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Personalizzare la radioterapia

Uno studio statunitense apre le porte a un nuovo approccio alla radioterapia basato sulle caratteristiche genetiche e molecolari dei tumori di ogni singolo paziente. Al momento, i trattamenti “a bersaglio molecolare” sono comuni in oncologia, ma non hanno mai riguardato la radioterapia. Le cose potrebbero però cambiare anche grazie ai nuovi risultati pubblicati su Clinical Cancer Research: gli autori hanno infatti studiato 27 tipi di tumore e hanno determinato l’impatto di 400 mutazioni in 92 geni sulla reazione alla radioterapia. I dati hanno permesso di identificare risposte differenti a seconda delle diverse mutazioni e hanno portato alla personalizzazione del trattamento radioterapico in modelli animali. Il prossimo passo sarà valutare questo approccio anche nell’uomo.

Nanoparticelle e immunoterapia

L’unione tra medici esperti in oncologia e chimici ha consentito di mettere a punto uno speciale “mezzo di trasporto” di dimensione estremamente ridotta (una nanoparticella), per far arrivare fi no al tumore un composto di origine batterica che ha come bersaglio una specifi ca via molecolare coinvolta nella risposta immunitaria. Una volta raggiunto il cancro, la molecola batterica riesce a distruggere la struttura di vasi sanguigni che alimentano la massa tumorale e a innescare una risposta immunitaria. La stessa molecola ha inoltre aiutato a superare la resistenza all’immunoterapia nel tumore del pancreas e quella alla radioterapia nel glioma, due neoplasie particolarmente diffi cili da trattare. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Nanotechnology. “La nanoparticella utilizzata è in realtà frutto di una tecnologia estremamente versatile e potrebbe essere adattata anche per trasportare altri farmaci” spiegano gli autori.

Una fotografi a metabolomica dei tumori

Passa per i metaboliti presenti nel sangue una delle vie per comprendere meglio i meccanismi alla base dello sviluppo e della progressione dei tumori. Lo spiega sulla rivista BMC Medicine un gruppo di ricercatori che ha effettuato un’analisi metabolomica di 5.828 coppie casi-controlli in 8 diversi tipi di tumore. Questa analisi permette di valutare la presenza di diverse molecole (i metaboliti) che danno un’idea dell’attività biologica presente nell’organismo. Partendo dai dati dello studio EPIC (oltre mezzo milione di persone di 10 nazioni europee con lo scopo iniziale di studiare la relazione tra alimentazione e cancro), gli autori sono riusciti a identifi care 6 molecole che non sono mai presenti nei tumori analizzati e 17 che invece mostrano un’associazione diretta. “Dieci metaboliti sono inoltre risultati associati in modo specifi co a determinati tipi di cancro” dicono gli autori, spiegando che questi dati fanno luce su alcuni meccanismi alla base del cancro, soprattutto su quelli comuni a diverse neoplasie.

Respirare meglio, anche durante la cura

L’esercizio fisico fa bene, anche durante la chemioterapia, e aiuta a migliorare la salute cardiorespiratoria. Ne sono convinti gli autori di uno studio pubblicato su JACC: Cardio Oncology, nel quale sono stati inclusi 266 pazienti con diversi tipi di tumore (linfoma e tumori di mammella, testicolo e colon) che hanno seguito un programma di esercizi di 24 settimane. Metà dei pazienti ha iniziato a praticare gli esercizi già durante la chemioterapia, mentre l’altra metà ha cominciato dopo il termine dei trattamenti. I dati mostrano che avviare il programma durante la chemioterapia è una pratica sicura, che aiuta a prevenire sintomi come fatigue, diminuzione del picco di ossigeno, perdita della massa muscolare e peggioramento della qualità di vita durante la terapia. Inoltre velocizza il ritorno alla situazione pre-chemioterapia. Se non è possibile fare esercizio nel corso del trattamento antitumorale, partire subito dopo la sua conclusione è comunque utile.

Antistaminici: dalle allergie al melanoma?

La cetirizina, un comune antistaminico, sembra “dare una mano” all’immunoterapia nei pazienti con melanoma. Lo scrivono sul Journal of Translational Medicine i ricercatori italiani coordinati da Paolo Antonio Ascierto dell’Istituto nazionale tumori IRCCS Fondazione G. Pascale di Napoli. Sulla base di dati precedenti, che suggerivano un potenziale ruolo degli antistaminici nella risposta contro il tumore, gli autori hanno valutato l’eventuale effetto della cetirizina in 121 pazienti con melanoma metastatico di stadio IIIb e IV trattati con immunoterapia a base di farmaci anti-PD-1. “Chi aveva assunto cetirizina assieme all’immunoterapico ha ottenuto risultati migliori in termini di sopravvivenza e di risposta generale” spiegano gli autori, precisando che i pazienti erano al loro primo trattamento con antiPD-1 e spiegando anche il potenziale meccanismo alla base di questo effetto della cetirizina.

Il ritmo dei tumori

Una ricerca pubblicata su Science Advances ha chiarito alcuni meccanismi alla base del legame tra ritmi circadiani e tumore del polmone. Studi precedenti avevano già dimostrato che alterare l’orologio biologico che governa il ritmo sonno-veglia può innescare meccanismi potenzialmente cancerogeni, e gli autori del nuovo studio hanno dimostrato come tale alterazione influenzi in particolare il gene Heat shock factor 1 (HSF1) e le sue vie di trasmissione dei segnali all’interno della cellula. Questo ruolo di HSF1, osservato in modelli animali di tumore del polmone, non era noto in precedenza e potrebbe avere importanti implicazioni pratiche anche per l’uomo. “Il ritmo circadiano, inoltre, è stato alterato attraverso modifiche del sonno e questo può essere particolarmente rilevante per chi svolge lavori su turni o di notte” spiegano gli autori, ipotizzando infine che HSF1 possa diventare il bersaglio di terapie mirate.

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