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pag Parlare con i ragazzi

A cura di Lorenzo Capelli, formatore R/S Fare Scautismo

Parlare con

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i ragazzi

L'importanza di una chiacchierata e le sue caratteristiche

Il colloquio, vorrei subito sgomberare il campo da qualsiasi equivoco, non è uno strumento del metodo, tuttavia è necessario, utile, talvolta indispensabile creare delle occasioni in cui capo e ragazzo si confrontano, instaurano o proseguono un dialogo, approfondiscono la rispettiva conoscenza in un’ottica di maggior alleanza e complicità, fiducia, rispetto e relazione affettiva. Potrà sembrare strano, ma in questi momenti, occasionali o occasionati, entrambi importanti, la parola ha un’importanza relativa; infatti, sappiamo che gran parte della comunicazione avviene per processi non verbali. Quindi diventano più importanti alcuni aspetti non verbali o paraverbali quali la postura, il luogo scelto, i tempi, gli sguardi, i sorrisi e la mimica, la gestualità, gli oggetti, il contatto fisico, il tono, le pause e i silenzi e mille altre cose che rendono la comunicazione più o meno efficace. Tutto nel colloquio deve tendere a creare una vicinanza, una confidenza, un’empatia che diventa funzionale alla relazione, dove tu ed io possiamo essere chiari, espliciti nel traguardare quali sono i miei e i tuoi obiettivi, per il tuo bene, perché voglio il tuo bene, perché ti voglio bene!

Il colloquio, dicevamo, può essere e deve essere di due tipi, occasionale e occasionato, entrambi sono importanti, complementari, ma hanno significati diversi, modalità diverse con scopo finale simile se non identico. Il colloquio o la chiacchierata servono per stabilire una relazione più informale in cui mi presento, ascolto, stimolo con domande e stabilisco un contatto che dimostra il mio interesse per quella persona e il piacere di ricevere delle informazioni che, partendo da cose molto semplici e quotidiane, con il tempo e la confidenza, possono giungere a cose molto più personali, profonde, importanti per la sua crescita.

Acquisire consapevolezza di sé è infatti il primo passo per autodeterminare un processo di progressione personale. I primi contatti potranno non portare a nulla apparentemente; si può partire da tutto, parlare per esempio di sport, di cibo e via via si aumenta il livello, parlando di gusti musicali, di film, di amicizie, di scuola, degli affetti, fino ad arrivare a parlare di Dio, del loro modo di pregare e di come i ragazzi sognano la loro vita! Ogni momento è buono, ogni occasione propizia, noi dobbiamo avere solo una rispettosa curiosità. Esiste un luogo che facilita le occasioni di incontro, è la Strada che ci aiuta molto: la fatica abbassa le barriere, si crea un clima diverso, si è compagni e si ha già un obbiettivo sottinteso ossia arrivare. Spesso il solo chiacchierare fa fare chilometri senza accorgersene, sentendo meno la fatica! È poi importante cogliere le occasioni, cercare noi un contatto o accettare che siano i ragazzi a volerci cercare, dobbiamo essere bravi a cogliere dei piccoli segnali impercettibili che ci aprono uno spiraglio che può diventare un portone. Spesso sono i ragazzi, più ancora le ragazze, che, più o meno consapevolmente, cercano occasioni di incontro con un adulto o se preferite un fratello maggiore, credibile, attento, capace di ascoltare senza giudizio le loro piccole grandi frustrazioni, insicurezze, slanci, entusiasmi e difficoltà nel capire il mondo complesso che li circonda. Spesso i nostri ragazzi hanno solo bisogno di orientare i loro sforzi, di incanalare la loro affettività, di trovare un posto, un luogo, una persona che accolga le loro cose e che li aiuti un poco a rielaborarle. Le regole sono poche: ascolto attivo, domande stimolanti, chiedere esempi concreti, il non avere risposte preconfezionate, il perdere tempo per riflettere, il non avere l’ansia di risultare graditi ( no capo piacione/amicone), l’accettare che alcune situazioni non siano di facile soluzione (un lutto, una separazione dei genitori…) e accettare che spesso i ragazzi siano diffidenti, non abituati a confrontarsi con un adulto o che non abbiano quasi mai esperito una relazione amicale con un intenzionalità educativa più o meno esplicita. A volte una profonda delusione e sfiducia verso il mondo degli adulti è dovuta a vissuti di abbandono, incapacità di dialogo, relazioni ambigue o svalutanti, che fanno ergere una barriera emotiva difficile da superare. Dobbiamo mettere in conto tempi lunghi, rifiuti, zone tabù, repentini cambi di atteggiamento, lunghi silenzi. Esiste poi un altro colloquio, quello occasionato, più ufficiale, più solenne, con un setting più preciso a cui diamo una chiara connotazione di un momento di progressione personale in cui si fa il punto, si danno degli obiettivi, si sottolineano momenti di crescita più che i passi indietro, si dà una lettura del percorso e si traguardano orizzonti nuovi insieme; si fa verifica di quanto il ragazzo è coinvolto, si sente protagonista, ha consapevolezza di poter determinare il suo cammino. Questi momenti devono essere insieme intensi e amicali, percepiti come occasioni importanti. Alcune cose danno più significato e rendono più esplicita l’unicità del momento: l’uso dell’uniforme, il luogo, la tranquillità, l’essere appartati; sono tutte cose che danno risalto al momento. In un colloquio occasionato deve essere chiara la differenza di ruoli: io sono l’educatore e tu l’educando! Queste occasioni hanno un senso se tu ed io non ci accontentiamo e cresciamo insieme in una relazione feconda. L’incontro deve essere preparato, vissuto a ridosso di momenti forti della comunità, non utilizzato troppo frequentemente, l’ottimo è che venga annunciato con anticipo, per arrivarci pronti, dare il tempo di pensarci, dargli la “dignità” di un vero e proprio appuntamento tra due persone che stabiliscono un patto, un’alleanza o, se preferite, una promessa.

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