitro ha dovuto finalmente prendere la decisione di fermare il match. Così Battelo, 36 anni, è stato incoronato campione dell’Unione europea delle 200-libbre. Il suo record parla di 31 vittorie (28 prima del limite) e 5 insuccessi. Lovaglio, 34 anni, ha conosciuto la sconfitta numero 12 a fronte di 19 successi (12 anzitempo).
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Loredana Piazza campionessa EBU Diversa storia per l’affermazione della locale Loredana Piazza, kg 50.600, che ha conquistato la vacante cintura EBU femminile dei pesi mosca dopo aver soverchiato la francese Sandy Coget, kg 49.300, sulla distanza delle 10 riprese. Il verdetto è stato ampio ed unanime con due 99-91 ed un 100-91, come riferito dall’annunciatore Mimmo Zambara. L’italiana ha chiarito fin dalla prima ripresa il ruolo che avrebbe avuto nel confronto con la transalpina: robusti colpi al viso hanno delineato la sua funzione dominatrice che hanno messo in chiara soggezione l’avversaria. La Coget, 27 anni, ha tirato fuori la risolutezza combattiva dopo la metà del match, ma l’italiana l’ha saputa controllare con abilità e fermezza, colpendola a più riprese nei punti vitali. Piazza, 36 anni, ha meritato oltre alla vittoria il titolo di campionessa continentale a coronamento di una carriera che l’ha condotta a volte verso sfide impossibili, onorate sempre con dignitosa partecipazione. Il suo record recita ora 12 vittorie (4 prima del limite) e 3 sconfitte. La coraggiosa Coget, fisico da minimosca, si ritrova con il palmares di 7 vittorie, tutte ai punti, 5 sconfitte ed 1 risultato di parità. I due combattimenti titolati sono stati preceduti da 4 confronti, conclusi tutti con verdetti ai punti. L’ex campione italiano dei pesi piuma Daniele Limone (15-4-1) ha collaudato le condizioni per proseguire sulla strada che porta al campionato italiano, impegnandosi per 6 riprese contro l’ungherese Tamas Laska (8-7-1), che ha voluto contrastare il torinese prima di cedere nel finale. Al limite dei superpiuma il piemontese Francesco Grandelli (4-1-0) ha sconfitto per la seconda volta il pugliese Antonino Sponziello (2-4-0) sulla distanza delle 4 riprese. Nei pesi medi il torinese di origine albanese Spiro Sponza (2-3-0) ha battuto il debuttante Jozefin Ndreu (01-0) di Grugliasco in 4 tempi, dopo avergli imposto un conteggio alla fine della terza frazione. Debutto vincente per il peso medio Francesco Tartaro (1-0-0) di Rivarolo Canavese dopo 4 riprese di un combattimento a corta distanza con Constantin Pancrat (0-2-0) di Parma. 27
In alto, Loredana Piazza con la Cintura EBU; Battelo prova l’affondo; Lovaglio all’angolo coi maestri; Daniele Limone, un buon rientro.
LOGO ITALIA BOXING TESTO PANTONE 3015 GUANTONE VERDE PANTONE 347; ROSSO PANTONE O32
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L’attività Azzurra a 360% Maggio e giugno a pieno ritmo
DI TOMMASO GREGORIO CAVALLARO PH FPI
russia, anch’essa ospite a Catania. Nella prima sfida, targata FPI con la collaborazione della ASD Pitbull hanno ottenuto sette vittorie a fronte di 4 sconfitte. risultati 46 kg
risultati
48 kg
M. Spada ITA D. Nikolayev BLR 3:0
50 kg
P. Cappai ITA M. Baranov BLR 3:0
52 kg
C. Depoli ITA D. Privalov BLR 3:0
54 kg
A. Cangelosi ITA A. Romanovich BLR 3:0
57 kg
M. Nenadavets BLR D. Oggiano ITA 3:0
60 kg
V. Nenadavets BLR R. Ficara ITA 3:0
63 kg
A. Casamonica ITA I. Dikan BLR 3:0
66 kg
S. Cavallaro ITA K. Yusubov BLR 3:0
70 kg
L. De Chiara ITA A. Filipovich BLR 3:0
75 kg
N. Millas ITA A. Startsev BLR 3:0
G. Puccia ITA D. Nikolayev BLR 3:0 E. M. Santini ITA M. Baranov BLR 3:0 D. Privalov BLR D. P. Montuori ITA 3:0 C. Depoli ITA A. Romanovich BLR 3:0
DUAL MATCH ITALIA JUNIOR VS BIELORUSSIA JR
L’Italia Boxing Team non conosce soste e lo dimostra nei mesi di maggio e giugno. Sono ormai alla porta le Olimpiadi di Rio, ma anche i più giovani affilano le armi in vista di Tornei Internazionali. Giulio Coletta, coach delle Nazionali Maschili Schoolboy-Junior e Youth, convoca presso il Centro Federale della Fijlkam a Catania dai primi di maggio per il Training Camp una ventina di giovani che hanno affrontato in un Dual Match la nazionale Junior della Bielo-
Sempre a Catania il 13 maggio la sfida tra gli Junior di Italia e Bielorussia avviene in piazza Teatro Massimo. Gli Azzurri migliorano il risultato vincendo per 8 a 2.
M. Nenadavets BLR A. Cangelosi ITA 2:1 S. Grilli ITA V. Nenadavets BLR 2:1 L. Bajrami ITA I. Dikan BLR 3:0 L. De Chiara ITA K. Yusubov BLR 3:0 A. Filipovich BLR R. G. Rossetti ITA 2:1 N. Millas ITA A. Startsev BLR 3:0 A. Alfiorov BLR L. Langione ITA TKO 1 Head Coach: Giulio Coletta; Coach: Giovanni Cavallaro; Coach: Giuseppe Platania; Arbitri di servizio: Chiappini Emanuele, Marogna Antonio, Brandino Benedetto, Cicilese Francesco.
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46 kg 48 kg 50 kg 52 kg 54 kg 57 kg 60 kg 63 kg 66 kg 70 kg
Head Coach: Giulio Coletta; Coach: Giovanni Cavallaro; Arbitri di servizio: Chiappini Emanuele, Marogna Antonio, Brandino Benedetto, Cicilese Francesco.
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ACCORDO CSOE E FPI
17 Maggio 2016 - A Roma, presso gli uffici del Comando del Centro Sportivo Olimpico dell’Esercito, il Capo Dipartimento Sport dello Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Brigata Claudio Fazari e il Presidente della Federazione Pugilistica Italiana, Dott. Alberto Brasca, hanno siglato il rinnovo della Convenzione tra l’Esercito Italiano e la Federazione Pugilistica Italiana per lo svolgimento di stages e allenamenti delle squadre nazionali della FPI. Presenti all’atto della Firma anche il VicePresidente Vicario FPI, Walter Borghino, e il Segretario Generale FPI Alberto Tappa. Tale convenzione consente alla FPI di effettuare ritiri e allenamenti delle squadre nazionali, usufruendo degli impianti sportivi e dele infrastrutture logistiche e alloggiative della Caserma “Silvano Abba”.
risultati 18/05
quarti 56 kg
D’Andrea vs Takas (SVK) 3-0
FIAMME ORO E CSOE AL TORNEO TRIEBEL
Russo vs Plasnik (SVK) 3-0
Una formazione Mista GS Fiamme Oro ed Esercito ha preso parte al Torneo Internazionale Triebel le cui finali hanno avuto luogo il 12 giugno. Al Torneo hanno partecipato l’ Ukraina, Germania, Inghilterra, Italia, Serbia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, Russia. I nostri atleti si son fatti valere conquistando tre ori e un argento.
20/05
risultati
Vianello vs Berzakov (KAZ) 3-0
Sarchioto vs Dadaev (GER) 2-1 Oro Fiori vs Ivachov (CZE) 2-1 Oro Federici M. vs Michalec (SVK) 2-1 Oro Rosciglione vs Surin (SVK) 1-2 Argento
quarti 75 kg
Cavallaro vs Narmandakh (MLG) 3-0 19/05 quarti 60 kg Valentino vs Polski (POL) 1-2 quarti 64 kg
Cosenza vs Ogawisian (UKR) 1-2 quarti 81 kg
Manfredonia vs Ialimov (MDA) 3-0 quarti 91 kg
semifinali +91 kg semifinali 56 kg
D’Andrea vs Tar (HUN) 1-2 semifinali 75 kg
Cavallaro vs Siribu (MDA) 3-0 semfinale 81 kg
Fiamme Oro - CS Esercito
semifinale 91 kg
Splendori Francesco kg 60 FFOO; Marziali Alessandro kg69 FFOO; Sarchioto Giovanni kg 75 CSE; Rosciglione Gianluca kg 81 CSE; Fiori Simone kg 91 FFOO; Federici Mario +91 FFOO; Tecnico: Filippella Domenico.
Manfredonia vs Strnisko (SVK) 1-2 Russo vs Hamori (HUN) 3-0 21/05
finale 75 kg
Cavallaro vs Avdic (AUT) 3-0 finale 91 kg
Russo vs Vanecek (CZE) 3-0 finale +91 kg
Vianello vs Nistor (ROM) 1-2.
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Al Torneo hanno partecipato Riccardo D’Andrea (kg 56 Gruppo Sportivo Forestale CP), Domenico Valentino (kg 60 Gruppo Sportivo Fiamme Oro LZ), Donato Cosenza (kg 64 Gruppo Sportivo Fiamme Oro LZ), Salvatore Cavallaro (kg 75 Gruppo Sportivo Fiamme Oro LZ), Valentino Manfredonia (kg 81 Pugilistica De Novellis CP), Clemente Russo (kg 91 Gruppo Sportivo Fiamme Azzurre LZ), Guido Vianello (kg + 91 Gruppo Sportivo Forestale CP). TECNICO 1 Bergamasco Raffaele F.P.I, 2 Damiani Francesco F.P.I; 3 Filimonov Vasily F.P.I
GRAND PRIX USTI NAD LABEM
Dal 18 al 21 maggio si svolge il tradizionale “Grand Prix Usti Nad Labem”, Torneo che vede la Nazionale Elite grande protagonista con la conquista di ben 5 medaglie: oro per Clemente Russo (91kg) e Salvatore Cavallaro (75kg); argento per Guido Vianello (+91kg); bronzi per Riccardo D’Andrea (56kg) e Valentino Manfredonia (81kg). Raffaele Bergamasco è soddisfatto non solo per i risultati, ma anche per le prestazioni degli Azzurri.
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In apertura di articolo e a seguire: Catania, la Nazionale Italiana Junior; Catania, Italia Junior vs Bielorussia Junior; La f irma della Convenzione tra Esercito e FPI; La nostra Nazionalre a Usti; Esercito e Fiamme Oro al Torneo Triebel.
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EUROPEI YOUTH AD ANAPA
Oro per Cordella e bronzo per Pirrera Eccellente prova dei giovani Azzurri
DI TOMMASO GREGORIO CAVALLARO
programma gare e risultati azzurri: 7/06 pl 52 kg Cordella vs Mineshau BLR 3-0 pl 60 kg Iozia vs Petrosyan UKR 0-3 pl 56 kg Pirrera vs McDonagh WAL 3-0 8/06 pl 64 kg Cangelosi vs Dickinson ENG 1-2 ottavi 56 kg Pirrera vs Guerra ESP 3-0 pl 69 kg Salvati vs Akbar ENG 0-3
napa 7-14 giugno 2016 - L’Azzurro Cordella vince l’oro all’Europeo Youth di Anapa, conclusosi alla Vitayz Arena. Il boxer 49 Kg supera 3-0 nella finalissima della sua categoria il Georgiano Alakhverdovi, alla fine di un match dominato dalla prima all’ultima ripresa. L’Italia chiude la sua avventura in terra russa con due medaglie: l’Oro di Cordella e il Bronzo di Pirrera nei 56 Kg. “Nicola” queste le parole di Coach Coletta “ha fatto un percorso in crescendo, arrivando al massimo della forma in quest’ultimo match dove ha sfoderato una prestazione superba. Io, Gianfranco Rosi e tutto lo staff siamo orgogliosi e soddisfatto del rendimento e dei risultati dei nostri ragazzi. Un gruppo che sta crescendo competizione dopo competizione. Il mio personale plauso va anche al Fisioterapista Giulietti per come ha lavorato sugli atleti e per aver ben trattato un problema al braccio di Cordella”.
09/06 pl 81 kg Scala vs Valciukas LTU 2-1 pl 91 kg Pugliara vs Musaev AZE
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Musaev vince per KOT alla prima
10/06 quarti 52 kg D.Cordella vs Piskunov RUS 0-3 quarti 81 kg Scala vs Murashin RUS 0-3 11/06 quarti 49 kg N.Cordella vs Iliev BUL 3-0 quarti 56 kg Pirrera vs Durkacz POL 3-0
49 kg Nicola Cordella Pl Beboxe Copertino 52 kg Damiano Cordella Pl Beboxe Copertino 56 kg Matteo Pirrera Sc Boxe Siracusa 60 kg Iozia Francesco Sc A.S.D. Eagle 64 kg Cristian Cangelosi Sc Nino Castellini 69 kg Remo Salvati Lz G.S. Fiamme Oro 81 kg Salvatore Scala Sc Siracusa Boxing 91 kg Andrea Pugliara Pm Kombat Sport boxe Staff: Giulio Coletta, Tecnico Federale; Gianfranco Rosi, Tecnico Federale; Fabrizio Baldantoni, Team Leader; Marcello Giulietti Fpi Fisioterapista:
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13/06 semifinale 49 kg Cordella vs Virban HUN 3-0 semifinale 56 kg Pirrera vs Strygin RUS 1-2 14/06 finale 49 kg Cordella vs Alakhverdovi (GEO) 3-0
In apertura di articolo La premiazione di Cordella fatta dal vicepresidente Vittorio Lai, il logo della manifestazione.
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RING
E’ STATO CAMPIONE DI KICKBOXING
Devon Cormack, allenatore di campionesse DI LUCA DE FRANCO PH GIULIA FOSCA BORELLI
itali Klitschko, Troy Dorsey e Chris Algieri sono i più famosi atleti di kickboxing che sono diventati campioni del mondo nel pugilato. Non se ne parla mai – e non lo fa nemmeno lui – ma Vitali Klitschko ha combattuto perfino in Giappone e su You Tube ci sono parecchi video dei suoi incontri più importanti. Un campione di kickboxing che è diventato allenatore di successo nel pugilato è il giamaicano Devon Cormack. Insegna alla Gleason’s Gym di New York ed è famoso per aver allenato due donne che sono andate molto lontano nel professionismo: sua sorella Alicia Ashley ed Heather Hardy. Fra le dilettanti, ha allenato Ruth O’Sullivan che ha vinto i New York Golden Gloves nel 2005, nel 2006 e nel 2009 nella categoria delle 106 libbre ed è stata finalista nel 2008. Alicia Ashley è l’attuale campionessa del mondo dei pesi supergallo WBC e in passato ha vinto titoli di altre federazioni in diverse categorie di peso. Heather Hardy ha vinto il titolo internazionale dei pesi supergallo WBC e lo ha difeso due volte. La miglior descrizione delle qualità di Devon Cormack, l’ha fatta proprio Heather Hardy nel numero 4 del 2015 di Boxe Ring: “Nell’aprile 2010 sono entrata per la prima volta alla Gleason’s Gym. Un mese dopo ho sostenuto il primo incontro dilettantistico, che ho perso. Dopo aver perso anche il secondo, ho iniziato a prendere lezioni da Devon Cormack e nel giro di 18 mesi ho vinto il torneo New York Metro, i campionati regionali di USA Boxing e poi quelli nazionali a Colorado Springs. Nel 2012 ho vinto i New York Golden Gloves. Il mio allenatore ha il merito di aver sempre creduto in me.” Quale metodo segue Devon Cormack per far raggiungere il successo alle sue allieve? Lo stesso del più celebre Hector Roca: poche parole e tanta azione! Un minuto dopo essere
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entrati in palestra, inizia l’allenamento e le sue direttive devono essere eseguite subito, senza discussioni. Quando si lavora, non si parla, non si ascolta la musica nelle cuffie e non pensate nemmeno di rispondere al cellulare. Da lui si va solo per lavorare seriamente. E’ una caratteristica della mentalità americana – non solo nella boxe, ma in tutti i campi – dare grande importanza all’esperienza e valorizzare la specializzazione. Un detto molto popolare è: “Before you talk, you better have something to back it up = prima di vantarti di saper fare qualcosa, è meglio che tu abbia dei risultati concreti che dimostrino che la sai fare”. I tuttologi tanto diffusi in Italia, quelli che non hanno mai lavorato nella boxe, in un ospedale o nel giornalismo e pensano di saperne di più di chi fa l’insegnante di pugilato, il medico o il giornalista da vent’anni, in America vengono immediatamente zittiti. Devon Cormack ha iniziato a praticare il pugilato mentre competeva professionalmente nella kickboxing: “Mi allenavo con Hector Roca ed ho capito che saper tirare pugni nel modo corretto mi aiutava a vincere gli incontri di kickboxing. All’inizio della mia carriera agonistica, non tiravo molti pugni, non pensavo di colpire il bersaglio grosso e quando lo facevo il mio pugno non aveva effetto. Cercavo di mettere fuori combattimento il mio avversario con i calci. Hector mi ha fatto capire quanto sia importante la parte pugilistica. Diventare allenatore di pugilato, è stato il passo successivo.” La kickboxing non è stato il primo sport praticato da Devon Cormack. Ha iniziato praticando kyokushin, uno stile di karate in cui si colpisce a contatto pieno (cercare su You Tube il video “Kyokushin Karate Fast Knockouts” per credere). Insomma, Devon ha sempre avuto il desiderio di combattere e di migliorare imparando cose nuove ed è questa mentalità
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che cerca di trasmettere ai suoi studenti: “Non è mai troppo tardi per imparare qualcosa. Non abbandonate i vostri sogni, ma lavorate per realizzarli. Heather Hardy aveva 28 anni quando ha iniziato a boxare ed io ho vinto il mio primo mondiale di kickboxing quando avevo 40 anni.” Per la cronaca, Devon ha anche disputato tre incontri professionistici di pugilato, nella categoria dei pesi piuma, nel 2006 con un bilancio di una vittoria e due sconfitte. Lo avrà fatto per togliersi lo sfizio: stava per compiere 46 anni (è nato nel 1958) e sicuramente non puntava al titolo mondiale. Tanti allenatori di successo non sono stati grandi pugili e molti grandi campioni non sono adatti a fare gli allenatori. Devon Cormack; Devon Cormack con Heather Hardy.
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ANGOLO ROSSO
Volti nuovi della Nazionale Federico Emilio Serra e Raffaele Di Serio
DI VEZIO ROMANO DI FLAVIA VALERIA ROMANO
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ederico Emilio Serra, ventiduenne di Sassari, rappresenta un caso particolare nel panorama del pugilato dilettantistico italiano: con solo 20 combattimenti al suo attivo ha già raggiunto notevoli risultati. Nel 2014 si è classificato terzo ai Campionati Assoluti Elite nei 52 kg. Sceso nei 49 kg, nel 2015 ha conquistato il primo posto nel Guanto d’Oro a Rossano Calabro e poi l’oro ai Campionati Assoluti Elite a Roseto degli Abruzzi.
più maturi, abbiamo deciso di entrare nella palestra del maestro Domenico Mura che ci insegnato a praticare correttamente la boxe. La tua maggiore soddisfazione e la tua peggiore delusione? La vittoria ai Campionati Italiani Elite nel 2015. La delusione ai Campionati dell’anno precedente: mi rendevo conto di essere più forte dei miei avversari ma loro erano più esperti, io avevo combattuto solo otto volte. Comunque ho conquistato la medaglia di bronzo. Hai altri interessi oltre al pugilato? No, mi dedico solo a questo sport. Hai un campione preferito? Nei campioni del passato Ray Sugar Leonard, in quelli attuali Manny Pacquiao. Come vedi il tuo futuro? Spero di entrare in un Gruppo Sportivo di un Corpo dello Stato: ciò mi consentirebbe di continuare a praticare la boxe senza preoccupazioni. ...............
“...Io e mio fratello eravamo molto vivaci e ci affrontavamo spesso, confrontandoci in una specie di incontri...” Come ti sei avvicinato al pugilato? E’ una storia un po’ particolare. Io e mio fratello gemello Gianmario da ragazzini eravamo molto vivaci e ci affrontavamo spesso, confrontandoci in una specie di incontri. Alla fine, diventati
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affaele Di Serio, nato a Caserta 19 anni fa, vanta, nonostante la giovane età, un record di notevole spessore: primo posto ai Campionati Italiani Junior nel 2012 e nel 2013 e ancora primo nel 2014 ai Campionati Italiani Youth e nel 2013 al Torneo Italia. Nel 2015 in Polonia conquista una prestigiosa medaglia d’oro ai Campionati Europei Youth. Come hai iniziato a praticare la boxe? Avevo otto anni e accompagnavo mio cugino che si allenava nella Excelsior Boxe a Marcianise e mi sono subito appassionato. Sono stato impostato dai maestri Brillantino e Santoliquido. Sono passato poi alla Sezione Giovanile delle Fiamme Oro. Da poco tempo
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sono nella Sezione Pugilato del Gruppo Sportivo dell’Esercito dove mi trovo molto bene. Quale è stata la tua più grande soddisfazione e quale la più grande delusione? L’oro agli Europei Youth. Riguardo alla delusione non so che dire, non me ne ricordo una in particolare.
“...Avevo otto anni e accompagnavo mio cugino alla Excelsior Boxe a Marcianise e mi sono subito appassionato...” Hai altri interessi oltre al pugilato? No, per me il pugilato è tutto. Hai un campione preferito? Ray Sugar Leonard, che ho ammirato in vari filmati dei suoi match. Come vedi il tuo futuro? Il mio sogno è quello di partecipare alle Olimpiadi del 2020. ...............
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ANGOLO BLU
Volti nuovi della Nazionale Mattia Di Tonto e Dmytro Tonyshev
DI VEZIO ROMANO DI FLAVIA VALERIA ROMANO
Di Tonto, di Pescara, ventiM attia due anni, 60 kg di peso, apparte-
nente alla Pugilistica Diodato di Chieti, si è messo in evidenza per i risultati ottenuti negli ultimi tempi: vincitore ai Campionati Regionali dell’Abruzzo e Molise nel 2014 e 2015, campione universitario a Salsomaggiore e quest’anno a Modena, secondo classificato nel 2015 ai Campionati Italiani Assoluti Elite, sconfitto da Paolo Di Lernia in una spettacolare finale.
La tua più bella soddisfazione e la tua più brutta delusione? Ritengo la mia più bella soddisfazione essere stato convocato in Nazionale dopo i Campionati Italiani: è indubbiamente un importante riconoscimento. La delusione è legata agli stessi Campionati: eravamo a Roseto degli Abruzzi mi è dispiaciuto molto perdere in finale, praticamente a casa mia. La tua vita è fatta solo di pugilato? No, sono studente al secondo anno della Facoltà di Scienze delle Attività Motorie dell’Università D’Annunzio di Chieti. C’è un campione che ti piace particolarmente? Mi piace Mike Tyson, aveva uno stile di boxe unico. Poi è un personaggio anche fuori dal ring. Come vedi il tuo futuro? Continuerò nel pugilato fino a quando riuscirò ad ottenere dei risultati. Poi mi piacerebbe, dati anche i miei studi, fare il preparatore atletico. ...............
“...la mia più bella soddisfazione? essere stato convocato in Nazionale dopo i Campionati Italiani...” Quale è stato il tuo primo approccio con la boxe? Sono stati degli amici a portarmi in palestra. Ho iniziato sotto la guida dei maestri Diodato e Spadaccini ed è nata subito in me una grande passione. Avevo diciassette anni.
mytro Tonyshev, nato a Leopoli (Ucraina) il 3 novembre 1994, si è messo recentemente in luce nella categoria dei + 91 kg, vincendo tra l’altro gli Universitari di quest’anno. Come è stato il tuo primo contatto con il pugilato? E’ avvenuto quasi per caso. A Venezia, dove vivo da quando avevo otto anni, un mio amico mi ha portato nella palestra dove il maestro Angelo Signoretto mi ha insegnato i fondamentali della boxe, creando in me una grande passione per questo sport. Poi, a diciotto anni, sono passato alla Union Boxe Mestre con il maestro Adriano Favero, che stimo molto e con il quale mi trovo molto bene. Quale è stata la tua più forte soddisfazione e la più forte delusione?
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La vittoria ai Campionati Regionali del Veneto nel 2015. Non mi viene in mente una delusione. Anche la sconfitta con Spahiu ai Campionati Italiani nel 2015 la considero positivamente: penso che mi abbia fatto crescere e inoltre ha ben impressionato il maestro Bergamasco che mi ha poi convocato in Nazionale.
“...Anche la sconfitta con Spahiu ai Campionati Italiani nel 2015 la considero positivamente...” Oltre alla boxe hai altri interessi nella tua vita? Sono studente nella Facoltà di Chimica dell’Università C’a Foscari di Venezia. E’ un notevole impegno e quindi non ho tempo per altre cose. Hai un campione preferito? Muhammad Alì, grande pugile e soprattutto grande personaggio. I tuoi progetti per il futuro? Continuare con la boxe e l’università, vediamo dove arrivo prima!
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RIMINIWELLNESS 2016
La Gym Boxe si è fatta in tre DI MICHELA PELLEGRINI PH FPI
AREA BOXEUR DES RUES
3° Campionato Nazionale Amatoriale e Torneo Nazionale Amatori n altro anno insieme a Boxeur des Rues, Sponsor Tecnico delle Nazionali Azzurre, nel Padiglione A1, dove la Gym Boxe è stata protagonista su due ring dove si sono alternate le discipline della Boxe Competition, Boxe in Action, Light Boxe e Soft Boxe e si sono svolti il 3° Campionato Nazionale Amatoriale ed il Torneo Nazionale Amatori. Quattro giorni interamente dedicati al pugilato per tutti, che può essere praticato dai 14 anni in su, in assoluta si-
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curezza e sotto il controllo di tecnici altamente qualificati. il ricco programma ha preso il via giovedì 2 giugno con le lezioni delle quattro discipline amatoriali a cui hanno partecipato numerosi visitatori, coinvolti dai responsabili Massimo Barone (Boxe Competition), Antonella Ross, Thierry Ayala e Sandra Iacozzilli (Boxe in Action), Antonio Zonfrillo (Soft Boxe) e Roberto Lavecchia e Domenico Virton (Light Boxe). Sabato 4 e domenica 5 giugno, sotto la supervisione della Commissione Amatoriale FPI, presieduta dal Prof. Gianni Di Leo, e di fronte al Presidente FPI Alberto Brasca ed al Consigliere Fede-
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rale Sergio Rosa oltre duecento atleti hanno preso parte al 3° Torneo Nazionale Amatoriale ed al Campionato Italiano di Gym Boxe. Sabato, prima dell’inizio dell’evento, è stato fatto rispettare un minuto di raccoglimento in memoria di Muhammad Alì, scomparso all’età di 74 anni. A ricordarlo dal centro del ring è stata anche l’azzurra Irma Testa, prima pugile italiana qualificata ad un’Olimpiade e testimonial di Boxeur des Rues. Oltre a lei numerose le guest star che hanno impreziosito l’evento: la neocampionessa mondiale Alessia Mesiano, Giacobbe Fragomeni, Maurizio Stecca e la Squadra
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Azzurra Maschile guidata dal Responsabile Tecnico Raffaele Bergamasco. ...............
AREA FITNESS PROFILE
Sotto i riflettori la Boxe in Action Sul palco della Fitness Profile Star Trac, la Gym Boxe è stata rappresentata dalla Boxe in Action, la perfetta fusione della musica con la tecnica pugilistica che rende più facile e divertente l’apprendimento del pugilato. Due lezioni al giorno, tre il sabato con il corso di aggiornamento dedicato ai tecnici, che hanno visto impegnati numerosi atleti, aperte ai visitatori, sempre più interessati all’esplosiva disciplina amatoriale. ...............
AREA NOISIAMOENERGIA
Pugilato, Badminton, Sollevamento Pesi e Canottaggio insieme ad Energetic Source per il contest dell’anno Seconda edizione per la Campagna di Comunicazione #NOISIAMOENERGIA, ideata dalla Federazione Pugilistica Italiana insieme ad Energetic Source, Main Sponsor delle Nazionali Azzurre, ed alla Federazione Italiana Badminton e Federazione Italiana Pesistica, a cui ha aderito anche la Federazione Italiana Canotaggio. Dopo il successo dello scorso anno, RiminiWellness ha rinnovato la partnership e concesso un’area più grande: 262 mq di pura energia. Sul ring FPI, allestito dalla Boxe Competition, si sono esibite e hanno dato lezioni la Boxe in Action, Boxe Competition, Soft Boxe e Light Boxe. Una full immersion con i tecnici federali che ha permesso ai visitatori di allenarsi al meglio in vista
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del contest NOISIAMOENERGIA (la gara a premi prevista nel circuito integrato delle quattro FSN). Un pit stop, realizzato da Energetic Source con la collaborazione di Essent’ial (eco design made in Italy), per ricaricarsi e trovare “nuova energia” insieme a grandi Campioni come Irma Testa, qualificata a Rio 2016, Alessia Mesiano, la neo campionessa mondiale dei 57 Kg, Giacobbe Fragomeni, Consigliere Federale FPI e vincitore dell’Isola dei Famosi 2016, Rosario Maddaloni, campione di Badminton, Bruno Rosetti, tre volte campione del mondo di Canottaggio e Fabiana Sgroi, tre volte campionessa del mondo e tra le atlete che hanno partecipato alle ultime Olimpiadi. Insieme a loro Roberto Minerdo, Direttore Responsabile Comunicazione e Marketing di Energetic Source, ha presentato la Campagna, potendo contare sulla collaborazione e presenza di ospiti illustri come Alberto Brasca, Pre-
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sidente FPI, Giovanni Esposito, Segretario Generale della FIBa, Sergio Rosa, Consigliere Federale FPI, Maurizio Stecca, Tecnico Italia Boxing Team e Storica Medaglia d’Oro a Los Angeles ‘84, e Raffaele Bergamasco, R.T. Nazionali Maschili di Pugilato, accompagnato dai tre azzurri qualificati a Rio Vincenzo Mangiacapre, Manuel Cappai e Valentino Manfredonia e dagli azzurri Salvatore Cavallaro e Riccardo D’Andrea. Un’azione sinergica che ha visto in prima fila il Pugilato, come ha sottolineato il presidente Brasca: “Siamo felicissimi
di essere stati i capofila di questo progetto insieme a Energetic Source. Lo sport come veicolo di iniziative sociali è un progetto che non potevano non sposare. Siamo lieti che questa famiglia, che ora è composta da quattro Federazioni, si stia allargando sempre di più.” Stesso entusiasmo per il Segretario Generale Giovanni Esposito, onorato di far parte di questa stupenda e coinvolgente iniziativa: “ la multidisciplinarietà di questa campagna è uno dei suoi segreti vincenti”. Educare allo sport le nuove generazioni e farlo attraverso l’esempio dei grandi cam-
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pioni. Una mission condivisa e partecipata. “Essere riusciti - ha dichiarato Roberto Minerdo - ad unire più anime dello sport italiano è stato un gran risultato, che ci permette, insieme agli amici sponsor e partner social, di fare di #Noisiamoenergia una delle campagne sociali/sportive migliori nel panorama nazionale.” Il plauso è arrivato anche dal Prof. Fabio Picozzi, Rettore dell’Università del Foro Italico, presente a RiminiWellness. In apertura e a seguire: alcuni momenti della manifestazione con la Gym boxe e la nazionale azzurra il tutto sotto l’egida dello sponsor Energeti Source
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IL TITOLO DEI MEDI RIMANE AL PUGLIESE
Tra Manco e Bassi un pari... che conta Determinante un richiamo subito da Bassi
DI GABRIELE FRADEANI PH DAVIDE RUGIERI
an Benedetto del Tronto, 11/06/2016 - Grossa delusione per i numerosi fans di Roberto Bassi che hanno assiepato lo Speca di San Benedetto e che pensavano alla fine di dieci convulse riprese, anche a ragione, che il loro beniamino fosse riuscito a conquistare, dopo il titolo dei supermedi, anche quello dei medi. Così non è stato perché il match è stato giudicato pari ed il titolo è rimasto ad Andrea Manco. Il giudice Bertaccini ha dato vincitore Bassi per 95 a 94, Mordini ha optato per il pareggio con un 95 a 95, Di Mario ha indicato Manco per 96 a 94. Un pari che lascia tutto invariato e spegne al momento le ambizioni del pugile di casa. Il combattimento è stato intenso ed agonisticamente pregevole in tutte le riprese. Manco è andato costantemente in avanti tentando di agganciare uno sgusciante Bassi, con ganci e montanti alla media e corta distanza, che gli ha opposto colpi lineari portati soprattutto in diretto. Pregevoli alcuni cambi di guardia con cui Bassi ha contenuto ed in qualche caso frastornato il campione. Determinante ai fini del risultato il richiamo ufficiale comminato dall’arbitro Ruggeri al pugile di casa per eccesso di tenute. Sgombriamo il campo dagli equivoci e diciamo subito che la penalty c’era tutta ma non possiamo non stigmatizzare il fatto che anche Manco aveva costantemente abbassato la testa rendendosi oltremodo pericoloso, aveva colpito in diverse occasioni con il gomito e soprattutto portato colpi alla nuca ed in maniera plateale nell’ultima tornata. Un match comunque sostanzialmente equilibrato in cui alla indubbia migliore tecnica dello sfidante ha fatto da contraltare una maggiore determinazione del campione. Un risultato che apre la porta ad un match di ritorno per chia-
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rire la superiorità dell’uno o dell’altro. Nel sottoclou Silvio Secchiaroli ha superato sul filo di lana ma legittimamente Stefano Failla. Sei riprese in cui l’ascolano ha cercato costantemente il contatto mentre l’avversario lo sbarrava con il jab sinistro affidandosi ad isolati destri d’incontro. Uno, forse due punti, alla fine del combattimento Secchiaroli li aveva certamente maturati e qualche suo colpo alla figura ed alla mascella particolarmente nelle fasi centrali del match è stato chiaramente accusato. Hanno aperto la manifestazione due combattimenti fra dilettanti elite 81 kg. Nel primo Cocci di Ascoli ha pareggiato con l’abruzzese De Lellis ed in questo caso noi abbiamo visto un altro match perché a nostro parere Cocci aveva vinto le prime due riprese e forse pareggiato la terza. Verdetto incomprensibile. Nel secondo combattimento un Seghetti in gran spolvero ha superato alla grande l’altro abruzzese Spinelli imponendogli anche un conteggio alla seconda ripresa. Veramente una ottima prova del pugile di Christian Giantomassi ed un buon viatico per gli impegni futuri. i risultati TITOLO ITALIANO PESI MEDI: Andrea Manco (Opi 2000, 13-1-2, kg 71,5) e Roberto Bassi (Sabbatini,10-1-1, kg 71,7) pari 10 rounds; PESI MEDIOMASSIMI: Silvio Secchiaroli (Sabbatini,3-2-2, kg 80.1) b. Stefano Failla (Loreni, 3-4-3,kg 81,1) punti 6 rounds; DILETTANTI kg 81: Eros Seghetti (Olimpia Boxe) b. Dylan Spinelli (Di Giacomo); Jonny Cocci (Ascoli Boxe) e Davide De Lellis (Di Giacomo) pari. Uff iciali di servizio.
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Arbitro del titolo: Paolo Ruggeri; Giudici: Massimo Mordini, Sauro Bertaccini, Roberto Di Mario; Supervisore Massimo Barrovecchio. Arbitri giudici dei match di contorno: Sauro Di Clementi, Fabrizio Longarini; Medico del titolo: Giuseppe Macchiarola; Medico di bordo ring: Elisabetta Di Cristofaro; Commissario di riunione: Oreste Mariani; Annuncer: Bruno Cozzi. ...............
Sopra,: Il sinistro di Bassi frena Manco; il pari come risultato.
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TITOLO ITALIANO DEI WELTERS
Michele Esposito è il nuovo campione Mazzoni messo ko all’8° Round
DI LUIGI CARINI
iacenza, 27 Maggio 2016 - E’ Michele Esposito il nuovo campione italiano dei pesi welters. Il titolo lo ha conquistato sul ring del palazzetto dello sport di Piacenza al termine di un match di rara intensità ai danni del toscano Giacomo Mazzoni, chiamato a sostituire Alessandro Caccia che avrebbe dovuto difendere il suo titolo. Della sfida tra Esposito (8-2-1) e Mazzoni (12-4-1) ricorderemo per lungo tempo un’incredibile 1ma ripresa. Nei 3’ iniziali è successo di tutto in modo drammatico e spettacolare. Esposito inizia le ostilità a spron battuto come ci aveva confidato alla vigilia. I suoi attacchi sono arrembanti ma scomposti ed imprecisi; Mazzoni sembra arginare con relativa facilità l’avanzare del lombardo; anzi, riesce a centrarlo con un paio di diretti efficaci. Per Mazzoni si apre l’occasione insperata ed imprevista; scarica sull’avversario tutta la foga e la forza possibile. Esposito sembra sull’orlo del precipizio, sbanda sulle gambe e quando tutti ormai sono sul punto di celebrare una clamorosa sorpresa ecco l’imprevisto: un gancio destro di Esposito fulmina la mascella di Mazzoni che crolla al tappeto. L’arbitro sig. Roda lo conta fino all’8 e gli fa riprendere il combattimento anche se appare nettamente groggy. Il toscano è in completa balia di Esposito, si aggrappa alle corde e mentre scivola giù suona il gong liberatorio. Nel round successivo prosegue l’offensiva di Esposito che scarica su Mazzoni una quantità industriale di colpi senza trovare, però, quello risolutore. Non ci sono conteggi ma la resa di Mazzoni sembra solo questione di secondi. Invece dalla 3a ripresa in avanti il match cambia sorprendentemente fisionomia. Mazzoni trova risorse inaspettate e riesce a piazzare colpi di sbarramento che non solo fermano l’incalzare di Esposito ma spesso lo mettono in difficoltà dando talvolta l’impressione di poter capovolgere le sorti del match. Inoltre arriva
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un richiamo ufficiale ad Esposito per testa bassa. Su questa falsariga il match si snoda nelle riprese successive fino all’8^ ripresa quando Mazzoni se l’aggiudica grazie ad una serie di colpi che raggiungono il frastornato Esposito che sembra pagare una certa stanchezza ed i colpi diretti del toscano. Sorti del match rovesciate? Il timore (o l’illusione) ha la durata di pochi secondi; all’inizio del 9° round un destro micidiale di Esposito coglie sul tempo ancora la mascella di Mazzoni che finisce al tappeto senza possibilità d’appello mentre sul ring è festa grande per il lombardo avvolto dall’entusiasmo dei suoi concittadini accorsi in massa ed in modo assai caloroso a festeggiare l’impresa del loro beniamino. Finisce così un match che dal lato tecnico non ha offerto livelli memorabili da quello spettacolare ed emozionale è stato intenso e, certamente, avvincente. Michele Esposito è arrivato all’appuntamento molto ben preparato sia dal lato fisico che mentale. Non è più giovanissimo ma può senz’altro migliorare. La conquista del titolo gli darà convinzione e maggior sicurezza e la sua carriera potrebbe arricchirsi in futuro di ulteriori successi. Mazzoni ha dimostrato tanto coraggio e grande orgoglio. La riunione, organizzata dalla Yama Arashi del D.S. maestro Gianfranco Rizzi che ha affidato al Team Mario Loreni l’organizzazione, ha riscosso un incoraggiante successo di pubblico che ha potuto assistere alla disputa di altri 4 combattimenti tra professionisti e 3 dilettanti. Per il pubblico piacentino l’interesse era tutto per il romeno-piacentino Gheorghe Jon Jon Sabau (10,2,0) al rientro dopo due anni di inattività dopo le severe sconfitte in Germania contro Zeuge e Feigenbutz (l’avversario di De Carolis). Contro il giovane e solido ungherese Jozsef Racz (6,9,0) il pupillo del maestro Giordano Mosconi ha pagato una certa ruggine e, dopo aver condotto piuttosto agevolmente la prima parte del match, dalla
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4^ ripresa in avanti ha dovuto soffrire i colpi precisi e secchi dell’ungherese accusando una certa stanchezza andando in difficoltà. Nei momenti più difficili, però, Sabau attingeva al proprio orgoglio e ne uscivano reazioni veementi non brillanti come linea tecnica ma utili ad evitargli la sconfitta. Ne usciva un risultato di parità a nostro avviso equo ma che scontentava il clan di Sabau. Degli altri protagonisti i consensi maggiori li ha ottenuti il gallo marocchino-fiorentino Mohammed Obbadi (9v, 7k.o.) capace di sciorinare un repertorio di colpi spettacolari, vario ed elegante. Anche per lui un avversario ungherese, l’anziano (43anni) Csaba Stir (1,8,3), un collaudatore di onesto mestiere che ha tenuto bene il quadrato per 3 round. Poi, raggiunto da una pregevole combinazione di colpi ha dovuto arrendersi letteralmente schiantato. I massimi leggeri Stefano Failla (2,3,3,) ed Jamel Haddaji avevano terminato la loro sfida in parità un paio di mesi prima. Questa volta Failla, seguito all’angolo dal maestro Zennoni, ha fatto suo meritatamente il verdetto dopo un inizio un po’ titubante e farraginoso. Col passare del tempo il fidentino di Catania guadagnava in scioltezza e convinzione uscendo anche con qualche buona combinazione di colpi mentre le reazioni di Haddaji si rivelavano soltanto velleitarie. Il welter bergamasco (4v.) Dario Morello ha voglia di bruciare le tappe di una carriera appena iniziata. Le qualità ci sono tutte anche se contro lo sgusciante ed esperto Giuseppe Rauseo non ha potuto evidenziarle esaurientemente. Quest’ultimo, sovrastato fisicamente ha fatto di tutto per evitare (giustamente) gli scambi: molta corsa, attacchi con sventole larghe, chiusure a riccio e parecchie scorrettezze. Così facendo ha terminato in piedi e con pieno merito. Morello ha vinto nettamente, per lo spettacolo ci sarà tempo in seguito.
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LA BOXE È UN ROMANZO SENZA FINE
Alla fine di ogni cosa Recensione del libro di Mauro Garofalo
DI MASSIMO SCIOTI
semplicemente un libro bello e terribile, cardinale. Oggi ci può aiutare a ritrovare il centro di gravità dell’uomo in quanto unico patrimonio dell’umanità. Il senso profondo del romanzo di uno zingaro, detto Rukeli, evoca un insegnamento Kantiano: “l’uomo è e rimane un fine, non può essere strumento di altri uomini”. La storia del pugile nato in Germania, Johann Trollmann, va oltre il “cosiddetto male”, l’aggressività come è intesa da Konrad Lorenz, perchè subire ogni forma di violenza durante il nazismo, periodo storico mai abbastanza esecrato, era nient’altro che subire, non esisteva alcuna possibilità di scegliere. Il protagonista appartiene al popolo dei ‘gitani’. La sua etnia, insieme a quella degli ebrei e agli omosessuali, furono oggetto di condanna a morte, emessa nell’aula 600 del tribunale di Norimberga. La stessa che ospitò a fine II Guerra Mondiale, il processo ai nazisti, acciuffati tra i fuggitivi, per crimini di guerra. Da cui il film “Vincitori e Vinti”, premio Oscar nel 1962 che ripresenta il processo di Norimberga con un cast di attori di eccellenza: Marlene Dietrich ,Spencer Tracy, Maximilain Schell, Richard Widmark, Burt Lancaster.... . Il motivo di difesa dei criminali a giudizio consisteva nell’affermare un riparo, una giustificazione: noi risponderemo del nostro agito e delle nostre responsabilità di fronte alla giustizia divina e non a quella degli uomini, in quanto eseguivamo degli ordini superiori. Questo concetto viene spiegato dalla filosofa Hannah Arendt, “La banalità del male”. Gli istinti di libertà, di costruzione del proprio benessere per essere utili a se stessi e agli altri, la prospettiva di mettere su famiglia, per poi chiedere il divorzio e salvaguardare con
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la propria estraneità moglie e figlia, di dare e ricevere in una società giusta, furono prospettive cancellate, a Rukeli fu ritirata la tessera della Federazione Tedesca e gli fu cancellato il titolo conquistato per non aver espresso un pugilato ariano. Rukeli in un incontro successivo si presentò con il corpo cosparso di farina e coi capelli ossigenati, biondi. L’uomo che non desidera, perchè non può progettare, è un uomo disperato che non vive la sua presenza nel mondo inteso come una “totalità di strumenti”. Viene privato del suo “esserci”. Gli individui non appartenenti alla razza superiore, dunque intollerati, venivano schedati, repressi ed eliminati nei campi di concentramento. Tale processo iniziò per gli ebrei con l’obbligo di esposizione della stella gialla di David. Gli ariani, appartenenti alla cosidetta razza superiore, non accettavano di fare i conti con la propria coscienza, i propri errori, il proprio destino. Tutta la loro esistenza era subordinata ai rapporti gerarchici. Esecutori ciechi,
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acritici, che si identificavano con il più forte, il Führer, ideologo del razzismo. Nel suo Mein Kampf, Hitler sostituisce al concetto di lotta di classe quello di lotta di razza. Oggi si può leggere perché siamo tutto Voltairiani. Voltaire ci ha insegnato: “Non sono daccordo con quello che tu affermi, ma lotterò fino alla morte affinché tu lo possa dire.” Ricordiamoci la “Notte dei roghi” dove intere biblioteche furono date alle fiamme. Bruciando i libri si bruciano anche gli uomini. Cosa rimarrà di noi senza cultura? Questi pensieri li aveva scritti 100 anni prima il poeta Einrich Heine. Anche la “Notte dei Cristalli” dette il via frantumando tutte le vetrine dei negozi degli ebrei, ad una spirale vertiginosa di violenza. Seguiranno gli espropri delle case e di tutti i loro beni, imprese, opere d’arte, gioielli. Lo spazio vitale loro concesso era il campo di concentramento. Sopravvissero allo sterminio pochissime persone. Il nostro pugile soccombette dopo aver accettato il suo ultimo e vittorioso match con il responsabile del campo, il quale covò la vendetta: aggressione da parte di un gruppo di suoi guardiani e colpo di pistola finale alla tempia. Tra i superstiti ricordiamo: - il filosofo Levinas che nel suo testo “Esistenza ed Esistente” ribalta il rapporto: amore per la conoscenza in conoscenza dell’amore; - lo scrittore Primo Levi che considera veri testimoni delle atrocità commesse nei campi di sterminio coloro che sono “saliti per un cammino ed ora sono nel vento” i quali non hanno potuto mai testimoniare; Il racconto e il periodo storico in cui si svolge l’attività del pugile Sinti è vero. ...............
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CAMPIONATI NAZIONALI UNIVERSITARI 2016
I laureati di Reggio Emilia Presente anche Raffaele Bergamasco
DI TOMMASO GREGORIO CAVALLARO PH FPI
(49 Uomini e 29 Donne) i Boxer che hanno preso parte al Torneo di Pugilato dei Campionati Nazionali Universitari 2016, organizzati dal CUS Modena. Campionati dagli alti contenuti tecnici e atletici, nei quali I alcuni boxer partecipanti hanno sfoderato delle prestazioni che non sono passate inosservate da parte degli osservatori delle nostre squadre Nazionali. Alle semifinali e finali maschili, infatti, ha presenziato l’Head Coach della Squadra Azzurra Elite, Raffaele Bergamasco, venuto in Emilia proprio per vedere qualche potenziale innesto per la nostra massima Rappresentativa Nazionale. Le finalissime, disputatesi a Reggio Emilia presso il Palasport G. Fanticini lo scorso 13 giugno, hanno visto la presenza anche del Presidente FPI, Alberto Brasca, e del Consigliere Federale Sergio Rosa. Di seguito l’elenco dei Campioni Nazionali Universitari al Torneo Pugilistico di Reggio Emilia.
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finali
categorie femminili 48 kg G. Nichetti CUS Milano b. A. Saraiello LT 54 kg G. De Laurenti CUS Torino b. A. Brozzi RMFI 57 kg M. Pietrolungo CUS RM S. b. M. Mussari CZ 60 kgg D. Cervi CUS Milano b. L. Righini 64 kg R. Valvo CUS RMS b. V. Improta NA categorie maschili 56 kg A. D’Ambrosio CUS Salerno b. J. Aquino MI 60 kg M. Di Tonto CUS Chieti b. F. Vulcano BO 64 kg F. Benkorichi CUS M b. A. Mazzali RMTV 69 kg A. Carini CUS Caserta b. L. Zanier VE 75 kg D. Vergoni CUS U b. F. Faraoni RMS 81 kg E. Nodaro CUS Roma 3 b. G. Beqo TO 91 kg T. Rossano CUS Napoli b. F. Spinelli BA +91 kg T. Dmytro CUS V b. G. Mancuso RMS
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Nella pagina precedente: lo stendardo dei Campionati Universitari; da destra a sinistra e dall’alto verso il basso: +91kg Dmytro Tonyshev; 91kg Tommaso Rossano; 81kg Edoardo Nodaro; 75kg Diego Vergoni; 75kg Diego Vergoni; 69kg Antonio Carini.jpg; 64kg Fateh Benkorichi; 56kg Alessandro D’Ambrosio; 64kg Rachele Valvo; 60kg.Diana Cervi; 57kg Francesca Pietrolungo; 54kg Giulia Arianna Delaurenti; 48kg Giulia Nichetti;
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I NUMERI DI UNA STORICA PALESTRA
CELANO BOXE
Decine di talenti, 20 anni di attività, centinaia tra ragazzi e ragazze DI MARCO CALLAI
uasi vent’anni di attività a Genova, centinaia di ragazzi avviati al pugilato e decine di talenti scoperti e preparati per affrontare anche complesse e difficili sfide sui ring di tutta Italia. La Celano Boxe Genova nasce nel 1997 grazie al rifiorire della passione dei fratelli Paolo ed Enzo Celano. “Avevamo dato addio alla boxe agonistica nel 1980 a causa dei gravosi impegni conseguenti all’apertura dell’autocarrozzeria che tutt’ora gestiamo, insieme a nostra sorella Giusy, nel quartiere genovese Cornigliano - spiega Paolo - Un addio sofferto, ma in realtà non sapevamo che sarebbe stato un semplice arrivederci”. Nel 1995, infatti, arriva la chiamata del loro maestro Alfonso Speranza, sempre a capo della storica Mameli. “Ci chiede, assieme al mitico Bruno Arcari, se possiamo esser sponsor della società sostenendo l’acquisto di maglie e borse”. Paolo ed Enzo accettano e l’amore per la boxe rifiorisce. Risalgono sul ring per passione, invitando alcuni ragazzi della loro zona a provare la disciplina a loro cara. “Speranza ci convince così a sostenere gli esami da tecnici ad Assisi per poter aprire una palestra tutta nostra”. Sotto l’ala protettrice del loro Maestro, da subito presidente della nuova società, i fratelli Celano iniziano a raccogliere i primi frutti e Cornigliano a riassaporare gli antichi fasti. “Già, perché la nostra storia è indissolubilmente legata alla palestra di Aureliano Bolognesi (oro a Helsinki 1952 n.d.r.): nostro padre Francesco, su indicazione degli zii Salvatore, Giuseppe e Ottavio, qui ci ha portato nel 1966 quando ancora frequentavamo la prima elementare...”. Dal 1972 al 1980, con i colori della Mameli e sotto l’attenta guida di Speranza, Paolo affronterà 44 match ed Enzo ben 39 con successi dilettantistici importanti. “Sempre nei primi 10 posti - precisa sempre Paolo - Enzo, da militare, verrà pure chiamato in azzurro agli ordini del maresciallo Pitardi”.
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Dal 1997 in avanti, alla Celano Boxe sono in molti a mettersi in evidenza. “Penso subito ai fratelli Salvatore e Cristian Costarelli, capaci entrambi di raggiungere le semifinali di Roma agli Assoluti. Questi due fratelli sono passati poi al professionismo totalizzando 19 match. Non dimentico, poi, Simone Rossetto, semifinalista a Tarquinia, oppure Andrea Solaro, primo pugile ligure a raggiungere il successo ai campionati italiani universitari”. E poi, ancora l’intramontabile Flavio Farinelli, pugile welter con 77 match disputati, ed i professionisti Kuleva Moke, Nestor Gallardo e Ciro Ciano. Anche il settore femminile occupa uno spazio importante all’interno della notevole attività firmata Celano Boxe. “La vittoria di Michela Braga alla prima edizione del Guanto Rosa, prima della conquista del titolo universitario, e poi la partecipazione di Veronica Vernocchi, già campionessa di kick boxing, al quadrangolare di Zurigo con la maglia della Nazionale di Zurigo con Svizzera, Germania e Austria”. Per Michela Braga, inoltre, spicca anche la convocazione azzurra agli ordini di Emanuele Renzini per il dual match Italia-Polonia, “Mai in Liguria alcuna donna aveva fatto parte della Nazionale prima del 2013 e la Celano Boxe è riuscita, nello stesso anno, a coronare tale sogno in ben due circostanze” insiste, orgoglioso, Paolo Celano. Fiore all’occhiello è anche l’attività giovanile, storicamente seguita dal fratello Enzo. “I nostri ragazzi ottengono sempre risultati brillanti in ogni torneo nazionale - afferma Enzo - La nostra cura per il vivaio è massima e ferma è la nostra volontà sul fatto che inizialmente devono vivere il pugilato come occasione di divertimento e poi, successivamente, mezzo per costruire una carriera sportiva”. Dal 2014 la Celano Boxe è ospite della Bocciofila Arci Corniglianese, struttura che svolge attività sociale di grande ri-
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lievo. Attualmente tra gli agonisti in evidenza c’è Ivan Pilone, classe 1994 e categoria 52 kg. “E’ tra i primi cinque in Italia”. In crescita anche Ervis Lala (1995), peso 75 kg con 45 match all’attivo. I giovani sulla rampa di lancio sono Andrea Locatelli (2000), Otman Khaldoun (1998), Senad Bokrina (1998), Stefano Ravera (1999), Brian Gandini(1997) e Cristian Aruanno(1997). Dopo un passato da dilettante, con 38 match all’attivo, Mohamed Khalladi milita nel pugilato neo pro: otto incontri nel 2015 prima di diventare professionista con il Team Loreni assieme a Veronica Vernocchi. “Da molto tempo, direi quasi dalla nascita della nostra società, siamo leader in Liguria e nei primi 25 posti in Italia - prosegue Paolo Celano - Possiamo solo insistere con l’incessante attività promozionale per avvicinare sempre più ragazzi e ragazze alla famiglia del pugilato”. La Celano Boxe, sempre presso la sede della Bocciofila, organizza annualmente numerose riunioni e stages oppure le finali dei campionati regionali dove vengono assegnati i pass per i Tricolori. A Cornigliano, in alcune circostanze tra il 2014 e il 2015 rispolverando un’antica passione, anche il sindaco di Genova Marco Doria scambia qualche colpo con i maestri Celano, noti anche per l’amicizia con l’attore Walter Nudo, attore e conduttore televisivo. Altra piccola nota di colore. Nel 2014 la società pugilistica genovese viene scelta come set cinematografico per il videoclip della canzone rap “Sveglio parte 2” di un ex componente del gruppo napoletano Co’Sang. ............... Nella pagina seguente: Enzo Celano, Salvatore Costarelli e Paolo Celano; Enzo Celano, Andrea Solaro e Paolo Celano; le donne della CelanoBoxe; i giovanissimi; Vernocchi; Michela Braga kg. 57 con il maestro e Sergio Rosa Consigliere Federale; il team della CelanoBoxe.
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PUGILE FRA I PIÙ LONGEVI
MICHELE PALERMO
Campione senza macchia e senza paura. Conquistò il titolo europeo dei welter battendo Livio Minelli DI GIANNI VIRGADAULA PH ARCHIVIO FPI
ichele Palermo, certo uno dei più forti pugili italiani di ogni i tempo, penso meriterebbe essere conosciuto di più dalle nuove generazioni, e certamente Il Centenario della Federazione Pugilistica Italiana attraverso le pagine di Boxe Ring sta offrendo agli appassionati di pugilato e ai lettori l’opportunità di parlare di tanti campioni, di cui oggi purtroppo si è quasi perduta la memoria, pur essendo stati degli autentici “assi del ring. Uno di questi è stato appunto Michele Palermo. Il campione campano nacque a San Marco Evangelista, in provincia di Caserta, il 3 ottobre del 1911 da una famiglia contadina, ed egli stesso fu orgogliosamente contadino, facendo il coltivatore diretto prima e dopo l’attività agonistica. Entrato per la prima volta in palestra a 18 anni, già nell’apprendere i primi rudimenti della boxe mostrò forza e temperamento. Non a caso a Napoli venne subito notato da Bruno Frattini, campione dal grande passato, che lo seguì con interesse quasi adottandolo e gli diede il soprannome di “Kid Frattini”, rivedendo in quel giovane forse se stesso ragazzo. Ma in seguito Palermo, per il suo carattere non facilmente addomesticabile, avrebbe acquisito altri soprannomi come “O malommo” e “L’orso di San Marco Evangelista”. Il suo esordio sul quadrato da professionista avvenne a 20 anni con una vittoria ai punti ottenuta a Napoli su Renato Di Giacomo. Era il 12 luglio del 1931. Il primo tentativo di conquistare il titolo italiano dei welter Palermo poté concretizzarlo a meno di un anno dal suo debutto, quando nel febbraio del ’32 a
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Roma sfidò Vittorio Venturi dal quale venne sconfitto ai punti in 15 riprese. Quella fu per Michele anche la prima battuta d’arresto, cui ne seguirono altre 2 a Milano contro Tony Campolo e Mario Debrez. Lasciato le spalle un anno piuttosto deludente, Palermo ebbe una seconda possibilità di battersi per il titolo italiano il 7 maggio del ’33, stavolta
di fronte a Luigi Bonetti che superò ai punti in 12 riprese. Ma il titolo gli scivolò dalle spalle appena 4 mesi dopo quando a Roma il solito Vittorio Venturi lo sconfisse in 15 riprese riprendendosi il titolo che aveva perduto proprio da Bonetti. A quel punto Palermo, in cerca di buoni guadagni, pensò di andare negli Stati Uniti laddove fiutava maggiori opportunità per la sua carriera. Ma prima di
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oltrepassare l’Atlantico si tolse la soddisfazione di battere ai punti a Milano Carlo Orlandi. Il suo debutto americano avvenne invece a Brooklyn, il 21 giugno del ’34, e si risolse con una brillante vittoria per KO al 2° round su Al Dumbar, grazie al suo efficacissimo destro, arma molto temuta dai suoi avversari. Da quel momento Kid Frattini, fece molto parlare di sé e vinse ben 10 incontri sui 14 match disputati negli States. Due li pareggiò e soltanto 2 furono le sconfitte. Rientrato in Italia incontrò i suoi rivali di sempre e il ‘37 non fu per lui un anno felice se si pensa che su 8 incontri, ne perdette 3 e fece 2 pari. Fra i suoi vincitori Carletto Orlandi che a Milano si rifece dalla sconfitta patita 3 anni prima. Deluso dagli ultimi risultati, Michele pensò di tornare in America dove la sua boxe piaceva. In un magico 1938 Palermo combatté 11 volte a New-York, e poi a Baltimora, a Brooklyn, a Holyoke, ottendo 11 vittorie e 3 sconfitte. Questo ruolino di marcia lo portò a scalare la classifica dei migliori pesi welter in un momento in cui il campione del mondo della categoria era il grande Henry Armstrong, e in circolazione c’erano pugili come Benny Bass, Barney Ross, Lou Ambers e Fritzie Zivic. In ogni caso nel 1939 Michele Palermo rientrò in Italia definitivamente e già a luglio di quell’anno riconquistava il titolo italiano dei welter, sconfiggendo a Milano Saverio Turiello. Titolo per il quale avrebbe ancora combattuto con alterna fortuna per un decennio, ora
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vincendo, ora perdendo contro Carlo Orlandi, Domenico Di Stefano, Egisto Peyre, Fernando Jannilli, Pino Facchi, tanto che nel 1949, all’età di 38 anni era ancora campione della categoria e poteva vantare un record che nessun altro pugile sino ad oggi ha eguagliato, quello cioè di vincere quella prestigiosa cintura per ben 6 volte. Tuttavia, nonostante la lunga carriera e un curriculum di assoluto rispetto, Palermo non aveva mai avuto una chance mondiale, e mai avuta l’opportunità di battersi per il titolo europeo. Così, quando nel 1950 l’organizzatore Andreoli lo scelse come challenger di Livio Minelli per un combattimento valido per il titolo europeo dei welter da svolgersi a Milano, Kid Frattini si fece trovare pronto, pur consapevole delle difficoltà della sfida, conoscendo bene il valore del campione,
cilmente lasciato via libera al campione più giovane di 7 anni, certo non tenne conto dell’orgoglio e della resistenza del vecchio pugile, che oltre a battagliare sul ring era stato ben 2 volte al fronte, la prima volta nella Guerra di Etiopia, poi durante il 2° conflitto mondiale. Egli quindi fra le trincee aveva imparato a schivare le pallottole che gli sibilavano sulla testa così come sapeva ben schivare i cazzotti degli avversari nella trincea di un quadrato. Con queste premesse, il match si presentò subito difficile per Livio Minelli, e sebbene la sfida ebbe momenti alterni, comunque quella sera Michele sembrò essere il “Kid Frattini” dei tempi migliori, tanto da sorprendere il campione sin dal primo round con un potente sinistro. Egli poi si mostrò più preciso e continuo del bergamasco nel portare alla testa e al bersaglio grosso i suoi colpi
un facile successo nella sua Napoli contro Faleschini e uno ad Ancona su Scortichini, Michele Palermo accettò la sfida continentale dell’inglese Eddie Thomas che a Carmarthen lo sconfisse ai punti in 15 riprese privandolo del titolo europeo. Una sconfitta comunque onorevole in un Paese dove notoriamente se vuoi portare il verdetto a casa devi vincere per KO. In quel 1951 Palermo combatté ancora 3 volte, vincendo a Napoli contro Ernst Water e Raphael De Sylva, per poi cedere a Roma il titolo italiano dei welter a Luigi Valentini. Quello fu l’ultimo combattimento del pugile contadino che, dopo 130 battaglie combattute sul ring con 90 vittorie, 15 pari e 25 sconfitte, pensò bene di ritornare a coltivare le sue terre. E alla campagna e alla famiglia “Kid” riservò il resto della sua vita sino alla morte avvenuta nell’82 all’età di 71
con il quale aveva in comune una importante esperienza maturata sui ring americani. Egli però sapeva pure che quella probabilmente sarebbe stata per lui l’ultima opportunità per chiudere al meglio una carriera lunga 20 anni. Il match fra Minelli e Michele Palermo “o malommo”, si svolse al Vigorelli il 14 luglio 1950, di fronte al pubblico delle grandi occasioni, e se qualcuno quella sera pensò che lo sfidante avrebbe fa-
maligni. Soltanto al 12° round i sostenitori di Minelli si illusero, quando il loro beniamino riusci a mettere in ginocchio Palermo con un montante, forse anche scagliato sotto cintura. Ma “Kid” non risentì minimamente del colpo e chiuse in crescendo il combattimento, aggiudicandosi il verdetto con largo margine. Quello segnò il momento più magico di 4 lustri passati sul ring, la ciliegina sulla torta di una carriera importante. Dopo
anni. Nel 2008, l’Amministrazione comunale di San Marco Evangelista scoprì un busto per onorare la memoria di quel suo illustre concittadino, che si era fatto rispettare sui ring di tutto il mondo.
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............... Nella pagina seguente e in questa pagina, alcune sequenze di incontri disputati da Palermo tratti dall’Archivio fotografico FPI.
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TORNA LA GRANDE BOXE A GROSSETO
Cipolletta si conferma campione contro Crudetti Il match termina alla quinta ripresa con Risultato Tecnico DI FRANCO CIARDI
ROSSETO, 3 GIUGNO 2016 Grande successo per Rosanna Conti Cavini che tornava per la prima volta nello storico impianto di via Austria a Grosseto dopo la scomparsa del marito Umberto e imperniata sul campionato italiano dei pesi piuma tra il campione in carica Nicola Cipolletta (manager Monia Cavini) e lo sfidante Michele Crudetti (Maurizio De Clemente). Un pubblico abbastanza numeroso ha gradito il tutto in una serata comunque piacevole, di buoni contenuti
napoletano rientrato in attività lo scorso anno, amministrato da Monia Cavini, ha avuto vita difficile contro l’esperto e bravo Stefano Castellucci (De Clemente) sostituto in extremis di Davide Traversi, che ha dato forfait due giorni prima del match, sembra per infortunio, è incappato in due colpi pesanti da parte di Castellucci che poi si è imposto per kot. Dopo i match di contorno, si arrivava al match clou della serata e nell’ aria c’era una grande commozione dato che nel led luminoso all’interno del palazzetto
agonistici, con intermezzi in cui anche l’occhio dello spettatore ha gradito la bellezza e la voce di Katia Fini, che si è esibita in un paio di pezzi dedicati ad Umberto Cavini, più l’Inno di Mameli, oltre alla simpatica esibizione delle ballerine della palestra, tutta al femminile, Pink Lady di Francesca Nicoletti. La serata ha avuto inizio con due match dilettanti. Per i neo prof si sono affrontati Marco Di Giamberardino (4-2) della Boxe Avezzano e il giovanissimo Nicola Cristofori (2-0). Nel quarto e ultimo round la superiorità di Cristofori era evidente, l’avversario non mollava fino alla fine ma la vittoria del ferrarese, terzo successo su tre incontri, era netta e meritata. Sergio Contino (4-1-2),
dello sport scorrevano immagini di Umberto Cavini e poco dopo lo speaker ha iniziato a chiamare sul ring i numerosi ospiti e prima che la cantante Katia Fini intonasse l’inno di Mameli c’è stata una toccante premiazione da parte della Federazione Italiana Pugilato con il Consigliere Federale Angelo Musone che consegnava alla famiglia Conti Cavini una medaglia d’oro alla memoria di Umberto Cavini, mentre il presidente del Consiglio Comunale Paolo Lecci consegnava alla promoter Rosanna Conti Cavini un mazzo di rose. Poco dopo iniziava il match tricolore dei pesi piuma tra il campione Nicola Cipolletta (11-4-2) e il laziale Michele Crudetti (8-1-1) che cercava a Grosseto il secondo titolo tri-
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colore in due categorie di peso diverse. Il tema del match è presto detto: Cipolletta tiene la distanza e colpisce d’incontro. Nella prima ripresa Cipolletta era intraprendente con il jab sinistro e il tentativo di doppiarlo col destro ma il colpo più rilevante era un gancio destro dello sfidante, che doppiava poi con un buon sinistro. A corta distanza si incrociavano i colpi, il match entrava subito nel vivo. Nel secondo round Crudetti era reattivo a corta distanza, ma meglio di lui era il campione quando questi poteva impostare il match dalla sua misura. Un’azione di Crudetti a due mani andava a segno, si avvicinavano pericolosamente anche le teste e Cipolletta si feriva all’occhio sinistro. Crudetti si beccava un punto di penalità per uso improprio della testa, poi anche Cipolletta si faceva ammonire sul finale di round per eccessive trattenute. Nel quarto round Cipolletta continuava a schivare la maggior parte dei ganci larghi dello sfidante, lavorando poi bene a due mani con ferite che si aprivano anche sotto gli occhi di Crudetti, che nel finale pareva riequilibrare il round. Sul filo dell’equilibrio iniziava la quinta ripresa e il match ancora era apertissimo a ogni soluzione, Cipolletta continuava a dimostrare idee chiare lavorando da lontano, Crudetti era pericoloso a corta distanza. Ma il sopracciglio sinistro di Cipolletta sanguinava decisamente, l’arbitro Di Clementi chiamava l’intervento del medico Giuseppe Macchiarola che propendeva per lo stop del match. Da regolamento, superata la quarta ripresa, si andava alla lettura dei cartellini dei giudici: 50-47 per Marzuoli, 49-47 per Avola, 48-47 per Bibbiani, tutti a favore di Cipolletta che si riconfermava campione italiano. In alto a destra: Durante l’inno; il consigliere Federale Angelo Musone consegna alla famiglia Conto Cavini la medaglia alla memoria di Umberto Cavini
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RIUNIONE ORGANIZZATA DA ROSANNA CONTI CAVINI
Gianluca Mandras è il nuovo re dei massimi Sergio Romano strenuo avversario f ino alla f ine
DI ALDO BONFERRU PH RENATA ROMAGNOLI
LVIGNANO, 16 GIUGNO 2016 Gianluca Mandras, 32 anni, al suo terzo tentativo di conquistare il titolo italiano dei massimi stavolta ha fatto centro vincendo si può dire a casa del suo avversario, Sergio Romano, 36 anni, sul ring allestito alle porte di Marcianise dentro il Centro Commerciale, che già in altre occasioni è stato teatro di riunioni importanti. Il titolo era vacante, lasciato da Salvatore Erittu proteso per una sfida internazionale a Brescia, che purtroppo non ha avuto buon esito. Mandras e Romano si erano già incontrati 1 anno fa a Sequals, anche in quella occasione il successo arrise al parmense su un avversario con ancora poca esperienza. Il pugile residente ad Alvignano dopo qurella sconfitta otteneva una bella serie di vittorie, che giustificavano la sua posizione di cosfidante. La riunione era organizzata da Rosanna Conti Cavini con la collaborazione della Excelsior Boxe. Agli angoli due scuole di
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valore che rispondevano ai nomi di Corbo, padre e figlio, e di Zennoni. A Romano toccava un primato, purtroppo ininfluente, di essere stato il primo pugile casertano a battersi per il titolo dei massimi. Entrambi i pugili hanno superato i 100kg, non si sono certo risparmiati cercando soprattutto lo scambio dalla corta distanza. La prima metà filava sull’orlo della parità, difficile decifrare il vantaggio, equilibrio che veniva rotto per un richiamo subito da Romano proprio alla quinta ripresa. Incitato dal proprio pubblico Romano cercava disperatamente di recuperare, ma Mandras si dimostrava abile nell’evitare i suoi attacchi, anzi nell’ultima ripresa, che risultava decisiva metteva sul piatto della bilancia una maggiore incisività, sufficiente a farlo diventare campione italiano. Il verdetto finale era dato all’unanimità, anche se di stretta misura: Francesco Ramacciotti e Paolo Cardullo segnavano 95-94, mentre Roberto Di Mario
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scriveva 96-94. Erano presenti alla riunione Alfredo Raininger, presidente del Comitato campano, Angelo Musone, consigliere federale, e Angelo Di Costanzo, presidente della Provincia. ...............
Fair play tra i due contendenti; una visione del centro commerciale; uno scambio tra Mandras e Romano
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STAGE DELLA NAZIONALE FEMMINILE
Festa a Riccione delle azzurre con Giorgio Campanella Una bella esperienza che non si fermerà...
DI GIULIANO ORLANDO
ICCIONE. Meglio di così non poteva andare. Uno stage di 10 giorni in quel di Riccione per la nazionale femminile, reduce dal doppio impegno (Samsung e Astana), gli appuntamenti delle qualificazioni in rosa a Rio. Scelta indovinata e produttiva, una cover di qualità, unendo allenamenti e momenti di svago, culminati con la serata tenuta all’Hotel Sans Souci a Gabicce
stico. Serata di festa e presentazioni, con le azzurre guidate da Emanuele Renzini, Michele Caldarella e una stupenda Laura Tosti in tubino nero. Il compito affidatomi di farle conoscere al pubblico, con invitati di qualità, da Simone Badioli alle sorelle Edy e Federica Bordoni, titolari della splendida struttura che si affaccia sul mare, è stata l’opportunità di completare un percorso che Giorgio
incontro incrocia Zuelov, della DDR, esperienza e qualità da vendere e vincitore dell’oro, eliminando tra gli altri il russo Tszju. Supera l’azzurro, ma alla seconda ripresa paga lo scotto di prammatica, finendo al tappeto. Nell’89 ad Atene, conquista il bronzo europeo assoluto, battendo il polacco Weljeko, terzo a Seul, sconfitto in semifinale dal romeno Dumitrescu, argento olimpico. Prima di
Mare, con la sfilata di grande eleganza da parte delle azzurre, in elegantissimi abiti della stilista Carla Montanarini, scelti dal direttore artistico Alfredo Tholosan, con gusto perfetto. Le foto confermano semplicemente che la boxe sa coniugare l’aspetto atletico e mondano in una simbiosi che smentisce tutte le negatività degli ostinati nemici. Il trionfo della femminilità di queste atlete che hanno scelto il pugilato a livello agoni-
Campanella, un grande campione del ring, ha iniziato lo scorso anno, invitando le youth e le jr. reduci dagli europei, a soggiornare sulla riviera romagnola. Ho conosciuto Giorgio Campanella agli europei jr. a Danzica in Polonia nell’agosto 1988, che vinse alla grande, meritandosi il posto ai Giochi di Seul. Aveva 18 anni, una carriera iniziata a 15, dominando a livello nazionale fino al tricolore assoluto nell’86. Ai Giochi dell’88, al secondo
passare professionista, bissa il tricolore. Giorgio possedeva il tritolo in entrambe le mani, qualità naturale che lo ha portato a vincere moltissimo, dei 29 successi ben 21 prima del limite, ma anche a pagare un prezzo altissimo, perché le fratture lo hanno accompagnato e condizionato fin da dilettante. Un vero peccato. Ha disputato tre mondiali tra il ’95 e il ’98. Il primo a Las Vegas contro un certo Oscar De La Hoya, che nella seconda ri-
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presa sfiora la sconfitta clamorosa: “L’avessi centrato un paio di centimetri più in alto, la mia storia sarebbe cambiata. Invece si rialzò ed io pagai l’inesperienza della prima volta a quel livello”. Nato a Crotone, terra di Calabria, nel 1970, risiede a Cattolica dal 1985, quando muove i primi passi e scaglia i primi pugni in maglietta. Appende i guantoni al chiodo nel 2000, dopo dieci anni di onorato professionismo. Pur innamorato della noble art, resta nell’ombra fino al 2009. “Quando nasci pugile lo resti per tutta la vita – confessa candidamente – e io non faccio eccezione. Ma c’era sempre qualcosa che mi bloccava. Devo all’insistenza di Graziana, moglie e musa ispiratrice, se mi sono deciso a sostenere l’esame nel 2009, per poter insegnare. All’inizio del 2015, con l’amico Salvatore Platone ex pugile a sua volta, apriamo una palestra a Riccione la “GiòBoxe” partita col pie-
da invidiare ai maschi, in particolare per l’agonismo. Chiesi al presidente Alberto Brasca se l’anno dopo potevo ospitare la nazionale nella mia palestra per uno stage. Mi propose le giovani, reduci tra l’altro dell’europeo di settore in Ungheria, dove furono grandi protagoniste, col doppio oro della Testa e della Carini nelle youth e della De Carlo tra le jr., oltre ad argenti e bronzi. Esperienza importante, tanto che proposi al responsabile tecnico Renzini il bis. Concesso alla grande, visto che sono arrivare le migliori. Aver assistito agli allenamenti e insegnamenti del c.t., è stato fare un pieno di grande rilevanza tecnica. Certo le metodologie sono cambiate in meglio ed oggi queste atlete rappresentano l’espressione più bella della boxe, assurta a noble art.” Sotto la guida di Renzini e Caldarella e la costante attenzione dell’indispensabile Laura Tosti, alla quale facciamo
grafica, punta alla facoltà di ingegneria pubblicistica. Clarissa Oddi, 51 kg. nata a Roma il 9-2-1991, inizia nel 2014 alla Phoenix di Pomezia, dopo anni di kick. Ha vinto un torneo regionale e uno nazionale. Carmine Cirillo, tecnico delle FFOO, è il compagno e le nozze sono fissate nel 2017. Segretaria informatica presso l’azienda paterna. Non ama il calcio, apprezza Lomachenko al quale vorrebbe rubare qualche combinazione e sogna Tokyo 2020. Camilla Fadda, 54 kg. nata a Genova il 2-5-1993, allieva di Roberto Piras, presente allo stage. Dopo anni di nuoto sincronizzato la scoperta della boxe e la folgorazione. La prima convocazione è stata la più bella emozione della vita sportiva. Non troppo baciata dalla fortuna, incidenti vari l’hanno bloccata per mesi. Intende recuperare il tempo perduto in fretta.
de giusto, visto che abbiamo oltre 300 iscritti ai corsi di pugilato e boxe light per tutte le età e altri 200 per gli altri sport da combattimento. Iniziamo alle 10 del mattino fino alle 19 di sera, divisi in quattro turni”. Com’è nata l’idea di ospitare a Riccione le azzurre? “Nel 2014 venne organizzato a Bellaria un Torneo femminile giovanile e scoprii che la boxe delle ragazze non aveva nulla
i doverosi complimenti per aver sostenuto con ottimo esito il difficile esame che l’ha qualificata maestro internazionale dell’AIBA, si sono allenate in otto. Stepanie Silva, 48 kg., nata a Roma il 10-9-1995, allieva della Liberati, figlia d’arte, mamma maestra di kick, oltre che tifosa della Roma. Dopo il calcio, troppo violento, l’approdo al pugilato, col bronzo youth nell’UE. Tyson e la Calabrese gli idoli del ring. Operatrice
Alessia Mesiano, 57 kg. nata a Latina il 7-12-1991, delle FFOO, semplicemente campionessa del mondo 2016. La bella romanina, che aveva iniziato con l’atletica leggera, spaziando in varie specialità, una specie di jolly capace di correre, saltare e lanciare, ha trovato nel pugilato il vero amore sportivo. Ragioniera, punta alla facoltà di lingue, ma principalmente guarda a Tokyo 2020 dove i 57 kg. potrebbero essere ammessi ai Giochi. Sor-
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riso da incorniciare, occhi da incantare e Manuel Cappai, una delle concrete speranze azzurre a Rio, è diventato il suo compagno. Alessia è l’esempio della dedizione e della tenacia nel voler sempre migliorare. Michele Caldarella la segue passo, passo e i miglioramenti si sono visti ai mondiali. Sara Corazza, 60 kg. nata a Ferrara il 2411-89, occhi vivacissimi, efelidi a go go, tatuaggi per ricordare eventi e momenti, primi pugni a 18 anni, sotto la guida dei maestri Roberto Ciro e Giuseppe Costantino. Approcci con volley e basket, ma senza impegno. Geometra e acca-
argento UE, oro iridato jr., nel 2014 oro europeo e oro mondiale youth, argento alle olimpiadi giovanili. La scorsa stagione altro oro youth iridato e quest’anno a Samsun (Turchia) la grande impresa del pass per Rio. Poi un riposo promozionale, variamente commentato. Ora tocca a lei e ai tecnici, riportarla al top, superando anche il problema di un mal di schiena che proprio non ci voleva. Rio è un sogno per una diciottenne dai grandi mezzi, la speranza è che il risveglio sia di metallo prezioso. Valentina Alberti, 64 kg. nata a Bologna l’8-3-94, dal basket nel periodo del
verso i 16 anni, la decisione di dedicarsi solo alla boxe, pensando ai Giochi di Tokyo. Frequenta la facoltà delle scienze della comunicazione, fisico ben proporzionato, nel 2014 è entrata nelle FFOO, argento UE nel 2013, presente ai mondiali youth nel 2014, titolare in nazionale nei welter, anche se lo sviluppo naturale potrebbe portarla nei medi. Carattere aperto, ama il ballo latino americano, non è interessata ad altri sport, tantomeno il calcio. Single, sogna un Raul Bova più verde. Questo il drappello che ha svolto l’ottimo lavoro in vista dei prossimi impegni
demia delle belle arti, a conferma dello spirito artistico, anche sul ring. Avvio a 75 kg, alla grande, poi momenti no, piuttosto lunghi. L’approdo alla Tranvieri di Bologna con Sergio Rosa e Di Tullio le ha cambiato la vita. Da Ferrara e Bologna tutti i giorni, senza sentire fatica. Spera di arrivare a Tokyo nei 60 kg. Il peso che Renzini ha chiesto per entrare nel club azzurro. Ha accettato la scommessa e ci crede al 100 %. La famiglia dopo titubanze iniziali la sostiene alla grande. Irma Testa, 60 kg. nata a Torre Annunziata (Na) il 28-12-1997, allieva della famiglia Zurlo, ora delle FFOO. Un curriculum straordinario dai 14 ai 18 anni. Nel 2012 bronzo europeo jr., nel 2013
liceo classico, alla boxe, dopo aver conosciuto Simona Galassi ad uno stage. Unica donna alla Tranvieri, di Rosa e Di Tullio, nel 2010 passa nell’Esercito, nel 2014 promossa caporale. Non ha paura di combattere, ma quando subì l’intervento al metacarpo della mano destra, svenne due volte! Carattere estroverso, ama il motociclismo e Valentino Rossi è un mito, stima infinita per i tecnici azzurri, sicura che dopo due mondiali poco fortunati, rompa la serie nera e inizi un nuovo percorso, col traguardo finale dei Giochi del 2020. Monica Floridia, 69 kg. nata a Modica nel ragusano, 19 anni, indirizzata allo sport fin da piccola dai genitori. Prima nella ginnastica artistica, poi la kick e
internazionali. Visto il successo cosa bolle in pentola per il 2017? Campanella ha idee chiare: “La sfilata, il cui merito è di Graziana, che l’ha ideato e poi realizzata, rappresenta una variazione sul tema e che ha trovato consensi generali. Ma non sarebbe male se in Romagna venisse allestito il primo torneo internazionale femminile. Idea ancora in embrione ma stuzzicante. Anche perché le “piccoline” come le chiamo io, l’anno prossimo entreranno a rinforzare il team superiore e l’Italia sarà veramente la nazionale da battere”. ...............
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In questa e nelle pagine precedenti, alcuni momenti di allenamento e altri più ludici dello stage della squadra femminile a Riccione
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TORNEO ITALIA “ALBERTO MURA”
A Mondovì il festival dei giovani Schoolboy-Junior-Youth protagonisti
DI TOMMASO GREGORIO CAVALLARO PH FPI
Il Torneo Nazionale ITALIA “Alberto Mura” ‐ Qualifiche: Schoolboy ‐ Junior ‐ Youth si è svolto in quel del Pala Ellero di Roccaforte Mondovì (CN) dal 20 al 22 maggio. 169 i boxer che vi hanno preso parte: 44 Schoolboy (I), 75 Junior (II) e 50 Youth (III). L’evento, indetto dalla FPI, è stato organizzato in collaborazione con la ASD Boxe Canavesana e il CR FPI Piemonte. Le finali si sono svolte alla presenza del Presidente FPI Alberto Brasca (VI). I
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schoolboy 38,5 Kg: Alessio Buonciro CP 43 Kg: Ismaele Dovizioso PL 46 Kg: Michele Baldassi CP 50 Kg A: Alessio Genovese TS 50 Kg B: Qazim Alija BZ 54 Kg: Marco Filippi LZ 56 Kg: Yuri Balla TS 59 Kg: Martelli Joshua TS 62 Kg: Stefano Alfano CP 72 Kg: Marco Giugliano CP junior 46 Kg: Dionise Balan PM 48 Kg: Fabio Fittirillo LZ 50 Kg Matteo D’Orazio LZ 52 Kg A Brian Abbatangelo LB 52 Kg B Muhamet Qamili LZ 54 Kg A Niccolò Nocciolini TC 54 Kg B Pasquale Barile PL 57 Kg A Marco Merro PL 57Kg B: Matthias Alaimo TS 60 Kg A: G. Di Fuccia CP 60 Kg B: Luigi Di Mascolo PM 63 Kg A: Armando Di Sivo CP 66 Kg: Alberto Boscaro VE 70 Kg A: Barbato Raffaele CP 70 Kg B: Lorenzo Corallo SC 75 Kg: Valerio Di Caprio LZ 80 Kg: Matteo Nori LB youth 49 Kg: Alessandro Adami VE 52 Kg: Tiziano Fedeli LZ 56 Kg A: L. Martinucci EM 56 Kg B: Mattia Esposito LB 69 Kg: Lorenzo Di Profio AB 75 Kg: Filippo Bruni LZ VI
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PERDE IL TITOLO UE
Per Giodi Scala questa volta la Francia è tabù Lamiri non perdona
DI ALFREDO BRUNO PH RENATA ROMAGNOLI
ONT AUDEMER, 17 GIUGNO 2016 – Stavolta Giodi Scala non ha ribadito il ruolo di uomo record del nostro boxing con appena 11 match disputati. Il titolo italiano prima dei gallo e poi dei supergallo, uniti al prestigioso Unione Europea dei gallo ne avevano fatto di lui una sorta di seguace del “Venni, vidi, vinsi” di antica memoria. Giodi, appena 26 anni, si è caricato sulle spalle il non comodo ruolo di trainatore della boxe ciociara, di Castelliri in particolare, rinverdendo quelle speranze e aspettative nate più di 80 anni fa con l’esplosione di Luigi Quadrini, grande campione dei piuma dominatore in Italia e in Europa. Impossibile non accostare il nome di Quadrini a Scala, soprattutto per essersi formato nella palestra del padre Raimondo che ha preso proprio il nome dell’illustre predecessore. Giodi ha avuto il suo momento di celebrità quando un anno fa stravolse la logica con un clamoroso exploit a Dieppe dove distrusse in soli tre round l’allora campione Anthony Buquet. Un successo clamoroso quanto inappellabile
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per il suo svolgimento, oltre al successo in terra straniera, che vale doppio, era diventato una sorta di rivincita indiretta nei confronti di Emiliano Salvini, suo unico vincitore. Il “ciociaro” confermava di non essere più un carneade, ma una sicurezza difendendo con successo il titolo dall’assalto di un altro francese, Hassan Azaouagh. Quando è arrivata la proposta di affrontare Omar Lamiri il giovane non ha battuto ciglio, accettando di affrontare l’avversario in Francia. Un segnale di sicurezza quasi da rasentare la maturità in questo sport. Omar Lamiri sulla carta era il “peggio” che poteva capitare con un seguito non indifferente. Era andato a Montecarlo per affrontare l’inglese Lee Haskins per il titolo europeo. In quell’occasione la fortuna non fu dalla sua parte, il match fu interrotto per ferita a favore di Haskins, che poi allargherà il giro diventando campione del mondo per l’IBF. Un giro di parole, un incrocio di situazioni per descrivere meglio il personaggio. Raimondo Scala che anche in quell’occasione era all’angolo del figlio racconta: “Era un match che temevamo, ma quando abbiamo visto combattere Lamiri per certi versi non ci è sembrato così superiore al Giodi che conosciamo. Ma quella purtroppo non era la sua serata. Il francese appariva lento e tirava sventolacce mentre Giodi non sfruttava le sue reali possibilità. Quando al quinto round è andato al tappeto, più che accusare il colpo ha dimostrato insicurezza che in pratica lo ha penalizzato con il ko. Il ragazzo deve fare ancora esperienza e questa sconfitta gli sarà senz’altro utile. Oltrettutto potrebbero riaprirsi i giochi con Lamiri proteso alla sfida europea per il titolo vacante. Rimarrà senz’altro vacante l’Unione Europea con buone chances per il nostro ragazzo...poi si vedrà”. Giodi Scala in alcuni ritratti di Renata Romagnoli
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SUCCESSO DI PUBBLICO AL PRINCIPE
Tricolore De Donato e Randazzo, pari deludente.
L’abbraccio tra Marvin Hagler e Nino Benvenuti ha vivacizzato la serata DI GIULIANO ORLANDO PH MAURIZIO PAVONE
ILANO, 14 MAGGIO 2016 - Nessuno si aspettava una battaglia terribile, ma Renato De Donato (26-3-1) 29 anni e Luciano Randazzo (7-2-3) 23 anni, che si contendevano il tricolore superleggeri vacante, hanno esagerato in negativo. Dieci riprese di pugni reali col contagocce, a dispetto della diversa impostazione tattica dei due, che avrebbe dovuto facilitare lo scambio. Purtroppo, la prudenza tattica del mancino milanese, timoroso delle sventole di un Randazzo portato all’attacco per annullare l’handicap del minore allungo, non producevano l’arrosto di colpi, ma solo il fumo di un “vorrei ma non posso”. De Donato, testa troppo alta, appariva condizionato dal timore dei pugni di un Randazzo non baciato dal talento, ma almeno deciso a colpire duro. Quelle poche volte che c’è riuscito, per l’ex campione erano brividi, consapevole di non essere grande incassatore. Per evitare rischi, il mancino milanese, non ha mai affondato. Che non è il messaggio giusto per la conquista di un titolo nazionale. Infatti i giudici si sono divisi in toto, rimandando alla prossima puntata i due cosfidanti ufficiali. Un vero peccato, visto il teatro Principe esaurito, tantissimi i giovani che si sono sprecati in applausi per la presenza di due miti del passato: Marvin “The Marveillouse” Hagler e Nino Benvenuti, a conferma che il tempo non ha cancellato le imprese di due dei più grandi pesi medi della storia. Con loro hanno condiviso le acclamazioni Stefano Zoff, Michele Di Rocco, Franco Cherchi e Antonio Moscatiello. Un siparietto simpatico, prima del soporifero scontro tricolore. Alex Cherchi, l’organizzatore della serata, conferma la delusione: “In palestra avevamo concordato un piano preciso, che lo doveva portare al successo, vista la differenza nei valori tecnici. Purtroppo Renato a cui diamo il merito di aver portato almeno 200 tifosi, non è usci-
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to dal guscio di una prudenza esagerata. Ma non mi rassegno e darò al pugile una nuova opportunità a luglio, sperando che capisca e scatti l’orgoglio del campione”. Il maestro Franco Cherchi, non nasconde la contrarietà al risultato, pur ammettendo che il pugile ha reso meno del previsto: “A mio modesto parere Renato aveva vinto, anche se non è stato attivo come speravo, ma il tasso tecnico tra i due è apparso chiaro. Randazzo tirava sventole, spesso fuori bersaglio, mentre i colpi d’incontro erano tutti di De Donato”. Sull’altro fronte, giudizio opposto: “Luciano ha fatto il match, passando sotto il jab dell’avversario. Che sia meno elegante di De Donato è secondario, conta la sostanza e questa era tutta per Randazzo, che andava premiato. Il pari ci sta stretto. Contiamo nella rivincita per portare a casa il titolo”. Questo il pensiero del maestro del siciliano di Lentini nel siracusano, di stanza da anni a Spinetta Marengo (Alessandria), dove lavora e si allena. Il resto della serata ha mantenuto le attese, per la gioia del pubblico. Il giovane welter ucraino Maxim Prodan (6) prosegue la striscia vincente, stavolta col minimo della fatica. E’ bastato un sinistro al fegato, dopo soli 15” dal primo gong, che ha centrato l’impreparato Gerebcz (7-15-2) a chiudere il match. Il rientrante cruiser milanese Matteo Rondena (5-2),
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dopo due inciampi pesanti, sbriga la pratica Szatmari (4-28-2) in meno di un minuto, con un montante destro devastante. Adesso si tratta di capire se all’antipasto gustoso seguiranno altri piatti di qualità. Il medio Catalin Paraschiveanu (11), che per brevità chiamerò “Paras”, ritrova Jozsef Racz (6-9), che è di una linea sopra i collaudatori, nel senso che ha qualità. La prima volta si era comportato molto bene, tenendo il confronto col romeno, anche se nella parte finale aveva pagato lo sforzo. I Cherchi, che faticano a trovare avversari per Catalin, lo hanno riproposto sulle otto riprese, pensando che l’allungamento avrebbe favorito il ragazzo da anni in Italia. Non è stato così, semmai il contrario, anche se a guadagnarci è stato lo spettacolo e l’equilibrio del match. Racz ha risposto con precisione e pur perdendo, ha meritato gli applausi dello sportivo pubblico. Inedito per Milano, il welter Marco Battaglia (2-1), allievo della Salus e Virtus, società infaticabile anche che in campo dilettantistico. Battaglia ha affrontato l’ucraino Liliam Vataman (0-2) forte ma decisamente troppo elementare, tatticamente nullo. Netta la vittoria di Battaglia con meritati applausi per il buon fraseggio tecnico. A sinistra, una fase del match tra De Donato e Randazzo; i pugili con Alessandro Cherchi:
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FLASH D’AUTORE...
Elettra Mallaby: attrice e fotografa La boxe nel suo dna
DI CORRADO BALDÌ PH ELETTRA MALLABY
i direbbe una pantera: osserva in silenzio, si muove lentamente, poi improvvisamente scatta. In un attimo è sotto le corde, poco dopo in fondo alla sala, su una scala, vicino alla finestra. Per Elettra Mallaby fotografare
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la boxe è un po’ come stare in mezzo al ring: una questione di concentrazione, di movimento, di reazione immediata. “M’interessa cogliere l’attimo, il momento che sta tra intenzione e l’azione conseguente: è difficile ma l’effetto è potentissimo. A occhio nudo non lo vedi, un gancio sembra lasciare solo una
scia. Invece, per un brevissimo istante, c’è un pugno che deforma una faccia”. Ne parla con naturalezza Elettra, attrice e fotografa, forse perché si considera anche lei un po’ un pugile. “Vado ad allenarmi il più possibile, se posso anche tutti i giorni. Non è solo una questione di esercizio fisico ma di concentrazione.
Sul ring devi sempre sapere di stare dove sei. È un fatto mentale. Se non ci stai, prendi un pugno”. Ci fa vedere una foto con l’occhio nero ed è stupefacente che un’attrice, il cui fascino ci conquista al primo sguardo, abbia voglia di rischiare il naso e passi spesso il tempo libero a fotografare in-
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contri di boxe. “È una passione che ho da sempre. Viene dalla letteratura, dalle storie di pugili, dalle loro vicissitudini, dall’amore per i fenomeni di massa. Di certo anche dal caso: da quella mattina in cui entrai alla Palestra Popolare San Lorenzo. Passeggiavo lì vicino e m’incuriosì: da allora non ho mai smesso. In una palestra di boxe ci si finisce, non ci si va”. Elettra ha già fatto diversi film, ha lavorato
a teatro con Roberta Lena, Alberto Di Stasio, Bluemotion, Manuela Cherubini e nel cinema con Ruth Borgobello, Francesco Cinquemani, Giuseppe Piccioni, Jacopo Quadri, Checco Zalone. La sua, ci appare subito come una vita meravigliosa, che alterna tre passioni diverse eppur molto simili tra loro: la recitazione, la fotografia e il pugilato.
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gli Afterhours e poi una bella amicizia con il grande Mario Dondero. “Era davvero speciale. Aveva già ottant’anni una sera che venne a trovarmi e dormì, come se niente fosse, sul divano di casa, rimboccandosi le coperte come un vecchio, elegantissimo signore”. Poi ci parla lungamente di Roma, delle relazioni con le persone, del suo amore per i mercati e per il lato umano del vivere. “L’anno scorso stavo fotografando degli incontri nella periferia di Roma. Il ring in
“Ho cominciato a fotografare per caso, senza sapere perché, nel 2006 durante un viaggio in Etiopia. Comprai una macchinetta usa e getta. Alla fine del rullino, guardai quelle foto sviluppate in una vecchia bottega di Addis Abeba e capii che mi piaceva dare un contenitore a ciò che avevo visto”. Da allora, tanti progetti fotografici, soprattutto nel mondo della musica, una cover per
mezzo a u n a pizzeria con le famiglie sedute a tavola, vecchi e bambini a mangiare e fare il tifo in modo scanzonato. Per un attimo, mi sono fermata a guardare la grande umanità del pugilato”. Sembra curioso, ma è come se la violenza non apparisse mai nel suo sguardo.
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“Certo, il pugilato è uno sport molto duro ma non c’è vera violenza. Ci sono regole, c’è un confronto. Soprattutto, c’è una possibilità di redenzione. Penso a tante storie di teste matte venute dalla strada, saliti sul ring e diventati degli eroi”. Uno sport che, per Elettra Mallaby, è un po’ anche teatro. Non a caso è stata protagonista, nel ruolo di coach, dello spettacolo Loser di Tony Clifton Circus, presentato nel 2012 al Teatro India di Roma. “Nello spettacolo i due attori combattevano sul serio, il palcoscenico era un ring. Si sono allenati per mesi, cercando, attraverso il pugilato, la verità del teatro”. Ecco, in queste parole ci sembra di capire tutto di Elettra e della sua passione per questo sport, per il sudore, per il tifo, per le urla che arrivano dall’angolo: ci sono tanto tea-
tro e tanta letteratura. C’è il suo sguardo un po’ angelico. C’è una persona che, lo dobbiamo confessare, è riuscita con poche parole a mandarci al tappeto. ...............
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ULTIMO TORNEO DI QUALIFICAZIONE AOB
A Baku, un super Vianello conquista Rio Ma il bilancio italiano non soddisfa
DI GIULIANO ORLANDO PH AIBA
Guido Vianello, giovane gigante romano di 21 anni, facente parte del Corpo Forestale, ha salvato in extremis il bilancio azzurro all’ultimo torneo di qualificazione per i dilettanti, tenutosi a Baku in Azerbajan, in proiezione ai Giochi
BAKU, 16-26 GIUGNO 2016
del podio, senza dimenticare che solo gli interessi non proprio limpidi degli inglesi, padroni di casa, gli hanno rubato l’oro che meritava ampiamente. L’Italia ai Giochi 2016, deve accontentarsi di cinque uomini: Cappai, Mangiacapre, Manfredonia, Russo e Via-
si ferma ai quarti, imbrigliato dalla boxe ostruzionistica del russo Babanin, che pure aveva battuto a Mosca due anni addietro. Conferma la crescita ad Assisi, contro l’estone Bokan, campione nazionale in carica, crollato dopo un minuto, sul destro diritto e preciso al mento. Su-
di Rio, fissati dal 5 al 21 agosto. La sua vittoria nella finale dei + 91, contro l’irlandese Gardiner, ha consegnato all’azzurro il pass per Rio, unico per l’Italia al torneo, peraltro non troppo fortunato. Purtroppo gli altri cinque italiani presenti (Picardi, D’Andrea, Valentino, Cosenza e Cavallaro), non sono riusciti a spuntare il magico biglietto per il Brasile a cinque cerchi. Un Vianello in grande crescita, riceve idealmente il testimone lasciato da Roberto Cammarelle, che nelle tre precedenti Olimpiadi (20042008-2212) ha incamerato tutti i gradini
nello, e Irma Testa nei leggeri donne. Due meno di Londra, complice anche una buona dose di sfortuna, che ha seguito l’Italia come un’ombra negativa. A cominciare da Vianello, penalizzato già agli europei (agosto 2015) in Bulgaria, defraudato della vittoria contro il russo Omarov, sconfitta che gli vietava di partecipare ai mondiali di Doha nel Qatar a dicembre, dove si assegnavano i primi pass per Rio. Stagione rovinata da un verdetto ingiusto e una ripartenza non facile. Al torneo Strandja di Sofia, (febbraio 2016) batte il cinese Wang ma
pera l’intoppo del problema allo scafoide della mano destra e si presenta fiducioso al torneo di qualificazione a Samsun in Turchia. Purtroppo il sorteggio gli propone nei quarti il temibile russo-azero Majidov, doppio oro mondiale (20112013) al rientro dopo un lungo silenzio. Vianello paga l’emozione nei primi due round, ma vince il terzo facendo intravvedere di essere sulla buona strada per il salto di qualità. Gli resta la lotteria di Baku, la più difficile perché mette in palio un solo pass per molti pretendenti, a cominciare dal russo Babanin e dall’ir-
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landese Gardiner, che lo hanno già battuto, anche se in precedenza l’azzurro li aveva superati. Non solo loro, il bulgaro Belberov, l’emergente cinese Mu, l’ucraino Vykhryst, l’indiano Kumar, l’esperto moldavo Zavatin e il brasiliano Duarte Lima che è il suo primo rivale. Incontro a senso unico per l’azzurro, preciso e veloce, buon gioco di gambe e Duarte esce dai ranghi. Nei quarti il ventenne cinese Mu, che si è imposto sul kirghiso Li per ko, è preda dei sinistri in continuazione di Vianello, senza mai trovare la distanza per mettere a segno colpi pesanti. In semifinale Vianello trova l’atticciato Moore, campione Usa, 26 anni, vittorioso sul bulgaro Belberov, dopo un match equilibrato, ricco di scorrettezze reciproche.
e ferma il match. La Russia al momento non ha il +91 ai Giochi! Il moldavo si dimostra cliente scomodo anche per l’irlandese Gardiner, che vince ma rischia pure lui. Nella sfida finale, al tu per tu tra l’irlandese e l’azzurro si capisce che la situazione di un anno addietro, sempre a Baku, nel torneo dei Giochi Europei disputati nella Hall Cristall, mentre stavolta si combatte nella Sardaachi Arena, è cambiata. Vianello è cresciuto, appare più determinato e lucido. Anticipa Gardiner che, prima cerca di controbattere con le stesse armi ma, capito che ci rimette, la mette sullo scambio corto e il colpo duro. Perde nettamente i primi i due round, per cui nel terzo deve compiere un miracolo per capovolgere l’esi-
Solo il superleggero Cosenza, uscito all’esordio, perde dal kirgyzo Sakenov senza discussioni, a sua volta bloccato negli ottavi dal francese Amzile, che sarà premiato col pass per Rio col quinto pass, superato nei quarti dal’inglese Mc Cormack il vincitore della categoria. Troppo forte atleticamente il gallo mongolo ErdenabatI (19 anni) per Riccardo D’Andrea, dalla boxe elegante ma poco consistente e ormai la boxe in maglietta, premia la consistenza dell’asiatico e ignora il fraseggio tecnico del laureato calabrese. L’irriducibile leggero Valentino si presenta in buona condizione, tentando per l’ennesima volta la promozione alla quarta olimpiade. Parte bene, supera il magiaro Varga, che ben conosce per
L’americano ha una boxe spigolosa, con colpi spesso sporchi. Lega e usa la testa, per Vianello è il match più difficile: non trova la misura e si muove poco sulle gambe. Per fortuna mantiene l’iniziativa, e sia pure senza brillare porta a casa una preziosa e giusta vittoria. Nella parte alta, il russo Babanin dopo aver superato l’australiano Goodall, trova l’esperto Zavatin (29 anni), non certo elegante ma dal pugno pesante. Il russo pare avviato al successo, ma nella terza ripresa si lascia cogliere scoperto e finisce giù, cerca di recuperare, l’arbitro lo vede in difficoltà
to. Le tenta tutte, mentre Vianello fa il minimo indispensabile per arrivare in porto. I giudici premiano la generosità di Gadiner, dandogli con generosità il round, ma la vittoria e il pass per Rio va al nostro gigante, che giustamente esulta, ottenendo nel torneo più difficile il premio più ambito. Per la cronaca ha sempre vinto con giudizio unanime, mentre l’irlandese nel match d’esordio si impone sull’indiano Kumar solo 2-1. Parlavo di sorteggi e la costante dei nostri è emblematica, quattro su cinque hanno incrociato uno dei due finalisti.
averlo già battuto in precedenza. Buona tenuta e colpi veloci, contro un rivale che cerca di usare le stesse armi, in modo ortodosso. Tutto l’opposto del rivale successivo, il mancino takjko Yunusov, che si muove molto bene, ha scelta di tempo ma abusa pure nei colpi portati con l’interno del guantone. Valentino soffre la velocità del rivale che lo anticipa senza farsi trovare. L’arbitro ci mette del suo, ignorando i pugni scorretti e il verdetto è tutto per Yunusov, che vola in finale
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Sopra. Vianello in azione; alla f ine del match di qualif icazione; Vianello con i tecnici.
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battendo prima il turco Gorcek e poi il cinese Shan, unendo abilità e scorrettezze in ugual misura. Ci chiediamo se gli arbitri in questione hanno mai saputo che i colpi non girati sono da richiamare. Il mosca Vincenzo Picardi e il medio Salvatore Cavallaro hanno sfiorato la grande impresa e non sono stati certo fortunati. Per i due, nessun rimprovero, semmai una stretta di mano per aver lottato da leoni e bastava un pizzico di buona sorte per andare a Rio. Un esempio emblematico: la Francia a Baku raccoglie tre pass, due dei quali col quinto piazzato, chi troppo e chi, vedi l’Italia, nulla. Il soldatino di bronzo campano, conferma l’ottima condizione inanellando due
entri. Troppo complicato per Picardi che soffre i rivali sfuggenti. L’italiano cerca di replicare ma troppo spesso fende l’aria e perde l’autobus per Rio. Se Vargas avesse vinto la finale contro il bulgaro Asenov per Vincenzino ci sarebbe stato il premio strameritato. Purtroppo la dea bendata e i giudici hanno scelto nella finale l’ardore agonistico del giovanissimo Asenov (19 anni) sbraccione bulgaro, campione d’Europa nel 2015, la cui stella brilla a dispetto di una boxe tutta sberle, supportate da un fiato a mantice. Favorendo ancora un francese, Konki, visto combattere anche in Italia, quinto e premiato. Per il medio Cavallaro, la beffa è ancora
dell’asiatico che viene premiato da due giudici su tre non ci trova d’accordo. Casualmente, fino ad un certo punto, il giudice argentino costantemente è sempre dalla parte dei nostri rivali. E qui la beffa diventa clamorosa. Achilov è infortunato alla mano destra, ma non lo fa sapere. Vince la semifinale per wo dell’indiano Vikas, entra in finale dove rinuncia a combattere dando il successo all’irlandese O’Relly. Nessun commento, ma questa dea bendata è decisamente cieca con l’Italia. Che aggiungere? I nostri tecnici Francesco Damiani, Vasiliy Filimonov e Giovanni Cavallaro hanno portato i pugili al meglio della condizione, il fisiotera-
convincenti successi. Prima con l’ucraino Sopinskyi, 22 anni contro i 33 del nostro, tenendo botta nella sfida a media distanza, usando finte e colpi veloci, cambiando guardia e schivando le bordate del biondo rivale. Speculare la successiva sfida col tagjiko Rakhmatshoev, addirittura 19 anni e tanta energia in corpo. Che non riesce ad esprimere al meglio per la mobilità di Picardi, molto concentrato e preciso. Vittoria che lo porta ai quarti, un passo dalle semifinali che valgono Rio. A sbarrargli il sogno, l’ennesimo ventenne Antonio Vargas, capellone Usa, dalle radici messicane, boxe con le stimmate del professionismo, molte finte e rapidi ri-
più bruciante. Partito dai 32°, inizia alla grande, regolando il turco Onder Sipal, 29 anni e oltre un decennio di attività, con grande sicurezza e determinazione. Per gli ottavi, stesso trattamento al tulipano Van Der Pas, presente ai mondiali di Doha. Quindi supera il pericoloso e quotato ecuadoregno Delgado, disputando un match dispendioso, ma positivo nel risultato, approdando ai quarti. Qui trova il turkmenno Achilov, che aveva sfiorato la qualificazione in Cina, superato 2-1 dall’australiano Lewis nei quarti, quindi cliente scomodo. Infatti la battaglia risulta equilibrata, i colpi migliori sono del siciliano, la pressione
pista Fabio Morbidini si conferma una sicurezza come il dottor Bruno Fabbri. A Londra erano sette gli azzurri, ma è doveroso segnalare che il meccanismo delle assegnazioni, con le WSB e in particolare l’APB, ha ridotto all’osso il numero dei dilettanti promossi, rendendo tutto più difficile. Non solo, l’ultimo torneo di Vargas in Venezuela (3-8 luglio), ha tolto ai dilettanti altri pass (26), favorendo i professionisti il cui valore è tutto da dimostrare. Detto senza alcun astio. Chiedendoci quanti “pro” qualificati, potranno essere al meglio ai primi di agosto, avendo solo un mese a disposizione per passare dai 10 ai 3 round.
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Ultimi pass da Baku.. in attesa di Vargas (Venezuela) onclusa la maratona di Baku (Azerbajan), che ha ospitato 375 atleti in rappresentanza di 92 nazioni, assegnando 39 pass, le caselle delle 10 categorie sfiorano il 90% (213), il resto (26) è stato distribuito a Vargas (Venezuela) ai primi di luglio per completare i quadri, ai quali vanno aggiunti i pass riservati al NOC la Commissione Tripartita dell’AIBA e quelli al Brasile. A quel punto saranno 250 uomini e 36 donne in rappresentan-
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za di 25 paesi, dopo l’arrivo di Panama, Rep. Centro America e Micronesia, a giocarsi le medaglie olimpiche dal 5 al 20 agosto. In Azerbajan in particolare hanno beneficiato della promozione i padroni di casa con tre pugili, completando tutte le categorie, stesso discorso per la Gran Bretagna (due pass), unendosi a Cuba, Kazakistan e Uzbekistan per formare il quintetto presente a Rio in tutte le categorie. Oltre alla Francia, decisamente fortunella: dei tre pass, due sono arrivati col quinto atleta. Al momento ha nove titolari come la Russia, meglio di Cina e Algeria (8), Irlanda e Marocco (7), Turchia, USA e Mongo-
lia (6). A quota cinque si trovano Italia, Venezuela e Argentina, con quattro pass Egitto, Germania e Armenia. Con tre: Tunisia, Camerun, Thailandia, Messico, Bielorussia e India; con due: Lituania, Colombia, Olanda, Australia, Namibia, Sud Africa, Mauritius, Uganda, Croazia, Bulgaria, Giappone, Polonia, Filippine e Ungheria. Un solo pass per la Repubblica Dominicana, Canada, Honduras, Nigeria, Isole Vergini, Kenya, Portorico, Iran, Romania, Kyrgyzstan, Qatar, Spagna, Taipei, Tajikistan, Turkmenistan, Ecuador, Haiti, Iraq, Ucraina, Trinidad e Tobago, Lesotho, Seycelles e Jordania. Il Brasile ha un titolare ma va aggiunta la quota che spetta al paese organizzatore.
colombiano Avila e Jimenez (Costarica) le prime due teste di serie. Tra i 56 kg. sul podio l’ucraino Butsenko, vecchia conoscenza europea, presente nelle WSB che è permesso il lusso in semifinale di battere il cubano Ramirez con un terzo round di fuoco, il nipponico Erdenabat, Morisaka e l’algerino Hammach, premiato col quinto posto. Bocciati Ivanov (Bul), Ham (Korea S.), Caraballo (Portorico), Njangiru (Kenya), l’europeo 2011, il moldavo Gojan e il dominicano Mora. Nei leggeri, con una certa sorpresa sono arrivati in finale l’olandese La Cruz (22 anni) che in finale ha imposto la boxe più ortodossa contro quella furba al li-
Al momento sono 64 le nazioni presenti a Rio, mentre a Londra erano 72. Nei 49 kg. promossi i due finalisti, l’azero Huseinov, classe ’97 e lo spagnolo Carmona ventenne, battuto da Cappai nel barrage di Samsun. Tra i bocciati eccellenti, l’ucraino Zamotaev, l’argentino Blanc, l’indiano Laishram, il bulgaro Banabakov e Quipo dell’Ecuador. Nei mosca, già detto di Picardi, sono passati Asenov (Bulgaria) vincitore in finale di Vargas (Usa), il turco Eker, il mongolo Kharkhuu e il francese Konki sconfitto nei quarti dal bulgaro. Restano a casa De la Nieve (Spagna), l’indiano Bidhuri, Tanaka (Gia), il kirgijso Usenaljev oltre al
mite delle regole di Yunusov, tagiko di 29 anni, terzi e premiati il cinese Shan e Lai di Taipei. La vittoria del tulipano La Cruz ha aperto la strada per Rio a Erseker che porta il Qatar per la prima volta ai Giochi. Anche qui disco rosso per le prime teste di serie: Delgado (Messico) e Rosario (Portorico) fatte fuori dallo svedese Bernanes e da Lai. Out pure Delgado (Messico), Gorcek (Turchia), Dimitrov (Bulgaria) e Beliak (Ucraina), oltre a Valentino. Superleggeri. Partono in 40, i cinque premiati sono l’inglese McCormack,
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Sopra: Domenico Valentino; Vincenzo Picardi; Salavatore Cavallaro:
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vincitore del torneo, seguito dall’haitiano Hitchins a sorpresa, che si è fatto strada, battendo il coreano Lim prima testa di serie, poi l’ispano Orozco e l’ottimo greco Tsanikidis, arrivando in finale per rinuncia di Russel Usa). A Rio pure l’indiano Kumar e Amzile (Francia). Tra gli esclusi il moldavo Galagot, Ismetov (Bulgaria) e l’egiziano Mohamed, seconda testa di serie. Sono in 47 nei 69 chili ed emergono giustamente il francese Cissokho, molto migliorato, primo davanti al magiaro Backai che in semifinale batte il tedesco Barraou che si era presentato alla grande, superando il filippino Marcial uno dei favoriti. Ai Giochi anche il bielorus-
il vincitore dell’azzurro, è un mancino difficile da inquadrare, molto forte che ha fatto decidere due giudici su tre, ad assegnargli il premio di una carriera. Tra gli 81 kg. si è imposto l’azero Mamadov uno dei favoriti, battendo in finale il tedesco Michel per wo. Gli altri tre che hanno staccato il ticket sono il bielorusso Dauhaliavets, il marocchino Saada che ha pescato il jolly, ma il vero vincitore è stato il russo Khamukov, campione d’Europa medi 2015, vincitore del torneo WSB, quindi col biglietto in tasca nei 75 chili. Purtroppo il pasticcio dei tornei, costringe la Russia a dover scegliere tra Chebotarev (APB) e Khamukov (WSB) preferendo il primo. Il c.t.
ciati ma di buona qualità l’olandese Korvin e il giovane ucraino Lisovyi. Dei supergiganti ho già scritto nell’altro serizio, da aggiungere che al torneo di Vargas, corre voce che la Russia potrebbe offrire ad Alexey Egorov, campione APB dei 91 kg. vincitore tre volte di Clemente Russo, estromesso da Rio a favore di Thishenko, campione europeo e mondiale 2015, l’opportunità di combattere nei +91, visto che la Russia è rimasta fuori dalla categoria. Sarebbe l’ennesima conferma di una norma senza senso. Per concludere, due interrogativi sorti a Baku. Nei gallo, ha combattuto e ottenuto il pass, il cubano Robeisy Ramirez, oro a Londra nei 52 a soli 18 anni,
so Kastramin, l’inglese Kelly e il bulgaro Chamov. Si sono perduti per strada pure Marcial (Messico) e Chamov (Bulgaria). Nei medi, un esercito di 50 iscritti. Brillano i previsti O’Relly (Irlanda) e l’indiano Vikas, mentre Achilov e Waheed, turkumenno e irakeno, sono le sorprese. Lungo la strada del torneo vengono eliminati Delgado (Messico), il romeno Juratoni, il tedesco Paskali, il mongolo Narmandakh, il georgiano Kvachatadze, mentre l’azero Shakhsurly trova il numero fortunato, che il nostro Cavallaro avrebbe meritato più di lui, visto il valore reale tra i due. Purtroppo quando ti dice storto, non c’è nulla da fare. Achilov
Lebzjak, con Silyagin infortunato, offre a Petr, l’opportunità a Baku, salendo di categoria, sfruttata al meglio. Chiedendoci perché la Commissione Tecnica dell’AIBA continua ad allestire tornei senza logica programmatica. Fuori il colombiano Carrillo, il georgiano Kiziria, Esquivel (Usa) e l’ucraino Khyzhniak, che a Samsung aveva sfiorato la promozione contro l’inglese Buatsi. Nei massimi l’ha spuntata il polacco Jakubowski, guerriero indomito, autore di battaglie in ogni match. Così è stato contro il turco Keser, il marocchino Abouhamada e in finale contro il forte ma scorretto Castillo dell’Ecuador. Boc-
tenuto fuori dai tornei precedenti per motivi disciplinari. Nei 56 Cuba ha già Andy Gomez Cruz, indicato dall’AIBA. Prevedibile che Gomez debba lasciare il posto a Ramirez. Nei medi, la Turchia ha presentato Ondre Sipal, battuto da Cavallaro, quindi fuori. Si fosse qualificato avrebbe preso il posto di Adem Kilicci, promosso con l’APB? Misteri, non fossero lo specchio di una confusione che sembra la costante di queste qualificazioni.
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............... Sopra: i giudici della manifestazione; i tecnici Filimonov, Damiani e Cavallaro.
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INIZIA DA ANVERSA 1920
Carrellata Olimpica della nostra Nazionale Ben 47 medaglie
DI ADRIANO CISTERNINO PH ARCHIVIO STORICO FPI
a Federazione Italiana dei pugni era appena nata e il barone De Coubertin aveva avviato già da una ventina d’anni il carrozzone delle olimpiadi moderne. Ma il mondo, cento anni fa di questi tempi, aveva altro a cui pensare per preoccuparsi di organizzare la cosiddetta festa universale della gioventù, dello sport e della pace. Altro che pace, c’era insomma la Grande Guerra e perciò il debutto olimpico dei pugni azzurri dovette attendere altri quattro anni.
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fra inesperienza e disorganizzazione, con sei atleti che però riescono a piazzare la prima presenza nel medagliere dei Giochi con Eduardo Garzena, bronzo nei pesi piuma.
Con Rio 2016, insomma, la boxe azzurra avrebbe potuto festeggiare il primo secolo di pugni olimpici ed invece bisognerà attendere Tokio 2020. Perché è ad Anversa 1920, l’olimpiade che l’Italia ricorda soprattutto per le imprese dello schermidore livornese Nedo Nadi, cinque medaglie d’oro su sei (la sesta mancata solo per un attacco influenzale), è ad Anversa 1920 che i pugni azzurri fanno l’esordio sul ring olimpico. Spedizione un po’ avventurosa
A Parigi 1924 l’Italboxe parte con uno squadrone di ben sedici atleti e grandi speranze, ma le giurie gliene combinano di tutti i colori (accade in parecchie discipline), al punto che la squadra azzurra si ritira dopo l’ennesimo torto che condanna il nostro mediomassimo Carlo Saraudi giunto ad un passo dal podio.
Da sinistra a destra: Edoardo Garzena, Vittorio Tamagnini, Carlo Orlandi, Ernesto Formenti, Aureliano Bolognesi.
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Trionfo azzurro ad Amsterdam 1928: tre ori e un bronzo il bottino della spedizione guidata dal tecnico Giuseppe Zanati. Massimo riconoscimento per Vittorio Tamagnini (gallo). Carlo Orlandi (leggeri) e Piero Toscani (medi) mentre Carlo Cavagnoli è bronzo nei mosca. In futuro ci sarà chi considererà questo risultato addirittura più importante di quello di Roma ‘60. Per Los Angeles 1932, viaggio in nave e alloggio per la prima volta nel “villag-
gio” (ma solo i maschi), Carlo Garzena, passato al ruolo di cittì, convoca otto uomini. Gino Rossi (mediomassimo) e Luigi Rovati (massimo) centrano l’argento e vengono proclamati anche campioni d’Europa, mentre le finaline per il bronzo (che all’epoca era uno solo) tradiscono per un soffio il piuma Gaspare Alessan-
dri ed il leggero Mario Bianchini. E siamo a Berlino 1936, la nazi-olimpiade che sventa in extremis il primo boicottaggio della storia. E’ ancora Garzena il cittì che porta con sé otto uomini. Gavino Matta, peso mosca, tanto cuore e classe immensa, domina la finale contro il tedesco Kaiser (nome premonitore), ma resta vittima di una giuria sfacciatamente casalinga e sfoga le sue lacrime con la testa poggiata sulle corde. L’oro azzurro arriva dal peso gallo Ulderigo
Sergo che ridicolizza con la sua velocità il perticone americano (1,81) Wilson. La guerra annulla due appuntamenti ed eccoci a Londra 1948. C’è Steve Klaus all’angolo azzurro, affiancato da un giovanissimo Natalino Rea. Otto gli azzurri del ring che portano a casa cinque medaglie: un oro con il piuma Ernesto For-
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menti, avviato in palestra per combattere la scoliosi, due argenti, Spartaco Bandinelli (mosca) e Giambattista Zuddas (gallo), e due bronzi, Sandro D’Ottavio nei welters e Ivano Fontana nel medi, fermato da tale... Lazlo Papp destinato ad un tris d’oro olimpico. Il tutto vale all’Italboxe il primato in classifica alla pari col Sudafrica. A Helsinki 1952 le categorie passano da otto a dieci e le medaglie di bronzo raddoppiano: due per categoria. Squadra azzurra al completo (dieci) guidata da Klaus e Rea, ma solo in tre vanno a medaglia e realizzano un podio completo: Aureliano Bolognesi, oro nei leggeri, Sergio Caprari argento nei piuma, e Bruno Visintin, bronzo nei welter leggeri.
Gli azzurri pagano anche lo scotto al debutto sul ring olimpico dello squadrone sovietico. Melbourne 1956, terra lontana e polemiche interne. Scelte tormentate. Ci sarebbe già Benvenuti (18 anni), ma c’è ancora Papp in giro. Meglio attendere tempi migliori. Partono in otto e raccolgono un argento con il leggero Franco Nenci ed un bronzo con il massimo Mino Bozzano. E siamo a Roma 1960, l’olimpiade del trionfo azzurro, l’olimpiade di Cassius Clay, futuro Alì. Klaus ha lasciato l’intera eredità a Rea che, affiancato da Armando Poggi, debutta da “responsabile” con un risultato complessivo irripetibile: tre ori, tre argenti ed un bronzo. Roba da Guinnes. Cominciamo dal basso. Il bronzo è di Giulio Saraudi, mediomassimo, che a distanza di trentasei anni centra l’obiettivo negato dalle giurie parigine al
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padre Carlo nella stessa categoria. Sono d’argento Primo Zamparini nei gallo, Sandro Lopopolo nei leggeri e Carmelo Bossi nei superwelters. Massimo traguardo per Franco Musso (piuma), Franco De Pccoli (massimi) e per il welters Nino Benvenuti che si aggiudica anche la coppa Val Balker per il miglior pugile del torneo. Difficile ripetersi a Tokio 1964, ma bisogna almeno difendere il prestigio guadagnato e i ragazzi di Rea e Poggi ci riescono benissimo centrando ben due ori con il mosca Fernando Atzori, 18 anni, e con il mediomassimo Cosimo Pinto. Ma ci sono anche tre bronzi ad arricchire il
conclusivo: 17 morti. Esplosione dei cubani (tre ori e un argento), nasce la stella Teo Stevenson. Italboxe a secco. Il digiuno azzurro continua a Montreal 1976 dove sull’olimpiade s’affaccia l’era dei boicottaggi. S’inasprisce intanto il rapporto fra Rea e la Federazione che si chiuderà al ritorno dal Canada. A Mosca 1980 comincia l’era Falcinelli. C’è il boicottaggio Usa e dintorni per l’invasione sovietica in Afganistan ma l’Italia trova il compromesso: partecipazione ridotta sotto la bandiera del Coni. Quattro pugili tra i quali Patrizio Oliva che nei superleggeri riporta l’oro in Italia dopo sedici anni e si aggiudica anche la
bilancio. Ce li portano Silvano Bertini (welters), Franco Valle (medi) e Bepi Ros (massimi). Città del Mexico 1968, olimpiade dal prologo insanguinato in piazza delle Tre Culture e poi segnata anche dal pugno nero di Smith e Carlos sul podio dei 200 metri. Sul ring ecco anche i minimosca, e siamo a undici categorie. Ed ecco anche i cubani. L’altura non giova ai nostri nonostante il ritiro ad Addis Abeba. Il resto del danno lo fanno le giurie. Conclusione? Un misero bronzino. Arriva dal peso massimo Giorgio Bambini che qualcuno critica pure per aver perso con... un certo Foreman. Monaco 1972, ancora sangue sull’olimpiade, ma stavolta è il settembre nero dei fedayn, nel cuore del villaggio. Bilancio
coppa Val Balker, mentre il cubano Stevenson completa il tris d’oro olimpico. Nuovo boicottaggio, stavolta del blocco comunista, a Los Angeles 1984. Dal ring arrivano cinque medaglie per gli azzurri guidati da Falcinelli e Mela. L’oro è per Maurizio Stecca nei gallo. D’argento i pesi estremi sulla bilancia: il minimosca Salvatore Todisco ed il supermassimo (dodicesima categoria appena istituita) Francesco Damiani. Bronzo al welter Luciano Bruno ed al massimo Angelo Musone che lascia il ring in lacrime, condannato da un verdetto sfacciatamente casalingo a favore dello statunitense Tillman. E siamo a Seoul 1988 che si fa ricordare soprattutto per gli ormai insopportabili, scandalosi verdetti (e il Cio s’arrabbia) di
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cui pagano dazio anche gli azzurri. Il superwelter Vincenzo Nardiello è la vittima della sfacciata arroganza delle giurie a vantaggio del superprotetto cocco di casa Park Si Hun che arriva addirittura all’oro prevalendo in finale sullo statunitense Roy Jones, al quale viene assegnata la coppa Val Balker come miglior pugile assoluto. Il colmo del ridicolo. L’Italia si consola con l’oro nei piuma di Giovanni Parisi, che sarà il quarto italiano nella storia a vincere oro olimpico e titolo mondiale professionisti, dopo Benvenuti, Oliva e Stecca. Dagli scandali coreani scaturiscono le famigerate score-machines: rimedio
solo apparente alla malafede e all’incompetenza dei giudici, tanto vero che dureranno poco. In compenso vengono stravolti alcuni concetti-base del pugilato. A Barcellona 1992 l’Italboxe, guidata da Falcinelli e Frontaloni, si presenta con cinque uomini ma resta a mani vuote e non ha molto da recriminare se non attraverso una serena autocritica. L’uomo di punta è il leggero Michele Piccirillo che si ferma al secondo turno. Avrà più Da sinistra a destra: Cosimo Pinto oro a Tokyo con Natale Rea e Armando Poggi; Musso, De Piccoli e Benvenuti oro a Roma; Patrizio Oliva dominatore a Mosca; Giovanni Parisi vincitore Seul; Francesco Damiani (argento) e Maurizio Stecca (oro) con Falcinelli alle Olimpiadi di Los Angeles.
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successo da professionista. Il Cio ha imposto il numero chiuso e allora per Atlanta 1996 bisogna qualificarsi. Cinque azzurri staccano il pass, ma c’è un colpo di scena alla vigilia della partenza: Franco Falcinelli si dimette da cittì senza apparente motivo. Nazionale affidata a Patrizio Oliva affiancato da Biagio Zurlo, già collaboratore di Falci-
l’Italboxe sul podio dopo un digiuno di ben dodici anni. Tornano a undici le categorie ad Atene 2004. Sei gli azzurri in Grecia guidati da Nazzareno Mela affiancato da Francesco Damiani e Maurizio Stecca. Le score-machines fanno danni incalcolabili e i nostri ne pagano le conseguenze, soprattutto Alfonso Pinto (48 chili)) e Domenico Valentino (60).
è presente. Dieci le categorie maschili, abolito il caschetto, sette gli azzurri guidati da Francesco Damiani e Lello Bergamasco. In tre arrivano sul podio. La rivelazione è Vincenzo Mangiacapre, 64 chili ricchi di talento, medaglia di bronzo. Ancora un argento per Clemente “Tatanka” Russo (91) che non nasconde la delusione: voleva l’oro e promette
nelli. L’uomo di punta è il mediomassimo Pietro Aurino, ha classe ma è pressoché ingovernabile. In più ha la sventura di trovare il kazako Jirov, futuro campione olimpico, al secondo turno. Medaglie zero, sfiora il bronzo il superwelter Antonio Perugino fermato nei “quarti” dal cubano Duvergel. In sei si qualificano per Sydney 2000, dove Fragomeni, campione d’Europa dei massimi, fa il mediomassimo. Ma soltanto Paolone Vidoz afferra un bronzo, battuto in semifinale dall’inglese Harrison, poi oro. Quanto basta per riportare
Sul podio arriva solo il supermassimo Cammarelle con un bronzo che inaugura la personale collezione olimpica. Staff tecnico rinnovato per Pechino 2008. Francesco Damiani e Lello Bergamasco sono affiancati dal russo Vassili Filimonov. Sei azzurri qualificati portano a casa tre medaglie, un podio completo: bronzo a Vincenzo Picardi (51 chili), argento a Clemente Russo (91), oro a Roberto Cammarelle (+91). A Londra 2012 debuttano le donne sul ring (tre categorie), ma l’Italia non
subito di rifarsi a Rio 2016 dove disputerà la sua quarta partecipazione ai Giochi. Un record. Ma più deluso ancora è Cammarelle, scippato dell’oro dal solito verdetto casalingo a beneficio dell’inglese Joshua. L’argento completa la personale collezione olimpica dopo il bronzo di Atene e l’oro di Pechino. Medagliere: 15 oro, 15 argento e 17 bronzo.
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............... Da sinistra a destra: Russo (argento), Cammarelle (oro) e Picardi (bronzo) a Pechino.
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