Il mensile de
09 Settembre 2020
CAPOSELE
LA SORGENTE
La prima ACQUA
CON RESPONSABILITÀ E GRATITUDINE
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aposele sta sull’acqua. Come se galleggiasse. Oltre cento anni fa, questo era ben visibile. Le case, i piccoli opifici, le piccole botteghe, fiorivano sull’acqua, intorno all’acqua. Le strade erano fiumi, rami di fiumi che circondavano le case. Per passare da una sponda ad un’altra era necessario attraversare i ponti, costruiti per mettere le stesse in comunicazione. Foto d’epoca, ben documentano questa meravigliosa realtà fatta tutta d’acqua. Oggi, difficile da crederlo, tutto ciò non si vede più. E’ cambiata anche l’economia del territorio. Tutto è ben incanalato. Tutto scorre sotto i nostri piedi. Solo l’acqua del massimo pieno, quella che serve soprattutto a non alterare l’equilibrio naturalistico e ambientale delle valli, precipita spumeggiante su lunghi scaloni e si raccoglie a fondovalle per passare di valle in valle, di cascata in cascata, formando ruscelli e fiumi, fino a raggiungere la sua foce nel Mar Tirreno. Ieri la vita e le attività dell’uomo in questa zona, tutto, era sull’acqua e con l’acqua. Oggi l’acqua è ben canalizzata: per usi civili, per usi irrigui, destinata soprattutto alla Puglia. Il territorio non ne soffre. Il verde che lo caratterizza e che lo circonda è più rigoglioso che mai. Parte da qui il suo lungo viaggio: per gallerie,
canali, ponti, condotte, serbatoi, bacini, reti agricole, reti urbane. Un cammino lungo, lunghissimo, fatto con la velocità che gli dà una pendenza dolce, sperimentata da sempre: un metro a chilometro. Quattro chilometri l’ora, la sua velocità. L’arrivo alla destinazione finale (il Capo di Santa Maria di Leuca - Lecce), dopo cinque giorni. Tutto dà valore all’acqua e dall’acqua è valorizzato. E’ l’avventura e la vicenda di Acquedotto Pugliese che nasce a Caposele. Sapere tutto questo non può che accrescere la nostra responsabilità verso questo bene primario. Non basta rendersi conto, ma dobbiamo sapere che siamo anche tenuti a rendere conto di quello che ne facciamo, di quello che desideriamo. E questo non vale solo per l’acqua, ma per tutto. Intanto siamo tenuti ad essere responsabili verso quanti, con l’acqua, ci offrono e garantiscono un bene e un servizio di così vitale importanza. Essere responsabili implica rispetto, uso corretto del bene e gratitudine verso chi ci ha consentito un cambio esistenziale di civiltà. Abbiamo un dovere di tutela proprio verso il bene in sé e verso l’ambiente. La risposta passa attraverso la qualità del servizio che abbiamo il dovere di garantire con atteggiamenti attivi e non passivi.
Caposele - Alle Sorgenti La Fontanina n.1 all’ingresso della Galleria Camillo Rosalba
A CAPOSELE
“IL TEMPIO DELL’ACQUA”
IL COMPIACIMENTO DEL SINDACO LORENZO MELILLO
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ggi si celebra, grazie anche al nuovo rapporto creato fra AQP e il mio Comune, un’intesa sulla valorizzazione del Parco delle Sorgenti che insieme abbiamo chiamato TEMPIO. Sarà il Tempio dell’Acqua, come il Palazzo dell’Acqua a Bari, in via Cognetti, anche quest’area rappresenta, come la definì Giuseppe Ungaretti, l’Anfiteatro dell’Acqua. A fine luglio ho avuto modo di incontrare, a Bari, il Presidente di AQP, Simeone di Cagno Abbrescia. Sono stato colpito dall’accoglienza che, con i suoi collaboratori, mi ha riservato. Abbiamo convenuto sull’esigenza di sviluppare la più intensa collaborazione possibile per difendere le sorgenti, l’acqua e accrescere il suo valore al servizio del territorio. Un grazie particolare per lo spazio che AQP ha donato al nostro Comune per realizzare la Piazzetta delle Sorgenti in cui abbiamo installato panchine e la nostra antica fontanina con ai suoi piedi la scritta: ”Si può deviare il corso di un fiume, non la sua sorgente”. Sponz acQuà (Sponz Fest 2020) è una giornata che serve a valorizzare il meraviglioso spettacolo dell’acqua di Caposele, questo dono della natura. Un modo per consentire a tanti turisti e ai cittadini di Caposele, di poter visitare questo incredibile sito da cui parte l’Acquedotto Pugliese. I lavori di bonifica recentemente fatti danno gran luce, grande visibilità all’intera area. Siamo altresì contenti che il tutto sia coinciso anche con lo spettacolo di Vinicio Capossela, un grande artista del nostro territorio, impegnato come direttore artistico e regista. Per la prima volta, dal 1905, si è determinata la possibilità di godere uno spettacolo sul parco dell’acqua, nel Parco delle Sorgenti, sul diaframma che ne delimita la delicatezza del sito e quanto esso gelosamente custodisce.
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CAPOSELE:
IL PERENNE MIRACOLO
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della SORGENTE
i può sempre ammirare il creato e con grande stupore percepire la sua bellezza e cantarla, condividerla con chi ti sta accanto, con chi ti legge, con chi ascolta la tua lauda, il tuo canto. Una formula di lode ripetuta per ogni cosa che Francesco osserva, con la voglia di ringraziare per il dono ricevuto: Laudato sie, Laudate sì. «Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria e ‘honore et onne benedictione. Ad te solo, Altissimo, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare”. Tutto il creato è coinvolto, osservato e ammirato, fino ad arrivare all’acqua “...Sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta”. A Caposele, una grande lastra di marmo, incastonata nella roccia, con questa frase, canta, loda l’acqua, ad indicare proprio il punto dove nascono le sorgenti. Mai parole più appropriate l’hanno così ben definita, l’acqua. Così San Francesco ne parla e ne canta le lodi nel Cantico delle creature. E’ il più antico testo della letteratura italiana. Una lode a Dio per le sue creature: il sole, la luna, le stelle, il giorno, il cielo, il vento, l’aria, le nubi, sostentamento per l’uomo, il fuoco, la madre terra con i suoi frutti, fiori e l’erba… Una preghiera e un inno alla vita, ricca di tutto ciò che la circonda, dei doni generosamente dati da madre natura, come l’acqua che senza sosta sgorga dalle sorgenti. Una sorgente è come un miracolo permanente. Sgorga in modo continuo, senza tregua. A volte è più impetuosa perché è proprio tanta l’acqua che sgorga. Prezioso dono di un inverno particolarmente nevoso o piovoso. A volte, come in questi anni, la sua portata diminuisce per effetto anche dei pesanti cambiamenti climatici che l’uomo è stato capace di realizzare. Quasi non nevica e piove poco, piove in modo violento, e l’acqua non riesce a sedimentare, a penetrare nel terreno, nella roccia. Dà fondo alle incredibili risorse di acqua che una montagna riesce ad accumulare nel suo seno e a donare al territorio con una generosità inimmaginabile. Bisogna stare nella Galleria Rosalba, visitarla: raccoglie le acque che spontaneamente escono dalle
E ti ammutolisci. E osservi l’acqua che sai è ormai in viaggio per arrivare a casa di ognuno di noi. Un viaggio che nasce da una coraggiosa scelta che è costata una rinuncia: doveva essere fiume, è divenuto acquedotto. Acqua destinata alla foce nel Mar Tirreno, nei pressi di Paestum, in Campania, acqua provvidenzialmente avviata nella direzione opposta, mandata in Puglia, proprio da noi, divenuta Acquedotto Pugliese. Solo il 10% dell’acqua della sorgente è destinata, come minimo vitale, al mantenimento di quel fiume e del suo territorio. Un dono inestimabile. Una generosità di popolo, di generazioni, di territorio che hanno cambiato il loro assetto urbano, le loro attività produttive, per privilegiare il bisogno primario di un territorio, la Puglia, privata di sorgenti e di acque salutari. Sei come in un tempio, sei nel tempio dell’Acqua. Sei nel tempio del grande dono, come nel seno di una mamma che nelle sue acque, con la sua acqua, protegge, avvolge, trasmette, purifica, dona la vita. Un’emozione da vivere alla Sorgente di Caposele. Vedi, tocchi, bevi l’acqua appena sgorgata. Ti disseti, ti ristori. Capisci, incontri, riscopri, apprezzi quello che oggi diamo come per scontato, il cui valore, invece, è sempre più multo utile et humile et pretiosa et casta. Anche se laici, viene spontaneo il desiderio di ringraziare. Per chi crede, crede e loda: Laudato si mi Signore per sor acqua! Sorella acqua!
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rocce del Monte Paflagone. Sentire il suo impetuoso rumore, osservare la sua piccola, ma efficace, travolgente cascata. Osservare la forza della spinta con cui si incanala verso la Galleria Pavoncelli. Sentirsi avvolto dal fresco costante della temperatura dell’acqua - mediamente 10° come da una carezza che teneramente ti sfiora il volto, le mani. E ascolti stupito quel fragore che non ti stanchi di ascoltare.
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l tramonto è l’ora della poesia alle sorgenti. Il cielo lascia sulla cima dei monti gli ultimi raggi della luce. Gli alberi che stretti, tutti insieme, durante il giorno, non consentono alla luce del sole di passare, ora sembra si acquietino ai piedi del monte. La loro ombra è difesa naturale al tesoro che custodiscono e da cui si nutrono. Il grande spazio che raccoglie le acque e le immette nella galleria nuova, si lascia dominare dal campanile che – come rimesso a nuovo - ha chiamato tutti con il ritorno del suo festoso, ritmato suono a gustare il canto, le preci, l’armonia delle cantiche. Tutto appare come nuovo, come un grande tempio, dono della rigogliosa vegetazione che ricopre la montagna. Siamo ai piedi della Laudato si’, del Cantico di Francesco che, come di giorno con il suo manto custodisce quel mondo di verde, così ora lo avvolge per portarlo a riposare, nelle pieghe delle lunghe ombre notturne che non spaventano, ma conciliano al sonno, al riposo delle fatiche del giorno. I canti, sostenuti da strumenti antichi - arpa medievale, viella, flauto traverso medievale, organistum, suonato a quattro mani, percussioni e tammorre - creano ricche armonie. E’ il dolce fil di voce di Amo la natura in onne tempo che canta “Sorella acqua” e nenie dolcissime, laude accorate che conducono in lunghe traversate di acque, fra distese di onde che vanno anche per mari, pronte a riportarti da chi aspetta il tuo ritorno. Su tutte domina il Cantico delle Creature: la lauda con cui è stata aperta la serata. Parole di San Francesco, musica di Patrizia Bovi, ricostruita da antichi frammenti delle laude francescane. Ma, come ogni onda, magicamente, prima ti immerge nelle sue acque, ti ricopre e ti purifica con acqua sempre nuova. Ti dona amore, festa nuziale, fecondità. L’acqua è emozioni, sogni, inquietudini, movimento, ristoro. Non può star ferma perchè se ristagna muore. In questa notte ormai vicina, non potevano mancare le stelle, in corsa a cercare di brillare come occhi gioiosi che ammirano stupiti ciò che sentono raccontare e cantare nel cuore di questa vallata. Intanto, inizia a dominare, mentre lentamente sale, la luna, crescente. Presto verrà ad impossessarsi della scena che assorbe tutte le voci e dà spazio solo all’armonia delle laudi. Più che le corde della piccola arpa, pizzicate al ritmo di antiche musiche medievali e rinascimentali, vibra il canto di Patrizia Bovi, sostenuta dai bassi toni di Giovannangelo De Gennaro - “L’acqua, in questo posto, ci porta in un’altra dimensione emozionale – ha detto come sorpreso - specie per me che sono pugliese, innamorato e utilizzatore della Ciclovia di AQP della Valle d’Itria”. Il suo canto ha toccato le corde dell’anima dei presenti, assorti in un silenzio assoluto che ha fatto percepire “la voce dell’acqua” che diventa musica e, con il vento, il suo ritmo ora è calmo, ora in tumulto. E’ dall’iconografia degli Angeli musicanti, di Hans Memling che sono state riprese forma e dimensioni dell’arpa suonata dalla Bovi. Anche noi, come il giornalista Pietro Pisarra ci chiediamo: “Qual è la musica del Paradiso? Quali cantici risuonano nelle celesti praterie? Quali concerti? È nota la battuta di Karl Barth: «Quando gli angeli si rivolgono a Dio, cantano Bach; quando si divertono tra loro, suonano Mozart» ”. Noi, quella sera, ci siamo come ritrovati nel giardino delle delizie dei sensi e della spiritualità. Lo scorrere dell’acqua che ci raggiungeva, il silenzio che ci investiva, sono stati lo spazio ideale al canto e alla musica giunti a noi dalla tradizione medievale. “Ave Dei Genitrix, Fontana d’Allegranza!” (Ave, Madre di Dio, Fontana d’Allegria!). “Fonte sei d’acqua surgente, Madre de lo Dio vivente!” “Vergine, fontana d’acqua chiara!” “Ho avuto la fortuna di cantare queste laude in un posto unico, meraviglioso, alle sorgenti del Sele. Un posto rigorosamente interdetto al pubblico”. Ha esordito così al
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LA MAGIA ARTISTICA DELLE LAUDE A CAPOSELE
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Il Cantico per “Sorella Acqua”
nostro incontro Patrizia Bovi, che ci ha detto: “E’ stata un’emozione enorme, perché non conoscevo nulla di questa realtà chiamata Acquedotto Pugliese. Cantare in un luogo così bello, specialmente se vieni a sapere che prima di te non l’ha mai fatto nessuno! Siamo in un “Anfiteatro naturale”, come lo ha definito Ungaretti”. “Il sito infonde un enorme senso di calma dove la natura è lasciata senza la penetrazione dell’uomo. Luogo di grande serenità. Soprattutto di vibrazioni molto forti perché, oltre a sentire il rumore dell’acqua che di per sé dà un senso di grande calma, senti le vibrazioni del sito che deriva dalle 12 sorgenti di acqua. Viene voglia di voler rimanere lì, non vorresti andare altrove. Una grande percezione, molto bella, che mi ha molto colpita”.
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Per me Sorella acqua? - Risponde alla nostra domanda. Sono cresciuta con questo testo così fortemente legato alla natura con cui mi sento connessa e da cui sono attratta. Sto bene quando sono nella natura. L’acqua è l’elemento principale. Noi possiamo sopravvivere solo grazie all’acqua. La vita esiste grazie all’acqua. Sono sempre stata profondamente preoccupata nell’osservare il modo in cui la nostra società ha disprezzato, ha distrutto, ha inquinato la nostra fonte principale di vita. Che dire del sole, del vento, del fuoco? Amo la natura in onne tempo, cioè bello sempre, con e senza il sole. Presente nel nostro quotidiano, l’acqua, quasi non la noti. L’emozione più forte che mi crea l’acqua? Dopo lunga riflessione mi dice: “La più grande emozione è l’immersione nell’acqua. Il grande senso di appartenenza che posso immaginare di avere con questo elemento è quando io entro nell’acqua, del mare, del fiume, della polla che vien fuori. Entrare, essere nell’acqua è l’elemento più grande di comunione che si possa avere con questo elemento della natura. Abbiamo la fortuna che in esso possiamo immergerci. Non ci sono altri elementi che ti danno quella sensazione.” Possiamo chiamarla musica la voce dell’acqua? Certo. L’acqua ha una voce. Lo sanno bene i giapponesi che hanno costruito tutte le loro case, sempre, anche con un piccolo giardino interno dove non manca mai una fonte di acqua. L’acqua che si muove è veramente il suono più rassicurante che si possa avere. E di AQP, del cammino dell’acqua, della nostra azienda cosa ha visto? Ho trovato un rispetto altissimo per l’acqua da parte di questa azienda. L’acqua ha bisogno di non essere disturbata, mi ha detto un dipendente di AQP. Questo luogo è come un santuario. Un luogo sacro, profondamente sacro perché lì nasce la sorgente della vita. Oggi, con questo evento sulla sorgente si è sanata la frattura che si è creata un secolo fa. Un momento molto intelligente fatto dall’Acquedotto Pugliese che ha collegato quel luogo al popolo, un momento di grande emozione vissuto molto intensamente. E’ stata data a molti la possibilità di meravigliarsi, di ascoltare qualcosa che ha una forte valenza simbolica rispetto al luogo. Mi è sembrata un’operazione bellissima. Questa esperienza mi ha cambiata. Mi ha fatto venir voglia di andare a vedere la Ciclovia in Valle d’Itria.
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n vero spettacolo che emoziona, coinvolge, ammutolisce, stupisce. Dalle Sorgenti del Sele parte il lungo viaggio dell’acqua che Acquedotto Pugliese porta a casa di 4 milioni di clienti con un’opera di ingegneria straordinaria, nata nei primi anni del 1900 e che ogni giorno si amplifica e si aggiorna tecnologicamente. I 12 punti di presa, i cunicoli che adducono l’acqua, ai piedi della Montagna Paflagone, confluiscono tutti nella Galleria Camillo Rosalba dove l’acqua viene ripartita verso il Canale Principale e l’antico alveo del fiume.
CON FEDE ALLE SORGENTI DEL SELE
CAPOSELE È FONTE PERMANENTE DI ACQUA BUONA CHE DISSETA DA OLTRE CENTO ANNI LA SITIBONDA PUGLIA
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anti i nomi, i titoli attribuiti a Maria, la mamma di Gesù: la Madonna. A noi sono giunti grazie alla devozione popolare e alla tradizione. A Caposele, tutti si sentono sotto la protezione di Santa Maria della Sanità. E’ necessario andare indietro nel tempo per capire. Questo culto a Maria, qui, nasce nel 1710. Al confine fra Basilicata e Campania, in mezzo ai monti, ai piedi del Monte Paflagone, ci sono da sempre sorgenti d’acqua, limpida, fresca, generosamente copiosa: le Sorgenti del Sele. E’ proprio presso le sorgenti che, da sempre, l’uomo ha fissato la sua dimora. Ieri vi costruiva capanne, oggi cerca disponibilità di acqua per vivere e per lavorare, per creare insediamenti produttivi, villaggi, centri abitati. C’è sempre stata una grande alleanza fra la natura, l’ambiente e la fede di un popolo, di una comunità. Proprio la fede, spesso diveniva il vincolo più prezioso per le tante persone che in esse vivono. Certe immagini sacre, spesso, sono il risultato di un’arte povera, ma anche di tanta capacità e maestria di artisti del popolo. La loro venerazione è sempre stata proporzionalmente corrispondente alla bellezza, al patos che quelle immagini sono in grado di evocare, di sprigionare. Preghiere semplici, dedizione, fiducia e affidamento totale. Pietà popolare semplice, genuina, devozione. Da piccole icone, da piccole nicchie, il passo verso l’edificazione di un tempio cresceva al crescere della riconoscenza per la capacità miracolosa che quella immagine aveva saputo creare, esprimere, donare. Così è cresciuta la fede in tante comunità. Santa Maria della Sanità, a Caposele, vuol dire proprio salute, benessere fisico, guarigioni, per sè e per i propri familiari. Da sempre, l’uomo ha cercato di invocare al suo Dio, per mezzo della Vergine Maria, questo dono prezioso: la La vecchia Chiesa, demolita, per far posto alla Galleria Camillo Rosalba salute. I miracoli, poi, sono sempre stati il richiamo più forte per tanti pellegrini che giungevano, carichi di speranza, ieri come oggi, da ogni parte del territorio. “Andate con fiducia, accorrete là dove sorge limpido e cristallino il Sele; là dove regna Maria della Sanità: i ciechi vedono, gli zoppi camminano e i sordi riacquistano l’udito!”. Ma sono state le grandi malattie, le grandi pestilenze, tutte contagiose, che anticamente decimavano giornalmente interi villaggi, interi paesi, a fare la storia di intere comunità. L’epidemia da Covid-19, credo, ci sta insegnando qualcosa. Spesso si narra di prodigiose guarigioni, di miracolosi interventi divini, di celestiali materne
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La nuova Chiesa della Madonna della Sanità
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Liantonio – Palo del Colle (Bari), 1976, pag. 19). protezioni. I templi innalzati nei pressi delle sorgenti dei fiumi L’antico, drammatico problema del Sud. Si narra che a Caposele, il giorno in cui si celebrava sono stati il simbolo ed il ringraziamento popolare per i primi miracoli: acqua che lava, acqua che la festa della Madonna della Sanità “il fiero morbo, come per incanto, cessò, restituendo alla vita purifica, acqua che fa crescere e sviluppare la vita anche quelli che si trovavano sull’orlo della tomba. dei campi. Nel mondo, la devozione mariana non ha Nel 1839, in molti paesi della valle del Sele, in Valva, Colliano, Contursi e Oliveto Citra il eguali. Certi santuari parlano da soli. Gli ex voto, tantissimi in oro, sono il segno tangibile dell’eterna colera gettava la desolazione e la morte; ma, per intercessione di Maria della Sanità, riconoscenza. Caposele rimase illesa e i popoli della A Caposele peste e colera sono stati debellati dall’intervento della valle selerina ne furono subito e completamente liberati”. Madonna della Sanità. Così cresceva la devozione alla Certamente, non è stata Madonna della Sanità. Continui ininfluente l’acqua delle sorgenti. pellegrinaggi di popolo alla sua “Non è da farsi illusione, tre Chiesetta, posta ai piedi delle sorgenti quarti della popolazione del Sele, la rendevano sempre più di questa città beve acqua piccola. inquinata: è un veleno che Mamma premurosa, Mamma sempre lento serpeggia, ma che finisce pronta a vigilare e ad intercedere per per uccidere”. Così il Sindaco Gian Domenico Petroni Bari 5-7-1838 - Bari 19-06-1908 i suoi figli che riconoscenti decisero di Bari Gian Domenico Petroni Sindaco di Bari dal 1-5-1880 al 10-10-1881 di rispondere a tanto sollecito affetto, si esprime il 25 agosto 1881 a tanta grazia, con la costruzione di una nuova alla presenza di tutti i consigli comunali Chiesetta nei pressi delle sorgenti del Sele. e del consiglio provinciale, dei senatori e Fu stabilito che a S. Maria della Sanità la festa deputati, e delle massime autorità provinciali. annuale, con grande onore, doveva essere (cfr. Vincenzo Caruso, Compendiario sugli celebrata la domenica dopo il 16 agosto, acquedotti pugliesi e lucani – Casa Ed. M.
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La Chiesetta edificata dopo l’epidemia del 1839, edificata con tanta devozione ai bordi delle sorgenti, sembrava che facesse scaturire proprio dalle sue fondamenta le grazie che pellegrini e devoti qui si recavano a chiedere a Maria. La Madre della Sanità è sempre stata invocata come Regina dell’acqua del Sele. Ma, le condizioni non troppo stabili delle mura di quel piccolo luogo di culto, colpito da numerose scosse di terremoto che qui non sono mai mancate, soprattutto la scelta di realizzare, a partire proprio da quelle sorgenti, utilizzando quell’acqua tanto buona, quanto preziosa, una grande condotta, un grande canale che attraversasse monti, valli, boschi, campi, paesi e piccoli
centri abitati per arrivare fin dove la mancanza di acqua era soprattutto mancanza di vita, di civiltà e di giustizia, cioè in Puglia, obbligò ad una scelta: la demolizione della Chiesetta. Giuseppe Pavoncelli “Nel 1906, Cerignola 24-8-1836 - Napoli 2-05-1910 nominato Deputato, Ministro dei Lavori Pubblici. Grande proprietario terriero, Banchiere Presidente Si spese molto per Acquedotto Pugliese l’on. Giuseppe Pavoncelli (D.R. dell’11 marzo),
a Maria Vergine Madre potente regina fonte di salvezza i Caposelesi graziati dal suo potentissimo intervento risparmiati ancora dal colera all'improvviso estinto mentre la virulenza del morbo spopola i dintorni assolti i voti con il denaro raccolto per volontà del popolo ricostruirono in forma più degna e in luogo attiguo la cappella insigne purtroppo rasa al suolo dalla corrente del fiume AN. R. S. 1859
LA PESTE E IL COLERA
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el territorio che circonda Caposele, dopo la “peste nera” del 1348, si documentano gravissime epidemie di peste nel 1656, nel marzo del 1743. Il colera, nel Regno di Napoli, ancora nel 1800, assume forma epidemica in modo ricorrente. Risulta documentato nel 1837, nel 1848, nel 1854, nel 1866, nel 1883. Per fermarci a quell’intervallo temporale. Nel 1859, “per grazia ricevuta”, (come si legge nella lapide affissa in chiesa), sorge la chiesetta, più tardi, demolita, ad inizio lavori per costruire l’Acquedotto Pugliese. Nelle prossimità, ad opera della “Società anonima italiana Ercole Antico e soci”, concessionaria dell’Acquedotto Pugliese e appaltatrice dei lavori, ne viene edificata una più grande, più decorosa, e della prima, a ricordo permane il campanile solitario. La realizzazione dell’Acquedotto Pugliese ha avviato un diverso, benefico utilizzo delle acque del fiume Sele, a vantaggio di tutto il territorio coinvolto. Infatti, nel 1757, una violenta piena del Sele, abbatte addirittura il ponte presso Persano; lavori importanti di manutenzione sono imposti nel 1810, 1811, 1815, 1831, 1838, 1840, 1845 … (Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Archivio di Stato Salerno - Intendenza Strade; Universita’ Degli Studi Di Napoli, Federico II, prof. arch. Stella Casiello, Ponti storici in Campania: dalla conoscenza alla conservazione).
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viene costituito il primo Consiglio di Amministrazione del Consorzio per l’Acquedotto Pugliese, ed alle Sorgenti Madonna della Sanità, di Caposele hanno inizio i lavori con lo scavo della grande galleria dell’Appennino e le opere di captazione nel maggio” (idem, pag. 26). La miracolosa immagine della Madre della Sanità fu portata nella Chiesa Parrochiale. Qui vi rimase per più di due anni: la devozione popolare, il popolo di Caposele non si rassegnava a quell’idea e pretese che la Società Concessionaria designata alla costruzione dell’Acquedotto Pugliese, Ercole Antico & Co. di Genova, riedificasse nei pressi delle sorgenti del Sele, il tempio dedicato proprio a Colei che è sempre stata, e sempre sarà, Madre tenera ed amorosa dei figli del Sele. Oggi, quella Chiesa è lì, ricostruita nella Piazza della Salute, ad accogliere quanti vi si recano in preghiera da Colei che veglia le Sorgenti del Sele, Sorgenti della Salute. Sorgente di vita. Potente Regina, Fonte di Salvezza.
Il concerto delle Laude nell’Anfiteatro naturale dell’Acqua a Caposele
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’è una data che per molti è indimenticabile: 23 novembre 1980, ore 19:34. Molti di noi ricordano. Una sera terribile: fu il giorno del terremoto dell’Irpinia. Colpì la Campania centrale e la Basilicata centro-settentrionale. Fu registrata una lunga scossa di magnitudo 6,9 (X grado della scala Mercalli). Il suo epicentro fu tra i comuni di Teora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania. Causò circa 280.000 sfollati, 8.848 feriti e, secondo le stime più attendibili, 2.914 morti. La terra tremò per quasi 90 interminabili secondi. A Caposele, interamente rasa al suolo, morirono 81 persone. La più anziana era del 1884, 96 anni, il più giovane del 1974, 6 anni. In Puglia il terremoto fu avvertito in maniera forte. Ricordo che i soccorsi furono inviati con immediatezza. Una lunga catena di solidarietà dal territorio. Capimmo e verificavamo in tv quello che era accaduto. A Caposele, con l’intero paese, crollò anche la Chiesa Madre, dedicata al Patrono San Lorenzo Martire. Le ruspe ne completarono l’opera. Rimase ben poco della vecchia costruzione che risaliva al 1853, ricostruita a seguito di altro terremoto. La prima opera, come convento francescano, veniva fatta risalire al Trecento. Oggi, una nuovissima costruzione, realizzata negli stessi spazi, all’interno, si impone con le sue linee architettoniche ispirate ad un brano biblico, Ezechiele 47, 1-23. Racconta di una felice interpretazione del brano del profeta nel quale è narrata la visione dell’acqua che, sgorgando del Tempio di Gerusalemme, fluisce, risana e dona la vita. “… era un fiume che non potevo attraversare, perché le acque erano cresciute, erano acque navigabili, un fiume da non potersi passare a guado. 6 Allora egli mi disse: «Hai visto, figlio dell’uomo?». Poi mi fece ritornare sulla sponda del fiume; 7 voltandomi, vidi che sulla sponda del fiume vi era una grandissima quantità di alberi da una parte e dall’altra. 8 Mi disse: «Queste acque escono di nuovo nella regione orientale, scendono nell’Araba ed entrano nel mare: sboccate in mare, ne
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TEMPIO DELL’ACQUA risanano le acque. 9 Ogni essere vivente che si muove dovunque arriva il fiume, vivrà: il pesce vi sarà abbondantissimo, perché quelle acque dove giungono, risanano e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà. 10 Sulle sue rive vi saranno pescatori: da Engàddi a En-Eglàim vi sarà una distesa di reti. I pesci, secondo le loro specie, saranno abbondanti come i pesci del Mar Mediterraneo… “. Non avviene, forse, a Caposele la stessa cosa? Non sono le acque delle sorgenti del Sele che donano linfa vitale alle terre di Puglia, assetate da sempre? Le acque sono immagine della grazia dello Spirito che, da questa chiesa ricostruita, secondo la felice rielaborazione grafica del progettista Carlo Cuomo e dell’ing. Vittorio Gigliotti, parte dall’altare come fiume d’acqua – leggiamo nella Bibbia - e si spande risanando e facendo rivivere tutto quello che incontra lungo le sue sponde fino al lago Giordano, salatissimo, 600 metri sotto il livello del mare, senza vita, senza pesci, fino al Mar Mediterraneo. Le acque delle sorgenti del Sele sono destinate a dare vita ad una regione assetata, la Puglia, come la grazia dello Spirito che parte dal Tempio e va incontro all’uomo per la sua rinascita spirituale. Una profezia divenuta realtà, in Terra Santa, fino agli estremi confini della terra, e qui, da Caposele, una illuminata intuizione che porta acqua potabile da oltre 100 anni fino all’estremo lembo della Puglia. Entrando nel tempio, chi conosce, chi sa osservare, si sente immerso in questi voluminosi vortici di acqua, da queste colonne di acqua che reggono un soffitto che graficamente rappresenta un mare, un fiume, ricco di onde vorticose, nate ai piedi dell’altare e dirette verso la grande porta dell’ingresso. Tre gli elementi che puoi cogliere, osservare, in un perfetto equilibrio: forma, colore e luce. Nel tempio domina il bianco, il silenzio, il raccoglimento della preghiera, nella Galleria Rosalba,
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invece, la forte spinta dell’acqua che si innesta sia nel Canale Principale in cui si acquieta lungo il percorso che ha da compiere in cinque giorni, sia nell’alveo del fiume, con quella quantità necessaria a mantenere in equilibrio ambientale il corso originale dell’acqua. C’è un’antica antifona processionale in lingua latina, che viene cantata, in melodia gregoriana, nel tempo di Pasqua: Vidi aquam egredientem de templo… Ho visto un’acqua che usciva dal tempio, Dal lato destro, allelúia: E tutti quelli ai quali giunse quest’acqua, Furono salvi, e dicono, allelúia.. Quella chiesa è stata denominata “Chiesa sulla Sorgente”; nella facciata è inserito un pezzo di roccia da cui zampilla una vena d’acqua, figura biblica della pietra da cui sgorga l’acqua per la vita. Con la realizzazione dell’Acquedotto Pugliese, anche per noi fu così. Fummo salvi, da allora! Grazie alle sorgenti di Caposele, che oggi, Lorenzo Melillo, il Sindaco di Caposele, ha voluto chiamare “Il tempio dell’acqua”. La tenacia e l’impegno dell’ormai anziano parroco, mons. Vincenzo Malgieri, hanno consentito, tra mille traversie burocratiche ed economiche, la realizzazione dell’opera, inaugurata il 9 agosto del 2008, a distanza di quasi 28 anni dal terremoto. “Rivedere la Chiesa di San Lorenzo, ricostruita, sia pure ‘dov’era e non com’era’ ci appare oggi un miracolo”, scrive il periodico della Pro Loco, denominato La Sorgente. Il progetto fu premiato a New York nel 1988 alla Mostra Internazionale di Architettura presieduta dal Preside della Facoltà di Architettura della Columbia University e posto in grande rilievo sulla prestigiosa rivista di architettura “Oculus” di New York. Premiato anche a Londra con l’assegnazione del Premio “Gairn” della Comunità Economica Europea (2 marzo 1990).
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ntervista a Mons. Pasquale Cascio – Arcivescovo della Diocesi di Sant’Angelo dei Lombardi (AV).
Sono rimasto ammirato a vedere la nuova Chiesa Madre. Quando è stato progettato quell’edificio non c’ero. Un’idea molto bella. Certo non sono io il più competente da poterla spiegare. Il progettista ha voluto richiamare il mistero dell’acqua. Ho visitato la sorgente di Caposele con i Vescovi della Campania. Fu una visita accurata. Qual è il valore dell’acqua? E’ straordinario. La vita, in qualche modo, coincide con l’acqua. L’acqua è il simbolo della vita. La vita che nasce e che può continuare. Se manca l’acqua finisce anche la vita. Nel Battesimo indica sia il gesto di purificazione che l’acqua porta con sè, ma soprattutto il segno della vita nuova, che risorge. Un doppio significato: purificazione e sorgente di vita nuova. La purificazione, alla sorgente, è un gesto continuo, è una vitalità che trabocca, che non si esaurisce. Come pugliesi dobbiamo tanta gratitudine ad un popolo che è stato generosissimo con noi. Avete consentito di dirottare un fiume per portare acqua a noi. La nostra civiltà possiamo dire che è iniziata 120 anni fa, quando è arrivata l’acqua. Grande la nostra gratitudine a questo territorio. Insistiamo perché verso l’acqua ci sia rispetto assoluto, anche perché comincia a scarseggiare: crescono i bisogni, ma diminuisce la disponibilità. Indispensabile saperla valorizzare. Un dono straordinario. Capisco la vostra gratitudine perché sicuramente è stato un gesto di grande generosità. Però io vedrei anche oltre. Questo Acquedotto, in qualche modo, è il frutto, un segno di un’Italia che si costruiva nella sua unità. Dal punto di vista umano è sì un gesto di condivisione di un bene con i fratelli, dal punto di vista socio-politico è un segno concreto dell’Italia unita. Non si portava acqua ad un paese vicino: si portava l’acqua ad un’altra regione. Veniva fuori da un progetto unitario. I nostri paesi, nella loro semplicità questo lo hanno capito.
IL VALORE DELL’ACQUA E’ rimasto il campanile come testimonianza. Una chiesa senza campanile e un campanile senza chiesa, ma in mezzo c’è l’acqua. Questo è un segno. Quando si parla di antropizzazione del territorio, questi segni emergono. E’ la dimostrazione che l’uomo può dialogare con il territorio, non imporre. Un segno della Chiesa che ha saputo dialogare con il territorio. Ha lasciato un segno della presenza, della storia, capace di farsi da parte per far emergere un tesoro che è stato donato: l’acqua. Quella Chiesa della Sanità che in qualche modo simboleggiava l’effetto dell’acqua che con sè porta salute. Lo dice la Bibbia: dove giunge quest’acqua porta salute. La chiesa rimaneva nascosta. Facendosi da parte come struttura muraria ha fatto emergere quello che per secoli simboleggiava. Non solo fatto simbolico, ma un grande esempio che con il territorio si può dialogare. Non bisogna mettere le mani, bisogna saperle mettere! Lo stesso Acquedotto Pugliese, nella sua maestria architettonica, è comunque un segno di antropizzazione. Ben 387 Km del Canale Principale che da Caposele arriva a Santa Maria di Leuca. Opere delle mani dell’uomo! Realizzate per far viaggiare un bene della Natura. Dimostrazione di capacità di dialogo, anzi di capacità di grande sinergia, unica. L’acqua che cammina nelle opere frutto delle mani dell’uomo. Pensiamo che l’acqua i percorsi se li scopre, se li scava in maniera autonoma. L’uomo ha saputo far fare questo percorso per portare l’acqua per la vita. Si, per la vita, non per la morte. Ritorna il concetto suddetto: l’acqua è vita! La ringrazio, Eccellenza, per quello che mi ha detto e la invito a venire a visitare a Bari il Palazzo dell’Acqua. Il Presidente sarà ben lieto di accoglierla. Poi Bari è la Città di San Nicola, molto venerato nei vostri territori. Grazie per l’invito. Sono figlio di una parrocchia dedicata a San Nicola di Bari. Sono nato sotto lo sguardo di San Nicola. Tornando alla Chiesa Madre, in che anno è stata consacrata? Nel 2008 fu aperta al culto. La Soprintendenza non era molto favorevole a quest’opera completamente nuova. Fu consacrata dal mio predecessore. E’ rimasto solo il vecchio campanile della chiesa caduta. Mons. Vincenzo Malgieri (il parroco, ndr) ha sposato questa vocazione del territorio: si è incarnato nella realtà che vive da tanti anni. Ha capito il proprium del paese, l’acqua. Anche la simbologia interna voluta continua in questa linea: l’acqua, il mare, la barca, un po’ di tutto. L’altare è concavo, come una barca, come chi ha capacità di accogliere. Un anziano sacerdote, un benemerito. Ha lottato con la burocrazia, che non è facile. Ha lottato con la tradizione. Forte e tenace. Ha fatto una scelta molto originale. Grazie per la disponibilità, Eccellenza. L’aspettiamo a Bari.
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Che dire dello spostamento della Chiesa della Sanità?
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ntri nel sito e ti vengono subito incontro: “Ciao Sponzato! Come possiamo aiutarti?” Se si scrive “sponzato”, che è un participio passato, ci sarà anche il verbo “sponzare”, mi sono detto. Guardo nel Vocabolario Treccani: parola inesistente. Evidentemente la conosciamo solo noi. E’ una derivata dialettale. In italiano, la sua traduzione è… inzuppare. Tanti i significati: inzuppare. – Intingere in un liquido in modo da rendere zuppo, da imbevere completamente: i. una spugna nell’acqua; più com.: i. il pane nel brodo, nel latte; i. i biscotti nell’aleatico. Anche, bagnare imbevendo: i. il pandispagna con il liquore; il temporale ci ha inzuppati come spugne; la povera donna non chiudeva occhio in tutta la notte, e inzuppava di lagrime il guanciale (Verga). Locuz. fig., merid., inzupparci il pane, fare qualche cosa con grande entusiasmo e soddisfazione: quando si tratta di sparlare del prossimo, lui c’inzuppa il pane. Part. pass. inzuppato, anche come agg.: avevo gli abiti inzuppati (o, riferito alla persona: ero tutto inzuppato). Siamo a Caposele. La Regione Campania è lo sponsor di Sponz fest 2020. Un evento giunto all’VIII edizione. E’ un vero e proprio festival, ideato e diretto da Vinicio Capossela. Magico il nome scelto per il 2020: Sponz acQuà. C’è tutto in quel acQuà: c’è l’acqua e c’è qui! E quel qui è dovunque! Parte da Calitri, il festival, paese natio di Vinicio Capossela, e si conclude nei comuni limitrofi dell’Alta Irpinia, della Valle del Sele e verso il mare, dalle sorgenti dell’Ofanto fino alla foce del Sele. Sponz acQuà! Se vogliamo tradurlo diremmo “inzuppalo qua, mettilo a bagno qua”. Ovviamente, senza accento sulla a! “In un anno come questo, parlare di acqua non è solo parlare di ecologia, di risorse, di sfruttamento e di rapporto con la natura, è soprattutto parlare di rinascita. Da sempre le ritualità connesse a questo elemento, che è la sostanza stessa della vita, hanno a che fare con la purificazione e la rigenerazione. Lo Sponz Fest 2020 vuole essere un’esperienza anche simbolica: quella di ritrovarsi, con tutto un nuovo bagaglio di senso di responsabilità (verso noi stessi, gli altri, la natura intorno) sulle vie dell’acqua, nei luoghi che ci hanno fatto essere insieme in questi anni. Un modo per tornare a sentire le sirene dello spirito, d’acqua dolce e salata, dopo quelle delle ambulanze”. Così Vinicio Capossela parla, con efficacia e con capacità di
SPONZ FEST 2020
IL RICHIAMO DELL’ACQUA PER RINASCERE contestualizzazione, della sua creatura. Come non condividerlo? Stiamo per avviarci ad una ripresa post confinamento, post feriale, per chi ha potuto, irta di difficoltà. A Caposele l’intera mattinata è stata dedicata alle visite guidate alle sorgenti, proprio sul punto in cui l’acqua dalla montagna confluisce nella Galleria Camillo Rosalba. Guide della Pro Loco hanno illustrato il sito e raccontato la storia e le caratteristiche di Acquedotto Pugliese ai tanti visitatori. Nel pomeriggio abbiamo assistito, nel Parco Fluviale dove in tanti hanno potuto immergersi nelle fresche acque del Sele, ad un percorso artistico fatto di musica e declamazioni. Ci ha colpito la forza espressiva del Gruppo i “Cupa cupa da Tricarico” (ne parliamo in altra parte) venuti alla sorgente anche come segno di gratitudine per l’acqua che li raggiunge fino a Santa Maria di Leuca (LE). La lettura, fra gli altri, di alcuni brani degli articoli scritti da Giuseppe Ungaretti “Il deserto e dopo. Alle fonti dell’acquedotto” hanno dato la dimensione del valore, del cammino e della forza con cui oltre cento anni fa si riuscì a dare vita all’Acquedotto Pugliese. Verso sera, mentre il sole era completamente calato oltre le montagne, la poesia ha completamente inondato l’ampio anfiteatro naturale di verde che accoglie il sito su cui le acque delle sorgenti si riunivano per immettersi per le vie d’acqua del centro abitato di Caposele, interamente ricostruito perché demolito dal terribile terremoto del 23 novembre del 1980, noto come il Terremoto
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FOLKLORE CON FURORE DA CAPOSELE AL CAPO DI LEUCA
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dell’Irpinia. Sorgenti del Sele Patrizia Bovi e Giovannangelo De Gennaro, i cantori delle laude “Sorella acqua”, sono stati circondati dal calore e dall’entusiasmo di un grande pubblico, attentissimo e ben distanziato, molti seduti, altri, come Vinicio Capossela, sdraiati sul prato che segna il Diaframma alle sorgenti di Caposele. Tutti come rapiti dal canto delle laudi. E’ stato in Piazza Sanità l’epilogo della festa. Sul grande palco montato accanto alla Chiesa della Madonna della Sanità, quella ricostruita per far posto alla Galleria Camillo Rosalba, per raccogliere e convogliare le acque delle sorgenti. È stato un crescendo di emozioni coinvolgenti, travolti dal ritmo dei canti provenienti da diverse sorgenti del folk. Si è parlato di Ciclovia Acquedotto Pugliese e di acqua bene comune. Bello il gesto dei Cantori del Capo, quelli venuti da Santa Maria di Leuca. Folklore con furore da Caposele al Capo di Leuca. Ci ha pensato in modo imprevisto e travolgente proprio Vinicio Capossela a chiudere in notte fonda l’intensa giornata con le sue forti, ritmate canzoni folk che hanno fatto ballare e cantare pizziche e tarante popolari, avvolte dal travolgente spettacolo dei “Cupa cupa di Tricarico”, ai tanti presenti in tutta la piazza. Possiamo proprio dirlo. In una intensa, straordinaria giornata, una festa: ci siamo “sponzati”, inzuppati di fresca acqua, di dolce musica, di travolgenti tarante e pizziche, di sudore e, in allegria, di tanta contagiosa serenità e relax. Ci ha pensato la luna, ormai alta nel cielo, a mandarci tutti a letto.
a volte con la saliva o strofinarsi la mano con la pece. “La cùbba cùbbe”. Era lo strumento tipico dei canti di questua natalizia “là strìne”, del carnevale “ù carnevàle”, o del maggio “ù màsce”. Era suonato spesso in concerto con altri strumenti quali il tamburo battente “là tammòrre”, l’organetto “là rionètte”, e la chitarra battente “là catàrre”. Non veniva mai suonato nei pressi di una casa dove c’era un lutto. Fin qui Oronzo Dalfino, vero cultore di tradizioni e canti popolari. Non c’erano negozi di strumenti musicali in tutti i paesi dell’entroterra lucano, pugliese, calabrese, abruzzese e molisano. Ma nella semplicità e nella povertà della civiltà contadina, c’era il gusto della festa, il bisogno di far festa, in ricorrenze comandate, familiari, legate soprattutto all’uccisione del maiale. Organetti e piccole fisarmoniche per fare armonia, flauti di canna e questi vasi di creta, grandi e piccoli, a dare ritmo, forza, sostegno al canto e al ballo. Fino ad arrivare ai tarantolati. Si portavano serenate, per tante ragioni, dietro le case di amici, di future spose, di donne da amare, ma anche per ragioni più… vitali:
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’ uno strumento musicale tradizionale tipico. E’ ottenuto da un recipiente di terracotta nel quale veniva posta un po’ d’acqua, di misure diverse (a seconda del suono che si voleva ottenere), ricoperto dalla vescica animale (maiale, bovino), o di pelle, al centro del quale è conficcata un’asta costituita da un pezzo di canna. Impugnando saldamente la canna e strofinando in modo ritmato, con un movimento a saliscendi della mano preventivamente bagnata o con una pezzuola imbevuta d’acqua, lo strumento emana un suono cupo. Ogni tanto, durante l’esecuzione, vi sono delle pause dovute al fatto che il suonatore che impugna la cannuccia deve bagnare la mano,
“Sìme sapùte cà sìte accìse ù puòrche / càra patròne de càse na scì fascènne ù musse tuòrte. / e chèssa cùbba cùbbe vène dà Pestìzze / càra patròne dè càse pìgghie nù pìcche dè salzìzze / chèssa cùbba cùbbe stè màle mbaràte / càra patròne dè càse pìgghie nù pìcche dè sebbressàte /
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CÙBBA CÙBBE:
iè stòche a cànte nànte à stù pertòne / càra patròne dè càse vè à pìgghie nù bettegliòne. / Cà iè fàtte nòtte e nù tenìme dà cammenà. / Cùbba cubbìne còme tè vògghie amà. Abbiamo saputo che hai ammazzato il maiale / cara padrona di casa non fare il muso storto. / E questa cùbba cùbbe viene da Pisticci/ cara padrona di casa prendi un po’ di salciccia./ Questa cùbba cùbbe è male imparata/ cara padrona di casa prendi un po’ di soppressata./ Io sto cantando davanti a questo portone/ Cara padrona di casa va a prendere un bottiglione (di vino)/ Si è fatto notte e noi dobbiamo camminare/ Cùbba cubbìne, come ti voglio amare!/
Stralcio da un piccolo canto popolare offertosi da Oronzo Dalfino. Ma la vera forza della musica, del canto è proprio nel suono cupo che le vibrazioni, l’abilità dei suonatori, con mano bagnata continuamente all’acqua, con la pelle di copertura del recipiente, piccolo o grande, prescelto, sempre “nutrito” con acqua, erano in grado di creare e di modulare. “Soffregando con la mano destra, in su e in giù, il bastone, si ottiene un suono basso, tremolante, oscuro, come un monotono brontolio” (Carlo Levi). All’aperto il suono si dilata e si disperde. In ambienti chiusi il suono cupo ti avvolge e ti ricopre, ti assorbe totalmente. Acqua, acqua per il suo suono, acqua con la sua docile flessibilità, acqua con il suo uso eterogeneo, diversificato, veniva creato per dare ritmo, forza e bellezza al canto. Capace di mandare in trance chi lo ascoltava o prendeva parte alla festa.
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MUSICA DALL’ACQUA, MUSICA CON L’ACQUA
LA NATURA RISUONA FUORI E DENTRO DI NOI DOTT.SSA MARIELLA PROCACCIO EDUCATRICE FILOSOFICA, ANTROPOLOGA
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i siamo incuriositi e abbiamo approfondito il significato e il valore del Cupa Cupa. Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Mariella Procaccio, educatrice filosofica e antropologa.
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Partiamo dalla figura del suonatore. C’è una relazione simbiotica tra suonatore e strumento: il suonatore crea lui stesso lo strumento (con elementi di cui dispone, in modo spontaneo e occasionale) al punto che, nel corso della “serenata” e comunque dell’esibizione, si stabilisce una sorta di identità tra lo strumento e il suo suonatore, tanto da chiamarlo “Cupiello”. “Sona Cupiello, scinni patrona, scinni lu salzizzo, u cielo è nuvolo e chiova a stizza a stizza”. Così ci si rivolgeva alla padrona della casa cui si “era portata la serenata”, alla donna che gestiva le masserizie, secondo un costume matriarcale diffuso in Lucania. Le esibizioni erano improvvisate come lo era lo strumento, il cupa cupa non era come altri strumenti da tenere appeso al chiodo. Il cupa cupa si costruiva per l’occasione e in un certo senso era tanto più grande e chiassoso o melodico a seconda della condizione, dello stato d’animo del suo costruttore, suo suonatore. Uno strumento, ma nello stesso tempo un simbolo, Poi, quando la festa era finita, anche il cupa cupa era finito. E del suono del CUPA CUPA come valutarlo? Che significato ha? A livello del sound, il CUPA CUPA conferisce un tono tribale alle percussioni e sostiene le esecuzioni a livello ritmico. Il CUPA CUPA produce sempre e comunque lo stesso suono, quello del nome, una sorta di loop, un suono cupo, ancestrale, profondo. Da cui la particolare importanza dell’abilità del suonatore, che da quell’unica nota doveva creare variazioni. Il suono del CUPA CUPA può essere letto come l’elemento dionisiaco, caotico, irrazionale,
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primordiale, che possiede l’uomo, lo padroneggia, prima ancora che questi possa comporre un’ordinata armonia. Può essere quale rivelazione di una temporalità circolare e continua, in cui non c’è ancora una separazione tra un passato, un presente ed un futuro, esito di una mentalità e di una visione in cui l’uomo, la natura, il tempo hanno perduto la connotazione magico-partecipativa per assumere quella razionale-indagativa. Quel suono, come il battito cardiaco, come il respiro è flusso vitale, ripetitivo e continuo che l’essere umano avverte con il ventre, prima ancora di pensarlo con la mente. Una riflessione sull’elemento dell’acqua. Che ruolo svolge? L’acqua è elemento fondamentale e necessario nella costituzione del cupa cupa: per le variazioni di suono dovute alla quantità di liquido nel recipiente che determina il riecheggio e per alleviare l’attrito tra la mano del suonatore e la canna. L’acqua è elemento quasi sempre presente nei riti di purificazione e di rinascita. Rimanda ad una simbologia vasta, sia quando ci riferiamo alla Natura “fuori di noi”, potenza creatrice e multiforme che facendosi pioggia, fiume, lago, mare oppure oceano porta vita ovunque. Sia quando ci riferiamo alla Natura “dentro di noi”, a tutti gli elementi liquidi di cui siamo fatti, o alla sete, nostro bisogno primario, e anche al grembo acquatico che ha contenuto ognuno di noi e che può contenere, memoria ancestrale e promessa di vita. L’acqua è pure metafora della natura umana: quando somiglia ad un paesaggio lacustre, calmo e profondo; quando è un fiume impetuoso disposto a mutare sempre e sempre a farsi mutare; quando il suo mare dentro gli si figura come un orizzonte lontano eppure visibile, una linea che richiama a navigare in acque sempre imprevedibili ma garanti di conoscenza.
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LA NOTTE DEI TARANTOLATI
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l Concertone La notte della Taranta a Melpignano (LE) è stato solo visto in televisione, non partecipato dalle migliaia di appassionati, presi dell’ormai famoso morso che colpisce sia nei campi di grano mietuto sia nelle piantagioni di tabacco salentino, coinvolgendo intere comunità. Un travolgente rito antico al ritmo di tarantella e pizziche. Tutti coinvolti. Tutti pronti a sostenere, ad aiutare nel ballo e con il ballo la liberazione dal corpo della bella ballerina dal velenoso morso. Tutto in un viaggio emozionale al ritmo crescente e travolgente di tammorre e antiche piccole fisarmoniche. Di fatto è il racconto della condizione della donna che nella nostra realtà, ma anche in tanta parte del mondo, era segnata da sfruttamento e sottomissione. Una lotta di liberazione che ancora continuare in tante parti del pianeta. Quest’anno il vero morso lo ha tirato al Paese intero, al mondo intero un invisibile, ma terribile virus. Il Covid-19. Silenzioso, invisibile, subdolo, ha colpito, ha seminato sofferenze, dolore e morti, ci ha paralizzato per mesi e ora tenta di continua a rialzare la testa. Ci ha costretto e ancora ci costringe ad isolarci, a chiuderci, a distanziarci. La “festa” si è spostata dalla piazza storica della bella Melpignano nelle piazze della Puglia. L’abbiamo potuto seguire in TV. Anche quest’anno ci siamo fatti “possedere”, sostenuti dai canti popolari che la tradizione popolare gelosamente conserva e ci tramanda, coinvolgendoci, travolgendoci negli ancestrali rituali scanditi dagli incontri e dai ritmi che i tamburrelli creano fino alla fine, per essere sedati, spenti nelle preziose tinozze d’acqua che, con fare purificatorio, libera e ridona serenità. Acquedotto Pugliese ha mantenuto viva la sua partecipazione alla valorizzazione delle tradizioni popolari di Puglia.
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CURIOSITA’ E IRONIA A SERVIZIO DELL’ARTE
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a scomparsa di Philippe Daverio ci rattrista profondamente. Abbiamo ancora vivo il ricordo della sua formidabile lezione offerta presso il nostro palazzo, lo scorso dicembre, in occasione della presentazione del progetto editoriale “Acqua, madre della vita”, realizzato nell’ambito delle iniziative per il centenario dell’acqua pubblica. Ci consegnò, quella sera, un meraviglioso affresco del nostro storico palazzo, la cattedrale laica dell’acqua, che simboleggia con plastica efficacia l’eccezionale impresa della conquista dell’acqua per la nostra regione e per tutta la popolazione”. Così, il Presidente di Acquedotto Pugliese, Simeone di Cagno Abbrescia, in un suo messaggio, ha voluto ricordare questo straordinario personaggio della cultura, appena appresa la notizia della sua scomparsa dopo una lunga battaglia con un male incurabile. Rivederlo nelle immagini di quella serata, in visita per il Palazzo dell’Acqua, con la curiosità arguta e sorniona di chi non smette di stupirsi, offrire e bere, come da padrone di casa, una bottiglia di acqua di rubinetto, la nostra acqua, l’acqua di Acquedotto Pugliese, sono immagini che restano scolpite nello sguardo di chi lo ha visto e ascoltato in una sua appassionata conversazione (non diremo mai lezione: lui era un anticonformista puro!) che ci coinvolse tutti. Philippe Daverio, critico e storico dell’arte, ha dato voce alla splendida raccolta di documenti e foto inedite presentata in tre volumi sul Palazzo dell’Acqua di via Cognetti a Bari, sede storica di Acquedotto Pugliese. E’ stato un impegno editoriale realizzato d’intesa con la Presidenza del Consiglio Regionale della Puglia, in occasione delle celebrazioni del Centenario della trasformazione del Consorzio in Ente Autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell’Acquedotto Pugliese (EAAP), con nuove e più ampie competenze. Fu la nascita, il 19 ottobre 1919, dell’acqua pubblica. A presentare la serata Monica Setta, conduttrice Rai della trasmissione Uno mattina in famiglia. Tanti gli intervenuti. Salone super affollato. “Un personaggio straordinario nel mondo della storia dell’arte. Uno dei più grandi italiani di tutti i tempi”, disse. Uno share altissimo. Gente rimasta all’esterno senza la possibilità di poter entrare. Il pezzo forte della serata, l’attesa fu per l’ascolto
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dell’intervento del saggista, dello storico dell’arte, dello scrittore, del politico, uomo di TV. “Quando parla Phippe Daverio, dice sempre cose molto importanti e inedite. Questo è un centenario strategico. Possiamo affermare che AQP è volano del tessuto connettivo del territorio e player dell’economia nazionale. Questa sera raccontiamo una storia bellissima “Acqua madre”, in tre volumi. Mi sono innamorata di questo palazzo nato nel 1931, quando intorno non c’era nulla. E’ la storia di noi pugliesi. Alle spalle di questa storia c’è la poetica di Giuseppe Ungaretti. Un lungo reportage. “Io corro dietro l’acqua”, scrisse.” Così Monica Setta. Philippe Daverio è stato un geniale testimone della bellezza. Con la sua straordinaria competenza, non disgiunta da una non comune capacità di parlare da esperto d’arte anche al pubblico dei non addetti ai lavori, ci consegnò, quella sera, un meraviglioso affresco del nostro storico palazzo, la cattedrale laica dell’acqua, che simboleggia con plastica efficacia l’eccezionale impresa della conquista dell’acqua per la nostra regione e per tutta la popolazione. “L’acqua ha trasformato il Meridione”, disse, riconoscendo il grande impegno di Acquedotto Pugliese. Durante il suo intervento fu preso da un lieve attacco di tosse. Si servì l’acqua dalla bottiglia sul tavolinetto. Ne bevve di gusto e disse: “Non è male da bere. Onestamente, non è male da bere. Non è pesante!” Ci riferì un aneddoto della sua infanzia. Con grande ironia. Quando da piccolo nel collegio in cui studiava doveva lavarsi ad una temperatura di meno 18 gradi, esclamava “Vidi aquam!” (Vidi l’acqua …): il rubinetto era congelato! (Vidi aquam è un’antifona processionale gregoriana in lingua latina della liturgia cattolica. È letta o cantata come rito di ingresso durante il tempo di Pasqua per accompagnare l’aspersione dell’acqua benedetta precedentemente). Con la morte di Philippe Daverio, il Paese perde la figura di un grande intellettuale, che ha saputo dare lustro al mondo della cultura. Solo la cultura potrà salvare il mondo, è il suo lascito più prezioso. Un insegnamento stimolante per tutti, che sentiamo di condividere pienamente.
Parole come g cce
QUESTA È L’ACQUA
David Foster Wallace Autore: David Foster Wallace Editore: Einaudi Pagine: 162 Euro: 12,00 David Foster Wallace nasce il 21 febbraio del 1962 a Ithaca, una città situata a 400 chilometri da New York, figlio di Sally Jean Foster e di James Donald Wallace: la madre è professoressa di inglese al Parkland College di Champaign, mentre il padre è professore all’University of Illinois di UrbanaChampaign. Cresciuto nell’Illinois, a Champaign, fino a nove anni, si trasferisce in seguito a Urbania, e qui viene iscritto alla Yankee Ridge School. Più tardi frequenta la stessa università in cui aveva studiato il padre, l’Amherst College, e si laurea in letteratura inglese e in filosofia nel 1985, con una specializzazione in logica modale e matematica.
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elle pagine di questo libro è racchiuso tutto il percorso di uno scrittore immenso e di un uomo immensamente fragile. C’è il suo rapporto con la depressione che l’ha accompagnato per tutta la vita nel commovente e doloroso Il pianeta Trillafon in relazione alla Cosa Brutta. C’è l’amore goffo,
tenero e crudele. C’è l’adolescenza, la stagione in cui restiamo in bilico sulla nostra identità, alla ricerca di ciò che saremo e in balia di sentimenti mai più tanto forti. E poi c’è la consapevolezza, la ricerca di un faticoso equilibrio nelle trincee della vita adulta: il discorso fatto agli studenti del Kenyon College, un testamento artistico e spirituale.
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La Voce dell’Acqua Direttore Responsabile - Vito Palumbo
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