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Allevare la Piemontese con passione fin dai primi giorni

A MONDOVÌ, IN LOCALITÀ GRATTERIA, HA SEDE L’AZIENDA di Paolo Ragazzo

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“Il mio sarebbe il lavoro più bello del mondo, ma oggi manca la necessaria remuneratività; così è difficile andare avanti, se le cose non cambiano”. Lo dice con voce dispiaciuta Giammario

Aimo, allevatore, con la moglie Simona, di bovini piemontesi in località Gratteria a Mondovì. La sua è anzitutto una storia di amore e passione per la storica razza autoctona del territorio, che alleva fin dal 1995 nella cascina che fu prima di suo nonno e, poi, di suo papà.

“Nel raggio di 5/6 chilometri da qui vengono allevati circa 1.000 capi di Piemontese, a riprova del fatto che questa non è solo un’attività economica, ma una vera e propria tradizione secolare –continua Giammario –; negli ultimi anni, però, riuscire a mantenere sani i bilanci aziendali sta diventando un’impresa, a causa dei costi di produzione più che triplicati e di pezzi di vendita troppo esigui. Se sul primo fronte si riesce a incidere poco, sul secondo si devono trovare sbocchi di mercato diversi da quello nazionale; è quello che sta tentando di fare il Coalvi con campagne di promozione ‘ad hoc’ e attraverso la partecipazione ad eventi internazionali. Produciamo una carne d’élite e dobbiamo intercettare quei consumatori in grado di poterla apprezzare e pagare in modo giusto”.

Nel suo allevamento Giammario si prende cura del primo anello della catena, ossia la nascita dei vitelli (cosiddetti ”mangiarin”) e la loro crescita fino al peso di 2/2,5 quintali, pronti per poi essere venduti agli ingrassatori. Questa fase è molto delicata perché “se il buongiorno si vede dal mattino” è proprio da un adeguato allevamento nei primi mesi di vita dell’animale che lo si indirizza ad una vita sana. “Da oltre un anno siamo certificati azienda biologica per la parte relativa alla coltivazione dei foraggi (52 ettari) e a breve presenteremo domanda anche per l’allevamento – continua Giammario Aimo -. I nostri animali (un centinaio in tutto, tra femmine, tori e vitelli) vengono alimentati solo con fieno ed erba provenienti dai nostri campi, oltre a una dose minima di mangime ai vitelli per abituarli alla fase di ingrasso”.

Attenzione al benessere animale

E se anche la scelta di convertirsi al biologico non sta producendo, per ora, i risultati attesi dal punto di vista economico, l’allevatore non ha ritrosia nel dichiarare che la decisione è stata presa anche per altri motivi: “Ad oggi mi viene riconosciuto solo un piccolo contributo aggiuntivo, spero che gli sforzi prima o poi mi vengano ripagati (al momento è ancora poco diffuso il mercato bio nella carne), ma per ora sono soddisfatto di vedere i miei capi che mangiando i miei foraggi stanno meglio e sono più produttivi”. Questa sensibilità e attenzione al rispetto del benessere animale guiderà anche lo sviluppo futuro dell’azienda Aimo, che ha già in programma di realizzare un ulteriore paddock esterno di almeno 1.000 metri quadrati collegato alla stalla, dove gli animali possono muoversi liberamente. “Essendo solo io e mia moglie a gestire tutta l’azienda non ci siamo mai ingranditi più di tanto in termini numerici, ma abbiamo deciso di concentrarci sulla cura con cui svolgiamo il nostro lavoro, andando a perfezionarlo, passo dopo passo. Se uno dei due miei figli si fosse fermato in azienda magari le cose sarebbero diverse, ma dobbiamo fare i conti con questa realtà e a noi va bene così”. Certo il ricambio generazionale è un altro di quei tasti dolenti che gli agricoltori si trovano a dover affrontare senza che all’orizzonte vi sia sempre la soluzione sperata. “Non tutti i giovani sono disposti ad avere la nostra vita, fatta di pochi orari e giornate di ferie – ribadisce Giammario -. Li posso comprendere, ma io non la cambierei per nessun’altra. La tecnologia ci dà una mano specie nella gestione dei parti, ad esempio, ma poi bisogna esserci e dedicarsi a questa attività con tanta passione. Altrimenti è giusto cercare soddisfazioni in altri ambiti”.

Gli allevamenti non inquinano

Altra questione su cui l’imprenditore monregalese intende porre l’attenzione è l’infondato attacco agli allevamenti visti come ‘grandi inquinatori’: “Non è affatto così, anzi è vero il contrario – prosegue Aimo –, con il nostro lavoro preserviamo il territorio che altrimenti sarebbe una distesa di rovi e campi incolti. Siamo sostenibili al 200%, manteniamo in ordine l’ambiente, altro che inquinatori. Probabilmente pecchiamo un po’ in comunicazione, quello sì, perché dovremmo raccontare di più e meglio tutto il prezioso lavoro che noi allevatori facciamo per portare sulla tavola un prodotto dalle molteplici proprietà come la carne Piemontese”.

Prima di congedarci, Giammario Aimo fa un ultimo richiamo a maggiori controlli sulla provenienza della carne che troviamo in commercio, per tutelare così la “vera” carne piemontese e fa appello a una maggior sinergia con il mondo della macellazione. “La Regione Piemonte si è fatta portavoce di un disegno di legge per certificare la filiera della carne anche nell’Ho.Re.Ca. così da garantire sempre maggior tracciabilità al consumatore. È la strada giusta – conclude Aimo –. Tutti insieme, poi, dobbiamo continuare a ricercare le nostre nicchie di mercato: un lavoro lungo e faticoso, ma ne può valere la pena perché è in gioco il futuro della razza e di chi con duro lavoro e responsabilità la alleva ogni giorno”.

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