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Dal Mondo
Caffè e tumore dell’endometrio
Stando ai risultati di una revisione sistematica pubblicata sul Journal of Obstetrics and Gynaecology Research, il consumo di caffè è associato a un rischio più basso di sviluppare un tumore dell’endometrio, il tessuto che riveste l’interno dell’utero. I ricercatori hanno analizzato una ventina di studi provenienti da tutto il mondo, confrontando il rischio di tumore dell’endometrio delle donne che consumavano più caffè con quello delle donne che ne consumavano meno. Dall’analisi statistica è emerso che un maggior consumo di caffè si associava a una riduzione del rischio pari a circa il 30 per cento.
Integratori che non servono
Secondo un’inchiesta condotta nel Regno Unito, un paziente su cinque crede che assumere integratori alimentari possa ridurre il rischio di andare incontro a una recidiva del tumore e quattro pazienti su dieci fanno uso regolare di supplementi dietetici. Il 40 per cento degli intervistati (a cui era stato diagnosticato un tumore del seno, della prostata o del colon-retto) assumeva più di un integratore e il 10 per cento addirittura più di tre. Gli integratori più utilizzati erano gli oli di pesce, seguiti dagli integratori di calcio, di vitamina D, multivitaminici e a base di erbe. Le linee guida internazionali non consigliano l’assunzione di integratori dietetici per prevenire il cancro, dato che gli studi clinici condotti per verifi carne l’utilità non hanno evidenziato nessun benefi cio e che, in qualche caso, sono stati osservati effetti indesiderati inattesi.
Scagionata la pillola contraccettiva
Una notizia rassicurante per le donne che utilizzano contraccettivi ormonali: quando avranno fi gli, i loro bambini e le loro bambine avranno la stessa (bassa) probabilità di andare incontro a tumori del sistema nervoso dei fi gli delle donne che non hanno assunto ormoni a scopo contraccettivo. Questo risulta da uno studio che ha preso in esame ben 1.185.000 bambini nati in Danimarca tra il 1996 e il 2014. Dato che l’esposizione a ormoni sessuali durante la gestazione è stata collegata a un rischio più elevato di sviluppare il cancro, i ricercatori danesi hanno voluto verifi care se esistesse un’associazione tra uso di contraccettivi ormonali e rischio di tumori del sistema nervoso centrale, tra i più frequenti e letali nei bambini. L’incidenza di queste neoplasie nei bambini le cui madri avevano usato contraccettivi ormonali e in quelli le cui madri non li avevano utilizzati era assolutamente paragonabile.
La pelle spia della risposta alla cura
Alcuni ricercatori di Boston hanno scoperto che i pazienti trattati con immunoterapia che sviluppano reazioni avverse a livello cutaneo hanno maggiori probabilità di rispondere al trattamento. Sono stati selezionati 14.000 pazienti con tumori avanzati trattati con inibitori dei checkpoint immunologici, di cui 7.000 avevano avuto reazioni cutanee come prurito, rash o xerosi (pelle secca) legate alla terapia e 7.000 non ne avevano avute. I ricercatori hanno osservato che la mortalità nel primo gruppo era inferiore del 22 per cento rispetto a quella registrata nel secondo gruppo. La tossicità cutanea potrebbe essere sfruttata per distinguere i pazienti che presumibilmente trarranno benefi cio dall’immunoterapia.
Progressi nella leucemia linfoblastica acuta
Nell’arco di vent’anni, la sopravvivenza dei pazienti adulti colpiti da leucemia linfoblastica acuta (LLA) che hanno una ricaduta di malattia dopo trapianto di cellule staminali ematopoietiche è quasi raddoppiata. A dirlo è una ricerca in cui è stata analizzata la storia clinica di 900 pazienti con LLA Philadelphia positiva (un tipo di leucemia caratterizzata dalla presenza di un cromosoma anomalo, detto cromosoma Philadelphia) curati nei centri che afferiscono alla European Society of Blood and Marrow Transplantation (EBMT), la società scientifi ca europea che riunisce gli specialisti dei trapianti di midollo osseo. Le prospettive di sopravvivenza sono migliorate grazie a farmaci di nuova generazione e all’introduzione di strategie terapeutiche innovative, come l’immunoterapia e le terapie cellulari.
Risposte immuni più forti col magnesio
Nei topi alimentati con una dieta povera di magnesio, il sistema immunitario non lavora in modo adeguato, i tumori crescono più in fretta e le infezioni virali sono più aggressive. Un lavoro congiunto di scienziati delle Università di Basilea e di Cambridge ha portato a identifi care una possibile spiegazione: il magnesio è essenziale per l’attivazione dei linfociti T contro le cellule infettate e le cellule tumorali, attivazione mediata dalla proteina LFA-1. Usando modelli animali, i ricercatori hanno osservato che, se si aumenta la concentrazione locale di magnesio, si potenzia la risposta dei linfociti T contro il tumore. Sembra che questa situazione si verifi chi anche nell’essere umano: i dati clinici mostrano che pazienti con bassi livelli di magnesio nel sangue rispondono meno bene alle immunoterapie.