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Genetica utile ai vigneti ma serve più conoscenza

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CERCO VARIE

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GIORGIO GAMBINO, MEMBRO DEL CNR, APPROFONDISCE

IL CONTRIBUTO CRUCIALE DELLA SCIENZA PER IL SETTORE

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Da sempre terreno di dibattito, la genetica può rappresentare una straordinaria opportunità per il mondo agricolo e per quello della viticoltura. A tale riguardo, per capirne di più, abbiamo rivolto alcune domande a Giorgio Gambino (membro del Consiglio Nazionale delle Ricerche).

Come può l’innovazione genetica migliorare la viticoltura piemontese?

“Nelle piante agrarie la lotta contro gli stress ambientali e i patogeni avviene integrando diverse metodologie. La vite è una delle poche colture in cui il miglioramento genetico non è mai stato sfruttato appieno, soprattutto per motivi socio-culturali. Il gusto dei consumatori è, infatti, legato alle cultivar tradizionali, che spesso risultano sensibili a diverse avversità. Negli ultimi anni alcune patologie (come Flavescenza dorata e Mal dell’esca) stanno colpendo pesantemente la viticoltura piemontese, e cercare di contrastarle senza utilizzare tutte le armi disponibili, incluso il miglioramento genetico, sarebbe oggi una lotta senza speranza”. Precisamente, sotto quali aspetti si può incidere?

“L’innovazione genetica può contribuire a migliorare la resistenza o la tolleranza alle principali fitopatie della vite. Si potrebbe, per esempio, ridurre il numero dei trattamenti con agrofarmaci in vigneto, si pensi all’elevato numero di prodotti chimici che annualmente viene utilizzato per contenere la peronospora e l’oidio. Ne deriverebbe sia un vantaggio economico per i viticoltori, sia un vantaggio ambientale, riducendo i residui di questi prodotti nel terreno e sull’uva, e tutelando così la salute degli operatori, della popolazione che vive in zone ad alta concentrazione viticola e in ultimo quella del consumatore. Allo stesso modo, l’innovazione genetica potrebbe indurre una maggiore tolleranza agli stress ambientali, in particolare ad eventi di stress idrico”.

Quali sono le più recenti innovazioni?

“Il miglioramento genetico passa tradizionalmente dall’incrocio per trasferire i caratteri di resistenza da una varietà resistente ad una sensibile. Anche se nella viticoltura piemontese solo ora si sta aprendo il dibattito sugli ibridi resistenti, se e come utilizzarli, in realtà programmi di incrocio per trasferire i caratteri di resistenza a peronospora e oidio nelle varietà tradizionali sono attivi da anni e non rappresentano una novità. I problemi del miglioramento genetico tradizionale possono essere superati da recenti innovazioni, come per esempio la cisgenesi, il gene editing e la mutagenesi. Mediante la cisgenesi si può traferire un gene di resistenza in una variabilità sensibile senza trasferire dei caratteri indesiderati, come avviene invece con l’incrocio tradizionale. Il gene editing è una metodologia rivoluzionaria, che consente di indurre delle mutazioni in punti precisi del genoma. Infine, la mutagenesi mediante embriogenesi somatica permette di migliorare la resilienza della vite a molteplici stress ambientali”.

Da questo punto di vista come può migliorare e cosa deve fare l’Europa?

“Il ritardo dell’Europa è sul piano normativo, non tanto su quello scientifico, in quanto nel settore della ricerca viticola, e scientifica in generale, rappresentiamo ancora un’eccellenza. Questa eccellenza però deve poter essere sfruttata anche da un punto di vista applicativo. Si pensi che le innovazioni citate prima (cisgenesi e gene editing) in Europa ricadono ancora sotto la normativa degli OGM, vecchia di oltre vent’anni. Sono tecnologie completamente diverse da quelle tradizionali e che superano tutte le problematiche che caratterizzavano gli OGM. L’EFSA si è già espressa favorevolmente in proposito, considerando queste tecniche non più rischiose del miglioramento genetico tradizionale o della mutagenesi casuale, ritenute invece sicure. L’Europa dovrebbe aggiornare questa normativa entro il 2023, consentendo così un utilizzo in campo dei nuovi genotipi derivati da cisgenesi e genome editing almeno a scopo scientifico”.

Di cosa si occupa il Consiglio Nazionale delle Ricerche di cui lei è membro?

“È il più grande ente pubblico nazionale di ricerca con competenza scientifica generale. Nell’ambito del CNR, l’IPSP studia le risposte delle piante ai fattori di stress, allo scopo di individuare meccanismi di resistenza, processi di adattamento, e metodi di protezione. Il gruppo di ‘Genomica Funzionale ed Ecofisiologia’ del CNR-IPSP, di cui faccio parte con i colleghi Irene Perrone, Chiara Pagliarani e Paolo Boccacci, da anni si occupa di miglioramento genetico in vite utilizzando le nuove tecnologie. Abbiamo sviluppato una tecnica di miglioramento genetico mediante embriogenesi somatica, che consente di rigenerare piante di vite più resilienti agli stress ambientali, pur mantenendo inalterate le caratteristiche qualitative del genotipo di partenza. Queste piante migliorate non hanno nessuna limitazione normativa e possono essere utilizzate in vigneto fin da subito, come fossero dei cloni delle varietà tradizionali. In parallelo, abbiamo messo a punto protocolli per il gene editing in vite e, per la prima volta, abbiamo ottenuto piante di Nebbiolo mutate solamente nel punto di DNA di nostro interesse. Questo risultato è una svolta per le future ricerche in questo campo e costituisce il primo esempio di applicazione di gene editing in una cultivar da vino prestigiosa”. In che modo incidono i mutamenti climatici?

“Senza dubbio i cambiamenti climatici a cui stiamo assistendo apriranno nuovi scenari. Nel 2022 le ridotte precipitazioni sul nostro territorio hanno messo in seria difficoltà anche il comparto viticolo. La ricerca di portinnesti e varietà più tolleranti allo stress idrico rappresenterà sempre più una priorità, anche nei nostri ambienti. Allo stesso modo, i cicli vitali dei patogeni e le risposte delle piante alle diverse patologie potranno cambiare, determinando l’insorgenza di nuove problematiche. Basti pensare che gli effetti combinati della siccità e delle alte temperature incidono pesantemente sulla sintomatologia di piante colpite da Flavescenza dorata o da Mal dell’esca”.

Quali preconcetti sulla genetica dovete affrontare?

“La genetica è spesso vista dall’opinione pubblica sotto una luce negativa e in contrasto con i concetti di ‘biologico’ e ‘naturale’. L’uomo ha sempre perseguito il miglioramento dei caratteri delle piante che coltivava, utilizzando (a volte inconsapevolmente) le tecniche che aveva a disposizione. Piante e sementi attuali, anche quelle considerate ‘naturali’, ‘tradizionali’ o ‘antiche’, non sono altro che il risultato di centinaia di anni di miglioramento genetico. Il problema sta in una scarsa conoscenza di queste tematiche da parte dell’opinione pubblica, per diversi motivi, non da ultimo la poca propensione di noi scienziati a divulgare in modo chiaro per i non addetti i risultati delle nostre attività. Il problema potrà essere superato con un maggior impegno alla divulgazione da parte della comunità scientifica e aumentando la conoscenza genetica già a partire delle scuole primarie e secondarie”.

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