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L'angolo

del Diritto

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Capitolo 2: la responsabilità penale dei capi.

Ciao a tutti! Eccoci al secondo capitolo di questa rubrica sulla responsabilità giuridica di noi capi scout. Oggi ci occuperemo della responsabilità penale. Innanzitutto, giova ricordare che la responsabilità penale è personale, così come enunciato dalla nostra Costituzione. Questo significa che possiamo essere chiamati a rispondere penalmente solo per condotte attive od omissive che noi stessi abbiamo tenuto. Se ricordate lo scorso numero di SIL, per la responsabilità civile non valeva questo principio. Infatti, si diceva che si sarebbe risposto dell’eventuale danno anche quando questo fosse stato cagionato dal nostro educando (e da qui l’importanza dell’assicurazione!). Un’ulteriore precisazione dovuta è che nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato da una legge scritta. Questo significa che non possiamo essere puniti per condotte che non sono state tassativamente indicate in una norma vigente nell’ordinamento. Noi tutti possiamo esprimere una condotta con dolo o con colpa. Dolo significa che l’evento illecito realizzatosi è dal soggetto preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione. Al contrario, l’agire colposo presuppone che l’evento illecito realizzatosi non sia voluto dal soggetto ma si generi a causa della sua negligenza, imprudenza, imperizia o per sua inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline. Per fare un esempio, il capo reparto che, accidentalmente, nello spostare un palo di legno per le costruzioni, colpisce il novizio che gli sta tra i piedi, potrebbe essere chiamato a rispondere di lesioni colpose perché, a causa di una sua imprudenza, ha ferito il ragazzino; invece, se il capo reparto, colto da un momento di rabbia assurda, colpisse volontariamente il novizietto, risponderebbe di lesioni dolose, con aggravio di pena di non poco conto. Nella convinzione che nessuno di noi farebbe del male volontariamente ai ragazzi che il Signore gli ha affidato, ci concentreremo in particolare sui reati colposi. Anche per questi, la nostra condotta penalmente rilevante può essere di due tipi: attiva od omissiva. La prima non pone particolari problemi di comprensione: ogni nostra azione diretta ha un risvolto su ciò che ci circonda e questo può portarci a risponderne penalmente. Ciò che muta è l’elemento soggettivo del nostro agire che può essere, come descritto, doloso o colposo. Gli esempi fatti prima rientrano in questa categoria. Pongono maggiori problemi le condotte omissive, soprattutto per le attività che, come le nostre, presuppongono situazioni che

possono moltiplicare i pericoli. Su questa categoria è necessaria una premessa. Nell’ordinamento penale italiano esistono due sottotipi di omissioni: quella propria, per la quale la fattispecie illecita è descritta propriamente ed unicamente come omissione (dolosa o colposa); quella impropria (dolosa o colposa), per la quale non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo. Nel primo sottotipo rientra l’omissione di soccorso del capo unità che non si è curato della bruciatura grave che si è inferto un educando. Tuttavia, è l’omissione impropria che deve interessare maggiormente noi capi scout responsabili. Infatti, il principio per il quale non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo, significa che, nel caso in cui si verificasse un evento rilevante sotto il profilo penale, e noi capi fossimo stati chiamati dalla legge ad evitare che si realizzasse, ne dovremmo rispondere come se lo avessimo causato noi stessi. Facciamo subito degli esempi chiarificatori: potrebbero essere chiamati a rispondere per lesioni colpose i capi reparto che hanno fatto montare la tenda ad una squadriglia vicino ad un albero pericolante, il quale, poi, cade lì vicino ferendo i ragazzi. La ragione è chiara: i capi hanno il dovere giuridico dell’incolumità degli educandi (anche maggiorenni!) a loro affidati. Pertanto, hanno sicuramente violato le regole di prudenza, perizia o diligenza che impone di non montare una tenda sotto ad un albero pericolante. Ugualmente nel caso in cui si fosse fatto costruire una sopraelevata con dei tronchi non idonei all’uso: ai capi sarebbe addebitabile una condotta che non tutela l’incolumità dei ragazzi. Chiaramente, questo non vuole dire che tutte le situazioni, gravi o meno che siano, presuppongano una nostra responsabilità: se, per esempio, a causa di un fortissimo ed improvviso temporale, una frana sotterrasse la casa con tutti i lupetti dentro, difficilmente potremmo essere chiamati a rispondere di qualcosa, in virtù della straordinarietà ed imprevedibilità dell’evento. Non così se avessimo deciso di fare un’uscita di clan in piena allerta rossa. In sintesi, come per quanto si diceva della responsabilità civile, la preparazione e l’attenzione dedicate alle attività risultano fondamentali per evitare qualsiasi rimprovero da parte delle autorità e, quindi, di eventuali ripercussioni penali. Pertanto, ancora una volta, soprattutto per quanto riguarda i casi in cui agli educandi è lasciata molta autonomia, le attività devono essere ben preparate e realizzate in tutta sicurezza, soprattutto per mezzo di una attenta analisi dell’ambiente circostante e delle capacità non solo nostre ma dell’intera staff e dei ragazzi che ci sono stati affidati.

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